Genitori…voi siete luce - Azione Cattolica di Genova

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Genitori…voi siete luce - Azione Cattolica di Genova
 Scheda n. 4 Ambito della genitorialità Genitori…voi siete luce
Questo modulo avrà come obiettivo il recupero della dimensione genitoriale come capacità di testimo‐
nianza dei valori cristiani. I genitori saranno accompagnati a riscoprire la responsabilità dell’educazione alla fede dei figli, assunta nel giorno del matrimonio e del battesimo, e ad esercitarla con la testimonianza di vita. 1. «All’edicola»
(dalla vita…) È il momento di analisi che avvia il modulo; è la parte introduttiva che suscita il tema, desunto proprio da cronache giornalistiche. Più che con una cronaca, il modulo ha inizio con la lettura di un testo Da: P. Giuntella- V.E.Giuntella, Il gomitolo dell’alleluja.Di padre in figlio il filo della fede, A cura di Laura Rozza Giuntella, AVE
«Non amo molto confessare, o peggio ostentare, esperienze personali o familiari in pubblico, per
un istintivo senso critico che, per altro, mi è stato istillato dall’infanzia proprio dai miei genitori. Ma
anche perché mi viene sempre alla mente la parabola del fariseo e del pubblicano e, dunque, mi
viene subito la pelle d’oca. Di più ancora nel caso della trasmissione della fede, dell’educazione alla fede dei propri figli, o meglio, dell’auto-educazione familiare alla fede, perché ci sono molte cose
che noi stessi, mamma e papà, apprendiamo da loro o dalle loro domande o siamo costretti ogni
giorno a imparare aggiornando la nostra formazione per rispondere a domande difficilissime,
all’apparenza infantili o ingenue e che invece coinvolgono duri problemi di teologia dogmatica, fondamentale, morale, metafisica… C’è sempre da tremare.
Riusciremo, infatti, a presentare l’intera ricchezza del tesoro che il popolo di Dio si tramanda, la fede dei padri, ai nostri figli, o invece pasticceremo il nostro annuncio con i nostri difetti di imperfetti
evangelizzatori, anzi, peggio, con i limiti della nostra testimonianza, con i nostri piccoli e quotidiani
tradimenti al radicalismo evangelico?
E se i nostri figli diranno di no all’esperienza cristiana, al progetto di salvezza così come noi glielo
presentiamo?
È insondabile mistero, anche quando i nostri sforzi fossero per ipotesi perfetti, o comunque ispirati
a grande fede e grande creatività espressiva, della scelta libera, della fede come dono, e dunque
del rifiuto… Questo per dire che la nostra esperienza non può essere presa come una ricetta, nessuno, anzi, in questo campo, può forse vantare la certezza del metodo giusto. Le vie per incontrare
il Signore sono quasi infinite, le forme di spiritualità, di catechesi, come le scuole teologiche, come
gli ordini religiosi, come le comunità laicali sono tante (per fortuna) e nessuno può pretendere di
possedere bacchette magiche ed esperienze da assolutizzare.
Il punto di partenza
Piuttosto vorrei qui raccontare l’esigenza, peraltro confrontata e condivisa con altri genitori cristiani
in questa età della seconda secolarizzazione, da cui scaturisce il nostro tentativo di autoformazione familiare alla fede. I nostri bambini vivono una realtà completamente diversa da quella
nella quale siamo cresciuti noi. Il cristianesimo in Occidente oggi è minoranza, la morale comune
non coincide più con la morale cristiana, andare a messa la domenica mattina non è più una cosa
scontata, anzi è una cosa che la grande maggioranza dei compagni d’asilo dei nostri bambini non
fanno. Parlare di Gesù di Nazaret è considerato in molti casi una cosa di cattivo gusto, tutt’al più
una fiaba, un mito. I poveri non esistono, e i valori o le virtù per noi irrinunciabili sono considerati
valori e virtù perdenti. Come educare allora alla fede i nostri figli senza essere costretti a tenerli
“sotto vetro”, ma ben sapendo che tutto il contesto in cui vivono le loro giornate emargina Gesù di
Nazaret e il suo messaggio.
