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PROGETTARE CON LA NATURA PER LA NATURA Prima Facoltà di Architettura “L. Quaroni” C.d.L Specialistica in Disegno Industriale (in consorzio con l'Università di Camerino) Candidato Ivo Caruso matr. 355896 Relatore prof. Carlo Martino Anno Accademico: 2008-2009 1 2 a Serafina, Bruno ed Antonio che mi hanno sempre sostenuto a Maria ed Angela che mi hanno sempre dato buoni consigli ad Imma e a tutti i miei amici con cui ho avuto l’onore di poter crescere 3 4 INDICE INDICE………………………………………………………..5 PREMESSA………………………………………………….7 1.1 LE ANALOGIE…………………………………………..9 1.2 L’ANALOGIA ORGANICA La relazione tra le parti e il tutto nell'organismo e nell'opera d'arte…………..……………………………….10 1.3 L’ANALOGIA CLASSIFICATORIA…………………..23 1.4.1 L’ANALOGIA ANATOMICA………………………..35 1.4.2 Il principio di similitudine……………………………45 1.5 L’ANALOGIA ECOLOGICA…………………………..56 1.6 L’ANALOGIA DARWINIANA…………………………73 2.1 BIOTECNICA…………………………………………..92 3.1 DALLA BIONICA ALLA BIOMIMETICA……………106 4.1 L’ANTROPIZZAZIONE DELLA NATURA Dal bonsai agli OGM……………………………….……121 5.1 L’AUTONOMIA……………………………………….129 5.2 Auto-riparazione……………………………………...129 5.3 Auto-pulizia…………………………………………...130 5.4 Auto-produzione energetica………………………...132 5.5 Auto-riproduzione…………………………………….134 5.6 Auto-organizzazione e adattabilità…………………135 6.1 RIDONDANZA, MULTIFUNZIONALITà, TENSEGRITY E MOVIMENTO…………………….140 6.2 Tensegrity…………………………………………….141 5 6.3 Movimento…………………………………………….142 7.1 SMARTNESS………………………………………...145 8.1 CENTRI DI RICERCA E BANCHE DATI………….151 9.1 METODOLOGIE PER IL PROGETTO BIO-ISPIRATO……………………………………….155 10.1 INTEGRAZIONE, CO-PRODUZIONE, CO-OPERAZIONE…………………………………163 11.1 LA CASA INTEGRATA E L’AGRICOLTURA URBANA…………………………………………….167 BIBLIOGRAFIA…………………………………………...172 6 PREMESSA Nel corso della sua evoluzione la cultura del design ha coinvolto molteplici discipline sia scientifiche che umanistiche. La filosofia, la sociologia, l’ingegneria, il marketing, la comunicazione, la semiotica, l’etica, l’ecologia, la biologia, la chimica e la fisica hanno sempre fatto parte di una sorta di bagaglio culturale, un contenuto di ricerche a cui i designer hanno potuto attingere per cercare ispirazione, giustificazione, supporto scientifico, soluzioni tecniche. L’incessante attività di fertilizzazione, di coltivazione e di ibridazione tra il design e le altre discipline aiuta il progettista a tradurre in progetto tematiche e ricerche. Uno dei temi che maggiormente è stato preso in esame in questa sorta di processo di “traduzione” è il rapporto tra natura e artificio. Le conquiste ottenute nel corso dell’evoluzione del pensiero scientifico vengono utilizzate, nella cultura del design, per creare le innovazioni e le sperimentazioni che definiscono non solo cambiamenti tecnici, ma anche nuovi concept, stili di vita, esigenze, linguaggi e modelli di consumo. Lo studio con l’ottica del progetto della natura può portare all’osservazione di geniali soluzioni a problematiche fondamentali inerenti l’attività del designer come la definizione del rapporto tra forma e funzione, l’evoluzione morfologica e la sostenibilità. La natura è stata, è e sarà sempre un’inesauribile fonte di ispirazione per il designer, sia per questioni di linguaggio che per problematiche tecnologiche. “Nell’ambito delle scienze biologiche, in particolare, ogni cinque anni il sapere acquisito raddoppia. La conoscenza 7 delle strutture, dei processi e delle leggi del mondo naturale progredisce a velocità elevatissima. Al contempo lo sviluppo tecnico-scientifico consente oggi di realizzare artefatti molto più complessi di un tempo, talmente complessi da somigliare sempre più ai sistemi biologici.” 1 TPF FPT Il design bio-ispirato può costituire una risposta agli scenari esigenziali contemporanei, ai quali è in grado di proporre soluzioni che integrano i concetti di trasformismo, flessibilità, auto-adattamento, multifunzionalità e coerenza ologrammatica alle varie scale osservate in natura. Questo testo si propone di partire da una ricerca ragionata su quanto è stato prodotto nel campo del disegno industriale ispirato alla natura, definendone i limiti, per cercare di fare un punto sulle attuali tendenze, sui nuovi campi di utilizzo e sui possibili sviluppi futuri. Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. 1 TP PT 8 1.1 LE ANALOGIE “(…) Vi sono aspetti degli oggetti progettati dall'uomo, quali ad esempio le costruzioni, e aspetti dei modi in cui i loro progetti sono realizzati, i quali, osservati entrambi sia ad un livello individuale che culturale, si prestano particolarmente bene ad essere descritti e spiegati tramite la metafora biologica. I concetti di “completezza” , “coerenza” , “correlazione” e “integrazione” usati per esprimere le relazioni non certo casuali tra le parti di un organismo biologico, possono essere utilizzati per descrivere simili qualità nei manufatti progettati con criterio. L'adattamento e la perfetta corrispondenza dell' organismo all' ambiente in cui esso vive, possono essere paragonati all'armoniosa relazione tra una costruzione e lo spazio circostante e, più astrattamente, alla concordanza tra il design di ogni oggetto e i vari scopi cui esso e stato destinato. Probabilmente, fra tutte le scienze, è la biologia quella che per prima più significativamente, affronta il problema centrale della teleologia, del design in natura; quindi, per questo motivo, è perfettamente naturale che, fra tutte le scienze, sia la biologia quella che debba attrarre l'interesse dei designers.” 2 Inoltre, da un punto di vista storico, è stata la biologia la scienza verso la quale i teorici dell'architettura e del design si sono più frequentemente rivolti. La storia della teoria dell'analogia biologica è certamente frammentaria, dal momento che conduce nei molti remoti TPF FPT 2 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 9 recessi della letteratura architettonica; nondimeno, l'analogia con la biologia è un tema costante e ricorrente che si ritrova particolarmente in Wright, Sullivan e Le Corbusier. 1.2 L’ANALOGIA ORGANICA La relazione tra le parti e il tutto nell'organismo e nell'opera d'arte Sin dai tempi dell'antica Grecia, gli organismi naturali hanno rappresentato per critici e filosofi perfetti modelli di quelle proporzioni, e di quegli equilibri armoniosi tra le parti di un disegno, che sono sinonimo dell'ideale classico della bellezza. Le qualità di completezza, integrità e unità strutturale, tali che tutte le parti contribuiscano all'effetto o alle finalità dell'insieme, e che nessuna parte possa essere rimossa senza arrecare un certo danno all’insieme stesso, sono alla base dell' estetica e della storia naturale di Aristotele, e sono caratteristiche della sua visione relativa sia agli esseri viventi che alle migliori opere d’arte. J.A. Stewart così riassume la concezione aristotelica riguardo tale analogia: “Gli organismi viventi e le opere d'arte sono schemata definiti secondo il loro genere, che la Natura e l’Uomo formano qualificando la materia. La quantità di materia usata in ogni singolo caso è determinata dalla forma richiesta; la dimensione di un particolare organo, o parte, è determinata dalla forma (che limita le dimensioni) dell’ intero organismo o opera. Così animali e piante raggiungono dimensioni determinate dalle loro particolari strutture, habitat e condizioni di vita, ed ogni singolo organo rispetta le proporzioni dell' insieme cui 10 appartiene. Il pittore o lo scultore ha presente in ogni dettaglio della sua opera la simmetria dell’ intera composizione.” 3 L'analogia ha due diversi tipi di interpretazione: uno relativo all'aspetto visivo o alla composizione, l'altro funzionale - sebbene essi siano in relazione reciproca. Nel primo caso è l'integrità “organica” della opera d'arte – in cui è raggiunta una relazione equilibrata e proporzionata delle varie parti rispetto al tutto, e del tutto rispetto alle sue patti - ad essere vista come la fonte di bellezza dell’opera. Questa integrità o coerenza fornisce la base per lo stesso genere di appagamento che deriva dalla contemplazione delle bellezze naturali; le due fonti di piacere estetico sono in realtà una sola. Sia Platone, nel Fedro, che Aristotele nella Poetica, esigono che un' opera letteraria, come ad esempio la tragedia, abbia questa forma “organica”. Essa non dovrebbe consistere della semplice aggregazione delle parti, da cui alcune di queste potrebbero essere omesse o a cui altre parti potrebbero essere aggiunte, ma di un insieme ben modellato, avente un settore iniziale, centrale e finale tutti ben definiti. Agli inizi del diciannovesimo secolo lo stesso principio organico nella composizione poetica e nell'analisi critica è stato sostenuto dagli esponenti del Romanticismo tedesco, da Goethe, Schlegel e Schelling,ed in particolar modo da Coleridge, come si evince ad esempio dai suoi scritti critici su Shakespeare, dove l'idea della forma organica è vista non tanto in termini di equilibrio statico, ma piuttosto come qualcosa che cresce e si sviluppa dalla materia. La forma, più che essere preideata e poi TPF FPT 3 J.A. Steward, Notes on the Nichomachaean of Aristotle_Oxford, 1892. TP PT 11 impressa nell' opera, ne costituisce una parte integrale o “innata”. Francesco di Giorgo_figura umana iscritta nella pianta di una chiesa. L’aspetto più rigorosamente composizionale dell'analogia organica prevede un'analogia fatta in termini di forme bilanciate e proporzionate. Già dall’antichità sono stati teorizzati molteplici i metodi geometrici per la derivazione delle proporzioni delle opere d'arte. Qui l'analogia tra l'oggetto artigianale e l'organismo nel suo aspetto composizionale fonda la sua espressione nel tentativo di codificare in sistemi numerici e geometrici le leggi matematiche dell'armonia. Si riteneva che queste leggi dovessero essere applicate non soltanto a composizioni pittoriche, architettoniche o 12 musicali, ma che fossero comuni anche nel regno delle creazioni naturali e derivassero dall'ordine su cui si basa l'intero cosmo. “Rudolph Wittkower ha scritto sull' influenza della tradizione neo-pitagorica e neo-platonica nel sistema rinascimentale delle proporzioni architettoniche. Qui il parallelo era stabilito in particolare modo tra l'armonica, reciproca relazione delle parti del corpo umano, e la proporzionata armonia che dovrebbe essere raggiunta nel design architettonico. Tale concezione si ritrova per prima in Vitruvio, ed è ripresa poi da molti commentatori del Rinascimento. Vasari, nei suoi dettami per la progettazione di un palazzo ideale, paragona la facciata al viso, la porta centrale alla bocca, le finestre disposte simmetricamente agli occhi, il cortile al corpo, le scale alle gambe e alle braccia.” 4 Si potrebbero fare delle osservazioni su un ulteriore aspetto dell’ispirazione che la biologia offre all’architettura e al design in genere, e cioè l’uso delle forme organiche, in particolare quelle della vegetazione, come modello per le decorazioni scultoree sugli edifici, e come ornamento architettonico e puramente grafico. L'impiego di figure vegetali e animali nella decorazione è praticamente universale in tutta la storia dell'architettura e delle arti applicate; nell'ultima metà del diciannovesimo secolo, però, c'e stato uno speciale interesse alla forma della pianta, grazie agli astratti spunti ornamentali di simmetria, modello e linea curva che essa offre. Tra le opere che in quel periodo cercarono di codificare questi principi, una delle più importanti fu il magnifico lavoro di Owen Jones, Grammar of Ornament scritto nel 1856. Più TPF FPT Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. 4 TP PT 13 tardi venne, tra gli altri, Christopher Dresser con Art of Decorative Design e Principles of Decorative Design, che esortava “il giovane decoratore a studiare i principi su cui la Natura lavora”, e che, presentava lunghe disquisizioni sull'adattamento delle piante, e le modalità di crescita. Ricordiamo, inoltre, Nature in Ornament (1892) di Lewis Day, che può essere ricollegato a Victor Horta e agli artisti dell'Art Nouveau, Infine, bisognerebbe menzionare l'opera di L. Sullivan System of Architectural Ornament, che ha, come esplicita fonte le forme dei semi e dei petali. L’implicazione della teoria delle proporzioni è che una certa fissità, o una caratteristica costante, deve essere trovata nelle forme e nelle dimensioni delle piante e degli animali, ma questa fissità non è ascritta né alle compressioni geometriche della simmetria,. né all’adattamento della forma biologica alle finalità e alle esigenze della vita, cioè a motivazioni funzionali. In realtà, vi sarebbe una certa contraddizione di base, da un lato, tra l'idea che le forme organiche sono fisse ed immobili, e dall’altro, il riconoscimento della duttilità della forma, grazie alla quale l'organismo si adatta alle circostanze. Si può verificare che i teorici della proporzione non seguano l'esempio di uno studioso delle origini funzionali della forma organica, come D'Arcy Thompson, il quale, nel suo lavoro, attribuisce sagoma, dimensioni e modello all'azione di forze meccaniche, compressioni geometriche, principi di crescita, e così via. La seconda interpretazione dell'analogia organica, il punto di vista funzionale, è, in un certo senso, uno sviluppo o un ulteriore chiarimento della prima. In questo caso l'analogia giunge a formare una parte della più generale estetica del funzionalismo: l'equazione del bello 14 con l'utile, o con l'espressione di utilità, e l'idea che un artefatto ben strutturato e adattato al suo scopo sia giudicato bello tramite il riconoscimento della sua possibilità di farne uso. Anche questo è un concetto molto antico, e può essere ritrovato in Aristotele, secondo il quale la nostra percezione della bellezza degli animali deriva da un apprezzamento razionale della struttura delle loro parti e delle funzioni dei loro organi. Nella storia naturale di Aristotele, non solo ogni singolo atto, o struttura separata, è vista come finalizzata ad un preciso compito, ad una qualche particolare funzione, ma ognuna di queste funzioni delle parti è predisposta, e contribuisce, allo scopo primario dell'insieme. Ogni parte ha un valore funzionale solo rispetto al tutto: le gambe servono allo scopo di sostegno e di locomozione per il corpo, e senza quest’ultimo esse, ed il corpo stesso, sono inutili. Il cuore ha diramazioni che si ramificano per il corpo e trasmettono il moto alle sue parti. Il continuo funzionamento, e l'esistenza stessa, del corpo dipendono dal lavoro di ogni singolo organo e dalla loro interazione. L' enunciazione di Aristotele del suo approccio funzionale allo studio dell'anatomia e pertanto, ne Le Parti degli Animali, così espressa: “Ora, poiché ogni parte del corpo, come ogni altro strumento, esiste per un certo scopo, cioè per una certa azione, è evidente che il corpo inteso come tutto deve esistere per l'atto del segare, e non l'atto del segare per la sega, dal momento che il segare consiste nell'uso dello strumento; così, in un certo senso, il corpo esiste per l'anima e le parti del corpo per quelle funzioni alle quali esse sono naturalmente predisposte.” 5 TPF 5 TP PT FPT Aristotele_Le parti degli animali, libro 1, par. 645. 15 “Per l'estetica funzionale, dunque, è proprio questo necessario ruolo funzionale di ogni arto e di ogni organo nell'attività di tutto il corpo, a render conto di quel piacere che noi traiamo dalle forme delle creature e delle piante (e, come corollario, del nostro orrore di fronte alle deformità fisiche).” 6 Ciò che conta, non è tanto il contributo delle parti all'aspetto esteriore dell'insieme in un certo tipo di un'equilibrata disposizione visiva, quanto il riconoscere, da parte nostra, tramite il loro aspetto, il loro significato funzionale - anche se si dovesse trattare soltanto di una vaga percezione dei loro compiti, e non di una vera e propria comprensione biologicoscientifica. Il nostro piacere, o appagamento, ha pertanto il carattere di un apprezzamento intellettuale di un fine o di un significato, piuttosto che quello di una semplice percezione sensoriale. Dal momento che fonte della bellezza viene considerata proprio questa integrazione delle varie parti funzionanti in un insieme funzionale ben equilibrato e strutturato, ne consegue che, in un contesto artistico, ciò risulterà particolarmente evidente nel campo del design industriale, nella progettazione di arnesi e oggetti utili, ed in architettura, dove ogni lavoro ha sia delle funzioni ordinarie e pratiche, sia degli aspetti simbolici, decorativi o espressivi che si sovrappongono e vanno al di là della sua utilità quotidiana. TPF FPT Nel diciottesimo secolo Francis Hutcheson e Lord Kames analizzarono appunto la distinzione tra la bellezza libera, o intrinseca, derivante dalla uniformità nella varietà e disgiunta dalla funzione, e la bellezza dipendente, o 6 TP PT E. de Zurgo_Origins of Functionalist Theory_New York_1957. 16 relativa, cioè il tipo di bellezza funzionale derivante dall'adattamento all'uso. Hutcheson si soffermò particolarmente sulla bellezza delle macchine, sulla loro ingegnosità, produttività ed efficienza, piuttosto che su esemplari forniti dalla natura. Lo stesso interesse al design delle macchine, visto come modello di un' opera d'arte, può essere ritrovato anche tra i contemporanei di Hutcheson, Berkeley e Hume, che furono attratti dai modelli forniti agli inizi della Rivoluzione Industriale Inglese. Il tema meccanicistico nel funzionalismo fu ampiamente ripreso dai teorici dell'architettura e del design del diciannovesimo secolo; anche negli studi teorici del movimento moderno, l'argomento maggiormente ricorrente è ancora una entusiastica esaltazione delle realizzazioni delle nuove tecniche, nelle quali razionalisti e funzionalisti vedevano gli esiti della fedeltà agli stessi principi di produttività e a quel diretto ed immediato adattamento agli scopi pratici che essi avevano lodato nelle forme della natura. Così, troviamo due parallele tradizioni di analogie nell'estetica funzionalista (e più tardi nei filosofi estetici del movimento moderno): una rivolta alle opere della natura, e l'altra alle opere di ingegneria meccanica e civile. Peter Collins ha distinto queste due correnti in “analogia biologica” ed “analogia meccanica”; tali definizioni sono state probabilmente suggerite a loro volta da 'Biological and Mechanical Fallacies' di G. Scott. Va notato che, riguardo all'analogia con la biologia nell'architettura e nel design del diciannovesimo secolo, gran parte della stessa biologia contemporanea riteneva che anche l' organismo naturale potesse essere 17 considerato un meccanismo, per quanto complesso ed elaborato potesse essere. “Dal punto di vista filosofico, la teoria che vuole la fisiologia animale ed umana inserita in un universo completamente meccanico, può essere attribuita a Cartesio. Negando all'anima qualsiasi estensione fisica e separandola completamente dal corpo, Cartesio aprì la strada ad una teoria che vedeva il funzionamento degli organi e delle strutture fisiche basato su principi puramente meccanici. Per Cartesio stesso, la macchina più direttamente paragonabile al corpo animale era l'organo usato nelle chiese. Egli mostrò grande ammirazione per la dimostrazione fatta da Harvey, della somiglianza del sistema circolatorio del sangue con il meccanismo idraulico pompa valvola. La sua concezione sul controllo nervoso dei movimenti muscolari immaginava che i nervi operassero come tubi cavi nei quali scorresse un « fluido sottile» per azionare valvole che, a loro volta, stimolavano i muscoli alle loro estremità.” 7 Verso la fine del diciassettesimo secolo vari sistemi “iatro meccanici” tra cui ad esempio quello di Borelli, furono proposti per la spiegazione di fenomeni fisiologici, in particolare per i movimenti muscolari. Agli inizi del diciottesimo secolo invece, i modelli meccanici cui ci si rifaceva più frequentemente furono i famosi automi di Vaucanson (ad es. il suo suonatore di flauto e la papera), che erano indubbiamente molto ingegnosi, anche se occorre precisare che essi simulavano le funzioni TPF FPT 7 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 18 organiche solo nel movimento superficiale e nell' apparenza. L'affermazione più discussa dell'ottica meccanicistica, la quale portava le argomentazioni di Cartesio alle loro logiche conclusioni, fu l'Homme Machine di La Mettrie del 1748. La macchina era il modello o l' analogia che avrebbe guidato le ricerche. I riferimenti sia di La Mettrie, che di Cartesio, ad una biologia meccanica, erano dunque, del tutto prematuri: in primo luogo essi non riuscivano fondamentalmente a fornire alcuna spiegazione dei processi chimici che avvenivano all'interno del corpo. Si dovettero attendere i basilari sviluppi della chimica del diciottesimo secolo prima che ci si potesse in qualche modo riferire a fenomeni come la respirazione o la digestione. L'opera del grande anatomista Georges Cuvier, risalente agli inizi dell'ottocento, può essere considerata rappresentativa del più generale modo in cui, grazie al sorgere di una biologia propriamente scientifica, la filosofia meccanica fu portata nei laboratori ed affrontata con precise tecniche di ricerca. C. C. Gillispie ha paragonato il metodo di approccio di Cuvier allo studio del corpo animale, a quello di uno studioso di ingegneria che si accinge ad esaminare una macchina. “Egli istruisce su tale argomento allo stesso modo con cui un sergente insegna ad una recluta il funzionamento e la nomenclatura delle parti di un fucile”. 8 TPF FPT “Anche Henri Milne-Edwards, un discepolo di Cuvier, asseriva di aver cercato di comprendere la maniera in cui 8 TP PT C.C. Gillispie_The Edge of Objectivity. 19 le forme organiche avrebbero potuto essere create, studiando gli organismi viventi e mettendoli a confronto tra loro, come se fossero macchine ideate dall'ingegnosità dell'uomo.” 9 Von Bertalanffy ha coniato il termine ' macchino-teorico ' per indicare in biologia questa generale linea di pensiero. Secondo questa concezione, l'organismo era in un certo senso considerato come “una sorta di automa o macchina a gettone, che rispondeva a stimoli provenienti dall'ambiente esterno in un modo del tutto automatico e deterministico.” 10 Nel ventesimo secolo le bambole animate di Vaucanson hanno il loro più serio corrispondente negli automi “autoregolantisi” e adattabili, costruiti da alcuni esponenti della cibernetica biologica, come Grey Walter e W. Ross Ashby; mentre le analogie tra l'intelligenza umana ed animale e le operazioni dei computers hanno ispirato molte aree della psicologia moderna. Non c'è da meravigliarsi se per gli architetti o gli ingegneri edili e civili, dal momento che essi si occupano di problemi di statica e della distribuzione dei pesi e delle forze, l'area della biologia di più diretto interesse sia l'anatomia. Fra tutti gli scritti inerenti alla biologia, l'opera che forse ha più direttamente influenzato gli architetti, e stato il saggio classico di D'Arcy Thompson On Growth and Form. Con D'Arcy Thompson il processo è opposto: egli compie una serie di paragoni tra le strutture meccaniche e gli studi delle piante e gli scheletri animali; egli traccia, ad esempio, una serie di paralleli tra la struttura delle ossa ed il loro corrispondente artificiale TPF TPF 9 TP FPT P. Collins_Changin Ideals in Modern Architecture 1750-1950. PT 10 TP FPT PT L.von Bertalanffy_Problems of Life_Londra_1952. 20 costruito dall'uomo: le travi e le colonne. Egli mostra come le ossa cave delle ali degli avvoltoi siano rinforzate, secondo il metodo di travatura reticolare di Warren, e come il femore umano sia simile al braccio di una gru per lavoro pesante. D’Arcy Thompson afferma che l'anatomista può trarre molti insegnamenti dal Forth Bridge, capovolgendo così la analogia organica del teorico del design. I tubi che costituiscono il ponte corrispondono, fin nei minimi dettagli, alla struttura degli steli cilindrici delle piante, e i loro anelli di rinforzo equivalgono ai nodi del fusto dei bambù, una delle strutture vegetali più resistenti. Ancora, lo scheletro dei quadrupedi, quale ad esempio quello del cavallo o del bue, ai fini dell'analisi meccanica può essere considerato una sorta di sistema di doppie travi a sbalzo, più o meno come quello del Forth Bridge dove le zampe corrispondono ai piloni del ponte, e la colonna vertebrale, il collo e la coda sporgono da questi supporti. 21 Scheletro di un bisonte fossile e ponte a “cantilever” a due braccia del Forth Bridge. Da D’Arcy W. Thompson_On growth and Form_Cambridge_1917. 22 1.3 L’ANALOGIA CLASSIFICATORIA “Gran parte degli studi di storia naturale del diciottesimo secolo, che prepararono la via e culminarono poi nella grande opera di Buffon e Linneo, furono consacrati alla questione delle classificazioni, cioè alla sistematica. Questo studio prevedeva due diversi tipi di approccio: per sistemi - tra i quali era famoso il sistema di Linneo - e per metodi, o piuttosto metodo, dal momento che, fondamentalmente, ve ne era uno solo. In entrambi i casi si postulava che tra le specie esistesse una continuità più o meno perfetta, per cui i loro stessi principi potevano essere esposti attraverso un prospetto, o una tavola, bidimensionale. Ogni spazio di questo reticolato, infine, sarebbe stato riempito, e la eventuale presenza di spazi vuoti sarebbe stata ascritta al fatto che alcune specie non erano state ancora scoperte o, al contrario, che si erano estinte a causa di qualche catastrofe storica.” 11 Lo schema della tavola differiva a seconda dei vari autori. Più comunemente essa assunse la forma di una immaginaria “scala della creazione" sui cui gradini tutti gli organismi potevano essere disposti in graduale progressione, dal più semplice al più complesso, dal più basso al più alto. Questa concezione ha una storia che precorre di molto Buffon e Linneo; tale storia è stata approfonditamente esaminata da Arthur Lovejoy nella sua basilare monografia The Great Chain of Being. La suddetta rappresentazione trova la sua più estrema espressione nell' opera Echelle des Etres di Bonnet dove l'autore dispone alla base tutti gli 'esseri' inorganici, TPF FPT 11 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 23 come le rocce ed i cristalli, per giungere in cima, attraverso le piante e gli animali, all'uomo. Altri studiosi rappresentarono la rete di relazioni che collegava tra loro le specie in modi differenti, talvolta secondo forme ramificate, talvolta addirittura poliedriche. Philip Ritterbush fa risalire l'uso della metafora dell'albero nel sistema di classificazione degli organismi a Pallas, il naturalista tedesco che per primo raggruppò piante e animali in due gruppi separati. E’ importante sottolineare che sia le serie lineari, sia la scala ed il sistema dell'albero a ramificazioni, erano soltanto degli schemi di classificazione, e non erano finalizzati a rappresentare alcuna forma di progresso da un punto di vista evolutivo. Quando fu poi introdotta una certa dimensione temporale, si presuppose, come Bonnet, che l'intera scala delle specie dovesse muovere in avanti o verso l'alto contemporaneamente, come una grande scala mobile cosmica, verso stadi di più alta perfezione. Sia i sistemi che il metodo erano imperniati sulla identificazione di elementi, o caratteristiche visibili, delle piante o degli animali, sul loro numero, dimensione, foggia e configurazione spaziale. Una maggiore attenzione fu infatti rivolta alla classificazione delle piante piuttosto che a quella degli animali; ciò era dovuto non soltanto al fatto che esemplari di piante erano più immediatamente disponibili e più facilmente maneggiabili, ma in quanto, al contrario degli animali, le speciali strutture delle piante erano tutte all'esterno, e pertanto facilmente visibili. La tecnica della classificazione intendeva determinare le visibili differenze e similitudini di forma tra le specie, raggrupparle in famiglie e disporle in ordine graduale sulla scala progressiva della tavola delle classificazioni. 24 Con i sistemi si procedeva isolando solo pochi elementi dalla forma globale della pianta, ed usando come base dell'analisi le variazioni e le rassomiglianze tra questi elementi prescelti. Così Linneo basa il suo sistema sulla descrizione degli organi di riproduzione delle piante, dei loro frutti e dei loro fiori. Era possibile avere altri sistemi usando altri elementi. Con il metodo si procedeva invece esaminando una prima specie e facendo poi una completa descrizione di tutte le sue caratteristiche. Il processo veniva ripetuto con specie successive, ma indicando solo le differenze con la specie già descritta, senza ripetere alcuna delle affinità. Pertanto, in qualsiasi ordine le specie venissero esaminate, alla fine sarebbero emerse sempre le stesse generali differenze e somiglianze. Volendo analizzare l'analogia con la classificazione in architettura, cioè la descrizione e l'enumerazione dei tipi o “specie” di costruzioni va rilevato che i metodi di classificazione usati dalla storia naturale del diciottesimo secolo erano imperniati sulle proprietà visibili e relative alla forma delle specie vegetali ed animali; e, sebbene gli organi corrispondenti a determinate funzioni biologiche potessero essere selezionati per stabilire la base di un sistema, tuttavia il principio di classificazione non rispondeva in realtà a criteri funzionali. In secondo luogo, l'idea che la classificazione potesse giungere ad ordinare tutte le specie in una serie progressiva, e che le differenze tra le specie fossero indicate da gradazioni minime sotto tutti gli aspetti, comportava una serie di implicazioni: si sottointendeva la possibile esistenza di un principio trasformazionale o combinatorio, per mezzo del quale la classificazione sarebbe riuscita ad individuare, oltre le specie 25 conosciute, anche le posizioni di specie ancora sconosciute o estinte in passato o, cosa ancor più emozionante, a generare specie teoriche di tipi sconosciuti in natura. La suddetta trasformazione potrebbe consistere in una sistematica permutazione o commutazione di parti o elementi. Ancora una volta fu Aristotele, come del resto per tanti settori della storia naturale, a formulare questa teoria per primo. Egli riteneva che la varietà delle specie animali derivasse dalla globale formazione di nuove combinazioni di geni di un limitato numero di differenti tipi di organi: “differenti tipi di bocche, stomaci e organi percettivi e locomotori ... Quando tutte le combinazioni sono esaurite vi saranno altrettanti tipi di animali quanti le combinazioni degli organi essenziali”. 