AOSTA GRUPPO STELLE
Transcript
AOSTA GRUPPO STELLE
Quest’anno, avendo studiato i Romani, abbiamo fatto un’uscita ad Aosta per vedere numerosi reperti risalenti a quel periodo. Aosta è una città magnifica, ricca di prati verdi e circondata da alte vette, spesso innevate. Come potete immaginare l’attesa è stata snervante e sembrava che il tempo non passasse mai: la nostra mente era tormentata da “incubi” delle serie: - E se ci ammaliamo? E se non ci svegliamo in tempo? E se la sveglia non suona?....... Beh, però, nonostante questi oscuri presagi, al mattino del 22 aprile ci siamo ritrovati tutti sul piazzale della scuola. All’arrivo del pullman eravamo molto eccitati e subito, con gran fretta, abbiamo messo gli zaini nella portabagagli. Saliti sul pullman, abbiamo incontrato i nostri compagni di viaggio: gli alunni della quinta di Lambrugo, con i quali facciamo gite dalla terza. Dopo un rapido saluto ai nostri genitori, finalmente siamo partiti e lungo il viaggio abbiamo stretto amicizia con i ragazzi di Lambrugo. Tra una chiacchiera e l’altra, dai finestrini abbiamo visito, nella zona di Vercelli e Novara, le risaie, nei pressi di Aosta castelli meravigliosi, paesini di montagna, cascate suggestive e il “Forte di Bard”, rimanendo affascinati dalla sua bellezza e imponenza. Sembrava di essere in paradiso! (Nicolas, Alessia) Dopo circa 3 ore e mezza di viaggio siamo giunti alla meta, dove ci attendeva la nostra guida, la signora Anna Careggi, una donna bionda, abbastanza alta e, per tutte le notizie che ci ha fornito, doveva sicuramente essere molto preparata . Subito ci ha presentato il Ponte Romano che una volta serviva per attraversare il fiume Buthier, che, nel corso degli anni, si è prosciugato completamente e il ponte è stato a poco a poco sotterrato. Solo recentemente è stato riportato alla luce e adesso è diventato un monumento, che potrebbe avere avuto molta importanza nella rete stradale romana. Subito dopo abbiamo visitato l’Arco di Augusto, che fu edificato nel 25 a.C. in occasione della vittoria romana sui Salassi. Si trova in asse con il Decumanus maximus e fu costruito con blocchi di conglomerato. Nel Medioevo venne denominato Voût, francese Saint– che significa “volto perché in santo”, su facciata una fu collocata l’immagine del Salvatore. Durante il XII secolo l’arco ospitò la dimora di una nobile famiglia; al suo interno, venne costruita una fortificazione per il corpo dei balestrieri. In seguito, per le numerose infiltrazioni che stavano rovinando il monumento, l’attico che lo coronava venne sostituito con un tetto in ardesia. (Gioele, Tania, Giulia R.) In seguito la guida ci ha accompagnati in una piccola piazza dove abbiamo visto una vecchia quercia che, nonostante abbia più di 500 anni e sia stata colpita da un fulmine, continua a crescere. Vicino a questa pianta svetta un imponente campanile di quindici piani e due ulteriori pinnacoli. È segnato da robusti pilastri a forma quadrangolare. Dopo aver ascoltato le spiegazioni della guida, siamo entrati nella chiesa di Sant’Orso. Nell’abside si trova un organo a canne. All’esterno abbiamo visitato il chiostro, con le sue arcate, le sue eleganti colonnine e i capitelli. (Deniz, Yolanda) Successivamente siamo giunti alla Porta Pretoria dove la guida ci ha spiegato che quella era una delle quattro porte collocate all’estremità del Cardo massimo e del Decumano massimo. Le porte erano protette da due torri poste ai lati della porta centrale, sopra quelle pedonali. Questa era situata a 2,5 metri sotto l’attuale livello della città. Le altre venivano chiuse con delle griglie di ferro, mosse da argani a mano, per proteggere la città da eventuali attacchi. La guida, a questo punto, ci ha mostrato una cartina che rappresentava la Porta Pretoria al tempo degli antichi Romani e ci ha chiesto di descriverla. In quel momento tutti ci siamo ammutoliti: non sapevamo risponderle! Anna ci ha spiegato che era una puddinga di ciottoli, cioè un conglomerato. Successivamente ci siamo incamminati all’interno delle mura della città, per raggiungere l’Anfiteatro. Ad un certo punto, abbiamo visto un’imponente struttura alta come un palazzo di sette piani, dotata di finestre, alcune delle quali sono state coperte e ci sono due teorie per spiegarne il motivo: 1. sono state coperte dai Romani perché si presume che, durante la costruzione, non abbiano calcolato dove sarebbero arrivate le gradinate dedicate al pubblico, dove si potevano sedere circa 15.000 spettatori 2. sono