Afghanistan 2001-2016, l`unica “liberazione”è

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Afghanistan 2001-2016, l`unica “liberazione”è
Afghanistan 2001-2016, l’unica
“liberazione”è quella dell’oppio
di Massimo Fini - 08/05/2016
Enrico Piovesana, giornalista di grande esperienza (oltre ad
aver lavorato per anni in Afghanistan come inviato di
PeaceReporter è stato in Pakistan, Cecenia, Nord Ossezia,
Bosnia, Georgia, Sri Lanka, Birmania e Filippine) ha scritto
un libro Afghanistan 2001-2016. La nuova guerra dell’oppio
pubblicato dalla Casa Editrice Arianna, coraggiosa ma
sufficientemente piccola perché questo libro possa passare
quasi inosservato. Contiene infatti informazioni,
puntualmente documentate, che dovrebbero far arrossire di
vergogna i Paesi che hanno invaso l’Afghanistan e ancora lo
occupano dopo oltre 14 anni di guerra.
Nel luglio del 2001 il Mullah Omar proibì la coltivazione del
papavero, da cui si ricava l’oppio e poi, raffinato, l’eroina, un
provvedimento che è noto a tutti gli addetti ai lavori ma che
sui giornali occidentali e in particolare su quelli italiani è sempre stato ignorato o trattato di
sfuggita (per quello che riguarda l’Italia mi ricordo solo un timido e anche un po’contorto
accenno di Sergio Romano sul Corriere).
Da quando aveva preso il potere nel 1996 il Mullah Omar, interprete rigoroso del Corano, aveva
dato una speciale licenza temporanea non per l’uso dell’oppio in Afghanistan, ma per la sua
esportazione all’estero. Il ricavato serviva infatti al governo talebano per comprare generi di
prima necessità dal Pakistan in un Paese che era stato impoverito da dieci anni di occupazione
sovietica e dai quattro anni di conflitto civile cui gli stessi talebani avevano posto fine nel 1996
cacciando oltre confine i “signori della guerra” cioè i vari Massud, Dostum, Ismail Khan e
compagnia cantante. Ma riassestato un po’ il Paese Omar aveva deciso di farla finita col traffico
dell’oppio di cui il Corano proibisce sia l’uso che lo smercio. Per Omar questa decisione era
difficilissima perché colpiva soprattutto la base del suo regime cioè i contadini, cui andava
peraltro solo l’1 per cento del ricavo del traffico e gli autotrasportatori. Però il grande prestigio di
cui godeva in Afghanistan gli permise di prendere questa misura e di convincere i contadini, a
volte con azioni assai spicce, a convertire la coltivazione del papavero con altre coltivazioni.
Fatto sta che nel 2002 (anno in cui rileva la decisione del 2001) la produzione di oppio in
Afghanistan crollò a 185 tonnellate. Oggi ci sono punte di 5.000, 6.000, 7.000 tonnellate l’anno e
l’Afghanistan produce il 93% dell’oppio mondiale. Come mai visto che fra gli obiettivi della
coalizione Isaf, oltre a portare la democrazia, “liberare” le donne, eccetera, c’era quello di
sradicare il traffico di stupefacenti, cosa a cui peraltro, come abbiamo detto, aveva già
provveduto il Mullah Omar?
Le ragioni sono principalmente due. La prima è che per combattere i talebani i contingenti Nato
(soprattutto americani, inglesi, canadesi) non bastandogli l’enorme superiorità militare (aerei,
droni, bombe all’uranio impoverito e sofisticatissimi strumenti tecnologici) si sono alleati con i
“signori della droga” che il governo di Omar aveva cacciato dal Paese o innocuizzato, così come
aveva fatto con le bande di predoni che durante la guerra civile avevano infestato l’Afghanistan
(come mi ha raccontato Gino Strada nell’Afghanistan talebano si poteva girare tranquillamente
anche di notte, bastava rispettare, com’è, o come dovrebbe essere, in ogni Paese, la legge).
La seconda, anche più grave, è che sono gli stessi militari Nato i protagonisti di buona parte di
questo traffico di droga. I militari, insieme ai soldati del cosiddetto esercito “regolare”e la
corrottissima polizia (del resto tutto l’apparato istituzionale afghano oggi è corrotto, dal governo,
ai ministri, ai governatori, ai magistrati giù giù fino all’ultimo funzionario) entrano nelle case e
nei terreni dei contadini poveri, gli portano via l’oppio (unica risorsa rimasta a questi disgraziati)
con la violenza, ma con la scusa che stanno facendo la lotta al traffico di stupefacenti, e poi vanno
a raffinarlo in eroina nelle raffinerie che un tempo erano oltre confine e oggi sono a decine nello
stesso Afghanistan. L’agenzia Fars News Agency ha dichiarato: “Nella sola provincia di Helmand
è pieno di laboratori per la produzione di eroina, che prima dell’intervento americano non
esistevano e che ora lavorano alla luce del sole”.
Naturalmente nella vulgata l’esponenziale aumento del traffico di droga è addebitato ai
guerriglieri talebani. Certo, anche i talebani, oggi partecipano al traffico della droga per
procurarsi armi e mezzi di sostentamento, ma la loro partecipazione al traffico globale di
stupefacenti in Afghanistan è del 2%. C’è poi la famigerata Kandahar Strike Force, la milizia
paramilitare addestrata e armata dalle forze speciali Usa che ha sede nell’ex palazzo del Mullah
Omar alla periferia di Kandahar e che dà la caccia ai talebani seminando il terrore tra la
popolazione con rapimenti, torture, omicidi e stupri. Naturalmente anche questi “rapimenti,
torture, omicidi e stupri”vengono addebitati dai media occidentali ai talebani.
Enrico Piovesana ha focalizzato il suo libro su quanto è successo in Afghanistan dopo il 2001 solo
sul traffico di droga. Questo era il suo obiettivo. Ma naturalmente in un reportage più ampio ci
sarebbero da documentare le centinaia di migliaia di civili uccisi sotto i bombardamenti Nato, le
migliaia di afghani che si sono ammalati di cancro a causa dell’uranio impoverito e le altre
migliaia di bambini nati focomelici.
Nel suo reportage Piovesana, forse per carità di patria, non ci dice se anche il contingente italiano
partecipa a questo turpe commercio. Però cita un episodio che fa pensare che noi italiani non si
sia affatto estranei. Nel 2011 le accuse dell’ex caporalmaggiore Alessandra Gabrieli “non solo
rivelano l’uso di droghe tra i militari italiani di ritorno dal fronte, ma adombrano addirittura il
loro coinvolgimento nel traffico di eroina dall’Afghanistan, l’imbarazzo della Difesa è forte, e
l’allora ministro Ignazio La Russa, preferisce non rilasciare commenti, in attesa dello sviluppo
delle indagini”. Di cui non si saprà più nulla.
Questa è la situazione dell’Afghanistan dopo 14 anni di guerra di “liberazione”. Noi l’abbiamo
denunciata tante volte, in un libro (Il Mullah Omar, del 2011), in articoli sul Fatto e su altri
giornali, ma preferiamo lasciare le conclusioni al giornalista americano Eric Margolis
dell’Huffington Post: “Quando verrà scritta la storia di questa guerra in Afghanistan, il sordido
coinvolgimento di Washington nel traffico di eroina e la sua alleanza con i signori della droga
sarà uno dei capitoli più vergognosi”.