12 Contemporaneamente, la presenza di generali e globali affinità tra interi gruppi di specie, suggeriva il concetto di archetipi vegetali e animali, di schemi teorici, dei quali gli esemplari esistenti in natura erano differenti trasformazioni, o modificazioni variamente distorte. Appare chiaro che l'idea della ricombinazione di organi in tutte le possibili permutazioni, è in realtà incompatibile con l'idea dell'armoniosa e coerente relazione delle varie parti sia l'una rispetto all'altra, sia rispetto alla globalità dell'organismo, nonostante Aristotele abbia adottato contemporaneamente entrambe le concezioni. La costante permutazione di tutte le combinazioni di organi produrrebbe molte mostruosità, come quelle bestie grottesche o fantastiche aventi la testa di una certa specie, il corpo di un'altra e le zampe di una terza. Secondo alcuni studiosi di storia naturale del diciottesimo TPF 12 TP PT FPT Aristotele_La Politica_libro 4_parte 4_par. 1290. 26 secolo, come ad esempio Maupertius, questi mostri erano comunque necessari al fine di completare l'intero schema permutazionale, e sarebbero poi scomparsi a causa della loro incapacità di sopravvivere. La teoria degli archetipi fu elaborata principalmente dalla Naturphilosophie, la scuola di zoologia astratta sorta in Germania tra la fine del diciottesimo secolo e gli inizi del diciannovesimo secolo. Goethe (che fu non solo poeta ed un uomo di lettere, ma anche botanico) fu il più famoso esponente di questo gruppo che includeva anche Meckel ed Oken, ed era stato colpito maggiormente dalle affinità strutturali tra le specie, piuttosto che dalle loro differenze. Se si poteva trovare un modello di base valido per interi gruppi di specie, non poteva essere possibile andare oltre, e trovare un unico modello di base comune a tutte le creature o a tutte le piante? Goethe credeva di sì, e riteneva che, al di là delle differenti varietà di piante, si potesse individuare una primordiale pianta-tipo, o Urpflanze, come egli la chiamava, un tipo di modello ideale, del quale le piante esistenti in natura erano differenti manifestazioni, e rappresentavano una delle possibili realizzazioni di questo tipo fondamentale. Questa idea era andata maturandosi nella mente di Goethe già molti anni prima del suo viaggio in Italia nel 1786, ad una visita all'orto botanico di Padova focalizzò nuovamente la sua attenzione su questa questione. Più tardi, durante il suo viaggio in Sicilia, egli scrisse nel suo diario: “Nel vedere una vegetazione così nuova e rigogliosa sono ritornato alla mia antica idea, e mi sono chiesto se, per caso, non potessi imbattermi nella mia pianta archetipica. Deve esserci una tale pianta, dopo tutto. Se 27 tutte le piante non fossero foggiate in base ad un unico modello, come potrei riconoscere che sono piante?” 13 A questo punto sembra che Goethe aspettasse davvero di trovare per caso l'Urpflanze durante i suoi viaggi, e riconoscerla. In seguito, il concetto divenne più astratto; Goethe sviluppò un modello teorico di struttura vegetale, in cui gli steli erano assi geometrici di crescita, lungo i quali erano disposte, in maniera differente, forme modificate di una foglia primordiale che, attraverso varie trasformazione, poteva manifestarsi o nelle differenti fogge geometriche delle foglie, o anche nei petali o negli involucri dei semi. Questo metodo permutazionale di rappresentare i tipi di piante suggeriva a Goethe la stessa possibilità di generare nuove piante teoriche, come era accaduto ad altri. Le piante create, Goethe asserisce, “saranno uniformate a leggi di verità interna e di necessità. E la stessa legge sarà applicabile a tutto ciò che ha vita”. 14 TPF TPF FPT FPT 13 J.W. von Goethe_Italienische Reise 1786-8_annotazione sul diario il 17 Aprile 1787. TP PT 14 TP PT J.W. von Goethe_lettera a Charlotte Stein_8 Giugno 1787. 28 Gli studenti di Goethe perseguirono l'idea dell'esistenza di una corrispondenza nello schema strutturale, non solo tra un ceppo ed un altro, o tra specie appartenenti allo stesso ceppo, ma anche tra le differenti parti di uno stesso corpo. Pertanto, lo scheletro dei vertebrati era considerato come la forma modificata di un gruppo di vertebre, e quella scoperta fu rivendicata sia da Goethe che da Oken. In Inghilterra, la tradizione fu proseguita fino alla metà del diciannovesimo secolo dall'anatomista Richard Owen, il quale concepì astrattamente uno scheletro archetipico desunto da tutti i vertebrati (mammiferi, uccelli, pesci e rettili) che era composto da serie longitudinali di versioni, variamente trasformatesi, di una vertebra archetipica. Owen ipotizzò anche che la vita su altri pianeti potesse mostrare altre possibili modificazioni dello stesso archetipo, somigliante a quello 29 terrestre per quanto riguarda lo schema di base, ma dissimile nei dettagli. Goethe fu un appassionato entusiasta sia della mineralogia che della botanica. Una annotazione del suo diario sulle conseguenze del fatto che “l'architettura ... sia simile alla mineralogia, botanica o zoologia”, indica la sua convinzione secondo la quale tutte queste materie sarebbero state governate da leggi generali e universali di struttura spaziale. Dopo questo breve esame della storia naturale del diciottesimo secolo, dei suoi metodi di classificazione e delle conseguenze su una teoria trasformazionale e costruttiva dei tipi derivati dagli archetipi, è possibile ora rivolgersi ai paralleli sviluppi storici e teorici in architettura, e scoprire così le basi dell'analogia. L'affermarsi dell'archeologia come disciplina dotta ed organizzata, grazie all'accumularsi delle testimonianze e dei resoconti dei viaggiatori e delle spedizioni in terre straniere, aveva fornito agli studiosi di architettura una sempre maggiore quantità di materiale del tutto disorganizzato, comprovante la varietà degli stili architettonici nazionali o locali nelle diverse epoche storiche. Una teoria architettonica esauriente avrebbe dovuto riordinare questo materiale, organizzarlo secondo uno schema di classificazione e trarre alcuni precetti che sarebbero serviti ad uno “stile” moderno, alla architettura futura. Molti trattati del tempo, come ad esempio quelli di J. F. Blondel e Le Roy, e più tardi quelli di Durand, furono dedicati esclusivamente alla classificazione e all'analisi dei vari tipi di costruzioni, così come allo studio del susseguirsi dei periodi architettonici e delle variazioni degli stili nelle aree geografiche. 30 “Riguardo alla biologia, qui il paragone potrebbe essere fatto con il grande aumento delle specie naturali conosciute in natura nel diciottesimo secolo (dovuto anche in questo caso ai risultati delle scoperte dei viaggiatori e delle spedizioni per mare o nelle colonie, il cui dichiarato scopo era quello di fare raccolte) e, come già detto, con i paralleli sforzi per classificare le specie. Usando una metafora molto libera, si potrebbe far corrispondere il contemporaneo variare degli stili architettonici in differenti aree geografiche, alla varietà delle specie viventi; mentre, gli studi storici ricostruiti in base alle testimonianze archeologiche sarebbero l'equivalente delle specie fossili. Vi era un ulteriore problema per gli architetti del diciottesimo e del diciannovesimo secolo: quello dell'emergente richiesta, a seguito dei rivolgimenti industriali e sociali, di tipi di costruzioni del tutto nuove, destinate a funzioni che non avevano alcun precedente. Fino a quel momento era stato quasi possibile collocare in maniera confortevole l'intera varietà delle attività umane nelle poche forme tradizionali che erano state ereditate dai Romani: la villa, l'appartamento, la basilica, il teatro, il tempio. Gli studi dell'architetto erano stati incentrati sui modelli classici, poiché si presupponeva che la limitata gamma delle forme delle costruzioni classiche, come erano state tramandate attraverso Vitruvio e i commentatori del Rinascimento, avrebbero soddisfatto qualsiasi esigenza. ” 15 TPF FPT Non solo l'invenzione della macchina ed il progresso industriale crearono la necessità di strutture adatte 15 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 31 all'impianto di industrie di tutti i tipi, di mulini, depositi, docks e, per esempio, nel diciannovesimo secolo, dell'intera varietà di costruzioni connesse alle ferrovie; ma, più pressante, dal momento che si riteneva diffusamente che queste strutture industriali esulassero dal campo dell'architettura, ed erano pertanto lasciate ai costruttori e agli ingegneri, era la richiesta di costruzioni rispondenti alla nuova, ed ancor più complessa, organizzazione della società, come ospedali, edifici per gli scambi commerciali, caserme, municipi, prigioni, macelli e mercati. Questi nuovi aspetti furono inseriti per la prima volta da J. F. Blondel nel programma degli studi di architettura negli anni intorno al 1760. Il secolare programma della Encyclopedie, con le sue elaborate e dettagliate descrizioni e classificazioni della varietà delle produzioni e dei processi industriali, concorse molto a questo cambiamento di indirizzo. In Francia, nel periodo della Rivoluzione, gli architetti, tra i quali Ledoux, avevano tentato di compilare un vocabolario di forme che, adeguandosi ai principi della Rivoluzione, potessero rispondere alle nuove esigenze sociali, e ad altre ancor più utopistiche. Tuttavia, vi è un importante aspetto in cui è possibile trovare un parallelismo o linea di connessione, e questo riguarda l'importante principio della creazione teorica di nuove specie, che per la storia naturale fu forse un concetto incidentale e vagamente fantasioso, ma che per l'architettura fu senza dubbio il fondamentale centro di interesse. Lo scopo pratico della classificazione in architettura, al di là della descrizione storica e dell'analisi scientifica, consiste nella speranza di poter derivare principi teorici proprio riordinando la varietà di costruzioni del passato. Tali principi potrebbero essere applicati nella 32 progettazione di nuove costruzioni, di nuove forme, e rispondere ai nuovi programmi e alle nuove circostanze. Così, troviamo che il sintetico e rivoluzionario metodo di J.N.L.Durand per la composizione architettonica, come è esposto nelle sue Lefons d'Architecture (1819) è tratto dal suo precedente lavoro sull'analisi classificatoria dei vari tipi di costruzioni e della loro storia. I progetti di molte costruzioni storiche, raggruppate in base alla loro funzione generale (teatri, stadi, mercati e così via) sono riprodotti nelle tavole di Durand nella sua Recueil et Paraltete des Edifices del 1801, e tali tavole sono state disegnate su scale standard, disposte proprio come se fossero esemplari di qualche opera di storia naturale o di geologia. Il metodo di Durand mostra molte affinità con le regole di Hauy sulla formazione dei cristalli, o con il sistema trasformazionale di Goethe circa la derivazione di tutte le piante dalla pianta archetipica. L'intento di Durand era che, dalle sue Lefons, gli studenti, apprendendo i tipi e i principi basilari della composizione, fossero in grado di risolvere, in circostanze diverse,una stupefacente ed infinita varietà di problemi separati e senza connessione tra loro. Egli riteneva “impossibile augurarsi di comprendere l'Architettura studiando consecutivamente tutte le specie di costruzioni in tutte le circostanze che possono modificarle”; ma, se lo studente si fosse dedicato allo studio approfondito delle forme-tipo generali, allora egli avrebbe potuto modificare appropriatamente questi tipi, e soddisfare le particolari esigenze dettate dalla funzione, dalla ubicazione, dal preventivo e dalle richieste del singolo cliente. 33 Ovviamente gli archetipi della Naturphilosophie furono soggetti a dure critiche, non solo perchè si astraevano dalla osservazione della realtà naturale, ma anche perchè non spiegavano né il perchè dell'esistenza di specie differenti, né motivavano il verificarsi delle varie permutazioni o trasformazioni delle forme archetipiche. Il sistema di Goethe per derivare i tipi di piante dall'originale Urpflanze, nonostante un intuito estremamente fertile e ricco di immaginazione, era essenzialmente soltanto un metodo di descrizione, e non offriva alcun tipo di teoria esplicativa. In realtà, l'archetipo era, in ultima analisi, niente altro che uno schema o il prodotto finale della classificazione, una astrazione dalla varietà delle specie reali, e quindi l'intero processo era, in una certa misura, circolare. 34 1.4.1 L’ANALOGIA ANATOMICA “Dopo la Rivoluzione, fu aperto a Parigi un nuovo Museum d'Histoire Natlurelle, che fu ricavato dall'antico Jardin du Roi di Buffon, e fu più popolarmente conosciuto come Jardins des Plantes. Per le varie branche della materia furono istituite dodici cattedre universitarie, che furono poi affidate ai maggiori scienziati viventi del tempo, tra i quali E.G. Saint Hilaire, il geologo Brongniart, e le due personalità più famose: il protoevoluzionista J.B. de Lamarck, e l'uomo che è considerato l'effettivo fondatore dell'anatomia comparata: Georges Cuvier.” 16 Cuvier, più che Lamarck stesso, fu il primo biologo che si distaccò nettamente dalle filosofie speculative e vitaliste del diciottesimo secolo, ed intraprese lo studio della vita con quella obiettività e con quella tecnica empirica che sono proprie del vero approccio scientifico. Inizialmente Cuvier si concentrò sullo studio anatomico dei mammiferi più grandi, poi, in seguito, si dedicò allo studio dei pesci, studio che fu riassunto negli otto volumi della Ichthyologie. Oltre che lo specifico oggetto di studio di Cuvier, sono interessanti i principi ed il sistema di riferimento del suo metodo anatomico. Cuvier mutua da Aristotele un approccio teleologico e funzionale per la descrizione e la spiegazione della forma anatomica. Egli crede, come Aristotele, nella “inalterabile integrità funzionale” dell'organismo; e ritiene che i vari organi, e tutte le parti, giochino un ruolo necessario e complementare nel favorire le azioni e il tipo di vita dell'animale. L'anatomia, che è la descrizione delle parti, o “strutture dei corpi TPF 16 TP PT FPT C.C. Gillispie_The Edge of Objectivity. 35 organici”, è pertanto priva di senso senza una certa spiegazione funzionale dello scopo e del ruolo svolto da quelle parti stesse. “Cuvier descrisse questo universale adattamento della forma organica alle particolari abitudini, comportamenti e ambienti di ogni creatura (adattamento che sarebbe stato poi spiegato dalla moderna biologia attraverso i meccanismi illustrati dalla teoria evoluzionista di Darwin) riferendosi alla ipotesi delle “condizioni di esistenza”. Per Cuvier era sufficiente che le “condizioni di esistenza” fossero incarnate, nel piano della natura, dalla creazione; ed egli era pertanto pago di procedere direttamente al dettagliato esame di particolari animali e di particolari strutture organiche, basandosi su questo assunto. Ma, anche se l'idea appare oggi come una teorica fantasia, il lavoro di Cuvier era ben lontano dall'essere infruttuoso ed inutile, dal momento che focalizzò l'attenzione sull'organizzazione funzionale delle strutture corporee, e sulle strette relazioni intercorrenti tra gli animali, le piante e i rispettivi ambienti in cui vivono.” 17 Come corollario delle “condizioni di esistenza”, seguivano poi le famose regole di anatomia di Cuvier, la “correlazione delle parti” e la “subordinazione dei caratteri”. Per “correlazione delle parti” , Cuvier intendeva la necessaria e funzionale interdipendenza tra i vari organi, o tra i sistemi del corpo. La presenza di un organo, o di una struttura, implicherebbe necessariamente l' esistenza di un altro o di molti altri, e TPF FPT 17 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 36 una modifica in uno di essi, implicherebbe una corrispondente modifica negli altri. Per citare Cuvier: “Tutti gli organi di uno stesso animale formano un sistema unico, le cui parti sono tutte concatenate, agiscono e reagiscono l'una rispetto all'altra, e non vi può essere alcun mutamento in ognuna di esse, senza che ciò non comporti una analoga modificazione in tutte”. 18 Questa teoria, però non fu dovuta interamente a Cuvier; l'abbiamo vista abbozzata in Aristotele, ed è già esplicitamente formulata nel lavoro di anatomia dell'immediato predecessore di Cuvier, Felix Vicq d'Azyr il quale successe a Buffon nell'Academie Française, e dal cui lavoro Cuvier attinse molto ampiamente per i suoi volumi di esauriente rassegna. Vicq d'Azyr asserisce, ad esempio, che “esistono costanti relazioni tra la struttura dei denti dei carnivori e quella dei loro muscoli, delle dita delle zampe, delle unghie, della lingua, dello stomaco, dell'intestino”. 19 La seconda regola, «la subordinazione dei caratteri », postulava che determinati organi, o sistemi, del corpo avessero maggiore rilevanza funzionale rispetto ad altri, e che questi potessero pertanto essere disposti in ordine di importanza. Con Cuvier la pertinenza della regola ai fini della classificazione è ancora molto grande; ma ora i principi dell'organizzazione classificatoria sono basati sulla funzione, poiché si fondano sulla conseguente importanza degli organi, o dei sistemi, rispetto al TPF TPF FPT FPT 18 G. Cuvier_Rapport Historique sur le Progrès des Sciences Naturelles depuis 1789 et sur leur Etat Actuel_Parigi 1808. TP PT 19 F. Vicq d’Azyr_Système Anatomique des Quadrupèdes_Parigi_1792. TP PT 37 funzionamento dell'intero corpo piuttosto che su tratti esterni, forse incidentali, selezionati senza alcun riferimento al loro significato funzionale. Per Vicq d'Azyr, la funzione più importante per l'animale era quella alimentare. Cuvier cambia opinione più volte riguardo la classificazione dei sistemi del corpo, ritenendo inizialmente che la riproduzione e la circolazione fossero quelli principali. Più tardi, considera invece la digestione come la più importante, ed infine giunse a dare il primo posto al sistema nervoso. Non sono più le proprietà visibili, geometriche, a sé stanti ed esterne degli organismi, che forniscono ora i criteri per raggrupparli in famiglie; adesso sono, in un certo senso, proprietà invisibili, nascoste, nel caso degli animali, all'interno del corpo. Molte caratteristiche esteriori degli animali sono connesse a funzioni alquanto minori, e sono passibili di una maggiore variazione rispetto ai più importanti e più significativi organi interni. Come Foucault asserisce: “Le specie animali differiscono all'esterno, e si rassomigliano all'interno; sono unite dall'inaccessibile, e separate dall'apparente”. 20 Differenze ed affinità che si possono osservare esteriormente non sono più una guida sicura per la tassonomia, poiché l'esatta natura dei peli o della pelliccia, l' aspetto esterno, le precise dimensioni degli arti possono tutti variare entro certi limiti senza compromettere la coordinazione e la vitalità dell'insieme. Come sostiene Cuvier: “Noi troviamo una più vasta gamma di dimensioni quanto più ci allontaniamo dagli organi principali, e ci avviciniamo invece a quelli di minore importanza; e, TPF 20 TP PT FPT M. Foucault_The Order of Things. 38 quando arriviamo in superficie, dove la natura delle cose colloca le parti meno essenziali (le cui lesioni risulterebbero meno pericolose), il numero delle varietà diviene talmente alto che tutto il lavoro del naturalista non è ancora stato in grado di farsene una precisa idea”. 21 Sono gli organi principali ad essere invariabili, e che pertanto servono come base per la classificazione, mentre i caratteri secondari possono variare notevolmente. Se i tratti esteriori - unghie, denti, zoccoli servono realmente ai fini della classificazione, è perché, attraverso reti di relazioni, sono collegati ai maggiori sistemi corporei di cui fanno parte. L'implicazione delle due regole, ma particolarmente di quella riguardante la correlazione delle parti, era che la necessaria e logica compresenza di determinate, tipiche serie di organi, in tipiche strutture corporee, sarebbe riportabile, nel senso più ampio, ai differenti ambienti degli animali, ai loro tipi di cibo, al loro modo di cacciare e di cibarsi, alle condizioni metereologiche, ai differenti elementi in cui si muovevano. Gli erbivori ad esempio, sarebbero forniti di particolari tipi di denti, che determinerebbero la forma della mascella, e da cui il cranio; anche il tipo di apparato digerente corrisponderebbe, e così via. Le creature dinamiche come gli uccelli, che consumano una grande quantità di energia volando, richiedono confacenti modalità di respirazione e di nutrimento, che determinano a loro volta la struttura degli organi appropriati; gli animali tardigradi come i rettili, che trascorrono lunghi periodi senza aver bisogno di respirare, hanno, invece, apparati respiratori molto meno sviluppati, ed essendo TPF FPT 21 G. Cuvier_Lecons d’Anatomie Comparée_Parigi 1805. Citato in W. Coleman_Georges Cuvier, Zoologist. TP PT 39 relativamente inattivi, anche i loro organi locomotori sono, in molti casi, conseguentemente poco sviluppati. G. Cuvier_scheletro ricostruito di Anaplotherium_da Recherches sur les Ossements Fossiles_Parigi_1821. “I ruminanti non potevano avere un tubo digerente corto e rettilineo, all'aquila erano negate le zampe palmate, il serpente non aveva arti esterni, i crostacei che abitano negli antri mancavano di una vista acuta” 22 . Si negava che l'incessante e reciproca permutazione di ogni arto con gli altri avrebbe necessariamente prodotto dei mostri, che poi non sarebbero stati in grado di sopravvivere. Secondo Cuvier, i mostri erano semplicemente una logica impossibilità: essi non solo non erano mai esistiti, TPF 22 TP PT FPT W. Coleman_Georges Cuvier, Zoologist. 40 ma non avrebbero mai potuto esistere. Egli afferma testualmente: “E’ evidente che una adeguata armonia tra gli organi che interagiscono gli uni sugli altri, è una condizione necessaria per l'esistenza dell'essere cui essi appartengono, e se una di queste funzioni si modificasse in modo incompatibile con la modificazione delle altre, questo essere non potrebbe esistere”. 23 “Molti degli esemplari fossili rinvenuti erano incompleti, o consistevano soltanto di frammenti o di gruppi di ossa. In altri casi ossa appartenenti a specie diverse si ritrovavano mescolate tra loro, e al paleontologo si presentava l'arduo problema di riunire i piccoli pezzi, e di stabilire quali ossa corrispondevano alle altre. Era a questo proposito che il principio della correlazione delle parti di Cuvier si rivelava, chiaramente, della massima utilità. Cuvier svolse il suo lavoro durante le due prime decadi del secolo, e morì nel 1832 (nello stesso anno di Goethe). I metodi di classificazione e di analisi di Cuvier furono esplicitamente proposti come modelli per lo studio di costruzioni e di manufatti di utilità pratica, per la prima volta, in Francia, da E. E. Viollet-le-Duc, ed in Svizzera da G. Semper, i quali scrissero entrambi dopo la seconda metà dell'ottocento.” 24 TPF TPF FPT FPT 23 G. Cuvier_Lecons d’Anatomie Comparée_Parigi 1805. Citato in R. Lee_Memoirs of Baron Cuvier. TP PT 24 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 41 Nella sua espressione più semplice, l'analogia anatomica applicata alle costruzioni consiste in un elementare paragone tra lo scheletro dell' animale e le strutture di sostegno, come colonne, travi, pilastri e volte. Horatio Greenough dichiara, così, (negli anni intorno al 1850) che “i principi dell'edilizia possono essere appresi dallo studio degli scheletri e dalle pelli di animali e insetti” 25 . In seguito, con le intelaiature di acciaio usate dagli architetti di Chicago tra gli anni 1880 e 1890, la separazione della “pelle” dell'edificio dalle sue “ossa” strutturali, fu definitiva, e la metafora divenne particolarmente appropriata. Per Le Corbusier le tradizionali costruzioni in pietra delle mura portanti devono essere paragonate ai gusci ossei contrattili della tartaruga e dell' aragosta. Inversamente, il moderno tipo di struttura colonnare isolata di calcestruzzo o di acciaio corrisponderebbe ad uno scheletro interno, mentre le mura perimetrali e divisorie, che non hanno una funzione di sostegno ma semplicemente quella di dividere lo spazio e di proteggere dagli elementi esterni, equivarrebbero alle membrane e alla pelle. Questo paragone tra la disposizione delle strutture nelle costruzioni, e la forma dello scheletro negli animali, si ritrova per lo meno già dal 1770, quando J.R. Perronet diceva a proposito delle cattedrali gotiche: “Il fascino di queste costruzioni consiste in gran parte nel fatto che esse erano costruite, in un certo senso, a imitazione della struttura degli animali; le alte, delicate colonne, gli intrecci con le nervature trasversali, le TPF FPT 25 H. Greenough_Form and Function, Remarks on Art, Design and Architecture_ed.H.A. Small_Los Angeles_1947. TP PT 42 nervature e i costoloni diagonali, potrebbero essere paragonati alle ossa, e le pietre piccole ed i conci rastremati, spessi solo quattro o cinque pollici, alla pelle di questi stessi animali. Queste costruzioni potrebbero sussistere autonomamente, come uno scheletro, o le coordinate di una barca, che sembrano essere costruite su modelli simili”. 26 Uno dei temi ricorrenti nella teoria architettonica del diciannovesimo secolo sostiene che alcune costruzioni storiche, ma soprattutto le cattedrali francesi del dodicesimo e tredicesimo secolo, mostrerebbero una assoluta razionalità ed economia di strutture, e proprio da ciò deriverebbero la loro bellezza. Questo è il cosiddetto ' Razionalismo Gotico ' del quale Eugene Emmanuel Viollet-le-Duc fu il maggiore sostenitore. R. D. Middleton, in una dissertazione su 'Viollet-le-Duc and the Rational Gothic Tradition' , ripercorre le fasi di questo concetto, fino al già riportato passo di Perronet, dove questi sostiene che nello stile gotico, a differenza della massa e del volume che caratterizzavano, per esempio, la costruzione romana, il peso era ridotto al minimo indispensabile, e opposte forze strutturali erano esattamente distribuite negli ingegnosi sistemi di volte controbilanciate, di massetti e di contrafforti messi a punto dai costruttori gotici. Viollet-le-Duc , in un passaggio tratto dal Dictionnaire Raisonné de l'Architecture Française - opera in cui egli espone la sua filosofia razionale della struttura architettonica - dice: «come, vedendo la foglia di una TPF FPT 26 Da una lettera di Perronet al Mercuri de France, Aprile 1770_Citato in R.D. Middleton_Viollet le Duc and the Rational Gothic Tradition_1958. TP PT 43 pianta, se ne può dedurre l'intera pianta, dall'osso di un animale, l'intero animale, così, vedendo una sezione trasversale, si deducono gli elementi architettonici, e, dagli elementi, l'intero monumento». Questo metodo di deduzione, che segue palesemente i principi anatomici della “correlazione delle parti” di Cuvier, è illustrato mirabilmente nel rapporto tra la volta e la colonna nello stile gotico. Dal momento che il modello delle nervature deriva logicamente, ed inevitabilmente, dalla forma della volta, e l'esatto profilo della colonna in sezione trasversale è determinato dalle nervature e dal modo in cui queste sono diminuite sulla testa della colonna, sarebbe possibile, in linea di massima, per un abile studioso di storia dell'arte e, al tempo stesso, ingegnere risalire al processo inverso, e, da una parte di una sola struttura, inferire, o ricostruire, tutte le altre. “Viollet-le-Duc è noto, oltre che per i suoi scritti teorici, anche per il suo approfondito lavoro al restauro dei monumenti gotici in Francia. Si potrebbe essere indotti a supporre, allora, che il menzionato Cuvier sia una allusione alla possibilità di usare, per analogia, le regole di anatomia nelle ricostruzioni dei “fossili architettonici”: per ristrutturare i “monumenti dei tempi passati”, volendo usare l'espressione di Cuvier. Stranamente, non è così, ed è invece ai generali principi di classificazione che Viollet-le-Duc si rifà.” 27 Dobbiamo aspettare Le Corbusier per trovare paragoni biologici tra la fisiologia della respirazione e la ventilazione degli edifici, tra il sistema nervoso e le reti TPF FPT 27 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 44 per la conduzione dell'elettricità e i servizi di comunicazione telefonici in un edificio o una città, tra l'intestino ed i tubi di scarico ed i sistemi per i rifiuti, e, l'analogia preferita fra tutte, quella tra la circolazione del sangue e la circolazione delle persone o del traffico. Vi è un aspetto in un certo senso più tecnico e specifico dell'analogia in architettura, comunque, che deriva direttamente dai concetti centrali dell'anatomia di Cuvier. Si tratta del “principio di similitudine”. 1.4.2 Il principio di similitudine “Come importante conseguenza della correlazione delle parti, si presuppose che le relazioni funzionali non dovessero determinare soltanto la necessaria e contemporanea presenza di vari organi combinati sistematicamente, ma che stabilissero anche le proporzioni e le dimensioni del globale aspetto di una creatura. Ad esempio, un uccello le cui dimensioni fossero il doppio di quelle di un altro, avrebbe un peso circa otto volte maggiore, in proporzione alla mole. Ma se dovesse avere esattamente la stessa sagoma, semplicemente “ingrandita in scala” per così dire, avrebbe un'apertura alare quattro volte più ampia per sostenere il peso maggiore. Ne consegue che le proporzioni dell' ala, rispetto alla dimensione del corpo, devono essere differenti nell'uccello più grande, per rispettare questa considerazione. Molti studiosi hanno evidenziato la attinenza tra questo tipo di effetto, e i sistemi di proporzione architettonica e i problemi strutturali e di ingegneria, in una costruzione. In realtà , non fu Cuvier che concepì per primo il principio di similitudine, sebbene abbia collocato i suoi studi nella 45 generale struttura dell'anatomia funzionale ed abbia fatto riferimento alle sue conseguenze. Il principio risale a Galileo che per primo ne valutò gli effetti e ne trovò molte dimostrazioni, sia nel mondo della natura che nel mondo dell'edilizia. L'essenza del principio è che in corpi costruiti similmente, cioè aventi la stessa forma, la relazione tra le parti varierà al variare della dimensione. La mole dei corpi sarà direttamente proporzionale al cubo delle loro dimensioni lineari, e così massa e peso tenderanno a variare allo stesso modo; mentre l' area della superficie totale, o l' area della sezione trasversale delle parti, e quindi la loro forza meccanica, saranno direttamente proporzionali al quadrato delle dimensioni.” 