11-17 gennaio 2015

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11-17 gennaio 2015
N°2, 11-17 GENNAIO 2015
ISSN: 2284-1024
I
www.bloglobal.net
BloGlobal Weekly Report
Osservatorio di Politica Internazionale (OPI)
© BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 18 gennaio 2015
ISSN: 2284-1024
A cura di:
Eleonora Bacchi
Davide Borsani
Giuseppe Dentice
Danilo Giordano
Maria Serra
Alessandro Tinti
Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net
Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
Weekly Report N°2/2015 (11-17 gennaio 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul
mondo), Milano 2015, www.bloglobal.net
Photo credits: AFP; AP; Geert Vanden Wijngaert/Associated Press; Reuters;
FOCUS
EUROPA-TERRORISMO ↴
Gli attentati terroristici di Parigi, che hanno complessivamente comportato la morte
di 17 persone e che sono stati rivendicati da al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP),
hanno avviato una vasta operazione anti-terrorismo in Francia e in almeno
altri sette Paesi UE a causa dei presunti collegamenti esistenti tra la cellula che ha
agito nella capitale francese e la rete jihadista che si sviluppa in tutto il Continente.
La retata nelle banlieue parigine ha condotto all'arresto di 12 persone, tutte presumibilmente legate ad Amedy Coulibaly, tra cui anche il presunto “quarto uomo”
che avrebbe offerto sostegno logistico e militare alle azioni dei terroristi. Secondo il
rappresentante del sindacato di polizia, Christophe Crepin, il commando parigino sarebbe stato composto di almeno 10 persone e avrebbe acquistato le armi dal Belgio
per un valore di circa 6mila euro. Il trafficante che avrebbe venduto una mitragliatrice
Skorpion, un lanciagranate e alcuni kalashnikov a Coulibaly, si è spontaneamente
costituito alla polizia di Charleroi, a sud di Bruxelles.
Il livello di allerta terrorismo in Belgio è stato dunque innalzato da 3 a 4 e le
operazioni delle forze speciali nella giornata del 15 gennaio a Verviers, nei pressi di
Liegi, quasi al confine con la Germania, hanno condotto, in una sparatoria le cui dinamiche sono ancora da chiarire, all'uccisione di due uomini belgi di origine cecena (Redwane Hajaoui e Tarik Jadaoun, secondo La Derniére Heure) e all'arresto di
una terza persona, tutti rientrati da poco dalla Siria e che sembrava stessero pianificando una serie di attacchi contro la polizia belga. Restano da verificare invece i
presunti legami tra questi e Coulibaly, anche perché, come dichiarato dal sostituto
procuratore belga, Eric Van der Sijpt – e confermato dal Premier francese Manuel
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Valls –, le indagini andavano avanti già da alcune settimane. Altri controlli sono stati
fatti nella giornata del 16 gennaio in tutto il territorio vallone – a Mons, Namur, Charleroi, Liegi e a Braine-le-Comte – e a Bruxelles, dove alcune perquisizioni nel quartiere ad alta densità islamica di Molenbeek hanno portato all'arresto di 13 persone e al sequestro di armi e di alcune divise da poliziotto che si presume potessero
essere utilizzate per il rapimento e la decapitazione di un personaggio di spicco. Non
ci sarebbero invece collegamenti – come inizialmente era stato supposto – tra la
cellula jihadista belga e gli arresti effettuati in Grecia (presumibilmente con il contributo dei servizi americani e del Mossad): ad Atene è stato infatti fermato Abdelhamid Abaaoud (conosciuto come Abou Omar Soussi), belga di origine marocchina
che proveniva dallo stesso quartiere di Molenbeek, ritenuto la mente degli attacchi
che sarebbero dovuti essere perpetrati in Belgio. Mentre le scuole ebraiche sono state
chiuse per ragioni di sicurezza, il governo belga ha deciso di far scendere in strada
l'esercito, ponendo 300 soldati a protezione delle ambasciate di USA e Israele, oltre
che delle sedi NATO e delle Istituzioni europee. Rafforzati peraltro i controlli anche
ad Anversa, nelle Fiandre, dove dallo scorso settembre è in corso il processo nei
confronti di “Sharia4Belgium”, organizzazione accusata di reclutamento di militanti
jihadisti da inviare a combattere in Siria.
Il 13 gennaio è stato arrestato in Bulgaria, mentre tentata di varcare il confine con la
Turchia, Joachin Fritz-Joly, francese di origine haitiana accusato di aver più volte
avuto contatti con i fratelli Kouachi.
