Arte e Architettura

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Arte e Architettura
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L’età dell’energia The Age of Energy
ARCHIVIO STORICO ENEL
Tra Arte
e Architettura.
Between Art
and Architecture.
Archivio Storico Enel
L’Archivio Storico custodisce la documentazione relativa alla storia dell’industria elettrica italiana
dalla fine dell’Ottocento e di quasi mezzo secolo di vita di Enel, da quando, con la nazionalizzazione del
1962, oltre 1.270 aziende elettriche confluirono nell’allora ente nazionale per l’energia elettrica.
In principio la struttura del nuovo ente risentì dell’influenza delle più grandi e importanti imprese elettriche
esistenti all’epoca e, pur ispirandosi a criteri di gestione aderenti alla sua natura di ente pubblico economico,
di fatto riprese e proseguì l’attività delle precedenti imprese elettriche private di cui, naturalmente,
prese in carico i relativi archivi nonché il personale altamente qualificato: ingegneri, tecnici e maestranze
di prim’ordine.
Nel 1992, la Soprintendenza Archivistica per il Lazio dichiarò “di notevole interesse storico” tutta
la documentazione Enel, riconoscendo altresì “il complesso documentario come fonte di valore unico
e di incommensurabile interesse per la storia dell’energia elettrica e per la storia economica nazionale
e internazionale dagli inizi del secolo scorso in poi”.
Inaugurato a settembre 2008 in una sede unica, a Napoli, l'Archivio Storico Enel promuove iniziative
culturali e di studio e garantisce un'agevole consultazione sia con sistemi tradizionali che con l'ausilio
dell'inventariazione digitale, valorizzando la conoscenza del patrimonio storico documentale in una visione
dell'energia orientata al futuro.
The Historical Archive houses documents regarding the history of the Italian electricity industry since the end
of the nineteenth century, including the almost half a century that Enel has existed. Enel was established in
1962, when more than 1,270 electricity companies were nationalized to become part of what at that time
was the Ente Nazionale per l’Energia Elettrica.
The structure of the new entity was influenced by the largest and most important electricity companies of
the time, and even though it was based on managerial criteria appropriate to its status as a governmentowned company, it actually continued the activity of the preceding private electricity firms, whose related
archives it naturally took charge of, as well as their highly skilled personnel: engineers, technicians, and
first-rate workers in general.
In 1992, the Soprintendenza Archivistica per il Lazio – the government agency that oversees archives
in the Lazio region – declared all of Enel’s documentation to be “of remarkable historical interest”,
acknowledging the “collection of documents as a source of unique value and incomparable interest
for the history of the electricity industry and Italian and international economic history from the beginning
of the twentieth century onwards.”
Brought together within a single building in Naples and inaugurated in September 2008, the Enel
Historical Archive promotes cultural and scholarly initiatives and facilitates consultation with digital
cataloguing as well as traditional systems, enhancing knowledge of our heritage of historical documents
for a forward-looking vision of power.
È il fare quotidiano che caratterizza l’impegno e l’identità di ogni azienda e costituisce
il tratto distintivo della sua cultura. È per questa ragione che occorre dare voce
alla ricchezza di conoscenze, alla professionalità, all’innovazione, alla capacità
di trasformazione continua attraverso il racconto della propria storia industriale
che è cultura d’impresa. Senza di questa, l’azienda stessa rischierebbe di non essere
percepita nel suo reale valore di generare sviluppo per il Paese e per le generazioni future.
The identity of every company is characterized by its everyday operations, which are the lifeblood
of any company’s corporate culture. It is important to give a voice to the wealth of knowledge, professionalism, innovation and an unceasing ability to move forwards by retelling the company’s industrial
history, which is the underlying corporate culture. Without this, a company runs the risk
of not being perceived for its true value: as a generator of advancement
for the nation and for its future generations.
ARCHIVIO STORICO ENEL
via Ponte dei Granili, 24 - 80146 Napoli • tel. 081.3674213
Tra Arte
e Architettura.
Between Art
and Architecture.
MONOGRAFIA DELL’ARCHIVIO STORICO ENEL
MONOGRAPH BY THE ENEL HISTORICAL ARCHIVE
2
Prefazione
Foreword
di Maria Patrizia Grieco
Presidente Enel
by Maria Patrizia Grieco
Chairman, Enel
Ripercorrere le vicende dell’industria elettrica
italiana vuol dire anche ripercorrere parte della
storia artistica del nostro Paese. Un itinerario che
passa attraverso l’illuminazione di bellezze
architettoniche e cittadine, e si sviluppa attraverso
opere d’arte che trovano ispirazione o ragion
d’essere proprio nell’elettricità. Bellezze di varia
natura, dimensione e notorietà, conservate in
musei o all’aria aperta ma che negli anni hanno
tutte contribuito ad accrescere il nostro
inestimabile patrimonio artistico.
Un processo che inizia a fine Ottocento con
l’accensione della centrale di Santa Radegonda,
prima centrale termoelettrica italiana e
dell’Europa continentale (terza al mondo dopo
quelle di Londra e New York). Un momento
fondamentale per lo sviluppo economico del
nostro Paese ma non solo. Perché quel
momento permise anche le prime
sperimentazioni di illuminazione pubblica e
diede inizio ad un processo che avrebbe per
sempre cambiato il volto delle nostre città
portando, a mano a mano, ad illuminare teatri,
strade, piazze, gallerie e quartieri.
Con la comparsa dell’illuminazione elettrica e con
il rapido sviluppo dell’elettrificazione, la domanda
di energia crebbe sempre più e nuove centrali si
andarono via via costruendo. Per la loro
realizzazione le società elettriche di allora, poi
acquisite da Enel, selezionarono i progettisti più
affermati: Moretti, Portaluppi, Muzio, Minnucci e
Ponti. Architetti che hanno lasciato il loro segno
in quelli che sono considerati oggi dei veri e
propri capolavori dell’architettura, strutture
all’interno delle quali si possono trovare anche
affreschi e sculture di grandissimo pregio.
Negli anni Enel ha spesso raccontato il suo mestiere
attraverso il linguaggio delle arti. Non solo. Il
rapporto profondo tra l’energia, l’illuminazione e la
forma artistica, fatto di contaminazioni profonde, si
ritrova anche nelle centinaia di tele e di opere
grafiche che sono state create dai maggiori autori
della pittura e del design.
Una storia “parallela” quindi, ricca di segni
simbolici prodotti da autori che hanno aggiunto
la “luce” della fantasia e della creatività a quella
prodotta dalla rivoluzione industriale.
Un’ispirazione creativa ancora viva che Enel
promuove e valorizza attraverso le iniziative
avviate in numerosi ambiti, perché la storia che
coniuga l’arte con i fattori industriali resta parte
integrante della nostra cultura. Ieri come oggi.
No exploration of the history of the electricity
industry in Italy would be complete without
going back over the country’s cultural and
arts heritage history.
On the night of 18 March 1877, a spotlight
was set up in Piazza Duomo to light up the
Milan cathedral for the first time.
A curious crowd gathered to watch
the five electric lights turn on and beam
their weak gleam onto the city’s most
iconic monument.
Milan looked on as one by one its piazzas,
galleries and theatres were lit up by the first
electric power station to be built in
continental Europe (the third anywhere
in the world after London and New York).
Urban electrification gradually brought light
to all of Italy’s towns; it also “lit up” the
masterpieces of the open-air museum that is
Italy, as part of a process that gave
permanent “citizenship” to power and
luminous coils.
With the arrival of electric lighting and the
rapid rollout of electrification between
the late 1800s and the early decades
of the twentieth century, new power
stations were required to keep up with
demand for power. Electricity companies
hired leading architects to design them:
Moretti, Portaluppi, Muzio, Minnucci, and
Ponti.
The designs these artists came up with are
today considered true architectural
masterpieces.
The deep-seated relationship between
energy, lighting and artistic form is also
evident in hundreds of paintings
and works of graphic design by top painters
and designers.
This “parallel” story is packed with symbolic
representations created by artists who
augmented this product of the Industrial
Revolution with the “light” of their
imagination and creativity.
This creative inspiration remains alive at Enel:
it is something that the company promotes
and encourages through a host
of initiatives in a number
of different areas.
Today as in the past, the history that
unites art and industry is an integral
part of our culture.
3
Table of Contents
Indice
2 Prefazione di Maria Patrizia Grieco
2 Foreword by Maria Patrizia Grieco
TRA ARTE E ARCHITETTURA
di Antonella Basilico Pisaturo
BETWEEN ART AND ARCHITECTURE
by Antonella Basilico Pisaturo
6
8
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27
30
32
36
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41
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Le città si illuminano
Il museo diffuso
I primi tentativi
Un faro sul Duomo
Si accendono le scene
Dal teatro alla strada
Nuove espressioni: le insegne al neon
Le luci della festa
Una forma d’arte
Lo sviluppo dell’illuminotecnica
Il progetto luce
Luci su Pompei
Vita ai monumenti
Non solo giochi d’acqua
6
8
10
12
16
24
26
29
31
36
38
41
45
Cities Light Up
The Open-Air Museum
Early Attempts
A Spotlight on the Duomo
Lights, Action
From Theatre to Street
New Expressions of Art: Neon Signs
Festive Lights
A Form of Art
The Evolution of Lighting Design
The Progetto Luce
Lights on Pompeii
Long Live Monuments
Water Features and More
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63
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75
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I gioielli dell’architettura
Il linguaggio dell’estetica
Con lo sguardo all’Ottocento
Tra il Veneto e il Friuli
Un grande affresco
La consapevolezza del genius loci
Come una scenografia
Tra classicismo e funzionalismo
Le centrali del Mezzogiorno
Gio Ponti: elogio dell’elettricità
49
53
58
63
66
72
75
78
81
Architectural Gems
An Aesthetic Approach
With an Eye on the 19th Century
In the Veneto and Friuli Regions
A Great Fresco
Awareness of Genius Loci
Like a Stage Set
Between Classicism and Functionalism
Power Stations in the South of Italy
Gio Ponti: an Elegy to Electricity
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88
90
92
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104
106
107
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Grandi artisti, cartoline e manifesti
Verso la modernità
Nuove strategie per comunicare
Cartoline, francobolli e canzoni
Manifesti d’autore
La dinamica Futurista
Magritte e l’impero delle luci
L’innovazione di Picasso
La Fata elettricità di Dufy
Spire luminose
86
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104
106
108
110
Top Tier Artists, Postcards and Posters
Towards Modernity
New Strategies for Communication
Postcards, Postage Stamps and Songs
Masterpiece Posters
The Futurist Dynamic
Magritte and the Empire of Light
The Innovation of Picasso
Dufy’s Electricity Fairy
Luminous Coils
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L’impegno di Enel
La cultura della luce
Luce per l’Arte
Lumina. Chiese di Toscana
Parlare alla città con nuovi linguaggi
Le forme dell’energia
Tra immagini e visioni contemporanee
Enel Contemporanea Award
Coinvolgere il pubblico
115
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123
125
127
129
132
The Commitment of Enel
The Culture of Light
Luce per l’Arte Project
Lumina: the Churches of Tuscany
Addressing the City in a New Language
Forms of Power
Between Images and Contemporary Visions
Enel Contemporanea Award
Involving the Public
137 Note
137 Notes
5
Le città si
illuminano.
6
Cities
Light Up.
Il museo diffuso
L’energia elettrica e l’illuminazione artificiale
sono stati i prodotti del progresso tecnologico
che hanno modificato più profondamente e
capillarmente tutti gli aspetti della vita, da un
punto di vista sociale, antropologico,
ambientale e culturale. Un processo epocale in
cui la capacità di queste innovazioni di
generare nuovi cambiamenti tecnici e
produttivi e di mutare radicalmente le
condizioni di vita e di lavoro ha modificato
anche la percezione del territorio e
dell’ambiente.
The Open-Air Museum
No other technological advancement has had
such a broad and far-reaching impact on all
aspects of life – socially, anthropologically,
environmentally and culturally – as electricity and
artificial light. The epoch-changing process of the
advent of electricity and artificial lighting ushered
in innovation that paved the way for technical
and production-related upheaval, radically
altering lifestyles and working practices, and
shifting people’s perception of where they live
and their environment.
Le città si illuminano
Cities light up
8
Ogni città, di notte, quando si accendono le luci,
si trasforma, acquista un nuovo volto, una
fisionomia diversa diventa un luogo vivibile e
rassicurante e i monumenti che di giorno
sembrano congelati in una immobilità statica che
li rende immateriali, al primo calar del sole
acquistano vita, fulgore nella filosofia della luce.
Le strade, le piazze, i giardini, i palazzi, le chiese
ritornano a vivere per raccontare la vita e le gesta
del nostro passato, lasciando scoprire un mondo
“altro”, lontano nel tempo ma vicino nello spazio.
Essi diventano le tappe di un percorso museale
dinamico che attraversa tutta l’Italia, il più grande
“museo diffuso” che esista. Un museo fuori dai
confini istituzionali del museo vero e proprio, in
grado di raccontare la nostra storia e di illustrare
le nostre origini attraverso le emergenze artistiche
presenti nei vari luoghi che, resi visibili dalla luce,
diventano strumenti imprescindibili di conoscenza,
atti a veicolare messaggi culturali e sociali. Queste
testimonianze storiche e artistiche riconoscibili
nella luce, alimentano nella comunità un profondo
e radicato senso di appartenenza, rafforzando i
legami identitari dei cittadini con il territorio
facendoli sentire parte di un progetto comune di
vita e di sviluppo perché, come affermava Aldo
Rossi “l’unione tra il passato e il futuro è nell’idea
stessa di città che la percorre, come la memoria
precorre la vita di una persona, e che sempre per
concretarsi deve conformare ma anche
conformarsi nella realtà. E questa conformazione
permane nei suoi fatti unici, nei suoi monumenti,
nell’idea che di essi abbiamo”1.
Every city is transformed at night when the lights
go on. Every city takes on a different look and
becomes a reassuring place for people to live; as
soon as the sun goes down monuments that, by
day, seemed frozen in static immobility and
somehow intangible take on new life and
effulgence thanks to the philosophy of light.
Streets, piazzas, public parks, buildings and
churches come back to life and tell the story of
past lifestyles and customs, revealing a whole
other world that though far off in time is close in
space. They become part of a dynamic path
through the open-air museum that is Italy,
without doubt the world’s largest such venue.
This museum extends the boundaries of what we
commonly conceive as a museum: it embraces
Italy’s history and illustrates the country’s origins
through art that emerges in these many different
places, made visible by light to become a vital tool
for knowledge, as well as a vehicle for cultural
and social messages. This historical and artistic
heritage that we can see in the light nourishes a
deep-rooted sense of identity; it strengthens
people’s sense of identity associated with where
they live, allowing them to feel part of a common
life- and development-led project; in Aldo Rossi’s
words, “the union between past and future lies in
the very idea of the city that runs through it, just
as memory runs through a person’s life; for this to
become tangible, it must conform with and adapt
to realty. This conformation may be seen in its
unique circumstances, in its monuments, and in
the idea we have of it.”1
I primi tentativi
Early Attempts
Nell’agosto del 1880, il salone del Caffè Gnocchi
nella galleria Vittorio Emanuele viene illuminato da
In August 1880, the Caffè Gnocchi salon in the
Vittorio Emanuele Gallery was lit by four Siemens
quattro lampade ad arco del sistema Siemens, un
episodio che non ebbe seguito fino al giugno del
1881, quando in occasione della grande
Esposizione Nazionale allestita nell’area dei
Giardini Pubblici, 25 lampade ad arco della
Siemens per una potenza complessiva di 20.000
candele illuminarono la Galleria Vittorio Emanuele.
Non a caso si era scelto di illuminare la Galleria
perché rappresentava il luogo simbolo della
nuova borghesia al potere, desiderosa di
affermare il proprio status sociale ed economico.
Ma l’illuminazione di questo nevralgico punto
d’incontro, ancora una volta, non fu pienamente
convincente perché il flusso luminoso non era
costante e ogni otto ore bisognava sostituire i
carboncini delle lampade ad arco.
Contemporaneamente, proprio al Teatro alla
Scala, l’11 gennaio 1881 andava in scena uno
spettacolo teatrale destinato a conoscere un
lunghissimo periodo di successi con 103 repliche
solo in Italia, e altre nel resto d’Europa e nelle
Americhe: il “Gran ballo Excelsior” un trionfo di
ballerine, bandiere nazionali e 450 comparse che
rappresentava la vittoria
della Luce sullo spirito
dell’Oscurantismo. Lo
spettacolo esaltava i
“protagonisti”
dell’ideologia del
progresso, i piroscafi a
vapore che solcavano
l’Hudson, i treni che
attraversavano velocissimi il
Il ballo Excelsior di Manzotti
durante l’Esposizione
italiana di Milano, 1881.
Manzotti’s Excelsior Dance
at the Italian Exposition,
Milan, 1881.
system arc lamps. The café remained a one-off
until June 1881, when to mark the major
National Exposition staged in and around the
Giardini Pubblici, 25 Siemens arc lamps
developing a total of 20,000 candlepower were
used to illuminate the entire Galleria Vittorio
Emanuele. The Gallery was not chosen by
chance: it was the symbolic focal point of the
new bourgeoisie coming to power and keen to
assert its social and economic status. And yet,
once again, the illumination of this central
meeting place was less than convincing: the light
that the bulbs emitted was inconstant, and the
arc lamp charcoals needed to be replaced every
eight hours. During this period – on 11 January
1881 to be precise – the Teatro alla Scala staged
a play that was destined to become a huge, longterm hit, racking up 103 performances in Italy
alone before going on to tour throughout Europe
and the Americas: “Gran Ballo Excelsior” was a
triumph of ballerinas, national flags and 450
extras, representing the victory of Light over the
spirit of obscurantism. The show lauded the
“stars” of the ideology of
progress: steamers that
criss-crossed the Hudson,
trains speeding over the
Brooklyn Bridge, the
wireless telegraph, silent
cinema, the Suez Canal
and the Frejus Tunnel. It
celebrated the miracles of
science as electric light
was finally beginning to
penetrate the shadows in
which millions of men and
women had lived until
then. One man who saw
that show was Giuseppe
Colombo, Director of
9
Le città si illuminano
Cities light up
La sera del 18 marzo 1883
alla Scala furono accese
simultaneamente 92
lampadine elettriche
a incandescenza.
ponte di Brooklin, il telegrafo senza fili, il cinema
muto, il Canale di Suez, il traforo del Frejus
celebrando i miracoli della scienza e dell’elettricità
che portava finalmente la Luce che squarciava le
tenebre in cui erano vissuti per secoli milioni di
uomini e di donne. Tra il pubblico in sala il
direttore del Politecnico, Giuseppe Colombo, che
avendo compreso a pieno il ruolo dell’elettricità
nella trasformazione industriale della città,
nell’autunno del 1881 costituì a Milano, con
l’appoggio di grossi istituti di credito, il
“Comitato promotore per le applicazioni
dell’energia elettrica in Italia”.
Un faro sul Duomo
10
Nel 1883 a Milano e nel 1892 a Tivoli furono
installate le prime centrali elettriche, quest’ultima
fu attivata per iniziativa della Società per le Forze
Idrauliche di Tivoli, che aveva fornito l’energia
elettrica alla Società anglo-romana per
l’illuminazione di Roma e aveva garantito il primo
trasporto a distanza dell’energia elettrica a fini
industriali in Italia.
Ma già nel 1876, sempre a Milano, la
Tecnomasio, grazie alle ricerche sugli usi
Milan’s Politecnico university. Having fully seized
the role electricity would play in the city’s
industrial transformation, in the autumn of 1881
Mr Colombo teamed up with major credit
institutes to establish the “Comitato Promotore
per le Applicazioni dell’Energia Elettrica in Italia”
in Milan.
A Spotlight on the Duomo
Italy’s first electricity generating plants were
installed in Milan (1883) and Tivoli (1892). The
second plant was built by the Società per le Forze
Idrauliche di Tivoli to supply electricity to the
Società anglo-romana for lighting in Rome. It was
the first time that electricity was transported for
industrial purposes in Italy.
However, back in 1876, the Tecnomasio company
of Milan had leveraged research into industrial
uses of electricity undertaken by its chief, a Mr
Cabella, to conduct Italy’s first trial of public
lighting when it illuminated the Duomo in Milan
with a powerful spotlight that provided the
power equivalent of 500 gas flames. This lighting
system was less than satisfactory in terms of the
quality of light: “For shame that it might seem we
were in the midst
of carnival, the
Piazza del Duomo
spotlight seems to
have been designed
to inspire the idea
Tutta Milano si riversa
in piazza Duomo per
assistere al prodigio
della luce elettrica, 1883.
The people of Milan
flock to Piazza Duomo
to marvel at the wonder
of electric light, 1883.
industriali dell’energia elettrica
condotti dal suo direttore
Cabella, aveva compiuto il
primo esperimento di
illuminazione pubblica in Italia:
il Duomo di Milano era stato
illuminato con un potente faro
elettrico della forza luminosa di
500 fiamme di gas. Ma questo
sistema d’illuminazione non era
stato soddisfacente per la
qualità della luce: “ad onta che
ci trovassimo in carnovale, il faro di Piazza del
Duomo pareva fatto per ispirare delle idee di
quaresima”, cosicché nel 1877 la piazza era stata
illuminata da una potente lampada ad arco posta
in cima ad una torre appositamente eretta con un
sistema di correnti elettriche “di potenza”2.
Grazie al Comitato, nel 1892 furono promosse
una serie di iniziative dimostrative come
l’illuminazione, l’11 febbraio in occasione del
Carnevale, del ridotto della Scala con 92 lampade
elettriche ad incandescenza, del Caffè Biffi in
Galleria il 23 marzo, e quella dei portici e dei
negozi del palazzo Thonet in piazza del Duomo in
occasione della loro inaugurazione, nel novembre
dello stesso anno. Tutti gli eventi ebbero un
grande successo, e nei giorni del 19 e 20
novembre del 1882 il “Corriere della Sera” così
scriveva: “La luce che producono tali fiammelle è
viva, chiara e limpidissima e non offende gli occhi
né punto né poco. Il confronto con tutto il resto
del portico illuminato a gas è la più bella
dimostrazione a favore della luce elettrica:
voltandosi indietro verso piazza Mercanti, pare di
vedere il sotterraneo del quarto atto dell’Aida,
tanto i pilastri s’inombrano di tinte nere e si
tingono di lividi riflessi. Dell’illuminazione non
esageriamo punto dicendo che ha veramente
meravigliato. Coloro che si propongono di
On the evening of 18 March
1883, ninety-two
incandescent electric bulbs
were turned on at the same
time at the La Scala theatre.
of Lent.” By 1877, the piazza was
lit up by a powerful arc lamp
placed atop a speciallyconstructed tower, using a
“powerful” electric current system.2
In 1892, Colombo’s Committee promoted a series
of lighting-related demos: on 11 February at
Carnival for the small hall at the Scala with 92
incandescent electric lamps, the Caffè Biffi in the
Gallery on 23 March, and the porticos and stores
at Palazzo Thonet in Piazza del Duomo to mark
its opening that November. These events were a
runaway success. On 19 and 20 November 1882,
the “Corriere della Sera” wrote: “The light these
little flames produce is sharp, clear and oh-sobright, and yet it does not offend the eye either
much or little. A comparison with the rest of the
gas-lit portico is the most eloquent proof in
favour of electric lighting: when you turn back
towards Piazza Mercanti, it is like glimpsing the
underworld in Act IV of Aida, so much do the
pillars cast deep black shadows and take on
bright reflections... It is no exaggeration to say
that the lighting really did leave people
awestruck. Proponents of applying electrical
lighting to our city on a vast scale won a great
victory last night.”3
The electric lamps that lit up the arcades were
subsequently removed after the Union des Gaz
complained to the Municipal Council. The company
held the concession for public lighting in Milan, but
the stores remained lit by electricity, and provided
11
Le città si illuminano
Cities light up
Uno dei primi esperimenti di luce
elettrica in occasione della visita a
Brescia di re Umberto I, 1878.
One of Italy’s earliest trials of electric
lighting in Brescia, to mark the occasion
of a visit by King Umberto I, 1878.
12
applicare l’illuminazione
elettrica su grande scala nella
nostra città hanno vinto iersera
una grande battaglia”3. Le
lampade elettriche che
illuminavano i portici furono poi
tolte a causa di contestazioni
mosse al Comune dalla Union
des gaz, la società che aveva la concessione
dell’illuminazione pubblica a Milano, ma i negozi
rimasero illuminati con la luce elettrica e furono
così i primi utenti della Centrale di Santa
Radegonda, a due passi dal Duomo, che il 28
giugno del 1883 prese regolare servizio in uno
stabile precedentemente usato come teatro, per
dare luce ai Magazzini Bocconi, al Teatro
Manzoni, all’Albergo Continentale, al Caffè Cova,
alla Società Patriottica e al Teatro alla Scala.
Si accendono le scene
“Ogni invenzione, ogni progresso in materia di
illuminazione ha avuto la sua prima applicazione
sulle scene, la storia della illuminazione dei teatri
comprende quella dell’illuminazione in genere”4,
questa affermazione esplicita in maniera chiara
che prima ancora che sorgessero centrali e reti
per l’illuminazione pubblica e privata, l’energia
elettrica, fornita da batterie di pile, era stata
impiegata nei teatri del mondo per ottenere
mirabolanti effetti scenici. Prima dell’invenzione
the first consumers for the Santa Radegonda Power
Station. Located close to the Duomo, the power
station began operating in a converted theatre on
28 June 1883, supplying light to the Magazzini
Bocconi, Teatro Manzoni, Albergo Continentale,
Caffè Cova, Società Patriottica and Teatro alla Scala.
Lights, Action
“Every invention, each and every step of progress
in lighting found its first application on the stage.
The history of theatre lighting encompasses
lighting in general.”4 This declaration refers to the
fact that before any power stations or grids for
public and private lighting existed, to stunning
theatrical effect electricity generated by batteries
had been in use in theatres around the world.
Prior to Edison’s inventions, a number of
attempts were made to improve the safety of
lighting in theatres. Fires in theatres had been a
major issue, and there was always a certain
degree of fear during performances. One such
event was covered by the papers in 1883: at the
edisoniana erano stati compiuti alcuni tentativi
per dotare i teatri di un’illuminazione più sicura,
gli incendi infatti erano molto diffusi ed aleggiava
sempre un certo timore durante le
rappresentazioni; emblematica è, a tal proposito,
una notizia di cronaca del 1883, che riportava
che quando al Teatro Dal Verme si era visto uscire
del fumo dalle fessure di una porta chiusa a
chiave, si era generato il panico ed un gran
trambusto ma si era poi scoperto che le
paventate tracce d’incendio provenivano… dalla
pipa di un custode che, per il divieto di fumo, si
era nascosto per poter fumare in pace!
Le scene erano illuminate da lampade ad arco
con l’energia prodotta da piccoli impianti
autonomi, ma la luce così generata risultava,
però, troppo intensa ed abbagliante per la
normale illuminazione anche se era molto utile
per particolari effetti scenici: nell’opera “Mosè”
di Rossini, andata in scena all’Opera di Parigi,
Louis Jules Duboscq, colui che aveva inventato la
lanterna magica, precursore del moderno
proiettore per diapositive, curò gli effetti di luce
simulando con la scomposizione di un fascio di
luce, un perfetto arcobaleno, e con dei rapidi
movimenti del riflettore parabolico, lampi
temporaleschi molto ben riusciti. Era il primo
intervento dell’elettricità nella scenotecnica,
Teatro Dal Verme somebody noticed smoke
coming from behind a locked door, triggering
panic and great upheaval, before it was
discovered that the smoke actually came from a
caretaker’s pipe – the man had hidden himself
away for a crafty smoke because smoking in the
theatre was prohibited!
Stages were lit by arc lamps powered by small
independent generators. Although this kind of
light was far too dazzling and intense for normal
lighting, it came in very handy for special effects
on stage. In Rossini’s opera “Moses”, performed
at the Paris Opera house, Louis Jules Duboscq,
inventor of the magic lantern (the forerunner of
the modern-day slide projector) designed the
lighting by simulating the diffusion of a ray of
light into a perfect rainbow; by rapidly moving a
parabolic reflector, he also created lightning-like
effects that astounded the audience. This was the
first time electricity had made inroads into
stagecraft; it was destined to become ever more
complex and fundamental. In 1878, Paolo
Jablochkoff’s improvement to arc lamp
technology rendered this technology easier to
use. Despite its imperfections, it was adopted fulltime by the Bellecour Theatre in Lyon, which was
lit by 52 “candles”.
In August 1883, just a few months after the
Santa Radegonda power
station went into service,
work began on an electricity
system for the Scala Theatre.
The Theatre turned on its
first incandescent bulbs on
22 November at its singing
school, followed by the
Scena dell’opera “Mosè”
nella quale si usarono per
la prima volta i riflettori
elettrici, metà dell’Ottocento.
A scene from the opera
“Moses”, the first to use electric
spotlights, mid-1800s.
13
Le città si illuminano
Cities light up
Articolo tratto da “L’Energia Elettrica”
sull’impianto di illuminazione del Teatro
San Carlo di Napoli, luglio 1929.
An article from “L’Energia Elettrica”
on the Teatro San Carlo di Napoli’s
lighting system, July 1929.
intervento che nel tempo doveva diventare
sempre più complesso e importante. Nel 1878
poi, il perfezionamento della lampada ad arco
dovuto a Paolo Jablochkoff rese più utilizzabile
questo sistema che, sebbene non perfetto, fu
adottato stabilmente dal teatro Bellecour di
Lione, illuminato da 52 “candele”.
Nell’agosto del 1883, a pochi mesi di distanza
dall’entrata in servizio della centrale di Santa
Radegonda, iniziarono i lavori per introdurre
l’impianto elettrico nel Teatro alla Scala, il 22
novembre furono accese le prime lampadine ad
incandescenza nel locale della scuola dei cori,
seguì poi l’illuminazione della scuola di ballo, indi
dei locali della commissione del teatro e delle
scale, e i macchinisti e i pittori poterono eseguire
il loro lavoro serale alla luce, lievemente rossastra,
delle lampade a filamento di carbonio.
14
Il 21 dicembre ci fu la prova generale del ballo
Flik e Flok con tutte le scene accese e fu
inaugurato anche il lampadario, la storica
“lumiera” installata nel 1821 che fino a quel
momento aveva funzionato a gas e che per
l’occasione fu adattata al progresso con
un’innovazione prima impossibile: i bracci che
sorreggevano le lampade furono infatti
accomodati in modo che le lampade fossero
dance school, and then the theatre’s
committees and stairways, allowing stagehands
and scene painters to work deep into the night
in the pink-tinged glow of carbon-filament
bulbs.
Every scene of the Flik e Flok dance dress
rehearsal, held on 21 December, was lit. When
the curtain was raised, it did so before a historic
chandelier first installed in 1821, which until
then had been gas-powered before its upgrade
to electricity. The chandelier featured altered
arms with downwards-pointing bulbs, making it
possible to raise it higher still and cast more
light on the fifth row of boxes, which had
always complained of a lack of light. Each of the
chandelier’s 344 bulbs was 16 candlepower (the
standard measure for the day) strong. Boxes
were lined with electric lamps along their sides,
although these were only lit on special occasions
or gala evenings. On December 26, 1883, the
theatrical season opened with Ponchielli’s
“Gioconda” and the “Flik e Flok” dance show.
On the new lighting system’s official debut,
2,450 electric lamps replaced their “oldfashioned gas” predecessors. News reports at
the time chronicled how pleased the audience
was with the quality of the new lighting, and
how amazed they were by
the colour change effects
achieved by covering over
the lamps with green,
blue or red glass “bells”.
In 1886, when alternating
La sala del
Teatro alla Scala
con la lumiera
a gas, 1850.
The La Scala
theatre with its
gas-powered
chandelier, 1850.
rivolte all’ingiù e ciò permise di
alzare di più il lampadario,
dando maggiore luce ai palchi
di quinta fila che avevano
sempre lamentato una scarsa
illuminazione. La lumiera
contava 344 lampade,
ciascuna da 16 candele, la
misura normale di allora.
Anche i palchi furono dotati di
lampade elettriche disposte sui braccioli, ma
queste erano accese solo in occasione di veglioni
o di serate di gala. Nella sera di Santo Stefano
del 1883 con l’inaugurazione della stagione
teatrale con la “Gioconda” di Ponchielli e il ballo
“Flik e Flok” il nuovo impianto di illuminazione
ebbe il battesimo ufficiale e si accesero 2.450
lampadine elettriche che sostituirono il “vecchio
gaz”. Le cronache del tempo riportarono quanto
il pubblico fosse ampiamente soddisfatto della
qualità della nuova illuminazione e affascinato
dagli effetti scenici provocati dai mutamenti di
colore ottenuti con un sistema nuovo che
prevedeva la copertura delle lampade con
campanelli di vetro verde, azzurro, o rosso. Nel
1886 l’energia fu trasportata dalla centrale di
Santa Radegonda fino al Teatro Dal Verme, a
una distanza di 1.200 metri, distanza all’epoca
ritenuta notevole, con l’adozione della corrente
alternata.
Nel 1887, il 4 maggio, anche il Teatro San Carlo
di Napoli fu dotato di illuminazione elettrica che
sostituì quella a gas; quella sera si replicava il
“Rigoletto” che andò in scena con cinque
lampade elettriche grazie all’energia fornita dalla
Società Pattison.
In un corsivo apparso sul “Corriere di Napoli” del
7 gennaio del 1888 si leggeva: “Iersera al San
Carlo, seconda rappresentazione della ‘Luce
elettrica’. Le signore che come capite erano i
current was adopted, power started to flow
from the Santa Radegonda station to the Teatro
Dal Verme 1.2 km away, a distance that at the
time was considered significant.
On 4 May 1887, electric lighting replaced the gas
system at the Teatro San Carlo of Naples. That
evening, “Rigoletto” was performed with five
electric light bulbs using power provided by the
Pattison Company.
The “Corriere di Napoli” covered the event in its
7 January 1888 edition: “Yesterday evening,
electric lighting made its second performance at
the San Carlo. The ladies in attendance, who
were the natural judges of this new form of light
– and who, quite rightly, were also its most
exacting assessors – declared themselves to be
perfectly satisfied. The incredibly clear gleam,
which between acts became almost exuberant,
and which at first sight seems to be an
indiscretion, a bold attempt to damage the
audience’s most tangible and precious members,
on the contrary undermined no beauty, no
elegance and no womanly wiles. And so electric
light banished its poor reputation as an
impertinent and unbecoming light, definitively
winning the day as individual lights gleamed in
so many eyes and so many mouths, all alabaster
clarity; lights that, albeit less electric and more
electrifying, triumphed in perfect integrity…”
Another journalist added a witty comment that
15
Le città si illuminano
Cities light up
L’illuminazione scenica a teatro
in un articolo tratto
da “Elettricità e vita moderna”,
luglio-agosto 1954.
innovativo sistema per l’illuminazione
dell’orizzonte e per la produzione delle nuvole.
Theatre set lighting
in an article from “Elettricità
e vita moderna”,
July/August 1954.
Dal teatro alla strada
16
giudici naturali di questa luce
novella ed erano anche - e
avevano ragione di esserlo - i
giudici più severi, si dichiararono
perfettamente soddisfatte. A
quel chiarore limpidissimo, che
negli entre-acts diventava quasi esuberante, e che
pareva a prima giunta una indiscrezione, un
audace tentativo in danno della parte più
danneggiabile e preziosa del pubblico, viceversa
poi nessuna bellezza, nessuna eleganza e nessuna
sapienza di accorgimento muliebre era
menomata. E così la luce elettrica smentì la sua
cattiva fama di luce impertinente e sconveniente,
e si appacificò definitivamente con le singole luci
emanate da tanti occhi e da tante bocche e tante
nitidezze alabastrine, le quali luci, meno elettriche
e più elettrizzanti, trionfarono nella loro perfetta
integrità…”. A ciò si aggiunga un divertente
commento di un altro giornalista, che avrebbe
potuto costituire un’ottima pubblicità per la luce
elettrica, che così annotava: “Insomma il bel
teatro San Carlo illuminato a luce elettrica è
ancora più bello; e le signore belle illuminate a
luce elettrica sono ugualmente belle; e le signore
brutte, caso mai ce ne siano, illuminate a luce
elettrica non sono più mica brutte!”5.
Questo fu il primo impianto elettrico costruito al
San Carlo che subì successivamente ampliamenti
e modifiche, sia nel 1908 che nel 1927.
Quest’ultimo costituì una grande conquista
tecnica perché, sebbene già corredato da
regolatori di scena per le variazioni delle intensità
luminose, fu anche provvisto di un articolato e
served as an excellent testimonial for electric
light: “Well, the lovely Teatro San Carlo lit up by
electricity proves to be even more beautiful; and
lovely ladies lit up by electric light are just as
lovely; whereas ugly ladies, if there are any
about, when lit by electric light are no longer
quite so ugly!”5
The original electricity installation at the San Carlo
Theatre was extended and upgraded in 1908 and
1927. The 1927 upgrade was a major technical
achievement, not just for the dimmers (already in
use for scene lighting) but for its complex,
groundbreaking system for lighting the horizon
and generating clouds.
From Theatre to Street
True as it may be that lighting took its first bow
in the theatre, plenty of research was carried out
in other sectors into how to apply electricity.
From the beginning, people were all too aware
that good lighting would improve all areas of
social life, from traffic and personal safety to
greater industrial production, as well as
significantly boost commerce offer and more
comfortable intimacy at home. Science and
Se l’illuminazione aveva avuto il suo campo di
prova nei teatri, vale la pena ricordare che anche
in altri settori venivano sviluppate ricerche
finalizzate all’applicazione dell’energia elettrica
perché era ormai chiaro che una buona
illuminazione incideva in tutti i campi del vivere
sociale: dalla sicurezza del traffico e dei cittadini,
a una maggiore produzione industriale, a un
vivido impulso al commercio, a una più
confortevole intimità in casa. Nel connubio ricerca
scientifica-tecnologia si portarono avanti soluzioni
adeguate alle nuove esigenze della vita civile,
nelle case la luce, sebbene concentrata solo in
un’area ristretta, rivestì un ruolo centrale,
risolvendo problemi di varia natura perché le
lampade a petrolio e a gas che assorbivano
l’ossigeno dell’aria ed emanavano miasmi
maleodoranti, provocando anche il rapido
deterioramento degli arredi delle case, risultavano
nocive per la salute e per l’ambiente.
Particolarmente importante risultava essere
l’illuminazione pubblica delle strade perché
allungava le ore del giorno e
modificava i ritmi della vita
sociale ed economica che da
secoli governavano le città.
L’oscurità della strada era stata
nel passato una condizione
ideale per i banditi, per le
Manifesto dei primi
del Novecento.
Posters from
the early 1900s.
technology joined forces to deploy solutions
suited to emerging needs in civil life. In the
home, although initially restricted to small areas,
lighting solved a whole host of problems: oil- and
gas-fired lamps burned up oxygen in the air and
generated a foul-smelling stench, rapidly
deteriorating household furnishings whilst being
generally detrimental to health and the
environment.
Public street lighting was vital because it
extended the day and changed the pace of
social and economic life as it had been lived in
cities for centuries. The streets had previously
been ideal terrain for thieves, violence and
th
crime. Until the end of the 18 century, anybody
who had to go out in the evening – in truth, not
many did – sent servants with a torch ahead of
them (in Milan, the piè-veloci – which translates
as fleet-of-foot – were famous); however,
danger continued to lurk and the streets were
not safe.
th
By the end of the 18 century, public lighting
began to be extended in cities. Earlier in the
century, Venice and Turin installed primitive public
lighting, in Venice as result of a decree dated
May 1732 which led to the installation of an
initial 843 oil-fuelled lamps. The first attempt to
light up an entire town centre took place in
Florence in 1783. Milan followed suit in 1786, as
did Bologna ten years later. In
almost all of these cities, lamps
were usually erected near sacred
images, particularly those on
street corners. However, the
lighting proved to be short-lived.
It did not take long for crooks to
destroy the lamps and plunged
cities back into the darkness they
needed to carry out their
nefarious activities. An ingenious
17
Le città si illuminano
Cities light up
Illuminazione elettrica e a gas
coesistono in piazza Colonna
a Roma, 1893. Accanto,
un articolo tratto da
“Illustrazione Enel”, aprile 1965.
18
violenze e i reati che i cittadini erano costretti a
subire. Fino alla fine del XVIII secolo chi doveva
uscire di sera, pochi per la verità, si facevano
precedere da servi con torce, famosi i piè-veloci
di Milano, ma il pericolo era comunque
presente e le strade erano poco sicure. Alla fine
del XVIII secolo l’illuminazione pubblica delle
città venne incrementata: fu Venezia, assieme a
Torino, una delle prime città a dotarsi di una
primitiva illuminazione pubblica, decretata a
partire dal maggio del 1732 con i primi 843
fanali ad olio, nel 1783 a Firenze ci fu il primo
tentativo di illuminare il centro storico, nel 1786
toccò a Milano, dieci anni dopo fu la volta di
Bologna, e in quasi tutte le città spesso
venivano collocate lampade in prossimità delle
immagini sacre, specialmente quelle agli angoli
delle strade. Ma si trattava di
un’illuminazione di breve durata in quanto le
luci venivano presto abbattute da malviventi
che necessitavano del buio per poter svolgere le
loro illecite attività.
Per ovviare a questo grave inconveniente si
racconta che a Napoli, nel 1770 con il re
Ferdinando IV, padre Gregorio Maria Rocco, un
frate domenicano di grande carisma, preso atto
delle difficoltà incontrate dal governo per un
nuovo sistema di illuminazione, si presentò al Re
“chiedendogli che desse a lui la licenza, ed egli la
farebbe subito, senza che l’erario cittadino ne
sentisse gravezza”. Ottenuta la licenza, iniziò a
disporre nei punti più trafficati, e in apposite
nicchie, 300 copie di un quadro raffigurante la
Vergine e 100 figure del Cristo montate su
altrettante croci di legno che vennero affiancati
da due lampioni ad olio. Da quel momento si
assistette ad una vera e propria gara da parte dei
fedeli per tenere sempre accese le lampade votive
sia di giorno che di notte. Con questo espediente
system to get round this serious problem cropped
up in Naples.
In 1770, a particularly charismatic Dominican friar
named Father Gregorio Maria Rocco became
aware of the great difficulties the government
was having with this new lighting system. He
presented himself to King Ferdinand IV, “Asking
to be given the licence, so that he could take
care of the lighting, without the city coffers
having to shell out a penny”. Once he had
obtained the licence, he put up 300 copies of a
painting depicting the Virgin Mary and a hundred
figures of Christ mounted on wooden crosses in
special niches in the busiest parts of town, each
adored with two oil lamps, one on either side.
From then on, believers competed to keep these
votive lamps alight day and night. Thanks to this
trick, Naples was lit up, including its previously
dark and dangerous alleyways. In 1837, Naples
put up its first set of gas lamps in Largo di
Palazzo (today known as Piazza del Plebiscito).
Electric lighting was installed after the First World
War: one long line of lamps running at the
highest voltage available at the time, 440 V
continuous current. Normal incandescent bulbs
were preferred along secondary roads, powered
directly by the distribution grid for private
customers. Just like gas lamps, these lamps had
to be lit and turned off one by one, meaning that
there was still work to be done for the old
“lamplighters”, who could be seen walking
around town after sunset and before dawn, their
canes with a burning flame at the tip replaced by
a new kind of cane suited to tripping the
switches on each individual lamp.
In 1886, Rome officially inaugurated its first
system of electric street lighting: Piazza Colonna
was lit up by electricity for six hours, enchanting
the people of Rome and providing fodder for
Electric and gas lighting,
side-by-side in Piazza Colonna,
Rome, 1893. Alongside,
an article from “Illustrazione
Enel”, April 1965.
Napoli riuscì ad essere
illuminata, persino nei vicoli
in precedenza bui e
pericolosi. Nel 1837 Napoli
fu dotata di un primo
gruppo di lampioni a gas
collocati nel Largo di
Palazzo, l’attuale piazza del Plebiscito, alla fine
della prima guerra mondiale si passò
all’illuminazione elettrica con gruppi di lampade
in serie, che si avvalevano della massima tensione
allora disponibile di 440 volt a corrente continua,
mentre nelle vie secondarie l’illuminazione era
data da lampade normali ad incandescenza,
allacciate direttamente sulla rete di distribuzione
per i privati. Queste lampade dovevano essere
accese e spente singolarmente come i lampioni a
gas e quindi si continuarono a vedere in giro,
dopo il tramonto e all’alba i “lampionari” vestiti
d’azzurro che avevano sostituito alla canna con la
fiammella in punta, un’altra, adatta a manovrare
gli interruttori di ogni singola lampada.
A Roma nel 1886 era stato inaugurato
ufficialmente il primo impianto per l’illuminazione
elettrica delle strade, piazza Colonna rimase
illuminata elettricamente per sei ore e lasciò
incantati i romani anche se non mancarono lazzi
umoristici sulle lampade utilizzate che “avevano il
cappello alla cinese” con riferimento alla loro
forma ovoidale, rivestite da una reticella a grosse
maglie che chiudeva il globo di vetro color
“d’acqua anisata” con un cappellone di forma
conica”6.
Nel 1895, anche la Città del Vaticano si illuminò
humorists who joked about the bulbs chosen,
“with Chinese-style hats on” – a reference to
their egg-like shape, covered by a loose metal
structure enclosing the globe of an “anise-tinged
water” colour, and a “conically-tipped hat”.6
In 1895, electric lighting arrived in Vatican City,
after the first electricity generating plant was
installed at the “Courtyard of the Triangle”. The
system used a small generator consisting of a
steam machine and a dynamo capable of
powering around fifty bulbs that lit up the Pope’s
apartment and some of the most important
offices. Oil or kerosene lamps were used
elsewhere, while a large number of torches were
employed during solemn masses. The Vatican’s
first true power station, built in 1897 and 1898,
was a partly thermal, partly hydro-electric plant
driven by water from the Lake Bracciano
aqueduct.
The day before Epiphany in 1899, Pope Leo XIII
inaugurated the power station, which had been
built in the Delle Mole building. The station
supplied power for 600 bulbs in the papal
apartments, plus apartments belonging to the
Cardinal Secretary of State and Monsignore
Maggiordomo, and various courtyards and a
selection of rooms belonging to the Swiss Guards
19
Le città si illuminano
Cities light up
20
elettricamente, poiché fu realizzato nel “Cortile
del triangolo” il primo impianto di produzione
elettrica. Era un piccolo gruppo costituito da una
macchina a vapore e da una dinamo che poteva
alimentare circa cinquanta lampade che servì ad
illuminare l’appartamento del Papa e alcuni degli
uffici più importanti, per il resto venivano
utilizzate lampade ad olio o a petrolio e nelle
celebrazioni solenni una miriade di fiaccole. La
prima vera Centrale del Vaticano fu realizzata tra
il 1897 e il 1898 ed era un impianto in parte
termico e in parte idroelettrico che sfruttava le
acque dell’acquedotto braccianese.
