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PROGETTARE CON LA NATURA PER LA NATURA
Prima Facoltà di Architettura “L. Quaroni”
C.d.L Specialistica in Disegno Industriale
(in consorzio con l'Università di Camerino)
Candidato
Ivo Caruso
matr. 355896
Relatore
prof. Carlo Martino
Anno Accademico: 2008-2009
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a Serafina, Bruno ed Antonio
che mi hanno sempre sostenuto
a Maria ed Angela
che mi hanno sempre dato buoni consigli
ad Imma e a tutti i miei amici
con cui ho avuto l’onore di poter crescere
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INDICE
INDICE………………………………………………………..5
PREMESSA………………………………………………….7
1.1 LE ANALOGIE…………………………………………..9
1.2 L’ANALOGIA ORGANICA
La relazione tra le parti e il tutto nell'organismo e
nell'opera d'arte…………..……………………………….10
1.3 L’ANALOGIA CLASSIFICATORIA…………………..23
1.4.1 L’ANALOGIA ANATOMICA………………………..35
1.4.2 Il principio di similitudine……………………………45
1.5 L’ANALOGIA ECOLOGICA…………………………..56
1.6 L’ANALOGIA DARWINIANA…………………………73
2.1 BIOTECNICA…………………………………………..92
3.1 DALLA BIONICA ALLA BIOMIMETICA……………106
4.1 L’ANTROPIZZAZIONE DELLA NATURA
Dal bonsai agli OGM……………………………….……121
5.1 L’AUTONOMIA……………………………………….129
5.2 Auto-riparazione……………………………………...129
5.3 Auto-pulizia…………………………………………...130
5.4 Auto-produzione energetica………………………...132
5.5 Auto-riproduzione…………………………………….134
5.6 Auto-organizzazione e adattabilità…………………135
6.1 RIDONDANZA, MULTIFUNZIONALITà,
TENSEGRITY E MOVIMENTO…………………….140
6.2 Tensegrity…………………………………………….141
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6.3 Movimento…………………………………………….142
7.1 SMARTNESS………………………………………...145
8.1 CENTRI DI RICERCA E BANCHE DATI………….151
9.1 METODOLOGIE PER IL PROGETTO
BIO-ISPIRATO……………………………………….155
10.1 INTEGRAZIONE, CO-PRODUZIONE,
CO-OPERAZIONE…………………………………163
11.1 LA CASA INTEGRATA E L’AGRICOLTURA
URBANA…………………………………………….167
BIBLIOGRAFIA…………………………………………...172
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PREMESSA
Nel corso della sua evoluzione la cultura del design ha
coinvolto molteplici discipline sia scientifiche che
umanistiche. La filosofia, la sociologia, l’ingegneria, il
marketing, la comunicazione, la semiotica, l’etica,
l’ecologia, la biologia, la chimica e la fisica hanno sempre
fatto parte di una sorta di bagaglio culturale, un
contenuto di ricerche a cui i designer hanno potuto
attingere per cercare ispirazione, giustificazione,
supporto scientifico, soluzioni tecniche.
L’incessante attività di fertilizzazione, di coltivazione e di
ibridazione tra il design e le altre discipline aiuta il
progettista a tradurre in progetto tematiche e ricerche.
Uno dei temi che maggiormente è stato preso in esame
in questa sorta di processo di “traduzione” è il rapporto
tra natura e artificio.
Le conquiste ottenute nel corso dell’evoluzione del
pensiero scientifico vengono utilizzate, nella cultura del
design, per creare le innovazioni e le sperimentazioni che
definiscono non solo cambiamenti tecnici, ma anche
nuovi concept, stili di vita, esigenze, linguaggi e modelli di
consumo.
Lo studio con l’ottica del progetto della natura può
portare all’osservazione di geniali soluzioni a
problematiche fondamentali inerenti l’attività del designer
come la definizione del rapporto tra forma e funzione,
l’evoluzione morfologica e la sostenibilità.
La natura è stata, è e sarà sempre un’inesauribile fonte di
ispirazione per il designer, sia per questioni di linguaggio
che per problematiche tecnologiche.
“Nell’ambito delle scienze biologiche, in particolare, ogni
cinque anni il sapere acquisito raddoppia. La conoscenza
7
delle strutture, dei processi e delle leggi del mondo
naturale progredisce a velocità elevatissima. Al contempo
lo sviluppo tecnico-scientifico consente oggi di realizzare
artefatti molto più complessi di un tempo, talmente
complessi da somigliare sempre più ai sistemi biologici.” 1
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Il design bio-ispirato può costituire una risposta agli
scenari esigenziali contemporanei, ai quali è in grado di
proporre soluzioni che integrano i concetti di
trasformismo, flessibilità, auto-adattamento,
multifunzionalità e coerenza ologrammatica alle varie
scale osservate in natura.
Questo testo si propone di partire da una ricerca
ragionata su quanto è stato prodotto nel campo del
disegno industriale ispirato alla natura, definendone i
limiti, per cercare di fare un punto sulle attuali tendenze,
sui nuovi campi di utilizzo e sui possibili sviluppi futuri.
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
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1.1 LE ANALOGIE
“(…) Vi sono aspetti degli oggetti progettati dall'uomo,
quali ad esempio le costruzioni, e aspetti dei modi in cui i
loro progetti sono realizzati, i quali, osservati entrambi sia
ad un livello individuale che culturale, si prestano
particolarmente bene ad essere descritti e spiegati
tramite la metafora biologica. I concetti di “completezza” ,
“coerenza” , “correlazione” e “integrazione” usati per
esprimere le relazioni non certo casuali tra le parti di un
organismo biologico, possono essere utilizzati per
descrivere simili qualità nei manufatti progettati con
criterio. L'adattamento e la perfetta corrispondenza dell'
organismo all' ambiente in cui esso vive, possono essere
paragonati all'armoniosa relazione tra una costruzione e
lo spazio circostante e, più astrattamente, alla
concordanza tra il design di ogni oggetto e i vari scopi cui
esso e stato destinato. Probabilmente, fra tutte le
scienze, è la biologia quella che per prima più
significativamente, affronta il problema centrale della
teleologia, del design in natura; quindi, per questo
motivo, è perfettamente naturale che, fra tutte le scienze,
sia la biologia quella che debba attrarre l'interesse dei
designers.” 2
Inoltre, da un punto di vista storico, è stata la biologia la
scienza verso la quale i teorici dell'architettura e del
design si sono più frequentemente rivolti.
La storia della teoria dell'analogia biologica è certamente
frammentaria, dal momento che conduce nei molti remoti
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Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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recessi della letteratura architettonica; nondimeno,
l'analogia con la biologia è un tema costante e ricorrente
che si ritrova particolarmente in Wright, Sullivan e Le
Corbusier.
1.2 L’ANALOGIA ORGANICA
La relazione tra le parti e il tutto nell'organismo e
nell'opera d'arte
Sin dai tempi dell'antica Grecia, gli organismi naturali
hanno rappresentato per critici e filosofi perfetti modelli di
quelle proporzioni, e di quegli equilibri armoniosi tra le
parti di un disegno, che sono sinonimo dell'ideale
classico della bellezza. Le qualità di completezza,
integrità e unità strutturale, tali che tutte le parti
contribuiscano all'effetto o alle finalità dell'insieme, e che
nessuna parte possa essere rimossa senza arrecare un
certo danno all’insieme stesso, sono alla base dell'
estetica e della storia naturale di Aristotele, e sono
caratteristiche della sua visione relativa sia agli esseri
viventi che alle migliori opere d’arte. J.A. Stewart così
riassume la concezione aristotelica riguardo tale
analogia:
“Gli organismi viventi e le opere d'arte sono schemata
definiti secondo il loro genere, che la Natura e l’Uomo
formano qualificando la materia. La quantità di materia
usata in ogni singolo caso è determinata dalla forma
richiesta; la dimensione di un particolare organo, o parte,
è determinata dalla forma (che limita le dimensioni) dell’
intero organismo o opera. Così animali e piante
raggiungono dimensioni determinate dalle loro particolari
strutture, habitat e condizioni di vita, ed ogni singolo
organo rispetta le proporzioni dell' insieme cui
10
appartiene. Il pittore o lo scultore ha presente in ogni
dettaglio della sua opera la simmetria dell’ intera
composizione.” 3
L'analogia ha due diversi tipi di interpretazione: uno
relativo all'aspetto visivo o alla composizione, l'altro
funzionale - sebbene essi siano in relazione reciproca.
Nel primo caso è l'integrità “organica” della opera d'arte –
in cui è raggiunta una relazione equilibrata e
proporzionata delle varie parti rispetto al tutto, e del tutto
rispetto alle sue patti - ad essere vista come la fonte di
bellezza dell’opera.
Questa integrità o coerenza fornisce la base per lo stesso
genere di appagamento che deriva dalla contemplazione
delle bellezze naturali; le due fonti di piacere estetico
sono in realtà una sola. Sia Platone, nel Fedro, che
Aristotele nella Poetica, esigono che un' opera letteraria,
come ad esempio la tragedia, abbia questa forma
“organica”. Essa non dovrebbe consistere della semplice
aggregazione delle parti, da cui alcune di queste
potrebbero essere omesse o a cui altre parti potrebbero
essere aggiunte, ma di un insieme ben modellato, avente
un settore iniziale, centrale e finale tutti ben definiti. Agli
inizi del diciannovesimo secolo lo stesso principio
organico nella composizione poetica e nell'analisi critica
è stato sostenuto dagli esponenti del Romanticismo
tedesco, da Goethe, Schlegel e Schelling,ed in particolar
modo da Coleridge, come si evince ad esempio dai suoi
scritti critici su Shakespeare, dove l'idea della forma
organica è vista non tanto in termini di equilibrio statico,
ma piuttosto come qualcosa che cresce e si sviluppa
dalla materia. La forma, più che essere preideata e poi
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J.A. Steward, Notes on the Nichomachaean of Aristotle_Oxford,
1892.
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impressa nell' opera, ne costituisce una parte integrale o
“innata”.
Francesco di Giorgo_figura umana iscritta nella pianta di una chiesa.
L’aspetto più rigorosamente composizionale dell'analogia
organica prevede un'analogia fatta in termini di forme
bilanciate e proporzionate.
Già dall’antichità sono stati teorizzati molteplici i metodi
geometrici per la derivazione delle proporzioni delle
opere d'arte. Qui l'analogia tra l'oggetto artigianale e
l'organismo nel suo aspetto composizionale fonda la sua
espressione nel tentativo di codificare in sistemi numerici
e geometrici le leggi matematiche dell'armonia. Si
riteneva che queste leggi dovessero essere applicate non
soltanto a composizioni pittoriche, architettoniche o
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musicali, ma che fossero comuni anche nel regno delle
creazioni naturali e derivassero dall'ordine su cui si basa
l'intero cosmo.
“Rudolph Wittkower ha scritto sull' influenza della
tradizione neo-pitagorica e neo-platonica nel sistema
rinascimentale delle proporzioni architettoniche. Qui il
parallelo era stabilito in particolare modo tra l'armonica,
reciproca relazione delle parti del corpo umano, e la
proporzionata armonia che dovrebbe essere raggiunta
nel design architettonico. Tale concezione si ritrova per
prima in Vitruvio, ed è ripresa poi da molti commentatori
del Rinascimento. Vasari, nei suoi dettami per la
progettazione di un palazzo ideale, paragona la facciata
al viso, la porta centrale alla bocca, le finestre disposte
simmetricamente agli occhi, il cortile al corpo, le scale
alle gambe e alle braccia.” 4
Si potrebbero fare delle osservazioni su un ulteriore
aspetto dell’ispirazione che la biologia offre
all’architettura e al design in genere, e cioè l’uso delle
forme organiche, in particolare quelle della vegetazione,
come modello per le decorazioni scultoree sugli edifici, e
come ornamento architettonico e puramente grafico.
L'impiego di figure vegetali e animali nella decorazione è
praticamente universale in tutta la storia dell'architettura
e delle arti applicate; nell'ultima metà del diciannovesimo
secolo, però, c'e stato uno speciale interesse alla forma
della pianta, grazie agli astratti spunti ornamentali di
simmetria, modello e linea curva che essa offre. Tra le
opere che in quel periodo cercarono di codificare questi
principi, una delle più importanti fu il magnifico lavoro di
Owen Jones, Grammar of Ornament scritto nel 1856. Più
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Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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tardi venne, tra gli altri, Christopher Dresser con Art of
Decorative Design e Principles of Decorative Design, che
esortava “il giovane decoratore a studiare i principi su cui
la Natura lavora”, e che, presentava lunghe disquisizioni
sull'adattamento delle piante, e le modalità di crescita.
Ricordiamo, inoltre, Nature in Ornament (1892) di Lewis
Day, che può essere ricollegato a Victor Horta e agli
artisti dell'Art Nouveau, Infine, bisognerebbe menzionare
l'opera di L. Sullivan System of Architectural Ornament,
che ha, come esplicita fonte le forme dei semi e dei
petali.
L’implicazione della teoria delle proporzioni è che una
certa fissità, o una caratteristica costante, deve essere
trovata nelle forme e nelle dimensioni delle piante e degli
animali, ma questa fissità non è ascritta né alle
compressioni geometriche della simmetria,. né
all’adattamento della forma biologica alle finalità e alle
esigenze della vita, cioè a motivazioni funzionali. In
realtà, vi sarebbe una certa contraddizione di base, da un
lato, tra l'idea che le forme organiche sono fisse ed
immobili, e dall’altro, il riconoscimento della duttilità della
forma, grazie alla quale l'organismo si adatta alle
circostanze. Si può verificare che i teorici della
proporzione non seguano l'esempio di uno studioso delle
origini funzionali della forma organica, come D'Arcy
Thompson, il quale, nel suo lavoro, attribuisce sagoma,
dimensioni e modello all'azione di forze meccaniche,
compressioni geometriche, principi di crescita, e così via.
La seconda interpretazione dell'analogia organica, il
punto di vista funzionale, è, in un certo senso, uno
sviluppo o un ulteriore chiarimento della prima. In questo
caso l'analogia giunge a formare una parte della più
generale estetica del funzionalismo: l'equazione del bello
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con l'utile, o con l'espressione di utilità, e l'idea che un
artefatto ben strutturato e adattato al suo scopo sia
giudicato bello tramite il riconoscimento della sua
possibilità di farne uso. Anche questo è un concetto
molto antico, e può essere ritrovato in Aristotele, secondo
il quale la nostra percezione della bellezza degli animali
deriva da un apprezzamento razionale della struttura
delle loro parti e delle funzioni dei loro organi. Nella storia
naturale di Aristotele, non solo ogni singolo atto, o
struttura separata, è vista come finalizzata ad un preciso
compito, ad una qualche particolare funzione, ma ognuna
di queste funzioni delle parti è predisposta, e
contribuisce, allo scopo primario dell'insieme.
Ogni parte ha un valore funzionale solo rispetto al tutto:
le gambe servono allo scopo di sostegno e di
locomozione per il corpo, e senza quest’ultimo esse, ed il
corpo stesso, sono inutili. Il cuore ha diramazioni che si
ramificano per il corpo e trasmettono il moto alle sue
parti. Il continuo funzionamento, e l'esistenza stessa, del
corpo dipendono dal lavoro di ogni singolo organo e dalla
loro interazione. L' enunciazione di Aristotele del suo
approccio funzionale allo studio dell'anatomia e pertanto,
ne Le Parti degli Animali, così espressa:
“Ora, poiché ogni parte del corpo, come ogni altro
strumento, esiste per un certo scopo, cioè per una certa
azione, è evidente che il corpo inteso come tutto deve
esistere per l'atto del segare, e non l'atto del segare per
la sega, dal momento che il segare consiste nell'uso dello
strumento; così, in un certo senso, il corpo esiste per
l'anima e le parti del corpo per quelle funzioni alle quali
esse sono naturalmente predisposte.” 5
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Aristotele_Le parti degli animali, libro 1, par. 645.
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“Per l'estetica funzionale, dunque, è proprio questo
necessario ruolo funzionale di ogni arto e di ogni organo
nell'attività di tutto il corpo, a render conto di quel piacere
che noi traiamo dalle forme delle creature e delle piante
(e, come corollario, del nostro orrore di fronte alle
deformità fisiche).” 6
Ciò che conta, non è tanto il contributo delle parti
all'aspetto esteriore dell'insieme in un certo tipo di
un'equilibrata disposizione visiva, quanto il riconoscere,
da parte nostra, tramite il loro aspetto, il loro significato
funzionale - anche se si dovesse trattare soltanto di una
vaga percezione dei loro compiti, e non di una vera e
propria comprensione biologicoscientifica. Il nostro
piacere, o appagamento, ha pertanto il carattere di un
apprezzamento intellettuale di un fine o di un significato,
piuttosto che quello di una semplice percezione
sensoriale.
Dal momento che fonte della bellezza viene considerata
proprio questa integrazione delle varie parti funzionanti in
un insieme funzionale ben equilibrato e strutturato, ne
consegue che, in un contesto artistico, ciò risulterà
particolarmente evidente nel campo del design
industriale, nella progettazione di arnesi e oggetti utili, ed
in architettura, dove ogni lavoro ha sia delle funzioni
ordinarie e pratiche, sia degli aspetti simbolici, decorativi
o espressivi che si sovrappongono e vanno al di là della
sua utilità quotidiana.
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Nel diciottesimo secolo Francis Hutcheson e Lord Kames
analizzarono appunto la distinzione tra la bellezza libera,
o intrinseca, derivante dalla uniformità nella varietà e
disgiunta dalla funzione, e la bellezza dipendente, o
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E. de Zurgo_Origins of Functionalist Theory_New York_1957.
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relativa, cioè il tipo di bellezza funzionale derivante
dall'adattamento all'uso. Hutcheson si soffermò
particolarmente sulla bellezza delle macchine, sulla loro
ingegnosità, produttività ed efficienza, piuttosto che su
esemplari forniti dalla natura. Lo stesso interesse al
design delle macchine, visto come modello di un' opera
d'arte, può essere ritrovato anche tra i contemporanei di
Hutcheson, Berkeley e Hume, che furono attratti dai
modelli forniti agli inizi della Rivoluzione Industriale
Inglese.
Il tema meccanicistico nel funzionalismo fu ampiamente
ripreso dai teorici dell'architettura e del design del
diciannovesimo secolo; anche negli studi teorici del
movimento moderno, l'argomento maggiormente
ricorrente è ancora una entusiastica esaltazione delle
realizzazioni delle nuove tecniche, nelle quali razionalisti
e funzionalisti vedevano gli esiti della fedeltà agli stessi
principi di produttività e a quel diretto ed immediato
adattamento agli scopi pratici che essi avevano lodato
nelle forme della natura.
Così, troviamo due parallele tradizioni di analogie
nell'estetica funzionalista (e più tardi nei filosofi estetici
del movimento moderno): una rivolta alle opere della
natura, e l'altra alle opere di ingegneria meccanica e
civile. Peter Collins ha distinto queste due correnti in
“analogia biologica” ed “analogia meccanica”; tali
definizioni sono state probabilmente suggerite a loro volta
da 'Biological and Mechanical Fallacies' di G. Scott.
Va notato che, riguardo all'analogia con la biologia
nell'architettura e nel design del diciannovesimo secolo,
gran parte della stessa biologia contemporanea riteneva
che anche l' organismo naturale potesse essere
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considerato un meccanismo, per quanto complesso ed
elaborato potesse essere.
“Dal punto di vista filosofico, la teoria che vuole la
fisiologia animale ed umana inserita in un universo
completamente meccanico, può essere attribuita a
Cartesio. Negando all'anima qualsiasi estensione fisica e
separandola completamente dal corpo, Cartesio aprì la
strada ad una teoria che vedeva il funzionamento degli
organi e delle strutture fisiche basato su principi
puramente meccanici. Per Cartesio stesso, la macchina
più direttamente paragonabile al corpo animale era
l'organo usato nelle chiese. Egli mostrò grande
ammirazione per la dimostrazione fatta da Harvey, della
somiglianza del sistema circolatorio del sangue con il
meccanismo idraulico pompa valvola. La sua concezione
sul controllo nervoso dei movimenti muscolari
immaginava che i nervi operassero come tubi cavi nei
quali scorresse un « fluido sottile» per azionare valvole
che, a loro volta, stimolavano i muscoli alle loro
estremità.” 7
Verso la fine del diciassettesimo secolo vari sistemi “iatro
meccanici” tra cui ad esempio quello di Borelli, furono
proposti per la spiegazione di fenomeni fisiologici, in
particolare per i movimenti muscolari. Agli inizi del
diciottesimo secolo invece, i modelli meccanici cui ci si
rifaceva più frequentemente furono i famosi automi di
Vaucanson (ad es. il suo suonatore di flauto e la papera),
che erano indubbiamente molto ingegnosi, anche se
occorre precisare che essi simulavano le funzioni
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Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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organiche solo nel movimento superficiale e nell'
apparenza.
L'affermazione più discussa dell'ottica meccanicistica, la
quale portava le argomentazioni di Cartesio alle loro
logiche conclusioni, fu l'Homme Machine di La Mettrie del
1748.
La macchina era il modello o l' analogia che avrebbe
guidato le ricerche. I riferimenti sia di La Mettrie, che di
Cartesio, ad una biologia meccanica, erano dunque, del
tutto prematuri: in primo luogo essi non riuscivano
fondamentalmente a fornire alcuna spiegazione dei
processi chimici che avvenivano all'interno del corpo. Si
dovettero attendere i basilari sviluppi della chimica del
diciottesimo secolo prima che ci si potesse in qualche
modo riferire a fenomeni come la respirazione o la
digestione.
L'opera del grande anatomista Georges Cuvier, risalente
agli inizi dell'ottocento, può essere considerata
rappresentativa del più generale modo in cui, grazie al
sorgere di una biologia propriamente scientifica, la
filosofia meccanica fu portata nei laboratori ed affrontata
con precise tecniche di ricerca. C. C. Gillispie ha
paragonato il metodo di approccio di Cuvier allo studio
del corpo animale, a quello di uno studioso di ingegneria
che si accinge ad esaminare una macchina. “Egli
istruisce su tale argomento allo stesso modo con cui un
sergente insegna ad una recluta il funzionamento e la
nomenclatura delle parti di un fucile”. 8
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“Anche Henri Milne-Edwards, un discepolo di Cuvier,
asseriva di aver cercato di comprendere la maniera in cui
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C.C. Gillispie_The Edge of Objectivity.
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le forme organiche avrebbero potuto essere create,
studiando gli organismi viventi e mettendoli a confronto
tra loro, come se fossero macchine ideate
dall'ingegnosità dell'uomo.” 9
Von Bertalanffy ha coniato il termine ' macchino-teorico '
per indicare in biologia questa generale linea di pensiero.
Secondo questa concezione, l'organismo era in un certo
senso considerato come “una sorta di automa o
macchina a gettone, che rispondeva a stimoli provenienti
dall'ambiente esterno in un modo del tutto automatico e
deterministico.” 10
Nel ventesimo secolo le bambole animate di Vaucanson
hanno il loro più serio corrispondente negli automi “autoregolantisi” e adattabili, costruiti da alcuni esponenti della
cibernetica biologica, come Grey Walter e W. Ross
Ashby; mentre le analogie tra l'intelligenza umana ed
animale e le operazioni dei computers hanno ispirato
molte aree della psicologia moderna.
Non c'è da meravigliarsi se per gli architetti o gli
ingegneri edili e civili, dal momento che essi si occupano
di problemi di statica e della distribuzione dei pesi e delle
forze, l'area della biologia di più diretto interesse sia
l'anatomia. Fra tutti gli scritti inerenti alla biologia, l'opera
che forse ha più direttamente influenzato gli architetti, e
stato il saggio classico di D'Arcy Thompson On Growth
and Form. Con D'Arcy Thompson il processo è opposto:
egli compie una serie di paragoni tra le strutture
meccaniche e gli studi delle piante e gli scheletri animali;
egli traccia, ad esempio, una serie di paralleli tra la
struttura delle ossa ed il loro corrispondente artificiale
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P. Collins_Changin Ideals in Modern Architecture 1750-1950.
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L.von Bertalanffy_Problems of Life_Londra_1952.
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costruito dall'uomo: le travi e le colonne. Egli mostra
come le ossa cave delle ali degli avvoltoi siano rinforzate,
secondo il metodo di travatura reticolare di Warren, e
come il femore umano sia simile al braccio di una gru per
lavoro pesante.
D’Arcy Thompson afferma che l'anatomista può trarre
molti insegnamenti dal Forth Bridge, capovolgendo così
la analogia organica del teorico del design. I tubi che
costituiscono il ponte corrispondono, fin nei minimi
dettagli, alla struttura degli steli cilindrici delle piante, e i
loro anelli di rinforzo equivalgono ai nodi del fusto dei
bambù, una delle strutture vegetali più resistenti. Ancora,
lo scheletro dei quadrupedi, quale ad esempio quello del
cavallo o del bue, ai fini dell'analisi meccanica può
essere considerato una sorta di sistema di doppie travi a
sbalzo, più o meno come quello del Forth Bridge dove le
zampe corrispondono ai piloni del ponte, e la colonna
vertebrale, il collo e la coda sporgono da questi supporti.
21
Scheletro di un bisonte fossile e ponte a “cantilever” a due braccia
del Forth Bridge.
Da D’Arcy W. Thompson_On growth and Form_Cambridge_1917.
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1.3 L’ANALOGIA CLASSIFICATORIA
“Gran parte degli studi di storia naturale del diciottesimo
secolo, che prepararono la via e culminarono poi nella
grande opera di Buffon e Linneo, furono consacrati alla
questione delle classificazioni, cioè alla sistematica.
Questo studio prevedeva due diversi tipi di approccio: per
sistemi - tra i quali era famoso il sistema di Linneo - e per
metodi, o piuttosto metodo, dal momento che,
fondamentalmente, ve ne era uno solo. In entrambi i casi
si postulava che tra le specie esistesse una continuità più
o meno perfetta, per cui i loro stessi principi potevano
essere esposti attraverso un prospetto, o una tavola,
bidimensionale. Ogni spazio di questo reticolato, infine,
sarebbe stato riempito, e la eventuale presenza di spazi
vuoti sarebbe stata ascritta al fatto che alcune specie non
erano state ancora scoperte o, al contrario, che si erano
estinte a causa di qualche catastrofe storica.” 11
Lo schema della tavola differiva a seconda dei vari autori.
Più comunemente essa assunse la forma di una
immaginaria “scala della creazione" sui cui gradini tutti gli
organismi potevano essere disposti in graduale
progressione, dal più semplice al più complesso, dal più
basso al più alto. Questa concezione ha una storia che
precorre di molto Buffon e Linneo; tale storia è stata
approfonditamente esaminata da Arthur Lovejoy nella
sua basilare monografia The Great Chain of Being. La
suddetta rappresentazione trova la sua più estrema
espressione nell' opera Echelle des Etres di Bonnet
dove l'autore dispone alla base tutti gli 'esseri' inorganici,
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Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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come le rocce ed i cristalli, per giungere in cima,
attraverso le piante e gli animali, all'uomo.
Altri studiosi rappresentarono la rete di relazioni che
collegava tra loro le specie in modi differenti, talvolta
secondo forme ramificate, talvolta addirittura poliedriche.
Philip Ritterbush fa risalire l'uso della metafora dell'albero
nel sistema di classificazione degli organismi a Pallas, il
naturalista tedesco che per primo raggruppò piante e
animali in due gruppi separati. E’ importante sottolineare
che sia le serie lineari, sia la scala ed il sistema
dell'albero a ramificazioni, erano soltanto degli schemi di
classificazione, e non erano finalizzati a rappresentare
alcuna forma di progresso da un punto di vista evolutivo.
Quando fu poi introdotta una certa dimensione
temporale, si presuppose, come Bonnet, che l'intera
scala delle specie dovesse muovere in avanti o verso
l'alto contemporaneamente, come una grande scala
mobile cosmica, verso stadi di più alta perfezione. Sia i
sistemi che il metodo erano imperniati sulla
identificazione di elementi, o caratteristiche visibili, delle
piante o degli animali, sul loro numero, dimensione,
foggia e configurazione spaziale. Una maggiore
attenzione fu infatti rivolta alla classificazione delle piante
piuttosto che a quella degli animali; ciò era dovuto non
soltanto al fatto che esemplari di piante erano più
immediatamente disponibili e più facilmente maneggiabili,
ma in quanto, al contrario degli animali, le speciali
strutture delle piante erano tutte all'esterno, e pertanto
facilmente visibili.
La tecnica della classificazione intendeva determinare le
visibili differenze e similitudini di forma tra le specie,
raggrupparle in famiglie e disporle in ordine graduale
sulla scala progressiva della tavola delle classificazioni.
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Con i sistemi si procedeva isolando solo pochi elementi
dalla forma globale della pianta, ed usando come base
dell'analisi le variazioni e le rassomiglianze tra questi
elementi prescelti. Così Linneo basa il suo sistema sulla
descrizione degli organi di riproduzione delle piante, dei
loro frutti e dei loro fiori. Era possibile avere altri sistemi
usando altri elementi. Con il metodo si procedeva invece
esaminando una prima specie e facendo poi una
completa descrizione di tutte le sue caratteristiche. Il
processo veniva ripetuto con specie successive, ma
indicando solo le differenze con la specie già descritta,
senza ripetere alcuna delle affinità. Pertanto, in qualsiasi
ordine le specie venissero esaminate, alla fine sarebbero
emerse sempre le stesse generali differenze e
somiglianze.
Volendo analizzare l'analogia con la classificazione in
architettura, cioè la descrizione e l'enumerazione dei tipi
o “specie” di costruzioni va rilevato che i metodi di
classificazione usati dalla storia naturale del diciottesimo
secolo erano imperniati sulle proprietà visibili e relative
alla forma delle specie vegetali ed animali; e, sebbene gli
organi corrispondenti a determinate funzioni biologiche
potessero essere selezionati per stabilire la base di un
sistema, tuttavia il principio di classificazione non
rispondeva in realtà a criteri funzionali.
In secondo luogo, l'idea che la classificazione potesse
giungere ad ordinare tutte le specie in una serie
progressiva, e che le differenze tra le specie fossero
indicate da gradazioni minime sotto tutti gli aspetti,
comportava una serie di implicazioni: si sottointendeva la
possibile esistenza di un principio trasformazionale o
combinatorio, per mezzo del quale la classificazione
sarebbe riuscita ad individuare, oltre le specie
25
conosciute, anche le posizioni di specie ancora
sconosciute o estinte in passato o, cosa ancor più
emozionante, a generare specie teoriche di tipi
sconosciuti in natura.
La suddetta trasformazione potrebbe consistere in una
sistematica permutazione o commutazione di parti o
elementi.
Ancora una volta fu Aristotele, come del resto per tanti
settori della storia naturale, a formulare questa teoria per
primo. Egli riteneva che la varietà delle specie animali
derivasse dalla globale formazione di nuove
combinazioni di geni di un limitato numero di differenti tipi
di organi: “differenti tipi di bocche, stomaci e organi
percettivi e locomotori ... Quando tutte le combinazioni
sono esaurite vi saranno altrettanti tipi di animali quanti le
combinazioni degli organi essenziali”. 12
Contemporaneamente, la presenza di generali e globali
affinità tra interi gruppi di specie, suggeriva il concetto di
archetipi vegetali e animali, di schemi teorici, dei quali gli
esemplari esistenti in natura erano differenti
trasformazioni, o modificazioni variamente distorte.