Altre operazioni anti-terrorismo sono state dunque condotte anche in Germania: a
Berlino sono stati arrestati due uomini sospettati di aver reclutato almeno 30 persone
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(soprattutto turchi e russi) per andare a combattere in Siria e di aver sostenuto finanziariamente e logisticamente lo Stato Islamico. In Spagna non vi sono stati arresti, ma la polizia sta indagando su possibili interconnessioni con i fatti di Parigi a
causa del fatto che Coulibaly era stato a Madrid alcuni giorni prima degli attentati e
che la compagna, Hayat Boumedienne, ha utilizzato lo stesso aeroporto della capitale
per dirigersi in Turchia (e successivamente in Siria).
Mentre le retate anti-terrorismo travalicano i confini strettamente europei anche se li
riguardano (in Marocco sono state arrestate 8 persone, mentre in Yemen sono stati
messi in stato di fermo due cittadini francesi sospettati di essere collegati ad AQAP),
il Segretario di Stato USA, John Kerry, è volato a Parigi, più con lo scopo di scusarsi
per la mancata partecipazione alla marcia di solidarietà di domenica 11 gennaio che
di porre nuove basi di cooperazione per la lotta al terrorismo.
Per il momento l'impegno europeo sembra tradursi in una presa in considerazione di
un progetto – già del 2011 – che prevede l'istituzione di un Registro dei passeggeri
dei voli (il c.d. Passenger Name Record, PNR), che consentirebbe alle autorità nazionali di accedere in tempo reale a tutte le informazioni sui passeggeri e sui loro
viaggi. Il PNR potrebbe essere approvato entro febbraio ed entrare in vigore entro la
fine dell'anno.
Nuove minacce alla sicurezza, potrebbero infine venire dal mondo del web: come
dichiarato dal Responsabile francese per la cyberdifesa dello Stato Maggiore, il viceammiraglio Arnaud Coustillière, che ha citato i risultati di un'analisi condotta dal
sito sicurezza informatica ZatazMag, sarebbero stati almeno 19000 i siti francesi
hackerati dopo gli attacchi parigini. Mentre l'account Twitter del Comando Centrale
USA (US CENTCOM), che coordina le operazioni in Siria e in Iraq, è stato violato da
simpatizzanti non meglio specificati dell'IS, alcuni siti di informazione francesi, tra
cui L'Express, France Inter, 20 minutes, Mediapart e Le Parisien, sono risultati per
diverse ore fuori servizio.
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IRAQ/SIRIA↴
Il Primo Ministro iracheno Haider al-Abadi ha espresso preoccupazione per la
lentezza delle operazioni di combattimento e di addestramento condotte dalla
coalizione internazionale costituitasi sotto l’egida degli Stati Uniti. In occasione di una
visita ufficiale a Il Cairo, dove l’11 e il 12 gennaio al-Abadi ha discusso con il Presidente egiziano al-Sisi delle opzioni negoziali per la risoluzione del conflitto siriano, il
Premier iracheno ha aggiunto che la ristrutturazione delle forze di sicurezza potrebbe richiedere almeno tre anni, sottolineando la difficoltà di coniugare il perseguimento di tale obiettivo con l’altrettanto prioritaria repressione dello Stato Islamico (IS). Di ritorno a Baghdad, la leadership irachena ha ricevuto rassicurazioni
dall’Inviato Speciale della Casa Bianca John Allen; tuttavia, il Presidente del Parlamento Salim al-Jabouri ha qualificato “non convincente” l’assistenza internazionale
poiché inadeguata a sostenere il massimo sforzo contro il Califfato. Nella dirigenza
irachena serpeggia il timore, corrisposto da parte iraniana, che l’interesse occidentale
sia motivato dal contenimento della minaccia jihadista, piuttosto che dalla sua rimozione.
Secondo le stime rilasciate dal Ministero degli Interni il 15 gennaio, le operazioni
condotte nelle province di Diyala, Anbar, Baghdad e Salah ad-Din nei sei giorni precedenti hanno provocato la morte di 231 militanti dell’IS. Scontri di elevata intensità sono avvenuti nei pressi della raffineria di Baiji, dove i reparti d’élite dell’esercito iracheno (nella fattispecie la “Golden Division” capeggiata dal Generale curdo
Fadhil Jalil al-Barwari) hanno contrastato una sortita jihadista votata alla distruzione
del ponte di al-Fatha che porta a Kirkuk. I seguaci del Califfato hanno pure rinnovato
la pressione contro la diga di Mosul scagliando dal Sinjar un efficace attacco contro
i presidi dei Peshmerga (almeno sedici i caduti curdi), in seguito ribattuto dai bombardamenti alleati. Picchi di violenza di una certa entità hanno interessato anche
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l’area di Rutba, a ridosso della frontiera occidentale che guarda verso Giordania e
Arabia Saudita, mentre a Samarra le autorità irachene hanno imposto il coprifuoco a
causa dei ripetuti attentati suicida che hanno bersagliato i luoghi di pellegrinaggio
cari allo sciismo.
