Sintesi del WORLD ECONOMIC OUTLOOK
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Sintesi del WORLD ECONOMIC OUTLOOK
International Monetary Fund Sintesi del WORLD ECONOMIC OUTLOOK (Ottobre 2007) a cura dello SPRINT Sicilia Globalization and Inequality 1 1. Introduzione Come ogni anno, il World Economic Forum (WEF) pubblica, a fine ottobre, i risultati del suo studio sulla competitività dei diversi paesi del Mondo. In un ambiente finanziario globale carico di incertezze diventa sempre più importante per i paesi creare le basi per il sostegno della crescita economica e dello sviluppo. Il World Economic Forum ha svolto per molti anni un ruolo di agevolazione di questo processo, fornendo valutazioni dettagliate del potenziale produttivo delle nazioni del mondo intero. Il WEF, a onor del vero, non è la sola istituzione internazionale che effettui studi comparativi, né la più autorevole: OCSE, Unione Europea, Banca Mondiale, Nazioni Unite ecc pubblicano periodicamente indicatori compositi ben più utilizzati che misurano fenomeni più circoscritti da diverse sfaccettature. I risultati del global outlook tuttavia non passano inosservati poichè sono altamente esaustivi, globalmente riconosciuti come validi e vengono veicolati ad interlocutori privilegiati con una massiccia campagna stampa e con toni enfatici. The Global Competitiveness Report 2007-2008 pare quindi rappresentare un tool strategico per i responsabili delle politiche economiche e per gli imprenditori ai fini della formulazione – rispettivamente - di migliori politiche e riforme istituzionali nonché di piani di sviluppo delle rispettive realtà imprenditoriali. In questo senso, lo SPRINT Sicilia ha ritenuto cosa utile elaborarne una sintesi, in lingua italiana, da offrire alla lettura dei policy actors dell’Amministrazione Regionale Siciliana. 2. Guida alla lettura La classifica completa della competitività del Global Competitiveness Report (vedi ALLEGATO ) valuta i cd “12 pilastri della competitività” e fornisce un quadro completo del panorama competitivo nei paesi di tutto il mondo a qualsiasi stadio di sviluppo. Tali pilastri sono: istituzioni, infrastruttura, stabilità macroeconomica, sanità e istruzione primaria, istruzione superiore e formazione, efficienza dei mercati dei beni, efficienza del mercato del lavoro, livello di sofisticazione del mercato finanziario, preparazione tecnologica, grandezza del mercato, sofisticazione impresariale e innovazione. L’indicatore complessivo di competitività su cui il WEF costruisce il ranking che viene pubblicato ogni anno sui giornali è costruito per aggregazione progressiva di indici diversi, presentati in figura 1; il numero sulle frecce indica il peso attribuito a ciascuna dimensione nel calcolare l’indice complessivo con riferimento all’Italia. La competitività di un Paese (1) è funzione della competitività attuale a livello microeconomico (BCI - 2) e della capacità del Paese di raggiungere una crescita economica sostenibile nel medio – lungo periodo (GCI - 3). 2 L’indice di competitività attuale di un Paese (BCI) valuta le determinanti della sua ricchezza, misurata in termini di PIL pro capite. Tale indice dipende dalla qualità dell’ambiente microeconomico di riferimento per gli operatori (4) e dalla qualità della strategia delle imprese (5). Figura 1: Il modello di competitività del World Economic Forum Il WEF deriva il BCI prevalentemente da dati qualitativi provenienti da un questionario cui nel 2005 hanno risposto per l’Italia 141 senior manager; delle 71 variabili utilizzate per costruire il BCI, solo 3 sono dati provenienti dall’ISTAT. La competitività dell’ambiente in cui operano le imprese dipende da quattro fattori: la qualità dei fattori produttivi (6) (che a sua volta dipende dalla dotazione e la qualità di infrastrutture fisiche, amministrative, tecnologiche, dalla qualità delle risorse umane, dalla sofisticatezza del mercato dei capitali), la sofisticatezza dei mercati di sbocco (7), la presenza di un impianto normativo che favorisca lo svolgimento dell’attività economica in 3 regime di equa concorrenza (8) (tutela della proprietà intellettuale, disciplina della governance d’impresa, controllo del mercato a tutela del consumatore e non in logica protezionista), la presenza di un tessuto produttivo articolato (9). Figura 2: I driver di competitività La capacità prospettica di un Paese di essere competitivo nel medio e lungo termine dipende invece da tre