Appare chiaro che l'idea della ricombinazione di organi in
tutte le possibili permutazioni, è in realtà incompatibile
con l'idea dell'armoniosa e coerente relazione delle varie
parti sia l'una rispetto all'altra, sia rispetto alla globalità
dell'organismo, nonostante Aristotele abbia adottato
contemporaneamente entrambe le concezioni. La
costante permutazione di tutte le combinazioni di organi
produrrebbe molte mostruosità, come quelle bestie
grottesche o fantastiche aventi la testa di una certa
specie, il corpo di un'altra e le zampe di una terza.
Secondo alcuni studiosi di storia naturale del diciottesimo
TPF
12
TP
PT
FPT
Aristotele_La Politica_libro 4_parte 4_par. 1290.
26
secolo, come ad esempio Maupertius, questi mostri
erano comunque necessari al fine di completare l'intero
schema permutazionale, e sarebbero poi scomparsi a
causa della loro incapacità di sopravvivere.
La teoria degli archetipi fu elaborata principalmente dalla
Naturphilosophie, la scuola di zoologia astratta sorta in
Germania tra la fine del diciottesimo secolo e gli inizi del
diciannovesimo secolo.
Goethe (che fu non solo poeta ed un uomo di lettere, ma
anche botanico) fu il più famoso esponente di questo
gruppo che includeva anche Meckel ed Oken, ed era
stato colpito maggiormente dalle affinità strutturali tra le
specie, piuttosto che dalle loro differenze. Se si poteva
trovare un modello di base valido per interi gruppi di
specie, non poteva essere possibile andare oltre, e
trovare un unico modello di base comune a tutte le
creature o a tutte le piante?
Goethe credeva di sì, e riteneva che, al di là delle
differenti varietà di piante, si potesse individuare una
primordiale pianta-tipo, o Urpflanze, come egli la
chiamava, un tipo di modello ideale, del quale le piante
esistenti in natura erano differenti manifestazioni, e
rappresentavano una delle possibili realizzazioni di
questo tipo fondamentale. Questa idea era andata
maturandosi nella mente di Goethe già molti anni prima
del suo viaggio in Italia nel 1786, ad una visita all'orto
botanico di Padova focalizzò nuovamente la sua
attenzione su questa questione. Più tardi, durante il suo
viaggio in Sicilia, egli scrisse nel suo diario:
“Nel vedere una vegetazione così nuova e rigogliosa
sono ritornato alla mia antica idea, e mi sono chiesto se,
per caso, non potessi imbattermi nella mia pianta
archetipica. Deve esserci una tale pianta, dopo tutto. Se
27
tutte le piante non fossero foggiate in base ad un unico
modello, come potrei riconoscere che sono piante?” 13
A questo punto sembra che Goethe aspettasse davvero
di trovare per caso l'Urpflanze durante i suoi viaggi, e
riconoscerla. In seguito, il concetto divenne più astratto;
Goethe sviluppò un modello teorico di struttura vegetale,
in cui gli steli erano assi geometrici di crescita, lungo i
quali erano disposte, in maniera differente, forme
modificate di una foglia primordiale che, attraverso varie
trasformazione, poteva manifestarsi o nelle differenti
fogge geometriche delle foglie, o anche nei petali o negli
involucri dei semi. Questo metodo permutazionale di
rappresentare i tipi di piante suggeriva a Goethe la
stessa possibilità di generare nuove piante teoriche,
come era accaduto ad altri. Le piante create, Goethe
asserisce, “saranno uniformate a leggi di verità interna e
di necessità. E la stessa legge sarà applicabile a tutto ciò
che ha vita”. 14
TPF
TPF
FPT
FPT
13
J.W. von Goethe_Italienische Reise 1786-8_annotazione sul
diario il 17 Aprile 1787.
TP
PT
14
TP
PT
J.W. von Goethe_lettera a Charlotte Stein_8 Giugno 1787.
28
Gli studenti di Goethe perseguirono l'idea dell'esistenza
di una corrispondenza nello schema strutturale, non solo
tra un ceppo ed un altro, o tra specie appartenenti allo
stesso ceppo, ma anche tra le differenti parti di uno
stesso corpo. Pertanto, lo scheletro dei vertebrati era
considerato come la forma modificata di un gruppo di
vertebre, e quella scoperta fu rivendicata sia da Goethe
che da Oken. In Inghilterra, la tradizione fu proseguita
fino alla metà del diciannovesimo secolo dall'anatomista
Richard Owen, il quale concepì astrattamente uno
scheletro archetipico desunto da tutti i vertebrati
(mammiferi, uccelli, pesci e rettili) che era composto da
serie longitudinali di versioni, variamente trasformatesi, di
una vertebra archetipica. Owen ipotizzò anche che la vita
su altri pianeti potesse mostrare altre possibili
modificazioni dello stesso archetipo, somigliante a quello
29
terrestre per quanto riguarda lo schema di base, ma
dissimile nei dettagli.
Goethe fu un appassionato entusiasta sia della
mineralogia che della botanica. Una annotazione del suo
diario sulle conseguenze del fatto che “l'architettura ... sia
simile alla mineralogia, botanica o zoologia”, indica la sua
convinzione secondo la quale tutte queste materie
sarebbero state governate da leggi generali e universali
di struttura spaziale.
Dopo questo breve esame della storia naturale del
diciottesimo secolo, dei suoi metodi di classificazione e
delle conseguenze su una teoria trasformazionale e
costruttiva dei tipi derivati dagli archetipi, è possibile ora
rivolgersi ai paralleli sviluppi storici e teorici in
architettura, e scoprire così le basi dell'analogia.
L'affermarsi dell'archeologia come disciplina dotta ed
organizzata, grazie all'accumularsi delle testimonianze e
dei resoconti dei viaggiatori e delle spedizioni in terre
straniere, aveva fornito agli studiosi di architettura una
sempre maggiore quantità di materiale del tutto
disorganizzato, comprovante la varietà degli stili
architettonici nazionali o locali nelle diverse epoche
storiche. Una teoria architettonica esauriente avrebbe
dovuto riordinare questo materiale, organizzarlo secondo
uno schema di classificazione e trarre alcuni precetti che
sarebbero serviti ad uno “stile” moderno, alla architettura
futura.
Molti trattati del tempo, come ad esempio quelli di J. F.
Blondel e Le Roy, e più tardi quelli di Durand, furono
dedicati esclusivamente alla classificazione e all'analisi
dei vari tipi di costruzioni, così come allo studio del
susseguirsi dei periodi architettonici e delle variazioni
degli stili nelle aree geografiche.
30
“Riguardo alla biologia, qui il paragone potrebbe essere
fatto con il grande aumento delle specie naturali
conosciute in natura nel diciottesimo secolo (dovuto
anche in questo caso ai risultati delle scoperte dei
viaggiatori e delle spedizioni per mare o nelle colonie, il
cui dichiarato scopo era quello di fare raccolte) e, come
già detto, con i paralleli sforzi per classificare le specie.
Usando una metafora molto libera, si potrebbe far
corrispondere il contemporaneo variare degli stili
architettonici in differenti aree geografiche, alla varietà
delle specie viventi; mentre, gli studi storici ricostruiti in
base alle testimonianze archeologiche sarebbero
l'equivalente delle specie fossili.
Vi era un ulteriore problema per gli architetti del
diciottesimo e del diciannovesimo secolo: quello
dell'emergente richiesta, a seguito dei rivolgimenti
industriali e sociali, di tipi di costruzioni del tutto nuove,
destinate a funzioni che non avevano alcun precedente.
Fino a quel momento era stato quasi possibile collocare
in maniera confortevole l'intera varietà delle attività
umane nelle poche forme tradizionali che erano state
ereditate dai Romani: la villa, l'appartamento, la basilica,
il teatro, il tempio. Gli studi dell'architetto erano stati
incentrati sui modelli classici, poiché si presupponeva
che la limitata gamma delle forme delle costruzioni
classiche, come erano state tramandate attraverso
Vitruvio e i commentatori del Rinascimento, avrebbero
soddisfatto qualsiasi esigenza. ” 15
TPF
FPT
Non solo l'invenzione della macchina ed il progresso
industriale crearono la necessità di strutture adatte
15
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
TP
PT
31
all'impianto di industrie di tutti i tipi, di mulini, depositi,
docks e, per esempio, nel diciannovesimo secolo,
dell'intera varietà di costruzioni connesse alle ferrovie;
ma, più pressante, dal momento che si riteneva
diffusamente che queste strutture industriali esulassero
dal campo dell'architettura, ed erano pertanto lasciate ai
costruttori e agli ingegneri, era la richiesta di costruzioni
rispondenti alla nuova, ed ancor più complessa,
organizzazione della società, come ospedali, edifici per
gli scambi commerciali, caserme, municipi, prigioni,
macelli e mercati. Questi nuovi aspetti furono inseriti per
la prima volta da J. F. Blondel nel programma degli studi
di architettura negli anni intorno al 1760. Il secolare
programma della Encyclopedie, con le sue elaborate e
dettagliate descrizioni e classificazioni della varietà delle
produzioni e dei processi industriali, concorse molto a
questo cambiamento di indirizzo. In Francia, nel periodo
della Rivoluzione, gli architetti, tra i quali Ledoux,
avevano tentato di compilare un vocabolario
di forme che, adeguandosi ai principi della Rivoluzione,
potessero rispondere alle nuove esigenze sociali, e ad
altre ancor più utopistiche.
Tuttavia, vi è un importante aspetto in cui è possibile
trovare un parallelismo o linea di connessione, e questo
riguarda l'importante principio della creazione teorica di
nuove specie, che per la storia naturale fu forse un
concetto incidentale e vagamente fantasioso, ma che per
l'architettura fu senza dubbio il fondamentale centro di
interesse. Lo scopo pratico della classificazione in
architettura, al di là della descrizione storica e dell'analisi
scientifica, consiste nella speranza di poter derivare
principi teorici proprio riordinando la varietà di costruzioni
del passato. Tali principi potrebbero essere applicati nella
32
progettazione di nuove costruzioni, di nuove forme, e
rispondere ai nuovi programmi e alle nuove circostanze.
Così, troviamo che il sintetico e rivoluzionario metodo di
J.N.L.Durand per la composizione architettonica, come è
esposto nelle sue Lefons d'Architecture (1819) è tratto
dal suo precedente lavoro sull'analisi classificatoria dei
vari tipi di costruzioni e della loro storia. I progetti di molte
costruzioni storiche, raggruppate in base alla loro
funzione generale (teatri, stadi, mercati e così via) sono
riprodotti nelle tavole di Durand nella sua Recueil et
Paraltete des Edifices del 1801, e tali tavole sono state
disegnate su scale standard, disposte proprio come se
fossero esemplari di qualche opera di storia naturale o di
geologia.
Il metodo di Durand mostra molte affinità con le regole di
Hauy sulla formazione dei cristalli, o con il sistema
trasformazionale di Goethe circa la derivazione di tutte le
piante dalla pianta archetipica. L'intento di Durand era
che, dalle sue Lefons, gli studenti, apprendendo i tipi e i
principi basilari della composizione, fossero in grado di
risolvere, in circostanze diverse,una stupefacente ed
infinita varietà di problemi separati e senza connessione
tra loro. Egli riteneva “impossibile augurarsi di
comprendere l'Architettura studiando consecutivamente
tutte le specie di costruzioni in tutte le circostanze che
possono modificarle”; ma, se lo studente si fosse
dedicato allo studio approfondito delle forme-tipo
generali, allora egli avrebbe potuto modificare
appropriatamente questi tipi, e soddisfare le particolari
esigenze dettate dalla funzione, dalla ubicazione, dal
preventivo e dalle richieste del singolo cliente.
33
Ovviamente gli archetipi della Naturphilosophie furono
soggetti a dure critiche, non solo perchè si astraevano
dalla osservazione della realtà naturale, ma anche
perchè non spiegavano né il perchè dell'esistenza di
specie differenti, né motivavano il verificarsi delle varie
permutazioni o trasformazioni delle forme archetipiche. Il
sistema di Goethe per derivare i tipi di piante
dall'originale Urpflanze, nonostante un intuito
estremamente fertile e ricco di immaginazione, era
essenzialmente soltanto un metodo di descrizione, e non
offriva alcun tipo di teoria esplicativa. In realtà, l'archetipo
era, in ultima analisi, niente altro che uno schema o il
prodotto finale della classificazione, una astrazione dalla
varietà delle specie reali, e quindi l'intero processo era, in
una certa misura, circolare.
34
1.4.1 L’ANALOGIA ANATOMICA
“Dopo la Rivoluzione, fu aperto a Parigi un nuovo
Museum d'Histoire Natlurelle, che fu ricavato dall'antico
Jardin du Roi di Buffon, e fu più popolarmente conosciuto
come Jardins des Plantes. Per le varie branche della
materia furono istituite dodici cattedre universitarie, che
furono poi affidate ai maggiori scienziati viventi del
tempo, tra i quali E.G. Saint Hilaire, il geologo Brongniart,
e le due personalità più famose: il protoevoluzionista J.B.
de Lamarck, e l'uomo che è considerato l'effettivo
fondatore dell'anatomia comparata: Georges Cuvier.” 16
Cuvier, più che Lamarck stesso, fu il primo biologo che si
distaccò nettamente dalle filosofie speculative e vitaliste
del diciottesimo secolo, ed intraprese lo studio della vita
con quella obiettività e con quella tecnica empirica che
sono proprie del vero approccio scientifico.
Inizialmente Cuvier si concentrò sullo studio anatomico
dei mammiferi più grandi, poi, in seguito, si dedicò allo
studio dei pesci, studio che fu riassunto negli otto volumi
della Ichthyologie.
Oltre che lo specifico oggetto di studio di Cuvier, sono
interessanti i principi ed il sistema di riferimento del suo
metodo anatomico. Cuvier mutua da Aristotele un
approccio teleologico e funzionale per la descrizione e la
spiegazione della forma anatomica. Egli crede, come
Aristotele, nella “inalterabile integrità funzionale”
dell'organismo; e ritiene che i vari organi, e tutte le parti,
giochino un ruolo necessario e complementare nel
favorire le azioni e il tipo di vita dell'animale. L'anatomia,
che è la descrizione delle parti, o “strutture dei corpi
TPF
16
TP
PT
FPT
C.C. Gillispie_The Edge of Objectivity.
35
organici”, è pertanto priva di senso senza una certa
spiegazione funzionale dello scopo e del ruolo svolto da
quelle parti stesse.
“Cuvier descrisse questo universale adattamento della
forma organica alle particolari abitudini, comportamenti e
ambienti di ogni creatura (adattamento che sarebbe stato
poi spiegato dalla moderna biologia attraverso i
meccanismi illustrati dalla teoria evoluzionista di Darwin)
riferendosi alla ipotesi delle “condizioni di esistenza”.
Per Cuvier era sufficiente che le “condizioni di esistenza”
fossero incarnate, nel piano della natura, dalla creazione;
ed egli era pertanto pago di procedere direttamente al
dettagliato esame di particolari animali e di particolari
strutture organiche, basandosi su questo assunto. Ma,
anche se l'idea appare oggi come una teorica fantasia, il
lavoro di Cuvier era ben lontano dall'essere infruttuoso
ed inutile, dal momento che focalizzò l'attenzione
sull'organizzazione funzionale delle strutture corporee, e
sulle strette relazioni intercorrenti tra gli animali, le piante
e i rispettivi ambienti in cui vivono.” 17
Come corollario delle “condizioni di esistenza”, seguivano
poi le famose regole di anatomia di Cuvier, la
“correlazione delle parti” e la “subordinazione dei
caratteri”. Per “correlazione delle parti” , Cuvier intendeva
la necessaria e funzionale interdipendenza tra i vari
organi, o tra i sistemi del corpo. La presenza di un
organo, o di una struttura, implicherebbe
necessariamente l' esistenza di un altro o di molti altri, e
TPF
FPT
17
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
TP
PT
36
una modifica in uno di essi, implicherebbe una
corrispondente modifica negli altri. Per citare Cuvier:
“Tutti gli organi di uno stesso animale formano un
sistema unico, le cui parti sono tutte concatenate,
agiscono e reagiscono l'una rispetto all'altra, e non vi può
essere alcun mutamento in ognuna di esse, senza che
ciò non comporti una analoga modificazione in tutte”. 18
Questa teoria, però non fu dovuta interamente a Cuvier;
l'abbiamo vista abbozzata in Aristotele, ed è già
esplicitamente formulata nel lavoro di anatomia
dell'immediato predecessore di Cuvier, Felix Vicq d'Azyr
il quale successe a Buffon nell'Academie Française, e dal
cui lavoro Cuvier attinse molto ampiamente per i suoi
volumi di esauriente rassegna. Vicq d'Azyr asserisce, ad
esempio, che “esistono costanti relazioni tra la struttura
dei denti dei carnivori e quella dei loro muscoli, delle dita
delle zampe, delle unghie, della lingua, dello stomaco,
dell'intestino”. 19
La seconda regola, «la subordinazione dei caratteri »,
postulava che determinati organi, o sistemi, del corpo
avessero maggiore rilevanza funzionale rispetto ad altri,
e che questi potessero pertanto essere disposti in ordine
di importanza. Con Cuvier la pertinenza della regola ai
fini della classificazione è ancora molto grande; ma ora i
principi dell'organizzazione classificatoria sono basati
sulla funzione, poiché si fondano sulla conseguente
importanza degli organi, o dei sistemi, rispetto al
TPF
TPF
FPT
FPT
18
G. Cuvier_Rapport Historique sur le Progrès des Sciences
Naturelles depuis 1789 et sur leur Etat Actuel_Parigi 1808.
TP
PT
19
F. Vicq d’Azyr_Système Anatomique des
Quadrupèdes_Parigi_1792.
TP
PT
37
funzionamento dell'intero corpo piuttosto che su tratti
esterni, forse incidentali, selezionati senza alcun
riferimento al loro significato funzionale.
Per Vicq d'Azyr, la funzione più importante per l'animale
era quella alimentare. Cuvier cambia opinione più volte
riguardo la classificazione dei sistemi del corpo,
ritenendo inizialmente che la riproduzione e la
circolazione fossero quelli principali. Più tardi, considera
invece la digestione come la più importante, ed infine
giunse a dare il primo posto al sistema nervoso.
Non sono più le proprietà visibili, geometriche, a sé stanti
ed esterne degli organismi, che forniscono ora i criteri per
raggrupparli in famiglie; adesso sono, in un certo senso,
proprietà invisibili, nascoste, nel caso degli animali,
all'interno del corpo. Molte caratteristiche esteriori degli
animali sono connesse a funzioni alquanto minori, e sono
passibili di una maggiore variazione rispetto ai più
importanti e più significativi organi interni. Come Foucault
asserisce: “Le specie animali differiscono all'esterno, e si
rassomigliano all'interno; sono unite dall'inaccessibile, e
separate dall'apparente”. 20
Differenze ed affinità che si possono osservare
esteriormente non sono più una guida sicura per la
tassonomia, poiché l'esatta natura dei peli o della
pelliccia, l' aspetto esterno, le precise dimensioni degli
arti possono tutti variare entro certi limiti senza
compromettere la coordinazione e la vitalità dell'insieme.
Come sostiene Cuvier:
“Noi troviamo una più vasta gamma di dimensioni quanto
più ci allontaniamo dagli organi principali, e ci
avviciniamo invece a quelli di minore importanza; e,
TPF
20
TP
PT
FPT
M. Foucault_The Order of Things.
38
quando arriviamo in superficie, dove la natura delle cose
colloca le parti meno essenziali (le cui lesioni
risulterebbero meno pericolose), il numero delle varietà
diviene talmente alto che tutto il lavoro del naturalista non
è ancora stato in grado di farsene una precisa idea”. 21
Sono gli organi principali ad essere invariabili, e che
pertanto servono come base per la classificazione,
mentre i caratteri secondari possono variare
notevolmente. Se i tratti esteriori - unghie, denti, zoccoli servono realmente ai fini della classificazione, è perché,
attraverso reti di relazioni, sono collegati ai maggiori
sistemi corporei di cui fanno parte. L'implicazione delle
due regole, ma particolarmente di quella riguardante la
correlazione delle parti, era che la necessaria e logica
compresenza di determinate, tipiche serie di organi, in
tipiche strutture corporee, sarebbe riportabile, nel senso
più ampio, ai differenti ambienti degli animali, ai loro tipi
di cibo, al loro modo di cacciare e di cibarsi, alle
condizioni metereologiche, ai differenti elementi in cui si
muovevano. Gli erbivori ad esempio, sarebbero forniti di
particolari tipi di denti, che determinerebbero la forma
della mascella, e da cui il cranio; anche il tipo di apparato
digerente corrisponderebbe, e così via. Le creature
dinamiche come gli uccelli, che consumano una grande
quantità di energia volando, richiedono confacenti
modalità di respirazione e di nutrimento, che determinano
a loro volta la struttura degli organi appropriati; gli animali
tardigradi come i rettili, che trascorrono lunghi periodi
senza aver bisogno di respirare, hanno, invece, apparati
respiratori molto meno sviluppati, ed essendo
TPF
FPT
21
G. Cuvier_Lecons d’Anatomie Comparée_Parigi 1805. Citato in
W. Coleman_Georges Cuvier, Zoologist.
TP
PT
39
relativamente inattivi, anche i loro organi locomotori sono,
in molti casi, conseguentemente poco sviluppati.
G. Cuvier_scheletro ricostruito di Anaplotherium_da Recherches sur
les Ossements Fossiles_Parigi_1821.
“I ruminanti non potevano avere un tubo digerente corto e
rettilineo, all'aquila erano negate le zampe palmate, il
serpente non aveva arti esterni, i crostacei che abitano
negli antri mancavano di una vista acuta” 22 . Si negava
che l'incessante e reciproca permutazione di ogni arto
con gli altri avrebbe necessariamente prodotto dei mostri,
che poi non sarebbero stati in grado di sopravvivere.
Secondo Cuvier, i mostri erano semplicemente una
logica impossibilità: essi non solo non erano mai esistiti,
TPF
22
TP
PT
FPT
W. Coleman_Georges Cuvier, Zoologist.
40
ma non avrebbero mai potuto esistere. Egli afferma
testualmente:
“E’ evidente che una adeguata armonia tra gli organi che
interagiscono gli uni sugli altri, è una condizione
necessaria per l'esistenza dell'essere cui essi
appartengono, e se una di queste funzioni si modificasse
in modo incompatibile con la modificazione delle altre,
questo essere non potrebbe esistere”. 23
“Molti degli esemplari fossili rinvenuti erano incompleti, o
consistevano soltanto di frammenti o di gruppi di ossa. In
altri casi ossa appartenenti a specie diverse si
ritrovavano mescolate tra loro, e al paleontologo si
presentava l'arduo problema di riunire i piccoli pezzi, e di
stabilire quali ossa corrispondevano alle altre. Era a
questo proposito che il principio della correlazione delle
parti di Cuvier si rivelava, chiaramente, della massima
utilità.
Cuvier svolse il suo lavoro durante le due prime decadi
del secolo, e morì nel 1832 (nello stesso anno di
Goethe). I metodi di classificazione e di analisi di Cuvier
furono esplicitamente proposti come modelli per lo studio
di costruzioni e di manufatti di utilità pratica, per la prima
volta, in Francia, da E. E. Viollet-le-Duc, ed in Svizzera
da G. Semper, i quali scrissero entrambi dopo la seconda
metà dell'ottocento.” 24
TPF
TPF
FPT
FPT
23
G. Cuvier_Lecons d’Anatomie Comparée_Parigi 1805. Citato in R.
Lee_Memoirs of Baron Cuvier.
TP
PT
24
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
TP
PT
41
Nella sua espressione più semplice, l'analogia anatomica
applicata alle costruzioni consiste in un elementare
paragone tra lo scheletro dell' animale e le strutture di
sostegno, come colonne, travi, pilastri e volte. Horatio
Greenough dichiara, così, (negli anni intorno al 1850) che
“i principi dell'edilizia possono essere appresi dallo studio
degli scheletri e dalle pelli di animali e insetti” 25 . In
seguito, con le intelaiature di acciaio usate dagli architetti
di Chicago tra gli anni 1880 e 1890, la separazione della
“pelle” dell'edificio dalle sue “ossa” strutturali, fu
definitiva, e la metafora divenne particolarmente
appropriata.
Per Le Corbusier le tradizionali costruzioni in pietra delle
mura portanti devono essere paragonate ai gusci ossei
contrattili della tartaruga e dell' aragosta. Inversamente, il
moderno tipo di struttura colonnare isolata di
calcestruzzo o di acciaio corrisponderebbe ad uno
scheletro interno, mentre le mura perimetrali e divisorie,
che non hanno una funzione di sostegno ma
semplicemente quella di dividere lo spazio e di
proteggere dagli elementi esterni, equivarrebbero alle
membrane e alla pelle.
Questo paragone tra la disposizione delle strutture nelle
costruzioni, e la forma dello scheletro negli animali, si
ritrova per lo meno già dal 1770, quando J.R. Perronet
diceva a proposito delle cattedrali gotiche:
“Il fascino di queste costruzioni consiste in gran parte nel
fatto che esse erano costruite, in un certo senso, a
imitazione della struttura degli animali; le alte, delicate
colonne, gli intrecci con le nervature trasversali, le
TPF
FPT
25
H. Greenough_Form and Function, Remarks on Art, Design and
Architecture_ed.H.A. Small_Los Angeles_1947.
TP
PT
42
nervature e i costoloni diagonali, potrebbero essere
paragonati alle ossa, e le pietre piccole ed i conci
rastremati, spessi solo quattro o cinque pollici, alla pelle
di questi stessi animali. Queste costruzioni potrebbero
sussistere autonomamente, come uno scheletro, o le
coordinate di una barca, che sembrano essere costruite
su modelli simili”. 26
Uno dei temi ricorrenti nella teoria architettonica del
diciannovesimo secolo sostiene che alcune costruzioni
storiche, ma soprattutto le cattedrali francesi del
dodicesimo e tredicesimo secolo, mostrerebbero una
assoluta razionalità ed economia di strutture, e proprio da
ciò deriverebbero la loro bellezza. Questo è il cosiddetto '
Razionalismo Gotico ' del quale Eugene Emmanuel
Viollet-le-Duc fu il maggiore sostenitore. R. D. Middleton,
in una dissertazione su 'Viollet-le-Duc and the Rational
Gothic Tradition' , ripercorre le fasi di questo concetto,
fino al già riportato passo di Perronet, dove questi
sostiene che nello stile gotico, a differenza della massa e
del volume che caratterizzavano, per esempio, la
costruzione romana, il peso era ridotto al minimo
indispensabile, e opposte forze strutturali erano
esattamente distribuite negli ingegnosi sistemi di volte
controbilanciate, di massetti e di contrafforti messi a
punto dai costruttori gotici.
Viollet-le-Duc , in un passaggio tratto dal Dictionnaire
Raisonné de l'Architecture Française - opera in cui egli
espone la sua filosofia razionale della struttura
architettonica - dice: «come, vedendo la foglia di una
TPF
FPT
26
Da una lettera di Perronet al Mercuri de France, Aprile
1770_Citato in R.D. Middleton_Viollet le Duc and the Rational Gothic
Tradition_1958.
TP
PT
43
pianta, se ne può dedurre l'intera pianta, dall'osso di un
animale, l'intero animale, così, vedendo una sezione
trasversale, si deducono gli elementi architettonici, e,
dagli elementi, l'intero monumento».
Questo metodo di deduzione, che segue palesemente i
principi anatomici della “correlazione delle parti” di
Cuvier, è illustrato mirabilmente nel rapporto tra la volta e
la colonna nello stile gotico. Dal momento che il modello
delle nervature deriva logicamente, ed inevitabilmente,
dalla forma della volta, e l'esatto profilo della colonna in
sezione trasversale è determinato dalle nervature e dal
modo in cui queste sono diminuite sulla testa della
colonna, sarebbe possibile, in linea di massima, per un
abile studioso di storia dell'arte e, al tempo stesso,
ingegnere risalire al processo inverso, e, da una parte di
una sola struttura, inferire, o ricostruire, tutte le altre.
“Viollet-le-Duc è noto, oltre che per i suoi scritti teorici,
anche per il suo approfondito lavoro al restauro dei
monumenti gotici in Francia. Si potrebbe essere indotti a
supporre, allora, che il menzionato Cuvier sia una
allusione alla possibilità di usare, per analogia, le regole
di anatomia nelle ricostruzioni dei “fossili architettonici”:
per ristrutturare i “monumenti dei tempi passati”, volendo
usare l'espressione di Cuvier. Stranamente, non è così,
ed è invece ai generali principi di classificazione che
Viollet-le-Duc si rifà.” 27
Dobbiamo aspettare Le Corbusier per trovare paragoni
biologici tra la fisiologia della respirazione e la
ventilazione degli edifici, tra il sistema nervoso e le reti
TPF
FPT
27
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
TP
PT
44
per la conduzione dell'elettricità e i servizi di
comunicazione telefonici in un edificio o una città, tra
l'intestino ed i tubi di scarico ed i sistemi per i rifiuti, e,
l'analogia preferita fra tutte, quella tra la circolazione del
sangue e la circolazione delle persone o del traffico.
Vi è un aspetto in un certo senso più tecnico e specifico
dell'analogia in architettura, comunque, che deriva
direttamente dai concetti centrali dell'anatomia di Cuvier.
Si tratta del “principio di similitudine”.
1.4.2 Il principio di similitudine
“Come importante conseguenza della correlazione delle
parti, si presuppose che le relazioni funzionali non
dovessero determinare soltanto la necessaria e
contemporanea presenza di vari organi combinati
sistematicamente, ma che stabilissero anche le
proporzioni e le dimensioni del globale aspetto di una
creatura. Ad esempio, un uccello le cui dimensioni
fossero il doppio di quelle di un altro, avrebbe un peso
circa otto volte maggiore, in proporzione alla mole. Ma se
dovesse avere esattamente la stessa sagoma,
semplicemente “ingrandita in scala” per così dire,
avrebbe un'apertura alare quattro volte più ampia per
sostenere il peso maggiore. Ne consegue che le
proporzioni dell' ala, rispetto alla dimensione del corpo,
devono essere differenti nell'uccello più grande, per
rispettare questa considerazione. Molti studiosi hanno
evidenziato la attinenza tra questo tipo di effetto, e i
sistemi di proporzione architettonica e i problemi
strutturali e di ingegneria, in una costruzione.