L’incessante e capillare ondata di violenza promossa dall’IS è incoraggiata dai preparativi annunciati dai vertici decisionali iracheni di due operazioni imminenti per la
riconquista di Falluja e la messa in sicurezza dell’intera provincia di Diyala,
che se portate a buon termine allenterebbero notevolmente il peso delle infiltrazioni
jihadiste nella capitale. In entrambi gli scenari, il coinvolgimento e la mobilitazione
effettiva delle tribù locali assumerebbero un valore tattico (e strategico) decisivo per
il proseguimento della campagna militare. A tal riguardo, Il sindaco di Falluja, Faisal
al-Issawi, ha comunicato che il governo centrale ha approvato la formazione di un
corpo volontario di tremila combattenti, mentre il governatore di Diyala, Amir
al-Majmai, ha chiamato alle armi le tribù insediate attorno alla città di Muqdadiyah.
La replica del Califfato non si è fatta attendere: gli islamisti hanno moltiplicato gli
attacchi su obiettivi civili a Baquba e Muqdadiyah, dove hanno precauzionalmente
ritirato le proprie avanguardie; inoltre, 172 cittadini di Falluja sono stati sequestrati
allo scopo di scoraggiare ogni forma di collaborazionismo con le istituzioni centrali.
Mentre il governo regionale del Kurdistan ha approvato l’invio a Kobane di una
terza brigata di 156 guerriglieri e ha assunto il comando di tre milizie volontarie
costituite a Kirkuk, gli sviluppi delle operazioni alla periferia di Baghdad mostreranno
non solo la profondità del controllo del Califfato sulle comunità locali, ma anche la
rilevanza dei gruppi armati sciiti che dietro l’onnipresente mano iraniana assistono
ben più dell’esercito regolare la difesa delle fragili istituzioni irachene. L’influenza di
Teheran sul contestato sistema politico iracheno è inevitabile e costituisce anzi
una “necessità strategica”, come espresso dal Ministro della Difesa Khalid al-Obeidi
in occasione di un recente incontro (30 dicembre) con l’omologo iraniano Hossein
Dehqan. L’Iran rifornisce giornalmente il vicino Iraq di armi e munizioni (ammonta a
10 miliardi di dollari il contratto di vendita siglato nel 2014) e i Pasdaran di Qassen
Suleimani coordinano sul terreno le milizie sciite – le quali con l’insediamento del
nuovo governo iracheno sono presto divenute protagoniste nella composizione della
Guardia Nazionale auspicata da al-Abadi, come avvalorato dal ruolo direttivo assunto
da Abu Mahdi al-Mohandis, in precedenza leader fondatore del gruppo paramilitare
Kataib Hezbollah. A ulteriore dimostrazione del solido legame di reciprocità che sembra soppiantare la lunga inimicizia, il Ministro degli Interni Mohammed Salem
al-Ghabban il 17 gennaio si è recato a Teheran, quando sei giorni addietro il
Ministro del Petrolio Adil Abdul-Mahdi al-Muntafiki era già stato ospite nella capitale
iraniana per definire il rafforzamento dei rapporti bilaterali in ambito energetico.
L’influenza iraniana è importante anche in Siria, dove gli apparati di sicurezza di Bashar al-Assad ricevono assistenza militare e finanziaria.
Ai margini della guerra civile, gli islamisti legati al Califfato hanno dato un nuovo
sussulto all’assedio su Kobane, quando il braccio di ferro per la presa della cittadina
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curda sembra ormai essersi spostato a favore dei Peshmerga, che controllano l’80%
dell’abitato. L’attacco ha sollecitato i bombardamenti dei caccia statunitensi, che
hanno compiuto sei passaggi sul confine siro-turco.
Intanto dal Pentagono giunge ufficialmente la comunicazione dell’avvio in primavera
del programma di addestramento di una forza “moderata” di opposizione al
regime di Damasco. Il personale americano coinvolto nel programma (mille unità,
di cui circa quattrocento militari) sarà inviato nelle basi messe a disposizione da Arabia Saudita, Turchia e Qatar.
Nel quadro delle soluzioni prospettate dalla comunità internazionale per la cessazione
del conflitto che lacera lo scenario siriano, l’inviato delle Nazioni Unite Staffan de
Mistura ha puntualizzato, nel corso di una conferenza stampa a Ginevra il 15 gennaio,
l’importanza dell’iniziativa diplomatica riproposta dalla Federazione Russa. Il
tentativo di portare allo stesso tavolo negoziale i rappresentanti del governo di Damasco e del fronte ribelle è stato accolto positivamente dal Segretario di Stato americano John Kerry; data la vicinanza russa alla posizione di Bashar al-Assad, la mediazione di Mosca è fondamentale per stabilire criteri e limiti della transizione politica
siriana.
