AOSTA GRUPPO PIANETI

Transcript

AOSTA GRUPPO PIANETI
Quest’anno le maestre hanno deciso di farci fare una gita ad Aosta per approfondire l’argomento
che abbiamo studiato in storia, i ROMANI, e vedere le rovine che ci hanno lasciato. Arrivati a
scuola abbiamo dovuto aspettare il pullman perché era passato a prendere i bambini di Lambrugo.
Eravamo agitati e impazienti di partire e, allo stesso
tempo, felici della gita che avremmo fatto. Arrivato
il pullman, abbiamo messo gli zaini nel portabagagli,
siamo saliti e siamo partiti. Durante il viaggio
abbiamo giocato, parlato, scherzato, ascoltato la
musica e guardato il bellissimo paesaggio che
si
poteva ammirare dai finestrini: i padiglioni dell’Expo,
le altissime vette innevate, alcune cascate e, nelle
zone di Vercelli e Novara, le risaie. Numerosi castelli
spiccavano sulle alture e tra i boschi. Lungo il viaggio
ci siamo fermati a fare una sosta, dopodiché siamo subito ripartiti.
(Giulia N., Sara)
Verso le 10:00 siamo arrivati ad Aosta dove ci
aspettava la guida Anna Careggi, una signora
che parlava con uno spiccato accento francese.
Subito ci ha portato a vedere il ponte sul
torrente Buthier. Poggia su solidi basamenti in
puddinga, un conglomerato locale estratto dalle
cave lungo il corso della Dora Baltea.
In mezzo alle pietre c’è la CHIAVE DI VOLTA,
che permette al ponte di rimanere in piedi.
La costruzione risale alla seconda metà del
regno d’Augusto, che nel 24 a.C. fondò e poi
ampliò la rete stradale di Augusta Praetoria.
In seguito, ci ha parlato dell’Arco di Augusto,
spiegando che fu edificato nel 25 a.C. in occasione
della vittoria dei Romani sui Salassi. Posizionato nel
centro storico della città, è circondato da una aiuola.
L’arco era costruito in blocchi di conglomerato; nel
corso dei secoli l’Arco è stato utilizzato in diverse
maniere, come fortificazione o come dimora privata.
Nel Medioevo venne denominato Saint-Vout, Nel 1716 a causa delle numerose infiltrazioni che
stavano compromettendo l’integrità del monumento, l’attico che anticamente lo coronava venne
sostituito in un tetto in ardesia. (Giada T., Luca C.)
Proseguendo per Aosta siamo andati a visitare la Collegiata di
Sant’Orso, una chiesa a forma triangolare, di un color marroncino
chiaro, decorata con affreschi e finestre colorate. All’interno, appesi
al soffitto, c’ erano magnifici e antichi lampadari. Sull’altare abbiamo
osservato stupendi affreschi della vita di Gesù, le canne di un organo
e gli stalli in legno intarsiato, dove sedeva il coro. Di fronte
all’entrata della chiesa svetta il campanile romanico, una torre alta e
imponente, a forma quadrangolare; nei piani più alti si aprono tre
trifore. Su questa piazzetta abbiamo potuto notare l’albero più antico
della città, il cui tronco è
cavo. Ci siamo poi diretti al
chiostro; prima di entrare
la guida ci ha raccomandato di fare silenzio e di non
toccare le colonnine. Abbiamo visto 52 capitelli in
marmo bianco, ai
quali venne data una mano di un
composto colloso trasparente misto a cenere che
ossidandosi con il tempo li ha scuriti.