state chiuse perché non sarebbero servite. L’Anfiteatro era dotato di una sala per l’orchestra, di una sala per gli attori e di “ripetitori”: fori nei muri, rivestiti di metallo, posti a una distanza calcolata per poter amplificare la voce in tutto l’anfiteatro. Le gradinate erano alte come un palazzo di due piani. Vicino a questo anfiteatro era situato un acquedotto. Montagne maestose, rocciose e innevate, incorniciavano questo spettacolare paesaggio! Dopo aver ascoltato tutta la spiegazione, ci siamo incamminati verso un Criptoportico, un corridoio posto sotto la parte esterna del Foro. Si utilizzava per le processioni e per passare il tempo. Era lungo 90 metri e largo 70 metri. Nella parte superiore si trovavano dei buchi che fungevano da finestre, successivamente vennero chiuse per evitare che entrasse l’inquinamento cittadino. Risaliti in superficie, la guida ci ha dato appuntamento per il pomeriggio e noi ci siamo diretti verso il parcheggio dei pullman, per trasferirci a Fenis. (Luca M., Martina B.) Alle ore 12.45 siamo arrivati in un grande prato verdeggiante. Qui ci siamo seduti su sassi e panchine, dove prima abbiamo mangiato i panini, poi gustato buonissimi e rinfrescanti gelati acquistati in un bar nelle vicinanze. Dopo aver finito il nostro abbiamo tutti pranzetto, giocato insieme a nascondino e, all’ora stabilita, ci siamo incamminati verso il Castello di Fenis. Ad aspettarci c’era la solita guida che ci ha aperto le porte che sbarravano la maestosa costruzione. Ci siamo ritrovati davanti ad una torre altissima, dove la famiglia che ci abitava molto tempo fa si rifugiava durante gli attacchi di eserciti stranieri. Siamo poi entrati all’interno del castello abitato, nell’antichità, dalla famiglia Challant. La prima stanza che abbiamo visitato era molto buia e la poca luce che entrava passava dalle finestre poste su una facciata della camera. Abbiamo poi visto la sala da pranzo, che raccoglieva il museo dell’ammobiliamento valdostano, arredato con due tavoli diversi: uno molto lunga e l’altro pieghevole, sedie con tre gambe e cassapanche in legno. Un’altra stanza conteneva il camino più grande d’Europa e serviva per affumicare le carni. In ognuna c’era un camino che serviva per riscaldare e illuminare. Al pian superiore c’erano molte stanze da letto, una cucina e una sala da pranzo. La guida ci ha spiegato che i letti venivano imbottiti con erba secca e foglie. L’ultima stanza era un salone per le feste: su un lato c’era la cappella ornata da affreschi raffiguranti dei santi. Infine, siamo usciti sul terrazzo principale decorato con affreschi di guerrieri, siamo scesi al primo piano e abbiamo raccolto gli zaini. (Martina V., Sofia) Finita la visita al castello ci siamo sistemati all’ombra di un albero, poi abbiamo esplorato il cortile intorno al castello; abbiamo scoperto un panorama bellissimo e abbiamo scattato foto di gruppo con le maestre. Sullo sfondo si innalzavano montagne innevate, ghiacciai, boschi e pascoli. Successivamente abbiamo giocare a nascondino: c’era l’imbarazzo della scelta! Quando anche il gruppo di Lambrugo è uscito dal castello, la guida ha raccontato un’interessante storia di San Cristoforo. Dopodiché, ci siamo avviati per raggiungere il negozio di souvenir; siccome avevamo tutti sete, la guida ci ha rassicurati dicendo che lì vicino c’era una fontanella, quindi abbiamo accelerato il passo con le bottigliette vuote in mano per riempirle. Arrivati alla meta, ci siamo accorti che la “famosa fontanella“ … non esisteva! Delusi e assetati, siamo andati a fare “shopping” e in pochi secondi … abbiamo svuotato il negozio!!! Arrivati sul pullman, ci siamo messia cantare e a urlare come pazzi, le maestre pensavano che noi fossimo stanchi, ma si sbagliavano di grosso!!! Essendo andati spesso in gita con i nostri coetanei di Lambrugo, abbiamo chiacchierato anche con loro, come se fossimo compagni della stessa scuola. Dopo un’ora di viaggio abbiamo fatto una sosta per la merenda. Risaliti sul pullman, ci siamo messi di nuovo a cantare e a urlare come prima. Quando Marida è riuscita a calmarci, ci ha fatto i saluti ricordandoci che quella era l’ultima gita insieme. Ascoltando le sue parole ci siamo emozionati e anche la maestra, si sentiva dalla voce, si è commossa. Arrivati a Merone, abbiamo salutato gli amici di Lambrugo e abbiamo trovato i nostri genitori che ci stavano aspettando. Anche se questa è stata l’ultima gita insieme, ce la siamo goduta fino alla fine!!! (Arianna, Gianluca)