Alla vigilia dell’Epifania del 1899 il Papa Leone XIII
inaugurò la centrale che fu installata nel
fabbricato delle Mole, quell’impianto illuminava
600 lampade, distribuite negli appartamenti
pontifici, in quelli del Cardinale Segretario di
Stato e del Monsignore Maggiordomo, in vari
cortili e in alcune camere della Guardia Svizzera e
della Gendarmeria. Il costo dell’impianto fu
coperto dalla vendita di armi e carriaggi che
erano appartenuti all’esercito pontificio ormai
disciolto. Negli anni poi la centrale subì una serie
di trasformazioni e ammodernamenti per
A sinistra, la storia dell’elettricità nella Città
del Vaticano. Da “Illustrazione Enel”, marzo
1966. A destra, un estratto da “Elettricità
e Vita Moderna”, dicembre 1954.
The history of electricity in Vatican City.
From “Illustrazione Enel”, March 1966. Below,
an extract from “Elettricità e Vita Moderna”,
December 1954.
and Gendarmerie. The plant was funded by
selling off weapons and wagons that had
previously belonged to the now-disbanded papal
army. That initial plant was converted and
modernized over the years, eventually becoming
an efficient system between 1930 and 1935.
The contribution of electricity to street lighting
was a tangible response to a need in society for
safety, salubriousness and comfort in the city
streets. rather than merely leaving it to private
enterprise, street lighting became a priority for
city governments. Indeed, improving lighting was
in itself an educational process and something
that helped to raise people’s awareness. A
greater ability to use this technology was
construed as an “indicator of the level of a State’s
education and culture.”7
raggiungere un solido ed efficiente assetto tra il
1930 e il 1935.
Con l’introduzione dell’energia elettrica
nell’illuminazione stradale furono date risposte
concrete alle esigenze sociali di sicurezza, decoro
e comfort delle strade cittadine, per cui
l’illuminazione delle vie non era più lasciata
all’iniziativa privata ma diventava una priorità per
le amministrazioni pubbliche delle città. Infatti il
miglioramento dell’illuminazione era di per sé
un’opera educativa che doveva risvegliare le
coscienze e affinare le capacità di utilizzo di
questo mezzo perché un uso appropriato della
luce era “un indice del livello di educazione e di
cultura di uno Stato”7.
L’illuminazione stradale, man mano che veniva
impiantata e incrementata in tutte le città,
presentava tuttavia difficili problemi di
progettazione tanto che, nel 1928, vennero
tenuti a Milano, a Torino, e a Roma corsi di
aggiornamento per installatori elettricisti delle
lampade per le strade. A Milano fu allestito anche
un Campo Sperimentale di Illuminazione, l’unico
in Italia voluto dalle Officine
Elettrotecniche Italiane
dell’ingegnere Arcioni che,
attraverso studi approfonditi
sui nuovi metodi di
illuminazione, contribuì in
maniera sostanziale al
miglioramento della tecnica
dell’illuminazione razionale
delle strade. In questo
campo-prova, infatti, si
riproduceva dal vero
qualsiasi tratto di strada con
la sua illuminazione, si
testavano materiali per gli
impianti con lampade
disposte in serie e alimentate
As it was installed and extended in every town, a
number of tricky design-related problems
cropped up. Special advanced courses for street
lamp electrician installers were held in 1928 in
Milan, Turin and Rome to resolve these problems.
Engineer Arcioni’s Officine Elettrotecniche Italiane
established an Experimental Lighting Test Area in
Milan, the only one of its kind in Italy.
Undertaking advanced research into new
methods of lighting, the facility made a
substantial contribution to finding a rational
approach to lighting the streets. The Test Area
was used to make real-life reproductions of any
stretch of street and its lighting. It tested
installation materials by using serial-mounted
lamps powered by constant current; experimental
circuits were placed on a variety of supports of
different styles, types and sizes, which were in
effect prototype lampholders, poles and brackets.
They proved to be especially useful in studying
real-life mechanical performance in terms of what
was actually required, and in assessing
construction from an aesthetic point of view. In
another interesting
development, experimental
circuits were set up so that
every device added to the
circuit could be switched off
when it was not needed for
experimentation.
The Test Area was also used
for special experimental
installations, some of which
were quite large. One such
Alcuni tipi di sostegni
in opera nel campo
sperimentale
di illuminazione, 1928.
A selection of lamp
standards undergoing
experimental field
trials, 1928.
21
Le città si illuminano
Cities light up
Il Duomo di Milano.
Illuminazione realizzata
in occasione della nascita
della Principessa
Maria Pia, 25 settembre 1934.
22
a corrente costante, circuiti sperimentali che
venivano appoggiati su sostegni di svariate fogge,
tipi e dimensioni che costituivano un campionario
di candelabri, pali e mensole. Questi servivano per
studiare dal vero il comportamento meccanico
rispetto alle esigenze a cui dovevano rispondere e
per testarne la costruzione dal punto di vista
estetico. Altra particolarità innovativa era che il
circuito sperimentale era congegnato in modo
che ogni apparecchio inserito sul circuito poteva
essere tenuto spento quando non si doveva
sperimentare su di esso.
Nel Campo, inoltre, venivano costruite speciali
installazioni sperimentali anche di grandi
dimensioni come il “grande candelabro
trasformabile” che servì per iniziare gli studi
che poi condussero a quel tipo di candelabro
ad alto baricentro luminoso installato per le
prove di illuminazione della piazza del Duomo
a Milano. “Con questo candelabro
trasformabile era possibile portare il baricentro
luminoso fino a 20 metri dal suolo ed era
possibile disporre le lampade su una
circonferenza col diametro aumentabile fino
ad un massimo di 5 metri. I bracci per
sostegno delle lampade in
primo tempo nel numero 5,
furono, durante le prove,
portati a 6. Si vede quindi,
che con un tale candelabro
si possono produrre tutti i
tipi di candelabri semplici e
multipli, dai più piccoli a
quelli di dimensioni più
inusitate”8. I tecnici inoltre
dovevano studiare a quale
altezza fosse più
conveniente installare il
centro luminoso del
grappolo di lampade, in
design was the “large convertible lampholder”
which ultimately led to the high-level light
holder installed for lighting tests in Piazza del
Duomo in Milan: “This convertible lampholder
made it possible to raise the lighting level as
high as 20m off the ground, with bulbs
distributed along a circumference of a diameter
extendible up to a maximum of 5 metres. The
initial five-lamp support arms became six after
testing. It may therefore be seen that using this
lampholder makes it possible to build all types
of lampholder, single or multiple, from the
smallest to the most unusually large.”8
Engineers also studied the optimal height for
installing the midpoint of a group of lamps
based on the per-unit lighting power of
individual bulbs used to make up the group
itself; they then carried out photometric tests
on the values they obtained in their
calculations. The Test Area put on courses for
the employees who actually built the
installations, so they were knew about all
technical aspects of street lighting.
In addition to street lighting erected by local
government, store shop windows added to the
overall illumination; they
loomed like garlands of light
by day and night, with their,
large alchemic windows of
desire through which people
could project their dreams
and fantasies. Shop
Esperimento
di illuminazione a luce
indiretta all’interno
del Duomo di Milano
fatto la sera
del 12 novembre 1933.
A trial of indirect
lighting at Milan’s
Duomo, the evening
of 12 November 1933.
The Duomo in Milan.
Lighting to celebrate
the birth of Princess
Maria Pia,
25 September 1934.
rapporto a una certa potenza luminosa
unitaria da assegnare alle singole lampade che
costituivano il grappolo stesso, per poi
eseguire misure fotometriche di riprova dei
valori dati dal calcolo. Nel Campo venivano
anche attivati corsi di istruzione per i
dipendenti che dovevano occuparsi
dell’esecuzione materiale degli impianti, onde
renderli padroni della tecnica dell’illuminazione
stradale.
Ma l’illuminazione delle strade non si esauriva
solo con i lampioni predisposti dalle
amministrazioni pubbliche ma veniva
incrementata anche dalle luci dei negozi e delle
vetrine che apparivano come una sorta di
ghirlanda di luce diurna e notturna, una specie di
grande vetro alchemico del desiderio, nel quale
proiettare sogni e fantasie. Le vetrine, che furono
dapprima di numero e di proporzioni ridotte
perché semplicemente incassate in un’intelaiatura
lignea che faceva parte della mostra del negozio,
nel tempo subirono modificazioni e
semplificazioni, soprattutto con il diffondersi della
cultura del Bauhaus, la Scuola d’arte fondata a
Weimar da Walter Gropius nel 1919, che
intendeva diffondere un programma in grado di
windows changed and became
simpler, from being small in size
and number because they were
merely built into frames that were
part of the shop’s interior display
system, as the Bauhaus design
approach was more widely adopted.
Bauhaus was the name of an art school founded
in Weimar by Walter Gropius in 1919, whose
brief was to disseminate a program capable of
going beyond the arts/crafts antinomy, oriented
towards integrating art into industry. The
movement proposed a new, groundbreaking
template for stores; it plumped for bigger
windows within minimalist and transparent
structures in which everything was more brightly
lit; natural materials like wood were used
alongside technological materials like steel, glass
and plastic, as part of a design approach in which
everything responded to the requirements of
lightness, transparency, aesthetic design and total
rationality.
Already an established shopping destination and
boasting the finest shops in the country, as late
as 1928 very few shop windows in Milan were
lit up – just 15% – and the majority of these
were switched off by 7pm. To boost lighting
quantity and quality, the city held a competition
for the best-lit shop windows – an approach
that had already been pursued in other cities.
Interestingly, the competition prizes were
“special subscriptions for power consumption
23
Le città si illuminano
Cities light up
Articolo dedicato
al Concorso
per l’illuminazione
delle vetrine.
Da “L’Energia Elettrica”,
marzo 1928.
Article dedicated
to a Shop Window
Lighting Competition.
From “L’Energia
Elettrica”,
March 1928.
24
superare l’antinomia arte-artigianato e finalizzato
all’integrazione tra arte e industria. Si proponeva,
infatti, un nuovo modello di negozio innovativo,
con vetrine più ampie, una struttura spoglia e
trasparente dove tutto era molto più illuminato,
in cui i materiali usati erano naturali come il
legno, o tecnologici come l’acciaio, il vetro o la
plastica, e rispondevano a requisiti di leggerezza,
trasparenza, bellezza del design e totale
razionalità. Nel 1928, Milano, che in quel
momento era già un grande emporio
commerciale con i negozi migliori aveva, però,
una bassissima percentuale di vetrine ben
illuminate, solo il 15%, e inoltre, dopo le ore
diciannove, la maggior parte di esse era già
spenta. Per migliorare la qualità e la quantità di
tali illuminazioni, si pensò di bandire un concorso
per scegliere le vetrine meglio illuminate, come
era già stato realizzato in altre città. È
interessante notare come in quel concorso i premi
erogati consistevano in “forme di abbuono per il
consumo di energia e anche l’abbuono delle
tasse Comunale e Governativa sull’energia
elettrica come si è già ottenuto per il recente
concorso di Bologna”9.
and… a discount on municipal and government
levies on electricity, as in the competition held
recently in Bologna.”9
New Expressions of Art:
Neon Signs
In 1916, not long before he died Umberto
Boccioni made a brilliant prophecy: the time
would come when gas was used to make art. It
was specifically a noble – or “rare” – gas like
neon that, imprisoned in minuscule glass
containers, provided the luminous raw material
for signs that lit up cities. As well as being a
veritable art form, neon signs became an
immediate and permanent tool of communication
that was seductive, attractive and prompted
people to buy products.
William Ramsey and MW Travers discovered neon
in 1898 as a rare gaseous element in the
atmosphere, existing at a ratio of 1 part per
65,000 parts of air. The first man to apply an
Nuove espressioni d’arte:
le insegne al neon
Nel 1916, Umberto Boccioni, poco prima di
morire, annunciò con una geniale profezia, che
sarebbe venuto il tempo in cui l’arte si sarebbe
fatta coi gas. E fu proprio un gas nobile, cioè
rarefatto, quale il neon che, imprigionato in
minuscoli contenitori di vetro, costituì anche la
materia luminosa delle insegne che illuminano le
città. Esse rappresentano una vera e propria
forma d’arte e sono uno strumento immediato e
permanente di comunicazione che seduce, attrae
e invoglia all’acquisto dei prodotti.
Era stato l’ingegnere francese Georges Claude,
nel 1902, il primo ad applicare una scarica
elettrica ad un tubo sigillato riempito di un gas, il
neon, scoperto a Londra nel 1898 da William
Ramsey e MW Travers come raro elemento
gassoso presente in atmosfera nella misura di 1
parte su 65.000 di aria. Claude espose al
pubblico la prima lampada al neon l’11 dicembre
1910 a Parigi, ben presto queste lampade furono
commercializzate su vasta scala poiché si era
trovato un metodo di estrazione del neon
dall’aria molto economico. Nel 1912, il socio di
Claude, Jaques Fonseque, vendette la prima
electric discharge to a sealed tube filled with
neon gas was French engineer Georges Claude in
1902. Claude demonstrated his first neon lamp
to the public on 11 December 1910 in Paris. Not
long afterwards a very cheap method was found
to extract neon from air and these lamps began
to be retailed on a wide scale. In 1912, Claude’s
business partner Jacques Fonseque sold the first
ever neon sign to a barber who worked at no.
14, Boulevard Montmartre: “Palais Coiffeur” were
the first letters in history to “go up in lights”. A
year later, the neon age had begun. In 1913,
after Cinzano opened its first manufacturing
plant outside Italy, the “CINZANO” sign advertised
the leading vermouth-maker from the Province of
Cuneo in Italy went up on the Champs-Elysees in
metre-high lettering.
Neon advertising signs dominated Milan’s Piazza
del Duomo from 1910 onwards, before Piccadilly
Circus and Times Square. Neon signs were
veritable living pictures, artistic gems, miracles of
technology, design and marketing; they were a
true metaphor for hard-working Italy, and a
symbol of industrial, forward-looking Milan.
Milan’s neon signs included Kores, the leading
manufacturer of carbon paper, in which an active
young lady moved her hands tirelessly over a
typewriter keyboard; the Brill shoe polish man,
advertising a product so shiny that the tip of its
shoe gleamed like a star; a huge sign suggesting
people should drink Coca Cola (“Bevete Coca
Cola”); and for the most famous brands of the
day – Longines, Cinzano, Ignis, Facis, Omsa,
Isolabella, and Idrolitina – all of which adorned
the facade of Palazzo del Carminati. These signs
lit up the night. People coming to Milan for the
first time were naturally amazed by the majesty
of its cathedral, but when they glanced over at
L’ingegnere francese Georges
Claude, inventore della
lampada al neon.
French engineer
Georges Claude, inventor
of the neon lamp.
25
Le città si illuminano
Cities light up
Insegne pubblicitarie al neon
sulla facciata del Palazzo
dei Carminati a Milano.
Advertising signs
on the façade of Palazzo
dei Carminati, Milan.
26
insegna al neon a un negozio di barbiere di
Boulevard Montmarte al numero 14: “Palais
Coiffeur” furono le prime lettere “ad accendersi”
nella storia. Un anno dopo, nel 1913 l’insegna
“CINZANO”, della storica azienda della provincia
di Cuneo leader nella produzione del Vermouth
che aveva aperto il suo primo stabilimento
all’estero, fu posta con lettere alte un metro
ciascuna sugli Champs-Elysees: era iniziata l’era
del neon.
A Milano le insegne pubblicitarie al neon
dominavano piazza del Duomo fin dal 1910,
prima di quelle di Piccadilly Circus e di Times
Square. Erano dei veri e propri quadri viventi,
gioielli d’arte, prodigi di tecnica, di design e di
marketing, vere metafore di un’Italia operosa,
simbolo di una Milano industriale e moderna. Tra
quei neon, ricordiamo quello della Kores, leader
della carta carbone con l’attiva signorina che
muoveva le mani, instancabilmente, sui tasti di
una macchina per scrivere, l’omino del lucido da
scarpe Brill, un prodotto talmente rilucente che
sulla punta della scarpa brillava sempre una stella,
la grande insegna “Bevete Coca Cola” e poi i
marchi più famosi dell’epoca Longines, Cinzano,
the far side of the square, they
were stunned by a spectacle of
light and colour so bright that it
pierced through Milan’s winter fog.
Only during periods of war were
the neon signs turned off, in
compliance with the requirements
of anti-aircraft regulations for signs
and street lighting. When the air
raid sirens suddenly shattered the
evening calm, lights on the streets
were switched off and everything, including
trams and cars, came to a standstill; house lights
were dimmed and all went dark. After the alarm
was over, everything returned to its usual pace,
and once again the city offered the spectacle of
its many lights and multicolour advertising
hoardings, animating and flooding the streets
with light.10
Festive Lights
Light is imbued with a symbolic meaning as an
emblem and metaphor of enlightenment and
reason, defeating obscurantist ignorance and
superstition. It also carries meanings associated
with identity-related feelings, and therefore has
an ability to tie in to history. Light is a prime
element in the “celebration of time”; it is a means
of intensifying commemorations, particularly
those that have strong, archetypal meanings
concerning people’s relationship with the passing
of time and its cycles.
In the days before the invention of electricity, to
Una strada del centro di Torino
illuminata dalle insegne al neon,
metà anni Cinquanta.
A road in the centre
of Turin lit up by neon signs,
mid-fifties.
Ignis, Facis, Omsa, Isolabella,
Idrolitina che si elevavano sulla
facciata del Palazzo del
Carminati. Queste insegne
illuminavano la notte, chi metteva piede per la
prima volta a Milano era affascinato, certamente,
dalla maestosità del Duomo ma, guardando
dall’altra parte della piazza, non poteva non
essere coinvolto dallo quello spettacolo di luci e
colori, capaci di stagliarsi anche nella nebbia.
Solo in tempo di guerra, le insegne luminose
furono oscurate in quanto i regolamenti di
protezione antiaerea ridussero l’illuminazione
stradale, quando le sirene d’improvviso
squarciavano con il loro suono la calma della sera,
la luce si spegneva nelle strade, tutto si fermava, i
tram e le auto, le case si oscuravano e tutto era
buio. Quando poi, con il cessato allarme, ogni
cosa riprendeva il suo ritmo, si riproponeva la
visione della città con tutte le sue innumerevoli
luci e con le scritte pubblicitarie multicolori che
rianimavano e inondavano di luce le vie.10
Le luci della festa
La luce, sia nella sua accezione simbolica di
emblema e metafora illuministica della ragione
contro l’oscurantismo dell’ignoranza e della
superstizione, sia come riflesso di significati
collegati al sentimento di identità e quindi alla
storia, è un elemento essenziale nella
“celebrazione del tempo” per intensificare le
commemorazioni, soprattutto quelle che hanno
profondi significati archetipici legati al rapporto
differentiate the most important
moments in community life,
decorative lights or impressive
temporary installations were
erected in special parts of town.
These festive lights (known as
parazioni in Italian) served to
heighten the festive mood.
Used for the longest time, these lights enshrined
the cohabitation of the sacred and the profane.
They were brought out for religious celebrations
of patron saints and for special lay occasions such
as marriages, the coronation of a monarch or, as
in 1939, Mussolini’s visit to Turin, when, “along
Via Po, three hundred standard-carrying brackets
were affixed along residential facades. Each of
these brackets held three metallic candles, in turn
topped by an opalescent 150W glass bulb. The
900 bulbs forged two trails of light, making the
road quite wondrous fair... The most impressively
lit of the façades was Palazzo Carignano, which
had a hundred 500W floodlights distributed
along two cornices... and the juvaresque facade
of Palazzo Madama... The Guarinian domes of S.
Lorenzo and Santa Sindone were picked out by a
host of helios flames outlining their architectural
features, giving them an original, flame-enhanced
look…”
It should be noted that for many years all
decorative lighting was temporary, switched on
only during for the celebratory period. It was,
however, in Turin that one of the first permanent
decorative installations was erected, on the
monument to Vittorio Emanuele II.
Originally, these illuminations relied on oil lamps,
often fitted with coloured paper “lampshades”. In
ancient and mediaeval times, copper arches were
built to house tea lights and candles. In the
Baroque period, illuminations became part of
ephemeral structures, some of which grew to be
27
Le città si illuminano
Cities light up
Luminarie per la festa
di Piedigrotta a Napoli,
1954.
Festive lights
at Piedigrotta,
Naples, 1954.
28
con il trascorrere del tempo e con la sua ritmicità.
In passato, per sottolineare i momenti più
significativi di una comunità si ricorreva a luci
decorative da porre, in via del tutto eccezionale,
in tutta la città o in una parte di essa con
installazioni spesso grandiose: le “luci della
festa”, o “parazioni” che servivano ad accentuare
il clima festoso.
Questi apparati di antichissime origini che
nascevano dalla convivenza di sacro e profano,
erano associati alle celebrazioni religiose in onore
dei santi durante le feste patronali, o a feste
laiche speciali, come un matrimonio, l’arrivo di un
re, o come nel 1939 la visita di Mussolini a Torino
quando: “Lungo la via Po, sulle facciate delle
case, sono stati allineati 300 bracci porta
stendardi. Sopra ciascun braccio erano tre
candele metalliche aventi ciascuna in cima una
lampadina da 150 W in vetro opale. Erano 900
lampade che formavano due scie luminose dando
alla via l’impronta del meraviglioso.(…) Tra le
really quite large. Obviously
enough, as the years went
by, the materials used for the
illuminations – and the light
source itself – changed.
Carbide and oil lamps
prevailed in the early
twentieth century. These
materials were not without
drawbacks, given that a gust
of wind could overturn the
glasses that were hauled up onto the
illumination, spreading their contents and causing
damage. The arrival of electricity and of
increasingly sophisticated safety systems reduced
these issues and ultimately made them a thing of
the past, freeing illuminations to become
veritable architectures of light.
It took a lot of work to prepare illuminations. The
process began with a sketch, which was used to
make a scale model of the design out of pine
wood – a material whose robustness, relative
lightness and ease of cutting and carving made it
ideal for a job that in many ways resembled
embroidering a huge piece of lace. The whole
design was subsequently split up into a number of
different elements and pieces which, bearing in
mind the size of the piazza or place where it was
to be installed, could be added to or subtracted
from by modifying the design through different
combinations. After constructing these huge
wooden frames full of volutes, plumes, bows,
illuminazioni delle facciate primeggiavano quella
di Palazzo Carignano ottenuta con 100 proiettori
da 500 W, distribuiti su due cornicioni, (…) e
quella della facciata juvaresca di Palazzo Madama
(…) Sulle cupole Guariniane di S. Lorenzo e della
Santa Sindone un gran numero di eliofiamme ne
riproducevano le linee architettoniche e davano
ad esse un aspetto fiammante originale…”.
Occorre, però, sottolineare che per lungo tempo
tutti gli interventi d’illuminazione decorativa
ebbero carattere temporaneo rimanendo in
funzione solo per il periodo dei festeggiamenti
mentre, sempre a Torino, fu invece realizzato uno
dei primi impianti permanenti di illuminazione
decorativa, quello del monumento a Vittorio
Emanuele II.
Le luminarie in origine consistevano in lampade ad
olio, spesso dotate di “paralumi” in carta colorata; in
età antica e medioevale si costruivano archi di rami
con lumini e candele, poi, molto probabilmente in età
barocca, le luminarie furono associate agli apparati
effimeri anche di grandi dimensioni. Ovviamente, con
il passare del tempo, si modificarono tanto i materiali
che componevano le luminarie quanto la
sorgente luminosa vera e propria. Infatti, se
agli inizi del Novecento erano a carburio o ad
olio, materiali non immuni da problematiche,
un colpo di vento poteva bastare a rovesciare i
bicchieri issati sull’apparato luminoso
spargendo il loro contenuto e creando danni,
con l’avvento dell’energia elettrica e dei
sempre più sofisticati sistemi di sicurezza le
problematiche si ridussero fino quasi a sparire,
e le luminarie trasformarono in vere e proprie
architetture di luce. Il lavoro di preparazione
delle luminarie è ed era molto complesso, da
Grandi archi di trionfo illuminati
da centinaia di lampadine
in occasione della festa di Piedigrotta.
Napoli, anni Cinquanta.
Huge triumphal arches
lit up by hundreds of bulbs
at the Piedigrotta Festival.
Naples, nineteen fifties.
rails, pendants, squiggles, circles and roses, it was
time to mount the lamps, which were generally
coloured using a compressor and then fired in
ovens until they were dry. This procedure made
the bulbs shiny and transparent, so that the light
they emitted was brighter and had added glow.
Ranging from 5V to 25V, these bulbs were then
installed in lampholders attached to the wooden
frames, and arranged either “in series” or “in
parallel” to form shapes known as the “Royal
Arch”, “Moulin Rouge”, “Duomo di Milano”,
“Gothic Arch”, “Rose Window”, “Garter”, “Shell”,
“Peacock” and so on. The lighting element
gradually became more and more preponderant
in the whole, continuing to generate awe and
amazement as ever was the goal.
A Form of Art
Lighting is a form of art. To all intents and
purposes light is a form of expression just like
29
Le città si illuminano
Cities light up
30
un bozzetto si passava alla costruzione in scala del
progetto con riproduzione in legno di abete,
materiale che per le sue caratteristiche di robustezza,
di relativa leggerezza e di facilità di taglio ed intaglio,
meglio si prestava per realizzare un lavoro simile ad
un enorme merletto ricamato. L’intero disegno veniva
diviso poi in vari elementi e telai che, tenendo conto
delle dimensioni della piazza o del luogo dove doveva
essere collocato, si potevano togliere o aggiungere
modificando il disegno con più combinazioni. Dopo
aver costruito questi grandi telai di legno ricchi di
volute, pennacchi, archetti, ringhiere, pendagli,
ghirigori, cerchi e roselline, si passava alle lampadine
che generalmente venivano colorate con un
compressore ed infornate in forni facendole essiccare.
Con questa procedura le lampadine acquistavano
trasparenza e lucentezza emanando una luce
brillante. Successivamente queste lampadine, da 5 a
25 V. venivano inserite nei portalampade già fissati su
telai di legno e disposti mediante collegamenti “in
serie” ed “in parallelo” così da comporre “l’Arco
Reale”, “il Moulin Rouge”, il “Duomo di Milano”,
“l’Arco Gotico”, “il Rosone”, “la Giarrettiera”, “la
Conchiglia”, “il Pavone” e così via. La componente
luminosa, elemento costitutivo della parazione
divenne sempre più preponderante, mantenendo
intatto quell’effetto di meraviglia che lo accomunava
al passato.
Una forma d’arte
Illuminare è una forma d’arte
perché la luce rappresenta una
modalità espressiva a tutti gli
effetti come la pittura e la
scultura, in grado di costruire
sempre nuovi riferimenti culturali.
Per comprendere le dinamiche e
Illuminazione
della Sacra
di San Michele,
monastero costruito
sulla vetta del monte
Pirchigliano.
painting and sculpture, one that is constantly
forging new cultural references. To understand
the dynamics and the ways in which light is used
for representation – before it even becomes a
conscious type of raw material in architectural,
museum and urban design – it is worth looking
back over the most significant stages in the
development and dissemination of “lighting
technology” and modern lighting design.
“To make light: not to add extra hours of work
each day, not to give raw and exact relief to
forms and dimensions, but through the interplay
of shadow, colour and tone to seek something
fantastic and unreal, something that separates us
from the true and takes our spirits on a peaceful
meander. And beyond the arid measurements of
yield, absorption, reflection and brilliance, by
adding Art to technique we can bring strokes of
colour and life through the free effusion of the
inspirational poetry latent in each and every one
of us. Painting with light: lauding the beauty of
all things to the point that the beauty becomes
almost unnatural: creating fairytale architectures
from the true that surrounds us... Such is the
new Art generated through techniques which, via
Electricity, has lent us a palette bursting with
stunningly beautiful colours... A perfect
awareness of every artificial light source, of the
technical potential to form and direct beams, the
quality of the colour obtained,
its purity, all of these are
necessary... The technician must
bow to the artist when it comes
to creating the picture,
imprinting it with his own
Copertina di “Elettricità
e vita moderna” dedicata
alla luce nei musei,
settembre-ottobre 1954.
The cover of “Elettricità
e vita moderna” dedicated
to lighting in museums,
September/October 1954.
le modalità di rappresentazione
della luce prima che essa
diventasse materia consapevole
del progetto architettonico,
museale ed urbano è opportuno
ritornare ai momenti più
significativi dello sviluppo e della
diffusione della “tecnica della
luce” e della moderna
illuminotecnica.
“Dar luce: non per aggiungere
altre ore di lavoro ogni giorno, non per dar crudo
esatto rilievo a dimensioni e forme; ma per
ricercare nel gioco di ombre, di colori, di toni, un
che di fantastico e di irreale, che ci distacchi dal
vero ed accompagni il nostro spirito in un
riposante vagabondare. E fuori dall’arido
conteggio di rendimenti, di assorbimenti, di
riflessi, o di brillanze, accompagnando alla tecnica
l’Arte, dar pennellate di colore e di vita nel libero
sfogo di un estro di Poesia che è latente in
ciascuno di noi. Dipingere con la luce: esaltare la
Bellezza di ogni cosa fino a renderla quasi
innaturale: creare dal Vero che ci circonda
architettura di fiaba… questa è l’Arte nuova che
può nascere dalla tecnica che ci ha dato, con
l’Elettricità, la tavolozza ricca di colori bellissimi(…)
Necessaria la perfetta conoscenza di ogni sorgente
artificiale di luce, delle possibilità tecniche di
formarne e dirigere i fasci, della qualità del colore
ottenuto, della sua purezza… ma nella scelta e
nella dosatura delle varie sorgenti, nella loro
disposizione, nella mescolanza di luci diverse il
Tecnico deve lasciar posto all’Artista che crea il
quadro e dà ad esso l’impronta della propria
sensibilità”11.
Da qui si articolava la descrizione, tra il poetico ed
il tecnico, dell’impianto di illuminazione di un
monumento simbolo del Piemonte, la Sacra di
San Michele, collocata sul monte Pirchiriano, nei
The Sacra di San Michele
monastery built
on the summit
of Mount Pirchigliano,
all lit up.
sensibility, selection and dosage
of the various light sources, their
arrangement, the blend of
different lights...”11
This excerpt, which units the
poetic and the technical,
comes from a piece written about the lighting
system for a monument that is a symbol of the
Piedmont region: the Sacra di San Michele, on
Mount Pirchiriano, near the village of S.
Ambrogio di Susa – one of the most imposing
specimens of religious architecture in this part
of the Alps, and a waystation for pilgrims
between Italy and France. Penned in 1954, the
article is particularly interesting in its summary
of how, quite some time ago, awareness
already existed of what criteria should be
followed to provide individual monuments with
the right lighting.
The Evolution
of Lighting Design
The advent of artificial light sources spawned the
development of a whole new discipline: Lighting
Design. This entailed the study of the quantity,
quality and location of light for illuminating
external and internal spaces, museums and
artistic heritage from a technical standpoint in a
pre-planned rather than empirical manner. As a
science it is relatively recent, even if it had a
corollary in Baroque times, when a strong link
existed between architecture and light as a
31
Le città si illuminano
Cities light up
L’illuminazione
di piazza del Plebiscito.
Napoli, anni Trenta.
pressi del paese di S. Ambrogio di Susa, una delle
più imponenti architetture religiose di questo
territorio alpino, luogo di transito per i pellegrini
tra l’Italia e la Francia. È un interessante articolo
del 1954 che ben sintetizzava come in tempi
ormai lontani già si ponesse attenzione a quali
criteri scegliere per ottenere la giusta
illuminazione per ogni monumento.
Lo sviluppo
dell’illuminotecnica
32
Con l’avvento delle sorgenti luminose artificiali si
sviluppa una nuova disciplina, l’illuminotecnica, che
studia la progettazione della quantità, della qualità
e della localizzazione della luce da utilizzare per
illuminare esterni e interni, luoghi museali o beni
artistici in modo tecnico, programmato e non
empirico. È una scienza relativamente recente,
anche se in realtà già con la cultura barocca si
poteva parlare di illuminotecnica in quanto il
legame esistente tra l’architettura e la luce, intesa
come elemento scenografico, era molto profondo.
Si trattava, però, in quel caso, di un’illuminotecnica
intuitiva, legata all’esperienza acquisita dall’artistaarchitetto e alla sua sensibilità.
La luce, che è di per sé un elemento
fisico e corpuscolare, ma che
rimanda anche ad un’entità divina e
trascendentale, attribuisce qualità alle
superfici mediante riflessi che le
rendono smaglianti o vibranti di
minute tessiture e ne permette la
percezione tridimensionale. Variando
La basilica di Sant’Antonio
illuminata con proiettori.
Padova, 1929.
Sant’Antonio Basilica,
lit up by floodlights.
Padua, 1929.
scenographic element. In the Baroque period,
lighting design was more intuitive, the result of
the experience and sensibility of individual artists
and architects.
Per se a physical and corpuscular element, as well
as being a divine and transcendental entity, light
adds quality to a surface through reflections that
make it dazzle or vibrate with a minute crosshatching, allowing us the perception of three
dimensions. Varying the position of lighting with
regard to the object or environment under
observation sets off an interplay of light and
shadow, in the process adding shape to volumes;
the power of the light source creates lighting that
is either diffuse or concentrated, violent or
delicate, giving an expressive character to the
work or environment being lit. Moreover, with its
chromatic dominants – warm in natural light,
cold in artificial light – it radically changes the
perception of colours. Light is vital when
illuminating monuments because it emphasizes
the distribution of volumes, plays with mouldings,
softens up niches, reflects off marble and diffuses
off stone, creating and enhancing architectural
works of art, paintings and sculpture.
From the 1920s onwards, even if the idea of
making the most of a city’s night-time attractions
was still new a branch of lighting design evolved
Lighting in Piazza
del Plebiscito. Naples,
nineteen thirties.
la sua posizione rispetto
all’oggetto o all’ambiente
osservato crea giochi di
chiaroscuri che esaltano o
annullano la modellazione dei
volumi, con la sua potenza
crea illuminazioni diffuse o
concentrate, violente o delicate, che attribuiscono
un carattere espressivo all’ambiente o all’opera.
Inoltre, con le sue dominanti cromatiche, calde
nelle luci naturali e fredde in quelle artificiali,
cambia radicalmente la percezione dei colori.
Nell’illuminazione dei monumenti, quindi, la luce
è fondamentale perché mettendo in evidenza la
distribuzione delle masse, giocando sulle
modanature, ammorbidendosi nelle nicchie,
riflettendosi sui marmi, diffondendosi sulle pietre
crea e valorizza l’opera d’arte, sia essa
architettura, pittura o scultura.
A partire dagli anni Venti del Novecento in Italia si
comincia ad affermare una specifica attività di
progettazione per l’illuminazione dei monumenti,
anche se l’idea di accentuare le attrattive
notturne delle città era ancora poco diffusa,
poiché gli edifici pubblici venivano illuminati solo
nelle ricorrenze religiose o civili, e in tali eventi
venivano allestite luminarie con festoni di
lampadine disposti lungo le sagome degli edifici,
il cui modesto effetto notturno però non appariva
sufficiente a giustificare l’ingombrante presenza
diurna degli apparati luminosi sulle facciate.
Ma già nel 1910, Guido Cirilli, sapiente architetto
capace di pensare all’architettura come “concerto
di grandi insiemi” aveva realizzato il primo
in Italy specifically for monuments. Previously,
buildings were only lit during religious or civil
celebrations, with illuminations consisting of
streamers of bulbs running along the building
outline; modest nocturnal effects were hardly
sufficient to justify the heavy daytime presence of
these lighting devices on their facades.
As early as 1910, insightful architect Guido Cirilli,
who viewed architecture as a “concert of great
ensembles”, was the man behind Italy’s first
attempt to integrate light and architecture when
he placed a large illuminated cross in the column
at the Cappella Espiatoria at Monza. Dedicated to
King Umberto I of Savoy, the memorial was
erected on the spot where the King had been
shot dead by anarchist Gaetano Bresci.
Completed to mark the tenth anniversary of this
outrage, the monument was surrounded by a
wrought iron gate made by Milanese artist
Alessandro Mazzucotelli. At night, the 12m high
crosses lit up from inside to emit a golden light.
Increasingly, artificial light ceased to be
considered a luxury item or unnecessary expense
as people realized that if used rationally, it was a
productive and cultural resource. This very point
was made in an article in the “Bollettino di
Lucicultura”, a newsletter published by the Osram
33
Le città si illuminano
Cities light up
La Certosa di San Martino,
a Napoli, illuminata
dalla Società generale
elettrica napoletana, 1929.
The Certosa di San Martino
in Naples, lit by the Società
generale elettrica
napoletana, 1929.
34
tentativo italiano di integrare luce e architettura,
inserendo una grande croce luminosa nella
Colonna della Cappella Espiatoria di Monza. Il
Memoriale, dedicato al Re Umberto I di Savoia,
era stato edificato nel punto in cui il Re era stato
abbattuto dai colpi dell’anarchico Gaetano Bresci.
Il monumento, terminato in occasione del decimo
anniversario dell’attentato, era circondato da un
cancello in ferro battuto, realizzato dall’’artista
milanese Alessandro Mazzucotelli. Di notte le
croci alte 12 metri, si accendevano dall’interno,
con un’illuminazione di luce dorata.
Sempre più spesso la luce artificiale non veniva
considerata un bene di lusso o una spesa inutile
ma una risorsa produttiva e culturale, se usata
razionalmente, come si evince da un articolo
comparso nel “Bollettino di Lucicultura”, edito
dalla Osram, alla fine degli anni Venti: “I danni
per una cattiva illuminazione sono incalcolabili,
come grandissimi sono i benefici ottenuti da
quella buona”.
Fervevano gli studi e le riflessioni per trovare
criteri generali per una buona illuminazione a
distanza delle emergenze architettoniche e tutte
le principali associazioni del settore si
interessarono al problema tanto che, nel 1926, fu
pubblicato dall’Ansi, l’Associazione Nazionale per
lo Sviluppo dell’Illuminazione, un Bollettino rivolto
company towards the end of the
1920s: “The harm caused by poor
lighting is incalculable; the benefits
of good lighting are enormous.”
Research and papers appeared in a quest to find
general criteria for good lighting. All of Italy’s
most important industry associations had
something to say. In 1926, the National
Association for the Development of Lighting
(ANSI) published a newsletter for ordinary citizens
and engineers outside the specific field of lighting
to raise awareness about news and information
on the requirements of sound lighting, the
characteristics of lighting devices, and criteria for
lighting homes, monuments, places of work and
streets.
th
To mark the 50 anniversary of the invention of
the electric lightbulb, between 21 and 28
October 1929 the American Edison Pioneers
held a special light-themed week – known as
the Light Golden Jubilee (or Edison’s Golden
Jubilee) – all around the globe as a special
celebration of electric lighting and the birth of
the power distribution industry. The Week
offered an opportunity to assess what
knowledge had been accumulated in the field of
lighting design. Conferences were staged and
competitions held to design special lighting for
the most important monuments in many Italian
cities. In Naples, the Società Generale Elettrica
Napoletana lit the Certosa di San Martino using
1kW diffused lamps set a few metres from the
a cittadini e tecnici non esperti per divulgare
notizie e informazioni sui requisiti
dell’illuminazione, sulle caratteristiche degli
apparecchi, sui criteri per illuminare abitazioni,
monumenti, opifici, strade.
Nel 1929, in occasione del cinquantenario
dell’invenzione della lampadina elettrica, il Light’s
Golden Jubilee o Edison’s Golden Jubilee, gli
Edison Pioneers americani indissero in tutto il
mondo una “Settimana della Luce”, dal 21 al 28
ottobre, per festeggiare in modo speciale la data
di inizio dell’illuminazione elettrica e dell’industria
della distribuzione dell’energia. In questa
occasione si vollero anche verificare le conoscenze
raggiunte nel campo dell’illuminotecnica. Furono
organizzate conferenze e si bandirono concorsi di
illuminazione straordinaria per i principali
monumenti di molte città italiane. Tra queste
Napoli dove fu illuminata la Certosa di San
Martino a cura della Società Generale Elettrica
Napoletana che, con un impianto formato da
diffusori da 1 kW disposti a pochi metri di
distanza dall’edificio e riflettori fino a 3 kW di
potenza sistemati a 20-50 metri dalla facciata,
riuscì “a staccare l’edificio nettamente sul fondo
scuro del cielo, con effetto grandioso e
fantastico, visibile da quasi tutto il golfo”. Per
l’occasione fu illuminato anche il portale di
ingresso del Maschio Angioino, grazie all’Ente
Autonomo del Volturno, con un impianto nella
parte esterna di sette proiettori tipo Orione per
3,5 kW di potenza complessiva e per gli interni
diffusori per 1.500 watt12.
Nel giugno del 1930 nasce la rivista mensile
“L’Illuminazione Razionale”, che apre una nuova
fase di sviluppo per la disciplina
dell’illuminotecnica. A questa se ne affiancò poi
un’altra, “Illuminotecnica”, edita sempre a
Milano e diretta da Enrico Castaldi, ingegnere
building, and spotlights of up to 3kW in power
arranged 20 to 50 metres from the facade. This
design “clearly separated the building from the
dark background of the sky, achieving a
magnificent and fantastic effect visible from all
over the Gulf”. To mark the occasion, the Ente
Autonomo del Volturno lit the Maschio
Angioino with an external installation consisting
of seven Orione-type floodlights totalling 3.5kW
in power, and diffuse lighting of 1,500 watts for
the interior.12
Monthly magazine “L’Illuminazione Razionale”,
heralded a new phase of development for the field
of lighting design. A second magazine,
“Illuminotecnica”, was also published in Milan. This
was directed by Enrico Castaldi, a lighting designer
and manufacturer of lighting devices. Top architects
and lighting designers of the calibre of Joachim
Teichmüller, Marcello Piacentini and Piero Bottoni
were to write for this magazine. In their various
ways, these men were figureheads in the debate
on rational lighting, highlighting in particular the
discipline’s scenographic end-goals. In his
magazine, Castaldi espoused the approach first
expressed by Daniele Donghi, the man responsible
for writing the “Manuale dell’Architetto”, advising
that: “With lighting for architectural and honorary
palazzos and monuments, one may achieve the
same effects as daylight, especially when it comes
to shadow-generated affects, given that architects
and sculptors rely on these self-same effects... The
lighting designer’s hand is always guided by
shadow.”13
Two schools of thought developed, pitting
proponents of a rhetoric of light as a powerful
tool for heightening the symbolic connotations of
architecture against those who were nostalgic for
romantic “penumbra”, for whom light was an
elegant way of outlining the nocturnal design of
35
Le città si illuminano
Cities light up
Illuminazione in piazza San
Marco. Venezia, anni Trenta.
Lighting in Piazza San Marco.
Venice, nineteen thirties.
36
illuminotecnico e produttore di apparecchi di
illuminazione. In questa trovarono spazio esperti
architetti e cultori della materia, come Joachim
Teichmüller, Marcello Piacentini e Piero Bottoni
che furono, seppur in ottiche diverse, i principali
animatori del dibattito sull’illuminazione
razionale, evidenziandone in particolare le finalità
scenografiche. Castaldi dalle pagine della sua
rivista, allineandosi con il pensiero di Daniele
Donghi autore del “Manuale dell’Architetto”,
consigliava “che colla illuminazione dei palazzi, e
dei monumenti, sia architettonici, sia onorari, si
ottenga lo stesso effetto della luce diurna,
specialmente nei riguardi degli effetti d’ombra,
dato che l’architetto e lo scultore fanno
assegnamento su tali effetti.(...) Sono sempre le
ombre a dirigere la mano dell’illumino-tecnico”13.
Si delineavano così due correnti di pensiero fra i
fautori di una retorica della luce come potente
strumento per esaltare le connotazioni simboliche
dell’architettura e i nostalgici delle romantiche
“penombre”, per i quali la luce era un modo
raffinato di delineare il disegno notturno
dell’architettura nella variazione dei rapporti fra le
masse compositive.
Il progetto luce
Per Marcello Piacentini, architetto e urbanista,
interprete di un linguaggio vicino alla Secessione
viennese e al classicismo milanese di Giovanni
Muzio e del Gruppo Novecento, il progetto luce
si dimostrava particolarmente efficace per
distinguere l’architettura pubblica monumentale
dall’edilizia privata: la prima che “è
rappresentativa dell’epoca, della razza dei popoli”
doveva essere oggetto di un’illuminazione
fortemente espressiva, mentre la seconda che “è
architecture via the variation of the relationship
between a building’s constituent volumes.
The Progetto Luce
For architect and town planner Marcello
Piacentini, a man who was close to the Viennese
Secession movement and the Milanese
Classicism of Giovanni Muzio and the Novecento
Group, the Progetto Luce proved to be a
particularly effective way of distinguishing
between monumental public architecture and
private homebuilding: the former was
“representative of the age and the race of the
people”, and as such required highly expressive
lighting, whereas the latter, which was “pure
satisfaction of need, a machine and a tool not
built to last long so that it may easily be
renewed in order to follow the next fashion”
could use ephemeral and showy lighting. The
architect went on to claim that if used
improperly, lighting could lead to exasperation,
referring to an all-consuming and foreclosing
effect of perception that architecture
overexposed to artificial light may generate in
the beholder, “suggesting both the general and
the specific... The emotion of art, the sense of
the magnificent and the delicate, tragic and
serene today emerges from light and, through
light, the sense of colour too... The effect of
light, however, can provoke vertigo,
drunkenness and delirium... It is the inevitable
result of ultra-Metropolitanism, the exasperation
of the feverish life in which the crowd can no
longer satisfy itself except through vertigo and
hallucination.”14
In 1956, a man called Piero Bottoni, who was one
of the Italian stars of Razionalismo, got together
pura soddisfazione di
necessità, è macchina
e utensile, che dovrà
durare poco, per
potersi facilmente
rinnovare onde
seguire la nuova
moda” poteva
utilizzare luce
effimera e attraente.
L’architetto
proseguiva
sostenendo che la
luce, se usata in
modo improprio, poteva condurre
all’esasperazione, riferendosi a quell’effetto
percettivo totalizzante ed escludente che
un’architettura sovraesposta alla luce artificiale
può provocare nell’osservatore, “suggerire l’idea
tanto generale che particolare. (...) L’emozione
d’arte, il senso del grandioso, e del delicato, del
tragico e del sereno è ormai dato dalla luce, e,
attraverso di essa, dal colore. (…) L’effetto della
luce, però, può provocare vertigine, ubriacatura,
delirio (...) è essa frutto inevitabile dell’ultra
metropolismo, è l’esasperazione della vita febbrile
dove la folla non può appagarsi oramai che della
vertigine e dell’allucinazione”14.
