Arte e Architettura
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12 L’età dell’energia The Age of Energy ARCHIVIO STORICO ENEL Tra Arte e Architettura. Between Art and Architecture. Archivio Storico Enel L’Archivio Storico custodisce la documentazione relativa alla storia dell’industria elettrica italiana dalla fine dell’Ottocento e di quasi mezzo secolo di vita di Enel, da quando, con la nazionalizzazione del 1962, oltre 1.270 aziende elettriche confluirono nell’allora ente nazionale per l’energia elettrica. In principio la struttura del nuovo ente risentì dell’influenza delle più grandi e importanti imprese elettriche esistenti all’epoca e, pur ispirandosi a criteri di gestione aderenti alla sua natura di ente pubblico economico, di fatto riprese e proseguì l’attività delle precedenti imprese elettriche private di cui, naturalmente, prese in carico i relativi archivi nonché il personale altamente qualificato: ingegneri, tecnici e maestranze di prim’ordine. Nel 1992, la Soprintendenza Archivistica per il Lazio dichiarò “di notevole interesse storico” tutta la documentazione Enel, riconoscendo altresì “il complesso documentario come fonte di valore unico e di incommensurabile interesse per la storia dell’energia elettrica e per la storia economica nazionale e internazionale dagli inizi del secolo scorso in poi”. Inaugurato a settembre 2008 in una sede unica, a Napoli, l'Archivio Storico Enel promuove iniziative culturali e di studio e garantisce un'agevole consultazione sia con sistemi tradizionali che con l'ausilio dell'inventariazione digitale, valorizzando la conoscenza del patrimonio storico documentale in una visione dell'energia orientata al futuro. The Historical Archive houses documents regarding the history of the Italian electricity industry since the end of the nineteenth century, including the almost half a century that Enel has existed. Enel was established in 1962, when more than 1,270 electricity companies were nationalized to become part of what at that time was the Ente Nazionale per l’Energia Elettrica. The structure of the new entity was influenced by the largest and most important electricity companies of the time, and even though it was based on managerial criteria appropriate to its status as a governmentowned company, it actually continued the activity of the preceding private electricity firms, whose related archives it naturally took charge of, as well as their highly skilled personnel: engineers, technicians, and first-rate workers in general. In 1992, the Soprintendenza Archivistica per il Lazio – the government agency that oversees archives in the Lazio region – declared all of Enel’s documentation to be “of remarkable historical interest”, acknowledging the “collection of documents as a source of unique value and incomparable interest for the history of the electricity industry and Italian and international economic history from the beginning of the twentieth century onwards.” Brought together within a single building in Naples and inaugurated in September 2008, the Enel Historical Archive promotes cultural and scholarly initiatives and facilitates consultation with digital cataloguing as well as traditional systems, enhancing knowledge of our heritage of historical documents for a forward-looking vision of power. È il fare quotidiano che caratterizza l’impegno e l’identità di ogni azienda e costituisce il tratto distintivo della sua cultura. È per questa ragione che occorre dare voce alla ricchezza di conoscenze, alla professionalità, all’innovazione, alla capacità di trasformazione continua attraverso il racconto della propria storia industriale che è cultura d’impresa. Senza di questa, l’azienda stessa rischierebbe di non essere percepita nel suo reale valore di generare sviluppo per il Paese e per le generazioni future. The identity of every company is characterized by its everyday operations, which are the lifeblood of any company’s corporate culture. It is important to give a voice to the wealth of knowledge, professionalism, innovation and an unceasing ability to move forwards by retelling the company’s industrial history, which is the underlying corporate culture. Without this, a company runs the risk of not being perceived for its true value: as a generator of advancement for the nation and for its future generations. ARCHIVIO STORICO ENEL via Ponte dei Granili, 24 - 80146 Napoli • tel. 081.3674213 Tra Arte e Architettura. Between Art and Architecture. MONOGRAFIA DELL’ARCHIVIO STORICO ENEL MONOGRAPH BY THE ENEL HISTORICAL ARCHIVE 2 Prefazione Foreword di Maria Patrizia Grieco Presidente Enel by Maria Patrizia Grieco Chairman, Enel Ripercorrere le vicende dell’industria elettrica italiana vuol dire anche ripercorrere parte della storia artistica del nostro Paese. Un itinerario che passa attraverso l’illuminazione di bellezze architettoniche e cittadine, e si sviluppa attraverso opere d’arte che trovano ispirazione o ragion d’essere proprio nell’elettricità. Bellezze di varia natura, dimensione e notorietà, conservate in musei o all’aria aperta ma che negli anni hanno tutte contribuito ad accrescere il nostro inestimabile patrimonio artistico. Un processo che inizia a fine Ottocento con l’accensione della centrale di Santa Radegonda, prima centrale termoelettrica italiana e dell’Europa continentale (terza al mondo dopo quelle di Londra e New York). Un momento fondamentale per lo sviluppo economico del nostro Paese ma non solo. Perché quel momento permise anche le prime sperimentazioni di illuminazione pubblica e diede inizio ad un processo che avrebbe per sempre cambiato il volto delle nostre città portando, a mano a mano, ad illuminare teatri, strade, piazze, gallerie e quartieri. Con la comparsa dell’illuminazione elettrica e con il rapido sviluppo dell’elettrificazione, la domanda di energia crebbe sempre più e nuove centrali si andarono via via costruendo. Per la loro realizzazione le società elettriche di allora, poi acquisite da Enel, selezionarono i progettisti più affermati: Moretti, Portaluppi, Muzio, Minnucci e Ponti. Architetti che hanno lasciato il loro segno in quelli che sono considerati oggi dei veri e propri capolavori dell’architettura, strutture all’interno delle quali si possono trovare anche affreschi e sculture di grandissimo pregio. Negli anni Enel ha spesso raccontato il suo mestiere attraverso il linguaggio delle arti. Non solo. Il rapporto profondo tra l’energia, l’illuminazione e la forma artistica, fatto di contaminazioni profonde, si ritrova anche nelle centinaia di tele e di opere grafiche che sono state create dai maggiori autori della pittura e del design. Una storia “parallela” quindi, ricca di segni simbolici prodotti da autori che hanno aggiunto la “luce” della fantasia e della creatività a quella prodotta dalla rivoluzione industriale. Un’ispirazione creativa ancora viva che Enel promuove e valorizza attraverso le iniziative avviate in numerosi ambiti, perché la storia che coniuga l’arte con i fattori industriali resta parte integrante della nostra cultura. Ieri come oggi. No exploration of the history of the electricity industry in Italy would be complete without going back over the country’s cultural and arts heritage history. On the night of 18 March 1877, a spotlight was set up in Piazza Duomo to light up the Milan cathedral for the first time. A curious crowd gathered to watch the five electric lights turn on and beam their weak gleam onto the city’s most iconic monument. Milan looked on as one by one its piazzas, galleries and theatres were lit up by the first electric power station to be built in continental Europe (the third anywhere in the world after London and New York). Urban electrification gradually brought light to all of Italy’s towns; it also “lit up” the masterpieces of the open-air museum that is Italy, as part of a process that gave permanent “citizenship” to power and luminous coils. With the arrival of electric lighting and the rapid rollout of electrification between the late 1800s and the early decades of the twentieth century, new power stations were required to keep up with demand for power. Electricity companies hired leading architects to design them: Moretti, Portaluppi, Muzio, Minnucci, and Ponti. The designs these artists came up with are today considered true architectural masterpieces. The deep-seated relationship between energy, lighting and artistic form is also evident in hundreds of paintings and works of graphic design by top painters and designers. This “parallel” story is packed with symbolic representations created by artists who augmented this product of the Industrial Revolution with the “light” of their imagination and creativity. This creative inspiration remains alive at Enel: it is something that the company promotes and encourages through a host of initiatives in a number of different areas. Today as in the past, the history that unites art and industry is an integral part of our culture. 3 Table of Contents Indice 2 Prefazione di Maria Patrizia Grieco 2 Foreword by Maria Patrizia Grieco TRA ARTE E ARCHITETTURA di Antonella Basilico Pisaturo BETWEEN ART AND ARCHITECTURE by Antonella Basilico Pisaturo 6 8 10 12 17 25 27 30 32 36 38 41 45 Le città si illuminano Il museo diffuso I primi tentativi Un faro sul Duomo Si accendono le scene Dal teatro alla strada Nuove espressioni: le insegne al neon Le luci della festa Una forma d’arte Lo sviluppo dell’illuminotecnica Il progetto luce Luci su Pompei Vita ai monumenti Non solo giochi d’acqua 6 8 10 12 16 24 26 29 31 36 38 41 45 Cities Light Up The Open-Air Museum Early Attempts A Spotlight on the Duomo Lights, Action From Theatre to Street New Expressions of Art: Neon Signs Festive Lights A Form of Art The Evolution of Lighting Design The Progetto Luce Lights on Pompeii Long Live Monuments Water Features and More 49 53 58 63 66 72 75 78 81 I gioielli dell’architettura Il linguaggio dell’estetica Con lo sguardo all’Ottocento Tra il Veneto e il Friuli Un grande affresco La consapevolezza del genius loci Come una scenografia Tra classicismo e funzionalismo Le centrali del Mezzogiorno Gio Ponti: elogio dell’elettricità 49 53 58 63 66 72 75 78 81 Architectural Gems An Aesthetic Approach With an Eye on the 19th Century In the Veneto and Friuli Regions A Great Fresco Awareness of Genius Loci Like a Stage Set Between Classicism and Functionalism Power Stations in the South of Italy Gio Ponti: an Elegy to Electricity 86 88 90 92 100 104 106 107 110 Grandi artisti, cartoline e manifesti Verso la modernità Nuove strategie per comunicare Cartoline, francobolli e canzoni Manifesti d’autore La dinamica Futurista Magritte e l’impero delle luci L’innovazione di Picasso La Fata elettricità di Dufy Spire luminose 86 89 90 93 101 104 106 108 110 Top Tier Artists, Postcards and Posters Towards Modernity New Strategies for Communication Postcards, Postage Stamps and Songs Masterpiece Posters The Futurist Dynamic Magritte and the Empire of Light The Innovation of Picasso Dufy’s Electricity Fairy Luminous Coils 115 117 120 123 125 127 129 132 L’impegno di Enel La cultura della luce Luce per l’Arte Lumina. Chiese di Toscana Parlare alla città con nuovi linguaggi Le forme dell’energia Tra immagini e visioni contemporanee Enel Contemporanea Award Coinvolgere il pubblico 115 118 120 123 125 127 129 132 The Commitment of Enel The Culture of Light Luce per l’Arte Project Lumina: the Churches of Tuscany Addressing the City in a New Language Forms of Power Between Images and Contemporary Visions Enel Contemporanea Award Involving the Public 137 Note 137 Notes 5 Le città si illuminano. 6 Cities Light Up. Il museo diffuso L’energia elettrica e l’illuminazione artificiale sono stati i prodotti del progresso tecnologico che hanno modificato più profondamente e capillarmente tutti gli aspetti della vita, da un punto di vista sociale, antropologico, ambientale e culturale. Un processo epocale in cui la capacità di queste innovazioni di generare nuovi cambiamenti tecnici e produttivi e di mutare radicalmente le condizioni di vita e di lavoro ha modificato anche la percezione del territorio e dell’ambiente. The Open-Air Museum No other technological advancement has had such a broad and far-reaching impact on all aspects of life – socially, anthropologically, environmentally and culturally – as electricity and artificial light. The epoch-changing process of the advent of electricity and artificial lighting ushered in innovation that paved the way for technical and production-related upheaval, radically altering lifestyles and working practices, and shifting people’s perception of where they live and their environment. Le città si illuminano Cities light up 8 Ogni città, di notte, quando si accendono le luci, si trasforma, acquista un nuovo volto, una fisionomia diversa diventa un luogo vivibile e rassicurante e i monumenti che di giorno sembrano congelati in una immobilità statica che li rende immateriali, al primo calar del sole acquistano vita, fulgore nella filosofia della luce. Le strade, le piazze, i giardini, i palazzi, le chiese ritornano a vivere per raccontare la vita e le gesta del nostro passato, lasciando scoprire un mondo “altro”, lontano nel tempo ma vicino nello spazio. Essi diventano le tappe di un percorso museale dinamico che attraversa tutta l’Italia, il più grande “museo diffuso” che esista. Un museo fuori dai confini istituzionali del museo vero e proprio, in grado di raccontare la nostra storia e di illustrare le nostre origini attraverso le emergenze artistiche presenti nei vari luoghi che, resi visibili dalla luce, diventano strumenti imprescindibili di conoscenza, atti a veicolare messaggi culturali e sociali. Queste testimonianze storiche e artistiche riconoscibili nella luce, alimentano nella comunità un profondo e radicato senso di appartenenza, rafforzando i legami identitari dei cittadini con il territorio facendoli sentire parte di un progetto comune di vita e di sviluppo perché, come affermava Aldo Rossi “l’unione tra il passato e il futuro è nell’idea stessa di città che la percorre, come la memoria precorre la vita di una persona, e che sempre per concretarsi deve conformare ma anche conformarsi nella realtà. E questa conformazione permane nei suoi fatti unici, nei suoi monumenti, nell’idea che di essi abbiamo”1. Every city is transformed at night when the lights go on. Every city takes on a different look and becomes a reassuring place for people to live; as soon as the sun goes down monuments that, by day, seemed frozen in static immobility and somehow intangible take on new life and effulgence thanks to the philosophy of light. Streets, piazzas, public parks, buildings and churches come back to life and tell the story of past lifestyles and customs, revealing a whole other world that though far off in time is close in space. They become part of a dynamic path through the open-air museum that is Italy, without doubt the world’s largest such venue. This museum extends the boundaries of what we commonly conceive as a museum: it embraces Italy’s history and illustrates the country’s origins through art that emerges in these many different places, made visible by light to become a vital tool for knowledge, as well as a vehicle for cultural and social messages. This historical and artistic heritage that we can see in the light nourishes a deep-rooted sense of identity; it strengthens people’s sense of identity associated with where they live, allowing them to feel part of a common life- and development-led project; in Aldo Rossi’s words, “the union between past and future lies in the very idea of the city that runs through it, just as memory runs through a person’s life; for this to become tangible, it must conform with and adapt to realty. This conformation may be seen in its unique circumstances, in its monuments, and in the idea we have of it.”1 I primi tentativi Early Attempts Nell’agosto del 1880, il salone del Caffè Gnocchi nella galleria Vittorio Emanuele viene illuminato da In August 1880, the Caffè Gnocchi salon in the Vittorio Emanuele Gallery was lit by four Siemens quattro lampade ad arco del sistema Siemens, un episodio che non ebbe seguito fino al giugno del 1881, quando in occasione della grande Esposizione Nazionale allestita nell’area dei Giardini Pubblici, 25 lampade ad arco della Siemens per una potenza complessiva di 20.000 candele illuminarono la Galleria Vittorio Emanuele. Non a caso si era scelto di illuminare la Galleria perché rappresentava il luogo simbolo della nuova borghesia al potere, desiderosa di affermare il proprio status sociale ed economico. Ma l’illuminazione di questo nevralgico punto d’incontro, ancora una volta, non fu pienamente convincente perché il flusso luminoso non era costante e ogni otto ore bisognava sostituire i carboncini delle lampade ad arco. Contemporaneamente, proprio al Teatro alla Scala, l’11 gennaio 1881 andava in scena uno spettacolo teatrale destinato a conoscere un lunghissimo periodo di successi con 103 repliche solo in Italia, e altre nel resto d’Europa e nelle Americhe: il “Gran ballo Excelsior” un trionfo di ballerine, bandiere nazionali e 450 comparse che rappresentava la vittoria della Luce sullo spirito dell’Oscurantismo. Lo spettacolo esaltava i “protagonisti” dell’ideologia del progresso, i piroscafi a vapore che solcavano l’Hudson, i treni che attraversavano velocissimi il Il ballo Excelsior di Manzotti durante l’Esposizione italiana di Milano, 1881. Manzotti’s Excelsior Dance at the Italian Exposition, Milan, 1881. system arc lamps. The café remained a one-off until June 1881, when to mark the major National Exposition staged in and around the Giardini Pubblici, 25 Siemens arc lamps developing a total of 20,000 candlepower were used to illuminate the entire Galleria Vittorio Emanuele. The Gallery was not chosen by chance: it was the symbolic focal point of the new bourgeoisie coming to power and keen to assert its social and economic status. And yet, once again, the illumination of this central meeting place was less than convincing: the light that the bulbs emitted was inconstant, and the arc lamp charcoals needed to be replaced every eight hours. During this period – on 11 January 1881 to be precise – the Teatro alla Scala staged a play that was destined to become a huge, longterm hit, racking up 103 performances in Italy alone before going on to tour throughout Europe and the Americas: “Gran Ballo Excelsior” was a triumph of ballerinas, national flags and 450 extras, representing the victory of Light over the spirit of obscurantism. The show lauded the “stars” of the ideology of progress: steamers that criss-crossed the Hudson, trains speeding over the Brooklyn Bridge, the wireless telegraph, silent cinema, the Suez Canal and the Frejus Tunnel. It celebrated the miracles of science as electric light was finally beginning to penetrate the shadows in which millions of men and women had lived until then. One man who saw that show was Giuseppe Colombo, Director of 9 Le città si illuminano Cities light up La sera del 18 marzo 1883 alla Scala furono accese simultaneamente 92 lampadine elettriche a incandescenza. ponte di Brooklin, il telegrafo senza fili, il cinema muto, il Canale di Suez, il traforo del Frejus celebrando i miracoli della scienza e dell’elettricità che portava finalmente la Luce che squarciava le tenebre in cui erano vissuti per secoli milioni di uomini e di donne. Tra il pubblico in sala il direttore del Politecnico, Giuseppe Colombo, che avendo compreso a pieno il ruolo dell’elettricità nella trasformazione industriale della città, nell’autunno del 1881 costituì a Milano, con l’appoggio di grossi istituti di credito, il “Comitato promotore per le applicazioni dell’energia elettrica in Italia”. Un faro sul Duomo 10 Nel 1883 a Milano e nel 1892 a Tivoli furono installate le prime centrali elettriche, quest’ultima fu attivata per iniziativa della Società per le Forze Idrauliche di Tivoli, che aveva fornito l’energia elettrica alla Società anglo-romana per l’illuminazione di Roma e aveva garantito il primo trasporto a distanza dell’energia elettrica a fini industriali in Italia. Ma già nel 1876, sempre a Milano, la Tecnomasio, grazie alle ricerche sugli usi Milan’s Politecnico university. Having fully seized the role electricity would play in the city’s industrial transformation, in the autumn of 1881 Mr Colombo teamed up with major credit institutes to establish the “Comitato Promotore per le Applicazioni dell’Energia Elettrica in Italia” in Milan. A Spotlight on the Duomo Italy’s first electricity generating plants were installed in Milan (1883) and Tivoli (1892). The second plant was built by the Società per le Forze Idrauliche di Tivoli to supply electricity to the Società anglo-romana for lighting in Rome. It was the first time that electricity was transported for industrial purposes in Italy. However, back in 1876, the Tecnomasio company of Milan had leveraged research into industrial uses of electricity undertaken by its chief, a Mr Cabella, to conduct Italy’s first trial of public lighting when it illuminated the Duomo in Milan with a powerful spotlight that provided the power equivalent of 500 gas flames. This lighting system was less than satisfactory in terms of the quality of light: “For shame that it might seem we were in the midst of carnival, the Piazza del Duomo spotlight seems to have been designed to inspire the idea Tutta Milano si riversa in piazza Duomo per assistere al prodigio della luce elettrica, 1883. The people of Milan flock to Piazza Duomo to marvel at the wonder of electric light, 1883. industriali dell’energia elettrica condotti dal suo direttore Cabella, aveva compiuto il primo esperimento di illuminazione pubblica in Italia: il Duomo di Milano era stato illuminato con un potente faro elettrico della forza luminosa di 500 fiamme di gas. Ma questo sistema d’illuminazione non era stato soddisfacente per la qualità della luce: “ad onta che ci trovassimo in carnovale, il faro di Piazza del Duomo pareva fatto per ispirare delle idee di quaresima”, cosicché nel 1877 la piazza era stata illuminata da una potente lampada ad arco posta in cima ad una torre appositamente eretta con un sistema di correnti elettriche “di potenza”2. Grazie al Comitato, nel 1892 furono promosse una serie di iniziative dimostrative come l’illuminazione, l’11 febbraio in occasione del Carnevale, del ridotto della Scala con 92 lampade elettriche ad incandescenza, del Caffè Biffi in Galleria il 23 marzo, e quella dei portici e dei negozi del palazzo Thonet in piazza del Duomo in occasione della loro inaugurazione, nel novembre dello stesso anno. Tutti gli eventi ebbero un grande successo, e nei giorni del 19 e 20 novembre del 1882 il “Corriere della Sera” così scriveva: “La luce che producono tali fiammelle è viva, chiara e limpidissima e non offende gli occhi né punto né poco. Il confronto con tutto il resto del portico illuminato a gas è la più bella dimostrazione a favore della luce elettrica: voltandosi indietro verso piazza Mercanti, pare di vedere il sotterraneo del quarto atto dell’Aida, tanto i pilastri s’inombrano di tinte nere e si tingono di lividi riflessi. Dell’illuminazione non esageriamo punto dicendo che ha veramente meravigliato. Coloro che si propongono di On the evening of 18 March 1883, ninety-two incandescent electric bulbs were turned on at the same time at the La Scala theatre. of Lent.” By 1877, the piazza was lit up by a powerful arc lamp placed atop a speciallyconstructed tower, using a “powerful” electric current system.2 In 1892, Colombo’s Committee promoted a series of lighting-related demos: on 11 February at Carnival for the small hall at the Scala with 92 incandescent electric lamps, the Caffè Biffi in the Gallery on 23 March, and the porticos and stores at Palazzo Thonet in Piazza del Duomo to mark its opening that November. These events were a runaway success. On 19 and 20 November 1882, the “Corriere della Sera” wrote: “The light these little flames produce is sharp, clear and oh-sobright, and yet it does not offend the eye either much or little. A comparison with the rest of the gas-lit portico is the most eloquent proof in favour of electric lighting: when you turn back towards Piazza Mercanti, it is like glimpsing the underworld in Act IV of Aida, so much do the pillars cast deep black shadows and take on bright reflections... It is no exaggeration to say that the lighting really did leave people awestruck. Proponents of applying electrical lighting to our city on a vast scale won a great victory last night.”3 The electric lamps that lit up the arcades were subsequently removed after the Union des Gaz complained to the Municipal Council. The company held the concession for public lighting in Milan, but the stores remained lit by electricity, and provided 11 Le città si illuminano Cities light up Uno dei primi esperimenti di luce elettrica in occasione della visita a Brescia di re Umberto I, 1878. One of Italy’s earliest trials of electric lighting in Brescia, to mark the occasion of a visit by King Umberto I, 1878. 12 applicare l’illuminazione elettrica su grande scala nella nostra città hanno vinto iersera una grande battaglia”3. Le lampade elettriche che illuminavano i portici furono poi tolte a causa di contestazioni mosse al Comune dalla Union des gaz, la società che aveva la concessione dell’illuminazione pubblica a Milano, ma i negozi rimasero illuminati con la luce elettrica e furono così i primi utenti della Centrale di Santa Radegonda, a due passi dal Duomo, che il 28 giugno del 1883 prese regolare servizio in uno stabile precedentemente usato come teatro, per dare luce ai Magazzini Bocconi, al Teatro Manzoni, all’Albergo Continentale, al Caffè Cova, alla Società Patriottica e al Teatro alla Scala. Si accendono le scene “Ogni invenzione, ogni progresso in materia di illuminazione ha avuto la sua prima applicazione sulle scene, la storia della illuminazione dei teatri comprende quella dell’illuminazione in genere”4, questa affermazione esplicita in maniera chiara che prima ancora che sorgessero centrali e reti per l’illuminazione pubblica e privata, l’energia elettrica, fornita da batterie di pile, era stata impiegata nei teatri del mondo per ottenere mirabolanti effetti scenici. Prima dell’invenzione the first consumers for the Santa Radegonda Power Station. Located close to the Duomo, the power station began operating in a converted theatre on 28 June 1883, supplying light to the Magazzini Bocconi, Teatro Manzoni, Albergo Continentale, Caffè Cova, Società Patriottica and Teatro alla Scala. Lights, Action “Every invention, each and every step of progress in lighting found its first application on the stage. The history of theatre lighting encompasses lighting in general.”4 This declaration refers to the fact that before any power stations or grids for public and private lighting existed, to stunning theatrical effect electricity generated by batteries had been in use in theatres around the world. Prior to Edison’s inventions, a number of attempts were made to improve the safety of lighting in theatres. Fires in theatres had been a major issue, and there was always a certain degree of fear during performances. One such event was covered by the papers in 1883: at the edisoniana erano stati compiuti alcuni tentativi per dotare i teatri di un’illuminazione più sicura, gli incendi infatti erano molto diffusi ed aleggiava sempre un certo timore durante le rappresentazioni; emblematica è, a tal proposito, una notizia di cronaca del 1883, che riportava che quando al Teatro Dal Verme si era visto uscire del fumo dalle fessure di una porta chiusa a chiave, si era generato il panico ed un gran trambusto ma si era poi scoperto che le paventate tracce d’incendio provenivano… dalla pipa di un custode che, per il divieto di fumo, si era nascosto per poter fumare in pace! Le scene erano illuminate da lampade ad arco con l’energia prodotta da piccoli impianti autonomi, ma la luce così generata risultava, però, troppo intensa ed abbagliante per la normale illuminazione anche se era molto utile per particolari effetti scenici: nell’opera “Mosè” di Rossini, andata in scena all’Opera di Parigi, Louis Jules Duboscq, colui che aveva inventato la lanterna magica, precursore del moderno proiettore per diapositive, curò gli effetti di luce simulando con la scomposizione di un fascio di luce, un perfetto arcobaleno, e con dei rapidi movimenti del riflettore parabolico, lampi temporaleschi molto ben riusciti. Era il primo intervento dell’elettricità nella scenotecnica, Teatro Dal Verme somebody noticed smoke coming from behind a locked door, triggering panic and great upheaval, before it was discovered that the smoke actually came from a caretaker’s pipe – the man had hidden himself away for a crafty smoke because smoking in the theatre was prohibited! Stages were lit by arc lamps powered by small independent generators. Although this kind of light was far too dazzling and intense for normal lighting, it came in very handy for special effects on stage. In Rossini’s opera “Moses”, performed at the Paris Opera house, Louis Jules Duboscq, inventor of the magic lantern (the forerunner of the modern-day slide projector) designed the lighting by simulating the diffusion of a ray of light into a perfect rainbow; by rapidly moving a parabolic reflector, he also created lightning-like effects that astounded the audience. This was the first time electricity had made inroads into stagecraft; it was destined to become ever more complex and fundamental. In 1878, Paolo Jablochkoff’s improvement to arc lamp technology rendered this technology easier to use. Despite its imperfections, it was adopted fulltime by the Bellecour Theatre in Lyon, which was lit by 52 “candles”. In August 1883, just a few months after the Santa Radegonda power station went into service, work began on an electricity system for the Scala Theatre. The Theatre turned on its first incandescent bulbs on 22 November at its singing school, followed by the Scena dell’opera “Mosè” nella quale si usarono per la prima volta i riflettori elettrici, metà dell’Ottocento. A scene from the opera “Moses”, the first to use electric spotlights, mid-1800s. 13 Le città si illuminano Cities light up Articolo tratto da “L’Energia Elettrica” sull’impianto di illuminazione del Teatro San Carlo di Napoli, luglio 1929. An article from “L’Energia Elettrica” on the Teatro San Carlo di Napoli’s lighting system, July 1929. intervento che nel tempo doveva diventare sempre più complesso e importante. Nel 1878 poi, il perfezionamento della lampada ad arco dovuto a Paolo Jablochkoff rese più utilizzabile questo sistema che, sebbene non perfetto, fu adottato stabilmente dal teatro Bellecour di Lione, illuminato da 52 “candele”. Nell’agosto del 1883, a pochi mesi di distanza dall’entrata in servizio della centrale di Santa Radegonda, iniziarono i lavori per introdurre l’impianto elettrico nel Teatro alla Scala, il 22 novembre furono accese le prime lampadine ad incandescenza nel locale della scuola dei cori, seguì poi l’illuminazione della scuola di ballo, indi dei locali della commissione del teatro e delle scale, e i macchinisti e i pittori poterono eseguire il loro lavoro serale alla luce, lievemente rossastra, delle lampade a filamento di carbonio. 14 Il 21 dicembre ci fu la prova generale del ballo Flik e Flok con tutte le scene accese e fu inaugurato anche il lampadario, la storica “lumiera” installata nel 1821 che fino a quel momento aveva funzionato a gas e che per l’occasione fu adattata al progresso con un’innovazione prima impossibile: i bracci che sorreggevano le lampade furono infatti accomodati in modo che le lampade fossero dance school, and then the theatre’s committees and stairways, allowing stagehands and scene painters to work deep into the night in the pink-tinged glow of carbon-filament bulbs. Every scene of the Flik e Flok dance dress rehearsal, held on 21 December, was lit. When the curtain was raised, it did so before a historic chandelier first installed in 1821, which until then had been gas-powered before its upgrade to electricity. The chandelier featured altered arms with downwards-pointing bulbs, making it possible to raise it higher still and cast more light on the fifth row of boxes, which had always complained of a lack of light. Each of the chandelier’s 344 bulbs was 16 candlepower (the standard measure for the day) strong. Boxes were lined with electric lamps along their sides, although these were only lit on special occasions or gala evenings. On December 26, 1883, the theatrical season opened with Ponchielli’s “Gioconda” and the “Flik e Flok” dance show. On the new lighting system’s official debut, 2,450 electric lamps replaced their “oldfashioned gas” predecessors. News reports at the time chronicled how pleased the audience was with the quality of the new lighting, and how amazed they were by the colour change effects achieved by covering over the lamps with green, blue or red glass “bells”. In 1886, when alternating La sala del Teatro alla Scala con la lumiera a gas, 1850. The La Scala theatre with its gas-powered chandelier, 1850. rivolte all’ingiù e ciò permise di alzare di più il lampadario, dando maggiore luce ai palchi di quinta fila che avevano sempre lamentato una scarsa illuminazione. La lumiera contava 344 lampade, ciascuna da 16 candele, la misura normale di allora. Anche i palchi furono dotati di lampade elettriche disposte sui braccioli, ma queste erano accese solo in occasione di veglioni o di serate di gala. Nella sera di Santo Stefano del 1883 con l’inaugurazione della stagione teatrale con la “Gioconda” di Ponchielli e il ballo “Flik e Flok” il nuovo impianto di illuminazione ebbe il battesimo ufficiale e si accesero 2.450 lampadine elettriche che sostituirono il “vecchio gaz”. Le cronache del tempo riportarono quanto il pubblico fosse ampiamente soddisfatto della qualità della nuova illuminazione e affascinato dagli effetti scenici provocati dai mutamenti di colore ottenuti con un sistema nuovo che prevedeva la copertura delle lampade con campanelli di vetro verde, azzurro, o rosso. Nel 1886 l’energia fu trasportata dalla centrale di Santa Radegonda fino al Teatro Dal Verme, a una distanza di 1.200 metri, distanza all’epoca ritenuta notevole, con l’adozione della corrente alternata. Nel 1887, il 4 maggio, anche il Teatro San Carlo di Napoli fu dotato di illuminazione elettrica che sostituì quella a gas; quella sera si replicava il “Rigoletto” che andò in scena con cinque lampade elettriche grazie all’energia fornita dalla Società Pattison. In un corsivo apparso sul “Corriere di Napoli” del 7 gennaio del 1888 si leggeva: “Iersera al San Carlo, seconda rappresentazione della ‘Luce elettrica’. Le signore che come capite erano i current was adopted, power started to flow from the Santa Radegonda station to the Teatro Dal Verme 1.2 km away, a distance that at the time was considered significant. On 4 May 1887, electric lighting replaced the gas system at the Teatro San Carlo of Naples. That evening, “Rigoletto” was performed with five electric light bulbs using power provided by the Pattison Company. The “Corriere di Napoli” covered the event in its 7 January 1888 edition: “Yesterday evening, electric lighting made its second performance at the San Carlo. The ladies in attendance, who were the natural judges of this new form of light – and who, quite rightly, were also its most exacting assessors – declared themselves to be perfectly satisfied. The incredibly clear gleam, which between acts became almost exuberant, and which at first sight seems to be an indiscretion, a bold attempt to damage the audience’s most tangible and precious members, on the contrary undermined no beauty, no elegance and no womanly wiles. And so electric light banished its poor reputation as an impertinent and unbecoming light, definitively winning the day as individual lights gleamed in so many eyes and so many mouths, all alabaster clarity; lights that, albeit less electric and more electrifying, triumphed in perfect integrity…” Another journalist added a witty comment that 15 Le città si illuminano Cities light up L’illuminazione scenica a teatro in un articolo tratto da “Elettricità e vita moderna”, luglio-agosto 1954. innovativo sistema per l’illuminazione dell’orizzonte e per la produzione delle nuvole. Theatre set lighting in an article from “Elettricità e vita moderna”, July/August 1954. Dal teatro alla strada 16 giudici naturali di questa luce novella ed erano anche - e avevano ragione di esserlo - i giudici più severi, si dichiararono perfettamente soddisfatte. A quel chiarore limpidissimo, che negli entre-acts diventava quasi esuberante, e che pareva a prima giunta una indiscrezione, un audace tentativo in danno della parte più danneggiabile e preziosa del pubblico, viceversa poi nessuna bellezza, nessuna eleganza e nessuna sapienza di accorgimento muliebre era menomata. E così la luce elettrica smentì la sua cattiva fama di luce impertinente e sconveniente, e si appacificò definitivamente con le singole luci emanate da tanti occhi e da tante bocche e tante nitidezze alabastrine, le quali luci, meno elettriche e più elettrizzanti, trionfarono nella loro perfetta integrità…”. A ciò si aggiunga un divertente commento di un altro giornalista, che avrebbe potuto costituire un’ottima pubblicità per la luce elettrica, che così annotava: “Insomma il bel teatro San Carlo illuminato a luce elettrica è ancora più bello; e le signore belle illuminate a luce elettrica sono ugualmente belle; e le signore brutte, caso mai ce ne siano, illuminate a luce elettrica non sono più mica brutte!”5. Questo fu il primo impianto elettrico costruito al San Carlo che subì successivamente ampliamenti e modifiche, sia nel 1908 che nel 1927. Quest’ultimo costituì una grande conquista tecnica perché, sebbene già corredato da regolatori di scena per le variazioni delle intensità luminose, fu anche provvisto di un articolato e served as an excellent testimonial for electric light: “Well, the lovely Teatro San Carlo lit up by electricity proves to be even more beautiful; and lovely ladies lit up by electric light are just as lovely; whereas ugly ladies, if there are any about, when lit by electric light are no longer quite so ugly!”5 The original electricity installation at the San Carlo Theatre was extended and upgraded in 1908 and 1927. The 1927 upgrade was a major technical achievement, not just for the dimmers (already in use for scene lighting) but for its complex, groundbreaking system for lighting the horizon and generating clouds. From Theatre to Street True as it may be that lighting took its first bow in the theatre, plenty of research was carried out in other sectors into how to apply electricity. From the beginning, people were all too aware that good lighting would improve all areas of social life, from traffic and personal safety to greater industrial production, as well as significantly boost commerce offer and more comfortable intimacy at home. Science and Se l’illuminazione aveva avuto il suo campo di prova nei teatri, vale la pena ricordare che anche in altri settori venivano sviluppate ricerche finalizzate all’applicazione dell’energia elettrica perché era ormai chiaro che una buona illuminazione incideva in tutti i campi del vivere sociale: dalla sicurezza del traffico e dei cittadini, a una maggiore produzione industriale, a un vivido impulso al commercio, a una più confortevole intimità in casa. Nel connubio ricerca scientifica-tecnologia si portarono avanti soluzioni adeguate alle nuove esigenze della vita civile, nelle case la luce, sebbene concentrata solo in un’area ristretta, rivestì un ruolo centrale, risolvendo problemi di varia natura perché le lampade a petrolio e a gas che assorbivano l’ossigeno dell’aria ed emanavano miasmi maleodoranti, provocando anche il rapido deterioramento degli arredi delle case, risultavano nocive per la salute e per l’ambiente. Particolarmente importante risultava essere l’illuminazione pubblica delle strade perché allungava le ore del giorno e modificava i ritmi della vita sociale ed economica che da secoli governavano le città. L’oscurità della strada era stata nel passato una condizione ideale per i banditi, per le Manifesto dei primi del Novecento. Posters from the early 1900s. technology joined forces to deploy solutions suited to emerging needs in civil life. In the home, although initially restricted to small areas, lighting solved a whole host of problems: oil- and gas-fired lamps burned up oxygen in the air and generated a foul-smelling stench, rapidly deteriorating household furnishings whilst being generally detrimental to health and the environment. Public street lighting was vital because it extended the day and changed the pace of social and economic life as it had been lived in cities for centuries. The streets had previously been ideal terrain for thieves, violence and th crime. Until the end of the 18 century, anybody who had to go out in the evening – in truth, not many did – sent servants with a torch ahead of them (in Milan, the piè-veloci – which translates as fleet-of-foot – were famous); however, danger continued to lurk and the streets were not safe. th By the end of the 18 century, public lighting began to be extended in cities. Earlier in the century, Venice and Turin installed primitive public lighting, in Venice as result of a decree dated May 1732 which led to the installation of an initial 843 oil-fuelled lamps. The first attempt to light up an entire town centre took place in Florence in 1783. Milan followed suit in 1786, as did Bologna ten years later. In almost all of these cities, lamps were usually erected near sacred images, particularly those on street corners. However, the lighting proved to be short-lived. It did not take long for crooks to destroy the lamps and plunged cities back into the darkness they needed to carry out their nefarious activities. An ingenious 17 Le città si illuminano Cities light up Illuminazione elettrica e a gas coesistono in piazza Colonna a Roma, 1893. Accanto, un articolo tratto da “Illustrazione Enel”, aprile 1965. 18 violenze e i reati che i cittadini erano costretti a subire. Fino alla fine del XVIII secolo chi doveva uscire di sera, pochi per la verità, si facevano precedere da servi con torce, famosi i piè-veloci di Milano, ma il pericolo era comunque presente e le strade erano poco sicure. Alla fine del XVIII secolo l’illuminazione pubblica delle città venne incrementata: fu Venezia, assieme a Torino, una delle prime città a dotarsi di una primitiva illuminazione pubblica, decretata a partire dal maggio del 1732 con i primi 843 fanali ad olio, nel 1783 a Firenze ci fu il primo tentativo di illuminare il centro storico, nel 1786 toccò a Milano, dieci anni dopo fu la volta di Bologna, e in quasi tutte le città spesso venivano collocate lampade in prossimità delle immagini sacre, specialmente quelle agli angoli delle strade. Ma si trattava di un’illuminazione di breve durata in quanto le luci venivano presto abbattute da malviventi che necessitavano del buio per poter svolgere le loro illecite attività. Per ovviare a questo grave inconveniente si racconta che a Napoli, nel 1770 con il re Ferdinando IV, padre Gregorio Maria Rocco, un frate domenicano di grande carisma, preso atto delle difficoltà incontrate dal governo per un nuovo sistema di illuminazione, si presentò al Re “chiedendogli che desse a lui la licenza, ed egli la farebbe subito, senza che l’erario cittadino ne sentisse gravezza”. Ottenuta la licenza, iniziò a disporre nei punti più trafficati, e in apposite nicchie, 300 copie di un quadro raffigurante la Vergine e 100 figure del Cristo montate su altrettante croci di legno che vennero affiancati da due lampioni ad olio. Da quel momento si assistette ad una vera e propria gara da parte dei fedeli per tenere sempre accese le lampade votive sia di giorno che di notte. Con questo espediente system to get round this serious problem cropped up in Naples. In 1770, a particularly charismatic Dominican friar named Father Gregorio Maria Rocco became aware of the great difficulties the government was having with this new lighting system. He presented himself to King Ferdinand IV, “Asking to be given the licence, so that he could take care of the lighting, without the city coffers having to shell out a penny”. Once he had obtained the licence, he put up 300 copies of a painting depicting the Virgin Mary and a hundred figures of Christ mounted on wooden crosses in special niches in the busiest parts of town, each adored with two oil lamps, one on either side. From then on, believers competed to keep these votive lamps alight day and night. Thanks to this trick, Naples was lit up, including its previously dark and dangerous alleyways. In 1837, Naples put up its first set of gas lamps in Largo di Palazzo (today known as Piazza del Plebiscito). Electric lighting was installed after the First World War: one long line of lamps running at the highest voltage available at the time, 440 V continuous current. Normal incandescent bulbs were preferred along secondary roads, powered directly by the distribution grid for private customers. Just like gas lamps, these lamps had to be lit and turned off one by one, meaning that there was still work to be done for the old “lamplighters”, who could be seen walking around town after sunset and before dawn, their canes with a burning flame at the tip replaced by a new kind of cane suited to tripping the switches on each individual lamp. In 1886, Rome officially inaugurated its first system of electric street lighting: Piazza Colonna was lit up by electricity for six hours, enchanting the people of Rome and providing fodder for Electric and gas lighting, side-by-side in Piazza Colonna, Rome, 1893. Alongside, an article from “Illustrazione Enel”, April 1965. Napoli riuscì ad essere illuminata, persino nei vicoli in precedenza bui e pericolosi. Nel 1837 Napoli fu dotata di un primo gruppo di lampioni a gas collocati nel Largo di Palazzo, l’attuale piazza del Plebiscito, alla fine della prima guerra mondiale si passò all’illuminazione elettrica con gruppi di lampade in serie, che si avvalevano della massima tensione allora disponibile di 440 volt a corrente continua, mentre nelle vie secondarie l’illuminazione era data da lampade normali ad incandescenza, allacciate direttamente sulla rete di distribuzione per i privati. Queste lampade dovevano essere accese e spente singolarmente come i lampioni a gas e quindi si continuarono a vedere in giro, dopo il tramonto e all’alba i “lampionari” vestiti d’azzurro che avevano sostituito alla canna con la fiammella in punta, un’altra, adatta a manovrare gli interruttori di ogni singola lampada. A Roma nel 1886 era stato inaugurato ufficialmente il primo impianto per l’illuminazione elettrica delle strade, piazza Colonna rimase illuminata elettricamente per sei ore e lasciò incantati i romani anche se non mancarono lazzi umoristici sulle lampade utilizzate che “avevano il cappello alla cinese” con riferimento alla loro forma ovoidale, rivestite da una reticella a grosse maglie che chiudeva il globo di vetro color “d’acqua anisata” con un cappellone di forma conica”6. Nel 1895, anche la Città del Vaticano si illuminò humorists who joked about the bulbs chosen, “with Chinese-style hats on” – a reference to their egg-like shape, covered by a loose metal structure enclosing the globe of an “anise-tinged water” colour, and a “conically-tipped hat”.6 In 1895, electric lighting arrived in Vatican City, after the first electricity generating plant was installed at the “Courtyard of the Triangle”. The system used a small generator consisting of a steam machine and a dynamo capable of powering around fifty bulbs that lit up the Pope’s apartment and some of the most important offices. Oil or kerosene lamps were used elsewhere, while a large number of torches were employed during solemn masses. The Vatican’s first true power station, built in 1897 and 1898, was a partly thermal, partly hydro-electric plant driven by water from the Lake Bracciano aqueduct. The day before Epiphany in 1899, Pope Leo XIII inaugurated the power station, which had been built in the Delle Mole building. The station supplied power for 600 bulbs in the papal apartments, plus apartments belonging to the Cardinal Secretary of State and Monsignore Maggiordomo, and various courtyards and a selection of rooms belonging to the Swiss Guards 19 Le città si illuminano Cities light up 20 elettricamente, poiché fu realizzato nel “Cortile del triangolo” il primo impianto di produzione elettrica. Era un piccolo gruppo costituito da una macchina a vapore e da una dinamo che poteva alimentare circa cinquanta lampade che servì ad illuminare l’appartamento del Papa e alcuni degli uffici più importanti, per il resto venivano utilizzate lampade ad olio o a petrolio e nelle celebrazioni solenni una miriade di fiaccole. La prima vera Centrale del Vaticano fu realizzata tra il 1897 e il 1898 ed era un impianto in parte termico e in parte idroelettrico che sfruttava le acque dell’acquedotto braccianese. Alla vigilia dell’Epifania del 1899 il Papa Leone XIII inaugurò la centrale che fu installata nel fabbricato delle Mole, quell’impianto illuminava 600 lampade, distribuite negli appartamenti pontifici, in quelli del Cardinale Segretario di Stato e del Monsignore Maggiordomo, in vari cortili e in alcune camere della Guardia Svizzera e della Gendarmeria. Il costo dell’impianto fu coperto dalla vendita di armi e carriaggi che erano appartenuti all’esercito pontificio ormai disciolto. Negli anni poi la centrale subì una serie di trasformazioni e ammodernamenti per A sinistra, la storia dell’elettricità nella Città del Vaticano. Da “Illustrazione Enel”, marzo 1966. A destra, un estratto da “Elettricità e Vita Moderna”, dicembre 1954. The history of electricity in Vatican City. From “Illustrazione Enel”, March 1966. Below, an extract from “Elettricità e Vita Moderna”, December 1954. and Gendarmerie. The plant was funded by selling off weapons and wagons that had previously belonged to the now-disbanded papal army. That initial plant was converted and modernized over the years, eventually becoming an efficient system between 1930 and 1935. The contribution of electricity to street lighting was a tangible response to a need in society for safety, salubriousness and comfort in the city streets. rather than merely leaving it to private enterprise, street lighting became a priority for city governments. Indeed, improving lighting was in itself an educational process and something that helped to raise people’s awareness. A greater ability to use this technology was construed as an “indicator of the level of a State’s education and culture.”7 raggiungere un solido ed efficiente assetto tra il 1930 e il 1935. Con l’introduzione dell’energia elettrica nell’illuminazione stradale furono date risposte concrete alle esigenze sociali di sicurezza, decoro e comfort delle strade cittadine, per cui l’illuminazione delle vie non era più lasciata all’iniziativa privata ma diventava una priorità per le amministrazioni pubbliche delle città. Infatti il miglioramento dell’illuminazione era di per sé un’opera educativa che doveva risvegliare le coscienze e affinare le capacità di utilizzo di questo mezzo perché un uso appropriato della luce era “un indice del livello di educazione e di cultura di uno Stato”7. L’illuminazione stradale, man mano che veniva impiantata e incrementata in tutte le città, presentava tuttavia difficili problemi di progettazione tanto che, nel 1928, vennero tenuti a Milano, a Torino, e a Roma corsi di aggiornamento per installatori elettricisti delle lampade per le strade. A Milano fu allestito anche un Campo Sperimentale di Illuminazione, l’unico in Italia voluto dalle Officine Elettrotecniche Italiane dell’ingegnere Arcioni che, attraverso studi approfonditi sui nuovi metodi di illuminazione, contribuì in maniera sostanziale al miglioramento della tecnica dell’illuminazione razionale delle strade. In questo campo-prova, infatti, si riproduceva dal vero qualsiasi tratto di strada con la sua illuminazione, si testavano materiali per gli impianti con lampade disposte in serie e alimentate As it was installed and extended in every town, a number of tricky design-related problems cropped up. Special advanced courses for street lamp electrician installers were held in 1928 in Milan, Turin and Rome to resolve these problems. Engineer Arcioni’s Officine Elettrotecniche Italiane established an Experimental Lighting Test Area in Milan, the only one of its kind in Italy. Undertaking advanced research into new methods of lighting, the facility made a substantial contribution to finding a rational approach to lighting the streets. The Test Area was used to make real-life reproductions of any stretch of street and its lighting. It tested installation materials by using serial-mounted lamps powered by constant current; experimental circuits were placed on a variety of supports of different styles, types and sizes, which were in effect prototype lampholders, poles and brackets. They proved to be especially useful in studying real-life mechanical performance in terms of what was actually required, and in assessing construction from an aesthetic point of view. In another interesting development, experimental circuits were set up so that every device added to the circuit could be switched off when it was not needed for experimentation. The Test Area was also used for special experimental installations, some of which were quite large. One such Alcuni tipi di sostegni in opera nel campo sperimentale di illuminazione, 1928. A selection of lamp standards undergoing experimental field trials, 1928. 