fattori: la qualità dell’ambiente macroeconomico (10), la qualità delle istituzioni (11), e la disponibilità tecnologica (12). Il ruolo della tecnologia nei processi di crescita di un Paese varia in funzione del livello di sviluppo; il peso attribuito a questa dimensione nel caratterizzare l’indice di competitività prospettica (3) è pari a 0,5 per tutti i paesi (fra i quali l’Italia) che hanno registrato almeno 15 brevetti per milione di abitanti nell’ultimo anno negli USA e pari a 0,33 per gli altri. I tre costrutti sono stati operazionalizzati utilizzando in parte dati tratti da diverse fonti statistiche, in parte i dati di percezione derivanti dalla survey. Gli indicatori qualitativi sono evidenziati in corsivo. 4 Come si può notare dalla figura 1, per il WEF la competitività di un Paese è funzione della qualità del tessuto produttivo, nonchè dell’efficacia delle istituzioni e delle politiche che impattano sulla sua produttività. La competitività attuale e prospettica di un paese sono ad evidenza interconnesse; inoltre, l’importanza relativa di alcuni fattori nell’influenzare il livello di produttività varia in modo significativo in funzione del livello di sviluppo raggiunto dal Paese. In particolare, l’innovazione ha un peso significativo nel determinare il ranking di un paese come l’Italia in termini di competitività futura. Per costruire un ranking che tenga conto dei diversi modelli di competitività, le variabili descritte in figura 1 sono state ricondotte a 9 driver di competitività, suddivisi in tre categorie in funzione dell’importanza relativa durante il ciclo di sviluppo: nei paesi sviluppati (fra cui l’Italia), il modello di competitività sviluppato dal WEF assegna un peso del 30% ai fattori di base, del 40% ai moltiplicatori di efficienza e del 30% ai fattori di innovazione. Il modello è presentato in figura 2; in corsivo le variabili misurate attraverso la raccolta di dati di percezione; ciascuna variabile pesa in modo diverso all’interno del modello. Dopo aver costruito i 9 driver di competitività per aggregazione delle variabili indicate in figura 2, il WEF costruisce i tre macroindicatori di base, di efficienza e di innovazione, raggruppa i paesi del campione in funzione del loro stadio di sviluppo e applica per ciascun macroindicatore il peso corrispondente allo stadio di sviluppo del Paese oggetto di indagine; sulla base del punteggio complessivo calcola l’indice globale di competitività. Il World Economic Forum continua a estendere la copertura geografica del rapporto anche quest’anno, con 131 economie censite. La copertura è stata estesa a Porto Rico, Libia, Oman, Arabia Saudita, Siria, Senegal e Uzbekistan. Inoltre, Serbia e Montenegro, precedentemente analizzati come unico paese, ora sono inseriti separatamente. Il rapporto del 2007 contiene un dettagliato profilo del paese/economia per ciascuna delle 131 economie censite e fornisce un riepilogo completo della posizione generale nelle classifiche, oltre ai principali vantaggi e svantaggi competitivi di ciascun/a paese/economia basati sull’analisi utilizzata per redigere le classifiche. Include inoltre un’ampia sezione con le tabelle delle graduatorie globali per oltre 110 indicatori. Il rapporto di quest’anno comprende altresì un buon numero di discussioni di alcuni paesi tra i quali Germania, Malesia, Messico ed Emirati Arabi Uniti, fornendo un’approfondita analisi delle problematiche relative alla competitività nazionale. 3. Italia Secondo il Global Competitiveness Report 2007-2008 l’Italia si colloca al 46° posto nella classifica mondiale della competitività. Gli Stati Uniti sono in prima posizione seguiti da Svizzera, Danimarca, Svezia, Germania, Finlandia e Singapore. 5 Anche se raddoppiata, la quota di investimenti in Italia risulta modesta non solo rispetto ai competitors europei, ma anche in termini assoluti. Basti il paragone con il Regno Unito e la Francia: che accolgono rispettivamente nuovi progetti di investimento pari a 3,5 e 2 volte il volume dell’Italia. E’ vero che il divario rispetto al 2005 è notevolmente diminuito (rispettivamente 9,5 e 4 volte), ma il nostro Paese – che all’estero tutti amano e dove in molti amerebbero vivere - sembra non essere una “location” proprio attraente per gli investitori. “L’Italia deriva la sua competitività dalla sofisticazione del suo settore produttivo, dalla produzione di beni che si collocano in alto della catena di valore e dai suoi molti ed efficienti