Una sfida nella sfida
Ci è parso di individuare la prima risposta a questa strada nel trasmettere un forte senso di appartenenza al popolo di Dio.
Dunque abbiamo educato i nostri figli Osea, Tommaso, Michea e Irene ad una familiarità con la
Bibbia, con i suoi personaggi, con i profeti, con i racconti, il più possibile naturale; una familiarità
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della stessa intensità e naturalezza del rapporto con le fiabe, con i cartoni animati, con gli zii e le
zie, i nonni…
C’è l’educazione, o la proposta, o la trasmissione, dell’incontro con Gesù Cristo e la declinazione o
la comune ricerca, nel nostro caso familiare, del Dio creatore, del Padre, la questione della comunicazione del progetto di Dio, la formazione ad amare. Forse solo la santità, la testimonianza, possono supplire, anche in famiglia, all’insufficienza della nostra parola. La vera sfida è riuscire in famiglia. Come? Anzitutto comunicando una grande familiarità, anche nel gioco, anche nel racconto,
nella fantasia, della Bibbia in casa. Della Bibbia come libro, come strumento, come oggetto almeno
altrettanto naturale, comune, a portata di mano, del frigorifero, della televisione, dei giocattoli.
Rendere familiare la Bibbia come il libro della Parola, il “libro sacro” di casa, un pezzetto di Dio in
casa, il suo messaggio, il suo “giornale”, il cartone animato con cui lui ci parla, il Dio in mezzo a
noi, cui possiamo ricorrere per pregare, per capire meglio le nostre cose.
La Bibbia deve dunque diventare lo strumento per educare, ed auto-educarci con i nostri bambini,
all’invocazione, alla preghiera, alla lode, dunque al canto, alla canzone, alla festa»
Ci si ferma a riflettere guidati da queste domande: - Anche nella odierna società ci sono tante famiglie che riescono a vivere i valori cristiani: quali resi‐
stenze dobbiamo superare noi per fare lo stesso? - Quale familiarità ha la Bibbia nella nostra casa? - Vi sono altre famiglie con le quali condividiamo il desiderio di comunicare la fede ai figli? Che relazio‐
ne abbiamo stabilito con loro. 2. «Tra piazza e campanile»
(alla Parola…) È il momento in cui riferirsi e lasciarsi illuminare dalle parole di persone autorevoli (esperti, autori …) e dalla Parola di Dio. Tenendo conto del brano di riferimento, si potranno correlare altri brani biblici per la medita‐
zione e la preghiera. La Parola
Essere luce vuol dire rimanere fermi nella testimonianza dei valori in cui si crede, anche quando intorno è buio e la corrente va in senso contrario. 2Tm 3,1-5.14-17
«Sappi che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, empi, senza amore, sleali, calunniatori, intemperanti, intrattabili, disumani, traditori, sfrontati, accecati dall'orgoglio, amanti del piacere più che di Dio, gente che ha una religiosità solo apparente, ma ne disprezza la forza interiore.
Guàrdati bene da costoro!
Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo
hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall'infanzia: queste possono istruirti per la salvezza,
che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per
insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e
ben preparato per ogni opera buona».
Le parole:
Evangelii Nutiandi, 71
«Nell’ambito dell’apostolato di evangelizzazione proprio dei laici, è impossibile non rilevare l’azione
evangelizzatrice della famiglia. Essa ha ben meritato, nei diversi momenti della storia della Chiesa,
la bella definizione di “Chiesa domestica”, sancita dal Concilio Vaticano II. ..La famiglia, come la
Chiesa, deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia. Dunque
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nell’intimo di una famiglia cosciente di questa missione, tutti i componenti evangelizzano e sono
evangelizzati. I genitori non soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma possono ricevere da loro lo
stesso Vangelo profondamente vissuto. E una simile famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre
famiglie e dell’ambiente nel quale è inserita».
Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 52
«La famiglia è il luogo privilegiato dell’esperienza dell’amore, nonché dell’esperienza e della trasmissione della fede.
La famiglia è l’ambiente educativo e di trasmissione della fede per eccellenza: spetta dunque anzitutto alle famiglie comunicare i primi elementi della fede ai propri figli, sin da bambini. Sono esse le
prime “scuole di preghiera”, gli ambienti in cui insegnare quanto sia importante stare con Gesù ascoltando i Vangeli che ci parlano di lui. I coniugi cristiani sono i primi responsabili di quella “introduzione” all’esperienza del cristianesimo di cui poi chi è beneficiario porterà in sé il seme per tutta
la vita».
Documento di base, Il rinnovamento della catechesi, 195 «Sono catechisti – in forza del sacramento del matrimonio – i genitori, i quali in quella che si potrebbe chiamare chiesa domestica, devono essere per i loro figli i primi maestri della fede. Nella
famiglia cristiana, arricchita dalla grazia e dalla missione del matrimonio-sacramento, fin dalla più
tenera età, i figli imparano a conoscere e ad amare Dio e il prossimo, secondo la fede che hanno
ricevuta nel battesimo »
D.NEGRO, L’amore diventi la vostra vita - Lettera Pastorale, pp. 15-16, Otranto - ottobre 2008
“… Quando Gesù salì sul monte per indicare la felicità, c’erano le folle, ma più vicino a lui c’erano i
discepoli: erano i discepoli che Gesù voleva ammaestrare (Mt 5,1-2). C’era una gran moltitudine di
gente, ma è ai suoi discepoli che Gesù rivolse lo sguardo e la parola (Lc 6,17.20). Eppure la presenza delle moltitudini è fondamentale: esse ascoltano Gesù ma poi guardano i discepoli. Noi cristiani ascoltiamo Gesù, ma sappiamo anche che l’umanità intera ci guarda per vedere come ci
comportiamo: se mettiamo in pratica le parole di Gesu. È la testimonianza della vita, delle opere
buone che facciamo, la luce che può illuminare il mondo.
Il nostro compito non è portare la luce, pensare e discutere come è meglio illuminare gli altri. Il nostro compito è vivere le Beatitudini e questo, se lo faremo, illuminerà:
«Voi siete le luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, 15nè si
accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti
quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perchè vedano le
vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli». (Mt 5, 14-16)
Chi parla così è Gesù, che però ci avverte di fare le opere buone non per essere visti dagli altri, ma
nel segreto (Mt 6, 1-4). Non dobbiamo preoccuparci di apparire ma di essere.
L’apparenza, messa alla prova, rivela l’ipocrisia ed è perciò di scandalo, non di testimonianza: è
morte di fede, non vita di fede. …”
Ci si pone ancora una domanda: Trasmissione di fede non è solo quella che i genitori fanno verso i figli, ma anche il movimento inverso della testimonianza dei figli nei confronti dei genitori: come si esprime questo dono reciproco? Quali spazi ci sono nella tua famiglia per ascoltare i figli? Per la riflessione di coppia Gesù ha detto: Voi siete il sale della terra; Voi siete la luce del mondo (cfr. Mt 5,13‐15). E con queste parole Egli fa sapere ciò che la comunità deve essere “sale della terra e luce del mondo”. Il sale non esiste per sé, ma per dare sapore al cibo. La luce non esiste per sé, ma per illuminare intorno. Questo sono i cristiani per il mondo, ciò sono i genitori cristiani per i loro figli. 4 Scheda n. 4 Ambito della genitorialità Genitori…voi siete luce
Rispetto a Timoteo, San Paolo si sente padre nella fede. Egli osserva ciò che avviene nel mondo, gli ostacoli che si frappongono all’affermazione dei valori autentici della vita e della fede. Come padre premuroso esor‐
ta Timoteo a conservarsi saldo, ben radicato in quella fede che non nasce con lui, ma che viene prima di lui, gli proviene come dono dagli altri, dalla Comunità, dalla famiglia ed egli stesso è chiamato a custodire e dif‐
fondere, offrendo il dono alle altre generazioni. Anche in questo nostro mondo, come genitori cristiani, nel Battesimo abbiamo assunto l’impegno di educa‐
re nella fede i nostri figli. Riferimenti psicopedagogici
Riportiamo di seguito una nota relativa all’esperienza religiosa nella formazione dell’identità dei ragazzi. Il testo completo è scaricabile da: www.cnos.org sito del Centro Nazionale Opere Salesiane.