21 Le città si illuminano Cities light up Il Duomo di Milano. Illuminazione realizzata in occasione della nascita della Principessa Maria Pia, 25 settembre 1934. 22 a corrente costante, circuiti sperimentali che venivano appoggiati su sostegni di svariate fogge, tipi e dimensioni che costituivano un campionario di candelabri, pali e mensole. Questi servivano per studiare dal vero il comportamento meccanico rispetto alle esigenze a cui dovevano rispondere e per testarne la costruzione dal punto di vista estetico. Altra particolarità innovativa era che il circuito sperimentale era congegnato in modo che ogni apparecchio inserito sul circuito poteva essere tenuto spento quando non si doveva sperimentare su di esso. Nel Campo, inoltre, venivano costruite speciali installazioni sperimentali anche di grandi dimensioni come il “grande candelabro trasformabile” che servì per iniziare gli studi che poi condussero a quel tipo di candelabro ad alto baricentro luminoso installato per le prove di illuminazione della piazza del Duomo a Milano. “Con questo candelabro trasformabile era possibile portare il baricentro luminoso fino a 20 metri dal suolo ed era possibile disporre le lampade su una circonferenza col diametro aumentabile fino ad un massimo di 5 metri. I bracci per sostegno delle lampade in primo tempo nel numero 5, furono, durante le prove, portati a 6. Si vede quindi, che con un tale candelabro si possono produrre tutti i tipi di candelabri semplici e multipli, dai più piccoli a quelli di dimensioni più inusitate”8. I tecnici inoltre dovevano studiare a quale altezza fosse più conveniente installare il centro luminoso del grappolo di lampade, in design was the “large convertible lampholder” which ultimately led to the high-level light holder installed for lighting tests in Piazza del Duomo in Milan: “This convertible lampholder made it possible to raise the lighting level as high as 20m off the ground, with bulbs distributed along a circumference of a diameter extendible up to a maximum of 5 metres. The initial five-lamp support arms became six after testing. It may therefore be seen that using this lampholder makes it possible to build all types of lampholder, single or multiple, from the smallest to the most unusually large.”8 Engineers also studied the optimal height for installing the midpoint of a group of lamps based on the per-unit lighting power of individual bulbs used to make up the group itself; they then carried out photometric tests on the values they obtained in their calculations. The Test Area put on courses for the employees who actually built the installations, so they were knew about all technical aspects of street lighting. In addition to street lighting erected by local government, store shop windows added to the overall illumination; they loomed like garlands of light by day and night, with their, large alchemic windows of desire through which people could project their dreams and fantasies. Shop Esperimento di illuminazione a luce indiretta all’interno del Duomo di Milano fatto la sera del 12 novembre 1933. A trial of indirect lighting at Milan’s Duomo, the evening of 12 November 1933. The Duomo in Milan. Lighting to celebrate the birth of Princess Maria Pia, 25 September 1934. rapporto a una certa potenza luminosa unitaria da assegnare alle singole lampade che costituivano il grappolo stesso, per poi eseguire misure fotometriche di riprova dei valori dati dal calcolo. Nel Campo venivano anche attivati corsi di istruzione per i dipendenti che dovevano occuparsi dell’esecuzione materiale degli impianti, onde renderli padroni della tecnica dell’illuminazione stradale. Ma l’illuminazione delle strade non si esauriva solo con i lampioni predisposti dalle amministrazioni pubbliche ma veniva incrementata anche dalle luci dei negozi e delle vetrine che apparivano come una sorta di ghirlanda di luce diurna e notturna, una specie di grande vetro alchemico del desiderio, nel quale proiettare sogni e fantasie. Le vetrine, che furono dapprima di numero e di proporzioni ridotte perché semplicemente incassate in un’intelaiatura lignea che faceva parte della mostra del negozio, nel tempo subirono modificazioni e semplificazioni, soprattutto con il diffondersi della cultura del Bauhaus, la Scuola d’arte fondata a Weimar da Walter Gropius nel 1919, che intendeva diffondere un programma in grado di windows changed and became simpler, from being small in size and number because they were merely built into frames that were part of the shop’s interior display system, as the Bauhaus design approach was more widely adopted. Bauhaus was the name of an art school founded in Weimar by Walter Gropius in 1919, whose brief was to disseminate a program capable of going beyond the arts/crafts antinomy, oriented towards integrating art into industry. The movement proposed a new, groundbreaking template for stores; it plumped for bigger windows within minimalist and transparent structures in which everything was more brightly lit; natural materials like wood were used alongside technological materials like steel, glass and plastic, as part of a design approach in which everything responded to the requirements of lightness, transparency, aesthetic design and total rationality. Already an established shopping destination and boasting the finest shops in the country, as late as 1928 very few shop windows in Milan were lit up – just 15% – and the majority of these were switched off by 7pm. To boost lighting quantity and quality, the city held a competition for the best-lit shop windows – an approach that had already been pursued in other cities. Interestingly, the competition prizes were “special subscriptions for power consumption 23 Le città si illuminano Cities light up Articolo dedicato al Concorso per l’illuminazione delle vetrine. Da “L’Energia Elettrica”, marzo 1928. Article dedicated to a Shop Window Lighting Competition. From “L’Energia Elettrica”, March 1928. 24 superare l’antinomia arte-artigianato e finalizzato all’integrazione tra arte e industria. Si proponeva, infatti, un nuovo modello di negozio innovativo, con vetrine più ampie, una struttura spoglia e trasparente dove tutto era molto più illuminato, in cui i materiali usati erano naturali come il legno, o tecnologici come l’acciaio, il vetro o la plastica, e rispondevano a requisiti di leggerezza, trasparenza, bellezza del design e totale razionalità. Nel 1928, Milano, che in quel momento era già un grande emporio commerciale con i negozi migliori aveva, però, una bassissima percentuale di vetrine ben illuminate, solo il 15%, e inoltre, dopo le ore diciannove, la maggior parte di esse era già spenta. Per migliorare la qualità e la quantità di tali illuminazioni, si pensò di bandire un concorso per scegliere le vetrine meglio illuminate, come era già stato realizzato in altre città. È interessante notare come in quel concorso i premi erogati consistevano in “forme di abbuono per il consumo di energia e anche l’abbuono delle tasse Comunale e Governativa sull’energia elettrica come si è già ottenuto per il recente concorso di Bologna”9. and… a discount on municipal and government levies on electricity, as in the competition held recently in Bologna.”9 New Expressions of Art: Neon Signs In 1916, not long before he died Umberto Boccioni made a brilliant prophecy: the time would come when gas was used to make art. It was specifically a noble – or “rare” – gas like neon that, imprisoned in minuscule glass containers, provided the luminous raw material for signs that lit up cities. As well as being a veritable art form, neon signs became an immediate and permanent tool of communication that was seductive, attractive and prompted people to buy products. William Ramsey and MW Travers discovered neon in 1898 as a rare gaseous element in the atmosphere, existing at a ratio of 1 part per 65,000 parts of air. The first man to apply an Nuove espressioni d’arte: le insegne al neon Nel 1916, Umberto Boccioni, poco prima di morire, annunciò con una geniale profezia, che sarebbe venuto il tempo in cui l’arte si sarebbe fatta coi gas. E fu proprio un gas nobile, cioè rarefatto, quale il neon che, imprigionato in minuscoli contenitori di vetro, costituì anche la materia luminosa delle insegne che illuminano le città. Esse rappresentano una vera e propria forma d’arte e sono uno strumento immediato e permanente di comunicazione che seduce, attrae e invoglia all’acquisto dei prodotti. Era stato l’ingegnere francese Georges Claude, nel 1902, il primo ad applicare una scarica elettrica ad un tubo sigillato riempito di un gas, il neon, scoperto a Londra nel 1898 da William Ramsey e MW Travers come raro elemento gassoso presente in atmosfera nella misura di 1 parte su 65.000 di aria. Claude espose al pubblico la prima lampada al neon l’11 dicembre 1910 a Parigi, ben presto queste lampade furono commercializzate su vasta scala poiché si era trovato un metodo di estrazione del neon dall’aria molto economico. Nel 1912, il socio di Claude, Jaques Fonseque, vendette la prima electric discharge to a sealed tube filled with neon gas was French engineer Georges Claude in 1902. Claude demonstrated his first neon lamp to the public on 11 December 1910 in Paris. Not long afterwards a very cheap method was found to extract neon from air and these lamps began to be retailed on a wide scale. In 1912, Claude’s business partner Jacques Fonseque sold the first ever neon sign to a barber who worked at no. 14, Boulevard Montmartre: “Palais Coiffeur” were the first letters in history to “go up in lights”. A year later, the neon age had begun. In 1913, after Cinzano opened its first manufacturing plant outside Italy, the “CINZANO” sign advertised the leading vermouth-maker from the Province of Cuneo in Italy went up on the Champs-Elysees in metre-high lettering. Neon advertising signs dominated Milan’s Piazza del Duomo from 1910 onwards, before Piccadilly Circus and Times Square. Neon signs were veritable living pictures, artistic gems, miracles of technology, design and marketing; they were a true metaphor for hard-working Italy, and a symbol of industrial, forward-looking Milan. Milan’s neon signs included Kores, the leading manufacturer of carbon paper, in which an active young lady moved her hands tirelessly over a typewriter keyboard; the Brill shoe polish man, advertising a product so shiny that the tip of its shoe gleamed like a star; a huge sign suggesting people should drink Coca Cola (“Bevete Coca Cola”); and for the most famous brands of the day – Longines, Cinzano, Ignis, Facis, Omsa, Isolabella, and Idrolitina – all of which adorned the facade of Palazzo del Carminati. These signs lit up the night. People coming to Milan for the first time were naturally amazed by the majesty of its cathedral, but when they glanced over at L’ingegnere francese Georges Claude, inventore della lampada al neon. French engineer Georges Claude, inventor of the neon lamp. 25 Le città si illuminano Cities light up Insegne pubblicitarie al neon sulla facciata del Palazzo dei Carminati a Milano. Advertising signs on the façade of Palazzo dei Carminati, Milan. 26 insegna al neon a un negozio di barbiere di Boulevard Montmarte al numero 14: “Palais Coiffeur” furono le prime lettere “ad accendersi” nella storia. Un anno dopo, nel 1913 l’insegna “CINZANO”, della storica azienda della provincia di Cuneo leader nella produzione del Vermouth che aveva aperto il suo primo stabilimento all’estero, fu posta con lettere alte un metro ciascuna sugli Champs-Elysees: era iniziata l’era del neon. A Milano le insegne pubblicitarie al neon dominavano piazza del Duomo fin dal 1910, prima di quelle di Piccadilly Circus e di Times Square. Erano dei veri e propri quadri viventi, gioielli d’arte, prodigi di tecnica, di design e di marketing, vere metafore di un’Italia operosa, simbolo di una Milano industriale e moderna. Tra quei neon, ricordiamo quello della Kores, leader della carta carbone con l’attiva signorina che muoveva le mani, instancabilmente, sui tasti di una macchina per scrivere, l’omino del lucido da scarpe Brill, un prodotto talmente rilucente che sulla punta della scarpa brillava sempre una stella, la grande insegna “Bevete Coca Cola” e poi i marchi più famosi dell’epoca Longines, Cinzano, the far side of the square, they were stunned by a spectacle of light and colour so bright that it pierced through Milan’s winter fog. Only during periods of war were the neon signs turned off, in compliance with the requirements of anti-aircraft regulations for signs and street lighting. When the air raid sirens suddenly shattered the evening calm, lights on the streets were switched off and everything, including trams and cars, came to a standstill; house lights were dimmed and all went dark. After the alarm was over, everything returned to its usual pace, and once again the city offered the spectacle of its many lights and multicolour advertising hoardings, animating and flooding the streets with light.10 Festive Lights Light is imbued with a symbolic meaning as an emblem and metaphor of enlightenment and reason, defeating obscurantist ignorance and superstition. It also carries meanings associated with identity-related feelings, and therefore has an ability to tie in to history. Light is a prime element in the “celebration of time”; it is a means of intensifying commemorations, particularly those that have strong, archetypal meanings concerning people’s relationship with the passing of time and its cycles. In the days before the invention of electricity, to Una strada del centro di Torino illuminata dalle insegne al neon, metà anni Cinquanta. A road in the centre of Turin lit up by neon signs, mid-fifties. Ignis, Facis, Omsa, Isolabella, Idrolitina che si elevavano sulla facciata del Palazzo del Carminati. Queste insegne illuminavano la notte, chi metteva piede per la prima volta a Milano era affascinato, certamente, dalla maestosità del Duomo ma, guardando dall’altra parte della piazza, non poteva non essere coinvolto dallo quello spettacolo di luci e colori, capaci di stagliarsi anche nella nebbia. Solo in tempo di guerra, le insegne luminose furono oscurate in quanto i regolamenti di protezione antiaerea ridussero l’illuminazione stradale, quando le sirene d’improvviso squarciavano con il loro suono la calma della sera, la luce si spegneva nelle strade, tutto si fermava, i tram e le auto, le case si oscuravano e tutto era buio. Quando poi, con il cessato allarme, ogni cosa riprendeva il suo ritmo, si riproponeva la visione della città con tutte le sue innumerevoli luci e con le scritte pubblicitarie multicolori che rianimavano e inondavano di luce le vie.10 Le luci della festa La luce, sia nella sua accezione simbolica di emblema e metafora illuministica della ragione contro l’oscurantismo dell’ignoranza e della superstizione, sia come riflesso di significati collegati al sentimento di identità e quindi alla storia, è un elemento essenziale nella “celebrazione del tempo” per intensificare le commemorazioni, soprattutto quelle che hanno profondi significati archetipici legati al rapporto differentiate the most important moments in community life, decorative lights or impressive temporary installations were erected in special parts of town. These festive lights (known as parazioni in Italian) served to heighten the festive mood. Used for the longest time, these lights enshrined the cohabitation of the sacred and the profane. They were brought out for religious celebrations of patron saints and for special lay occasions such as marriages, the coronation of a monarch or, as in 1939, Mussolini’s visit to Turin, when, “along Via Po, three hundred standard-carrying brackets were affixed along residential facades. Each of these brackets held three metallic candles, in turn topped by an opalescent 150W glass bulb. The 900 bulbs forged two trails of light, making the road quite wondrous fair... The most impressively lit of the façades was Palazzo Carignano, which had a hundred 500W floodlights distributed along two cornices... and the juvaresque facade of Palazzo Madama... The Guarinian domes of S. Lorenzo and Santa Sindone were picked out by a host of helios flames outlining their architectural features, giving them an original, flame-enhanced look…” It should be noted that for many years all decorative lighting was temporary, switched on only during for the celebratory period. It was, however, in Turin that one of the first permanent decorative installations was erected, on the monument to Vittorio Emanuele II. Originally, these illuminations relied on oil lamps, often fitted with coloured paper “lampshades”. In ancient and mediaeval times, copper arches were built to house tea lights and candles. In the Baroque period, illuminations became part of ephemeral structures, some of which grew to be 27 Le città si illuminano Cities light up Luminarie per la festa di Piedigrotta a Napoli, 1954. Festive lights at Piedigrotta, Naples, 1954. 28 con il trascorrere del tempo e con la sua ritmicità. In passato, per sottolineare i momenti più significativi di una comunità si ricorreva a luci decorative da porre, in via del tutto eccezionale, in tutta la città o in una parte di essa con installazioni spesso grandiose: le “luci della festa”, o “parazioni” che servivano ad accentuare il clima festoso. Questi apparati di antichissime origini che nascevano dalla convivenza di sacro e profano, erano associati alle celebrazioni religiose in onore dei santi durante le feste patronali, o a feste laiche speciali, come un matrimonio, l’arrivo di un re, o come nel 1939 la visita di Mussolini a Torino quando: “Lungo la via Po, sulle facciate delle case, sono stati allineati 300 bracci porta stendardi. Sopra ciascun braccio erano tre candele metalliche aventi ciascuna in cima una lampadina da 150 W in vetro opale. Erano 900 lampade che formavano due scie luminose dando alla via l’impronta del meraviglioso.(…) Tra le really quite large. Obviously enough, as the years went by, the materials used for the illuminations – and the light source itself – changed. Carbide and oil lamps prevailed in the early twentieth century. These materials were not without drawbacks, given that a gust of wind could overturn the glasses that were hauled up onto the illumination, spreading their contents and causing damage. The arrival of electricity and of increasingly sophisticated safety systems reduced these issues and ultimately made them a thing of the past, freeing illuminations to become veritable architectures of light. It took a lot of work to prepare illuminations. The process began with a sketch, which was used to make a scale model of the design out of pine wood – a material whose robustness, relative lightness and ease of cutting and carving made it ideal for a job that in many ways resembled embroidering a huge piece of lace. The whole design was subsequently split up into a number of different elements and pieces which, bearing in mind the size of the piazza or place where it was to be installed, could be added to or subtracted from by modifying the design through different combinations. After constructing these huge wooden frames full of volutes, plumes, bows, illuminazioni delle facciate primeggiavano quella di Palazzo Carignano ottenuta con 100 proiettori da 500 W, distribuiti su due cornicioni, (…) e quella della facciata juvaresca di Palazzo Madama (…) Sulle cupole Guariniane di S. Lorenzo e della Santa Sindone un gran numero di eliofiamme ne riproducevano le linee architettoniche e davano ad esse un aspetto fiammante originale…”. Occorre, però, sottolineare che per lungo tempo tutti gli interventi d’illuminazione decorativa ebbero carattere temporaneo rimanendo in funzione solo per il periodo dei festeggiamenti mentre, sempre a Torino, fu invece realizzato uno dei primi impianti permanenti di illuminazione decorativa, quello del monumento a Vittorio Emanuele II. Le luminarie in origine consistevano in lampade ad olio, spesso dotate di “paralumi” in carta colorata; in età antica e medioevale si costruivano archi di rami con lumini e candele, poi, molto probabilmente in età barocca, le luminarie furono associate agli apparati effimeri anche di grandi dimensioni. Ovviamente, con il passare del tempo, si modificarono tanto i materiali che componevano le luminarie quanto la sorgente luminosa vera e propria. Infatti, se agli inizi del Novecento erano a carburio o ad olio, materiali non immuni da problematiche, un colpo di vento poteva bastare a rovesciare i bicchieri issati sull’apparato luminoso spargendo il loro contenuto e creando danni, con l’avvento dell’energia elettrica e dei sempre più sofisticati sistemi di sicurezza le problematiche si ridussero fino quasi a sparire, e le luminarie trasformarono in vere e proprie architetture di luce. Il lavoro di preparazione delle luminarie è ed era molto complesso, da Grandi archi di trionfo illuminati da centinaia di lampadine in occasione della festa di Piedigrotta. Napoli, anni Cinquanta. Huge triumphal arches lit up by hundreds of bulbs at the Piedigrotta Festival. Naples, nineteen fifties. rails, pendants, squiggles, circles and roses, it was time to mount the lamps, which were generally coloured using a compressor and then fired in ovens until they were dry. This procedure made the bulbs shiny and transparent, so that the light they emitted was brighter and had added glow. Ranging from 5V to 25V, these bulbs were then installed in lampholders attached to the wooden frames, and arranged either “in series” or “in parallel” to form shapes known as the “Royal Arch”, “Moulin Rouge”, “Duomo di Milano”, “Gothic Arch”, “Rose Window”, “Garter”, “Shell”, “Peacock” and so on. The lighting element gradually became more and more preponderant in the whole, continuing to generate awe and amazement as ever was the goal. A Form of Art Lighting is a form of art. To all intents and purposes light is a form of expression just like 29 Le città si illuminano Cities light up 30 un bozzetto si passava alla costruzione in scala del progetto con riproduzione in legno di abete, materiale che per le sue caratteristiche di robustezza, di relativa leggerezza e di facilità di taglio ed intaglio, meglio si prestava per realizzare un lavoro simile ad un enorme merletto ricamato. L’intero disegno veniva diviso poi in vari elementi e telai che, tenendo conto delle dimensioni della piazza o del luogo dove doveva essere collocato, si potevano togliere o aggiungere modificando il disegno con più combinazioni. Dopo aver costruito questi grandi telai di legno ricchi di volute, pennacchi, archetti, ringhiere, pendagli, ghirigori, cerchi e roselline, si passava alle lampadine che generalmente venivano colorate con un compressore ed infornate in forni facendole essiccare. Con questa procedura le lampadine acquistavano trasparenza e lucentezza emanando una luce brillante. Successivamente queste lampadine, da 5 a 25 V. venivano inserite nei portalampade già fissati su telai di legno e disposti mediante collegamenti “in serie” ed “in parallelo” così da comporre “l’Arco Reale”, “il Moulin Rouge”, il “Duomo di Milano”, “l’Arco Gotico”, “il Rosone”, “la Giarrettiera”, “la Conchiglia”, “il Pavone” e così via. La componente luminosa, elemento costitutivo della parazione divenne sempre più preponderante, mantenendo intatto quell’effetto di meraviglia che lo accomunava al passato. Una forma d’arte Illuminare è una forma d’arte perché la luce rappresenta una modalità espressiva a tutti gli effetti come la pittura e la scultura, in grado di costruire sempre nuovi riferimenti culturali. Per comprendere le dinamiche e Illuminazione della Sacra di San Michele, monastero costruito sulla vetta del monte Pirchigliano. painting and sculpture, one that is constantly forging new cultural references. To understand the dynamics and the ways in which light is used for representation – before it even becomes a conscious type of raw material in architectural, museum and urban design – it is worth looking back over the most significant stages in the development and dissemination of “lighting technology” and modern lighting design. “To make light: not to add extra hours of work each day, not to give raw and exact relief to forms and dimensions, but through the interplay of shadow, colour and tone to seek something fantastic and unreal, something that separates us from the true and takes our spirits on a peaceful meander. And beyond the arid measurements of yield, absorption, reflection and brilliance, by adding Art to technique we can bring strokes of colour and life through the free effusion of the inspirational poetry latent in each and every one of us. Painting with light: lauding the beauty of all things to the point that the beauty becomes almost unnatural: creating fairytale architectures from the true that surrounds us... Such is the new Art generated through techniques which, via Electricity, has lent us a palette bursting with stunningly beautiful colours... A perfect awareness of every artificial light source, of the technical potential to form and direct beams, the quality of the colour obtained, its purity, all of these are necessary... The technician must bow to the artist when it comes to creating the picture, imprinting it with his own Copertina di “Elettricità e vita moderna” dedicata alla luce nei musei, settembre-ottobre 1954. The cover of “Elettricità e vita moderna” dedicated to lighting in museums, September/October 1954. le modalità di rappresentazione della luce prima che essa diventasse materia consapevole del progetto architettonico, museale ed urbano è opportuno ritornare ai momenti più significativi dello sviluppo e della diffusione della “tecnica della luce” e della moderna illuminotecnica. “Dar luce: non per aggiungere altre ore di lavoro ogni giorno, non per dar crudo esatto rilievo a dimensioni e forme; ma per ricercare nel gioco di ombre, di colori, di toni, un che di fantastico e di irreale, che ci distacchi dal vero ed accompagni il nostro spirito in un riposante vagabondare. E fuori dall’arido conteggio di rendimenti, di assorbimenti, di riflessi, o di brillanze, accompagnando alla tecnica l’Arte, dar pennellate di colore e di vita nel libero sfogo di un estro di Poesia che è latente in ciascuno di noi. Dipingere con la luce: esaltare la Bellezza di ogni cosa fino a renderla quasi innaturale: creare dal Vero che ci circonda architettura di fiaba… questa è l’Arte nuova che può nascere dalla tecnica che ci ha dato, con l’Elettricità, la tavolozza ricca di colori bellissimi(…) Necessaria la perfetta conoscenza di ogni sorgente artificiale di luce, delle possibilità tecniche di formarne e dirigere i fasci, della qualità del colore ottenuto, della sua purezza… ma nella scelta e nella dosatura delle varie sorgenti, nella loro disposizione, nella mescolanza di luci diverse il Tecnico deve lasciar posto all’Artista che crea il quadro e dà ad esso l’impronta della propria sensibilità”11. Da qui si articolava la descrizione, tra il poetico ed il tecnico, dell’impianto di illuminazione di un monumento simbolo del Piemonte, la Sacra di San Michele, collocata sul monte Pirchiriano, nei The Sacra di San Michele monastery built on the summit of Mount Pirchigliano, all lit up. sensibility, selection and dosage of the various light sources, their arrangement, the blend of different lights...”11 This excerpt, which units the poetic and the technical, comes from a piece written about the lighting system for a monument that is a symbol of the Piedmont region: the Sacra di San Michele, on Mount Pirchiriano, near the village of S. Ambrogio di Susa – one of the most imposing specimens of religious architecture in this part of the Alps, and a waystation for pilgrims between Italy and France. Penned in 1954, the article is particularly interesting in its summary of how, quite some time ago, awareness already existed of what criteria should be followed to provide individual monuments with the right lighting. The Evolution of Lighting Design The advent of artificial light sources spawned the development of a whole new discipline: Lighting Design. This entailed the study of the quantity, quality and location of light for illuminating external and internal spaces, museums and artistic heritage from a technical standpoint in a pre-planned rather than empirical manner. As a science it is relatively recent, even if it had a corollary in Baroque times, when a strong link existed between architecture and light as a 31 Le città si illuminano Cities light up L’illuminazione di piazza del Plebiscito. Napoli, anni Trenta. pressi del paese di S. Ambrogio di Susa, una delle più imponenti architetture religiose di questo territorio alpino, luogo di transito per i pellegrini tra l’Italia e la Francia. È un interessante articolo del 1954 che ben sintetizzava come in tempi ormai lontani già si ponesse attenzione a quali criteri scegliere per ottenere la giusta illuminazione per ogni monumento. Lo sviluppo dell’illuminotecnica 32 Con l’avvento delle sorgenti luminose artificiali si sviluppa una nuova disciplina, l’illuminotecnica, che studia la progettazione della quantità, della qualità e della localizzazione della luce da utilizzare per illuminare esterni e interni, luoghi museali o beni artistici in modo tecnico, programmato e non empirico. È una scienza relativamente recente, anche se in realtà già con la cultura barocca si poteva parlare di illuminotecnica in quanto il legame esistente tra l’architettura e la luce, intesa come elemento scenografico, era molto profondo. Si trattava, però, in quel caso, di un’illuminotecnica intuitiva, legata all’esperienza acquisita dall’artistaarchitetto e alla sua sensibilità. La luce, che è di per sé un elemento fisico e corpuscolare, ma che rimanda anche ad un’entità divina e trascendentale, attribuisce qualità alle superfici mediante riflessi che le rendono smaglianti o vibranti di minute tessiture e ne permette la percezione tridimensionale. Variando La basilica di Sant’Antonio illuminata con proiettori. Padova, 1929. Sant’Antonio Basilica, lit up by floodlights. Padua, 1929. scenographic element. In the Baroque period, lighting design was more intuitive, the result of the experience and sensibility of individual artists and architects. Per se a physical and corpuscular element, as well as being a divine and transcendental entity, light adds quality to a surface through reflections that make it dazzle or vibrate with a minute crosshatching, allowing us the perception of three dimensions. Varying the position of lighting with regard to the object or environment under observation sets off an interplay of light and shadow, in the process adding shape to volumes; the power of the light source creates lighting that is either diffuse or concentrated, violent or delicate, giving an expressive character to the work or environment being lit. Moreover, with its chromatic dominants – warm in natural light, cold in artificial light – it radically changes the perception of colours. Light is vital when illuminating monuments because it emphasizes the distribution of volumes, plays with mouldings, softens up niches, reflects off marble and diffuses off stone, creating and enhancing architectural works of art, paintings and sculpture. From the 1920s onwards, even if the idea of making the most of a city’s night-time attractions was still new a branch of lighting design evolved Lighting in Piazza del Plebiscito. Naples, nineteen thirties. la sua posizione rispetto all’oggetto o all’ambiente osservato crea giochi di chiaroscuri che esaltano o annullano la modellazione dei volumi, con la sua potenza crea illuminazioni diffuse o concentrate, violente o delicate, che attribuiscono un carattere espressivo all’ambiente o all’opera. Inoltre, con le sue dominanti cromatiche, calde nelle luci naturali e fredde in quelle artificiali, cambia radicalmente la percezione dei colori. Nell’illuminazione dei monumenti, quindi, la luce è fondamentale perché mettendo in evidenza la distribuzione delle masse, giocando sulle modanature, ammorbidendosi nelle nicchie, riflettendosi sui marmi, diffondendosi sulle pietre crea e valorizza l’opera d’arte, sia essa architettura, pittura o scultura. A partire dagli anni Venti del Novecento in Italia si comincia ad affermare una specifica attività di progettazione per l’illuminazione dei monumenti, anche se l’idea di accentuare le attrattive notturne delle città era ancora poco diffusa, poiché gli edifici pubblici venivano illuminati solo nelle ricorrenze religiose o civili, e in tali eventi venivano allestite luminarie con festoni di lampadine disposti lungo le sagome degli edifici, il cui modesto effetto notturno però non appariva sufficiente a giustificare l’ingombrante presenza diurna degli apparati luminosi sulle facciate. Ma già nel 1910, Guido Cirilli, sapiente architetto capace di pensare all’architettura come “concerto di grandi insiemi” aveva realizzato il primo in Italy specifically for monuments. Previously, buildings were only lit during religious or civil celebrations, with illuminations consisting of streamers of bulbs running along the building outline; modest nocturnal effects were hardly sufficient to justify the heavy daytime presence of these lighting devices on their facades. As early as 1910, insightful architect Guido Cirilli, who viewed architecture as a “concert of great ensembles”, was the man behind Italy’s first attempt to integrate light and architecture when he placed a large illuminated cross in the column at the Cappella Espiatoria at Monza. Dedicated to King Umberto I of Savoy, the memorial was erected on the spot where the King had been shot dead by anarchist Gaetano Bresci. Completed to mark the tenth anniversary of this outrage, the monument was surrounded by a wrought iron gate made by Milanese artist Alessandro Mazzucotelli. At night, the 12m high crosses lit up from inside to emit a golden light. Increasingly, artificial light ceased to be considered a luxury item or unnecessary expense as people realized that if used rationally, it was a productive and cultural resource. This very point was made in an article in the “Bollettino di Lucicultura”, a newsletter published by the Osram 33 Le città si illuminano Cities light up La Certosa di San Martino, a Napoli, illuminata dalla Società generale elettrica napoletana, 1929. The Certosa di San Martino in Naples, lit by the Società generale elettrica napoletana, 1929. 34 tentativo italiano di integrare luce e architettura, inserendo una grande croce luminosa nella Colonna della Cappella Espiatoria di Monza. Il Memoriale, dedicato al Re Umberto I di Savoia, era stato edificato nel punto in cui il Re era stato abbattuto dai colpi dell’anarchico Gaetano Bresci. Il monumento, terminato in occasione del decimo anniversario dell’attentato, era circondato da un cancello in ferro battuto, realizzato dall’’artista milanese Alessandro Mazzucotelli. Di notte le croci alte 12 metri, si accendevano dall’interno, con un’illuminazione di luce dorata. Sempre più spesso la luce artificiale non veniva considerata un bene di lusso o una spesa inutile ma una risorsa produttiva e culturale, se usata razionalmente, come si evince da un articolo comparso nel “Bollettino di Lucicultura”, edito dalla Osram, alla fine degli anni Venti: “I danni per una cattiva illuminazione sono incalcolabili, come grandissimi sono i benefici ottenuti da quella buona”. Fervevano gli studi e le riflessioni per trovare criteri generali per una buona illuminazione a distanza delle emergenze architettoniche e tutte le principali associazioni del settore si interessarono al problema tanto che, nel 1926, fu pubblicato dall’Ansi, l’Associazione Nazionale per lo Sviluppo dell’Illuminazione, un Bollettino rivolto company towards the end of the 1920s: “The harm caused by poor lighting is incalculable; the benefits of good lighting are enormous.” Research and papers appeared in a quest to find general criteria for good lighting. All of Italy’s most important industry associations had something to say. In 1926, the National Association for the Development of Lighting (ANSI) published a newsletter for ordinary citizens and engineers outside the specific field of lighting to raise awareness about news and information on the requirements of sound lighting, the characteristics of lighting devices, and criteria for lighting homes, monuments, places of work and streets. th To mark the 50 anniversary of the invention of the electric lightbulb, between 21 and 28 October 1929 the American Edison Pioneers held a special light-themed week – known as the Light Golden Jubilee (or Edison’s Golden Jubilee) – all around the globe as a special celebration of electric lighting and the birth of the power distribution industry. The Week offered an opportunity to assess what knowledge had been accumulated in the field of lighting design. Conferences were staged and competitions held to design special lighting for the most important monuments in many Italian cities. In Naples, the Società Generale Elettrica Napoletana lit the Certosa di San Martino using 1kW diffused lamps set a few metres from the a cittadini e tecnici non esperti per divulgare notizie e informazioni sui requisiti dell’illuminazione, sulle caratteristiche degli apparecchi, sui criteri per illuminare abitazioni, monumenti, opifici, strade. Nel 1929, in occasione del cinquantenario dell’invenzione della lampadina elettrica, il Light’s Golden Jubilee o Edison’s Golden Jubilee, gli Edison Pioneers americani indissero in tutto il mondo una “Settimana della Luce”, dal 21 al 28 ottobre, per festeggiare in modo speciale la data di inizio dell’illuminazione elettrica e dell’industria della distribuzione dell’energia. In questa occasione si vollero anche verificare le conoscenze raggiunte nel campo dell’illuminotecnica. Furono organizzate conferenze e si bandirono concorsi di illuminazione straordinaria per i principali monumenti di molte città italiane. Tra queste Napoli dove fu illuminata la Certosa di San Martino a cura della Società Generale Elettrica Napoletana che, con un impianto formato da diffusori da 1 kW disposti a pochi metri di distanza dall’edificio e riflettori fino a 3 kW di potenza sistemati a 20-50 metri dalla facciata, riuscì “a staccare l’edificio nettamente sul fondo scuro del cielo, con effetto grandioso e fantastico, visibile da quasi tutto il golfo”. Per l’occasione fu illuminato anche il portale di ingresso del Maschio Angioino, grazie all’Ente Autonomo del Volturno, con un impianto nella parte esterna di sette proiettori tipo Orione per 3,5 kW di potenza complessiva e per gli interni diffusori per 1.500 watt12. Nel giugno del 1930 nasce la rivista mensile “L’Illuminazione Razionale”, che apre una nuova fase di sviluppo per la disciplina dell’illuminotecnica. A questa se ne affiancò poi un’altra, “Illuminotecnica”, edita sempre a Milano e diretta da Enrico Castaldi, ingegnere building, and spotlights of up to 3kW in power arranged 20 to 50 metres from the facade. This design “clearly separated the building from the dark background of the sky, achieving a magnificent and fantastic effect visible from all over the Gulf”. To mark the occasion, the Ente Autonomo del Volturno lit the Maschio Angioino with an external installation consisting of seven Orione-type floodlights totalling 3.5kW in power, and diffuse lighting of 1,500 watts for the interior.12 Monthly magazine “L’Illuminazione Razionale”, heralded a new phase of development for the field of lighting design. A second magazine, “Illuminotecnica”, was also published in Milan. This was directed by Enrico Castaldi, a lighting designer and manufacturer of lighting devices. Top architects and lighting designers of the calibre of Joachim Teichmüller, Marcello Piacentini and Piero Bottoni were to write for this magazine. In their various ways, these men were figureheads in the debate on rational lighting, highlighting in particular the discipline’s scenographic end-goals. In his magazine, Castaldi espoused the approach first expressed by Daniele Donghi, the man responsible for writing the “Manuale dell’Architetto”, advising that: “With lighting for architectural and honorary palazzos and monuments, one may achieve the same effects as daylight, especially when it comes to shadow-generated affects, given that architects and sculptors rely on these self-same effects... The lighting designer’s hand is always guided by shadow.”13 Two schools of thought developed, pitting proponents of a rhetoric of light as a powerful tool for heightening the symbolic connotations of architecture against those who were nostalgic for romantic “penumbra”, for whom light was an elegant way of outlining the nocturnal design of 35 Le città si illuminano Cities light up Illuminazione in piazza San Marco. Venezia, anni Trenta. Lighting in Piazza San Marco. Venice, nineteen thirties. 36 illuminotecnico e produttore di apparecchi di illuminazione. In questa trovarono spazio esperti architetti e cultori della materia, come Joachim Teichmüller, Marcello Piacentini e Piero Bottoni che furono, seppur in ottiche diverse, i principali animatori del dibattito sull’illuminazione razionale, evidenziandone in particolare le finalità scenografiche. Castaldi dalle pagine della sua rivista, allineandosi con il pensiero di Daniele Donghi autore del “Manuale dell’Architetto”, consigliava “che colla illuminazione dei palazzi, e dei monumenti, sia architettonici, sia onorari, si ottenga lo stesso effetto della luce diurna, specialmente nei riguardi degli effetti d’ombra, dato che l’architetto e lo scultore fanno assegnamento su tali effetti.