28 In ingegneria lo studio di questa classe di problemi è chiamato analisi dimensionale; esso ha come implicazione che ponti, travi o altre strutture, aventi esattamente lo stesso design, varieranno in robustezza secondo un determinato spessore, in base alla loro dimensione globale. Un modello in miniatura che sia simile in ogni proporzione alla struttura a grandezza naturale, non darà quindi una rappresentazione “in scala reale” della prestazione meccanica della struttura. Uno studioso che si interessò al principio di similitudine fu Herbert Spencer, la cui filosofia sintetica e sociologia fu edificata sui fondamenti della biologia; egli originariamente, compiuti i relativi studi, aveva praticato la professione di ingegnere. Spencer mostrò come le conseguenze della similitudine ponessero limiti alla dimensione delle cellule, spiegando, di conseguenza, perchè animali molto grandi e molto piccoli abbiano entrambi cellule più o meno della stessa dimensione. TPF FPT 28 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 46 Spencer, per analogia, applicò gli stessi principi in sociologia, dove essi suggerivano possibili spiegazioni sulle dimensioni e sulla relativa coesione dei gruppi sociali. Nell'ambito della biologia, Galileo aveva mostrato il disegno di due ossa di differente lunghezza, la cui robustezza permetteva di sostenere dei pesi in proporzione alle loro dimensioni lineari. “L'osso più lungo è molto più spesso rispetto a quello più corto” 29 . La sua spiegazione mostra, ad esempio, il motivo per cui le zampe di un elefante sono così spesse, e perchè non possano esistere delle creature terrestri molto più grandi dell'elefante, dal momento che il peso gravante nel camminare e nel correre diventerebbe troppo grande, e il necessario spessore della zampa renderebbe ogni movimento troppo impacciato. Soltanto le balene ed i grossi pesci evitano questo problema, poiché i loro corpi sono sospesi nell'acqua, ed i loro scheletri non sono quindi soggetti allo stesso modo agli effetti delle gravità. Gli ippopotami, come i più grandi dinosauri preistorici, sono anch'essi aiutati dalla loro natura in parte anfibia. TPF 29 TP PT FPT G. Galilei_Dialoghi su Due Nuove Scienze. 47 Galileo Galilei_diagramma che mostra ossa di proporzioni diverse, per illustrare il principio di similitudine_da Discorsi e Dimostrazioni Matematiche Intorno a due Nuove Scienze. Viollet-le-Duc richiamò l'attenzione sul modo in cui considerazioni simili dovrebbero essere applicate, in edilizia, alle strutture colonnari. Le proporzioni, egli sostiene, devono essere determinate non solo in maniera assoluta, ma in relazione al materiale, al design in questione e alla sua funzione: “Nell'arte dell'architettura, non è possibile stabilire la seguente formula; che 2 sta a 4 come 200 sta a 400 in quanto, se si può collocare un architrave lungo 4 metri su colonne alte 2 metri, non si può invece mettere, su 2 colonne alte 200 metri, un architrave di 400 metri. Per cambiare scala, l'architetto deve cambiare metodo, e lo stile consiste esattamente nello scegliere il metodo 48 appropriato alla proporzione, usando questa parola nella sua più ampia definizione”. 30 Eidlitz fu tra quei critici del diciannovesimo secolo che trattarono simili argomenti. Egli diede una spiegazione matematica più completa rispetto a Viollet-le-Duc, delle conseguenze dimensionali in questione, in relazione alla speciale questione del design delle colonne classiche. Le scuole avevano sempre insegnato che le proporzioni degli ordini classici erano stabilite in base a determinati rapporti numerici; di conseguenza, Ie colonne avrebbero avuto una forza uguale, qualunque fosse stata la loro dimensione. Eidlitz fa notare che il raddoppiamento delle dimensioni di una struttura colonnare comporta un aumento otto volte maggiore del peso gravante su ogni colonna. D'Arcy Thompson dedica la maggior, Parte di un capitolo - ' On Magnitude' - al principio di similitudine, “che ha molte conseguenze sottili e di vasta portata per la conformazione degli animali” 31 . “Nel caso degli organismi, molte caratteristiche sono direttamente proporzionali al cubo delle dimensioni lineari, incluso la respirazione tramite tessuti, o la combustione e la produzione del calore. La robustezza delle ossa, i muscoli, i fusti delle piante, gli apparati respiratori (poiché questi dipendono dall'ampiezza della superficie attraverso cui l'ossigeno è assorbito), le superfici per l'assimilazione del cibo nello stomaco, e la cessione di calore all'atmosfera tramite la pelle, sono invece TPF FPT TPF FPT 30 E.E. Viollet-le-Duc_Dictionnaire Raisonné de l’Architecture Francaise. 31 D’Arcy W. Thompson_Design: A Treatise on the Discovery of Form_Oxford_1937. TP PT TP PT 49 direttamente proporzionali al quadrato delle dimensioni” 32 . Questi dati forniscono i motivi per cui “vi è un limite più ristretto per le dimensioni delle creature a sangue caldo, e spiegano perché gli animali più piccoli, come il topo, debbano continuamente mangiare; perché i colibrì, le api e alcuni insetti vivono di nettare, “il cibo più ricco e più concentrato“; perché le pulci e le cavallette possono saltare così in alto, rispetto alle loro dimensioni, ma tuttavia la massima altezza alla quale pulci, uomini e cavalli possono saltare è più o meno la stessa; perchè gli uccelli più grandi devono volare più velocemente; perché gli insetti possono camminare sui muri e sui soffitti; perché gli alberi non possono essere più alti di trecento piedi; e, allo stesso modo, sono spiegate anche molte altre sorprendenti ed influenti limitazioni nella varietà delle forme naturali e nel comportamento degli animali.” 33 Alcuni effetti equivalenti possono essere osservati in architettura. La quantità di spazio previsto in una costruzione è spesso praticamente espressa in termini della totale area del pavimento, ma ciò è fuorviante poiché una certa costante, o almeno una minima altezza pavimento-soffitto, è generalmente data per scontata, e quindi l'effettiva quantità di spazio visibile è in realtà una funzione del volume costruito. Altre importanti proprietà della forma architettonica sono comunque connesse all' area. L'area edificabile occupata TPF TPF FPT FPT 32 J.T. Bonner_Morphogenesis: An Essay on Development_Princeton_1952. TP PT 33 TP PT D’Arcy W. Thompson_On the Growth and Form. 50 può essere importante, mentre l'area della superficie esterna della costruzione lo sarà sicuramente, dal momento che questa è significativamente collegata sia al costo (essendo infatti il , rivestimento esterno un elemento importante nei costi totali), sia alla cessione di calore all'atmosfera, per conduzione, sia ancora alla necessità di un' area destinata alle vetrate per l'illuminazione. Nobbs considera che, per quest'ultimo particolare motivo: “La forma di una villa di duecento stanze non può essere l'ingrandimento della forma di una casa di due stanze. Una giovane pianta con quattro foglioline, è una cosa molto differente, dal punto di vista del design, da una pianta con un centinaio di grandi foglie e cinquanta fiori”. 34 Egli sottolinea come la forma dell'edificio possa essere allungata in modo indefinito per permettere un aumento del numero delle stanze, o possa essere aumentata in altezza ai limiti delle possibilità strutturale, mentre la profondità è fissata dal problema della luce del giorno. Più che rifarci a canoni fissi per la profondità, possiamo esprimere la esigenza della luce in un certo senso, approssimativamente, come la richiesta di una determinata area di superficie murale per unità di volume. Noi vediamo come nelle costruzioni molto grandi destinate ad uffici, questa proporzione sia rispettata costruendo ad alte torri o a lunghi blocchi, impiegando lastroni di calcestruzzo, mentre in costruzioni ancora più grandi, come gli enormi grattacieli di cristallo ideati da Le Corbusier per il progetto “Voisin” di Parigi, la forma è interrotta da una serie di sporgenti alette, in modo da convogliare la luce ad ogni parte. TPF 34 TP PT FPT P.E. Nobbs_ A Treatise on the Discovery of Form. 51 In America, il tipico quartiere degli affari con serie di grattacieli disposti secondo una schema planimetrico a reticolato - come a Manhattan - mostra come, su scala ancora più vasta, questo effetto di piegatura impiegato per incrementare l'area a disposizione vada oltre un sistema di corrugazione nel piano orizzontale, ma solo per mutarsi in un sistema di punte verticali distinte tra loro. D'Arcy Thompson spiega come, per differenti ragioni, varie superfici del corpo aumentano la loro area grazie ad una simile conformazione. Pertanto, ad esempio, i villi delle pareti dell'intestino aumentano la superficie disponibile per l'assorbimento, più o meno nello stesso modo, afferma D'Arcy Thompson, in cui aumentiamo l'effettiva area assorbente di una asciugamano da bagno, realizzando un tessuto con numerosi, separati nodini di filo sporgenti. Un banco di coralli è un altro esempio naturale di una superficie molto ampliata per il volume dato. “In una sua famosa osservazione, Buckminster Fuller, nota come nella disposizione geometrica di Manhattan e dei suoi edifici, la soluzione dei problemi di riscaldamento sia inconciliabile con i problemi relativi all'illuminazione. Egli rileva infatti che, difficilmente, un ingegnere avrebbe potuto concepire una forma più favorevole alla dispersione di quel calore che è tanto costosamente e continuatamente prodotto in ogni edificio durante gli inverni newyorkesi. La sagoma dentellata è come l'aletta di raffreddamento del motore di una motocicletta. Un fattore agisce in opposizione all'altro; un aumento dell' area della superficie è necessario per la luce, ma un'area ridotta è preferibile ai fini della ritenzione del calore. (In estate, ovviamente, il problema termico è opposto. Si cerca di cedere calore, e perciò la forma corrugata e alta 52 è preferibile. Considerando il clima di New York, tra il problema del riscaldamento invernale e quello del raffreddamento estivo, il maggiore è quello che riguarda l'estate. Fuller applica il principio di similitudine alle sue cupole emisferiche , geodetiche, mostrando come volte più ampie perderanno calore meno velocemente, per lo stesso motivo per il quale, su scala molto più vasta, la terra riesce a mantenere una temperatura interna così alta, dal momento che la perdita di calore per il raffreddamento in superficie ha relativamente poco effetto (sebbene la massa termica di un corpo solido come la terra sia, naturalmente, relativamente molto maggiore rispetto a quella di una struttura vuota quale è, ad esempio, una volta, senza calcolare la conseguenza della dimensione sulla proporzione tra superficie e volume). Una implicazione del principio di similitudine che non sembra, comunque, aver colpito Fuller, è connessa al suo sistema di geometria “energeticosinergetica” che è destinato, tra le altre cose, ad essere utilizzato nel design delle strutture, presentando un “omnidirezionale equilibrio di forze”. In natura è solo nel caso di organismi molto piccoli, quali, ad esempio, il Radiolario e altre minuscole creature marine, che la forza di gravità cessa a tale riguardo di avere importanza (a causa dell'elevata superficie rispetto alla proporzione del volume) e le uniche forze agenti sulla forma (in modo uguale in ogni direzione) sono quelle della tensione di superficie. Di conseguenza, queste creature, uniche nel mondo organico, assumono forme tridimensionalmente del tutto simmetriche, spesso sferiche, alcune delle quali ricordano molto le strutture geodetiche di Fuller. E inoltre, 53 in una scala ancora minore, le forme di alcuni virus, che sono probabilmente determinate dalla pressione esercitata sul possibile assembramento di unità di uguali dimensioni, e non sono certamente soggette alla influenza della gravità, condividono anch'esse le esatte proprietà geometriche delle volte di Fuller. Ma, su scala architettonica, prevalgono condizioni molto differenti, e la unidirezionale forza di gravità è della massima importanza”. 35 Seguendo D'Arcy Thompson, lo studio del problema della dimensione, e delle sue conseguenze sulla forma organica, fu approfonditamente sviluppato in biologia da Julian Huxley e da altri, sotto il nome di allometria. Huxley stesso fu particolarmente interessato a dare un tipo di approccio matematico allo studio della crescita degli organismi. Dal principio di similitudine ne consegue che, quando nel corso della loro vita aumenta (o diminuisce) la dimensione di un animale o di una pianta, se tali organismi devono mantenere la stessa identica forma, allora il rapporto dell' area e del volume, rispetto alla dimensione lineare, deve cambiare. Vicendevolmente, ed è ciò che avviene più frequentemente, le proporzioni e la forma cambiano per compensare, da un punto di vista funzionale, gli effetti dimensionali. Pertanto, le proporzioni della testa, del tronco e degli arti in un neonato sono molto differenti da quelle del corpo di un uomo in età matura. Huxley e altri si sono interessati, nei loro studi allometrici, ai differenti ritmi di crescita attraverso i quali queste relazioni TPF FPT 35 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 54 reciproche delle varie parti si alterano durante lo sviluppo. 55 1.5 L’ANALOGIA ECOLOGICA L'esposizione del principio di similitudine e delle sue conseguenze, è servita a mostrare la relazione tra alcune delle funzioni del corpo organico e la sua sagoma o forma, ed a provare che una simile relazione esiste anche tra certe funzioni delle costruzioni e le loro sagome. Si trattava di funzioni architettoniche alquanto generiche, riportabili a costruzioni di quasi tutti i tipi: misurazione dello spazio fruibile e il suo rapporto con l'area del luogo occupato; la ritenzione o la perdita di calore e l'accesso della luce del giorno in quanto entrambi colpiscono l'area superficiale dei muri e del tetto; il transito degli occupanti per i corridoi, per le scale e negli ascensori. Vi potrebbero ovviamente essere altri modi, che non abbiano particolare attinenza con questi effetti dimensionali, in cui le forme delle costruzioni potrebbero corrispondere, e potrebbero essere fatte per esprimere, alle specifiche funzioni che svolgono nel riparare dagli effetti del clima, nell' allocare attività private e sociali. Questi differenti modi potrebbero essere in relazione con la dimensione, le forme e la relativa disposizione delle stanze, la collocazione di porte e finestre, le inclinazioni e le sporgenze dei tetti: le possibilità sono virtualmente infinite. “Ci si potrebbe aspettare che dalle differenze risultanti dalla sistemazione di vari tipi di attività sociale si possa ricavare un insieme di specifiche forme globali di costruzioni, rispettivamente adibibili a tali specifici usi: teatri, stazioni ferroviarie, edifici per uffici e così via. Allo stesso tempo si potrebbe sostenere che anche le funzioni dell'architettura di difendere dagli effetti climatici 56 influirebbero sulla forma, e così le differenze tra le fogge di varie costruzioni si ritroverebbero ad essere connesse alle differenti condizioni climatiche - ove il problema principale sia quello di rendere fresco l'interno o di mantenerlo caldo, di riparare dalla pioggia o dalla neve, o cose simili. In base a motivi simili i separati elementi funzionali, o i singoli spazi delle costruzioni, avrebbero le loro forme tipiche; e, allo stesso modo, nel campo delle arti applicate tutti i tipi di arnesi, attrezzi, utensili domestici e similari, avrebbero le loro caratteristiche forme geometriche, adatte ai differenti scopi cui devono servire. Nell'anatomia comparata di Cuvier, la coordinazione delle parti interne del corpo doveva essere considerata in relazione alle condizioni esterne o all'habitat dell'animale. Creature che si nutrono di un determinato tipo di cibo avrebbero un adeguato sistema di organi per l'alimentazione e la digestione; animali che vivono nell'acqua, nel mare o nell'aria avrebbero appropriati organi di locomozione. E’ difficile, e probabilmente inutile, cercare di definire quale sia in termini globali, la ' funzione ' di un animale - forse dal punto di vista darwiniano è quella di perpetuare e riprodurre la sua specie, ma si può chiaramente affermare che i separati organi del corpo svolgono specifiche funzioni, e che queste funzioni sono collegate direttamente, o indirettamente, al genere di ambiente in cui vive l'animale - pinne per nuotare, determinati tipi di denti per mangiare carne o erba, e così via.” 36 TPF FPT 36 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 57 Si ha qui l'evidente base per un’analogia “ecologica” alquanto semplice, un’analogia che è fin troppo comune nella letteratura del funzionalismo del diciannovesimo secolo e nel movimento moderno: sia negli animali, che nei manufatti, la forma è collegata alla funzione, e la funzione è collegata all’ambiente. La misura in cui la forma segue, o si confà, alla funzione e all'ambiente, in entrambi i casi potrebbe essere espressa in termini di “adattamento” o ancora (dopo Darwin e Spencer) in termini di “appropriatezza”. Pertanto Grenough dice, nel ricercare principi costituzionali architettonici nelle forme degli animali e degli uccelli: “Non siamo fortemente colpiti dalla loro varietà, così come dalla loro bellezza? Non vi è alcuna assoluta legge di proporzione, nessun rigido modello di forma. Vi è difficilmente una parte dell'organismo animale che noi non troviamo allungata o accorciata, aumentata, diminuita o eliminata, come le esigenze del genere o della specie impongono, come la loro posizione o la loro attività possono richiedere.” 37 “La legge di adattamento - Greenough asserisce - è la fondamentale legge di natura di ogni struttura”. Sebbene la varietà delle forme in natura potrebbe sembrare bizzarra all'osservatore casuale e, sebbene tali forme potrebbero sembrare la dimostrazione dell'” Onnipotenza che gioca per puro amore della varietà” , in realtà ogni dettaglio della forma organica, egli sostiene, ha un suo scopo funzionale; anche il colore delle piante e dei fiori che serve ad attrarre e a guidare gli insetti per TPF FPT 37 H. Greenough_Form and Function, Remarks on Art, Design and Architecture_ed.H.A. Small_Los Angeles_1947. TP PT 58 l'impollinazione, o il colore degli animali, che ha il fine di mimetizzare, o di conferire un aspetto aggressivo. “Se nelle opere del Creatore vi è un qualche principio di struttura impresso più chiaramente di tutti gli altri, questo è proprio il principio del pertinace adattamento delle forme alle funzioni” 38 . Attraverso uno studio di questo principio di adattamento in natura, l'architetto può giungere a precisi principi di edilizia. Ciò comporterà uno studio del clima al quale la costruzione sarà esposta, del luogo per il quale è progettata, del tipo di istituzione che accoglierà, e delle differenti richieste dei fruitori della costruzione. Leopold Eidlitz afferma da un simile punto di vista: “In natura le forme sono il prodotto dell'ambiente. L'ambiente determina la funzione, e le forme sono il risultato della funzione». Le forme edili devono essere adattate, in modo equivalente, all'ambiente in cui sono situate, grazie all'abilità dell'architetto, « finché le funzioni risultanti [da questo ambiente] siano completamente espresse nell'organismo [architettonico] “. 39 Probabilmente la più famosa, e sicuramente la più concisa enunciazione dell'intero concetto è il ben noto aforisma di Sullivan: “La forma segue la funzione” . Due sezioni della lunga serie delle Kindergarten Chats di Sullivan, che sono presentate sotto forma di una sorta di dialogo in forma drammatica tra un professore d'architettura (Sullivan) e il suo giovane studente, hanno TPF FPT TPF FPT 38 H. Greenough_Form and Function, Remarks on Art, Design and Architecture_ed.H.A. Small_Los Angeles_1947. TP PT 39 L. Eidlitz_The Nature and Function of Art, More Especially of Architecture. TP PT 59 il titolo di “Funzione e Forma”. Sullivan afferma, attraverso la figura del professore, che la relazione tra forma e funzione è mostrata in ogni creazione della natura. Gli alberi sono il suo esempio più frequente, ma questa relazione è ugualmente vista nel regno animale, minerale, nella vita umana, proprio in qualsiasi cosa che « la mente possa afferrare ». Come egli afferma, in natura « è ovvio che una cosa somigli a ciò che è, e, viceversa, che sia ciò a cui somiglia». 40 Come modello funzionalista normativo per il design architettonico, questo è alquanto lineare e semplice. Lo scopo di una costruzione dovrebbe essere chiaramente espresso nella sua forma generale; la struttura dovrebbe essere coerente e comprensibile; dovrebbe essere immediatamente evidente quale tipo di azienda o attività la costruzione accolga. Facendo eco alle parole del maestro, lo studente, in Kindergarten Chats, afferma che “se noi definiamo una costruzione una forma, allora vi dovrebbe essere una funzione, uno scopo, un motivo per ogni edificio, una definitiva ed esplicabile relazione tra la forma, lo sviluppo di ogni costruzione e le cause che determinano la sua particolare foggia; e la costruzione, perchè sia buona architettura, deve, prima di tutto, corrispondere alla sua funzione, ne deve essere l'immagine, come lei [il professore] direbbe“. 41 Se l'analogia ecologica comunque, è sviluppata in ogni dettaglio, sorge il problema di stabilire esattamente in cosa consista, o a cosa si riferisca, l'ambiente di una costruzione o un manufatto. TPF FPT TPF 40 TP PT 41 TP PT FPT L.H. Sullivan_Kindergarten Chats. L.H. Sullivan_Kindergarten Chats. 60 Lo stesso vale per molti manufatti più piccoli, che devono adattarsi, armonizzare o poter essere associati con altri manufatti, con entità naturali, o con la forma del corpo umano (ad esempio abiti, scarpe, mobili, maniglie di attrezzi). Poi vi è la questione dell'ambiente materiale e tecnologico del manufatto, che influirà sui materiali disponibili con cui potrebbe essere costruito, e gli attrezzi ed i processi di fabbricazione che possono essere adoperati per farlo. Oltre che a fattori fisici relativi a materiali e tecniche di produzione, è necessario considerare quelli che sono gli elementi ambientali, elementi senza dubbio estremamente importanti, sebbene alquanto indefiniti e più astratti. Si tratta degli ambienti sociali, economici e culturali in cui viene a crearsi l'esigenza del manufatto affinché soddisfi attività e gusti, e dove i limiti del possibile consumo di materiali e di tempo impiegati nella sua fabbricazione sono definiti. Steadman suggerisce che anche “la personalità e l'abilità del designer o dell'artigiano formano parte dell'ambiente dell'oggetto realizzato, sebbene essi, più ragionevolmente, potrebbero essere considerati come mediatori tra il manufatto e l'ambiente, e come mezzi attraverso cui è prodotto l'adattamento, o la corrispondenza, tra l'uno e l'altro. Se, per così dire, vi sono differenti ambienti per costruzioni realizzate in differenti aree geografiche o in differenti periodi storici, allora ci si può attendere che la forma di tali costruzioni vari corrispondentemente; presupponendo che le forme siano in ogni caso convenientemente adattate alle circostanze preponderanti. Le forme per funzioni identiche o 61 strettamente connesse saranno geograficamente simili, dando pertanto origine alla comparsa di ripetuti esempi di “tipi” di manufatti. E, se c’è un grado di uniformità nelle condizioni sociali, culturali, materiali, tecnologiche che influiscono su tutti i manufatti in un determinato luogo e tempo, allora ci si potrebbe aspettare che persino le costruzioni o gli oggetti utili aventi differenti funzioni, possiedano anch' essi, nondimeno, alcuni tratti stilistici in comune, fornendo così una spiegazione dei periodi stilistici e delle caratteristiche regionali nel complesso dell'architettura e delle arti applicate.” 42 Nel precedente capitolo abbiamo lasciato la questione della classificazione architettonica in un punto in cui l'esigenza pratica della classificazione sembrava scaturire dall'emergere di nuove funzioni sociali per le costruzioni, ma in cui, al tempo stesso, abbastanza paradossalmente, i metodi della tassonomia botanica, che erano discutibilmente presi a modello per la classificazione, si basavano semplicemente su rassomiglianze geometriche o formali, o sulle differenze tra diversi tipi di piante. Questa concezione ecologica della relazione che si instaura, attraverso la loro funzione pratica, tra le forme delle costruzioni e degli altri manufatti, e gli ambienti sociali, culturali e materiali in cui sono prodotti, offre la possibilità per un metodo classificatorio effettivamente funzionale, basato sui tipi di attività sociale cui essi servono o che ospitano, sui materiali e sulle tecniche di costruzione, sulle variazioni TPF FPT 42 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 62 geografiche del clima. In una parola su fattori ambientali di ogni genere. Così troviamo che i criteri di Viollet-le-Duc per la classificazione delle costruzioni sono essenzialmente basati sulla funzione e sui materiali. Come Durand, egli è interessato a ricavare da una classificazione della storia architettonica delle conclusioni per un approccio, o un metodo, relativo alla progettazione di nuove costruzioni. A che serve, egli chiede, che un uomo erediti una splendida libreria, a meno che non riesca in un certo modo a riordinarla, ed essere così in grado di usarla? Allo stesso modo, quale uso del passato può fare l'architetto, come può egli organizzare la classificazione della sua libreria architettonica, in modo da avallare la speranza che da tutto ciò “il sortira l'architecture de l'avenir?“. In base a quali criteri egli descriverebbe questa classificazione delle costruzioni? Egli si rifarebbe, dice Viollet-le-Duc, alle varie esigenze umane e sociali soddisfatte in ogni singolo caso: dare riparo, assembrare, alloggiare varie attività dell'uomo. Poi egli guarderebbe al modo in cui queste esigenze sono soddisfatte: di quali materiali la costruzione è fatta, se si tratta di una struttura permanente o temporanea, e così via. Si tratterebbe quindi di una classificazione funzionale, basata non esclusivamente, o necessariamente, su somiglianze esteriori, ma su somiglianze tra gli scopi delle costruzioni e tra i modi in cui esse sono costruite per adempiere a questi scopi. “Negli scritti di Gottfried Semper, rispetto a Viollet-le-Duc, vi è una primaria preoccupazione per la sistemazione e la classificazione; e con Semper anche il riferimento a Cuvier in questo caso è molto più esplicito, e più ampio. Viollet-le-Duc e Semper erano strettamente 63 contemporanei. È, senza dubbio, possibile immaginare un certo grado di reciproca influenza, dal momento che Viollet-le-Duc possedeva una copia della grande opera di Semper Der Stil, in cui vi erano senza dubbio riferimenti a Viollet-le-Duc. I due, comunque, divergono a proposito degli specifici periodi storici, che essi rispettivamente considerano e che, secondo loro, meglio esemplificherebbero il vero stile; per Viollet-le-Duc è naturalmente il Gotico, mentre l'ammirazione di Semper derivante dalla sua classica educazione tedesca - è per i Greci. Nei suoi scritti, il maggior risalto è dato all'artigianato e al design di oggetti per la casa, piuttosto che all'architettura. Effettivamente, i due volumi completati di Der Stil sono interamente dedicati al tema del lavoro artigianale e alla decorazione, mentre non fu mai completato il progettato terzo volume sull'architettura.” 43 Nello schema descrittivo di Semper, “le varie parti della costruzione corrispondono ai quattro materiali base: costruzione in legno nel tetto, e in pietra per le fondamenta e basamento, mentre, con un'argomentazione alquanto forzata e poco convincente, la parte centrale con le sue stoviglie sarebbe connessa alla ceramica, e le mura divisorie ai tessuti.” 44 In realtà, non è rigorosamente corretto dire che i materiali di costruzione forniscono i criteri di classificazione nello schema di Semper, poiché i materiali in questione, in ogni caso, sono associati da Semper con proprietà TPF FPT TPF FPT 43 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 44 TP PT G. Semper_Der Stil. 64 caratteristiche che ne determinano la solidità, usi strutturali e, di conseguenza, i modi in cui essi sono variamente lavorati ed accostati tra loro. Il principio dei materiali tessili è quello di fibre sottili, flessibili, resistenti, che possono essere lavorate a trecce, o tessute. La ceramica ha la proprietà di essere malleabile, e di poter essere plasmata prima di essere infornata, mentre, una volta induritasi, conserva la sua forma definitiva. I lavori di carpenteria e falegnameria sfruttano la caratteristica proprietà del legname costituito da lunghe travi molto elastiche con una certa resistenza ad essere piegate - combinando queste travi in rigide strutture. Nei lavori di muratura infine, i pezzi componenti sono duri, molto resistenti sotto compressione, modellati tramite scalpello, e disposti l'uno sull'altro in serie di blocchi. Queste qualità e metodi di assemblaggio potrebbero servire per classificare altri materiali (e tra quelli omessi i più ovvi sono i metalli) secondo i quattro tipi-base. Per esempio, il metallo potrebbe essere plasmato, come la ceramica, o lavorato in barre e unito in intelaiature, come il legname. Non è particolarmente importante determinare in questa sede se le categorie della classificazione di Semper siano utili o convincenti; ciò che è rilevante è il principio generale di classificazione, ed è chiaro che esso si fonda prima di tutto sulla funzione, e in secondo luogo sul materiale e su fattori tecnologici. Possiamo ritornare ora alla biologia, ed esaminare ciò che Semper vide nei metodi di classificazione di Cuvier. Nel 1826 visita, e ne rimase molto colpito, la esposizione di animali del Jardin des Plantes. Egli lascia chiaramente intendere, sia attraverso riferimenti espliciti, sia nelle trattazioni di paleozoologia dei suoi scritti, la sua 65 familiarità con le opere stampate di Cuvier. Egli descrive il museo di Cuvier, e, in una conferenza che tenne alla Marlborough House durante il suo soggiorno in Inghilterra, intorno al 1850, traccia l'analogia con un prospettato metodo comparativo di analisi in arte e in architettura. Egli dice: “In questa magnifica raccolta ... noi percepiamo i tipi di tutte le forme più complesse del regno animale, noi vediamo progredire la natura, con tutta la sua varietà ed immensa ricchezza, molto parsimoniosa ed economa nelle sue forme e motivi fondamentali; noi vediamo lo stesso scheletro ripetersi continuamente, ma con innumerevoli varianti, modificato dal graduale sviluppo degli individui e dalle condizioni di vita che dovevano soddisfare. Un metodo analogo a quello seguito da Cuvier, applicato all'arte, e in particolare modo all’architettura, contribuirebbe almeno a gettare luce sul suo intero settore, e forse costituirebbe la base della dottrina dello stile e una sorta di materia o metodo per come inventare ... “. 