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BREVI
GIAPPONE, 14 GENNAIO ↴
Il governo del Premier giapponese Shinzo Abe,
ottenuta la maggioranza assoluta alle ultime elezioni
politiche anticipate del dicembre scorso, ha approvato
il budget finanziario per il 2015 che sale alla cifra
record di 96.340 miliardi di yen, l’equivalente di 700
miliardi
di
euro.
In
un
momento
delicato
per
l’economia giapponese, in cui il Premier cerca di
trovare il giusto mix tra crescita e risanamento, è stato rimandato al 2017 il tanto
temuto aumento dell’IVA dall’8% al 10%, mentre sono stati confermati i tagli alla
spesa pubblica. Allo stesso tempo, il governo Abe ha deciso di aumentare le spese
militari del 2%, terzo aumento consecutivo, che toccheranno la cifra record di 5mila
miliardi di yen, ovvero circa 35 miliardi di euro. L’aumento delle spese servirà
soprattutto per l’acquisto di nuovi equipaggiamenti: venti aerei da pattugliamento
antisommergibile P-1, cinque aerei ibridi V-22 Osprey, sei caccia stealth F-35, tre
droni Global Hawk, 30 veicoli anfibi per la costituzione di una unità modellata sui
marines americani. La crescita del budget della difesa è in linea con la politica più
assertiva di Abe e rappresenta una risposta decisa alla crescente minaccia posta dalla
Cina nella regione, con un particolare occhio di riguardo alla disputa riguardante le
isole Senkaku/Diaoyu. Quest’anno, in virtù dell’ottenimento dei due terzi dei voti del
Parlamento, Abe proverà ad emendare la Costituzione per permettere, per la prima
volta nella storia, alle truppe giapponesi di combattere, al fianco degli alleati, fuori
dal territorio nazionale. Nonostante l’escalation di tensioni nel proprio vicinato,
Giappone e Cina hanno raggiunto un accordo per il lancio di un dispositivo comune
di sicurezza e di gestione delle crisi marittime ed aeree, come rivelato dal Ministro
della Difesa giapponese Gen Nakatani, al termine di un vertice con l’omologo cinese
Chang Wanquan. Le due parti hanno convenuto di creare una linea telefonica diretta
tra le autorità dei Paesi, di tenere meeting annuali di confronto e di usare una
frequenza radio comune per le navi e gli aerei in transito nelle aree contese al largo
del Mar Cinese Orientale.
ITALIA-INDIA, 15 GENNAIO ↴
Il Parlamento Europeo ha adottato, una Risoluzione
contenente la richiesta a New Delhi di rimpatrio in Italia
dei
due
fucilieri
della
marina
italiana
accusati
dell’omicidio di due pescatori indiani nel febbraio 2012,
incidente avvenuto nel corso di un’operazione di antipirateria a bordo della nave commerciale italiana
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Enrica-Lexie. Nella Risoluzione – la prima dall’accaduto – l’Assemblea ha espresso il
proprio rammarico e ha tuttavia richiesto che la disputa diplomatica sorta tra l’Italia
e l’India a causa di posizioni discordanti in merito alla giurisdizione da applicare al
caso, venga composta al più presto sotto la competenza giurisdizionale italiana o per
mezzo di un arbitrato internazionale. Si aggiunge poi nel documento che la
detenzione in India dei due soldati senza accusa rappresenta «una grave violazione
dei diritti umani». Federica Mogherini, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la
Politica di Sicurezza dell’Unione Europea, si è pronunciata durante la stessa sessione
plenaria dicendo che «questo caso si trascina ormai da tre anni, un lasso di tempo
inaccettabile, nel corso del quale i due militari italiani sono stati e sono a tutt'oggi
ingiustamente sottoposti a misure restrittive della libertà personale, pur in assenza
della formulazione di un capo d'accusa» e più avanti che «casi come questo rischiano
di avere importanti ripercussioni sulla lotta globale contro la pirateria [...]. La marina
indiana è stata spesso obiettivo di azioni criminali al largo delle coste della Somalia
e grazie all'operazione Atalanta sono stati liberati molti ostaggi». La risposta del
governo indiano alla Risoluzione del Parlamento Europeo non si è fatta aspettare.
Sushma Swaraj, Ministro degli Affari Esteri di New Delhi, ha affermato che «il caso
che vede coinvolti due soldati della marina italiana accusati di aver ucciso due
pescatori, è sotto inchiesta giudiziaria e sta venendo discusso tra Italia e India, in tali
circostanze sarebbe stato consigliabile che il Parlamento Europeo non avesse adottato
la Risoluzione», sottolineando inoltre che mercoledì 14 gennaio la Corte Suprema
indiana ha emanato una proroga al permesso concesso a Massimiliano Latorre di
restare in Italia fino ad aprile per effettuare adeguati controlli medici. Un rimpatrio
temporaneo è stato difatti
accordato a Latorre per potersi sottoporre ad
un’operazione cardiaca, intervento effettuato a inizio gennaio.