distretti. Tuttavia, il paese continua a restare indietro rispetto agli omologhi europei a causa della debolezza strutturale che presenta nei requisiti più elementari della competitività. Ciò riguarda nello specifico la deludente gestione fiscale che ha portato a uno dei più alti livelli di indebitamento pubblico nel mondo, oltre agli insufficienti standard di etica pubblica e l’inefficienza del governo”, ha dichiarato Irene Mia, senior economist al World Economic Forum. La produttività si conferma il tallone d’Achille dell’Italia che continua a mostrare segni di difficoltà. L’andamento della produttività italiana non tiene il passo con quello dei principali competitor internazionali. Tanto la produttività del lavoro quanto quella multifattoriale, ovvero la produttività di tutti i fattori lavoro escluso, risultano inferiori a quelle dei nostri partner commerciali. Inoltre, l’aumento della quota di beni capitali nella struttura produttiva non sembra sufficiente a chiudere il gap con i paesi più avanzati. Tutto ciò in un contesto complesso come quello italiano, caratterizzato da una miriade di piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare, bassi investimenti in ricerca e sviluppo, infrastrutture carenti e poca innovazione. Il prossimo rapporto ci dirà se anche il Kuwait è un paese più competitivo dell’Italia. 4. Mondo L’economia mondiale continua, nella prima metà del 2007, il suo trend di crescita, attestandosi al +5%. L’economia della Repubblica Popolare Cinese, nello stesso periodo, cresce del +11½% e si conferma, con quella di India e Russia, il vero motore della crescita mondiale. Un trend di crescita positivo si rileva anche per le economie dei mercati emergenti e dei paesi in via di sviluppo. Tra le economie avanzate, la crescita nell’area euro e in Giappone è rallentata nel secondo quarto del 2007. La crescita dell’inflazione è stata contenuta nelle economie avanzate, ma si è consolidata nei mercati emergenti e nei paesi in via di sviluppo in relazione all’aumento esponenziale del prezzo dei prodotti energetici e di quelli alimentari. Nel mercato nord-americano ed in quello dell’area dell’euro l’inflazione si è gradualmente attestata, in media, poco sotto al 2% quest’anno. 6 Prima delle recenti turbolenze sul mercato del credito, le banche centrali del mondo hanno adottato politiche monetarie restrittive per fronteggiare le crescenti pressioni inflattive. In Agosto, tuttavia, le maggiori banche centrali hanno immesso liquidità nei mercati monetari per stabilizzare i tassi di interesse a breve termine. In Settembre la Federal Reserve ha tagliato i tassi di 50 punti base creando così aspettative nei mercati finanziari di un’ulteriore futura riduzione. A partire dall’inizio delle turbolenze nel mercato del finanziario e creditizio le aspettative degli operatori giapponesi ed europei verso i tagli delle rispettive banche centrali sono progressivamente rientrate. In alcuni paesi emergenti le banche centrali hanno fornito liquidità al sistema al fine di attenuare le pressioni sui mercati interbancari, in altri la preoccupazione principale delle autorità bancarie centrali è rimasta la stabilizzazione, verso il basso, dei tassi di inflazione. Le fluttuazioni sul mercato dei cambi delle maggiori valute nazionali confermano i trends osservati a partire dal 2006. Il dollaro americano continua ad indebolirsi, anche se il suo valore effettivo è ancora stimato essere al di sopra del livello di medio termine. Viene confermata, nel periodo di riferimento, anche la sopravvalutazione dell’euro. Come detto, Cina e India continuano a essere in testa tra le grandi economie in via di sviluppo. Il Cile detiene il primato dell’America Latina, seguito da Messico e Panama. Vari paesi del Medio Oriente e della regione nordafricana si collocano nella prima metà della classifica, guidati da Israele, Kuwait, Qatar, Tunisia, Arabia Saudita e Emirati Arabi. I dati del Rapporto mostrano quanto sia cresciuto –nonostante tutti i problemi e le criticità – il grado di integrazione economica nel mondo. Nell’Africa subsahariana, solo il Sud Africa e le Mauritius sono posizionati nella prima parte della classifica, mentre molti paesi della regione sono classificati molto in basso. Nove paesi dell’area Asia-Pacifico sono tra i primi 30 nella classifica del Global Competitiveness Index (GCI, Indice di Competitività Globale), guidati da Singapore, Giappone, Corea e Hong Kong RAS. 7 - Allegato 8