45 Quest'ultima frase è particolarmente indicativa del modo in cui Semper vede tale procedimento andare al di là di una semplice classificazione analitica, ai fini di fornire una base per metodi sintetici per il design. Né Semper né Viollet-le-Duc fanno espliciti riferimenti al principio classificatorio della subordinazione dei caratteri o all'uso fattone da Cuvier. Il fatto, comunque, è che l'analogia con le arti applicate e l'architettura tiene conto dell'interpretazione di questo concetto, così come aveva tenuto conto della correlazione delle parti. Il significato della subordinazione dei caratteri era, ricordiamo, che determinati organi o parti del corpo avevano, rispetto ad TPF 45 TP PT FPT L.D. Ettlinger_On Science, Industry and Art. 66 altri, una importanza preponderante ai fini del funzionamento di tutto l'insieme (come ad esempio il cervello e il sistema circolatorio), e che vi erano minori possibilità che queste parti chiave funzionali variassero, rispetto ai tratti meno importanti e periferici, o riguardanti l' aspetto esteriore. Nel razionalismo in architettura l'equivalente di una tale regola ammetterebbe che alcune importanti caratteristiche o membri strutturali possano essere standardizzate, rimanere invariate in costruzioni aventi funzioni e fabbricazione simili (come ad esempio i basilari elementi strutturali del sistema di volte delle cattedrali Gotiche), mentre gli elementi esterni, la decorazione e piccoli dettagli potrebbero essere oggetto di notevoli e imprevedibili variazioni. Questa interpretazione concorderebbe sicuramente con la visione di Viollet-leDuc su tale argomento, e qualcosa di equivalente potrebbe , ragionevolmente, essere indicato come un'implicazione di quella di Semper. Ne conseguirebbe, ai fini di una classificazione di manufatti e costruzioni rispetto alla funzione, che tale classificazione dovrebbe essere fatta in base a fondamentali affinità di funzione o di disposizione strutturale, riferendosi ben poco a caratteristiche superficiali aventi una importanza funzionale minore. E’ ovvio che una classificazione dei manufatti o delle costruzioni potrebbe essere fatta in un vasto numero di modi, secondo gli interessi del classificatore e gli scopi per i quali la classificazione è fatta. Non c'e bisogno che tali classificazioni, in ogni caso, abbiano attinenza con la forma degli oggetti, qualunque essa sia. Queste potrebbero essere fatte riferendosi agli artisti che hanno disegnato gli oggetti, alla loro data di produzione, alle 67 persone cui sono appartenuti, o ad ognuna delle centinaia di altre simili proprietà o caratteristiche. Quando una classificazione si basa, come quella di Semper, sulla funzione e sui materiali, allora, anche in questo caso, gli oggetti non sono classificati insieme in virtù della somiglianza di forma in sé stessa, ma soltanto in quanto le affinità di funzione e dei materiali di fabbricazione, in base alle quali il raggruppamento è fatto, danno luogo ad affinità di forma, giacché la forma segue la funzione. “Vi sono, comunque, due plausibili ragioni, a parte pure coincidenze, per cui manufatti aventi funzioni attinenti potrebbero avere simile forma geometrica o aspetto. La prima è rappresentata da questi condizionamenti che le limitate caratteristiche del materiale, della manifattura e della funzione impongono alla forma: se una coppa è di vetro o di argilla, se è sagomata o formata al tornio, per quale bevanda è stata progettata, quale cerimoniale o convenzione sociale può essere connesso al suo uso, e così via. In simili condizioni, ci si potrebbe aspettare che le forme risultanti siano paragonabili. La seconda ragione delle affinità della forma nei manufatti è 'genetica': si presuppone che un oggetto sia stato copiato nella sua manifattura da un altro avente una simile funzione; il soffiatore di vetro o il vasaio, nel fare il calice, ha preso un altro calice (sia un calice vero e proprio o l'immagine mentale di un calice) come modello per produrre quello nuovo. Ovviamente le due spiegazioni potrebbero coincidere, e molto più probabilmente coincidono, nello stesso singolo manufatto, ma la separazione concettuale è tuttavia importantissima. 68 Il punto cruciale è che non vi è una effettiva componente temporale o storica nel primo caso, mentre vi è, senza dubbio, nel secondo.” 46 Nella semplice analogia ecologica nelle arti applicate in generale, forme e stili devono essere riportate a condizioni 'ambientali' presenti in differenti momenti temporali. Se tra un periodo storico ed un altro cambiasse l'ambiente, cambierebbero le forme e lo stile; ma qui non si tratta di un qualche storico progresso continuo o autonomo delle forme e degli stili stessi. Laddove si ristabilissero precisamente le stesse condizioni ambientali di un precedente periodo storico, allora, in linea di principio, (sebbene l'esempio sia forse un po' fantastico), altrettanto precisamente avverrebbe lo stesso per le forme. Quando la somiglianza di forma deve essere attribuita alla copiatura, allora ciò implica immediatamente un processo che si estende nel tempo, poichè i designs sono copiati e poi ricopiati di nuovo; e, ciò che più conta, si tratta di un processo direzionale e irreversibile. Stiamo qui rasentando una spiegazione evoluzionistica; ed è a proposito di questa distinzione tra la spiegazione delle somiglianze di forma in termini di somiglianze di ambiente, è la spiegazione in termini di copia (che nell' analogia biologica corrisponderebbe all'eredità) che si apre la grande divergenza tra Cuvier e Darwin. Cuvier, come abbiamo visto, sosteneva fermamente la concezione secondo la quale le specie organiche erano distinte e separate in ogni tempo. Vi era, quindi, per Cuvier una base per la classificazione a livello della specie; egli partiva dal criterio che l'incrocio fosse TPF FPT 46 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 69 possibile solo tra creature della stessa specie, o almeno che solo da queste unioni potesse nascere una prole fertile. Le specie differenti provavano una «avversione reciproca» che impediva loro l'accoppiamento; e, all'interno di ogni specie, tutti gli individui discendevano da un comune progenitore antico. Questa era una asserzione ipotetica che era difficile verificare attraverso osservazione o esperimenti, ma nondimeno rimane essenzialmente lo stesso criterio in base al quale, in linea di principio, sono distinte oggi le specie. La differenza ovviamente consiste nel fatto che la moderna biologia ritiene che una specie possa gradualmente separarsi, possa evolversi in due o più specie sufficientemente distinte perchè, nel tempo, l'incrocio sia possibile. Cuvier non negava che all'interno di una singola specie si potessero universalmente ritrovare leggere variazioni di forma, taglia, colore e così via (un principio che conosciamo bene in base all'esempio della nostra stessa specie); ma riteneva che queste variazioni riguardassero, conformemente al principio della subordinazione dei caratteri, le parti meno importanti e più esteriori degli animali, mentre gli organi di primaria importanza erano rigorosamente invariabili. Darwin e gli altri sostenitori dell'evoluzionismo non negavano il rapporto tra organismo e ambiente, anzi era proprio ciò che essi volevano dimostrare, ma nella teoria darwiniana è attraverso la copia o i processi ereditari che si ottiene l'adattamento all'ambiente. Per Viollet-le-Duc l'argomento è ben illustrato nella sua visione del Gotico. Nella annotazione del Dictionnaire, sotto la voce “Cattedrale”, appare, tra le dettagliate analisi descrittive di molte particolari cattedrali francesi, una immagine che illustra una ipotetica cattedrale. 70 Sebbene ricalchi ampiamente l’originale, anche se mai completamente eseguito, disegno per Rheims, Viollet-leDuc spiega che la figura ha lo scopo di mostrare globalmente il progetto tipico delle cattedrali francesi del tredicesimo secolo. H. Damisch nel suo saggio L'Architecture Raisonnée, definisce la versione di Violletle-Duc della “Cathedrale Ideale” un modello ideale o teorico della cattedrale gotica. Il disegno è visto da Viollet-le-Duc come uno strumento concettuale, finalizzato a rivelare i principi strutturali che sono comuni a tutte le cattedrali realmente costruite; queste reali costruzioni rappresentano una serie di variazioni o trasformazioni (multiples réalisations) dell'unico tipo base teorico. Quest'ultimo ha qualcosa del carattere della pianta archetipica di Goethe, ma concepito in uno spirito alquanto diverso, e per uno scopo del tutto differente. 71 “L'archetipo della cattedrale di Viollet-le-Duc non è concepito come l'equivalente di una sorta d'essenza ultima o platonica; né si vuole suggerire che si presupponeva che questo modello ideale, in ogni modo, esistesse consapevolmente nelle menti dei costruttori di una cattedrale. Esso è inteso piuttosto come un espediente classificatorio o didattico, per facilitare la comprensione. Sembra che una particolare casa caraibica, che fu mostrata tra le raccolte etnografiche nella Great Exhibition del 1851, fu determinante nel suggerire a Semper l'idea dei «quattro elementi dell'architettura » un concetto che egli sviluppò in un libricino stampato lo stesso anno. I quattro elementi archetipici sono combinati insieme nell'Urhutte, la costruzione archetipica da cui, in teoria, tutta l'architettura ebbe inizio. Vi è un'allusione qui, è evidente, all'Urformen di Goethe. Una teoria simile appare in Der Stil nel concetto delle forme-tipo nei manufatti, come le stuoie di tessuto che Semper considera sempre l'origine dei muri divisori in architettura.” 47 TPF FPT 47 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 72 1.6 L’ANALOGIA DARWINIANA Darwin e Wallace presentarono le loro teorie alla comunità scientifica in saggi identici alla Linnaean Society nel 1858. Un anno dopo seguì Ia pubblicazione di The Origin of Species by Means of Natural Selection, senza dubbio il più importante avvenimento per Ia biologia del diciannovesimo secolo. Darwin trae alcune generiche osservazioni da un'enorme raccolta di dati analogici e botanici. La prima osservazione e che Ia maggior parte delle creature viventi genera una prole molto più numerosa di quanto sia semplicemente richiesto per la perpetuazione della specie. Una popolazione, se si tiene conto del solo numero delle nascite, tenderebbe ad aumentare secondo proporzioni geometriche. “Non vi è eccezione alla regola secondo cui ogni essere organico si riproduce ad un così alto tasso, che, se non distrutto, la Terra sarebbe subito coperta dalla prole di una singola coppia. Anche la lenta procreazione dell’uomo è raddoppiata in venti anni, e, di questo passo, in poche migliaia di anni non vi sarà letteralmente più posto fisico per la sua progenie.” 48 Nonostante questa affermazione, sebbene si verifichi una drammatica fluttuazione nella popolazione animale e vegetale, in generale, il numero di ogni singola specie rimane approssimativamente lo stesso da una generazione a quella seguente. Da queste due osservazioni, ne consegue che debba necessariamente TPF FPT 48 C. Darwin_On the Origin of Species by Means of Natural Selection, or Preservation of Favoured Races in the Struggle for Life_Londra_1859. TP PT 73 avvenire una lotta per la sopravvivenza. Questa lotta potrebbe avvenire non solo nella competizione dei giovani per raggiungere Ia maturità; essa potrebbe includere una competizione per ottenere una superiorità nella riproduzione, tramite una grande capacità di accoppiamento, una maggiore fertilità, o in altri modi. La terza, importante osservazione che Darwin trae dai suoi molteplici studi sulla natura, riguarda la variazione. All'interno di ogni singola specie, tutti gli individui non sono esattamente identici; essi variano in tutti i modi, alcuni dei quali possono conferire un vantaggio nella lotta per la sopravvivenza, altri invece uno svantaggio. Di conseguenza, una più alta percentuale di quegli individui che posseggono un determinato vantaggio raggiungerà un pieno sviluppo e si riprodurrà, mentre non avverrà altrettanto a quelli meno dotati. Laddove questi caratteri sono trasmessi ereditariamente, la modificazione dettata dall'adattamento tenderà a diffondersi per Ia popolazione e ad essere perpetuata, mentre quella modificazione svantaggiosa scomparirà. La teoria di Darwin non richiede che solo le caratteristiche positive siano ereditarie: è sufficiente che tutte le modifiche siano trasmesse, indipendentemente dalla loro utilità per l'animale o per Ia specie, poiché solo quelle positive saranno poi conservate attraverso la selezione. In ciò consiste “la sopravvivenza del più adatto” (espressione di Herbert Spencer), il processo della selezione naturale attraverso il quale le forme degli organismi si adattano e si adeguano continuamente al loro ambiente circostante. Ciò avviene non attraverso una serie di forze ambientali che plasmerebbero l'organismo dall'esterno, ma attraverso una serie di cambiamenti spontanei provenienti dall'interno, che sono poi “collaudati” contro 74 l'ambiente; quelli che rappresentano un miglioramento, o conferiscono una maggiore adeguatezza, sono conservati. Darwin aveva dedotto una parte della sua intuizione da un attento studio dei metodi usati dagli allevatori e dai floricultori per provocare delle modificazioni nelle specie domestiche - o anche, apparentemente, per produrre nuove specie - attraverso tecniche di “selezione artificiale” ed egli definì “selezione naturale”, il processo equivalente in natura. I floricultori, ad esempio, non sono in grado di guidare la graduale modificazione di una specie lungo il percorso richiesto tramite qualche diretto intervento da parte loro. Essi devono semplicemente coltivare un vasto numero di piante, attendere fino ad individuare delle singole piante che abbiano, in grado minore, il tipo di carattere che stanno ricercando, selezionare quelle per ulteriori colture, e così via. “La selezione artificiale tende ad essere applicata a quei tratti esteriori dell'aspetto dell'animale o della pianta, che l'allevatore può facilmente notare. Nel caso dei piccioni, ad esempio, si potrebbe trattare di aspetti del tutto superficiali come la coda a ventaglio, o il precipitoso volo a testa in giù del colombo tomboliere. Ma, in altri casi, i caratteri selezionati sono quelli che sono di utilità pratica all'uomo, piuttosto che quelli che attirano solo la sua fantasia: dimensione e sapore nelle frutta e nei vegetali; colore, dimensione e profumo nei fiori, robustezza o velocità nei cavalli, tutti tipi di attitudini utili o di abilità istintive nei cani. La selezione naturale sarebbe in grado di agire su ogni minima variazione della struttura interna come di quella esterna, che l'allevatore di specie domestica potrebbe non necessariamente essere in grado di individuare. Essa agirebbe sempre per il profitto 75 dell'animale stesso, e avrebbe agito per spazi di tempo enormemente maggiori.” 49 Nell'evoluzione organica l'unico scopo predominante, cui ogni modificazione è finalizzata, è quello della sopravvivenza. Questo scopo è raggiunto attraverso una serie di modificazioni delle varie parti, che accrescono il loro contributo per favorire e secondare l'intento principale. Così vi può essere “adeguamento” in un senso del tutto comune, conferito all'animale dal possesso di zampe più lunghe o più resistenti, vista più acuta, denti più aguzzi o ingegno più profondo. È importante comprendere, tuttavia, che l'adattamento non è una qualità assoluta, ma sempre un contributo relativo - relativo al particolare ambiente in cui l'animale o la pianta si trova. Ciò che conferisce adattamento in una serie di circostanze, può essere uno svantaggio altrove. Se vi è una specie che riesce in una determinata area a sfruttare un certo tipo di cibo, nella misura in cui le provviste scarseggiano, allora sarà vantaggioso per un'altra specie sfruttare un cibo differente. L'avere lo stesso chiaro colore della corteccia dell'albero, e quindi mimetizzarsi per gli uccelli predatori, è una modifica che conferisce adattamento a certi lepidotteri. Ma, quando la corteccia è scurita dal fumo industriale, allora è più vantaggioso o più “adatto” per il lepidottero essere di colore nero. Le idee delle evoluzioni furono applicate (non per la prima volta, ma ora con particolare vigore) alla storia dell'uomo, alla storia delle idee e dello sviluppo delle scienze, alla critica d'arte, alla linguistica, alla teoria economica e sociale (da cui alcune delle idee di Darwin TPF FPT 49 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 76 erano provenute, particolarmente tramite la lettura per svago dell'Essay on the Principle of Population di Malthus, che gli aveva suggerito il meccanismo della selezione attraverso la crescita numerica di una specie, e la conseguente rivalità per il cibo e Ie risorse). L’effetto su materie ancora allo stato embrionale, come l'antropologia, la sociologia e la psicologia, fu travolgente, e l'intera base di queste emergenti discipline fu strutturata, o riorganizzata, su un fondamento biologico evoluzionista. Chiaramente le teorie di Darwin non tardarono ad influenzare il mondo della progettazione, spesso in relazione all’archeologia. Per molti aspetti, ovviamente, l'argomento di entrambi, della teoria architettonica e del design e dell'archeologia, è lo stesso: lo studio degli arnesi o degli oggetti utili, delle costruzioni e degli insediamenti. Steadman afferma che “forse per colui che svolge la professione di designer o per gli studenti di tale materia l'insinuazione che un graduale processo evolutivo potesse dar luogo a forme altrettanto belle, o addirittura migliori, di quelle concepite dal libero gioco dell'immaginazione, era un affronto all'idea che essi avevano del ruolo della individualità creativa, e quindi alla stima di se stessi. La visione evolutiva metteva in evidenza il lavoro collettivo nel design, l'importanza della tradizione e dell'eredità del passato; una filosofia gradualista, e riformista piuttosto che rivoluzionaria. Essa non diede lo stesso peso all'originalità, alla novità e al contributo personale come aveva fatto il concetto romantico della funzione dell'artista.” 50 TPF FPT 50 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 77 Comunque sia, furono gli antropologi e gli archeologi che aprirono la strada ad uno studio esplicitamente Darwiniano del modo in cui gli utensili e le costruzioni, almeno nelle culture primitive, sono prodotti e sviluppati. Essi furono i primi a far rientrare questi manufatti nell'ambito delle “scienze dell'artificiale” di Herbert Simon. Come è tracciata, precisamente, l'analogia tra la concezione di Darwin dell'evoluzione organica, e l'evoluzione tecnologica dei manufatti? II primo passo, come abbiamo visto con Semper e Viollet-le-Duc, consiste nell'identificare l'ereditarietà con la copiatura. Nuovi utensili à costruzioni sono copiati da vecchi modelli, facendo ogni sforzo per assicurare l'esatta riproduzione del design tradizionale. Uno dei motivi della particolare appropriatezza dell'analogia Darwiniana per lo studio delle società e dei manufatti primitivi, è che in tali società vi è, palesemente, una grande stabilità sociale e un considerevole conservatorismo nei metodi del primitivo artigiano, stabilità che sono ulteriormente rafforzate dalla tradizione e dai tabù. Più polemicamente si potrebbe affermare che l'artigiano primitivo avesse minore capacità di immaginazione creativa rispetto al suo moderno simile, o che non avesse inventiva o impulsi innovativi. Tali fattori servono a stabilizzare i designs, e a scoraggiare un cambiamento radicale; questa stabilità è l'equivalente, in termini tecnologici, della stabilità della forma negli organismi conferita dall'eredità genetica. Quando i vari attrezzi e utensili vengono usati, sono soggetti conseguentemente ad una varietà di prove circa la loro resistenza, la loro capacità di tagliare, la loro impermeabilità all'acqua, qualsiasi possibile caratteristica che conferisca appropriatezza o adeguatezza di quell'utensile - martello, coltello, vaso - alla sua 78 particolare funzione. Lo stesso design è ripetuto in gran numero; e quei designs la cui forma abbia una qualche leggera variazione che conferisca un particolare vantaggio, una maggiore appropriatezza, tenderanno ad essere preservati o selezionati. Essi tenderanno a durare più a lungo ad esempio a causa della loro maggiore resistenza, o forse saranno preferiti come modelli quando si giungerà a copiare le loro forme nei nuovi utensili. Non è il singolo manufatto che si evolve, bensì gli astratti designs, dei quali gli specifici manufatti sono concrete realizzazioni. Il nucleo delle teoria di Darwin si fonda sul concetto di prova ed errore; le prove avvengono tramite le variazioni, e gli errori sono individuati ed eliminati attraverso la selezione. Prima di Darwin, somiglianze di forma nel corpo organico erano state associate con somiglianze di ambiente, sebbene questa relazione potrebbe non essere stata, come nel caso di Cuvier o dei teologi naturalisti, generalmente considerata casuale. Darwin aveva mostrato come somiglianze dovute a cause ereditarie o storiche potessero essere connesse con somiglianze dovute dall'adattamento a condizioni ambientali simili. L'adattamento all'ambiente era prodotto attraverso la prova e l'errore, e i risultati positivi erano conservati e trasmessi attraverso l'ereditarietà. Gli animali di specie differenti potevano essere simili perchè quelle specie avevano un'immediata connessione storica attraverso l'albero genealogico evolutivo; essi potevano essere simili perchè condividevano tipi di vita simili e occupavano simili “nicchie” ecologiche, o potevano essere simili contemporaneamente per entrambi i motivi, essendo un dato casualmente connesso all'altro. 79 Vi è un'opinione molto diffusa, secondo la quale il progresso tecnico in edilizia, l'accumulazione di conoscenze circa strutture, materiali, principi di ingegneria, e il perfezionamento della forma e delle tecniche di costruzione, sono stati il risultato di ripetuti processi storici di prova e errore da parte di architetti e di artigiani. Questa opinione ricorre molto frequentemente nella letteratura teorica del diciannovesimo secolo, e non può in verità essere attribuita unicamente a qualche analogia specificamente Darwiniana, soprattutto perchè la si trova ben sviluppata ancor prima del 1859. James Fergusson nei suoi True Principles of Beauty in Art (1849), ha dedicato un intero capitolo al “Progresso dell'arte”. “Dove meglio si potrebbe osservare tale progresso, se non nell'architettura medievale tra il dodicesimo e il quattordicesimo secolo? Il critico vi troverà una serie di costruzioni, l'una successiva all'altra, dove l'ultima contiene non solo tutti i miglioramenti introdotti in tutti i modelli precedenti, ma introduce qualcosa di nuovo verso il perfezionamento dello stile” 51 . Queste costruzioni richiesero l'opera non solo di una serie di singoli architetti, ma di un intero gruppo di persone, ecclesiastici così come muratori e meccanici, che lavorarono insieme in uno sforzo comune. Sia la forma globale, che i singoli dettagli architettonici, sono soggetti a questo processo di miglioramento: “…il rozzo e pesante pilastro normanno fu gradualmente alleggerito e raffinato nella colonnina polistilo del più tardo Gotico, (...) la bassa, rozza volta diede luogo al leggiadro tetto a traforo, e la piccola, timida apertura nel TPF FPT 51 J. Fergusson_An Historical Enquiry into the True Principles of Beauty in Art. TP PT 80 muro, che era una finestra nelle prime chiese, divenne un muro trasparente di splendide sfumature”. 52 Sebbene il genio dei più grandi scienziati possa rivoluzionare la loro materia, anch'essi devono tuttavia costruire su ciò che è stato già fatto. Ciò è vero non solo per le scienze, ma è valido ugualmente per le arti pratiche, come ad esempio nella costruzione di navi. “Dalle navi usate da Guglielmo il Conquistatore per occupare l'Inghilterra, alle moderne navi da guerra da centoventi cannoni, dice Fergusson, noi abbiamo un costante progresso attraverso otto secoli, e sarebbe difficile calcolare quanti milioni di cervelli di tutti i calibri, non solo in ogni porto d'Europa, ma anche d'America, ci siano voluti per produrre questo grande risultato. A noi non importa, ne sappiamo chi lo abbia ottenuto più di quanto sappiamo, o dovrebbe importarci, chi abbia costruito le nostre grandi cattedrali: esse sono il risultato dello stesso sistema, e non invenzioni individuali; e possono essere riprodotte solo attraverso cause simili a quelle che prima le hanno create” 53 . Horatio Greenough, che scrisse più o meno quasi nello stesso periodo di Fergusson (la raccolta dei suoi saggi apparve nel 1852), fa, come Fergusson, lo stesso paragone con la perfetta organizzazione del progetto di una barca. Egli indica altri esempi simili nei designs degli utensili primitivi, come ad esempio il bastone da guerra degli abitanti delle isole dei Mari del Sud. In questi TPF TPF FPT FPT 52 J. Fergusson_An Historical Enquiry into the True Principles of Beauty in Art. TP PT 53 J. Fergusson_An Historical Enquiry into the True Principles of Beauty in Art. TP PT 81 designs l'architetto può vedere il genere di naturale, semplice, immediato adattamento delle forme agli usi, che anch'egli dovrebbe essere in grado di ottenere, se solo usasse del “semplice buon senso”, come dice Greenough, invece di rifarsi sempre alle autorità storiche del passato. “Il selvaggio, nel fare il suo bastone, incurva per praticità l'impugnatura, da alla testa il suo peso e ne affila il bordo. La finale compostezza della forma e la elegante sagoma sono raggiunte dopo una lunga serie di ragionamenti, una sorta di equivalente tecnico dell'evoluzione organica. Il peso è rimosso laddove si richiede minor robustezza (...), le funzioni sono fatte per sfiorarsi senza ostacolarsi reciprocamente finché la scomposta e ingombrante macchina diviene il compatto, efficiente e magnifico motore”. 54 Il design delle navi è stato soggetto allo stesso processo evolutivo. “Se ripercorrerete i vari stadi del suo evolversi, dalla canoa ricavata dai tronchi d'albero, dalla vecchia galea, al più recente tipo di corvetta, noterete che ogni progresso nella prestazione è stato un progresso nella compostezza, nella bellezza o imponenza, in conformità alla funzione dell'imbarcazione.” 55 “Un fatto che colpisce molto, circa gli esordi dell'antropologia scientifica dell'ultima metà del diciannovesimo secolo, è il grande numero di importanti esponenti che erano stati precedentemente, o erano TPF FPT TPF FPT 54 H. Greenough_Form and Function, Remarks on Art, Design and Architecture_ed.H.A. Small_Los Angeles_1947. TP PT 55 H. Greenough_Form and Function, Remarks on Art, Design and Architecture_ed.H.A. Small_Los Angeles_1947. TP PT 82 contemporaneamente, biologi e che, dallo studio dei mondi animali e vegetali, si volgevano allo studio dell'uomo. Vi era Darwin stesso con il suo Descent of Man, sebbene gli interessi antropologici di Darwin riguardassero più strettamente l'aspetto fisico che non quello culturale. Sir John Lubbock, Lord Avebury, un amico di famiglia di Darwin, combina interessi per la storia naturale, l'archeologia, l'antropologia con una miriade di altre attività in campo intellettuale, commerciale e politico. I suoi principali lavori antropologici sono Prehistoric Times e The Origin of Civilization; egli lavorò come assistente di Darwin, ed intraprese anche, per conto proprio, dei pioneristici studi sul comportamento animale. E.B. Tylor, autore di Primitive Culture, tenne in Gran Bretagna il primo lettorato di antropologia, lettorato che fu istituito in connessione con l'installazione ad Oxford del museo etnografico, formato dalla collezione del Colonnello Lane Fox Pitt-Rivers.” 56 Questa fu una delle prime raccolte di manufatti primitivi scientificamente organizzate, e fu allestita secondo uno schema evolutivo. Secondo il primo curatore del Museo, Henri Balfour “II Colonnello Lane Fox sostenne vivamente l'applicazione dei metodi di ragionamento della biologia allo studio delle origini, filogenia, etionomia delle arti e del genere umano, e la sua raccolta dimostrava che i prodotti dell'intelligenza umana possono convenientemente essere classificati in famiglie, generi, specie e varietà e TPF FPT 56 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 83 devono essere così raggruppati se le loro somiglianze e i loro sviluppi devono essere esaminati.” 57 “Lane Fox Pitt-Rivers ebbe per la prima volta l'idea di una raccolta di utensili, attrezzi e altre invenzioni pratiche dell'uomo verso il 1851, idea suggeritagli in parte, si potrebbe supporre, dalla vista di alcune mostre etnografiche alla Great Exhibition. Nell'iniziare la raccolta, egli dice, la principale ispirazione gli era venuta dal suo lavoro militare, dove si era occupato del problema del perfezionamento delle armi da fuoco in un momento in cui l'esercito stava finalmente abbandonando l'antico moschetto “delIa Torre”. Egli era stato molto colpito, quando giunse ad esaminare nel dettaglio lo sviluppo storico delle armi moderne, dalla gradualità e dalla lentezza di questo processo, e dal fatto che esso avanzasse per piccolissimi progressi nel rendimento, e per piccole modificazioni nella minuziosa organizzazione della costruzione delle armi.” 58 TPF TPF FPT FPT 57 H. Balfour_introduzione a Lt.-Gen. A. Lane-Fox Pitt-Rivers_The Revolution of Culture and other Essays_ed. J.L. Myres_Oxford_1906. TP PT 58 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 84 Come chiarisce Henry Balfour menzionando Pitt-Rivers : “Notando la costante regolarità di questo processo di graduale evoluzione nel caso delle armi da fuoco, egli fu indotto a credere che gli stessi principi dovevano probabilmente governare lo sviluppo delle altre arti, dei congegni e delle idee del genere umano” 59 . A causa dei molti vantaggi puramente pratici, Pitt-Rivers decise di limitare la sua raccolta ai manufatti delle culture primitive. Questi oggetti sarebbero stati più semplici, meno numerosi e meno voluminosi dei loro equivalenti moderni; sarebbe stato possibile risalire alla storia, fino alle inequivocabili origini, di alcune serie di forme; ed egli pensò che vi era una maggiore probabilità di ottenere una serie continua di manufatti con intere gamme di stadi intermedi tra forme diverse. Pitt-Rivers sottolineò che il TPF 59 TP PT FPT H. Balfour_introduzione a The Evolution of Culture. 