(...) Sono sempre le ombre a dirigere la mano dell’illumino-tecnico”13. Si delineavano così due correnti di pensiero fra i fautori di una retorica della luce come potente strumento per esaltare le connotazioni simboliche dell’architettura e i nostalgici delle romantiche “penombre”, per i quali la luce era un modo raffinato di delineare il disegno notturno dell’architettura nella variazione dei rapporti fra le masse compositive. Il progetto luce Per Marcello Piacentini, architetto e urbanista, interprete di un linguaggio vicino alla Secessione viennese e al classicismo milanese di Giovanni Muzio e del Gruppo Novecento, il progetto luce si dimostrava particolarmente efficace per distinguere l’architettura pubblica monumentale dall’edilizia privata: la prima che “è rappresentativa dell’epoca, della razza dei popoli” doveva essere oggetto di un’illuminazione fortemente espressiva, mentre la seconda che “è architecture via the variation of the relationship between a building’s constituent volumes. The Progetto Luce For architect and town planner Marcello Piacentini, a man who was close to the Viennese Secession movement and the Milanese Classicism of Giovanni Muzio and the Novecento Group, the Progetto Luce proved to be a particularly effective way of distinguishing between monumental public architecture and private homebuilding: the former was “representative of the age and the race of the people”, and as such required highly expressive lighting, whereas the latter, which was “pure satisfaction of need, a machine and a tool not built to last long so that it may easily be renewed in order to follow the next fashion” could use ephemeral and showy lighting. The architect went on to claim that if used improperly, lighting could lead to exasperation, referring to an all-consuming and foreclosing effect of perception that architecture overexposed to artificial light may generate in the beholder, “suggesting both the general and the specific... The emotion of art, the sense of the magnificent and the delicate, tragic and serene today emerges from light and, through light, the sense of colour too... The effect of light, however, can provoke vertigo, drunkenness and delirium... It is the inevitable result of ultra-Metropolitanism, the exasperation of the feverish life in which the crowd can no longer satisfy itself except through vertigo and hallucination.”14 In 1956, a man called Piero Bottoni, who was one of the Italian stars of Razionalismo, got together pura soddisfazione di necessità, è macchina e utensile, che dovrà durare poco, per potersi facilmente rinnovare onde seguire la nuova moda” poteva utilizzare luce effimera e attraente. L’architetto proseguiva sostenendo che la luce, se usata in modo improprio, poteva condurre all’esasperazione, riferendosi a quell’effetto percettivo totalizzante ed escludente che un’architettura sovraesposta alla luce artificiale può provocare nell’osservatore, “suggerire l’idea tanto generale che particolare. (...) L’emozione d’arte, il senso del grandioso, e del delicato, del tragico e del sereno è ormai dato dalla luce, e, attraverso di essa, dal colore. (…) L’effetto della luce, però, può provocare vertigine, ubriacatura, delirio (...) è essa frutto inevitabile dell’ultra metropolismo, è l’esasperazione della vita febbrile dove la folla non può appagarsi oramai che della vertigine e dell’allucinazione”14. Nel 1956 sarà Piero Bottoni, uno dei protagonisti italiani del Razionalismo, a dar vita a Milano con un gruppo di giovani architetti, all’architettura dell’illuminazione secondo i cui principi il controllo della luce proiettata sull’edificio avrebbe dovuto essere rigoroso, mai casuale, congruente con i rapporti compositivi tra l’insieme e le sue parti per determinare emozioni nell’osservatore, al pari del suono e del colore. L’illuminazione dei beni storico-artistici è sempre stato un problema di non facile soluzione, che ha interessato tutta la comunità scientifica da nord a with a group of young architects in Milan to propose an “architecture of lighting”. According to the principles they developed, control over the light projected onto a building should be rigorous yet casual, in accord with the compositional relationship between the ensemble and its parts, in order to set off emotions in the beholder the same way that sound and colour did. The lighting of historical and artistic heritage has always been a challenging problem, one that has taxed the entire community up and down Italy. In 1932, the Istituto di Fisica Tecnica at the Reale Scuola di Ingegneria in Palermo presented a paper about lighting a number monuments around town, including the Church of S. Maria della Catena, Teatro Massimo, Fontana di Piazza Marina and the Church of the Martorana, after lighting trials were conducted with spotlights. The paper focused on the difficulties light designers faced when “the architecture is busy and delicate… They must take stock of artistic issues, and very often this meticulous and patient work must go hand-in-hand with the synthetic work of an architect… Heightening contrasts rather than uniformity through the interplay of light and shadow; differentiating as far as possible, seeking to 37 Le città si illuminano Cities light up 38 sud dell’Italia. A Palermo ad esempio, nel 1932 fu presentata una relazione all’Istituto di fisica tecnica della Reale Scuola di Ingegneria, che faceva riferimento all’illuminazione di alcuni monumenti della città come la Chiesa di S. Maria della Catena, il Teatro Massimo, la Fontana di Piazza Marina e la Chiesa della Martorana, ai quali era stata applicata, a titolo di prova, l’illuminazione mediante proiettori, e fu posto proprio l’accento sulle difficoltà che il tecnico dell’illuminazione avrebbe dovuto superare quando “si trova in presenza di un’architettura movimentata e delicata (…) egli deve sentire il problema artistico e ben spesso all’opera di lui, minuziosa e paziente, bisognerà associare quella sintetica di un architetto. (…) Accentuazione di contrasti, non uniformità, ma gioco di luci ed ombre; differenziare il più possibile cercando di interpretare le intenzioni dell’artista che ha ideato il monumento e di mettere in rilievo il simbolo, o la funzione che esso ha nella vita civile. (…) Non si tratta semplicemente di far luce, ma bensì di ben disegnare, mediante la luce e mediante il buio (…) (perché) nell’illuminazione dei monumenti si ha di mira direttamente uno scopo ornamentale”15. Un approccio questo non intuitivo, ma che prevedeva, invece, una conoscenza della materia artistica e implicava una profonda empatia sinergica tra tecnico, artista ed architetto. Luci su Pompei Le difficoltà nell’illuminazione di reperti antichi furono brillantemente risolte, nel 1955, dai tecnici della Società Volturno che si occuparono di illuminare gli scavi di Pompei. L’Ente Autonomo Volturno tra le tante attività si era occupato della interpret the intentions of the artist who conceived the monument, highlighting the symbol or the function played in civil life… It is not just a matter of casting light, but rather of using light and dark for sound design purposes… (Because) when one is lighting monuments, the end-purpose is directly ornamental.”15 This non-intuitive approach envisaged an awareness of the artistic raw material, implying a deep-rooted synergic empathy between the lighting technician, artist and architect. Lights on Pompeii Società Volturno lighting technicians brilliantly resolved the difficulties of lighting ancient ruins when working on the excavations at Pompeii. Among its many achievements, the Ente Autonomo Volturno had previously installed and maintained electric public clocks in Naples, many of which were in classic Liberty style. The company had its own system for “keeping the same time” across town; it already employed many very qualified professionals capable of highlighting the specific construction, architectural and poetic characteristics of Pompeii, following an approach that paid respect to the Ancient while at the same time conjuring from the darkness a city that had been unearthed. Archaeologist Amedeo Maiuri gives us his insight into the process. “Lighting devices create one of the greatest contrasts between the Ancient and ourselves. This contrast has increasingly been heightened since the earliest tentative lighting powered by oil and gas, and is even more stark with the dazzling electric lighting we have in our cities today. If an ancient man walked among us, the thing that would most astonish him is light realizzazione e della gestione degli orologi elettrici pubblici di Napoli, molti in puro stile Liberty, per “l’impianto dell’ora unica” in città e vantava tra i suoi effettivi delle eccellenti professionalità che seppero mettere in risalto i particolari caratteri costruttivi, architettonici e poetici di Pompei, in una visione rispettosa dell’antico, capace di risvegliare dalle tenebre la vita di una città dissepolta come fu sottolineato dall’archeologo Amedeo Maiuri. “I mezzi di illuminazione creano uno dei più forti contrasti fra gli antichi e noi, contrasto che si è venuto sempre più accentuando quando, dalla prima fioca illuminazione stradale a petrolio e a gas, si è addivenuti all’illuminazione elettrica sfolgorante delle nostre città (…) se un antico tornasse fra noi, causa forse del suo maggiore stupore sarebbe la luce notturna che accende, folgora e spegne ogni aspetto del mondo esteriore al semplice impercettibile moto della mano. Nell’antichità, quando le città erano al buio e si illuminavano con lucerne e candelabri, era in occasione di feste sacre notturne, infatti Domiziano dava di notte spettacoli di cacce e di ludi nell’Anfiteatro e Caligola illuminò tutta Roma in occasione di un grande spettacolo teatrale. (…) Eppure nonostante tante diversità, o forse proprio a causa di questo diverso costume di vita, o forse anche perché la passione romantica dell’antico si è that turns on, illuminates and turns off every aspect of our external world through the simple, imperceptible movement of a hand. In Ancient times, when cities were plunged into darkness and lighting came from oil lamps and candelabras, during nocturnal holy festivities, Domitian held nighttime hunting shows and games at the Amphitheatre, while Caligula lit up the whole of Rome for a great theatrical spectacle... And yet despite so many differences, or perhaps precisely because of this different way of living, or perhaps even because our romantic passion for ancient times has been nourished by nocturnal shadows and silence, there is a growing desire to know more about this still poorly-understood aspect of the Ancient world... Especially the tone and dosage of light. None of those dazzling beams that generally turn our palazzos and monuments into shiny mirrors of raw, flat light; in their stead, fragmented and multiple lighting from staggered light sources as greatly hidden as possible among the infinite planes of depth offered by the wings of houses and buildings. As for the tones of light used, well, it’s lunar diffuse white light for the exteriors, and warm, vibrant rust-coloured light for the interiors. A perfect poetic remembrance.”16 Though appropriate solutions were found for lighting homes from antiquity, the situation appeared to be more complex in Rome. The L’illuminazione degli scavi di Pompei. Da “Elettricità e vita moderna”, aprile 1955. Lighting for the excavations at Pompeii. From “Elettricità e Vita Moderna”, April 1955. 39 Le città si illuminano Cities light up Articolo tratto da “Illustrazione Enel”, settembre 1972. An article from “Illustrazione Enel”, September 1972. 40 alimentata di ombre e di silenzi notturni, ci si riaffaccia il desiderio di meglio conoscere questo ancor poco noto aspetto del mondo antico. (…) Si trattava soprattutto di toni e dosature di luce. Niente fasci abbaglianti che, generalmente, fanno dei nostri palazzi e monumenti specchi riverberanti di luce cruda e piatta, ma frazionamento e molteplicità delle fonti luminose scaglionate e il più possibilmente occultate tra gli infiniti piani di profondità che offrono le quinte delle case e degli edifici. Quanto a toni di luce, luce bianca diffusa lunare per gli esterni, luce roggia, calda e vibrante per gli interni. La rievocazione poetica è perfetta”16. Se per Pompei furono trovate soluzioni adeguate a risolvere le problematiche legate all’illuminazione delle case antiche, più complicata sembrava la situazione a Roma perché “Roma e i monumenti che scaturiscono dalla romanità, sono un insieme difficile da illuminare. (…) Prendiamo il Colosseo, il più grandioso monumento di Roma antica (…) proprio per la sua disposizione circolare è estremamente difficile da illuminare con un effetto che ne renda bene i particolari architettonici (…) per questo si ricorre, in genere, a riflettori che, posti all’esterno, illuminano sobriamente la facciata che guarda verso Via dei Fori Imperiali. (…) Qualcuno, se non erriamo un architetto sudamericano, aveva proposto tempo fa di ‘irraggiare il Colosseo con luci psichedeliche cangianti, così da trasformarlo in una cascata del Niagara in muratura’. E basti questa definizione a farci allontanare in fretta da un simile progetto. Il problema più grave nei confronti dei monumenti romani è che (a reason? “Rome and the monuments handed down from its former Ancient self form an ensemble that is difficult to light; take the Coliseum, the most magnificent monument in Ancient Rome... Precisely because of its circular shape it is extremely difficult to light in a way that successfully renders its architectural detail… This is why, generally speaking, spotlights have been preferred, soberly lighting up the facade towards Via dei Fori Imperiali… If we are not mistaken, a South American architect once proposed ‘radiating the Coliseum with changing psychedelic lights, turning it into a Niagara Falls built of masonry.’ Merely glancing at this definition is enough to send us scampering in the opposite direction. The most serious problem with Roman monuments is that – unlike, for example, Gothic architecture – for the most part they are made of white marble, travertine, which means that it is easy to overpower them with lighting that dazzles, highlighting the monument while, at the same time, wiping out everything around it. This is particularly serious when treasures lie in the vicinity. For example, the Imperial Forums, which need to be admired as a whole rather than as individual, detached items… The solution is to take an approach that maximizes the monument, whatever the monument may differenza ad esempio delle architetture gotiche) essi sono in massima parte costruiti in marmo bianco, in travertino, per cui è facile creare con luci troppo intense un effetto abbagliante che fa sì spiccare il monumento ma che annulla, per contrasto, quanto gli sta attorno. Ciò è grave soprattutto quando nelle immediate vicinanze vi sono tesori come quelli dei Fori Imperiali che hanno bisogno di essere ammirati nel loro insieme e non come singoli pezzi staccati. (…) Si pongono perciò in atto quegli accorgimenti che valorizzino al massimo il monumento, qualunque sia, serbandone intatta quella che potremmo definire la sua ‘personalità’, per farlo vivere come se riemergesse nella notte dei secoli”17. Il problema di come illuminare i monumenti, quindi, poteva essere declinato secondo scuole di pensiero diverse, spesso anche discordanti, ma forse solo un aspetto metteva tutti d’accordo: bisognava saper dosare la giusta quantità di luce secondo un criterio condiviso perché da ciò dipendeva il rendimento e l’estetica dell’impianto, l’illuminazione doveva sintetizzare arte e scienza. Vita ai monumenti A Milano nella Pinacoteca di Brera, negli anni Cinquanta fu installato un impianto di illuminazione che seguendo le indicazioni suggerite dalla direzione e dall’architetto Piero Portaluppi, che negli anni Venti ne aveva curato il restauro, voleva ottenere degli effetti che non fossero violenti per i visitatori ma che utilizzassero “una luce pacata, carezzevole e soprattutto normale per portare lo spettatore in una specie di galleria incantata dove poter mettere l’osservatore di fronte a delle opere d’arte dipinte in quelle condizioni in cui le trova la luce del sole, be, maintaining what we might define as its ‘personality’ so that it lives again as if emerging from the depths of time.”17 The issue of lighting up monuments was explored from a number of standpoints, many of which were in disagreement. There was perhaps only one thing that everybody concurred about: it was necessary to use the right amount of light according to a shared criterion, because this was what was most important for an installation’s yield and aesthetics; illumination had to be a combination of art and science. Long Live Monuments A lighting system was installed at the Pinacoteca di Brera in Milan in the 1950s based on guidelines proposed by the museum’s manager and architect Piero Portaluppi (who, in the 1920s, had been in charge of restoring the museum). The plan was conceived to achieve effects that were in no way violent for visitors, but instead adopted “calm, caressing light; light that, above all, is normal for taking visitors into a kind of enchanted gallery from where they may behold works of art painted under conditions of sunlight, including their colours and the relationships between those colours.” Lighting the Museo Poldi Pezzoli (also in Milan) by night presented a completely different set of problems, as it required “fragmented lighting distributed and varying continuously, peering into the windowpanes to light individual paintings, furniture, bronzes and marble.”18 Given its symbolic significance as a spotlight on history, it is clear that illumination and its intense emotional function must necessarily become the raw material for a design approach that is 41 Le città si illuminano Cities light up 42 coi loro colori, coi loro rapporti”. Tutt’altro problema presentava, invece, l’illuminazione notturna del Museo Poldi Pezzoli, sempre a Milano, perché necessitava di “un’illuminazione frazionata che si distribuisse e variasse continuamente, che frugasse l’interno delle vetrine, che illuminasse partitamente i singoli quadri, mobili, bronzi e marmi”18. È evidente quindi che l’illuminazione con la sua intensa funzione emotiva, nel momento in cui è da intendere nel significato simbolico di faro che illumina la storia, deve necessariamente diventare materia di progetto in grado di agire sulle sensazioni nel creare “atmosfere” per svolgere un ruolo di comunicazione, proponendosi come medium autonomo, come sosteneva Marshall McLuhan secondo il quale “la luce elettrica (…) è informazione allo stato puro [che definisce] lo spazio senza muri e il giorno senza notte”19. Quando la luce gioca con le forme e incontra materiali e stili che ben si prestano ad accentuare effetti magici ecco che essa assume valenze ancor più sorprendenti come quando illumina le chiese, i palazzi, le fontane del barocco, che già di per sé è “uno stile fatto di bizzarria, esuberanza, di sorprendente ricchezza (…) (alla) ricerca dell’effetto nuovo e insolito per mezzo del movimento delle masse, delle ombre e delle luci, che mostra una predilezione per il grandioso, l’uso fantasioso delle linee curve, dei forti risalti, delle prospettive scenografiche come a Piazza Navona con la chiesa di Sant’Agnese in Agone, del Bernini, (che) offre a chi la guarda di lato, come fantastica quinta di un immenso salotto che è scenario ideale, fatto di pietra e di armonia (…) e uno stile siffatto come poteva ottenere, di notte, un buon risalto, una illuminazione idonea a mettere in evidenza i caratteri più spettacolari? (...) per la sua varietà e vivacità, per i suoi capable of acting on the sensations, that can create ‘atmos’ in order to perform a communicative function, putting itself forward as an autonomous medium and referencing Marshall McLuhan himself, who said “the electric light is pure information [which defines] space without walls and day without night.”19 Light is capable of taking on even more surprising values when it interplays with form and comes into contact with materials and styles well-suited to provoking magical effects. This is clear in the illumination of churches, palazzos and fountains from the Baroque, which is in itself “a style created from bizarreness, exuberance and surprising richness… (In the) quest for new and unusual effects triggered by the movement of volumes, shadow and light, showing a predilection for the grandiloquent, imaginative use of curved lines, strong highlighting, and scenographic perspectives such as in Piazza Navona, where Bernini’s Church of Sant’Agnese in Agone offers itself to onlookers as a fantastical backdrop to an immense salon, an immense ideal scenario carved out of stone and harmony… How could such a style be cast into its rightful relief by night, with illumination suited to highlighting its most spectacular characteristics such as its variety and vivacity, contrasts and colours, at the same level as the felicitous ‘wave of folly’ that for many people was the very soul and expression of the Baroque?”20 th Given that 17 -century art is the art of seducing and arousing emotion (not by resorting to harmony and rationality, as was the case during the Renaissance, but through an ability to trigger emotions and feelings), what tool could be better th for making the 17 century city visible – a city that is more for looking at than living, according Le città si illuminano Cities light up 44 contrasti e per il suo colore, fosse all’altezza di quella felice ‘ondata di pazzia’ che per molti era l’anima stessa, l’espressione del barocco”20. E poiché l’arte del Seicento è l’arte del sedurre e del commuovere, non attraverso la via dell’armonia e della razionalità come avveniva nel Rinascimento, ma in virtù della sua capacità di suscitare emozioni e sentimenti, quale strumento migliore della luce può rendere visibile la città del Seicento che è più da vedere che da vivere secondo l’assunto Barocco? Ed ecco che con la luce i monumenti acquistano vita, le statue si animano facendo risplendere l’eterna giovinezza delle figure di marmo come il David del Bernini, nella Galleria Borghese a Roma, “la (cui) illuminazione è laterale, in modo che la luce piova sul personaggio e ne metta in evidenza la costituzione atletica e, anche, lo sforzo che sta compiendo per scagliare il sasso”, o l’Apollo e Dafne sempre del Bernini che “ha richiesto un’illuminazione più laterale e la statua di Dafne ne è colpita in pieno in modo non abbagliante, per cui la statua di Apollo, pure nitida e ben visibile, vibra di ombre”21. Ogni stile riceve forza e veemenza dalla luce, ciò appare chiaro anche nelle opere del periodo fascista il cui linguaggio dai toni epici, solenni e celebrativi acquistava una ancor più forte connotazione ideologica con l’illuminazione. A Napoli ad esempio il Monumento equestre ad Armando Diaz, colui che aveva firmato il bollettino È dedicato a “Luci domestiche nella pittura del ‘600 e ‘700” l’articolo pubblicato su “Illustrazione Enel”, gennaio 1975. An article published in “Illustrazione Enel”, January 1975, dedicated to “Domestic lighting in 1600s and 1700s painting”. Un estratto da “Illustrazione Enel” dedicato all’illuminazione dei monumenti, dicembre 1972. to the concept underlying the Baroque – than light? And so it is that it is thanks to light that monuments come to life and statues are set in motion. It is thanks to light that the eternal youth of marble figures such as Bernini’s “David” in the Galleria Borghese in Rome may shine “(with) lateral illumination so that the light rains down upon the figure, highlighting his athletic constitution and, additionally, the effort he is making to hurl the stone.” The same applies to Bernini’s “Apollo and Daphne”, which “required more lateral lighting, with the statue of Daphne lit full on but without being blinded, leaving the statue of Apollo to vibrate with shadow without compromising its clarity and visibility.”21 Every style receives strength and force from light. This is clearly evident in works from the Fascist period, whose epic, solemn and celebratory style was rendered even more ideological through its lighting. For example, in Naples the equestrian monument to Armando Diaz – the man who signed the First World War victory dispatch – made in 1936 by Gino Cancellotti and Francesco Nagni was lit by beams converging on the condottiere on horseback to accentuate his determination. This and other monuments in the city were lit “by our Naples Distributor… using a Extract from “Illustrazione Enel” dedicated to monument lighting, December 1972. della vittoria nella prima guerra mondiale, realizzato nel 1936 da Gino Cancellotti e Francesco Nagni, veniva illuminato da una luce che partendo dal basso convergeva sul condottiero a cavallo evidenziandone la determinazione. Questo monumento insieme ad altri della città fu illuminato “a cura della nostra Distribuzione di Napoli (…) in grazia di un’opportuna disposizione di potenti lampade, quando cadono le ombre della sera, essi appaiono illuminati da un magico sfolgorio di luci che, facendo risaltare le loro strutture bronzee e marmoree, dona un volto nuovo alla nostra città, quale si conviene ad una moderna metropoli. Per l’illuminazione della grande statua equestre sono occorse due lampade da 30.000 lumen”22. Non solo giochi d’acqua La luce è stata anche un elemento imprescindibile per esaltare un altro secolare motivo d’arte che ha, da sempre, accompagnato l’uomo nel cammino della civiltà: le fontane, presenze costanti in ogni più piccolo o grande centro italiano. In esse sicuramente l’elemento essenziale è l’acqua, ma quando si illuminano nell’oscurità la luce disegna scenari fantastici che sollecitano esperienze polisensoriali, sia che la fonte skilled arrangement of powerful lamps, so that when the evening shadows fall they appear to be illuminated by a magical blaze of light that highlights their bronze and marble structure while lending a new face to our city that befits a modern metropolis. Two 30,000 lumen lamps were required to light up this huge equestrian statue.”22 Water Features and More 45 Light has also been an ever-present element for enhancing another centuries-old artistic motif that has long accompanied man along the road to civilization: fountains, a constant presence in every Italian town, great or small. Water is of course the essential element of a fountain. When a fountain is illuminated in the darkness, the light creates fantastic scenarios that arouse multisensorial experiences, whether the light source is set inside the fountain so that the jet of water is transformed into a coloured or multicoloured column of water, or outside, with the beams of light projected from strategic points to accentuate the monumental nature of the basin. It is interesting to note the different way that light is used for fountains in Italy and elsewhere. “In Italy, it is customary to light the scenario, the architecture of the fountain rather than just the jets of water; the alternative is to embrace both of them with diffuse lighting somewhere Le città si illuminano Cities light up 46 luminosa sia posta all’interno, in modo che il getto d’acqua si trasformi in una colonna acquea, colorata o cangiante, sia che provenga dall’esterno, con fasci di luce proiettati da punti ben studiati, che accentuano la monumentalità dell’invaso. È interessante notare la differenza di utilizzazione della luce nelle fontane italiane e in quelle d’oltralpe. “In Italia si usa piuttosto illuminare lo scenario, l’architettura delle fontane, anziché i soli giochi d’acqua: o comunque avvolgere l’una e gli altri con luci diffuse, tra l’argenteo e il perlaceo. All’estero giocano di più sui colori per creare spettacoli di luce ed è lo zampillo in sé che acquista rilievo, mentre la fontana, nella sua parte monumentale, scompare nella penombra e la si può ammirare soltanto di giorno. La Fontana di Trevi è un po’ un esempio classico in materia. Lo specchio d’acqua, quello in cui i turisti buttano generosamente monetine come augurio di un nuovo viaggio a Roma, è illuminato in un tutt’uno con la facciata e nel gioco d’ombre che ne scaturisce le statue assumono una dimensione fiabesca, irreale. A Napoli, i giochi di luce della fontana in piazza del Municipio ottengono un effetto fantasmagorico (…) gli zampilli accesi con un buon gioco di riflettori hanno modo di rimbalzare nell’acqua moltiplicandosi come in uno specchio”23. Nelle fontane, quindi, è stato sempre possibile creare illuminazioni con effetti particolarmente suggestivi come quelle adottate nella fontana del Nettuno in piazza della Borsa a Napoli, nel 1930, che utilizzando speciali diffusori subacquei mettevano in risalto pregiati particolari scultorei, che pur essendo frutto di La fontana di piazza dell’Esedra. Roma, anni Settanta. Piazza Esedra fountain. Rome, nineteen seventies. between silvered and pearlescent. Outside Italy, more often colours are used to create a spectacle of light, and it is the gush itself that is the prime focus, whereas the fountain, or at least the monumental part of it, disappears into the penumbra to be admired only by day. The Trevi Fountain offers a classic example of this. The body of water, into which tourists generously throw coins in the hope of returning to Rome one day, is lit up as is the façade of the building. The resulting shadows lend the statues an almost fairytale, otherworldly feel. In Naples, the play of light on the fountain in Piazza del Municipio creates a phantasmagorical effect: in a well-executed arrangement of spotlights, the lit-up spouts of water bounce off the water and multiply as if in a mirror.”23 It has always been possible to create lighting in fountains to particularly suggestive effect. Special underwater diffuser lamps were used as far back as 1930 in the Neptune Fountain at the Piazza della Borsa in Naples to accentuate the fountain’s incredible sculptural quality. Although its architecture combined different stylistic approaches, the fountain became a whole in the united, single approach to lighting. The interplay of light and water played a La pittoresca vasca con zampilli in piazza Municipio. Napoli, anni Settanta. The picturesque pond with water spouts in Piazza Municipio. Naples, nineteen seventies. esperienze e di stili differenti trovavano nella luce unità e fusione. I giochi di acqua e luce furono protagonisti anche dell’Exposition des Art Decoratifs et Industries Modernes del 1925 a Parigi, dove il ponte Alessandro III fu trasformato in una cascata d’acqua illuminata per sembrare di fuoco e al centro della Senna fu posta una gigantesca fontana che, animandosi con la luce, innalzava getti potenti verso il cielo o si frantumava in infinite goccioline ricadenti in una pioggerellina sottile. Sempre in quell’occasione, la sintesi tra luce e acqua fu raggiunta anche nella vetrata “Le jet d’eau”, incisa con figure e motivi naturalistici e illuminata da raggi di luce che fendevano alti getti d’acqua. Gli elementi decorativi erano quelli caratteristici dell’Art Déco, lo stile che in quegli anni dettava legge e che aveva improntato tutta la manifestazione. Anche nell’Esposizione di Barcellona del 1929 risultarono sorprendenti gli effetti delle fontane di Carlos Buigas, mentre nel padiglione Italia firmato da Piero Portaluppi fu offerta una dimostrazione più modesta, ma non per questo meno interessante, per l’impiego di proiettori stagni multiparabolici, per illuminare le vene d’acqua che defluivano nelle vasche. starring role at the 1925 Exposition des Art Decoratifs et Industries Modernes in Paris, when the Alexander III Bridge was transformed into a cascade of water lit to look like fire; a huge fountain was installed in the middle of the Seine, where powerful specially-lit jets of water shot up into the sky and then split into infinite drops, only to fall back to earth in a gentle rain. The same event featured another synthesis of light and water in a stained glass piece called “Le jet d’eau”, which was engraved with naturalistic figures and motifs while rays of light cut through tall jets of water. These decorative elements were typical of art deco, the style in fashion at the time, and indeed characterized the whole event. Amazing effects were also a draw at the 1929 Barcelona Exposition in fountains designed by Carlos Buigas. Designer Piero Portaluppi’s Italian Pavilion offered a more modest yet no less interesting demonstration of how to use multidish water-based floodlights to light up the rivulets of water that flowed down into the fountain’s basins. 47 I gioielli dell’architettura. Il linguaggio dell’estetica L’architettura elettrica nacque negli anni Ottanta dell’Ottocento e fu caratterizzata dal ruolo preminente che l’idroelettrico stava avendo nel campo dello sviluppo dell’elettrificazione per una plurisecolare tradizione della manifattura italiana all’uso dell’acqua come forza motrice. Le centrali idroelettriche furono all’inizio edifici puramente funzionali, ma con il passaggio dalla corrente continua alla corrente alternata e l’applicazione di altre importanti innovazioni quali il trasformatore, che consentiva di produrre energia 49 Architectural Gems. An Aesthetic Approach The earliest examples of electrical architecture began to appear in the 1880s. In Italy, the process was spearheaded by hydro-electrics: electrification built on the centuries-old tradition of Italian manufacturing using water for power. Hydroelectric power stations were the first purely functional electricity-related buildings. The architecture of electricity underwent a root-andbranch aesthetic revolution following the shift from continuous to alternating current and the advent of major new inventions such as the transformer, I gioielli dell’architettura Architectural gems 50 in un sito “centrale” per poi smistarla verso zone di consumo sempre più distanti, esse subirono una profonda rivoluzione estetica. Nel primo decennio del Novecento prevalse la logica di ricorrere a linguaggi architettonici già in uso per rendere più assimilabili le nuove emergenze industriali tali da farle diventare un ponte tra la tradizione storica e la nuova realtà industriale, anello di congiunzione tra l’ambiente e il complicato e invasivo sistema di interventi ingegneristici indispensabili per la produzione e il trasporto dell’energia elettrica. which made it possible to generate power at a central location and route it to increasingly distant areas of consumption. In the first decade of the 1900s, the prevailing approach was to borrow architectural styles that were already in use. New industrial concerns looked similar to existing enterprises, effectively acting a bridgehead between past and future, linking the environment and the complicated, invasive system of engineering work necessary for generating and distributing electricity. Nell’ambito del Futurismo, una delle più importanti avanguardie del Novecento, l’architetto comasco Antonio Sant’Elia ebbe una felice intuizione in merito al ruolo dei nuovi materiali da utilizzare nell’architettura pubblica. Scomparso prematuramente nel 1916, Sant’Elia non poté attuare concretamente le sue idee ma lasciò una ricca e preziosa documentazione di disegni utopistici in cui tracciava il volto di una “città ideale”24 formata da edifici moderni che avrebbero contrapposto alla ridondanza decorativa e alla monumentalità dei vecchi manufatti in pietra l’agilità scheletrica dei nuovi materiali anche nelle centrali idroelettriche. Le “cattedrali della religione elettricità” si sarebbero così imposte nella “città nuova” poiché come sosteneva Marinetti: “Nulla è più bello di una grande centrale elettrica ronzante, che contiene la pressione idraulica di una catena di monti e la forza elettrica di un vasto orizzonte, sintetizzata nei quadri marmorei di distribuzione, irti di contatori, di tastiere e di commutatori lucenti”25. Quando nella progettazione di centrali e sottocentrali l’architettura prese poi il sopravvento sull’ingegneria, le costruzioni si trasformarono in manufatti artistici imponendosi per la A proponent of the Futurist movement – one of the most important avant-garde movements of the early 1900s – architect Antonio Sant’Elia, who hailed originally from Como, had a felicitous intuition about the role new materials would play in public architecture. Sant’Elia was unable to tangibly put his ideas into practice owing to his premature death in 1916. He did, however, leave behind an amazing trove of utopian designs which traced out the contours of an “ideal city”,24 made up of modern buildings fighting against decorative redundancy and the monumental nature of their old stone peers with the skeletal agility of new materials. Sant’Elia’s designs included hydroelectric installations, “cathedrals of the electrical religion” that were to take their place in “new cities” because, in Marinetti’s words, “nothing is more beautiful than a humming electrical power station as it tames the hydraulic pressure of a mountain range and the electrical power of a vast horizon, synthesized in its marble distribution panels bristling with gauges, keys and gleaming switches.”25 When architecture began to trump engineering in the design of power stations and sub-stations, electrical constructions became artistic artefacts striking in their monumentality, majestic scenographic forms and huge walls; they loomed Antonio Sant’Elia, “Centrale elettrica”, 1914. Antonio Sant’Elia, “Centrale elettrica”, 1914. monumentalità dell’impianto, per le maestose forme scenografiche con muraglie possenti, cupole di eccezionale vastità, ornati con gigantesche cariatidi emergenti dalla massa muraria. E in tali costruzioni oltre all’imponenza si tenne conto anche della “bellezza”, come appare evidente in un articolo del 1926 apparso sulla Rivista “l’Elettrotecnica” in cui, accanto ad alcune note tecniche sui nuovi impianti realizzati dalla Imprese Elettriche Conti, si faceva esplicito riferimento alla qualità estetica delle costruende centrali in particolare a quella di Cadarese: “L’edificio che sta per sorgere dalle fondazioni è di dimensioni notevoli, come possiamo rilevare dal progetto FIG favoritoci dall’arch. Comm. Piero Portaluppi, che dedica le sue cure alla parte artistica per conservare il tradizionale buon gusto, che il Sen. Ettore Conti non ha mai voluto disgiunto dall’utilità dei suoi impianti”26. Era quindi molto sentita l’esigenza di trovare forme esteticamente valide che si adeguassero all’avanzare del progresso tecnico, forme che sapessero coniugare sapientemente bellezza e modernità, ma tali istanze non furono immediatamente recepite e la tendenza comune as vast domes decorated with enormous caryatids emerging from their massive masonry bulk. As well as their impressiveness, these constructions paid heed to the concept of “beauty”, as be gleaned from a 1926 article published in the “l’Elettrotecnica” magazine where, alongside a number of technical notes on the latest plants built by Imprese Elettriche Conti, the article explicitly refers to the aesthetic quality of power plants under construction, especially the one at Cadarese: “The building set to rise from its foundations is of a considerable size, yet as we see from the blueprint drawn up by architect Piero Portaluppi, he has lavished attention on its artistic aspects in order to retain the traditional fine taste that Senator Ettore Conti has never wanted to sacrifice to the utility of his installations.”26 Much in evidence was a strong desire to find aesthetically-pleasing forms to accompany the advancement of technological progress, capable of cleverly combining beauty and modernity. Having said that, such an approach was not always evident, given a common tendency to fall back on an eclectic approach and take refuge in the Romanesque style – as Camillo Boito27 proposed – in order not to make a break with traditional construction and culture in the places where these installations were under construction. Along the path to this yearned-for harmony between content and form, the engineer tasked 51 I gioielli dell’architettura Architectural gems 52 fu invece quella di ripiegare su un atteggiamento eclettico e su un ritorno allo stile romanico, come sosteneva Camillo Boito27 per non rompere con le tradizioni costruttive e culturali dei luoghi in cui sorgevano gli impianti. Nel cammino verso un’auspicata sintonia tra contenuto e forma era necessario che l’ingegnere, a cui era affidato il compito della progettazione e della costruzione degli edifici si relazionasse con l’architetto, a cui spettava invece, secondo la prassi vigente, l’ornamentazione e il restauro. Tale sinergia avrebbe impedito che l’ingegnere si chiudesse in un tecnicismo puro e l’architetto in un ornato esasperato. Nelle prime centrali idroelettriche, invece, la differenziazione dei ruoli tra l’ingegnere e l’architetto, era ancora molto netta in quanto l’invaso comprendente l’ambito impiantistico ed elettrotecnico rimaneva di stretta pertinenza dell’uno e l’involucro spettava invece all’altro che, facendo riferimento agli stili del passato, spaziava dal romanico al neogotico, al neorinascimentale, dalla tipologia delle ville venete di palladiana memoria al castello fortificato. Ma tuttavia le centrali furono anche laboratori progettuali per nuove sperimentazioni e manifesti di una società in continua evoluzione in cui molti grandi architetti e ingegneri del Novecento, da Gaetano Moretti a Gio Ponti, da Duilio Torres ad Angelo Omodeo e Vincenzo Ferniani, si cimentarono e pur senza “inventare” nuovi modelli costruttivi operarono nella consapevolezza di dover trasmettere, attraverso linguaggi già noti il senso dell’innovazione e della modernità. Impianto idroelettrico del Maira. Prospetti della centrale di Ponte Marmora-San Damiano, 1919. The Maira hydroelectric plant. Designs for the Ponte Marmora-San Damiano power station, 1919. with designing and building this projects had to enter into a relationship with the architect, whose remit, according to accepted practice, included ornamentation and restoration. This kind of synergy would prevent engineers from immuring themselves in pure technicism, and hold architects back from exasperated ornamentation. At those early hydroelectric plants, differentiation between engineers and architects was still clear cut: the basin, plant and electrotechnical equipment was the preserve of the former, while the external shell was the architect’s responsibility, referencing styles of the past ranging from the Romanesque to the Neo-Gothic, Neo-Renaissance, Palladian-style country houses and fortified castles. Nevertheless, power stations served as a kind of design lab for new experiments and manifestations of a society in the midst of an ongoing evolution. Many of the greatest architects and engineers of the day – Gaetano Moretti, Gio Ponti, Duilio Torres, Angelo Omodeo and Vincenzo Ferniani to name but a few – were part of this process, and although they did not “invent” new templates for construction, they performed their work in the knowledge that they were using already-known styles to convey a sense of innovation and modernity. Con lo sguardo all’Ottocento With an Eye on the 19th Century Nel 1889 per l’oscillazione dei prezzi del carbone e l’aumento continuo di richiesta di energia elettrica si pensò a fonti di energia alternativa a quelle fossili e ci si indirizzò allo sfruttamento di una fonte puramente nazionale, quale appunto il “carbone bianco” ricavabile dalle estese risorse idriche della penisola. Tale energia, trasformata da un alternatore accoppiato ad una turbina in energia elettrica, veniva ricavata dal corso di fiumi e di laghi grazie alla creazione di dighe e di condotte forzate. I primi grandi interventi idroelettrici furono, quindi, realizzati nelle regioni dell’arco alpino, la zona più ricca di acque e di forti dislivelli necessari per la conversione in energia che sfruttando la potenza dei corsi d’acqua tributari del Po, l’Adda e il Ticino costituivano i luoghi per eccellenza per l’uso elettrico. Uno degli esempi più alti di architettura industriale fu sicuramente la centrale idroelettrica di Trezzo d’Adda considerata dal Secchi il capolavoro dell’architettura delle centrali in cui si In 1889, with the price of coal yo-yoing and demand for electricity undergoing a boom, thoughts turned to an alternative source of energy to fossil fuels: Italy’s purely domestic fuel source known as “white coal”, in other words the country’s extensive water resources. Power was generated from rivers and lakes by building dams and sluices, using an alternator and a turbine to convert water flow into electricity. The first major hydroelectric projects were built in Italy’s Alpine regions, the part of the country with the greatest water resources and the altitude differences necessary to exploit the power of the tributaries of the River Po, Adda and Ticino for electricity generation. The Trezzo d’Adda hydroelectric plant was one of Italy’s most impressive examples of industrial architecture. Considered by Secchi to be the masterpiece of power plant architecture, it combined beauty, aesthetics, research and technical innovation. Known as “La casa della forza” [The House of Power], it was financed by 53 I gioielli dell’architettura Architectural gems Pianta e facciata della centrale di Trezzo d’Adda, 1904-1905. Plan and façade of the Trezzo d’Adda power station, 1904-1905. 54 fondevano bellezza ed estetica, ricerca e innovazione tecnica. La centrale, denominata “La casa della forza”, fu voluta dall’imprenditore-conte Benigno Crespi, che desiderava che la fabbrica da lui impiantata fosse autonoma per l’approvvigionamento di energia elettrica. Crespi dopo aver presentato domanda di concessione di sfruttamento delle acque nel 1900, costituì la “Società Anonima per le Forze Idrauliche di Trezzo sull’Adda Benigno Crespi”. Successivamente, aumentò la capacità di sfruttamento delle acque acquisendo, il 7 febbraio 1903, dai fratelli Rolla la concessione con cui essi, attraverso un “naturale giro d’acqua”, producevano energia per il loro vicino opificio di tessitura fin dal 1892. La centrale, sorta sotto il castello visconteo di Trezzo, fu progettata dagli ingegneri Adolfo Covi e Alessandro Taccani per le opere idrauliche e tecniche, mentre la parte architettonica fu seguita da Gaetano Moretti. Questi, che si era formato alla Scuola Speciale dell’Accademia di Brera diretta da Camillo Boito, nella sua produzione si allontanò dalle leggi stilistiche del medievalismo boitiano per aprirsi alle istanze del clima culturale europeo con una personale elaborazione del gusto, frutto di una vivida curiosità intellettuale aperta alle innovazioni. Nella centrale, composta aristocratic businessman Benigno Crespi, who wanted his nearby factory to have its own independent supply of electricity. After applying for a licence to exploit these water resources in 1900, Crespi established an ad hoc company, the “Società Anonima per le Forze Idrauliche di Trezzo sull’Adda Benigno Crespi”. He increased his potential access to water resources on 7 February 1903 by purchasing a licence from the Rolla brothers that they had been exploiting since 1892 to power their nearby weaving mill using a “natural water spiral”. Crespi hired engineers Adolfo Covi and Alessandro Taccani for the plant’s technical and water-based works, and Gaetano Moretti for its architectural design. The plant was built beneath the Viscount’s castle at Trezzo. Trained under Camillo Boito at the Scuola Speciale dell’Accademia di Brera, Moretti moved away from the mediaeval-inspired stylistic approach preferred by Boito to embrace inspiration from the European cultural climate, following a personal approach that evolved from his vivid intellectual curiosity for innovation. Consisting of a castle-shaped building and two lateral wings in a Liberty style, Moretti’s power station highlighted its gigantic size and adopted chiaroscuro effects without ever altering the da un edificio che riprendeva le forme del castello e da due ali laterali in stile Liberty, Moretti accentuò gli elementi del gigantismo e gli effetti chiaroscurali senza peraltro mai alterare il contesto naturale ma non si risolse ad approdare a nessuno stile riconoscibile. Nell’insieme comparivano elementi di origine medioevali, orientaleggianti, siriaci, motivi ispirati allo Jugendstil dell’architetto viennese Otto Wagner fusi in un unicum compositivo di straordinaria qualità estetica, integrazione accentuata poi dalla scelta di rivestire i muri con lastre di pietra locale: il ceppo d’Adda o il ceppo di Grè denominato scientificamente “puddinga”, quella roccia di origine glaciale che caratterizzava il paesaggio del fiume fino all’altezza di Trezzo. Alternanze ben calibrate di pieni e di vuoti, contrapposizioni tra superfici lisce e scabre, motivi orientaleggianti che coronavano le parti angolari, finestre a feritoia che richiamavano la cultura mesopotamica e finestre graduate che invece riportavano a quella indiana facevano del progetto del Moretti un work in progress, un lavoro senza un limite preordinato, ma con una trama e un disegno che si andavano a comporre man mano, oscillando tra rigore e fantasia poetica, tra magica sensibilità natural context (and without adhering to any recognizable style). It encompassed mediaeval, Orientalesque and Syriac elements, along with motifs inspired by Viennese architect Otto Wagner’s Jugendstil, all of which merged into a compositional unicum of extraordinary aesthetic quality. The effect was heightened by the architect’s decision to use local stone as facing for the walls: Adda (or Grè) stone, known as “puddinga”, a rock of glacial origin characteristic to the countryside around the river as far down as Trezzo. Moretti’s design was very much a work in progress. Eschewing any prior established goal, he pieced together the story and overall look bit by bit, fluctuating between rigour and poetic fantasy, magical sensibility and space rationalization. In what was something of a precursor to a protorationalist approach, he achieved a skilfullycalibrated alternation between solid and empty spaces, combining smooth and rough surfaces, oriental-styled motifs atop angular sections, arrow-slit windows redolent of Ancient Mesopotamia, and graduated windows that harked back to Indian civilization. The power station was a felicitous testimonial to the symbiotic relationship between the man who commissioned the building and its builder. The architect interpreted the client’s desire to preserve the countryside and carefully insert the building into the surrounding context, while at the same time lauding the businessman himself, spreading his Veduta della centrale di Trezzo d’Adda. View of the Trezzo d’Adda power station. 