Povertà: la nostalgia - Suore Domenicane di Santa Caterina da Siena

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Povertà: la nostalgia - Suore Domenicane di Santa Caterina da Siena
APPROFONDIMENTI
Povertà: la nostalgia
Essa, come gli altri due voti, si può comprendere solo a partire dall’alterità. La
relazione con la vita. Non fermarsi solo alle cose. Il senso che ha, oggi, questo
voto. Una diversa economia nella storia. Uscire dall’egocentrismo e riconoscersi
compagni di cammino. Due chiavi di lettura. La ricerca come sete profonda. La
storia di Giobbe.
Sr. Antonietta Potente, Suore Domenicane di S. Tommaso d’Aquino
(Testo originale in spagnolo)
Recuperare il legame
tra Dio e l’umanità
Ascoltando la tradizione possiamo riscoprire che il popolo sperimenta che Dio lo accompagna
sempre in una ricerca piena di
nostalgia e di senso di liberazione La questione della povertà è
collocata in questa prospettiva:
ancor una volta è il gioco della
relazione con la vita. Le cose, i
beni, fanno parte di queste infinite relazioni che la vita ci offre.
Parlare della povertà non è parlare principalmente di cose. E se
parliamo di cose dovremmo capire che stiamo anche parlando
di Dio e della sua economia. La
relazione tra il mistero e la vita è
più intima. Caterina da Siena
quando parlava di Cristo non
poteva smettere di relazionarlo
con “i Cristi”. Per lei come per
molte altre donne e molti giusti,
gli altri sono “i Cristi”. Per lei era
ben chiaro, non aveva paura di
confondersi nella sua passione
di amore per le persone. Lei ha
chiaro che lì dove c’è ricerca,
dove c’è precarietà ci sono “i
Cristi”.
Che senso ha professare oggi-
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giorno questo voto, tenendo
conto che il termine è abbastanza improprio in questo contesto
storico? In sé riflette la situazione di una spiritualità coltivata
nel mondo ricco, più sicura e
meno precaria. È stato pensato
in un momento in cui il cristianesimo si percepiva in una situazione di privilegio. Si è intuito in
mezzo a un cristianesimo molto
comodo e con molte immunità,
da lì è nata questa opzione.
Rompere con questi privilegi
era la sfida per non confondere
il Vangelo con il potere, Cristo
con i padroni della storia. Per
fare ciò (i padri e la madri) hanno fatto un salto e sono passati
sull’altra sponda. E sull’altra riva
si trovavano tutte le persone
che non hanno privilegi.
Il primo passo sarà quello di demistificare questo voto. Cioè,
togliergli una falsa mistica. Parlare del voto di povertà in situazioni come quelle in cui vive la
maggioranza dei nostri paesi
del Sud, è ambiguo. La vita religiosa non riesce a esprimere
l’intensità di questa scelta. La
maggior parte delle volte, il
voto di povertà è diventato una
questione che gira intorno alle
cose, ai beni, a ciò che abbiamo
e non abbiamo. Per molti secoli
abbiamo camminato insistendo
con queste domande e tutte le
nostre scelte sono condizionate
da tutto ciò.
In realtà, nessuno vuol essere
povero. Perciò ci domandiamo
cosa significa professare, oggi,
questa scelta.
Ciò che appena intuiamo è che
l’opzione non è in relazione con
la povertà, ma con un’economia
di vita diversa nella storia. È un
dienza alla vita. In questo senso
questo Gesù canta con molta
apprendistato che non possiail voto di povertà più radicale
nostalgia le Beatitudini, come
mo vivere da sole(i): questa scelnon è inventarci penitenze e priun canto d’amore al popolo.
ta ha bisogno di un ambito covazioni, ma obbedire alla vita,
Egli cerca amici e amiche del somunitario più ampio; non è la
camminare umilmente con Dio
gno divino, di un’altra econoproblematica di una vita religiosecondo l’eco delle parole di
mia. Questo voto fa parte di una
sa rinchiusa nella sua ricerca di
Michea, senza abbandonare il
ricerca più intensa. La povertà,
coerenza e perfezione, ma è l’insogno di una storia diversa.
come la castità, ci fa correre fino
quietudine del mondo, il grido
L’obiettivo di questa scelta non
alla ricerca dell’incontro, della risepolto nella storia da sempre.
è essere povero, bensì che il
costruzione delle relazioni.