85 fine della raccolta era didattico, e non solo, come era stato per molte raccolte precedenti, quello di mostrare la bellezza dell'arte primitiva, o la sua singolarità. In quelle collezioni gli oggetti erano stati raccolti a caso, maggiormente dai marinai nei porti stranieri, e non erano stati affatto sistemati scientificamente, eccetto forse per quanto riguardava il loro luogo di provenienza. La ragione per la quale Pitt-Rivers immaginò di poter ritrovare oggetti in serie continue che presentassero delle forme solo leggermente modificate, appartenenti alle culture di popoli selvaggi e primitivi, era, come già detto, semplicemente dettata dal fatto che qui il progresso era 86 stato molto più lento rispetto alla moderna, più avanzata tecnologia. Sia Pitt-Rivers che Balfour sottolineano “l'innato conservatorismo“ della specie umana in genere, ma soprattutto dei primitivi. Questi popoli hanno una grande difficoltà nell'emanciparsi dalla tradizione e dalle idee ereditate. E.B. Tylor riprende lo stesso punto: “II selvaggio è fermamente, ostinatamente conservatore. Nessun uomo si affida con più indiscussa fiducia ai suoi grandi predecessori; la saggezza dei suoi antenati può prevalere sulla più ovvia evidenza delle sue stesse opinioni ed azioni”. 60 Questo innato conservatorismo, serviva ad assicurare che lo sviluppo dei manufatti fosse molto lento nelle prime culture, e che le loro forme, nell'essere trasmesse da una generazione all'altra, cambiassero molto poco, sia tramandando l'abilità del mestiere attraverso l'insegnamento e l'esempio, sia anche ricopiando sempre le vecchie forme quando veniva fatto un nuovo utensile. Non vi sarebbero stati improvvisi salti o interruzioni nelle serie; così, poteva verificarsi che attrezzi apparentemente del tutto separati, di forma e funzione del tutto differenti, potessero in realtà essere ”geneticamente” collegati attraverso un certo numero di forme transizionali. Pitt-Rivers, Balfour e altri furono in grado di dimostrarlo, in maniera convincente, con alcuni esempi assolutamente sorprendenti. “Una delle dimostrazioni più affascinanti che Balfour dà a proposito di quella che, a giudicare dalle apparenze, sembrerebbe essere una “parentela” molto improbabile, è la connessione tra l'arco inteso come arma, e gli strumenti TPF 60 TP PT FPT E.B. Tylor_Primitive Culture_vol.1. 87 musicali a corda, in particolare le differenti forme di arpa. Egli descrive ciò in un breve trattato, Natural History of the Musical Bow, dove riesce a dimostrare una continua progressione in cui le forme cambiano soltanto leggermente ad ogni gradino, ma i cui punti iniziali e finali sono molto distanti, sia nella forma che nella funzione. La maggior parte degli esempi delle forme intermedie che egli produce per suffragare l'ipotesi di questo rapporto evolutivo erano in uso presso diversi popoli viventi, soprattutto in differenti parti dell'Africa Occidentale. All'inizio, l'arco serve ad un duplice scopo, essendo traversato in lunghezza da una cinghia incurvata atta a realizzare un semplice strumento di due note per fare della musica ritmica. In seguito, un simile tipo di arco è fissato ad una cassa di risonanza realizzata con una zucca, e serve al solo scopo di produrre musica. Più archi sono poi fissati alla stessa zucca, uno vicino all'altro, per dare una gamma di note. Le corde sono in seguito fissate ad un unico supporto curvato piuttosto che ad archi separati, ma in questo stadio intermedio le linee di attaccatura alle due estremità sono ad angolo retto, cosicché le corde non sono disposte sullo stesso piano, ma descrivono una sorta di superficie curva. Qui le corde sono tutte sullo stesso piano, e una “primordiale colonna” è aggiunta per completare la rigida intelaiatura di quella che ora è riconoscibile come una primitiva arpa.” 61 Era possibile comparare utensili aventi funzione simile, appartenenti a periodi differenti o raccolti in diverse parti del mondo, ma era importante capire che, nella sua TPF FPT 61 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 88 origine storica, un tipo di utensile o di attrezzo avente uno specifico fine poteva essere genericamente messo in relazione con un altro avente non solo una forma differente, ma anche una funzione differente. Non si trattava di un progressivo adattamento delle forme, attraverso prova ed errore, a qualche funzione fissata e predeterminata. La funzione si evolveva con la forma. II raggruppamento teso ad illustrare le sequenze era particolarmente applicato ad oggetti provenienti dalla stessa area geografica, poiché era ragionevole, in questi casi, ritenere che essi corrispondessero a un effettivo passaggio storico e ad uno sviluppo di idee. Ma vi erano anche sequenze rappresentate da manufatti simili provenienti da differenti tribù dell'Australia, e trovati in differenti parti del paese. Alla estremità iniziale della serie, Pitt-Rivers dispose quegli oggetti e attrezzi che maggiormente rassomigliavano a forme naturali, dalle quali essi avrebbero potuto essere stati derivati, (arnesi taglienti e raschietti da pietre affilate, cucchiai dalle conchiglie, bastoni da stecchi e pignatte dalla zucche). Si presupponeva che, in un primo momento, l'oggetto trovato in natura fosse usato come utensile, senza alcuna modificazione; poi la sua forma sarebbe stata trasformata, elaborata o imitata in altri materiali. Gli utensili e gli oggetti più sviluppati erano posti in ordine tale da illustrare le progressive transizioni verso forme più complesse e finalizzate ad un uso più specifico. Un tema di controversie sorse circa la scoperta, in culture separate geograficamente, di manufatti (o usanze, o forme sociali) aventi una rassomiglianza molto evidente. Alcuni esempi discussi da Tylor furono i mantici a pistone del Madagascar e dell'Indonesia, l'uso dell'arco e delle 89 frecce nel Nuovo e nel Vecchio Mondo, e il gioco del “parcheesi” giocato sia in Messico che in India 58. Si doveva dedurre che tali esempi fossero la testimonianza di un contatto tra questi rispettivi popoli? Una spiegazione lungo questa linea tendeva, naturalmente, ad avere maggior peso quanto più esclusivi o bizzarri erano i manufatti o le forme di comportamento in questione, e più precise erano le rassomiglianze. D'altro canto, si poteva supporre che certi tipi di congegni di utilità molto generale (come l'arco e le frecce) fossero stati inventati indipendentemente in due o più luoghi. Balfour stesso considerò che l'ipotesi di “invenzione indipendente” poteva essere accolta solo quando fossero state esaminate tutte le possibilità di un'effettiva influenza o rapporto. Egli esorta ad essere prudenti prima di giungere ad ammettere una successione globalmente standard di stadi nell'evoluzione culturale, o una supposta “unità filogenetica della specie umana”. 62 TPF 62 TP PT FPT H. Balfour_introduzione a The Evolution of Culture. 90 91 2.1 BIOTECNICA Steadman considera la Biotecnica come modo in cui nel design un metodo biologico o organico potrebbe cercare di superare il problema dell'eccessivo spazio di tempo richiesto per imitare il processo evolutivo naturale. “Il concetto di “biotecnica” o “biotecnologia”, tra il 1920 e 1930, attirò l'attenzione di alcuni designers. In sostanza, la teoria avanzata era questa: nell'evoluzione delle piante e degli animali la natura stessa aveva già realizzato una grande varietà di “invenzioni” rappresentate nei designs degli organi, o negli adattamenti degli arti. Queste invenzioni avevano risolto in maniera ingegnosa tutti i tipi di problemi funzionali ed ingegneristici - strutturali, meccanici, persino chimici ed elettrici. Ciò che si richiedeva era uno studio accurato della ingegneria della natura; l'uomo avrebbe così trovato la soluzione per tutte le sue esigenze tecniche, dal momento che bastava soltanto ricopiare i modelli naturali nel design di macchine e strutture. In questo modo, invece di una soluzione tecnologica che richiedeva un grande dispendio di tempo, si poteva “prendere in prestito” il tempo già impiegato nell’evoluzione organica di questi equivalenti naturali dei manufatti prodotti dall'uomo.” 63 TPF FPT 63 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 92 Le Corbusier_analogie biologiche con schemi architettonici e con design di automobile_da Prècisions sur un Etat Present de l’Architecture et de l’Urbanisme_Parigi_1960. La storia della concezione biotecnica è in un certo modo difficile da ricostruire, ma sembrerebbe, in parte, trovare origine in una tradizione di libri divulgativi sul tema delle analogie tra la natura e le macchine, pubblicati dal 1870 in poi. Tra gli autori più conosciuti vi è il Reverendo J.G. Wood, il quale scrisse un'intera serie di opere di storia naturale per un lettore medio che includeva uno studio della struttura animale, Homes without Hands. Il suo libro Nature's Teachings: Human Invention Anticipated by Nature si prefigge come scopo quello di “mostrare sia 93 l'intimo rapporto tra la Natura e le invenzioni umane, sia che difficilmente vi è un'invenzione dell'uomo che non abbia il suo prototipo in natura”. 64 TPF FPT Nature's Teachings è un lungo catalogo di paralleli tra la natura e l'arte, classificati in base al settore o all'attività umana in cui ogni invenzione è usata ( nautica, guerra e caccia, architettura, ottica e così via). Wood sostiene che, essendo già stato anticipato negli adattamenti organici un così gran numero degli attrezzi e delle macchine dell'uomo già esistenti, “sicuramente si scoprirà che in natura si trovano i prototipi di invenzioni non ancora note all'uomo” 65 . Tra i modelli naturali per le idee architettoniche dell'uomo da lui elencati, oltre ai vari tipi .di costruzioni fabbricate dagli animali, Wood non manca di nominare la famosa ispirazione per il tetto di vetro di Paxton al Crystal Palace, ispirazione tratta dalla pagina inferiore bordata delle foglie della ninfea gigante Victoria Regia. TPF FPT Molti libri alquanto oscuri, ed oggi dimenticati, seguono le linee generali dei Nature's Teachings di Wood, ma con una curiosa, particolare enfasi sulle capacità inventive delle piante. Nel 1907 il commediografo e scrittore di saggi filosofici Maurice Maeterlinck produsse L'Intelligence des Fleurs che trattava del tema dell'adattamento delle piante, e di come l'evoluzione 64 Rev. J.G. Wood_Nature's Teachings: Human Invention Anticipated by Nature_Londra_1875. TP PT 65 Rev. J.G. Wood_Nature's Teachings: Human Invention Anticipated by Nature_Londra_1875. TP PT 94 abbia già traversato il percorso delle scoperte meccaniche, percorso che l'intelligenza dell'uomo sta ripercorrendo solo ora. “In un mondo che crediamo essere senza sentimento e senza intelligenza, noi immaginiamo prima di tutto che l'ultima delle nostre idee crei nuove combinazioni e nuovi rapporti. Ma, se guardiamo le cose più da vicino, sembra più che probabile che, in realtà, noi non siamo capaci di creare affatto alcuna cosa. Noi siamo gli ultimi arrivati su questa terra. Tutto ciò che facciamo è scoprire di nuovo ciò che esiste già, e come bambini seguiamo con stupore il cammino che la vita ha traversato prima di noi.” 66 La tradizione è proseguita dal tedesco Raoul Francé, che svolse un'opera di divulgazione nei confronti della biologia, e il cui libricino Die Planze als Erfinder (Plants as Inventors), pubblicato per la prima volta a Stoccarda nel 1920, è citato in maniera elogiativa da Moholy-Nagy in The New Vision. Francé, secondo le parole di MoholyNagy, “si è dedicato a un intenso studio” dell'analogia tra biologia e tecnologia, e “chiama il suo metodo di ricerca e i suoi risultati biotecnica”. 67 Tutte le forme in natura organica, secondo Francé, essendo il prodotto della selezione, sono il necessario risultato delle funzioni svolte, e per ogni determinato problema biologico vi è un'unica ottimale forma che ne fornisce la soluzione. È l'azione della legge di economia o di minor dispendio di energia, a governare i processi attraverso i quali forme perfette sono state selezionate e sviluppate. Si può TPF TPF 66 TP PT 67 TP PT FPT FPT M. Maeterlinck_L'Intelligence des Fleurs_Parigi_1907. L. Moholy-Nagy, The New Vision. 95 dimostrare che tutte le forme che si ritrovano nella sfera tecnica - nelle invenzioni dell'uomo - hanno il loro equivalente nelle , invenzioni naturali. “Noi abbiamo in quest’unica legge - dice Francé - la spiegazione in una formula, della vita - di tutta la vita, della meccanica - di tutta la meccanica, dell'industria, dell’architettura, di tutte le idee degli artisti, dai costruttori delle piramidi agli espressionisti, agli esperimenti attuali”. Al fine di trovare una soluzione tecnica per qualche determinata esigenza, “colui che studia la biotecnica deve ricercare la soluzione della esigenza stessa in qualche esempio in biologia, e poi imitarne lo schema.” 68 Francé, nelle sue asserzioni sulle forme biotecniche, va ancora oltre: non solo in natura e in tecnologia si ritrova la stessa gamma di forme, ma questa stessa varietà è costituita da un repertorio molto limitato, di solo sette semplici componenti, gli « elementi biotecnici ». Questi elementi hanno un carattere geometrico, platonico, e comprendono la forma cristallina, la sfera, il piano, l'asta, il nastro o striscia, la vite e il cono. L'intero argomento del libro è efficacemente riassunto dallo stesso Francé con tali parole: “Le leggi della minima resistenza ed economia d'azione impongono uguali azioni per condurre alle stesse forme, e impongono che tutti i processi nel mondo si sviluppino secondo la legge delle sette forme fondamentali”. 69 TPF TPF FPT FPT 68 R.H. Francé_Die Pfliinze als Erfinder_Stuttgart_1920_tradotto come Plants as Inventors_Londra_1926. TP PT 69 R.H. Francé_Die Pfliinze als Erfinder_Stuttgart_1920_tradotto come Plants as Inventors_Londra_1926. TP PT 96 Vi sono molti esempi specifici che mostrano come l'ispirazione per invenzioni meccaniche di vario tipo provenga dall'osservazione degli adattamenti della vita animale e vegetale. I principi del comportamento natatorio di creature unicellulari sono applicati al design degli scafi delle navi. I meccanismi di raffreddamento nelle piante potrebbero fornire il modello per nuovi tipi di refrigeratori. Si è molto colpiti dal vasto numero di illustrazioni e applicazioni presentate da Francé, e connesse al design architettonico. La forma di una casa è dettagliatamente analizzata per dimostrare che essa è interamente composta dalle sette unità geometriche della biotecnica. Gli scheletri delle alghe silicee e delle cellule delle piante sono anch'essi esaminati e mostrati per esporre quei principi di ingegneria che potrebbero essere copiati in nuovi tipi di mattoni, o nel design di impalcature strutturali. L'accento è posto sul soddisfacimento della funzione secondo la più ristretta economia di mezzi, presupponendo che le forme risultanti dall'evoluzione siano costituite da un limitato vocabolario di elementari componenti geometrici. Agli inizi del 1930 Moholy-Nagy, come già detto, sostenne alla Bauhaus le idee di Francé. Moholy-Nagy riteneva che, mentre nel design delle macchine l'uomo si era accidentalmente imbattuto in soluzioni che avevamo poi rivelato avere precedenti in natura, potrebbe essere ancora possibile ideare delle opere che funzionino organicamente, e che non abbiano siffatti prototipi in natura. Ciò che è importante, è seguire i principi generali dei metodi della natura. “In tutti i campi della creazione, gli addetti si stanno sforzando di trovare soluzioni 97 puramente funzionali, di tipo tecnicobiologico, cioè di costruire ogni opera esclusivamente in base agli elementi che sono richiesti per la sua funzione”. 70 “Nel corso degli anni trenta, molti autori riprendono il tema della biotecnica, sebbene sia difficile rintracciare le precise connessioni tra i differenti aspetti di idee simili. L'architetto Frederck Kiesler porta avanti alcune analogie biologiche, ampiamente sviluppate in un articolo intitolato On Correalism and Biotechnique, pubblicato nel 1939, ma che, apparentemente, si basava su un precedente manoscritto, From Architecture to Life, completato nel 1930. “Correalismo” è una parola coniata da Kiesler per indicare lo studio dei rapporti tra l'uomo e i suoi ambienti naturali e tecnologici. Kiesler rivendicava anche l'invenzione del termine “biotecnica” e sosteneva di averlo usato per la prima volta in un suo articolo sull'urbanistica, apparso in un numero di De Stijl nel 1925. (Questa pretesa sembra essere invalidata dal fatto che il libro di Francé fu pubblicato circa cinque anni prima).” 71 Il tema di “Correalism and Biotechnique” è complesso, e gran parte di esso è reso oscuro dalla terminologia inventata, ed è appesantito da ricapitolazioni di questioni, attinenti e non, di scienza contemporanea. Le idee di base, comunque sono le seguenti: TPF TPF 70 TP PT FPT FPT L. Moholy-Nagy, The New Vision. 71 Philip Steadman_L’evoluzione del design, L’analisi biologica in architettura e nelle arti applicate_Liguori Editore_Napoli_1988. TP PT 98 1. “Gli attrezzi, e l'architettura, sono creati per fungere da mediatori tra l'uomo e l'ambiente naturale, e formano pertanto un secondo e interposto “ambiente tecnologico”. 2. La tecnologia serve per varie, essenziali esigenze dell'uomo, e fra queste la più essenziale e il benessere fisico. 3. Vi è spazio per una nuova scienza che studierebbe lo sviluppo storico della tecnologia ed i suoi effetti sull'uomo, e investigherebbe sulla morfologia necessaria per la sua crescita”. 72 TPF FPT Tutti gli attrezzi passano per un caratteristico processo di evoluzione che, secondo Kiesler, può essere diviso in molti stadi, come dimostra riferendosi al design dei coltelli. Vi è un tipo-standard di manufatto (il coltello) che risponde ad una determinata esigenza (il tagliare in generale); vi sono variazioni che si evolvono dal tipo standard per differenti scopi (coltelli per il pane, coltelli per la frutta, ecc.), e vi sono quelli che Kiesler chiama manufatti simulati - senza dubbio la categoria più ampia che sono caratterizzati dalla loro inefficienza funzionale, e dalle loro “insignificanti” deviazioni dallo standard. Le esigenze possono cambiare nel tempo, e quando ciò avviene il tipo standard si evolve in modo da rispondere alla nuova esigenza, e diventa, a suo tempo, un nuovo tipo. Le variazioni e le simulazioni, intanto, si propagano per il percorso principale dell'evoluzione dello standard. 72 F.J. Kiesler_On Correalism and Biotechinique: A Definition and Test of a New Approach to Building Design_Architectural Record_Settembre 1939. TP PT 99 Per Kiesle la semplice copiatura dei prototipi naturali non è il metodo della biotecnica. In realtà, questo può essere un approccio pericoloso, ed egli, alquanto stranamente, attribuisce la completa distruzione del Crystal Palace ad opera del fuoco al fatto che la sua costruzione era basata su di una troppo semplice analogia biologica. La biotecnica è per Kiesler un metodo di progettazione che si prefigge di volgere, o, come egli dice, di “polarizzare” le forze naturali verso gli intenti dell'uomo. A questo proposito fa una distinzione tra “biotecnica” e “biotecnologia”, attribuendo l'ultimo termine a Patrick Geddes, e definendolo un “metodo di costruzione della natura ... non dell'uomo”. 100 F.J. Kiesler_diagramma che mostra il processo evolutivo dei tipi standard di manufatti (in questo caso coltelli)_da On Correalism and Biotechinique: A Definition and Test of a New Approach to Building Design_Architectural Record_Settembre 1939. 101 “Note on Biotechnics” di Honzik, in Circle (1937) prende forma da una più grande discussione, e non avanza alcun specifico metodo per il design. Sono inclusi, ancora una volta, molti punti già noti: l'evoluzione delle forme dei manufatti verso tipi standard “perfezionati”, “vestigia di organi” nei manufatti, l'ipotesi che la natura impieghi basilari forme geometriche nella costruzione. La Victoria Regia riappare questa volta per essere paragonata con la costruzione dei piani in calcestruzzo della fabbrica Fiat a Torino. Honzik è scettico, comunque, circa l'osservazione di Francé secondo cui tutte le forme in natura sarebbero perfettamente adattate, o vi sarebbe una necessaria ed unica relazione tra la funzione e la forma. Se così fosse, perchè dovrebbero esistere 6.000 specie differenti delle Diatomee unicellulari, che vivono in identiche condizioni? Nella tecnologia e nelle arti applicate l'asserzione è ancora più dubbiosa: “la nostra tecnica è molto imperfetta rispetto a quella della natura”. Soluzioni perfette a problemi tecnici sono generalmente trovate, ove mai siano trovate, solo dopo lunghe serie di esperimenti da parte di migliaia di lavoratori (di nuovo il problema del tempo). Nella evoluzione tecnologica, secondo Honzik, il progresso verso l'ideale, nonostante una tendenza generale, non è affatto garantito: “i prodotti e le strutture umane si sviluppano attraverso la velocità e l'intenzione dell'uomo, e si muovono verso la loro intrinseca perfezione. Cercano una forma finale che può essere lentamente mutata solo dall'emergere di nuove condizioni. Ad esempio, la miglior sagoma 102 possibile per una sedia può essere rimpiazzata da una nuova forma, arbitrariamente inventata per lo scopo. Ma quella nuova e arbitraria forma scomparirà subito, proprio perchè non è quella perfetta. O, se l'umanità fosse disposta a sedersi in una nuova posizione, la forma perfetta della sedia dovrebbe essere modificata di conseguenza”. 73 TPF FPT Retro della foglia della ninfea Victoria Regia (che fornì a Paxton l'ispirazione per Ia costruzione del tetto 'a creste e scanalature' dell'edificio della Great Exhibition) a confronto con la rampa in calcestruzzo per le automobili nella fabbrica Fiat a Torino. K. Honzik_ A Note on Biotechnics_ Circle: International Survey of Constructive Art. 73 K. Honzik_ A Note on Biotechnics_ Circle: International Survey of Constructive Art. TP PT 103 In Circle, l'articolo che segue immediatamente quello di Honzik è “The Death of the Monument” di Lewis Mumford. In esso Mumford descrive una futura architettura urbanistica e biotecnica, che sarebbero caratterizzate da flessibilità e apertura ai cambiamenti, fornendo prospettive di sviluppo. Nel caso di Mumford, la parola “biotecnica” proviene da una fonte differente: egli la mutua da Patrick Geddes, il biologo e pioniere dell'urbanistica, le cui idee furono accuratamente seguite e sostenute da Mumford. Il libro di Geddes sulla urbanistica, Cities in Evolution del 1915, aveva introdotto nella stampa i termini “paleotecnico” e “neotecnico” per classificare i periodi progressivi della storia della tecnologia. “Paleotecnico” si riferisce alla rozza, rudimentale, rovinosa fase della Rivoluzione Industriale; e “neotecnico” ad un emergente ordine industriale che tendeva alla prosperità, alla bellezza e all’armonia con l' ambiente naturale. Mumford usa la parola “biotecnica” coniata da Geddes, per descrivere nel contesto architettonico una filosofia del design, che favorirebbe le strutture leggere e basse rispetto a quelle massicce e monumentali, e suggerirebbe anche che i servizi meccanici delle costruzioni potrebbero essere semplificati e decentralizzati. L'intera discussione, curiosamente, anticipa il “movimento della tecnologia alternativa” degli anni intorno al 1970, ad esempio nella menzione di Mumford della possibilità, e dei vantaggi, di locali sistemi di trattamento delle acque di scolo su piccola scala, e “speciali riflettori solari ... come radiatori ausiliari”. La “cosiddetta Età della Macchina, dice Mumford, “ha fatto un uso indiscriminato e sconsiderato del potere e dell'apparato meccanico, che ha ampiamente contribuito 104 a intralciare e a complicare la vita - mentre una tecnologia biologica prendendo a modello l'economia di mezzi e l'ingegnosità delle strutture anatomiche e dei meccanismi fisiologici, servirebbe al contrario a semplificare il vivere umano e libererebbe, piuttosto che rendere schiavi.” 74 TPF FPT 74 L. Mumford_The Death of the Monument_Circle: International Survey of Constructive Art. TP PT 105 3.1 DALLA BIONICA ALLA BIOMIMETICA La bionica nasce con l’intento di simulare i sistemi naturali creando artefatti che ripropongono le loro caratteristiche strutturali, formali e funzionali. II termine bionic venne utilizzato la prima volta nel 1960 da Jack Ellwood Steele, della US Air Force, che la definì come: "the science of systems which have some function copied from nature, or which represent characteristics of natural systems or their analogues". L’approccio nato con la biotecnica e sviluppatosi attraverso la bionica trae ispirazione dallo studio del funzionamento delle strutture naturali, interpretate come perfetti "meccanismi", esempi di assoluta efficienza. Nel design e nell'architettura spesso tali teorizzazioni sono state tradotte in ricerche progettuali fondate sui mutuare staticamente forme e geometrie dalla natura, nelle quali le strutture biologiche vengono interpretate nell'accezione funzionalista. I progressi scientifici e tecnologici guadagnati negli ultimi cinquanta anni hanno consentito di osservare e conoscere la natura sempre più a fondo, fino a giungere alla comprensione delle strutture e dei fenomeni biologici un tempo imperscrutabili, nei loro minimi dettagli. Un punto di vista così ravvicinato ha consentito all'ingegneria di riuscire a interpretare l'osservazione della biologia, non solo come fonte di ispirazione, ma anche come strumento di innovazione. Diventa possibile comprendere e riprodurre i processi che sono alla base di quei meccanismi che avevano affascinato e incuriosito i teorici della biotecnica. Le nuove conoscenze scientifiche e gli strumenti tecnologici consentono di creare "replicanti" 106 sempre più fedeli, non solo nelle forme ma anche nelle logiche di concezione.” 75 Sono le premesse fondative per uno dei settori più vivaci e fertili del panorama scientifico contemporaneo: la biomimetica. Questo termine, che deriva da bio e mimesis, già coniato negli anni Cinquanta, è stato utilizzato per definire il nuovo approccio progettuale interdisciplinare ispirato alla natura, che si è sviluppato e diffuso durante gli anni Ottanta, inizialmente negli ambiti dell'ingegneria dei materiali, dell'ingegneria meccanica e della robotica. La biomimetica si rivolge alle scienze biologiche per trarne informazioni sulle strutture, sulle logiche e sui principi che sono alla base dell'organizzazione e dell'evoluzione del mondo naturale, al fine di ricavare nuovi strumenti per il progetto di artefatti avanzati. Un progetto che si ispira alla natura piuttosto che imitarla, seguendo l'insegnamento di Buckminister Fuller che affermava: "We do not seek to imitate nature, but rather to find the principles she uses". Gli studiosi di biomimetica adoperano una metafora secondo cui la natura viene interpretata come se fosse dotata di un'anima progettuale con 3,8 miliardi di anni di esperienza. Secoli di evoluzione, di avanzamenti compiuti attraverso tentativi, fallimenti e successi, secondo la logica evolutiva definita trial and error, i sistemi biologici sono dunque visti come il risultato di procedure complesse di affinamento e miglioramento che si propongono alla cultura del progetto come un prezioso bagaglio di strategie e soluzioni progettuali da cui trarre ispirazione. TPF FPT Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. 75 TP PT 107 Negli Stati Uniti la biomimetica, che viene definita più frequentemente con il termine biomimicry, è stata interpretata in un'accezione meno ingegneristica, che coinvolge il mondo degli artefatti a una scala più ampia, come fonte di strategie biologiche particolarmente orientate alla sostenibilità ambientale e si correla alle teorie di ecologia-industriale. Uno dei principali testi di riferimento in questa ambito si chiama proprio Biomimicry, ed è stato scritto dalla studiosa statunitense di ecologia Janine Benyus nel 1997, allo scopo di mostrare l'ampiezza delle opportunità di applicazione dell'approccio biomimetico. Nel libro sono riportati, infatti, esempi provenienti dai settori dell'informatica, dell'energia, dell'agricoltura, dell'architettura, del design, dei materiali innovativi e della medicina. Spaziando tra le diverse discipline, la Benyus illustra come, trasferendo ai vari ambiti di attività dell'uomo le leggi e i principi che regolano la natura per garantire la sopravvivenza degli ecosistemi, è possibile concepire prodotti, tecnologie e sistemi innovativi compatibili con l'ambiente e con la salute degli uomini. La biomimetica viene applicata a diversi ambiti e a diverse dimensioni. Spesso, nel trasferimento delle strategie e dei principi biologici agli artefatti , vengono effettuati salti di scala. Si può trarre spunto dall'osservazione di fenomeni che avvengono a una determinata dimensione, ad esempio molto ridotta come quella delle cellule o delle microstrutture, per trasferirli in un'altra dimensione e magari in un contesto totalmente differente come quello dell'urbanistica o della programmazione economica. 108 “Generalmente le ricerche biomimetiche possono avvenire secondo due diversi approcci: partire da un'intuizione nata dall'osservazione di un principio o di un aspetto riscontrato in natura per mutuarlo e, contemporaneamente, spingere all'approfondimento degli studi biologici che possono essere condotti su quell’aspetto specifico; oppure muovere da una esigenza progettuale nata nel mondo degli artefatti e selezionare successivamente i principi e i concetti cui fare riferimento nell'ambito della biologia. Anche in questo caso la ricerca biomimetica può stimolare la nascita e lo sviluppo di nuovi filoni di ricerca nell'ambito della biologia.” 76 Il primo nonché uno dei più noti brevetti biomimetici è il velcro,sistema di giunzione utilizzato in vari campi, registrato nel 1955. George de Mestral, il suo inventore, seguì un'intuizione derivante da una sua esperienza casuale. L’idea del velcro nacque da un episodio di comune quotidianità: durante una passeggiata lo studioso notò delle cime di germogli impigliate nel pelo del suo cane e ipotizzò che, imitando quella tipologia di ancoraggio, sarebbe stato possibile creare una nuova tecnologia di giunzione. All’osservazione seguirono numerosi anni di sperimentazione per sviluppare un efficiente processo produttivo. Il velcro è stato commercializzato nella metà del secolo scorso ed oggi è il soggetto di oltre 1700 brevetti. Al fine di illustrare il potenziale che la biology-based technology offre per suggerire nuovi approcci progettuali, Vincent e Mann hanno riportato nell'articolo Systematic technology transfer from biology to engineering una lista TPF FPT Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. 