In realtà , non fu Cuvier che concepì per primo il principio
di similitudine, sebbene abbia collocato i suoi studi nella
45
generale struttura dell'anatomia funzionale ed abbia fatto
riferimento alle sue conseguenze. Il principio risale a
Galileo che per primo ne valutò gli effetti e ne trovò molte
dimostrazioni, sia nel mondo della natura che nel mondo
dell'edilizia. L'essenza del principio è che in corpi costruiti
similmente, cioè aventi la stessa forma, la relazione tra le
parti varierà al variare della dimensione. La mole dei
corpi sarà direttamente proporzionale al cubo delle loro
dimensioni lineari, e così massa e peso tenderanno a
variare allo stesso modo; mentre l' area della superficie
totale, o l' area della sezione trasversale delle parti, e
quindi la loro forza meccanica, saranno direttamente
proporzionali al quadrato delle dimensioni.” 28
In ingegneria lo studio di questa classe di problemi è
chiamato analisi dimensionale; esso ha come
implicazione che ponti, travi o altre strutture, aventi
esattamente lo stesso design, varieranno in robustezza
secondo un determinato spessore, in base alla loro
dimensione globale. Un modello in miniatura che sia
simile in ogni proporzione alla struttura a grandezza
naturale, non darà quindi una rappresentazione “in scala
reale” della prestazione meccanica della struttura.
Uno studioso che si interessò al principio di similitudine fu
Herbert Spencer, la cui filosofia sintetica e sociologia fu
edificata sui fondamenti della biologia; egli
originariamente, compiuti i relativi studi, aveva praticato
la professione di ingegnere. Spencer mostrò come le
conseguenze della similitudine ponessero limiti alla
dimensione delle cellule, spiegando, di conseguenza,
perchè animali molto grandi e molto piccoli abbiano
entrambi cellule più o meno della stessa dimensione.
TPF
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28
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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PT
46
Spencer, per analogia, applicò gli stessi principi in
sociologia, dove essi suggerivano possibili spiegazioni
sulle dimensioni e sulla relativa coesione dei gruppi
sociali.
Nell'ambito della biologia, Galileo aveva mostrato il
disegno di due ossa di differente lunghezza, la cui
robustezza permetteva di sostenere dei pesi in
proporzione alle loro dimensioni lineari. “L'osso più lungo
è molto più spesso rispetto a quello più corto” 29 . La sua
spiegazione mostra, ad esempio, il motivo per cui le
zampe di un elefante sono così spesse, e perchè non
possano esistere delle creature terrestri molto più grandi
dell'elefante, dal momento che il peso gravante nel
camminare e nel correre diventerebbe troppo grande, e il
necessario spessore della zampa renderebbe ogni
movimento troppo impacciato. Soltanto le balene ed i
grossi pesci evitano questo problema, poiché i loro corpi
sono sospesi nell'acqua, ed i loro scheletri non sono
quindi soggetti allo stesso modo agli effetti delle gravità.
Gli ippopotami, come i più grandi dinosauri preistorici,
sono anch'essi aiutati dalla loro natura in parte anfibia.
TPF
29
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FPT
G. Galilei_Dialoghi su Due Nuove Scienze.
47
Galileo Galilei_diagramma che mostra ossa di proporzioni diverse,
per illustrare il principio di similitudine_da Discorsi e Dimostrazioni
Matematiche Intorno a due Nuove Scienze.
Viollet-le-Duc richiamò l'attenzione sul modo in cui
considerazioni simili dovrebbero essere applicate, in
edilizia, alle strutture colonnari. Le proporzioni, egli
sostiene, devono essere determinate non solo in maniera
assoluta, ma in relazione al materiale, al design in
questione e alla sua funzione:
“Nell'arte dell'architettura, non è possibile stabilire la
seguente formula; che 2 sta a 4 come 200 sta a 400 in
quanto, se si può collocare un architrave lungo 4 metri su
colonne alte 2 metri, non si può invece mettere, su 2
colonne alte 200 metri, un architrave di 400 metri. Per
cambiare scala, l'architetto deve cambiare metodo, e lo
stile consiste esattamente nello scegliere il metodo
48
appropriato alla proporzione, usando questa parola nella
sua più ampia definizione”. 30
Eidlitz fu tra quei critici del diciannovesimo secolo che
trattarono simili argomenti. Egli diede una spiegazione
matematica più completa rispetto a Viollet-le-Duc, delle
conseguenze dimensionali in questione, in relazione alla
speciale questione del design delle colonne classiche. Le
scuole avevano sempre insegnato che le proporzioni
degli ordini classici erano stabilite in base a determinati
rapporti numerici; di conseguenza, Ie colonne avrebbero
avuto una forza uguale, qualunque fosse stata la loro
dimensione. Eidlitz fa notare che il raddoppiamento delle
dimensioni di una struttura colonnare comporta un
aumento otto volte maggiore del peso gravante su ogni
colonna.
D'Arcy Thompson dedica la maggior, Parte di un capitolo
- ' On Magnitude' - al principio di similitudine, “che ha
molte conseguenze sottili e di vasta portata per la
conformazione degli animali” 31 . “Nel caso degli
organismi, molte caratteristiche sono direttamente
proporzionali al cubo delle dimensioni lineari, incluso la
respirazione tramite tessuti, o la combustione e la
produzione del calore. La robustezza delle ossa, i
muscoli, i fusti delle piante, gli apparati respiratori (poiché
questi dipendono dall'ampiezza della superficie
attraverso cui l'ossigeno è assorbito), le superfici per
l'assimilazione del cibo nello stomaco, e la cessione di
calore all'atmosfera tramite la pelle, sono invece
TPF
FPT
TPF
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30
E.E. Viollet-le-Duc_Dictionnaire Raisonné de l’Architecture
Francaise.
31
D’Arcy W. Thompson_Design: A Treatise on the Discovery of
Form_Oxford_1937.
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49
direttamente proporzionali al quadrato delle
dimensioni” 32 .
Questi dati forniscono i motivi per cui “vi è un limite più
ristretto per le dimensioni delle creature a sangue caldo,
e spiegano perché gli animali più piccoli, come il topo,
debbano continuamente mangiare; perché i colibrì, le api
e alcuni insetti vivono di nettare, “il cibo più ricco e più
concentrato“; perché le pulci e le cavallette possono
saltare così in alto, rispetto alle loro dimensioni, ma
tuttavia la massima altezza alla quale pulci, uomini e
cavalli possono saltare è più o meno la stessa; perchè gli
uccelli più grandi devono volare più velocemente; perché
gli insetti possono camminare sui muri e sui soffitti;
perché gli alberi non possono essere più alti di trecento
piedi; e, allo stesso modo, sono spiegate anche molte
altre sorprendenti ed influenti limitazioni nella varietà
delle forme naturali e nel comportamento degli
animali.” 33
Alcuni effetti equivalenti possono essere osservati in
architettura. La quantità di spazio previsto in una
costruzione è spesso praticamente espressa in termini
della totale area del pavimento, ma ciò è fuorviante
poiché una certa costante, o almeno una minima altezza
pavimento-soffitto, è generalmente data per scontata, e
quindi l'effettiva quantità di spazio visibile è in realtà una
funzione del volume costruito.
Altre importanti proprietà della forma architettonica sono
comunque connesse all' area. L'area edificabile occupata
TPF
TPF
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32
J.T. Bonner_Morphogenesis: An Essay on
Development_Princeton_1952.
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33
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D’Arcy W. Thompson_On the Growth and Form.
50
può essere importante, mentre l'area della superficie
esterna della costruzione lo sarà sicuramente, dal
momento che questa è significativamente collegata sia al
costo (essendo infatti il , rivestimento esterno un
elemento importante nei costi totali), sia alla cessione di
calore all'atmosfera, per conduzione, sia ancora alla
necessità di un' area destinata alle vetrate per
l'illuminazione. Nobbs considera che, per quest'ultimo
particolare motivo:
“La forma di una villa di duecento stanze non può essere
l'ingrandimento della forma di una casa di due stanze.
Una giovane pianta con quattro foglioline, è una cosa
molto differente, dal punto di vista del design, da una
pianta con un centinaio di grandi foglie e cinquanta
fiori”. 34
Egli sottolinea come la forma dell'edificio possa essere
allungata in modo indefinito per permettere un aumento
del numero delle stanze, o possa essere aumentata in
altezza ai limiti delle possibilità strutturale, mentre la
profondità è fissata dal problema della luce del giorno.
Più che rifarci a canoni fissi per la profondità, possiamo
esprimere la esigenza della luce in un certo senso,
approssimativamente, come la richiesta di una
determinata area di superficie murale per unità di volume.
Noi vediamo come nelle costruzioni molto grandi
destinate ad uffici, questa proporzione sia rispettata
costruendo ad alte torri o a lunghi blocchi, impiegando
lastroni di calcestruzzo, mentre in costruzioni ancora più
grandi, come gli enormi grattacieli di cristallo ideati da Le
Corbusier per il progetto “Voisin” di Parigi, la forma è
interrotta da una serie di sporgenti alette, in modo da
convogliare la luce ad ogni parte.
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34
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P.E. Nobbs_ A Treatise on the Discovery of Form.
51
In America, il tipico quartiere degli affari con serie di
grattacieli disposti secondo una schema planimetrico a
reticolato - come a Manhattan - mostra come, su scala
ancora più vasta, questo effetto di piegatura impiegato
per incrementare l'area a disposizione vada oltre un
sistema di corrugazione nel piano orizzontale, ma solo
per mutarsi in un sistema di punte verticali distinte tra
loro. D'Arcy Thompson spiega come, per differenti
ragioni, varie superfici del corpo aumentano la loro area
grazie ad una simile conformazione. Pertanto, ad
esempio, i villi delle pareti dell'intestino aumentano la
superficie disponibile per l'assorbimento, più o meno
nello stesso modo, afferma D'Arcy Thompson, in cui
aumentiamo l'effettiva area assorbente di una
asciugamano da bagno, realizzando un tessuto con
numerosi, separati nodini di filo sporgenti. Un banco di
coralli è un altro esempio naturale di una superficie molto
ampliata per il volume dato.
“In una sua famosa osservazione, Buckminster Fuller,
nota come nella disposizione geometrica di Manhattan e
dei suoi edifici, la soluzione dei problemi di riscaldamento
sia inconciliabile con i problemi relativi all'illuminazione.
Egli rileva infatti che, difficilmente, un ingegnere avrebbe
potuto concepire una forma più favorevole alla
dispersione di quel calore che è tanto costosamente e
continuatamente prodotto in ogni edificio durante gli
inverni newyorkesi. La sagoma dentellata è come l'aletta
di raffreddamento del motore di una motocicletta. Un
fattore agisce in opposizione all'altro; un aumento dell'
area della superficie è necessario per la luce, ma un'area
ridotta è preferibile ai fini della ritenzione del calore. (In
estate, ovviamente, il problema termico è opposto. Si
cerca di cedere calore, e perciò la forma corrugata e alta
52
è preferibile. Considerando il clima di New York, tra il
problema del riscaldamento invernale e quello del
raffreddamento estivo, il maggiore è quello che riguarda
l'estate.
Fuller applica il principio di similitudine alle sue cupole
emisferiche , geodetiche, mostrando come volte più
ampie perderanno calore meno velocemente, per lo
stesso motivo per il quale, su scala molto più vasta, la
terra riesce a mantenere una temperatura interna così
alta, dal momento che la perdita di calore per il
raffreddamento in superficie ha relativamente poco
effetto (sebbene la massa termica di un corpo solido
come la terra sia, naturalmente, relativamente molto
maggiore rispetto a quella di una struttura vuota quale è,
ad esempio, una volta, senza calcolare la conseguenza
della dimensione sulla proporzione tra superficie e
volume).
Una implicazione del principio di similitudine che non
sembra, comunque, aver colpito Fuller, è connessa al
suo sistema di geometria “energeticosinergetica” che è
destinato, tra le altre cose, ad essere utilizzato nel design
delle strutture, presentando un “omnidirezionale equilibrio
di forze”. In natura è solo nel caso di organismi molto
piccoli, quali, ad esempio, il Radiolario e altre minuscole
creature marine, che la forza di gravità cessa a tale
riguardo di avere importanza (a causa dell'elevata
superficie rispetto alla proporzione del volume) e le
uniche forze agenti sulla forma (in modo uguale in ogni
direzione) sono quelle della tensione di superficie. Di
conseguenza, queste creature, uniche nel mondo
organico, assumono forme tridimensionalmente del tutto
simmetriche, spesso sferiche, alcune delle quali
ricordano molto le strutture geodetiche di Fuller. E inoltre,
53
in una scala ancora minore, le forme di alcuni virus, che
sono probabilmente determinate dalla pressione
esercitata sul possibile assembramento di unità di uguali
dimensioni, e non sono certamente soggette alla
influenza della gravità, condividono anch'esse le esatte
proprietà geometriche delle volte di Fuller. Ma, su scala
architettonica, prevalgono condizioni molto differenti, e la
unidirezionale forza di gravità è della massima
importanza”. 35
Seguendo D'Arcy Thompson, lo studio del problema della
dimensione, e delle sue conseguenze sulla forma
organica, fu approfonditamente sviluppato in biologia da
Julian Huxley e da altri, sotto il nome di allometria.
Huxley stesso fu particolarmente interessato a dare un
tipo di approccio matematico allo studio della crescita
degli organismi. Dal principio di similitudine ne consegue
che, quando nel corso della loro vita aumenta (o
diminuisce) la dimensione di un animale o di una pianta,
se tali organismi devono mantenere la stessa identica
forma, allora il rapporto dell' area e del volume, rispetto
alla dimensione lineare, deve cambiare.
Vicendevolmente, ed è ciò che avviene più
frequentemente, le proporzioni e la forma cambiano per
compensare, da un punto di vista funzionale, gli effetti
dimensionali. Pertanto, le proporzioni della testa, del
tronco e degli arti in un neonato sono molto differenti da
quelle del corpo di un uomo in età matura. Huxley e altri
si sono interessati, nei loro studi allometrici, ai differenti
ritmi di crescita attraverso i quali queste relazioni
TPF
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35
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
TP
PT
54
reciproche delle varie parti si alterano durante lo
sviluppo.
55
1.5 L’ANALOGIA ECOLOGICA
L'esposizione del principio di similitudine e delle sue
conseguenze, è servita a mostrare la relazione tra alcune
delle funzioni del corpo organico e la sua sagoma o
forma, ed a provare che una simile relazione esiste
anche tra certe funzioni delle costruzioni e le loro
sagome. Si trattava di funzioni architettoniche alquanto
generiche, riportabili a costruzioni di quasi tutti i tipi:
misurazione dello spazio fruibile e il suo rapporto con
l'area del luogo occupato; la ritenzione o la perdita di
calore e l'accesso della luce del giorno in quanto
entrambi colpiscono l'area superficiale dei muri e del
tetto; il transito degli occupanti per i corridoi, per le scale
e negli ascensori.
Vi potrebbero ovviamente essere altri modi, che non
abbiano particolare attinenza con questi effetti
dimensionali, in cui le forme delle costruzioni potrebbero
corrispondere, e potrebbero essere fatte per esprimere,
alle specifiche funzioni che svolgono nel riparare dagli
effetti del clima, nell' allocare attività private e sociali.
Questi differenti modi potrebbero essere in relazione con
la dimensione, le forme e la relativa disposizione delle
stanze, la collocazione di porte e finestre, le inclinazioni e
le sporgenze dei tetti: le possibilità sono virtualmente
infinite.
“Ci si potrebbe aspettare che dalle differenze risultanti
dalla sistemazione di vari tipi di attività sociale si possa
ricavare un insieme di specifiche forme globali di
costruzioni, rispettivamente adibibili a tali specifici usi:
teatri, stazioni ferroviarie, edifici per uffici e così via. Allo
stesso tempo si potrebbe sostenere che anche le funzioni
dell'architettura di difendere dagli effetti climatici
56
influirebbero sulla forma, e così le differenze tra le fogge
di varie costruzioni si ritroverebbero ad essere connesse
alle differenti condizioni climatiche - ove il problema
principale sia quello di rendere fresco l'interno o di
mantenerlo caldo, di riparare dalla pioggia o dalla neve, o
cose simili. In base a motivi simili i separati elementi
funzionali, o i singoli spazi delle costruzioni, avrebbero le
loro forme tipiche; e, allo stesso modo, nel campo delle
arti applicate tutti i tipi di arnesi, attrezzi, utensili
domestici e similari, avrebbero le loro caratteristiche
forme geometriche, adatte ai differenti scopi cui devono
servire.
Nell'anatomia comparata di Cuvier, la coordinazione delle
parti interne del corpo doveva essere considerata in
relazione alle condizioni esterne o all'habitat dell'animale.
Creature che si nutrono di un determinato tipo di cibo
avrebbero un adeguato sistema di organi per
l'alimentazione e la digestione; animali che vivono
nell'acqua, nel mare o nell'aria avrebbero appropriati
organi di locomozione. E’ difficile, e probabilmente inutile,
cercare di definire quale sia in termini globali, la '
funzione ' di un animale - forse dal punto di vista
darwiniano è quella di perpetuare e riprodurre la sua
specie, ma si può chiaramente affermare che i separati
organi del corpo svolgono specifiche funzioni, e che
queste funzioni sono collegate direttamente, o
indirettamente, al genere di ambiente in cui vive l'animale
- pinne per nuotare, determinati tipi di denti per mangiare
carne o erba, e così via.” 36
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36
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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57
Si ha qui l'evidente base per un’analogia “ecologica”
alquanto semplice, un’analogia che è fin troppo comune
nella letteratura del funzionalismo del diciannovesimo
secolo e nel movimento moderno: sia negli animali, che
nei manufatti, la forma è collegata alla funzione, e la
funzione è collegata all’ambiente. La misura in cui la
forma segue, o si confà, alla funzione e all'ambiente, in
entrambi i casi potrebbe essere espressa in termini di
“adattamento” o ancora (dopo Darwin e Spencer) in
termini di “appropriatezza”.
Pertanto Grenough dice, nel ricercare principi
costituzionali architettonici nelle forme degli animali e
degli uccelli:
“Non siamo fortemente colpiti dalla loro varietà, così
come dalla loro bellezza? Non vi è alcuna assoluta legge
di proporzione, nessun rigido modello di forma. Vi è
difficilmente una parte dell'organismo animale che noi
non troviamo allungata o accorciata, aumentata,
diminuita o eliminata, come le esigenze del genere o
della specie impongono, come la loro posizione o la loro
attività possono richiedere.” 37
“La legge di adattamento - Greenough asserisce - è la
fondamentale legge di natura di ogni struttura”. Sebbene
la varietà delle forme in natura potrebbe sembrare
bizzarra all'osservatore casuale e, sebbene tali forme
potrebbero sembrare la dimostrazione dell'” Onnipotenza
che gioca per puro amore della varietà” , in realtà ogni
dettaglio della forma organica, egli sostiene, ha un suo
scopo funzionale; anche il colore delle piante e dei fiori
che serve ad attrarre e a guidare gli insetti per
TPF
FPT
37
H. Greenough_Form and Function, Remarks on Art, Design and
Architecture_ed.H.A. Small_Los Angeles_1947.
TP
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58
l'impollinazione, o il colore degli animali, che ha il fine di
mimetizzare, o di conferire un aspetto aggressivo. “Se
nelle opere del Creatore vi è un qualche principio di
struttura impresso più chiaramente di tutti gli altri, questo
è proprio il principio del pertinace adattamento delle
forme alle funzioni” 38 . Attraverso uno studio di questo
principio di adattamento in natura, l'architetto può
giungere a precisi principi di edilizia. Ciò comporterà uno
studio del clima al quale la costruzione sarà esposta, del
luogo per il quale è progettata, del tipo di istituzione che
accoglierà, e delle differenti richieste dei fruitori della
costruzione.
Leopold Eidlitz afferma da un simile punto di vista: “In
natura le forme sono il prodotto dell'ambiente. L'ambiente
determina la funzione, e le forme sono il risultato della
funzione». Le forme edili devono essere adattate, in
modo equivalente, all'ambiente in cui sono situate, grazie
all'abilità dell'architetto, « finché le funzioni risultanti [da
questo ambiente] siano completamente espresse
nell'organismo [architettonico] “. 39
Probabilmente la più famosa, e sicuramente la più
concisa enunciazione dell'intero concetto è il ben noto
aforisma di Sullivan: “La forma segue la funzione” .
Due sezioni della lunga serie delle Kindergarten Chats di
Sullivan, che sono presentate sotto forma di una sorta di
dialogo in forma drammatica tra un professore
d'architettura (Sullivan) e il suo giovane studente, hanno
TPF
FPT
TPF
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38
H. Greenough_Form and Function, Remarks on Art, Design and
Architecture_ed.H.A. Small_Los Angeles_1947.
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39
L. Eidlitz_The Nature and Function of Art, More Especially of
Architecture.
TP
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59
il titolo di “Funzione e Forma”. Sullivan afferma,
attraverso la figura del professore, che la relazione tra
forma e funzione è mostrata in ogni creazione della
natura. Gli alberi sono il suo esempio più frequente, ma
questa relazione è ugualmente vista nel regno animale,
minerale, nella vita umana, proprio in qualsiasi cosa che
« la mente possa afferrare ». Come egli afferma, in
natura « è ovvio che una cosa somigli a ciò che è, e,
viceversa, che sia ciò a cui somiglia». 40
Come modello funzionalista normativo per il design
architettonico, questo è alquanto lineare e semplice. Lo
scopo di una costruzione dovrebbe essere chiaramente
espresso nella sua forma generale; la struttura dovrebbe
essere coerente e comprensibile; dovrebbe essere
immediatamente evidente quale tipo di azienda o attività
la costruzione accolga. Facendo eco alle parole del
maestro, lo studente, in Kindergarten Chats, afferma che
“se noi definiamo una costruzione una forma, allora vi
dovrebbe essere una funzione, uno scopo, un motivo per
ogni edificio, una definitiva ed esplicabile relazione tra la
forma, lo sviluppo di ogni costruzione e le cause che
determinano la sua particolare foggia; e la costruzione,
perchè sia buona architettura, deve, prima di tutto,
corrispondere alla sua funzione, ne deve essere
l'immagine, come lei [il professore] direbbe“. 41
Se l'analogia ecologica comunque, è sviluppata in ogni
dettaglio, sorge il problema di stabilire esattamente in
cosa consista, o a cosa si riferisca, l'ambiente di una
costruzione o un manufatto.
TPF
FPT
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40
TP
PT
41
TP
PT
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L.H. Sullivan_Kindergarten Chats.
L.H. Sullivan_Kindergarten Chats.
60
Lo stesso vale per molti manufatti più piccoli, che devono
adattarsi, armonizzare o poter essere associati con altri
manufatti, con entità naturali, o con la forma del corpo
umano (ad esempio abiti, scarpe, mobili, maniglie di
attrezzi).
Poi vi è la questione dell'ambiente materiale e
tecnologico del manufatto, che influirà sui materiali
disponibili con cui potrebbe essere costruito, e gli attrezzi
ed i processi di fabbricazione che possono essere
adoperati per farlo.
Oltre che a fattori fisici relativi a materiali e tecniche di
produzione, è necessario considerare quelli che sono gli
elementi ambientali, elementi senza dubbio
estremamente importanti, sebbene alquanto indefiniti e
più astratti. Si tratta degli ambienti sociali, economici e
culturali in cui viene a crearsi l'esigenza del manufatto
affinché soddisfi attività e gusti, e dove i limiti del
possibile consumo di materiali e di tempo impiegati nella
sua fabbricazione sono definiti.
Steadman suggerisce che anche “la personalità e l'abilità
del designer o dell'artigiano formano parte dell'ambiente
dell'oggetto realizzato, sebbene essi, più
ragionevolmente, potrebbero essere considerati come
mediatori tra il manufatto e l'ambiente, e come mezzi
attraverso cui è prodotto l'adattamento, o la
corrispondenza, tra l'uno e l'altro.
Se, per così dire, vi sono differenti ambienti per
costruzioni realizzate in differenti aree geografiche o in
differenti periodi storici, allora ci si può attendere che la
forma di tali costruzioni vari corrispondentemente;
presupponendo che le forme siano in ogni caso
convenientemente adattate alle circostanze
preponderanti. Le forme per funzioni identiche o
61
strettamente connesse saranno geograficamente simili,
dando pertanto origine alla comparsa di ripetuti esempi di
“tipi” di manufatti. E, se c’è un grado di uniformità nelle
condizioni sociali, culturali, materiali, tecnologiche che
influiscono su tutti i manufatti in un determinato luogo e
tempo, allora ci si potrebbe aspettare che persino le
costruzioni o gli oggetti utili aventi differenti funzioni,
possiedano anch' essi, nondimeno, alcuni tratti stilistici in
comune, fornendo così una spiegazione dei periodi
stilistici e delle caratteristiche regionali nel complesso
dell'architettura e delle arti applicate.” 42
Nel precedente capitolo abbiamo lasciato la questione
della classificazione architettonica in un punto in cui
l'esigenza pratica della classificazione sembrava
scaturire dall'emergere di nuove funzioni sociali per le
costruzioni, ma in cui, al tempo stesso, abbastanza
paradossalmente, i metodi della tassonomia botanica,
che erano discutibilmente presi a modello per la
classificazione, si basavano semplicemente su
rassomiglianze geometriche o formali, o sulle differenze
tra diversi tipi di piante. Questa concezione ecologica
della relazione che si instaura, attraverso la loro funzione
pratica, tra le forme delle costruzioni e degli altri
manufatti, e gli ambienti sociali, culturali e materiali in cui
sono prodotti, offre la possibilità per un metodo
classificatorio effettivamente funzionale, basato sui tipi di
attività sociale cui essi servono o che ospitano, sui
materiali e sulle tecniche di costruzione, sulle variazioni
TPF
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42
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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PT
62
geografiche del clima. In una parola su fattori ambientali
di ogni genere.
Così troviamo che i criteri di Viollet-le-Duc per la
classificazione delle costruzioni sono essenzialmente
basati sulla funzione e sui materiali. Come Durand, egli è
interessato a ricavare da una classificazione della storia
architettonica delle conclusioni per un approccio, o un
metodo, relativo alla progettazione di nuove costruzioni.
A che serve, egli chiede, che un uomo erediti una
splendida libreria, a meno che non riesca in un certo
modo a riordinarla, ed essere così in grado di usarla?
Allo stesso modo, quale uso del passato può fare
l'architetto, come può egli organizzare la classificazione
della sua libreria architettonica, in modo da avallare la
speranza che da tutto ciò “il sortira l'architecture de
l'avenir?“. In base a quali criteri egli descriverebbe questa
classificazione delle costruzioni? Egli si rifarebbe, dice
Viollet-le-Duc, alle varie esigenze umane e sociali
soddisfatte in ogni singolo caso: dare riparo, assembrare,
alloggiare varie attività dell'uomo. Poi egli guarderebbe al
modo in cui queste esigenze sono soddisfatte: di quali
materiali la costruzione è fatta, se si tratta di una struttura
permanente o temporanea, e così via. Si tratterebbe
quindi di una classificazione funzionale, basata non
esclusivamente, o necessariamente, su somiglianze
esteriori, ma su somiglianze tra gli scopi delle costruzioni
e tra i modi in cui esse sono costruite per adempiere a
questi scopi.
“Negli scritti di Gottfried Semper, rispetto a Viollet-le-Duc,
vi è una primaria preoccupazione per la sistemazione e la
classificazione; e con Semper anche il riferimento a
Cuvier in questo caso è molto più esplicito, e più ampio.
Viollet-le-Duc e Semper erano strettamente
63
contemporanei. È, senza dubbio, possibile immaginare
un certo grado di reciproca influenza, dal momento che
Viollet-le-Duc possedeva una copia della grande opera di
Semper Der Stil, in cui vi erano senza dubbio riferimenti a
Viollet-le-Duc. I due, comunque, divergono a proposito
degli specifici periodi storici, che essi rispettivamente
considerano e che, secondo loro, meglio
esemplificherebbero il vero stile; per Viollet-le-Duc è
naturalmente il Gotico, mentre l'ammirazione di Semper derivante dalla sua classica educazione tedesca - è per i
Greci. Nei suoi scritti, il maggior risalto è dato
all'artigianato e al design di oggetti per la casa, piuttosto
che all'architettura. Effettivamente, i due volumi
completati di Der Stil sono interamente dedicati al tema
del lavoro artigianale e alla decorazione, mentre non fu
mai completato il progettato terzo volume
sull'architettura.” 43
Nello schema descrittivo di Semper, “le varie parti della
costruzione corrispondono ai quattro materiali base:
costruzione in legno nel tetto, e in pietra per le
fondamenta e basamento, mentre, con
un'argomentazione alquanto forzata e poco convincente,
la parte centrale con le sue stoviglie sarebbe connessa
alla ceramica, e le mura divisorie ai tessuti.” 44
In realtà, non è rigorosamente corretto dire che i materiali
di costruzione forniscono i criteri di classificazione nello
schema di Semper, poiché i materiali in questione, in
ogni caso, sono associati da Semper con proprietà
TPF
FPT
TPF
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43
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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44
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G. Semper_Der Stil.
64
caratteristiche che ne determinano la solidità, usi
strutturali e, di conseguenza, i modi in cui essi sono
variamente lavorati ed accostati tra loro.
Il principio dei materiali tessili è quello di fibre sottili,
flessibili, resistenti, che possono essere lavorate a trecce,
o tessute. La ceramica ha la proprietà di essere
malleabile, e di poter essere plasmata prima di essere
infornata, mentre, una volta induritasi, conserva la sua
forma definitiva. I lavori di carpenteria e falegnameria
sfruttano la caratteristica proprietà del legname costituito da lunghe travi molto elastiche con una certa
resistenza ad essere piegate - combinando queste travi
in rigide strutture. Nei lavori di muratura infine, i pezzi
componenti sono duri, molto resistenti sotto
compressione, modellati tramite scalpello, e disposti l'uno
sull'altro in serie di blocchi. Queste qualità e metodi di
assemblaggio potrebbero servire per classificare altri
materiali (e tra quelli omessi i più ovvi sono i metalli)
secondo i quattro tipi-base. Per esempio, il metallo
potrebbe essere plasmato, come la ceramica, o lavorato
in barre e unito in intelaiature, come il legname.
Non è particolarmente importante determinare in questa
sede se le categorie della classificazione di Semper
siano utili o convincenti; ciò che è rilevante è il principio
generale di classificazione, ed è chiaro che esso si fonda
prima di tutto sulla funzione, e in secondo luogo sul
materiale e su fattori tecnologici.
Possiamo ritornare ora alla biologia, ed esaminare ciò
che Semper vide nei metodi di classificazione di Cuvier.
Nel 1826 visita, e ne rimase molto colpito, la esposizione
di animali del Jardin des Plantes. Egli lascia chiaramente
intendere, sia attraverso riferimenti espliciti, sia nelle
trattazioni di paleozoologia dei suoi scritti, la sua
65
familiarità con le opere stampate di Cuvier. Egli descrive
il museo di Cuvier, e, in una conferenza che tenne alla
Marlborough House durante il suo soggiorno in
Inghilterra, intorno al 1850, traccia l'analogia con un
prospettato metodo comparativo di analisi in arte e in
architettura. Egli dice:
“In questa magnifica raccolta ... noi percepiamo i tipi di
tutte le forme più complesse del regno animale, noi
vediamo progredire la natura, con tutta la sua varietà ed
immensa ricchezza, molto parsimoniosa ed economa
nelle sue forme e motivi fondamentali; noi vediamo lo
stesso scheletro ripetersi continuamente, ma con
innumerevoli varianti, modificato dal graduale sviluppo
degli individui e dalle condizioni di vita che dovevano
soddisfare. Un metodo analogo a quello seguito da
Cuvier, applicato all'arte, e in particolare modo
all’architettura, contribuirebbe almeno a gettare luce sul
suo intero settore, e forse costituirebbe la base della
dottrina dello stile e una sorta di materia o metodo per
come inventare ... “. 45
Quest'ultima frase è particolarmente indicativa del modo
in cui Semper vede tale procedimento andare al di là di
una semplice classificazione analitica, ai fini di fornire
una base per metodi sintetici per il design.