NIGERIA, 11-15 GENNAIO ↴
L’offensiva dei miliziani islamici di Boko Haram non
conosce sosta e mira con sempre più decisione alla
creazione del suo califfato islamico. Dopo l’eccidio di
Baga della settimana scorsa, nel quale sarebbero
morte 2000 persone secondo le immagini satellitari
fornite da Amnesty International, altri due attentati
sono avvenuti a Potiskum e Maiduguri. Nel primo dei due attentati, avvenuto l’11
gennaio, sono morte quattro persone, mentre nel secondo, avvenuto il 12 gennaio
nella capitale dello Stato del Borno, sono state uccise 19 persone. Entrambe le
esplosioni sono state provocate da donne kamikaze, con l’inquietante particolarità
che a provocare l’esplosione di Maiduguri sarebbe stata una bambina di 10 anni.
Quello di utilizzare bambini kamikaze è uno degli stratagemmi usati da Boko Haram
per sfuggire ai controlli delle forze di sicurezza nigeriane. Nonostante le conclamate
difficoltà nel contrastare la minaccia, le autorità nigeriane, alla fine di uno scontro
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violento durato diverse ore, hanno comunicato il 14 gennaio di aver ucciso 78
miliziani di Boko Haram che avevano assaltato la base militare di Biu, nello Stato del
Borno. La ferocia e la determinazione dei miliziani di Boko Haram sta creando molta
preoccupazione anche nei Paesi confinanti con la Nigeria, ovvero Ciad, Camerun e
Niger, oltre ad un flusso repentino di civili in fuga dalle violenze. I tre vicini, molto
critici nei confronti della gestione dell’emergenza da parte del Presidente nigeriano
Goodluck Jonathan, hanno deciso di dar vita ad uno sforzo militare congiunto contro
l’offensiva di Boko Haram, chiedendo alla comunità internazionale di fare altrettanto.
Durante un vertice a Sofia, in Bulgaria, il Segretario di Stato USA John Kerry, nel
definire un genocidio quanto avvenuto a Baga, ha esortato il Presidente nigeriano
Jonathan a non sospendere le previste elezioni presidenziali e legislative del prossimo
14 febbraio, ed ha comunicato di aver intrapreso colloqui con l’omologo britannico
Philip
Hammond
per
approntare
uno
strumento
militare
contro
il
gruppo
fondamentalista.
PAKISTAN, 12-13 GENNAIO ↴
Il Segretario di Stato statunitense, John Kerry, si è
recato in Pakistan il 12 e 13 gennaio per tenere dei
colloqui con la leadership di Islamabad in merito a
questioni di sicurezza e terrorismo. Ad un mese di
distanza dai tragici eventi della scuola di Peshawar,
Kerry ha posto l’accento sulla necessità di rafforzare la
lotta ai gruppi terroristici presenti nelle regioni di
confine, compresi quelli che non minacciano direttamente il Pakistan. La richiesta
americana è stata di non fare più differenza tra gruppi terroristici buoni e cattivi, ma
di «restringere la capacità di azione della Rete di Haqqani, Lashkar-e-Taiba, i Talebani
Afghani, e di altri militanti che rappresentano una minaccia per la stabilità regionale
e per gli interessi statunitensi»; Kerry ha aggiunto che «ognuno di noi ha la
responsabilità di assicurarsi che questi gruppi non guadagnino terreno ma che
piuttosto vengano respinti negli anfratti della memoria pakistana [...]. Non fate errori.
L’obiettivo è difficile e non è stato ancora raggiunto». Il Pakistan è infatti accusato di
condurre un doppio gioco nel favoreggiamento di gruppi, stanziati nel proprio
territorio, responsabili di azioni terroristiche contro i vicini rivali, l’India e
l’Afghanistan. Kerry ha inoltre sollecitato il Pakistan a riprendere le trattative di pace
con l’India previste per l’agosto scorso e interrotte per volontà di New Delhi. Infine
gli Stati Uniti hanno confermato l’impegno nei finanziamenti per la ricostruzione delle
zone devastate dai combattimenti, in particolar modo le Federally Administered Tribal
Areas (FATA) al confine con l’Afghanistan. La visita di Kerry arriva pochi giorni dopo
un attentato avvenuto per mano del movimento Tehrik-i-Taliban Pakistan (TTP) in
cui sono rimaste uccise 8 persone. Si tratta di un avvenimento del 9 gennaio in cui
un uomo si è fatto esplodere all’ingresso di una moschea sciita dove erano presenti,
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al momento dell’accaduto, circa 150/200 persone riunite per la festività del Mawlid,
la nascita del Profeta Maometto. Con molta probabilità si è trattato di una ritorsione
in merito alle recenti esecuzioni capitali, avvenute in varie parti del Paese, di uomini
accusati di terrorismo.