Nel 1956 sarà Piero Bottoni, uno dei protagonisti
italiani del Razionalismo, a dar vita a Milano con
un gruppo di giovani architetti, all’architettura
dell’illuminazione secondo i cui principi il
controllo della luce proiettata sull’edificio avrebbe
dovuto essere rigoroso, mai casuale, congruente
con i rapporti compositivi tra l’insieme e le sue
parti per determinare emozioni nell’osservatore,
al pari del suono e del colore.
L’illuminazione dei beni storico-artistici è sempre
stato un problema di non facile soluzione, che ha
interessato tutta la comunità scientifica da nord a
with a group of young architects in Milan to
propose an “architecture of lighting”. According
to the principles they developed, control over the
light projected onto a building should be rigorous
yet casual, in accord with the compositional
relationship between the ensemble and its parts,
in order to set off emotions in the beholder the
same way that sound and colour did.
The lighting of historical and artistic heritage has
always been a challenging problem, one that has
taxed the entire community up and down Italy. In
1932, the Istituto di Fisica Tecnica at the Reale
Scuola di Ingegneria in Palermo presented a paper
about lighting a number monuments around town,
including the Church of S. Maria della Catena,
Teatro Massimo, Fontana di Piazza Marina and the
Church of the Martorana, after lighting trials were
conducted with spotlights. The paper focused on
the difficulties light designers faced when “the
architecture is busy and delicate… They must take
stock of artistic issues, and very often this
meticulous and patient work must go hand-in-hand
with the synthetic work of an architect…
Heightening contrasts rather than uniformity
through the interplay of light and shadow;
differentiating as far as possible, seeking to
37
Le città si illuminano
Cities light up
38
sud dell’Italia. A Palermo ad esempio, nel 1932 fu
presentata una relazione all’Istituto di fisica
tecnica della Reale Scuola di Ingegneria, che
faceva riferimento all’illuminazione di alcuni
monumenti della città come la Chiesa di S. Maria
della Catena, il Teatro Massimo, la Fontana di
Piazza Marina e la Chiesa della Martorana, ai
quali era stata applicata, a titolo di prova,
l’illuminazione mediante proiettori, e fu posto
proprio l’accento sulle difficoltà che il tecnico
dell’illuminazione avrebbe dovuto superare
quando “si trova in presenza di un’architettura
movimentata e delicata (…) egli deve sentire il
problema artistico e ben spesso all’opera di lui,
minuziosa e paziente, bisognerà associare quella
sintetica di un architetto. (…) Accentuazione di
contrasti, non uniformità, ma gioco di luci ed
ombre; differenziare il più possibile cercando di
interpretare le intenzioni dell’artista che ha ideato
il monumento e di mettere in rilievo il simbolo, o
la funzione che esso ha nella vita civile. (…) Non
si tratta semplicemente di far luce, ma bensì di
ben disegnare, mediante la luce e mediante il
buio (…) (perché) nell’illuminazione dei
monumenti si ha di mira direttamente uno scopo
ornamentale”15. Un approccio questo non
intuitivo, ma che prevedeva, invece, una
conoscenza della materia artistica e implicava una
profonda empatia sinergica tra tecnico, artista ed
architetto.
Luci su Pompei
Le difficoltà nell’illuminazione di reperti antichi
furono brillantemente risolte, nel 1955, dai tecnici
della Società Volturno che si occuparono di
illuminare gli scavi di Pompei. L’Ente Autonomo
Volturno tra le tante attività si era occupato della
interpret the intentions of the artist who conceived
the monument, highlighting the symbol or the
function played in civil life… It is not just a matter
of casting light, but rather of using light and dark
for sound design purposes… (Because) when one is
lighting monuments, the end-purpose is directly
ornamental.”15 This non-intuitive approach
envisaged an awareness of the artistic raw material,
implying a deep-rooted synergic empathy between
the lighting technician, artist and architect.
Lights on Pompeii
Società Volturno lighting technicians brilliantly
resolved the difficulties of lighting ancient ruins
when working on the excavations at Pompeii.
Among its many achievements, the Ente
Autonomo Volturno had previously installed and
maintained electric public clocks in Naples, many
of which were in classic Liberty style. The
company had its own system for “keeping the
same time” across town; it already employed
many very qualified professionals capable of
highlighting the specific construction,
architectural and poetic characteristics of
Pompeii, following an approach that paid respect
to the Ancient while at the same time conjuring
from the darkness a city that had been
unearthed.
Archaeologist Amedeo Maiuri gives us his insight
into the process. “Lighting devices create one of
the greatest contrasts between the Ancient and
ourselves. This contrast has increasingly been
heightened since the earliest tentative lighting
powered by oil and gas, and is even more stark
with the dazzling electric lighting we have in our
cities today. If an ancient man walked among us,
the thing that would most astonish him is light
realizzazione e della gestione degli orologi elettrici
pubblici di Napoli, molti in puro stile Liberty, per
“l’impianto dell’ora unica” in città e vantava tra i
suoi effettivi delle eccellenti professionalità che
seppero mettere in risalto i particolari caratteri
costruttivi, architettonici e poetici di Pompei, in
una visione rispettosa dell’antico, capace di
risvegliare dalle tenebre la vita di una città
dissepolta come fu sottolineato dall’archeologo
Amedeo Maiuri. “I mezzi di illuminazione creano
uno dei più forti contrasti fra gli antichi e noi,
contrasto che si è venuto sempre più accentuando
quando, dalla prima fioca illuminazione stradale a
petrolio e a gas, si è addivenuti all’illuminazione
elettrica sfolgorante delle nostre città (…) se un
antico tornasse fra noi, causa forse del suo
maggiore stupore sarebbe la luce notturna che
accende, folgora e spegne ogni aspetto del
mondo esteriore al semplice impercettibile moto
della mano. Nell’antichità, quando le città erano al
buio e si illuminavano con lucerne e candelabri,
era in occasione di feste sacre notturne, infatti
Domiziano dava di notte spettacoli di cacce e di
ludi nell’Anfiteatro e Caligola illuminò tutta Roma
in occasione di un grande spettacolo teatrale. (…)
Eppure nonostante tante diversità, o forse proprio
a causa di questo diverso costume di vita, o forse
anche perché la passione romantica dell’antico si è
that turns on, illuminates and turns off every
aspect of our external world through the simple,
imperceptible movement of a hand. In Ancient
times, when cities were plunged into darkness
and lighting came from oil lamps and
candelabras, during nocturnal holy festivities,
Domitian held nighttime hunting shows and
games at the Amphitheatre, while Caligula lit up
the whole of Rome for a great theatrical
spectacle... And yet despite so many differences,
or perhaps precisely because of this different way
of living, or perhaps even because our romantic
passion for ancient times has been nourished by
nocturnal shadows and silence, there is a
growing desire to know more about this still
poorly-understood aspect of the Ancient world...
Especially the tone and dosage of light. None of
those dazzling beams that generally turn our
palazzos and monuments into shiny mirrors of
raw, flat light; in their stead, fragmented and
multiple lighting from staggered light sources as
greatly hidden as possible among the infinite
planes of depth offered by the wings of houses
and buildings. As for the tones of light used,
well, it’s lunar diffuse white light for the exteriors,
and warm, vibrant rust-coloured light for the
interiors. A perfect poetic remembrance.”16
Though appropriate solutions were found for
lighting homes from
antiquity, the situation
appeared to be more
complex in Rome. The
L’illuminazione
degli scavi
di Pompei.
Da “Elettricità
e vita moderna”,
aprile 1955.
Lighting for the
excavations
at Pompeii. From
“Elettricità
e Vita Moderna”,
April 1955.
39
Le città si illuminano
Cities light up
Articolo tratto da “Illustrazione
Enel”, settembre 1972.
An article from “Illustrazione
Enel”, September 1972.
40
alimentata di ombre e di silenzi notturni, ci
si riaffaccia il desiderio di meglio conoscere
questo ancor poco noto aspetto del mondo
antico. (…) Si trattava soprattutto di toni e
dosature di luce. Niente fasci abbaglianti
che, generalmente, fanno dei nostri palazzi
e monumenti specchi riverberanti di luce
cruda e piatta, ma frazionamento e molteplicità
delle fonti luminose scaglionate e il più
possibilmente occultate tra gli infiniti piani di
profondità che offrono le quinte delle case e degli
edifici. Quanto a toni di luce, luce bianca diffusa
lunare per gli esterni, luce roggia, calda e vibrante
per gli interni. La rievocazione poetica è
perfetta”16.
Se per Pompei furono trovate soluzioni adeguate
a risolvere le problematiche legate
all’illuminazione delle case antiche, più
complicata sembrava la situazione a Roma perché
“Roma e i monumenti che scaturiscono dalla
romanità, sono un insieme difficile da illuminare.
(…) Prendiamo il Colosseo, il più grandioso
monumento di Roma antica (…) proprio per la
sua disposizione circolare è estremamente difficile
da illuminare con un effetto che ne renda bene i
particolari architettonici (…) per questo si ricorre,
in genere, a riflettori che, posti all’esterno,
illuminano sobriamente la facciata che guarda
verso Via dei Fori Imperiali. (…) Qualcuno, se non
erriamo un architetto sudamericano, aveva
proposto tempo fa di ‘irraggiare il Colosseo con
luci psichedeliche cangianti, così da trasformarlo
in una cascata del Niagara in muratura’. E basti
questa definizione a farci allontanare in fretta da
un simile progetto. Il problema più grave nei
confronti dei monumenti romani è che (a
reason? “Rome and the monuments handed
down from its former Ancient self form an
ensemble that is difficult to light; take the
Coliseum, the most magnificent monument in
Ancient Rome... Precisely because of its circular
shape it is extremely difficult to light in a way
that successfully renders its architectural
detail… This is why, generally speaking,
spotlights have been preferred, soberly lighting
up the facade towards Via dei Fori Imperiali… If
we are not mistaken, a South American
architect once proposed ‘radiating the Coliseum
with changing psychedelic lights, turning it into
a Niagara Falls built of masonry.’ Merely
glancing at this definition is enough to send us
scampering in the opposite direction. The most
serious problem with Roman monuments is that
– unlike, for example, Gothic architecture – for
the most part they are made of white marble,
travertine, which means that it is easy to
overpower them with lighting that dazzles,
highlighting the monument while, at the same
time, wiping out everything around it. This is
particularly serious when treasures lie in the
vicinity. For example, the Imperial Forums,
which need to be admired as a whole rather
than as individual, detached items… The
solution is to take an approach that maximizes
the monument, whatever the monument may
differenza ad esempio delle architetture gotiche)
essi sono in massima parte costruiti in marmo
bianco, in travertino, per cui è facile creare con
luci troppo intense un effetto abbagliante che fa
sì spiccare il monumento ma che annulla, per
contrasto, quanto gli sta attorno. Ciò è grave
soprattutto quando nelle immediate vicinanze vi
sono tesori come quelli dei Fori Imperiali che
hanno bisogno di essere ammirati nel loro
insieme e non come singoli pezzi staccati. (…) Si
pongono perciò in atto quegli accorgimenti che
valorizzino al massimo il monumento, qualunque
sia, serbandone intatta quella che potremmo
definire la sua ‘personalità’, per farlo vivere come
se riemergesse nella notte dei secoli”17.
Il problema di come illuminare i monumenti,
quindi, poteva essere declinato secondo scuole di
pensiero diverse, spesso anche discordanti, ma
forse solo un aspetto metteva tutti d’accordo:
bisognava saper dosare la giusta quantità di luce
secondo un criterio condiviso perché da ciò
dipendeva il rendimento e l’estetica dell’impianto,
l’illuminazione doveva sintetizzare arte e scienza.
Vita ai monumenti
A Milano nella Pinacoteca di Brera, negli anni
Cinquanta fu installato un impianto di
illuminazione che seguendo le indicazioni
suggerite dalla direzione e dall’architetto Piero
Portaluppi, che negli anni Venti ne aveva curato il
restauro, voleva ottenere degli effetti che non
fossero violenti per i visitatori ma che utilizzassero
“una luce pacata, carezzevole e soprattutto
normale per portare lo spettatore in una specie di
galleria incantata dove poter mettere
l’osservatore di fronte a delle opere d’arte dipinte
in quelle condizioni in cui le trova la luce del sole,
be, maintaining what we might define as its
‘personality’ so that it lives again as if emerging
from the depths of time.”17
The issue of lighting up monuments was explored
from a number of standpoints, many of which
were in disagreement. There was perhaps only
one thing that everybody concurred about: it was
necessary to use the right amount of light
according to a shared criterion, because this was
what was most important for an installation’s
yield and aesthetics; illumination had to be a
combination of art and science.
Long Live Monuments
A lighting system was installed at the Pinacoteca
di Brera in Milan in the 1950s based on
guidelines proposed by the museum’s manager
and architect Piero Portaluppi (who, in the 1920s,
had been in charge of restoring the museum).
The plan was conceived to achieve effects that
were in no way violent for visitors, but instead
adopted “calm, caressing light; light that, above
all, is normal for taking visitors into a kind of
enchanted gallery from where they may behold
works of art painted under conditions of sunlight,
including their colours and the relationships
between those colours.” Lighting the Museo Poldi
Pezzoli (also in Milan) by night presented a
completely different set of problems, as it
required “fragmented lighting distributed and
varying continuously, peering into the
windowpanes to light individual paintings,
furniture, bronzes and marble.”18
Given its symbolic significance as a spotlight on
history, it is clear that illumination and its intense
emotional function must necessarily become the
raw material for a design approach that is
41
Le città si illuminano
Cities light up
42
coi loro colori, coi loro rapporti”. Tutt’altro
problema presentava, invece, l’illuminazione
notturna del Museo Poldi Pezzoli, sempre a
Milano, perché necessitava di “un’illuminazione
frazionata che si distribuisse e variasse
continuamente, che frugasse l’interno delle
vetrine, che illuminasse partitamente i singoli
quadri, mobili, bronzi e marmi”18.
È evidente quindi che l’illuminazione con la sua
intensa funzione emotiva, nel momento in cui è
da intendere nel significato simbolico di faro che
illumina la storia, deve necessariamente diventare
materia di progetto in grado di agire sulle
sensazioni nel creare “atmosfere” per svolgere un
ruolo di comunicazione, proponendosi come
medium autonomo, come sosteneva Marshall
McLuhan secondo il quale “la luce elettrica (…) è
informazione allo stato puro [che definisce] lo
spazio senza muri e il giorno senza notte”19.
Quando la luce gioca con le forme e incontra
materiali e stili che ben si prestano ad accentuare
effetti magici ecco che essa assume valenze ancor
più sorprendenti come quando illumina le chiese,
i palazzi, le fontane del barocco, che già di per sé
è “uno stile fatto di bizzarria, esuberanza, di
sorprendente ricchezza (…) (alla) ricerca
dell’effetto nuovo e insolito per mezzo del
movimento delle masse, delle ombre e delle luci,
che mostra una predilezione per il grandioso,
l’uso fantasioso delle linee curve, dei forti risalti,
delle prospettive scenografiche come a Piazza
Navona con la chiesa di Sant’Agnese in Agone,
del Bernini, (che) offre a chi la guarda di lato,
come fantastica quinta di un immenso salotto che
è scenario ideale, fatto di pietra e di armonia (…)
e uno stile siffatto come poteva ottenere, di
notte, un buon risalto, una illuminazione idonea
a mettere in evidenza i caratteri più spettacolari?
(...) per la sua varietà e vivacità, per i suoi
capable of acting on the sensations, that can
create ‘atmos’ in order to perform a
communicative function, putting itself forward as
an autonomous medium and referencing
Marshall McLuhan himself, who said “the electric
light is pure information [which defines] space
without walls and day without night.”19
Light is capable of taking on even more
surprising values when it interplays with form
and comes into contact with materials and styles
well-suited to provoking magical effects. This is
clear in the illumination of churches, palazzos
and fountains from the Baroque, which is in
itself “a style created from bizarreness,
exuberance and surprising richness… (In the)
quest for new and unusual effects triggered by
the movement of volumes, shadow and light,
showing a predilection for the grandiloquent,
imaginative use of curved lines, strong
highlighting, and scenographic perspectives such
as in Piazza Navona, where Bernini’s Church of
Sant’Agnese in Agone offers itself to onlookers
as a fantastical backdrop to an immense salon,
an immense ideal scenario carved out of stone
and harmony… How could such a style be cast
into its rightful relief by night, with illumination
suited to highlighting its most spectacular
characteristics such as its variety and vivacity,
contrasts and colours, at the same level as the
felicitous ‘wave of folly’ that for many people
was the very soul and expression of the
Baroque?”20
th
Given that 17 -century art is the art of seducing
and arousing emotion (not by resorting to
harmony and rationality, as was the case during
the Renaissance, but through an ability to trigger
emotions and feelings), what tool could be better
th
for making the 17 century city visible – a city
that is more for looking at than living, according
Le città si illuminano
Cities light up
44
contrasti e per il suo colore, fosse all’altezza di
quella felice ‘ondata di pazzia’ che per molti era
l’anima stessa, l’espressione del barocco”20. E
poiché l’arte del Seicento è l’arte del sedurre e
del commuovere, non attraverso la via
dell’armonia e della razionalità come avveniva nel
Rinascimento, ma in virtù della sua capacità di
suscitare emozioni e sentimenti, quale strumento
migliore della luce può rendere visibile la città del
Seicento che è più da vedere che da vivere
secondo l’assunto Barocco? Ed ecco che con la
luce i monumenti acquistano vita, le statue si
animano facendo risplendere l’eterna giovinezza
delle figure di marmo come il David del Bernini,
nella Galleria Borghese a Roma, “la (cui)
illuminazione è laterale, in modo che la luce piova
sul personaggio e ne metta in evidenza la
costituzione atletica e, anche, lo sforzo che sta
compiendo per scagliare il sasso”, o l’Apollo e
Dafne sempre del Bernini che “ha richiesto
un’illuminazione più laterale e la statua di Dafne
ne è colpita in pieno in modo non abbagliante,
per cui la statua di Apollo, pure nitida e ben
visibile, vibra di ombre”21.
Ogni stile riceve forza e veemenza dalla luce, ciò
appare chiaro anche nelle opere del periodo
fascista il cui linguaggio dai toni epici, solenni e
celebrativi acquistava
una ancor più forte
connotazione
ideologica con
l’illuminazione. A
Napoli ad esempio il
Monumento equestre
ad Armando Diaz,
colui che aveva
firmato il bollettino
È dedicato a “Luci domestiche
nella pittura del ‘600 e ‘700” l’articolo
pubblicato su “Illustrazione Enel”,
gennaio 1975.
An article published
in “Illustrazione Enel”, January 1975,
dedicated to “Domestic lighting
in 1600s and 1700s painting”.
Un estratto
da “Illustrazione
Enel” dedicato
all’illuminazione
dei monumenti,
dicembre 1972.
to the concept underlying the Baroque – than
light? And so it is that it is thanks to light that
monuments come to life and statues are set in
motion. It is thanks to light that the eternal youth
of marble figures such as Bernini’s “David” in the
Galleria Borghese in Rome may shine “(with)
lateral illumination so that the light rains down
upon the figure, highlighting his athletic
constitution and, additionally, the effort he is
making to hurl the stone.” The same applies to
Bernini’s “Apollo and Daphne”, which “required
more lateral lighting, with the statue of Daphne
lit full on but without being blinded, leaving the
statue of Apollo to vibrate with shadow without
compromising its clarity and visibility.”21
Every style receives strength and force from light.
This is clearly evident in works from the Fascist
period, whose epic, solemn and celebratory style
was rendered even more ideological through its
lighting. For example, in Naples the equestrian
monument to Armando Diaz – the man who
signed the First World War victory dispatch –
made in 1936 by Gino Cancellotti and Francesco
Nagni was lit by beams converging on the
condottiere on horseback to accentuate his
determination. This and other monuments in the
city were lit “by our Naples Distributor… using a
Extract from
“Illustrazione
Enel” dedicated
to monument
lighting,
December 1972.
della vittoria nella prima guerra mondiale,
realizzato nel 1936 da Gino Cancellotti e
Francesco Nagni, veniva illuminato da una luce
che partendo dal basso convergeva sul
condottiero a cavallo evidenziandone la
determinazione. Questo monumento insieme ad
altri della città fu illuminato “a cura della nostra
Distribuzione di Napoli (…) in grazia di
un’opportuna disposizione di potenti lampade,
quando cadono le ombre della sera, essi
appaiono illuminati da un magico sfolgorio di luci
che, facendo risaltare le loro strutture bronzee e
marmoree, dona un volto nuovo alla nostra città,
quale si conviene ad una moderna metropoli. Per
l’illuminazione della grande statua equestre sono
occorse due lampade da 30.000 lumen”22.
Non solo giochi d’acqua
La luce è stata anche un elemento imprescindibile
per esaltare un altro secolare motivo d’arte che
ha, da sempre, accompagnato l’uomo nel
cammino della civiltà: le fontane, presenze
costanti in ogni più piccolo o grande centro
italiano. In esse sicuramente l’elemento essenziale
è l’acqua, ma quando si illuminano nell’oscurità
la luce disegna scenari fantastici che sollecitano
esperienze polisensoriali, sia che la fonte
skilled arrangement of powerful
lamps, so that when the evening
shadows fall they appear to be
illuminated by a magical blaze of
light that highlights their bronze and marble
structure while lending a new face to our city
that befits a modern metropolis. Two 30,000
lumen lamps were required to light up this huge
equestrian statue.”22
Water Features and More
45
Light has also been an ever-present element for
enhancing another centuries-old artistic motif
that has long accompanied man along the road
to civilization: fountains, a constant presence in
every Italian town, great or small. Water is of
course the essential element of a fountain. When
a fountain is illuminated in the darkness, the light
creates fantastic scenarios that arouse multisensorial experiences, whether the light source is
set inside the fountain so that the jet of water is
transformed into a coloured or multicoloured
column of water, or outside, with the beams of
light projected from strategic points to
accentuate the monumental nature of the basin.
It is interesting to note the different way that
light is used for fountains in Italy and elsewhere.
“In Italy, it is customary to light the scenario, the
architecture of the fountain rather than just the
jets of water; the alternative is to embrace both
of them with diffuse lighting somewhere
Le città si illuminano
Cities light up
46
luminosa sia posta all’interno, in modo che il
getto d’acqua si trasformi in una colonna acquea,
colorata o cangiante, sia che provenga
dall’esterno, con fasci di luce proiettati da punti
ben studiati, che accentuano la monumentalità
dell’invaso.
È interessante notare la differenza di utilizzazione
della luce nelle fontane italiane e in quelle
d’oltralpe. “In Italia si usa piuttosto illuminare lo
scenario, l’architettura delle fontane, anziché i
soli giochi d’acqua: o comunque avvolgere l’una
e gli altri con luci diffuse, tra l’argenteo e il
perlaceo. All’estero giocano di più sui colori per
creare spettacoli di luce ed è lo zampillo in sé che
acquista rilievo, mentre la fontana, nella sua parte
monumentale, scompare nella penombra e la si
può ammirare soltanto di giorno. La Fontana di
Trevi è un po’ un esempio classico in materia. Lo
specchio d’acqua, quello in cui i turisti buttano
generosamente monetine come augurio di un
nuovo viaggio a Roma, è illuminato in un
tutt’uno con la facciata e nel gioco d’ombre che
ne scaturisce le statue assumono una dimensione
fiabesca, irreale. A Napoli, i giochi di luce della
fontana in piazza del Municipio ottengono un
effetto fantasmagorico (…) gli zampilli accesi con
un buon gioco di riflettori hanno modo di
rimbalzare nell’acqua moltiplicandosi come in uno
specchio”23.
Nelle fontane, quindi, è stato sempre
possibile creare illuminazioni con effetti
particolarmente suggestivi come quelle
adottate nella fontana del Nettuno in piazza
della Borsa a Napoli, nel 1930, che
utilizzando speciali diffusori subacquei
mettevano in risalto pregiati particolari
scultorei, che pur essendo frutto di
La fontana di piazza dell’Esedra.
Roma, anni Settanta.
Piazza Esedra fountain.
Rome, nineteen seventies.
between silvered and pearlescent. Outside Italy,
more often colours are used to create a
spectacle of light, and it is the gush itself that is
the prime focus, whereas the fountain, or at
least the monumental part of it, disappears into
the penumbra to be admired only by day. The
Trevi Fountain offers a classic example of this.
The body of water, into which tourists
generously throw coins in the hope of returning
to Rome one day, is lit up as is the façade of the
building. The resulting shadows lend the statues
an almost fairytale, otherworldly feel. In Naples,
the play of light on the fountain in Piazza del
Municipio creates a phantasmagorical effect: in
a well-executed arrangement of spotlights, the
lit-up spouts of water bounce off the water and
multiply as if in a mirror.”23
It has always been possible to create lighting in
fountains to particularly suggestive effect. Special
underwater diffuser lamps were used as far back
as 1930 in the Neptune Fountain at the Piazza
della Borsa in Naples to accentuate the fountain’s
incredible sculptural quality. Although its
architecture combined different stylistic
approaches, the fountain became a whole in the
united, single approach to lighting.
The interplay of light and water played a
La pittoresca vasca
con zampilli in piazza
Municipio. Napoli,
anni Settanta.
The picturesque pond with
water spouts in Piazza
Municipio. Naples,
nineteen seventies.
esperienze e di stili
differenti trovavano nella
luce unità e fusione.
I giochi di acqua e luce
furono protagonisti anche dell’Exposition des Art
Decoratifs et Industries Modernes del 1925 a Parigi,
dove il ponte Alessandro III fu trasformato in una
cascata d’acqua illuminata per sembrare di fuoco e
al centro della Senna fu posta una gigantesca
fontana che, animandosi con la luce, innalzava getti
potenti verso il cielo o si frantumava in infinite
goccioline ricadenti in una pioggerellina sottile.
Sempre in quell’occasione, la sintesi tra luce e
acqua fu raggiunta anche nella vetrata “Le jet
d’eau”, incisa con figure e motivi naturalistici e
illuminata da raggi di luce che fendevano alti getti
d’acqua. Gli elementi decorativi erano quelli
caratteristici dell’Art Déco, lo stile che in quegli anni
dettava legge e che aveva improntato tutta la
manifestazione.
Anche nell’Esposizione di Barcellona del 1929
risultarono sorprendenti gli effetti delle fontane di
Carlos Buigas, mentre nel padiglione Italia firmato
da Piero Portaluppi fu offerta una dimostrazione
più modesta, ma non per questo meno
interessante, per l’impiego di proiettori stagni
multiparabolici, per illuminare le vene d’acqua
che defluivano nelle vasche.
starring role at the 1925 Exposition des Art
Decoratifs et Industries Modernes in Paris, when
the Alexander III Bridge was transformed into a
cascade of water lit to look like fire; a huge
fountain was installed in the middle of the
Seine, where powerful specially-lit jets of water
shot up into the sky and then split into infinite
drops, only to fall back to earth in a gentle rain.
The same event featured another synthesis of
light and water in a stained glass piece called
“Le jet d’eau”, which was engraved with
naturalistic figures and motifs while rays of light
cut through tall jets of water. These decorative
elements were typical of art deco, the style in
fashion at the time, and indeed characterized
the whole event.
Amazing effects were also a draw at the 1929
Barcelona Exposition in fountains designed by
Carlos Buigas. Designer Piero Portaluppi’s Italian
Pavilion offered a more modest yet no less
interesting demonstration of how to use multidish water-based floodlights to light up the
rivulets of water that flowed down into the
fountain’s basins.
47
I gioielli
dell’architettura.
Il linguaggio dell’estetica
L’architettura elettrica nacque negli anni Ottanta
dell’Ottocento e fu caratterizzata dal ruolo
preminente che l’idroelettrico stava avendo nel
campo dello sviluppo dell’elettrificazione per una
plurisecolare tradizione della manifattura italiana
all’uso dell’acqua come forza motrice.
Le centrali idroelettriche furono all’inizio edifici
puramente funzionali, ma con il passaggio dalla
corrente continua alla corrente alternata e
l’applicazione di altre importanti innovazioni quali il
trasformatore, che consentiva di produrre energia
49
Architectural
Gems.
An Aesthetic Approach
The earliest examples of electrical architecture
began to appear in the 1880s. In Italy, the process
was spearheaded by hydro-electrics: electrification
built on the centuries-old tradition of Italian
manufacturing using water for power.
Hydroelectric power stations were the first purely
functional electricity-related buildings. The
architecture of electricity underwent a root-andbranch aesthetic revolution following the shift from
continuous to alternating current and the advent of
major new inventions such as the transformer,
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
50
in un sito “centrale” per poi smistarla verso zone
di consumo sempre più distanti, esse subirono una
profonda rivoluzione estetica. Nel primo decennio
del Novecento prevalse la logica di ricorrere a
linguaggi architettonici già in uso per rendere più
assimilabili le nuove emergenze industriali tali da
farle diventare un ponte tra la tradizione storica e
la nuova realtà industriale, anello di congiunzione
tra l’ambiente e il complicato e invasivo sistema di
interventi ingegneristici indispensabili per la
produzione e il trasporto dell’energia elettrica.
which made it possible to generate power at a
central location and route it to increasingly distant
areas of consumption. In the first decade of the
1900s, the prevailing approach was to borrow
architectural styles that were already in use. New
industrial concerns looked similar to existing
enterprises, effectively acting a bridgehead
between past and future, linking the environment
and the complicated, invasive system of
engineering work necessary for generating and
distributing electricity.
Nell’ambito del Futurismo, una delle più
importanti avanguardie del Novecento,
l’architetto comasco Antonio Sant’Elia ebbe
una felice intuizione in merito al ruolo dei
nuovi materiali da utilizzare nell’architettura
pubblica. Scomparso prematuramente nel
1916, Sant’Elia non poté attuare
concretamente le sue idee ma lasciò una ricca
e preziosa documentazione di disegni utopistici
in cui tracciava il volto di una “città ideale”24
formata da edifici moderni che avrebbero
contrapposto alla ridondanza decorativa e alla
monumentalità dei vecchi manufatti in pietra
l’agilità scheletrica dei nuovi materiali anche
nelle centrali idroelettriche. Le “cattedrali della
religione elettricità” si sarebbero così imposte
nella “città nuova” poiché come sosteneva
Marinetti: “Nulla è più bello di una grande
centrale elettrica ronzante, che contiene la
pressione idraulica di una catena di monti e la
forza elettrica di un vasto orizzonte,
sintetizzata nei quadri marmorei di
distribuzione, irti di contatori, di tastiere e di
commutatori lucenti”25.
Quando nella progettazione di centrali e
sottocentrali l’architettura prese poi il sopravvento
sull’ingegneria, le costruzioni si trasformarono in
manufatti artistici imponendosi per la
A proponent of the Futurist movement – one of
the most important avant-garde movements of the
early 1900s – architect Antonio Sant’Elia, who
hailed originally from Como, had a felicitous
intuition about the role new materials would play
in public architecture. Sant’Elia was unable to
tangibly put his ideas into practice owing to his
premature death in 1916. He did, however, leave
behind an amazing trove of utopian designs which
traced out the contours of an “ideal city”,24 made
up of modern buildings fighting against decorative
redundancy and the monumental nature of their
old stone peers with the skeletal agility of new
materials.
Sant’Elia’s
designs
included
hydroelectric installations, “cathedrals of the
electrical religion” that were to take their place in
“new cities” because, in Marinetti’s words,
“nothing is more beautiful than a humming
electrical power station as it tames the hydraulic
pressure of a mountain range and the electrical
power of a vast horizon, synthesized in its marble
distribution panels bristling with gauges, keys and
gleaming switches.”25
When architecture began to trump engineering in
the design of power stations and sub-stations,
electrical constructions became artistic artefacts
striking in their monumentality, majestic
scenographic forms and huge walls; they loomed
Antonio Sant’Elia,
“Centrale elettrica”, 1914.
Antonio Sant’Elia,
“Centrale elettrica”, 1914.
monumentalità
dell’impianto, per le
maestose forme
scenografiche con muraglie
possenti, cupole di
eccezionale vastità, ornati
con gigantesche cariatidi
emergenti dalla massa
muraria. E in tali
costruzioni oltre
all’imponenza si tenne
conto anche della
“bellezza”, come appare evidente in un articolo
del 1926 apparso sulla Rivista “l’Elettrotecnica” in
cui, accanto ad alcune note tecniche sui nuovi
impianti realizzati dalla Imprese Elettriche Conti, si
faceva esplicito riferimento alla qualità estetica
delle costruende centrali in particolare a quella di
Cadarese: “L’edificio che sta per sorgere dalle
fondazioni è di dimensioni notevoli, come
possiamo rilevare dal progetto FIG favoritoci
dall’arch. Comm. Piero Portaluppi, che dedica le
sue cure alla parte artistica per conservare il
tradizionale buon gusto, che il Sen. Ettore Conti
non ha mai voluto disgiunto dall’utilità dei suoi
impianti”26.
Era quindi molto sentita l’esigenza di trovare
forme esteticamente valide che si adeguassero
all’avanzare del progresso tecnico, forme che
sapessero coniugare sapientemente bellezza e
modernità, ma tali istanze non furono
immediatamente recepite e la tendenza comune
as vast domes decorated
with enormous caryatids
emerging
from
their
massive masonry bulk. As
well as their impressiveness,
these constructions paid
heed to the concept of
“beauty”, as be gleaned
from a 1926 article
published
in
the
“l’Elettrotecnica” magazine
where, alongside a number
of technical notes on the
latest plants built by
Imprese Elettriche Conti,
the article explicitly refers to
the aesthetic quality of
power
plants
under
construction, especially the
one at Cadarese: “The
building set to rise from its foundations is of a
considerable size, yet as we see from the blueprint
drawn up by architect Piero Portaluppi, he has
lavished attention on its artistic aspects in order to
retain the traditional fine taste that Senator Ettore
Conti has never wanted to sacrifice to the utility of
his installations.”26
Much in evidence was a strong desire to find
aesthetically-pleasing forms to accompany the
advancement of technological progress, capable
of cleverly combining beauty and modernity.
Having said that, such an approach was not always
evident, given a common tendency to fall back on
an eclectic approach and take refuge in the
Romanesque style – as Camillo Boito27 proposed –
in order not to make a break with traditional
construction and culture in the places where these
installations were under construction.
Along the path to this yearned-for harmony
between content and form, the engineer tasked
51
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
52
fu invece quella di ripiegare su
un atteggiamento eclettico e
su un ritorno allo stile
romanico, come sosteneva
Camillo Boito27 per non
rompere con le tradizioni
costruttive e culturali dei
luoghi in cui sorgevano gli
impianti.
Nel cammino verso
un’auspicata sintonia tra
contenuto e forma era
necessario che l’ingegnere, a
cui era affidato il compito della
progettazione e della costruzione degli edifici si
relazionasse con l’architetto, a cui spettava
invece, secondo la prassi vigente,
l’ornamentazione e il restauro. Tale sinergia
avrebbe impedito che l’ingegnere si chiudesse in
un tecnicismo puro e l’architetto in un ornato
esasperato. Nelle prime centrali idroelettriche,
invece, la differenziazione dei ruoli tra l’ingegnere
e l’architetto, era ancora molto netta in quanto
l’invaso comprendente l’ambito impiantistico ed
elettrotecnico rimaneva di stretta pertinenza
dell’uno e l’involucro spettava invece all’altro che,
facendo riferimento agli stili del passato, spaziava
dal romanico al neogotico, al neorinascimentale,
dalla tipologia delle ville venete di palladiana
memoria al castello fortificato. Ma tuttavia le
centrali furono anche laboratori progettuali per
nuove sperimentazioni e manifesti di una società
in continua evoluzione in cui molti grandi
architetti e ingegneri del Novecento, da Gaetano
Moretti a Gio Ponti, da Duilio Torres ad Angelo
Omodeo e Vincenzo Ferniani, si cimentarono e
pur senza “inventare” nuovi modelli costruttivi
operarono nella consapevolezza di dover
trasmettere, attraverso linguaggi già noti il senso
dell’innovazione e della modernità.
Impianto idroelettrico
del Maira. Prospetti
della centrale di Ponte
Marmora-San Damiano,
1919.
The Maira hydroelectric
plant. Designs for the
Ponte Marmora-San
Damiano power station,
1919.
with designing and building this projects had to
enter into a relationship with the architect, whose
remit, according to accepted practice, included
ornamentation and restoration. This kind of
synergy would prevent engineers from immuring
themselves in pure technicism, and hold architects
back from exasperated ornamentation. At those
early hydroelectric plants, differentiation between
engineers and architects was still clear cut: the
basin, plant and electrotechnical equipment was
the preserve of the former, while the external shell
was the architect’s responsibility, referencing styles
of the past ranging from the Romanesque to the
Neo-Gothic, Neo-Renaissance, Palladian-style
country houses and fortified castles. Nevertheless,
power stations served as a kind of design lab for
new experiments and manifestations of a society
in the midst of an ongoing evolution. Many of the
greatest architects and engineers of the day –
Gaetano Moretti, Gio Ponti, Duilio Torres, Angelo
Omodeo and Vincenzo Ferniani to name but a few
– were part of this process, and although they did
not “invent” new templates for construction, they
performed their work in the knowledge that they
were using already-known styles to convey a sense
of innovation and modernity.
Con lo sguardo
all’Ottocento
With an Eye
on the 19th Century
Nel 1889 per l’oscillazione dei prezzi del carbone
e l’aumento continuo di richiesta di energia
elettrica si pensò a fonti di energia alternativa a
quelle fossili e ci si indirizzò allo sfruttamento di
una fonte puramente nazionale, quale appunto il
“carbone bianco” ricavabile dalle estese risorse
idriche della penisola. Tale energia, trasformata
da un alternatore accoppiato ad una turbina in
energia elettrica, veniva ricavata dal corso di fiumi
e di laghi grazie alla creazione di dighe e di
condotte forzate. I primi grandi interventi
idroelettrici furono, quindi, realizzati nelle regioni
dell’arco alpino, la zona più ricca di acque e di
forti dislivelli necessari per la conversione in
energia che sfruttando la potenza dei corsi
d’acqua tributari del Po, l’Adda e il Ticino
costituivano i luoghi per eccellenza per l’uso
elettrico.
Uno degli esempi più alti di architettura
industriale fu sicuramente la centrale idroelettrica
di Trezzo d’Adda considerata dal Secchi il
capolavoro dell’architettura delle centrali in cui si
In 1889, with the price of coal yo-yoing and
demand for electricity undergoing a boom,
thoughts turned to an alternative source of energy
to fossil fuels: Italy’s purely domestic fuel source
known as “white coal”, in other words the
country’s extensive water resources. Power was
generated from rivers and lakes by building dams
and sluices, using an alternator and a turbine to
convert water flow into electricity.
The first major hydroelectric projects were built in
Italy’s Alpine regions, the part of the country with
the greatest water resources and the altitude
differences necessary to exploit the power of the
tributaries of the River Po, Adda and Ticino for
electricity generation.
The Trezzo d’Adda hydroelectric plant was one of
Italy’s most impressive examples of industrial
architecture. Considered by Secchi to be the
masterpiece of power plant architecture, it
combined beauty, aesthetics, research and
technical innovation. Known as “La casa della
forza” [The House of Power], it was financed by
53
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
Pianta e facciata
della centrale
di Trezzo d’Adda,
1904-1905.
Plan and façade
of the Trezzo
d’Adda power
station, 1904-1905.
54
fondevano
bellezza ed
estetica,
ricerca e
innovazione
tecnica. La centrale, denominata “La casa della
forza”, fu voluta dall’imprenditore-conte Benigno
Crespi, che desiderava che la fabbrica da lui
impiantata fosse autonoma per
l’approvvigionamento di energia elettrica. Crespi
dopo aver presentato domanda di concessione di
sfruttamento delle acque nel 1900, costituì la
“Società Anonima per le Forze Idrauliche di
Trezzo sull’Adda Benigno Crespi”.
Successivamente, aumentò la capacità di
sfruttamento delle acque acquisendo, il 7
febbraio 1903, dai fratelli Rolla la concessione
con cui essi, attraverso un “naturale giro
d’acqua”, producevano energia per il loro vicino
opificio di tessitura fin dal 1892. La centrale,
sorta sotto il castello visconteo di Trezzo, fu
progettata dagli ingegneri Adolfo Covi e
Alessandro Taccani per le opere idrauliche e
tecniche, mentre la parte architettonica fu seguita
da Gaetano Moretti. Questi, che si era formato
alla Scuola Speciale dell’Accademia di Brera
diretta da Camillo Boito, nella sua produzione si
allontanò dalle leggi stilistiche del medievalismo
boitiano per aprirsi alle istanze del clima culturale
europeo con una personale elaborazione del
gusto, frutto di una vivida curiosità intellettuale
aperta alle innovazioni. Nella centrale, composta
aristocratic businessman Benigno Crespi, who
wanted his nearby factory to have its own
independent supply of electricity.
After applying for a licence to exploit these water
resources in 1900, Crespi established an ad hoc
company, the “Società Anonima per le Forze
Idrauliche di Trezzo sull’Adda Benigno Crespi”. He
increased his potential access to water resources
on 7 February 1903 by purchasing a licence from
the Rolla brothers that they had been exploiting
since 1892 to power their nearby weaving mill
using a “natural water spiral”. Crespi hired
engineers Adolfo Covi and Alessandro Taccani for
the plant’s technical and water-based works, and
Gaetano Moretti for its architectural design. The
plant was built beneath the Viscount’s castle at
Trezzo. Trained under Camillo Boito at the Scuola
Speciale dell’Accademia di Brera, Moretti moved
away from the mediaeval-inspired stylistic
approach preferred by Boito to embrace
inspiration from the European cultural climate,
following a personal approach that evolved from
his vivid intellectual curiosity for innovation.
Consisting of a castle-shaped building and two
lateral wings in a Liberty style, Moretti’s power
station highlighted its gigantic size and adopted
chiaroscuro effects without ever altering the
da un edificio che riprendeva le forme del castello
e da due ali laterali in stile Liberty, Moretti
accentuò gli elementi del gigantismo e gli effetti
chiaroscurali senza peraltro mai alterare il
contesto naturale ma non si risolse ad approdare
a nessuno stile riconoscibile. Nell’insieme
comparivano elementi di origine medioevali,
orientaleggianti, siriaci, motivi ispirati allo
Jugendstil dell’architetto viennese Otto Wagner
fusi in un unicum compositivo di straordinaria
qualità estetica, integrazione accentuata poi dalla
scelta di rivestire i muri con lastre di pietra locale:
il ceppo d’Adda o il ceppo di Grè denominato
scientificamente “puddinga”, quella roccia di
origine glaciale che caratterizzava il paesaggio del
fiume fino all’altezza di Trezzo. Alternanze ben
calibrate di pieni e di vuoti, contrapposizioni tra
superfici lisce e scabre, motivi orientaleggianti che
coronavano le parti angolari, finestre a feritoia
che richiamavano la cultura mesopotamica e
finestre graduate che invece riportavano a quella
indiana facevano del progetto del Moretti un
work in progress, un lavoro senza un limite
preordinato, ma con una trama e un disegno che
si andavano a comporre man mano, oscillando
tra rigore e fantasia poetica, tra magica sensibilità
natural context (and without adhering to any
recognizable style). It encompassed mediaeval,
Orientalesque and Syriac elements, along with
motifs inspired by Viennese architect Otto
Wagner’s Jugendstil, all of which merged into a
compositional unicum of extraordinary aesthetic
quality. The effect was heightened by the
architect’s decision to use local stone as facing for
the walls: Adda (or Grè) stone, known as
“puddinga”, a rock of glacial origin characteristic
to the countryside around the river as far down as
Trezzo.
Moretti’s design was very much a work in
progress. Eschewing any prior established goal, he
pieced together the story and overall look bit by
bit, fluctuating between rigour and poetic fantasy,
magical sensibility and space rationalization. In
what was something of a precursor to a protorationalist approach, he achieved a skilfullycalibrated alternation between solid and empty
spaces, combining smooth and rough surfaces,
oriental-styled motifs atop angular sections,
arrow-slit windows redolent of Ancient
Mesopotamia, and graduated windows that
harked back to Indian civilization. The power
station was a felicitous testimonial to the symbiotic
relationship between the
man who commissioned
the building and its
builder. The architect
interpreted the client’s
desire to preserve the
countryside and carefully
insert the building into
the surrounding context,
while at the same time
lauding the businessman
himself, spreading his
Veduta della centrale
di Trezzo d’Adda.
View of the Trezzo
d’Adda power station.
55
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
56
e razionalizzazione degli spazi, quasi in
un’anticipazione del linguaggio proto razionalista.
La centrale era la felice testimonianza del
rapporto simbiotico tra committente e costruttore
in cui il progettista si faceva interprete delle
istanze del committente volte a salvaguardare il
paesaggio con un rispettoso inserimento
dell’edificio nel contesto circostante e nel
contempo ne esaltava la figura di imprenditore
colto per diffonderne la fama e perpetuarne la
memoria in nome della diffusione dei valori di
identità e di coscienza civile.
Moretti fu anche l’artefice, nel 1906-1907, della
centrale di Piedimulera sull’Anza (Verbania) che si
caratterizzava anch’essa per la monumentalità e
per un’organica contaminazione di stili: dalla
tipologia del castello con il coronamento scalato
quasi a merli ai prodromi dello stile romanico
nella geometrica definizione delle facciate in
pietra locale disposta ad opus incertum, e
percorse da fasce orizzontali di laterizio a vista. In
questo edificio dalle influenze boitiane il
progettista riuscì a ben calibrare il rapporto
tra pieni e vuoti in modo da inserirlo
naturalmente nel paesaggio circostante.
Reminiscenze antiche sapientemente
rimodulate erano presenti anche nella
centrale di Vizzola, inaugurata il 9 ottobre
1901 e progettata dall’ingegnere Cesare
Cipolletti, che aveva proposto di utilizzare
due derivazioni d’acqua ad uso industriale
dai fiumi maggiori che delimitavano il
territorio milanese, l’Adda e il Ticino. La
centrale era caratterizzata
architettonicamente da una successione
di arcate che riprendeva il motivo
presente nel ponte-canale lungo 200
metri che costituiva, insieme al bacino di
raccolta e alle conche di navigazione, un
insieme imponente e grandioso che
renown and perpetuating his memory in the
service of disseminating the values of civil identity
and conscience.
In 1906-1907, Moretti designed the Piedimulera
sull’Anza power station (Verbania), another edifice
characterized by its monumental size and organic
stylistic cross-pollination. This time, he adopted a
castle-like base with a stepped upper section of
battlements, along with Romanesque stylistic
elements in the geometric definition of the
facades, which were made out of local stone in an
opus incertum arrangement, and horizontal strips
of open brick facing. His clearly Boito-inspired
building demonstrates the architect’s great skill in
managing the relationship between solid and
empty spaces, as he fitted them naturally into the
surrounding countryside.