76 TP PT 109 di studi biomimetici divenuti poi brevetti e, in alcuni casi, prodotti entrati in produzione, che ci consente di individuare i primi ambiti in cui la biomimetica ha raggiunto i risultati più avanzati. In Analogies in biology Bonner sottolinea quanto l’analogia possa rischiare di deviare speculazioni scientifiche e ricerche progettuali, ma conclude che, se condotta con cautela, senza voler forzare improbabili corrispondenze, può rivelarsi una preziosissima fonte di idee e innovazione. Nel design bio-ispirato si può fare riferimento a diversi livelli di relazione analogica, corrispondenti a diversi gradi di complessità e astrazione: • • • • “livello architettonico, nel quale l’analogia si riferisce a esempi di strutture costruite dagli organismi viventi come gli alveari o le tane degli animali; livello morfologico-strutturale, nel quale viene imitata la morfologia delle bio-strutture (cellule, ossa, tessuti biologici, gusci dei mitili) per ottenere strutture con specifiche prestazioni; livello biochimico, nel quale vengono trasferiti i meccanismi biochimici osservati nei sistemi biologici come i processi che sono alla base dell'effetto di luminescenza delle lucciole o della fotosintesi clorofilliana; livello funzionale, rispetto al quale vengono imitate le logiche poste alla base dei sistemi biologici Come le funzioni anti-attrito della pelle degli squali e i meccanismi di termoregolazione degli animali in condizioni ambientali estreme; 110 • • Iivello comportamentale, che si riferisce al trasferimento di modalità comportamentali come quella reattiva o protettiva; Iivello dell'organizzazione, che costituisce lo stadio più elevato di astrazione e consiste nel trasferire strategie organizzative proprie dei sistemi biologici come ridondanza, auto-adattamento, autonomia. auto-organizzazione.” 77 TPF FPT Studiando il funzionamento di apertura automatica di fiori e foglie, nel 1989 Guest & Pellegrino brevettarono delle strutture spiegabili. Holl, nel 1993, ha brevettato dei potenti adesivi acquatici ispirandosi funzionalmente al meccanismo di adesione dei mitili. Nel 1996 è stato realizzato un brevetto firmato Vincent & King riguardante un metodo di taglio del legno esplicitamente tratto dalle modalità di deposizione delle uova delle vespe basate sulla perforazione. Nel 1997 Bechert realizza dei tessuti innovativi per costumi da nuoto studiati in riferimento alla microstruttura della pelle dello squalo e alle relative strategie di riduzione dell’attrito nell’acqua. Nel 1999 sono stati brevettati dei sistemi di abbigliamento ad elevato isolamento termico che si ispirano funzionalmente alla struttura del manto dei pinguini. Un approccio morfologico all’analogia, tende a sottolineare le caratteristiche le caratteristiche fisiche e compositive, soprattutto in relazione alla tecnologia dei materiali che compongono alcuni esseri organici. Alcuni brevetti che seguono questo tipo di osservazioni sono relativi alla struttura dei compositi resistenti, ispirati al sistema di orientamento delle fibre del legno (Chaplin, 77 J.T. Bonner_Analogies in Biology_in J.R. Gregg, F.T.C. Harris_ Form and Strategy in Science_Dordrecht_1964. TP PT 111 ELITE LZR RACER Speedo design team SPEEDO 2008 1983). Jackson, nel 1989, si ispira alla struttura della madreperla per derivare materiali ceramici resistenti; nel1999 Hansen brevetti alcuni elmetti e caschi studiando 112 i meccanismi di resistenza delle corna dei cervi. Nello stesso anno Barthlott & Neinhuiss creano dei rivestimenti autopulenti che si riferiscono alla struttura superficiale delle foglie di loto (lotus effect). La cultura del design contemporaneo è caratterizzata dalla volontà di sperimentare e verificare, attraverso il progetto, il rapporto naturale-artificiale in tutte le sue tonalità, come confronto o come fusione, come ritorno agli equilibri della tradizione o come spinta innovativa. Dalla fine degli anni Settanta Carmelo di Bartolo conduce una fitta attività di design, ricerca e consulenza alle imprese utilizzando l'approccio bio-ispirato nella progettazione di prodotti e sistemi industriali. La metodologia bionica è alla base di molti progetti sviluppati da Di Bartolo attraverso la società di consulenza Design Innovation, fondata con Pino Molina Betancor, che ha sedi a Milano e alle Canarie e svolge attività di innovazione tecnologica e di prodotto, progettazione, formazione e marketing in ambito internazionale. Allo studio della biologia umana e, in particolare, alle ricerche scientifiche sulle caratteristiche fisiche e comportamentali dell'organismo, si ispira l'attività di ricerca coordinata da Francesco Trabucco nell'ambito denominato bio-design: disciplina progettuale multidisciplinare fondata sulla collaborazione tra il design e le scienze mediche e biologiche e orientata a realizzare dispositivi e componenti bio-medici caratterizzati da una forte componente di innovazione tecnologica. Al Biodesign è dedicato un laboratorio di cui Trabucco è responsabile scientifico: iI Bio-Design lab, medical and engineering devices presso il Politecnico di Milano. Aziende multinazionali come la Maserati e la Motorola hanno scelto di affidare il concept e lo sviluppo di alcuni 113 dei loro prodotti più innovativi al designer di origine italiana Franco Lodato, che da molti anni sperimenta l'uso dell'approccio bionico e delle metodologie ispirate alla natura nello sviluppo di prodotti avanzati realizzati con tecnologie e materiali innovativi. Oggi Lodato, che è laureato sia in design che in biologia, insegna alla University of Montreal School of Design e all’ MIT Media Lab di Boston, e ha curato il design di prodotti e linee di grande successo come la multipremiata Maserati Birdcage 75. Negli Stati Uniti ha depositato 45 brevetti, in gran parte fondati sulla metodologia bioispirata. Nella sperimentazione progettuale della studio deepdesign, formato dagli architetti e designer Matteo Bazzicalupo e Raffaella Mangiarotti, la natura viene interpretata, in analogia con l'approccio bionico, come modello, allo stesso tempo semplice e complesso, di perfezione nei processi e nelle forme. L'obiettivo dei designer e quello che loro definiscono "nuovo minimalismo organico" inteso come "pura economia di forme funzionali" ma anche come nuova potenzialità in termini concettuali. In alcuni casi il riferimento alla biologia e alle sue logiche nel design assume, invece, un carattere esclusivamente concettuale. Questo avviene prevalentemente in sperimentazioni progettuali o speculazioni teoriche ben distanti dagli ambiti della biomimetica e della bionica, che non mirano alla traduzione di forme strutture e strategie naturali in nuove tecnologie e prodotti, ma piuttosto alla esplorazione concettuale di tematiche biologiche che hanno profonde ricadute sulla cultura, sulla società e sull'immaginario contemporanei. 114 Alcuni progetti di Andrea Branzi, ad esempio, interpretano in chiave concettuale e poetica temi tratti dall'organizzazione del vivente come i processi genetici e di ibridazione tra etnie. Nella collezione Genetic tales, realizzata da Alessi nel 2000, Branzi interpreta le logiche di trasmissione genetica dei caratteri somatici, disegnando, su oggetti di uso quotidiano, volti di individui ottenuti dalla combinazione di caratteri di visi diversi, elaborata attraverso una sorta di algoritmo. Il percorso concettuale avviato con Genetic tales è continuato con Il libro degli omini, in cui Ie filastrocche di Lorenza Branzi accompagnano gli "omini mutanti" progettati da Andrea Branzi che possono essere modificati dal lettore nei loro lineamenti, nell’espressione e nel colore della pelle, muovendo una rotella che consente di far avvicendare le pagine fustellate con i disegni. Il riferimento "biologico" alle logiche genetiche diviene l’occasione per esplorare i temi delle diversità tra i popoli e tra le culture e del loro effetto sulla società: "Nasce quindi una famiglia dove padre, madre e figlia hanno razze differenti e per questo son contenti". 78 TPF FPT Nei primi anni Novanta Kevin Kelly scrisse Out of control: The New Biology of Machine, Social System and the Economic Worlds nel quale prospettava l'inizio di un'era tecnobiologica in cui “la potenza della tecnica incontra la 78 TP PT A. Branzi, L. Branzi_Il libro degli omini_Corraini_Mantova_2006. 115 potenza della natura, e si fonde con essa” fino a dar luogo a una seconda natura”. 79 II mondo contemporaneo, secondo Kelly, “è diventato così complicato che ora dobbiamo rivolgerci al mondo della natura per imparare come mantenerlo in funzione. In pratica più rendiamo meccanico il nostro ambiente fabbricato, più esso dovrà divenire biologico se vorrà continuare a funzionare". 80 Negli stessi anni Cappucci affermava che “la natura è stata il nostro (unico) modello, ci ha fatto ciò che siamo e ci ha ispirato. Con la crescita della complessità. degli artefatti i modelli sono divenuti i meccanismi stessi del vivente. Rispetto a quelli teorizzati, questi modelli sono migliori, più efficienti: hanno superato prove fin dalle origini della vita. Hanno esperienza del mondo. Nel ricostruire il vivente il miglior modello è il vivente stesso. Oggi siamo in grado di realizzare macchine e sistemi complessi, autonomi, capaci di svolgere molte funzioni, in grado di auto-organizzarsi e autoregolarsi, di imparare. Ma abbiamo capito che se le nostre ipotesi coincidono teoricamente con questi modelli, essi tuttavia superano ancora largamente i risultati delle nostre conoscenze se manca loro l'esperienza del reale, la vita. Deep Blue ha per la prima volta sconfitto il campione mondiale umano TPF TPF FPT FPT 79 F. Berardi_in prefazione a K. Kelly_ Out of control: La Nuova Biologia delle Macchine, dei Sistemi Sociali e del Mondo dell’Economia_Urra Apogeo_Milano_1996. TP PT K. Kelly_ Out of control: La Nuova Biologia delle Macchine, dei Sistemi Sociali e del Mondo dell’Economia_Urra Apogeo_Milano_1996. 80 TP PT 116 di scacchi, ma i migliori robot sono di gran lunga meno efficienti degli insetti”. 81 La comprensione dei linguaggi attraverso i quali avvengono i processi, gli scambi di informazioni e i meccanismi di protezione, che consentono alla natura di realizzare e mantenere in vita i suoi sistemi, prelude alla possibilità, da parte dell’uomo, di acquisire nuovi ed efficaci strumenti progettuali. In questo scenario il progetto bio-ispirato non può ridursi a interpretare il rapporto tra natura e progetto in un’ottica staticamente deterministica come quella della bionica classica che si fermava all’osservazione di strutture e meccanismi. “L’hybrid design è un nuovo approccio progettuale che si propone di trasferire alla cultura del design la complessità insita nelle logiche, nei codici e nei principi del mondo biologico. Nell’hybrid design le qualità complesse tratte dal mondo biologico vengono trasferite al design di prodotti e servizi innovativi come una sorta di “nuovo codice genetico”. Per poter accedere alle qualità biologiche trasferibili al design fa riferimento alle più recenti conquiste delle scienze biologiche e alle speculazioni teoriche, ma con la volontà di superare la dimensione del ricorso a facili metafore evocative affrontando, piuttosto, la sfida di un percorso di ricerca più rigoroso che si avventura nel profondo delle conoscenze biologiche. Nell’hybrid design confluiscono la complessità del mondo biologico, le conquiste più avanzate della scienza dei TPF FPT 81 P.L. Cappucci_Tecnologie del Vivente_in Mario Morcellini, Michele Sorice_Futuri immaginari_Logica University Press_Roma_1998. TP PT 117 materiali e delle tecnologie produttive, e i principi del “design per la sostenibilità”. Nell'acquisire i codici e i linguaggi dalla natura i nuovi artefatti ibridi tendono a somigliare ai sistemi biologici nella loro “funzionalizzazione flessibile”.” 82 I materiali dell’hybrid design sono materiali altamente evoluti, in grado di assolvere alle funzioni un tempo svolte da oggetti complessi e macroscopici. Sono “sistemi matrici”, più che semplici materiali, che coniugano le esigenze ambientali di de-materializzazione e mono-matericità con le qualità biologiche di multifunzionalità, autonomia, auto-organizzazione, capacità di auto-adattamento e coerenza ologrammatica. Alcuni di questi materiali esistono già o sono in via di sviluppo. Il settore dei film sottili, ad esempio, negli ultimi anni ha subito una forte accelerazione, in termini di avanzamento tecnologico, che ha portato alla nascita di sistemi laminati sottilissimi e leggeri, che nella loro struttura possono inglobare molteplici funzioni come la conduzione delle informazioni, della luce, la sensibilità, la capacità di cambiare caratteristiche ottiche e la produzione di energia. I film fotovoltaici, gli OLED, le tecnologie di deposizione, ad esempio, offrono al settore del design la possibilità di creare nuovi dispositivi come: sistemi di illuminazione, rivestimenti interattivi e strumenti di comunicazione leggeri, flessibili, sottili e portatili, che sostituiscono, con un unico "sistema materico", i loro predecessori rigidi, ingombranti e prevalentemente costituiti da molti componenti e materiali diversi. TPF FPT Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. 82 TP PT 118 Mediante questo tipo di approccio i sistemi biologici sono in grado di ottenere infinite tipologie di funzionalità. La natura, dunque, è controllata e regolata, non per produrre strutture rigide ed esatte, ma configurazioni flessibili, adattabili e, in alcuni casi, anche ridondanti che le consentono di rispondere al modificarsi delle condizioni. L’approccio hybrid design si propone di applicare questa “intelligenza della natura” nel progetto di artefatti che possono essere definiti ibridi, sia perchè sono intermedi tra biologia e tecnologia, sia perchè in essi i concetti di materia, funzione e oggetto tendono a sovrapporsi e a confondersi. Così come si confondono i concetti tradizionali di famiglie e di categorie di materiali che acquisiscono caratteristiche inconsuete, non riconoscibili secondo i canoni consueti, materiali ibridi come metalli porosi, ceramici leggeri, trasparenti ed elastici, fibre tessili resistentissime e tenaci. L’intelligenza della natura (smartness) è un tema largamente analizzato dalla pioniera della biomimetica, l’americana Janine Benyus che, nel suo libro Biomimicry definisce quelli che sono i dieci principi fondamentali che regolano la vita degli organismi negli ecosistemi preservandone gli equilibri. Questi principi dovrebbero essere le linee guida per la realizzazione di un progetto biomimetico e sostenibile. Le dieci caratteristiche di efficienza degli organismi naturali sono: 1. “usare gli scarti come risorse; 2. differenziarsi tra loro e contemporaneamente cooperare per convivere e utilizzare al meglio il proprio habitat; 119 3. prelevare, accumulare e utilizzare le risorse energetiche in maniera efficiente; 4. ottimizzare il consumo di risorse; 5. utilizzare i materiali con parsimonia; 6. non rilasciare i propri rifiuti negli habitat altrui; 7. non sprecare le risorse; 8. mantenersi in equilibrio con la biosfera; 9. essere sempre attenti alle informazioni ricevute; 10. acquisire risorse locali.” 83 TPF FPT Ma è attraverso la co-operazione, dunque la collaborazione tra attori e "volontà" diverse e diffuse, che queste regole prese a prestito dalla natura, possono essere concretamente applicate per realizzare cambiamenti radicali. Cambiamenti che coinvolgano atteggiamenti, modelli di consumo, modalità di soddisfacimento dei bisogni che raggiungano tutte le sfere sociali e impattino a livello globale. 83 Liberamente tradotto da J. Benyus_Biomimicry, innovation inspired by Nature_William Morrow & Co. Inc._New York_1997. TP PT 120 4.1 L’ANTROPIZZAZIONE DELLA NATURA Dal bonsai agli OGM Ancor prima dell’avvento dell’ingegneria genetica, l’uomo ha utilizzato diversi metodi per antropizzare la natura vegetale ed animale; per indirizzarne la crescita, la fruttiferazione o per migliorarne alcune caratteristiche. Esistono infatti numerose tecniche di coltivazione e di ibridazione che hanno come fine l’ottenimento di specie viventi più efficienti o semplicemente per modificarne l’estetica. Di queste tecniche fanno parte le innumerevoli forme di potatura e di innesto; forse storicamente le prime pratiche attuate per tali scopi. La potatura consiste in una gamma di interventi atti a modificare il modo naturale di vegetare e di fruttificare di una pianta. Non si tratta quindi solo di interventi cesori, ma anche di modificazioni di posizione dei rami, e di altri interventi quali trattamenti con fitoregolatori che modificano in modo analogo ai tagli l'habitus della pianta o di sue parti, la cosiddetta “potatura chimica”. Pur se sono possibili interventi di potatura sulle piante erbacee (es. cimatura del tabacco), normalmente la potatura è condotta sulle piante arboree da frutto e ornamentali. La potatura si propone di modificare la pianta per raggiungere una serie di obiettivi: • • dare alla pianta una forma idonea all'utilizzazione ottimale della luce (ma anche per facilitare le operazioni colturali); accelerazione dello sviluppo dei giovani alberi per raggiungere al più presto lo scheletro definitivo e l'entrata in produzione; 121 • • • raggiungimento di un equilibrio chioma/radici e fase vegetativa/fase riproduttiva, per una produzione alta, costante, di qualità; far sì che le piante si adattino alla fertilità agronomica; estendere il ciclo produttivo nelle piante senescenti. Come si è detto, la potatura può avere anche solo fini estetici o addirittura seguire dettami culturali, come, ad esempio, nel caso del bonsai, filosofia e forma d’arte orientale. Il termine "bonsai" è giapponese ed è costituito dai due ideogrammi 盆栽: il primo significa vassoio o contenitore (bon), mentre il secondo (sai) significa educare e, in senso lato, il coltivare. Questi alberi in vaso possono essere paragonati a normali piante che sono state “semplicemente” coltivate in maniera migliore ovvero con cure ed attenzioni di cui generalmente altre piante non necessitano. Per rendere la pianta nel suo complesso più forte ed adatta a sopravvivere in spazi ristretti, si procede alla potatura delle radici fittonanti (quelle che penetrano in profondità nel terreno), al rinvaso periodico e ad adeguate potature dei rami. I bonsai, sia come senso estetico naturale sia come la filosofia orientale suggerisce, devono seguire degli stili ben precisi accomunati dalla conicità del tronco, dalla dimensione ridotta delle foglie e soprattutto dalla naturalezza della pianta stessa, che nel suo insieme (vaso compreso) ha lo scopo di riprodurre la natura in piccole dimensioni. È sbagliato pensare che i bonsai soffrano nei vasi: è solo un'impressione che si ha, a causa delle forme spesso contorte o delle parti di legno secco create appositamente per dare un effetto di vetustà HT TH 122 alla pianta. Se un bonsai soffrisse non arriverebbe a fiorire o addirittura a fruttificare. La tecnica bonsai è nata in Cina e perfezionata in Giappone ed è legata a quello che gli Orientali chiamano seishi: l'arte di dare una forma, di coltivare, il praticare le tecniche più svariate sempre nel rispetto della pianta. I bonsai sono dunque natura viva, piccoli alberi che malgrado le dimensioni contenute esprimono tutta l'energia che è racchiusa in una pianta grande. Alcuni bonsai vengono curati e educati in modo da creare scene comuni come la pesca o la caccia. Gli orientali definiscono il bonsai come l'unione della natura con l'arte, così come il teatro Nō e la danza classica sono per i giapponesi la sintesi di musica e storia. A differenza dell'Ikebana, l'arte di comporre i fiori, il bonsai non si può insegnare con formule esatte o regole matematiche, ma con i comuni principi di botanica, senso estetico e una buona dose di pazienza. Per esigenze didattiche i maestri giapponesi hanno stabilito regole e principi di bellezza che hanno permesso ai neofiti di seguire un percorso preciso e facilitato per creare un bonsai. Come in ogni arte esistono veri e propri capolavori, anche plurisecolari e dal valore inestimabile; a differenza di altre attività artistiche, nell'arte Bonsai il soggetto è in continua (e lenta) evoluzione. Oltretutto nel caso di Bonsai famosi, sulla stessa pianta, nel corso del tempo, intervengono diversi maestri e collezionisti, rendendo l'opera indipendente dall'artista che l'ha creata (o raccolta). Per valutare un bonsai si devono prendere in considerazione i cinque punti fondamentali attraverso i quali si esprime tutta la sua bellezza e la sua armonia: L’apparato radicale, il tronco, i rami, le foglie e l’apice. Le radici devono disporsi possibilmente a raggiera, deve essere visibile la parte di radici che penetra nel terreno, in modo 123 da dare il più possibile la sensazione di forza e stabilità della pianta. Il tronco deve avere, a seconda degli stili, andamento eretto o sinuoso. La base (piede) deve essere di buon diametro per poi assottigliarsi gradualmente nella zona apicale. Molto importante è la presenza di una corteccia "vecchia" che conferisce al bonsai un aspetto vetusto. In genere il tronco, in un bonsai apprezzabile, resta visibile per circa due terzi della sua lunghezza totale. Fondamentale, in alcune piante come le conifere, è la presenza di shari, sabamiki e jin, cioè ferite della corteccia e dei rami che mettono a nudo il legno, dando alla pianta un aspetto ancora più vissuto. Per la formazione della chioma la miglior disposizione da dare ai rami è quella in cui i più grossi, ramificazione primaria, si espandono verso i lati e il retro per dare profondità e tridimensionalità e i più piccoli, ramificazione secondaria e terziaria verso la parte frontale, posteriore e superiore per creare i "palchi". Fatti salvi casi particolari non sono ammessi rami che partono frontalmente verso l'osservatore. La forma della chioma e dei singoli palchi deve essere riconducibile ad un triangolo. Le foglie devono essere mantenute piccole somministrando correttamente l'acqua e i fertilizzanti e praticando al momento giusto sia la pinzatura degli apici che la defogliazione, che consiste nella eliminazione parziale o totale delle foglie, in modo da permettere alla pianta di emetterne di nuove più piccole. L'apice, ovvero la porzione terminale del bonsai, deve mostrare vitalità, in quanto simbolo di vita. I bonsai che presentano l'apice spezzato o inesistente, non hanno pregio. Diversamente, se nella zona apicale sono presenti jin (legna secca) segni di lunga vita, il bonsai è apprezzato in quanto è ritenuto un triste tocco di natura austera. Si parla di arte 124 bonsai, in quanto fare bonsai è un’arte che comporta svariate conoscenze, sia nel campo generale della botanica, che in quello più particolare delle tecniche bonsaistiche. Tutte queste conoscenze vengono applicate per coltivare una pianta che rispetti determinati canoni estetici. Un altro aspetto interessante è che si tratta di un'opera d'arte mai finita: la pianta continua a crescere e modificarsi, bisogna quindi accudirla sempre. Il bonsai come si conosce oggi, è sostanzialmente quello giapponese, tuttavia l'origine dei bonsai è da situarsi in Cina: furono dei transfughi cinesi, approdati sulle coste giapponesi, a portare nel paese i primi bonsai. I giapponesi appresero questa tecnica e ne fecero un'arte, applicando alle piante coltivate i canoni della propria estetica influenzata dallo Zen. Le piante giapponesi sono infatti più armoniose di quelle cinesi. È importante che un bonsai evochi in chi lo guarda una sensazione di forza, maturità e, soprattutto, di profonda pace e serenità. Alcune altre forme di forte antropizzazione, intesa come direzionamento della crescita, sono quelle che si attuano, sempre per scopi ornamentali su piante come il ficus benjamin o la pachira; piante di origine sudamericana che, in fase di crescita, avendo dei fusti molto flessibili e resistenti, possono essere intrecciate o modellate secondo una serie di schemi di crescita. Si trovano così facilmente in commercio pachire con fusti a treccia, a tubo o con appendici che si saldano in maniera naturale a creare geometrie inaspettate e di forte impatto visivo. Altre tecniche prevedono, soprattutto per scopi pratici, l’indirizzamento delle radici. A tale riguardo è pratica comune nei vivai far vegetare le piante in fitocella. Tale tecnica prevede la coltivazione dei vegetali (per lo più piante ornamentali o piccole fruttifere) in sacchetti 125 realizzati in film plastico. Tale tecnica è attuata per economicità e per facilità di trasporto delle piante che son sono intrappolate in contenitori rigidi o pesanti. La radice è chiamata a supportare l’intera pianta e a sopperire alla mancanza di rigidità del contenitore del terriccio. In tali condizioni si è osservato che le radici tendono ad accrescere la sezione dell’appendice principale e a spiralizzare le appendici secondarie. La continua volontà dell’uomo a modificare la crescita del vivente ha portato a nuove scienze, nuove discipline che, nell’arco di pochi decenni hanno raggiunto notevoli risultati, senza però evitare di sollevare accesi dibattiti socio-culturali; è il caso dell’ingegneria genetica. “Al di là delle ripercussioni etiche e dei concreti timori per la salute dell’uomo e dell’intero ecosistema naturale, gli OGM possono a ragione essere considerati la conseguente evoluzione del percorso dell'uomo, cominciato qualche millennio fa con la nascita dell’agricoltura e dell’allevamento, per mettere a punto “tecniche atte a sfruttare le proprietà degli esseri viventi”, in una parola biotecnologia. Quello che è nuovo non è tanto la manipolazione dei fenomeni biologici quanto il livello di conoscenza dei fenomeni stessi e per la prima volta l’uomo non usa la natura per produrre quanto è necessario ai suoi bisogni ma "produce" la natura stessa. Fino ad oggi l’ingegneria genetica ha indirizzato le sue ricerche in tre campi: quello alimentare, quello farmaceutico e quello della genetica umana. L’evoluzione delle piante transgeniche è stata tra le più rapide: nel 1983 viene “costruita” in laboratorio la prima pianta transgenica, il tabacco, e solo dieci anni dopo, nel 1994, in Canada viene permessa la diffusione commerciale del pomodoro, prodotto dalla Calgene, il cui processo di maturazione è indotto grazie alla 126 modificazione del gene che permette la produzione dell’etilene ad essa necessaria per poi fornirlo artificialmente quando la commercializzazione lo richiede separando due momenti cruciali del “processo produttivo” agricolo; seguiranno negli anni la patata con maggior contenuto di amidi, il mais immunizzato, la soia prodotta dalla Pioneer resistente ai diserbanti a modificata con geni delle piante di guar e carruba per produrre gomma alimentare. A tutt’oggi si annoverano tra gli OGM la pianta di canola con geni di alloro per produrre un olio vegetale con alto contenuto di acido laurico utilizzato per la cosmesi e per i dolci; carote con una percentuale di betacarotene pari al doppio di un ortaggio "normale"; broccoli con maggior contenuto di vitamina A ed E; caffè geneticamente decaffeinato; banane che forniscono il vaccino anticolera ed insalata contro l’epatite B; melanzane che grazie all’inserimento di un gene proveniente in parte da una pianta, in parte da un batterio sona più dolci e senza semi; riso, come il “golden rice” con apporti di vitamina A o quello “aerobico” realizzato dalla Assobiotec capace di vivere con una quantità molto minore di acqua; piante di tabacco sempre della Assobiotec dalle quali si ottiene, inserendo i geni che nel ragno permettono la produzione della ragnatela, una fibra ad essa simile; microrganismi, come quelli sperimentati dalla DuPont, in grado una volta modificati, di ottenere dal mais un ingrediente utile alla realizzazione del Sorona® un polimero biologico; trote e salmoni triploidi, cioè con più cromosomi del normale per renderli sterili e dunque con una crescita sviluppata. Ed ancora l’insulina, i vaccini contro l’epatite B, gli ormoni contro le anemie o per la crescita solo per citare alcuni dei farmaci ottenuti manipolando geneticamente alcuni organismi, in 127 particolare, batteri. Ma le sperimentazioni non si sona limitate ad organismi semplici arrivando ad ottenere latte di capra che produce un anticorpo utile nella cura dei tumori, maiali modificati con geni umani per fornire organi utili al trapianto immuni al rigetto, fino all’ipotesi della diretta manipolazione dell'embrione umano per correggerne “difetti” o ridurne i rischi di malattie mortali. Quello che sta accadendo in sostanza, a prescindere se finalizzato ai soli scopi economici delle multinazionali alimentari che vedono migliorare passaggi cruciali della loro filiera produttiva, oppure spinto da intenti nobili che cercano di alleviare l’uomo dall’incubo delle malattie e della fame, è un cambiamento radicale del significato anche semantico che l’uomo attribuisce al risultato del suo “lavoro”. Fino all’arrivo degli OGM la dicotomia naturale/artificiale aveva segnato un confine chiaro, uno scenario di azione codificato, una “lotta” da affrontare con armi precise: uomo vs natura, arte-fatto vs bio-fatto. E ogni possibile incontro è stato comunque riconosciuto come ibrido: “oggetti cyborg” precisamente in bilico tra due produzioni distinte quella artificiale e quella naturale. Con gli OGM, la distinzione cade e l’artificio produce natura che poi si usa per ottenere artefatti in un circolo virtuoso economicamente inarrestabile. E dunque il confine sparisce e la distinzione non è più esperienza sensibile ma solo cognitiva.” 84 TPF FPT L. Di Lucchio, Biological Design, Organismi Geneticamente Modificati, in DIID, High Technology 9/04. 84 TP PT 128 5.1 L’AUTONOMIA La biologia contemporanea, attraverso gli studi di Maturana e Varela, ha riscattato l’autonomia dell'essere vivente stabilendo che “l’ambiente non determina la natura del sistema in quanto tale, la sua unità e identità. È anzi il sistema stesso che seleziona, fra tutti gli stimoli dell’ambiente e le possibili interazioni con esso, quelli ammissibili e quelli non ammissibili rispetto alla propria organizzazione.” 85 L'ambiente non è più generatore di input che determinano univocamente la struttura del sistema, ma di perturbazioni che possono innescare, e non determinare, trasformazioni. Allo stesso tempo il sistema è in grado, a sua volta, di produrre perturbazioni che agiscono sull'ambiente. Vi sono delle caratteristiche proprie degli esseri viventi (o sistemi di esseri viventi) che ne determinano una certa autonomia esistenziale che rende l’organismo in questione capace di elaborare le continue trasformazioni innescate dall’ambiente esterno TPF FPT 5.2 Auto-riparazione “Molti sistemi biologici sono in grado di modificare le proprie caratteristiche in funzione del mutare dei fattori esterni, in modo da sopravvivere a tali cambiamenti. È quello che avviene nei fenomeni di autoriparazione che possiedono diverse piante e animali. 