STATI UNITI-REGNO UNITO, 16 GENNAIO ↴
Alla vigilia della visita del Premier britannico, David
Cameron, a Washington, questi e il Presidente USA,
Barack Obama, hanno pubblicato su The Times un
articolo in cui si sono uniti «contro chi minaccia i valori
e il modo di vivere comuni», riferendosi agli attacchi
terroristici in Francia: «dovremo sconfiggere questi
barbari assassini e la loro ideologia sbagliata che tenta di giustificare l'uccisione di
innocenti». La lotta al terrorismo internazionale è stata al centro dei colloqui che si
sono svolti il 16 gennaio. «So che Cameron», ha detto Obama nella conferenza
stampa a margine, «è con me quando dico che faremo tutto il possibile per aiutare
la Francia a fare giustizia e che i nostri Paesi lavoreranno insieme per prevenire gli
attacchi e smantellare la rete del terrorismo». «Affrontiamo una seria minaccia
islamica», ha affermato il Premier, «dobbiamo essere estremamente vigili, rafforzare
la polizia e la sicurezza. Dobbiamo avere un approccio incredibilmente paziente, di
lungo termine, disciplinato. Faremo tutto il possibile per tenere il nostro Paese al
sicuro. La minaccia è seria e questo vuol dire che un attacco nel Regno Unito è molto
probabile, anche se non imminente». Sull’IS, che incarna maggiormente la minaccia
fondamentalista islamica, Obama ha mostrato soddisfazione per aver fatto
«progressi, li stiamo mettendo sulla difensiva». Le discussioni hanno riguardato altre
due tematiche pressanti, come il dossier nucleare iraniano e le sanzioni alla Russia.
Su Teheran, il Presidente americano ha detto che c’è un «50% di possibilità di arrivare
a un accordo con l'Iran», invitando il Congresso oggi repubblicano a non proclamare
ulteriori sanzioni. Sulla stessa linea si è dimostrato Cameron, per cui «in questo
momento le sanzioni avrebbero un effetto negativo». Sinergia tra i due anche sulla
Russia. Obama ha affermato che serve «mantenere forti sanzioni» in quanto Mosca
ha violato «norme internazionali e si è immischiato negli affari di uno Stato sovrano»
minacciando «la stabilità e la prosperità». «Non possiamo ignorarlo», ha chiosato
Cameron, è fondamentale «che tutti i Paesi lo capiscano e che nessuno in Europa
dimentichi la nostra storia».
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UCRAINA, 12 GENNAIO ↴
Si è concluso con un sostanziale nulla di fatto il Vertice
di Berlino tra Ucraina, Russia, Germania e Francia (il
c.d.
“formato
Normandia”)
che
riguardava
l'implementazione del protocollo di Minsk e che sarebbe
dovuto essere preparatorio al summit tra gli stessi
quattro Paesi ad Astana, in Kazakistan, il successivo 15 gennaio. Lo stallo delle
negoziazioni – dipeso soprattutto dalla richiesta russa di trattare direttamente con i
rappresentanti delle regioni separatiste di Donetsk e Lugansk, per le quali Mosca
continua a premere per il riconoscimento di uno status di autonomia – potrebbe
essere superato secondo il Ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier con
una nuova riunione del Gruppo di Contatto Ucraina-Russia-OCSE. Che la posizione
russa non sia destinata ad ammorbidirsi è tuttavia visibile dalle dichiarazioni – giunte
a sorpresa – dell'Amministratore Delegato di Gazprom, Alexei Miller, che nel corso
della visita a Mosca del Commissario all'Energia, Maroš Šefčovič, ha dichiarato che la
Russia è pronta ad interrompere totalmente entro due anni le forniture di gas a Kiev.
Miller ha dunque avvertito Bruxelles circa la necessità di realizzare il corridoio
meridionale – collegandosi perciò alla Turchia ora che il progetto South Stream è
naufragato – se non vuole che gli attuali volumi di gas finiscano su altri mercati. Sul
fronte interno, intanto, si è tornato a combattere con più intensità intorno
all'aeroporto di Donetsk, il cui totale controllo è stato rivendicato dai separatisti ma
smentito da Kiev. Secondo il Ministro degli Esteri russo, Serghej Lavrov, le forze
ucraine starebbero peraltro pianificando una nuova offensiva nel sud-est, rompendo
così definitivamente gli accordi di Minsk. Nella città di Volnovakha, a sud della stessa
Donetsk, il 15 gennaio un autobus di civili proveniente da Mariupol è stato colpito da
una granata e sarebbero almeno 10 i morti e 13 i feriti.