Skilfully re-modulated nods to the past were also
in evidence at the Vizzola power station. Opened
on 9 October 1901, it was designed by engineer
Cesare Cipolletti, who deviated two water flows
Pianta del territorio in cui sorgerà
la centrale di Vizzola, 1897.
Map of the area where the Vizzola
power station was to be built, 1897
ricordava nel tema delle arcate gli antichi
acquedotti romani.
L’impatto emozionale dell’impianto sull’opinione
pubblica fu enorme, così infatti si leggeva sul
“Corriere della Sera” del 20 ottobre 1901: “Tutti i
colossali lavori, dalle chiuse alle prese d’acqua che
immettono nelle mostruose tubature nere
scendenti alle turbine, sono stati visitati con una
cura religiosa e un’attenzione che i profani non
possano comprendere. (...) È quasi con un senso
di terrore che si entra in quella che potrebbe dirsi
la galleria della morte. Sopra ogni macchina è
affisso un cartello che fa arretrare spaventati: Non
toccate! 11.000 volt e un grande teschio vi è
disegnato, simbolo per chi non sa leggere.
Allungare una mano significa rimanere fulminati.
Gli apparecchi di rame luccicante che ornano i
quadri dei commutatori, sono gli assassini in
agguato: ammazzano senza misericordia chi viene
al loro contatto!”. Nel 1937, poi, la centrale subì
for industrial use from the Adda and the Ticino,
the largest rivers in and around Milan.
Architecturally, the power station’s most evident
feature was a succession of arcades that continued
the motif of the 200m-long bridge-cum-canal.
Together with the reservoir and the navigational
locks, they formed a majestic and impressive
whole, and provided a reminder of arcades in
Ancient Roman aqueducts.
The plant had a huge emotional impact on the
public, as we may see from an article that
appeared in the “Corriere della Sera” on 20
October 1901: “All that colossal work, from the
weirs to the water intakes for the huge black tubes
leading down to the turbines, was visited with
religious care and awe that the uninitiated might
find hard to comprehend. A sense of terror
reigned over those who entered what they
thought might be a tunnel of death. Every
machine sported a sign that made people shrink
back in fear: Do not touch! 11,000 volts and a
huge skull completed the message in symbols for
those unable to read. Stretching out a hand would
ensure instant electrocution. The shiny copper
apparatus switch panel is an assassin laying in
ambush: it kills anybody who comes into contact
without mercy!”
The power plant underwent a major upgrade in
1937. The present-day structure was built by
Giovanni Muzio for the Società Lombarda per la
Distribuzione di Energia Elettrica. The generating
building, sluices and offtake canal were all
refurbished at that time. Engineers Giulio Gentile
and Riccardo Noeli Rinaldi were responsible for the
waterworks side of the project for the S.L.D.E.
company. Mr Muzio was designed a plant where
functionality went hand-in-hand with aesthetics,
while at the same time integrating his additions
into previous buildings. The finished product won
57
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
58
Centrale
di Vizzola Ticino
Fronte principale
del progetto
definitivo
di Giovanni Muzio,
1927.
un sostanziale rifacimento con la costruzione
dell’attuale struttura ad opera di Giovanni Muzio,
per conto della Società Lombarda per la
Distribuzione di Energia Elettrica. Il lavoro di
rifacimento interessò sia la centrale che le
condotte e il canale derivatore. Per la parte
idraulica il progetto fu affidato agli ingegneri
Giulio Gentile e Riccardo Noeli Rinaldi sempre
della S.L.D.E, mentre il Muzio fu incaricato di
redigere il progetto di un complesso dove la
funzionalità si sposasse con l’estetica, per
inglobare in modo organico i preesistenti edifici. Il
risultato finale fu decantato nella rivista “Rassegna
d’Architettura” del dicembre del 1940 in cui si
rendeva omaggio all’abilità tecnica e al coraggio
innovativo dei progettisti “così distanti dalle nostre
abitudini correnti per novità e grandiosità di
respiro”28. Muzio aveva progettato una grande
aula centrale caratterizzata da una sequenza di
aperture a tutta altezza e da una finestratura
continua manovrata elettricamente per consentire
la fuoriuscita dell’aria di raffreddamento, che
correva in alto lungo tutto il perimetro del
ballatoio che sovrastava le turbine, un organismo
in cui il discorso funzionale ben si inseriva in un
contesto estetico di alto profilo.
praise in the December 1940 issue of the
“Rassegna d’Architettura” magazine, which
particularly lauded the designers’ technical
prowess and groundbreaking courage “so far from
our present-day habits in terms of innovation and
the breadth of their grand ambitions.”28
Muzio designed a large central hall whose
standout feature was a sequence of full-height
openings and a line of windows actioned
electrically to allow the air used for cooling to
escape; the system ran all the way along the
perimeter of the balustrade above the turbines,
combining function with an extremely impressive
aesthetic backdrop.
Tra il Veneto e il Friuli
In the Veneto and Friuli Regions
Il primo decennio del Novecento fu un periodo
molto fecondo per la costruzione delle centrali
idroelettriche che sorsero non solo in Lombardia,
Piemonte e Valle d’Aosta, ma anche in altre
regioni che offrivano ricche sorgenti per lo
sfruttamento dell’energia.
In Veneto, l’11 giugno del 1900, fu costituita la
Società Italiana per l’Utilizzazione delle Forze
Idrauliche del Veneto, la prima vera e propria
The first decade of the 20th century was a
particularly fruitful time for hydroelectric plant
construction not just in Lombardy, Piedmont and
Valle d’Aosta, but in other Italian regions suited to
exploiting the power-generating potential of
water.
The Società Italiana per l’Utilizzazione delle Forze
Idrauliche del Veneto was founded in Veneto on
11 June 1900. The first true Venice-based
The Vizzola
Ticino power
station.
The main façade
in Giovanni Muzio’s
final plan,
1927.
compagnia veneziana operante nel settore
idroelettrico, che prese il nome di “Cellina” dalla
vallata friulana in cui sorse il primo impianto, la
centrale Antonio Pitter. Questo edificio si
caratterizzava per la semplicità delle forme
rispondendo a una precisa volontà architettonica
di definizione dello spazio, e si articolava secondo
un gusto oscillante tra il rinascimentale e il
romanico, infatti la facciata era scandita da
semplici finestroni ad arco a tutto sesto inseriti tra
lesene che ricordavano i palazzi fiorentini del
Rinascimento, ma nella parte superiore la
successione di archetti pensili e trifore riportavano
al Romanico lombardo, un gusto frutto
probabilmente del rapporto di amicizia che legava
il padre del progettista Aristide Zenari a Camillo
Boito. Sicuramente un edificio imponente che
ben esprimeva la solidità e la capacità
imprenditoriale dei gruppi che componevano il
consiglio di amministrazione della società:
aristocrazia, proprietà terriera, imprenditoria e
finanza locale e nazionale. Ma nel contempo
l’edificio era strutturato in modo da rispondere
anche alle esigenze degli operai infatti Zenari, un
idealista sensibile alle condizioni abitative dei
lavoratori, progettò gli alloggi dei dipendenti in
una struttura ad andamento concentrico che si
articolava intorno ad un atrio coperto da un
company to operate in the hydroelectric industry
committee soon became known as “Cellina”,
after the name of the valley in Friuli where it
built its first plant, the Antonio Pitter Power
Station. The building’s simple form was the
result of a clear architectural desire to define
space, adopting a style that ranged between the
Renaissance and the Romanesque: the facade
consisted of tall, simple, round-arched windows
set between pilasters redolent of a Florentine
Renaissance palazzo. Above that, a succession of
hanging arches and triple lancet windows
harked back to the Lombard Romanesque. This
approach was almost certainly a reflection of the
friendship between the building designer
Aristide Zenari’s father and Camillo Boito.
The imposing building successfully expressed the
solidity and business acumen of the industrial
groups that had a seat on the company’s Board of
Directors: aristocrats, landowners, and local and
national businessmen and financiers. The building
was also designed to cater to workers’ needs. An
idealist who cared about his workers’ living
conditions, Aristide Zenari designed living quarters
for the workers in a concentrically-arranged
building around a foyer covered by a glass and iron
skylight, which let in a vast amount of light, and in
so doing improved working conditions.
59
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
lucernaio di ferro e vetro da cui la luce,
inondando l’interno, creava condizioni di lavoro
più piacevoli.
La produzione elettrica del Veneto si basava
anche sul sistema del Piave-Santa Croce, che
snodandosi per ben 1.840 km, presentava nove
centrali realizzate dalla SADE, Società Adriatica di
Elettricità, e progettate dall’ingegnere Vincenzo
Ferniani dal 1911 al 1926. Le centrali che
utilizzavano le acque del Piave facendole derivare
attraverso il lago di Santa Croce, erano quelle di
Fadalto, Nove, S. Floriano, Castelletto e Caneva
che esibivano la più avanzata tecnologia nella
produzione meccanica e ingegneristica
dell’epoca.
60
Dall’impianto di Fadalto l’acqua era scaricata nel
lago Morto per poi scendere, attraverso una
galleria scavata nel materiale sciolto della morena
glaciale, alla centrale di Basso Nove entrata in
funzione nel 1915. Nel 1923, alla presenza di
Mussolini e del ministro dei Lavori pubblici, fu
inaugurata la nuova centrale di Fadalto e nel
1925 quella di Nove nuova sulle sponde del lago
Restello. In queste centrali il Ferniani, ispirandosi
al Basile e al Calderini nel definire le pareti laterali
con una successione di arcate
intervallate da lesene e spartite
da trifore trabeate con volute
terminali sormontate da piccole
finestre quadrate, diede
all’impianto un’impronta
monumentale di stampo
manierista, tali influenze gli
derivavano probabilmente dalla
contiguità con l’ingegnere
Augusto Koch, figlio del grande
Centrale di Fadalto (Treviso)
della Società adriatica
di elettricità, 1914-1926.
Fadalto power station (Treviso),
which belonged to the Società
adriatica di elettricità, 1914-1926.
Veduta
della
centrale
di Caneva.
View of the
Caneva
power
station.
Electricity generation in Veneto also leveraged
the Piave-Santa Croce system, which over its vast
1840 km length saw construction of nine power
stations designed by engineer Vincenzo Ferniani
between 1911 and 1926 for the Società
Adriatica di Elettricità company (SADE). The
power stations at Fadalto, Nove, S. Floriano,
Castelletto and Caneva – boasting the most
advanced mechanical and engineering
generating technology of the day – all drew
water from the Piave thanks to derivations via
Lake Santa Croce.
Water from the Fadalto discharged into Lago
Morto and then, through a tunnel dug through
glacial moraine melt, reached the Basso Nove
power plant, which went into operation in
1915. In 1923, Mussolini and the Minister of
Public Works inaugurated the new power
station at Fadalto. A new power station at Nove,
on the banks of Lake Restello, was inaugurated
in 1925. Drawing inspiration from Basile and
Calderini for the sidewalls, a succession of
arcades separated by pilasters, along with
trabeated triple lancet windows with terminal
volutes crowned by small square windows,
esponente del purismo classicista romano
Gaetano Koch, anche se mitigate da pregiate
raffinatezze di stile Decò.
Nei progetti di queste centrali, innovative per
l’impiego di calcestruzzo e cemento armato,
l’ingegnere ebbe modo di esercitare anche la sua
propensione per l’architettura. Infatti, per ragioni
di economia nei primi tempi non si avvalse di
disegnatori, e in seguito volle egli stesso
supervisionare ogni particolare architettonico
dell’esterno e dell’interno, compresi gli arredi,
compiacendo e assecondando in tal modo i
desideri del committente, la Società Adriatica che
voleva esprimere in questi edifici la raggiunta
potenza economica tale da competere con la
cultura architettonica espressa da Gaetano
Moretti per i Crespi a Trezzo D’Adda e da Piero
Portaluppi per Ettore Conti a Verampio.
Negli interni Ferniani ricorse a elementi di grande
valenza decorativa soprattutto a Nove, dove
utilizzò lo stucco avorio per i rivestimenti,
decorazioni con motivi simbolici alludenti
all’elettricità nel ballatoio del carro ponte, lampade
Ferniani gave his plant a Mannerist and
monumental aspect. His influences may be
sought in contiguity with engineer Augusto
Koch, the son of the great Roman classical
purist Gaetano Koch, even if mitigated by a
refined version of deco-style elegance.
The blueprints for these power stations were
groundbreaking in their use of concrete and
reinforced cement. The engineer was also able to
deploy his architectural skills. For economic
reasons, no draughtsmen were initially involved in
the project. Later on, Mr Ferniani was keen to
oversee every architectural detail inside and out,
including the furnishings. This was partly at the
behest of his client Società Adriatica, which was
keen to express the economic power the company
had achieved through this building, and to
compete with the architectural heights scaled by
Gaetano Moretti for the Crespis at Trezzo D’Adda,
and by Piero Portaluppi for Ettore Conti at
Verampio.
Ferniani used elements of great decorative
impact in his interiors. This was particularly true
61
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
Sala macchine della
centrale
di Soverzene
“Achille Gaggia”.
in ferro battuto con vetri di Murano, una grande
vetrata a piombo realizzata sempre da artigiani
muranesi, il tutto nel segno di un’eleganza e di
una sobrietà, tratti distintivi della società
committente che voleva trasmettere in tal modo
un messaggio di solidità non disgiunta da
ricercatezza.
62
Sempre Ferniani progettò, nel 1927, la centrale di
Caneva (Pordenone) contraddistinta da un
carattere decisamente monumentale per il
susseguirsi di un doppio ordine di trifore
architravate incorniciate da possenti colonne
manieriste con capitelli ionici, e sormontate da
pronunciati timpani.
Nel 1938 si dedicò ad un altro tipo di impianto, la
“centrale in caverna” di Ponte Gardena sul fiume
Isarco, la cui energia era trasportata a Bolzano e a
Merano. La centrale scavata nella roccia si rendeva
evidente all’esterno solo attraverso un ingresso
monumentale e l’alta torre che ospitava i
trasformatori per le linee elettriche. Intorno si
raccoglievano le case degli operai, e il centro
direzionale, tutti edifici in stile razionalista che
furono progettati dall’architetto Duilio Torres che
articolò spazi semplici e rigorosi, aperti
all’elemento naturale, organizzati da elementari
incastri di piani e scanditi dall’alternarsi di superfici
candide e ampie zone vetrate. L’ingresso
monumentale era caratterizzato da un grande
portale di granito violaceo dell’Alto Adige,
inquadrato tra alte muraglie di trachite euganea
giallo-rosa che per la lavorazione a punta si
amalgamavano perfettamente con le rocce
circostanti, e a coronamento si ergeva una grande
statua equestre di Mussolini, intitolata “Il genio
del Fascismo”, realizzata in precedenza dallo
scultore Gori per conto della società Montecatini
per essere collocata nel Padiglione italiano
nell’Esposizione Universale di Parigi del 1937.
at Nove, where he employed ivory-coloured
plaster for wall coverings, decorations with
symbolic motifs alluding to electricity in the
balustrade along the overhead travelling crane,
wrought iron lamps with Murano glass, and a
large leaded window also fashioned by craftsmen
from Murano. The whole interior was
characterized by elegance and sobriety, hallmarks
of a client keen to convey a message of solidity
and refinement.
In 1927, Ferniani designed the power station at
Caneva (Pordenone). A truly monumental design,
it sported a double row of architraved triple lancet
windows between massive Mannerist columns
with ionic capitals, the whole edifice crowned by
massive tympanums.
In 1938, he tried his hand at another kind of
plant, a “cavern-based power station” at Ponte
Gardena, on the River Isarco, to generate energy
for Bolzano and Merano. Dug into the rock, the
only external sign of the power station was a
monumental entrance and a tall tower to house
the power line transformers. Workers’
accommodation and managerial offices in
rationalist-style buildings designed by architect
Duilio Torres completed the installation in a series
of simple, strict spaces open to the natural
elements, arranged in simply-linked levels and
cadenced by alternating light-coloured surfaces
and broad glassed-in areas.
The monumental entrance featured a huge purple
Alto Adige granite stone gate, set within the high
yellowy-pink Euganean trachyte walls, in a finish
that blended perfectly with the surrounding rocks.
The whole edifice was topped by a large
equestrian statue of Mussolini bearing the legend
“The Genius of Fascism”, a work made previously
by sculptor Gori on behalf of the Montecatini
company and originally displayed at the Italian
Machine room
at the “Achille
Gaggia” power
station in Soverzene.
Questa scultura fu poi
distrutta da una bomba
degli altoatesini. Torres
si occupò anche degli
interni della centrale
curando ogni singolo
particolare dagli infissi
alle ringhiere, ai
rivestimenti delle pareti
e del soffitto, e per
alleggerire il senso
claustrofobico dovuto
all’interramento utilizzò colori rasserenanti come
l’azzurro, il colore del cielo, per il mosaico vetroso
del soffitto e materiali lussuosi come il marmo
porfido per rivestire le pareti in corrispondenza dei
sostegni del carro-ponte e il travertino nelle zone
intermedie, oltre a un mosaico ceramico per il
pavimento.29
Un grande affresco
L’idea di sfruttare l’energia del sistema dell’Alto
Piave, Boite, Maè in Cadore, nata alla fine
dell’Ottocento, dalle imprese locali, dal Comune di
Venezia e da società come Idroelettrica Dolomite e
Idrauliche Alto Cadore, prevedeva la presenza nel
territorio comunale di Soverzene in provincia di
Belluno di un grande impianto in caverna
comprendente la centrale idroelettrica intitolata ad
Pavilion for the 1937
Paris
Universal
Exposition. A number
of years later, the
people of Alto Adige
blew this sculpture up.
Torres
was
also
responsible for the
power plant’s interior.
He was involved in
every single detail,
from the fittings to the
balustrades
and
cladding for the walls
and
ceiling.
To
counteract a sense of
claustrophobia due to
the fact that the
building was located
below ground, he used
calming colours like sky blue for a glass mosaic
on the ceiling, and luxurious materials like
porphyry marble to line the walls at the level of
the movable overhead crane, as well as travertine
in the middle area and a ceramic mosaic on the
floor.29
A Great Fresco
The idea of using the Alto Piave/Boite/Maè
system in Cadore to generate power was first
pursued by local firms, the City of Venice and
companies like Idroelettrica Dolomite and
Idrauliche Alto Cadore. The plan envisaged a
large cavern-based installation in the municipal
territory of Soverzene, in the Province of
Belluno, which would house a hydroelectric
power station named in honour of Achille
63
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
64
Achille Gaggia, uno dei “padri” della società
SADE che l’aveva commissionata. Realizzata nel
1951 su progetto di Giuseppe Mignozzi per la
parte edilizia, di Carlo Semenza per la parte
idraulica, e di Mario Mainardis per quella elettrica,
la centrale era considerata l’impianto pilota della
rete SADE, capace di intervenire rapidamente sugli
altri in risposta alle variazioni di carico di utenza, e
coronava le grandiose opere di sbarramento
costruite dalla società nel secondo dopoguerra
lungo il corso del Piave e dei suoi maggiori
affluenti. Per questa centrale Carlo Pradella e
Alessandro Alessandri, ingegneri dell’impresa
veneziana, SACAIM, sperimentarono per la prima
volta l’uso del cemento armato precompresso
nelle tubazioni delle condotte forzate. Nella
centrale la soluzione di collocare in caverna le sale
macchine e quelle di trasformazione, fu adottata
per motivi bellici e per ragioni economiche onde
ridurre i costi. Le parti esterne della centrale erano
sistemate su un vasto piazzale con gli uffici situati
a gradoni lungo il terrapieno ricavato dall’impiego
del materiale di scavo, e in un’esedra con 12
nicchie, alternate a pilastri-colonne, erano posti gli
isolatori terminali dei cavi elettrici in uscita.
L’insieme, sebbene fosse caratterizzato da un
razionalismo funzionalista, sembrava riprodurre le
sembianze “di un tempio, dedicato alle segrete
divinità dei monti e delle acque”. Nella centrale si
pose particolare cura alla parte decorativa come si
legge in una rivista dell’epoca “così da intonare gli
edifici esterni al suggestivo paesaggio circostante
e raggiungere (...) l’impressione di entrare in un
grande salone illuminato dall’esterno”30. Infatti
nella sala macchine interrata, un locale di 18 metri
di altezza in cui erano collocate le turbine, la volta
era decorata con un affresco di Walter Resentera,
pittore feltrino affermatosi anche come esperto
grafico di manifesti pubblicitari, che lo realizzò nel
Gaggia, one of the “fathers” of the SADE
company
that
was
responsible
for
commissioning it. Built in 1951 to a design by
Giuseppe Mignozzi (buildings), Carlo Semenza
(waterworks) and Mario Mainardis (electrical
works), the power plant was a pilot installation
for the SADE network. It was designed to go
into operation quickly to cater to variations in
demand for power, and completed the vast
damming project deployed by the company
after the Second World War along the Piave
River and its major tributaries.
At this power station, for the first time two
engineers from Venice-based company SACAIM –
Carlo Pradella and Alessandro Alessandri – used
pre-stressed concrete for tubing on the
pressurized sluices. The idea of locating the
machine and conversion halls in a cavern was
adopted for war- and cost- related reasons. The
external parts of the power station were arranged
around a vast open area. Offices were located on
a stepped embankment made out of excavated
rock. The terminal insulators for the outwardbound electrical cables were housed in twelve
niches around an exedra, where they alternated
with pilastered columns.
Although it was characterized by a functionalist
rationalism, the ensemble presented the
appearance of “a temple dedicated to the secret
divinities of the mountains and waters.” Special
care was lavished on its decoration. According to a
magazine from the time, this was “to ensure that
the external buildings were the same colour as the
stunning surrounding countryside, giving an…
impression of entering into a huge living room lit
up from outside.”30
The 18m-tall underground machine hall housed
the turbines. Its ceiling was decorated with a
1953 fresco by Walter Resentera, a painter from
1953. Questo affresco che rappresentava
l’allegoria del genio umano vincitore sulla forza
bruta e soggetti inerenti il tema dell’elettricità, fu
molto apprezzato dalla critica che evidenziava
l’importanza dell’arte figurativa in un contesto
industriale per migliorare le condizioni lavorative
degli operai che operavano sottoterra: “Tale
effetto è stato raggiunto con i grandi finestroni,
illuminati con luce artificiale di tonalità simile alla
luce solare e decorando il soffitto della centrale
con un indovinato simulacro di capriate delimitanti
un grande cerchio centrale e ampi scomparti
rettangolari tinteggiati in azzurro, a toni
decrescenti, attraverso i quali si ha l’impressione di
intravvedere il cielo e dai quali si staccano gruppi
di figure allegoriche, che danno al soffitto una
tonalità tiepolesca. Tale imponente affresco è
dovuto all’iniziativa artistica e al pennello di Walter
Resentera”31.
Resentera dipinse anche l’affresco della sala
macchine di un’altra centrale, quella di
Somplago, in cui ripercorrendo la storia del Friuli,
Feltro who first rose to prominence as a graphic
designer of advertising posters. Resentera’s fresco
portrayed an allegory of human genius
overcoming brute force, complemented by
electricity-related subject matter. The fresco
received high praise from critics, who pointed out
how important figurative art was in an industrial
context as a way of improving working conditions
for the workers toiling underground. “He has
achieved this effect by using huge windows lit up
by man-made light wholly similar to daylight, and
through decorations on the power station’s
ceiling with a perfect image of roofing around a
large central circle and big rectangular
compartments painted sky blue, the tone
darkening as it descends to give an impression of
glimpsing the sky, and he has incorporated groups
of allegorical figures that lend the ceiling a touch
of Tiepolo. This impressive fresco is the artistic
brainchild of Walter Resentera.”31
Resentera went on to paint a fresco for the
machine hall of another power station,
65
L’affresco della
sala macchine
della centrale
di Soverzene
dipinto da
Walter Resentera.
Fresco painted
by Walter
Resentera in the
machine room
at the Soverzene
power station.
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
Centrale di Crego
(Novara), 1918.
Crego power
station (Novara), 1918.
66
utilizzò grandi pannelli retroilluminati che
avevano la funzione di simulare delle finestre per
rendere l’ambiente meno claustrofobico per gli
addetti al lavoro.
Somplago, in which he depicted the history of
Friuli in huge backlit panels that simulated
windows and made the environment feel less
claustrophobic.
La consapevolezza
del genius loci
Awareness
of Genius Loci
Molti furono gli architetti che nel primo decennio
del secolo seppero coniugare tradizione e
innovazione nel segno della modernità come Ugo
Monneret de Villard, un eclettico intellettuale
sempre attento alla difesa di un’estetica fondata
sul genius loci, autore della Centrale di Varzo
(1910) nei pressi di Domodossola. In questa
centrale il progettista si rifece a un linguaggio
formale di stampo boitiano, con torri
neomedioevali e un rivestimento esterno
realizzato a bugnato con la pietra del luogo
nell’ottica di recuperare le tradizioni e gli usi
locali; l’imponente mole dell’edificio che
presentava una copertura a padiglione con
tronchi in legno squadrato, muratura a conci
regolari e contorni delle grandi finestre in pietra
grigia non alterava la simmetria dei luoghi, e per
le sue connotazioni stilistiche faceva esplicito
riferimento alla volontà dei committenti di
trasmettere un
messaggio di sicurezza e
di attenzione alla qualità
del luogo di lavoro.
In the first decade of the twentieth century, in the
name of modernity a number of architects
successfully amalgamated tradition and
innovation. One such architect was Ugo
Monneret de Villard. An eclectic intellectual
always ready to defend an aesthetic founded
upon genius loci, he was the architect of the
power station at Varzo (1910), not far from
Domodossola. At this power station, he adopted
a formal style influenced by Boito featuring neomediaeval towers and rusticated external cladding
made out of local stone as he strove to fit in with
local traditions and customs. The impressive bulk
of the building had a pavilion-style roof with
squared off tree trunks, regular masonry, and a
grey-coloured stone surround for the large
windows that did nothing to undermine the
symmetry of the place. His stylistic references
referred explicitly to the client’s desire to convey a
sensation of safety and
an attentiveness to
quality in the workplace.
Architect Piero Portaluppi
(1888-1967) was a
sensitive exponent of
“beauty” applied to
generating stations. He
was also concerned
with the surrounding
countryside.
Piero Portaluppi,
centrale
di Molare
(Alessandria), 1920.
Piero Portaluppi,
Molare power
station
(Alessandria), 1920.
Un interprete
sensibile delle
istanze di
“bellezza”
applicata alle
centrali e nel
contempo di
attenzione al
dato
paesaggistico fu l’architetto Piero Portaluppi
(1888-1967) che diede inizio nel 1913 e fino al
1927 ad un percorso puntato sul tema elettrico
realizzando in Val d’Ossola un sistema integrato
di centrali e di costruzioni. Allievo di Camillo
Boito e Gaetano Moretti, dopo una iniziale
tendenza medievalista e post-secessionista, iniziò
la collaborazione con le Imprese Elettriche Conti
per conto delle quali progettò un gran numero di
centrali idroelettriche, ispirate ai più diversi stili
fino al limite della bizzarria. Eclettico e
discontinuo, portato all’ironia e allo scetticismo, a
partire dagli anni Venti sviluppò un personale
approccio all’idea della modernità, dimostrando
una divertita e distaccata conoscenza del lessico
delle avanguardie europee, avvicinandosi
progressivamente all’esperienza razionalista con
una chiave di lettura attenta ai valori decorativi
che durante il suo lungo sodalizio con il senatore
Ettore Conti, suo suocero e proprietario
dell’omonima società elettrica, poté felicemente
applicare nell’organizzare spazi perfettamente
aderenti a quella ritualità codificata della
rappresentazione del capitale industriale e
dell’innovazione tecnologica. Tra le numerose
centrali idroelettriche progettate in Val d’Ossola,
Valle Antigorio e Val Formazza ricordiamo
Verampio, Crego, Baceno, Valdo, Sottofrua,
Crevoladossola Cadarese che furono i centri di
Between 1913 and 1927, he worked on electricity
installations, building an integrated system of
power stations and associated construction work
in Val d’Ossola.
Portaluppi studied under Camillo Boito and
Gaetano Moretti. After an initial medievalist and
post-secessionist period he began working with
Imprese Elettriche Conti, for which he designed
many hydroelectric plants inspired by a wide variety
of styles, some of which bordered on the bizarre.
Eclectic, prone to style-hopping and given to irony
and scepticism, from the 1920s onwards Portaluppi
developed his own personal approach to the idea
of modernity, demonstrating an amused and
detached awareness of the lexicon of European
avant-garde movements as he gradually drew
closer and closer to rationalist experiments. He
adopted a focused approach to decorative values
which, during his long working relationship with
Senator Ettore Conti – his father-in-law and owner
of the electricity company of the same name – he
felicitously applied to the arrangement of space,
fitting in perfectly with codified rituals concerning
the portrayal of industrial capital and technological
innovation.
He went on to design many hydroelectric plants in
Val d’Ossola, Valle Antigorio and Val Formazza,
most notably at Verampio, Crego, Baceno, Valdo,
Sottofrua, Crevoladossola and Cadarese, which
67
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
Disegno acquerellato
della centrale
di Verampio, progetto
dell’architetto
Piero Portaluppi.
Water colour drawing
of the Verampio power
station, designed
by architect Piero
Portaluppi.
68
questa “città elettrica diffusa”. Una “città” dal
volto mutevole, ecletticamente oscillante tra il
romanico, il gotico flamboyant e il cinese, ma
resa unitaria dalla maniera lieve e dall’ironica
“sprezzatura” che accomunava tutti i suoi
progetti.
“Grandi discussioni con Piero Portaluppi
sull’architettura da adottare per la Centrale di
Verampio. (…) voglio che [essa], anche
esteriormente, affermi lo spirito che mi ha
animato nella mia impresa. Naturalmente non
dobbiamo legarci ad uno stile di epoche
trascorse; neanche mi piacerebbe uno di quegli
edifici oggi di moda, la cui semplicità di linea e
preziosità di materiali male si addicono alla
caratteristica dignità della valle: il materiale deve
essere assolutamente locale, e non solo per
ragioni di economia; dunque granito e beole,
niente cotto e niente marmi. (…) Comunque
sono sicuro che l’agile ingegno di Portaluppi
saprà interpretare i miei desideri e concretarli in
modo perfetto”32. Così l’ingegnere Ettore Conti
esprimeva il suo desiderio di realizzare centrali
non solo efficienti, ma anche rischiarate da un
“lume di bellezza” affidandosi a un giovane
architetto brillante e creativo, il Portaluppi che nel
progettare le centrali giocava con le forme e con i
were the main hubs of this “open-air
city of electricity”. The “city” had a
multifarious appearance, fluctuating
eclectically between the Romanesque, flamboyant
Gothic and Chinese. It was, however, united by the
light-handed approach and ironic sprezzatura of
all of his projects.
Engineer Ettore Conti said, “I have had long
debates with Piero Portaluppi about the
architectural approach for the Verampio power
plant… I want [it] from the outside to assert the
spirit that has driven me in my business.
Naturally, we must not tie ourselves up in a style
from some bygone age; nor would I like one of
those buildings so fashionable nowadays, the
ones whose simplicity of line and preciousness of
material would chime poorly with the valley’s
characteristic dignity. Materials must rigourously
be local, and not just for cost-based reasons;
that means granite and gneiss, certainly no
terracotta or marble. I have no doubt
whatsoever that Portaluppi’s agile mind will be
able to interpret my desires and turn them into
perfect reality.”32
Conti wanted to build power stations that were
not only efficient but bathed in a “glow of
beauty”. He entrusted his vision to a brilliant and
creative young architect, a man whose designs for
power stations toyed with forms and colours,
materials and different ways to employ them,
colori, con i materiali e con le loro diverse
lavorazioni, con gli stili del passato e con le più
aggiornate tendenze moderne, in un sovrapporsi
di soluzioni in cui affermava sempre un tratto
personale, attingendo a piene mani dall’Art
Noveau, dallo Jugendstil, ma anche dal
Medioevo, dal Rinascimento e dal Neoclassicismo
e lungi dal compiere semplici rifacimenti in stile,
con sapiente regia smontava e rimontava gli
elementi storici generando un’originale
architettura.
Nella scelta dei materiali Portaluppi, seguendo le
indicazioni di Conti, si orientò verso le pietre
locali utilizzando marmi e graniti ossolani anche
per l’apparato decorativo. Infatti, nella prima
centrale realizzata, quella di Verampio del 1907, il
severo rivestimento bugnato era in serizzo e
granito bianco, che conferiva alla centrale
l’aspetto di un fortilizio, un castello turrito neoromanico, che rimaneggiava un partito
medioevaleggiante di stampo boitiano: torri
loggiate, bifore, targhe in forma di scudo, finte
caditoie e balconi su beccatelli che sembravano
quasi delle bertesche, decorazioni litiche
trovavano posto sulle
facciate di questo
imponente “castello
elettrico” che nelle
intenzioni di Conti “nella
collana dei miei impianti,
Computo estimativo
del progetto esecutivo
per l’ampliamento
dell’impianto
idroelettrico
di Verampio, 1940.
Estimated
calculations from
the final planto
enlarge the Verampio
hydroelectric
plant, 1940.
styles from the past and the latest modern trends
– overlapping solutions in which his personal
approach always shone through. Portaluppi
plundered art nouveau and Jugendstil, and the
Mediaeval, Renaissance and Neoclassicism into the
bargain. Far from merely recycling these styles, he
intelligently disassembled and reassembled historic
elements to create an original architectural
approach.
In his choice of materials, Portaluppi followed
Conti’s indications and plumped for local stone,
using marble and granite from Ossola for the
decorative elements. In the first of his power
stations, built at Verampio in 1907, stark
rusticated cladding in gneiss and white granite
gives the power station the appearance of a
small fort or a Neo-Romanesque turretted
castle. In a new interpretation of a Boito-style
medieval-inspired score, Portaluppi favoured
porticoed towers, two-light mullioned
windows, shield-shaped plaques, fake
machicolations and bartizan-like balconies on
corbels. Lithic decorations adorned the façades
of this impressive “electric castle” which Conti
69
deve costituire la gemma migliore”. All’interno la
sala macchine era decorata con dipinti floreali
sulle pareti, nei sottarchi, nei profili delle finestre
e con motivi geometrici nel pavimento e nel ferro
battuto delle appliques.
Per questo progetto, la cui realizzazione andò dal
1912 al 1917, come è annotato nel Registro dei
lavori dello studio Portaluppi, furono necessarie
4.458 ore di lavoro ed esso fu pagato 24.000 lire,
mentre per la centrale di Arlia, altro impianto da
lui realizzato, il compenso fu di 5.000 lire.33
Portaluppi configurava le centrali come veri e propri
templi dell’avanguardia industriale, giungendo
spesso a soluzioni surreali come nella centrale di
Crego del 1921, affacciata sul Toce e in cui la
conformazione del luogo, a ridosso di una ripida
roccia “in granito e scisti cristallini” ispirò
sicuramente l’architetto che realizzò il fabbricato in
muratura di pietra con pietre levigate o appena
sbozzate, granito e serizzo, con dentellature e spigoli
appuntiti, tanto che l’edificio più che costruito,
sembrava essere “tirato fuori” a colpi di piccone
dalla montagna che incombeva alle sue spalle.
Nella centrale di Valdo e nell’annessa casa per il
direttore, Portaluppi ricorse a un apparato
decorativo decisamente più “rustico”, in cui
venivano sempre messe in risalto tutte le
potenzialità dei materiali locali con intonaci a
graffito, grandi travi di legno a vista, carpenterie
ornamentali che richiamavano il repertorio del
pittoresco montano, ma con improvvisi guizzi di
modernità, talvolta leggermente surreale.
Nelle prospettive allegate alla documentazione
grafica della centrale di Crevola Toce (1923)
Portaluppi immaginò un’allegoria del villaggio
elettrico con l’officina che si trasformava in una
pagoda, ornata con esotiche torrette, e la fucina
che diventava una casetta da fiaba, e la sala
operativa un chiostro, ma si era ormai lontani da
commissioned to be “the greatest jewel in my
crown of installations”. The machine hall was
decorated with floral paintings on its walls, on
the underside of its arches and along the
window fittings. Geometric motifs featured on
the floors and wrought iron sconces. Building
work continued from 1912 to 1917, as may be
seen from the Portaluppi Practice works ledger,
which records 4,458 hours of work for a fee of
24,000 lire. Portaluppi earned 5,000 lire for the
power plant at Arlia, on which he also
worked.33
Portaluppi built his power stations as veritable
temples to the industrial avant-garde, often
employing surreal solutions like the one he used at
the Crego power station in 1921, on the River
Toce. Sheltered by steep rock “in granite and
crystalline schist”, the location most certainly
inspired the architect: he designed stone masonry
buildings made out of polished and slightly roughhewn granite and gneiss, their edges sharp and
perforated, to the point that rather than seeming
like they were built, the buildings looked like they
had been hewn with a pickaxe from the mountain
behind.
For the Valdo power station and the nearby
manager’s house, Portaluppi plumped for a
decidedly “rustic” decorative scheme, once again
making the most of local materials by employing
scratched plaster, huge open-plan wooden beams,
and ornamental carpentry harking back to a
picturesque mountain repertoire, with occasional
incursions of modernity that in places look surreal.
In the perspectives attached to blueprints for the
Crevola Toce power station (1923), Portaluppi
imagines an allegory of an electric village,
transforming the workshop into a pagoda
decorated with exotic little towers, the forge into a
fairytale cottage, and the operations hall a cloister.
71
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
72
Preventivo per la fornitura
di apparecchiature
per la centrale di Ponale
inviato dall’Ansaldo
al Consorzio industriale
della città di Rovereto
e Riva, ottobre 1926.
quella iniziale necessità, di cui parlava Conti di
una felice integrazione tra edificio ed ambiente
circostante, anche se poi nella centrale di
Cadarese (1925) le forme ironiche e i profili
bizzarri furono in grado di trasformare la staticità
della roccia in soluzioni decisamente moderne, in
una continua allusione al moto guizzante
dell’energia.
By this time, he has travelled a long way from Conti’s
initial desire for a felicitous integration between the
building and the surrounding environment. That
said, the ironic forms and offbeat profiles that he
used for his power station at Cadarese (1925) were
capable of transforming the static nature of the rock
into a decidedly modern solution, hinting at the
darting nature of power itself.
Come una scenografia
Like a Stage Set
A Giancarlo Maroni, allievo all’Accademia di
Brera di Gaetano Moretti, nel 1926 fu
commissionato dal Consorzio Industriale dei
Comuni di Rovereto e Riva del Garda dietro
suggerimento di Gabriele D’Annunzio, il
progetto della centrale del Ponale a Riva del
Garda, che, tra le opere presenti sul territorio
trentino, fu quella che in modo maggiore
rivendicava una propria, specifica autonomia
architettonica. L’impianto fu realizzato dagli
ingegneri Edoardo Model per la parte idraulica e
Francesco Tomazzolli per la parte
elettromeccanica e da Maroni per la parte
architettonica. Quest’ultimo, che era stato il
progettista del Vittoriale di Gabriele D’Annunzio,
ebbe un ruolo importante nella vicenda della
centrale da lui definita
“Idraula”, optando per un
disegno dalle asciutte fisionomie
novecentiste e per una
scansione volumetrica che dava
al complesso una forte
connotazione monumentale in
un dialogo continuo con il lago
e l’adiacente nucleo urbano di
Riva del Garda. L’architetto,
uniformandosi quasi
In 1926, at Gabriele D’Annunzio’s suggestion, the
Consorzio Industriale dei Comuni di Rovereto e
Riva del Garda commissioned Giancarlo Maroni –
a graduate of the Accademia di Brera under
Gaetano Moretti – to design a power station at
Ponale a Riva del Garda.
Of all Trentino Region power stations, this one
had the greatest claim to its own specific
architectural autonomy. Engineer Edoardo
Model was in charge of the waterworks,
Francesco Tomazzolli the electromechanical
works, and Maroni responsible for the
architecture. The architect of the Vittoriale for
Gabriele D’Annunzio, Maroni played an
important role in the genesis of a power
station that he himself referred to as “Idraula”,
opting for a blueprint with a
clear-cut 1900s look and a
volumetric cadence that gave
the
complex
a
truly
monumental
connotation,
while engaging in an ongoing
Articolo dedicato
all’impianto di Ponale.
Da “L’Energia Elettrica”,
febbraio 1926.
Article about the Ponale
power station. From
“L’Energia Elettrica”,
February 1926.
Estimate for providing
equipment to the Ponale
power station,
sent by Ansaldo
to the Consorzio Industriale
della Città di Rovereto
e Riva, October 1926.
interamente all’ideologia estetica di
D’Annunzio,34 realizzò una struttura altamente
scenografica, con una forte ridondanza e
ripetitività di elementi architettonici classici, ma
con spunti del nascente proto-razionalismo
europeo. Infatti, egli aveva assimilato
nell’ambiente milanese quel gusto nuovo di
trasformazione e di vitalità, anche se ancora
memore delle suggestioni secessioniste viennesi,
che oscillava tra l’eclettismo di Gaetano Moretti,
il medievalismo di Giulio Ulisse Arata e le
elaborazioni visionarie di Antonio Sant’Elia.
L’inaugurazione della centrale fu un evento
eccezionale che comparve su tutti i maggiori
giornali dell’epoca, così ne “Il Popolo di Roma”
del 19 marzo1928: “Il 18 marzo 1928 una volata
di mine abbatte il diaframma che separa le acque
del lago dall’imbocco della galleria. (...) A metà
mattinata, l’idrovolante di Gabriele d’Annunzio si
posa sulle acque del lago (...) il poeta si dirige al
tavolo sul quale è posto il congegno di
accensione delle mine. Pronuncia un breve
discorso, ‘Dio ci assista signori. Comandante
accendete la mina!’ preme un tasto e subito un
boato attutito dall’acqua fa tremare le rocce
soprastanti e il suolo circostante (…) la Centrale
di riva può iniziare la sua attività”35.
La centrale posta in uno stretto lembo di terra
tra il versante del Ponale e il lago, in diretta
continuità con l’abitato, era caratterizzata da un
dialogue with the lake and the adjacent urban
settlement of Riva del Garda.
Almost wholly espousing D’Annunzio’s aesthetic
ideology,34 the architect produced a striking structure
that featured a plethora of redundant and repetitive
classic architectural elements, leavened with
references to a nascent European proto-rationalism.
Indeed, while living in Milan, Maroni had assimilated
the emerging taste for transformation and vitality,
even if he remained in part influenced by Viennese
secessionist tendencies, fluctuating between
Gaetano Moretti’s eclecticism, Giulio Ulisse Arata’s
Mediaevalism and Antonio Sant’Elia’s visionary
evolutions.
The official opening of this power station was a
major event, warranting coverage in all of the
most important newspapers of the day. On 19
March 1928, “Il Popolo di Roma” wrote: “On 18
March 1928, a volley of mines broke through the
diaphragm that separated the waters of the lake
from the entrance to the gallery... Mid-way
through the morning, Gabriele d’Annunzio’s
seaplane landed on the waters of the lake. The
poet made his way over to the table on which the
mine blast trigger device sat. D’Annunzio made a
brief speech: ‘May God help us, ladies and
gentlemen. Commander, trigger the mine!’ He
pressed a button and immediately a watermuffled roar sent a trembling shock through the
rocks overhead and the surrounding ground...
73
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
andamento asimmetrico condizionato dalla
morfologia del luogo per cui i principali corpi di
fabbrica si articolavano su quote differenti,
ridisegnando attentamente il fronte lago
attraverso l’arretramento in verticale dei volumi
e mediante l’adozione del sistema pilastro-arco.
Per evidenziare la struttura e le superfici delle
diverse Maroni parti ricorse ad una
differenziazione plastica e coloristica dei volumi
che ben si integravano con il paesaggio
circostante in virtù della scelta del rivestimento
in pietra locale, il corno di Bò di colore grigio e
per l’uso di intonaci ocra e rosati che
permettevano una fusione-mimetizzazione con
la natura adiacente.
74
Così Fortunato Depero descriveva la centrale nel
1932: “Imponente e silenziosa mole. Alte pareti
giallo oro, rossigne, basamento grigio. (…)
Architettura moderna e classica nello stesso
tempo”36.
La facciata della sala delle turbine era
caratterizzata da un’iscrizione dannunziana:
“Hoc opus / Hic labor est / Et aedibus in mediis /
Numen Aquarum”, su cui si stagliava un
imponente bassorilievo raffigurante “Il numen
aquarum” opera dello scultore Silvio Zaniboni, il
cui stile era caratterizzato da un tono di
elegante e prezioso classicismo intriso di sapore
decò. In questa centrale progettata con
parametri puramente funzionali emergeva
tuttavia il valore estetico dell’opera di
ingegneria, e anche gli interni riflettevano la
grandiosità dell’esterno. Una vicenda, quella
dell’impianto idroelettrico del Ponale, di respiro
internazionale come dimostra una lettera,
sempre di Depero, del 1928 in cui il pittore
comunicava l’orgoglio di rappresentare
il Trentino a New York con i progetti
dell’impianto.
The Riva power station may begin its
operations.”35
Located on a narrow spit of land between the
shore at Ponale and the lake, directly abutting
the built-up area, the power station’s
asymmetric design mirrored the morphology of
its location. Its main buildings sat on different
levels, carefully hugging the lakefront, its
volumes rising vertically the further they were
from the lake in a system of pilasters and arches.
To highlight the structure and the surface areas
of its various parts, Maroni differentiated the
various buildings by shape and colour, all the
while integrating them successfully into the
surrounding countryside. He achieved this by
using local stone cladding – grey “corno di Bò”
stone – alongside ochre and pink-tinged plaster
to blend in with surrounding nature.
Fortunato Depero described the power station in
1932 as: “An impressive and silent bulk. Tall walls in
yellow-gold, reddish, a grey base…. Architecture at
one and the same time modern and classic.”13
An inscription from D’Annunzio adorned the
turbine hall facade: “Hoc opus / Hic labor est /
Et aedibus in mediis / Numen Aquarum”,
alongside a huge bas relief, “Il numen
aquarum”, and a sculptural work by sculptor
Silvio Zaniboni in a style characterized by
elegant, precious classicism imbued with deco
nuances. Although it had been designed with
purely functional parameters, this power
station conveyed the aesthetic value of the
engineering works as a whole, while its interior
reflected the grandeur of its exterior. The
hydroelectric plant at Ponale earned
international recognition. In 1928, Depero
wrote a letter expressing his pride at presenting
the Trentino region in New York through the
blueprints for the plant.