85 H.R. Maturana. F.J. Varala_Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente_Marsilio_Venezia_1985. TP PT 129 In molti organismi viventi, ad esempio, il nascere di una lesione genera un meccanismo di auto-riparazione. Nel corpo umano, quando si crea una ferita, immediatamente avviene un afflusso di liquidi in corrispondenza della parte del corpo interessata, che attivano un insieme di reazioni chimiche capaci di causare la chiusura della lesione.” 86 Utilizzando una strategia analoga i ricercatori della University of Illinois at Ur·bana-Champaign, coordinati da Scott White, hanno sviluppato dei "self-healing polymers", compositi polimerici in grado di auto-ripararsi inglobando nella matrice polimerica microcapsule contenenti principi attivi auto-riparanti. Quando nel materiale si produce una lesione questa causa la rottura delle microcapsule che rilasciano una resina in grado di polimerizzare istantaneamente chiudendo la frattura nella matrice. In modo simile sono realizzati i “bleeding composites” con matrici cementizie, che inglobano fibre cave contenenti agenti riparanti, che vengono rilasciati al formarsi di fratture. La capacità di auto-riparazione permette di evitare di riparare o sostituire oggetti, e parti di essi, e quindi di utilizzare nuove risorse e smaltire quelle dismesse, con grandi vantaggi sia economici che ambientali. TPF FPT 5.3 Auto-pulizia “Interessi economici e ambientali si coniugano anche quando il concetto di autonomia viene interpretato, e 86 Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. TP PT 130 semplificato, come indipendenza dalle operazioni esterne di pulizia e manutenzione.” 87 Uno dei brevetti biomimetici più noti è il Lotus-Effect, che mutua la proprietà autopulente della foglia di loto (Nelumbo Lucifera). Il brevetto è stato il risultato di una lunga attività di ricerca condotta da Wilhelm Barthlott, direttore dell’istituto botanico dell’Università di Bonn, iniziata negli anni Settanta. Le foglie della Nelumbo Lucifera sono coperte da una microstruttura costituita da piccolissimi cristalli di cera su cui le particelle di sporco non riescono ad attecchire saldamente, ma si poggiano stabilendo un legame precario che si rompe facilmente se vengono bagnate, anche da una quantità di acqua minima. Barthlott osservò, infatti, che quando piove, a causa del ridotto angolo di contatto tra la superficie delle foglie e le gocce d'acqua, queste ultime tendono a rotolare, trascinando con se le particelle di sporco e lasciando la foglia pulita. Tra le specie caratterizzate da queste proprietà la pianta del loto è quella con il meccanismo auto-pulente più efficace. Effettuata questa scoperta Barthlott decise di riprodurre i microscopici cristalli di cera che rendono ruvida la superficie delle foglie, in prodotti per il rivestimenti di superfici per esterni. Nacque, così, il brevetto Lotus-Effect applicato per la prima volta al Lotusan, una vernice auto-pulente prodotta dall'azienda tedesca Ispo, comparsa sui mercato nel 1999, primo di una lunga serie di materiali autopulenti. Sulle superfici trattate con questo rivestimento le gocce di pioggia, per un effetto analogo a quello che avviene nella foglia del loto, inglobano lo sporco e, scorrendo, lo rimuovono TPF FPT 87 Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. TP PT 131 lasciando la superficie pulita. Inoltre il Lotus-Effect induce l'acqua a evaporare molto più rapidamente senza lasciare tracce visibili. Lo stesso brevetto è stato applicato successivamente ad altri prodotti come: il rivestimento auto-pulente Aeroxide, prodotto dalla Creavis, divisione per le nuove tecnologie del colosso chimico Degussa Huls, e il vetro Active della Pilkington, che combinano il Lotus-Effect con la tecnologia dei materiali fotocatalitici in grado di favorire, attraverso un fenomeno simile a quello della fotosintesi clorofilliana, la scomposizione delle particelle di sporco organico sotto l’azione della radiazione solare, in modo che possano essere dilavate più facilmente dalla pioggia. Attualmente sono disponibili sul mercato molte tipologie di prodotti auto-pulenti come le tegole auto-pulenti Erlus lotus, in argilla compressa, prodotte dalle Erlus e il Lotus Spray, basato sulla combinazione di nanoparticelle e polimeri idrofobici che conferiscono a qualsiasi superficie un effetto idrorepellente e auto-pulente, prodotto dalla Basf. L’applicazione di questi prodotti consente di rendere auto-pulenti le superfici di edifici, cartelli stradali, arredi per esterni, pensiline e veicoli, con grandi vantaggi economici e ambientali legati alla riduzione dei consumi di acqua necessaria alla pulizia e soprattutto di detergenti. 5.4 Auto-produzione energetica “Gli organismi viventi sono in grado di condurre tutte le loro attività utilizzando esclusivamente energia autoprodotta attraverso l’uso di fonti rinnovabili, come quella solare. Questa ulteriore interpretazione, ancora una volta 132 semplificata, di autonomia trova sempre più frequenti applicazioni nel settore del design, grazie ai progressi ottenuti dalla ricerca sui nuovi materiali e sui nuovi processi.” 88 Le tecnologie fotovoltaiche offrono l’opportunità di rendere energeticamente autonomi i dispositivi alimentati elettricamente. L’innovazione in questo settore tende alla dematerializzazione di questi sistemi. I film sottili fotovoltaici, grazie allo spessore ridotto e alla flessibilità, consentono oggi un'integrazione molto più agevole con gli oggetti, dando la possibilità di creare quelli che vengono definiti dispositivi self-charging. Computer portatili, telefonini, palmari, sistemi di illuminazione, meccanismi automatici che si auto-ricaricano utilizzando l’energia proveniente dal sole. La O'Neill ha introdotto sul mercato lo zaino Solar Backpack, della selie h2, sviluppato in collaborazione con la Apple che integra diversi dispositivi come alloggio e accessori per l’iPod, un modulo bluetooth e un carica-batteria solare, che può ricaricare sia il lettore musicale che macchine fotografiche digitali o telefoni cellulari. L'azienda Garba, invece, produce borse porta computer con pannelli solari integrati collegati a un piccolo power case che permette di gestire l’energia generata e immagazzinata in cinque batterie AA ricaricabili, per alimentare diversi tipi di dispositivi portatili. Le nuove tecnologie alternative al silicio, basate sui processi di deposizione in soluzione liquida di composti organici, sulle tecnologie di stampa di materiali semiconduttori su diverse tipologie di materiali e sulle nanotecnologie, promettono di ridurre in futuro i costi di TPF FPT Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. 88 TP PT 133 produzione, di aumentarne l'efficienza e di incrementarne la miniaturizzazione, aspetti che avvantaggeranno sempre più l'utilizzo di queste soluzioni nel design e la loro accettazione da parte del mercato. 5.5 Auto-riproduzione “Nel settore della bio-robotica, uno dei più avanzati tra quelli di ispirazione biologica, qualità connesse all'autonomia come la capacità di riconoscere e selezionare gli stimoli e di auto-riprodursi senza il ricorso a fattori esterni, sono gli obiettivi di numerose ricerche scientifiche e tecnologiche.” 89 Il gruppo di ricerca costituito da Hod Lipson, Victor Zykov, Efstathios Mytilinaios e Bryant Adams, del dipartimento di Mechanical & Aerospace Engineering, and Computing & Information Science della Cornell University, di Ithaca negli Stati Uniti ha messo a punto un sistema di robot modulari autonomi capaci di autoriproduzione fisica. Il sistema fisico è in grado di auto-riprodursi se è capace di costruire una copia distaccata e funzionale di sé che a sua volta è in grado di auto-riproduzione. Il concetto di auto-riproduzione differisce da quello di autoassemblaggio, in cui il sistema risultante non è in grado di riprodursi. Le macchine auto-riproduttive realizzate alla Cornell sono essenzialmente robot modulari, composti di moduli identici multipli, attuati con degli elettromagneti per indebolire e rinforzare in modo selettivo le connessioni, in modo da determinare i punti in cui la struttura si deve rompere o unire. TPF FPT Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. 89 TP PT 134 5.6 Auto-organizzazione e adattabilità Gli organismi, per sopravvivere al mutare delle condizioni interne ed esterne, tendono a modificare se stessi e ad evolversi nel tempo auto-organizzandosi in modo da utilizzare le perturbazioni ambientali a proprio vantaggio. “Secondo i teorici della complessità l’auto-organizzazione sembra essere uno dei principi più importanti nell’ambito dei fenomeni evolutivi, poiché si traduce in capacità di generare strutture potenzialmente vincenti nella selezione naturale. I sistemi capaci di auto-organizzarsi spontaneamente aumentano le loro possibilità di evolvere ulteriormente. Le caratteristiche auto-organizzate sono anche quelle più facilmente ri-modellabili, dunque più flessibili.” 90 Hofstadter ha definito l’auto-organizzazione come “la composizione spontanea e inconscia di totalità coerenti a partire da parti disperse”. 91 F. Varela e U. Maturana hanno interpretato l’autoorganizzazione come la capacità di un sistema di integrare le perturbazioni esterne per aumentare la propria efficacia, collegandola strettamente all’autopoiesi, cioè alla funzione dei sistemi autonomi, autoregolati dall'interno, di tendere a una coerenza interna per il migliore adattamento all’ambiente, mediante azioni di auto-creazione. TPF FPT TPF FPT Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. 90 TP PT 91 D.R. Hofstadter_L’architettura del Jumbo_in G. Bocchi, M. Ceruti_La sfida della complessità_Feltrinelli_Milano_1985. TP PT 135 Un altro importante carattere e fondamento evolutivo che può essere trasferito dalle scienze della complessità alla cultura del progetto è quello definito da Heinz von Foerster “principio di ordine a partire dal rumore”, strettamente legato, oltre che al concetto di autoorganizzazione a quello di adattabilità. “I sistemi auto-organizzatori non si nutrono soltanto di ordine, trovano anche il rumore nel loro menù ... Non è male avere del rumore nel sistema. Se un sistema si irrigidisce in uno stato particolare è incapace di adattarsi, e questo stato finale può anche non andare bene. Esso sarà incapace di adattarsi a qualunque situazione inadeguata”. 92 In seguito ai recenti progressi guadagnati dalla genetica dello sviluppo molte posizioni teoriche, che interpretavano l’auto-organizzazione come una confutazione dei determinismi biologici, sono state rivedute e arginate. In natura sono numerosi i processi definibili come autoorganizzativi. Nella biologia cellulare e dello sviluppo, è necessario distinguere tra self-organization (autoorganizzazione), che implica la capacità di dare origine a determinate strutture anche al variare delle condizioni esterne e interne, e il self-assembling (autoassemblaggio) su cui si fonda la genesi di determinate strutture in funzione di specifiche modalità di combinazione fra le parti componenti, proprietà dimensionali, geometriche e forze di interazione. TPF FPT 92 H.Von Foerster. Citato in H. Atlan_Tra il cristallo e il fumo: saggio sull’organizzazione del vivente_Hopeful Monster_Firenze_1986. TP PT 136 Il processo alla base della formazione di strutture sopramolecolari, come i tessuti biologici, ad esempio, avviene attraverso il self-assembling delle proteine. La capacità di auto-organizzazione determina due caratteri ritenuti utili per la sopravvivenza e l’evoluzione: l’elevata “robustezza”, intesa come capacità di raggiungere un determinato risultato nonostante le perturbazioni manifestatesi durante il processo, e la flessibilità dei programmi di sviluppo. Lo studio degli effetti dell’associazione di questi due caratteri ha consentito di formulare il concetto di evolvability (capacità di evolvere) che si propone di continuare l’opera di Darwin, attraverso lo studio della dipendenza della variazione fenotipica e dell'adattamento biologico dai processi di sviluppo embrionale e di differenziamento cellulare. Nel design bio-ispirato e nella biomimetica la traduzione dei concetti di auto-organizzazione e adattabilità nel progetto di artefatti sono obiettivi molto ambiti, ma difficilmente raggiungibili. È possibile, però, individuare alcune sperimentazioni, in entrambi i settori, che tendono verso una assimilazione di queste qualità, che vengono trasferite in forma semplificata. Il centro di biomimetica dell'Università di Bath, in collaborazione con il London College of Fashion, ha sviluppato un tessuto dotato di capacità di termoregolazione presentato come uno degli otto progetti più rappresentativi della ricerca scientifica Inglese all'Expo 2005 che si è tenuto in Giappone sui tema Nature’s Wisdom, nella Exposition of Global Harmony 2005, interamente dedicata al tema della biomimetica. Nel progetto del tessuto i ricercatori di Bath hanno scelto di ispirarsi al meccanismo di apertura e chi usura del frutto 137 del pino, le cui scaglie rimangono chiuse finché sono sull’albero mentre si aprono quando cadono al suolo per liberare i semi. Ogni aletta è costituita da una struttura in cui si sovrappongono due strati che reagiscono diversamente al variare dell’umidità. Quando il cono caduto dall’albero si asciuga uno dei due strati si contrae maggiormente rispetto all’altro e costringe la scaglia ad aprirsi. Nel tessuto biomimetico la logica descritta è stata mutuata attraverso una microstruttura costituita da piccolissime alette che reagiscono all’umidità della pelle aprendosi, in modo da rendere il tessuto più traspirante, mentre si richiudono quando, a causa di una riduzione dell’attività motorea o della temperatura esterna, il grado di umidità della pelle si abbassa. Il progetto ha previsto anche il design di una linea di capi di abbigliamento realizzati con il nuovo tessuto e disegnati da Veronika Kapsali. Un altro esempio di comportamento adattivo che dalla biologia potrebbe essere trasferito all'ambito dei nuovi materiali termo-regolanti è costituito dai meccanismi di termo-regolazione degli animali che vivono in condizioni ambientali estreme. Il manto di piume dei pinguini, ad esempio, svolge un’azione isolante “attiva”: incamera aria quando l’animale è asciutto, aumentando l’effetto isolante, e la libera creando una barriera all’acqua quando si immerge. Nel centro di biomimetica di Reading, dove si sta studiando la possibilità di trasferire queste logiche all’abbigliamento per sport invernali, è stato osservato che le piume hanno una morfologia a uncino che, sottoposta alla pressione dell’acqua, tende a ripiegarsi su se stessa schiacciandosi e facendo aderire il manto al corpo. Appena il pinguino esce dall’acqua la risposta elastica alla deformazione tende immediatamente a far 138 recuperare alle piume la forma ad angolo, il manto riassume la sua condizione originaria gonfia e isolante, in modo da accelerare l’asciugatura e il riscaldamento del corpo. Questa complessa strategia consente all’animale di sopravvivere alle temperature bassissime del suo ambiente. “Il designer Francese Mathieu Lehanneur, ha ottenuto la Carte Blanche VIA 2006 progettando la collezione Elements costituita da dispositivi per l’abitare, in grado di auto-adattarsi dinamicamente, modificando le proprie prestazioni, in funzione di sollecitazioni provenienti dall’utenza o dall’ambiente per creare condizioni di comfort psico-fisico. Gli “elementi” della collezione sono cinque: Q=Quinton, un oggetto con una struttura formale molto simile a un corallo, che rilascia il Quinton, un gas che, secondo alcuni studi scientifici, ha la proprietà di aumentare le difese immunitarie di chi viene sottoposto alla sua azione in maniera continuativa; dB=decibel, una struttura che ricorda molto la morfologia dello scheletro di una spugna marina, capace di riconoscere i rumori dell’ambiente che superano un determinato livello sonoro e di rispondere emettendo quello che viene definito “rumore bianco” per ridurne l'effetto acustico; C°=Celsius, un oggetto di forma conica che emette infrarossi fornendo calore quando la temperatura dell’ambiente esterno scende al di sotto di un determinato livello; O=Oxygene, che rilascia ossigeno nell’aria, quando è necessario, come una sorta di polmone artificiale; K=Kelvin che produce una luce molto intensa quando il grado di illuminamento si abbassa al di sotto di una determinata soglia.” 93 TPF FPT Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. 93 TP PT 139 6.1 RIDONDANZA, MULTIFUNZIONALITà, TENSEGRITY E MOVIMENTO “I sistemi biologici posseggono una qualità definita “ridondanza”, che consente loro di sopravvivere anche agli eventi più imprevisti e pericolosi, rispondendo con l’utilizzo di elementi o caratteristiche apparentemente “superflui”, la cui esistenza trova giustificazione solo in questi casi. Spesso le strategie progettuali orientate alla sostenibilità ambientale tendono alla minimizzazione. Il concetto di ridondanza sembra, dunque, in antitesi con questo tipo di approccio. Ma, in alcuni casi, la ridondanza costituisce una soluzione molto efficace per evitare sprechi di risorse. Ad esempio, l’uso di pellicole protettive applicate su superfici a elevata deperibilità o molto fruite, come le pavimentazioni di luoghi con frequente passaggio, consentono di conservare per periodi molto lunghi componenti o parti di edifici che, altrimenti, richiederebbero continue sostituzioni e conseguenti ricadute ambientali.” 94 La ridondanza può essere anche funzionale. In natura la maggior parte degli elementi sono multifunzionali poiché le condizioni ambientali cambiano di momento in momento e i sistemi biologici devono essere pronti a rispondere con una delle possibili funzioni. Alcuni insetti, ad esempio, hanno diverse coppie di zampe, ognuna delle quali svolge una funzione diversa. La multifunzionalità è una tendenza ormai consolidata nel design contemporaneo. Oggetti e componenti multifunzionali o ridondanti dal punto di vista TPF FPT 94 Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. TP PT 140 prestazionale si possono facilmente adattare a diverse applicazioni e, dunque, sono in grado di “sopravvivere” più a lungo. Dispositivi che inglobano diverse funzioni in un unico supporto materiale come i vetri elettrocromici, che uniscono in un unico sistema laminato i vetri e il sistema di schermatura solare, o i film elettroluminescenti, che consentono di riunire in un unico supporto flessibile i diversi elementi necessari per realizzare una lampada, quindi corpo illuminante, cavi elettrici, interruttori, sostegno, diffusori, sono esempi concreti di multifunzionalità e ridondanza funzionale. Integrare le funzioni in un unico prodotto significa risparmiare, in termini economici e ambientali, le risorse materiali ed energetiche necessarie a realizzare i diversi prodotti sostituiti. 6.2 Tensegrity “Buckminster Fuller usava il termine tensegrity per rappresentare il rapporto tra leggerezza e resistenza osservato nei sistemi naturali. Tale parola deriva da una contrazione dei termini tension e integrity. La combinazione tra questi due concetti determina strutture la cui forma è mantenuta dalla tensione presente in ogni punto, in modo tale da rimanere flessibile ma resistente.” 95 Le ali di farfalla, gli scheletri di alcuni organismi marini, le foglie delle piante dimostrano come la natura sia in grado di realizzare strutture resistenti con un minimo consumo di materia ed energia. TPF FPT 95 Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. TP PT 141 Adriaan Beukers e Ed van Hinte, del Netherlands Design Institute, sono autori di un libro dal titolo Lightness: The inevitable renaissance of minimum energy structures nel quale ricostruiscono la storia evolutiva delle strutture leggere caratterizzate da un bilancio di massima efficienza tra forma, materiale e processo di produzione, definite minimum energy structures, illustrandone anche le ampie potenzialità in termini di innovazione sostenibile. Ad esempio, “la struttura honeycomb ispirata al nido d’ape è una delle più resistenti e leggere in natura, e viene da sempre utilizzata per alleggerire oggetti soprattutto di grandi dimensioni, come pannelli edilizi, coperture, sedute, tavoli, componenti meccanici. In Arizona questa tipo di struttura è stato utilizzato nella realizzazione del Large Binocular Telescope, il più grande e potente telescopio del mondo, per sostenere due enormi specchi autoportanti.” 96 TPF FPT 6.3 Movimento Nel terzo libro della fisica Aristotele scriveva: “…poiché la natura è principio del movimento e del cangiamento e noi stiamo studiando metodicamente la natura, non ci deve rimaner nascosto che cosa sia il movimento. È inevitabile, infatti, che, se questo si ignora, si ignori anche la natura.” 97 TPF FPT 96 Adriaan Beukers, Ed van Hinte_Lightness: The inevitable renaissance of minimum energy structures. TP PT 97 TP PT Aristotele_La Fisica_Loffredo_Napoli_1967. 142 Il movimento delle cellule, il volo degli uccelli, la capacità di muoversi di tutti gli organismi compiendo il minimo sforzo energetico hanno sempre costituito un importante esempio da imitare nel progetto di artefatti mobili, ma anche statici. Nella storia del design molti progettisti hanno cercato di interpretare e tradurre nei loro prodotti le leggi nascoste nel movimento dei sistemi naturali. Nel volume Santiago Calatrava. La poetica del movimento, Alexander Tzonis esplora, attraverso l’illustrazione di 35 progetti tra architetture, opere ingegneristiche, sculture e oggetti di design, “il linguaggio del progettista, capace di integrare struttura e movimento, attraverso soluzioni progettuali spesso tratte dall’osservazione della natura.” 98 Oggi i risultati raggiunti nell’ambito delle conoscenze scientifiche e il rapido progredire dei metodi e delle tecnologie di indagine consentono di entrare nella complessità dei movimenti naturali per coglierne riferimenti e strumenti progettuali. Tra i designer che amano sperimentarsi con questi temi uno di quelli che ha ottenuto i risultati più interessanti, sia dal punto di vista tecnico-prestazionale sia da quello linguistico-espressivo, è Isao Hosoe. Nella sua ricerca progettuale il concetto di movimento costituisce un tema centrale di riflessione e sperimentazione. Per rappresentare il suo studio Hosoe ha scelto come simbolo il vortice, emblema del movimento naturale, rispetto al quale afferma: “Credo nel vortice. È un evento speciale, casuale al massimo ma in buona misura calcolabile. concentra in un punto singolure e unico l’energia del flusso sfruttandone TPF FPT 98 A. Tzonis_Santiago Calatrava_The poetics of Movement_Universe Publishing_New York_1999. TP PT 143 le turbolenze, e vi attrae elementi disparati con esiti all’inizio inprevedibili, ma alla fine coerenti in un risultato. Per me è sempre stato positivo lasciarsi trascinare fluidamente in fondo al gorgo di un processo progettuale e trascinarvi altri senza i qua1i è difficile sia fare qualcosa, sia verificare la validità di quel che si è fatto.” 99 La lampada a sospensione Vola, progettata da Hosoe e prodotta da Luxit, è costituita da un diffusore in vetro soffiato acidato ai cui lati si aprono due ali in policarbonato satinate che rifrangono morbidamente la luce proveniente dal diffusore. Nella versione Fo6CR le ali sono sostenute da una struttura in metallo a memoria di forma che le induce ad aprirsi quando la lampada è accesa e si riscalda e a chiudersi quando è spenta e si raffredda, con un effetto che evoca il movimento del volo di una libellula. TPF 99 TP PT FPT I. Hosoe_http://www.ihd.it. 144 7.1 SMARTNESS “Il termine smartness, associato ad artefatti tecnologicamente avanzati, individua una intelligenza che può manifestarsi secondo diversi livelli di complessità. Dal grado più elementare di strutture, capaci di reagire con una risposta semplice in maniera immediata e diretta a uno stimolo, a quello più elevato di sistemi capaci di compiere processi decisionali attraverso l’elaborazione di informazioni, fino a giungere alla capacità di apprendere dall’ambiente, che costituisce la più elevata manifestazione di smartness. Gli organismi che riescono ad avere successo nel corso dell’evoluzione sono quelli in grado di prevedere ciò che accadrà intorno a loro. Tale capacità di prevedere è particolarmente importante, anche perchè quando una reazione è premeditata richiede sicuramente meno sforzo ed energia. La capacità di apprendere permette, quindi, a un sistema artificiale di ottenere un modello della realtà talmente attendibile da consentire anche la formulazione di ipotesi di previsione di eventi e di trasformazioni ai quali potersi, poi, adeguare.” 100 Nel design queste innovazioni si traducono in ambienti mutevoli, arredi e indumenti camaleontici, oggetti che cambiano fisionomia e funzionalità costituiscono le entità di un nuovo panorama di artefatti trasformisti sempre più affini agli organismi biologici, che interagiscono tra loro o con chi li utilizza, giungendo ad assumere “comportamenti” più che prestazioni. Questo metodo di TPF FPT 100 Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. TP PT 145 approccio alle problematiche della progettazione è riscontrabile in tutte le discipline del design contemporaneo. Con le espressioni intelligent packaging o smart packaging si usa indicare le soluzioni di imballaggio che incorporano dispositivi elettronici, meccanici, chimici e elettrici in grado di interagire con il consumatore, con l’ambiente della confezione, con gli elettrodomestici, con l’azienda produttrice e con l’ambiente esterno. Esistono diverse tipologie di tecnologie di smart packaging e molte di queste sono destinate ad apportare grandi cambiamenti negli ambiti del packaging design, del brand management e della supply chain nei prossimi anni. La maggior parte dei sistemi di smart packaging si basa sull'uso di circuiti elettronici stampabili, printed electronics, realizzati spesso con materiali alternativi al silicio e applicabili anche su supporti molto sottili, come il cartone o i film flessibili. Molte di queste tecnologie sono già disponibili sui mercato e i costi di un sistema in printed electronics si avvicinano sempre di più a quelli del tradizionale codice a barre. Il vantaggio offerto da questi sistemi consiste nel conferire ad un qualsiasi materiale una capacità “sensibile” senza l’uso di microchip al silicio, dunque con costi più bassi, tecnologie più semplici e accessibili e con un impatto estetico minimo, paragonabile alla stampa con inchiostri comuni. La possibilità di applicare queste tecnologie offre nuove e stimolanti opportunità al packaging design in termini di innovazione, sia estetica che funzionale, e di libertà espressiva. 146 Nella “società liquida”, come la definisce Zygmunt Bauman in Modus Vivendi. Inferno e utopia del mondo Iiquido, “le strutture che delimitano lo spazio dei comportamenti, delle abitudini e delle forme sociali e individuali si dissolvono, creando un contesto caotico e dinamico, in continua trasformazione in cui uomini e donne contemporanei si trovano a dovere passare, continuamente e freneticamente, da un ruolo sociale all’altro. Famiglia, lavoro, vita sociale si alternano, fino a sovrapporsi, pure avendo esigenze e bisogni spesso distanti l’uno dall'altro.” 101 Ognuno di questi ruoli richiede un'immagine, dunque un abbigliamento, differente adeguato a esigenze e funzioni che, di volta in volta, emergono nel corso della giornata e della settimana. “Gli utenti della moda del futuro saranno nuovi nomadi, spesso in viaggio, che avranno sempre meno tempo a disposizione per occuparsi del proprio look e per cambiare la propria immagine in funzione dei diversi ambiti nei quali si trovano ad agire. Anche l’abbigliamento dovrà adeguarsi a un’immagine continuamente mutevole in funzione dell’alternarsi dei ruoli e delle funzioni. Per rispondere alle esigenze dettate da questa scenario sempre più aziende e designer sono impegnati in sperimentazioni progettuali che prefigurano un abbigliamento dinamico in grado di rispondere al variare delle esigenze e di mutare in funzione degli stati d’animo e delle condizioni esterne, in maniera rapida e pratica.” 