Né Semper né Viollet-le-Duc fanno espliciti riferimenti al
principio classificatorio della subordinazione dei caratteri
o all'uso fattone da Cuvier. Il fatto, comunque, è che
l'analogia con le arti applicate e l'architettura tiene conto
dell'interpretazione di questo concetto, così come aveva
tenuto conto della correlazione delle parti. Il significato
della subordinazione dei caratteri era, ricordiamo, che
determinati organi o parti del corpo avevano, rispetto ad
TPF
45
TP
PT
FPT
L.D. Ettlinger_On Science, Industry and Art.
66
altri, una importanza preponderante ai fini del
funzionamento di tutto l'insieme (come ad esempio il
cervello e il sistema circolatorio), e che vi erano minori
possibilità che queste parti chiave funzionali variassero,
rispetto ai tratti meno importanti e periferici, o riguardanti
l' aspetto esteriore.
Nel razionalismo in architettura l'equivalente di una tale
regola ammetterebbe che alcune importanti
caratteristiche o membri strutturali possano essere
standardizzate, rimanere invariate in costruzioni aventi
funzioni e fabbricazione simili (come ad esempio i basilari
elementi strutturali del sistema di volte delle cattedrali
Gotiche), mentre gli elementi esterni, la decorazione e
piccoli dettagli potrebbero essere oggetto di notevoli e
imprevedibili variazioni. Questa interpretazione
concorderebbe sicuramente con la visione di Viollet-leDuc su tale argomento, e qualcosa di equivalente
potrebbe , ragionevolmente, essere indicato come
un'implicazione di quella di Semper. Ne conseguirebbe,
ai fini di una classificazione di manufatti e costruzioni
rispetto alla funzione, che tale classificazione dovrebbe
essere fatta in base a fondamentali affinità di funzione o
di disposizione strutturale, riferendosi ben poco a
caratteristiche superficiali aventi una importanza
funzionale minore.
E’ ovvio che una classificazione dei manufatti o delle
costruzioni potrebbe essere fatta in un vasto numero di
modi, secondo gli interessi del classificatore e gli scopi
per i quali la classificazione è fatta. Non c'e bisogno che
tali classificazioni, in ogni caso, abbiano attinenza con la
forma degli oggetti, qualunque essa sia. Queste
potrebbero essere fatte riferendosi agli artisti che hanno
disegnato gli oggetti, alla loro data di produzione, alle
67
persone cui sono appartenuti, o ad ognuna delle
centinaia di altre simili proprietà o caratteristiche. Quando
una classificazione si basa, come quella di Semper, sulla
funzione e sui materiali, allora, anche in questo caso, gli
oggetti non sono classificati insieme in virtù della
somiglianza di forma in sé stessa, ma soltanto in quanto
le affinità di funzione e dei materiali di fabbricazione, in
base alle quali il raggruppamento è fatto, danno luogo ad
affinità di forma, giacché la forma segue la funzione.
“Vi sono, comunque, due plausibili ragioni, a parte pure
coincidenze, per cui manufatti aventi funzioni attinenti
potrebbero avere simile forma geometrica o aspetto. La
prima è rappresentata da questi condizionamenti che le
limitate caratteristiche del materiale, della manifattura e
della funzione impongono alla forma: se una coppa è di
vetro o di argilla, se è sagomata o formata al tornio, per
quale bevanda è stata progettata, quale cerimoniale o
convenzione sociale può essere connesso al suo uso, e
così via. In simili condizioni, ci si potrebbe aspettare che
le forme risultanti siano paragonabili. La seconda ragione
delle affinità della forma nei manufatti è 'genetica': si
presuppone che un oggetto sia stato copiato nella sua
manifattura da un altro avente una simile funzione; il
soffiatore di vetro o il vasaio, nel fare il calice, ha preso
un altro calice (sia un calice vero e proprio o l'immagine
mentale di un calice) come modello per produrre quello
nuovo. Ovviamente le due spiegazioni potrebbero
coincidere, e molto più probabilmente coincidono, nello
stesso singolo manufatto, ma la separazione concettuale
è tuttavia importantissima.
68
Il punto cruciale è che non vi è una effettiva componente
temporale o storica nel primo caso, mentre vi è, senza
dubbio, nel secondo.” 46
Nella semplice analogia ecologica nelle arti applicate in
generale, forme e stili devono essere riportate a
condizioni 'ambientali' presenti in differenti momenti
temporali. Se tra un periodo storico ed un altro
cambiasse l'ambiente, cambierebbero le forme e lo stile;
ma qui non si tratta di un qualche storico progresso
continuo o autonomo delle forme e degli stili stessi.
Laddove si ristabilissero precisamente le stesse
condizioni ambientali di un precedente periodo storico,
allora, in linea di principio, (sebbene l'esempio sia forse
un po' fantastico), altrettanto precisamente avverrebbe lo
stesso per le forme.
Quando la somiglianza di forma deve essere attribuita
alla copiatura, allora ciò implica immediatamente un
processo che si estende nel tempo, poichè i designs
sono copiati e poi ricopiati di nuovo; e, ciò che più conta,
si tratta di un processo direzionale e irreversibile.
Stiamo qui rasentando una spiegazione evoluzionistica;
ed è a proposito di questa distinzione tra la spiegazione
delle somiglianze di forma in termini di somiglianze di
ambiente, è la spiegazione in termini di copia (che nell'
analogia biologica corrisponderebbe all'eredità) che si
apre la grande divergenza tra Cuvier e Darwin.
Cuvier, come abbiamo visto, sosteneva fermamente la
concezione secondo la quale le specie organiche erano
distinte e separate in ogni tempo. Vi era, quindi, per
Cuvier una base per la classificazione a livello della
specie; egli partiva dal criterio che l'incrocio fosse
TPF
FPT
46
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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PT
69
possibile solo tra creature della stessa specie, o almeno
che solo da queste unioni potesse nascere una prole
fertile. Le specie differenti provavano una «avversione
reciproca» che impediva loro l'accoppiamento; e,
all'interno di ogni specie, tutti gli individui discendevano
da un comune progenitore antico. Questa era una
asserzione ipotetica che era difficile verificare attraverso
osservazione o esperimenti, ma nondimeno rimane
essenzialmente lo stesso criterio in base al quale, in linea
di principio, sono distinte oggi le specie. La differenza
ovviamente consiste nel fatto che la moderna biologia
ritiene che una specie possa gradualmente separarsi,
possa evolversi in due o più specie sufficientemente
distinte perchè, nel tempo, l'incrocio sia possibile. Cuvier
non negava che all'interno di una singola specie si
potessero universalmente ritrovare leggere variazioni di
forma, taglia, colore e così via (un principio che
conosciamo bene in base all'esempio della nostra stessa
specie); ma riteneva che queste variazioni riguardassero,
conformemente al principio della subordinazione dei
caratteri, le parti meno importanti e più esteriori degli
animali, mentre gli organi di primaria importanza erano
rigorosamente invariabili.
Darwin e gli altri sostenitori dell'evoluzionismo non
negavano il rapporto tra organismo e ambiente, anzi era
proprio ciò che essi volevano dimostrare, ma nella teoria
darwiniana è attraverso la copia o i processi ereditari che
si ottiene l'adattamento all'ambiente.
Per Viollet-le-Duc l'argomento è ben illustrato nella sua
visione del Gotico. Nella annotazione del Dictionnaire,
sotto la voce “Cattedrale”, appare, tra le dettagliate
analisi descrittive di molte particolari cattedrali francesi,
una immagine che illustra una ipotetica cattedrale.
70
Sebbene ricalchi ampiamente l’originale, anche se mai
completamente eseguito, disegno per Rheims, Viollet-leDuc spiega che la figura ha lo scopo di mostrare
globalmente il progetto tipico delle cattedrali francesi del
tredicesimo secolo. H. Damisch nel suo saggio
L'Architecture Raisonnée, definisce la versione di Violletle-Duc della “Cathedrale Ideale” un modello ideale o
teorico della cattedrale gotica. Il disegno è visto da
Viollet-le-Duc come uno strumento concettuale,
finalizzato a rivelare i principi strutturali che sono comuni
a tutte le cattedrali realmente costruite; queste reali
costruzioni rappresentano una serie di variazioni o
trasformazioni (multiples réalisations) dell'unico tipo base
teorico. Quest'ultimo ha qualcosa del carattere della
pianta archetipica di Goethe, ma concepito in uno spirito
alquanto diverso, e per uno scopo del tutto differente.
71
“L'archetipo della cattedrale di Viollet-le-Duc non è
concepito come l'equivalente di una sorta d'essenza
ultima o platonica; né si vuole suggerire che si
presupponeva che questo modello ideale, in ogni modo,
esistesse consapevolmente nelle menti dei costruttori di
una cattedrale. Esso è inteso piuttosto come un
espediente classificatorio o didattico, per facilitare la
comprensione.
Sembra che una particolare casa caraibica, che fu
mostrata tra le raccolte etnografiche nella Great
Exhibition del 1851, fu determinante nel suggerire a
Semper l'idea dei «quattro elementi dell'architettura » un
concetto che egli sviluppò in un libricino stampato lo
stesso anno. I quattro elementi archetipici sono combinati
insieme nell'Urhutte, la costruzione archetipica da cui, in
teoria, tutta l'architettura ebbe inizio. Vi è un'allusione qui,
è evidente, all'Urformen di Goethe. Una teoria simile
appare in Der Stil nel concetto delle forme-tipo nei
manufatti, come le stuoie di tessuto che Semper
considera sempre l'origine dei muri divisori in
architettura.” 47
TPF
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47
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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PT
72
1.6 L’ANALOGIA DARWINIANA
Darwin e Wallace presentarono le loro teorie alla
comunità scientifica in saggi identici alla Linnaean
Society nel 1858. Un anno dopo seguì Ia pubblicazione
di The Origin of Species by Means of Natural Selection,
senza dubbio il più importante avvenimento per Ia
biologia del diciannovesimo secolo. Darwin trae alcune
generiche osservazioni da un'enorme raccolta di dati
analogici e botanici. La prima osservazione e che Ia
maggior parte delle creature viventi genera una prole
molto più numerosa di quanto sia semplicemente
richiesto per la perpetuazione della specie. Una
popolazione, se si tiene conto del solo numero delle
nascite, tenderebbe ad aumentare secondo proporzioni
geometriche.
“Non vi è eccezione alla regola secondo cui ogni essere
organico si riproduce ad un così alto tasso, che, se non
distrutto, la Terra sarebbe subito coperta dalla prole di
una singola coppia. Anche la lenta procreazione
dell’uomo è raddoppiata in venti anni, e, di questo passo,
in poche migliaia di anni non vi sarà letteralmente più
posto fisico per la sua progenie.” 48
Nonostante questa affermazione, sebbene si verifichi una
drammatica fluttuazione nella popolazione animale e
vegetale, in generale, il numero di ogni singola specie
rimane approssimativamente lo stesso da una
generazione a quella seguente. Da queste due
osservazioni, ne consegue che debba necessariamente
TPF
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48
C. Darwin_On the Origin of Species by Means of Natural
Selection, or Preservation of Favoured Races in the Struggle for
Life_Londra_1859.
TP
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73
avvenire una lotta per la sopravvivenza. Questa lotta
potrebbe avvenire non solo nella competizione dei
giovani per raggiungere Ia maturità; essa potrebbe
includere una competizione per ottenere una superiorità
nella riproduzione, tramite una grande capacità di
accoppiamento, una maggiore fertilità, o in altri modi.
La terza, importante osservazione che Darwin trae dai
suoi molteplici studi sulla natura, riguarda la variazione.
All'interno di ogni singola specie, tutti gli individui non
sono esattamente identici; essi variano in tutti i modi,
alcuni dei quali possono conferire un vantaggio nella lotta
per la sopravvivenza, altri invece uno svantaggio. Di
conseguenza, una più alta percentuale di quegli individui
che posseggono un determinato vantaggio raggiungerà
un pieno sviluppo e si riprodurrà, mentre non avverrà
altrettanto a quelli meno dotati. Laddove questi caratteri
sono trasmessi ereditariamente, la modificazione dettata
dall'adattamento tenderà a diffondersi per Ia popolazione
e ad essere perpetuata, mentre quella modificazione
svantaggiosa scomparirà. La teoria di Darwin non
richiede che solo le caratteristiche positive siano
ereditarie: è sufficiente che tutte le modifiche siano
trasmesse, indipendentemente dalla loro utilità per
l'animale o per Ia specie, poiché solo quelle positive
saranno poi conservate attraverso la selezione. In ciò
consiste “la sopravvivenza del più adatto” (espressione di
Herbert Spencer), il processo della selezione naturale
attraverso il quale le forme degli organismi si adattano e
si adeguano continuamente al loro ambiente circostante.
Ciò avviene non attraverso una serie di forze ambientali
che plasmerebbero l'organismo dall'esterno, ma
attraverso una serie di cambiamenti spontanei
provenienti dall'interno, che sono poi “collaudati” contro
74
l'ambiente; quelli che rappresentano un miglioramento, o
conferiscono una maggiore adeguatezza, sono
conservati.
Darwin aveva dedotto una parte della sua intuizione da
un attento studio dei metodi usati dagli allevatori e dai
floricultori per provocare delle modificazioni nelle specie
domestiche - o anche, apparentemente, per produrre
nuove specie - attraverso tecniche di “selezione
artificiale” ed egli definì “selezione naturale”, il processo
equivalente in natura. I floricultori, ad esempio, non sono
in grado di guidare la graduale modificazione di una
specie lungo il percorso richiesto tramite qualche diretto
intervento da parte loro. Essi devono semplicemente
coltivare un vasto numero di piante, attendere fino ad
individuare delle singole piante che abbiano, in grado
minore, il tipo di carattere che stanno ricercando,
selezionare quelle per ulteriori colture, e così via.
“La selezione artificiale tende ad essere applicata a quei
tratti esteriori dell'aspetto dell'animale o della pianta, che
l'allevatore può facilmente notare. Nel caso dei piccioni,
ad esempio, si potrebbe trattare di aspetti del tutto
superficiali come la coda a ventaglio, o il precipitoso volo
a testa in giù del colombo tomboliere. Ma, in altri casi, i
caratteri selezionati sono quelli che sono di utilità pratica
all'uomo, piuttosto che quelli che attirano solo la sua
fantasia: dimensione e sapore nelle frutta e nei vegetali;
colore, dimensione e profumo nei fiori, robustezza o
velocità nei cavalli, tutti tipi di attitudini utili o di abilità
istintive nei cani. La selezione naturale sarebbe in grado
di agire su ogni minima variazione della struttura interna
come di quella esterna, che l'allevatore di specie
domestica potrebbe non necessariamente essere in
grado di individuare. Essa agirebbe sempre per il profitto
75
dell'animale stesso, e avrebbe agito per spazi di tempo
enormemente maggiori.” 49
Nell'evoluzione organica l'unico scopo predominante, cui
ogni modificazione è finalizzata, è quello della
sopravvivenza. Questo scopo è raggiunto attraverso una
serie di modificazioni delle varie parti, che accrescono il
loro contributo per favorire e secondare l'intento
principale. Così vi può essere “adeguamento” in un
senso del tutto comune, conferito all'animale dal
possesso di zampe più lunghe o più resistenti, vista più
acuta, denti più aguzzi o ingegno più profondo.
È importante comprendere, tuttavia, che l'adattamento
non è una qualità assoluta, ma sempre un contributo
relativo - relativo al particolare ambiente in cui l'animale o
la pianta si trova. Ciò che conferisce adattamento in una
serie di circostanze, può essere uno svantaggio altrove.
Se vi è una specie che riesce in una determinata area a
sfruttare un certo tipo di cibo, nella misura in cui le
provviste scarseggiano, allora sarà vantaggioso per
un'altra specie sfruttare un cibo differente. L'avere lo
stesso chiaro colore della corteccia dell'albero, e quindi
mimetizzarsi per gli uccelli predatori, è una modifica che
conferisce adattamento a certi lepidotteri. Ma, quando la
corteccia è scurita dal fumo industriale, allora è più
vantaggioso o più “adatto” per il lepidottero essere di
colore nero.
Le idee delle evoluzioni furono applicate (non per la
prima volta, ma ora con particolare vigore) alla storia
dell'uomo, alla storia delle idee e dello sviluppo delle
scienze, alla critica d'arte, alla linguistica, alla teoria
economica e sociale (da cui alcune delle idee di Darwin
TPF
FPT
49
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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76
erano provenute, particolarmente tramite la lettura per
svago dell'Essay on the Principle of Population di
Malthus, che gli aveva suggerito il meccanismo della
selezione attraverso la crescita numerica di una specie, e
la conseguente rivalità per il cibo e Ie risorse). L’effetto su
materie ancora allo stato embrionale, come
l'antropologia, la sociologia e la psicologia, fu travolgente,
e l'intera base di queste emergenti discipline fu
strutturata, o riorganizzata, su un fondamento biologico
evoluzionista.
Chiaramente le teorie di Darwin non tardarono ad
influenzare il mondo della progettazione, spesso in
relazione all’archeologia. Per molti aspetti, ovviamente,
l'argomento di entrambi, della teoria architettonica e del
design e dell'archeologia, è lo stesso: lo studio degli
arnesi o degli oggetti utili, delle costruzioni e degli
insediamenti. Steadman afferma che “forse per colui che
svolge la professione di designer o per gli studenti di tale
materia l'insinuazione che un graduale processo
evolutivo potesse dar luogo a forme altrettanto belle, o
addirittura migliori, di quelle concepite dal libero gioco
dell'immaginazione, era un affronto all'idea che essi
avevano del ruolo della individualità creativa, e quindi alla
stima di se stessi. La visione evolutiva metteva in
evidenza il lavoro collettivo nel design, l'importanza della
tradizione e dell'eredità del passato; una filosofia
gradualista, e riformista piuttosto che rivoluzionaria. Essa
non diede lo stesso peso all'originalità, alla novità e al
contributo personale come aveva fatto il concetto
romantico della funzione dell'artista.” 50
TPF
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50
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
TP
PT
77
Comunque sia, furono gli antropologi e gli archeologi che
aprirono la strada ad uno studio esplicitamente
Darwiniano del modo in cui gli utensili e le costruzioni,
almeno nelle culture primitive, sono prodotti e sviluppati.
Essi furono i primi a far rientrare questi manufatti
nell'ambito delle “scienze dell'artificiale” di Herbert Simon.
Come è tracciata, precisamente, l'analogia tra la
concezione di Darwin dell'evoluzione organica, e
l'evoluzione tecnologica dei manufatti? II primo passo,
come abbiamo visto con Semper e Viollet-le-Duc,
consiste nell'identificare l'ereditarietà con la copiatura.
Nuovi utensili à costruzioni sono copiati da vecchi
modelli, facendo ogni sforzo per assicurare l'esatta
riproduzione del design tradizionale. Uno dei motivi della
particolare appropriatezza dell'analogia Darwiniana per lo
studio delle società e dei manufatti primitivi, è che in tali
società vi è, palesemente, una grande stabilità sociale e
un considerevole conservatorismo nei metodi del
primitivo artigiano, stabilità che sono ulteriormente
rafforzate dalla tradizione e dai tabù. Più polemicamente
si potrebbe affermare che l'artigiano primitivo avesse
minore capacità di immaginazione creativa rispetto al suo
moderno simile, o che non avesse inventiva o impulsi
innovativi. Tali fattori servono a stabilizzare i designs, e a
scoraggiare un cambiamento radicale; questa stabilità è
l'equivalente, in termini tecnologici, della stabilità della
forma negli organismi conferita dall'eredità genetica.
Quando i vari attrezzi e utensili vengono usati, sono
soggetti conseguentemente ad una varietà di prove circa
la loro resistenza, la loro capacità di tagliare, la loro
impermeabilità all'acqua, qualsiasi possibile caratteristica
che conferisca appropriatezza o adeguatezza di
quell'utensile - martello, coltello, vaso - alla sua
78
particolare funzione. Lo stesso design è ripetuto in gran
numero; e quei designs la cui forma abbia una qualche
leggera variazione
che conferisca un particolare vantaggio, una maggiore
appropriatezza, tenderanno ad essere preservati o
selezionati. Essi tenderanno a durare più a lungo ad
esempio a causa della loro maggiore resistenza, o forse
saranno preferiti come modelli quando si giungerà a
copiare le loro forme nei nuovi utensili.
Non è il singolo manufatto che si evolve, bensì gli astratti
designs, dei quali gli specifici manufatti sono concrete
realizzazioni.
Il nucleo delle teoria di Darwin si fonda sul concetto di
prova ed errore; le prove avvengono tramite le variazioni,
e gli errori sono individuati ed eliminati attraverso la
selezione. Prima di Darwin, somiglianze di forma nel
corpo organico erano state associate con somiglianze di
ambiente, sebbene questa relazione potrebbe non
essere stata, come nel caso di Cuvier o dei teologi
naturalisti, generalmente considerata casuale.
Darwin aveva mostrato come somiglianze dovute a
cause ereditarie o storiche potessero essere connesse
con somiglianze dovute dall'adattamento a condizioni
ambientali simili. L'adattamento all'ambiente era prodotto
attraverso la prova e l'errore, e i risultati positivi erano
conservati e trasmessi attraverso l'ereditarietà. Gli
animali di specie differenti potevano essere simili perchè
quelle specie avevano un'immediata connessione storica
attraverso l'albero genealogico evolutivo; essi potevano
essere simili perchè condividevano tipi di vita simili e
occupavano simili “nicchie” ecologiche, o potevano
essere simili contemporaneamente per entrambi i motivi,
essendo un dato casualmente connesso all'altro.
79
Vi è un'opinione molto diffusa, secondo la quale il
progresso tecnico in edilizia, l'accumulazione di
conoscenze circa strutture, materiali, principi di
ingegneria, e il perfezionamento della forma e delle
tecniche di costruzione, sono stati il risultato di ripetuti
processi storici di prova e errore da parte di architetti e di
artigiani. Questa opinione ricorre molto frequentemente
nella letteratura teorica del diciannovesimo secolo, e non
può in verità essere attribuita unicamente a qualche
analogia specificamente Darwiniana, soprattutto perchè
la si trova ben sviluppata ancor prima del 1859.
James Fergusson nei suoi True Principles of Beauty in
Art (1849), ha dedicato un intero capitolo al “Progresso
dell'arte”. “Dove meglio si potrebbe osservare tale
progresso, se non nell'architettura medievale tra il
dodicesimo e il quattordicesimo secolo? Il critico vi
troverà una serie di costruzioni, l'una successiva all'altra,
dove l'ultima contiene non solo tutti i miglioramenti
introdotti in tutti i modelli precedenti, ma introduce
qualcosa di nuovo verso il perfezionamento dello stile” 51 .
Queste costruzioni richiesero l'opera non solo di una
serie di singoli architetti, ma di un intero gruppo di
persone, ecclesiastici così come muratori e meccanici,
che lavorarono insieme in uno sforzo comune. Sia la
forma globale, che i singoli dettagli architettonici, sono
soggetti a questo processo di miglioramento:
“…il rozzo e pesante pilastro normanno fu gradualmente
alleggerito e raffinato nella colonnina polistilo del più
tardo Gotico, (...) la bassa, rozza volta diede luogo al
leggiadro tetto a traforo, e la piccola, timida apertura nel
TPF
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51
J. Fergusson_An Historical Enquiry into the True Principles of
Beauty in Art.
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80
muro, che era una finestra nelle prime chiese, divenne un
muro trasparente di splendide sfumature”. 52
Sebbene il genio dei più grandi scienziati possa
rivoluzionare la loro materia, anch'essi devono tuttavia
costruire su ciò che è stato già fatto. Ciò è vero non solo
per le scienze, ma è valido ugualmente per le arti
pratiche, come ad esempio nella costruzione di navi.
“Dalle navi usate da Guglielmo il Conquistatore per
occupare l'Inghilterra, alle moderne navi da guerra da
centoventi cannoni, dice Fergusson, noi abbiamo un
costante progresso attraverso otto secoli, e sarebbe
difficile calcolare quanti milioni di cervelli di tutti i calibri,
non solo in ogni porto d'Europa, ma anche d'America, ci
siano voluti per produrre questo grande risultato. A noi
non importa, ne sappiamo chi lo abbia ottenuto più di
quanto sappiamo, o dovrebbe importarci, chi abbia
costruito le nostre grandi cattedrali: esse sono il risultato
dello stesso sistema, e non invenzioni individuali; e
possono essere riprodotte solo attraverso cause simili a
quelle che prima le hanno create” 53 .
Horatio Greenough, che scrisse più o meno quasi nello
stesso periodo di Fergusson (la raccolta dei suoi saggi
apparve nel 1852), fa, come Fergusson, lo stesso
paragone con la perfetta organizzazione del progetto di
una barca. Egli indica altri esempi simili nei designs degli
utensili primitivi, come ad esempio il bastone da guerra
degli abitanti delle isole dei Mari del Sud. In questi
TPF
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52
J. Fergusson_An Historical Enquiry into the True Principles of
Beauty in Art.
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J. Fergusson_An Historical Enquiry into the True Principles of
Beauty in Art.
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designs l'architetto può vedere il genere di naturale,
semplice, immediato adattamento delle forme agli usi,
che anch'egli dovrebbe essere in grado di ottenere, se
solo usasse del “semplice buon senso”, come dice
Greenough, invece di rifarsi sempre alle autorità storiche
del passato. “Il selvaggio, nel fare il suo bastone, incurva
per praticità l'impugnatura, da alla testa il suo peso e ne
affila il bordo. La finale compostezza della forma e la
elegante sagoma sono raggiunte dopo una lunga serie di
ragionamenti, una sorta di equivalente tecnico
dell'evoluzione organica. Il peso è rimosso laddove si
richiede minor robustezza (...), le funzioni sono fatte per
sfiorarsi senza ostacolarsi reciprocamente finché la
scomposta e ingombrante macchina diviene il compatto,
efficiente e magnifico motore”. 54
Il design delle navi è stato soggetto allo stesso processo
evolutivo.
“Se ripercorrerete i vari stadi del suo evolversi, dalla
canoa ricavata dai tronchi d'albero, dalla vecchia galea,
al più recente tipo di corvetta, noterete che ogni
progresso nella prestazione è stato un progresso nella
compostezza, nella bellezza o imponenza, in conformità
alla funzione dell'imbarcazione.” 55
“Un fatto che colpisce molto, circa gli esordi
dell'antropologia scientifica dell'ultima metà del
diciannovesimo secolo, è il grande numero di importanti
esponenti che erano stati precedentemente, o erano
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54
H. Greenough_Form and Function, Remarks on Art, Design and
Architecture_ed.H.A. Small_Los Angeles_1947.
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55
H. Greenough_Form and Function, Remarks on Art, Design and
Architecture_ed.H.A. Small_Los Angeles_1947.
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82
contemporaneamente, biologi e che, dallo studio dei
mondi animali e vegetali, si volgevano allo studio
dell'uomo. Vi era Darwin stesso con il suo Descent of
Man, sebbene gli interessi antropologici di Darwin
riguardassero più strettamente l'aspetto fisico che non
quello culturale. Sir John Lubbock, Lord Avebury, un
amico di famiglia di Darwin, combina interessi per la
storia naturale, l'archeologia, l'antropologia con una
miriade di altre attività in campo intellettuale,
commerciale e politico. I suoi principali lavori
antropologici sono Prehistoric Times e The Origin of
Civilization; egli lavorò come assistente di Darwin, ed
intraprese anche, per conto proprio, dei pioneristici studi
sul comportamento animale.
E.B. Tylor, autore di Primitive Culture, tenne in Gran
Bretagna il primo lettorato di antropologia, lettorato che fu
istituito in connessione con l'installazione ad
Oxford del museo etnografico, formato dalla collezione
del Colonnello Lane Fox Pitt-Rivers.” 56
Questa fu una delle prime raccolte di manufatti primitivi
scientificamente organizzate, e fu allestita secondo uno
schema evolutivo. Secondo il primo curatore del Museo,
Henri Balfour
“II Colonnello Lane Fox sostenne vivamente
l'applicazione dei metodi di ragionamento della biologia
allo studio delle origini, filogenia, etionomia delle arti e del
genere umano, e la sua raccolta dimostrava che i prodotti
dell'intelligenza umana possono convenientemente
essere classificati in famiglie, generi, specie e varietà e
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56
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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83
devono essere così raggruppati se le loro somiglianze e i
loro sviluppi devono essere esaminati.” 57
“Lane Fox Pitt-Rivers ebbe per la prima volta l'idea di una
raccolta di utensili, attrezzi e altre invenzioni pratiche
dell'uomo verso il 1851, idea suggeritagli in parte, si
potrebbe supporre, dalla vista di alcune mostre
etnografiche alla Great Exhibition. Nell'iniziare la raccolta,
egli dice, la principale ispirazione gli era venuta dal suo
lavoro militare, dove si era occupato del problema del
perfezionamento delle armi da fuoco in un momento in
cui l'esercito stava finalmente abbandonando l'antico
moschetto “delIa Torre”. Egli era stato molto colpito,
quando giunse ad esaminare nel dettaglio lo sviluppo
storico delle armi moderne, dalla gradualità e dalla
lentezza di questo processo, e dal fatto che esso
avanzasse per piccolissimi progressi nel rendimento, e
per piccole modificazioni nella minuziosa organizzazione
della costruzione delle armi.” 58
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57
H. Balfour_introduzione a Lt.-Gen. A. Lane-Fox Pitt-Rivers_The
Revolution of Culture and other Essays_ed. J.L.
Myres_Oxford_1906.
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58
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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84
Come chiarisce Henry Balfour menzionando Pitt-Rivers :
“Notando la costante regolarità di questo processo di
graduale evoluzione nel caso delle armi da fuoco, egli fu
indotto a credere che gli stessi principi dovevano
probabilmente governare lo sviluppo delle altre arti, dei
congegni e delle idee del genere umano” 59 .
A causa dei molti vantaggi puramente pratici, Pitt-Rivers
decise di limitare la sua raccolta ai manufatti delle culture
primitive. Questi oggetti sarebbero stati più semplici,
meno numerosi e meno voluminosi dei loro equivalenti
moderni; sarebbe stato possibile risalire alla storia, fino
alle inequivocabili origini, di alcune serie di forme; ed egli
pensò che vi era una maggiore probabilità di ottenere
una serie continua di manufatti con intere gamme di stadi
intermedi tra forme diverse. Pitt-Rivers sottolineò che il
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59
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H. Balfour_introduzione a The Evolution of Culture.
85
fine della raccolta era didattico, e non solo, come era
stato per molte raccolte precedenti, quello di mostrare la
bellezza dell'arte primitiva, o la sua singolarità. In quelle
collezioni gli oggetti erano stati raccolti a caso,
maggiormente dai marinai nei porti stranieri, e non erano
stati affatto sistemati scientificamente, eccetto forse per
quanto riguardava il loro luogo di provenienza.