Tra classicismo
e funzionalismo
Between Classicism
and Functionalism
Tra il 1915 e il 1916 si evidenziava un quadro
distributivo dell’industria elettrica estremamente
articolato in zone morfologicamente diverse: si
andava dal gruppo toscano, umbro e romano sul
versante mediterraneo con centrali
esclusivamente idroelettriche sulla Nera e sul
Velino, al gruppo marchigiano e abruzzese, la cui
produzione delle centrali del Pescara era dirottata
a Napoli, sul versante adriatico. In Umbria e nel
Lazio vennero progettate centrali particolarmente
interessanti perché testimonianza del diverso
approccio nei confronti del dibattuto problema
dell’estetica applicata all’architettura industriale
di due esponenti di spicco del panorama
culturale dell’epoca: Cesare Bazzani e Gaetano
Minnucci. Nella centrale di Galleto sul fiume
Nera, entrata in funzione nel 1928, Bazzani si
In 1915/16, the distribution framework for Italy’s
electricity industry was highly fragmented into
morphologically-diverse areas. There was one
group in Tuscany, Umbria and Rome along the
Mediterranean, where the only hydroelectric
plants were on the Nera and Velino; another was
in the Marches and Abruzzo, on the Adriatic, even
though output at the Pescara plants was diverted
to Naples.
The power plants designed for Umbria and Lazio
were particularly interesting as they demonstrated
different approaches to the much-debated issue of
aesthetics as applied to architectural industry by
two leading figures in the cultural panorama of
the day: Cesare Bazzani and Gaetano Minnucci.
At the Galleto power station on the River Nera,
which began operations in 1928, Bazzani stuck
to the brief
given to him by
his client, Società
Terni. Drawing
Veduta aerea
dell’impianto
del Pescara,
secondo salto.
Aerial view
of the Pescara
installation,
second drop.
75
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
76
fece interprete delle istanze rappresentative della
committenza, la Società Terni, rifacendosi a un
repertorio classico monumentale, espressione di
un rassicurante tradizionalismo intriso di
eclettismo, e attraverso un tratto magniloquente,
fastoso e scenografico trasferì in opera l’idea
romantica dell’arte come prodotto
dell’individualità nazionale. La centrale di Galleto
è l’evidente testimonianza di quanto Bazzani
tendesse a nascondere l’aspetto funzionale
dell’impianto produttivo sottolineandone invece
il carattere sacro di tempio della tecnica con il
ricorso ad una struttura monumentale cadenzata
da una successione di semicolonne di ordine
gigante che scandivano ritmicamente la facciata.
L’edificio, definito “ciclopico”, prevedeva delle
sculture alludenti alla forza bruta e alla forza
domata che avrebbero potuto alleggerirne le
masse, ma esse non furono mai realizzate per
problemi economici così come, sempre per
ragioni economiche, non fu utilizzato
dappertutto il travertino che venne sostituito
dall’intonaco trattato a imitazione del marmo
probabilmente per una reminiscenza classica del
primo stile della pittura romana.
on a monumental classic repertoire, he came up
with an expression of reassuring traditionalism
imbued with eclecticism in a magniloquent,
sumptuous and scenographic approach that lent
the work the romantic ideal of art as a product
of national individuality. Galleto power station is
a clear demonstration of Bazzani’s approach, in
which he conceals the generating plant’s
functional aspect and, on the contrary,
emphasizes its sacred nature as a temple of
technology in a monumental structure cadenced
by a succession of giant half-columns running
rhythmically along its façade. A true giant, the
building was conceived to house sculptures
alluding to brute force and tamed force, which
would have added some lightness to its bulk.
However, owing to financial constraints, these
figures were never realized. This same reason
explains why travertine was not used
throughout; plaster was preferred, treated to
look like marble for its classical overtones and as
an allusion to early Roman painting.
The power stations Minnucci designed after the
Second World War were completely different.
Through functionalism, the architect was keen to
highlight
the
buildings’ industrial
use, and yet his
design skills based
on
construction
science
and
Pianta
della centrale
di Galleto, 1931.
Plan of the
Galleto power
station, 1931.
La centrale di Galleto
sul fiume Nera.
The Galleto power station
on the River Nera.
Di tutta altra
impostazione la
configurazione
delle centrali
realizzate da
Minnucci nel
secondo
dopoguerra. In
esse l’architetto
volle evidenziare
attraverso il
funzionalismo la
destinazione
industriale degli edifici, ma nella sua esperienza
progettuale che si basava sulla scienza delle
costruzioni e sulla conoscenza dei nuovi materiali
che il mercato offriva, riuscì a fondere
sapientemente estetica e tecnologia, tecnica e
funzionalità, in una perfetta integrazione tra
forma e struttura. A distanza di vent’anni dal suo
saggio “L’architettura e l’estetica degli edifici
industriali” egli ribadiva gli stessi principi per cui
gli edifici industriali dovevano essere progettati
“armonizzando i rapporti tra forma e possibilità
tecniche e tra forma ed esigenze pratiche”37.
La centrale di Castel Giubileo rappresentava in pieno
il suo pensiero, anche per l’uso dei materiali nuovi:
l’acciaio resistente per le cabine di comando e le
passerelle aeree, il vetrocemento trasparente per le
pareti che contenevano i gruppi di turbine Kaplan, il
calcestruzzo armato vigoroso per i piloni e
l’impalcato stradale, l’alluminio leggero per i
serramenti e le coperture. Nell’insieme la centrale
risultava una grande infrastruttura trattata come
knowledge of new materials on the market
allowed him to cleverly blend aesthetics and
technology, technique and functionality, in what
proved to be a perfect integration of form and
structure. He reiterated the same principles
expressed twenty years earlier in his essay
“L’architettura e l’estetica degli edifici industriali”,
in which he states that industrial buildings should
be designed by “harmonizing relations between
form and technical possibility, between form and
practical need.”37
The Castel Giubileo power station perfectly
represented his approach, including how he used
new materials: resistant steel for the control
cabin and aerial walkways, transparent concreteframed glass blocks for the walls that housed the
Kaplan turbine generators, sturdy reinforced
concrete for the pylons and road deck, and
lightweight aluminium for the windows, doors
and roofing. The whole power station was a
major piece of infrastructure treated like a work
77
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
Schizzo
di Gaetano Minnucci
per la centrale
di Nazzano.
Gaetano Minnucci’s
sketch for the
Nazzano power
station.
un’opera d’ arte: opera
di un’arte dell’esattezza
tessuta, come aveva
scritto Minnucci stesso,
“su di una trama esclusivamente tecnica, basata sulla
scienza delle costruzioni e sulla conoscenza delle
infinite materie che la natura e l’industria offrono”38.
78
Le centrali
nel Mezzogiorno
Nelle regioni meridionali la Campania si collocava
al primo posto per la produzione energetica con
le società del gruppo Sme che impiegavano
prevalentemente forza idraulica, al secondo posto
la Sicilia i cui primi impianti idroelettrici furono
realizzati sul Cassibile e sull’Alcantara tra il 1908
e il 1910. La Sardegna, invece, presentava una
produzione modesta che faceva riferimento a
impianti termici con la Società Elettrica Sarda e la
Società per Imprese Idrauliche Elettriche del Tirso.
La Sme, Società Meridionale di Elettricità, fondata
nel 1899 aveva iniziato la produzione con lo
sfruttamento di un piccolo fiume salernitano, il
Tusciano, che serviva la zona a sud di Napoli fino a
Torre Annunziata, e del Lete allargandosi poi
gradualmente ma costantemente, per emanciparsi
da un ambito geografico ristretto e affrontare la
gestione dell’industria elettrica in tutto il
of art: woven precisely, as Minnucci himself
wrote, “on an exclusively technical weft, based
on the science of construction and knowledge of
the infinite materials offered by nature and
industry.”38
Power Stations
in the South of Italy
The biggest power-generating region in Italy’s
southern regions was Campania, where the SME
group focused mainly on hydro power. The
second largest was Sicily, where hydroelectric
plants were built on the Cassibile and Alcantara
between 1908 and 1910. The modest output
achieved in Sardinia came from thermal plants
run by the Società Elettrica Sarda and the Società
per Imprese Idrauliche Elettriche del Tirso.
Founded in 1899, the Società Meridionale di
Elettricità (SME) first started generating electricity
on the Tusciano, a small river near Salerno, to
serve the area south of Naples as far as Torre
Annunziata. It expanded onto the River Lete, and
then gradually and constantly extended its
operations out of this closely-delimited
Mezzogiorno fino ad arrivare, nel 1915, a occupare
una posizione verticistica nella classifica delle
maggiori venti società elettro-commerciali italiane.
Nel programma di “elettrificazione meridionale”
della Sme, rientravano anche i progetti della Società
per le Forze idrauliche della Sila, allo scopo di
intervenire nel vasto bacino della Sila per utilizzarne
le imponenti potenzialità idroelettriche, individuate
con lungimiranza dall’ingegnere milanese Angelo
Omodeo, uno dei massimi esperti in Europa di
costruzioni idrauliche e idroelettriche.
Approfittando delle disposizioni della Legge 11
Luglio 1913 n° 985, già utilizzata per l’impianto del
Tirso in Sardegna, le Forze Idrauliche della Sila
ottennero la concessione dello Stato per la
costruzione e l’esercizio per sessant’anni di un
complesso sistema elettro-irriguo di dighe e serbatoi
artificiali che avrebbe consentito la trasformazione
agricola e industriale di un vastissimo comprensorio
calabro, pugliese e lucano. La regia dell’iniziativa
rimase saldamente nelle mani del gruppo dirigente
della Sme, in particolare di Maurizio Capuano nella
prima fase e successivamente del suo più stretto
Relazione
dell’ingegnere De Nitto
sugli impianti
del Matese trasmessa
da Angelo Omodeo
ad Alberto Beneduce,
1920.
A report by
engineer De Nitto
on Matese
installations,
sent by Angelo
Omodeo to Alberto
Beneduce, 1920.
geographical area to run electricity plants
throughout Southern Italy. By 1915, it held a
leading position in the league table of Italy’s
twenty largest electricity sales companies. SME’s
project
for
“southern
electrification”
encompassed plans by the Società per le Forze
idrauliche della Sila for work on the huge Sila
river basin to exploit its enormous hydroelectric
potential, which had spotted years earlier by
Milanese engineer Angelo Omodeo, one of
Europe’s top hydraulic and hydroelectric
construction experts.
Taking advantage of the provisions enshrined in
Law no. 985 dated 11 July 1913 (as it had already
done for the Tirso plant in Sardinia), Forze
Idrauliche della Sila obtained a concession from the
State to build and run a complex electrical/irrigation
system of dams and artificial reservoirs for a sixtyyear period, which would have transformed
farming and industry over a vast swathe of
Calabria, Puglia and Lucania. Senior management
at SME – first Maurizio Capuano and then his close
confidante Giuseppe Cenzato, who from 1928 to
79
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
collaboratore, Giuseppe Cenzato, che dal 1928 e
fino al 1956 mantenne le redini della Società
Meridionale. Gli impianti della Sila comprendevano i
laghi artificiali di Ampollino, di Orichella e di Arvo e
le relative centrali idroelettriche di Orichella,
Timpagrande e Calusia, i cui lavori iniziarono negli
anni Venti e furono terminati e inaugurati a distanza
di quasi dieci anni dal principe Umberto.
Furono creati edifici, piani inclinati, condotte forzate,
teleferiche, nel massimo rispetto per la natura
circostante, secondo le direttive dell’architetto che le
aveva progettate, Giovanni Muzio. La centrale di
Orichella entrò in esercizio nel 1929, nel 1931
quelle di Timpagrande e nel 1932 quella di Calusia.
Queste ultime si differenziavano architettonicamente
in quanto Timpagrande faceva ancora riferimento a
80
La centrale di Timpagrande, in Sila, costruita
dalla Società meridionale di elettricità e dalla Società
per le forze idrauliche della Sila, 1931. A destra,
il progetto dell’edificio dei motori realizzato
da Angelo Omodeo, 1925.
The Timpagrande power station on the Sila,
built by the Società Meridionale
di Elettricità and by the Società per le Forze
Idrauliche della Sila, 1931. Right, Angelo Omodeo’s
plan of the engine building, 1925.
1956 ran Società Meridionale – held this project
dear for a long time. The Sila installations included
man-made lakes at Ampollino, Orichella and Arvo,
along with associated hydroelectric plants at
Orichella, Timpagrande and Calusia. Work began
on these in the 1920s; they were not officially
opened until a decade later by Prince Umberto.
Buildings, inclined slopes, pressurized sluices and
cableways were built with the greatest possible
consideration for the surrounding nature, as per
the brief issued by the architect who oversaw the
project, Giovanni Muzio. Orichella power station
began operating in 1929; Timpagrande in 1931;
and Calusia in 1932. Architecturally, there were
significant differences between these power
th
stations: Timpagrande was redolent of a 19
century style of clear Boitoian inspiration; Calusia
th
already demonstrated 20 century rigour. Giovanni
Muzio’s style had its fans and critics. Some
considered him to be “impudent” and overly bold;
others, for example Piacentini, praised him for his
simplicity, for “his approximately unassuming and
uno stile di stampo ottocentesco di chiara matrice
boitiana, mentre quella di Calusia era già
impregnata di rigore novecentesco. Lo stile di
Giovanni Muzio era stato variamente interpretato:
da alcuni ritenuto “sfacciato” e troppo audace, da
altri come il Piacentini lodato per la semplicità e per
“il fare approssimativamente dimesso e
democratico”. “Era una via simile a quella percorsa
dagli Adam e da altri architetti inglesi nella seconda
metà del Settecento, mescolando Palladio e Piranesi,
grazia decorativa e dignità antica, fantasia e
ragione. Non escluderemmo nemmeno, che anche
qualche soluzione alla Ledoux potesse aver influito
sul Muzio”39.
Gio Ponti:
elogio dell’elettricità
Un impianto energetico costituiva, sicuramente, un
elemento estraneo al paesaggio per cui esso
democratic way of proceeding”; “he beat a path
similar to the Adams and other English architects
th
in the latter half of the 18 century, blending
Palladio with Piranesi, decorative grace with oldfashioned dignity, and fantasy with reason. We
may not even rule out that one or two of Muzio’s
solutions were inspired by Ledoux.”39
Gio Ponti:
an Elegy to Electricity
There can be no doubt that a power plant is an
extraneous element in the countryside in which it
is meant to “become a natural part”. Edoardo
Gellner notes, “The countryside is not just
unspoiled nature, it is also the work of man who
in this environment has taken his place,
transforming it and creating a new look for the
countryside, conjuring up an altered and
humanized version of it.”40 Between the end of
81
I gioielli dell’architettura
Architectural gems
82
doveva “naturalizzarsi” perché, come dichiarava
Edoardo Gellner, “Il paesaggio non è solo l’intatta
natura, ma anche l’opera dell’uomo che in questo
ambiente si è inserita, trasformandolo e creando al
paesaggio un nuovo volto, realizzando insomma
un paesaggio costruito e umanizzato”40 e quando
tra il secondo dopoguerra e gli anni Cinquanta
uomini come Enrico Mattei e Alcide De Gasperi,
con grande lungimiranza ebbero la consapevolezza
che il fattore energetico sarebbe stato ancora di
importanza vitale per garantire il progresso del
Paese, si accentuò ancor di più il problema
dell’impatto ambientale, e architetti come Giovanni
Muzio, Gio Ponti ed Emilio Lancia, riuscirono a farsi
carico del problema e ad integrare le loro
costruzioni alla realtà dei luoghi come elementi
imprescindibili del paesaggio stesso.
Realizzarono così opere caratterizzate da una
chiarezza costruttiva e da una semplificazione
linguistica che passava attraverso elementi classici
nel recupero del “permanente” rispetto al
“caduco”, e nella rivalutazione della tradizione
rispetto ai “primitivismi” e alle “bizzarrie”.
Gio Ponti fu attivo in due cantieri idroelettrici
trentini, quelli di Cimego (1954) e di Santa
Giustina, e nella
relativa diga che fu
progettata nel 1946
e conclusa nel 1951
dall’ingegnere
Claudio Marcello
caratterizzata da
una forma ad arco
che con gli oltre
150 metri di altezza
risultava la più alta
d’Europa. Il
progetto
preliminare della
centrale di Cimego
the Second World War and the 1950s, far-sighted
men like Enrico Mattei and Alcide De Gasperi
realized that power would be of vital importance
to ensuring the advancement of Italy. The issue of
environmental impact became even more
important. Architects such as Giovanni Muzio, Gio
Ponti and Emilio Lancia succeeded in handling the
issue by integrating their constructions into the
existing reality of their locations, as vital elements
of the countryside itself.
The works they built were characterized by clarity of
construction and stylistic simplification. They adopted
classical elements and focused on the “permanent”
rather than the “fleeting”, making the most of
tradition rather than “primitivism and bizarreness”.
Gio Ponti worked on two hydroelectric building
projects in Trentino – at Cimego (1954) and Santa
Giustina – and on the associated dam that
engineer Claudio Marcello designed in 1946 and
completed in 1951, which sported a bow-shaped
form and, at more than 150m high, was the
highest dam in Europe. The Ponti, Fornaroli and
Rosselli practice’s preliminary design for the
power station at Cimego envisaged a large
transparent organism cadenced by a series of
dello studio Ponti, Fornaroli, Rosselli, prevedeva un
grande organismo trasparente, cadenzato da una
serie di setti verticali e anticipato da un volume più
piccolo, disposto su palafitte e provvisto delle
tipiche mascherature, o schermi appesi. Nel
rapporto tra forma e funzione la centrale di
Cimego traduceva il nuovo corso nell’essenzialità
del disegno, fatto di chiare superfici e di
distribuzione attenta delle vetrate per introdurre
l’elemento luce. In virtù di uno stretto e fiduciario
rapporto con i suoi committenti, soprattutto la
Edison di Milano, l’architetto milanese riuscì ad
articolare un discorso coerente, in termini di
proposizione di architettura nel paesaggio, e a
compilare una sorta di catalogo architettonico di
nuove forme per la montagna dove la decorazione
risultava assente, le superfici si presentavano lisce e
piane, e i volumi si inserivano sempre ben
delineabili ma senza forzature nel paesaggio.
Discorso ben visibile nella centrale elettrica Edison
del Noce, a Santa Giustina, che fu la prima delle
sei centrali elettriche Edison progettate dallo Studio
Ponti e costruite nelle province di Trento, Sondrio e
Cuneo dal 1952 al 1956.
Per Ponti gli edifici delle centrali dovevano essere
seven verticals, in front of a smaller volume built
on piles and typified by masking or hanging
screens.
The Cimego power station was the harbinger of a
new essentialism of design, forging a new
relationship between form and function: clear
surfaces and a meticulous distribution of glassedin areas to introduce the element of light. Given
the close, trusting relationship he had with his
clients, particularly with the Milan-based Edison
company, the Milan-based architect managed to
maintain a coherent approach in terms of
embedding his architecture into the landscape,
while at the same time compiling a sort of
architectural catalogue of new shapes for a
mountainscape, in which decoration was absent,
the surfaces were flat and clean, and his volumes
were clearly outlined without ever compromising
the landscape. This approach was clearly in
evidence at Noce Edison power station, located at
Santa Giustina and the first of the six Edison
electricity generating plants designed by the Ponti
practice and built in the provinces of Trento,
Sondrio and Cuneo between 1952 and 1956.
For Ponti, it was important that the structure of his
power station
buildings was
not
cumbersome
either in size or
presence.
Corrispondenza
inerente studi
e progetti
per i particolari
interni della centrale
di Porto della Torre,
anni Cinquanta.
Correspondence
on research
and plans for the
interior detailsat the
Porto della Torre
power station,
nineteen fifties.
83
strutture non ingombranti né per dimensioni né
per presenza. Architetture luminose che dovevano
rendere visibile l’elemento invisibile dell’energia
così come Ponti la descriveva: “silenziosa, dà moto
e forza, dà luce, dà calore, giunge pertanto da
enormi lontananze, ove si genera e si trasforma in
parchi con apparecchiature complicatissime; si
estende dappertutto con i suoi fili esili e mortali”41.
Ponti described his light-filled architecture as
being conceived to render an invisible element –
energy – visible: “Silently, it provides motion and
force; it offers light, it gives heat, it arrives over
enormous distances to be generated and
transformed in parks of highly complicated
equipment; it travels everywhere through
slender, mortal wires.”41
Il pensiero e l’opera di Ponti si possono riassumere
nel motto “l’architettura è fatta per guardarla”42 e
ad esso si attenne quando gli fu affidata la
decorazione degli arredi interni della centrale
idroelettrica di Porto Della Torre in provincia di
Varese, costruita tra il 1952 ed il 1955. In questo
progetto Ponti si avvalse della collaborazione
dell’architetto Pozzi a cui dava precise indicazioni:
“Non un ambiente che contenga uno (o più)
elementi così detti decorativi ma un ambiente che
ha nella sua totalità un’espressione (...) non
debbono esserci eccessivi colori, l’interno deve
risultare vivace ma forte e di gran dignità, non
‘elegante’”. Ponti propose di utilizzare una
verniciatura trasparente e opaca. senza lisciatura
delle pareti e delle travi del soffitto, una coloritura
dei solai dei soffitti con effetti luminosi, una
coloritura della gru, un pavimento scelto in
relazione all’effetto generale prodotto dalle varie
tinte e un fondale efficace e intenso nella parete di
fondo. Tale opera fu affidata allo scultore Romano
Rui che realizzò un grande pannello in ferro
riproducente nelle forme stilizzate di un grafico di
flussi il sistema idrico del fiume Ticino. Per
quest’opera Rui ricevette un compenso di 550.000
lire, mentre per gli arredi interni, cornici, stampe e
pavimenti alla “palladiana” affidati alla cura
dell’architetto Pozzi il compenso fu di 250.000 lire,
e sempre Pozzi ricevette 693.000 lire per le
lampade dell’illuminazione esterna. I lavori della
sala furono ultimati alla fine del 1955.43
Ponti’s philosophy and works may be summed
up by the phrase “architecture is made to be
looked at”.42 He stuck to this credo when he was
commissioned to decorate the interior of the
hydroelectric plant at Porto Della Torre, in the
province of Varese, which was built between
1952 and 1955. Ponti worked with another
architect, Mr Pozzi, on this project, to whom he
gave specific instructions: “Not an environment
that contains one (or more) so-called decorative
elements, but an environment whose totality is
an expression... No excessive colours, the
interior must be lively but strong and show
great dignity rather than be ‘elegant’.” Ponti
proposed using clear, opaque varnish,
unpolished, on the walls and ceiling beams; a
shade of colour for the ceiling lofts to benefit
from a light-enhancing effect; a shade of colour
for the crane; a floor chosen depending upon
the overall effect of its various constituent
shades, and an effective and intense back wall.
Sculptor Romano Rui landed this job and crafted
a large iron panel which, in stylized form,
reproduced a graphic version of how the water
in the Ticino River valley system flowed. Rui was
paid 550,000 lire for this commission. Architect
Pozzi, who was in charge of the interior
furnishings, cornices, prints and Palladian-style
flooring, was paid 250,000 lire, plus 693,000
lire for the external lamps. Work on the hall was
completed towards the end of 1955.43
85
Grandi artisti,
cartoline
e manifesti.
Verso la modernità
Alla fine dell’Ottocento l’Europa tutta è pervasa da
un’ondata di entusiasmo e ottimismo per le
prospettive dello sviluppo industriale e per le
ultime innovazioni scientifiche e tecnologiche che
si preparano a cambiare la vita e il volto delle città.
Tra queste in particolare quella della luce elettrica
che, con le sue molteplici possibilità di impiego,
comporta un grande passo avanti per lo sviluppo
industriale, sociale e civile, apportando notevoli
benefici allo standard di vita, modificando la
sensibilità e la percezione della realtà e portando
a cambiamenti di rotta anche in campo estetico
86
Top Tier Artists,
Postcards
and Posters.
Towards Modernity
th
By the end of the 19 century, a wave of
enthusiasm and optimism was sweeping through
Europe, triggered by the prospects of industrial
development and the latest scientific and
technological advances that were poised to
change people’s lives and the cities they lived in.
Of these, electric lighting offered so many
potential fields of application that it marked a
huge leap forward for industrial, social and civil
advancement. Electric lighting notably boosted
living standards and greatly changed people’s
sensitivity and perception of reality; it also led to
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
88
con nuove “esplorazioni”
artistiche.
La concezione della luce è
sempre stata un tema di
straordinario interesse per gli
artisti, variato e aggiornato nei
secoli entro le differenti teorie
in dipendenza, più o meno
diretta, del pensiero filosofico,
religioso e scientifico.
Nel momento in cui alla luce
naturale o a quella delle lampade
a petrolio e a gas si aggiunge la
nuova forma di illuminazione, si
aprono prospettive diverse di
rappresentazione e la luce elettrica
viene spesso ad essere protagonista nei lavori degli
artisti. Con essa infatti nasce una nuova realtà da
scoprire e da rappresentare, è l’oscuro mondo della
notte che si illumina alla luce dei lampioni, delle
vetrine e dei caffè che ravvivano le strade e i viali.
È il tema dell’animazione notturna della città che
diventa motivo di interesse anche per gli artisti
impressionisti. Infatti, intorno agli anni Novanta
dell’Ottocento, in una visione notturna del “Boulevard
Montmartre”, Camille Pissarro e Claude Monet,
fortemente interessati agli effetti della luce artificiale,
ne avevano rappresentato i diversi aspetti e Pissarro
così scriveva: “Sono lieto di poter dipingere le strade
parigine che la gente è arrivata a descrivere come
brutte, ma che sono invece così argentee, così
luminose e piene di vita (...) questa è la modernità!”44.
Nuove strategie
per comunicare
Tra la fine del XIX secolo e i primi del Novecento
la borghesia celebra le invenzioni e i progressi
Pagina di un calendario
di propaganda sull’elettricità
e i suoi usi domestici
realizzato dall’Intal
(L’Information Technique
en Alsace et en Lorraine),
Francia 1937.
Page from a promotional
calendar about electricity
and its domestic uses,
published by Intal
(L’Information Technique
en Alsace et en Lorraine),
France 1937.
a step change in aesthetics and
prompted new artistic
“explorations”.
The very concept of light has
always been of extraordinary interest to artists.
The concept has changed and developed over the
centuries as theories moved forwards, more or
less in tandem with philosophical, religious and
scientific thought.
When this new form of lighting joined daylight
and light made by oil and gas lamps, new
horizons opened up for representation and
electric light suddenly became a vital
component of artists’ practices. It spawned a
new reality to be discovered and depicted, as
the dark world of night was lit up by
streetlamps, shop windows and cafes,
enlivening the streets and boulevards.
Impressionist artists in particular were besotted
by topic of city nightlife. Indeed, in the 1890s,
Camille Pissarro and Claude Monet were
fascinated by the effects of artificial light; they
painted night views of “Boulevard
Montmartre”. Pissarro wrote: “I am happy to be
able to paint the Paris streets that people
describe as so ugly when in fact they are all
silvered, so lit up and full of life… This truly is
modernity!”44
della tecnica affrontando la vita con uno spirito
spensierato e positivo, ha scoperto il piacere di
uscire, di recarsi nei caffè, di assistere a
spettacoli teatrali e le vie cittadine sono piene di
eleganti magazzini con vetrine e merci di ogni
tipo. Questo modo di affrontare la vita, la
varietà dei prodotti offerti e l’aumento della
produzione crearono una nuova mentalità e una
vera e propria società di consumatori. La grande
concorrenza fra imprenditori impose, di
conseguenza, una maggiore informazione per
gli acquirenti e nuove strategie per comunicare a
un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo
anche le nuove conquiste del progresso come
l’energia elettrica che rappresentava, con le sue
applicazioni, l’assoluta novità dell’epoca per cui
fu posta al centro dell’attenzione pubblicitaria.
La pubblicità aveva ormai assunto un ruolo
centrale nella vita commerciale, i creativi
pubblicitari più abili non erano solo artisti ma
anche abili comunicatori. Sulla scorta delle tante
applicazioni dell’energia elettrica si diffusero
numerosi mezzi di comunicazione visiva che
ampliarono il campo di sperimentazione artistica.
Calendari, agende, ventagli, francobolli, cartoline
e cartoncini per gli auguri di Natale esprimevano
Cartolina
realizzata
in occasione
dell’inaugurazione
della luce elettrica
nella città
di Frascati, 1901.
Postcard
printed to mark
the inauguration
of electric
lighting
in the town
of Frascati, 1901.
New Strategies for
Communication
th
Between the end of the 19 century and the
th
beginning of the 20 century, the middle class
celebrated technical inventions and progress and
viewed life from a positive, happy-go-lucky
standpoint. They discovered the pleasures of
going out, frequenting cafes and taking in shows
at the theatre; the city streets became thronged
with elegant stores, shop windows and items of
every kind. This approach to life, the growing
variety of products on offer and increased output
led to a new mentality and the beginnings of our
consumer society. Intensified competition
between businesses made more information
available to buyers and promoted new strategies
for communication with an increasingly broad
and heterogeneous audience. The new triumph
of progress in the form of electricity and its
applications turned out to be a ground-breaking
new development, which amply explains
electricity’s role in marketing campaigns.
Advertising had already assumed a key role in
commercial life. Top advertising creatives were not
89
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
quanto l’elettricità fosse fonte d’ispirazione per la
cultura d’immagine di questo periodo. I
disegnatori presero spunto dalle conquiste
scientifiche e tecnologiche per interpretare con
fantasia, ironia, slancio gioioso e a volte
provocatoria novità una nuova sensibilità
comune.
Cartoline, francobolli
e canzoni
90
La cartolina che sul finire dell’Ottocento aveva
rappresentato il nuovo modo di comunicare,
sintetico, veloce ed economico, diventa
strumento efficace per l’informazione
pubblicitaria della scoperta e dell’applicazione
dell’energia elettrica. Quelle celebrative, dal forte
impatto propagandistico sull’opinione pubblica,
comunicavano gli
avvenimenti, gli
anniversari, le conferenze
e gli eventi relativi alla
nuova realtà tecnica. È del
1906 una cartolina
stampata per celebrare
l’arrivo dell’elettricità a
Napoli, in cui, sullo
sfondo, al tradizionale
paesaggio partenopeo fu
aggiunta l’immagine del
tram in corsa,
modernissimo mezzo di
trasporto, mentre in primo
piano una donna
mostrava i simboli della
nuova energia.
L’immagine si componeva
armonicamente con la
just artists but skilled communicators. Many visual
communications media jumped on the bandwagon
of electricity and its applications, while at the same
time extending the field of artistic experimentation.
Calendars, diaries, fans, stamps, postcards and
Christmas cards all demonstrated electricity’s role
as a source of inspiration for image-based culture
during this period. With imagination, irony,
joyous élan and sometimes provocative intent,
graphic designers drew on scientific and
technological conquests as their inspiration for a
new common sensibility.
Postcards, Postage
Stamps and Songs
th
By the end of the 19 century, postcards had
emerged as a new medium of communication.
Concise, fast and good
value, they also proved to
be an efficient tool for
advertising the discovery
and application of
electricity. Celebratory
postcards had an
enormous impact on
public opinion. They were
employed to raise the
profile of events,
anniversaries, conferences
and developments in this
new technical field. For
example, a printed
postcard from 1906
celebrated the arrival of
Cartolina italiana
del 1906.
Italian postcard
from 1906.
scritta inneggiante alla
nuova scoperta,
comunicando in
maniera efficace e
immediata il
messaggio: ”Su la
vetusta via or vola
e i doni de la pace
porta l’elettrica
energia e nove
accende di
commerci forme ne
la fulgida corsa”.
La cartolina poteva
anche recare un
messaggio commerciale
come appare in un prezioso
esemplare del 1904 con
l’intestazione “Boschi e Paponi,
impresa per illuminazione ed energia elettricaArezzo” che presenta sullo sfondo composto da
congegni elettrici e da un palo della luce, il
disegno di un’aquila che sorregge nel becco una
lampadina. Sull’altro lato, la cartolina reca una
nota relativa al pagamento di un certo impianto.45
Tanti anche i francobolli che, con le immagini dei
simboli del progresso, celebravano le varie
innovazioni legate all’energia elettrica. A tal
proposito è di grande interesse il ”foglio ricordo”
che la Repubblica araba dello Yemen aveva
emesso nel 1972, con otto francobolli che
raccontavano la storia del progresso nell’ambito
delle telecomunicazioni con immagini che
raffiguravano i mezzi più antichi come le
diligenze con i cavalli o le prime auto fino ai
veloci aeroplani.46
Ma le nuove conquiste tecnologiche erano uno
spunto anche per scrittori, poeti e compositori
che nei loro lavori ne esaltavano le potenzialità.47
Tante anche le canzoni che celebravano la
L’Inno alla Luce creato
nel 1929 in occasione
della “Settimana
della luce”.
The Ode to Light
created in 1929
to mark the
“Light Golden Jubilee”.
electricity in
Naples. Against
a backdrop of
iconic
Neapolitan
countryside the
postcard
featured an
image of a hypermodern tram in
motion, while in the
foreground a woman
showed off the symbols of this
new type of energy. The image
was a perfect complement to an effective and
immediate message about this new discovery:
“Along the old road now she flies, as the gifts of
peace bring electricity, newly lighting up
commerce with its effulgent speed.”
Postcards were also used as advertising messages.
This precious specimen from 1904 bears the
heading “Boschi e Paponi, impresa per
illuminazione ed energia elettrica-Arezzo”: the
background of the postcard consists of electrical
equipment and a lighting pole, along with a
drawing of an eagle with a bulb in its beak. On
the flip side, the postcard bore a note seeking
payment for installation.45
Many postage stamps have come out to celebrate
this progress, representing a variety of electricityrelated innovations. For example, the Arab
Republic of Yemen brought out a “souvenir issue”
in 1972: a collection of eight stamps that told the
story of progress in telecommunications, featuring
images of the oldest methods such as horse-
91
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
“magia” della luce. In occasione della “Settimana
della luce”, il 21 ottobre 1929, fu creato un
“Inno della luce” con musica del maestro
Giordano Zanni48 e questi versi di “Biagio”:
“Fra le tenebre eterne, Iddio la luce / Il terzo dì
creò, /ma poi la notte, come un manto funebre,
/sulla terra gettò.
La luce Iddio creò, / ma la notte restò.
Un mago venne, ed in un piccol globo / Le stelle
imprigionò, / e un nuovo firmamento nella notte /
la terra illuminò.
Le stelle imprigionò / La terra illuminò.
L’opra di Dio sovrasta i firmamenti, /la lampada
ed il sol; /Sue son l’ali colle quali il geniom/Leva
più alto il vol.
L’uomo si eleva a vol / Verso l’eterno sol”.
92
Manifesti d’autore
Un altro strumento
particolarmente
apprezzato e utilizzato
per trasmettere messaggi
pubblicitari legati alle
nuove scoperte furono i
manifesti che, grazie al
loro forte impatto visivo,
erano in grado di
indirizzare le scelte e il
gusto del pubblico, di
generare fiducia
persuadendolo della
bontà e dell’utilità del
prodotto e di educarlo al
consumo.
I manifesti divennero
l’occasione per artisti
famosi e altri meno noti,
drawn carriages, early motor vehicles, going all
the way through to high-speed airplanes.46
The latest technological developments also
inspired writers, poets and composers, who took
the possibilities these developments opened up
into their works.47
No end of songs celebrated the “magic” of light.
To commemorate the “Light Golden Jubilee” on
21 October 1929, Maestro Giordano Zanni48
wrote the “Anthem to Light”, with the following
lyrics by Biagio:
“Amongst the eternal shadows, God made light /
On the third day did he create it, / But then did
he throw down night like a funereal cloak, /
Upon this Earth.
God created light, / But the night remained.
A wizard came and in a tiny globe / Captured the
stars, / And a new firmament in the night / lit up
the Earth.
He captured the stars / And lit up the Earth.
The work of God overarches the firmament, / The
lamp and the sun too; /
His are the wings with
which the genius / Rises
higher in flight.
Man rises in flight /
Towards the eternal
sun.”
Manifesto
realizzato
per la Bec Auer
da Privat-Livemont,
1896.
Poster
for Bec Auer
designed
by Privat-Livemont,
1896.
per illustratori e grafici di avvalersi con maestria e
originalità delle nuove tecniche come la litografia,
la fotografia e la cromolitografia e di
“contaminazioni” di altri settori della cultura
visiva per tradurre il messaggio in un’arte
pubblicitaria persuasiva.
Nei primi manifesti le caratteristiche stilistiche
legate ancora a uno stile convenzionale
rimandavano al gusto dell’epoca, il Liberty. In
questo periodo, nonostante ogni artista
elaborasse un linguaggio personale, esistevano
dei tratti comuni come la predominanza di una
linea sinuosa e mossa con campiture di colore
uniforme, i tagli obliqui dell’immagine, le
suggestioni e i richiami formali all’arte
giapponese scoperta, recentemente, nelle
Esposizioni Universali.
Ben presto, però, gli artisti pubblicitari più valenti
vollero distaccarsi da questo stile convenzionale
ancora legato al passato, ricercando all’insegna di
un gusto illustrativo più moderno un linguaggio
innovativo e originale in cui il segno grafico,
abbandonato ogni riferimento alla tradizione,
realizzava un felice connubio tra arte e pubblicità.
In questo percorso evolutivo il manifesto
pubblicitario fu caratterizzato da un continuo
aggiornamento alla società a cui si riferiva.
Era ormai chiaro quanto fosse importante per la
dinamica dei consumi l’immagine rispetto alla
realtà, quanto fosse necessario, per vendere,
imporsi all’immaginazione collettiva dando
un’immagine accattivante e convincente del
prodotto, calibrando in una giusta mediazione i
valori della tradizione con quelli dell’innovazione.
Questo ragionamento che è tutt’ora alla base del
discorso pubblicitario contemporaneo, fu subito
recepito dalla nuova imprenditorialità del tempo
che, sempre più spesso, si affidò alla capacità di
artisti noti che con le suggestioni di immagini
raffinate, unite ad avveduti meccanismi
Masterpiece Posters
Posters were another very useful tool for
conveying advertising messages about the latest
discoveries. With a strong visual impact, posters
could orient people’s choices and tastes, generate
loyalty, and persuade people of a product’s utility
and excellence, as well as educating them about
how to use it.
Posters provided an opportunity for artists
famous and otherwise, illustrators and graphic
designers to express their mastery and originality
through new techniques such as lithography,
photography and chromolithography, “cross
pollinating” with other areas of visual culture in
order to translate messages into the art of
persuasive advertising.
Early posters featured stylistic characteristics in a
conventional style that drew on the Liberty tastes
of the day. Common features existed across each
artist’s personal style, notably the predominance
of soft, wavy lines and uniform blocks of colour;
oblique cuts through images; and allusions and
formal references to Japanese art, which had
recently become known in the West through
Universal Expositions.
Soon enough, the most capable artists who
worked in advertising distanced themselves from
this conventional approach associated with the
past to forge a more modern approach and an
original style that moved things on. Once they
abandoned all reference to tradition, their
graphic design achieved a felicitous marriage of
art and advertising. As this process unfolded,
advertising posters reflected the continuous
upheavals taking place in society.
When it came to consumption, it was already
clear that image was of vital importance
compared with reality. In order to sell, it was
93
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
94
psicologici, sollecitavano
l’adesione al messaggio.
In Italia i primi sistemi di
illuminazione pubblica a energia
elettrica furono installati dalla
Lipizzi e per questa ditta Duilio
Cambellotti (1876-1960), artista
dall’estro poliedrico, illustratore,
incisore e scultore, disegnò il
manifesto “Incandescenza” in
occasione dell’Esposizione
Nazionale di Torino del 1898
realizzato poi dallo Stabilimento
Cromolitografico A. Marzi di
Roma. La luce di una lampada, protagonista del
messaggio, rischiara la donna ripresa in primo
piano in un atteggiamento di grazia e di
abbandono, dando vibrazione alla scena.
Stagliate su un fondo scuro, eteree figure
femminili sembrano danzare attratte anch’esse
dalla sorgente luminosa mentre i riferimenti della
ditta sono segnalati su eleganti pannelli inseriti
nella scena.
Ricorrente era l’uso di introdurre nei messaggi
pubblicitari l’immagine femminile, uno dei temi
più trattati dalla cultura figurativa dell’Art
Nouveau, sotto l’influenza del simbolismo
letterario. La donna, infatti, incarnava il mistero, il
sogno e come tale veniva rappresentata,
un’immagine ieratica, sospesa, distaccata dalla
realtà, forma seminuda dalle chiome serpentine,
avvolta in veli fluttuanti che rimandava a
significati allusivi e simbolici. Anche nei manifesti
dell’artista tedesco Adolfo Hohenstein (18541928), considerato uno dei padri del
cartellonismo italiano, compare la figura
femminile in linea con le rappresentazioni dell’Art
Nouveau. L’artista, di nascita russo, trascorse circa
vent’anni in Italia, lavorando come scenografo e
costumista per La Scala e diventando direttore
È firmato Duilio
Cambellotti
il manifesto
per Incandescenza
S. Lipizzi & C., 1898.
Duilio Cambellotti’s
poster for
Incandescenza
S. Lipizzi & C.,
1898.
necessary to carve out a place in
the collective imagination by
offering an attractive and
convincing image of a product,
striking the right balance
between the values of tradition
and innovation.
This rationale – one that to this
day underpins the practice of advertising – was
quickly adopted by emerging businesses of the
day, which flocked to hire well-known artists to
produce refined images that leveraged shrewd
psychological mechanisms and prompted people
to act on the messages conveyed in the
advertising itself.
The Lipizzi company installed the first public
lighting systems in Italy. Duilio Cambellotti (18761960), a brilliant and multi-talented artist,
illustrator, engraver and sculptor, designed a
poster for Lipizzi entitled “Incandescenza”, which
made its debut at the National Exposition of Turin
in 1898, and was printed by the Stabilimento
Cromolitografico A. Marzi in Rome.
The central focus of the message – the light the
bulb generates – illuminates a woman in the
foreground; her graceful pose and state of
abandonment make the scene vibrate. Against
the black background, ethereal female figures
seem to be dancing as they too are attracted by
the light source. Elegant panels inserted into the
scene convey the company’s name.
It was common practice to use images of women
in these messages; women were one of the most
common themes in Art Nouveau figurative
artistico delle Officine grafiche Ricordi di Milano,
in quegli anni la più importante industria
cromolitografica in Italia.
Nel manifesto realizzato nel 1889 per
reclamizzare le forniture elettriche della ditta
Cesare Urtis & Co di Torino, Hohenstein
rappresenta una donna nuda dalle lunghe chiome
che illumina con una forte lampada la città di
Torino che si intravede in lontananza, seguendo i
canoni di quella sensibilità legata al mondo
decadente di fine Ottocento, e sostituisce con
estro creativo il tralcio di fiori, caratteristica
decorativa abituale nelle pitture di questo
periodo, con un originale fascio di lampadine di
diverse forme e dimensioni.
Anche nel manifesto creato per l’Esposizione
Internazionale di Elettricità, per celebrare il
Centenario della pila elettrica nel 1899 e il suo
inventore, Alessandro Volta, le classiche immagini
femminili si stagliano sullo sfondo di un
“paesaggio elettrificato”, simbolo del progresso
tecnologico, mentre i serti di fiori che
sottolineano le forme sinuose del profilo della
scena e i caratteri delle scritte rimandano agli
stilemi consueti del Liberty.
In occasione della riapertura
del Teatro Sociale a Como,
illuminato dalla luce elettrica
nel 1899, fu commissionato
un manifesto per ricordare il
Centenario della pila e il suo
inventore. L’incarico fu dato
questa volta a Marcello
Dudovich (1878-1962), il cui
stile si caratterizzava per
l’eleganza del tratto e per il
sofisticato ma coinvolgente
gusto illustrativo, doti che gli
diedero fama internazionale
e lo resero uno tra i più
culture, which was under the influence of literary
symbolism. Woman embodies history and
dreams. She is, here, presented in a hieratic
image suspended and detached from reality, her
semi-naked form swathed in serpentine locks and
wrapped in flowing veils that hint at symbolic
and allusive meanings. The female figure also
prevailed in the Art Nouveau posters designed by
German artist Adolfo Hohenstein (1854-1928),
who is considered to be one of the founding
fathers of Italian advertising posters. The Russianborn artist lived in Italy for some twenty years,
working as a set and costume designer at La
Scala. He went on to become artistic director at
the Officine Grafiche Ricordi di Milano, at that
time Italy’s biggest chromolithography specialist.
In his 1889 poster for electrical equipment
manufactured by the Cesare Urtis & Co of Turin,
Hohenstein drew a naked woman with long hair
holding a bright bulb up to light the city of Turin,
visible in the distance. The poster follows the
th
canons of late 19 -century decadent sensibility.
Creatively, the artist replaced a spray of flowers –
a motif often used for decoration in paintings
around this period – with an
original strip of bulbs of
various shapes and sizes.
Hohenstein’s poster for the
1899 International Exposition
of Electricity, commemorating
Manifesto pubblicitario
di Adolfo Hohenstein
per la Cesare Urtis e Co.
di Torino, 1889.
Adolfo Hohenstein
advertising poster
for Cesare Urtis e Co.
of Turin, 1889.
95
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
Manifesto
di Adolfo Hohenstein,
1898.
A poster
by Adolfo Hohenstein,
1898.
96
quotati cartellonisti del secolo. L’affinamento del
gusto e la padronanza nella scelta cromatica
maturarono, sicuramente, grazie a un
apprendistato come litografo presso le Officine
Ricordi nel 1897 dove venne in contatto con
grandi maestri come Leopoldo Metlicovitz e
Adolfo Hohenstein, le cui suggestioni appaiono
palesemente nei suoi primi lavori.
Nel manifesto il messaggio comunicativo segue
l’evoluzione del gusto figurativo del momento,
l’impianto formale con i caratteri delle scritte e la
figura femminile che simboleggia la musica e si
staglia in un fascio di luce splendente rimandano,
infatti, alla standardizzazione floreale del Liberty.
Negli anni a seguire, Dudovich adotterà un
linguaggio pittorico semplificato, con coloriture
piatte e una grafia meno avvolta e più sintetica in
cui anche l’ideale femminile non sarà più
rappresentato come una tradizionale immagine
sacra ma come archetipo di una donna reale,
sicura e moderna, che vuole
usufruire di tutte le opportunità
offerte dalle nuove tecnologie.
Ma il fluente e sinuoso
linearismo dello stile Liberty
perde, pian piano, la sua
fisionomia con il sopraggiungere
del velocissimo progresso
tecnologico e con la spinta
vitalistica delle avanguardie
storiche. Le forme, dopo un
orientamento verso un Liberty
meno estetizzante e più
organicamente inserito nei
Manifesto
di Marcello Dudovich,
1899.
A poster
by Marcello
Dudovich, 1899.
the centenary of the electric battery and its
inventor Alessandro Volta, also drew on classic
female images. His women stood out against a
backdrop of an “electrified landscape” as a
symbol of technological progress. Garlands of
flowers emphasize the sinuous form of the
scene, and he used Liberty-style fonts for the
text.
To mark the reopening of the Teatro Sociale in
Como, which was lit by electricity in 1899, a
poster was commissioned to commemorate the
centenary of the battery and its inventor.