L'esperienza religiosa dei ragazzi
Istituto degli Innocenti - Firenze
UNA DIFFUSA SOCIALIZZAZIONE RELIGIOSA DEI PREADOLESCENTI
Per sviluppare le nostre considerazioni di seguito porremo al centro dell’attenzione i ragazzi nel periodo della preadolescenza, fase che in Italia coincide grosso modo con la frequenza alla scuola
media inferiore. Come si vedrà, si tratta di un periodo per molti aspetti cruciale nel processo di socializzazione religiosa dei ragazzi e delle ragazze. Sulla fase precedente del resto non esiste una
documentazione adeguata. Si può ritenere che la socializzazione religiosa extrafamiliare abbia inizio di norma in corrispondenza con l’inizio della scuola elementare, ma i livelli di pratica
nell’infanzia sono senza dubbio largamente inferiori a quelli che verranno sperimentati nel corso
della preadolescenza, se non altro perché l’«obbligatorietà» della frequenza alla messa festiva è
nell’infanzia considerata come socialmente poco vincolante. Il pluralismo nelle scelte religiose che
caratterizza gli adulti non si riflette, come ci si potrebbe attendere, in un grado altrettanto elevato di
differenziazione nelle pratiche religiose dei ragazzi e delle ragazze. Se si guarda agli indicatori espliciti di pratica, si può agevolmente accertare quanto esteso sia nel nostro paese il processo di
socializzazione religiosa. Secondo le rilevazioni dell’Istat circa il 70% dei preadolescenti frequenta
settimanalmente un luogo di culto. Un altro 14% ci va alcune volte al mese. Anche se si considera
che questi dati sono leggermente sovrastimati, come potrebbe dimostrare la comparazione con altre metodologie di rilevazione, si tratta in ogni caso di livelli di pratica molto elevati. La dimestichezza con i luoghi di culto raggiunge i livelli più bassi nelle zone centrali delle aree metropolitane ed i
livelli più alti nei piccoli centri al di sotto dei 2.000 abitanti. Per quanto riguarda le aree territoriali i
livelli maggiori si registrano nel Mezzogiorno e quelli più bassi nel Centro. Le differenze non sono
però mai troppo eclatanti. Pur tenendo conto della diversità dell’offerta, se si guarda al numero di
preadolescenti i cui genitori hanno scelto di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica
nella scuola media, questa impressione di una socializzazione religiosa molto estesa esce ulteriormente rafforzata. Nell’anno scolastico 96/97 il 95,7% degli iscritti alla scuola media inferiore si è
avvalso di tale insegnamento (96,8% nelle scuole elementari).