55 I gioielli dell’architettura Architectural gems 56 e razionalizzazione degli spazi, quasi in un’anticipazione del linguaggio proto razionalista. La centrale era la felice testimonianza del rapporto simbiotico tra committente e costruttore in cui il progettista si faceva interprete delle istanze del committente volte a salvaguardare il paesaggio con un rispettoso inserimento dell’edificio nel contesto circostante e nel contempo ne esaltava la figura di imprenditore colto per diffonderne la fama e perpetuarne la memoria in nome della diffusione dei valori di identità e di coscienza civile. Moretti fu anche l’artefice, nel 1906-1907, della centrale di Piedimulera sull’Anza (Verbania) che si caratterizzava anch’essa per la monumentalità e per un’organica contaminazione di stili: dalla tipologia del castello con il coronamento scalato quasi a merli ai prodromi dello stile romanico nella geometrica definizione delle facciate in pietra locale disposta ad opus incertum, e percorse da fasce orizzontali di laterizio a vista. In questo edificio dalle influenze boitiane il progettista riuscì a ben calibrare il rapporto tra pieni e vuoti in modo da inserirlo naturalmente nel paesaggio circostante. Reminiscenze antiche sapientemente rimodulate erano presenti anche nella centrale di Vizzola, inaugurata il 9 ottobre 1901 e progettata dall’ingegnere Cesare Cipolletti, che aveva proposto di utilizzare due derivazioni d’acqua ad uso industriale dai fiumi maggiori che delimitavano il territorio milanese, l’Adda e il Ticino. La centrale era caratterizzata architettonicamente da una successione di arcate che riprendeva il motivo presente nel ponte-canale lungo 200 metri che costituiva, insieme al bacino di raccolta e alle conche di navigazione, un insieme imponente e grandioso che renown and perpetuating his memory in the service of disseminating the values of civil identity and conscience. In 1906-1907, Moretti designed the Piedimulera sull’Anza power station (Verbania), another edifice characterized by its monumental size and organic stylistic cross-pollination. This time, he adopted a castle-like base with a stepped upper section of battlements, along with Romanesque stylistic elements in the geometric definition of the facades, which were made out of local stone in an opus incertum arrangement, and horizontal strips of open brick facing. His clearly Boito-inspired building demonstrates the architect’s great skill in managing the relationship between solid and empty spaces, as he fitted them naturally into the surrounding countryside. Skilfully re-modulated nods to the past were also in evidence at the Vizzola power station. Opened on 9 October 1901, it was designed by engineer Cesare Cipolletti, who deviated two water flows Pianta del territorio in cui sorgerà la centrale di Vizzola, 1897. Map of the area where the Vizzola power station was to be built, 1897 ricordava nel tema delle arcate gli antichi acquedotti romani. L’impatto emozionale dell’impianto sull’opinione pubblica fu enorme, così infatti si leggeva sul “Corriere della Sera” del 20 ottobre 1901: “Tutti i colossali lavori, dalle chiuse alle prese d’acqua che immettono nelle mostruose tubature nere scendenti alle turbine, sono stati visitati con una cura religiosa e un’attenzione che i profani non possano comprendere. (...) È quasi con un senso di terrore che si entra in quella che potrebbe dirsi la galleria della morte. Sopra ogni macchina è affisso un cartello che fa arretrare spaventati: Non toccate! 11.000 volt e un grande teschio vi è disegnato, simbolo per chi non sa leggere. Allungare una mano significa rimanere fulminati. Gli apparecchi di rame luccicante che ornano i quadri dei commutatori, sono gli assassini in agguato: ammazzano senza misericordia chi viene al loro contatto!”. Nel 1937, poi, la centrale subì for industrial use from the Adda and the Ticino, the largest rivers in and around Milan. Architecturally, the power station’s most evident feature was a succession of arcades that continued the motif of the 200m-long bridge-cum-canal. Together with the reservoir and the navigational locks, they formed a majestic and impressive whole, and provided a reminder of arcades in Ancient Roman aqueducts. The plant had a huge emotional impact on the public, as we may see from an article that appeared in the “Corriere della Sera” on 20 October 1901: “All that colossal work, from the weirs to the water intakes for the huge black tubes leading down to the turbines, was visited with religious care and awe that the uninitiated might find hard to comprehend. A sense of terror reigned over those who entered what they thought might be a tunnel of death. Every machine sported a sign that made people shrink back in fear: Do not touch! 11,000 volts and a huge skull completed the message in symbols for those unable to read. Stretching out a hand would ensure instant electrocution. The shiny copper apparatus switch panel is an assassin laying in ambush: it kills anybody who comes into contact without mercy!” The power plant underwent a major upgrade in 1937. The present-day structure was built by Giovanni Muzio for the Società Lombarda per la Distribuzione di Energia Elettrica. The generating building, sluices and offtake canal were all refurbished at that time. Engineers Giulio Gentile and Riccardo Noeli Rinaldi were responsible for the waterworks side of the project for the S.L.D.E. company. Mr Muzio was designed a plant where functionality went hand-in-hand with aesthetics, while at the same time integrating his additions into previous buildings. The finished product won 57 I gioielli dell’architettura Architectural gems 58 Centrale di Vizzola Ticino Fronte principale del progetto definitivo di Giovanni Muzio, 1927. un sostanziale rifacimento con la costruzione dell’attuale struttura ad opera di Giovanni Muzio, per conto della Società Lombarda per la Distribuzione di Energia Elettrica. Il lavoro di rifacimento interessò sia la centrale che le condotte e il canale derivatore. Per la parte idraulica il progetto fu affidato agli ingegneri Giulio Gentile e Riccardo Noeli Rinaldi sempre della S.L.D.E, mentre il Muzio fu incaricato di redigere il progetto di un complesso dove la funzionalità si sposasse con l’estetica, per inglobare in modo organico i preesistenti edifici. Il risultato finale fu decantato nella rivista “Rassegna d’Architettura” del dicembre del 1940 in cui si rendeva omaggio all’abilità tecnica e al coraggio innovativo dei progettisti “così distanti dalle nostre abitudini correnti per novità e grandiosità di respiro”28. Muzio aveva progettato una grande aula centrale caratterizzata da una sequenza di aperture a tutta altezza e da una finestratura continua manovrata elettricamente per consentire la fuoriuscita dell’aria di raffreddamento, che correva in alto lungo tutto il perimetro del ballatoio che sovrastava le turbine, un organismo in cui il discorso funzionale ben si inseriva in un contesto estetico di alto profilo. praise in the December 1940 issue of the “Rassegna d’Architettura” magazine, which particularly lauded the designers’ technical prowess and groundbreaking courage “so far from our present-day habits in terms of innovation and the breadth of their grand ambitions.”28 Muzio designed a large central hall whose standout feature was a sequence of full-height openings and a line of windows actioned electrically to allow the air used for cooling to escape; the system ran all the way along the perimeter of the balustrade above the turbines, combining function with an extremely impressive aesthetic backdrop. Tra il Veneto e il Friuli In the Veneto and Friuli Regions Il primo decennio del Novecento fu un periodo molto fecondo per la costruzione delle centrali idroelettriche che sorsero non solo in Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta, ma anche in altre regioni che offrivano ricche sorgenti per lo sfruttamento dell’energia. In Veneto, l’11 giugno del 1900, fu costituita la Società Italiana per l’Utilizzazione delle Forze Idrauliche del Veneto, la prima vera e propria The first decade of the 20th century was a particularly fruitful time for hydroelectric plant construction not just in Lombardy, Piedmont and Valle d’Aosta, but in other Italian regions suited to exploiting the power-generating potential of water. The Società Italiana per l’Utilizzazione delle Forze Idrauliche del Veneto was founded in Veneto on 11 June 1900. The first true Venice-based The Vizzola Ticino power station. The main façade in Giovanni Muzio’s final plan, 1927. compagnia veneziana operante nel settore idroelettrico, che prese il nome di “Cellina” dalla vallata friulana in cui sorse il primo impianto, la centrale Antonio Pitter. Questo edificio si caratterizzava per la semplicità delle forme rispondendo a una precisa volontà architettonica di definizione dello spazio, e si articolava secondo un gusto oscillante tra il rinascimentale e il romanico, infatti la facciata era scandita da semplici finestroni ad arco a tutto sesto inseriti tra lesene che ricordavano i palazzi fiorentini del Rinascimento, ma nella parte superiore la successione di archetti pensili e trifore riportavano al Romanico lombardo, un gusto frutto probabilmente del rapporto di amicizia che legava il padre del progettista Aristide Zenari a Camillo Boito. Sicuramente un edificio imponente che ben esprimeva la solidità e la capacità imprenditoriale dei gruppi che componevano il consiglio di amministrazione della società: aristocrazia, proprietà terriera, imprenditoria e finanza locale e nazionale. Ma nel contempo l’edificio era strutturato in modo da rispondere anche alle esigenze degli operai infatti Zenari, un idealista sensibile alle condizioni abitative dei lavoratori, progettò gli alloggi dei dipendenti in una struttura ad andamento concentrico che si articolava intorno ad un atrio coperto da un company to operate in the hydroelectric industry committee soon became known as “Cellina”, after the name of the valley in Friuli where it built its first plant, the Antonio Pitter Power Station. The building’s simple form was the result of a clear architectural desire to define space, adopting a style that ranged between the Renaissance and the Romanesque: the facade consisted of tall, simple, round-arched windows set between pilasters redolent of a Florentine Renaissance palazzo. Above that, a succession of hanging arches and triple lancet windows harked back to the Lombard Romanesque. This approach was almost certainly a reflection of the friendship between the building designer Aristide Zenari’s father and Camillo Boito. The imposing building successfully expressed the solidity and business acumen of the industrial groups that had a seat on the company’s Board of Directors: aristocrats, landowners, and local and national businessmen and financiers. The building was also designed to cater to workers’ needs. An idealist who cared about his workers’ living conditions, Aristide Zenari designed living quarters for the workers in a concentrically-arranged building around a foyer covered by a glass and iron skylight, which let in a vast amount of light, and in so doing improved working conditions. 59 I gioielli dell’architettura Architectural gems lucernaio di ferro e vetro da cui la luce, inondando l’interno, creava condizioni di lavoro più piacevoli. La produzione elettrica del Veneto si basava anche sul sistema del Piave-Santa Croce, che snodandosi per ben 1.840 km, presentava nove centrali realizzate dalla SADE, Società Adriatica di Elettricità, e progettate dall’ingegnere Vincenzo Ferniani dal 1911 al 1926. Le centrali che utilizzavano le acque del Piave facendole derivare attraverso il lago di Santa Croce, erano quelle di Fadalto, Nove, S. Floriano, Castelletto e Caneva che esibivano la più avanzata tecnologia nella produzione meccanica e ingegneristica dell’epoca. 60 Dall’impianto di Fadalto l’acqua era scaricata nel lago Morto per poi scendere, attraverso una galleria scavata nel materiale sciolto della morena glaciale, alla centrale di Basso Nove entrata in funzione nel 1915. Nel 1923, alla presenza di Mussolini e del ministro dei Lavori pubblici, fu inaugurata la nuova centrale di Fadalto e nel 1925 quella di Nove nuova sulle sponde del lago Restello. In queste centrali il Ferniani, ispirandosi al Basile e al Calderini nel definire le pareti laterali con una successione di arcate intervallate da lesene e spartite da trifore trabeate con volute terminali sormontate da piccole finestre quadrate, diede all’impianto un’impronta monumentale di stampo manierista, tali influenze gli derivavano probabilmente dalla contiguità con l’ingegnere Augusto Koch, figlio del grande Centrale di Fadalto (Treviso) della Società adriatica di elettricità, 1914-1926. Fadalto power station (Treviso), which belonged to the Società adriatica di elettricità, 1914-1926. Veduta della centrale di Caneva. View of the Caneva power station. Electricity generation in Veneto also leveraged the Piave-Santa Croce system, which over its vast 1840 km length saw construction of nine power stations designed by engineer Vincenzo Ferniani between 1911 and 1926 for the Società Adriatica di Elettricità company (SADE). The power stations at Fadalto, Nove, S. Floriano, Castelletto and Caneva – boasting the most advanced mechanical and engineering generating technology of the day – all drew water from the Piave thanks to derivations via Lake Santa Croce. Water from the Fadalto discharged into Lago Morto and then, through a tunnel dug through glacial moraine melt, reached the Basso Nove power plant, which went into operation in 1915. In 1923, Mussolini and the Minister of Public Works inaugurated the new power station at Fadalto. A new power station at Nove, on the banks of Lake Restello, was inaugurated in 1925. Drawing inspiration from Basile and Calderini for the sidewalls, a succession of arcades separated by pilasters, along with trabeated triple lancet windows with terminal volutes crowned by small square windows, esponente del purismo classicista romano Gaetano Koch, anche se mitigate da pregiate raffinatezze di stile Decò. Nei progetti di queste centrali, innovative per l’impiego di calcestruzzo e cemento armato, l’ingegnere ebbe modo di esercitare anche la sua propensione per l’architettura. Infatti, per ragioni di economia nei primi tempi non si avvalse di disegnatori, e in seguito volle egli stesso supervisionare ogni particolare architettonico dell’esterno e dell’interno, compresi gli arredi, compiacendo e assecondando in tal modo i desideri del committente, la Società Adriatica che voleva esprimere in questi edifici la raggiunta potenza economica tale da competere con la cultura architettonica espressa da Gaetano Moretti per i Crespi a Trezzo D’Adda e da Piero Portaluppi per Ettore Conti a Verampio. Negli interni Ferniani ricorse a elementi di grande valenza decorativa soprattutto a Nove, dove utilizzò lo stucco avorio per i rivestimenti, decorazioni con motivi simbolici alludenti all’elettricità nel ballatoio del carro ponte, lampade Ferniani gave his plant a Mannerist and monumental aspect. His influences may be sought in contiguity with engineer Augusto Koch, the son of the great Roman classical purist Gaetano Koch, even if mitigated by a refined version of deco-style elegance. The blueprints for these power stations were groundbreaking in their use of concrete and reinforced cement. The engineer was also able to deploy his architectural skills. For economic reasons, no draughtsmen were initially involved in the project. Later on, Mr Ferniani was keen to oversee every architectural detail inside and out, including the furnishings. This was partly at the behest of his client Società Adriatica, which was keen to express the economic power the company had achieved through this building, and to compete with the architectural heights scaled by Gaetano Moretti for the Crespis at Trezzo D’Adda, and by Piero Portaluppi for Ettore Conti at Verampio. Ferniani used elements of great decorative impact in his interiors. This was particularly true 61 I gioielli dell’architettura Architectural gems Sala macchine della centrale di Soverzene “Achille Gaggia”. in ferro battuto con vetri di Murano, una grande vetrata a piombo realizzata sempre da artigiani muranesi, il tutto nel segno di un’eleganza e di una sobrietà, tratti distintivi della società committente che voleva trasmettere in tal modo un messaggio di solidità non disgiunta da ricercatezza. 62 Sempre Ferniani progettò, nel 1927, la centrale di Caneva (Pordenone) contraddistinta da un carattere decisamente monumentale per il susseguirsi di un doppio ordine di trifore architravate incorniciate da possenti colonne manieriste con capitelli ionici, e sormontate da pronunciati timpani. Nel 1938 si dedicò ad un altro tipo di impianto, la “centrale in caverna” di Ponte Gardena sul fiume Isarco, la cui energia era trasportata a Bolzano e a Merano. La centrale scavata nella roccia si rendeva evidente all’esterno solo attraverso un ingresso monumentale e l’alta torre che ospitava i trasformatori per le linee elettriche. Intorno si raccoglievano le case degli operai, e il centro direzionale, tutti edifici in stile razionalista che furono progettati dall’architetto Duilio Torres che articolò spazi semplici e rigorosi, aperti all’elemento naturale, organizzati da elementari incastri di piani e scanditi dall’alternarsi di superfici candide e ampie zone vetrate. L’ingresso monumentale era caratterizzato da un grande portale di granito violaceo dell’Alto Adige, inquadrato tra alte muraglie di trachite euganea giallo-rosa che per la lavorazione a punta si amalgamavano perfettamente con le rocce circostanti, e a coronamento si ergeva una grande statua equestre di Mussolini, intitolata “Il genio del Fascismo”, realizzata in precedenza dallo scultore Gori per conto della società Montecatini per essere collocata nel Padiglione italiano nell’Esposizione Universale di Parigi del 1937. at Nove, where he employed ivory-coloured plaster for wall coverings, decorations with symbolic motifs alluding to electricity in the balustrade along the overhead travelling crane, wrought iron lamps with Murano glass, and a large leaded window also fashioned by craftsmen from Murano. The whole interior was characterized by elegance and sobriety, hallmarks of a client keen to convey a message of solidity and refinement. In 1927, Ferniani designed the power station at Caneva (Pordenone). A truly monumental design, it sported a double row of architraved triple lancet windows between massive Mannerist columns with ionic capitals, the whole edifice crowned by massive tympanums. In 1938, he tried his hand at another kind of plant, a “cavern-based power station” at Ponte Gardena, on the River Isarco, to generate energy for Bolzano and Merano. Dug into the rock, the only external sign of the power station was a monumental entrance and a tall tower to house the power line transformers. Workers’ accommodation and managerial offices in rationalist-style buildings designed by architect Duilio Torres completed the installation in a series of simple, strict spaces open to the natural elements, arranged in simply-linked levels and cadenced by alternating light-coloured surfaces and broad glassed-in areas. The monumental entrance featured a huge purple Alto Adige granite stone gate, set within the high yellowy-pink Euganean trachyte walls, in a finish that blended perfectly with the surrounding rocks. The whole edifice was topped by a large equestrian statue of Mussolini bearing the legend “The Genius of Fascism”, a work made previously by sculptor Gori on behalf of the Montecatini company and originally displayed at the Italian Machine room at the “Achille Gaggia” power station in Soverzene. Questa scultura fu poi distrutta da una bomba degli altoatesini. Torres si occupò anche degli interni della centrale curando ogni singolo particolare dagli infissi alle ringhiere, ai rivestimenti delle pareti e del soffitto, e per alleggerire il senso claustrofobico dovuto all’interramento utilizzò colori rasserenanti come l’azzurro, il colore del cielo, per il mosaico vetroso del soffitto e materiali lussuosi come il marmo porfido per rivestire le pareti in corrispondenza dei sostegni del carro-ponte e il travertino nelle zone intermedie, oltre a un mosaico ceramico per il pavimento.29 Un grande affresco L’idea di sfruttare l’energia del sistema dell’Alto Piave, Boite, Maè in Cadore, nata alla fine dell’Ottocento, dalle imprese locali, dal Comune di Venezia e da società come Idroelettrica Dolomite e Idrauliche Alto Cadore, prevedeva la presenza nel territorio comunale di Soverzene in provincia di Belluno di un grande impianto in caverna comprendente la centrale idroelettrica intitolata ad Pavilion for the 1937 Paris Universal Exposition. A number of years later, the people of Alto Adige blew this sculpture up. Torres was also responsible for the power plant’s interior. He was involved in every single detail, from the fittings to the balustrades and cladding for the walls and ceiling. To counteract a sense of claustrophobia due to the fact that the building was located below ground, he used calming colours like sky blue for a glass mosaic on the ceiling, and luxurious materials like porphyry marble to line the walls at the level of the movable overhead crane, as well as travertine in the middle area and a ceramic mosaic on the floor.29 A Great Fresco The idea of using the Alto Piave/Boite/Maè system in Cadore to generate power was first pursued by local firms, the City of Venice and companies like Idroelettrica Dolomite and Idrauliche Alto Cadore. The plan envisaged a large cavern-based installation in the municipal territory of Soverzene, in the Province of Belluno, which would house a hydroelectric power station named in honour of Achille 63 I gioielli dell’architettura Architectural gems 64 Achille Gaggia, uno dei “padri” della società SADE che l’aveva commissionata. Realizzata nel 1951 su progetto di Giuseppe Mignozzi per la parte edilizia, di Carlo Semenza per la parte idraulica, e di Mario Mainardis per quella elettrica, la centrale era considerata l’impianto pilota della rete SADE, capace di intervenire rapidamente sugli altri in risposta alle variazioni di carico di utenza, e coronava le grandiose opere di sbarramento costruite dalla società nel secondo dopoguerra lungo il corso del Piave e dei suoi maggiori affluenti. Per questa centrale Carlo Pradella e Alessandro Alessandri, ingegneri dell’impresa veneziana, SACAIM, sperimentarono per la prima volta l’uso del cemento armato precompresso nelle tubazioni delle condotte forzate. Nella centrale la soluzione di collocare in caverna le sale macchine e quelle di trasformazione, fu adottata per motivi bellici e per ragioni economiche onde ridurre i costi. Le parti esterne della centrale erano sistemate su un vasto piazzale con gli uffici situati a gradoni lungo il terrapieno ricavato dall’impiego del materiale di scavo, e in un’esedra con 12 nicchie, alternate a pilastri-colonne, erano posti gli isolatori terminali dei cavi elettrici in uscita. L’insieme, sebbene fosse caratterizzato da un razionalismo funzionalista, sembrava riprodurre le sembianze “di un tempio, dedicato alle segrete divinità dei monti e delle acque”. Nella centrale si pose particolare cura alla parte decorativa come si legge in una rivista dell’epoca “così da intonare gli edifici esterni al suggestivo paesaggio circostante e raggiungere (...) l’impressione di entrare in un grande salone illuminato dall’esterno”30. Infatti nella sala macchine interrata, un locale di 18 metri di altezza in cui erano collocate le turbine, la volta era decorata con un affresco di Walter Resentera, pittore feltrino affermatosi anche come esperto grafico di manifesti pubblicitari, che lo realizzò nel Gaggia, one of the “fathers” of the SADE company that was responsible for commissioning it. Built in 1951 to a design by Giuseppe Mignozzi (buildings), Carlo Semenza (waterworks) and Mario Mainardis (electrical works), the power plant was a pilot installation for the SADE network. It was designed to go into operation quickly to cater to variations in demand for power, and completed the vast damming project deployed by the company after the Second World War along the Piave River and its major tributaries. At this power station, for the first time two engineers from Venice-based company SACAIM – Carlo Pradella and Alessandro Alessandri – used pre-stressed concrete for tubing on the pressurized sluices. The idea of locating the machine and conversion halls in a cavern was adopted for war- and cost- related reasons. The external parts of the power station were arranged around a vast open area. Offices were located on a stepped embankment made out of excavated rock. The terminal insulators for the outwardbound electrical cables were housed in twelve niches around an exedra, where they alternated with pilastered columns. Although it was characterized by a functionalist rationalism, the ensemble presented the appearance of “a temple dedicated to the secret divinities of the mountains and waters.” Special care was lavished on its decoration. According to a magazine from the time, this was “to ensure that the external buildings were the same colour as the stunning surrounding countryside, giving an… impression of entering into a huge living room lit up from outside.”30 The 18m-tall underground machine hall housed the turbines. Its ceiling was decorated with a 1953 fresco by Walter Resentera, a painter from 1953. Questo affresco che rappresentava l’allegoria del genio umano vincitore sulla forza bruta e soggetti inerenti il tema dell’elettricità, fu molto apprezzato dalla critica che evidenziava l’importanza dell’arte figurativa in un contesto industriale per migliorare le condizioni lavorative degli operai che operavano sottoterra: “Tale effetto è stato raggiunto con i grandi finestroni, illuminati con luce artificiale di tonalità simile alla luce solare e decorando il soffitto della centrale con un indovinato simulacro di capriate delimitanti un grande cerchio centrale e ampi scomparti rettangolari tinteggiati in azzurro, a toni decrescenti, attraverso i quali si ha l’impressione di intravvedere il cielo e dai quali si staccano gruppi di figure allegoriche, che danno al soffitto una tonalità tiepolesca. Tale imponente affresco è dovuto all’iniziativa artistica e al pennello di Walter Resentera”31. Resentera dipinse anche l’affresco della sala macchine di un’altra centrale, quella di Somplago, in cui ripercorrendo la storia del Friuli, Feltro who first rose to prominence as a graphic designer of advertising posters. Resentera’s fresco portrayed an allegory of human genius overcoming brute force, complemented by electricity-related subject matter. The fresco received high praise from critics, who pointed out how important figurative art was in an industrial context as a way of improving working conditions for the workers toiling underground. “He has achieved this effect by using huge windows lit up by man-made light wholly similar to daylight, and through decorations on the power station’s ceiling with a perfect image of roofing around a large central circle and big rectangular compartments painted sky blue, the tone darkening as it descends to give an impression of glimpsing the sky, and he has incorporated groups of allegorical figures that lend the ceiling a touch of Tiepolo. This impressive fresco is the artistic brainchild of Walter Resentera.”31 Resentera went on to paint a fresco for the machine hall of another power station, 65 L’affresco della sala macchine della centrale di Soverzene dipinto da Walter Resentera. Fresco painted by Walter Resentera in the machine room at the Soverzene power station. I gioielli dell’architettura Architectural gems Centrale di Crego (Novara), 1918. Crego power station (Novara), 1918. 66 utilizzò grandi pannelli retroilluminati che avevano la funzione di simulare delle finestre per rendere l’ambiente meno claustrofobico per gli addetti al lavoro. Somplago, in which he depicted the history of Friuli in huge backlit panels that simulated windows and made the environment feel less claustrophobic. La consapevolezza del genius loci Awareness of Genius Loci Molti furono gli architetti che nel primo decennio del secolo seppero coniugare tradizione e innovazione nel segno della modernità come Ugo Monneret de Villard, un eclettico intellettuale sempre attento alla difesa di un’estetica fondata sul genius loci, autore della Centrale di Varzo (1910) nei pressi di Domodossola. In questa centrale il progettista si rifece a un linguaggio formale di stampo boitiano, con torri neomedioevali e un rivestimento esterno realizzato a bugnato con la pietra del luogo nell’ottica di recuperare le tradizioni e gli usi locali; l’imponente mole dell’edificio che presentava una copertura a padiglione con tronchi in legno squadrato, muratura a conci regolari e contorni delle grandi finestre in pietra grigia non alterava la simmetria dei luoghi, e per le sue connotazioni stilistiche faceva esplicito riferimento alla volontà dei committenti di trasmettere un messaggio di sicurezza e di attenzione alla qualità del luogo di lavoro. In the first decade of the twentieth century, in the name of modernity a number of architects successfully amalgamated tradition and innovation. One such architect was Ugo Monneret de Villard. An eclectic intellectual always ready to defend an aesthetic founded upon genius loci, he was the architect of the power station at Varzo (1910), not far from Domodossola. At this power station, he adopted a formal style influenced by Boito featuring neomediaeval towers and rusticated external cladding made out of local stone as he strove to fit in with local traditions and customs. The impressive bulk of the building had a pavilion-style roof with squared off tree trunks, regular masonry, and a grey-coloured stone surround for the large windows that did nothing to undermine the symmetry of the place. His stylistic references referred explicitly to the client’s desire to convey a sensation of safety and an attentiveness to quality in the workplace. Architect Piero Portaluppi (1888-1967) was a sensitive exponent of “beauty” applied to generating stations. He was also concerned with the surrounding countryside. Piero Portaluppi, centrale di Molare (Alessandria), 1920. Piero Portaluppi, Molare power station (Alessandria), 1920. Un interprete sensibile delle istanze di “bellezza” applicata alle centrali e nel contempo di attenzione al dato paesaggistico fu l’architetto Piero Portaluppi (1888-1967) che diede inizio nel 1913 e fino al 1927 ad un percorso puntato sul tema elettrico realizzando in Val d’Ossola un sistema integrato di centrali e di costruzioni. Allievo di Camillo Boito e Gaetano Moretti, dopo una iniziale tendenza medievalista e post-secessionista, iniziò la collaborazione con le Imprese Elettriche Conti per conto delle quali progettò un gran numero di centrali idroelettriche, ispirate ai più diversi stili fino al limite della bizzarria. Eclettico e discontinuo, portato all’ironia e allo scetticismo, a partire dagli anni Venti sviluppò un personale approccio all’idea della modernità, dimostrando una divertita e distaccata conoscenza del lessico delle avanguardie europee, avvicinandosi progressivamente all’esperienza razionalista con una chiave di lettura attenta ai valori decorativi che durante il suo lungo sodalizio con il senatore Ettore Conti, suo suocero e proprietario dell’omonima società elettrica, poté felicemente applicare nell’organizzare spazi perfettamente aderenti a quella ritualità codificata della rappresentazione del capitale industriale e dell’innovazione tecnologica. Tra le numerose centrali idroelettriche progettate in Val d’Ossola, Valle Antigorio e Val Formazza ricordiamo Verampio, Crego, Baceno, Valdo, Sottofrua, Crevoladossola Cadarese che furono i centri di Between 1913 and 1927, he worked on electricity installations, building an integrated system of power stations and associated construction work in Val d’Ossola. Portaluppi studied under Camillo Boito and Gaetano Moretti. After an initial medievalist and post-secessionist period he began working with Imprese Elettriche Conti, for which he designed many hydroelectric plants inspired by a wide variety of styles, some of which bordered on the bizarre. Eclectic, prone to style-hopping and given to irony and scepticism, from the 1920s onwards Portaluppi developed his own personal approach to the idea of modernity, demonstrating an amused and detached awareness of the lexicon of European avant-garde movements as he gradually drew closer and closer to rationalist experiments. He adopted a focused approach to decorative values which, during his long working relationship with Senator Ettore Conti – his father-in-law and owner of the electricity company of the same name – he felicitously applied to the arrangement of space, fitting in perfectly with codified rituals concerning the portrayal of industrial capital and technological innovation. He went on to design many hydroelectric plants in Val d’Ossola, Valle Antigorio and Val Formazza, most notably at Verampio, Crego, Baceno, Valdo, Sottofrua, Crevoladossola and Cadarese, which 67 I gioielli dell’architettura Architectural gems Disegno acquerellato della centrale di Verampio, progetto dell’architetto Piero Portaluppi. Water colour drawing of the Verampio power station, designed by architect Piero Portaluppi. 68 questa “città elettrica diffusa”. Una “città” dal volto mutevole, ecletticamente oscillante tra il romanico, il gotico flamboyant e il cinese, ma resa unitaria dalla maniera lieve e dall’ironica “sprezzatura” che accomunava tutti i suoi progetti. “Grandi discussioni con Piero Portaluppi sull’architettura da adottare per la Centrale di Verampio. (…) voglio che [essa], anche esteriormente, affermi lo spirito che mi ha animato nella mia impresa. Naturalmente non dobbiamo legarci ad uno stile di epoche trascorse; neanche mi piacerebbe uno di quegli edifici oggi di moda, la cui semplicità di linea e preziosità di materiali male si addicono alla caratteristica dignità della valle: il materiale deve essere assolutamente locale, e non solo per ragioni di economia; dunque granito e beole, niente cotto e niente marmi. (…) Comunque sono sicuro che l’agile ingegno di Portaluppi saprà interpretare i miei desideri e concretarli in modo perfetto”32. Così l’ingegnere Ettore Conti esprimeva il suo desiderio di realizzare centrali non solo efficienti, ma anche rischiarate da un “lume di bellezza” affidandosi a un giovane architetto brillante e creativo, il Portaluppi che nel progettare le centrali giocava con le forme e con i were the main hubs of this “open-air city of electricity”. The “city” had a multifarious appearance, fluctuating eclectically between the Romanesque, flamboyant Gothic and Chinese. It was, however, united by the light-handed approach and ironic sprezzatura of all of his projects. Engineer Ettore Conti said, “I have had long debates with Piero Portaluppi about the architectural approach for the Verampio power plant… I want [it] from the outside to assert the spirit that has driven me in my business. Naturally, we must not tie ourselves up in a style from some bygone age; nor would I like one of those buildings so fashionable nowadays, the ones whose simplicity of line and preciousness of material would chime poorly with the valley’s characteristic dignity. Materials must rigourously be local, and not just for cost-based reasons; that means granite and gneiss, certainly no terracotta or marble. I have no doubt whatsoever that Portaluppi’s agile mind will be able to interpret my desires and turn them into perfect reality.”32 Conti wanted to build power stations that were not only efficient but bathed in a “glow of beauty”. He entrusted his vision to a brilliant and creative young architect, a man whose designs for power stations toyed with forms and colours, materials and different ways to employ them, colori, con i materiali e con le loro diverse lavorazioni, con gli stili del passato e con le più aggiornate tendenze moderne, in un sovrapporsi di soluzioni in cui affermava sempre un tratto personale, attingendo a piene mani dall’Art Noveau, dallo Jugendstil, ma anche dal Medioevo, dal Rinascimento e dal Neoclassicismo e lungi dal compiere semplici rifacimenti in stile, con sapiente regia smontava e rimontava gli elementi storici generando un’originale architettura. Nella scelta dei materiali Portaluppi, seguendo le indicazioni di Conti, si orientò verso le pietre locali utilizzando marmi e graniti ossolani anche per l’apparato decorativo. Infatti, nella prima centrale realizzata, quella di Verampio del 1907, il severo rivestimento bugnato era in serizzo e granito bianco, che conferiva alla centrale l’aspetto di un fortilizio, un castello turrito neoromanico, che rimaneggiava un partito medioevaleggiante di stampo boitiano: torri loggiate, bifore, targhe in forma di scudo, finte caditoie e balconi su beccatelli che sembravano quasi delle bertesche, decorazioni litiche trovavano posto sulle facciate di questo imponente “castello elettrico” che nelle intenzioni di Conti “nella collana dei miei impianti, Computo estimativo del progetto esecutivo per l’ampliamento dell’impianto idroelettrico di Verampio, 1940. Estimated calculations from the final planto enlarge the Verampio hydroelectric plant, 1940. styles from the past and the latest modern trends – overlapping solutions in which his personal approach always shone through. Portaluppi plundered art nouveau and Jugendstil, and the Mediaeval, Renaissance and Neoclassicism into the bargain. Far from merely recycling these styles, he intelligently disassembled and reassembled historic elements to create an original architectural approach. In his choice of materials, Portaluppi followed Conti’s indications and plumped for local stone, using marble and granite from Ossola for the decorative elements. In the first of his power stations, built at Verampio in 1907, stark rusticated cladding in gneiss and white granite gives the power station the appearance of a small fort or a Neo-Romanesque turretted castle. In a new interpretation of a Boito-style medieval-inspired score, Portaluppi favoured porticoed towers, two-light mullioned windows, shield-shaped plaques, fake machicolations and bartizan-like balconies on corbels. Lithic decorations adorned the façades of this impressive “electric castle” which Conti 69 deve costituire la gemma migliore”. All’interno la sala macchine era decorata con dipinti floreali sulle pareti, nei sottarchi, nei profili delle finestre e con motivi geometrici nel pavimento e nel ferro battuto delle appliques. Per questo progetto, la cui realizzazione andò dal 1912 al 1917, come è annotato nel Registro dei lavori dello studio Portaluppi, furono necessarie 4.458 ore di lavoro ed esso fu pagato 24.000 lire, mentre per la centrale di Arlia, altro impianto da lui realizzato, il compenso fu di 5.000 lire.33 Portaluppi configurava le centrali come veri e propri templi dell’avanguardia industriale, giungendo spesso a soluzioni surreali come nella centrale di Crego del 1921, affacciata sul Toce e in cui la conformazione del luogo, a ridosso di una ripida roccia “in granito e scisti cristallini” ispirò sicuramente l’architetto che realizzò il fabbricato in muratura di pietra con pietre levigate o appena sbozzate, granito e serizzo, con dentellature e spigoli appuntiti, tanto che l’edificio più che costruito, sembrava essere “tirato fuori” a colpi di piccone dalla montagna che incombeva alle sue spalle. Nella centrale di Valdo e nell’annessa casa per il direttore, Portaluppi ricorse a un apparato decorativo decisamente più “rustico”, in cui venivano sempre messe in risalto tutte le potenzialità dei materiali locali con intonaci a graffito, grandi travi di legno a vista, carpenterie ornamentali che richiamavano il repertorio del pittoresco montano, ma con improvvisi guizzi di modernità, talvolta leggermente surreale. Nelle prospettive allegate alla documentazione grafica della centrale di Crevola Toce (1923) Portaluppi immaginò un’allegoria del villaggio elettrico con l’officina che si trasformava in una pagoda, ornata con esotiche torrette, e la fucina che diventava una casetta da fiaba, e la sala operativa un chiostro, ma si era ormai lontani da commissioned to be “the greatest jewel in my crown of installations”. The machine hall was decorated with floral paintings on its walls, on the underside of its arches and along the window fittings. Geometric motifs featured on the floors and wrought iron sconces. Building work continued from 1912 to 1917, as may be seen from the Portaluppi Practice works ledger, which records 4,458 hours of work for a fee of 24,000 lire. Portaluppi earned 5,000 lire for the power plant at Arlia, on which he also worked.33 Portaluppi built his power stations as veritable temples to the industrial avant-garde, often employing surreal solutions like the one he used at the Crego power station in 1921, on the River Toce. Sheltered by steep rock “in granite and crystalline schist”, the location most certainly inspired the architect: he designed stone masonry buildings made out of polished and slightly roughhewn granite and gneiss, their edges sharp and perforated, to the point that rather than seeming like they were built, the buildings looked like they had been hewn with a pickaxe from the mountain behind. For the Valdo power station and the nearby manager’s house, Portaluppi plumped for a decidedly “rustic” decorative scheme, once again making the most of local materials by employing scratched plaster, huge open-plan wooden beams, and ornamental carpentry harking back to a picturesque mountain repertoire, with occasional incursions of modernity that in places look surreal. In the perspectives attached to blueprints for the Crevola Toce power station (1923), Portaluppi imagines an allegory of an electric village, transforming the workshop into a pagoda decorated with exotic little towers, the forge into a fairytale cottage, and the operations hall a cloister. 71 I gioielli dell’architettura Architectural gems 72 Preventivo per la fornitura di apparecchiature per la centrale di Ponale inviato dall’Ansaldo al Consorzio industriale della città di Rovereto e Riva, ottobre 1926. quella iniziale necessità, di cui parlava Conti di una felice integrazione tra edificio ed ambiente circostante, anche se poi nella centrale di Cadarese (1925) le forme ironiche e i profili bizzarri furono in grado di trasformare la staticità della roccia in soluzioni decisamente moderne, in una continua allusione al moto guizzante dell’energia. By this time, he has travelled a long way from Conti’s initial desire for a felicitous integration between the building and the surrounding environment. That said, the ironic forms and offbeat profiles that he used for his power station at Cadarese (1925) were capable of transforming the static nature of the rock into a decidedly modern solution, hinting at the darting nature of power itself. Come una scenografia Like a Stage Set A Giancarlo Maroni, allievo all’Accademia di Brera di Gaetano Moretti, nel 1926 fu commissionato dal Consorzio Industriale dei Comuni di Rovereto e Riva del Garda dietro suggerimento di Gabriele D’Annunzio, il progetto della centrale del Ponale a Riva del Garda, che, tra le opere presenti sul territorio trentino, fu quella che in modo maggiore rivendicava una propria, specifica autonomia architettonica. L’impianto fu realizzato dagli ingegneri Edoardo Model per la parte idraulica e Francesco Tomazzolli per la parte elettromeccanica e da Maroni per la parte architettonica. Quest’ultimo, che era stato il progettista del Vittoriale di Gabriele D’Annunzio, ebbe un ruolo importante nella vicenda della centrale da lui definita “Idraula”, optando per un disegno dalle asciutte fisionomie novecentiste e per una scansione volumetrica che dava al complesso una forte connotazione monumentale in un dialogo continuo con il lago e l’adiacente nucleo urbano di Riva del Garda. L’architetto, uniformandosi quasi In 1926, at Gabriele D’Annunzio’s suggestion, the Consorzio Industriale dei Comuni di Rovereto e Riva del Garda commissioned Giancarlo Maroni – a graduate of the Accademia di Brera under Gaetano Moretti – to design a power station at Ponale a Riva del Garda. Of all Trentino Region power stations, this one had the greatest claim to its own specific architectural autonomy. Engineer Edoardo Model was in charge of the waterworks, Francesco Tomazzolli the electromechanical works, and Maroni responsible for the architecture. The architect of the Vittoriale for Gabriele D’Annunzio, Maroni played an important role in the genesis of a power station that he himself referred to as “Idraula”, opting for a blueprint with a clear-cut 1900s look and a volumetric cadence that gave the complex a truly monumental connotation, while engaging in an ongoing Articolo dedicato all’impianto di Ponale. Da “L’Energia Elettrica”, febbraio 1926. Article about the Ponale power station. From “L’Energia Elettrica”, February 1926. Estimate for providing equipment to the Ponale power station, sent by Ansaldo to the Consorzio Industriale della Città di Rovereto e Riva, October 1926. interamente all’ideologia estetica di D’Annunzio,34 realizzò una struttura altamente scenografica, con una forte ridondanza e ripetitività di elementi architettonici classici, ma con spunti del nascente proto-razionalismo europeo. Infatti, egli aveva assimilato nell’ambiente milanese quel gusto nuovo di trasformazione e di vitalità, anche se ancora memore delle suggestioni secessioniste viennesi, che oscillava tra l’eclettismo di Gaetano Moretti, il medievalismo di Giulio Ulisse Arata e le elaborazioni visionarie di Antonio Sant’Elia. L’inaugurazione della centrale fu un evento eccezionale che comparve su tutti i maggiori giornali dell’epoca, così ne “Il Popolo di Roma” del 19 marzo1928: “Il 18 marzo 1928 una volata di mine abbatte il diaframma che separa le acque del lago dall’imbocco della galleria. (...) A metà mattinata, l’idrovolante di Gabriele d’Annunzio si posa sulle acque del lago (...) il poeta si dirige al tavolo sul quale è posto il congegno di accensione delle mine. Pronuncia un breve discorso, ‘Dio ci assista signori. Comandante accendete la mina!’ preme un tasto e subito un boato attutito dall’acqua fa tremare le rocce soprastanti e il suolo circostante (…) la Centrale di riva può iniziare la sua attività”35. La centrale posta in uno stretto lembo di terra tra il versante del Ponale e il lago, in diretta continuità con l’abitato, era caratterizzata da un dialogue with the lake and the adjacent urban settlement of Riva del Garda. Almost wholly espousing D’Annunzio’s aesthetic ideology,34 the architect produced a striking structure that featured a plethora of redundant and repetitive classic architectural elements, leavened with references to a nascent European proto-rationalism. Indeed, while living in Milan, Maroni had assimilated the emerging taste for transformation and vitality, even if he remained in part influenced by Viennese secessionist tendencies, fluctuating between Gaetano Moretti’s eclecticism, Giulio Ulisse Arata’s Mediaevalism and Antonio Sant’Elia’s visionary evolutions. The official opening of this power station was a major event, warranting coverage in all of the most important newspapers of the day. On 19 March 1928, “Il Popolo di Roma” wrote: “On 18 March 1928, a volley of mines broke through the diaphragm that separated the waters of the lake from the entrance to the gallery... Mid-way through the morning, Gabriele d’Annunzio’s seaplane landed on the waters of the lake. The poet made his way over to the table on which the mine blast trigger device sat. D’Annunzio made a brief speech: ‘May God help us, ladies and gentlemen. Commander, trigger the mine!’ He pressed a button and immediately a watermuffled roar sent a trembling shock through the rocks overhead and the surrounding ground... 73 I gioielli dell’architettura Architectural gems andamento asimmetrico condizionato dalla morfologia del luogo per cui i principali corpi di fabbrica si articolavano su quote differenti, ridisegnando attentamente il fronte lago attraverso l’arretramento in verticale dei volumi e mediante l’adozione del sistema pilastro-arco. Per evidenziare la struttura e le superfici delle diverse Maroni parti ricorse ad una differenziazione plastica e coloristica dei volumi che ben si integravano con il paesaggio circostante in virtù della scelta del rivestimento in pietra locale, il corno di Bò di colore grigio e per l’uso di intonaci ocra e rosati che permettevano una fusione-mimetizzazione con la natura adiacente. 