Marcello Dudovich (1878-1962), an artist whose
hallmark was an elegant touch and a
sophisticated yet accessible taste for illustration,
won the commission. He rose to international
prominence and became one of the highest-paid
advertising poster designers of his day. He
developed his refined taste and mastery of colour
during an apprenticeship as a lithographer at the
Officine Ricordi in 1897, where
he met great masters like
Leopoldo Metlicovitz and
Adolfo Hohenstein, whose
styles are clearly perceivable in
his early work.
The advertising message in the
poster reflects the evolution of
figurative taste at the time; its
formal layout, including the
fonts and female figure
symbolizing music, stands out
against a beam of bright light,
referencing the floral
standardization of Liberty style.
In later years, Dudovich
progressed to a more simplified
pictorial approach, using flat
colours and a less overwrought, more direct graphic
processi produttivi della
società industriale, si vanno
sempre più adeguando ad
una modernità meno
spirituale ed intimistica e più
consona a una realtà
essenziale e pragmatica con
una semplificazione molto
precisa. È un cambiamento
definitivo nella storia del
gusto, i colori si accendono
grazie anche all’influenza dei
Fauves, sostituendo i toni
sfumati e intermedi della
cartellonistica precedente e i
marchi commerciali vengono
pubblicizzati anche con ironia
e umorismo.
È Leonetto Cappiello (18751942) il precursore di questa
nuova espressività che grazie
alla sua estrosa inventiva e
per il suo tratto sintetico di
immediata ricezione, può essere considerato uno
dei protagonisti più originali e innovativi della
storia del manifesto italiano. L’artista, inizialmente
pittore, si affermò ben presto come caricaturista,
un genere la cui influenza è ben visibile
nell’impostazione dei suoi manifesti. Cappiello
intendeva il manifesto pubblicitario come luogo
per proporre i suoi personaggi fantastici, folletti,
diavoletti, maschere, clown, figure disegnate da
un tratto continuo, l’arabesco, che fortemente
colorate si stagliavano su fondi scuri.
L’artista espresse questo nuovo linguaggio
iconografico caratterizzato da un grande spirito di
modernità e una componente umoristica di
grande presa visiva sul pubblico, nei tanti
manifesti realizzati per promuovere le imprese
fornitrici di elettricità e le ditte produttrici di
approach in which the ideal
of the woman was no longer
represented as a traditional
sacred image but as an
archetype of a real, selfassured and modern woman
keen to take advantage of all
of the opportunities new
technology offered.
The fluid, sinuous linearism of
Liberty style gradually lost its
physiognomy as technological
progress gathered pace and
avant-garde movements
added a vitalistic thrust. After
passing through a less aesthetically-oriented
version of Liberty that more organically reflected
the productive processes of industrial society, a
shift took place towards a less spiritual and
intimistic modernity that was better-suited to an
essential and pragmatic reality. This marked a sea
change in the history of style: influenced by the
Fauves, colours became brighter, replacing the
nuanced, intermediate hues found in earlier
posters, and trademarks began to be advertised
with irony and humour.
Leonetto Cappiello (1875-1942) was a forerunner
of this new mode of expression. Thanks to his
inventive brilliance and immediately
understandable stripped-down approach to line,
he became one of the most original and
innovative creative forces in the history of Italian
97
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
98
lampadine o di piccoli elettrodomestici.
Nella pubblicità per Lampe Osmine, Cappiello
affidò la trasmissione del messaggio a un piccolo
e spiritoso diavolo rosso, dal sorriso malizioso,
disegnato su fondo scuro e inquadrato in
un’originale cornice di lampadine. L’effetto della
spiritosa figura che sembra balzar fuori dalla
cornice che la inquadra per venirci incontro, è
ottenuto grazie all’utilizzo audace e moderno del
colore e del movimento del disegno.
Questo impianto formale tanto innovativo fu
ripetuto da Cappiello anche quando, nel 1922,
la Società Elettrotermica Italiana lo incaricò di
diffondere il suo marchio. In questo caso l’artista
abbandonando il gusto figurativo in uso fino ad
allora della donna idealizzata e disegnò una
bizzarra figura femminile, “la donna elettrica”,
circondata dai primi piccoli elettrodomestici che
potevano rendere più leggeri i lavori domestici e
lasciarle così più tempo da
dedicare a se. La donna era
rappresentata nell’atto di
avvicinare due magneti che
irradiavano l’energia elettrica
ai nuovi apparecchi, ferri da
stiro, asciugacapelli, bollitori,
ventilatori.
È un’interpretazione surreale,
ma accattivante, eseguita con
una grafia essenziale ma
estremamente espressiva che
comunica direttamente la sua
essenza risultando
profondamente incisiva a
Manifesto
di Leonetto Cappiello
per Lampe Osmine, 1910.
A poster by Leonetto
Cappiello for Lampe
Osmine, 1910.
poster design. After working initially as a painter,
he soon gained renown as a caricaturist, a genre
whose influence is very much visible in the layout
of his posters. Cappiello viewed advertising
posters as the perfect location to let loose his
imaginative characters – imps, little devils, masks
and clowns – all of which he drew in a
continuous arabesque, and then coloured brightly
to stand out against dark backgrounds.
Cappiello embodied a new iconographic
approach that channeled a great spirit of
modernity and visually-appealing humour in the
many posters he designed to promote companies
that supplied electricity and manufacturers of
bulbs and small domestic appliances.
In his advert for Lampe Osmine, Cappiello
entrusted his message to a funny little red devil
with a sly smile, drawn against a dark
background and set within an original frame of
bulbs. The amusing figure
seems to jump out of the
frame and come towards us,
an effect he achieved through
bold, modern use of colour
and movement in the
drawing.
Cappiello used this
groundbreaking formal
approach again in 1922,
when he was hired by the
Società Elettrotermica Italiana
to promote its brand.
Cappiello turned his back on
the figurative predilection for
idealized women, instead
preferring to draw a bizarre
feminine figure, “the electric
woman”, surrounded by early
household appliances that
could make housework less
Manifesto
di Leonetto Cappiello
per la Società Elettrotecnica
Italiana, 1922.
A poster
by Leonetto Cappiello
for the Società
Elettrotecnica Italiana, 1922.
livello inconscio ed
emozionale.
I manifesti ebbero una
diffusione sempre maggiore,
anche perché con le nuove
tecnologie si potevano
ottenere a costi contenuti
numeri elevati di tiratura, e
divennero elementi di una
nuova bellezza urbana,
espressione di un’arte non
musealizzata, ma godibile da
tutti. Cappiello così affermava nel 1939:
“L’artista deve essere prima di tutto il guardiano
rigoroso ed attento dell’estetica della strada. Un
manifesto, una volta esaurita la funzione
pubblicitaria, deve restare un mezzo efficace di
seduzione estetica della folla”49.
Le nuove strategie di comunicazione che si
andavano sempre più affinando introdussero,
accanto alle immagini, parole, frasi facilmente
memorizzabili e associabili al prodotto che
contribuivano alla trasmissione veloce e
convincente del messaggio promozionale.
Il linguaggio con il quale i grandi maestri moderni
della grafica pubblicitaria propagandarono le
diverse applicazioni della nuova tecnologia, se
rifletteva i caratteri principali della pittura del tempo
divenne, al contempo, fortemente sperimentale, in
linea con la modernità del prodotto. Infatti la
poetica futurista si espresse anche attraverso il
messaggio pubblicitario inneggiando allo sviluppo
della scienza elettrica e dei suoi valori progressisti
che avevano aperto illimitate possibilità alla nuova
sensibilità dell’avanguardia.
onerous and leave women
more time to dedicate to
themselves. The woman he
depicted approaches two
magnets radiating electricity
towards new-fangled devices
like irons, hair dryers, kettles
and fans.
Cappiello executed this
surreal yet attractive
interpretation in an essential
and extremely expressive
graphic manner, directly
communicating its essence
and imbuing it with great
impact at unconscious and
emotional level.
Posters began to become increasingly prominent
as new technologies made it possible to execute
large print runs at limited cost. Indeed, posters
were a contributory factor to a new idea of
urban beauty, an expression of art outside the
museum that everyone could enjoy. In 1939,
Cappiello said: “Above all else, artists must be
the strict and careful custodians of street
aesthetics. Once it has completed its function as
advertising, a poster must carry on being an
effective means for an aesthetic seduction of the
crowd.”49
As new communication strategies became ever
more refined, easy-to-remember words and
phases began to be associated with products
alongside the images, helping to ensure that the
message was delivered quickly and convincingly.
The style adopted by leading modern masters of
advertising graphic design raised awareness
about new applications of these new
technologies. While they reflected the main
characteristics of painting during the age, they
were also highly experimental, mimicking the
99
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
Manifesti realizzati
da Leonetto Cappiello
per Lampe O. R. (1912)
e Visseaux (1913).
Posters
by Leonetto Cappiello
for Lampe O. R. (1912)
and Visseaux (1913).
100
Fortunato
Depero nel
“Manifesto
dell’arte
pubblicitaria”
affermava che il
messaggio
pubblicitario
doveva essere
veloce per poter
aumentare la
rapidità della
comunicazione, l’immagine doveva essere sintetica
e con grandi campiture di colore a tinte piatte. Di
conseguenza, in consonanza con il linguaggio
pittorico del movimento, la linea dominante
diventava dinamica, la scritta non era più una
semplice didascalia ma parte inscindibile
dell’immagine, la costruzione veniva caratterizzata
da linee diagonali e da una forte e intensa
scomposizione cromatica ottenuta con
audacissime pennellate di colore che
sconvolgevano l’impianto tradizionale e
scardinavano la tranquilla visione accademica,
rendendo appieno l’idea del movimento, della
velocità, del tumulto del mondo moderno.50
La dinamica Futurista
La seduzione della luce artificiale che si diffonde
nello spazio notturno della città costituisce un
modernity of the products themselves. Futurist
poetics also found expression in advertising
messages that extolled the development of
electrical science and its forward-looking values,
opening up unlimited possibilities for new avantgarde sensibilities.
In his “Manifesto dell’arte pubblicitaria”
[Manifesto of Futurist Advertising Art], Fortunato
Depero stated that advertising messages needed
to be fast to increase the rapidity of
communication; images needed to be concise
and feature large, flat blocks of colour. Much as
with the pictorial style adopted by the movement,
the dominant line was dynamic, and written
words were no longer simple captions but an
indivisible part of the image. Images were
characterized by diagonal lines and intense
chromatic decomposition obtained by using very
bold brush strokes of colour, overturning the
traditional approach and undermining a
hidebound academic vision, while at the same
elemento fondante per il Futurismo, il primo
movimento di avanguardia del Novecento
italiano, con riscontri a livello mondiale. Il 20
febbraio 1909, Filippo Tommaso Marinetti fa
pubblicare a proprie spese, sul “Figaro” di Parigi,
il Manifesto di fondazione del Futurismo, una
prima dichiarazione programmatica in base alla
quale si svilupperanno le linee di ricerca del
movimento.
Il Futurismo nasce con il desiderio di celebrare le
innovazioni scientifiche e il progresso con una
nuova pittura moderna, provocatoria, aggressiva
e dirompente contro le regole tradizionali della
borghesia benpensante. È un’ideologia
complessiva che, in una totale corrispondenza tra
vita reale e vita artistica, attraverserà
freneticamente tutte le forme d’arte,
dall’architettura al cinema e al teatro, dalla
pittura alla scultura, dalla moda alla fotografia,
dal design alla danza.
L’11 aprile del 1910, con il Manifesto tecnico
della pittura futurista firmato da Boccioni, Carrà,
Russolo, Balla e Severini, Marinetti consacra la
nascita del movimento con l’esaltazione di un
nuovo mondo energico, vorticoso, che comporta
la distruzione del vecchio mondo convenzionale e
ipocrita a cominciare dall’arte che lo esprime.
La città moderna, dinamica e caotica, è
rappresentata dai futuristi illuminata da luci
abbaglianti, con un brulicare di persone in
continuo movimento, immersa in un’atmosfera
svaporata, ora pallida e bluastra ora calda e
intensa resa con segni verticali sbrigativi, veloci fin
quasi all’astrazione.
Il movimento del cosmo, la città industriale,
nuovo mito contemporaneo, la velocità, che bene
rappresenta il ritmo frenetico della metropoli
moderna, i tram in continuo movimento, le
insegne luccicanti, i suoni, gli stridori, le luci
elettriche simbolo del progresso, sono i nuovi
time fully rendering the idea of the modern
world’s movement, speed and upheaval.50
The Futurist Dynamic
The seduction of artificial light spreading through
the nocturnal space of the city was a key element
of Futurism, the first avant-garde movement in
th
20 -century Italy, and one that had worldwide
echoes. On 20 February 1909, Filippo Tommaso
Marinetti paid out of his own pocket to publish
the Manifesto the Foundation of Futurism, in the
“Figaro” newspaper in Paris. This was the first
forward-looking seed from which the movement
would develop.
Futurism originated out of a desire to celebrate
scientific innovation and progress through a new
approach to painting that was modern,
provocative, aggressive and disruptive to the
traditional rules of the conventional bourgeoisie.
Through a total overlap of real life and artistic
life, this complex ideology spread rapidly through
all forms of art, from architecture to the cinema,
theatre, painting, sculpture, fashion, design and
dance.
On 11 April 1910, Boccioni, Carrà, Russolo, Balla,
Severini and Marinetti signed the Technical
Manifesto of Futurist Painting marking the birth
of the movement and extolling a new energetic,
whirlwind world that led to destruction of the old
conventional and hypocritical world, starting with
the art that expressed it.
Futurists portrayed the modern, dynamic and
chaotic city lit up by dazzling lights, buzzing with
people in perpetual motion, immersed in an
exuberant atmosphere, either in pale and bluish
tints, or warmly and intensely, rendered in hurried
verticals so rapidfire as to be almost abstract.
101
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
temi che i futuristi vogliono raffigurare nelle loro
pitture: “Canteremo il vibrante fervore notturno
degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente
lune elettriche, le stazioni ingorde, divoratrici di
serpi che fumano; (...) le locomotive dall’ampio
petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi
cavalli d’acciaio“51.
102
Per dipingerli al meglio essi presero in prestito dal
divisionismo la tecnica della scomposizione del
colore, che aveva il vantaggio di cogliere, grazie
alla velocità dei tocchi, il senso dinamico della vita
in movimento. Il linguaggio utilizzato dai futuristi
fu ancor più dinamico, moderno e adatto a
rappresentare la frenesia e il sovrapporsi delle
forme e delle luci nella nuova percezione e visione
del mondo che stava nascendo. Milano era la città
che, al meglio, rappresentava tutto ciò, una
metropoli in pieno fervore creativo con i cantieri in
allestimento, le industrie e le luci sfavillanti che
avevano sostituito la luce fioca dei lampioni a gas.
Ed è proprio un lampione, un semplice elemento
del paesaggio urbano, che nel 1910 diventa il
protagonista assoluto del dipinto “La lampada ad
arco” di Giacomo Balla, uno dei maggiori artisti
del movimento. Sotto l’accecante bagliore di luce
del lampione si intravede e si sfalda uno spicchio
di luna, simbolo per i futuristi del passato e di un
arcaico romanticismo. La luce elettrica
simboleggia, quindi, in un’accezione artistica
modernista l’energia di svecchiamento che
aggredisce la cultura classicista e simbolista:
“Uccidere il chiaro di luna: l’avvento della luce
elettrica simbolo del progresso e del Futurismo fa
impallidire e scomparire il chiaro di luna, simbolo
del romantico passatismo”52.
Nei dipinti futuristi la luce diventa materia pittorica e
la sua materializzazione è ottenuta mediante
l’accostamento di segni veloci e frammentati di
colori puri che si irradiano da un nucleo
“La lampada
ad arco”, dipinto
di Giacomo Balla,
1910.
The movement of the cosmos, the industrial city
and the new contemporary myth of speed
perfectly summed up the frenetic rhythm of
modern metropolises: trams were always on the
move, shining signs, sounds, clangs and
screeches, electric lights as the symbol of
progress – the Futurists wanted to portray all of
these new themes in their paintings: “We shall
sing of the vibrant nocturnal fervour of arsenals
and building sites burned by violent electric
moons, greedy stations, devourers of smoking
serpents… of broad-chested locomotives that
paw at the tracks like huge horses of steel.”51
To enhance their paintings, many artists
borrowed a technique of breaking down colour
from Divisionism, which had the advantage of
seizing the dynamic sense of life in movement
through speed of application. The Futurists’ style
was all the more dynamic, modern and bettersuited to depicting frenzy, overlapping forms and
lights in the new perception and nascent vision of
the world. Milan more than any other city
represented all this: it was a metropolis in full
creative ferment, buzzing with building sites,
factories and bright lights which were winning
out over the weak gas lamp glow.
It was actually a humble piece of urban furniture
– the street lamp – that became the undisputed
star of a painting by Giacomo Balla, one of the
movement’s leading artists, in his 1910 work “La
lampada ad arco”. To the Futurists, the crescent
moon was a symbol of the past and archaic
romanticism; here, it may be glimpsed as it
disintegrates under the dazzling glow of a
streetlight. Electric light symbolized rejuvenating
energy that was an attack on classicist, symbolist
culture: “Killing moonlight: the advent of electric
light, a symbol of progress and Futurism, renders
moonlight paler and paler until it disappears, and
luminosissimo di giallo e
bianco, secondo quanto
dichiarava lo stesso Marinetti:
“La lampada elettrica, che
soffre e spasima e grida con
le più strazianti espressioni di
colore”53.
Anche Umberto Boccioni,
uno dei componenti del
gruppo iniziale dei futuristi
più vicino a Marinetti,
riporterà nella sua
produzione artistica la visione
della città futurista e le
novità del mondo moderno. I
pali della luce elettrica, le
ciminiere delle fabbriche, il
dirigibile e l’aereo saranno le immagini simboliche
di quel dinamismo universale che cambierà e
sovvertirà anche la percezione dello spazio.
In “Rissa in galleria”, una delle tele più note del
primo periodo d’attività di Boccioni, ancora una
volta protagonista è la luce elettrica: i lampioni e
le vetrine di un caffè della Galleria Vittorio
Emanuele II di Milano, illuminano un litigio tra
due prostitute attorniate da una folla disordinata
e in movimento. Lo scontro, il contrasto e la rissa
rappresentano per i futuristi energia e
rinnovamento, contro il perbenismo borghese.
Ma le figure umane che agitano la scena sono, in
realtà, subalterne alle grandi vetrate del caffè
ravvivate da luci e sprazzi luminosi, la luce è una
sostanza concreta, un urlo cromatico che pervade
ogni cosa e scompone l’immagine. Lo spazio si
presenta disintegrato, il tessuto pittorico acceso,
ma sgranato in un vortice dinamico di cromie che
trasfigura il soggetto fin quasi a dissolverlo e a
perdere ogni coerenza figurativa.
Sempre una Milano notturna, illuminata dalla luce
dei lampioni e dallo sferragliare dei tram che
“La lampada ad
arco”, painted
by Giacomo Balla,
1910.
moonlight is the symbol of
romantic die-hardism.”52
Light was pictorial matter
for Futurist paintings,
made material by
combining rapid marks
and fragments of pure
colour radiating out from a
dazzlingly bright yellow
and white core. Marinetti said: “The electric lamp
suffers and swoons and shouts with the most
strident expressions of colour.”53
Umberto Boccioni, who was a founder member
of the Futurist movement and close to Marinetti,
filled his works with a vision of the Futurist city
and its latest evolution in the modern world:
electricity poles, factory chimneys, dirigibles and
planes became symbolic images of a universal
dynamism that would change and subvert even
our perception of space.
“Rissa in galleria”, one of Boccioni’s best-known
canvases from this time, features electric light
too: the lamps and shop windows cast light on a
fight between two prostitutes who are
surrounded by a disordered, moving crowd of
onlookers. To the Futurists, arguing, clashing and
fighting were representations of energy and
renewal as opposed to bourgeois conformism. In
actual fact, the human figures in motion around
the scene play second fiddle to the huge
windows of the cafe – windows enlivened by
light and luminous sparks. Light becomes a
103
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
l’attraversano è protagonista di “Notturno in piazza
Beccaria” dipinto da Carlo Carrà nel 1910. La città
appare frenetica e vibrante, il dinamismo espresso
con il colore arriva quasi a negare la dimensione del
reale, le figure umane, che si spostano caoticamente
in tutte le direzioni, appaiono come ombre, realizzate
in una totale fusione con l’ambiente circostante.54
L’avventura intellettuale degli artisti che nel loro
lavoro riportano il tema della luce artificiale, si
sviluppa con una continua coerenza seguendo le
strutture del linguaggio dei movimenti di
appartenenza.
Magritte
e l’impero delle luci
104
Nel Surrealismo, René Magritte caratterizza il
suo linguaggio artistico con una forte tendenza
alla rappresentazione fantastica dovuta alla
tradizione culturale del suo paese d’origine, da
Bruegel a Bosch, e dall’aver assimilato il senso
del mistero proveniente dalla lezione di Giorgio
De Chirico. L’artista crea nei suoi dipinti effetti
nuovi e fantasiosi che includono anche
l’accostamento assurdo e bizzarro di oggetti e
scenari; in alcuni suoi dipinti, soprattutto quelli
realizzati dopo la Seconda guerra mondiale, un
tema abbastanza ricorrente è quello
dell’illuminazione notturna. Nel dipinto
“L’empire des Lumiéres” del 1954, l’artista
fonde, in un paradosso visivo, il tema del giorno
e della notte in un unico paesaggio: il cielo
azzurro del giorno si staglia su una casa avvolta
dal buio ma illuminata e resa viva dalla luce di
un lampione acceso, posto dinanzi ad essa. La
luce elettrica è per Magritte un elemento vitale,
concreto, che si contrappone per la sua forza
alla luce solare diurna.
tangible substance, a chromatic yell that pervades
everything to the point of decomposing the
image. Space begins to disintegrate; the fabric of
the picture is lit up but grainy, a dynamic
whirlpool of colour that transfigures the subject
almost until it dissolves and loses all figurative
coherency.
Carlo Carrà’s 1910 work “Notturno in Piazza
Beccaria” shows another version of Milan by
night, lit by the streetlamps and the clatter of
passing trams. The city takes on a frenetic,
vibrating aspect, its dynamism expressed
through colour to the point that reality is
almost negated; the human figures that rush
chaotically in all directions look like shadows,
fused completely into the surrounding
environment.54
For artists whose work featured artificial light, the
intellectual adventure continued in accordance
with the stylistic structures of the movements to
which they belonged.
Magritte
and the Empire of Light
Surrealist René Magritte’s artistic style
displayed a strong tendency towards
imaginative representation. In so doing, he
was building on the cultural tradition of his
country of origin, on the work of his
compatriots Bruegel and Bosch, while at the
same time assimilating the sense of mystery
conveyed by Giorgio De Chirico. The artist
created imaginative new effects in his
paintings, including absurd and bizarre
combinations of objects and scenes.
Nocturnal lighting was a recurring theme of
Magritte’s painting, especially the works he
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
Francobollo delle Poste spagnole
dedicato all’opera “Guernica”
di Pablo Picasso, 1981.
Il tema della luce elettrica così trattato suscita
grande interesse nell’artista che lo riprende
anche in altre sue opere. Nel “La voix du sang”
sono, ancora una volta, abbinate
paradossalmente la luce del giorno e l’oscurità
della notte ma, di nuovo, nell’oscurità le luci
provenienti da una casa inserita in un tronco
d’albero animano la scena e danno il senso
della vita. Sono visioni surreali, enigmatiche, di
incantata sospensione in cui l’artista belga, pur
riprendendo elementi che possiedono l’evidenza
e la chiarezza della realtà, sovverte la logica
comune con la contraddittoria contemporaneità
dei momenti temporali.
L’innovazione
di Picasso
106
Anche Picasso ha ripreso il tema della luce
elettrica. In “Guernica”, il monumentale
pannello di ben 8 metri per 3 commissionato
all’artista in occasione dell’Esposizione
Universale di Parigi del 1937 sono presenti una
serie di simboli che rimandano ad essa. La scena
del massacro in cui appaiono corpi straziati e
volti sfigurati è evidenziata da una linea dura e
tagliente e da una sintassi cromatica che
ammette solo il bianco e il nero. Una lampada è
situata quasi al centro del quadro, è un grande
occhio la cui pupilla è rappresentata da una
lampadina che irradia raggi appuntiti e
acuminati come lame. È una luce forte, simbolo
della ragione che taglia in obliquo il buio della
stanza a cui si contrappone l’immagine di una
vecchia lampada a petrolio, rappresentazione
simbolica della regressione collettiva che
conduce alla guerra.
Ma Picasso, personaggio di grande modernità,
painted after the Second World War. In his
1954 work “L’empire des Lumiéres”, the
artist creates a visual paradox by combining
night and day in a single landscape: a blue
daytime sky towers over a house shrouded
by darkness, lit only by the light of a
streetlamp out in front. For Magritte, electric
light was a vital, tangible element, one
whose strength stood in opposition to the
sun’s light by day.
The topic of electric light fascinated the artist,
and he also featured it in other works. In “La
voix du sang” daylight and nocturnal darkness
are once again paradoxically paired. Once
again, in the darkness the light emitted by a
house set in a treetrunk animates the scene,
giving it a sense of life. In his surreal,
enigmatic and enchantingly suspended visions,
the Belgian artist adopted elements from
everyday reality to subvert common logic with
the contradictory contemporaneity of passing
time.
The Innovation
of Picasso
Picasso also featured electric light in his work.
A series of symbols harking back to electric
lighting form part of “Guernica”, his
monumental 8m x 3m panel commissioned for
the 1937 Paris Universal Exposition. Picasso
painted the massacre scene of mangled bodies
and disfigured faces in hard, slashing brush
strokes, using a chromatic syntax in which
there is room for black and white alone. A
lamp sits almost dead centre in the painting,
depicted as a large eye in which the pupil is
represented by a bulb from which rays issue
Stamp printed by the Spanish
post office to commemorate
Pablo Picasso’s “Guernica”, 1981.
sempre pronto a
interpretare la creazione
artistica con l’utilizzo di
strumenti innovativi,
sperimentò con l’utilizzo
della luce elettrica anche
la tecnica del light
painting di cui gli aveva
parlato il fotografo della
rivista “Life Magazine”,
Gjon Mili.
Era il 1949 quando il fotografo libanese, in un
incontro con l’artista, gli aveva mostrato il risultato
di alcune sue foto innovative ottenute fissando ai
pattini da ghiaccio delle piccole luci che
formavano, con il movimento al buio, delle linee
vorticose. Era, in verità, una tecnica che già il
dadaista Man Ray, nel 1935, aveva sperimentato
fotografando su un suo autoritratto giochi di linee
di luce, disegnate con una piccola fonte luminosa.
Picasso ne fu immediatamente catturato e
realizzò, con una piccola torcia, usata a mo’ di
pennello, dei “disegni di luce” ripresi da Mili con
due macchine fotografiche. Con il suo gesto,
forte, vigoroso e drammatico diede vita a
immagini con tori e centauri, temi per lui consueti,
esposte poi nel 1950 al Museum of Modern Art di
New York.
La Fata elettricità di Dufy
Sempre nel 1937, in occasione dell’Esposizione
Internazionale delle arti e delle tecniche, la
sharp and pointed as blades. The strong light is
a symbol of reason cutting obliquely through
the darkness in the room, in opposition to the
image of the old gas lamp, a symbolic
representation of the collective regression that
leads to war.
As a truly modern man, always ready to adopt
innovative instruments in the service of
creation, Picasso used electric light for “light
painting”, a technique that “Life Magazine”
photographer Gjon Mili showed him. The
Lebanese-born photographer met the artist in
1949, and presented him with some innovative
photos he had taken by attaching small lights
to ice skates worn by a skater. When the skater
moved in the dark, the lights created whirling
lines. This technique had been used before, in
1935 by Dadaist artist Man Ray: he
experimented with a photographed selfportrait on which he drew lines using a small
light source. Picasso was immediately
entranced. He used a small torch in lieu of a
brush to make “light paintings” that Mili
captured on two cameras. Using his strong,
vigourous and dramatic approach, Picasso
107
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
108
compagnia parigina di distribuzione dell’elettricità
affidò al pittore francese Raoul Dufy, uno degli
esponenti più autorevoli del movimento dei
Fauves, l’incarico di illustrare la storia
dell’elettricità e il suo sviluppo.
Nel Pavillon de l’Electricité et de la Lumiere Dufy
dipinse un’enorme opera orizzontale, ben 60
metri per 10, “La Fée Electricité”, che oggi è
visibile al Museo d’Arte Moderna di Parigi.55
Sullo sfondo dei 250 pannelli che compongono il
lavoro, collocato in un ambiente spoglio e buio
che ne amplifica la suggestione, si stagliano
antichi impianti e strumenti elettrici, stabilimenti,
officine e, nella parte inferiore del dipinto, i
ritratti dei tanti personaggi, ricercatori e
scienziati, ben 109, che avevano contribuito allo
sviluppo dell’energia elettrica.
Una guizzante figura femminile, sulla sinistra del
dipinto, è la rappresentazione allegorica
dell’ubiquità della Fata elettricità.56
Nell’opera l’artista prende spunto dalla realtà ma
la reinterpreta con brio inventivo, per festeggiare
il trionfo dell’elettricità in uno scenario sofisticato
di luci e di colori, certamente mutuati
dall’esperienza fauve, il tratto è sottile, leggero,
con lievi e infinite variazioni tonali in una sinfonia
di linee e di forme.
Ma Dufy era anche un raffinato disegnatore di
ceramiche, di carte da parati e di tessuti. Ad una
signora che gli diceva di non capire i suoi quadri,
l’artista rispose che non ne capiva il motivo dal
momento che ella indossava un abito la cui stoffa
era stata disegnata proprio da lui. Probabilmente,
questa predilezione per lo studio del disegno su
tessuti era nata dall’incontro con il grande sarto
parigino Paul Poiret, colui che, in quegli anni,
aveva cambiato con le sue creazioni il corso della
storia del costume e della moda che aveva intuito
il potenziale creativo di Dufy e gli aveva chiesto di
collaborare con lui.
created images of bulls and centaurs, subjects
he often painted. The works went on show in
1950 at the Museum of Modern Art in New
York.
Dufy’s Electricity Fairy
For the 1937 Paris International Exposition of the
Arts and Crafts, the Paris electricity distribution
company commissioned French painter Raoul
Dufy to illustrate the history of electricity and its
development. A leading artist from the Fauves
movement, Dufy painted a huge 60 metre by 10
metre horizontal piece, “La Fée Electricité”, for
the Pavillon de l’Electricité et de la Lumiere. The
work is today on show at the Paris Museum of
Modern Art.55 Old electric installations and
instruments, plants and workshops are evident in
the 250 panels that make up the work, which
was exhibited in a dark, empty space to heighten
its impact. The lower part of the painting features
portraits of 109
researchers and
scientists who helped
“La Fée Electricitée”
di R. Dufy, Padiglione
dell’elettricitàe
della luce all’esposizione
universale di Parigi,
1937.
R. Dufy’s
“La Fée Electricitée”,
the Electricity
and Light Pavilion
at the Paris Universal
Expo, 1937.
E sempre nel campo della manifattura dei
tessuti per abiti e tappezzeria, le forme
dell’ambiente tecnologico con i simboli
eloquenti della modernità, il paesaggio
artificiale costituito dalle opere edilizie e
infrastrutturali dedicate all’utilizzo della risorsa
idrica per la produzione di energia accesero la
fantasia creativa di molti altri artisti, che
seppero trasformare l’attualità in validi schemi
decorativi. Un esempio è rappresentato da
Tommaso Buzzi, artista eclettico, architetto e
disegnatore di vasta cultura e vena sperimentale
il cui originale apporto creativo per realizzare,
con questi temi, una stoffa da tappezzeria
veniva così documentato sulla rivista “Domus”
del 1928: “Ognuno conosce, perché ormai
sono classiche e pur sempre apprezzate, le
tappezzerie antiche a motivi ricorrenti di
paesaggi ed architetture. Ad esse ci richiama
Tomaso Buzzi con questo interessante disegno.
In esso la composizione gustosa ripete, in un
paesaggio di montagna, il motivo delle cascate
d’acqua, che scendono liberamente nei giorni di
contribute to the development of electricity. A
darting female figure on the left is an allegorical
representation of the ubiquity of the electric
fairy.56
The artist was inspired by reality, which he
reinterprets with creative brio to celebrate the
triumph of electricity in a sophisticated scenario
of light and colour redolent of his Fauvist
experience. His touch is subtle and light in a
series of infinite tonal variations that make up a
symphony of line and form.
Dufy was also an accomplished ceramics,
wallpaper and fabric designer. He once replied to
a woman who said that she couldn’t understand
his paintings by saying that he could not believe
it, given that she was wearing a dress whose
fabric he had designed. Dufy’s interest in fabric
design began after he met top Paris tailor Paul
Poiret, a man whose creations changed the
course of the clothing industry and fashion
history. Poiret sensed Dufy’s creative potential
and asked him to work with him.
Many other artists used reality to create
109
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
riposo festivo, dalle centrali elettriche. Il
disegno è ispirato da una fantasia tutta
moderna, che corrisponde, con la
rappresentazione di elementi della nostra civiltà
meccanica, ad una forma caratteristica
dell’invenzione lirica del nostro tempo”57.
Spire luminose
110
Negli anni Quaranta, in un incontro innovativo di
arte e luce, prendono vita gli ambienti e le
decorazioni spaziali luminose di Lucio Fontana,
artista eclettico dalla forte spinta vitalistica e
refrattario ad ogni regola che, svincolandosi da
una formazione tradizionale, persegue filoni
creativi diversi e per circa un ventennio studia
esperienze legate alla luce.
Teso al rinnovamento dell’arte, in una sintesi che
supera la divisione tra architettura, pittura e
scultura, Fontana propone in concomitanza con
gli sviluppi tecnico scientifici uno dei linguaggi
più avanzati e originali del dopoguerra che
certamente rompe con tutte le categorie
artistiche tradizionali.
Questo principio è chiaramente espresso nel
“Manifesto Blanco”, firmato anche dai suoi
allievi, redatto nel 1946 durante l’ultimo anno di
permanenza dell’artista in Argentina: ”Si richiede
un cambiamento nell’essenza della forma. Si
richiede il superamento della pittura, della
scultura, della poesia e della musica. È necessaria
un’arte maggiore in accordo con le esigenze dello
spirito nuovo”58.
Per Fontana per poter liberare l’arte dalla
doverosa dimensionalità del quadro e della
scultura, per farla uscire dalla sua cornice
tradizionale è necessario basarsi sui mezzi
innovativi tra cui quelli tecnologici così, a
appealing decorative patterns for the
manufacture of fabrics for clothing and
upholstery, taking inspiration from
technologically-feasible shapes that bore eloquent
witness to modernity, and the man-made
landscape constituted of construction and
infrastructure for generating electricity from
water.
An eclectic artist, architect and designer of great
erudition, Tommaso Buzzi is another artist whose
original creativity turned this subject matter into
tapestry. Always retaining a penchant for
experimentation, his work was documented by
“Domus” magazine in 1928: “Everyone knows of
old-fashioned tapestries with recurring landscape
and architectural motifs. Tomaso Buzzi reminds us
of them in this interesting design. In a mountain
landscape, his tasteful composition repeats a
motif of waterfalls cascading freely from electric
power stations at rest. His design is inspired by a
truly modern fantasy which, by representing the
elements of our mechanical civilization,
corresponds to a characteristic form of lyrical
invention of our day.”57
Luminous Coils
In the 1940s, a groundbreaking encounter
between art and light spawned Lucio Fontana’s
spatial and luminous environments and
decorations. Eclectic artist Fontana was driven by
a strong vitalistic impetus and impervious to every
rule: eschewing traditional training, he pursued a
number of creative veins. For more than twenty
years he focused his practice on light.
Seeking nothing less than a renewal of art
through a synthesis that could overcome the
divisions between architecture, painting and
partire dalla fine degli anni Quaranta,
sperimenta l’uso del neon e della luce di Wood
che gli danno modo di superare i vecchi
schemi per arrivare ad una nuova
comprensione dello spazio. “Ci rifiutiamo di
pensare che l’arte e la scienza siano sfere
distinte e quindi che le imprese realizzate
nell’una non possano appartenere anche
all’altra.
Gli artisti anticipano le imprese scientifiche, le
imprese scientifiche provocano sempre delle
imprese artistiche”59.
Il neon ben si prestava ad essere modellato
inseguendo fantasie creative con forme e
soluzioni cromatiche ottenute con diverse miscele
di colore immesse al suo interno. Da insegna
luminosa, commerciale e pubblicitaria per esterni,
il tubo fluorescente aveva conquistato,
velocemente, un suo spazio nel mondo dell’arte,
dominando la scena del panorama artistico anche
negli anni a venire.
sculpture, with technical and scientific
developments coming apace Fontana worked on
one of the most advanced and original stylistic
approaches of the post-war years, breaking
through all traditional categories of art.
The principle is before our eyes in his “Manifesto
Blanco”, which was signed by some of his pupils
and dates to 1946, the artist’s final year in
Argentina: “We seek a change in the essence of
form. We seek to go beyond painting, sculpture,
poetry and music. Art must better fit the needs
of the new spirit.”58
Fontana drew on blue-sky methods and new
technology to liberate art from the dutiful
dimensionality of painting and sculpture, to
spring it from its traditional hidebound frame.
From the late ’40s onwards, he experimented
with the use of neon and Wood’s lamps to
overcome outmoded approaches and achieve a
new understanding of space. “We refuse to think
that art and science are spheres apart, or that
feats achieved in one
realm cannot also belong
to the other. Artists are
forerunners of scientific
feats, while scientific feats
always provoke artistic
feats.”59
Lucio Fontana
e una delle sue
installazioni
con il neon
alla XI Trennale
di Milano, 1971.
Lucio Fontana
and one
of his neon
installations
at the XI Milan
Triennale, 1971.
111
Grandi artisti, cartoline e manifesti
Top tier artists, postcards and posters
Articolo tratto
da “Illustrazione
Enel”, febbraio
1967.
Fontana nelle sue audaci sperimentazioni,
utilizzando dei tubi al neon e il sofisticato effetto
della luce di Wood, diede vita ad alcune delle
prime istallazioni artistiche, anticipatorie delle
successive ricerche degli anni Cinquanta e
Sessanta.
112
La sensibilità globale dello spazio, principio
riportato nel “Manifesto bianco”, si
concretizza con il primo “Ambiente spaziale a
Luce Nera” realizzato nel 1949 presso la
Galleria del Naviglio di Milano, un’opera
ambientale animata da continue variazioni
mediante le luminescenze della luce di Wood:
sculture in cartapesta colorate con vernice
fluorescente e illuminate da una lampada di
Wood pendono dal soffitto nell’ambiente
espositivo completamente nero,
sconvolgendo le normali percezioni di
orientamento e annullando, in questo modo,
ogni concezione tradizionale dello spazio
nell’arte.
“L’ambiente spaziale – proseguiva Fontana –
è la soluzione più ovvia per l’introduzione di un
cambiamento: non ci può essere nessuna
evoluzione in un’arte che utilizza ancora la
pietra e il colore, ma sarà possibile fare una
nuova arte con la luce (neon, ecc), la televisione,
la proiezione”60.
In occasione della Triennale di Milano, nel
1951, Fontana realizza per la sala di ingresso in
prossimità dello scalone d’onore “Arabesco
fluorescente”, la sua prima opera con l’utilizzo
del solo neon. Una linea luminosa si snoda
nello spazio, un grande arabesco di luce
fluorescente creato da un groviglio di ben 100
metri di tubi sospesi da cavi di acciaio crea una
sorta di scultura sospesa con un effetto
fortemente scenografico che coinvolge
l’esperienza percettiva e sensoriale dello
An article
from “Illustrazione
Enel”,
February 1967.
Neon was an ideal material to model in the pursuit
of creative fantasy, using a variety of chromatic
forms and solutions obtained by blending different
colours of gas inside the neon tubes.
First used for outdoor commercial and advertising
signs, fluorescent tubes quickly carved out a space
for themselves in the world of art, to the point of
dominating the artistic scene in future years.
In bold experiments with neon tubes and the
sophisticated effects generated by a Wood’s
lamp, Fontana created some of the first-ever
artistic installations and paved the way for later
research in the ’50s and ’60s.
He gave tangible expression to a global sensibility
of space – the principal stated in the “Manifesto
bianco” – in “Ambiente spaziale a Luce Nera”, a
work that he created in 1949 for the Galleria del
Naviglio in Milan. This environmental work is
animated by continuing variations in
luminescence created by a Wood’s lamp: papier
maché sculptures were coloured with fluorescent
paint and lit by a Wood’s lamp as they hung from
the ceiling. The exhibition space was completely
blacked out to confuse normal orientation-related
perceptions and therefore eliminate all traditional
conceptions of space in art.
Fontana once said: “The spatial environment is
the most obvious solution for introducing
change: there can be no evolution of art by art
that still uses stone and colour; it will, however,
be possible to forge new art from light (neon,
etc.), television and projection.”60
For the 1951 Milan Triennial, Fontana created
“Arabesco fluorescente”, his first work to use
neon alone. Hung in the entrance hall near the
main staircase at the venue, in the work a
luminous line snakes through space, a large
arabesque of fluorescent light created by a
hundred metres of tubes suspended by steel
spettatore. Anche nel vestibolo e nella hall
l’artista interviene con un soffitto a luce
indiretta.
Il rapporto con la luce continua è per lui fonte
di ispirazione e sperimentazione e nel 1953
realizza “Buchi e segmenti di neon” per il
cinema del padiglione Sidercomit alla XXIII
Fiera di Milano e a cavallo degli anni Sessanta,
altre due opere con il neon, il lampadario
bicolore con neon bianchi e azzurri per il
cinema Duse di Pesaro e nel 1961, per
l’Esposizione torinese allestita per celebrare i
cento anni dell’unità d’Italia, “Fonti d’energia”,
un’opera composta da tubi appositamente
sagomati, tenuti sospesi da fili. Sono spire
luminose, linee di luce e colori che si
inseguono su piani diversi, in una complicata
geometria e che suggeriscono un’emozione
spaziale suggestiva e mutevole61.
Negli anni Sessanta sono tanti gli artisti che,
coinvolti in questa sperimentazione del rapporto
luce-arte, adottano il neon nei propri lavori: Dan
Flavin, Bruce Nauman, Mario Merz, Joseph
Kosuth, fino ad arrivare alle generazioni più
giovani.
cable to create a kind of hanging sculpture, to
highly scenographic effect on the onlooker’s
perceptive and sensorial experience. The artist
also created an indirectly-lit ceiling in the foyer
and hall.
Light continued to provide a source of inspiration
and experimentation to Fontana. In 1953, he
made “Buchi e segmenti di neon” for the cinema
at the Sidercomit pavilion (part of the XXIII Fiera
di Milano). He created another two neon-based
works either side of 1960: a two-colour lamp
with white and blue neon for the Duse cinema in
Pesaro, and in 1961 “Fonti d’energia”, a work
made from specially-shaped tubes suspended by
wire for the Turin Exposition held to celebrate the
centenary of Italian unity. Luminous coils, lines of
light and colours follow one another on different
levels in a complicated geometry that suggests
evocative, changing and spatial emotions.61
In the 1960s, artists Dan Flavin, Bruce Nauman,
Mario Merz and Joseph Kosuth began
investigating the relationship between light and
art by using neon in their works. The trend
continues to attract the latest generation of
emerging artists.
113
L’impegno
di Enel.
La cultura
della luce
Nel rapporto con l’architettura e le arti figurative
la luce artificiale diventa una delle componenti
essenziali del processo percettivo dello spazio,
secondo la definizione di Merleau-Ponty della
“percezione” come “esperienza primaria della
conoscenza”, per cui essa può rivelare il
significato più profondo delle opere d’arte
consentendo allo spettatore di entrare in sintonia
in un’esperienza sensoriale totalizzante.62
E poiché come sostiene Giulio Carlo Argan: “non
c’è visione senza luce, e l’analisi dell’immagine
The Commitment
of Enel
The Culture
of Light
Through its relationship with architecture and the
figurative arts, man-made light has become one
of the key elements in our perception of space.
Merleau-Ponty defines “perception” as “the
primary experience of consciousness”, one that is
capable of revealing deeper meanings and
placing the beholder on the wavelength of an allconsuming sensorial experience.62
As Giulio Carlo Argan says, “without light
115
L’impegno di Enel
The commitment of Enel
Materiale divulgativo
per l’iniziativa
“Luci a Roma”, 1986.
Educational
material for the
“Luci a Roma” initiative, 1986.
116
diventa analisi della luce” per rendere efficace
l’illuminazione, si è reso necessario studiarla
approfonditamente da vari punti di vista.63 Già nel
1927 l’architetto tedesco Joachim Teichmüller64
parlava di un’architettura della luce
“Lichtarchitektur”: “Da una parte l’architettura e
dall’altra la luce stessa, devono essere fuse in
un’unità artistica, così intimamente e
inseparabilmente che si possa parlare di
architettura della luce”.65 Teichmüller distingueva
tra lighting design e architettura della luce
sostenendo che solo attraverso l’integrazione
dell’operato del tecnico delle luci con quello
dell’architetto si sarebbe potuto realizzare lo
“space-shaping power of light”66.
Enel, che vanta nel campo della luce di qualità
una lunga esperienza e competenza, intende
diffondere proprio la “Cultura della Luce”
consapevole del ruolo fondativo che la luce ha
storicamente svolto in ogni campo dell’esistenza
umana, dalla conoscenza della natura all’arte e
ha varato un progetto volto a studiare e realizzare
la migliore illuminazione per alcuni capolavori
dell’arte italiana, onde agevolarne una migliore
fruizione da parte della collettività.67
Il segno distintivo del Gruppo si è caratterizzato
nella capacità di usare le più moderne e
sofisticate tecnologie, che si
sviluppano negli ambiti di
riferimento e di ricerca
maggiormente significativi e
determinanti: l’illuminotecnica
che affronta il problema LuceUomo con metodologie
scientifiche all’avanguardia e
l’arte della luce che ricerca
soprattutto l’impatto
emozionale. All’illuminotecnica68
spetta il compito di ricostruire le
“Luci a Roma”, brochure dedicata a 10 itinerari a
piedi nelle strade e nelle piazze illuminate, 1986.