Sono le sue ricerche storiche, i
mondo ritorni a vivere il sogno
Ciò che Dio ci chiede in questa
suoi intenti, le sue timide rivoludi Dio, sogno di dignità, di idenprospettiva è non dimenticare.
zioni e sogni. Ricerche ideologitità. Sappiamo che in situazioni
Nell’AT quando dà qualche coche o religiose, ma sempre ritroppo precarie non si può coltimandamento o spiega alcune
cerche dinamiche, tentativi di
vare la vera identità. Allora,
leggi, dice sempre: ricordatrovare soluzioni
ti..cioè, non didentro una storia Mani per donare, mani per ricevere, mani per condividere la vita che Dio ci ha donato.
menticarti. Riche si muove incordati che eri
quieta nella nostalstraniero, ricorgia di qualcosa,
dati che hai sofche percepisce ma
ferto la fame…
non conosce ancotutti dobbiamo
ra.
far
memoria,
Il secondo passo
non dimenticada fare sarà quello
re. E ciò a partidi uscire dal nostro
re
dall’antica
egocentrismo per
domanda della
poterci aiutare a riGenesi 4, 9: Dov’è tuo fratello?
conoscere chi sono
La risposta di dii nostri compagni e
compagne di camfesa di Caino è
molto
forte.
mino. La questione
“Sono per caso
del voto di povertà
io il guardiano di mio fratello?”
è una questione di “relazione
come recuperare il sogno di Dio
In questo senso si recuperano i
con…”, tenendo conto che la
che è un sogno di identità che
verbi che accompagnano la
vita è fatta di molte relazioni e
va crescendo e prendendo spascelta della castità: coltivare e
cose. È imparare a relazionarci
zio? Come ringraziare questo
con tutte le infinite presenze
prendersi cura. Coltivare ci dà la
Dio della Vita e non vivere sopdella storia che sono parte della
forza per prendere iniziative di
portando la vita o maledicendovita. In questo senso, non è abamore profonde dentro la realtà
la perché si vende a buon merbandonare per disprezzo, ma si
e il prendersi cura si trasforma in
cato? Per uscire dall’ambigua
tratta piuttosto di una ricerca di
amore tenero, in difesa degli
domanda su come essere ascecammini alternativi per non perequilibri sottili della vita. Questo
ticamente poveri dovremmo
dere niente di quanto ci è stato
cambiare le domande: Come
amore si può imparare. Il contatdato. (cfr Gv 6,39 a). Esistono inessere profondamente amanti
to con la Parola di Dio, se è sinfinite presenze, di cose cosmidi questo progetto di Dio che
cero, ci rivela questa realtà. Lui è
che, di persone, di avvenimenti
non sognava la povertà? Dove
maestro, la Parola è maestra.
che le persone generano lungo
e con chi stiamo imparando a vi“Ciò che fate ad uno solo di
la storia.
vere questo voto? Chi sono i noquesti più piccoli, lo avete fatto
Questo voto è parte dell’obbestri compagni(e) di ricerca? Per
a me”. La relazione con la Paro-
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“Exodus” opera di Marc Chagall, l’umanità
attorno al Crocifisso siamo noi, figli amati da
sempre e redenti per amore.
la non ci rivela normative liturgiche ma necessità di comunione,
coltiva nostalgia di giustizia profonda, di incontri diversi. Egli
continua narrando questo sogno nella realtà, con la sua profonda identificazione con essa.
Un testo molto eloquente in
questo senso è Es. 22. Si riferisce alle leggi morali del popolo
d’ Israele. Il v. 25 dice: “se prendi in pegno il mantello del tuo
prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, perché è la sua
sola coperta, è il mantello per la
sua pelle, su che cosa dormirà
altrimenti?, mi invocherà ed io
lo ascolterò perchè sono compassionevole”.
Devi tener conto che gli equilibri di questo mondo fatto di terra, aria, piante, animali, cose,
sono equilibri molto precari, delicati. Noi dobbiamo riconoscere che viviamo in questa precarietà e far memoria di essa. Perciò, in memoria di essi ed esse,
facciamo questa scelta.
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Due chiavi di lettura
La prima chiave è tornare alla
Parola per riconoscere un’economia diversa che soggiace alla
storia, Economia divina, un
modo di interpretazione che
Dio ha della realtà. È anche il
suo modo di stare nella storia,
dove e come Egli si situa. Per
noi è un modo di pensare la storia fino ad avere gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, fino a percepire che, anche se sembra
che non si veda, la presenza è
molto intima. Da ciò viene la necessità di cercarla nella vita, nella storia. Tutto ciò potrebbe essere più simile a ciò che nella
spiritualità cristiana abbiamo
chiamato povertà di spirito: un
sentire che coltiva in noi una nostalgia profonda e ci provoca a
una ricerca che unisce sete ed
amore.