74 Così Fortunato Depero descriveva la centrale nel 1932: “Imponente e silenziosa mole. Alte pareti giallo oro, rossigne, basamento grigio. (…) Architettura moderna e classica nello stesso tempo”36. La facciata della sala delle turbine era caratterizzata da un’iscrizione dannunziana: “Hoc opus / Hic labor est / Et aedibus in mediis / Numen Aquarum”, su cui si stagliava un imponente bassorilievo raffigurante “Il numen aquarum” opera dello scultore Silvio Zaniboni, il cui stile era caratterizzato da un tono di elegante e prezioso classicismo intriso di sapore decò. In questa centrale progettata con parametri puramente funzionali emergeva tuttavia il valore estetico dell’opera di ingegneria, e anche gli interni riflettevano la grandiosità dell’esterno. Una vicenda, quella dell’impianto idroelettrico del Ponale, di respiro internazionale come dimostra una lettera, sempre di Depero, del 1928 in cui il pittore comunicava l’orgoglio di rappresentare il Trentino a New York con i progetti dell’impianto. The Riva power station may begin its operations.”35 Located on a narrow spit of land between the shore at Ponale and the lake, directly abutting the built-up area, the power station’s asymmetric design mirrored the morphology of its location. Its main buildings sat on different levels, carefully hugging the lakefront, its volumes rising vertically the further they were from the lake in a system of pilasters and arches. To highlight the structure and the surface areas of its various parts, Maroni differentiated the various buildings by shape and colour, all the while integrating them successfully into the surrounding countryside. He achieved this by using local stone cladding – grey “corno di Bò” stone – alongside ochre and pink-tinged plaster to blend in with surrounding nature. Fortunato Depero described the power station in 1932 as: “An impressive and silent bulk. Tall walls in yellow-gold, reddish, a grey base…. Architecture at one and the same time modern and classic.”13 An inscription from D’Annunzio adorned the turbine hall facade: “Hoc opus / Hic labor est / Et aedibus in mediis / Numen Aquarum”, alongside a huge bas relief, “Il numen aquarum”, and a sculptural work by sculptor Silvio Zaniboni in a style characterized by elegant, precious classicism imbued with deco nuances. Although it had been designed with purely functional parameters, this power station conveyed the aesthetic value of the engineering works as a whole, while its interior reflected the grandeur of its exterior. The hydroelectric plant at Ponale earned international recognition. In 1928, Depero wrote a letter expressing his pride at presenting the Trentino region in New York through the blueprints for the plant. Tra classicismo e funzionalismo Between Classicism and Functionalism Tra il 1915 e il 1916 si evidenziava un quadro distributivo dell’industria elettrica estremamente articolato in zone morfologicamente diverse: si andava dal gruppo toscano, umbro e romano sul versante mediterraneo con centrali esclusivamente idroelettriche sulla Nera e sul Velino, al gruppo marchigiano e abruzzese, la cui produzione delle centrali del Pescara era dirottata a Napoli, sul versante adriatico. In Umbria e nel Lazio vennero progettate centrali particolarmente interessanti perché testimonianza del diverso approccio nei confronti del dibattuto problema dell’estetica applicata all’architettura industriale di due esponenti di spicco del panorama culturale dell’epoca: Cesare Bazzani e Gaetano Minnucci. Nella centrale di Galleto sul fiume Nera, entrata in funzione nel 1928, Bazzani si In 1915/16, the distribution framework for Italy’s electricity industry was highly fragmented into morphologically-diverse areas. There was one group in Tuscany, Umbria and Rome along the Mediterranean, where the only hydroelectric plants were on the Nera and Velino; another was in the Marches and Abruzzo, on the Adriatic, even though output at the Pescara plants was diverted to Naples. The power plants designed for Umbria and Lazio were particularly interesting as they demonstrated different approaches to the much-debated issue of aesthetics as applied to architectural industry by two leading figures in the cultural panorama of the day: Cesare Bazzani and Gaetano Minnucci. At the Galleto power station on the River Nera, which began operations in 1928, Bazzani stuck to the brief given to him by his client, Società Terni. Drawing Veduta aerea dell’impianto del Pescara, secondo salto. Aerial view of the Pescara installation, second drop. 75 I gioielli dell’architettura Architectural gems 76 fece interprete delle istanze rappresentative della committenza, la Società Terni, rifacendosi a un repertorio classico monumentale, espressione di un rassicurante tradizionalismo intriso di eclettismo, e attraverso un tratto magniloquente, fastoso e scenografico trasferì in opera l’idea romantica dell’arte come prodotto dell’individualità nazionale. La centrale di Galleto è l’evidente testimonianza di quanto Bazzani tendesse a nascondere l’aspetto funzionale dell’impianto produttivo sottolineandone invece il carattere sacro di tempio della tecnica con il ricorso ad una struttura monumentale cadenzata da una successione di semicolonne di ordine gigante che scandivano ritmicamente la facciata. L’edificio, definito “ciclopico”, prevedeva delle sculture alludenti alla forza bruta e alla forza domata che avrebbero potuto alleggerirne le masse, ma esse non furono mai realizzate per problemi economici così come, sempre per ragioni economiche, non fu utilizzato dappertutto il travertino che venne sostituito dall’intonaco trattato a imitazione del marmo probabilmente per una reminiscenza classica del primo stile della pittura romana. on a monumental classic repertoire, he came up with an expression of reassuring traditionalism imbued with eclecticism in a magniloquent, sumptuous and scenographic approach that lent the work the romantic ideal of art as a product of national individuality. Galleto power station is a clear demonstration of Bazzani’s approach, in which he conceals the generating plant’s functional aspect and, on the contrary, emphasizes its sacred nature as a temple of technology in a monumental structure cadenced by a succession of giant half-columns running rhythmically along its façade. A true giant, the building was conceived to house sculptures alluding to brute force and tamed force, which would have added some lightness to its bulk. However, owing to financial constraints, these figures were never realized. This same reason explains why travertine was not used throughout; plaster was preferred, treated to look like marble for its classical overtones and as an allusion to early Roman painting. The power stations Minnucci designed after the Second World War were completely different. Through functionalism, the architect was keen to highlight the buildings’ industrial use, and yet his design skills based on construction science and Pianta della centrale di Galleto, 1931. Plan of the Galleto power station, 1931. La centrale di Galleto sul fiume Nera. The Galleto power station on the River Nera. Di tutta altra impostazione la configurazione delle centrali realizzate da Minnucci nel secondo dopoguerra. In esse l’architetto volle evidenziare attraverso il funzionalismo la destinazione industriale degli edifici, ma nella sua esperienza progettuale che si basava sulla scienza delle costruzioni e sulla conoscenza dei nuovi materiali che il mercato offriva, riuscì a fondere sapientemente estetica e tecnologia, tecnica e funzionalità, in una perfetta integrazione tra forma e struttura. A distanza di vent’anni dal suo saggio “L’architettura e l’estetica degli edifici industriali” egli ribadiva gli stessi principi per cui gli edifici industriali dovevano essere progettati “armonizzando i rapporti tra forma e possibilità tecniche e tra forma ed esigenze pratiche”37. La centrale di Castel Giubileo rappresentava in pieno il suo pensiero, anche per l’uso dei materiali nuovi: l’acciaio resistente per le cabine di comando e le passerelle aeree, il vetrocemento trasparente per le pareti che contenevano i gruppi di turbine Kaplan, il calcestruzzo armato vigoroso per i piloni e l’impalcato stradale, l’alluminio leggero per i serramenti e le coperture. Nell’insieme la centrale risultava una grande infrastruttura trattata come knowledge of new materials on the market allowed him to cleverly blend aesthetics and technology, technique and functionality, in what proved to be a perfect integration of form and structure. He reiterated the same principles expressed twenty years earlier in his essay “L’architettura e l’estetica degli edifici industriali”, in which he states that industrial buildings should be designed by “harmonizing relations between form and technical possibility, between form and practical need.”37 The Castel Giubileo power station perfectly represented his approach, including how he used new materials: resistant steel for the control cabin and aerial walkways, transparent concreteframed glass blocks for the walls that housed the Kaplan turbine generators, sturdy reinforced concrete for the pylons and road deck, and lightweight aluminium for the windows, doors and roofing. The whole power station was a major piece of infrastructure treated like a work 77 I gioielli dell’architettura Architectural gems Schizzo di Gaetano Minnucci per la centrale di Nazzano. Gaetano Minnucci’s sketch for the Nazzano power station. un’opera d’ arte: opera di un’arte dell’esattezza tessuta, come aveva scritto Minnucci stesso, “su di una trama esclusivamente tecnica, basata sulla scienza delle costruzioni e sulla conoscenza delle infinite materie che la natura e l’industria offrono”38. 78 Le centrali nel Mezzogiorno Nelle regioni meridionali la Campania si collocava al primo posto per la produzione energetica con le società del gruppo Sme che impiegavano prevalentemente forza idraulica, al secondo posto la Sicilia i cui primi impianti idroelettrici furono realizzati sul Cassibile e sull’Alcantara tra il 1908 e il 1910. La Sardegna, invece, presentava una produzione modesta che faceva riferimento a impianti termici con la Società Elettrica Sarda e la Società per Imprese Idrauliche Elettriche del Tirso. La Sme, Società Meridionale di Elettricità, fondata nel 1899 aveva iniziato la produzione con lo sfruttamento di un piccolo fiume salernitano, il Tusciano, che serviva la zona a sud di Napoli fino a Torre Annunziata, e del Lete allargandosi poi gradualmente ma costantemente, per emanciparsi da un ambito geografico ristretto e affrontare la gestione dell’industria elettrica in tutto il of art: woven precisely, as Minnucci himself wrote, “on an exclusively technical weft, based on the science of construction and knowledge of the infinite materials offered by nature and industry.”38 Power Stations in the South of Italy The biggest power-generating region in Italy’s southern regions was Campania, where the SME group focused mainly on hydro power. The second largest was Sicily, where hydroelectric plants were built on the Cassibile and Alcantara between 1908 and 1910. The modest output achieved in Sardinia came from thermal plants run by the Società Elettrica Sarda and the Società per Imprese Idrauliche Elettriche del Tirso. Founded in 1899, the Società Meridionale di Elettricità (SME) first started generating electricity on the Tusciano, a small river near Salerno, to serve the area south of Naples as far as Torre Annunziata. It expanded onto the River Lete, and then gradually and constantly extended its operations out of this closely-delimited Mezzogiorno fino ad arrivare, nel 1915, a occupare una posizione verticistica nella classifica delle maggiori venti società elettro-commerciali italiane. Nel programma di “elettrificazione meridionale” della Sme, rientravano anche i progetti della Società per le Forze idrauliche della Sila, allo scopo di intervenire nel vasto bacino della Sila per utilizzarne le imponenti potenzialità idroelettriche, individuate con lungimiranza dall’ingegnere milanese Angelo Omodeo, uno dei massimi esperti in Europa di costruzioni idrauliche e idroelettriche. Approfittando delle disposizioni della Legge 11 Luglio 1913 n° 985, già utilizzata per l’impianto del Tirso in Sardegna, le Forze Idrauliche della Sila ottennero la concessione dello Stato per la costruzione e l’esercizio per sessant’anni di un complesso sistema elettro-irriguo di dighe e serbatoi artificiali che avrebbe consentito la trasformazione agricola e industriale di un vastissimo comprensorio calabro, pugliese e lucano. La regia dell’iniziativa rimase saldamente nelle mani del gruppo dirigente della Sme, in particolare di Maurizio Capuano nella prima fase e successivamente del suo più stretto Relazione dell’ingegnere De Nitto sugli impianti del Matese trasmessa da Angelo Omodeo ad Alberto Beneduce, 1920. A report by engineer De Nitto on Matese installations, sent by Angelo Omodeo to Alberto Beneduce, 1920. geographical area to run electricity plants throughout Southern Italy. By 1915, it held a leading position in the league table of Italy’s twenty largest electricity sales companies. SME’s project for “southern electrification” encompassed plans by the Società per le Forze idrauliche della Sila for work on the huge Sila river basin to exploit its enormous hydroelectric potential, which had spotted years earlier by Milanese engineer Angelo Omodeo, one of Europe’s top hydraulic and hydroelectric construction experts. Taking advantage of the provisions enshrined in Law no. 985 dated 11 July 1913 (as it had already done for the Tirso plant in Sardinia), Forze Idrauliche della Sila obtained a concession from the State to build and run a complex electrical/irrigation system of dams and artificial reservoirs for a sixtyyear period, which would have transformed farming and industry over a vast swathe of Calabria, Puglia and Lucania. Senior management at SME – first Maurizio Capuano and then his close confidante Giuseppe Cenzato, who from 1928 to 79 I gioielli dell’architettura Architectural gems collaboratore, Giuseppe Cenzato, che dal 1928 e fino al 1956 mantenne le redini della Società Meridionale. Gli impianti della Sila comprendevano i laghi artificiali di Ampollino, di Orichella e di Arvo e le relative centrali idroelettriche di Orichella, Timpagrande e Calusia, i cui lavori iniziarono negli anni Venti e furono terminati e inaugurati a distanza di quasi dieci anni dal principe Umberto. Furono creati edifici, piani inclinati, condotte forzate, teleferiche, nel massimo rispetto per la natura circostante, secondo le direttive dell’architetto che le aveva progettate, Giovanni Muzio. La centrale di Orichella entrò in esercizio nel 1929, nel 1931 quelle di Timpagrande e nel 1932 quella di Calusia. Queste ultime si differenziavano architettonicamente in quanto Timpagrande faceva ancora riferimento a 80 La centrale di Timpagrande, in Sila, costruita dalla Società meridionale di elettricità e dalla Società per le forze idrauliche della Sila, 1931. A destra, il progetto dell’edificio dei motori realizzato da Angelo Omodeo, 1925. The Timpagrande power station on the Sila, built by the Società Meridionale di Elettricità and by the Società per le Forze Idrauliche della Sila, 1931. Right, Angelo Omodeo’s plan of the engine building, 1925. 1956 ran Società Meridionale – held this project dear for a long time. The Sila installations included man-made lakes at Ampollino, Orichella and Arvo, along with associated hydroelectric plants at Orichella, Timpagrande and Calusia. Work began on these in the 1920s; they were not officially opened until a decade later by Prince Umberto. Buildings, inclined slopes, pressurized sluices and cableways were built with the greatest possible consideration for the surrounding nature, as per the brief issued by the architect who oversaw the project, Giovanni Muzio. Orichella power station began operating in 1929; Timpagrande in 1931; and Calusia in 1932. Architecturally, there were significant differences between these power th stations: Timpagrande was redolent of a 19 century style of clear Boitoian inspiration; Calusia th already demonstrated 20 century rigour. Giovanni Muzio’s style had its fans and critics. Some considered him to be “impudent” and overly bold; others, for example Piacentini, praised him for his simplicity, for “his approximately unassuming and uno stile di stampo ottocentesco di chiara matrice boitiana, mentre quella di Calusia era già impregnata di rigore novecentesco. Lo stile di Giovanni Muzio era stato variamente interpretato: da alcuni ritenuto “sfacciato” e troppo audace, da altri come il Piacentini lodato per la semplicità e per “il fare approssimativamente dimesso e democratico”. “Era una via simile a quella percorsa dagli Adam e da altri architetti inglesi nella seconda metà del Settecento, mescolando Palladio e Piranesi, grazia decorativa e dignità antica, fantasia e ragione. Non escluderemmo nemmeno, che anche qualche soluzione alla Ledoux potesse aver influito sul Muzio”39. Gio Ponti: elogio dell’elettricità Un impianto energetico costituiva, sicuramente, un elemento estraneo al paesaggio per cui esso democratic way of proceeding”; “he beat a path similar to the Adams and other English architects th in the latter half of the 18 century, blending Palladio with Piranesi, decorative grace with oldfashioned dignity, and fantasy with reason. We may not even rule out that one or two of Muzio’s solutions were inspired by Ledoux.”39 Gio Ponti: an Elegy to Electricity There can be no doubt that a power plant is an extraneous element in the countryside in which it is meant to “become a natural part”. Edoardo Gellner notes, “The countryside is not just unspoiled nature, it is also the work of man who in this environment has taken his place, transforming it and creating a new look for the countryside, conjuring up an altered and humanized version of it.”40 Between the end of 81 I gioielli dell’architettura Architectural gems 82 doveva “naturalizzarsi” perché, come dichiarava Edoardo Gellner, “Il paesaggio non è solo l’intatta natura, ma anche l’opera dell’uomo che in questo ambiente si è inserita, trasformandolo e creando al paesaggio un nuovo volto, realizzando insomma un paesaggio costruito e umanizzato”40 e quando tra il secondo dopoguerra e gli anni Cinquanta uomini come Enrico Mattei e Alcide De Gasperi, con grande lungimiranza ebbero la consapevolezza che il fattore energetico sarebbe stato ancora di importanza vitale per garantire il progresso del Paese, si accentuò ancor di più il problema dell’impatto ambientale, e architetti come Giovanni Muzio, Gio Ponti ed Emilio Lancia, riuscirono a farsi carico del problema e ad integrare le loro costruzioni alla realtà dei luoghi come elementi imprescindibili del paesaggio stesso. Realizzarono così opere caratterizzate da una chiarezza costruttiva e da una semplificazione linguistica che passava attraverso elementi classici nel recupero del “permanente” rispetto al “caduco”, e nella rivalutazione della tradizione rispetto ai “primitivismi” e alle “bizzarrie”. Gio Ponti fu attivo in due cantieri idroelettrici trentini, quelli di Cimego (1954) e di Santa Giustina, e nella relativa diga che fu progettata nel 1946 e conclusa nel 1951 dall’ingegnere Claudio Marcello caratterizzata da una forma ad arco che con gli oltre 150 metri di altezza risultava la più alta d’Europa. Il progetto preliminare della centrale di Cimego the Second World War and the 1950s, far-sighted men like Enrico Mattei and Alcide De Gasperi realized that power would be of vital importance to ensuring the advancement of Italy. The issue of environmental impact became even more important. Architects such as Giovanni Muzio, Gio Ponti and Emilio Lancia succeeded in handling the issue by integrating their constructions into the existing reality of their locations, as vital elements of the countryside itself. The works they built were characterized by clarity of construction and stylistic simplification. They adopted classical elements and focused on the “permanent” rather than the “fleeting”, making the most of tradition rather than “primitivism and bizarreness”. Gio Ponti worked on two hydroelectric building projects in Trentino – at Cimego (1954) and Santa Giustina – and on the associated dam that engineer Claudio Marcello designed in 1946 and completed in 1951, which sported a bow-shaped form and, at more than 150m high, was the highest dam in Europe. The Ponti, Fornaroli and Rosselli practice’s preliminary design for the power station at Cimego envisaged a large transparent organism cadenced by a series of dello studio Ponti, Fornaroli, Rosselli, prevedeva un grande organismo trasparente, cadenzato da una serie di setti verticali e anticipato da un volume più piccolo, disposto su palafitte e provvisto delle tipiche mascherature, o schermi appesi. Nel rapporto tra forma e funzione la centrale di Cimego traduceva il nuovo corso nell’essenzialità del disegno, fatto di chiare superfici e di distribuzione attenta delle vetrate per introdurre l’elemento luce. In virtù di uno stretto e fiduciario rapporto con i suoi committenti, soprattutto la Edison di Milano, l’architetto milanese riuscì ad articolare un discorso coerente, in termini di proposizione di architettura nel paesaggio, e a compilare una sorta di catalogo architettonico di nuove forme per la montagna dove la decorazione risultava assente, le superfici si presentavano lisce e piane, e i volumi si inserivano sempre ben delineabili ma senza forzature nel paesaggio. Discorso ben visibile nella centrale elettrica Edison del Noce, a Santa Giustina, che fu la prima delle sei centrali elettriche Edison progettate dallo Studio Ponti e costruite nelle province di Trento, Sondrio e Cuneo dal 1952 al 1956. Per Ponti gli edifici delle centrali dovevano essere seven verticals, in front of a smaller volume built on piles and typified by masking or hanging screens. The Cimego power station was the harbinger of a new essentialism of design, forging a new relationship between form and function: clear surfaces and a meticulous distribution of glassedin areas to introduce the element of light. Given the close, trusting relationship he had with his clients, particularly with the Milan-based Edison company, the Milan-based architect managed to maintain a coherent approach in terms of embedding his architecture into the landscape, while at the same time compiling a sort of architectural catalogue of new shapes for a mountainscape, in which decoration was absent, the surfaces were flat and clean, and his volumes were clearly outlined without ever compromising the landscape. This approach was clearly in evidence at Noce Edison power station, located at Santa Giustina and the first of the six Edison electricity generating plants designed by the Ponti practice and built in the provinces of Trento, Sondrio and Cuneo between 1952 and 1956. For Ponti, it was important that the structure of his power station buildings was not cumbersome either in size or presence. Corrispondenza inerente studi e progetti per i particolari interni della centrale di Porto della Torre, anni Cinquanta. Correspondence on research and plans for the interior detailsat the Porto della Torre power station, nineteen fifties. 83 strutture non ingombranti né per dimensioni né per presenza. Architetture luminose che dovevano rendere visibile l’elemento invisibile dell’energia così come Ponti la descriveva: “silenziosa, dà moto e forza, dà luce, dà calore, giunge pertanto da enormi lontananze, ove si genera e si trasforma in parchi con apparecchiature complicatissime; si estende dappertutto con i suoi fili esili e mortali”41. Ponti described his light-filled architecture as being conceived to render an invisible element – energy – visible: “Silently, it provides motion and force; it offers light, it gives heat, it arrives over enormous distances to be generated and transformed in parks of highly complicated equipment; it travels everywhere through slender, mortal wires.”41 Il pensiero e l’opera di Ponti si possono riassumere nel motto “l’architettura è fatta per guardarla”42 e ad esso si attenne quando gli fu affidata la decorazione degli arredi interni della centrale idroelettrica di Porto Della Torre in provincia di Varese, costruita tra il 1952 ed il 1955. In questo progetto Ponti si avvalse della collaborazione dell’architetto Pozzi a cui dava precise indicazioni: “Non un ambiente che contenga uno (o più) elementi così detti decorativi ma un ambiente che ha nella sua totalità un’espressione (...) non debbono esserci eccessivi colori, l’interno deve risultare vivace ma forte e di gran dignità, non ‘elegante’”. Ponti propose di utilizzare una verniciatura trasparente e opaca. senza lisciatura delle pareti e delle travi del soffitto, una coloritura dei solai dei soffitti con effetti luminosi, una coloritura della gru, un pavimento scelto in relazione all’effetto generale prodotto dalle varie tinte e un fondale efficace e intenso nella parete di fondo. Tale opera fu affidata allo scultore Romano Rui che realizzò un grande pannello in ferro riproducente nelle forme stilizzate di un grafico di flussi il sistema idrico del fiume Ticino. Per quest’opera Rui ricevette un compenso di 550.000 lire, mentre per gli arredi interni, cornici, stampe e pavimenti alla “palladiana” affidati alla cura dell’architetto Pozzi il compenso fu di 250.000 lire, e sempre Pozzi ricevette 693.000 lire per le lampade dell’illuminazione esterna. I lavori della sala furono ultimati alla fine del 1955.43 Ponti’s philosophy and works may be summed up by the phrase “architecture is made to be looked at”.42 He stuck to this credo when he was commissioned to decorate the interior of the hydroelectric plant at Porto Della Torre, in the province of Varese, which was built between 1952 and 1955. Ponti worked with another architect, Mr Pozzi, on this project, to whom he gave specific instructions: “Not an environment that contains one (or more) so-called decorative elements, but an environment whose totality is an expression... No excessive colours, the interior must be lively but strong and show great dignity rather than be ‘elegant’.” Ponti proposed using clear, opaque varnish, unpolished, on the walls and ceiling beams; a shade of colour for the ceiling lofts to benefit from a light-enhancing effect; a shade of colour for the crane; a floor chosen depending upon the overall effect of its various constituent shades, and an effective and intense back wall. Sculptor Romano Rui landed this job and crafted a large iron panel which, in stylized form, reproduced a graphic version of how the water in the Ticino River valley system flowed. Rui was paid 550,000 lire for this commission. Architect Pozzi, who was in charge of the interior furnishings, cornices, prints and Palladian-style flooring, was paid 250,000 lire, plus 693,000 lire for the external lamps. Work on the hall was completed towards the end of 1955.43 85 Grandi artisti, cartoline e manifesti. Verso la modernità Alla fine dell’Ottocento l’Europa tutta è pervasa da un’ondata di entusiasmo e ottimismo per le prospettive dello sviluppo industriale e per le ultime innovazioni scientifiche e tecnologiche che si preparano a cambiare la vita e il volto delle città. Tra queste in particolare quella della luce elettrica che, con le sue molteplici possibilità di impiego, comporta un grande passo avanti per lo sviluppo industriale, sociale e civile, apportando notevoli benefici allo standard di vita, modificando la sensibilità e la percezione della realtà e portando a cambiamenti di rotta anche in campo estetico 86 Top Tier Artists, Postcards and Posters. Towards Modernity th By the end of the 19 century, a wave of enthusiasm and optimism was sweeping through Europe, triggered by the prospects of industrial development and the latest scientific and technological advances that were poised to change people’s lives and the cities they lived in. Of these, electric lighting offered so many potential fields of application that it marked a huge leap forward for industrial, social and civil advancement. Electric lighting notably boosted living standards and greatly changed people’s sensitivity and perception of reality; it also led to Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters 88 con nuove “esplorazioni” artistiche. La concezione della luce è sempre stata un tema di straordinario interesse per gli artisti, variato e aggiornato nei secoli entro le differenti teorie in dipendenza, più o meno diretta, del pensiero filosofico, religioso e scientifico. Nel momento in cui alla luce naturale o a quella delle lampade a petrolio e a gas si aggiunge la nuova forma di illuminazione, si aprono prospettive diverse di rappresentazione e la luce elettrica viene spesso ad essere protagonista nei lavori degli artisti. Con essa infatti nasce una nuova realtà da scoprire e da rappresentare, è l’oscuro mondo della notte che si illumina alla luce dei lampioni, delle vetrine e dei caffè che ravvivano le strade e i viali. È il tema dell’animazione notturna della città che diventa motivo di interesse anche per gli artisti impressionisti. Infatti, intorno agli anni Novanta dell’Ottocento, in una visione notturna del “Boulevard Montmartre”, Camille Pissarro e Claude Monet, fortemente interessati agli effetti della luce artificiale, ne avevano rappresentato i diversi aspetti e Pissarro così scriveva: “Sono lieto di poter dipingere le strade parigine che la gente è arrivata a descrivere come brutte, ma che sono invece così argentee, così luminose e piene di vita (...) questa è la modernità!”44. Nuove strategie per comunicare Tra la fine del XIX secolo e i primi del Novecento la borghesia celebra le invenzioni e i progressi Pagina di un calendario di propaganda sull’elettricità e i suoi usi domestici realizzato dall’Intal (L’Information Technique en Alsace et en Lorraine), Francia 1937. Page from a promotional calendar about electricity and its domestic uses, published by Intal (L’Information Technique en Alsace et en Lorraine), France 1937. a step change in aesthetics and prompted new artistic “explorations”. The very concept of light has always been of extraordinary interest to artists. The concept has changed and developed over the centuries as theories moved forwards, more or less in tandem with philosophical, religious and scientific thought. When this new form of lighting joined daylight and light made by oil and gas lamps, new horizons opened up for representation and electric light suddenly became a vital component of artists’ practices. It spawned a new reality to be discovered and depicted, as the dark world of night was lit up by streetlamps, shop windows and cafes, enlivening the streets and boulevards. Impressionist artists in particular were besotted by topic of city nightlife. Indeed, in the 1890s, Camille Pissarro and Claude Monet were fascinated by the effects of artificial light; they painted night views of “Boulevard Montmartre”. Pissarro wrote: “I am happy to be able to paint the Paris streets that people describe as so ugly when in fact they are all silvered, so lit up and full of life… This truly is modernity!”44 della tecnica affrontando la vita con uno spirito spensierato e positivo, ha scoperto il piacere di uscire, di recarsi nei caffè, di assistere a spettacoli teatrali e le vie cittadine sono piene di eleganti magazzini con vetrine e merci di ogni tipo. Questo modo di affrontare la vita, la varietà dei prodotti offerti e l’aumento della produzione crearono una nuova mentalità e una vera e propria società di consumatori. La grande concorrenza fra imprenditori impose, di conseguenza, una maggiore informazione per gli acquirenti e nuove strategie per comunicare a un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo anche le nuove conquiste del progresso come l’energia elettrica che rappresentava, con le sue applicazioni, l’assoluta novità dell’epoca per cui fu posta al centro dell’attenzione pubblicitaria. La pubblicità aveva ormai assunto un ruolo centrale nella vita commerciale, i creativi pubblicitari più abili non erano solo artisti ma anche abili comunicatori. Sulla scorta delle tante applicazioni dell’energia elettrica si diffusero numerosi mezzi di comunicazione visiva che ampliarono il campo di sperimentazione artistica. Calendari, agende, ventagli, francobolli, cartoline e cartoncini per gli auguri di Natale esprimevano Cartolina realizzata in occasione dell’inaugurazione della luce elettrica nella città di Frascati, 1901. Postcard printed to mark the inauguration of electric lighting in the town of Frascati, 1901. New Strategies for Communication th Between the end of the 19 century and the th beginning of the 20 century, the middle class celebrated technical inventions and progress and viewed life from a positive, happy-go-lucky standpoint. They discovered the pleasures of going out, frequenting cafes and taking in shows at the theatre; the city streets became thronged with elegant stores, shop windows and items of every kind. This approach to life, the growing variety of products on offer and increased output led to a new mentality and the beginnings of our consumer society. Intensified competition between businesses made more information available to buyers and promoted new strategies for communication with an increasingly broad and heterogeneous audience. The new triumph of progress in the form of electricity and its applications turned out to be a ground-breaking new development, which amply explains electricity’s role in marketing campaigns. Advertising had already assumed a key role in commercial life. Top advertising creatives were not 89 Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters quanto l’elettricità fosse fonte d’ispirazione per la cultura d’immagine di questo periodo. I disegnatori presero spunto dalle conquiste scientifiche e tecnologiche per interpretare con fantasia, ironia, slancio gioioso e a volte provocatoria novità una nuova sensibilità comune. Cartoline, francobolli e canzoni 90 La cartolina che sul finire dell’Ottocento aveva rappresentato il nuovo modo di comunicare, sintetico, veloce ed economico, diventa strumento efficace per l’informazione pubblicitaria della scoperta e dell’applicazione dell’energia elettrica. Quelle celebrative, dal forte impatto propagandistico sull’opinione pubblica, comunicavano gli avvenimenti, gli anniversari, le conferenze e gli eventi relativi alla nuova realtà tecnica. È del 1906 una cartolina stampata per celebrare l’arrivo dell’elettricità a Napoli, in cui, sullo sfondo, al tradizionale paesaggio partenopeo fu aggiunta l’immagine del tram in corsa, modernissimo mezzo di trasporto, mentre in primo piano una donna mostrava i simboli della nuova energia. L’immagine si componeva armonicamente con la just artists but skilled communicators. Many visual communications media jumped on the bandwagon of electricity and its applications, while at the same time extending the field of artistic experimentation. Calendars, diaries, fans, stamps, postcards and Christmas cards all demonstrated electricity’s role as a source of inspiration for image-based culture during this period. With imagination, irony, joyous élan and sometimes provocative intent, graphic designers drew on scientific and technological conquests as their inspiration for a new common sensibility. Postcards, Postage Stamps and Songs th By the end of the 19 century, postcards had emerged as a new medium of communication. Concise, fast and good value, they also proved to be an efficient tool for advertising the discovery and application of electricity. Celebratory postcards had an enormous impact on public opinion. They were employed to raise the profile of events, anniversaries, conferences and developments in this new technical field. For example, a printed postcard from 1906 celebrated the arrival of Cartolina italiana del 1906. Italian postcard from 1906. scritta inneggiante alla nuova scoperta, comunicando in maniera efficace e immediata il messaggio: ”Su la vetusta via or vola e i doni de la pace porta l’elettrica energia e nove accende di commerci forme ne la fulgida corsa”. La cartolina poteva anche recare un messaggio commerciale come appare in un prezioso esemplare del 1904 con l’intestazione “Boschi e Paponi, impresa per illuminazione ed energia elettricaArezzo” che presenta sullo sfondo composto da congegni elettrici e da un palo della luce, il disegno di un’aquila che sorregge nel becco una lampadina. Sull’altro lato, la cartolina reca una nota relativa al pagamento di un certo impianto.45 Tanti anche i francobolli che, con le immagini dei simboli del progresso, celebravano le varie innovazioni legate all’energia elettrica. A tal proposito è di grande interesse il ”foglio ricordo” che la Repubblica araba dello Yemen aveva emesso nel 1972, con otto francobolli che raccontavano la storia del progresso nell’ambito delle telecomunicazioni con immagini che raffiguravano i mezzi più antichi come le diligenze con i cavalli o le prime auto fino ai veloci aeroplani.46 Ma le nuove conquiste tecnologiche erano uno spunto anche per scrittori, poeti e compositori che nei loro lavori ne esaltavano le potenzialità.47 Tante anche le canzoni che celebravano la L’Inno alla Luce creato nel 1929 in occasione della “Settimana della luce”. The Ode to Light created in 1929 to mark the “Light Golden Jubilee”. electricity in Naples. Against a backdrop of iconic Neapolitan countryside the postcard featured an image of a hypermodern tram in motion, while in the foreground a woman showed off the symbols of this new type of energy. The image was a perfect complement to an effective and immediate message about this new discovery: “Along the old road now she flies, as the gifts of peace bring electricity, newly lighting up commerce with its effulgent speed.” Postcards were also used as advertising messages. This precious specimen from 1904 bears the heading “Boschi e Paponi, impresa per illuminazione ed energia elettrica-Arezzo”: the background of the postcard consists of electrical equipment and a lighting pole, along with a drawing of an eagle with a bulb in its beak. On the flip side, the postcard bore a note seeking payment for installation.45 Many postage stamps have come out to celebrate this progress, representing a variety of electricityrelated innovations. For example, the Arab Republic of Yemen brought out a “souvenir issue” in 1972: a collection of eight stamps that told the story of progress in telecommunications, featuring images of the oldest methods such as horse- 91 Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters “magia” della luce. In occasione della “Settimana della luce”, il 21 ottobre 1929, fu creato un “Inno della luce” con musica del maestro Giordano Zanni48 e questi versi di “Biagio”: “Fra le tenebre eterne, Iddio la luce / Il terzo dì creò, /ma poi la notte, come un manto funebre, /sulla terra gettò. La luce Iddio creò, / ma la notte restò. Un mago venne, ed in un piccol globo / Le stelle imprigionò, / e un nuovo firmamento nella notte / la terra illuminò. Le stelle imprigionò / La terra illuminò. L’opra di Dio sovrasta i firmamenti, /la lampada ed il sol; /Sue son l’ali colle quali il geniom/Leva più alto il vol. L’uomo si eleva a vol / Verso l’eterno sol”. 92 Manifesti d’autore Un altro strumento particolarmente apprezzato e utilizzato per trasmettere messaggi pubblicitari legati alle nuove scoperte furono i manifesti che, grazie al loro forte impatto visivo, erano in grado di indirizzare le scelte e il gusto del pubblico, di generare fiducia persuadendolo della bontà e dell’utilità del prodotto e di educarlo al consumo. I manifesti divennero l’occasione per artisti famosi e altri meno noti, drawn carriages, early motor vehicles, going all the way through to high-speed airplanes.46 The latest technological developments also inspired writers, poets and composers, who took the possibilities these developments opened up into their works.47 No end of songs celebrated the “magic” of light. To commemorate the “Light Golden Jubilee” on 21 October 1929, Maestro Giordano Zanni48 wrote the “Anthem to Light”, with the following lyrics by Biagio: “Amongst the eternal shadows, God made light / On the third day did he create it, / But then did he throw down night like a funereal cloak, / Upon this Earth. God created light, / But the night remained. A wizard came and in a tiny globe / Captured the stars, / And a new firmament in the night / lit up the Earth. He captured the stars / And lit up the Earth. The work of God overarches the firmament, / The lamp and the sun too; / His are the wings with which the genius / Rises higher in flight. Man rises in flight / Towards the eternal sun.” Manifesto realizzato per la Bec Auer da Privat-Livemont, 1896. Poster for Bec Auer designed by Privat-Livemont, 1896. per illustratori e grafici di avvalersi con maestria e originalità delle nuove tecniche come la litografia, la fotografia e la cromolitografia e di “contaminazioni” di altri settori della cultura visiva per tradurre il messaggio in un’arte pubblicitaria persuasiva. Nei primi manifesti le caratteristiche stilistiche legate ancora a uno stile convenzionale rimandavano al gusto dell’epoca, il Liberty. In questo periodo, nonostante ogni artista elaborasse un linguaggio personale, esistevano dei tratti comuni come la predominanza di una linea sinuosa e mossa con campiture di colore uniforme, i tagli obliqui dell’immagine, le suggestioni e i richiami formali all’arte giapponese scoperta, recentemente, nelle Esposizioni Universali. Ben presto, però, gli artisti pubblicitari più valenti vollero distaccarsi da questo stile convenzionale ancora legato al passato, ricercando all’insegna di un gusto illustrativo più moderno un linguaggio innovativo e originale in cui il segno grafico, abbandonato ogni riferimento alla tradizione, realizzava un felice connubio tra arte e pubblicità. In questo percorso evolutivo il manifesto pubblicitario fu caratterizzato da un continuo aggiornamento alla società a cui si riferiva. Era ormai chiaro quanto fosse importante per la dinamica dei consumi l’immagine rispetto alla realtà, quanto fosse necessario, per vendere, imporsi all’immaginazione collettiva dando un’immagine accattivante e convincente del prodotto, calibrando in una giusta mediazione i valori della tradizione con quelli dell’innovazione. Questo ragionamento che è tutt’ora alla base del discorso pubblicitario contemporaneo, fu subito recepito dalla nuova imprenditorialità del tempo che, sempre più spesso, si affidò alla capacità di artisti noti che con le suggestioni di immagini raffinate, unite ad avveduti meccanismi Masterpiece Posters Posters were another very useful tool for conveying advertising messages about the latest discoveries. With a strong visual impact, posters could orient people’s choices and tastes, generate loyalty, and persuade people of a product’s utility and excellence, as well as educating them about how to use it. Posters provided an opportunity for artists famous and otherwise, illustrators and graphic designers to express their mastery and originality through new techniques such as lithography, photography and chromolithography, “cross pollinating” with other areas of visual culture in order to translate messages into the art of persuasive advertising. Early posters featured stylistic characteristics in a conventional style that drew on the Liberty tastes of the day. Common features existed across each artist’s personal style, notably the predominance of soft, wavy lines and uniform blocks of colour; oblique cuts through images; and allusions and formal references to Japanese art, which had recently become known in the West through Universal Expositions. Soon enough, the most capable artists who worked in advertising distanced themselves from this conventional approach associated with the past to forge a more modern approach and an original style that moved things on. Once they abandoned all reference to tradition, their graphic design achieved a felicitous marriage of art and advertising. As this process unfolded, advertising posters reflected the continuous upheavals taking place in society. When it came to consumption, it was already clear that image was of vital importance compared with reality. In order to sell, it was 93 Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters 94 psicologici, sollecitavano l’adesione al messaggio. In Italia i primi sistemi di illuminazione pubblica a energia elettrica furono installati dalla Lipizzi e per questa ditta Duilio Cambellotti (1876-1960), artista dall’estro poliedrico, illustratore, incisore e scultore, disegnò il manifesto “Incandescenza” in occasione dell’Esposizione Nazionale di Torino del 1898 realizzato poi dallo Stabilimento Cromolitografico A. Marzi di Roma. La luce di una lampada, protagonista del messaggio, rischiara la donna ripresa in primo piano in un atteggiamento di grazia e di abbandono, dando vibrazione alla scena. Stagliate su un fondo scuro, eteree figure femminili sembrano danzare attratte anch’esse dalla sorgente luminosa mentre i riferimenti della ditta sono segnalati su eleganti pannelli inseriti nella scena. Ricorrente era l’uso di introdurre nei messaggi pubblicitari l’immagine femminile, uno dei temi più trattati dalla cultura figurativa dell’Art Nouveau, sotto l’influenza del simbolismo letterario. La donna, infatti, incarnava il mistero, il sogno e come tale veniva rappresentata, un’immagine ieratica, sospesa, distaccata dalla realtà, forma seminuda dalle chiome serpentine, avvolta in veli fluttuanti che rimandava a significati allusivi e simbolici. Anche nei manifesti dell’artista tedesco Adolfo Hohenstein (18541928), considerato uno dei padri del cartellonismo italiano, compare la figura femminile in linea con le rappresentazioni dell’Art Nouveau. L’artista, di nascita russo, trascorse circa vent’anni in Italia, lavorando come scenografo e costumista per La Scala e diventando direttore È firmato Duilio Cambellotti il manifesto per Incandescenza S. Lipizzi & C., 1898. Duilio Cambellotti’s poster for Incandescenza S. Lipizzi & C., 1898. necessary to carve out a place in the collective imagination by offering an attractive and convincing image of a product, striking the right balance between the values of tradition and innovation. This rationale – one that to this day underpins the practice of advertising – was quickly adopted by emerging businesses of the day, which flocked to hire well-known artists to produce refined images that leveraged shrewd psychological mechanisms and prompted people to act on the messages conveyed in the advertising itself. The Lipizzi company installed the first public lighting systems in Italy. Duilio Cambellotti (18761960), a brilliant and multi-talented artist, illustrator, engraver and sculptor, designed a poster for Lipizzi entitled “Incandescenza”, which made its debut at the National Exposition of Turin in 1898, and was printed by the Stabilimento Cromolitografico A. Marzi in Rome. The central focus of the message – the light the bulb generates – illuminates a woman in the foreground; her graceful pose and state of abandonment make the scene vibrate. Against the black background, ethereal female figures seem to be dancing as they too are attracted by the light source. Elegant panels inserted into the scene convey the company’s name. It was common practice to use images of women in these messages; women were one of the most common themes in Art Nouveau figurative artistico delle Officine grafiche Ricordi di Milano, in quegli anni la più importante industria cromolitografica in Italia. Nel manifesto realizzato nel 1889 per reclamizzare le forniture elettriche della ditta Cesare Urtis & Co di Torino, Hohenstein rappresenta una donna nuda dalle lunghe chiome che illumina con una forte lampada la città di Torino che si intravede in lontananza, seguendo i canoni di quella sensibilità legata al mondo decadente di fine Ottocento, e sostituisce con estro creativo il tralcio di fiori, caratteristica decorativa abituale nelle pitture di questo periodo, con un originale fascio di lampadine di diverse forme e dimensioni. Anche nel manifesto creato per l’Esposizione Internazionale di Elettricità, per celebrare il Centenario della pila elettrica nel 1899 e il suo inventore, Alessandro Volta, le classiche immagini femminili si stagliano sullo sfondo di un “paesaggio elettrificato”, simbolo del progresso tecnologico, mentre i serti di fiori che sottolineano le forme sinuose del profilo della scena e i caratteri delle scritte rimandano agli stilemi consueti del Liberty. In occasione della riapertura del Teatro Sociale a Como, illuminato dalla luce elettrica nel 1899, fu commissionato un manifesto per ricordare il Centenario della pila e il suo inventore. L’incarico fu dato questa volta a Marcello Dudovich (1878-1962), il cui stile si caratterizzava per l’eleganza del tratto e per il sofisticato ma coinvolgente gusto illustrativo, doti che gli diedero fama internazionale e lo resero uno tra i più culture, which was under the influence of literary symbolism. Woman embodies history and dreams. She is, here, presented in a hieratic image suspended and detached from reality, her semi-naked form swathed in serpentine locks and wrapped in flowing veils that hint at symbolic and allusive meanings. The female figure also prevailed in the Art Nouveau posters designed by German artist Adolfo Hohenstein (1854-1928), who is considered to be one of the founding fathers of Italian advertising posters. The Russianborn artist lived in Italy for some twenty years, working as a set and costume designer at La Scala. He went on to become artistic director at the Officine Grafiche Ricordi di Milano, at that time Italy’s biggest chromolithography specialist. In his 1889 poster for electrical equipment manufactured by the Cesare Urtis & Co of Turin, Hohenstein drew a naked woman with long hair holding a bright bulb up to light the city of Turin, visible in the distance. The poster follows the th canons of late 19 -century decadent sensibility. Creatively, the artist replaced a spray of flowers – a motif often used for decoration in paintings around this period – with an original strip of bulbs of various shapes and sizes. Hohenstein’s poster for the 1899 International Exposition of Electricity, commemorating Manifesto pubblicitario di Adolfo Hohenstein per la Cesare Urtis e Co. di Torino, 1889. Adolfo Hohenstein advertising poster for Cesare Urtis e Co. of Turin, 1889. 