“Luci a Roma”, a brochure on ten routes
along lighted streets and piazzas, 1986.
there can be no vision. Analysis of an image
becomes an analysis of light.” Far-reaching
research from a variety of different starting
points are necessary to ensure efficient
lighting.63
As early as 1927, German architect Joachim
Teichmüller64 spoke of “Lichtarchitektur” (light
architecture): “Architecture on the one hand
and light on the other must be fused into a
single artistic unit so intimately and
inseparably that one may speak of an
architecture of light.”65 Teichmüller made a
distinction between lighting design and light
architecture, claiming that only by integrating
the work performed by lighting technicians
with the work carried out by architects would
it be possible to realize the “space-shaping
power of light”.66
With consolidated experience and competencies
in the field of high-quality lighting, Enel has long
been keen to disseminate an informed “Culture
of Light” by building on the foundational role
light has historically played in every field of
human existence, from knowledge to the nature
of art.
Years ago, the company embarked on a project
to research and implement optimal lighting for a
number of masterpieces of
Italian art, ensuring that they
are as accessible to the public
as possible.67
One of the Group’s true
hallmarks is an ability to
leverage the most modern and
sophisticated technologies
developed in its sphere of
competence and its most
vibrant areas of research:
lighting design.
Lighting design takes a
condizioni ideali della percezione
dello spazio urbano e dei
monumenti, per valorizzare la loro
identità architettonica e
monumentale e il loro significato
spirituale, storico e artistico in
qualità di episodi preziosi e
puntuali della nostra storia.
Studiare la luce diventa, quindi, imprescindibile
per disvelare le opere attraverso un gioco di
montaggio e di sequenze tale da farle percepire
quasi in movimento, e per rendere l’architettura
dinamica, narrativa, multisensoriale nell’ottica
che: “Guardare un oggetto significa venire ad
abitarlo, e da qui cogliere tutte le cose secondo la
faccia che gli rivolgono. (...) Ogni oggetto è
pertanto lo specchio di tutti gli altri”69.
Enel nel suo programma operativo di
illuminazione dei monumenti ha previsto, quindi,
il supporto di risorse qualificate per la definizione
di criteri progettuali coerenti con le linee guida
illuminotecniche definite dagli esperti di una
Commissione, appositamente costituita, formata
da illuminotecnici di Enel e dell’Associazione
Italiana di Illuminazione (AIDI), per sviluppare
progetti esecutivi idonei alle specificità di ciascuna
opera d’arte.
Luce per l’Arte
Nel 1990 Enel dà vita al progetto “Luce per
l’Arte”, un’iniziativa culturale in cui attraverso il
linguaggio della luce, declinato sotto il profilo
scientifico, emotivo ed estetico, vengono illuminati
i monumenti italiani, scelti sulla base di accordi
scientific approach to tackling the relationship
between light and human beings. More than
anything else, the art of lighting design sets out
to generate emotional impact. The task of
lighting design68 is to reconstruct ideal conditions
for perceiving urban space and monuments,
making the most of their architectural and
monumental identity and their spiritual, historic
and artistic significance as valuable and
meaningful episodes in our collective history. The
study of light is vital for making it easier to
understand how works are assembled and how
they function in sequence; how they can be
perceived almost as if they were in movement,
turning architecture into something that is
dynamic, narrative. As Einstein put it, “Looking
at an object entails coming to inhabit it, and
from here to seize all things in accordance with
the face it puts forward... Every object is
therefore a mirror of all other objects.”69
Through its practical monument lighting
programme, Enel offers skilled experts to help
establish design criteria for individual projects
that meet lighting design guidelines set by an
expert ad hoc committee of lighting designers
from Enel and the Associazione Italiana di
Illuminazione (AIDI), with a view to coming up
with a works programme suited to each
artwork’s specific configuration.
117
L’impegno di Enel
The commitment of Enel
Invito per l’inaugurazione dell’impianto di illuminazione
del cortile di Palazzo Altemps . Roma, 1997.
An invitation to the opening of the Palazzo
Altemps courtyard lighting. Rome, 1997.
118
con gli Enti e le Sovrintendenze competenti. Enel
si assume l’impegno di accendere i monumenti
per “far parlare” l’architettura in un dialogo
continuo con l’intorno nel rispetto della semantica
culturale dei luoghi, e nel contempo garantire un
percorso di interazione sociale per affermare
l’identità dei territori.70
L’elenco dei siti che hanno recuperato il loro
splendore grazie agli interventi di illuminazione,
è molto ampio, solo in Italia oltre 950
monumenti tra palazzi e piazze, giardini, zone
archeologiche e interi centri storici hanno
beneficiato dei progetti di illuminazione artistica
e design, e le iniziative non sono state
circoscritte unicamente all’Italia, ma hanno
interessato anche l’America Latina e l’Europa, in
Spagna ad esempio è stato illuminato il palazzo
reale dell’Alcazar, a Siviglia.
Nell’ambito del progetto Luce per l’Arte, nel 1991
Enel illumina a Ravenna la Chiesa di San Vitale e
ad Assisi la Basilica di San Francesco con un
sofisticato impianto che però va distrutto nel
terremoto del 1997. La Basilica di S. Francesco
edificata tra il 1228 e il 1253 si compone di due
edifici sovrapposti. Quello inferiore, una cripta
destinata ad ospitare le spoglie del Santo,
ricoperta da basse volte a crociera nella navata e
a botte nel transetto secondo lo stile romanico,
presenta due cicli di affreschi realizzati intorno al
1260, testimonianza della produzione a fresco
precedente l’attività di Cimabue. La Chiesa
superiore, costruita secondo lo stile gotico, è
composta da un’aula unica con quattro campate
con volte a crociera di forma ogivale, e presenta
una serie di cicli di affreschi dei più grandi maestri
del Duecento e del Trecento: Cimabue, Simone
Martini, Pietro Lorenzetti, Jacopo Torriti, Giotto ed
altri. Giotto nel ciclo della “Leggenda di San
Francesco”, impaginato nel registro più basso
della navata, è riuscito a creare uno spazio con
Luce per l’Arte Project
In 1990, Enel launched its “Luce per l’Arte”
project. adopting the scientific, emotional and
aesthetic language of light to illuminate Italy’s
monuments. The company chose the monuments
by striking agreements with public entities and
relevant heritage offices. Enel pledged to light
these monuments and let the architecture “speak
for itself” in an ongoing dialogue with the
surrounding area, taking local cultural semantics
into account while guaranteeing social interaction
to strengthen the local identity.70
More than 950 monuments in Italy had their
splendour restored by new lighting: palazzos,
piazzas, parks, archaeological sites and indeed
entire old town centres benefited from artistic
and design-inspired lighting projects. The
initiative ended up crossing Italy’s borders to
travel to Latin America and across Europe: in
Spain, for example, Enel’s venture lit up the
Alcazar royal palace in Seville.
As part of its Luce per l’Arte project, in 1991
Enel lit the Church of San Vitale in Ravenna and
the Basilica of Saint Francis in Assisi using a
sophisticated installation (unfortunately
destroyed by the 1997 earthquake). The Basilica
of Saint Francis was built between 1228 and
1253 as two buildings, one on top of the other.
The lower building is a crypt built to house the
Saint’s remains, with low cross-arched vaults in
the nave and a Romanesque-style barrel-shaped
ceiling in the transept. Two cycles of frescos
were painted around 1260, before Cimabue
added his own frescos. Built in Gothic style, the
church consists of a single hall with four spans
and ogival cross-arched vaults. It sports a series
of fresco cycles by some of the greatest masters
of the twelve and thirteen hundreds, including
citazioni puntuali della realtà in cui evidenzia il
dramma umano del Santo con i suoi sentimenti e
moti dell’animo e il determinante ruolo assunto
dal “poverello di Assisi” nel contesto storico del
tempo. L’intervento illuminotecnico, con l’uso di
lampade ad alogeni a bassissima tensione, adatte
soprattutto all’illuminazione delle pareti e delle
volte restaurate dopo il terremoto, mette
particolarmente in risalto le innovazioni
prospettiche intuitive elaborate da Giotto e i
raffinati colori, che vengono ancor più esaltati da
una modulazione della luce in quattro fasi
distinte, a seconda dell’intensità luminosa
richiesta.
Nel 1997 vengono illuminati la Basilica di San
Marco a Venezia, il Duomo di Como, l’Altare della
Patria, la Pinacoteca Vaticana, i Fori Imperiali e
Palazzo Altemps a Roma. Questo palazzo,
splendido esempio di architettura rinascimentale,
fu commissionato a Melozzo da Forlì da Girolamo
Riario, nipote del Papa Sisto IV, in occasione delle
sue nozze con Caterina Sforza nel 1477, passò poi
nel 1511 al Cardinale Soderini ed infine nel 1568
a Marco Sittico Altemps, cardinale proveniente
dall’Alto Tirolo. Negli anni subì vari ampliamenti
sempre ad opera di autorevoli artisti come
Antonio da Sangallo il vecchio, Baldassarre Peruzzi
e Giovanni Angelo che nel 1617 fece edificare il
teatro interno. Fu acquistato dallo Stato nel 1982
e nel 1997 è stato aperto il museo, che ospita
opere provenienti dalle collezioni Boncompagni
Ludovisi, Mattei, Del Drago e Altemps, oltre ad
Cimabue, Simone Martini, Pietro Lorenzetti,
Jacopo Torriti, and Giotto to name but a few. In
his cycle “The Legend of Saint Francis”, which
runs along the lowest level of the nave, Giotto
created a space in which accurate reflections of
reality highlight the Saint’s human drama, his
feelings and sentiments, and the key role that
the “poor man of Assisi” played in the historical
context of his day. The lighting design approach
adopted very low-voltage halogen bulbs suited
to the task of lighting the walls and vaults after
the earthquake, emphasizing the new and
intuitive perspective-based solutions adopted by
Giotto and the refined colours that are
heightened even further by a modulation of the
light in four distinct steps, depending upon the
strength of light needed.
In 1997, the venture lit the Basilica of Saint Mark
in Venice, the Duomo in Como, the Altare della
Patria, the Pinacoteca Vaticana, Fori Imperiali and
Palazzo Altemps in Rome. A splendid specimen of
Renaissance architecture commissioned by
Girolamo Riario, the grandson of Pope Sixtus IV,
architect Melozzo da Forlì built Palazzo Altemps
to celebrate Riario’s marriage to Caterina Sforza
in 1477. In 1511, Cardinal Soderini inherited the
palazzo, and then in 1568 it passed on to Marco
Sittico Altemps, a Cardinal who hailed from the
Upper Tyrol region. Over the years, a number of
extensions were made by eminent artists like
Antonio da Sangallo the Elder, Baldassarre Peruzzi
and Giovanni Angelo, who in 1617 built an
119
L’impegno di Enel
The commitment of Enel
una sezione di pezzi egizi. Per il
progetto di illuminazione del
cortile interno, dei portici, dello
scalone monumentale e delle
logge, sono state adottate
soluzioni tecniche innovative per
mettere in risalto le particolarità
architettoniche e decorative
dell’insieme, con l’ utilizzo di luci
a tonalità calda per le parti in
marmo e quelle in “finto
travertino”, lampade alogene a
bassissima tensione, in
immersione, nella fontana, e
fonti luminose fluorescenti compatte per le scale
ed i portici.
120
Lumina.
Chiese di Toscana
Sempre nell’ambito del progetto Luce per l’Arte,
nel 1999 Enel avvia “Lumina. Chiese di Toscana”
in cui 13 chiese del territorio regionale vengono
illuminate per favorire e potenziare le condizioni
di accoglienza religiosa e turistico-culturale in
prospettiva del Giubileo del 2000: il Battistero di
San Giovanni e il Duomo di Firenze, il Duomo di
Pisa, la Basilica di San Francesco ad Arezzo, la
Cattedrale di San Cerbone a Massa Marittima, il
Santuario della Madonna di Montenero a Livorno,
la Cattedrale di San Martino a Lucca, l’Abbazia di
San Galgano a Chiusdino di Siena, il Duomo di
Carrara, il Duomo di Prato, la Cattedrale di San
Zeno a Pistoia.
Questi progetti basati su interventi di
illuminotecnica specializzata negli edifici religiosi,
con soluzioni luminose a ioduri metallici e ad
alogeni, sottolineano il carattere di preghiera, di
Speciale di “Illustrazione Enel” dedicato
all’illuminazione della Pinacoteca
Vaticana, novembre-dicembre 1992.
An “Illustrazione Enel” Special
on lighting the Pinacoteca Vaticana,
November/December 1992.
internal theatre. The Italian
State purchased the building in
1982. It opened as a museum
in 1997, showcasing works
from the Boncompagni Ludovisi,
Mattei, Del Drago and Altemps
collections, as well as a section
dedicated to Egyptian artefacts.
Groundbreaking technical
solutions were adopted in the plan to light the
internal courtyard, arcades, main staircase and
loggias. The building’s architectural and
decorative features are enhanced by warm-toned
lighting for the marble and “fake travertine”
areas, extremely low-voltage halogen lamps sunk
under water in the fountain, and compact
fluorescent light sources for the stairs and
arcades.
Lumina: the Churches
of Tuscany
Under the Luce per l’Arte project, in 1999 Enel
launched “Lumina. Chiese di Toscana” to light
thirteen churches around the region and enhance
their religious and tourist/cultural impact in the
run-up to the 2000 Jubilee: the Battistero di San
Giovanni and the Duomo in Florence; the Duomo
in Pisa; the Basilica di San Francesco in Arezzo;
San Cerbone Cathedral at Massa Marittima; the
Sanctuary of the Madonna di Montenero in
Leghorn; San Martino Cathedral in Lucca; the
Abbey of San Galgano at Chiusdino di Siena; the
meditazione e di sacralità di questi luoghi e
favoriscono una migliore fruizione degli apparati
pittorici e scultorei: affreschi, mosaici, paliotti,
bassorilievi, opere in passato rimaste sempre
nell’ombra.
Ad Arezzo nella Basilica di San Francesco, eretta nel
XIII secolo su progetto di Fra Giovanni da Pistoia,
dove si conserva il capolavoro di Piero della
Francesca “La Leggenda della vera Croce”,
realizzato tra il 1452 ca. e il1465 ca., è stato
utilizzato un impianto caratterizzato da quattro tipi
di illuminazione dedicati rispettivamente alle visite
di preghiera, alle azioni liturgiche ordinarie e
solenni, alle opere d’arte, e alle cappelle laterali. Il
progetto ha previsto l’uso della passerella tecnica
della navata centrale per il posizionamento della
maggior parte dei corpi illuminanti.
Dove la luce gioca un ruolo di grande potenza
suggestiva è nell’Abbazia cistercense di San
Galgano, un maestoso rudere in provincia di
Siena, il cui primo nucleo risale al 1180. In
quell’anno il nobile Galgano Guidotti si ritirò in
eremitaggio sul Monte Siepi dove, dopo la sua
canonizzazione, fu costruita una piccola chiesa
romanica ampliata poi tra il 1218 ed il 1288, e il
complesso monastico di cui oggi ammiriamo,
anche se attraverso le rovine, l’imponenza. Già nel
Cinquecento, infatti, l’abbazia iniziò a decadere
tanto che nel XVIII secolo crollarono finanche le
volte di copertura e il campanile.
Fortemente impattante è la
scelta del posizionamento
dell’illuminazione che prevede
apparecchi incassati a terra che
esaltano l’articolazione delle
masse murarie e l’eleganza delle
linee architettoniche che
sembrano, per l’assenza del
tetto, protendersi verso il cielo.
Attraverso una composizione di
Duomo in Carrara; the Duomo in Prato; and San
Zeno Cathedral in Pistoia.
Thanks to specialist lighting design tailor-made
for religious buildings by adopting metal iodide
and halogen lamps, these projects highlighted
the characteristics of prayer, meditation and the
sacrality of these locations, fostering easier access
to their complement of paintings, sculptures,
frescoes, mosaics, altar-cloths, bas reliefs and
works that in the past had been plunged into
shadow.
The system put in to the Basilica di San Francesco
th
in Arezzo – built in the 13 century, designed by
Fra Giovanni da Pistoia and home to Piero della
Francesca’s masterpiece “La Leggenda della vera
Croce”, painted between ca. 1452 and 1465 – is
based on four different types of lighting
dedicated respectively to prayer, ordinary and
solemn liturgical functions, works of art and the
side chapels. The project positioned most of the
lights along the central nave walkway.
Light plays a particularly suggestive role at the
Cistercian Abbey of San Galgano, a majestic ruin
in the Province of Siena, the oldest part of which
dates back to 1180. That year, nobleman
Galgano Guidotti withdrew to a hermitage on
the slopes of Monte Siepi. A small Romanesque
church was built after he was canonized.
This church was expanded between 1218 and
1288 to become the impressive
monastic complex we may
admire today, albeit in ruins.
th
As early as the 16 century, the
abbey went into decline. By
th
the 18 century the roofing
vaults and belltower had
collapsed. Decisions about
where to position the lighting
Inserto dedicato a “Lumina.
Chiese di Toscana” nell’ambito
del progetto Luce per l’Arte, 1999.
An insert dedicated to “Lumina.
Chiese di Toscana”, part of the
Luce per l’Arte project, 1999.
121
L’impegno di Enel
The commitment of Enel
122
effetti luminosi che restituiscono la stessa
maestosità che l’abbazia assume durante il giorno
con la luce naturale, l’impianto illuminotecnico è
stato concepito dal basso verso l’alto e con un
effetto “a radenza” a sottolineare e contenere i
confini e le linee murarie. Le sorgenti luminose
utilizzate sono ad alogenuri metallici da 70 e 150
kW e la potenza totale installata nell’abbazia è di
circa 8 kW, con 128 apparecchi di illuminazione
posti per lo più a quota calpestio.
Un ulteriore sviluppo del programma Luce per
l’Arte, si ha sempre nel 1999 a Firenze, nella
mostra di sculture del XX secolo, tenutasi a
Palazzo Medici Riccardi; l’esposizione voluta da
Enel in collaborazione con la Fondazione
Solomon R. Guggenheim, documentò ancora una
volta l’efficacia della luce in presenza di opere
d’arte tridimensionali, infatti nel moltiplicare il
significato dei volumi, nello svelare le differenze
delle superfici, nell’interpretare il colore e la
forma, la luce diventava essa stessa espressione
artistica in sé.
Nel 2005 per valorizzare la storica sede del
Palazzo delle Corporazioni a Roma è stata
adottata un’illuminazione artistica ad alta
efficienza, realizzata da Enel Sole. Il Palazzo, di
via Veneto, sede del Ministero delle Attività
Produttive, progettato nel 1927 dagli architetti
Marcello Piacentini e Giuseppe Vaccaro,
presenta nell’atrio una
magnifica vetrata, anch’essa
illuminata, realizzata intorno al
1931 da Mario Sironi, che
illustra la “Carta del lavoro”. È
questa un’opera centrale del
Novecento dall’alto valore
simbolico che fu commissionata
a Sironi dall’allora ministro
L’Abbazia di San Galgano illuminata
grazie al progetto “Lumina.
Chiese di Toscana”, 1999.
San Galgano Abbey,
lit as part of the “Lumina.
Chiese di Toscana” project, 1999.
had an enormous impact: the lights are sunk
into the earth to highlight the articulation of its
huge walls and the elegance of its architectural
lines which, in the absence of a roof, seem to
reach all the way up to the sky. The sum total
of these lighting effects restores the majesty
the Abbey radiates by day in natural daylight,
as part of a lighting design conceived from the
bottom up, using a “grazing” effect to highlight
and contain the boundaries and line of the
walls. Seventy and 150kW metal halide bulbs
are used. The total power capacity installed in
the Abbey amounts to around 8kW, divided
among 128 lighting devices, most of which are
set at ground level.
The Luce per l’Arte project arrived in Florence in
th
1999 for the 20 century sculpture exhibition
held at Palazzo Medici Riccardi. Conceived by
Enel in partnership with the Solomon R.
Guggenheim Foundation, the exhibition showed
the effectiveness of light when combined with
three-dimensional works: indeed, by multiplying
volumes, revealing differences between surface
areas, interpreting colour and showcasing form,
light becomes an artistic expression in and of
itself.
In 2005, Enel Sole installed a high-efficiency
artistic lighting system to enhance the Palazzo
delle Corporazioni in Rome. Today home to the
Giuseppe Bottai per celebrare, attraverso le
iconografie del lavoro e dei cicli delle arti e dei
mestieri, il documento di riforma del lavoro
promulgato nel 1927, in quasi 75 mq di
superficie. L’illuminazione simula l’effetto solare
diurno e consente di apprezzare le diverse scene
rappresentate anche di notte. All’esterno,
invece, per dare una lettura più fedele dei valori
cromatici e degli elementi architettonici del
palazzo, le luci sono state posizionate
sull’edificio stesso per mettere in risalto il
basamento, la cornice superiore e le quattro
torri che delimitano le facciate.
Nel progetto sono state utilizzate una pluralità
di soluzioni tecniche come luci a radenza
dall’alto verso il basso, luci lineari con lampade
fluorescenti poste a breve distanza l’una
dall’altra per illuminare senza soluzioni di
continuità, apparecchi a ottica concentrata,
ottiche a lama di luce e flusso verso l’alto, che
differenziano la tonalità e la tipologia di luce in
funzione del materiale illuminato: una luce
calda sul tufo, una luce più fredda sui
rivestimenti di travertino.
Parlare alla città
con nuovi linguaggi
Nel 2007 Enel, continuando nel suo percorso di
valorizzazione della cultura e della storia del
nostro Paese, ha individuato nel linguaggio
dell’arte contemporanea uno strumento idoneo a
esprimere e trasmettere i valori di innovazione,
attenzione all’ambiente e internazionalità che
oggi costituiscono le tre direttrici fondamentali su
cui si gioca la sfida di un futuro sostenibile e che
ben rappresentano il percorso di sviluppo
dell’azienda. Prende così il via Enel
Ministry of Productive Activities, the building on
Via Veneto was designed by Marcello Piacentini
and Giuseppe Vaccaro. It boasts a magnificent
75m² lit-up 1931 Mario Sironi glass pane in the
foyer, illustrating the “Workers’ Charter”. Sironi
was commissioned by then Minister Giuseppe
th
Bottai to create this flagship 20 century work of
symbolism using an iconography of labour and
cycles of arts and crafts in commemoration of the
1927 labour reform law. The built-in lighting
simulates the effect of sunshine in daylight,
making it possible to appreciate the various
scenes by night too. Outside, lights were placed
on the building to highlight its base, upper
cornice and the four towers that delineate its
façades, offering a more faithful interpretation of
the palazzo’s chromatic values and architectural
elements.
The project adopted a variety of technical
solutions: lights grazing up from below; linear
lights with fluorescent bulbs placed close to one
another to provide unbroken illumination;
lighting devices with focused optics, blade-oflight optics and uplighters to differentiate the
tone and type of light by the material being lit:
warm light on tufa, cooler light on travertine
cladding.
Addressing the City
in a New Language
In 2007, Enel continued to enhance Italian
culture and history, focusing on contemporary
art as an ideal tool for expressing and passing on
the values of innovation, care for the
environment and an international reach: three
elements that are key drivers for rising to the
challenge of a sustainable future, and which
123
L’impegno di Enel
The commitment of Enel
124
Contemporanea, un progetto che si apre alle
esperienze artistiche contemporanee come
strumento di indagine e di conoscenza della
realtà, in modo più libero, in quanto “Oggi
l’uomo può chiedere all’arte moderna una
conoscenza anticipatrice dei propri futuri
comportamenti, poiché è possibile, forse,
evidenziare nei suoi linguaggi tutte quelle
funzioni semantiche che appartengono alla stima
del pensiero e dei comportamenti universali”.
Nell’ambito del progetto, ogni anno sono state
proposte opere inedite di artisti di fama
internazionale che, grazie alla loro capacità di
ricerca e innovazione, sono stati in grado di
sottolineare e divulgare il percorso intrapreso
dall’azienda in questa direzione. La prima
edizione si è svolta a Roma, in tre diversi luoghi
simbolo della città, con le installazioni
temporanee di tre artisti internazionali, l’inglese
Angela Bulloch, il danese Jeppe Hein, e l’italiano
Patrick Tuttofuoco. Al centro di questi progetti il
filo conduttore è stato l’energia, in grado di
creare spazi mentali, visivi e fisici atti a
coinvolgere attivamente lo spettatore ed
interagire con i suoi movimenti e le sue
sensazioni. Energia che si sprigiona anche dai
luoghi scelti per ospitare le opere che
rappresentano le stratificazioni storiche e culturali
del tessuto urbano della città: dalla classicità di
piazza del Popolo, alla modernità della
Garbatella, al contemporaneo e all’antico fusi
insieme nella nuova struttura di Richard Meier
dell’Ara Pacis.71
Angela Bulloch72 ha realizzato l’installazione
“Repeat Refreain” (Strofa Ripetuta), un pallone
aerostatico di 5 metri di diametro e 15,70 metri
di circonferenza collocato in prossimità dell’Ara
Pacis. Il pallone è diventato simbolo, elevato ad
oggetto sacrificale in onore della storia che ha
visto come protagonista l’altare, che prende vita
L’installazione ”Repeat
Refrean” realizzata da
Angela Bulloch per
l’edizione 2007 di Enel
Contemporanea.
perfectly represent the company’s path for
development.
Enel Contemporanea is a project that focuses on
contemporary artistic experience as a tool for
more freely investigating and finding out about
reality: “Today, people may look to modern art
for a taster of how they may be conducting
themselves in future. Through artistic discourse it
is perhaps possible to highlight all of the
semantic functions that help foreshadow thought
and universal conduct.”
Every year, the project presents brand new works
by artists of international repute, whose pursuit
of research and innovation helps to emphasize
and raise awareness about the path the company
is following. In its first year, Enel Contemporanea
took in three iconic sites in Rome with temporary
installations by three international artists: Angela
Bulloch of England, Jeppe Hein of Denmark and
Patrick Tuttofuoco of Italy. Energy was the
common thread uniting these projects: energy
that creates metal, visual and physical spaces
capable of actively involving onlookers and
interacting with people’s movements and
sensations. Energy representing the city’s historic
and cultural stratification flowed at the sites
chosen for the installations: the classic-looking
Piazza del Popolo, the modern-day Garbatella
district, and the contemporary and ancient fused
together in Richard Meier’s new building for the
Ara Pacis.71
Angela Bulloch72 created her installation “Repeat
Refrain”, an aerostatic balloon 5m in diameter
and 15.7m in circumference, to be installed near
the Ara Pacis. As a symbol, the balloon is
elevated to a sacrificial object in honour of the
history in which the altar has played a central
role. The artist collected a series of images from
various astronomical observatories and each
evening projected the same lunar eclipse (hence
Angela Bulloch’s
“Repeat Refrain”
installation
for Enel
Contemporanea 2007.
attraverso una serie
di immagini raccolte
dall’artista presso diversi osservatori astronomici,
proiezioni che mettevano in scena ogni sera
sempre la stessa eclissi lunare, come “la strofa
ripetuta” del verso di una poesia o di una
canzone.
Jeppe Hein73 realizza nel quartiere romano della
Garbatella, una fontana interattiva, per far
riflettere sulle diverse funzioni che una fontana
può avere in un assetto urbanistico moderno
come quello della Garbatella, quartiere simbolo
della trasformazione urbana e sociale del tessuto
cittadino romano, e fa così dello spazio pubblico
il suo atelier.
Patrick Tuttofuoco74 crea un fil rouge tra passato,
presente e futuro con una scritta posta in piazza
del Popolo, snodo culturale della città e luogo
simbolico, ancor più che fisico, “Roma 17 ottobre
2007 Piazza del Popolo”, in cui sintetizza i tre
momenti temporali: il presente perché l’opera
vive nell’oggi, nel giorno in cui si inaugura, ma
già dal giorno successivo è storia che testimonia il
passato che tuttavia rimane a duratura memoria
nel futuro.
Le forme
dell’energia
Nel 2008 il progetto Enel Contemporanea sposta
la sua attenzione dall’architettura come punto di
riferimento urbano ai luoghi che vivono e
the name “repeat
refrain”, as in a
poem or a song).
Jeppe Hein73 created
an interactive
fountain in Rome’s
Garbatella district.
The work offered
people a chance to consider the various functions
a fountain may fulfil in a modern town
environment. In a district like Garbatella – a
symbol of Rome’s urban and social
transformation – the artist turned a public space
into his atelier.
Patrick Tuttofuoco74 created a fil rouge linking the
past, present and future. He chose a written
sentence – “Roma 17 ottobre 2007 Piazza del
Popolo” – for Piazza del Popolo, a cultural hub in
the city and a space that is more symbolic than
physical. Tuttofuoco’s work brought together
three chronological moments: the present,
because the work lives in the present, on the day
it opens, yet from the following day it is already
history, bearing witness to a past that
nevertheless remains a lasting memory into the
future.
Forms
of Power
In 2008, the Enel Contemporanea project shifted
its focus from architecture as an urban point of
reference to the places that experience and draw
energy from the power produced by the
individuals who live there. Specifically, time as a
form of energy that dissipates and yet may be
retrieved through a series of highly-interactive
artistic works conceived to restore the synergic
125
L’impegno di Enel
The commitment of Enel
126
traggono vigore dall’energia prodotta dai soggetti
che vi abitano. Protagonista è il tempo come
forma di energia che si disperde, ma che si può
recuperare proprio attraverso una serie di
interventi artistici fortemente interattivi, finalizzati
a rinsaldare quel sinergico rapporto di scambio di
energia tra la città ed i suoi abitanti.
Venezia e Roma diventano gli spazi espositivi
dove far convergere e irradiare flussi di energia. A
Venezia, città dove il tempo si è fermato
cristallizzato in una cornice sempre uguale, il
gruppo A1275 realizza, durante la Biennale,
l’installazione Deep Garden, una sorta di giardino
nascosto che nella definitiva stesura del progetto
è rappresentato da un grande albero, metafora di
energia naturale, che cresce in mezzo alla laguna
in una stanza dentro un enorme vaso, con
intorno una seduta per contemplare il cielo tra le
foglie dove sentirsi immersi nel silenzio della
natura, lontano dalla frenesia quotidiana, in uno
spazio quasi surreale. L’albero è la vita che si
rigenera in una città carica di storia che si volge al
passato ma che guarda al futuro.
A Roma i luoghi deputati ad accogliere gli
interventi di arte pubblica sono l’Area Sacra di
largo Argentina e il Policlinico Umberto I. Le rovine
dell’area sacra di largo Argentina diventano una
discoteca nomade con le installazioni del gruppo
Avaf76, Assume vivid astro focus, che realizza un
connubio tra arte antica e arte pop. Il
gruppo formato da artisti provenienti da
varie parti del mondo utilizza neon
fluorescenti, immagini psichedeliche,
proiettate su colonne e mosaici del IV, III e
II secolo a.C. che creano un percorso
giocoso e colorato con narrazioni
visionarie di paesaggi astratti e
provocatori per ripercorrere gli spazi
Le rovine dell’area sacra di largo Argentina
diventano una discoteca nomade
con le installazioni del gruppo Avaf
(Assume vivid astro focus). Roma, 2008.
exchange of energy between a city and its
inhabitants.
Venice and Rome were transformed into
exhibition spaces that received and radiated flows
of energy. In Venice – a city where time stands
still, has been crystallized within a frame of
reference that is always the same – during the
Biennale Gruppo A1275 created an installation
called Deep Garden (a kind of secret garden). In
its final version, the project consisted of a huge
tree, a metaphor for natural energy, growing in
the middle of the lagoon, in a room inside a
huge vase, surrounded by places to sit and
contemplate the sky through its leaves, to be
immersed in the silence of nature, far from the
everyday frenzy in an almost surreal space. A
tree: life regenerating itself in a city laden with
history, turning back towards the past and yet
also looking forwards to the future.
Public art events were also held in Rome at the
Sacred Area at Largo Argentina and at the
Policlinico Umberto I hospital. The ruined Largo
Argentina sacred area was turned into a
nomadic discotheque as part of an installation
by the AVAF76 (Assume Vivid Astro Focus)
Group, which created a mash-up of ancient art
and pop art. Uniting artists from various parts
of the world, the group projected fluorescent
neon and psychedelic images onto fourth-,
The ruins at the Largo Argentina sacred
area were transformed into a travelling
discotheque with installations by the AVAF
(Assume Vivid Astro Focus) group. Rome, 2008.
pervasi di storia attraverso visioni contemporanee.
Un linguaggio artistico, carico di energia, che nel
mettere in evidenza i templi antichi, ormai
dimenticati, attraversa il sito caricandolo di una
nuova vita che sconfigge il consumarsi del tempo.
Nei viali del Policlinico Umberto I l’artista
americano Jeffrey Inaba77 realizza la “Waiting
Room” un’installazione formata da colori, luci,
forme geometriche ed elementi eco-sostenibili,
che trasformano l’area di attesa dell’ospedale,
un ambiente sociale particolarmente delicato e
complesso, ed altamente emozionale, in un
luogo capace di trasmettere energia positiva.
L’opera, composta da una grande pensilina a
forma di fungo, di oltre 9 metri di diametro,
attigua a una sfera abitabile di circa 8 metri di
diametro con una grande apertura dove
posizionare i pannelli fotovoltaici in grado di
produrre l’energia necessaria per illuminare lo
spazio è affiancata da un’ulteriore
installazione, una sfera illuminata di circa 3,5
metri collocata in prossimità dell’ingresso
principale, che funge da lanterna di
segnalazione.
Tra immagini
e visioni contemporanee
Nel 2009, terzo anno da quando Enel è entrata
nel mondo apparentemente lontano della sua
L’installazione “Deep Garden” realizzata
dal gruppo A12. Venezia, 2008.
The A12 group’s “Deep Garden”
installation. Venice, 2008.
third- and second-century BCE
columns and mosaics to create a
playful and colourful visionary
narrative of abstract and provocative
landscapes, reinterpreting a space pervaded
with history in a very contemporary vision. Their
high-energy artistic language highlights what
are today neglected ancient temples, recharging
the site with life that can defeat the entropy of
time.
In the boulevards around the Policlinico Umberto
I hospital, US artist Jeffrey Inaba77 created
“Waiting Room”, an installation made up of
colours, lights, geometric forms and ecosustainable elements that transform the hospital’s
waiting room – a particularly tense and complex
social environment fraught with emotion – into a
place capable of conveying positive energy. His
installation consisted of a large mushroomshaped canopy more than 9m in diameter,
alongside an 8m-diameter habitable sphere with
a large opening for photovoltaic panels capable
of generating the power needed to light the
space, and an additional installation, a 3.5m-wide
sphere placed near the main entrance to serve as
a signalling lantern.
Between Images
and Contemporary Visions
For 2009, Enel’s third year on its journey into
contemporary art – a world only apparently
distant from its corporate mission – the
company continued to foster research into the
127
L’impegno di Enel
The commitment of Enel
128
mission istituzionale,
quello dell’arte
contemporanea,
l’azienda continua a
stimolare studi sulle
motivazioni che
mettono in
movimento l’arte,
convinta che l’arte
cambi il modo con il
quale ci si rapporta al
mondo e nell’ambito
di Enel Contemporanea attiva una partnership
con il Macro (il Museo di arte contemporanea di
Roma) selezionando artisti emergenti per
costruire un progetto duraturo di elevato profilo
artistico. Nell’ambito di questa iniziativa il
curatore del progetto Francesco Bonami78,
affermata personalità di elevato spessore
culturale e noto in ambito internazionale in
grado di garantire visibilità e consenso in tutti i
40 Paesi in cui Enel è presente, sceglie l’opera
“Frontier” dell’artista Doug Aitken79. L’opera,
donata da Enel al Macro consiste in una grande
installazione multimediale, posta sulla punta
dell’isola Tiberina a Roma, in cui film, suono,
architettura e performance live danno vita a uno
spazio sensoriale unico e completo. Il punto di
partenza da cui si sviluppa il suggestivo percorso
interativo è una grande stanza a cielo aperto
dove sulle pareti vengono proiettate le immagini
di una storia metropolitana che ha come
protagonista un famoso artista americano, Ed
Ruscha80, che si muove in posti diversi nell’arco
di una giornata in una passeggiata misteriosa e
surreale, in un ambiente vivo e pulsante, carico
di energia, un’energia potenziata dalla musica
che aumentando man mano di intensità
sottolinea il crescente desiderio di cambiamento
del mondo e della società dell’uomo.
“Frontier” dell’artista
Doug Aitken sulla
punta dell’isola
Tiberina. Roma, 2009.
Enel Contemporanea Award
Enel Contemporanea Award
“Frontier”
by artist Doug Aitken
on the tip of Isola
Tiberina. Rome, 2009.
Nel 2010 il progetto Enel Contemporanea, giunto
alla sua quarta edizione, si rinnova con la formula
dell’Award, un “premio” internazionale
selezionato da un comitato scientifico formato da
esponenti di spicco dell’arte contemporanea
internazionale, Marc-Oliver Wahler, direttore del
Palais de Tokyo di Parigi, Beatrix Ruf, direttore
dello Kunstahalle di Zurigo, Mami Kataoka, chief
curator Mori Art Museum di Tokyo, Tirdad
Zolghadr, critico e curatore indipendente di
Berlino, Lourdes Fernandez, direttrice della fiera
ARCO di Madrid, Jessica Morgan, curatrice del
dipartimento arte contemporanea Tate Modern di
Londra, Hou Hanru, curatore del San Francisco
Art Institute.
Tra i sette artisti giunti alla selezione finale, lo
spagnolo Daniel Canogar, l’olandese Bik Van der
Pol, l’inglese Anya Gallaccio, i portoricani Allora &
Calzadilla, gli americani Jonathan Horowitz e
Meg Cranston ed il francese Loris Gréaud, risulta
vincitore il duo olandese Bik Van der Pol81
(Liesbeth Bik e Jos Van der Pol) la cui opera “Are
you really sure that a floor can’t also be a
ceiling?” (Sei davvero sicuro che un pavimento
non possa essere anche un soffitto?) è ospitata
nella nuova ala permanente del Macro, ideata
dall’architetto francese Odile Decq. L’installazione,
che consiste in un modello architettonico
liberamente ispirato alla Farnsworth House, icona
del modernismo, realizzata nel 1951 da Mies van
der Rohe il quale aveva concepito una casa sul
fiume con grandi pareti trasparenti, che
mediavano l’interno con l’esterno, si presenta
come una casa popolata da farfalle considerate
una delle specie più sensibili ai cambiamenti
climatici tanto da essere reputate un vero e
proprio indicatore relativo alle condizioni
In 2010, for its fourth edition the Enel
Contemporanea project was re-purposed as an
award, an international prize given by an expert
panel of leading art figures from the art world:
Marc-Oliver Wahler, Director of the Palais de
Tokyo, in Paris; Beatrix Ruf, Director of the
Kunsthalle in Zurich; Mami Kataoka, Chief
Curator of the Mori Art Museum, Tokyo; Tirdad
Zolghadr, a Berlin-based independent critic and
curator; Lourdes Fernandez, Director of the ARCO
Faior, Madrid; Jessica Morgan, Curator of the Tate
Modern contemporary art department, London;
and Hou Hanru, Curator of the San Francisco Art
Institute.
Seven artists were shortlisted: Daniel Canogar of
Spain, Bik Van der Pol of Holland, Anya Gallaccio
of England, Allora & Calzadilla of Puerto Rico,
Jonathan Horowitz and Meg Cranston of the US,
and Loris Gréaud of France. The ultimate winner
of the prize was the Dutch duo Bik Van der Pol81
(Liesbeth Bik and Jos Van der Pol), whose work
“Are you really sure that a floor can’t also be a
ceiling?” is now housed in the new permanent
wing of the Macro (which was designed by
French architect Odile Decq). Consisting of an
architectural model freely inspired by icon of
modernism Farnsworth House (a 1951 design by
Mies van der Rohe of a house on a river with
huge see-through walls to mediate the interior
with the exterior), the installation presents itself
as a house populated by butterflies, a species
considered sensitive to climate change, a veritable
indicator of environmental conditions and the
ultimate agents of transformation, change and
recycling. In this work, the artists’ intention is to
get us to think about the relationship between
human beings and nature, reminding us that a
motivations that
underlie art, in the
conviction that art
changes the way we
relate to the world.
Under the auspices of Enel Contemporanea, the
company entered into partnership with the
Macro museum in Rome (Museo di Arte
Contemporanea di Roma) to select emerging
artists to work together on a long-term, highprofile art project. As part of this initiative,
project curator Francesco Bonami78 – an
internationally-renowned, culturallyaccomplished figure capable of ensuring visibility
and support in all fourteen nations where Enel
operates – chose “Frontier” by artist Doug
Aitken.79 Subsequently donated by Enel to
Macro, the work consisted of a large multimedia
installation located on the tip of Isola Tiberina,
an island in Rome, in which a film, sound,
architecture and live performance combined to
create a unique sensorial space. The thoughtprovoking interactive journey begins in a large
open-air room. A metropolitan story starring
famous American artist Ed Ruscha80 is projected
onto the walls of this room: on a mysterious and
surreal journey, Ruscha visits a number of places
over a day, in a live, pulsing environment
coursing with energy; this energy is strengthened
by music which gradually gains in intensity,
highlighting an increasing desire for change in
the world and in human society.
129
L’impegno di Enel
The commitment of Enel
“Big Bambù: You Can’t, You Don’t and
You Wont’t Stop”, installazione realizzata
nel cortile del Macro di Testaccio.
Roma, 2012.
“Big Bambù: You Can’t, You Don’t
and You Won’t Stop”, an installation
erected in the courtyard of the Macro
di Testaccio museum. Rome, 2012.
130
ambientali, e agenti ultimi di trasformazione,
cambiamento e riciclaggio. L’opera, nelle
intenzioni degli artisti, dà motivi di riflessione sul
rapporto tra uomo e natura, e ricorda che se un
battito d’ali può cambiare il mondo, secondo il
concetto di effetto farfalla tratto dalla teoria del
caos, per cui ogni battito di ali di una farfalla
produce un piccolo cambiamento nella
condizione iniziale del sistema, causando una
catena di eventi che conducono ad un’alterazione
degli eventi su ampia scala, così ogni più piccolo
gesto dell’uomo può avere conseguenze più
grandi, e provocare grandi cambiamenti in sistemi
complessi, in modi del tutto inaspettati e
imprevisti. Nell’opera, il pubblico che è ammesso
all’interno della struttura, può osservare le varie
fasi metamorfiche delle farfalle, e riflettere sui
cambiamenti in atto nell’ecosistema e
sull’urgenza di adottare comportamenti più giusti
ed eco-sostenibili.
L’edizione 2011 di Enel Contemporanea Award
vede come protagoniste tre eccellenze del mondo
dell’arte, l’artista belga Carsten Höller, la
canadese Bruce Mau e l’italiana Paola Pivi
chiamate a creare un’opera inedita ispirata alle
diverse forme dell’energia. L’opera premiata è
“Double Carousel with Zöllner Stripes”,
dell’artista Carsten Höller82, e viene esposta al
Macro negli spazi della grande sala Enel,
tra le più ampie sale espositive attualmente
presenti in Europa.
L’installazione si compone di due giostre ideate
dall’artista che, muovendosi in senso opposto
a velocità molto ridotta, consentono ai
visitatori di salire e scendere liberamente,
come fossero enormi mulini o macine in cui le
persone, sedute sopra, si avvicinano e si
allontanano in un moto rotatorio costante.
Intorno, linee visive dalle trame
wingbeat can change the world – a concept from
chaos theory known as the “butterfly effect”;
every beat of a butterfly’s wings produces a tiny
change to the system’s initial conditions, causing
a chain of events that can lead to wide-scale
repercussions on events – and therefore every
tiny human act can have larger consequences
and trigger altogether enormous unexpected and
unforeseeable changes to complex systems. The
public admitted to the structure observe the
various stages of metamorphosis in the
butterflies’ life, and ponder changes underway in
the ecosystem and the pressing need to adopt
more appropriate and more eco-sustainable
behaviour.
Three top artists featured in the 2011 Enel
Contemporanea Award: Belgian artist Carsten
Höller, Bruce Mau of Canada and Paola Pivi of
Italy, who were invited to create a new work
inspired by different forms of energy. The
winning work was Carsten Höller’s82 “Double
Carousel with Zöllner Stripes”, which was
displayed at Macro in the huge Enel Hall, one of
the largest exhibition spaces available today in
Europe.
This installation consisted of two merry-gorounds designed by the artist. Moving in opposite
directions at a snail’s pace, visitors could get on
and off as they wished, as if on two huge mills or
millstones, approaching and receding from others
as they constantly revolve. Around them,
apparently crossed visual lines known as “Zöllner
Stripes” trigger an effect that modifies spatial
perception, generating a slow-down in our view
of reality: past, present and future are
encompassed by the movement of these two
carousels, which are driven by inexhaustible oldfashioned energy. The artist accentuates the
ambiguity of the environment and the sense of
apparentemente incrociate,
“Zöllner Stripes”, creano un
effetto che modifica la
percezione dello spazio
generando una visione
rallentata della realtà:
passato, presente e futuro
sono riassunti dal
movimento dei due caroselli,
sospinti da un’energia antica
e inesauribile. L’artista
accentua l’ambiguità dell’ambiente e il senso
di disorientamento visivo attraverso un video,
in cui 50 coppie di gemelli monozigoti si
avvicinano nel punto in cui le giostre si
incontrano per poi allontanarsi gradualmente
salendo e scendendo dalle giostre, a
sottolineare le profonde sfaccettature del tema
del doppio che da uguale tuttavia nasconde
elementi di diversità.
Nel 2012 Enel celebra i suoi primi 50 anni e
decide di festeggiare tale evento con un progetto
speciale: commissionare un’opera altamente
simbolica da porre nell’altra sede del Macro, l’ex
mattatoio del Testaccio e Roma. Nel cortile del
museo gli artisti americani Mike e Doug Stern83
realizzano l’installazione “Big Bambú: You Can’t,
You Don’t and You Won’t Stop” (Non puoi, non
vuoi e non ti fermerai), che è inaugurata l’11
dicembre 2012. L’opera riesce a collegare ed
evidenziare tutti i valori che Enel vuole portare
avanti: attenzione all’ambiente e alla cultura per
migliorare le condizioni di vita delle persone. Big
Bambù è un dono alla città di Roma che offre al
pubblico la possibilità di vivere non solo lo spazio
museale, ma anche il quartiere, attraverso un
elemento riconoscibile da lontano sia di giorno
che di notte grazie ad una illuminazione studiata
ad hoc. Circa 8.000 aste di bambù prelevate nelle
foreste dell’Indonesia sono legate e incastrate fra
visual disorientation through a video in which 50
pairs of identical twins approach the point where
the two merry-go-rounds meet before gradually
moving apart, highlighting the deep-seated facets
of the idea of a double, even if, being the same,
that double nevertheless conceals elements of
diversity.
th
Enel commemorated its 50 anniversary in
2012 and celebrated the event through a
special project: the company commissioned a
highly symbolic work for Macro’s second site,
the former slaughterhouse in Rome’s Testaccio
district. In the museum courtyard, American
artists Mike and Doug Starn83 created an
installation called “Big Bambú: You Can’t, You
Don’t and You Won’t Stop”, which was
inaugurated on 11 December 2012. The work
linked and highlighted all of the values Enel
wishes to take forward: attentiveness to the
environment and a culture of improving
people’s living conditions. A gift to the city of
Rome, Big Bambù not only gave people a
chance to experience a museum space, but
offered the district something that could be
seen from far away by day or night, thanks to
the specially-designed lighting. The artists and
a group of thirty American and Italian rock
climbers assembled and lashed together some
8,000 bamboo poles from Indonesian forests
131
L’impegno di Enel
The commitment of Enel
132
loro dagli artisti insieme a un gruppo di trenta
rock climbers, arrampicatori esperti, americani e
italiani, per creare un’inedita scultura-architettura,
che si sviluppa fino a circa 25 metri di altezza.