(Alice, Gaja)
Successivamente,
la guida ci ha portato a vedere la Porta
Praetoria, un’alta costruzione romana, che permetteva di entrare
nell’antica città di Augusta Praetoria
Salassorum: Augusta da
Augusto, il suo fondatore, Praetoria da Pretoriani, le legioni di
soldati romani, Salassorum da Salassi, perché la città è stata
fondata sul loro territorio. La porta è una costruzione imponente,
costruita con blocchi di pietre e puddinga. A rivestire questa
costruzione ci sono lastre di marmo bianco di Carrara. La porta
ha tre archi, quello al centro, il più grande, serviva per il
passaggio di carri, gli altri due, esterni e più bassi, servivano per
quello dei pedoni. Tutti e tre i varchi erano chiusi da ponti
levatoi. Dopo la Porta Praetoria, siamo andati a visitare
l’anfiteatro, costruito nell’epoca romana. L’arena era stata realizzata al di sotto del livello del
suolo. La cavea poteva ospitare più di 15000 persone, quindi più di tutta la popolazione di Augusta
Praetoria, che comprendeva circa 10000 abitanti.
Non è ancora chiaro se l’edificio sia stato costruito insieme al resto della città, oppure in
un’epoca successiva.
Infine, prima di salire sul pullman per andare a Fenis,
abbiamo visitato il Foro, o Criptoportico Forense. Si
tratta di uno spazio architettonico di grande suggestione
visiva. È un edificio seminterrato e dalla forma
quadrangolare, costituito da un doppio corridoio, con volte
sostenute da robusti pilastri in blocchi di tufo; finemente
intonacato e illuminato da una serie di finestre, il
Criptoportico circonda l’area sacra del complesso Forense,
al centro del quale si trovano due templi.
(Alessandra, Elisa, Abdoullah)
Verso mezzogiorno la guida ci ha lasciati e ci siamo trasferiti al Castello di Fenis. Lì vicino,
abbiamo trovato un enorme giardino con dei tavoli e panche per la pausa pranzo. Dopo mangiato, ,
alcuni di noi hanno preso il gelato nel bar vicino. Successivamente ci siamo incamminati verso il
castello; appoggiati gli zaini abbiamo iniziato la visita. Appena entrati, la guida ci ha detto che ci
sono due robuste cinte di mura che servivano a difenderlo dalle invasioni. Dopodiché siamo
entrati attraverso un portone di legno tappezzato di borchie di ferro; nelle mura di cinta c’erano
le feritoie, per lanciare frecce con gli archi. In un’ampia
stanza c’era il plastico del castello: depositavano le armi. La
guida ci ha informato che in tutte le stanze c’era un camino,
perché uno solo non riusciva a riscaldare tutto il castello.
La
stanza
seguente era
la sala da
pranzo in cui
c’era un lungo
tavolo
circondato da
sedie di legno
con
tre
gambe, vicino
al
camino
erano
presenti degli sgabelli piccoli per i bambini; sulla
parete c’erano dei tavoli pieghevoli e delle
cassepanche. In un’altra una stanza c’era il camino
più grande d’Europa. Nella camera matrimoniale,
l’arredamento era costituito da un letto a
baldacchino, fatto da foglie e da erbe varie; nella
cappella sulla parete c’erano degli affreschi di
alcuni santi e apostoli e dei triangoli colorati.
(Giada V., Martina P.)
Usciti dal castello di Fenis siamo andati in un giardino dove ci siamo riposati, abbiamo fatto una
foto di gruppo ed anche giocato.
Quando anche i nostri compagni di Lambrugo hanno completato la visita del castello, siamo scesi
a valle e ci siamo fermati in un negozietto per prendere dei souvenir. Infine, ci siamo diretti
verso il pullman per tornare a casa.
Il viaggio di ritorno era lungo, quindi
ognuno faceva cose diverse:
chi chiacchierava, ascoltava musica,
giocava o scherzava.
Dopo tre ore, siamo arrivati a Merone
verso le otto.
È stata una gita indimenticabile per il
bel tempo, per quello che abbiamo
imparato,
per
il
paesaggio,
ma
soprattutto per la gioia di stare insieme
a divertirci!!!
(Ruben, Flavio)