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ALTRE DAL MONDO
ALGERIA, 15 GENNAIO ↴
Una cellula terroristica è stata scoperta e smantellata dalle forze armate algerine
nella zona sud del Paese, al confine con il Mali, nelle città di Ghardaia, In Amenas e
Laghouat. Secondo quanto riferito dal Ministero della Difesa di Algeri, i 12 militanti
arrestati stavano preparando un attentato terroristico nel Paese. Sebbene sia stata
confermata la loro affiliazione a gruppi di militanti esterni all’Algeria, non è stato
rivelato a quale movimento in particolare faccia capo la cellula.
CROAZIA, 11 GENNAIO ↴
Con il 50,5% dei suffragi, la conservatrice Kolinda Grabar-Kitarovic ha vinto il secondo turno delle elezioni presidenziali contro il Presidente uscente Ivo Josipovic,
fermo al 49,5%. Già Ministro degli Esteri, Ambasciatore negli Stati Uniti e Segretario
aggiunto della NATO per la diplomazia pubblica, Grabar-Kitarovic è la prima donna
ricoprire la carica presidenziale. Al primo turno, l’esponente del partito di centrodestra Hrvatska Demokratska Zajednica (HDZ) aveva accusato un ritardo di circa
ventiquattromila voti da Josipovic.
CUBA, 12 GENNAIO ↴
Il governo di Cuba ha liberato, dietro richiesta degli Stati Uniti, 53 dissidenti politici
nell’ottica della normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Samantha Power, Rappresentante USA all’ONU, ha affermato che ciò è «rincuorante». Intanto Papa Francesco, regista del disgelo, ha definito la scelta di «rompere il reciproco
silenzio durato mezzo secolo un esempio di come il dialogo può costruire ponti».
EGITTO, 8 GENNAIO ↴
Dopo il proscioglimento dello scorso dicembre dalle accuse di concorso in omicidio, la
Corte del Cairo ha fatto decadere le imputazioni di corruzione nei confronti dell’ex
Presidente Hosni Mubarak, anche in questo caso per alcuni vizi procedurali. In base
al verdetto, all’ex Rais dovrebbe essere garantito un nuovo processo, ma risultano
ancora oscure le possibili tempistiche. Inoltre, non è chiaro se verrà fissata una cauzione, se verrà posto ai domiciliari o se, come pare più probabile anche in base a
ricostruzioni della stampa locale, Mubarak verrà liberato. Le responsabilità a carico
dell’ex Presidente riguardavano l’uso privato di circa 15 milioni di fondi pubblici destinati invece alla ristrutturazione delle residenze istituzionali.
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LETTONIA, 13 GENNAIO ↴
Dopo il semestre italiano, è la Lettonia a presiedere il Consiglio dell’Unione Europea.
A un anno dall’ingresso nell’Eurozona, la Repubblica baltica detterà l’agenda delle
istituzioni europee guardando anzitutto a tre priorità programmatiche presentate a
Strasburgo dal Premier Laimdota Straujuma: rilanciare la competitività economica,
sfruttare il potenziale digitale, sviluppare le relazioni eurasiatiche. Da quest’ultimo
punto di vista, dirigere e risolvere la contesa con la Federazione Russia sulla questione ucraina già rappresenta una sfida particolarmente delicata per la diplomazia
lettone.
LIBIA, 14 GENNAIO ↴
L’Inviato Speciale delle Nazioni Unite in Libia, Bernardino Leon, ha mediato a Ginevra
una serie di incontri ufficiali tra le fazioni in lotta del Paese nordafricano nell’ambito
della ripresa ufficiale dei dialoghi di pace volti alla formazione di un governo di unità
nazionale. Gli incontri sono stati segnati tuttavia da un nulla di fatto: mentre ha
partecipato compatta la delegazione del governo di Tobruk, la fazione islamista di
Fajr Libya e delle milizie di Misurata hanno disertato gli incontri lasciando sole personalità di basso profilo del Parlamento parallelo di Tripoli guidato da al-Hasi. Secondo
L’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e per la Politica di Sicurezza Comune
dell’UE, Federica Mogherini, «questi colloqui rappresentano l’ultima occasione per risolvere la crisi libica». Al momento le parti sembrano lontane da un possibile accordo
di massima ma non avrebbero opposto un rifiuto ad interrompere i colloqui, che dovrebbero riprendere la prossima settimana sempre nella località svizzera.