95 Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters Manifesto di Adolfo Hohenstein, 1898. A poster by Adolfo Hohenstein, 1898. 96 quotati cartellonisti del secolo. L’affinamento del gusto e la padronanza nella scelta cromatica maturarono, sicuramente, grazie a un apprendistato come litografo presso le Officine Ricordi nel 1897 dove venne in contatto con grandi maestri come Leopoldo Metlicovitz e Adolfo Hohenstein, le cui suggestioni appaiono palesemente nei suoi primi lavori. Nel manifesto il messaggio comunicativo segue l’evoluzione del gusto figurativo del momento, l’impianto formale con i caratteri delle scritte e la figura femminile che simboleggia la musica e si staglia in un fascio di luce splendente rimandano, infatti, alla standardizzazione floreale del Liberty. Negli anni a seguire, Dudovich adotterà un linguaggio pittorico semplificato, con coloriture piatte e una grafia meno avvolta e più sintetica in cui anche l’ideale femminile non sarà più rappresentato come una tradizionale immagine sacra ma come archetipo di una donna reale, sicura e moderna, che vuole usufruire di tutte le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Ma il fluente e sinuoso linearismo dello stile Liberty perde, pian piano, la sua fisionomia con il sopraggiungere del velocissimo progresso tecnologico e con la spinta vitalistica delle avanguardie storiche. Le forme, dopo un orientamento verso un Liberty meno estetizzante e più organicamente inserito nei Manifesto di Marcello Dudovich, 1899. A poster by Marcello Dudovich, 1899. the centenary of the electric battery and its inventor Alessandro Volta, also drew on classic female images. His women stood out against a backdrop of an “electrified landscape” as a symbol of technological progress. Garlands of flowers emphasize the sinuous form of the scene, and he used Liberty-style fonts for the text. To mark the reopening of the Teatro Sociale in Como, which was lit by electricity in 1899, a poster was commissioned to commemorate the centenary of the battery and its inventor. Marcello Dudovich (1878-1962), an artist whose hallmark was an elegant touch and a sophisticated yet accessible taste for illustration, won the commission. He rose to international prominence and became one of the highest-paid advertising poster designers of his day. He developed his refined taste and mastery of colour during an apprenticeship as a lithographer at the Officine Ricordi in 1897, where he met great masters like Leopoldo Metlicovitz and Adolfo Hohenstein, whose styles are clearly perceivable in his early work. The advertising message in the poster reflects the evolution of figurative taste at the time; its formal layout, including the fonts and female figure symbolizing music, stands out against a beam of bright light, referencing the floral standardization of Liberty style. In later years, Dudovich progressed to a more simplified pictorial approach, using flat colours and a less overwrought, more direct graphic processi produttivi della società industriale, si vanno sempre più adeguando ad una modernità meno spirituale ed intimistica e più consona a una realtà essenziale e pragmatica con una semplificazione molto precisa. È un cambiamento definitivo nella storia del gusto, i colori si accendono grazie anche all’influenza dei Fauves, sostituendo i toni sfumati e intermedi della cartellonistica precedente e i marchi commerciali vengono pubblicizzati anche con ironia e umorismo. È Leonetto Cappiello (18751942) il precursore di questa nuova espressività che grazie alla sua estrosa inventiva e per il suo tratto sintetico di immediata ricezione, può essere considerato uno dei protagonisti più originali e innovativi della storia del manifesto italiano. L’artista, inizialmente pittore, si affermò ben presto come caricaturista, un genere la cui influenza è ben visibile nell’impostazione dei suoi manifesti. Cappiello intendeva il manifesto pubblicitario come luogo per proporre i suoi personaggi fantastici, folletti, diavoletti, maschere, clown, figure disegnate da un tratto continuo, l’arabesco, che fortemente colorate si stagliavano su fondi scuri. L’artista espresse questo nuovo linguaggio iconografico caratterizzato da un grande spirito di modernità e una componente umoristica di grande presa visiva sul pubblico, nei tanti manifesti realizzati per promuovere le imprese fornitrici di elettricità e le ditte produttrici di approach in which the ideal of the woman was no longer represented as a traditional sacred image but as an archetype of a real, selfassured and modern woman keen to take advantage of all of the opportunities new technology offered. The fluid, sinuous linearism of Liberty style gradually lost its physiognomy as technological progress gathered pace and avant-garde movements added a vitalistic thrust. After passing through a less aesthetically-oriented version of Liberty that more organically reflected the productive processes of industrial society, a shift took place towards a less spiritual and intimistic modernity that was better-suited to an essential and pragmatic reality. This marked a sea change in the history of style: influenced by the Fauves, colours became brighter, replacing the nuanced, intermediate hues found in earlier posters, and trademarks began to be advertised with irony and humour. Leonetto Cappiello (1875-1942) was a forerunner of this new mode of expression. Thanks to his inventive brilliance and immediately understandable stripped-down approach to line, he became one of the most original and innovative creative forces in the history of Italian 97 Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters 98 lampadine o di piccoli elettrodomestici. Nella pubblicità per Lampe Osmine, Cappiello affidò la trasmissione del messaggio a un piccolo e spiritoso diavolo rosso, dal sorriso malizioso, disegnato su fondo scuro e inquadrato in un’originale cornice di lampadine. L’effetto della spiritosa figura che sembra balzar fuori dalla cornice che la inquadra per venirci incontro, è ottenuto grazie all’utilizzo audace e moderno del colore e del movimento del disegno. Questo impianto formale tanto innovativo fu ripetuto da Cappiello anche quando, nel 1922, la Società Elettrotermica Italiana lo incaricò di diffondere il suo marchio. In questo caso l’artista abbandonando il gusto figurativo in uso fino ad allora della donna idealizzata e disegnò una bizzarra figura femminile, “la donna elettrica”, circondata dai primi piccoli elettrodomestici che potevano rendere più leggeri i lavori domestici e lasciarle così più tempo da dedicare a se. La donna era rappresentata nell’atto di avvicinare due magneti che irradiavano l’energia elettrica ai nuovi apparecchi, ferri da stiro, asciugacapelli, bollitori, ventilatori. È un’interpretazione surreale, ma accattivante, eseguita con una grafia essenziale ma estremamente espressiva che comunica direttamente la sua essenza risultando profondamente incisiva a Manifesto di Leonetto Cappiello per Lampe Osmine, 1910. A poster by Leonetto Cappiello for Lampe Osmine, 1910. poster design. After working initially as a painter, he soon gained renown as a caricaturist, a genre whose influence is very much visible in the layout of his posters. Cappiello viewed advertising posters as the perfect location to let loose his imaginative characters – imps, little devils, masks and clowns – all of which he drew in a continuous arabesque, and then coloured brightly to stand out against dark backgrounds. Cappiello embodied a new iconographic approach that channeled a great spirit of modernity and visually-appealing humour in the many posters he designed to promote companies that supplied electricity and manufacturers of bulbs and small domestic appliances. In his advert for Lampe Osmine, Cappiello entrusted his message to a funny little red devil with a sly smile, drawn against a dark background and set within an original frame of bulbs. The amusing figure seems to jump out of the frame and come towards us, an effect he achieved through bold, modern use of colour and movement in the drawing. Cappiello used this groundbreaking formal approach again in 1922, when he was hired by the Società Elettrotermica Italiana to promote its brand. Cappiello turned his back on the figurative predilection for idealized women, instead preferring to draw a bizarre feminine figure, “the electric woman”, surrounded by early household appliances that could make housework less Manifesto di Leonetto Cappiello per la Società Elettrotecnica Italiana, 1922. A poster by Leonetto Cappiello for the Società Elettrotecnica Italiana, 1922. livello inconscio ed emozionale. I manifesti ebbero una diffusione sempre maggiore, anche perché con le nuove tecnologie si potevano ottenere a costi contenuti numeri elevati di tiratura, e divennero elementi di una nuova bellezza urbana, espressione di un’arte non musealizzata, ma godibile da tutti. Cappiello così affermava nel 1939: “L’artista deve essere prima di tutto il guardiano rigoroso ed attento dell’estetica della strada. Un manifesto, una volta esaurita la funzione pubblicitaria, deve restare un mezzo efficace di seduzione estetica della folla”49. Le nuove strategie di comunicazione che si andavano sempre più affinando introdussero, accanto alle immagini, parole, frasi facilmente memorizzabili e associabili al prodotto che contribuivano alla trasmissione veloce e convincente del messaggio promozionale. Il linguaggio con il quale i grandi maestri moderni della grafica pubblicitaria propagandarono le diverse applicazioni della nuova tecnologia, se rifletteva i caratteri principali della pittura del tempo divenne, al contempo, fortemente sperimentale, in linea con la modernità del prodotto. Infatti la poetica futurista si espresse anche attraverso il messaggio pubblicitario inneggiando allo sviluppo della scienza elettrica e dei suoi valori progressisti che avevano aperto illimitate possibilità alla nuova sensibilità dell’avanguardia. onerous and leave women more time to dedicate to themselves. The woman he depicted approaches two magnets radiating electricity towards new-fangled devices like irons, hair dryers, kettles and fans. Cappiello executed this surreal yet attractive interpretation in an essential and extremely expressive graphic manner, directly communicating its essence and imbuing it with great impact at unconscious and emotional level. Posters began to become increasingly prominent as new technologies made it possible to execute large print runs at limited cost. Indeed, posters were a contributory factor to a new idea of urban beauty, an expression of art outside the museum that everyone could enjoy. In 1939, Cappiello said: “Above all else, artists must be the strict and careful custodians of street aesthetics. Once it has completed its function as advertising, a poster must carry on being an effective means for an aesthetic seduction of the crowd.”49 As new communication strategies became ever more refined, easy-to-remember words and phases began to be associated with products alongside the images, helping to ensure that the message was delivered quickly and convincingly. The style adopted by leading modern masters of advertising graphic design raised awareness about new applications of these new technologies. While they reflected the main characteristics of painting during the age, they were also highly experimental, mimicking the 99 Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters Manifesti realizzati da Leonetto Cappiello per Lampe O. R. (1912) e Visseaux (1913). Posters by Leonetto Cappiello for Lampe O. R. (1912) and Visseaux (1913). 100 Fortunato Depero nel “Manifesto dell’arte pubblicitaria” affermava che il messaggio pubblicitario doveva essere veloce per poter aumentare la rapidità della comunicazione, l’immagine doveva essere sintetica e con grandi campiture di colore a tinte piatte. Di conseguenza, in consonanza con il linguaggio pittorico del movimento, la linea dominante diventava dinamica, la scritta non era più una semplice didascalia ma parte inscindibile dell’immagine, la costruzione veniva caratterizzata da linee diagonali e da una forte e intensa scomposizione cromatica ottenuta con audacissime pennellate di colore che sconvolgevano l’impianto tradizionale e scardinavano la tranquilla visione accademica, rendendo appieno l’idea del movimento, della velocità, del tumulto del mondo moderno.50 La dinamica Futurista La seduzione della luce artificiale che si diffonde nello spazio notturno della città costituisce un modernity of the products themselves. Futurist poetics also found expression in advertising messages that extolled the development of electrical science and its forward-looking values, opening up unlimited possibilities for new avantgarde sensibilities. In his “Manifesto dell’arte pubblicitaria” [Manifesto of Futurist Advertising Art], Fortunato Depero stated that advertising messages needed to be fast to increase the rapidity of communication; images needed to be concise and feature large, flat blocks of colour. Much as with the pictorial style adopted by the movement, the dominant line was dynamic, and written words were no longer simple captions but an indivisible part of the image. Images were characterized by diagonal lines and intense chromatic decomposition obtained by using very bold brush strokes of colour, overturning the traditional approach and undermining a hidebound academic vision, while at the same elemento fondante per il Futurismo, il primo movimento di avanguardia del Novecento italiano, con riscontri a livello mondiale. Il 20 febbraio 1909, Filippo Tommaso Marinetti fa pubblicare a proprie spese, sul “Figaro” di Parigi, il Manifesto di fondazione del Futurismo, una prima dichiarazione programmatica in base alla quale si svilupperanno le linee di ricerca del movimento. Il Futurismo nasce con il desiderio di celebrare le innovazioni scientifiche e il progresso con una nuova pittura moderna, provocatoria, aggressiva e dirompente contro le regole tradizionali della borghesia benpensante. È un’ideologia complessiva che, in una totale corrispondenza tra vita reale e vita artistica, attraverserà freneticamente tutte le forme d’arte, dall’architettura al cinema e al teatro, dalla pittura alla scultura, dalla moda alla fotografia, dal design alla danza. L’11 aprile del 1910, con il Manifesto tecnico della pittura futurista firmato da Boccioni, Carrà, Russolo, Balla e Severini, Marinetti consacra la nascita del movimento con l’esaltazione di un nuovo mondo energico, vorticoso, che comporta la distruzione del vecchio mondo convenzionale e ipocrita a cominciare dall’arte che lo esprime. La città moderna, dinamica e caotica, è rappresentata dai futuristi illuminata da luci abbaglianti, con un brulicare di persone in continuo movimento, immersa in un’atmosfera svaporata, ora pallida e bluastra ora calda e intensa resa con segni verticali sbrigativi, veloci fin quasi all’astrazione. Il movimento del cosmo, la città industriale, nuovo mito contemporaneo, la velocità, che bene rappresenta il ritmo frenetico della metropoli moderna, i tram in continuo movimento, le insegne luccicanti, i suoni, gli stridori, le luci elettriche simbolo del progresso, sono i nuovi time fully rendering the idea of the modern world’s movement, speed and upheaval.50 The Futurist Dynamic The seduction of artificial light spreading through the nocturnal space of the city was a key element of Futurism, the first avant-garde movement in th 20 -century Italy, and one that had worldwide echoes. On 20 February 1909, Filippo Tommaso Marinetti paid out of his own pocket to publish the Manifesto the Foundation of Futurism, in the “Figaro” newspaper in Paris. This was the first forward-looking seed from which the movement would develop. Futurism originated out of a desire to celebrate scientific innovation and progress through a new approach to painting that was modern, provocative, aggressive and disruptive to the traditional rules of the conventional bourgeoisie. Through a total overlap of real life and artistic life, this complex ideology spread rapidly through all forms of art, from architecture to the cinema, theatre, painting, sculpture, fashion, design and dance. On 11 April 1910, Boccioni, Carrà, Russolo, Balla, Severini and Marinetti signed the Technical Manifesto of Futurist Painting marking the birth of the movement and extolling a new energetic, whirlwind world that led to destruction of the old conventional and hypocritical world, starting with the art that expressed it. Futurists portrayed the modern, dynamic and chaotic city lit up by dazzling lights, buzzing with people in perpetual motion, immersed in an exuberant atmosphere, either in pale and bluish tints, or warmly and intensely, rendered in hurried verticals so rapidfire as to be almost abstract. 101 Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters temi che i futuristi vogliono raffigurare nelle loro pitture: “Canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche, le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; (...) le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio“51. 102 Per dipingerli al meglio essi presero in prestito dal divisionismo la tecnica della scomposizione del colore, che aveva il vantaggio di cogliere, grazie alla velocità dei tocchi, il senso dinamico della vita in movimento. Il linguaggio utilizzato dai futuristi fu ancor più dinamico, moderno e adatto a rappresentare la frenesia e il sovrapporsi delle forme e delle luci nella nuova percezione e visione del mondo che stava nascendo. Milano era la città che, al meglio, rappresentava tutto ciò, una metropoli in pieno fervore creativo con i cantieri in allestimento, le industrie e le luci sfavillanti che avevano sostituito la luce fioca dei lampioni a gas. Ed è proprio un lampione, un semplice elemento del paesaggio urbano, che nel 1910 diventa il protagonista assoluto del dipinto “La lampada ad arco” di Giacomo Balla, uno dei maggiori artisti del movimento. Sotto l’accecante bagliore di luce del lampione si intravede e si sfalda uno spicchio di luna, simbolo per i futuristi del passato e di un arcaico romanticismo. La luce elettrica simboleggia, quindi, in un’accezione artistica modernista l’energia di svecchiamento che aggredisce la cultura classicista e simbolista: “Uccidere il chiaro di luna: l’avvento della luce elettrica simbolo del progresso e del Futurismo fa impallidire e scomparire il chiaro di luna, simbolo del romantico passatismo”52. Nei dipinti futuristi la luce diventa materia pittorica e la sua materializzazione è ottenuta mediante l’accostamento di segni veloci e frammentati di colori puri che si irradiano da un nucleo “La lampada ad arco”, dipinto di Giacomo Balla, 1910. The movement of the cosmos, the industrial city and the new contemporary myth of speed perfectly summed up the frenetic rhythm of modern metropolises: trams were always on the move, shining signs, sounds, clangs and screeches, electric lights as the symbol of progress – the Futurists wanted to portray all of these new themes in their paintings: “We shall sing of the vibrant nocturnal fervour of arsenals and building sites burned by violent electric moons, greedy stations, devourers of smoking serpents… of broad-chested locomotives that paw at the tracks like huge horses of steel.”51 To enhance their paintings, many artists borrowed a technique of breaking down colour from Divisionism, which had the advantage of seizing the dynamic sense of life in movement through speed of application. The Futurists’ style was all the more dynamic, modern and bettersuited to depicting frenzy, overlapping forms and lights in the new perception and nascent vision of the world. Milan more than any other city represented all this: it was a metropolis in full creative ferment, buzzing with building sites, factories and bright lights which were winning out over the weak gas lamp glow. It was actually a humble piece of urban furniture – the street lamp – that became the undisputed star of a painting by Giacomo Balla, one of the movement’s leading artists, in his 1910 work “La lampada ad arco”. To the Futurists, the crescent moon was a symbol of the past and archaic romanticism; here, it may be glimpsed as it disintegrates under the dazzling glow of a streetlight. Electric light symbolized rejuvenating energy that was an attack on classicist, symbolist culture: “Killing moonlight: the advent of electric light, a symbol of progress and Futurism, renders moonlight paler and paler until it disappears, and luminosissimo di giallo e bianco, secondo quanto dichiarava lo stesso Marinetti: “La lampada elettrica, che soffre e spasima e grida con le più strazianti espressioni di colore”53. Anche Umberto Boccioni, uno dei componenti del gruppo iniziale dei futuristi più vicino a Marinetti, riporterà nella sua produzione artistica la visione della città futurista e le novità del mondo moderno. I pali della luce elettrica, le ciminiere delle fabbriche, il dirigibile e l’aereo saranno le immagini simboliche di quel dinamismo universale che cambierà e sovvertirà anche la percezione dello spazio. In “Rissa in galleria”, una delle tele più note del primo periodo d’attività di Boccioni, ancora una volta protagonista è la luce elettrica: i lampioni e le vetrine di un caffè della Galleria Vittorio Emanuele II di Milano, illuminano un litigio tra due prostitute attorniate da una folla disordinata e in movimento. Lo scontro, il contrasto e la rissa rappresentano per i futuristi energia e rinnovamento, contro il perbenismo borghese. Ma le figure umane che agitano la scena sono, in realtà, subalterne alle grandi vetrate del caffè ravvivate da luci e sprazzi luminosi, la luce è una sostanza concreta, un urlo cromatico che pervade ogni cosa e scompone l’immagine. Lo spazio si presenta disintegrato, il tessuto pittorico acceso, ma sgranato in un vortice dinamico di cromie che trasfigura il soggetto fin quasi a dissolverlo e a perdere ogni coerenza figurativa. Sempre una Milano notturna, illuminata dalla luce dei lampioni e dallo sferragliare dei tram che “La lampada ad arco”, painted by Giacomo Balla, 1910. moonlight is the symbol of romantic die-hardism.”52 Light was pictorial matter for Futurist paintings, made material by combining rapid marks and fragments of pure colour radiating out from a dazzlingly bright yellow and white core. Marinetti said: “The electric lamp suffers and swoons and shouts with the most strident expressions of colour.”53 Umberto Boccioni, who was a founder member of the Futurist movement and close to Marinetti, filled his works with a vision of the Futurist city and its latest evolution in the modern world: electricity poles, factory chimneys, dirigibles and planes became symbolic images of a universal dynamism that would change and subvert even our perception of space. “Rissa in galleria”, one of Boccioni’s best-known canvases from this time, features electric light too: the lamps and shop windows cast light on a fight between two prostitutes who are surrounded by a disordered, moving crowd of onlookers. To the Futurists, arguing, clashing and fighting were representations of energy and renewal as opposed to bourgeois conformism. In actual fact, the human figures in motion around the scene play second fiddle to the huge windows of the cafe – windows enlivened by light and luminous sparks. Light becomes a 103 Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters l’attraversano è protagonista di “Notturno in piazza Beccaria” dipinto da Carlo Carrà nel 1910. La città appare frenetica e vibrante, il dinamismo espresso con il colore arriva quasi a negare la dimensione del reale, le figure umane, che si spostano caoticamente in tutte le direzioni, appaiono come ombre, realizzate in una totale fusione con l’ambiente circostante.54 L’avventura intellettuale degli artisti che nel loro lavoro riportano il tema della luce artificiale, si sviluppa con una continua coerenza seguendo le strutture del linguaggio dei movimenti di appartenenza. Magritte e l’impero delle luci 104 Nel Surrealismo, René Magritte caratterizza il suo linguaggio artistico con una forte tendenza alla rappresentazione fantastica dovuta alla tradizione culturale del suo paese d’origine, da Bruegel a Bosch, e dall’aver assimilato il senso del mistero proveniente dalla lezione di Giorgio De Chirico. L’artista crea nei suoi dipinti effetti nuovi e fantasiosi che includono anche l’accostamento assurdo e bizzarro di oggetti e scenari; in alcuni suoi dipinti, soprattutto quelli realizzati dopo la Seconda guerra mondiale, un tema abbastanza ricorrente è quello dell’illuminazione notturna. Nel dipinto “L’empire des Lumiéres” del 1954, l’artista fonde, in un paradosso visivo, il tema del giorno e della notte in un unico paesaggio: il cielo azzurro del giorno si staglia su una casa avvolta dal buio ma illuminata e resa viva dalla luce di un lampione acceso, posto dinanzi ad essa. La luce elettrica è per Magritte un elemento vitale, concreto, che si contrappone per la sua forza alla luce solare diurna. tangible substance, a chromatic yell that pervades everything to the point of decomposing the image. Space begins to disintegrate; the fabric of the picture is lit up but grainy, a dynamic whirlpool of colour that transfigures the subject almost until it dissolves and loses all figurative coherency. Carlo Carrà’s 1910 work “Notturno in Piazza Beccaria” shows another version of Milan by night, lit by the streetlamps and the clatter of passing trams. The city takes on a frenetic, vibrating aspect, its dynamism expressed through colour to the point that reality is almost negated; the human figures that rush chaotically in all directions look like shadows, fused completely into the surrounding environment.54 For artists whose work featured artificial light, the intellectual adventure continued in accordance with the stylistic structures of the movements to which they belonged. Magritte and the Empire of Light Surrealist René Magritte’s artistic style displayed a strong tendency towards imaginative representation. In so doing, he was building on the cultural tradition of his country of origin, on the work of his compatriots Bruegel and Bosch, while at the same time assimilating the sense of mystery conveyed by Giorgio De Chirico. The artist created imaginative new effects in his paintings, including absurd and bizarre combinations of objects and scenes. Nocturnal lighting was a recurring theme of Magritte’s painting, especially the works he Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters Francobollo delle Poste spagnole dedicato all’opera “Guernica” di Pablo Picasso, 1981. Il tema della luce elettrica così trattato suscita grande interesse nell’artista che lo riprende anche in altre sue opere. Nel “La voix du sang” sono, ancora una volta, abbinate paradossalmente la luce del giorno e l’oscurità della notte ma, di nuovo, nell’oscurità le luci provenienti da una casa inserita in un tronco d’albero animano la scena e danno il senso della vita. Sono visioni surreali, enigmatiche, di incantata sospensione in cui l’artista belga, pur riprendendo elementi che possiedono l’evidenza e la chiarezza della realtà, sovverte la logica comune con la contraddittoria contemporaneità dei momenti temporali. L’innovazione di Picasso 106 Anche Picasso ha ripreso il tema della luce elettrica. In “Guernica”, il monumentale pannello di ben 8 metri per 3 commissionato all’artista in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1937 sono presenti una serie di simboli che rimandano ad essa. La scena del massacro in cui appaiono corpi straziati e volti sfigurati è evidenziata da una linea dura e tagliente e da una sintassi cromatica che ammette solo il bianco e il nero. Una lampada è situata quasi al centro del quadro, è un grande occhio la cui pupilla è rappresentata da una lampadina che irradia raggi appuntiti e acuminati come lame. È una luce forte, simbolo della ragione che taglia in obliquo il buio della stanza a cui si contrappone l’immagine di una vecchia lampada a petrolio, rappresentazione simbolica della regressione collettiva che conduce alla guerra. Ma Picasso, personaggio di grande modernità, painted after the Second World War. In his 1954 work “L’empire des Lumiéres”, the artist creates a visual paradox by combining night and day in a single landscape: a blue daytime sky towers over a house shrouded by darkness, lit only by the light of a streetlamp out in front. For Magritte, electric light was a vital, tangible element, one whose strength stood in opposition to the sun’s light by day. The topic of electric light fascinated the artist, and he also featured it in other works. In “La voix du sang” daylight and nocturnal darkness are once again paradoxically paired. Once again, in the darkness the light emitted by a house set in a treetrunk animates the scene, giving it a sense of life. In his surreal, enigmatic and enchantingly suspended visions, the Belgian artist adopted elements from everyday reality to subvert common logic with the contradictory contemporaneity of passing time. The Innovation of Picasso Picasso also featured electric light in his work. A series of symbols harking back to electric lighting form part of “Guernica”, his monumental 8m x 3m panel commissioned for the 1937 Paris Universal Exposition. Picasso painted the massacre scene of mangled bodies and disfigured faces in hard, slashing brush strokes, using a chromatic syntax in which there is room for black and white alone. A lamp sits almost dead centre in the painting, depicted as a large eye in which the pupil is represented by a bulb from which rays issue Stamp printed by the Spanish post office to commemorate Pablo Picasso’s “Guernica”, 1981. sempre pronto a interpretare la creazione artistica con l’utilizzo di strumenti innovativi, sperimentò con l’utilizzo della luce elettrica anche la tecnica del light painting di cui gli aveva parlato il fotografo della rivista “Life Magazine”, Gjon Mili. Era il 1949 quando il fotografo libanese, in un incontro con l’artista, gli aveva mostrato il risultato di alcune sue foto innovative ottenute fissando ai pattini da ghiaccio delle piccole luci che formavano, con il movimento al buio, delle linee vorticose. Era, in verità, una tecnica che già il dadaista Man Ray, nel 1935, aveva sperimentato fotografando su un suo autoritratto giochi di linee di luce, disegnate con una piccola fonte luminosa. Picasso ne fu immediatamente catturato e realizzò, con una piccola torcia, usata a mo’ di pennello, dei “disegni di luce” ripresi da Mili con due macchine fotografiche. Con il suo gesto, forte, vigoroso e drammatico diede vita a immagini con tori e centauri, temi per lui consueti, esposte poi nel 1950 al Museum of Modern Art di New York. La Fata elettricità di Dufy Sempre nel 1937, in occasione dell’Esposizione Internazionale delle arti e delle tecniche, la sharp and pointed as blades. The strong light is a symbol of reason cutting obliquely through the darkness in the room, in opposition to the image of the old gas lamp, a symbolic representation of the collective regression that leads to war. As a truly modern man, always ready to adopt innovative instruments in the service of creation, Picasso used electric light for “light painting”, a technique that “Life Magazine” photographer Gjon Mili showed him. The Lebanese-born photographer met the artist in 1949, and presented him with some innovative photos he had taken by attaching small lights to ice skates worn by a skater. When the skater moved in the dark, the lights created whirling lines. This technique had been used before, in 1935 by Dadaist artist Man Ray: he experimented with a photographed selfportrait on which he drew lines using a small light source. Picasso was immediately entranced. He used a small torch in lieu of a brush to make “light paintings” that Mili captured on two cameras. Using his strong, vigourous and dramatic approach, Picasso 107 Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters 108 compagnia parigina di distribuzione dell’elettricità affidò al pittore francese Raoul Dufy, uno degli esponenti più autorevoli del movimento dei Fauves, l’incarico di illustrare la storia dell’elettricità e il suo sviluppo. Nel Pavillon de l’Electricité et de la Lumiere Dufy dipinse un’enorme opera orizzontale, ben 60 metri per 10, “La Fée Electricité”, che oggi è visibile al Museo d’Arte Moderna di Parigi.55 Sullo sfondo dei 250 pannelli che compongono il lavoro, collocato in un ambiente spoglio e buio che ne amplifica la suggestione, si stagliano antichi impianti e strumenti elettrici, stabilimenti, officine e, nella parte inferiore del dipinto, i ritratti dei tanti personaggi, ricercatori e scienziati, ben 109, che avevano contribuito allo sviluppo dell’energia elettrica. Una guizzante figura femminile, sulla sinistra del dipinto, è la rappresentazione allegorica dell’ubiquità della Fata elettricità.56 Nell’opera l’artista prende spunto dalla realtà ma la reinterpreta con brio inventivo, per festeggiare il trionfo dell’elettricità in uno scenario sofisticato di luci e di colori, certamente mutuati dall’esperienza fauve, il tratto è sottile, leggero, con lievi e infinite variazioni tonali in una sinfonia di linee e di forme. Ma Dufy era anche un raffinato disegnatore di ceramiche, di carte da parati e di tessuti. Ad una signora che gli diceva di non capire i suoi quadri, l’artista rispose che non ne capiva il motivo dal momento che ella indossava un abito la cui stoffa era stata disegnata proprio da lui. Probabilmente, questa predilezione per lo studio del disegno su tessuti era nata dall’incontro con il grande sarto parigino Paul Poiret, colui che, in quegli anni, aveva cambiato con le sue creazioni il corso della storia del costume e della moda che aveva intuito il potenziale creativo di Dufy e gli aveva chiesto di collaborare con lui. created images of bulls and centaurs, subjects he often painted. The works went on show in 1950 at the Museum of Modern Art in New York. Dufy’s Electricity Fairy For the 1937 Paris International Exposition of the Arts and Crafts, the Paris electricity distribution company commissioned French painter Raoul Dufy to illustrate the history of electricity and its development. A leading artist from the Fauves movement, Dufy painted a huge 60 metre by 10 metre horizontal piece, “La Fée Electricité”, for the Pavillon de l’Electricité et de la Lumiere. The work is today on show at the Paris Museum of Modern Art.55 Old electric installations and instruments, plants and workshops are evident in the 250 panels that make up the work, which was exhibited in a dark, empty space to heighten its impact. The lower part of the painting features portraits of 109 researchers and scientists who helped “La Fée Electricitée” di R. Dufy, Padiglione dell’elettricitàe della luce all’esposizione universale di Parigi, 1937. R. Dufy’s “La Fée Electricitée”, the Electricity and Light Pavilion at the Paris Universal Expo, 1937. E sempre nel campo della manifattura dei tessuti per abiti e tappezzeria, le forme dell’ambiente tecnologico con i simboli eloquenti della modernità, il paesaggio artificiale costituito dalle opere edilizie e infrastrutturali dedicate all’utilizzo della risorsa idrica per la produzione di energia accesero la fantasia creativa di molti altri artisti, che seppero trasformare l’attualità in validi schemi decorativi. Un esempio è rappresentato da Tommaso Buzzi, artista eclettico, architetto e disegnatore di vasta cultura e vena sperimentale il cui originale apporto creativo per realizzare, con questi temi, una stoffa da tappezzeria veniva così documentato sulla rivista “Domus” del 1928: “Ognuno conosce, perché ormai sono classiche e pur sempre apprezzate, le tappezzerie antiche a motivi ricorrenti di paesaggi ed architetture. Ad esse ci richiama Tomaso Buzzi con questo interessante disegno. In esso la composizione gustosa ripete, in un paesaggio di montagna, il motivo delle cascate d’acqua, che scendono liberamente nei giorni di contribute to the development of electricity. A darting female figure on the left is an allegorical representation of the ubiquity of the electric fairy.56 The artist was inspired by reality, which he reinterprets with creative brio to celebrate the triumph of electricity in a sophisticated scenario of light and colour redolent of his Fauvist experience. His touch is subtle and light in a series of infinite tonal variations that make up a symphony of line and form. Dufy was also an accomplished ceramics, wallpaper and fabric designer. He once replied to a woman who said that she couldn’t understand his paintings by saying that he could not believe it, given that she was wearing a dress whose fabric he had designed. Dufy’s interest in fabric design began after he met top Paris tailor Paul Poiret, a man whose creations changed the course of the clothing industry and fashion history. Poiret sensed Dufy’s creative potential and asked him to work with him. Many other artists used reality to create 109 Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters riposo festivo, dalle centrali elettriche. Il disegno è ispirato da una fantasia tutta moderna, che corrisponde, con la rappresentazione di elementi della nostra civiltà meccanica, ad una forma caratteristica dell’invenzione lirica del nostro tempo”57. Spire luminose 110 Negli anni Quaranta, in un incontro innovativo di arte e luce, prendono vita gli ambienti e le decorazioni spaziali luminose di Lucio Fontana, artista eclettico dalla forte spinta vitalistica e refrattario ad ogni regola che, svincolandosi da una formazione tradizionale, persegue filoni creativi diversi e per circa un ventennio studia esperienze legate alla luce. Teso al rinnovamento dell’arte, in una sintesi che supera la divisione tra architettura, pittura e scultura, Fontana propone in concomitanza con gli sviluppi tecnico scientifici uno dei linguaggi più avanzati e originali del dopoguerra che certamente rompe con tutte le categorie artistiche tradizionali. Questo principio è chiaramente espresso nel “Manifesto Blanco”, firmato anche dai suoi allievi, redatto nel 1946 durante l’ultimo anno di permanenza dell’artista in Argentina: ”Si richiede un cambiamento nell’essenza della forma. Si richiede il superamento della pittura, della scultura, della poesia e della musica. È necessaria un’arte maggiore in accordo con le esigenze dello spirito nuovo”58. Per Fontana per poter liberare l’arte dalla doverosa dimensionalità del quadro e della scultura, per farla uscire dalla sua cornice tradizionale è necessario basarsi sui mezzi innovativi tra cui quelli tecnologici così, a appealing decorative patterns for the manufacture of fabrics for clothing and upholstery, taking inspiration from technologically-feasible shapes that bore eloquent witness to modernity, and the man-made landscape constituted of construction and infrastructure for generating electricity from water. An eclectic artist, architect and designer of great erudition, Tommaso Buzzi is another artist whose original creativity turned this subject matter into tapestry. Always retaining a penchant for experimentation, his work was documented by “Domus” magazine in 1928: “Everyone knows of old-fashioned tapestries with recurring landscape and architectural motifs. Tomaso Buzzi reminds us of them in this interesting design. In a mountain landscape, his tasteful composition repeats a motif of waterfalls cascading freely from electric power stations at rest. His design is inspired by a truly modern fantasy which, by representing the elements of our mechanical civilization, corresponds to a characteristic form of lyrical invention of our day.”57 Luminous Coils In the 1940s, a groundbreaking encounter between art and light spawned Lucio Fontana’s spatial and luminous environments and decorations. Eclectic artist Fontana was driven by a strong vitalistic impetus and impervious to every rule: eschewing traditional training, he pursued a number of creative veins. For more than twenty years he focused his practice on light. Seeking nothing less than a renewal of art through a synthesis that could overcome the divisions between architecture, painting and partire dalla fine degli anni Quaranta, sperimenta l’uso del neon e della luce di Wood che gli danno modo di superare i vecchi schemi per arrivare ad una nuova comprensione dello spazio. “Ci rifiutiamo di pensare che l’arte e la scienza siano sfere distinte e quindi che le imprese realizzate nell’una non possano appartenere anche all’altra. Gli artisti anticipano le imprese scientifiche, le imprese scientifiche provocano sempre delle imprese artistiche”59. Il neon ben si prestava ad essere modellato inseguendo fantasie creative con forme e soluzioni cromatiche ottenute con diverse miscele di colore immesse al suo interno. Da insegna luminosa, commerciale e pubblicitaria per esterni, il tubo fluorescente aveva conquistato, velocemente, un suo spazio nel mondo dell’arte, dominando la scena del panorama artistico anche negli anni a venire. sculpture, with technical and scientific developments coming apace Fontana worked on one of the most advanced and original stylistic approaches of the post-war years, breaking through all traditional categories of art. The principle is before our eyes in his “Manifesto Blanco”, which was signed by some of his pupils and dates to 1946, the artist’s final year in Argentina: “We seek a change in the essence of form. We seek to go beyond painting, sculpture, poetry and music. Art must better fit the needs of the new spirit.”58 Fontana drew on blue-sky methods and new technology to liberate art from the dutiful dimensionality of painting and sculpture, to spring it from its traditional hidebound frame. From the late ’40s onwards, he experimented with the use of neon and Wood’s lamps to overcome outmoded approaches and achieve a new understanding of space. “We refuse to think that art and science are spheres apart, or that feats achieved in one realm cannot also belong to the other. Artists are forerunners of scientific feats, while scientific feats always provoke artistic feats.”59 Lucio Fontana e una delle sue installazioni con il neon alla XI Trennale di Milano, 1971. Lucio Fontana and one of his neon installations at the XI Milan Triennale, 1971. 111 Grandi artisti, cartoline e manifesti Top tier artists, postcards and posters Articolo tratto da “Illustrazione Enel”, febbraio 1967. Fontana nelle sue audaci sperimentazioni, utilizzando dei tubi al neon e il sofisticato effetto della luce di Wood, diede vita ad alcune delle prime istallazioni artistiche, anticipatorie delle successive ricerche degli anni Cinquanta e Sessanta. 112 La sensibilità globale dello spazio, principio riportato nel “Manifesto bianco”, si concretizza con il primo “Ambiente spaziale a Luce Nera” realizzato nel 1949 presso la Galleria del Naviglio di Milano, un’opera ambientale animata da continue variazioni mediante le luminescenze della luce di Wood: sculture in cartapesta colorate con vernice fluorescente e illuminate da una lampada di Wood pendono dal soffitto nell’ambiente espositivo completamente nero, sconvolgendo le normali percezioni di orientamento e annullando, in questo modo, ogni concezione tradizionale dello spazio nell’arte. “L’ambiente spaziale – proseguiva Fontana – è la soluzione più ovvia per l’introduzione di un cambiamento: non ci può essere nessuna evoluzione in un’arte che utilizza ancora la pietra e il colore, ma sarà possibile fare una nuova arte con la luce (neon, ecc), la televisione, la proiezione”60. In occasione della Triennale di Milano, nel 1951, Fontana realizza per la sala di ingresso in prossimità dello scalone d’onore “Arabesco fluorescente”, la sua prima opera con l’utilizzo del solo neon. Una linea luminosa si snoda nello spazio, un grande arabesco di luce fluorescente creato da un groviglio di ben 100 metri di tubi sospesi da cavi di acciaio crea una sorta di scultura sospesa con un effetto fortemente scenografico che coinvolge l’esperienza percettiva e sensoriale dello An article from “Illustrazione Enel”, February 1967. Neon was an ideal material to model in the pursuit of creative fantasy, using a variety of chromatic forms and solutions obtained by blending different colours of gas inside the neon tubes. First used for outdoor commercial and advertising signs, fluorescent tubes quickly carved out a space for themselves in the world of art, to the point of dominating the artistic scene in future years. In bold experiments with neon tubes and the sophisticated effects generated by a Wood’s lamp, Fontana created some of the first-ever artistic installations and paved the way for later research in the ’50s and ’60s. He gave tangible expression to a global sensibility of space – the principal stated in the “Manifesto bianco” – in “Ambiente spaziale a Luce Nera”, a work that he created in 1949 for the Galleria del Naviglio in Milan. This environmental work is animated by continuing variations in luminescence created by a Wood’s lamp: papier maché sculptures were coloured with fluorescent paint and lit by a Wood’s lamp as they hung from the ceiling. The exhibition space was completely blacked out to confuse normal orientation-related perceptions and therefore eliminate all traditional conceptions of space in art. Fontana once said: “The spatial environment is the most obvious solution for introducing change: there can be no evolution of art by art that still uses stone and colour; it will, however, be possible to forge new art from light (neon, etc.), television and projection.”60 For the 1951 Milan Triennial, Fontana created “Arabesco fluorescente”, his first work to use neon alone. Hung in the entrance hall near the main staircase at the venue, in the work a luminous line snakes through space, a large arabesque of fluorescent light created by a hundred metres of tubes suspended by steel spettatore. Anche nel vestibolo e nella hall l’artista interviene con un soffitto a luce indiretta. Il rapporto con la luce continua è per lui fonte di ispirazione e sperimentazione e nel 1953 realizza “Buchi e segmenti di neon” per il cinema del padiglione Sidercomit alla XXIII Fiera di Milano e a cavallo degli anni Sessanta, altre due opere con il neon, il lampadario bicolore con neon bianchi e azzurri per il cinema Duse di Pesaro e nel 1961, per l’Esposizione torinese allestita per celebrare i cento anni dell’unità d’Italia, “Fonti d’energia”, un’opera composta da tubi appositamente sagomati, tenuti sospesi da fili. Sono spire luminose, linee di luce e colori che si inseguono su piani diversi, in una complicata geometria e che suggeriscono un’emozione spaziale suggestiva e mutevole61. Negli anni Sessanta sono tanti gli artisti che, coinvolti in questa sperimentazione del rapporto luce-arte, adottano il neon nei propri lavori: Dan Flavin, Bruce Nauman, Mario Merz, Joseph Kosuth, fino ad arrivare alle generazioni più giovani. cable to create a kind of hanging sculpture, to highly scenographic effect on the onlooker’s perceptive and sensorial experience. The artist also created an indirectly-lit ceiling in the foyer and hall. Light continued to provide a source of inspiration and experimentation to Fontana. In 1953, he made “Buchi e segmenti di neon” for the cinema at the Sidercomit pavilion (part of the XXIII Fiera di Milano). He created another two neon-based works either side of 1960: a two-colour lamp with white and blue neon for the Duse cinema in Pesaro, and in 1961 “Fonti d’energia”, a work made from specially-shaped tubes suspended by wire for the Turin Exposition held to celebrate the centenary of Italian unity. Luminous coils, lines of light and colours follow one another on different levels in a complicated geometry that suggests evocative, changing and spatial emotions.61 In the 1960s, artists Dan Flavin, Bruce Nauman, Mario Merz and Joseph Kosuth began investigating the relationship between light and art by using neon in their works. The trend continues to attract the latest generation of emerging artists. 