102 TPF TPF FPT FPT 101 Z. Bauman_Modus vivendi. Inferno e utopia del mondo liquido_Laterza_Bari_2007. TP PT 102 Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. TP PT 147 In queste sperimentazioni vengono utilizzati materiali smart che cambiano caratteristiche in funzione di stimoli esterni. Ad esempio, possono mutare colore al variare della temperatura corporea, o della luce esterna, deformarsi, da trasparenti diventare opachi, emettere segnali luminosi, suoni, immagini quando se ne verifica l'esigenza. Gli abiti, quindi, non servono più soltanto a coprirsi e ad apparire ma, grazie alla miniaturizzazione delle tecnologie, possono inglobare sistemi tecnologici, un tempo ingombranti e macroscopici, dando luogo a un abbigliamento “trasformista”. Lo stilista turco-cipriota Husseyn Chalayan, ad esempio, ha portato sulle passerelle internazionali l’innovazione tecnologica attraverso l'uso, nell’alta moda, di abiti smart che cambiano dimensioni e caratteristiche estetiche. Con la definizione smart vengono definite diverse tipologie di tessuti in grado di interagire con l’ambiente e con il fruitore: dai tessuti termoregolanti, a permeabilità variabile, ai tessuti che emettono principi attivi, aromi e suoni fino ai tessuti che inglobano tecnologie elettroniche e interattive. In Italia una delle aziende più attive in termini di innovazione nei campi del tessile e dell’abbigliamento e la Grado Zero Espace, società specializzata nel trasferimento tecnologico di materiali e tecnologie da settori avanzati come quelli aerospaziale o medicochirurgico ai prodotti di uso comune. Nel progetto di ricerca Oricalco ha utilizzato una fibra metallica a memoria di forma per realizzare una camicia smart. Il 148 tessuto delle maniche e sensibile al calore e reagisce in modo da indurle ad “accorciarsi” quando la temperatura supera un determinato valore di transizione. L’intera camicia può essere ripiegata, anche in forma molto compatta, e basta un getto di aria calda, come quello di un phon per capelli, per farle riacquistare immediatamente la sua forma originaria. Come l’abbigliamento anche il settore degli arredi per interni è stato coinvolto negli ultimi anni dalla tendenza ad acquisire caratteri biologici, dinamici e attivi come trasformismo e interattività. Attraverso la International Fashion Machines (IFM) azienda nata all'interno del Massachusetts Institute of Technology di Boston, Maggie Orth produce diverse tipologie di prodotti per l’arredamento realizzati con il tessuto interattivo Electric Plaid. Con questo tessuto, la Orth realizza, sia opere di arte tessile interattiva, come Dynamic double weave e Leaping lines, sia prodotti di design, come PomPom dimmers, interruttori-variatori di luminosità che si presentano come soffici sfere che modificano l’intensità della luce quando vengono sfiorate. Al concetto convenzionale di interruttore si sostituisce un sensore, il fuzzy sensor, che si basa sulla conducibilità elettrica delle fibre, e che interagisce con l’utente in una modalità del tutto nuova. Questo ultimo esempio dimostra come l’innovazione tecnologica può consentire di modificare radicalmente l’esperienza legata a un gesto funzionale come quello di accendere, spegnere o modificare la luce. L’azienda produttrice di chip Infineon Technologies AG di Monaco e la sua partner, la GmbH&Co. di Hamlen hanno messo a punto un tappeto in grado di percepire il movimento, come ad esempio, l'ingresso di intrusi non autorizzati o può anche indicare, 149 attraverso segnali luminosi, le vie di fuga in caso di incendio. Il tappeto è intessuto con fibre convenzionali e fibre conduttive collegate a chip, sensori e diodi emettitori di luce. Nel 2003 La France Telecom ha sviluppato un display costituito da un tessuto di fibre ottiche che può essere prodotto con le comuni tecnologie di produzione tessile. Una tappezzeria o uno zaino, ad esempio, possono mostrare un testo o delle immagini, includendo video o logo pubblicitari, adattabili ai cambiamenti cromatici richiesti dal variare delle esigenze. La smartness, dunque, si propone come una delle tendenze più trainanti per il design contemporaneo. Ma il concetto di intelligenza applicato agli artefatti può essere interpretato anche come interattività svincolata dalle tecnologie informatiche e della comunicazione e che utilizza tecnologie e strategie di design più semplici. In questo campo l'interesse del mercato e gli esempi di sperimentazione progettuale sono in continua crescita. Tra queste sperimentazioni rientra il sistema di illuminazione modulare contatto disegnato da Clara Gaggero e Pietro Berkers e presentato al Salone Satellite in occasione del Salone del Mobile di Milano 2005. Il sistema è costituito da bulbi contenenti led a basso voltaggio che grazie a un contatto magnetico possono essere posizionati liberamente su un pannello nella disposizione che di volta in volta, si preferisce. Diventa così facilissimo personalizzare il tipo di illuminazione staccando le lampade e riposizionandole; riponendole o aggiungendone di nuove, in funzione delle esigenze fruitive. 150 8.1 CENTRI DI RICERCA E BANCHE DATI Le prime ricerche di biomimetica in Europa sono state condotte in Inghilterra, nei settori dell'ingegneria dei materiali e dell'ingegneria meccanica, presso il Centre for Biomimetics dell’Università di Reading, fondato negli anni Novanta da Julian Vincent, che attualmente dirige il Centre for Biomimetic and Natural Technologies (CBNT) dell’Università di Bath. Tuttora i centri di biomimetica di Reading e di Bath costituiscono i principali riferimenti scientifici in ambito internazionale per questa disciplina e sono promotori di iniziative come convegni internazionali, workshop e progetti di ricerca orientati a diffondere gli obiettivi e i risultati degli studi svolti in questo settore. “Il tema del design che interpreta la biologia attraverso l’uso delle nuove tecnologie è affrontato da una nuova disciplina che viene definita progettazione generativa, che si ispira ai principi della genetica e alle opportunità offerte dall’informatica. Gli strumenti utilizzati sono algoritmi informatici che emulano procedure generative naturali. Uno dei primi a occuparsi di generative design in Italia, e stato Celestino Soddu, Docente di Progettazione Generativa al Politecnico di Milano, dove ha creato un laboratorio di Progettazione Generativa che attualmente dirige. Soddu è anche Chair della Conferenza Internazionale annuale di Generative Art, versione artistica del design generativo che si basa sul sottoporre immagini digitali ad algoritmi informatici. Grazie alla opportunità di generare “individui unici” la progettazione 151 generativa si rivela particolarmente adatta a essere applicata al design dei prodotti di lusso.” 103 Dal 2001 un gruppo di ricerca del Centre for Biomimetic and Natural Technologies dell'università di Bath, coordinato da Julian Vincent, è impegnato nello sviluppo di un progetto con l’obbiettivo di sviluppare uno strumento dedicato al progetto biomimetico, che consenta il trasferimento di conoscenze dal settore della biologia all'ingegneria e al progetto di artefatti. L’intuizione della ricerca consiste nella scelta di utilizzare il metodo TRIZ (Teoriya Resheniya lzobreatatelskikh Zadatch), messo a punto in Russia per favorire lo scambio di informazioni tra l’ingegneria e le altre discipline. Il sistema sviluppato a Bath è stato denominato BioTRIZ e si avvale di un database che consente di accedere attraverso una ricerca tematica relazionata agli specifici temi progettuali, a tutte le “soluzioni progettuali” elaborate dalla natura in milioni di anni di evoluzione. Un database che mette in connessione e rende disponibili tutte le “invenzioni” esistenti nel mondo biologico, facendo riferimento al vastissimo ambito delle conoscenze biologiche, dalla dimensione della biosfera o del paesaggio, fino alla scala delle cellule e del DNA. Per il design bio-ispirato strumenti di questa tipo costituiscono una grande opportunità poiché consentono ai progettisti di accedere, in maniera semplice e immediata, all'enorme bagaglio di conoscenze guadagnate dalle scienze biologiche. Come un corollario, TPF FPT 103 Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. TP PT 152 il metodo fornisce una struttura che integra la conoscenza biologica con altre discipline per ricavare “soluzioni complesse per problemi complessi”. La struttura del BioTRIZ permette di accedere alle informazioni desiderate attraverso un sistema di interrogazione facile e intuitivo, concepito specificamente per facilitare e favorire un approccio di tipo progettuale. Attualmente il software su cui si basa il BioTRIZ, Invention Machine's Tech Optimizer, è il più completo a disposizione per la classificazione funzionale e la raccolta della conoscenza in questo ambito. Il database del Centre for Biomimetic and Natural Technologies di Bath non è l'unico strumento di consultazione e diffusione delle conoscenze biologiche ad altri ambiti dedicato al progetto. Un altro esempio di database molto interessante per il design, soprattutto in termini di quantità e organizzazione delle informazioni, è quello consultabile dal sito Structure of the Tree of Life (Tol), una sorta di repertorio delle specie biologiche, animali e vegetali, catalogate e descritte in funzione delle relazioni “filogenetiche”, legate ai percorsi evolutivi. Il database ToL non fa riferimento alle opportunità progettuali insite nei sistemi biologici catalogati, come invece avviene nel BioTRIZ, ma è un utile riferimento per la conoscenza dei percorsi evolutivi che hanno caratterizzato la vita sulla terra. Nel libro Zoomorfic, New animal architecture, nel quale sono riportati e descritti esempi di architetture e di prodotti di design ispirati a riferimenti provenienti dal mondo animale, la struttura del Tol è stata utilizzata per mettere in relazione tali esempi attraverso una sorta di “albero evolutivo”. 153 Negli Stati Uniti uno dei centri di ricerca più attivi nell'ambito della sperimentazione di soluzioni innovative per lo sviluppo sostenibile è il Rocky Mountain Institute (RMI), fondato nel1982 da Amory e Hunter Lovins, esperti di energie rinnovabili e di strategie per il risparmio energetico. Nell’RMI vengono condotte anche ricerche di ispirazione biomimetica come quelle orientate a sviluppare adesivi atossici che traggono spunto dal sistema di adesione dei mitili, strutture a elevata resistenza ispirate alla struttura del guscio della madreperla e allo scheletro dell'aliotide, leganti e cementi biomimetici, trattamenti anti-muffa mutuati dalla natura. Anche nell'ambito dell'RMI è stato sviluppato un database di soluzioni progettuali di provenienza biologica, rivolto a progettisti e ricercatori, di cui è disponibile un prototipo in rete. Quelli descritti sono soltanto tre esempi di database consultabili per individuare riferimenti biologici e analogie utili nel design. L’utilizzo delle banche dati può essere di grande aiuto ai designer che scelgono di applicare l’approccio progettuale bio-ispirato, purché il ricorso a questi strumenti non induca ad automatismi che ridurrebbero la complessità del processo progettuale. 154 9.1 METODOLOGIE PER IL PROGETTO BIO-ISPIRATO Le ricerche compiute nel campo della biologia evolutiva sono orientate a mettere in luce le logiche che hanno consentito l’attuarsi dei processi evolutivi che hanno caratterizzato la vita dell'uomo e degli altri organismi animali e vegetali sulla terra. Da tali ricerche sono emersi dei caratteri comuni, definiti “caratteri evolutivi” che Yongxiang Lu, presidente della Chinese Academy of Sciences (CAS), ha riportato nell'articolo Significance and progress of bionics, pubblicato sulla rivista Journal of Bionics Engineering, affinché possano costituire una guida per il progetto bio-ispirato: • • • • • • • • • • “la capacità dei sistemi biologici di adattarsi ai diversi ambienti; le relazioni di interdipendenza e di co-evoluzione tra le specie; le configurazioni morfologiche e funzionali e le organizzazioni strutturali dei sistemi viventi; le logiche di trasformazione, metabolizzazione e uso di tutte le risorse materiali ed energetiche utilizzate; le modalità comportamentali; i processi di trasmissione genetica, di riproduzione e di crescita; i dispositivi di regolazione e controllo; le logiche di assemblaggio a tutte le scale; i meccanismi di guarigione, recupero, compensazione e immunizzazione; le strutture cognitive e le funzioni cerebrali; 155 • • i processi di ricezione, trasmissione e elaborazione delle informazioni; il controllo e la modifica dei comportamenti.” 104 TPF FPT I ricercatori del Centre for Biomimetic and Natural Technologies, che hanno messo a punto il sistema BioTRIZ, propongono una metodologia progettuale da applicare nella biomimetica che si struttura in quattro fasi: “1. Riconoscimento del problema progettuale da risolvere; 2. Definizione delle uncovered contradictions, cioè di quelle funzioni che potrebbero risolvere il problema ma che non hanno una soluzione semplice e diretta. Un esempio di quesito potrebbe essere: in che modo una cosa molto pesante può muoversi? 3. Comparazione tra l'insieme delle soluzioni proposte dalla natura, messe in matrice nel BioTRIZ, e l'insieme delle soluzioni proposte dalla tecnologia incluse nel TRIZ originario. Talvolta alcuni dei principi di provenienza biologica e tecnologica possono coincidere; 4. Individuazione della soluzione progettuale biomimetica finale, ottenuta da una selezione effettuata tra le strategie proposte dal sistema.” 105 TPF FPT 104 Y.Lu_Significance and progress of Bionics_in Journal of Bionics and Engineering_n.1_vol.1_marzo 2004. TP PT 156 La metodologia descritta, che è stata messa a punto in ambito ingegneristico, propone uno strumento molto efficace per favorire l'osmosi tra scienza, tecnologia e progetto ma, in una eventuale ipotesi di trasferimento all'ambito del design, presenta il limite di non riuscire a riflettere la complessità del processo progettuale, con tutti i suoi aspetti legati alle sfere della cultura e della creatività. Il meccanicismo del sistema BioTRIZ, utilizzato in maniera automatica, rischia, infatti, di spersonalizzare il percorso progettuale e di ridurre il progetto a una sorta di algoritmo, trascurando importanti aspetti, inscindibili dalla cultura del design, come quelli storici, simbolici, sociali, etici e morali. Nello sviluppo di un progetto di hybrid design, dunque, non può bastare la consultazione di uno o più database. È spesso utile usufruire della consulenza di esperti nei diversi campi della biologia e spesso anche di altre discipline come: fisica, chimica, ingegneria dei materiali in modo da conoscere più approfonditamente i riferimenti biologici più adeguati e le tecnologie con le quali mutuarli. Alla luce di queste considerazioni, Carla Langella nel suo volume Hybrid design, progettare tra tecnologia e natura, propone una rielaborazione del metodo proposto dalla biomimetica, “che possa rivelarsi maggiormente aderente alla cultura del design e nello specifico all'approccio hybrid design. La metodologia, concepita per essere applicata sia nel progetto di prodotti concreti che di servizi, è stata elaborata, sviluppata e verificata 105 O. Bogatyreva, N. Bogatyre_Theory inventive problem solvine. How to make biomimetic invention. In poster TRIZ Project_CBNT_University of Bath_gennaio 2004. TP PT 157 attraverso un’attività di ricerca teorica e progettuale permanente svolta nell'ambito dell’Hybrid Design Lab, presso il Corso di Laurea di Disegno industriale della Seconda Università degli Studi di Napoli. Anche in questo caso la struttura metodologica viene proposta in fasi: 1. Individuazione del problema progettuale da risolvere; 2. Definizione del brief di progetto. In questa fase vengono esplicitati i requisiti richiesti. La definizione dei requisiti da ottenere e delle funzioni richieste è un punto critico del processo poiché da questa dipende la ricerca delle analogie con il mondo naturale. È necessario dunque che il brief progettuale sia molto preciso e dettagliato per non incorrere in contraddizioni; 3. Elaborazione di una lista dei sistemi biologici attraverso la cui osservazione è possibile risolvere quel tipo specifico di problema e delle possibili analogie. In questa fase è necessario l'apporto delle conoscenze biologiche. Dunque si può fare riferimento alle banche dati come quella messa a punto presso l’Università di Bath, ma è sempre preferibile ricorrere anche alla consulenza di esperti; 4. Individuazione del concept e dell'idea, o delle idee progettuali, più adatti ad essere utilizzati come riferimenti per la soluzione del problema; 5. Traduzione dei principi, delle logiche, dei codici e delle strategie tratte dalla biologia in ipotesi progettuali. Sebbene si tratti di ipotesi preliminari è necessario, già nelle prime fasi, indagare sui materiali e sulle tecnologie 158 di produzione potenzialmente applicabili nel trasferimento dei principi biologici individuati, allo scopo di poter valutare e selezionare i riferimenti biologici in funzione degli obiettivi progettuali e della fattibilità produttiva. È importante ricordare che anche in questa fase, come in tutto il resto del processo, i designer non devono mai prescindere dalle dinamiche culturali, storiche, sociali ed economiche che intervengono nello specifico ambito di progetto. A discipline tecniche come chimica, fisica, ingegneria e marketing, che concorrono con il design e la biologia nello sviluppo del progetto, devono essere affiancate competenze umanistiche come filosofia, sociologia, scienze della comunicazione, antropologia e soprattutto quelle legate alla cultura specifica del design. Nell’hybrid design devono poter partecipare tutte le componenti della cultura del progetto, nell'ottica di far confluire in un unico processo progettuale i migliori strumenti messi a disposizione dalle esperienze della natura e dell'uomo, per pervenire a prodotti bio-ispirati al massimo del livello evolutivo. L’intervento delle competenze esterne è legato prevalentemente al settore di applicazione a cui è rivolto il progetto; 6. Elaborazione della soluzione progettuale finale attraverso lo sviluppo delle soluzioni progettuali individuate nella fase precedente e verifica della fattibilità; 7. Prototipazione, ingegnerizzazione, brevetto e messa in produzione.” 106 TPF FPT 106 Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. TP PT 159 Tra i riferimenti di designer che utilizzano un approccio bio-ispirato l’esperienza progettuale maturata da Franco Lodato costituisce un utile esempio in termini di approccio metodologico. Nel testo The design work of Franco Lodato la metodologia utilizzata nei suoi progetti viene illustrata attraverso esempi e casi studio è suddivisa in quattro fasi: 1. Identificazione delle possibili aree di mercato, del target a cui si rivolgerà il prodotto e delle relative esigenze fruitive; 2. Individuazione dei riferimenti biologici che sembrano avere caratteristiche e comportamenti tali da superare le attuali possibilità offerte dalla tecnologia nelle aree esigenziali evidenziate; 3. Estrazione del principi e del processi responsabili di questa “superiorità”, che devono poi essere tradotti in modelli utilizzabili come riferimenti progettuali; 4. Verifica, attraverso la prototipazione, della possibilità di mutuare tali modelli in prodotti attraverso le tecnologie e i materiali disponibili. Uno degli esempi più noti di prodotti bio-ispirati progettati da Lodato è la picozza bionica woodpeacker per il climbing prodotta dall'azienda Camp. Nel concepirla Lodato è partito dall'analisi delle specifiche esigenze funzionali, richieste al prodotto dalla tipologia di sport a cui era rivolto, come il peso ridotto, la multifunzionalità, l’efficacia dell'ancoraggio e la flessibilità di uso rispetto alle differenti posizioni assunte dall’arrampicatore. Anche 160 i materiali dovevano rispondere a precisi requisiti tra cui l’elevata resistenza strutturale e la capacità di tollerare altitudini e temperature estreme. Muovendo da questo brief Lodato ha scelto come modello di riferimento, dopo uno studio comparativo dei becchi di diversi volatili, il becco del picchio che incide il tronco degli alberi percuotendolo con ripetuti colpi, per potersi cibare delle larve in essi contenute. Una analisi approfondita della bio-meccanica del corpo del volatile, ha poi rivelato dettagli e strategie che sembrano concepite specificamente per compiere questo tipo di movimento. Il picchio si sostiene, infatti, al tronco dell'albero facendo leva sulla sua stessa coda che, come una molla, permette a tutto il corpo di oscillare energicamente intorno al suo centro di gravità, senza dover utilizzare il collo. Inoltre la struttura ossea del cranio è configurata in modo da poter assorbire in maniera efficace lo sforzo meccanico a cui è sottoposto. Il prodotto progettato da Lodato è strutturato con un nucleo interno di titanio sul quale è montata la punta basculante in alluminio. Le due parti sono unite da una cerniera, ispirata, a sua volta, alla forma delle valve di un mollusco. L'impugnatura è ergonomica, rivestita con un materiale morbido, in grado di ammortizzare le sollecitazioni, e non è rettilinea come quelle delle altre picozze ma segue una curva leggera, che trae ispirazione, ancora una volta, dal corpo del picchio per migliorare l’efficacia della manovra di aggancio alla roccia. L’approccio progettuale utilizzato da Lodato ha indotto il committente Camp a rinnovare completamente la strategia di marketing dell'intera linea nella quale il nuovo prodotto si inseriva, puntando sull'enfatizzazione 161 dell'origine naturale del design. Una strategia comunicativa esplicitata nel payoff: “ideata seguendo le leggi della natura”, che si è rivelata particolarmente efficace in un settore di mercato particolarmente sensibile e attento alle tematiche dell'ambiente e della natura. 162 10.1 INTEGRAZIONE, CO-PRODUZIONE, CO-OPERAZIONE Nell'osservare l'evoluzione del design contemporaneo emerge una tendenza sempre più esplicita da parte dei designer emergenti ad accrescere la componente concettuale del loro riferirsi alla natura. “Nell'ottica dell'hybrid design sono particolarmente interessanti le sperimentazioni che si spingono verso il progetto di nuovi paesaggi di oggetti nati in una dimensione ibrida tra natura e artificio. Una dimensione che può essere letta, ad esempio, in termini di "coproduzione" o "co-operazione" tra elementi di origine biologica ed elementi di origine antropica.” 107 Il sistema di arredi per giardino Mobilier à jardiner, progettato dai 5.5 Designers e prodotti da B-ton design, è costituito da tavoli e sedute in conglomerato cementizio piantumabili e inizialmente incompiuti, che si completano quando le piante, crescendo, danno forma a braccioli, schienali e ripiani che l'utente può modellare con operazioni di giardinaggio. I prodotti finali vengono, quindi, generati attraverso una integrazione co.operativa tra processi artificiali e naturali. Tale tipologia di cooperazione ha a che fare con il campo dell’innovazione di prodotto, prevede la creazione di oggetti finiti e funzionale in sé. Tale oggetto, con l’aggiunta della natura migliora la sua performanza o estetica. L’artefatto, che nella sua configurazione ultima è “vivo”, prevede per la propria creazione un processo non-vivo. L’oggetto è fornito semi-finito dall’azienda. TPF FPT 107 Carla Langella_Hybrid design, Progettare tra tecnologia e natura_Franco Angeli_ Milano_2007. TP PT 163 Il lavoro del gruppo Front Design, costituito da quattro giovani designer svedesi è un caso di sperimentazione, condotta con ironia e curiosità, sulle opportunità progettuali offerte dalla "co-produzione attiva" tra natura e artificio. Dall'inizio della loro attività progettuale, nel 2003, Sofia Lagerkvist, Charlotte von der Lancken, Anna Lindgren e Katja Savstrom indagano sulla possibilità di far intervenire in diverse fasi del ciclo di vita dei loro prodotti, fattori esterni come il tempo, gli animali o lo stesso fruitore che, attraverso interventi parzialmente pre-figurati, li modificano e li caratterizzano in modo che, con il passare del tempo i prodotti stessi possano "raccontare una storia". La collezione Design by Animals comprende parati "decorati" con l'intervento di animali: un ratto del deserto che, camminando su un rullo genera 164 una texture attraverso la selezione dei frammenti di un disegno predefinito; ma anche serpenti che, strisciando sul colore, definiscono disegni e decori inconsueti e casuali. Nella stessa serie è incluso Fly Lamp, un abatjour realizzato in tubolare metallico con una forma generata dalla ricostruzione in 3D della traiettoria del volo di una mosca. II porta-frutta Fruit holders, progettato dalla designer inglese Pamela Hatton prevede un intervento di assemblaggio tra elementi naturali e artificiali da parte dell'utente. L’oggetto consiste in un vaso che ingloba delle posate metalliche. sulle quali possono essere "incastrati" i frutti, nella configurazione che si preferisce. L’aspetto finale è quello di una piccola pianta naturaleartificiale che si trasforma con il variare della frutta utilizzata, quindi, in funzione delle stagioni e dei gusti. Il 165 vaso da fiore Sponge vase, prodotto da Wander Wonders e disegnato da Marcel Wanders, utilizza la spugna marina come supporto in cui inserire un sottile vaso in porcellana in grado di ospitare un unico fiore. In questo caso gli elementi di origine naturale costituiti dalla spugna e dal fiore dialogano attraverso l’elemento artificiale che li connette. 166 11.1 LA CASA INTEGRATA E L’AGRICOLTURA URBANA L’integrazione artefatto/natura può essere una direttiva progettuale anche quando l’artefatto in questione è un’intera abitazione. Un valido esempio di casa integrata è la Butterfly House. Una casa fatta come la crisalide di una farfalla. Una casa bozzolo immersa nella natura. E’ stata creata nel sud-est dell’Inghilterra da Laurie Chetwood, uno degli esponenti della nuova generazione di architetti che si ritrovano oggi a fare i conti con tre crisi che hanno trasformato il mondo e il nostro modo di viverci: la crisi energetica, la crisi ambientale, la crisi economica. Il risultato è un’abitazione trasparente con pareti di vetro, tende al posto di muri, piogge di luce dall’alto dove il “dentro” e il “fuori” non hanno più un confine rigidamente stabilito, in cui l’esterno è visibile da ogni angolazione, ma preservando la riservatezza dell’interno. Una casa ad alta tecnologia ma a basso consumo energetico, una casa ecologica ma completamente computerizzata, antica e moderna, tradizionale e rivoluzionaria. “Una casa da sogno”. Così l’ha definita Clive Aslet, direttore della rivista Country Life, autore di “The English House”, autorità in materia di nuova urbanistica, che prendendo spunto da questa “casa farfalla” formula un decalogo della casa del futuro: i dieci comandamenti di come sarà la dimora di un domani che sta già cominciando. Aslet , in un lungo articolo sul Financial Times, non si limita ad immaginare una casa “verde” e sostenibile, ma descrive un nuovo concetto di residenza. Gli esempi non mancano: dal progetto di villa nella 167 foresta di Barvikha, ai sobborghi di Mosca, presentato da Zaha Hadid all’ultima Biennale di Venezia, alla Minarc House, costruita a Los Angeles sui resti di una casa dilapidata da due designer islandesi. Sommando queste esperienze si può dedurre che la casa del prossimo futuro sarà sicuramente a prova di privacy. In un mondo sovrappopolato e in cui grazie alla tecnologia tutti dialogano con tutti, si sentirà maggiormente l’esigenza di un rifugio sicuro. Secondo, e questo è scontato, sarà “verde”, a zero emissioni e con un risparmio energetico più efficiente possibile. Terzo, sarà raggiungibile senza bisogno dell’auto, sia utilizzando mezzi pubblici, sia riducendo le distanze. La quarta regola prevede che sia costruita, per rispondere al cambiamento climatico, come si faceva una volta: pareti spesse e finestre piccole, per tenere fuori il freddo d’inverno ed il caldo d’estate. Quinto, avrà un orticello in cui coltivare un’agricoltura “fai da te”, sufficiente per il fabbisogno di chi ci abita. Sesto: non avrà niente di plastica, con un ritorno al legno e all’arredamento riciclato. Il settimo comandamento recita: riscoprirà la semplicità estetica, il minimalismo, l’essenziale, come risposta agli eccessi di terremoto finanziario. Ottavo: mi mescolerà con la natura, mettendo i suoi residenti a contatto diretto con piante, alberi, giardini. Nono, e anche questo era ovvio, sarà computerizzata. Decimo comandamento: sarà una casa che respira cultura. Ce ne sarà bisogno, per realizzare la metamorfosi dalla casa di oggi a quella di domani. 108 TPF FPT 108 Hi-tech ed eco, ecco la casa del futuro. Le dieci regole dell’architettura di domani per scongiurare le crisi del terzo millennio. La Repubblica martedì 9 Dicembre 2008, pag. 38. TP PT 168 Nonostante questo ultimo comandamento risulti forse un po’ troppo poetico ed ottimistico, è importante notare come in tutto il decalogo ci sia una costante presenza del bisogno alla sostenibilità e alla naturalità, sia come problema energetico, che come problema concettuale, che come approccio linguistico. Pensare l’architettura di un edificio anche in funzione del rapporto con le aree verdi, con la vita vegetale in essa inglobata, con un’area da adibire ad orto domestico. Uno dei concetti più forti, strettamente connesso con il bisogno di sostenibilità, è il concetto di riorganizzazione di una sorta di agricoltura urbana. In termini ambientali, infatti, fino al quaranta per cento dell’impronta ecologica di un a città moderna è riconducibile ai suoi sistemi alimentari, ossia al trasporto, all’imballo, al deposito, alla preparazione e allo smaltimento di ciò che mangiamo. 109 Il fatto che il tema dell’alimentazione venga ora trattato con attenzione nelle pianificazioni future di alcune città mostra la velocità con la quale il mondo sta cambiando. Nel libro del 2005 Continuous Productive Urban Landscapes di Andre Viljoen e Katrin Bohn architetti ed urbanisti sono invitati a dare ai sistemi alimentari la stessa priorità dei trasporti o dell’edilizia residenziale. L’agricoltura urbana sta vivendo un boom e viene TPF FPT Per maggiori informazioni consultare i siti www.butterfly-house.co.uk, www.countrylife.co.uk, www.ft.com/arts/house. 109 TP PT www.toronto.ca/health/tfpc_secure.pdf. 169 praticata da ottocento milioni di persone in tutto il mondo. 110 TPF FPT In città tanto diverse come Rosario (Argentina), il South Bronx e Portland (Stati Uniti), Curitiba (Brasile), Friburgo, Città del Messico e Barcellona, i cittadini stanno nuovamente imparando a coltivare frutta, verdure ed erbe, e ad allevare il bestiame. La convinzione di base della pianificazione urbana moderna, e cioè che le città sono fatte perché la gente ci viva e ci lavori, mentre l’agricoltura e l’allevamento sono relegate alla campagna, sta per essere spazzata via. Un effetto collaterale curioso nella tendenza verso l’agricoltura urbana è l’attenzione attualmente dedicata a Cuba, vista come una nazionemodello e un laboratorio per lo sviluppo sostenibile. Cuba potrebbe assumere la leadership mondiale nella creazione di prodotti, processi e linee politiche sostenibili, con una competenza centrale basata sui sistemi alimentari di agricoltura urbana. L’agricoltura urbana riunisce in sé le discipline più disparate, quali l’architettura, l’ingegneria, la pianificazione del paesaggio e dell’uso del suolo, l’ecologia, lo studio dell’energia incorporata, le tecnologie del riciclaggio e del controllo dell’inquinamento, per dar vita a ciò che l’architetto malese Ken Yeang descrive come “un approccio unitario alla progettazione ecologica”. Un altro architetto, Chris Hardwick, membro del Consiglio delle norme alimentari (Food policy council) di Toronto, descrive come “pianificazione degli 110 A. Viljoen e K. Bohn (a cura di), Continuous Productive Urban Landscapes: Designing Urban Agriculture for Sustainable Cities, Architectural Press, Oxford 2005. TP PT 170 ecosistemi” un approccio che include l’intero sistema alimentare, e non solo settori specifici, e che vede gli esseri umani come parte della natura, e non separati da essa. La pianificazione degli ecosistemi tiene conto della loro natura dinamica e include i concetti di capacità di carico, resilienza e sostenibilità. La sfida progettuale è quella di connettere diverse risorse ed opportunità, favorendo la creazione di connessioni tra coltivatori urbani, luoghi collettivi di coltivazione, di scambio e di utilizzo dei beni prodotti. 111 Per spazio coltivabile si può intendere una vasta casistica di situazioni: dal privato, al collettivo, al pubblico; dal giardino condominiale al vaso da balcone. TPF FPT Michelle Obama alle prese con l’orto urbano allestito nei giardini della Casa Bianca. Washington 15 marzo 2009. 111 J. Thackara, In the bubble: design per un futuro sostenibile, Umberto Allemandi & C., Torino 2008. 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