La ragione per la quale Pitt-Rivers immaginò di poter
ritrovare oggetti in serie continue che presentassero delle
forme solo leggermente modificate, appartenenti alle
culture di popoli selvaggi e primitivi, era, come già detto,
semplicemente dettata dal fatto che qui il progresso era
86
stato molto più lento rispetto alla moderna, più avanzata
tecnologia.
Sia Pitt-Rivers che Balfour sottolineano “l'innato
conservatorismo“ della
specie umana in genere, ma soprattutto dei primitivi.
Questi popoli hanno una grande difficoltà
nell'emanciparsi dalla tradizione e dalle idee ereditate.
E.B. Tylor riprende lo stesso punto: “II selvaggio è
fermamente, ostinatamente conservatore. Nessun uomo
si affida con più indiscussa fiducia ai suoi grandi
predecessori; la saggezza dei suoi antenati può
prevalere sulla più ovvia evidenza delle sue stesse
opinioni ed azioni”. 60
Questo innato conservatorismo, serviva ad assicurare
che lo sviluppo dei manufatti fosse molto lento nelle
prime culture, e che le loro forme, nell'essere trasmesse
da una generazione all'altra, cambiassero molto poco, sia
tramandando l'abilità del mestiere attraverso
l'insegnamento e l'esempio, sia anche ricopiando sempre
le vecchie forme quando veniva fatto un nuovo utensile.
Non vi sarebbero stati improvvisi salti o interruzioni nelle
serie; così, poteva verificarsi che attrezzi
apparentemente del tutto separati, di forma e funzione
del tutto differenti, potessero in realtà essere
”geneticamente” collegati attraverso un certo numero di
forme transizionali. Pitt-Rivers, Balfour e altri furono in
grado di dimostrarlo, in maniera convincente, con alcuni
esempi assolutamente sorprendenti. “Una delle
dimostrazioni più affascinanti che Balfour dà a proposito
di quella che, a giudicare dalle apparenze, sembrerebbe
essere una “parentela” molto improbabile, è la
connessione tra l'arco inteso come arma, e gli strumenti
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60
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E.B. Tylor_Primitive Culture_vol.1.
87
musicali a corda, in particolare le differenti forme di arpa.
Egli descrive ciò in un breve trattato, Natural History of
the Musical Bow, dove riesce a dimostrare una continua
progressione in cui le forme cambiano soltanto
leggermente ad ogni gradino, ma i cui punti iniziali e finali
sono molto distanti, sia nella forma che nella funzione. La
maggior parte degli esempi delle forme intermedie che
egli produce per suffragare l'ipotesi di questo rapporto
evolutivo erano in uso presso diversi popoli viventi,
soprattutto in differenti parti dell'Africa Occidentale.
All'inizio, l'arco serve ad un duplice scopo, essendo
traversato in lunghezza da una cinghia incurvata atta a
realizzare un semplice strumento di due note per fare
della musica ritmica. In seguito, un simile tipo di arco è
fissato ad una cassa di risonanza realizzata con una
zucca, e serve al solo scopo di produrre musica. Più
archi sono poi fissati alla stessa zucca, uno vicino
all'altro, per dare una gamma di note. Le corde sono in
seguito fissate ad un unico supporto curvato piuttosto che
ad archi separati, ma in questo stadio intermedio le linee
di attaccatura alle due estremità sono ad angolo retto,
cosicché le corde non sono disposte sullo stesso piano,
ma descrivono una sorta di superficie curva.
Qui le corde sono tutte sullo stesso piano, e una
“primordiale colonna” è aggiunta per completare la rigida
intelaiatura di quella che ora è riconoscibile come una
primitiva arpa.” 61
Era possibile comparare utensili aventi funzione simile,
appartenenti a periodi differenti o raccolti in diverse parti
del mondo, ma era importante capire che, nella sua
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61
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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88
origine storica, un tipo di utensile o di attrezzo avente uno
specifico fine poteva essere genericamente messo in
relazione con un altro avente non solo una forma
differente, ma anche una funzione differente. Non si
trattava di un progressivo adattamento delle forme,
attraverso prova ed errore, a qualche funzione fissata e
predeterminata. La funzione si evolveva con la forma.
II raggruppamento teso ad illustrare le sequenze era
particolarmente applicato ad oggetti provenienti dalla
stessa area geografica, poiché era ragionevole, in questi
casi, ritenere che essi corrispondessero a un effettivo
passaggio storico e ad uno sviluppo di idee. Ma vi erano
anche sequenze rappresentate da manufatti simili
provenienti da differenti tribù dell'Australia, e trovati in
differenti parti del paese.
Alla estremità iniziale della serie, Pitt-Rivers dispose
quegli oggetti e attrezzi che maggiormente
rassomigliavano a forme naturali, dalle quali essi
avrebbero potuto essere stati derivati, (arnesi taglienti e
raschietti da pietre affilate, cucchiai dalle conchiglie,
bastoni da stecchi e pignatte dalla zucche). Si
presupponeva che, in un primo momento, l'oggetto
trovato in natura fosse usato come utensile, senza alcuna
modificazione; poi la sua forma sarebbe stata
trasformata, elaborata o imitata in altri materiali. Gli
utensili e gli oggetti più sviluppati erano posti in ordine
tale da illustrare le progressive transizioni verso forme più
complesse e finalizzate ad un uso più specifico.
Un tema di controversie sorse circa la scoperta, in culture
separate geograficamente, di manufatti (o usanze, o
forme sociali) aventi una rassomiglianza molto evidente.
Alcuni esempi discussi da Tylor furono i mantici a pistone
del Madagascar e dell'Indonesia, l'uso dell'arco e delle
89
frecce nel Nuovo e nel Vecchio Mondo, e il gioco del
“parcheesi” giocato sia in Messico che in India 58. Si
doveva dedurre che tali esempi fossero la testimonianza
di un contatto tra questi rispettivi popoli? Una
spiegazione lungo questa linea tendeva, naturalmente,
ad avere maggior peso quanto più esclusivi o bizzarri
erano i manufatti o le forme di comportamento in
questione, e più precise erano le rassomiglianze. D'altro
canto, si poteva supporre che certi tipi di congegni di
utilità molto generale (come l'arco e le frecce) fossero
stati inventati indipendentemente in due o più luoghi.
Balfour stesso considerò che l'ipotesi di “invenzione
indipendente” poteva essere accolta solo quando fossero
state esaminate tutte le possibilità di un'effettiva influenza
o rapporto. Egli esorta ad essere prudenti prima di
giungere ad ammettere una successione globalmente
standard di stadi nell'evoluzione culturale, o una
supposta “unità filogenetica della specie umana”. 62
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62
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H. Balfour_introduzione a The Evolution of Culture.
90
91
2.1 BIOTECNICA
Steadman considera la Biotecnica come modo in cui nel
design un metodo biologico o organico potrebbe cercare
di superare il problema dell'eccessivo spazio di tempo
richiesto per imitare il processo evolutivo naturale.
“Il concetto di “biotecnica” o “biotecnologia”, tra il 1920 e
1930, attirò l'attenzione di alcuni designers. In sostanza,
la teoria avanzata era questa: nell'evoluzione delle piante
e degli animali la natura stessa aveva già realizzato una
grande varietà di “invenzioni” rappresentate nei designs
degli organi, o negli adattamenti degli arti. Queste
invenzioni avevano risolto in maniera ingegnosa tutti i tipi
di problemi funzionali ed ingegneristici - strutturali,
meccanici, persino chimici ed elettrici. Ciò che si
richiedeva era uno studio accurato della ingegneria della
natura; l'uomo avrebbe così trovato la soluzione per tutte
le sue esigenze tecniche, dal momento che bastava
soltanto ricopiare i modelli naturali nel design di
macchine e strutture. In questo modo, invece di una
soluzione tecnologica che richiedeva un grande
dispendio di tempo, si poteva “prendere in prestito” il
tempo già impiegato nell’evoluzione organica di questi
equivalenti naturali dei manufatti prodotti dall'uomo.” 63
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63
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
TP
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92
Le Corbusier_analogie biologiche con schemi architettonici e con
design di automobile_da Prècisions sur un Etat Present de
l’Architecture et de l’Urbanisme_Parigi_1960.
La storia della concezione biotecnica è in un certo modo
difficile da ricostruire, ma sembrerebbe, in parte, trovare
origine in una tradizione di libri divulgativi sul tema delle
analogie tra la natura e le macchine, pubblicati dal 1870
in poi. Tra gli autori più conosciuti vi è il Reverendo J.G.
Wood, il quale scrisse un'intera serie di opere di storia
naturale per un lettore medio che includeva uno studio
della struttura animale, Homes without Hands. Il suo libro
Nature's Teachings: Human Invention Anticipated by
Nature si prefigge come scopo quello di “mostrare sia
93
l'intimo rapporto tra la Natura e le invenzioni umane, sia
che difficilmente vi è un'invenzione dell'uomo che non
abbia il suo prototipo in natura”. 64
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Nature's Teachings è un lungo catalogo di paralleli tra la
natura e l'arte, classificati in base al settore o all'attività
umana in cui ogni invenzione è usata ( nautica, guerra e
caccia, architettura, ottica e così via). Wood sostiene che,
essendo già stato anticipato negli adattamenti organici un
così gran numero degli attrezzi e delle macchine
dell'uomo già esistenti, “sicuramente si scoprirà che in
natura si trovano i prototipi di invenzioni non ancora note
all'uomo” 65 . Tra i modelli naturali per le idee
architettoniche dell'uomo da lui elencati, oltre ai vari tipi
.di costruzioni fabbricate dagli animali, Wood non manca
di nominare la famosa ispirazione per il tetto di vetro di
Paxton al Crystal Palace, ispirazione tratta dalla pagina
inferiore bordata delle foglie della ninfea gigante Victoria
Regia.
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Molti libri alquanto oscuri, ed oggi dimenticati, seguono le
linee generali dei Nature's Teachings di Wood, ma con
una curiosa, particolare enfasi sulle capacità inventive
delle piante. Nel 1907 il commediografo e scrittore di
saggi filosofici Maurice Maeterlinck produsse
L'Intelligence des Fleurs che trattava del tema
dell'adattamento delle piante, e di come l'evoluzione
64
Rev. J.G. Wood_Nature's Teachings: Human Invention
Anticipated by Nature_Londra_1875.
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65
Rev. J.G. Wood_Nature's Teachings: Human Invention
Anticipated by Nature_Londra_1875.
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94
abbia già traversato il percorso delle scoperte
meccaniche, percorso che l'intelligenza dell'uomo sta
ripercorrendo solo ora.
“In un mondo che crediamo essere senza sentimento e
senza intelligenza, noi immaginiamo prima di tutto che
l'ultima delle nostre idee crei nuove combinazioni e nuovi
rapporti. Ma, se guardiamo le cose più da vicino, sembra
più che probabile che, in realtà, noi non siamo capaci di
creare affatto alcuna cosa. Noi siamo gli ultimi arrivati su
questa terra. Tutto ciò che facciamo è scoprire di nuovo
ciò che esiste già, e come bambini seguiamo con stupore
il cammino che la vita ha traversato prima di noi.” 66
La tradizione è proseguita dal tedesco Raoul Francé, che
svolse un'opera di divulgazione nei confronti della
biologia, e il cui libricino Die Planze als Erfinder (Plants
as Inventors), pubblicato per la prima volta a Stoccarda
nel 1920, è citato in maniera elogiativa da Moholy-Nagy
in The New Vision. Francé, secondo le parole di MoholyNagy, “si è dedicato a un intenso studio” dell'analogia tra
biologia e tecnologia, e “chiama il suo metodo di ricerca e
i suoi risultati biotecnica”. 67
Tutte le forme in natura organica, secondo Francé,
essendo il prodotto della selezione, sono il necessario
risultato delle funzioni svolte, e per ogni determinato
problema biologico vi è un'unica ottimale forma che ne
fornisce la soluzione.
È l'azione della legge di economia o di minor dispendio di
energia, a governare i processi attraverso i quali forme
perfette sono state selezionate e sviluppate. Si può
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66
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67
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M. Maeterlinck_L'Intelligence des Fleurs_Parigi_1907.
L. Moholy-Nagy, The New Vision.
95
dimostrare che tutte le forme che si ritrovano nella sfera
tecnica - nelle invenzioni dell'uomo - hanno il loro
equivalente nelle , invenzioni naturali.
“Noi abbiamo in quest’unica legge - dice Francé - la
spiegazione in una formula, della vita - di tutta la vita,
della meccanica - di tutta la meccanica, dell'industria,
dell’architettura, di tutte le idee degli artisti, dai costruttori
delle piramidi agli espressionisti, agli esperimenti attuali”.
Al fine di trovare una soluzione tecnica per qualche
determinata esigenza, “colui che studia la biotecnica
deve ricercare la soluzione della esigenza stessa in
qualche esempio in biologia, e poi imitarne lo schema.” 68
Francé, nelle sue asserzioni sulle forme biotecniche, va
ancora oltre: non solo in natura e in tecnologia si ritrova
la stessa gamma di forme, ma questa stessa varietà è
costituita da un repertorio molto limitato, di solo sette
semplici componenti, gli « elementi biotecnici ».
Questi elementi hanno un carattere geometrico,
platonico, e comprendono la forma cristallina, la sfera, il
piano, l'asta, il nastro o striscia, la vite e il cono. L'intero
argomento del libro è efficacemente riassunto dallo
stesso Francé con tali parole:
“Le leggi della minima resistenza ed economia d'azione
impongono uguali azioni per condurre alle stesse forme,
e impongono che tutti i processi nel mondo si sviluppino
secondo la legge delle sette forme fondamentali”. 69
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68
R.H. Francé_Die Pfliinze als Erfinder_Stuttgart_1920_tradotto
come Plants as Inventors_Londra_1926.
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R.H. Francé_Die Pfliinze als Erfinder_Stuttgart_1920_tradotto
come Plants as Inventors_Londra_1926.
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96
Vi sono molti esempi specifici che mostrano come
l'ispirazione per invenzioni meccaniche di vario tipo
provenga dall'osservazione degli adattamenti della vita
animale e vegetale. I principi del comportamento
natatorio di creature unicellulari sono applicati al design
degli scafi delle navi. I meccanismi di raffreddamento
nelle piante potrebbero fornire il modello per nuovi tipi di
refrigeratori. Si è molto colpiti dal vasto numero di
illustrazioni e applicazioni presentate da Francé, e
connesse al design architettonico. La forma di una casa è
dettagliatamente analizzata per dimostrare che essa è
interamente composta dalle sette unità geometriche della
biotecnica.
Gli scheletri delle alghe silicee e delle cellule delle piante
sono anch'essi esaminati e mostrati per esporre quei
principi di ingegneria che potrebbero essere copiati in
nuovi tipi di mattoni, o nel design di impalcature
strutturali.
L'accento è posto sul soddisfacimento della funzione
secondo la più ristretta economia di mezzi,
presupponendo che le forme risultanti dall'evoluzione
siano costituite da un limitato vocabolario di elementari
componenti geometrici.
Agli inizi del 1930 Moholy-Nagy, come già detto,
sostenne alla Bauhaus le idee di Francé. Moholy-Nagy
riteneva che, mentre nel design delle macchine l'uomo si
era accidentalmente imbattuto in soluzioni che avevamo
poi rivelato avere precedenti in natura, potrebbe essere
ancora possibile ideare delle opere che funzionino
organicamente, e che non abbiano siffatti prototipi in
natura. Ciò che è importante, è seguire i principi generali
dei metodi della natura. “In tutti i campi della creazione,
gli addetti si stanno sforzando di trovare soluzioni
97
puramente funzionali, di tipo tecnicobiologico, cioè di
costruire ogni opera esclusivamente in base agli elementi
che sono richiesti per la sua funzione”. 70
“Nel corso degli anni trenta, molti autori riprendono il
tema della biotecnica, sebbene sia difficile rintracciare le
precise connessioni tra i differenti aspetti di idee simili.
L'architetto Frederck Kiesler porta avanti alcune analogie
biologiche, ampiamente sviluppate in un articolo intitolato
On Correalism and Biotechnique, pubblicato nel 1939,
ma che, apparentemente, si basava su un precedente
manoscritto, From Architecture to Life, completato nel
1930. “Correalismo” è una parola coniata da Kiesler per
indicare lo studio dei rapporti tra l'uomo e i suoi ambienti
naturali e tecnologici. Kiesler rivendicava anche
l'invenzione del termine “biotecnica” e sosteneva di
averlo usato per la prima volta in un suo articolo
sull'urbanistica, apparso in un numero di De Stijl nel
1925. (Questa pretesa sembra essere invalidata dal fatto
che il libro di Francé fu pubblicato circa cinque anni
prima).” 71
Il tema di “Correalism and Biotechnique” è complesso, e
gran parte di esso è reso oscuro dalla terminologia
inventata, ed è appesantito da ricapitolazioni di questioni,
attinenti e non, di scienza contemporanea. Le idee di
base, comunque sono le seguenti:
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70
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L. Moholy-Nagy, The New Vision.
71
Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in
architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988.
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98
1. “Gli attrezzi, e l'architettura, sono creati per fungere da
mediatori tra l'uomo e l'ambiente naturale, e formano
pertanto un secondo e interposto “ambiente tecnologico”.
2. La tecnologia serve per varie, essenziali esigenze
dell'uomo, e fra queste la più essenziale e il benessere
fisico.
3. Vi è spazio per una nuova scienza che studierebbe lo
sviluppo storico della tecnologia ed i suoi effetti
sull'uomo, e investigherebbe sulla morfologia necessaria
per la sua crescita”. 72
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FPT
Tutti gli attrezzi passano per un caratteristico processo di
evoluzione che, secondo Kiesler, può essere diviso in
molti stadi, come dimostra riferendosi al design dei
coltelli. Vi è un tipo-standard di manufatto (il coltello) che
risponde ad una determinata esigenza (il tagliare in
generale); vi sono variazioni che si evolvono dal tipo
standard per differenti scopi (coltelli per il pane, coltelli
per la frutta, ecc.), e vi sono quelli che Kiesler chiama
manufatti simulati - senza dubbio la categoria più ampia che sono caratterizzati dalla loro inefficienza funzionale,
e dalle loro “insignificanti” deviazioni dallo standard. Le
esigenze possono cambiare nel tempo, e quando ciò
avviene il tipo standard si evolve in modo da rispondere
alla nuova esigenza, e diventa, a suo tempo, un nuovo
tipo. Le variazioni e le simulazioni, intanto, si propagano
per il percorso principale dell'evoluzione dello standard.
72
F.J. Kiesler_On Correalism and Biotechinique: A Definition and
Test of a New Approach to Building Design_Architectural
Record_Settembre 1939.
TP
PT
99
Per Kiesle la semplice copiatura dei prototipi naturali non
è il metodo della biotecnica. In realtà, questo può essere
un approccio pericoloso, ed egli, alquanto stranamente,
attribuisce la completa distruzione del Crystal Palace ad
opera del fuoco al fatto che la sua costruzione era basata
su di una troppo semplice analogia biologica. La
biotecnica è per Kiesler un metodo di progettazione che
si prefigge di volgere, o, come egli dice, di “polarizzare” le
forze naturali verso gli intenti dell'uomo. A questo
proposito fa una distinzione tra “biotecnica” e
“biotecnologia”, attribuendo l'ultimo termine a Patrick
Geddes, e definendolo un “metodo di costruzione della
natura ... non dell'uomo”.
100
F.J. Kiesler_diagramma che mostra il processo evolutivo dei tipi
standard di manufatti (in questo caso coltelli)_da On Correalism and
Biotechinique: A Definition and Test of a New Approach to Building
Design_Architectural Record_Settembre 1939.
101
“Note on Biotechnics” di Honzik, in Circle (1937) prende
forma da una più grande discussione, e non avanza
alcun specifico metodo per il design. Sono inclusi, ancora
una
volta, molti punti già noti: l'evoluzione delle forme dei
manufatti verso tipi standard “perfezionati”, “vestigia di
organi” nei manufatti, l'ipotesi che la natura impieghi
basilari forme geometriche nella costruzione. La Victoria
Regia riappare questa volta per essere paragonata con la
costruzione dei piani in calcestruzzo della fabbrica Fiat a
Torino. Honzik è scettico, comunque, circa l'osservazione
di Francé secondo cui tutte le forme in natura sarebbero
perfettamente adattate, o vi sarebbe una necessaria ed
unica relazione tra la funzione e la forma. Se così fosse,
perchè dovrebbero esistere 6.000 specie differenti delle
Diatomee unicellulari, che vivono in identiche condizioni?
Nella tecnologia e nelle arti applicate l'asserzione è
ancora più dubbiosa: “la nostra tecnica è molto imperfetta
rispetto a quella della natura”. Soluzioni perfette a
problemi tecnici sono generalmente trovate, ove mai
siano trovate, solo dopo lunghe serie di esperimenti da
parte di migliaia di lavoratori (di nuovo il problema del
tempo). Nella evoluzione tecnologica, secondo Honzik, il
progresso verso l'ideale, nonostante una tendenza
generale, non è affatto garantito:
“i prodotti e le strutture umane si sviluppano attraverso la
velocità e l'intenzione dell'uomo, e si muovono verso la
loro intrinseca perfezione. Cercano una forma finale che
può essere lentamente mutata solo dall'emergere di
nuove condizioni. Ad esempio, la miglior sagoma
102
possibile per una sedia può essere rimpiazzata da una
nuova forma, arbitrariamente inventata per lo scopo. Ma
quella nuova e arbitraria forma scomparirà subito, proprio
perchè non è quella perfetta. O, se l'umanità fosse
disposta a sedersi in una nuova posizione, la forma
perfetta della sedia dovrebbe essere modificata di
conseguenza”. 73
TPF
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Retro della foglia della ninfea Victoria Regia (che fornì a Paxton
l'ispirazione per Ia costruzione del tetto 'a creste e scanalature'
dell'edificio della Great Exhibition) a confronto con la rampa in
calcestruzzo per le automobili nella fabbrica Fiat a Torino. K.
Honzik_ A Note on Biotechnics_ Circle: International Survey of
Constructive Art.
73
K. Honzik_ A Note on Biotechnics_ Circle: International Survey of
Constructive Art.
TP
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103
In Circle, l'articolo che segue immediatamente quello di
Honzik è “The Death of the Monument” di Lewis
Mumford. In esso Mumford descrive una futura
architettura urbanistica e biotecnica, che sarebbero
caratterizzate da flessibilità e apertura ai cambiamenti,
fornendo prospettive di sviluppo. Nel caso di Mumford, la
parola “biotecnica” proviene da una fonte differente: egli
la mutua da Patrick Geddes, il biologo e pioniere
dell'urbanistica, le cui idee furono accuratamente seguite
e sostenute da Mumford. Il libro di Geddes sulla
urbanistica, Cities in Evolution del 1915, aveva introdotto
nella stampa i termini “paleotecnico” e “neotecnico” per
classificare i periodi progressivi della storia della
tecnologia. “Paleotecnico” si riferisce alla rozza,
rudimentale, rovinosa fase della Rivoluzione Industriale;
e “neotecnico” ad un emergente ordine industriale che
tendeva alla prosperità, alla bellezza e all’armonia con l'
ambiente naturale. Mumford usa la parola “biotecnica”
coniata da Geddes, per descrivere nel contesto
architettonico una filosofia del design, che favorirebbe le
strutture leggere e basse rispetto a quelle massicce e
monumentali, e suggerirebbe anche che i servizi
meccanici delle costruzioni potrebbero essere semplificati
e decentralizzati. L'intera discussione, curiosamente,
anticipa il “movimento della tecnologia alternativa” degli
anni intorno al 1970, ad esempio nella menzione di
Mumford della possibilità, e dei vantaggi, di locali sistemi
di trattamento delle acque di scolo su piccola scala, e
“speciali riflettori solari ... come radiatori ausiliari”.
La “cosiddetta Età della Macchina, dice Mumford, “ha
fatto un uso indiscriminato e sconsiderato del potere e
dell'apparato meccanico, che ha ampiamente contribuito
104
a intralciare e a complicare la vita - mentre una
tecnologia biologica prendendo a modello l'economia di
mezzi e l'ingegnosità delle strutture anatomiche e dei
meccanismi fisiologici, servirebbe al contrario a
semplificare il vivere umano e libererebbe, piuttosto che
rendere schiavi.” 74
TPF
FPT
74
L. Mumford_The Death of the Monument_Circle: International
Survey of Constructive Art.
TP
PT
105
3.1 DALLA BIONICA ALLA BIOMIMETICA
La bionica nasce con l’intento di simulare i sistemi
naturali creando artefatti che ripropongono le loro
caratteristiche strutturali, formali e funzionali.
II termine bionic venne utilizzato la prima volta nel 1960
da Jack Ellwood Steele, della US Air Force, che la definì
come: "the science of systems which have some function
copied from nature, or which represent characteristics of
natural systems or their analogues". L’approccio nato con
la biotecnica e sviluppatosi attraverso la bionica trae
ispirazione dallo studio del funzionamento delle strutture
naturali, interpretate come perfetti "meccanismi", esempi
di assoluta efficienza. Nel design e nell'architettura
spesso tali teorizzazioni sono state tradotte in ricerche
progettuali fondate sui mutuare staticamente forme e
geometrie dalla natura, nelle quali le strutture biologiche
vengono interpretate nell'accezione funzionalista.
I progressi scientifici e tecnologici guadagnati negli ultimi
cinquanta anni hanno consentito di osservare e
conoscere la natura sempre più a fondo, fino a giungere
alla comprensione delle strutture e dei fenomeni biologici
un tempo imperscrutabili, nei loro minimi dettagli. Un
punto di vista così ravvicinato ha consentito all'ingegneria
di riuscire a interpretare l'osservazione della biologia, non
solo come fonte di ispirazione, ma anche come
strumento di innovazione. Diventa possibile comprendere
e riprodurre i processi che sono alla base di quei
meccanismi che avevano affascinato e incuriosito i teorici
della biotecnica. Le nuove conoscenze scientifiche e gli
strumenti tecnologici consentono di creare "replicanti"
106
sempre più fedeli, non solo nelle forme ma anche nelle
logiche di concezione.” 75
Sono le premesse fondative per uno dei settori più vivaci
e fertili del panorama scientifico contemporaneo: la
biomimetica. Questo termine, che deriva da bio e
mimesis, già coniato negli anni Cinquanta, è stato
utilizzato per definire il nuovo approccio progettuale
interdisciplinare ispirato alla natura, che si è sviluppato e
diffuso durante gli anni Ottanta, inizialmente negli ambiti
dell'ingegneria dei materiali, dell'ingegneria meccanica e
della robotica.
La biomimetica si rivolge alle scienze biologiche per
trarne informazioni sulle strutture, sulle logiche e sui
principi che sono alla base dell'organizzazione e
dell'evoluzione del mondo naturale, al fine di ricavare
nuovi strumenti per il progetto di artefatti avanzati. Un
progetto che si ispira alla natura piuttosto che imitarla,
seguendo l'insegnamento di Buckminister Fuller che
affermava: "We do not seek to imitate nature, but rather
to find the principles she uses".
Gli studiosi di biomimetica adoperano una metafora
secondo cui la natura viene interpretata come se fosse
dotata di un'anima progettuale con 3,8 miliardi di anni di
esperienza. Secoli di evoluzione, di avanzamenti
compiuti attraverso tentativi, fallimenti e successi,
secondo la logica evolutiva definita trial and error, i
sistemi biologici sono dunque visti come il risultato di
procedure complesse di affinamento e miglioramento che
si propongono alla cultura del progetto come un prezioso
bagaglio di strategie e soluzioni progettuali da cui trarre
ispirazione.
TPF
FPT
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
75
TP
PT
107
Negli Stati Uniti la biomimetica, che viene definita più
frequentemente con il termine biomimicry, è stata
interpretata in un'accezione meno ingegneristica, che
coinvolge il mondo degli artefatti a una scala più ampia,
come fonte di strategie biologiche particolarmente
orientate alla sostenibilità ambientale e si correla alle
teorie di ecologia-industriale.
Uno dei principali testi di riferimento in questa ambito si
chiama proprio Biomimicry, ed è stato scritto dalla
studiosa statunitense di ecologia Janine Benyus nel
1997, allo scopo di mostrare l'ampiezza delle opportunità
di applicazione dell'approccio biomimetico.
Nel libro sono riportati, infatti, esempi provenienti dai
settori dell'informatica, dell'energia, dell'agricoltura,
dell'architettura, del design, dei materiali innovativi e della
medicina. Spaziando tra le diverse discipline, la Benyus
illustra come, trasferendo ai vari ambiti di attività
dell'uomo le leggi e i principi che regolano la natura per
garantire la sopravvivenza degli ecosistemi, è possibile
concepire prodotti, tecnologie e sistemi innovativi
compatibili con l'ambiente e con la salute degli uomini. La
biomimetica viene applicata a diversi ambiti e a diverse
dimensioni. Spesso, nel trasferimento delle strategie e
dei principi biologici agli artefatti , vengono effettuati salti
di scala. Si può trarre spunto dall'osservazione di
fenomeni che avvengono a una determinata dimensione,
ad esempio molto ridotta come quella delle cellule o delle
microstrutture, per trasferirli in un'altra dimensione e
magari in un contesto totalmente differente come quello
dell'urbanistica o della programmazione economica.
108
“Generalmente le ricerche biomimetiche possono
avvenire secondo due diversi approcci: partire da
un'intuizione nata dall'osservazione di un principio o di un
aspetto riscontrato in natura per mutuarlo e,
contemporaneamente, spingere all'approfondimento degli
studi biologici che possono essere condotti su
quell’aspetto specifico; oppure muovere da una esigenza
progettuale nata nel mondo degli artefatti e selezionare
successivamente i principi e i concetti cui fare riferimento
nell'ambito della biologia. Anche in questo caso la ricerca
biomimetica può stimolare la nascita e lo sviluppo di
nuovi filoni di ricerca nell'ambito della biologia.” 76
Il primo nonché uno dei più noti brevetti biomimetici è il
velcro,sistema di giunzione utilizzato in vari campi,
registrato nel 1955. George de Mestral, il suo inventore,
seguì un'intuizione derivante da una sua esperienza
casuale. L’idea del velcro nacque da un episodio di
comune quotidianità: durante una passeggiata lo
studioso notò delle cime di germogli impigliate nel pelo
del suo cane e ipotizzò che, imitando quella tipologia di
ancoraggio, sarebbe stato possibile creare una nuova
tecnologia di giunzione. All’osservazione seguirono
numerosi anni di sperimentazione per sviluppare un
efficiente processo produttivo. Il velcro è stato
commercializzato nella metà del secolo scorso ed oggi è
il soggetto di oltre 1700 brevetti.
Al fine di illustrare il potenziale che la biology-based
technology offre per suggerire nuovi approcci progettuali,
Vincent e Mann hanno riportato nell'articolo Systematic
technology transfer from biology to engineering una lista
TPF
FPT
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
76
TP
PT
109
di studi biomimetici divenuti poi brevetti e, in alcuni casi,
prodotti entrati in produzione, che ci consente di
individuare i primi ambiti in cui la biomimetica ha
raggiunto i risultati più avanzati.