113 L’impegno di Enel. La cultura della luce Nel rapporto con l’architettura e le arti figurative la luce artificiale diventa una delle componenti essenziali del processo percettivo dello spazio, secondo la definizione di Merleau-Ponty della “percezione” come “esperienza primaria della conoscenza”, per cui essa può rivelare il significato più profondo delle opere d’arte consentendo allo spettatore di entrare in sintonia in un’esperienza sensoriale totalizzante.62 E poiché come sostiene Giulio Carlo Argan: “non c’è visione senza luce, e l’analisi dell’immagine The Commitment of Enel The Culture of Light Through its relationship with architecture and the figurative arts, man-made light has become one of the key elements in our perception of space. Merleau-Ponty defines “perception” as “the primary experience of consciousness”, one that is capable of revealing deeper meanings and placing the beholder on the wavelength of an allconsuming sensorial experience.62 As Giulio Carlo Argan says, “without light 115 L’impegno di Enel The commitment of Enel Materiale divulgativo per l’iniziativa “Luci a Roma”, 1986. Educational material for the “Luci a Roma” initiative, 1986. 116 diventa analisi della luce” per rendere efficace l’illuminazione, si è reso necessario studiarla approfonditamente da vari punti di vista.63 Già nel 1927 l’architetto tedesco Joachim Teichmüller64 parlava di un’architettura della luce “Lichtarchitektur”: “Da una parte l’architettura e dall’altra la luce stessa, devono essere fuse in un’unità artistica, così intimamente e inseparabilmente che si possa parlare di architettura della luce”.65 Teichmüller distingueva tra lighting design e architettura della luce sostenendo che solo attraverso l’integrazione dell’operato del tecnico delle luci con quello dell’architetto si sarebbe potuto realizzare lo “space-shaping power of light”66. Enel, che vanta nel campo della luce di qualità una lunga esperienza e competenza, intende diffondere proprio la “Cultura della Luce” consapevole del ruolo fondativo che la luce ha storicamente svolto in ogni campo dell’esistenza umana, dalla conoscenza della natura all’arte e ha varato un progetto volto a studiare e realizzare la migliore illuminazione per alcuni capolavori dell’arte italiana, onde agevolarne una migliore fruizione da parte della collettività.67 Il segno distintivo del Gruppo si è caratterizzato nella capacità di usare le più moderne e sofisticate tecnologie, che si sviluppano negli ambiti di riferimento e di ricerca maggiormente significativi e determinanti: l’illuminotecnica che affronta il problema LuceUomo con metodologie scientifiche all’avanguardia e l’arte della luce che ricerca soprattutto l’impatto emozionale. All’illuminotecnica68 spetta il compito di ricostruire le “Luci a Roma”, brochure dedicata a 10 itinerari a piedi nelle strade e nelle piazze illuminate, 1986. “Luci a Roma”, a brochure on ten routes along lighted streets and piazzas, 1986. there can be no vision. Analysis of an image becomes an analysis of light.” Far-reaching research from a variety of different starting points are necessary to ensure efficient lighting.63 As early as 1927, German architect Joachim Teichmüller64 spoke of “Lichtarchitektur” (light architecture): “Architecture on the one hand and light on the other must be fused into a single artistic unit so intimately and inseparably that one may speak of an architecture of light.”65 Teichmüller made a distinction between lighting design and light architecture, claiming that only by integrating the work performed by lighting technicians with the work carried out by architects would it be possible to realize the “space-shaping power of light”.66 With consolidated experience and competencies in the field of high-quality lighting, Enel has long been keen to disseminate an informed “Culture of Light” by building on the foundational role light has historically played in every field of human existence, from knowledge to the nature of art. Years ago, the company embarked on a project to research and implement optimal lighting for a number of masterpieces of Italian art, ensuring that they are as accessible to the public as possible.67 One of the Group’s true hallmarks is an ability to leverage the most modern and sophisticated technologies developed in its sphere of competence and its most vibrant areas of research: lighting design. Lighting design takes a condizioni ideali della percezione dello spazio urbano e dei monumenti, per valorizzare la loro identità architettonica e monumentale e il loro significato spirituale, storico e artistico in qualità di episodi preziosi e puntuali della nostra storia. Studiare la luce diventa, quindi, imprescindibile per disvelare le opere attraverso un gioco di montaggio e di sequenze tale da farle percepire quasi in movimento, e per rendere l’architettura dinamica, narrativa, multisensoriale nell’ottica che: “Guardare un oggetto significa venire ad abitarlo, e da qui cogliere tutte le cose secondo la faccia che gli rivolgono. (...) Ogni oggetto è pertanto lo specchio di tutti gli altri”69. Enel nel suo programma operativo di illuminazione dei monumenti ha previsto, quindi, il supporto di risorse qualificate per la definizione di criteri progettuali coerenti con le linee guida illuminotecniche definite dagli esperti di una Commissione, appositamente costituita, formata da illuminotecnici di Enel e dell’Associazione Italiana di Illuminazione (AIDI), per sviluppare progetti esecutivi idonei alle specificità di ciascuna opera d’arte. Luce per l’Arte Nel 1990 Enel dà vita al progetto “Luce per l’Arte”, un’iniziativa culturale in cui attraverso il linguaggio della luce, declinato sotto il profilo scientifico, emotivo ed estetico, vengono illuminati i monumenti italiani, scelti sulla base di accordi scientific approach to tackling the relationship between light and human beings. More than anything else, the art of lighting design sets out to generate emotional impact. The task of lighting design68 is to reconstruct ideal conditions for perceiving urban space and monuments, making the most of their architectural and monumental identity and their spiritual, historic and artistic significance as valuable and meaningful episodes in our collective history. The study of light is vital for making it easier to understand how works are assembled and how they function in sequence; how they can be perceived almost as if they were in movement, turning architecture into something that is dynamic, narrative. As Einstein put it, “Looking at an object entails coming to inhabit it, and from here to seize all things in accordance with the face it puts forward... Every object is therefore a mirror of all other objects.”69 Through its practical monument lighting programme, Enel offers skilled experts to help establish design criteria for individual projects that meet lighting design guidelines set by an expert ad hoc committee of lighting designers from Enel and the Associazione Italiana di Illuminazione (AIDI), with a view to coming up with a works programme suited to each artwork’s specific configuration. 117 L’impegno di Enel The commitment of Enel Invito per l’inaugurazione dell’impianto di illuminazione del cortile di Palazzo Altemps . Roma, 1997. An invitation to the opening of the Palazzo Altemps courtyard lighting. Rome, 1997. 118 con gli Enti e le Sovrintendenze competenti. Enel si assume l’impegno di accendere i monumenti per “far parlare” l’architettura in un dialogo continuo con l’intorno nel rispetto della semantica culturale dei luoghi, e nel contempo garantire un percorso di interazione sociale per affermare l’identità dei territori.70 L’elenco dei siti che hanno recuperato il loro splendore grazie agli interventi di illuminazione, è molto ampio, solo in Italia oltre 950 monumenti tra palazzi e piazze, giardini, zone archeologiche e interi centri storici hanno beneficiato dei progetti di illuminazione artistica e design, e le iniziative non sono state circoscritte unicamente all’Italia, ma hanno interessato anche l’America Latina e l’Europa, in Spagna ad esempio è stato illuminato il palazzo reale dell’Alcazar, a Siviglia. Nell’ambito del progetto Luce per l’Arte, nel 1991 Enel illumina a Ravenna la Chiesa di San Vitale e ad Assisi la Basilica di San Francesco con un sofisticato impianto che però va distrutto nel terremoto del 1997. La Basilica di S. Francesco edificata tra il 1228 e il 1253 si compone di due edifici sovrapposti. Quello inferiore, una cripta destinata ad ospitare le spoglie del Santo, ricoperta da basse volte a crociera nella navata e a botte nel transetto secondo lo stile romanico, presenta due cicli di affreschi realizzati intorno al 1260, testimonianza della produzione a fresco precedente l’attività di Cimabue. La Chiesa superiore, costruita secondo lo stile gotico, è composta da un’aula unica con quattro campate con volte a crociera di forma ogivale, e presenta una serie di cicli di affreschi dei più grandi maestri del Duecento e del Trecento: Cimabue, Simone Martini, Pietro Lorenzetti, Jacopo Torriti, Giotto ed altri. Giotto nel ciclo della “Leggenda di San Francesco”, impaginato nel registro più basso della navata, è riuscito a creare uno spazio con Luce per l’Arte Project In 1990, Enel launched its “Luce per l’Arte” project. adopting the scientific, emotional and aesthetic language of light to illuminate Italy’s monuments. The company chose the monuments by striking agreements with public entities and relevant heritage offices. Enel pledged to light these monuments and let the architecture “speak for itself” in an ongoing dialogue with the surrounding area, taking local cultural semantics into account while guaranteeing social interaction to strengthen the local identity.70 More than 950 monuments in Italy had their splendour restored by new lighting: palazzos, piazzas, parks, archaeological sites and indeed entire old town centres benefited from artistic and design-inspired lighting projects. The initiative ended up crossing Italy’s borders to travel to Latin America and across Europe: in Spain, for example, Enel’s venture lit up the Alcazar royal palace in Seville. As part of its Luce per l’Arte project, in 1991 Enel lit the Church of San Vitale in Ravenna and the Basilica of Saint Francis in Assisi using a sophisticated installation (unfortunately destroyed by the 1997 earthquake). The Basilica of Saint Francis was built between 1228 and 1253 as two buildings, one on top of the other. The lower building is a crypt built to house the Saint’s remains, with low cross-arched vaults in the nave and a Romanesque-style barrel-shaped ceiling in the transept. Two cycles of frescos were painted around 1260, before Cimabue added his own frescos. Built in Gothic style, the church consists of a single hall with four spans and ogival cross-arched vaults. It sports a series of fresco cycles by some of the greatest masters of the twelve and thirteen hundreds, including citazioni puntuali della realtà in cui evidenzia il dramma umano del Santo con i suoi sentimenti e moti dell’animo e il determinante ruolo assunto dal “poverello di Assisi” nel contesto storico del tempo. L’intervento illuminotecnico, con l’uso di lampade ad alogeni a bassissima tensione, adatte soprattutto all’illuminazione delle pareti e delle volte restaurate dopo il terremoto, mette particolarmente in risalto le innovazioni prospettiche intuitive elaborate da Giotto e i raffinati colori, che vengono ancor più esaltati da una modulazione della luce in quattro fasi distinte, a seconda dell’intensità luminosa richiesta. Nel 1997 vengono illuminati la Basilica di San Marco a Venezia, il Duomo di Como, l’Altare della Patria, la Pinacoteca Vaticana, i Fori Imperiali e Palazzo Altemps a Roma. Questo palazzo, splendido esempio di architettura rinascimentale, fu commissionato a Melozzo da Forlì da Girolamo Riario, nipote del Papa Sisto IV, in occasione delle sue nozze con Caterina Sforza nel 1477, passò poi nel 1511 al Cardinale Soderini ed infine nel 1568 a Marco Sittico Altemps, cardinale proveniente dall’Alto Tirolo. Negli anni subì vari ampliamenti sempre ad opera di autorevoli artisti come Antonio da Sangallo il vecchio, Baldassarre Peruzzi e Giovanni Angelo che nel 1617 fece edificare il teatro interno. Fu acquistato dallo Stato nel 1982 e nel 1997 è stato aperto il museo, che ospita opere provenienti dalle collezioni Boncompagni Ludovisi, Mattei, Del Drago e Altemps, oltre ad Cimabue, Simone Martini, Pietro Lorenzetti, Jacopo Torriti, and Giotto to name but a few. In his cycle “The Legend of Saint Francis”, which runs along the lowest level of the nave, Giotto created a space in which accurate reflections of reality highlight the Saint’s human drama, his feelings and sentiments, and the key role that the “poor man of Assisi” played in the historical context of his day. The lighting design approach adopted very low-voltage halogen bulbs suited to the task of lighting the walls and vaults after the earthquake, emphasizing the new and intuitive perspective-based solutions adopted by Giotto and the refined colours that are heightened even further by a modulation of the light in four distinct steps, depending upon the strength of light needed. In 1997, the venture lit the Basilica of Saint Mark in Venice, the Duomo in Como, the Altare della Patria, the Pinacoteca Vaticana, Fori Imperiali and Palazzo Altemps in Rome. A splendid specimen of Renaissance architecture commissioned by Girolamo Riario, the grandson of Pope Sixtus IV, architect Melozzo da Forlì built Palazzo Altemps to celebrate Riario’s marriage to Caterina Sforza in 1477. In 1511, Cardinal Soderini inherited the palazzo, and then in 1568 it passed on to Marco Sittico Altemps, a Cardinal who hailed from the Upper Tyrol region. Over the years, a number of extensions were made by eminent artists like Antonio da Sangallo the Elder, Baldassarre Peruzzi and Giovanni Angelo, who in 1617 built an 119 L’impegno di Enel The commitment of Enel una sezione di pezzi egizi. Per il progetto di illuminazione del cortile interno, dei portici, dello scalone monumentale e delle logge, sono state adottate soluzioni tecniche innovative per mettere in risalto le particolarità architettoniche e decorative dell’insieme, con l’ utilizzo di luci a tonalità calda per le parti in marmo e quelle in “finto travertino”, lampade alogene a bassissima tensione, in immersione, nella fontana, e fonti luminose fluorescenti compatte per le scale ed i portici. 120 Lumina. Chiese di Toscana Sempre nell’ambito del progetto Luce per l’Arte, nel 1999 Enel avvia “Lumina. Chiese di Toscana” in cui 13 chiese del territorio regionale vengono illuminate per favorire e potenziare le condizioni di accoglienza religiosa e turistico-culturale in prospettiva del Giubileo del 2000: il Battistero di San Giovanni e il Duomo di Firenze, il Duomo di Pisa, la Basilica di San Francesco ad Arezzo, la Cattedrale di San Cerbone a Massa Marittima, il Santuario della Madonna di Montenero a Livorno, la Cattedrale di San Martino a Lucca, l’Abbazia di San Galgano a Chiusdino di Siena, il Duomo di Carrara, il Duomo di Prato, la Cattedrale di San Zeno a Pistoia. Questi progetti basati su interventi di illuminotecnica specializzata negli edifici religiosi, con soluzioni luminose a ioduri metallici e ad alogeni, sottolineano il carattere di preghiera, di Speciale di “Illustrazione Enel” dedicato all’illuminazione della Pinacoteca Vaticana, novembre-dicembre 1992. An “Illustrazione Enel” Special on lighting the Pinacoteca Vaticana, November/December 1992. internal theatre. The Italian State purchased the building in 1982. It opened as a museum in 1997, showcasing works from the Boncompagni Ludovisi, Mattei, Del Drago and Altemps collections, as well as a section dedicated to Egyptian artefacts. Groundbreaking technical solutions were adopted in the plan to light the internal courtyard, arcades, main staircase and loggias. The building’s architectural and decorative features are enhanced by warm-toned lighting for the marble and “fake travertine” areas, extremely low-voltage halogen lamps sunk under water in the fountain, and compact fluorescent light sources for the stairs and arcades. Lumina: the Churches of Tuscany Under the Luce per l’Arte project, in 1999 Enel launched “Lumina. Chiese di Toscana” to light thirteen churches around the region and enhance their religious and tourist/cultural impact in the run-up to the 2000 Jubilee: the Battistero di San Giovanni and the Duomo in Florence; the Duomo in Pisa; the Basilica di San Francesco in Arezzo; San Cerbone Cathedral at Massa Marittima; the Sanctuary of the Madonna di Montenero in Leghorn; San Martino Cathedral in Lucca; the Abbey of San Galgano at Chiusdino di Siena; the meditazione e di sacralità di questi luoghi e favoriscono una migliore fruizione degli apparati pittorici e scultorei: affreschi, mosaici, paliotti, bassorilievi, opere in passato rimaste sempre nell’ombra. Ad Arezzo nella Basilica di San Francesco, eretta nel XIII secolo su progetto di Fra Giovanni da Pistoia, dove si conserva il capolavoro di Piero della Francesca “La Leggenda della vera Croce”, realizzato tra il 1452 ca. e il1465 ca., è stato utilizzato un impianto caratterizzato da quattro tipi di illuminazione dedicati rispettivamente alle visite di preghiera, alle azioni liturgiche ordinarie e solenni, alle opere d’arte, e alle cappelle laterali. Il progetto ha previsto l’uso della passerella tecnica della navata centrale per il posizionamento della maggior parte dei corpi illuminanti. Dove la luce gioca un ruolo di grande potenza suggestiva è nell’Abbazia cistercense di San Galgano, un maestoso rudere in provincia di Siena, il cui primo nucleo risale al 1180. In quell’anno il nobile Galgano Guidotti si ritirò in eremitaggio sul Monte Siepi dove, dopo la sua canonizzazione, fu costruita una piccola chiesa romanica ampliata poi tra il 1218 ed il 1288, e il complesso monastico di cui oggi ammiriamo, anche se attraverso le rovine, l’imponenza. Già nel Cinquecento, infatti, l’abbazia iniziò a decadere tanto che nel XVIII secolo crollarono finanche le volte di copertura e il campanile. Fortemente impattante è la scelta del posizionamento dell’illuminazione che prevede apparecchi incassati a terra che esaltano l’articolazione delle masse murarie e l’eleganza delle linee architettoniche che sembrano, per l’assenza del tetto, protendersi verso il cielo. Attraverso una composizione di Duomo in Carrara; the Duomo in Prato; and San Zeno Cathedral in Pistoia. Thanks to specialist lighting design tailor-made for religious buildings by adopting metal iodide and halogen lamps, these projects highlighted the characteristics of prayer, meditation and the sacrality of these locations, fostering easier access to their complement of paintings, sculptures, frescoes, mosaics, altar-cloths, bas reliefs and works that in the past had been plunged into shadow. The system put in to the Basilica di San Francesco th in Arezzo – built in the 13 century, designed by Fra Giovanni da Pistoia and home to Piero della Francesca’s masterpiece “La Leggenda della vera Croce”, painted between ca. 1452 and 1465 – is based on four different types of lighting dedicated respectively to prayer, ordinary and solemn liturgical functions, works of art and the side chapels. The project positioned most of the lights along the central nave walkway. Light plays a particularly suggestive role at the Cistercian Abbey of San Galgano, a majestic ruin in the Province of Siena, the oldest part of which dates back to 1180. That year, nobleman Galgano Guidotti withdrew to a hermitage on the slopes of Monte Siepi. A small Romanesque church was built after he was canonized. This church was expanded between 1218 and 1288 to become the impressive monastic complex we may admire today, albeit in ruins. th As early as the 16 century, the abbey went into decline. By th the 18 century the roofing vaults and belltower had collapsed. Decisions about where to position the lighting Inserto dedicato a “Lumina. Chiese di Toscana” nell’ambito del progetto Luce per l’Arte, 1999. An insert dedicated to “Lumina. Chiese di Toscana”, part of the Luce per l’Arte project, 1999. 121 L’impegno di Enel The commitment of Enel 122 effetti luminosi che restituiscono la stessa maestosità che l’abbazia assume durante il giorno con la luce naturale, l’impianto illuminotecnico è stato concepito dal basso verso l’alto e con un effetto “a radenza” a sottolineare e contenere i confini e le linee murarie. Le sorgenti luminose utilizzate sono ad alogenuri metallici da 70 e 150 kW e la potenza totale installata nell’abbazia è di circa 8 kW, con 128 apparecchi di illuminazione posti per lo più a quota calpestio. Un ulteriore sviluppo del programma Luce per l’Arte, si ha sempre nel 1999 a Firenze, nella mostra di sculture del XX secolo, tenutasi a Palazzo Medici Riccardi; l’esposizione voluta da Enel in collaborazione con la Fondazione Solomon R. Guggenheim, documentò ancora una volta l’efficacia della luce in presenza di opere d’arte tridimensionali, infatti nel moltiplicare il significato dei volumi, nello svelare le differenze delle superfici, nell’interpretare il colore e la forma, la luce diventava essa stessa espressione artistica in sé. Nel 2005 per valorizzare la storica sede del Palazzo delle Corporazioni a Roma è stata adottata un’illuminazione artistica ad alta efficienza, realizzata da Enel Sole. Il Palazzo, di via Veneto, sede del Ministero delle Attività Produttive, progettato nel 1927 dagli architetti Marcello Piacentini e Giuseppe Vaccaro, presenta nell’atrio una magnifica vetrata, anch’essa illuminata, realizzata intorno al 1931 da Mario Sironi, che illustra la “Carta del lavoro”. È questa un’opera centrale del Novecento dall’alto valore simbolico che fu commissionata a Sironi dall’allora ministro L’Abbazia di San Galgano illuminata grazie al progetto “Lumina. Chiese di Toscana”, 1999. San Galgano Abbey, lit as part of the “Lumina. Chiese di Toscana” project, 1999. had an enormous impact: the lights are sunk into the earth to highlight the articulation of its huge walls and the elegance of its architectural lines which, in the absence of a roof, seem to reach all the way up to the sky. The sum total of these lighting effects restores the majesty the Abbey radiates by day in natural daylight, as part of a lighting design conceived from the bottom up, using a “grazing” effect to highlight and contain the boundaries and line of the walls. Seventy and 150kW metal halide bulbs are used. The total power capacity installed in the Abbey amounts to around 8kW, divided among 128 lighting devices, most of which are set at ground level. The Luce per l’Arte project arrived in Florence in th 1999 for the 20 century sculpture exhibition held at Palazzo Medici Riccardi. Conceived by Enel in partnership with the Solomon R. Guggenheim Foundation, the exhibition showed the effectiveness of light when combined with three-dimensional works: indeed, by multiplying volumes, revealing differences between surface areas, interpreting colour and showcasing form, light becomes an artistic expression in and of itself. In 2005, Enel Sole installed a high-efficiency artistic lighting system to enhance the Palazzo delle Corporazioni in Rome. Today home to the Giuseppe Bottai per celebrare, attraverso le iconografie del lavoro e dei cicli delle arti e dei mestieri, il documento di riforma del lavoro promulgato nel 1927, in quasi 75 mq di superficie. L’illuminazione simula l’effetto solare diurno e consente di apprezzare le diverse scene rappresentate anche di notte. All’esterno, invece, per dare una lettura più fedele dei valori cromatici e degli elementi architettonici del palazzo, le luci sono state posizionate sull’edificio stesso per mettere in risalto il basamento, la cornice superiore e le quattro torri che delimitano le facciate. Nel progetto sono state utilizzate una pluralità di soluzioni tecniche come luci a radenza dall’alto verso il basso, luci lineari con lampade fluorescenti poste a breve distanza l’una dall’altra per illuminare senza soluzioni di continuità, apparecchi a ottica concentrata, ottiche a lama di luce e flusso verso l’alto, che differenziano la tonalità e la tipologia di luce in funzione del materiale illuminato: una luce calda sul tufo, una luce più fredda sui rivestimenti di travertino. Parlare alla città con nuovi linguaggi Nel 2007 Enel, continuando nel suo percorso di valorizzazione della cultura e della storia del nostro Paese, ha individuato nel linguaggio dell’arte contemporanea uno strumento idoneo a esprimere e trasmettere i valori di innovazione, attenzione all’ambiente e internazionalità che oggi costituiscono le tre direttrici fondamentali su cui si gioca la sfida di un futuro sostenibile e che ben rappresentano il percorso di sviluppo dell’azienda. Prende così il via Enel Ministry of Productive Activities, the building on Via Veneto was designed by Marcello Piacentini and Giuseppe Vaccaro. It boasts a magnificent 75m² lit-up 1931 Mario Sironi glass pane in the foyer, illustrating the “Workers’ Charter”. Sironi was commissioned by then Minister Giuseppe th Bottai to create this flagship 20 century work of symbolism using an iconography of labour and cycles of arts and crafts in commemoration of the 1927 labour reform law. The built-in lighting simulates the effect of sunshine in daylight, making it possible to appreciate the various scenes by night too. Outside, lights were placed on the building to highlight its base, upper cornice and the four towers that delineate its façades, offering a more faithful interpretation of the palazzo’s chromatic values and architectural elements. The project adopted a variety of technical solutions: lights grazing up from below; linear lights with fluorescent bulbs placed close to one another to provide unbroken illumination; lighting devices with focused optics, blade-oflight optics and uplighters to differentiate the tone and type of light by the material being lit: warm light on tufa, cooler light on travertine cladding. Addressing the City in a New Language In 2007, Enel continued to enhance Italian culture and history, focusing on contemporary art as an ideal tool for expressing and passing on the values of innovation, care for the environment and an international reach: three elements that are key drivers for rising to the challenge of a sustainable future, and which 123 L’impegno di Enel The commitment of Enel 124 Contemporanea, un progetto che si apre alle esperienze artistiche contemporanee come strumento di indagine e di conoscenza della realtà, in modo più libero, in quanto “Oggi l’uomo può chiedere all’arte moderna una conoscenza anticipatrice dei propri futuri comportamenti, poiché è possibile, forse, evidenziare nei suoi linguaggi tutte quelle funzioni semantiche che appartengono alla stima del pensiero e dei comportamenti universali”. Nell’ambito del progetto, ogni anno sono state proposte opere inedite di artisti di fama internazionale che, grazie alla loro capacità di ricerca e innovazione, sono stati in grado di sottolineare e divulgare il percorso intrapreso dall’azienda in questa direzione. La prima edizione si è svolta a Roma, in tre diversi luoghi simbolo della città, con le installazioni temporanee di tre artisti internazionali, l’inglese Angela Bulloch, il danese Jeppe Hein, e l’italiano Patrick Tuttofuoco. Al centro di questi progetti il filo conduttore è stato l’energia, in grado di creare spazi mentali, visivi e fisici atti a coinvolgere attivamente lo spettatore ed interagire con i suoi movimenti e le sue sensazioni. Energia che si sprigiona anche dai luoghi scelti per ospitare le opere che rappresentano le stratificazioni storiche e culturali del tessuto urbano della città: dalla classicità di piazza del Popolo, alla modernità della Garbatella, al contemporaneo e all’antico fusi insieme nella nuova struttura di Richard Meier dell’Ara Pacis.71 Angela Bulloch72 ha realizzato l’installazione “Repeat Refreain” (Strofa Ripetuta), un pallone aerostatico di 5 metri di diametro e 15,70 metri di circonferenza collocato in prossimità dell’Ara Pacis. Il pallone è diventato simbolo, elevato ad oggetto sacrificale in onore della storia che ha visto come protagonista l’altare, che prende vita L’installazione ”Repeat Refrean” realizzata da Angela Bulloch per l’edizione 2007 di Enel Contemporanea. perfectly represent the company’s path for development. Enel Contemporanea is a project that focuses on contemporary artistic experience as a tool for more freely investigating and finding out about reality: “Today, people may look to modern art for a taster of how they may be conducting themselves in future. Through artistic discourse it is perhaps possible to highlight all of the semantic functions that help foreshadow thought and universal conduct.” Every year, the project presents brand new works by artists of international repute, whose pursuit of research and innovation helps to emphasize and raise awareness about the path the company is following. In its first year, Enel Contemporanea took in three iconic sites in Rome with temporary installations by three international artists: Angela Bulloch of England, Jeppe Hein of Denmark and Patrick Tuttofuoco of Italy. Energy was the common thread uniting these projects: energy that creates metal, visual and physical spaces capable of actively involving onlookers and interacting with people’s movements and sensations. Energy representing the city’s historic and cultural stratification flowed at the sites chosen for the installations: the classic-looking Piazza del Popolo, the modern-day Garbatella district, and the contemporary and ancient fused together in Richard Meier’s new building for the Ara Pacis.71 Angela Bulloch72 created her installation “Repeat Refrain”, an aerostatic balloon 5m in diameter and 15.7m in circumference, to be installed near the Ara Pacis. As a symbol, the balloon is elevated to a sacrificial object in honour of the history in which the altar has played a central role. The artist collected a series of images from various astronomical observatories and each evening projected the same lunar eclipse (hence Angela Bulloch’s “Repeat Refrain” installation for Enel Contemporanea 2007. attraverso una serie di immagini raccolte dall’artista presso diversi osservatori astronomici, proiezioni che mettevano in scena ogni sera sempre la stessa eclissi lunare, come “la strofa ripetuta” del verso di una poesia o di una canzone. Jeppe Hein73 realizza nel quartiere romano della Garbatella, una fontana interattiva, per far riflettere sulle diverse funzioni che una fontana può avere in un assetto urbanistico moderno come quello della Garbatella, quartiere simbolo della trasformazione urbana e sociale del tessuto cittadino romano, e fa così dello spazio pubblico il suo atelier. Patrick Tuttofuoco74 crea un fil rouge tra passato, presente e futuro con una scritta posta in piazza del Popolo, snodo culturale della città e luogo simbolico, ancor più che fisico, “Roma 17 ottobre 2007 Piazza del Popolo”, in cui sintetizza i tre momenti temporali: il presente perché l’opera vive nell’oggi, nel giorno in cui si inaugura, ma già dal giorno successivo è storia che testimonia il passato che tuttavia rimane a duratura memoria nel futuro. Le forme dell’energia Nel 2008 il progetto Enel Contemporanea sposta la sua attenzione dall’architettura come punto di riferimento urbano ai luoghi che vivono e the name “repeat refrain”, as in a poem or a song). Jeppe Hein73 created an interactive fountain in Rome’s Garbatella district. The work offered people a chance to consider the various functions a fountain may fulfil in a modern town environment. In a district like Garbatella – a symbol of Rome’s urban and social transformation – the artist turned a public space into his atelier. Patrick Tuttofuoco74 created a fil rouge linking the past, present and future. He chose a written sentence – “Roma 17 ottobre 2007 Piazza del Popolo” – for Piazza del Popolo, a cultural hub in the city and a space that is more symbolic than physical. Tuttofuoco’s work brought together three chronological moments: the present, because the work lives in the present, on the day it opens, yet from the following day it is already history, bearing witness to a past that nevertheless remains a lasting memory into the future. Forms of Power In 2008, the Enel Contemporanea project shifted its focus from architecture as an urban point of reference to the places that experience and draw energy from the power produced by the individuals who live there. Specifically, time as a form of energy that dissipates and yet may be retrieved through a series of highly-interactive artistic works conceived to restore the synergic 125 L’impegno di Enel The commitment of Enel 126 traggono vigore dall’energia prodotta dai soggetti che vi abitano. Protagonista è il tempo come forma di energia che si disperde, ma che si può recuperare proprio attraverso una serie di interventi artistici fortemente interattivi, finalizzati a rinsaldare quel sinergico rapporto di scambio di energia tra la città ed i suoi abitanti. Venezia e Roma diventano gli spazi espositivi dove far convergere e irradiare flussi di energia. A Venezia, città dove il tempo si è fermato cristallizzato in una cornice sempre uguale, il gruppo A1275 realizza, durante la Biennale, l’installazione Deep Garden, una sorta di giardino nascosto che nella definitiva stesura del progetto è rappresentato da un grande albero, metafora di energia naturale, che cresce in mezzo alla laguna in una stanza dentro un enorme vaso, con intorno una seduta per contemplare il cielo tra le foglie dove sentirsi immersi nel silenzio della natura, lontano dalla frenesia quotidiana, in uno spazio quasi surreale. L’albero è la vita che si rigenera in una città carica di storia che si volge al passato ma che guarda al futuro. A Roma i luoghi deputati ad accogliere gli interventi di arte pubblica sono l’Area Sacra di largo Argentina e il Policlinico Umberto I. Le rovine dell’area sacra di largo Argentina diventano una discoteca nomade con le installazioni del gruppo Avaf76, Assume vivid astro focus, che realizza un connubio tra arte antica e arte pop. Il gruppo formato da artisti provenienti da varie parti del mondo utilizza neon fluorescenti, immagini psichedeliche, proiettate su colonne e mosaici del IV, III e II secolo a.C. che creano un percorso giocoso e colorato con narrazioni visionarie di paesaggi astratti e provocatori per ripercorrere gli spazi Le rovine dell’area sacra di largo Argentina diventano una discoteca nomade con le installazioni del gruppo Avaf (Assume vivid astro focus). Roma, 2008. exchange of energy between a city and its inhabitants. Venice and Rome were transformed into exhibition spaces that received and radiated flows of energy. In Venice – a city where time stands still, has been crystallized within a frame of reference that is always the same – during the Biennale Gruppo A1275 created an installation called Deep Garden (a kind of secret garden). In its final version, the project consisted of a huge tree, a metaphor for natural energy, growing in the middle of the lagoon, in a room inside a huge vase, surrounded by places to sit and contemplate the sky through its leaves, to be immersed in the silence of nature, far from the everyday frenzy in an almost surreal space. A tree: life regenerating itself in a city laden with history, turning back towards the past and yet also looking forwards to the future. Public art events were also held in Rome at the Sacred Area at Largo Argentina and at the Policlinico Umberto I hospital. The ruined Largo Argentina sacred area was turned into a nomadic discotheque as part of an installation by the AVAF76 (Assume Vivid Astro Focus) Group, which created a mash-up of ancient art and pop art. Uniting artists from various parts of the world, the group projected fluorescent neon and psychedelic images onto fourth-, The ruins at the Largo Argentina sacred area were transformed into a travelling discotheque with installations by the AVAF (Assume Vivid Astro Focus) group. Rome, 2008. pervasi di storia attraverso visioni contemporanee. Un linguaggio artistico, carico di energia, che nel mettere in evidenza i templi antichi, ormai dimenticati, attraversa il sito caricandolo di una nuova vita che sconfigge il consumarsi del tempo. Nei viali del Policlinico Umberto I l’artista americano Jeffrey Inaba77 realizza la “Waiting Room” un’installazione formata da colori, luci, forme geometriche ed elementi eco-sostenibili, che trasformano l’area di attesa dell’ospedale, un ambiente sociale particolarmente delicato e complesso, ed altamente emozionale, in un luogo capace di trasmettere energia positiva. L’opera, composta da una grande pensilina a forma di fungo, di oltre 9 metri di diametro, attigua a una sfera abitabile di circa 8 metri di diametro con una grande apertura dove posizionare i pannelli fotovoltaici in grado di produrre l’energia necessaria per illuminare lo spazio è affiancata da un’ulteriore installazione, una sfera illuminata di circa 3,5 metri collocata in prossimità dell’ingresso principale, che funge da lanterna di segnalazione. Tra immagini e visioni contemporanee Nel 2009, terzo anno da quando Enel è entrata nel mondo apparentemente lontano della sua L’installazione “Deep Garden” realizzata dal gruppo A12. Venezia, 2008. The A12 group’s “Deep Garden” installation. Venice, 2008. third- and second-century BCE columns and mosaics to create a playful and colourful visionary narrative of abstract and provocative landscapes, reinterpreting a space pervaded with history in a very contemporary vision. Their high-energy artistic language highlights what are today neglected ancient temples, recharging the site with life that can defeat the entropy of time. In the boulevards around the Policlinico Umberto I hospital, US artist Jeffrey Inaba77 created “Waiting Room”, an installation made up of colours, lights, geometric forms and ecosustainable elements that transform the hospital’s waiting room – a particularly tense and complex social environment fraught with emotion – into a place capable of conveying positive energy. His installation consisted of a large mushroomshaped canopy more than 9m in diameter, alongside an 8m-diameter habitable sphere with a large opening for photovoltaic panels capable of generating the power needed to light the space, and an additional installation, a 3.5m-wide sphere placed near the main entrance to serve as a signalling lantern. Between Images and Contemporary Visions For 2009, Enel’s third year on its journey into contemporary art – a world only apparently distant from its corporate mission – the company continued to foster research into the 127 L’impegno di Enel The commitment of Enel 128 mission istituzionale, quello dell’arte contemporanea, l’azienda continua a stimolare studi sulle motivazioni che mettono in movimento l’arte, convinta che l’arte cambi il modo con il quale ci si rapporta al mondo e nell’ambito di Enel Contemporanea attiva una partnership con il Macro (il Museo di arte contemporanea di Roma) selezionando artisti emergenti per costruire un progetto duraturo di elevato profilo artistico. Nell’ambito di questa iniziativa il curatore del progetto Francesco Bonami78, affermata personalità di elevato spessore culturale e noto in ambito internazionale in grado di garantire visibilità e consenso in tutti i 40 Paesi in cui Enel è presente, sceglie l’opera “Frontier” dell’artista Doug Aitken79. L’opera, donata da Enel al Macro consiste in una grande installazione multimediale, posta sulla punta dell’isola Tiberina a Roma, in cui film, suono, architettura e performance live danno vita a uno spazio sensoriale unico e completo. Il punto di partenza da cui si sviluppa il suggestivo percorso interativo è una grande stanza a cielo aperto dove sulle pareti vengono proiettate le immagini di una storia metropolitana che ha come protagonista un famoso artista americano, Ed Ruscha80, che si muove in posti diversi nell’arco di una giornata in una passeggiata misteriosa e surreale, in un ambiente vivo e pulsante, carico di energia, un’energia potenziata dalla musica che aumentando man mano di intensità sottolinea il crescente desiderio di cambiamento del mondo e della società dell’uomo. “Frontier” dell’artista Doug Aitken sulla punta dell’isola Tiberina. Roma, 2009. Enel Contemporanea Award Enel Contemporanea Award “Frontier” by artist Doug Aitken on the tip of Isola Tiberina. Rome, 2009. Nel 2010 il progetto Enel Contemporanea, giunto alla sua quarta edizione, si rinnova con la formula dell’Award, un “premio” internazionale selezionato da un comitato scientifico formato da esponenti di spicco dell’arte contemporanea internazionale, Marc-Oliver Wahler, direttore del Palais de Tokyo di Parigi, Beatrix Ruf, direttore dello Kunstahalle di Zurigo, Mami Kataoka, chief curator Mori Art Museum di Tokyo, Tirdad Zolghadr, critico e curatore indipendente di Berlino, Lourdes Fernandez, direttrice della fiera ARCO di Madrid, Jessica Morgan, curatrice del dipartimento arte contemporanea Tate Modern di Londra, Hou Hanru, curatore del San Francisco Art Institute. Tra i sette artisti giunti alla selezione finale, lo spagnolo Daniel Canogar, l’olandese Bik Van der Pol, l’inglese Anya Gallaccio, i portoricani Allora & Calzadilla, gli americani Jonathan Horowitz e Meg Cranston ed il francese Loris Gréaud, risulta vincitore il duo olandese Bik Van der Pol81 (Liesbeth Bik e Jos Van der Pol) la cui opera “Are you really sure that a floor can’t also be a ceiling?” (Sei davvero sicuro che un pavimento non possa essere anche un soffitto?) è ospitata nella nuova ala permanente del Macro, ideata dall’architetto francese Odile Decq. L’installazione, che consiste in un modello architettonico liberamente ispirato alla Farnsworth House, icona del modernismo, realizzata nel 1951 da Mies van der Rohe il quale aveva concepito una casa sul fiume con grandi pareti trasparenti, che mediavano l’interno con l’esterno, si presenta come una casa popolata da farfalle considerate una delle specie più sensibili ai cambiamenti climatici tanto da essere reputate un vero e proprio indicatore relativo alle condizioni In 2010, for its fourth edition the Enel Contemporanea project was re-purposed as an award, an international prize given by an expert panel of leading art figures from the art world: Marc-Oliver Wahler, Director of the Palais de Tokyo, in Paris; Beatrix Ruf, Director of the Kunsthalle in Zurich; Mami Kataoka, Chief Curator of the Mori Art Museum, Tokyo; Tirdad Zolghadr, a Berlin-based independent critic and curator; Lourdes Fernandez, Director of the ARCO Faior, Madrid; Jessica Morgan, Curator of the Tate Modern contemporary art department, London; and Hou Hanru, Curator of the San Francisco Art Institute. Seven artists were shortlisted: Daniel Canogar of Spain, Bik Van der Pol of Holland, Anya Gallaccio of England, Allora & Calzadilla of Puerto Rico, Jonathan Horowitz and Meg Cranston of the US, and Loris Gréaud of France. The ultimate winner of the prize was the Dutch duo Bik Van der Pol81 (Liesbeth Bik and Jos Van der Pol), whose work “Are you really sure that a floor can’t also be a ceiling?” is now housed in the new permanent wing of the Macro (which was designed by French architect Odile Decq). Consisting of an architectural model freely inspired by icon of modernism Farnsworth House (a 1951 design by Mies van der Rohe of a house on a river with huge see-through walls to mediate the interior with the exterior), the installation presents itself as a house populated by butterflies, a species considered sensitive to climate change, a veritable indicator of environmental conditions and the ultimate agents of transformation, change and recycling. In this work, the artists’ intention is to get us to think about the relationship between human beings and nature, reminding us that a motivations that underlie art, in the conviction that art changes the way we relate to the world. Under the auspices of Enel Contemporanea, the company entered into partnership with the Macro museum in Rome (Museo di Arte Contemporanea di Roma) to select emerging artists to work together on a long-term, highprofile art project. As part of this initiative, project curator Francesco Bonami78 – an internationally-renowned, culturallyaccomplished figure capable of ensuring visibility and support in all fourteen nations where Enel operates – chose “Frontier” by artist Doug Aitken.79 Subsequently donated by Enel to Macro, the work consisted of a large multimedia installation located on the tip of Isola Tiberina, an island in Rome, in which a film, sound, architecture and live performance combined to create a unique sensorial space. The thoughtprovoking interactive journey begins in a large open-air room. A metropolitan story starring famous American artist Ed Ruscha80 is projected onto the walls of this room: on a mysterious and surreal journey, Ruscha visits a number of places over a day, in a live, pulsing environment coursing with energy; this energy is strengthened by music which gradually gains in intensity, highlighting an increasing desire for change in the world and in human society. 129 L’impegno di Enel The commitment of Enel “Big Bambù: You Can’t, You Don’t and You Wont’t Stop”, installazione realizzata nel cortile del Macro di Testaccio. Roma, 2012. “Big Bambù: You Can’t, You Don’t and You Won’t Stop”, an installation erected in the courtyard of the Macro di Testaccio museum. Rome, 2012. 