Altra prospettiva è quella di riscoprire la povertà come peccato a causa dell’ingiustizia umana. A partire da questa chiave ci
accompagna questa domanda:
Come sanare le ingiustizie e la
sottile corruzione degli ambienti di potere delle quali anche noi
Due sorelle percorrono insieme un tratto di strada: è solo camminando insieme,
condividendo doni e povertà che si raggiunge la casa di Dio da fratelli.
“S. Caterina e il povero” del Franchi – Casa
di S. Caterina; Siena (Italia): scoprendo Gesù nel povero Caterina ha trovato e seguito la
via di Dio.
siamo complici? In questo senso
la povertà emerge dalla realtà
come grido o gemito, è lì, come
denuncia, come testimone di
qualcosa che si dà nella realtà
anche se siamo molti (e) coloro
che non la vogliono. È lì, generando un nomadismo di ricerca
costante, la nostalgia della vita e
della vita in abbondanza. Inaugura una lunga peregrinazione
di uomini e donne nella storia.
L’economia divina
Per Dio la povertà è negativa e il
popolo di Israele lo sapeva. Nella cultura di Israele essere poveri è una maledizione perché è
cosa totalmente contraria al piano di Dio. Ciò che chiamiamo
povertà di Spirito, in Dio è uno
spreco. Dio non sa contare. Non
calcola. L’ Economia di Dio è più
simile allo spreco che al risparmio. È un’economia che cambia
la logica, che non si può contenere in una mentalità tirchia, di
risparmio; né in una mentalità
moralista di coloro che calcolano tutto, incluso la salvezza.
Uno dei testi più belli che mette
in evidenza ciò è il libro di Giobbe. La storia di Giobbe inizia
con la descrizione di una situazione di abbondanza, in seguito
c’è una situazione sommamente
precaria e termina di nuovo con
l’abbondanza. Ci aiutano a comprendere questa economia i capitoli 38 e 39. Dio parla nel primo capitolo del libro, poi si interrompe la comunicazione perché entra un altro tipo di parola,
contraria a quella di Dio. Dio entra nel silenzio e questa è la misteriosa solidarietà divina con la
sofferenza di Giobbe. Entra in
questo silenzio, mentre lascia
spazio ad una parola stupida dei
teologi amici di Giobbe. Sono
teologi moralisti, vogliono dare
una risposta alla sua sofferenza
caricandolo di più, dicendogli
che è colpa sua, del suo peccato, che ha sbagliato in qualcosa.
Nel capitolo 38, dopo un lungo
silenzio, appare la prima parola
di Dio. E anche Lui inizia con
una lunga litania di domande…Dov’eri tu? Domanda Dio a
Giobbe. Dio appare come un
Dio che perde tempo con le sue
creature e con quegli avvenimenti che non sono tanto significativi per la logica umana. La
lamentazione di Giobbe, simile
alle nostre, nasce perché sperimenta una profonda assenza.
Dio non si difende, non si giustifica. Dice semplicemente che
Lui c’era. Egli è un Dio presente
nelle situazioni sommamente
segrete.
Noi ci lamentiamo della sofferenza, della sofferenza della nostra gente e pensiamo che Lui
non ci sia perché il popolo soffre. Questi capitoli ci mostrano
che Egli è presente dove noi, gli
esseri umani, non sappiamo stare. Noi abbiamo molta poca
grazia per stare nella sofferenza.
Come aiutarci ad accettare che
Dio sia presente nei luoghi in cui
noi, persone, non riusciamo né
possiamo stare?
Lui è presente nella selva, nelle
montagne, contando i giorni del
parto degli animali…cercando il
cibo per i cuccioli…(cfr. Gb 39,12). Ciò, in un’economia di calcolo è perdere tempo. In mezzo
alle situazioni drammatiche che
vivono i popoli, Egli si permette
di contare i giorni del parto di
un animale che sta sempre nascosto e solitario. Da questa
prospettiva, la nostra opzione è
semplicemente imparare a non
abbandonare la storia, a non rimanere fuori da essa.
(4a parte - continua)
Sr. Antonietta Potente
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