In Analogies in biology Bonner sottolinea quanto
l’analogia possa rischiare di deviare speculazioni
scientifiche e ricerche progettuali, ma conclude che, se
condotta con cautela, senza voler forzare improbabili
corrispondenze, può rivelarsi una preziosissima fonte di
idee e innovazione.
Nel design bio-ispirato si può fare riferimento a diversi
livelli di relazione analogica, corrispondenti a diversi gradi
di complessità e astrazione:
•
•
•
•
“livello architettonico, nel quale l’analogia si
riferisce a esempi di strutture costruite dagli
organismi viventi come gli alveari o le tane degli
animali;
livello morfologico-strutturale, nel quale viene
imitata la morfologia delle bio-strutture (cellule,
ossa, tessuti biologici, gusci dei mitili) per ottenere
strutture con specifiche prestazioni;
livello biochimico, nel quale vengono trasferiti i
meccanismi biochimici osservati nei sistemi
biologici come i processi che sono alla base
dell'effetto di luminescenza delle lucciole o della
fotosintesi clorofilliana;
livello funzionale, rispetto al quale vengono imitate
le logiche poste alla base dei sistemi biologici
Come le funzioni anti-attrito della pelle degli squali
e i meccanismi di termoregolazione degli animali
in condizioni ambientali estreme;
110
•
•
Iivello comportamentale, che si riferisce al
trasferimento di modalità comportamentali come
quella reattiva o protettiva;
Iivello dell'organizzazione, che costituisce lo stadio
più elevato di astrazione e consiste nel trasferire
strategie organizzative proprie dei sistemi biologici
come ridondanza, auto-adattamento, autonomia.
auto-organizzazione.” 77
TPF
FPT
Studiando il funzionamento di apertura automatica di fiori
e foglie, nel 1989 Guest & Pellegrino brevettarono delle
strutture spiegabili. Holl, nel 1993, ha brevettato dei
potenti adesivi acquatici ispirandosi funzionalmente al
meccanismo di adesione dei mitili. Nel 1996 è stato
realizzato un brevetto firmato Vincent & King riguardante
un metodo di taglio del legno esplicitamente tratto dalle
modalità di deposizione delle uova delle vespe basate
sulla perforazione. Nel 1997 Bechert realizza dei tessuti
innovativi per costumi da nuoto studiati in riferimento alla
microstruttura della pelle dello squalo e alle relative
strategie di riduzione dell’attrito nell’acqua. Nel 1999
sono stati brevettati dei sistemi di abbigliamento ad
elevato isolamento termico che si ispirano
funzionalmente alla struttura del manto dei pinguini.
Un approccio morfologico all’analogia, tende a
sottolineare le caratteristiche le caratteristiche fisiche e
compositive, soprattutto in relazione alla tecnologia dei
materiali che compongono alcuni esseri organici. Alcuni
brevetti che seguono questo tipo di osservazioni sono
relativi alla struttura dei compositi resistenti, ispirati al
sistema di orientamento delle fibre del legno (Chaplin,
77
J.T. Bonner_Analogies in Biology_in J.R. Gregg, F.T.C. Harris_
Form and Strategy in Science_Dordrecht_1964.
TP
PT
111
ELITE LZR RACER
Speedo design team
SPEEDO
2008
1983). Jackson, nel 1989, si ispira alla struttura della
madreperla per derivare materiali ceramici resistenti;
nel1999 Hansen brevetti alcuni elmetti e caschi studiando
112
i meccanismi di resistenza delle corna dei cervi. Nello
stesso anno Barthlott & Neinhuiss creano dei rivestimenti
autopulenti che si riferiscono alla struttura superficiale
delle foglie di loto (lotus effect).
La cultura del design contemporaneo è caratterizzata
dalla volontà di sperimentare e verificare, attraverso il
progetto, il rapporto naturale-artificiale in tutte le sue
tonalità, come confronto o come fusione, come ritorno
agli equilibri della tradizione o come spinta innovativa.
Dalla fine degli anni Settanta Carmelo di Bartolo conduce
una fitta attività di design, ricerca e consulenza alle
imprese utilizzando l'approccio bio-ispirato nella
progettazione di prodotti e sistemi industriali. La
metodologia bionica è alla base di molti progetti sviluppati
da Di Bartolo attraverso la società di consulenza Design
Innovation, fondata con Pino Molina Betancor, che ha
sedi a Milano e alle Canarie e svolge attività di
innovazione tecnologica e di prodotto, progettazione,
formazione e marketing in ambito internazionale.
Allo studio della biologia umana e, in particolare, alle
ricerche scientifiche sulle caratteristiche fisiche e
comportamentali dell'organismo, si ispira l'attività di
ricerca coordinata da Francesco Trabucco nell'ambito
denominato bio-design: disciplina progettuale
multidisciplinare fondata sulla collaborazione tra il design
e le scienze mediche e biologiche e orientata a realizzare
dispositivi e componenti bio-medici caratterizzati da una
forte componente di innovazione tecnologica. Al Biodesign è dedicato un laboratorio di cui Trabucco è
responsabile scientifico: iI Bio-Design lab, medical and
engineering devices presso il Politecnico di Milano.
Aziende multinazionali come la Maserati e la Motorola
hanno scelto di affidare il concept e lo sviluppo di alcuni
113
dei loro prodotti più innovativi al designer di origine
italiana Franco Lodato, che da molti anni sperimenta
l'uso dell'approccio bionico e delle metodologie ispirate
alla natura nello sviluppo di prodotti avanzati realizzati
con tecnologie e materiali innovativi.
Oggi Lodato, che è laureato sia in design che in biologia,
insegna alla University of Montreal School of Design e all’
MIT Media Lab di Boston, e ha curato il design di prodotti
e linee di grande successo come la multipremiata
Maserati Birdcage 75. Negli Stati Uniti ha depositato 45
brevetti, in gran parte fondati sulla metodologia bioispirata.
Nella sperimentazione progettuale della studio
deepdesign, formato dagli architetti e designer Matteo
Bazzicalupo e Raffaella Mangiarotti, la natura viene
interpretata, in analogia con l'approccio bionico, come
modello, allo stesso tempo semplice e complesso, di
perfezione nei processi e nelle forme. L'obiettivo dei
designer e quello che loro definiscono "nuovo
minimalismo organico" inteso come "pura economia di
forme funzionali" ma anche come nuova potenzialità in
termini concettuali.
In alcuni casi il riferimento alla biologia e alle sue logiche
nel design assume, invece, un carattere esclusivamente
concettuale. Questo avviene prevalentemente in
sperimentazioni progettuali o speculazioni teoriche ben
distanti dagli ambiti della biomimetica e della bionica, che
non mirano alla traduzione di forme strutture e strategie
naturali in nuove tecnologie e prodotti, ma piuttosto alla
esplorazione concettuale di tematiche biologiche che
hanno profonde ricadute sulla cultura, sulla società e
sull'immaginario contemporanei.
114
Alcuni progetti di Andrea Branzi, ad esempio,
interpretano in chiave concettuale e poetica temi tratti
dall'organizzazione del vivente come i processi genetici e
di ibridazione tra etnie. Nella collezione Genetic tales,
realizzata da Alessi nel 2000, Branzi interpreta le logiche
di trasmissione genetica dei caratteri somatici,
disegnando, su oggetti di uso quotidiano, volti di individui
ottenuti dalla combinazione di caratteri di visi diversi,
elaborata attraverso una sorta di algoritmo. Il percorso
concettuale avviato con Genetic tales è continuato con Il
libro degli omini, in cui Ie filastrocche di Lorenza Branzi
accompagnano gli "omini mutanti" progettati da Andrea
Branzi che possono essere modificati dal lettore nei loro
lineamenti, nell’espressione e nel colore della pelle,
muovendo una rotella che consente di far avvicendare le
pagine fustellate con i disegni. Il riferimento "biologico"
alle logiche genetiche diviene l’occasione per esplorare i
temi delle diversità tra i popoli e tra le culture e del loro
effetto sulla società:
"Nasce quindi una famiglia
dove padre, madre e figlia
hanno razze differenti
e per questo son contenti".
78
TPF
FPT
Nei primi anni Novanta Kevin Kelly scrisse Out of control:
The New Biology of Machine, Social System and the
Economic Worlds nel quale prospettava l'inizio di un'era
tecnobiologica in cui “la potenza della tecnica incontra la
78
TP
PT
A. Branzi, L. Branzi_Il libro degli omini_Corraini_Mantova_2006.
115
potenza della natura, e si fonde con essa” fino a dar
luogo a una seconda natura”. 79
II mondo contemporaneo, secondo Kelly, “è diventato
così complicato che ora dobbiamo rivolgerci al mondo
della natura per imparare come mantenerlo in funzione.
In pratica più rendiamo meccanico il nostro ambiente
fabbricato, più esso dovrà divenire biologico se vorrà
continuare a funzionare". 80
Negli stessi anni Cappucci affermava che “la natura è
stata il nostro (unico) modello, ci ha fatto ciò che siamo e
ci ha ispirato. Con la crescita della complessità. degli
artefatti i modelli sono divenuti i meccanismi stessi del
vivente. Rispetto a quelli teorizzati, questi modelli sono
migliori, più efficienti: hanno superato prove fin dalle
origini della vita. Hanno esperienza del mondo. Nel
ricostruire il vivente il miglior modello è il vivente stesso.
Oggi siamo in grado di realizzare macchine e sistemi
complessi, autonomi, capaci di svolgere molte funzioni, in
grado di auto-organizzarsi e autoregolarsi, di imparare.
Ma abbiamo capito che se le nostre ipotesi coincidono
teoricamente con questi modelli, essi tuttavia superano
ancora largamente i risultati delle nostre conoscenze se
manca loro l'esperienza del reale, la vita. Deep Blue ha
per la prima volta sconfitto il campione mondiale umano
TPF
TPF
FPT
FPT
79
F. Berardi_in prefazione a K. Kelly_ Out of control: La Nuova
Biologia delle Macchine, dei Sistemi Sociali e del Mondo
dell’Economia_Urra Apogeo_Milano_1996.
TP
PT
K. Kelly_ Out of control: La Nuova Biologia delle Macchine, dei
Sistemi Sociali e del Mondo dell’Economia_Urra
Apogeo_Milano_1996.
80
TP
PT
116
di scacchi, ma i migliori robot sono di gran lunga meno
efficienti degli insetti”. 81
La comprensione dei linguaggi attraverso i quali
avvengono i processi, gli scambi di informazioni e i
meccanismi di protezione, che consentono alla natura di
realizzare e mantenere in vita i suoi sistemi, prelude alla
possibilità, da parte dell’uomo, di acquisire nuovi ed
efficaci strumenti progettuali.
In questo scenario il progetto bio-ispirato non può ridursi
a interpretare il rapporto tra natura e progetto in un’ottica
staticamente deterministica come quella della bionica
classica che si fermava all’osservazione di strutture e
meccanismi.
“L’hybrid design è un nuovo approccio progettuale che si
propone di trasferire alla cultura del design la complessità
insita nelle logiche, nei codici e nei principi del mondo
biologico. Nell’hybrid design le qualità complesse tratte
dal mondo biologico vengono trasferite al design di
prodotti e servizi innovativi come una sorta di “nuovo
codice genetico”.
Per poter accedere alle qualità biologiche trasferibili al
design fa riferimento alle più recenti conquiste delle
scienze biologiche e alle speculazioni teoriche, ma con la
volontà di superare la dimensione del ricorso a facili
metafore evocative affrontando, piuttosto, la sfida di un
percorso di ricerca più rigoroso che si avventura nel
profondo delle conoscenze biologiche.
Nell’hybrid design confluiscono la complessità del mondo
biologico, le conquiste più avanzate della scienza dei
TPF
FPT
81
P.L. Cappucci_Tecnologie del Vivente_in Mario Morcellini,
Michele Sorice_Futuri immaginari_Logica University
Press_Roma_1998.
TP
PT
117
materiali e delle tecnologie produttive, e i principi del
“design per la sostenibilità”.
Nell'acquisire i codici e i linguaggi dalla natura i nuovi
artefatti ibridi tendono a somigliare ai sistemi biologici
nella loro “funzionalizzazione flessibile”.” 82
I materiali dell’hybrid design sono materiali altamente
evoluti, in grado di assolvere alle funzioni un tempo
svolte da oggetti complessi e macroscopici. Sono
“sistemi matrici”, più che semplici materiali, che
coniugano le esigenze ambientali di de-materializzazione
e mono-matericità con le qualità biologiche di multifunzionalità, autonomia, auto-organizzazione, capacità di
auto-adattamento e coerenza ologrammatica. Alcuni di
questi materiali esistono già o sono in via di sviluppo. Il
settore dei film sottili, ad esempio, negli ultimi anni ha
subito una forte accelerazione, in termini di avanzamento
tecnologico, che ha portato alla nascita di sistemi laminati
sottilissimi e leggeri, che nella loro struttura possono
inglobare molteplici funzioni come la conduzione delle
informazioni, della luce, la sensibilità, la capacità di
cambiare caratteristiche ottiche e la produzione di
energia. I film fotovoltaici, gli OLED, le tecnologie di
deposizione, ad esempio, offrono al settore del design la
possibilità di creare nuovi dispositivi come: sistemi di
illuminazione, rivestimenti interattivi e strumenti di
comunicazione leggeri, flessibili, sottili e portatili, che
sostituiscono, con un unico "sistema materico", i loro
predecessori rigidi, ingombranti e prevalentemente
costituiti da molti componenti e materiali diversi.
TPF
FPT
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
82
TP
PT
118
Mediante questo tipo di approccio i sistemi biologici sono
in grado di ottenere infinite tipologie di funzionalità. La
natura, dunque, è controllata e regolata, non per produrre
strutture rigide ed esatte, ma configurazioni flessibili,
adattabili e, in alcuni casi, anche ridondanti che le
consentono di rispondere al modificarsi delle condizioni.
L’approccio hybrid design si propone di applicare questa
“intelligenza della natura” nel progetto di artefatti che
possono essere definiti ibridi, sia perchè sono intermedi
tra biologia e tecnologia, sia perchè in essi i concetti di
materia, funzione e oggetto tendono a sovrapporsi e a
confondersi. Così come si confondono i concetti
tradizionali di famiglie e di categorie di materiali che
acquisiscono caratteristiche inconsuete, non riconoscibili
secondo i canoni consueti, materiali ibridi come metalli
porosi, ceramici leggeri, trasparenti ed elastici, fibre
tessili resistentissime e tenaci.
L’intelligenza della natura (smartness) è un tema
largamente analizzato dalla pioniera della biomimetica,
l’americana Janine Benyus che, nel suo libro Biomimicry
definisce quelli che sono i dieci principi fondamentali che
regolano la vita degli organismi negli ecosistemi
preservandone gli equilibri. Questi principi dovrebbero
essere le linee guida per la realizzazione di un progetto
biomimetico e sostenibile. Le dieci caratteristiche di
efficienza degli organismi naturali sono:
1. “usare gli scarti come risorse;
2. differenziarsi tra loro e contemporaneamente
cooperare per convivere e utilizzare al meglio il proprio
habitat;
119
3. prelevare, accumulare e utilizzare le risorse
energetiche in maniera efficiente;
4. ottimizzare il consumo di risorse;
5. utilizzare i materiali con parsimonia;
6. non rilasciare i propri rifiuti negli habitat altrui;
7. non sprecare le risorse;
8. mantenersi in equilibrio con la biosfera;
9. essere sempre attenti alle informazioni ricevute;
10. acquisire risorse locali.” 83
TPF
FPT
Ma è attraverso la co-operazione, dunque la
collaborazione tra attori e "volontà" diverse e diffuse, che
queste regole prese a prestito dalla natura, possono
essere concretamente applicate per realizzare
cambiamenti radicali. Cambiamenti che coinvolgano
atteggiamenti, modelli di consumo, modalità di
soddisfacimento dei bisogni che raggiungano tutte le
sfere sociali e impattino a livello globale.
83
Liberamente tradotto da J. Benyus_Biomimicry, innovation
inspired by Nature_William Morrow & Co. Inc._New York_1997.
TP
PT
120
4.1 L’ANTROPIZZAZIONE DELLA NATURA
Dal bonsai agli OGM
Ancor prima dell’avvento dell’ingegneria genetica, l’uomo
ha utilizzato diversi metodi per antropizzare la natura
vegetale ed animale; per indirizzarne la crescita, la
fruttiferazione o per migliorarne alcune caratteristiche.
Esistono infatti numerose tecniche di coltivazione e di
ibridazione che hanno come fine l’ottenimento di specie
viventi più efficienti o semplicemente per modificarne
l’estetica. Di queste tecniche fanno parte le innumerevoli
forme di potatura e di innesto; forse storicamente le
prime pratiche attuate per tali scopi.
La potatura consiste in una gamma di interventi atti a
modificare il modo naturale di vegetare e di fruttificare di
una pianta. Non si tratta quindi solo di interventi cesori,
ma anche di modificazioni di posizione dei rami, e di altri
interventi quali trattamenti con fitoregolatori che
modificano in modo analogo ai tagli l'habitus della pianta
o di sue parti, la cosiddetta “potatura chimica”. Pur se
sono possibili interventi di potatura sulle piante erbacee
(es. cimatura del tabacco), normalmente la potatura è
condotta sulle piante arboree da frutto e ornamentali. La
potatura si propone di modificare la pianta per
raggiungere una serie di obiettivi:
•
•
dare alla pianta una forma idonea all'utilizzazione
ottimale della luce (ma anche per facilitare le
operazioni colturali);
accelerazione dello sviluppo dei giovani alberi per
raggiungere al più presto lo scheletro definitivo e
l'entrata in produzione;
121
•
•
•
raggiungimento di un equilibrio chioma/radici e
fase vegetativa/fase riproduttiva, per una
produzione alta, costante, di qualità;
far sì che le piante si adattino alla fertilità
agronomica;
estendere il ciclo produttivo nelle piante
senescenti.
Come si è detto, la potatura può avere anche solo fini
estetici o addirittura seguire dettami culturali, come, ad
esempio, nel caso del bonsai, filosofia e forma d’arte
orientale. Il termine "bonsai" è giapponese ed è costituito
dai due ideogrammi 盆栽: il primo significa vassoio o
contenitore (bon), mentre il secondo (sai) significa
educare e, in senso lato, il coltivare. Questi alberi in vaso
possono essere paragonati a normali piante che sono
state “semplicemente” coltivate in maniera migliore
ovvero con cure ed attenzioni di cui generalmente altre
piante non necessitano. Per rendere la pianta nel suo
complesso più forte ed adatta a sopravvivere in spazi
ristretti, si procede alla potatura delle radici fittonanti
(quelle che penetrano in profondità nel terreno), al
rinvaso periodico e ad adeguate potature dei rami. I
bonsai, sia come senso estetico naturale sia come la
filosofia orientale suggerisce, devono seguire degli stili
ben precisi accomunati dalla conicità del tronco, dalla
dimensione ridotta delle foglie e soprattutto dalla
naturalezza della pianta stessa, che nel suo insieme
(vaso compreso) ha lo scopo di riprodurre la natura in
piccole dimensioni. È sbagliato pensare che i bonsai
soffrano nei vasi: è solo un'impressione che si ha, a
causa delle forme spesso contorte o delle parti di legno
secco create appositamente per dare un effetto di vetustà
HT
TH
122
alla pianta. Se un bonsai soffrisse non arriverebbe a
fiorire o addirittura a fruttificare. La tecnica bonsai è nata
in Cina e perfezionata in Giappone ed è legata a quello
che gli Orientali chiamano seishi: l'arte di dare una forma,
di coltivare, il praticare le tecniche più svariate sempre
nel rispetto della pianta. I bonsai sono dunque natura
viva, piccoli alberi che malgrado le dimensioni contenute
esprimono tutta l'energia che è racchiusa in una pianta
grande. Alcuni bonsai vengono curati e educati in modo
da creare scene comuni come la pesca o la caccia. Gli
orientali definiscono il bonsai come l'unione della natura
con l'arte, così come il teatro Nō e la danza classica sono
per i giapponesi la sintesi di musica e storia. A differenza
dell'Ikebana, l'arte di comporre i fiori, il bonsai non si può
insegnare con formule esatte o regole matematiche, ma
con i comuni principi di botanica, senso estetico e una
buona dose di pazienza. Per esigenze didattiche i
maestri giapponesi hanno stabilito regole e principi di
bellezza che hanno permesso ai neofiti di seguire un
percorso preciso e facilitato per creare un bonsai. Come
in ogni arte esistono veri e propri capolavori, anche
plurisecolari e dal valore inestimabile; a differenza di altre
attività artistiche, nell'arte Bonsai il soggetto è in continua
(e lenta) evoluzione. Oltretutto nel caso di Bonsai famosi,
sulla stessa pianta, nel corso del tempo, intervengono
diversi maestri e collezionisti, rendendo l'opera
indipendente dall'artista che l'ha creata (o raccolta). Per
valutare un bonsai si devono prendere in considerazione
i cinque punti fondamentali attraverso i quali si esprime
tutta la sua bellezza e la sua armonia: L’apparato
radicale, il tronco, i rami, le foglie e l’apice. Le radici
devono disporsi possibilmente a raggiera, deve essere
visibile la parte di radici che penetra nel terreno, in modo
123
da dare il più possibile la sensazione di forza e stabilità
della pianta. Il tronco deve avere, a seconda degli stili,
andamento eretto o sinuoso. La base (piede) deve
essere di buon diametro per poi assottigliarsi
gradualmente nella zona apicale. Molto importante è la
presenza di una corteccia "vecchia" che conferisce al
bonsai un aspetto vetusto. In genere il tronco, in un
bonsai apprezzabile, resta visibile per circa due terzi
della sua lunghezza totale. Fondamentale, in alcune
piante come le conifere, è la presenza di shari, sabamiki
e jin, cioè ferite della corteccia e dei rami che mettono a
nudo il legno, dando alla pianta un aspetto ancora più
vissuto. Per la formazione della chioma la miglior
disposizione da dare ai rami è quella in cui i più grossi,
ramificazione primaria, si espandono verso i lati e il retro
per dare profondità e tridimensionalità e i più piccoli,
ramificazione secondaria e terziaria verso la parte
frontale, posteriore e superiore per creare i "palchi". Fatti
salvi casi particolari non sono ammessi rami che partono
frontalmente verso l'osservatore. La forma della chioma e
dei singoli palchi deve essere riconducibile ad un
triangolo. Le foglie devono essere mantenute piccole
somministrando correttamente l'acqua e i fertilizzanti e
praticando al momento giusto sia la pinzatura degli apici
che la defogliazione, che consiste nella eliminazione
parziale o totale delle foglie, in modo da permettere alla
pianta di emetterne di nuove più piccole. L'apice, ovvero
la porzione terminale del bonsai, deve mostrare vitalità, in
quanto simbolo di vita. I bonsai che presentano l'apice
spezzato o inesistente, non hanno pregio. Diversamente,
se nella zona apicale sono presenti jin (legna secca)
segni di lunga vita, il bonsai è apprezzato in quanto è
ritenuto un triste tocco di natura austera. Si parla di arte
124
bonsai, in quanto fare bonsai è un’arte che comporta
svariate conoscenze, sia nel campo generale della
botanica, che in quello più particolare delle tecniche
bonsaistiche. Tutte queste conoscenze vengono
applicate per coltivare una pianta che rispetti determinati
canoni estetici. Un altro aspetto interessante è che si
tratta di un'opera d'arte mai finita: la pianta continua a
crescere e modificarsi, bisogna quindi accudirla sempre.
Il bonsai come si conosce oggi, è sostanzialmente quello
giapponese, tuttavia l'origine dei bonsai è da situarsi in
Cina: furono dei transfughi cinesi, approdati sulle coste
giapponesi, a portare nel paese i primi bonsai. I
giapponesi appresero questa tecnica e ne fecero un'arte,
applicando alle piante coltivate i canoni della propria
estetica influenzata dallo Zen. Le piante giapponesi sono
infatti più armoniose di quelle cinesi. È importante che un
bonsai evochi in chi lo guarda una sensazione di forza,
maturità e, soprattutto, di profonda pace e serenità.
Alcune altre forme di forte antropizzazione, intesa come
direzionamento della crescita, sono quelle che si attuano,
sempre per scopi ornamentali su piante come il ficus
benjamin o la pachira; piante di origine sudamericana
che, in fase di crescita, avendo dei fusti molto flessibili e
resistenti, possono essere intrecciate o modellate
secondo una serie di schemi di crescita. Si trovano così
facilmente in commercio pachire con fusti a treccia, a
tubo o con appendici che si saldano in maniera naturale
a creare geometrie inaspettate e di forte impatto visivo.
Altre tecniche prevedono, soprattutto per scopi pratici,
l’indirizzamento delle radici. A tale riguardo è pratica
comune nei vivai far vegetare le piante in fitocella. Tale
tecnica prevede la coltivazione dei vegetali (per lo più
piante ornamentali o piccole fruttifere) in sacchetti
125
realizzati in film plastico. Tale tecnica è attuata per
economicità e per facilità di trasporto delle piante che son
sono intrappolate in contenitori rigidi o pesanti. La radice
è chiamata a supportare l’intera pianta e a sopperire alla
mancanza di rigidità del contenitore del terriccio. In tali
condizioni si è osservato che le radici tendono ad
accrescere la sezione dell’appendice principale e a
spiralizzare le appendici secondarie. La continua volontà
dell’uomo a modificare la crescita del vivente ha portato a
nuove scienze, nuove discipline che, nell’arco di pochi
decenni hanno raggiunto notevoli risultati, senza però
evitare di sollevare accesi dibattiti socio-culturali; è il caso
dell’ingegneria genetica. “Al di là delle ripercussioni
etiche e dei concreti timori per la salute dell’uomo e
dell’intero ecosistema naturale, gli OGM possono a
ragione essere considerati la conseguente evoluzione del
percorso dell'uomo, cominciato qualche millennio fa con
la nascita dell’agricoltura e dell’allevamento, per mettere
a punto “tecniche atte a sfruttare le proprietà degli esseri
viventi”, in una parola biotecnologia. Quello che è nuovo
non è tanto la manipolazione dei fenomeni biologici
quanto il livello di conoscenza dei fenomeni stessi e per
la prima volta l’uomo non usa la natura per produrre
quanto è necessario ai suoi bisogni ma "produce" la
natura stessa. Fino ad oggi l’ingegneria genetica ha
indirizzato le sue ricerche in tre campi: quello alimentare,
quello farmaceutico e quello della genetica umana.
L’evoluzione delle piante transgeniche è stata tra le più
rapide: nel 1983 viene “costruita” in laboratorio la prima
pianta transgenica, il tabacco, e solo dieci anni dopo, nel
1994, in Canada viene permessa la diffusione
commerciale del pomodoro, prodotto dalla Calgene, il cui
processo di maturazione è indotto grazie alla
126
modificazione del gene che permette la produzione
dell’etilene ad essa necessaria per poi fornirlo
artificialmente quando la commercializzazione lo richiede
separando due momenti cruciali del “processo produttivo”
agricolo; seguiranno negli anni la patata con maggior
contenuto di amidi, il mais immunizzato, la soia prodotta
dalla Pioneer resistente ai diserbanti a modificata con
geni delle piante di guar e carruba per produrre gomma
alimentare. A tutt’oggi si annoverano tra gli OGM la
pianta di canola con geni di alloro per produrre un olio
vegetale con alto contenuto di acido laurico utilizzato per
la cosmesi e per i dolci; carote con una percentuale di
betacarotene pari al doppio di un ortaggio "normale";
broccoli con maggior contenuto di vitamina A ed E; caffè
geneticamente decaffeinato; banane che forniscono il
vaccino anticolera ed insalata contro l’epatite B;
melanzane che grazie all’inserimento di un gene
proveniente in parte da una pianta, in parte da un batterio
sona più dolci e senza semi; riso, come il “golden rice”
con apporti di vitamina A o quello “aerobico” realizzato
dalla Assobiotec capace di vivere con una quantità molto
minore di acqua; piante di tabacco sempre della
Assobiotec dalle quali si ottiene, inserendo i geni che nel
ragno permettono la produzione della ragnatela, una fibra
ad essa simile; microrganismi, come quelli sperimentati
dalla DuPont, in grado una volta modificati, di ottenere
dal mais un ingrediente utile alla realizzazione del
Sorona® un polimero biologico; trote e salmoni triploidi,
cioè con più cromosomi del normale per renderli sterili e
dunque con una crescita sviluppata. Ed ancora l’insulina,
i vaccini contro l’epatite B, gli ormoni contro le anemie o
per la crescita solo per citare alcuni dei farmaci ottenuti
manipolando geneticamente alcuni organismi, in
127
particolare, batteri. Ma le sperimentazioni non si sona
limitate ad organismi semplici arrivando ad ottenere latte
di capra che produce un anticorpo utile nella cura dei
tumori, maiali modificati con geni umani per fornire organi
utili al trapianto immuni al rigetto, fino all’ipotesi della
diretta manipolazione dell'embrione umano per
correggerne “difetti” o ridurne i rischi di malattie mortali.
Quello che sta accadendo in sostanza, a prescindere se
finalizzato ai soli scopi economici delle multinazionali
alimentari che vedono migliorare passaggi cruciali della
loro filiera produttiva, oppure spinto da intenti nobili che
cercano di alleviare l’uomo dall’incubo delle malattie e
della fame, è un cambiamento radicale del significato
anche semantico che l’uomo attribuisce al risultato del
suo “lavoro”. Fino all’arrivo degli OGM la dicotomia
naturale/artificiale aveva segnato un confine chiaro, uno
scenario di azione codificato, una “lotta” da affrontare con
armi precise: uomo vs natura, arte-fatto vs bio-fatto. E
ogni possibile incontro è stato comunque riconosciuto
come ibrido: “oggetti cyborg” precisamente in bilico tra
due produzioni distinte quella artificiale e quella naturale.
Con gli OGM, la distinzione cade e l’artificio produce
natura che poi si usa per ottenere artefatti in un circolo
virtuoso economicamente inarrestabile. E dunque il
confine sparisce e la distinzione non è più esperienza
sensibile ma solo cognitiva.” 84
TPF
FPT
L. Di Lucchio, Biological Design, Organismi Geneticamente
Modificati, in DIID, High Technology 9/04.
84
TP
PT
128
5.1 L’AUTONOMIA
La biologia contemporanea, attraverso gli studi di
Maturana e Varela, ha riscattato l’autonomia dell'essere
vivente stabilendo che “l’ambiente non determina la
natura del sistema in quanto tale, la sua unità e identità.
È anzi il sistema stesso che seleziona, fra tutti gli stimoli
dell’ambiente e le possibili interazioni con esso, quelli
ammissibili e quelli non ammissibili rispetto alla propria
organizzazione.” 85
L'ambiente non è più generatore di input che
determinano univocamente la struttura del sistema, ma di
perturbazioni che possono innescare, e non determinare,
trasformazioni. Allo stesso tempo il sistema è in grado, a
sua volta, di produrre perturbazioni che agiscono
sull'ambiente.