130 ambientali, e agenti ultimi di trasformazione, cambiamento e riciclaggio. L’opera, nelle intenzioni degli artisti, dà motivi di riflessione sul rapporto tra uomo e natura, e ricorda che se un battito d’ali può cambiare il mondo, secondo il concetto di effetto farfalla tratto dalla teoria del caos, per cui ogni battito di ali di una farfalla produce un piccolo cambiamento nella condizione iniziale del sistema, causando una catena di eventi che conducono ad un’alterazione degli eventi su ampia scala, così ogni più piccolo gesto dell’uomo può avere conseguenze più grandi, e provocare grandi cambiamenti in sistemi complessi, in modi del tutto inaspettati e imprevisti. Nell’opera, il pubblico che è ammesso all’interno della struttura, può osservare le varie fasi metamorfiche delle farfalle, e riflettere sui cambiamenti in atto nell’ecosistema e sull’urgenza di adottare comportamenti più giusti ed eco-sostenibili. L’edizione 2011 di Enel Contemporanea Award vede come protagoniste tre eccellenze del mondo dell’arte, l’artista belga Carsten Höller, la canadese Bruce Mau e l’italiana Paola Pivi chiamate a creare un’opera inedita ispirata alle diverse forme dell’energia. L’opera premiata è “Double Carousel with Zöllner Stripes”, dell’artista Carsten Höller82, e viene esposta al Macro negli spazi della grande sala Enel, tra le più ampie sale espositive attualmente presenti in Europa. L’installazione si compone di due giostre ideate dall’artista che, muovendosi in senso opposto a velocità molto ridotta, consentono ai visitatori di salire e scendere liberamente, come fossero enormi mulini o macine in cui le persone, sedute sopra, si avvicinano e si allontanano in un moto rotatorio costante. Intorno, linee visive dalle trame wingbeat can change the world – a concept from chaos theory known as the “butterfly effect”; every beat of a butterfly’s wings produces a tiny change to the system’s initial conditions, causing a chain of events that can lead to wide-scale repercussions on events – and therefore every tiny human act can have larger consequences and trigger altogether enormous unexpected and unforeseeable changes to complex systems. The public admitted to the structure observe the various stages of metamorphosis in the butterflies’ life, and ponder changes underway in the ecosystem and the pressing need to adopt more appropriate and more eco-sustainable behaviour. Three top artists featured in the 2011 Enel Contemporanea Award: Belgian artist Carsten Höller, Bruce Mau of Canada and Paola Pivi of Italy, who were invited to create a new work inspired by different forms of energy. The winning work was Carsten Höller’s82 “Double Carousel with Zöllner Stripes”, which was displayed at Macro in the huge Enel Hall, one of the largest exhibition spaces available today in Europe. This installation consisted of two merry-gorounds designed by the artist. Moving in opposite directions at a snail’s pace, visitors could get on and off as they wished, as if on two huge mills or millstones, approaching and receding from others as they constantly revolve. Around them, apparently crossed visual lines known as “Zöllner Stripes” trigger an effect that modifies spatial perception, generating a slow-down in our view of reality: past, present and future are encompassed by the movement of these two carousels, which are driven by inexhaustible oldfashioned energy. The artist accentuates the ambiguity of the environment and the sense of apparentemente incrociate, “Zöllner Stripes”, creano un effetto che modifica la percezione dello spazio generando una visione rallentata della realtà: passato, presente e futuro sono riassunti dal movimento dei due caroselli, sospinti da un’energia antica e inesauribile. L’artista accentua l’ambiguità dell’ambiente e il senso di disorientamento visivo attraverso un video, in cui 50 coppie di gemelli monozigoti si avvicinano nel punto in cui le giostre si incontrano per poi allontanarsi gradualmente salendo e scendendo dalle giostre, a sottolineare le profonde sfaccettature del tema del doppio che da uguale tuttavia nasconde elementi di diversità. Nel 2012 Enel celebra i suoi primi 50 anni e decide di festeggiare tale evento con un progetto speciale: commissionare un’opera altamente simbolica da porre nell’altra sede del Macro, l’ex mattatoio del Testaccio e Roma. Nel cortile del museo gli artisti americani Mike e Doug Stern83 realizzano l’installazione “Big Bambú: You Can’t, You Don’t and You Won’t Stop” (Non puoi, non vuoi e non ti fermerai), che è inaugurata l’11 dicembre 2012. L’opera riesce a collegare ed evidenziare tutti i valori che Enel vuole portare avanti: attenzione all’ambiente e alla cultura per migliorare le condizioni di vita delle persone. Big Bambù è un dono alla città di Roma che offre al pubblico la possibilità di vivere non solo lo spazio museale, ma anche il quartiere, attraverso un elemento riconoscibile da lontano sia di giorno che di notte grazie ad una illuminazione studiata ad hoc. Circa 8.000 aste di bambù prelevate nelle foreste dell’Indonesia sono legate e incastrate fra visual disorientation through a video in which 50 pairs of identical twins approach the point where the two merry-go-rounds meet before gradually moving apart, highlighting the deep-seated facets of the idea of a double, even if, being the same, that double nevertheless conceals elements of diversity. th Enel commemorated its 50 anniversary in 2012 and celebrated the event through a special project: the company commissioned a highly symbolic work for Macro’s second site, the former slaughterhouse in Rome’s Testaccio district. In the museum courtyard, American artists Mike and Doug Starn83 created an installation called “Big Bambú: You Can’t, You Don’t and You Won’t Stop”, which was inaugurated on 11 December 2012. The work linked and highlighted all of the values Enel wishes to take forward: attentiveness to the environment and a culture of improving people’s living conditions. A gift to the city of Rome, Big Bambù not only gave people a chance to experience a museum space, but offered the district something that could be seen from far away by day or night, thanks to the specially-designed lighting. The artists and a group of thirty American and Italian rock climbers assembled and lashed together some 8,000 bamboo poles from Indonesian forests 131 L’impegno di Enel The commitment of Enel 132 loro dagli artisti insieme a un gruppo di trenta rock climbers, arrampicatori esperti, americani e italiani, per creare un’inedita scultura-architettura, che si sviluppa fino a circa 25 metri di altezza. L’opera concepita dai fratelli Stern come un organismo vivente in continuo cambiamento nella sua complessità ed energia, grazie all’utilizzo di un materiale solido e flessibile, oltre che altamente simbolico, come il bambù, diventa anche elemento giocoso ed espressione della molteplicità della vita, dell’immaginazione e della creatività umana. Infatti i visitatori, fino a 70 persone contemporaneamente, possono abbandonarsi nello spazio di quest’opera d’arte in continua trasformazione provando sempre nuove sensazioni, muovendosi liberamente, fermandosi in zone di sosta o incontrandosi per scambiare opinioni. Big Bambú che rende omaggio ad antiche pratiche di costruzione, eredità del passato, diventa anche luogo d’incontro, centro culturale, oasi di svago, strumento di una nuova forza propulsiva che nel collegare arte ed energia porta a rafforzare il legame identitario dei cittadini con il loro quartiere. to create a one-off architectural sculpture 25m in height. Thanks to its complexity and energy, the work the Starn brothers conceived is akin to a living organism in a state of continual flux. A material like bamboo that is solid, flexible and highly symbolic is a playful element expressing the multiplicity of life, imagination and human creativity. At any one time, up to seventy people can give themselves to this continually transforming work of art, experiencing new sensations as they move freely around the space it occupies, taking a break in areas for that purpose, or meeting to swap opinions. Big Bambú celebrates long established building practices that are a legacy of the past. It is also a meeting place, a cultural centre, a leisure oasis and a new force for connecting art and energy, as well as strengthening people’s connection with the identity of their district. Coinvolgere il pubblico Once again with the desire to actively involve the public and invite people to become part to (and a complement to) an artwork as part of a collective experience, while at the same time maintaining a highly intimate and personal experience, for 2014 Enel Contemporanea Award offered Macro a major installation (Harmonic Motion – Rete dei draghi) by Japanese artist Toshiko Horiuchi MacAdam from his “Air Pocket” series,84 which at one the same time is a work of art, textile and aerial sculpture and playspace. The installation looks like a huge spider’s web hanging in the museum’s hall. Anchored halfway up the side wall, the web is woven from thick lengths of Nel 2014, sempre con l’intento di coinvolgere il pubblico in maniera attiva, invitandolo a diventare parte e completamento dell’opera in un’esperienza collettiva e nel contempo estremamente intima e personale Enel Contemporanea Award propone al Macro una grande installazione, Harmonic Motion – Rete dei draghi, della serie “Air Pocket”, dell’artista giapponese Toshiko Horiuchi MacAdam84 che è allo stesso tempo opera d’arte, scultura tessile e Involving the Public aerea, spazio gioco. L’installazione si presenta come una grande ragnatela sospesa nella hall del museo, a metà ancorata alle pareti, una rete intrecciata, composta da grosse funi di nylon intessuta dall’artista, con un uncinetto nell’arco di oltre sei mesi, dai colori sgargianti, assemblata come tante corolle di fiori o centrini giustapposti. Il visitatore può interagire con il lavoro, scalarlo per prenderlo e dominarlo, aggrapparsi ai pendagli, oppure lasciarsi avvolgere da esso in un momento di abbandono rilassante, e ritrovandosi in quella trama colorata sentirsi unico protagonista di un’esperienza esaltante, ma al tempo stesso complice degli altri nella condivisione di un gioco. Sicuramente nella scelta del materiale e della trama l’artista è stata influenzata dalla cultura del suo paese di origine, il Giappone, in cui il rapporto con il corpo e con il tatto sono forse più importanti che l’aspetto visivo. La fonte di energia nasce dal lavoro del singolo in un atto di intimità personale, dalla ripetitività del suo gesto che producendo parti interconnesse tra loro creano la dimensione e lo spazio dell’opera. Sempre nel 2014, ad ulteriore conferma del suo impegno nell’organizzare e sostenere iniziative per lo sviluppo della cultura artistica, Enel supporta come main sponsor supporta l’allestimento di due mostre sull’opera della celebre artista messicana Frida Kahlo e consolida sempre più la collaborazione con la Biennale di Venezia avviata nel 2008 ponendo grande attenzione alla promozione dell’arte nelle sue varie declinazioni. Con un partenariato con Sky Arte, il nylon rope assembled by the artist using crochet over the space of more than six months, brightly coloured and looking like a series of flower corollas or juxtaposed doilies. Visitors could interact with the work, climb up it, take possession of and dominate it; hold onto its hanging protuberances or allow themselves to be wrapped up in it in a moment of relaxed abandonment; they could feel like the sole protagonist of a thrilling experience in its coloured grip, and at the same time be accomplices in shared playfulness. In her choice of materials and shape, the artist was without doubt influenced by the culture in her home country of Japan, in which the relationship with the body and touch is perhaps more important than the visual. The work exudes energy as a product of the work of an individual in an act of personal intimacy, from the repetitive nature of a gesture that, through the production of interconnected parts, creates the work’s dimension and space. Further confirming its commitment to organizing and supporting initiatives for the development of artistic culture, in 2014 Enel became the main sponsor of two exhibitions of works by famous Mexican artist Frida Kahlo, and further consolidated a partnership with the Venice Biennale that began back in 2008 by “Harmonic Motion - Rete dei Draghi”, installazione della serie “Air Pocket” dell’artista giapponese Toshiko Horiuchi negli ambienti del Macro. Roma, 2014. “Harmonic Motion - Rete dei Draghi”, an installation from Japanese artist Toshiko Horiuchi’s “Air Pocket” series at the Macro Museum. Rome, 2014. 133 L’impegno di Enel The commitment of Enel canale televisivo tematico in HD, Enel partecipa a un palinsesto che spazia dalla pittura alla musica, dal cinema alla letteratura, proponendo eventi speciali e produzioni ad hoc. 134 All’Expo Milano 2015 Enel, Global Official Partner dell’evento, è stata presente con un proprio padiglione in cui l’azienda ha illustrato la funzionalità di tecnologie all’avanguardia, in grado di trasformare in realtà il sogno delle Smart Cities, sia in Italia che nei diversi Paesi in cui opera: un vero e proprio modello per il futuro. Secondo le previsioni, infatti, nel 2030 le popolazioni vivranno per lo più nelle aree urbane e le Smart Grids che consentono la gestione integrata del mix energetico, distribuita da fonti rinnovabili, dei controlli sulla rete, dell’illuminazione pubblica, dei sistemi di accumulo e del network di ricarica dei veicoli elettrici, rappresentano la base per garantire uno sviluppo sostenibile ed efficiente delle città. Il tema dell’Expo 2015 “Nutrire il pianeta, energia per la vita” è stato in perfetta sintonia con gli intendimenti e gli impegni culturali e sociali assunti dal Gruppo infatti come il cibo è energia per la vita, l’energia è vita, cultura, sviluppo e dove l’energia è distribuita in modo efficiente, c’è sostenibilità e rispetto per l’ambiente. Questo significa sviluppo delle energie rinnovabili, e accesso all’elettricità, in particolare in aree come Africa e America Latina. Un fronte su cui Enel è già impegnata, attraverso progetti specifici e investimenti nella ricerca di soluzioni tecnologiche innovative ed efficienti. E l’Expo Milano 2015 è stata la vetrina ideale per mostrare questi strumenti all’avanguardia, atti a portare nel mondo un’energia sempre più green e smart e continuare a promuovere una riflessione sull’energia attraverso il linguaggio universale dell’arte. focusing on promoting art in its many forms. Through a partnership with theme-based HD channel Sky Arte, Enel became involved in TV scheduling that ranged from painting to music, cinema and literature, offering special events and ad hoc series. Enel became Global Official Partner of Expo Milano 2015, where at its own pavilion the company demoed leading-edge technologies capable of turning the dream of Smart Cities into a reality, both in Italy and in the various nations where it operates, in the process offering a true template for the future. It is forecast that by 2030 the majority of the world’s population will live in urban areas. Smart Grids will enable the integrated management of the energy mix, generation by renewables, network monitoring, public lighting, storage systems and a recharging network for electric vehicles, paving the way for sustainable and efficient development. The Expo 2015 theme “Feeding the Planet, Energy for Life” is a perfect fit with the Group’s understanding and cultural and social undertakings. Just as food provides energy for life, energy is indeed life, culture and development; where energy is distributed efficiently, it is possible to achieve sustainability and respect for the environment. This entails the development of renewables and access to electricity, particularly in parts of the world like Africa and Latin America. Enel is already hard at work on this front through ad hoc projects and investments in the R&D of innovative and efficient technological solutions. Expo Milano 2015 was an ideal opportunity to showcase these cutting-edge tools and to bring increasingly green and smart energy to the world, while promoting further debate on energy through the universal language of art. Note/Notes A. Rossi, Scritti scelti sull’architettura e la città 1956-1972, Ed. Quodlibet (Collana Abitare), Macerata, 2012. 2 G. Colombo, Il carbone bianco, Anthelios edizioni 2013. 3 Nel cinquantenario della Società Edison 1884-1934. 4 L’Elettrotecnica, giornale e Atti dell’Associazione Elettrotecnica Italiana, Milano, Anno VII, 25 Giugno 1929. 5 “L’Illuminazione del San Carlo attraverso i tempi”, Notiziario SME, agosto 1956. 6 “Piazza Colonna illuminata”, Illustrazione Enel, marzo 1965. 7 “Il Concorso per l’illuminazione delle vetrine”, L’Energia Elettrica, marzo 1928. 8 “Un campo sperimentale di illuminazione stradale”, L’Energia Elettrica, agosto 1928. 9 “Le insegne luminose”, L’Energia Elettrica, febbraio 1928. 10 Bollettino UNPA, a. II, n. 2, febbraio 1938, p. 3. 11 “Pitture di luce”, Elettricità e vita moderna, settembre-ottobre 1954. 12 “Manifestazioni napoletane per il cinquantenario della lampada elettrica”, L’Elettrotecnica, gennaio 1930. 13 E. Castaldi, Illuminazioni architettoniche, Milano, n. 3, marzo 1930, anno II. 14 M. Piacentini, “Luce artificiale e rivoluzione architettonica”, Il giornale d’Italia, 22 maggio 1929 e Illuminotecnica, rivista italiana di illuminazione, maggio-giugno 1929. 15 L’Elettrotecnica, giornale e Atti dell’Associazione Elettrotecnica Italiana, Milano, 25 gennaio 1932. 16 “Pompei. Illuminazione Antica e Moderna”, Elettricità e vita moderna, marzo-aprile 1955. 17 R. Rossotti, Illustrazione Enel, ottobre 1972. 18 “L’arte e la luce nei musei”, Elettricità e vita moderna, settembreottobre 1954. 19 M. McLuhan, Understanding media, McGraw-Hill, New York 1964, trad. it., Gli strumenti del comunicare, Garzanti, Milano 1977. 20 R. Rossotti, “Il gusto scenografico del Barocco”, Illustrazione Enel, gennaio-febbraio 1973. 21 R. Rossotti, “Illuminazione dei musei: la galleria Borghese”, Illustrazione Enel, febbraio 1974. 22 “L’Illuminazione notturna dei principali monumenti cittadini”, Notiziario SME, novembre 1953. 23 R. Rossotti, “Acqua e luce: tra le più belle fontane d’Italia”, Illustrazione Enel, settembre 1972. 24 A. Sant’Elia, Manifesto dell’architettura futurista, 11 luglio 1914. 25 F. T. Marinetti “Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica”, Milano, 18 marzo 1914. 26 L’Elettrotecnica, giornale e Atti dell’Associazione Elettrotecnica Italiana vol. XIII n.17, 15 giugno 1926, Milano1926. 27 Camillo Boito, (1836-1914), storico, architetto, letterato, dalla formazione europea insegnò all’Accademia di Venezia e di Brera, il suo contributo ruotava intorno alla questione dello stile futuro 1 A. Rossi, Scritti scelti sull’architettura e la città 1956-1972, Ed. Quodlibet (Collana Abitare), Macerata, 2012. 2 G. Colombo, Il carbone bianco, Anthelios edizioni, 2013. 3 Nel cinquantenario della Società Edison, 1884-1934. 4 L’Elettrotecnica, Giornale ed Atti dell’Associazione Elettrotecnica Italiana, Milan, Year VII, 25 June 1929. 5 “L’Illuminazione del San Carlo attraverso i tempi”, Notiziario SME, August 1956. 6 “Piazza Colonna illuminata”, Illustrazione Enel, March 1965. 7 “Il Concorso per l’illuminazione delle vetrine”, L’Energia Elettrica, March 1928. 8 “Un campo sperimentale di illuminazione stradale”, L’Energia Elettrica, August 1928. 9 “Le insegne luminose”, L’energia Elettrica, February 1928. 10 Bollettino UNPA, A. II, no. 2, February 1938, p. 3. 11 “Pitture di luce”, Elettricità e vita moderna, September/October 1954. 12 “Manifestazioni napoletane per il cinquantenario della lampada elettrica”, “L’Elettrotecnica”, January 1930. 13 E, Castaldi, Illuminazioni architettoniche, Milan, no. 3, March 1930, Year II. 14 M. Piacentini, “Luce artificiale e rivoluzione architettonica”, Il giornale d’Italia, 22 May 1929 and Illuminotecnica, rivista italiana di illuminazione, May/June 1929. 15 L’Elettrotecnica, giornale ed Atti dell’Associazione Elettrotecnica Italiana, Milan, 25 January 1932. 16 “Pompei. Illuminazione Antica e Moderna”, Elettricità e vita moderna, March/April 1955. 17 R. Rossotti, Illustrazione Enel, October 1972. 18 “L’arte e la luce nei musei” Elettricità e vita moderna, September/October 1954. 19 M. McLuhan, Understanding Media, McGraw-Hill, New York 1964, it. trans, Gli strumenti del comunicare, Garzanti, Milan 1977. 20 R. Rossotti, “Il gusto scenografico del Barocco”, Illustrazione Enel, January/February 1973. 21 R. Rossotti, “Illuminazione dei musei: la galleria Borghese”, Illustrazione Enel, February 1974. 22 “L’Illuminazione notturna dei principali monumenti cittadini”, Notiziario SME, novembre 1953. 23 R. Rossotti, “Acqua e luce: tra le più belle fontane d’Italia”, Illustrazione Enel, September 1972. 24 A. Sant’Elia, Manifesto dell’architettura futurista, 11 July 1914. 25 F. T. Marinetti, “Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica”, Milan, 18 March 1914. 26 L’Elettrotecnica giornale ed atti dell’Associazione Elettrotecnica Italiana, Vol. XIII no. 17, 15 June 1926, Milan 1926. 27 Camillo Boito (1836-1914) was a historian, architect and writer in the European tradition who taught at the Venice and Brera Academies. His special focus was the future style of Italian 1 137 138 dell’architettura italiana con un atteggiamento critico nei confronti dell’Eclettismo che rifiutava come mera imitazione, favorendo l’affermarsi di uno stile neo-romanico con richiami a forme medievali che avrebbero dovuto essere studiate e fuse nelle moderne composizioni. Propose una teoria del restauro filologico fondata sulla legittimità dell’istanza storica e sulla necessità della salvaguardia della autenticità del monumento per cui i monumenti dovevano essere “piuttosto consolidati che riparati, piuttosto riparati che restaurati” nel rispetto di tutte le parti di un edificio, anche quelle aggiunte nel corso della sua storia e se si doveva aggiungere all’edificio una parte nuova, questa si doveva differenziare per materiali e caratteri, ma senza alterare l’aspetto complessivo del monumento. 28 “Centrale Elettrica a Vizzola Ticino”, Rassegna d’Architettura, dicembre 1940. 29 “Impianto idroelettrico nel Bellunese, ingegnere Carlo Semenza e architetto Duilio Torres”, Architettura, XXI, 1942. 30 Archeologia industriale nel Veneto, Giunta Regionale del Veneto, a cura di S. De Vecchi, Nuove Edizioni Dolomiti, Verona, 1991. S. De Vecchi, “La centrale di Sovérzene (Belluno)”, Archeologia Industriale nel Veneto, Giunta Regionale del Veneto, Silvana Editoriale, 1990. 31 “L’Affresco nella centrale elettrica di Soverzene”, L’Energia Elettrica, gennaio 1954. 32 E. Conti, “Maggio 1913”, Taccuino di un borghese, Milano, Garzanti, 1948, p. 62. 33 Rosaro, Centrale per la S.I.E.L, registro n. 31, febbraio 1912. 34 R. Bossaglia, L’architetto del lago. Giancarlo Maroni e il Garda, a cura di F. Irace, Milano, Electa, 1993. 35 Da Il Popolo di Roma, n. 68, 19 marzo1928. 36 F. Depero, La Sera 4 marzo 1932, ora in L’architetto del lago. Giancarlo Maroni e il Garda catalogo della mostra a Riva del Garda, a cura di F. Irace, Milano, Electa, 1993. 37 G. Minnucci, “Alcune considerazioni sull’architetto”, SIT, Castel Giubileo, Roma. 38 M. I. Zacheo, “Carteggio di un architetto romano: G. M. e la polemica sull’architettura razionale”, Parametro, 1983, n. 113. 39 C. Maltese, Storia dell’arte in Italia 1785-1943, Giulio Einaudi editore, Torino 1960. 40 “L’architettura spontanea in tema di protezione del paesaggio”, Relazione di Edoardo Gellner al VI Convegno Nazionale di Urbanistica di Lucca, novembre 1957. 41 G. Ponti, Amate l’architettura, Genova 1957. 42 Espressione di Gio Ponti in Aria d’Italia, 1954. 43 Incartamento 17/55 n.267 Archivio Enel. 44 J. Rewald, Pissarro, Parigi 1962. 45 Illustrazione Enel, gennaio-febbraio 1977. 46 Illustrazione Enel, maggio 1972. 47 M. G. Renzo, “L’elettricità nella vita civile”, Storia dell’industria architecture. He was critical of Eclecticism, which he rejected as mere limitation. He championed the emergence of a neoRomanesque style with references to mediaeval forms – an approach that he espoused and hoped would be integrated into modern compositions. He advanced a theory of philological restoration based on legitimizing historical instances and the need to safeguard the authenticity of monuments. For him, monuments should be “consolidated rather than repaired, repaired rather than restored”, in order to respect all parts of a building, including those added over the course of its history. If it was necessary to add a new section to a building, it should be differentiated in its material and characteristics, yet without altering the monument’s overall aspect. 28 “Centrale Elettrica a Vizzola Ticino”, Rassegna d’Architettura, December 1940. 29 “Impianto idroelettrico nel Bellunese, ingegnere Carlo Semenza e architetto Duilio Torres”, Architettura, XXI, 1942. 30 Archeologia industriale nel Veneto, Giunta Regionale del Veneto, edited by S. De Vecchi, Nuove Edizioni Dolomiti, Verona, 1991. S. De Vecchi, “La centrale di Sovérzene (Belluno)”, Archeologia Industriale nel Veneto, Giunta Regionale del Veneto, Silvana Editoriale, 1990. 31 “The fresco at the Soverzene electricity generating station”, L’Energia Elettrica, January 1954. 32 E. Conti, “May 1913”, Taccuino di un borghese, Milan, Garzanti, 1948, p. 62. 33 Rosaro, Centrale per la S.I.E.L, registry no. 31, February 1912. 34 R. Bossaglia, in L’architetto del lago. Giancarlo Maroni e il Garda, edited by F. Irace, Milan, Electa, 1993. 35 From Il Popolo di Roma, no. 68, 19 March 1928. 36 F. Depero, La Sera 4 March 1932, now in L’architetto del lago. Giancarlo Maroni e il Garda, catalogue to an exhibition at Riva del Garda, edited by F. Irace, Milan, Electa, 1993. 37 G. Minnucci, “Alcune considerazioni sull’architetto”, SIT, Castel Giubileo, Rome. 38 M. I. Zacheo, “Carteggio di un architetto romano: G. M. e la polemica sull’architettura razionale”, Parametro, 1983, no. 113. 39 C. Maltese, Storia dell’arte in Italia 1785-1943, Giulio Einaudi editore, Turin 1960. 40 “L’architettura spontanea in tema di protezione del paesaggio”, paper by Edoardo Gellner given to the VI Convegno Nazionale di Urbanistica di Lucca, November 1957. 41 G. Ponti, Amate l’architettura, Genoa 1957. 42 An expression from Gio Ponti in Aria d’Italia, 1954. 43 Dossier 17/55 no. 267 Archivio Enel. 44 J. Rewald, Pissarro, Paris 1962. 45 Illustrazione Enel, January/February 1977. 46 Illustrazione Enel, May 1972. 47 M. G. Renzo:” L’elettricità nella vita civile”, Storia dell’industria elettrica in Italia. Terza espansione e oligopolio 1926-1945 vol.3 Laterza, Roma-Bari 1993. 48 Inno della luce. 49 Intervista di Cappiello alla radio francese, R. Monti, E. Matucci, Leonetto Cappiello: dalla pittura alla grafica, Firenze 1939. 50 F. Depero, Manifesto dell’Arte Pubblicitaria Futurista, 1932. 51 F. T. Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1909. 52 Manifesto “Uccidiamo il chiaro di luna” nella rivista Poesia, n.79, 1909. 53 F. T. Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1909. 54 E. Coen, “Trecento lune elettriche. Futurismo ed elettricità” Paesaggi elettrici, Marsilio, 1998. 55 A. Beltran, La fée électricité, Paris, Gallimard, 1991. 56 Illustrazione Enel, novembre-dicembre 1980. 57 Domus 1928, n.3. 58 Domus 1928, n.3. 59 L. Fontana, Manifesto Bianco, 1946. 60 L. Fontana, Manifesto Spaziale, 1947. 61 Illustrazione Enel, maggio 1972. 62 M. Merleau-Ponty, Il primato della percezione e le sue conseguenze filosofiche, Medusa, Milano 2004. Per approfondimenti cfr. H. Sedlmayr, La luce nelle sue manifestazioni artistiche, Aesthetica, 2009; cfr. “Ethique des concepteurs lumière, L’urbanisme lumière”, dalla voce “Piano urbano” del Vocabolario di R. M. Antoni, 1992; cfr. S. De Ponte, Architetture di luce, Gangemi Editore, Roma 1996; cfr. L. Cremonini, Luce. Luce naturale, luce artificiale, Alinea, Firenze 1992. 63 G. C. Argan, L’arte moderna 1770/1970, Sansoni, Firenze 1970. 64 Joachim Teichmüller: architetto tedesco che contribuì in modo significativo allo sviluppo dell’approccio della gestalt nelle discipline architettoniche. Fu attivo a Berlino e poi a New York durante la prima metà del Novecento. 65 J. Teichmüller, “Lichtarchitektur”, Licht und Lampe, Union, Berlin, 1927. 66 J. Teichmüller, “Lichtarchitektur”, Licht und Lampe, Union, Berlin, 1927. 67 M. Major, J. Speirs, A. Tischhauser, Made of light. The art of light and architecture, Birkhäuser, Basel 2005, p. 40. 68 A. Einstein, L. Infeld, The evolution of physics, Cambridge University Press, Cambridge 1938, trad. it. L’evoluzione della fisica, Boringhieri, Torino 1985, p. 213. 69 M. Merleau-Ponty, Phénoménologie de la perception, Gallimard, Paris 1945, trad.it. di A Bonomi, Bompiani, Milano 2003. 70 M. Perniola, “Celebrare la città”, Eterotopia, saggi di M. Foucault e altri, Milano, Mimesis 1994. 71 L’Ara Pacis è l’altare che rappresenta uno degli esempi più alti dell’arte classica, la cui costruzione fu decretata dal Senato romano nel 13 a.C. per onorare il ritorno di Augusto dalle province di Gallia e di Spagna, nel 1996 fu progettato il elettrica in Italia. Terza espansione e oligopolio 1926-1945 Vol. 3, Laterza, Rome-Bari 1993. 48 Anthem to Light. 49 Interview with Cappiello on French radio, R. Monti and E. Matucci, Leonetto Cappiello: dalla pittura alla grafica, Florence 1939. 50 F. Depero, Manifesto dell’Arte Pubblicitaria Futurista, 1932. 51 F. T. Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1909. 52 Manifesto “Uccidiamo il chiaro di luna” in the magazine Poesia, no. 7-9, 1909. 53 F. T. Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1909. 54 E. Coen, “Trecento lune elettriche. Futurismo ed elettricità” Paesaggi elettrici, Marsilio, 1998. 55 A. Beltran, La fée électricité, Paris, Gallimard, 1991. 56 Illustrazione Enel, Nov./Dec. 1980. 57 Domus 1928, no. 3. 58 Domus 1928, no. 3. 59 L. Fontana, Manifesto Bianco, 1946. 60 L. Fontana, Manifesto Spaziale, 1947. 61 Illustrazione Enel, May 1972. 62 M. Merleau-Ponty, Il primato della percezione e le sue conseguenze filosofiche, Medusa, Milan 2004. To find out more, see H. Sedlmayr, La luce nelle sue manifestazioni artistiche, Aesthetica, 2009; see Ethique des concepteurs lumière, L’urbanisme lumière, from “Piano urbano” in the dictionary written by R. M. Antoni, 1992; see S. De Ponte, Architetture di luce, Gangemi Editore, Rome 1996; see L. Cremonini, Luce. Luce naturale, luce artificiale, Alinea, Florence 1992. 63 G. C. Argan, L’arte moderna 1770/1970, Sansoni, Florence 1970. 64 Joachim Teichmüller: a German architect who made a significant contribution to developing a gestalt-based approach to architectural disciplines. During the first half of the twentieth century he worked in Berlin, and subsequently in New York. 65 J. Teichmüller, Lichtarchitektur, “Licht und Lampe”, Union, Berlin, 1927. 66 J. Teichmüller, Lichtarchitektur, “Licht und Lampe”, Union, Berlin, 1927. 67 M. Major, J. Speirs, A. Tischhauser, Made of Light. The Art of Light and Architecture, Birkhäuser, Basel 2005, p. 40. 68 A. Einstein, L. Infeld, The Evolution of Physics, Cambridge University Press, Cambridge 1938, It. trans L’evoluzione della fisica, Boringhieri, Turin 1985, p. 213. 69 M. Merleau-Ponty, Phénoménologie de la perception, Gallimard, Paris 1945, It. trans by A. Bonomi, Bompiani, Milan 2003. 70 M. Perniola, “Celebrare la città”, Eterotopia, essays by M. Foucault et al, Milan, Mimesis 1994. 71 An altar that is one of the highest specimens of classic art, the Ara Pacis was built following a decree issued by the Roman Senate in 13 BCE to commemorate the return of Augustus from the provinces of Gaul and Spain. Richard Meier designed his museum 139 140 complesso museale da Richard Meier, costruito in acciaio, travertino, vetro e stucco, che è il primo grande intervento architettonico-urbanistico attuato nel centro storico di Roma dal dopoguerra. 72 Angela Bulloch, artista canadese, nata nel 1966, finalista al prestigioso Turner Prize londinese nel 1997, ha esposto in tutto il mondo con mostre personali e collettive nelle più prestigiose istituzioni internazionali, tra cui UC Berkeley Art Museum and Pacific Film Archive di Berkeley (CA), Modern Art di Oxford, Museum of Contemporary Art di Chicago. Ha inoltre partecipato alla Biennale di Venezia nel 2003 e alla Tate Liverpool di Liverpool nel 2002. Vive e lavora tra Londra e Berlino. 73 Jeppe Hein, nato a Copenhagen nel 1974, ha esposto in alcune delle più importanti istituzioni d’arte a livello mondiale, tra cui il Barbican Art Centre di Londra, il Centre Pompidou di Parigi, la Hayward Gallery di Londra, la Biennale di Liverpool e la Biennale di Venezia. Nel corso del 2007 ha partecipato a mostre presso la Tate Modern di Londra e lo Sculpture Center di New York. Vive e lavora tra Berlino e Copenhagen. 74 Patrick Tuttofuoco nato a Milano nel 1974, ha presentato le sue opere nelle più importanti mostre nazionali ed internazionali, nel 2006 la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo gli ha dedicato la mostra Revolving Landscape. Ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 2003, a Manifesta 5 nel 2004. Vive e lavora a Milano. 75 Gruppo A12 è un collettivo di architetti formato da Nicoletta Artuso, Andrea Balestrero, Gianandrea Barreca, Antonella Bruzzese, Maddalena De Ferrari, Fabrizio Gallanti e Massimiliano Marchica, nato nel 1993 e attivo fra Genova e Milano. Il lavoro del gruppo si articola in modalità che propongono l’interazione e la contaminazione fra architettura, urbanistica e arte contemporanea. Attraverso la ricerca dei dettagli minimi che costituiscono la trama del quotidiano, il gruppo A12 esplora e racconta il carattere dei luoghi. Questa doppia scala di osservazione, che oscilla tra le piccole dimensioni e le grandi scale territoriali, caratterizza tutta la loro attività. I loro interventi spaziano dalla grafica all’installazione, dall’allestimento alla pianificazione urbana all’organizzazione di eventi culturali. 76 Avaf (Assume vivid astro focus) è un collettivo costituito a New York City nel 2001 dal brasiliano Eli Sudbrack e dal francese Christophe Hamaide-Pierson. Avaf fonde disegno, scultura, video, in installazioni carnavalesque in cui la politica, i codici culturali, i diritti civili, e la dissoluzione delle classificazioni rigide di classe, galleggiano liberamente. Frequenti le collaborazioni con musicisti, designer, ballerini e altri artisti, per mettere in discussione pregiudizi, convinzioni e problematiche di città e tradizioni culturali distinte nel tempo e nello spazio. Il gruppo ha ricevuto riconoscimenti dalla Rema Hort Mann Foundation (2002) e il Fondo Public Art (2007). Vivono e lavorano tra Parigi e New York. complex in 1996. The steel, travertine, glass and plaster building was the first major architectural/town planning project to be built in central Rome since the end of the Second World War. 72 Angela Bulloch is a Canadian artist born in 1966. She was shortlisted for the prestigious Turner Prize in London in 1997. She has exhibited all over the world in one-woman and group shows at top international venues such as the UC Berkeley Art Museum and Pacific Film Archive (CA), the Oxford Modern Art Museum, and the Museum of Contemporary Art in Chicago. She appeared at the 2003 Venice Biennale and Tate Liverpool in 2002. She lives and works in London and Berlin. 73 Born in Copenhagen in 1974, Jeppe Hein has exhibited at a number of top art venues around the world, including the Barbican Art Centre of London, the Centre Pompidou of Paris, the Hayward Gallery of London, the Liverpool Biennial and the Venice Biennale. In 2007, he exhibited at Tate Modern in London and the Sculpture Center in New York. He lives and works in Berlin and Copenhagen. 74 Patrick Tuttofuoco was born in Milan in 1974. His work has been exhibited at leading Italian and international exhibitions. In 2006, the Sandretto Re Rebaudengo Foundation dedicated its Revolving Landscape exhibition to his work. Tuttofuoco participated at the 2003 Venice Biennale, and at Manifesta 5 in 2004. He lives and works in Milan. 75 Gruppo A12 is a collective of architects consisting of Nicoletta Artuso, Andrea Balestrero, Gianandrea Barreca, Antonella Bruzzese, Maddalena De Ferrari, Fabrizio Gallanti and Massimiliano Marchica. Founded in 1993, it is active in Genoa and Milan. The group’s work focuses on interacting between and cross-pollinating architecture, town planning and contemporary art. Gruppo A12 explores and reveals the character of places from the tiny details that make up our daily lives. Shifting between the tiny and the massive territorial, everything they do is characterized by this twin observational yardstick. Their works span graphics, installations, layouts, urban planning and staging cultural events. 76 AVAF (Assume Vivid Astro Focus) is a collective founded in New York City in 2001 by Eli Sudbrack of Brazil and Christophe Hamaide-Pierson of France. AVAF combines design, sculpture and video into carnivalesque installations in which politics, cultural codes, civil rights and the dissolution of rigid class categories all float freely. The collective often works with musicians, designers, dancers and other artists to question prejudices, convictions and issues on cities and cultural traditions separated by time and space. The group has benefited from support by the Rema Hort Mann Foundation (2002) and the Public Art Fund (2007). Its members work between Paris and New York. 77 Jeffrey Inaba is a US artist who lives and works between Los Angeles and New York. He is the founder of the INABA Jeffrey Inaba, artista americano che vive e lavora tra Los Angeles e New York, è il fondatore dello studio di architettura e consulenza culturale INABA, a Los Angeles, che si occupa di architettura, arte e urban design con una particolare attenzione alla ricerca e al sociale. E’ inoltre Director del C-Lab, il gruppo di architettura e comunicazione della Columbia University e Program director del Southern California Institute for Future Initiatives (SCIFI). Dal 1997 al 2003 ha diretto insieme a Rem Koolhaas il Progetto sulla Città all’Harvard University’s Graduate School of Design. Ha da poco esposto al New Museum di New York, al Walker Art Center di Minneapolis e alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. 78 Francesco Bonami, curatore della Biennale di Venezia del 2003, è attualmente Senior Curator del Museum of Contemporary Art di Chicago, Direttore Artistico della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per l’Arte di Torino, Direttore Artistico di Pitti Immagine Discovery a Firenze, Direttore Artistico del Centro d’Arte Contemporanea Villa Manin. È inoltre Responsabile della nuova collana “Supercontemporanea” edita da Electa Mondadori. Per Oscar Mondadori sta per uscire “Potevo Farlo Anch’io”, una raccolta sull’arte contemporanea. 79 Doug Aitken, artista californiano famoso a livello internazionale per le sue opere di luci, suoni ed immagini, come la video proiezione Sleepwalkers con cui ha ricoperto l’intera facciata del MoMa nel 2007. Le sue opere sono state esposte al Whitney Museum American Art, alla Serpentine Gallery di Londra, al Centre Pompidou di Parigi. 80 Edward Ruscha un pittore e fotografo statunitense tra i protagonisti della cultura Pop americana negli anni Cinquanta e Sessanta, racconta con le sue opere la mutevolezza dei valori della società americana attraverso stereotipi hollywoodiani quali i distributori di benzina stilizzati o paesaggi archetipici. Autore dei celebri Word Paintings, da lui definiti ‘anonimi scenari per il teatro delle parole’, Ed Ruscha è famoso proprio per le frasi e le parole che campeggiano nei suoi dipinti, e grazie alle quali analizza l’interazione continua tra la dimensione fisica e quella comunicativa del linguaggio. 81 Liesbeth Bik e Jos van der Pol lavorano e collaborano con il nome Bik van der Pol dal 1995. Le loro opere invitano il pubblico a ripensare ai luoghi, alla loro architettura, funzione e storia. Esplorano le potenzialità dell’arte di produrre e trasmettere conoscenza, così come di creare momenti di comunicazione. Tra i progetti e le mostre più recenti si annoverano: la Biennale di Istanbul; la mostra Volksgarten alla Kunsthaus Graz; Plug In presso il Van AbbeMuseum di Eindhove; Models For Tomorrow alla European Kunsthalle di Colonia; la Biennale di Mosca (2007); Fly Me To The Moon, al Rijksmuseum di Amsterdam; Naked Life, MOCA, Taipei (2006); Secession, Vienna; Cork Caucus Cork (2005); Nomads in Residence, uno spazio di lavoro 77 Architectural and Cultural Consulting Practice in Los Angeles, specializing in architecture, art and design, with a special focus on research and social sphere. He is also Director of C-Lab, the architecture and communication group of Columbia University, and Program Director of the Southern California Institute for Future Initiatives (SCIFI). From 1997 to 2003, with Rem Koolhaas he ran the City Project at Harvard University’s Graduate School of Design. He has recently exhibited at the New Museum in New York, the Walker Art Center in Minneapolis and the Fondazione Sandretto Re Rebaudengo in Turin. 78 Francesco Bonami, curator of the 2003 Venice Biennale, is currently Senior Curator at the Museum of Contemporary Art in Chicago, Artistic Director of the Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per l’Arte in Turin, Artistic Director of Pitti Immagine Discovery in Florence, and Artistic Director of the Centro d’Arte Contemporanea Villa Manin. He is also the EditorIn-Chief of the new “Supercontemporanea” collection, which is published by Electa Mondadori. Oscar Mondadori is bringing out his latest book, an anthology on contemporary art, titled “Potevo Farlo Anch’io”. 79 Doug Aitken is a Californian artist who has earned international renown for works incorporating light, sound and images, including the video projection Sleepwalkers which covered all of MoMa’s façade in 2007. His works have been exhibited at the Whitney Museum of American Art, the Serpentine Gallery of London and the Centre Pompidou of Paris. 80 Edward Ruscha is a US painter and photographer. One of the leading figures in American pop culture in the ’50s and ’60s, in his works he tells the story of changing values in American society through Hollywood stereotypes such as stylized petrol stations and archetypal landscapes. Ed Ruscha is known particularly for the words and phrases featured in his paintings, through which he analyses the ongoing interaction between the physical and communicational dimensions of language: he defined his famous Word Paintings as “anonymous backdrops for the drama of words”. 81 Liesbeth Bik and Jos van der Pol have been working together under the name Bik van der Pol since 1995. Their works invite the public to reconsider places, their architecture, function and history. They explore the potential of art to generate and pass on knowledge by creating moments of communication. Recent exhibitions include: the Istanbul Biennial; the Volksgarten exhibition at the Kunsthaus Graz; Plug In at the Van AbbeMuseum, Eindhoven; Models For Tomorrow at the European Kunsthalle, Cologne; the Moscow Biennial (2007); Fly Me To The Moon, at the Rijksmuseum, Amsterdam; Naked Life, MOCA, Taipei (2006); Secession, Vienna; Cork Caucus, Cork (2005); Nomads in Residence, a travelling workspace for artists, Utrecht (2003, with architects Korteknie/Stuhlmacher). 141 142 itinerante per gli artisti, Utrecht (2003, con gli architetti Korteknie/Stuhlmacher). 82 Carsten Höller Nato nel 1961 a Bruxelles e laureato in Agronomia con una specializzazione in fitopatologia e una tesi sulla comunicazione olfattiva tra gli insetti, concepisce l’arte come strumento cognitivo, indagando la realtà oggettiva e la sua percezione e utilizzando il disorientamento come caratteristica imprescindibile di tutti i suoi lavori: dai funghi rotanti appesi al soffitto della Fondazione Prada nel 2000 ai cinque scivoli in acciaio Test Site installati nella Turbine Hall della Tate Modern di Londra nel 2006 per la Unilever Series, fino ad arrivare alle sue mostre più recenti, Soma, presso l’Hamburger Bahnhof – Museum für Gegenwart di Berlino e Experience, inaugurata al New Museum di New York, in cui uno scivolo all’interno di un “serpentone” in acciaio e plexiglass consente di scivolare dal quarto al secondo piano del Museo; nello stesso sito anche Psyco Tank, una camera surriscaldata di privazione sensoriale. 83 Mike e Doug Starn lavorano insieme da oltre vent’anni focalizzandosi principalmente sull’arte concettuale e sulla fotografia. Le loro opere, concepite come inedite strutture organiche in evoluzione, sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private, e sono state esposte in musei e gallerie di tutto il mondo, fra cui il Museum of Modern Art, il Metropolitan Museum of Art e il Guggenheim Museum di New York, la National Gallery of Victoria di Melbourne, lo Yokohama Museum of Art in Giappone, la Maison Européenne de la Photographie di Parigi. Rappresentati dal celebre gallerista Leo Castelli dal 1989 fino alla sua morte, nella loro carriera artistica gli Starn hanno ricevuto numerosi riconoscimenti. Lavorano a Beacon, New York. 84 Toshiko Horiuchi nata in Giappone, ha frequentato la Tama Art University di Tokyo, per poi specializzarsi alla Cranbrook Academy of Art negli Stati Uniti. Subito dopo la laurea ha iniziato a lavorare come designer di tessuti per una prestigiosa società newyorkese sviluppando una progressiva ricerca sul tessuto, sulla sua struttura e modalità di applicazione, fino a realizzare opere d’arte esposte in Giappone e a livello internazionale, che hanno dato il via al movimento chiamato “art fabric”. Nel 1990 Toshiko ha fondato insieme al marito Charles MacAdam, l’Interplay Design & Manifacturing Inc, con l’obiettivo di promuovere in tutto il mondo le sue sorprendenti sculture tessili e, in particolare, il progetto “public art for kids”. La sua scultura in maglia Atmosphere of the Floating Cube è presente nella collezione del Museo Nazionale d’Arte Moderna di Kyoto. Vive e lavora in Canada. Carsten Höller was born in Bruxelles in 1961. He graduated in Agronomy with a specialization in phytopathology and a dissertation on olfactory communication in the insect world. Höller conceives of art as a cognitive instrument, enquiring into objective reality and how it is perceived. Disorientation is a vital characteristic of all of his works, from rotating mushrooms hanging from the ceiling of Fondazione Prada in 2000 to five steel slides in Test Site, installed in the Turbine Hall at Tate Modern in London in 2006 as part of the Unilever Series, right down to more most recent exhibitions, Soma at the Hamburger Bahnhof – Museum für Gegenwart in Berlin, and Experience, which opened at the New Museum in New York, where a slide within a huge steel and plexiglass “snake” let visitors slide between the museum’s fourth and second floors; the same venue also hosted Psycho Tank, an overheated sensorial deprivation chamber. 83 Mike and Doug Starn have been working together for over twenty years, focusing principally on conceptual art and photography. Conceived as new and evolving organic structures, their works are part of many public and private collections, and have been exhibited in museums and galleries around the world, including the Museum of Modern Art, the Metropolitan Museum of Art and the Guggenheim Museum in New York, the National Gallery of Victoria in Melbourne, the Yokohama Museum of Art in Japan, and the Maison Européenne de la Photographie in Paris. Represented by famous gallerist Leo Castelli from 1989 until his death, the Starns have received a number of accolades during their artistic career. They work in Beacon, New York. 82 Toshiko Horiuchi was born in Japan and attended the Tama Art University in Tokyo, before going on to further studies at the Cranbrook Academy of Art in the US. Immediately after graduating, she began working as a fabric designer for a top New York company. During this time she continued her research into fabric, its structure and application, until she began making works that were exhibited in Japan and internationally, ultimately spawning a movement known as “art fabric”. In 1990, Toshiko founded Interplay Design & Manufacturing Inc. with husband Charles MacAdam to promote her surprising textile structures around the globe and, in particular, her “public art for kids” project. Her Atmosphere of the Floating Cube sculpture in wool is part of the Kyoto National Museum of Art’s collection. She lives and works in Canada. 82 Antonella Basilico Pisaturo Antonella Basilico Pisaturo, docente di arte contemporanea alla Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli. È giornalista ed autrice di un nutrito numero di pubblicazioni dedicate al tema dell’arte. Tra le sue pubblicazioni ci sono: Pittori a Capri (La Conchiglia), Dioniso tra le isole. Hans Paule: un artista ed il suo tempo (La Conchiglia), Il volto decorato dell’architettura. Napoli 1930-1940 (Paparo edizioni), Fratelli d’arte. Luigi e Giulio Parisio (Paparo edizioni). Antonella Basilico is a Professor of Contemporary Art at the University of Naples Faculty of Architecture. She is also a journalist and has written many books on art. Her publications include: Pittori a Capri (La Conchiglia), Dioniso tra le isole. Hans Paule: un artista ed il suo tempo (La Conchiglia), Il volto decorato dell’architettura. Napoli 19301940 (Paparo edizioni), and Fratelli d’arte. Luigi e Giulio Parisio (Paparo edizioni). Nella stessa collana/In the same series: Testo di Written by Antonella Basilico Pisaturo Progetto grafico, coordinamento editoriale, impaginazione Design, editing services and layout PRC s.r.l. - Roma Tutte le foto provengono dall’Archivio Storico Enel All photographs are from the Enel Archive Stampa Printed by Varigrafica Alto Lazio s.r.l. - Roma Finito di stampare nel mese di dicembre 2015 Printed in December 2015 Il Nucleare in Italia/Nuclear Power in Italy Storia dell’Energia Verde/A History of Green Power Invenzioni & Brevetti/Inventions & Patents Protagonisti dell’Energia/Energy Leaders Oggetti Elettrici/Electric Devices Energia Oltre i Confini/Energy Beyond Borders Energia in Rete/Power in the Grids La Città Elettrica/The Electric City Una Storia Elettrica/An Electric History Comunicare l’Energia/Communicating Energy Mestieri Elettrici/Electric Jobs Tiratura 500 copie 500 copies printed Pubblicazione fuori commercio Publication not for sale A cura di Comunicazione Italia Edited by Communication Italy © Enel SpA 00198 - Roma, viale Regina Margherita 137 Se disponibile, per ricevere copia gratuita di questo volume o dei precedenti scrivere a To receive a free copy of this or previous volumes, if still available, email [email protected]