L’opera concepita dai fratelli Stern come un
organismo vivente in continuo cambiamento nella
sua complessità ed energia, grazie all’utilizzo di
un materiale solido e flessibile, oltre che
altamente simbolico, come il bambù, diventa
anche elemento giocoso ed espressione della
molteplicità della vita, dell’immaginazione e della
creatività umana. Infatti i visitatori, fino a 70
persone contemporaneamente, possono
abbandonarsi nello spazio di quest’opera d’arte in
continua trasformazione provando sempre nuove
sensazioni, muovendosi liberamente, fermandosi
in zone di sosta o incontrandosi per scambiare
opinioni. Big Bambú che rende omaggio ad
antiche pratiche di costruzione, eredità del
passato, diventa anche luogo d’incontro, centro
culturale, oasi di svago, strumento di una nuova
forza propulsiva che nel collegare arte ed energia
porta a rafforzare il legame identitario dei
cittadini con il loro quartiere.
to create a one-off architectural sculpture 25m
in height. Thanks to its complexity and energy,
the work the Starn brothers conceived is akin
to a living organism in a state of continual flux.
A material like bamboo that is solid, flexible
and highly symbolic is a playful element
expressing the multiplicity of life, imagination
and human creativity. At any one time, up to
seventy people can give themselves to this
continually transforming work of art,
experiencing new sensations as they move
freely around the space it occupies, taking a
break in areas for that purpose, or meeting to
swap opinions. Big Bambú celebrates long
established building practices that are a legacy
of the past. It is also a meeting place, a
cultural centre, a leisure oasis and a new force
for connecting art and energy, as well as
strengthening people’s connection with the
identity of their district.
Coinvolgere
il pubblico
Once again with the desire to actively involve the
public and invite people to become part to (and a
complement to) an artwork as part of a collective
experience, while at the same time maintaining a
highly intimate and personal experience, for 2014
Enel Contemporanea Award offered Macro a
major installation (Harmonic Motion – Rete dei
draghi) by Japanese artist Toshiko Horiuchi
MacAdam from his “Air Pocket” series,84 which at
one the same time is a work of art, textile and
aerial sculpture and playspace. The installation
looks like a huge spider’s web hanging in the
museum’s hall. Anchored halfway up the side
wall, the web is woven from thick lengths of
Nel 2014, sempre con l’intento di coinvolgere il
pubblico in maniera attiva, invitandolo a diventare
parte e completamento dell’opera in
un’esperienza collettiva e nel contempo
estremamente intima e personale Enel
Contemporanea Award propone al Macro una
grande installazione, Harmonic Motion – Rete dei
draghi, della serie “Air Pocket”, dell’artista
giapponese Toshiko Horiuchi MacAdam84 che è
allo stesso tempo opera d’arte, scultura tessile e
Involving
the Public
aerea, spazio gioco. L’installazione si presenta
come una grande ragnatela sospesa nella hall del
museo, a metà ancorata alle pareti, una rete
intrecciata, composta da grosse funi di nylon
intessuta dall’artista, con un uncinetto nell’arco
di oltre sei mesi, dai colori sgargianti, assemblata
come tante corolle di fiori o centrini giustapposti.
Il visitatore può interagire con il lavoro, scalarlo
per prenderlo e dominarlo, aggrapparsi ai
pendagli, oppure lasciarsi avvolgere da esso in un
momento di abbandono rilassante, e ritrovandosi
in quella trama colorata sentirsi unico
protagonista di un’esperienza esaltante, ma al
tempo stesso complice degli altri nella
condivisione di un gioco. Sicuramente nella scelta
del materiale e della trama l’artista è stata
influenzata dalla cultura del suo paese di origine,
il Giappone, in cui il rapporto con il corpo e con il
tatto sono forse più importanti che l’aspetto
visivo. La fonte di energia nasce dal lavoro del
singolo in un atto di intimità personale, dalla
ripetitività del suo gesto che producendo parti
interconnesse tra loro creano la dimensione e lo
spazio dell’opera.
Sempre nel 2014, ad ulteriore
conferma del suo impegno
nell’organizzare e sostenere
iniziative per lo sviluppo della
cultura artistica, Enel supporta
come main sponsor supporta
l’allestimento di due mostre
sull’opera della celebre artista
messicana Frida Kahlo e
consolida sempre più la
collaborazione con la Biennale
di Venezia avviata nel 2008
ponendo grande attenzione
alla promozione dell’arte nelle
sue varie declinazioni. Con un
partenariato con Sky Arte, il
nylon rope assembled by the artist using crochet
over the space of more than six months, brightly
coloured and looking like a series of flower
corollas or juxtaposed doilies. Visitors could
interact with the work, climb up it, take
possession of and dominate it; hold onto its
hanging protuberances or allow themselves to be
wrapped up in it in a moment of relaxed
abandonment; they could feel like the sole
protagonist of a thrilling experience in its
coloured grip, and at the same time be
accomplices in shared playfulness. In her choice
of materials and shape, the artist was without
doubt influenced by the culture in her home
country of Japan, in which the relationship with
the body and touch is perhaps more important
than the visual. The work exudes energy as a
product of the work of an individual in an act of
personal intimacy, from the repetitive nature of a
gesture that, through the production of
interconnected parts, creates the work’s
dimension and space.
Further confirming its commitment to
organizing and supporting initiatives for the
development of artistic
culture, in 2014 Enel became
the main sponsor of two
exhibitions of works by
famous Mexican artist Frida
Kahlo, and further
consolidated a partnership
with the Venice Biennale that
began back in 2008 by
“Harmonic Motion - Rete dei Draghi”,
installazione della serie “Air Pocket”
dell’artista giapponese Toshiko Horiuchi
negli ambienti del Macro. Roma, 2014.
“Harmonic Motion - Rete dei Draghi”,
an installation from Japanese artist
Toshiko Horiuchi’s “Air Pocket” series
at the Macro Museum. Rome, 2014.
133
L’impegno di Enel
The commitment of Enel
canale televisivo tematico in HD, Enel partecipa a
un palinsesto che spazia dalla pittura alla musica,
dal cinema alla letteratura, proponendo eventi
speciali e produzioni ad hoc.
134
All’Expo Milano 2015 Enel, Global Official
Partner dell’evento, è stata presente con un
proprio padiglione in cui l’azienda ha illustrato
la funzionalità di tecnologie all’avanguardia, in
grado di trasformare in realtà il sogno delle
Smart Cities, sia in Italia che nei diversi Paesi in
cui opera: un vero e proprio modello per il
futuro. Secondo le previsioni, infatti, nel 2030
le popolazioni vivranno per lo più nelle aree
urbane e le Smart Grids che consentono la
gestione integrata del mix energetico,
distribuita da fonti rinnovabili, dei controlli sulla
rete, dell’illuminazione pubblica, dei sistemi di
accumulo e del network di ricarica dei veicoli
elettrici, rappresentano la base per garantire
uno sviluppo sostenibile ed efficiente delle città.
Il tema dell’Expo 2015 “Nutrire il pianeta,
energia per la vita” è stato in perfetta sintonia
con gli intendimenti e gli impegni culturali e
sociali assunti dal Gruppo infatti come il cibo è
energia per la vita, l’energia è vita, cultura,
sviluppo e dove l’energia è distribuita in modo
efficiente, c’è sostenibilità e rispetto per
l’ambiente.
Questo significa sviluppo delle energie rinnovabili,
e accesso all’elettricità, in particolare in aree come
Africa e America Latina. Un fronte su cui Enel è già
impegnata, attraverso progetti specifici e
investimenti nella ricerca di soluzioni tecnologiche
innovative ed efficienti. E l’Expo Milano 2015 è
stata la vetrina ideale per mostrare questi
strumenti all’avanguardia, atti a portare nel mondo
un’energia sempre più green e smart e continuare
a promuovere una riflessione sull’energia
attraverso il linguaggio universale dell’arte.
focusing on promoting art in its many forms.
Through a partnership with theme-based HD
channel Sky Arte, Enel became involved in TV
scheduling that ranged from painting to music,
cinema and literature, offering special events
and ad hoc series.
Enel became Global Official Partner of Expo
Milano 2015, where at its own pavilion the
company demoed leading-edge technologies
capable of turning the dream of Smart Cities
into a reality, both in Italy and in the various
nations where it operates, in the process
offering a true template for the future. It is
forecast that by 2030 the majority of the
world’s population will live in urban areas. Smart
Grids will enable the integrated management of
the energy mix, generation by renewables,
network monitoring, public lighting, storage
systems and a recharging network for electric
vehicles, paving the way for sustainable and
efficient development. The Expo 2015 theme
“Feeding the Planet, Energy for Life” is a perfect
fit with the Group’s understanding and cultural
and social undertakings. Just as food provides
energy for life, energy is indeed life, culture and
development; where energy is distributed
efficiently, it is possible to achieve sustainability
and respect for the environment.
This entails the development of renewables and
access to electricity, particularly in parts of the
world like Africa and Latin America. Enel is
already hard at work on this front through ad
hoc projects and investments in the R&D of
innovative and efficient technological solutions.
Expo Milano 2015 was an ideal opportunity to
showcase these cutting-edge tools and to bring
increasingly green and smart energy to the world,
while promoting further debate on energy
through the universal language of art.
Note/Notes
A. Rossi, Scritti scelti sull’architettura e la città 1956-1972, Ed.
Quodlibet (Collana Abitare), Macerata, 2012.
2
G. Colombo, Il carbone bianco, Anthelios edizioni 2013.
3
Nel cinquantenario della Società Edison 1884-1934.
4
L’Elettrotecnica, giornale e Atti dell’Associazione Elettrotecnica
Italiana, Milano, Anno VII, 25 Giugno 1929.
5
“L’Illuminazione del San Carlo attraverso i tempi”, Notiziario SME,
agosto 1956.
6
“Piazza Colonna illuminata”, Illustrazione Enel, marzo 1965.
7
“Il Concorso per l’illuminazione delle vetrine”, L’Energia Elettrica,
marzo 1928.
8
“Un campo sperimentale di illuminazione stradale”, L’Energia
Elettrica, agosto 1928.
9
“Le insegne luminose”, L’Energia Elettrica, febbraio 1928.
10
Bollettino UNPA, a. II, n. 2, febbraio 1938, p. 3.
11
“Pitture di luce”, Elettricità e vita moderna, settembre-ottobre
1954.
12
“Manifestazioni napoletane per il cinquantenario della lampada
elettrica”, L’Elettrotecnica, gennaio 1930.
13
E. Castaldi, Illuminazioni architettoniche, Milano, n. 3, marzo
1930, anno II.
14
M. Piacentini, “Luce artificiale e rivoluzione architettonica”, Il
giornale d’Italia, 22 maggio 1929 e Illuminotecnica, rivista italiana
di illuminazione, maggio-giugno 1929.
15
L’Elettrotecnica, giornale e Atti dell’Associazione Elettrotecnica
Italiana, Milano, 25 gennaio 1932.
16
“Pompei. Illuminazione Antica e Moderna”, Elettricità e vita
moderna, marzo-aprile 1955.
17
R. Rossotti, Illustrazione Enel, ottobre 1972.
18
“L’arte e la luce nei musei”, Elettricità e vita moderna, settembreottobre 1954.
19
M. McLuhan, Understanding media, McGraw-Hill, New York 1964,
trad. it., Gli strumenti del comunicare, Garzanti, Milano 1977.
20
R. Rossotti, “Il gusto scenografico del Barocco”, Illustrazione Enel,
gennaio-febbraio 1973.
21
R. Rossotti, “Illuminazione dei musei: la galleria Borghese”,
Illustrazione Enel, febbraio 1974.
22
“L’Illuminazione notturna dei principali monumenti cittadini”,
Notiziario SME, novembre 1953.
23
R. Rossotti, “Acqua e luce: tra le più belle fontane d’Italia”,
Illustrazione Enel, settembre 1972.
24
A. Sant’Elia, Manifesto dell’architettura futurista, 11 luglio 1914.
25
F. T. Marinetti “Lo splendore geometrico e meccanico e la
sensibilità numerica”, Milano, 18 marzo 1914.
26
L’Elettrotecnica, giornale e Atti dell’Associazione Elettrotecnica
Italiana vol. XIII n.17, 15 giugno 1926, Milano1926.
27
Camillo Boito, (1836-1914), storico, architetto, letterato, dalla
formazione europea insegnò all’Accademia di Venezia e di Brera,
il suo contributo ruotava intorno alla questione dello stile futuro
1
A. Rossi, Scritti scelti sull’architettura e la città 1956-1972, Ed.
Quodlibet (Collana Abitare), Macerata, 2012.
2
G. Colombo, Il carbone bianco, Anthelios edizioni, 2013.
3
Nel cinquantenario della Società Edison, 1884-1934.
4
L’Elettrotecnica, Giornale ed Atti dell’Associazione Elettrotecnica
Italiana, Milan, Year VII, 25 June 1929.
5
“L’Illuminazione del San Carlo attraverso i tempi”, Notiziario SME,
August 1956.
6
“Piazza Colonna illuminata”, Illustrazione Enel, March 1965.
7
“Il Concorso per l’illuminazione delle vetrine”, L’Energia Elettrica,
March 1928.
8
“Un campo sperimentale di illuminazione stradale”, L’Energia
Elettrica, August 1928.
9
“Le insegne luminose”, L’energia Elettrica, February 1928.
10
Bollettino UNPA, A. II, no. 2, February 1938, p. 3.
11
“Pitture di luce”, Elettricità e vita moderna, September/October
1954.
12
“Manifestazioni napoletane per il cinquantenario della lampada
elettrica”, “L’Elettrotecnica”, January 1930.
13
E, Castaldi, Illuminazioni architettoniche, Milan, no. 3, March
1930, Year II.
14
M. Piacentini, “Luce artificiale e rivoluzione architettonica”, Il
giornale d’Italia, 22 May 1929 and Illuminotecnica, rivista italiana
di illuminazione, May/June 1929.
15
L’Elettrotecnica, giornale ed Atti dell’Associazione Elettrotecnica
Italiana, Milan, 25 January 1932.
16
“Pompei. Illuminazione Antica e Moderna”, Elettricità e vita
moderna, March/April 1955.
17
R. Rossotti, Illustrazione Enel, October 1972.
18
“L’arte e la luce nei musei” Elettricità e vita moderna,
September/October 1954.
19
M. McLuhan, Understanding Media, McGraw-Hill, New York 1964,
it. trans, Gli strumenti del comunicare, Garzanti, Milan 1977.
20
R. Rossotti, “Il gusto scenografico del Barocco”, Illustrazione Enel,
January/February 1973.
21
R. Rossotti, “Illuminazione dei musei: la galleria Borghese”,
Illustrazione Enel, February 1974.
22
“L’Illuminazione notturna dei principali monumenti cittadini”,
Notiziario SME, novembre 1953.
23
R. Rossotti, “Acqua e luce: tra le più belle fontane d’Italia”,
Illustrazione Enel, September 1972.
24
A. Sant’Elia, Manifesto dell’architettura futurista, 11 July 1914.
25
F. T. Marinetti, “Lo splendore geometrico e meccanico e la
sensibilità numerica”, Milan, 18 March 1914.
26
L’Elettrotecnica giornale ed atti dell’Associazione Elettrotecnica
Italiana, Vol. XIII no. 17, 15 June 1926, Milan 1926.
27
Camillo Boito (1836-1914) was a historian, architect and writer
in the European tradition who taught at the Venice and Brera
Academies. His special focus was the future style of Italian
1
137
138
dell’architettura italiana con un atteggiamento critico nei
confronti dell’Eclettismo che rifiutava come mera imitazione,
favorendo l’affermarsi di uno stile neo-romanico con richiami a
forme medievali che avrebbero dovuto essere studiate e fuse nelle
moderne composizioni. Propose una teoria del restauro filologico
fondata sulla legittimità dell’istanza storica e sulla necessità della
salvaguardia della autenticità del monumento per cui i
monumenti dovevano essere “piuttosto consolidati che riparati,
piuttosto riparati che restaurati” nel rispetto di tutte le parti di un
edificio, anche quelle aggiunte nel corso della sua storia e se si
doveva aggiungere all’edificio una parte nuova, questa si doveva
differenziare per materiali e caratteri, ma senza alterare l’aspetto
complessivo del monumento.
28
“Centrale Elettrica a Vizzola Ticino”, Rassegna d’Architettura,
dicembre 1940.
29
“Impianto idroelettrico nel Bellunese, ingegnere Carlo Semenza e
architetto Duilio Torres”, Architettura, XXI, 1942.
30
Archeologia industriale nel Veneto, Giunta Regionale del Veneto, a
cura di S. De Vecchi, Nuove Edizioni Dolomiti, Verona, 1991. S.
De Vecchi, “La centrale di Sovérzene (Belluno)”, Archeologia
Industriale nel Veneto, Giunta Regionale del Veneto, Silvana
Editoriale, 1990.
31
“L’Affresco nella centrale elettrica di Soverzene”, L’Energia
Elettrica, gennaio 1954.
32
E. Conti, “Maggio 1913”, Taccuino di un borghese, Milano,
Garzanti, 1948, p. 62.
33
Rosaro, Centrale per la S.I.E.L, registro n. 31, febbraio 1912.
34
R. Bossaglia, L’architetto del lago. Giancarlo Maroni e il Garda, a
cura di F. Irace, Milano, Electa, 1993.
35
Da Il Popolo di Roma, n. 68, 19 marzo1928.
36
F. Depero, La Sera 4 marzo 1932, ora in L’architetto del lago.
Giancarlo Maroni e il Garda catalogo della mostra a Riva del
Garda, a cura di F. Irace, Milano, Electa, 1993.
37
G. Minnucci, “Alcune considerazioni sull’architetto”, SIT, Castel
Giubileo, Roma.
38
M. I. Zacheo, “Carteggio di un architetto romano: G. M. e la
polemica sull’architettura razionale”, Parametro, 1983, n. 113.
39
C. Maltese, Storia dell’arte in Italia 1785-1943, Giulio Einaudi
editore, Torino 1960.
40
“L’architettura spontanea in tema di protezione del paesaggio”,
Relazione di Edoardo Gellner al VI Convegno Nazionale di
Urbanistica di Lucca, novembre 1957.
41
G. Ponti, Amate l’architettura, Genova 1957.
42
Espressione di Gio Ponti in Aria d’Italia, 1954.
43
Incartamento 17/55 n.267 Archivio Enel.
44
J. Rewald, Pissarro, Parigi 1962.
45
Illustrazione Enel, gennaio-febbraio 1977.
46
Illustrazione Enel, maggio 1972.
47
M. G. Renzo, “L’elettricità nella vita civile”, Storia dell’industria
architecture. He was critical of Eclecticism, which he rejected as
mere limitation. He championed the emergence of a neoRomanesque style with references to mediaeval forms – an
approach that he espoused and hoped would be integrated into
modern compositions. He advanced a theory of philological
restoration based on legitimizing historical instances and the
need to safeguard the authenticity of monuments. For him,
monuments should be “consolidated rather than repaired,
repaired rather than restored”, in order to respect all parts of a
building, including those added over the course of its history. If
it was necessary to add a new section to a building, it should be
differentiated in its material and characteristics, yet without
altering the monument’s overall aspect.
28
“Centrale Elettrica a Vizzola Ticino”, Rassegna d’Architettura,
December 1940.
29
“Impianto idroelettrico nel Bellunese, ingegnere Carlo Semenza e
architetto Duilio Torres”, Architettura, XXI, 1942.
30
Archeologia industriale nel Veneto, Giunta Regionale del Veneto,
edited by S. De Vecchi, Nuove Edizioni Dolomiti, Verona, 1991.
S. De Vecchi, “La centrale di Sovérzene (Belluno)”, Archeologia
Industriale nel Veneto, Giunta Regionale del Veneto, Silvana
Editoriale, 1990.
31
“The fresco at the Soverzene electricity generating station”,
L’Energia Elettrica, January 1954.
32
E. Conti, “May 1913”, Taccuino di un borghese, Milan, Garzanti,
1948, p. 62.
33
Rosaro, Centrale per la S.I.E.L, registry no. 31, February 1912.
34
R. Bossaglia, in L’architetto del lago. Giancarlo Maroni e il Garda,
edited by F. Irace, Milan, Electa, 1993.
35
From Il Popolo di Roma, no. 68, 19 March 1928.
36
F. Depero, La Sera 4 March 1932, now in L’architetto del lago.
Giancarlo Maroni e il Garda, catalogue to an exhibition at Riva del
Garda, edited by F. Irace, Milan, Electa, 1993.
37
G. Minnucci, “Alcune considerazioni sull’architetto”, SIT, Castel
Giubileo, Rome.
38
M. I. Zacheo, “Carteggio di un architetto romano: G. M. e la
polemica sull’architettura razionale”, Parametro, 1983, no. 113.
39
C. Maltese, Storia dell’arte in Italia 1785-1943, Giulio Einaudi
editore, Turin 1960.
40
“L’architettura spontanea in tema di protezione del paesaggio”,
paper by Edoardo Gellner given to the VI Convegno Nazionale di
Urbanistica di Lucca, November 1957.
41
G. Ponti, Amate l’architettura, Genoa 1957.
42
An expression from Gio Ponti in Aria d’Italia, 1954.
43
Dossier 17/55 no. 267 Archivio Enel.
44
J. Rewald, Pissarro, Paris 1962.
45
Illustrazione Enel, January/February 1977.
46
Illustrazione Enel, May 1972.
47
M. G. Renzo:” L’elettricità nella vita civile”, Storia dell’industria
elettrica in Italia. Terza espansione e oligopolio 1926-1945 vol.3
Laterza, Roma-Bari 1993.
48
Inno della luce.
49
Intervista di Cappiello alla radio francese, R. Monti, E. Matucci,
Leonetto Cappiello: dalla pittura alla grafica, Firenze 1939.
50
F. Depero, Manifesto dell’Arte Pubblicitaria Futurista, 1932.
51
F. T. Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1909.
52
Manifesto “Uccidiamo il chiaro di luna” nella rivista Poesia, n.79, 1909.
53
F. T. Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1909.
54
E. Coen, “Trecento lune elettriche. Futurismo ed elettricità”
Paesaggi elettrici, Marsilio, 1998.
55
A. Beltran, La fée électricité, Paris, Gallimard, 1991.
56
Illustrazione Enel, novembre-dicembre 1980.
57
Domus 1928, n.3.
58
Domus 1928, n.3.
59
L. Fontana, Manifesto Bianco, 1946.
60
L. Fontana, Manifesto Spaziale, 1947.
61
Illustrazione Enel, maggio 1972.
62
M. Merleau-Ponty, Il primato della percezione e le sue conseguenze
filosofiche, Medusa, Milano 2004. Per approfondimenti cfr. H.
Sedlmayr, La luce nelle sue manifestazioni artistiche, Aesthetica,
2009; cfr. “Ethique des concepteurs lumière, L’urbanisme
lumière”, dalla voce “Piano urbano” del Vocabolario di R. M.
Antoni, 1992; cfr. S. De Ponte, Architetture di luce, Gangemi
Editore, Roma 1996; cfr. L. Cremonini, Luce. Luce naturale, luce
artificiale, Alinea, Firenze 1992.
63
G. C. Argan, L’arte moderna 1770/1970, Sansoni, Firenze 1970.
64
Joachim Teichmüller: architetto tedesco che contribuì in modo
significativo allo sviluppo dell’approccio della gestalt nelle
discipline architettoniche. Fu attivo a Berlino e poi a New York
durante la prima metà del Novecento.
65
J. Teichmüller, “Lichtarchitektur”, Licht und Lampe, Union,
Berlin, 1927.
66
J. Teichmüller, “Lichtarchitektur”, Licht und Lampe, Union,
Berlin, 1927.
67
M. Major, J. Speirs, A. Tischhauser, Made of light. The art of light
and architecture, Birkhäuser, Basel 2005, p. 40.
68
A. Einstein, L. Infeld, The evolution of physics, Cambridge
University Press, Cambridge 1938, trad. it. L’evoluzione della
fisica, Boringhieri, Torino 1985, p. 213.
69
M. Merleau-Ponty, Phénoménologie de la perception, Gallimard,
Paris 1945, trad.it. di A Bonomi, Bompiani, Milano 2003.
70
M. Perniola, “Celebrare la città”, Eterotopia, saggi di M. Foucault
e altri, Milano, Mimesis 1994.
71
L’Ara Pacis è l’altare che rappresenta uno degli esempi più alti
dell’arte classica, la cui costruzione fu decretata dal Senato
romano nel 13 a.C. per onorare il ritorno di Augusto dalle
province di Gallia e di Spagna, nel 1996 fu progettato il
elettrica in Italia. Terza espansione e oligopolio 1926-1945 Vol. 3,
Laterza, Rome-Bari 1993.
48
Anthem to Light.
49
Interview with Cappiello on French radio, R. Monti and E. Matucci,
Leonetto Cappiello: dalla pittura alla grafica, Florence 1939.
50
F. Depero, Manifesto dell’Arte Pubblicitaria Futurista, 1932.
51
F. T. Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1909.
52
Manifesto “Uccidiamo il chiaro di luna” in the magazine Poesia,
no. 7-9, 1909.
53
F. T. Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1909.
54
E. Coen, “Trecento lune elettriche. Futurismo ed elettricità”
Paesaggi elettrici, Marsilio, 1998.
55
A. Beltran, La fée électricité, Paris, Gallimard, 1991.
56
Illustrazione Enel, Nov./Dec. 1980.
57
Domus 1928, no. 3.
58
Domus 1928, no. 3.
59
L. Fontana, Manifesto Bianco, 1946.
60
L. Fontana, Manifesto Spaziale, 1947.
61
Illustrazione Enel, May 1972.
62
M. Merleau-Ponty, Il primato della percezione e le sue conseguenze
filosofiche, Medusa, Milan 2004. To find out more, see H.
Sedlmayr, La luce nelle sue manifestazioni artistiche, Aesthetica,
2009; see Ethique des concepteurs lumière, L’urbanisme lumière,
from “Piano urbano” in the dictionary written by R. M. Antoni,
1992; see S. De Ponte, Architetture di luce, Gangemi Editore,
Rome 1996; see L. Cremonini, Luce. Luce naturale, luce artificiale,
Alinea, Florence 1992.
63
G. C. Argan, L’arte moderna 1770/1970, Sansoni, Florence 1970.
64
Joachim Teichmüller: a German architect who made a significant
contribution to developing a gestalt-based approach to
architectural disciplines. During the first half of the twentieth
century he worked in Berlin, and subsequently in New York.
65
J. Teichmüller, Lichtarchitektur, “Licht und Lampe”, Union,
Berlin, 1927.
66
J. Teichmüller, Lichtarchitektur, “Licht und Lampe”, Union,
Berlin, 1927.
67
M. Major, J. Speirs, A. Tischhauser, Made of Light. The Art of Light
and Architecture, Birkhäuser, Basel 2005, p. 40.
68
A. Einstein, L. Infeld, The Evolution of Physics, Cambridge
University Press, Cambridge 1938, It. trans L’evoluzione della
fisica, Boringhieri, Turin 1985, p. 213.
69
M. Merleau-Ponty, Phénoménologie de la perception, Gallimard,
Paris 1945, It. trans by A. Bonomi, Bompiani, Milan 2003.
70
M. Perniola, “Celebrare la città”, Eterotopia, essays by M.
Foucault et al, Milan, Mimesis 1994.
71
An altar that is one of the highest specimens of classic art, the Ara
Pacis was built following a decree issued by the Roman Senate in
13 BCE to commemorate the return of Augustus from the
provinces of Gaul and Spain. Richard Meier designed his museum
139
140
complesso museale da Richard Meier, costruito in acciaio,
travertino, vetro e stucco, che è il primo grande intervento
architettonico-urbanistico attuato nel centro storico di Roma dal
dopoguerra.
72
Angela Bulloch, artista canadese, nata nel 1966, finalista al
prestigioso Turner Prize londinese nel 1997, ha esposto in tutto il
mondo con mostre personali e collettive nelle più prestigiose
istituzioni internazionali, tra cui UC Berkeley Art Museum and
Pacific Film Archive di Berkeley (CA), Modern Art di Oxford,
Museum of Contemporary Art di Chicago. Ha inoltre partecipato
alla Biennale di Venezia nel 2003 e alla Tate Liverpool di
Liverpool nel 2002. Vive e lavora tra Londra e Berlino.
73
Jeppe Hein, nato a Copenhagen nel 1974, ha esposto in alcune
delle più importanti istituzioni d’arte a livello mondiale, tra cui il
Barbican Art Centre di Londra, il Centre Pompidou di Parigi, la
Hayward Gallery di Londra, la Biennale di Liverpool e la Biennale
di Venezia. Nel corso del 2007 ha partecipato a mostre presso la
Tate Modern di Londra e lo Sculpture Center di New York. Vive
e lavora tra Berlino e Copenhagen.
74
Patrick Tuttofuoco nato a Milano nel 1974, ha presentato le sue
opere nelle più importanti mostre nazionali ed internazionali, nel
2006 la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo gli ha dedicato la
mostra Revolving Landscape. Ha partecipato alla Biennale di
Venezia nel 2003, a Manifesta 5 nel 2004. Vive e lavora a Milano.
75
Gruppo A12 è un collettivo di architetti formato da Nicoletta
Artuso, Andrea Balestrero, Gianandrea Barreca, Antonella
Bruzzese, Maddalena De Ferrari, Fabrizio Gallanti e Massimiliano
Marchica, nato nel 1993 e attivo fra Genova e Milano. Il lavoro
del gruppo si articola in modalità che propongono l’interazione e
la contaminazione fra architettura, urbanistica e arte
contemporanea. Attraverso la ricerca dei dettagli minimi che
costituiscono la trama del quotidiano, il gruppo A12 esplora e
racconta il carattere dei luoghi. Questa doppia scala di
osservazione, che oscilla tra le piccole dimensioni e le grandi
scale territoriali, caratterizza tutta la loro attività. I loro interventi
spaziano dalla grafica all’installazione, dall’allestimento alla
pianificazione urbana all’organizzazione di eventi culturali.
76
Avaf (Assume vivid astro focus) è un collettivo costituito a New
York City nel 2001 dal brasiliano Eli Sudbrack e dal francese
Christophe Hamaide-Pierson. Avaf fonde disegno, scultura,
video, in installazioni carnavalesque in cui la politica, i codici
culturali, i diritti civili, e la dissoluzione delle classificazioni
rigide di classe, galleggiano liberamente. Frequenti le
collaborazioni con musicisti, designer, ballerini e altri artisti, per
mettere in discussione pregiudizi, convinzioni e problematiche di
città e tradizioni culturali distinte nel tempo e nello spazio. Il
gruppo ha ricevuto riconoscimenti dalla Rema Hort Mann
Foundation (2002) e il Fondo Public Art (2007). Vivono e
lavorano tra Parigi e New York.
complex in 1996. The steel, travertine, glass and plaster building
was the first major architectural/town planning project to be built
in central Rome since the end of the Second World War.
72
Angela Bulloch is a Canadian artist born in 1966. She was shortlisted for the prestigious Turner Prize in London in 1997. She has
exhibited all over the world in one-woman and group shows at
top international venues such as the UC Berkeley Art Museum
and Pacific Film Archive (CA), the Oxford Modern Art Museum,
and the Museum of Contemporary Art in Chicago. She appeared
at the 2003 Venice Biennale and Tate Liverpool in 2002. She lives
and works in London and Berlin.
73
Born in Copenhagen in 1974, Jeppe Hein has exhibited at a
number of top art venues around the world, including the
Barbican Art Centre of London, the Centre Pompidou of Paris,
the Hayward Gallery of London, the Liverpool Biennial and the
Venice Biennale. In 2007, he exhibited at Tate Modern in London
and the Sculpture Center in New York. He lives and works in
Berlin and Copenhagen.
74
Patrick Tuttofuoco was born in Milan in 1974. His work has been
exhibited at leading Italian and international exhibitions. In
2006, the Sandretto Re Rebaudengo Foundation dedicated its
Revolving Landscape exhibition to his work. Tuttofuoco
participated at the 2003 Venice Biennale, and at Manifesta 5 in
2004. He lives and works in Milan.
75
Gruppo A12 is a collective of architects consisting of Nicoletta
Artuso, Andrea Balestrero, Gianandrea Barreca, Antonella
Bruzzese, Maddalena De Ferrari, Fabrizio Gallanti and
Massimiliano Marchica. Founded in 1993, it is active in Genoa
and Milan. The group’s work focuses on interacting between and
cross-pollinating architecture, town planning and contemporary
art. Gruppo A12 explores and reveals the character of places from
the tiny details that make up our daily lives. Shifting between the
tiny and the massive territorial, everything they do is
characterized by this twin observational yardstick. Their works
span graphics, installations, layouts, urban planning and staging
cultural events.
76
AVAF (Assume Vivid Astro Focus) is a collective founded in New
York City in 2001 by Eli Sudbrack of Brazil and Christophe
Hamaide-Pierson of France. AVAF combines design, sculpture and
video into carnivalesque installations in which politics, cultural
codes, civil rights and the dissolution of rigid class categories all
float freely. The collective often works with musicians, designers,
dancers and other artists to question prejudices, convictions and
issues on cities and cultural traditions separated by time and
space. The group has benefited from support by the Rema Hort
Mann Foundation (2002) and the Public Art Fund (2007). Its
members work between Paris and New York.
77
Jeffrey Inaba is a US artist who lives and works between Los
Angeles and New York. He is the founder of the INABA
Jeffrey Inaba, artista americano che vive e lavora tra Los Angeles
e New York, è il fondatore dello studio di architettura e
consulenza culturale INABA, a Los Angeles, che si occupa di
architettura, arte e urban design con una particolare attenzione
alla ricerca e al sociale. E’ inoltre Director del C-Lab, il gruppo di
architettura e comunicazione della Columbia University e
Program director del Southern California Institute for Future
Initiatives (SCIFI). Dal 1997 al 2003 ha diretto insieme a Rem
Koolhaas il Progetto sulla Città all’Harvard University’s Graduate
School of Design. Ha da poco esposto al New Museum di New
York, al Walker Art Center di Minneapolis e alla Fondazione
Sandretto Re Rebaudengo di Torino.
78
Francesco Bonami, curatore della Biennale di Venezia del 2003, è
attualmente Senior Curator del Museum of Contemporary Art di
Chicago, Direttore Artistico della Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo per l’Arte di Torino, Direttore Artistico di Pitti
Immagine Discovery a Firenze, Direttore Artistico del Centro
d’Arte Contemporanea Villa Manin. È inoltre Responsabile della
nuova collana “Supercontemporanea” edita da Electa Mondadori.
Per Oscar Mondadori sta per uscire “Potevo Farlo Anch’io”, una
raccolta sull’arte contemporanea.
79
Doug Aitken, artista californiano famoso a livello internazionale
per le sue opere di luci, suoni ed immagini, come la video
proiezione Sleepwalkers con cui ha ricoperto l’intera facciata del
MoMa nel 2007. Le sue opere sono state esposte al Whitney
Museum American Art, alla Serpentine Gallery di Londra, al
Centre Pompidou di Parigi.
80
Edward Ruscha un pittore e fotografo statunitense tra i
protagonisti della cultura Pop americana negli anni Cinquanta e
Sessanta, racconta con le sue opere la mutevolezza dei valori della
società americana attraverso stereotipi hollywoodiani quali i
distributori di benzina stilizzati o paesaggi archetipici. Autore dei
celebri Word Paintings, da lui definiti ‘anonimi scenari per il
teatro delle parole’, Ed Ruscha è famoso proprio per le frasi e le
parole che campeggiano nei suoi dipinti, e grazie alle quali
analizza l’interazione continua tra la dimensione fisica e quella
comunicativa del linguaggio.
81
Liesbeth Bik e Jos van der Pol lavorano e collaborano con il nome
Bik van der Pol dal 1995. Le loro opere invitano il pubblico a
ripensare ai luoghi, alla loro architettura, funzione e storia.
Esplorano le potenzialità dell’arte di produrre e trasmettere
conoscenza, così come di creare momenti di comunicazione. Tra
i progetti e le mostre più recenti si annoverano: la Biennale di
Istanbul; la mostra Volksgarten alla Kunsthaus Graz; Plug In
presso il Van AbbeMuseum di Eindhove; Models For Tomorrow
alla European Kunsthalle di Colonia; la Biennale di Mosca
(2007); Fly Me To The Moon, al Rijksmuseum di Amsterdam;
Naked Life, MOCA, Taipei (2006); Secession, Vienna; Cork
Caucus Cork (2005); Nomads in Residence, uno spazio di lavoro
77
Architectural and Cultural Consulting Practice in Los Angeles,
specializing in architecture, art and design, with a special focus
on research and social sphere. He is also Director of C-Lab, the
architecture and communication group of Columbia University,
and Program Director of the Southern California Institute for
Future Initiatives (SCIFI). From 1997 to 2003, with Rem
Koolhaas he ran the City Project at Harvard University’s Graduate
School of Design. He has recently exhibited at the New Museum
in New York, the Walker Art Center in Minneapolis and the
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo in Turin.
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Francesco Bonami, curator of the 2003 Venice Biennale, is
currently Senior Curator at the Museum of Contemporary Art in
Chicago, Artistic Director of the Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo per l’Arte in Turin, Artistic Director of Pitti
Immagine Discovery in Florence, and Artistic Director of the
Centro d’Arte Contemporanea Villa Manin. He is also the EditorIn-Chief of the new “Supercontemporanea” collection, which is
published by Electa Mondadori. Oscar Mondadori is bringing out
his latest book, an anthology on contemporary art, titled “Potevo
Farlo Anch’io”.
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Doug Aitken is a Californian artist who has earned international
renown for works incorporating light, sound and images,
including the video projection Sleepwalkers which covered all of
MoMa’s façade in 2007. His works have been exhibited at the
Whitney Museum of American Art, the Serpentine Gallery of
London and the Centre Pompidou of Paris.
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Edward Ruscha is a US painter and photographer. One of the
leading figures in American pop culture in the ’50s and ’60s, in
his works he tells the story of changing values in American
society through Hollywood stereotypes such as stylized petrol
stations and archetypal landscapes. Ed Ruscha is known
particularly for the words and phrases featured in his paintings,
through which he analyses the ongoing interaction between the
physical and communicational dimensions of language: he
defined his famous Word Paintings as “anonymous backdrops for
the drama of words”.
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Liesbeth Bik and Jos van der Pol have been working together
under the name Bik van der Pol since 1995. Their works invite
the public to reconsider places, their architecture, function and
history. They explore the potential of art to generate and pass on
knowledge by creating moments of communication. Recent
exhibitions include: the Istanbul Biennial; the Volksgarten
exhibition at the Kunsthaus Graz; Plug In at the Van
AbbeMuseum, Eindhoven; Models For Tomorrow at the
European Kunsthalle, Cologne; the Moscow Biennial (2007); Fly
Me To The Moon, at the Rijksmuseum, Amsterdam; Naked Life,
MOCA, Taipei (2006); Secession, Vienna; Cork Caucus, Cork
(2005); Nomads in Residence, a travelling workspace for artists,
Utrecht (2003, with architects Korteknie/Stuhlmacher).
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itinerante per gli artisti, Utrecht (2003, con gli architetti
Korteknie/Stuhlmacher).
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Carsten Höller Nato nel 1961 a Bruxelles e laureato in Agronomia
con una specializzazione in fitopatologia e una tesi sulla
comunicazione olfattiva tra gli insetti, concepisce l’arte come
strumento cognitivo, indagando la realtà oggettiva e la sua
percezione e utilizzando il disorientamento come caratteristica
imprescindibile di tutti i suoi lavori: dai funghi rotanti appesi al
soffitto della Fondazione Prada nel 2000 ai cinque scivoli in
acciaio Test Site installati nella Turbine Hall della Tate Modern di
Londra nel 2006 per la Unilever Series, fino ad arrivare alle sue
mostre più recenti, Soma, presso l’Hamburger Bahnhof – Museum
für Gegenwart di Berlino e Experience, inaugurata al New
Museum di New York, in cui uno scivolo all’interno di un
“serpentone” in acciaio e plexiglass consente di scivolare dal
quarto al secondo piano del Museo; nello stesso sito anche Psyco
Tank, una camera surriscaldata di privazione sensoriale.
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Mike e Doug Starn lavorano insieme da oltre vent’anni
focalizzandosi principalmente sull’arte concettuale e sulla
fotografia. Le loro opere, concepite come inedite strutture
organiche in evoluzione, sono presenti in numerose collezioni
pubbliche e private, e sono state esposte in musei e gallerie di
tutto il mondo, fra cui il Museum of Modern Art, il Metropolitan
Museum of Art e il Guggenheim Museum di New York, la
National Gallery of Victoria di Melbourne, lo Yokohama Museum
of Art in Giappone, la Maison Européenne de la Photographie di
Parigi. Rappresentati dal celebre gallerista Leo Castelli dal 1989
fino alla sua morte, nella loro carriera artistica gli Starn hanno
ricevuto numerosi riconoscimenti. Lavorano a Beacon, New York.
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Toshiko Horiuchi nata in Giappone, ha frequentato la Tama Art
University di Tokyo, per poi specializzarsi alla Cranbrook Academy
of Art negli Stati Uniti. Subito dopo la laurea ha iniziato a lavorare
come designer di tessuti per una prestigiosa società newyorkese
sviluppando una progressiva ricerca sul tessuto, sulla sua struttura e
modalità di applicazione, fino a realizzare opere d’arte esposte in
Giappone e a livello internazionale, che hanno dato il via al
movimento chiamato “art fabric”. Nel 1990 Toshiko ha fondato
insieme al marito Charles MacAdam, l’Interplay Design &
Manifacturing Inc, con l’obiettivo di promuovere in tutto il mondo
le sue sorprendenti sculture tessili e, in particolare, il progetto
“public art for kids”. La sua scultura in maglia Atmosphere of the
Floating Cube è presente nella collezione del Museo Nazionale
d’Arte Moderna di Kyoto. Vive e lavora in Canada.
Carsten Höller was born in Bruxelles in 1961. He graduated in
Agronomy with a specialization in phytopathology and a
dissertation on olfactory communication in the insect world.
Höller conceives of art as a cognitive instrument, enquiring into
objective reality and how it is perceived. Disorientation is a vital
characteristic of all of his works, from rotating mushrooms
hanging from the ceiling of Fondazione Prada in 2000 to five steel
slides in Test Site, installed in the Turbine Hall at Tate Modern in
London in 2006 as part of the Unilever Series, right down to more
most recent exhibitions, Soma at the Hamburger Bahnhof –
Museum für Gegenwart in Berlin, and Experience, which opened
at the New Museum in New York, where a slide within a huge
steel and plexiglass “snake” let visitors slide between the
museum’s fourth and second floors; the same venue also hosted
Psycho Tank, an overheated sensorial deprivation chamber.
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Mike and Doug Starn have been working together for over twenty
years, focusing principally on conceptual art and photography.
Conceived as new and evolving organic structures, their works
are part of many public and private collections, and have been
exhibited in museums and galleries around the world, including
the Museum of Modern Art, the Metropolitan Museum of Art and
the Guggenheim Museum in New York, the National Gallery of
Victoria in Melbourne, the Yokohama Museum of Art in Japan,
and the Maison Européenne de la Photographie in Paris.
Represented by famous gallerist Leo Castelli from 1989 until his
death, the Starns have received a number of accolades during
their artistic career. They work in Beacon, New York.
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Toshiko Horiuchi was born in Japan and attended the Tama Art
University in Tokyo, before going on to further studies at the
Cranbrook Academy of Art in the US. Immediately after
graduating, she began working as a fabric designer for a top New
York company. During this time she continued her research into
fabric, its structure and application, until she began making
works that were exhibited in Japan and internationally, ultimately
spawning a movement known as “art fabric”. In 1990, Toshiko
founded Interplay Design & Manufacturing Inc. with husband
Charles MacAdam to promote her surprising textile structures
around the globe and, in particular, her “public art for kids”
project. Her Atmosphere of the Floating Cube sculpture in wool
is part of the Kyoto National Museum of Art’s collection. She lives
and works in Canada.
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Antonella Basilico Pisaturo
Antonella Basilico Pisaturo, docente di arte contemporanea alla Facoltà di Architettura
dell’Università di Napoli. È giornalista ed autrice di un nutrito numero di pubblicazioni
dedicate al tema dell’arte. Tra le sue pubblicazioni ci sono: Pittori a Capri (La Conchiglia),
Dioniso tra le isole. Hans Paule: un artista ed il suo tempo (La Conchiglia),
Il volto decorato dell’architettura. Napoli 1930-1940 (Paparo edizioni), Fratelli d’arte.
Luigi e Giulio Parisio (Paparo edizioni).
Antonella Basilico is a Professor of Contemporary Art at the University of Naples Faculty
of Architecture. She is also a journalist and has written many books on art.
Her publications include: Pittori a Capri (La Conchiglia), Dioniso tra le isole. Hans Paule: un
artista ed il suo tempo (La Conchiglia), Il volto decorato dell’architettura. Napoli 19301940 (Paparo edizioni), and Fratelli d’arte. Luigi e Giulio Parisio (Paparo edizioni).
Nella stessa collana/In the same series:
Testo di
Written by
Antonella Basilico Pisaturo
Progetto grafico, coordinamento editoriale, impaginazione
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Tutte le foto provengono dall’Archivio Storico Enel
All photographs are from the Enel Archive
Stampa
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Varigrafica Alto Lazio s.r.l. - Roma
Finito di stampare nel mese di dicembre 2015
Printed in December 2015
Il Nucleare in Italia/Nuclear Power in Italy
Storia dell’Energia Verde/A History of Green Power
Invenzioni & Brevetti/Inventions & Patents
Protagonisti dell’Energia/Energy Leaders
Oggetti Elettrici/Electric Devices
Energia Oltre i Confini/Energy Beyond Borders
Energia in Rete/Power in the Grids
La Città Elettrica/The Electric City
Una Storia Elettrica/An Electric History
Comunicare l’Energia/Communicating Energy
Mestieri Elettrici/Electric Jobs
Tiratura 500 copie
500 copies printed
Pubblicazione fuori commercio
Publication not for sale
A cura di Comunicazione Italia
Edited by Communication Italy
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00198 - Roma, viale Regina Margherita 137
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