Vi sono delle caratteristiche proprie degli esseri viventi (o
sistemi di esseri viventi) che ne determinano una certa
autonomia esistenziale che rende l’organismo in
questione capace di elaborare le continue trasformazioni
innescate dall’ambiente esterno
TPF
FPT
5.2 Auto-riparazione
“Molti sistemi biologici sono in grado di modificare le
proprie caratteristiche in funzione del mutare dei fattori
esterni, in modo da sopravvivere a tali cambiamenti. È
quello che avviene nei fenomeni di autoriparazione che
possiedono diverse piante e animali.
85
H.R. Maturana. F.J. Varala_Autopoiesi e cognizione. La
realizzazione del vivente_Marsilio_Venezia_1985.
TP
PT
129
In molti organismi viventi, ad esempio, il nascere di una
lesione genera un meccanismo di auto-riparazione. Nel
corpo umano, quando si crea una ferita, immediatamente
avviene un afflusso di liquidi in corrispondenza della
parte del corpo interessata, che attivano un insieme di
reazioni chimiche capaci di causare la chiusura della
lesione.” 86
Utilizzando una strategia analoga i ricercatori della
University of Illinois at Ur·bana-Champaign, coordinati da
Scott White, hanno sviluppato dei "self-healing
polymers", compositi polimerici in grado di auto-ripararsi
inglobando nella matrice polimerica microcapsule
contenenti principi attivi auto-riparanti. Quando nel
materiale si produce una lesione questa causa la rottura
delle microcapsule che rilasciano una resina in grado di
polimerizzare istantaneamente chiudendo la frattura nella
matrice. In modo simile sono realizzati i “bleeding
composites” con matrici cementizie, che inglobano fibre
cave contenenti agenti riparanti, che vengono rilasciati al
formarsi di fratture. La capacità di auto-riparazione
permette di evitare di riparare o sostituire oggetti, e parti
di essi, e quindi di utilizzare nuove risorse e smaltire
quelle dismesse, con grandi vantaggi sia economici che
ambientali.
TPF
FPT
5.3 Auto-pulizia
“Interessi economici e ambientali si coniugano anche
quando il concetto di autonomia viene interpretato, e
86
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
TP
PT
130
semplificato, come indipendenza dalle operazioni esterne
di pulizia e manutenzione.” 87
Uno dei brevetti biomimetici più noti è il Lotus-Effect, che
mutua la proprietà autopulente della foglia di loto
(Nelumbo Lucifera). Il brevetto è stato il risultato di una
lunga attività di ricerca condotta da Wilhelm Barthlott,
direttore dell’istituto botanico dell’Università di Bonn,
iniziata negli anni Settanta.
Le foglie della Nelumbo Lucifera sono coperte da una
microstruttura costituita da piccolissimi cristalli di cera su
cui le particelle di sporco non riescono ad attecchire
saldamente, ma si poggiano stabilendo un legame
precario che si rompe facilmente se vengono bagnate,
anche da una quantità di acqua minima. Barthlott
osservò, infatti, che quando piove, a causa del ridotto
angolo di contatto tra la superficie delle foglie e le gocce
d'acqua, queste ultime tendono a rotolare, trascinando
con se le particelle di sporco e lasciando la foglia pulita.
Tra le specie caratterizzate da queste proprietà la pianta
del loto è quella con il meccanismo auto-pulente più
efficace. Effettuata questa scoperta Barthlott decise di
riprodurre i microscopici cristalli di cera che rendono
ruvida la superficie delle foglie, in prodotti per il
rivestimenti di superfici per esterni. Nacque, così, il
brevetto Lotus-Effect applicato per la prima volta al
Lotusan, una vernice auto-pulente prodotta dall'azienda
tedesca Ispo, comparsa sui mercato nel 1999, primo di
una lunga serie di materiali autopulenti. Sulle superfici
trattate con questo rivestimento le gocce di pioggia, per
un effetto analogo a quello che avviene nella foglia del
loto, inglobano lo sporco e, scorrendo, lo rimuovono
TPF
FPT
87
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
TP
PT
131
lasciando la superficie pulita. Inoltre il Lotus-Effect induce
l'acqua a evaporare molto più rapidamente senza
lasciare tracce visibili.
Lo stesso brevetto è stato applicato successivamente ad
altri prodotti come: il rivestimento auto-pulente Aeroxide,
prodotto dalla Creavis, divisione per le nuove tecnologie
del colosso chimico Degussa Huls, e il vetro Active della
Pilkington, che combinano il Lotus-Effect con la
tecnologia dei materiali fotocatalitici in grado di favorire,
attraverso un fenomeno simile a quello della fotosintesi
clorofilliana, la scomposizione delle particelle di sporco
organico sotto l’azione della radiazione solare, in modo
che possano essere dilavate più facilmente dalla pioggia.
Attualmente sono disponibili sul mercato molte tipologie
di prodotti auto-pulenti come le tegole auto-pulenti Erlus
lotus, in argilla compressa, prodotte dalle Erlus e il Lotus
Spray, basato sulla combinazione di nanoparticelle e
polimeri idrofobici che conferiscono a qualsiasi superficie
un effetto idrorepellente e auto-pulente, prodotto dalla
Basf.
L’applicazione di questi prodotti consente di rendere
auto-pulenti le superfici di edifici, cartelli stradali, arredi
per esterni, pensiline e veicoli, con grandi vantaggi
economici e ambientali legati alla riduzione dei consumi
di acqua necessaria alla pulizia e soprattutto di
detergenti.
5.4 Auto-produzione energetica
“Gli organismi viventi sono in grado di condurre tutte le
loro attività utilizzando esclusivamente energia autoprodotta attraverso l’uso di fonti rinnovabili, come quella
solare. Questa ulteriore interpretazione, ancora una volta
132
semplificata, di autonomia trova sempre più frequenti
applicazioni nel settore del design, grazie ai progressi
ottenuti dalla ricerca sui nuovi materiali e sui nuovi
processi.” 88
Le tecnologie fotovoltaiche offrono l’opportunità di
rendere energeticamente autonomi i dispositivi alimentati
elettricamente. L’innovazione in questo settore tende alla
dematerializzazione di questi sistemi. I film sottili
fotovoltaici, grazie allo spessore ridotto e alla flessibilità,
consentono oggi un'integrazione molto più agevole con
gli oggetti, dando la possibilità di creare quelli che
vengono definiti dispositivi self-charging. Computer
portatili, telefonini, palmari, sistemi di illuminazione,
meccanismi automatici che si auto-ricaricano utilizzando
l’energia proveniente dal sole. La O'Neill ha introdotto sul
mercato lo zaino Solar Backpack, della selie h2,
sviluppato in collaborazione con la Apple che integra
diversi dispositivi come alloggio e accessori per l’iPod, un
modulo bluetooth e un carica-batteria solare, che può
ricaricare sia il lettore musicale che macchine
fotografiche digitali o telefoni cellulari. L'azienda Garba,
invece, produce borse porta computer con pannelli solari
integrati collegati a un piccolo power case che permette
di gestire l’energia generata e immagazzinata in cinque
batterie AA ricaricabili, per alimentare diversi tipi di
dispositivi portatili.
Le nuove tecnologie alternative al silicio, basate sui
processi di deposizione in soluzione liquida di composti
organici, sulle tecnologie di stampa di materiali
semiconduttori su diverse tipologie di materiali e sulle
nanotecnologie, promettono di ridurre in futuro i costi di
TPF
FPT
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
88
TP
PT
133
produzione, di aumentarne l'efficienza e di incrementarne
la miniaturizzazione, aspetti che avvantaggeranno
sempre più l'utilizzo di queste soluzioni nel design e la
loro accettazione da parte del mercato.
5.5 Auto-riproduzione
“Nel settore della bio-robotica, uno dei più avanzati tra
quelli di ispirazione biologica, qualità connesse
all'autonomia come la capacità di riconoscere e
selezionare gli stimoli e di auto-riprodursi senza il ricorso
a fattori esterni, sono gli obiettivi di numerose ricerche
scientifiche e tecnologiche.” 89
Il gruppo di ricerca costituito da Hod Lipson, Victor Zykov,
Efstathios Mytilinaios e Bryant Adams, del dipartimento di
Mechanical & Aerospace Engineering, and Computing &
Information Science della Cornell University, di Ithaca
negli Stati Uniti ha messo a punto un sistema di robot
modulari autonomi capaci di autoriproduzione fisica. Il
sistema fisico è in grado di auto-riprodursi se è capace di
costruire una copia distaccata e funzionale di sé che a
sua volta è in grado di auto-riproduzione. Il concetto di
auto-riproduzione differisce da quello di autoassemblaggio, in cui il sistema risultante non è in grado
di riprodursi.
Le macchine auto-riproduttive realizzate alla Cornell sono
essenzialmente robot modulari, composti di moduli
identici multipli, attuati con degli elettromagneti per
indebolire e rinforzare in modo selettivo le connessioni, in
modo da determinare i punti in cui la struttura si deve
rompere o unire.
TPF
FPT
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
89
TP
PT
134
5.6 Auto-organizzazione e adattabilità
Gli organismi, per sopravvivere al mutare delle condizioni
interne ed esterne, tendono a modificare se stessi e ad
evolversi nel tempo auto-organizzandosi in modo da
utilizzare le perturbazioni ambientali a proprio vantaggio.
“Secondo i teorici della complessità l’auto-organizzazione
sembra essere uno dei principi più importanti nell’ambito
dei fenomeni evolutivi, poiché si traduce in capacità di
generare strutture potenzialmente vincenti nella
selezione naturale. I sistemi capaci di auto-organizzarsi
spontaneamente aumentano le loro possibilità di evolvere
ulteriormente. Le caratteristiche auto-organizzate sono
anche quelle più facilmente ri-modellabili, dunque più
flessibili.” 90
Hofstadter ha definito l’auto-organizzazione come “la
composizione spontanea e inconscia di totalità coerenti a
partire da parti disperse”. 91
F. Varela e U. Maturana hanno interpretato l’autoorganizzazione come la capacità di un sistema di
integrare le perturbazioni esterne per aumentare la
propria efficacia, collegandola strettamente all’autopoiesi, cioè alla funzione dei sistemi autonomi, autoregolati dall'interno, di tendere a una coerenza interna
per il migliore adattamento all’ambiente, mediante azioni
di auto-creazione.
TPF
FPT
TPF
FPT
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
90
TP
PT
91
D.R. Hofstadter_L’architettura del Jumbo_in G. Bocchi, M.
Ceruti_La sfida della complessità_Feltrinelli_Milano_1985.
TP
PT
135
Un altro importante carattere e fondamento evolutivo che
può essere trasferito dalle scienze della complessità alla
cultura del progetto è quello definito da Heinz von
Foerster “principio di ordine a partire dal rumore”,
strettamente legato, oltre che al concetto di autoorganizzazione a quello di adattabilità.
“I sistemi auto-organizzatori non si nutrono soltanto di
ordine, trovano anche il rumore nel loro menù ... Non è
male avere del rumore nel sistema. Se un sistema si
irrigidisce in uno stato particolare è incapace di adattarsi,
e questo stato finale può anche non andare bene. Esso
sarà incapace di adattarsi a qualunque situazione
inadeguata”. 92
In seguito ai recenti progressi guadagnati dalla genetica
dello sviluppo molte posizioni teoriche, che
interpretavano l’auto-organizzazione come una
confutazione dei determinismi biologici, sono state
rivedute e arginate.
In natura sono numerosi i processi definibili come autoorganizzativi. Nella biologia cellulare e dello sviluppo, è
necessario distinguere tra self-organization (autoorganizzazione), che implica la capacità di dare origine a
determinate strutture anche al variare delle condizioni
esterne e interne, e il self-assembling (autoassemblaggio) su cui si fonda la genesi di determinate
strutture in funzione di specifiche modalità di
combinazione fra le parti componenti, proprietà
dimensionali, geometriche e forze di interazione.
TPF
FPT
92
H.Von Foerster. Citato in H. Atlan_Tra il cristallo e il fumo: saggio
sull’organizzazione del vivente_Hopeful Monster_Firenze_1986.
TP
PT
136
Il processo alla base della formazione di strutture
sopramolecolari, come i tessuti biologici, ad esempio,
avviene attraverso il self-assembling delle proteine.
La capacità di auto-organizzazione determina due
caratteri ritenuti utili per la sopravvivenza e l’evoluzione:
l’elevata “robustezza”, intesa come capacità di
raggiungere un determinato risultato nonostante le
perturbazioni manifestatesi durante il processo, e la
flessibilità dei programmi di sviluppo. Lo studio degli
effetti dell’associazione di questi due caratteri ha
consentito di formulare il concetto di evolvability (capacità
di evolvere) che si propone di continuare l’opera di
Darwin, attraverso lo studio della dipendenza della
variazione fenotipica e dell'adattamento biologico dai
processi di sviluppo embrionale e di differenziamento
cellulare.
Nel design bio-ispirato e nella biomimetica la traduzione
dei concetti di auto-organizzazione e adattabilità nel
progetto di artefatti sono obiettivi molto ambiti, ma
difficilmente raggiungibili. È possibile, però, individuare
alcune sperimentazioni, in entrambi i settori, che tendono
verso una assimilazione di queste qualità, che vengono
trasferite in forma semplificata.
Il centro di biomimetica dell'Università di Bath, in
collaborazione con il London College of Fashion, ha
sviluppato un tessuto dotato di capacità di termoregolazione presentato come uno degli otto progetti più
rappresentativi della ricerca scientifica Inglese all'Expo
2005 che si è tenuto in Giappone sui tema Nature’s
Wisdom, nella Exposition of Global Harmony 2005,
interamente dedicata al tema della biomimetica. Nel
progetto del tessuto i ricercatori di Bath hanno scelto di
ispirarsi al meccanismo di apertura e chi usura del frutto
137
del pino, le cui scaglie rimangono chiuse finché sono
sull’albero mentre si aprono quando cadono al suolo per
liberare i semi. Ogni aletta è costituita da una struttura in
cui si sovrappongono due strati che reagiscono
diversamente al variare dell’umidità. Quando il cono
caduto dall’albero si asciuga uno dei due strati si contrae
maggiormente rispetto all’altro e costringe la scaglia ad
aprirsi. Nel tessuto biomimetico la logica descritta è stata
mutuata attraverso una microstruttura costituita da
piccolissime alette che reagiscono all’umidità della pelle
aprendosi, in modo da rendere il tessuto più traspirante,
mentre si richiudono quando, a causa di una riduzione
dell’attività motorea o della temperatura esterna, il grado
di umidità della pelle si abbassa. Il progetto ha previsto
anche il design di una linea di capi di abbigliamento
realizzati con il nuovo tessuto e disegnati da Veronika
Kapsali. Un altro esempio di comportamento adattivo che
dalla biologia potrebbe essere trasferito all'ambito dei
nuovi materiali termo-regolanti è costituito dai
meccanismi di termo-regolazione degli animali che
vivono in condizioni ambientali estreme. Il manto di
piume dei pinguini, ad esempio, svolge un’azione isolante
“attiva”: incamera aria quando l’animale è asciutto,
aumentando l’effetto isolante, e la libera creando una
barriera all’acqua quando si immerge.
Nel centro di biomimetica di Reading, dove si sta
studiando la possibilità di trasferire queste logiche
all’abbigliamento per sport invernali, è stato osservato
che le piume hanno una morfologia a uncino che,
sottoposta alla pressione dell’acqua, tende a ripiegarsi su
se stessa schiacciandosi e facendo aderire il manto al
corpo. Appena il pinguino esce dall’acqua la risposta
elastica alla deformazione tende immediatamente a far
138
recuperare alle piume la forma ad angolo, il manto
riassume la sua condizione originaria gonfia e isolante, in
modo da accelerare l’asciugatura e il riscaldamento del
corpo. Questa complessa strategia consente all’animale
di sopravvivere alle temperature bassissime del suo
ambiente. “Il designer Francese Mathieu Lehanneur, ha
ottenuto la Carte Blanche VIA 2006 progettando la
collezione Elements costituita da dispositivi per l’abitare,
in grado di auto-adattarsi dinamicamente, modificando le
proprie prestazioni, in funzione di sollecitazioni
provenienti dall’utenza o dall’ambiente per creare
condizioni di comfort psico-fisico. Gli “elementi” della
collezione sono cinque: Q=Quinton, un oggetto con una
struttura formale molto simile a un corallo, che rilascia il
Quinton, un gas che, secondo alcuni studi scientifici, ha
la proprietà di aumentare le difese immunitarie di chi
viene sottoposto alla sua azione in maniera continuativa;
dB=decibel, una struttura che ricorda molto la morfologia
dello scheletro di una spugna marina, capace di
riconoscere i rumori dell’ambiente che superano un
determinato livello sonoro e di rispondere emettendo
quello che viene definito “rumore bianco” per ridurne
l'effetto acustico; C°=Celsius, un oggetto di forma conica
che emette infrarossi fornendo calore quando la
temperatura dell’ambiente esterno scende al di sotto di
un determinato livello; O=Oxygene, che rilascia ossigeno
nell’aria, quando è necessario, come una sorta di
polmone artificiale; K=Kelvin che produce una luce molto
intensa quando il grado di illuminamento si abbassa al di
sotto di una determinata soglia.” 93
TPF
FPT
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
93
TP
PT
139
6.1 RIDONDANZA, MULTIFUNZIONALITà,
TENSEGRITY E MOVIMENTO
“I sistemi biologici posseggono una qualità definita
“ridondanza”, che consente loro di sopravvivere anche
agli eventi più imprevisti e pericolosi, rispondendo con
l’utilizzo di elementi o caratteristiche apparentemente
“superflui”, la cui esistenza trova giustificazione solo in
questi casi. Spesso le strategie progettuali orientate alla
sostenibilità ambientale tendono alla minimizzazione. Il
concetto di ridondanza sembra, dunque, in antitesi con
questo tipo di approccio. Ma, in alcuni casi, la ridondanza
costituisce una soluzione molto efficace per evitare
sprechi di risorse. Ad esempio, l’uso di pellicole protettive
applicate su superfici a elevata deperibilità o molto fruite,
come le pavimentazioni di luoghi con frequente
passaggio, consentono di conservare per periodi molto
lunghi componenti o parti di edifici che, altrimenti,
richiederebbero continue sostituzioni e conseguenti
ricadute ambientali.” 94
La ridondanza può essere anche funzionale. In natura la
maggior parte degli elementi sono multifunzionali poiché
le condizioni ambientali cambiano di momento in
momento e i sistemi biologici devono essere pronti a
rispondere con una delle possibili funzioni. Alcuni insetti,
ad esempio, hanno diverse coppie di zampe, ognuna
delle quali svolge una funzione diversa.
La multifunzionalità è una tendenza ormai consolidata nel
design contemporaneo. Oggetti e componenti
multifunzionali o ridondanti dal punto di vista
TPF
FPT
94
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
TP
PT
140
prestazionale si possono facilmente adattare a diverse
applicazioni e, dunque, sono in grado di “sopravvivere”
più a lungo.
Dispositivi che inglobano diverse funzioni in un unico
supporto materiale come i vetri elettrocromici, che
uniscono in un unico sistema laminato i vetri e il sistema
di schermatura solare, o i film elettroluminescenti, che
consentono di riunire in un unico supporto flessibile i
diversi elementi necessari per realizzare una lampada,
quindi corpo illuminante, cavi elettrici, interruttori,
sostegno, diffusori, sono esempi concreti di
multifunzionalità e ridondanza funzionale.
Integrare le funzioni in un unico prodotto significa
risparmiare, in termini economici e ambientali, le risorse
materiali ed energetiche necessarie a realizzare i diversi
prodotti sostituiti.
6.2 Tensegrity
“Buckminster Fuller usava il termine tensegrity per
rappresentare il rapporto tra leggerezza e resistenza
osservato nei sistemi naturali. Tale parola deriva da una
contrazione dei termini tension e integrity. La
combinazione tra questi due concetti determina strutture
la cui forma è mantenuta dalla tensione presente in ogni
punto, in modo tale da rimanere flessibile ma
resistente.” 95
Le ali di farfalla, gli scheletri di alcuni organismi marini, le
foglie delle piante dimostrano come la natura sia in grado
di realizzare strutture resistenti con un minimo consumo
di materia ed energia.
TPF
FPT
95
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
TP
PT
141
Adriaan Beukers e Ed van Hinte, del Netherlands Design
Institute, sono autori di un libro dal titolo Lightness: The
inevitable renaissance of minimum energy structures nel
quale ricostruiscono la storia evolutiva delle strutture
leggere caratterizzate da un bilancio di massima
efficienza tra forma, materiale e processo di produzione,
definite minimum energy structures, illustrandone anche
le ampie potenzialità in termini di innovazione sostenibile.
Ad esempio, “la struttura honeycomb ispirata al nido
d’ape è una delle più resistenti e leggere in natura, e
viene da sempre utilizzata per alleggerire oggetti
soprattutto di grandi dimensioni, come pannelli edilizi,
coperture, sedute, tavoli, componenti meccanici. In
Arizona questa tipo di struttura è stato utilizzato nella
realizzazione del Large Binocular Telescope, il più
grande e potente telescopio del mondo, per sostenere
due enormi specchi autoportanti.” 96
TPF
FPT
6.3 Movimento
Nel terzo libro della fisica Aristotele scriveva:
“…poiché la natura è principio del movimento e del
cangiamento e noi stiamo studiando metodicamente la
natura, non ci deve rimaner nascosto che cosa sia il
movimento. È inevitabile, infatti, che, se questo si ignora,
si ignori anche la natura.” 97
TPF
FPT
96
Adriaan Beukers, Ed van Hinte_Lightness: The inevitable
renaissance of minimum energy structures.
TP
PT
97
TP
PT
Aristotele_La Fisica_Loffredo_Napoli_1967.
142
Il movimento delle cellule, il volo degli uccelli, la capacità
di muoversi di tutti gli organismi compiendo il minimo
sforzo energetico hanno sempre costituito un importante
esempio da imitare nel progetto di artefatti mobili, ma
anche statici.
Nella storia del design molti progettisti hanno cercato di
interpretare e tradurre nei loro prodotti le leggi nascoste
nel movimento dei sistemi naturali. Nel volume Santiago
Calatrava. La poetica del movimento, Alexander Tzonis
esplora, attraverso l’illustrazione di 35 progetti tra
architetture, opere ingegneristiche, sculture e oggetti di
design, “il linguaggio del progettista, capace di integrare
struttura e movimento, attraverso soluzioni progettuali
spesso tratte dall’osservazione della natura.” 98
Oggi i risultati raggiunti nell’ambito delle conoscenze
scientifiche e il rapido progredire dei metodi e delle
tecnologie di indagine consentono di entrare nella
complessità dei movimenti naturali per coglierne
riferimenti e strumenti progettuali.
Tra i designer che amano sperimentarsi con questi temi
uno di quelli che ha ottenuto i risultati più interessanti, sia
dal punto di vista tecnico-prestazionale sia da quello
linguistico-espressivo, è Isao Hosoe. Nella sua ricerca
progettuale il concetto di movimento costituisce un tema
centrale di riflessione e sperimentazione. Per
rappresentare il suo studio Hosoe ha scelto come
simbolo il vortice, emblema del movimento naturale,
rispetto al quale afferma:
“Credo nel vortice. È un evento speciale, casuale al
massimo ma in buona misura calcolabile. concentra in un
punto singolure e unico l’energia del flusso sfruttandone
TPF
FPT
98
A. Tzonis_Santiago Calatrava_The poetics of
Movement_Universe Publishing_New York_1999.
TP
PT
143
le turbolenze, e vi attrae elementi disparati con esiti
all’inizio inprevedibili, ma alla fine coerenti in un risultato.
Per me è sempre stato positivo lasciarsi trascinare
fluidamente in fondo al gorgo di un processo progettuale
e trascinarvi altri senza i qua1i è difficile sia fare
qualcosa, sia verificare la validità di quel che si è fatto.” 99
La lampada a sospensione Vola, progettata da Hosoe e
prodotta da Luxit, è costituita da un diffusore in vetro
soffiato acidato ai cui lati si aprono due ali in
policarbonato satinate che rifrangono morbidamente la
luce proveniente dal diffusore. Nella versione Fo6CR le
ali sono sostenute da una struttura in metallo a memoria
di forma che le induce ad aprirsi quando la lampada è
accesa e si riscalda e a chiudersi quando è spenta e si
raffredda, con un effetto che evoca il movimento del volo
di una libellula.
TPF
99
TP
PT
FPT
I. Hosoe_http://www.ihd.it.
144
7.1 SMARTNESS
“Il termine smartness, associato ad artefatti
tecnologicamente avanzati, individua una intelligenza che
può manifestarsi secondo diversi livelli di complessità.
Dal grado più elementare di strutture, capaci di reagire
con una risposta semplice in maniera immediata e diretta
a uno stimolo, a quello più elevato di sistemi capaci di
compiere processi decisionali attraverso l’elaborazione di
informazioni, fino a giungere alla capacità di apprendere
dall’ambiente, che costituisce la più elevata
manifestazione di smartness. Gli organismi che riescono
ad avere successo nel corso dell’evoluzione sono quelli
in grado di prevedere ciò che accadrà intorno a loro. Tale
capacità di prevedere è particolarmente importante,
anche perchè quando una reazione è premeditata
richiede sicuramente meno sforzo ed energia.
La capacità di apprendere permette, quindi, a un sistema
artificiale di ottenere un modello della realtà talmente
attendibile da consentire anche la formulazione di ipotesi
di previsione di eventi e di trasformazioni ai quali potersi,
poi, adeguare.” 100
Nel design queste innovazioni si traducono in ambienti
mutevoli, arredi e indumenti camaleontici, oggetti che
cambiano fisionomia e funzionalità costituiscono le entità
di un nuovo panorama di artefatti trasformisti sempre più
affini agli organismi biologici, che interagiscono tra loro o
con chi li utilizza, giungendo ad assumere
“comportamenti” più che prestazioni. Questo metodo di
TPF
FPT
100
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
TP
PT
145
approccio alle problematiche della progettazione è
riscontrabile in tutte le discipline del design
contemporaneo.
Con le espressioni intelligent packaging o smart
packaging si usa indicare le soluzioni di imballaggio che
incorporano dispositivi elettronici, meccanici, chimici e
elettrici in grado di interagire con il consumatore, con
l’ambiente della confezione, con gli elettrodomestici, con
l’azienda produttrice e con l’ambiente esterno. Esistono
diverse tipologie di tecnologie di smart packaging e molte
di queste sono destinate ad apportare grandi
cambiamenti negli ambiti del packaging design, del brand
management e della supply chain nei prossimi anni.
La maggior parte dei sistemi di smart packaging si basa
sull'uso di circuiti elettronici stampabili, printed
electronics, realizzati spesso con materiali alternativi al
silicio e applicabili anche su supporti molto sottili, come il
cartone o i film flessibili. Molte di queste tecnologie sono
già disponibili sui mercato e i costi di un sistema in
printed electronics si avvicinano sempre di più a quelli del
tradizionale codice a barre. Il vantaggio offerto da questi
sistemi consiste nel conferire ad un qualsiasi materiale
una capacità “sensibile” senza l’uso di microchip al silicio,
dunque con costi più bassi, tecnologie più semplici e
accessibili e con un impatto estetico minimo,
paragonabile alla stampa con inchiostri comuni.
La possibilità di applicare queste tecnologie offre nuove e
stimolanti opportunità al packaging design in termini di
innovazione, sia estetica che funzionale, e di libertà
espressiva.
146
Nella “società liquida”, come la definisce Zygmunt
Bauman in Modus Vivendi. Inferno e utopia del mondo
Iiquido, “le strutture che delimitano lo spazio dei
comportamenti, delle abitudini e delle forme sociali e
individuali si dissolvono, creando un contesto caotico e
dinamico, in continua trasformazione in cui uomini e
donne contemporanei si trovano a dovere passare,
continuamente e freneticamente, da un ruolo sociale
all’altro. Famiglia, lavoro, vita sociale si alternano, fino a
sovrapporsi, pure avendo esigenze e bisogni spesso
distanti l’uno dall'altro.” 101 Ognuno di questi ruoli richiede
un'immagine, dunque un abbigliamento, differente
adeguato a esigenze e funzioni che, di volta in volta,
emergono nel corso della giornata e della settimana.
“Gli utenti della moda del futuro saranno nuovi nomadi,
spesso in viaggio, che avranno sempre meno tempo a
disposizione per occuparsi del proprio look e per
cambiare la propria immagine in funzione dei diversi
ambiti nei quali si trovano ad agire. Anche l’abbigliamento
dovrà adeguarsi a un’immagine continuamente mutevole
in funzione dell’alternarsi dei ruoli e delle funzioni. Per
rispondere alle esigenze dettate da questa scenario
sempre più aziende e designer sono impegnati in
sperimentazioni progettuali che prefigurano un
abbigliamento dinamico in grado di rispondere al variare
delle esigenze e di mutare in funzione degli stati d’animo
e delle condizioni esterne, in maniera rapida e
pratica.” 102
TPF
TPF
FPT
FPT
101
Z. Bauman_Modus vivendi. Inferno e utopia del mondo
liquido_Laterza_Bari_2007.
TP
PT
102
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
TP
PT
147
In queste sperimentazioni vengono utilizzati materiali
smart che cambiano caratteristiche in funzione di stimoli
esterni. Ad esempio, possono mutare colore al variare
della temperatura corporea, o della luce esterna,
deformarsi, da trasparenti diventare opachi, emettere
segnali luminosi, suoni, immagini quando se ne verifica
l'esigenza.
Gli abiti, quindi, non servono più soltanto a coprirsi e ad
apparire ma, grazie alla miniaturizzazione delle
tecnologie, possono inglobare sistemi tecnologici, un
tempo ingombranti e macroscopici, dando luogo a un
abbigliamento “trasformista”. Lo stilista turco-cipriota
Husseyn Chalayan, ad esempio, ha portato sulle
passerelle internazionali l’innovazione tecnologica
attraverso l'uso, nell’alta moda, di abiti smart che
cambiano dimensioni e caratteristiche estetiche.
Con la definizione smart vengono definite diverse
tipologie di tessuti in grado di interagire con l’ambiente e
con il fruitore: dai tessuti termoregolanti, a permeabilità
variabile, ai tessuti che emettono principi attivi, aromi e
suoni fino ai tessuti che inglobano tecnologie elettroniche
e interattive.
In Italia una delle aziende più attive in termini di
innovazione nei campi del tessile e dell’abbigliamento e
la Grado Zero Espace, società specializzata nel
trasferimento tecnologico di materiali e tecnologie da
settori avanzati come quelli aerospaziale o medicochirurgico ai prodotti di uso comune. Nel progetto di
ricerca Oricalco ha utilizzato una fibra metallica a
memoria di forma per realizzare una camicia smart. Il
148
tessuto delle maniche e sensibile al calore e reagisce in
modo da indurle ad “accorciarsi” quando la temperatura
supera un determinato valore di transizione. L’intera
camicia può essere ripiegata, anche in forma molto
compatta, e basta un getto di aria calda, come quello di
un phon per capelli, per farle riacquistare
immediatamente la sua forma originaria.
Come l’abbigliamento anche il settore degli arredi per
interni è stato coinvolto negli ultimi anni dalla tendenza
ad acquisire caratteri biologici, dinamici e attivi come
trasformismo e interattività.