SOMALIA, 11 GENNAIO ↴
Il nuovo Primo Ministro della Somalia, Omar Abdirashid Ali Sharmarke, ha comunicato, nella tarda serata di domenica 11 gennaio, i nomi dei componenti del nuovo
governo somalo. La lista è costituita da 25 Ministri, 25 vice Ministri e nove Ministri di
Stato, per un totale di 59 componenti che ne fanno il più numeroso della storia recente somala. Mentre sono stati confermati alcuni Ministri del precedente governo di
Abdiweli Sheikh Ahmed, numerose sono state le nuove nomine, in particolare quella
relativa al Ministero degli Interni. La lista ha già ottenuto l’approvazione del Presidente Hasssan Sheikh Mohamoud, ed adesso dovrà ottenere la fiducia del Parlamento.
SRI LANKA, 8 GENNAIO ↴
Maithripala Sirisena è stato eletto nuovo Presidente dello Sri Lanka. Nelle elezioni che
si sono svolte l’8 gennaio, Sirisena ha sconfitto l’incumbent Mahinda Rajapksa che
guida il Paese dal 2005. Sirisena, in precedenza membro dello stesso partito di Rajapaksa, lo Sri Lankan Freedom Party, e Ministro della Salute nel suo governo, è stato
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sostenuto da un’opposizione variegata riunitasi nel New Democratic Front. Il primo
atto del nuovo Presidente è stato quello di indire nuove elezioni entro cento giorni,
con due anni di anticipo sulla data prevista, con lo scopo evidente di rompere la rete
di connivenze politiche costruita dal suo predecessore.
SVIZZERA, 15 GENNAIO ↴
La Banca Centrale della Svizzera ha sganciato il franco dall’euro, cui era stato legato
dal settembre 2011. «Il tasso di cambio minimo – hanno fatto sapere da Berna – è
stato introdotto in un periodo di sopravalutazione eccezionale del franco e di un alto
livello di incertezza nei mercati finanziari». Adesso che «l'euro si è deprezzato in
modo considerevole rispetto al dollaro» non è «più giustificato mantenere il cambio
minimo».
VENEZUELA, 14 GENNAIO ↴
Da alcuni giorni si registrano nuove e intense proteste a San Cristobal, nell’est del
Paese, già epicentro delle manifestazioni anti-regime che hanno caratterizzato tutto
il 2014 venezuelano. A dare nuovo vigore alle manifestazioni popolari sono stati il
peggioramento della crisi economico-politica, che ha colpito il Venezuela sin dalla
morte del suo leader storico Hugo Chávez nel marzo del 2013, e il recente calo del
prezzo del petrolio. Il Presidente Nicolás Maduro ha attaccato i manifestanti definendoli golpisti, mentre uno dei leader dell’opposizione, Henrique Capriles, ha già annunciato la propria disponibilità a guidare nuove proteste contro il regime chavista
accusato, a suo dire, di corruzione e repressione del dissenso.
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ANALISI E COMMENTI
TRAIETTORIE E STRATEGIE DEGLI STATI UNITI IN MEDIO ORIENTE
ALESSANDRO TINTI ↴
ANALISI DISPONIBILE ANCHE COME RESEARCH PAPER: SCARICA
A un quarto di secolo dalla destituzione del rassicurante duello con l’antagonista sovietico, quella di Barack Obama è la prima presidenza dal secondo dopoguerra ad
aver deposto definitivamente i concetti strategici e i corollari operativi della Guerra
Fredda. La simmetria bipolare tagliava con precisione i lembi del travaso ideologico,
militare ed economico del paradigma americano, ordinando sullo scacchiere internazionale priorità e soluzioni di compromesso che, nella definizione di opposte ed esclusive aree di pertinenza, promuovevano una visione manichea del mondo pienamente
collimante con l’eccezionalismo di tradizione calvinista che dalla fondazione del Nuovo
Mondo ha sorretto il discorso politico statunitense. (…) SEGUE >>>
TRANSIZIONE SENZA RIVOLUZIONE.
IL MONOLITICO UZBEKISTAN E IL FUTURO DOPO KARIMOV
OLEKSIY BONDARENKO ↴
Il 2015 sarà un anno importante per il futuro politico dell’Uzbekistan e per l’equilibrio
generale della regione centro-asiatica. Dopo mesi di dubbi e perplessità, derivanti
anche da alcune difficoltà di tipo familiare e sanitario, Islam Karimov ha ufficialmente
annunciato la sua disponibilità a candidarsi alla prossima tornata elettorale di marzo.
L’attuale Presidente è l’uomo più potente del Paese, capace di garantire un certo
livello di stabilità politica a partire dalla proclamazione d’indipendenza dell’Uzbekistan, avvenuta nel lontano settembre 1991. Nonostante l’età avanzata e, almeno
secondo alcune fonti, le precarie condizioni di salute, Karimov detiene ancora nelle
proprie mani le redini del gioco politico uzbeko, mantenendo il ruolo di attore principale anche nell’ottica della futura, inevitabile, transizione politica (…) SEGUE >>>
A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
Ente di ricerca di
“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale
C.F. 98099880787
www.bloglobal.net
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