Attraverso la International Fashion Machines (IFM)
azienda nata all'interno del Massachusetts Institute of
Technology di Boston, Maggie Orth produce diverse
tipologie di prodotti per l’arredamento realizzati con il
tessuto interattivo Electric Plaid. Con questo tessuto, la
Orth realizza, sia opere di arte tessile interattiva, come
Dynamic double weave e Leaping lines, sia prodotti di
design, come PomPom dimmers, interruttori-variatori di
luminosità che si presentano come soffici sfere che
modificano l’intensità della luce quando vengono sfiorate.
Al concetto convenzionale di interruttore si sostituisce un
sensore, il fuzzy sensor, che si basa sulla conducibilità
elettrica delle fibre, e che interagisce con l’utente in una
modalità del tutto nuova. Questo ultimo esempio dimostra
come l’innovazione tecnologica può consentire di
modificare radicalmente l’esperienza legata a un gesto
funzionale come quello di accendere, spegnere o
modificare la luce. L’azienda produttrice di chip Infineon
Technologies AG di Monaco e la sua partner, la
GmbH&Co. di Hamlen hanno messo a punto un tappeto
in grado di percepire il movimento, come ad esempio,
l'ingresso di intrusi non autorizzati o può anche indicare,
149
attraverso segnali luminosi, le vie di fuga in caso di
incendio. Il tappeto è intessuto con fibre convenzionali e
fibre conduttive collegate a chip, sensori e diodi emettitori
di luce.
Nel 2003 La France Telecom ha sviluppato un display
costituito da un tessuto di fibre ottiche che può essere
prodotto con le comuni tecnologie di produzione tessile.
Una tappezzeria o uno zaino, ad esempio, possono
mostrare un testo o delle immagini, includendo video o
logo pubblicitari, adattabili ai cambiamenti cromatici
richiesti dal variare delle esigenze.
La smartness, dunque, si propone come una delle
tendenze più trainanti per il design contemporaneo. Ma il
concetto di intelligenza applicato agli artefatti può essere
interpretato anche come interattività svincolata dalle
tecnologie informatiche e della comunicazione e che
utilizza tecnologie e strategie di design più semplici. In
questo campo l'interesse del mercato e gli esempi di
sperimentazione progettuale sono in continua crescita.
Tra queste sperimentazioni rientra il sistema di
illuminazione modulare contatto disegnato da Clara
Gaggero e Pietro Berkers e presentato al Salone Satellite
in occasione del Salone del Mobile di Milano 2005. Il
sistema è costituito da bulbi contenenti led a basso
voltaggio che grazie a un contatto magnetico possono
essere posizionati liberamente su un pannello nella
disposizione che di volta in volta, si preferisce. Diventa
così facilissimo personalizzare il tipo di illuminazione
staccando le lampade e riposizionandole; riponendole o
aggiungendone di nuove, in funzione delle esigenze
fruitive.
150
8.1 CENTRI DI RICERCA E BANCHE DATI
Le prime ricerche di biomimetica in Europa sono state
condotte in Inghilterra, nei settori dell'ingegneria dei
materiali e dell'ingegneria meccanica, presso il Centre for
Biomimetics dell’Università di Reading, fondato negli anni
Novanta da Julian Vincent, che attualmente dirige il
Centre for Biomimetic and Natural Technologies (CBNT)
dell’Università di Bath. Tuttora i centri di biomimetica di
Reading e di Bath costituiscono i principali riferimenti
scientifici in ambito internazionale per questa disciplina e
sono promotori di iniziative come convegni internazionali,
workshop e progetti di ricerca orientati a diffondere gli
obiettivi e i risultati degli studi svolti in questo settore.
“Il tema del design che interpreta la biologia attraverso
l’uso delle nuove tecnologie è affrontato da una nuova
disciplina che viene definita progettazione generativa,
che si ispira ai principi della genetica e alle opportunità
offerte dall’informatica. Gli strumenti utilizzati sono
algoritmi informatici che emulano procedure generative
naturali.
Uno dei primi a occuparsi di generative design in Italia, e
stato Celestino Soddu, Docente di Progettazione
Generativa al Politecnico di Milano, dove ha creato un
laboratorio di Progettazione Generativa che attualmente
dirige. Soddu è anche Chair della Conferenza
Internazionale annuale di Generative Art, versione
artistica del design generativo che si basa sul sottoporre
immagini digitali ad algoritmi informatici. Grazie alla
opportunità di generare “individui unici” la progettazione
151
generativa si rivela particolarmente adatta a essere
applicata al design dei prodotti di lusso.” 103
Dal 2001 un gruppo di ricerca del Centre for Biomimetic
and Natural Technologies dell'università di Bath,
coordinato da Julian Vincent, è impegnato nello sviluppo
di un progetto con l’obbiettivo di sviluppare uno
strumento dedicato al progetto biomimetico, che
consenta il trasferimento di conoscenze dal settore della
biologia all'ingegneria e al progetto di artefatti.
L’intuizione della ricerca consiste nella scelta di utilizzare
il metodo TRIZ (Teoriya Resheniya lzobreatatelskikh
Zadatch), messo a punto in Russia per favorire lo
scambio di informazioni tra l’ingegneria e le altre
discipline. Il sistema sviluppato a Bath è stato
denominato BioTRIZ e si avvale di un database che
consente di accedere attraverso una ricerca tematica
relazionata agli specifici temi progettuali, a tutte le
“soluzioni progettuali” elaborate dalla natura in milioni di
anni di evoluzione. Un database che mette in
connessione e rende disponibili tutte le “invenzioni”
esistenti nel mondo biologico, facendo riferimento al
vastissimo ambito delle conoscenze biologiche, dalla
dimensione della biosfera o del paesaggio, fino alla scala
delle cellule e del DNA.
Per il design bio-ispirato strumenti di questa tipo
costituiscono una grande opportunità poiché consentono
ai progettisti di accedere, in maniera semplice e
immediata, all'enorme bagaglio di conoscenze
guadagnate dalle scienze biologiche. Come un corollario,
TPF
FPT
103
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
TP
PT
152
il metodo fornisce una struttura che integra la
conoscenza biologica con altre discipline per ricavare
“soluzioni complesse per problemi complessi”. La
struttura del BioTRIZ permette di accedere alle
informazioni desiderate attraverso un sistema di
interrogazione facile e intuitivo, concepito specificamente
per facilitare e favorire un approccio di tipo progettuale.
Attualmente il software su cui si basa il BioTRIZ,
Invention Machine's Tech Optimizer, è il più completo a
disposizione per la classificazione funzionale e la raccolta
della conoscenza in questo ambito.
Il database del Centre for Biomimetic and Natural
Technologies di Bath non è l'unico strumento di
consultazione e diffusione delle conoscenze biologiche
ad altri ambiti dedicato al progetto. Un altro esempio di
database molto interessante per il design, soprattutto in
termini di quantità e organizzazione delle informazioni, è
quello consultabile dal sito Structure of the Tree of Life
(Tol), una sorta di repertorio delle specie biologiche,
animali e vegetali, catalogate e descritte in funzione delle
relazioni “filogenetiche”, legate ai percorsi evolutivi.
Il database ToL non fa riferimento alle opportunità
progettuali insite nei sistemi biologici catalogati, come
invece avviene nel BioTRIZ, ma è un utile riferimento per
la conoscenza dei percorsi evolutivi che hanno
caratterizzato la vita sulla terra. Nel libro Zoomorfic, New
animal architecture, nel quale sono riportati e descritti
esempi di architetture e di prodotti di design ispirati a
riferimenti provenienti dal mondo animale, la struttura del
Tol è stata utilizzata per mettere in relazione tali esempi
attraverso una sorta di “albero evolutivo”.
153
Negli Stati Uniti uno dei centri di ricerca più attivi
nell'ambito della sperimentazione di soluzioni innovative
per lo sviluppo sostenibile è il Rocky Mountain Institute
(RMI), fondato nel1982 da Amory e Hunter Lovins,
esperti di energie rinnovabili e di strategie per il risparmio
energetico. Nell’RMI vengono condotte anche ricerche di
ispirazione biomimetica come quelle orientate a
sviluppare adesivi atossici che traggono spunto dal
sistema di adesione dei mitili, strutture a elevata
resistenza ispirate alla struttura del guscio della
madreperla e allo scheletro dell'aliotide, leganti e cementi
biomimetici, trattamenti anti-muffa mutuati dalla natura.
Anche nell'ambito dell'RMI è stato sviluppato un
database di soluzioni progettuali di provenienza
biologica, rivolto a progettisti e ricercatori, di cui è
disponibile un prototipo in rete.
Quelli descritti sono soltanto tre esempi di database
consultabili per individuare riferimenti biologici e analogie
utili nel design. L’utilizzo delle banche dati può essere di
grande aiuto ai designer che scelgono di applicare
l’approccio progettuale bio-ispirato, purché il ricorso a
questi strumenti non induca ad automatismi che
ridurrebbero la complessità del processo progettuale.
154
9.1 METODOLOGIE PER IL PROGETTO
BIO-ISPIRATO
Le ricerche compiute nel campo della biologia evolutiva
sono orientate a mettere in luce le logiche che hanno
consentito l’attuarsi dei processi evolutivi che hanno
caratterizzato la vita dell'uomo e degli altri organismi
animali e vegetali sulla terra. Da tali ricerche sono emersi
dei caratteri comuni, definiti “caratteri evolutivi” che
Yongxiang Lu, presidente della Chinese Academy of
Sciences (CAS), ha riportato nell'articolo Significance
and progress of bionics, pubblicato sulla rivista Journal of
Bionics Engineering, affinché possano costituire una
guida per il progetto bio-ispirato:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
“la capacità dei sistemi biologici di adattarsi ai
diversi ambienti;
le relazioni di interdipendenza e di co-evoluzione
tra le specie;
le configurazioni morfologiche e funzionali e le
organizzazioni strutturali dei sistemi viventi;
le logiche di trasformazione, metabolizzazione e
uso di tutte le risorse materiali ed energetiche
utilizzate;
le modalità comportamentali;
i processi di trasmissione genetica, di riproduzione
e di crescita;
i dispositivi di regolazione e controllo;
le logiche di assemblaggio a tutte le scale;
i meccanismi di guarigione, recupero,
compensazione e immunizzazione;
le strutture cognitive e le funzioni cerebrali;
155
•
•
i processi di ricezione, trasmissione e
elaborazione delle informazioni;
il controllo e la modifica dei comportamenti.” 104
TPF
FPT
I ricercatori del Centre for Biomimetic and Natural
Technologies, che hanno messo a punto il sistema
BioTRIZ, propongono una metodologia progettuale da
applicare nella biomimetica che si struttura in quattro fasi:
“1. Riconoscimento del problema progettuale da
risolvere;
2. Definizione delle uncovered contradictions, cioè di
quelle funzioni che potrebbero risolvere il problema ma
che non hanno una soluzione semplice e diretta. Un
esempio di quesito potrebbe essere: in che modo una
cosa molto pesante può muoversi?
3. Comparazione tra l'insieme delle soluzioni proposte
dalla natura, messe in matrice nel BioTRIZ, e l'insieme
delle soluzioni proposte dalla tecnologia incluse nel TRIZ
originario. Talvolta alcuni dei principi di provenienza
biologica e tecnologica possono coincidere;
4. Individuazione della soluzione progettuale biomimetica
finale, ottenuta da una selezione effettuata tra le strategie
proposte dal sistema.” 105
TPF
FPT
104
Y.Lu_Significance and progress of Bionics_in Journal of Bionics
and Engineering_n.1_vol.1_marzo 2004.
TP
PT
156
La metodologia descritta, che è stata messa a punto in
ambito ingegneristico, propone uno strumento molto
efficace per favorire l'osmosi tra scienza, tecnologia e
progetto ma, in una eventuale ipotesi di trasferimento
all'ambito del design, presenta il limite di non riuscire a
riflettere la complessità del processo progettuale, con tutti
i suoi aspetti legati alle sfere della cultura e della
creatività.
Il meccanicismo del sistema BioTRIZ, utilizzato in
maniera automatica, rischia, infatti, di spersonalizzare il
percorso progettuale e di ridurre il progetto a una sorta di
algoritmo, trascurando importanti aspetti, inscindibili dalla
cultura del design, come quelli storici, simbolici, sociali,
etici e morali.
Nello sviluppo di un progetto di hybrid design, dunque,
non può bastare la consultazione di uno o più database.
È spesso utile usufruire della consulenza di esperti nei
diversi campi della biologia e spesso anche di altre
discipline come: fisica, chimica, ingegneria dei materiali
in modo da conoscere più approfonditamente i riferimenti
biologici più adeguati e le tecnologie con le quali mutuarli.
Alla luce di queste considerazioni, Carla Langella nel suo
volume Hybrid design, progettare tra tecnologia e natura,
propone una rielaborazione del metodo proposto dalla
biomimetica, “che possa rivelarsi maggiormente aderente
alla cultura del design e nello specifico all'approccio
hybrid design. La metodologia, concepita per essere
applicata sia nel progetto di prodotti concreti che di
servizi, è stata elaborata, sviluppata e verificata
105
O. Bogatyreva, N. Bogatyre_Theory inventive problem solvine.
How to make biomimetic invention. In poster TRIZ
Project_CBNT_University of Bath_gennaio 2004.
TP
PT
157
attraverso un’attività di ricerca teorica e progettuale
permanente svolta nell'ambito dell’Hybrid Design Lab,
presso il Corso di Laurea di Disegno industriale della
Seconda Università degli Studi di Napoli. Anche in questo
caso la struttura metodologica viene proposta in fasi:
1. Individuazione del problema progettuale da risolvere;
2. Definizione del brief di progetto. In questa fase
vengono esplicitati i requisiti richiesti. La definizione dei
requisiti da ottenere e delle funzioni richieste è un punto
critico del processo poiché da questa dipende la ricerca
delle analogie con il mondo naturale. È necessario
dunque che il brief progettuale sia molto preciso e
dettagliato per non incorrere in contraddizioni;
3. Elaborazione di una lista dei sistemi biologici
attraverso la cui osservazione è possibile risolvere quel
tipo specifico di problema e delle possibili analogie. In
questa fase è necessario l'apporto delle conoscenze
biologiche. Dunque si può fare riferimento alle banche
dati come quella messa a punto presso l’Università di
Bath, ma è sempre preferibile ricorrere anche alla
consulenza di esperti;
4. Individuazione del concept e dell'idea, o delle idee
progettuali, più adatti ad essere utilizzati come riferimenti
per la soluzione del problema;
5. Traduzione dei principi, delle logiche, dei codici e delle
strategie tratte dalla biologia in ipotesi progettuali.
Sebbene si tratti di ipotesi preliminari è necessario, già
nelle prime fasi, indagare sui materiali e sulle tecnologie
158
di produzione potenzialmente applicabili nel trasferimento
dei principi biologici individuati, allo scopo di poter
valutare e selezionare i riferimenti biologici in funzione
degli obiettivi progettuali e della fattibilità produttiva. È
importante ricordare che anche in questa fase, come in
tutto il resto del processo, i designer non devono mai
prescindere dalle dinamiche culturali, storiche, sociali ed
economiche che intervengono nello specifico ambito di
progetto. A discipline tecniche come chimica, fisica,
ingegneria e marketing, che concorrono con il design e la
biologia nello sviluppo del progetto, devono essere
affiancate competenze umanistiche come filosofia,
sociologia, scienze della comunicazione, antropologia e
soprattutto quelle legate alla cultura specifica del design.
Nell’hybrid design devono poter partecipare tutte le
componenti della cultura del progetto, nell'ottica di far
confluire in un unico processo progettuale i migliori
strumenti messi a disposizione dalle esperienze della
natura e dell'uomo, per pervenire a prodotti bio-ispirati al
massimo del livello evolutivo. L’intervento delle
competenze esterne è legato prevalentemente al settore
di applicazione a cui è rivolto il progetto;
6. Elaborazione della soluzione progettuale finale
attraverso lo sviluppo delle soluzioni progettuali
individuate nella fase precedente e verifica della fattibilità;
7. Prototipazione, ingegnerizzazione, brevetto e messa in
produzione.” 106
TPF
FPT
106
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
TP
PT
159
Tra i riferimenti di designer che utilizzano un approccio
bio-ispirato l’esperienza progettuale maturata da Franco
Lodato costituisce un utile esempio in termini di
approccio metodologico. Nel testo The design work of
Franco Lodato la metodologia utilizzata nei suoi progetti
viene illustrata attraverso esempi e casi studio è
suddivisa in quattro fasi:
1. Identificazione delle possibili aree di mercato, del
target a cui si rivolgerà il prodotto e delle relative
esigenze fruitive;
2. Individuazione dei riferimenti biologici che sembrano
avere caratteristiche e comportamenti tali da superare le
attuali possibilità offerte dalla tecnologia nelle aree
esigenziali evidenziate;
3. Estrazione del principi e del processi responsabili di
questa “superiorità”, che devono poi essere tradotti in
modelli utilizzabili come riferimenti progettuali;
4. Verifica, attraverso la prototipazione, della possibilità di
mutuare tali modelli in prodotti attraverso le tecnologie e i
materiali disponibili.
Uno degli esempi più noti di prodotti bio-ispirati progettati
da Lodato è la picozza bionica woodpeacker per il
climbing prodotta dall'azienda Camp. Nel concepirla
Lodato è partito dall'analisi delle specifiche esigenze
funzionali, richieste al prodotto dalla tipologia di sport a
cui era rivolto, come il peso ridotto, la multifunzionalità,
l’efficacia dell'ancoraggio e la flessibilità di uso rispetto
alle differenti posizioni assunte dall’arrampicatore. Anche
160
i materiali dovevano rispondere a precisi requisiti tra cui
l’elevata resistenza strutturale e la capacità di tollerare
altitudini e temperature estreme.
Muovendo da questo brief Lodato ha scelto come
modello di riferimento, dopo uno studio comparativo dei
becchi di diversi volatili, il becco del picchio che incide il
tronco degli alberi percuotendolo con ripetuti colpi, per
potersi cibare delle larve in essi contenute. Una analisi
approfondita della bio-meccanica del corpo del volatile,
ha poi rivelato dettagli e strategie che sembrano
concepite specificamente per compiere questo tipo di
movimento. Il picchio si sostiene, infatti, al tronco
dell'albero facendo leva sulla sua stessa coda che, come
una molla, permette a tutto il corpo di oscillare
energicamente intorno al suo centro di gravità, senza
dover utilizzare il collo. Inoltre la struttura ossea del
cranio è configurata in modo da poter assorbire in
maniera efficace lo sforzo meccanico a cui è sottoposto.
Il prodotto progettato da Lodato è strutturato con un
nucleo interno di titanio sul quale è montata la punta
basculante in alluminio. Le due parti sono unite da una
cerniera, ispirata, a sua volta, alla forma delle valve di un
mollusco. L'impugnatura è ergonomica, rivestita con un
materiale morbido, in grado di ammortizzare le
sollecitazioni, e non è rettilinea come quelle delle altre
picozze ma segue una curva leggera, che trae
ispirazione, ancora una volta, dal corpo del picchio per
migliorare l’efficacia della manovra di aggancio alla
roccia. L’approccio progettuale utilizzato da Lodato ha
indotto il committente Camp a rinnovare completamente
la strategia di marketing dell'intera linea nella quale il
nuovo prodotto si inseriva, puntando sull'enfatizzazione
161
dell'origine naturale del design. Una strategia
comunicativa esplicitata nel payoff: “ideata seguendo le
leggi della natura”, che si è rivelata particolarmente
efficace in un settore di mercato particolarmente sensibile
e attento alle tematiche dell'ambiente e della natura.
162
10.1 INTEGRAZIONE, CO-PRODUZIONE,
CO-OPERAZIONE
Nell'osservare l'evoluzione del design contemporaneo
emerge una tendenza sempre più esplicita da parte dei
designer emergenti ad accrescere la componente
concettuale del loro riferirsi alla natura.
“Nell'ottica dell'hybrid design sono particolarmente
interessanti le sperimentazioni che si spingono verso il
progetto di nuovi paesaggi di oggetti nati in una
dimensione ibrida tra natura e artificio. Una dimensione
che può essere letta, ad esempio, in termini di "coproduzione" o "co-operazione" tra elementi di origine
biologica ed elementi di origine antropica.” 107
Il sistema di arredi per giardino Mobilier à jardiner,
progettato dai 5.5 Designers e prodotti da B-ton design, è
costituito da tavoli e sedute in conglomerato cementizio
piantumabili e inizialmente incompiuti, che si completano
quando le piante, crescendo, danno forma a braccioli,
schienali e ripiani che l'utente può modellare con
operazioni di giardinaggio. I prodotti finali vengono,
quindi, generati attraverso una integrazione co.operativa
tra processi artificiali e naturali. Tale tipologia di cooperazione ha a che fare con il campo dell’innovazione di
prodotto, prevede la creazione di oggetti finiti e
funzionale in sé. Tale oggetto, con l’aggiunta della natura
migliora la sua performanza o estetica. L’artefatto, che
nella sua configurazione ultima è “vivo”, prevede per la
propria creazione un processo non-vivo. L’oggetto è
fornito semi-finito dall’azienda.
TPF
FPT
107
Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e
natura_Franco Angeli_ Milano_2007.
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PT
163
Il lavoro del gruppo Front Design, costituito da quattro
giovani designer svedesi è un caso di sperimentazione,
condotta con ironia e curiosità, sulle opportunità
progettuali offerte dalla "co-produzione attiva" tra natura
e artificio. Dall'inizio della loro attività progettuale, nel
2003, Sofia Lagerkvist, Charlotte von der Lancken, Anna
Lindgren e Katja Savstrom indagano sulla possibilità di
far intervenire in diverse fasi del ciclo di vita dei loro
prodotti, fattori esterni come il tempo, gli animali o lo
stesso fruitore che, attraverso interventi parzialmente
pre-figurati, li modificano e li caratterizzano in modo che,
con il passare del tempo i prodotti stessi possano
"raccontare una storia". La collezione Design by Animals
comprende parati "decorati" con l'intervento di animali: un
ratto del deserto che, camminando su un rullo genera
164
una texture attraverso la selezione dei frammenti di un
disegno predefinito; ma anche serpenti che, strisciando
sul colore, definiscono disegni e decori inconsueti e
casuali. Nella stessa serie è incluso Fly Lamp, un abatjour realizzato in tubolare metallico con una forma
generata dalla ricostruzione in 3D della traiettoria del volo
di una mosca.
II porta-frutta Fruit holders, progettato dalla designer
inglese Pamela Hatton prevede un intervento di
assemblaggio tra elementi naturali e artificiali da parte
dell'utente. L’oggetto consiste in un vaso che ingloba
delle posate metalliche. sulle quali possono essere
"incastrati" i frutti, nella configurazione che si preferisce.
L’aspetto finale è quello di una piccola pianta naturaleartificiale che si trasforma con il variare della frutta
utilizzata, quindi, in funzione delle stagioni e dei gusti. Il
165
vaso da fiore Sponge vase, prodotto da Wander Wonders
e disegnato da Marcel Wanders, utilizza la spugna
marina come supporto in cui inserire un sottile vaso in
porcellana in grado di ospitare un unico fiore. In questo
caso gli elementi di origine naturale costituiti dalla spugna
e dal fiore dialogano attraverso l’elemento artificiale che li
connette.
166
11.1 LA CASA INTEGRATA E L’AGRICOLTURA
URBANA
L’integrazione artefatto/natura può essere una direttiva
progettuale anche quando l’artefatto in questione è
un’intera abitazione. Un valido esempio di casa integrata
è la Butterfly House. Una casa fatta come la crisalide di
una farfalla. Una casa bozzolo immersa nella natura. E’
stata creata nel sud-est dell’Inghilterra da Laurie
Chetwood, uno degli esponenti della nuova generazione
di architetti che si ritrovano oggi a fare i conti con tre crisi
che hanno trasformato il mondo e il nostro modo di
viverci: la crisi energetica, la crisi ambientale, la crisi
economica. Il risultato è un’abitazione trasparente con
pareti di vetro, tende al posto di muri, piogge di luce
dall’alto dove il “dentro” e il “fuori” non hanno più un
confine rigidamente stabilito, in cui l’esterno è visibile da
ogni angolazione, ma preservando la riservatezza
dell’interno. Una casa ad alta tecnologia ma a basso
consumo energetico, una casa ecologica ma
completamente computerizzata, antica e moderna,
tradizionale e rivoluzionaria.
“Una casa da sogno”. Così l’ha definita Clive Aslet,
direttore della rivista Country Life, autore di “The English
House”, autorità in materia di nuova urbanistica, che
prendendo spunto da questa “casa farfalla” formula un
decalogo della casa del futuro: i dieci comandamenti di
come sarà la dimora di un domani che sta già
cominciando. Aslet , in un lungo articolo sul Financial
Times, non si limita ad immaginare una casa “verde” e
sostenibile, ma descrive un nuovo concetto di residenza.
Gli esempi non mancano: dal progetto di villa nella
167
foresta di Barvikha, ai sobborghi di Mosca, presentato da
Zaha Hadid all’ultima Biennale di Venezia, alla Minarc
House, costruita a Los Angeles sui resti di una casa
dilapidata da due designer islandesi.
Sommando queste esperienze si può dedurre che la
casa del prossimo futuro sarà sicuramente a prova di
privacy. In un mondo sovrappopolato e in cui grazie alla
tecnologia tutti dialogano con tutti, si sentirà
maggiormente l’esigenza di un rifugio sicuro. Secondo, e
questo è scontato, sarà “verde”, a zero emissioni e con
un risparmio energetico più efficiente possibile. Terzo,
sarà raggiungibile senza bisogno dell’auto, sia utilizzando
mezzi pubblici, sia riducendo le distanze. La quarta
regola prevede che sia costruita, per rispondere al
cambiamento climatico, come si faceva una volta: pareti
spesse e finestre piccole, per tenere fuori il freddo
d’inverno ed il caldo d’estate. Quinto, avrà un orticello in
cui coltivare un’agricoltura “fai da te”, sufficiente per il
fabbisogno di chi ci abita. Sesto: non avrà niente di
plastica, con un ritorno al legno e all’arredamento
riciclato. Il settimo comandamento recita: riscoprirà la
semplicità estetica, il minimalismo, l’essenziale, come
risposta agli eccessi di terremoto finanziario. Ottavo: mi
mescolerà con la natura, mettendo i suoi residenti a
contatto diretto con piante, alberi, giardini. Nono, e anche
questo era ovvio, sarà computerizzata. Decimo
comandamento: sarà una casa che respira cultura. Ce ne
sarà bisogno, per realizzare la metamorfosi dalla casa di
oggi a quella di domani. 108
TPF
FPT
108
Hi-tech ed eco, ecco la casa del futuro. Le dieci regole
dell’architettura di domani per scongiurare le crisi del terzo millennio.
La Repubblica martedì 9 Dicembre 2008, pag. 38.
TP
PT
168
Nonostante questo ultimo comandamento risulti forse un
po’ troppo poetico ed ottimistico, è importante notare
come in tutto il decalogo ci sia una costante presenza del
bisogno alla sostenibilità e alla naturalità, sia come
problema energetico, che come problema concettuale,
che come approccio linguistico. Pensare l’architettura di
un edificio anche in funzione del rapporto con le aree
verdi, con la vita vegetale in essa inglobata, con un’area
da adibire ad orto domestico.
Uno dei concetti più forti, strettamente connesso con il
bisogno di sostenibilità, è il concetto di riorganizzazione
di una sorta di agricoltura urbana.
In termini ambientali, infatti, fino al quaranta per cento
dell’impronta ecologica di un a città moderna è
riconducibile ai suoi sistemi alimentari, ossia al trasporto,
all’imballo, al deposito, alla preparazione e allo
smaltimento di ciò che mangiamo. 109
Il fatto che il tema dell’alimentazione venga ora trattato
con attenzione nelle pianificazioni future di alcune città
mostra la velocità con la quale il mondo sta cambiando.
Nel libro del 2005 Continuous Productive Urban
Landscapes di Andre Viljoen e Katrin Bohn architetti ed
urbanisti sono invitati a dare ai sistemi alimentari la
stessa priorità dei trasporti o dell’edilizia residenziale.
L’agricoltura urbana sta vivendo un boom e viene
TPF
FPT
Per maggiori informazioni consultare i siti www.butterfly-house.co.uk,
www.countrylife.co.uk, www.ft.com/arts/house.
109
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www.toronto.ca/health/tfpc_secure.pdf.
169
praticata da ottocento milioni di persone in tutto il
mondo. 110
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FPT
In città tanto diverse come Rosario (Argentina), il South
Bronx e Portland (Stati Uniti), Curitiba (Brasile), Friburgo,
Città del Messico e Barcellona, i cittadini stanno
nuovamente imparando a coltivare frutta, verdure ed
erbe, e ad allevare il bestiame. La convinzione di base
della pianificazione urbana moderna, e cioè che le città
sono fatte perché la gente ci viva e ci lavori, mentre
l’agricoltura e l’allevamento sono relegate alla campagna,
sta per essere spazzata via. Un effetto collaterale curioso
nella tendenza verso l’agricoltura urbana è l’attenzione
attualmente dedicata a Cuba, vista come una nazionemodello e un laboratorio per lo sviluppo sostenibile. Cuba
potrebbe assumere la leadership mondiale nella
creazione di prodotti, processi e linee politiche sostenibili,
con una competenza centrale basata sui sistemi
alimentari di agricoltura urbana.
L’agricoltura urbana riunisce in sé le discipline più
disparate, quali l’architettura, l’ingegneria, la
pianificazione del paesaggio e dell’uso del suolo,
l’ecologia, lo studio dell’energia incorporata, le tecnologie
del riciclaggio e del controllo dell’inquinamento, per dar
vita a ciò che l’architetto malese Ken Yeang descrive
come “un approccio unitario alla progettazione
ecologica”. Un altro architetto, Chris Hardwick, membro
del Consiglio delle norme alimentari (Food policy council)
di Toronto, descrive come “pianificazione degli
110
A. Viljoen e K. Bohn (a cura di), Continuous Productive Urban
Landscapes: Designing Urban Agriculture for Sustainable Cities,
Architectural Press, Oxford 2005.
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170
ecosistemi” un approccio che include l’intero sistema
alimentare, e non solo settori specifici, e che vede gli
esseri umani come parte della natura, e non separati da
essa. La pianificazione degli ecosistemi tiene conto della
loro natura dinamica e include i concetti di capacità di
carico, resilienza e sostenibilità.
La sfida progettuale è quella di connettere diverse risorse
ed opportunità, favorendo la creazione di connessioni tra
coltivatori urbani, luoghi collettivi di coltivazione, di
scambio e di utilizzo dei beni prodotti. 111
Per spazio coltivabile si può intendere una vasta casistica
di situazioni: dal privato, al collettivo, al pubblico; dal
giardino condominiale al vaso da balcone.
TPF
FPT
Michelle Obama alle prese con l’orto urbano allestito nei giardini
della Casa Bianca. Washington 15 marzo 2009.
111
J. Thackara, In the bubble: design per un futuro sostenibile,
Umberto Allemandi & C., Torino 2008.
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