Contrariamente a quanto molti si attendevano non si nota, negli ultimi quattro anni, alcuna tendenza ad una riduzione nella quota degli avvalentesi. Solo in alcuni grandi centri tale quota si pone su
livelli significativamente inferiori, compresi tra il 70 e l’80%. Purtroppo non esistono fonti altrettanto
sistematiche per sondare l’altro momento cruciale, sotto il profilo formale, della socializzazione religiosa dei ragazzi, e cioè la frequenza al catechismo. Indagini condotte a livello locale sembrano
però indicare livelli di frequenza molto alti, persino superiori a quelli fatti segnare dalla frequenza
alla messa festiva. La grande maggioranza dei e delle preadolescenti manifesta in sostanza una
pratica esplicita costante, frequenta il catechismo e, a scuola, si avvale dell’insegnamento della religione cattolica; tutto ciò con una omogeneità territoriale notevole. Oltre a ciò molto numerosi sono
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coloro che frequentano qualche associazione o gruppo educativo di carattere parrocchiale, anche
se ovviamente in quote non comparabili con quelle appena viste. Quanti non è dato saperlo, ma si
può facilmente ritenere che lo spazio educativo extrascolastico sia in buona maggioranza gestito
da organizzazioni che si riferiscono, quando non vi appartengano direttamente, alla chiesa cattolica. Meno peso essa riveste invece oggi, rispetto ad un recente passato, nell’ambito della gestione
del tempo libero. Gli oratori assumono ancora, in questa età, un certo rilievo, ma lo sviluppo
dell’associazionismo sportivo non confessionale ha sottratto il primato in questo campo alle organizzazioni promosse dalla chiesa. L’esposizione alla socializzazione religiosa riveste dunque nel
nostro paese un rilievo vastissimo in questa età della vita, con ogni probabilità senza confronti con
quanto si può rilevare negli altri paesi europei. Livelli di pratica così elevati, i più alti riscontrabili tra
le età della vita e l’estesa partecipazione al catechismo, appaiono rafforzati dal fatto che, nella
grande maggioranza delle diocesi italiane, il termine della scuola media inferiore coincide con il
completamento formale del percorso dell’iniziazione cristiana. Il sacramento della confermazione
che lo conclude è infatti somministrato di solito in prossimità di quel termine.
Il crollo della pratica religiosa dopo la preadolescenza
Sorprende perciò molto coloro che si occupano dell’educazione religiosa dei giovani quanto avviene negli anni collocati immediatamente dopo la preadolescenza. Il triennio successivo, compreso
tra i 15 anni e il passaggio alla maggiore età, denota infatti una evoluzione nettissima nei livelli di
pratica. Come si può osservare in tabella, quella costante, su base settimanale, subisce un arretramento di dimensioni eclatanti. In tre anni più di un terzo dei frequentanti la abbandona. La tendenza continuerà anche negli anni successivi fino a portarsi su una frequenza settimanale nei luoghi di culto tale da coinvolgere solo un individuo ogni quattro, tra 25 e 34 anni di età. Successivamente si assiste ad una ripresa, ma ben lontana dal riportarla ai livelli sperimentati nel corso della
preadolescenza. In sostanza e arrotondando: un ragazzo ogni quattro non manifestava fin
dall’inizio una pratica significativa, due hanno smesso o hanno optato per una pratica saltuaria, uno
solo l’ha conservata. Di pari passo la frequenza al catechismo, anche per la riduzione dell’offerta,
si riduce a ben poca cosa, mentre diminuisce la partecipazione all’associazionismo educativo. Rimane alta invece la scelta, a questo punto operata dai giovani adolescenti in prima persona, di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, scelta che coinvolge l’88,1% dei frequentanti le
scuole superiori, anche in questo caso senza che si manifesti una chiara tendenza alla flessione.
Va tenuto presente a questo riguardo che quest’ultima percentuale non è più calcolata sul totale
dei giovani in quell’età, dato che siamo al di fuori della scuola dell’obbligo. Molte delle riflessioni
che sulla religiosità dei ragazzi vengono sviluppate prendono le mosse da questi dati, dal confronto
cioè tra un livello di pratica così elevato dei preadolescenti e l’abbandono tanto rapido e drastico
negli anni immediatamente successivi. L’abbandono non sarà segno di una esperienza religiosa
povera di contenuto? Se così non fosse, quali fattori intervengono successivamente a spiegarlo? E
quali elementi di debolezza e di scarsa interiorizzazione erano in ogni caso già presenti nella socializzazione precedente? La preadolescenza, dal canto suo, è un periodo statico, sotto il profilo socioreligioso, oppure il cambiamento è già avvertibile in quel periodo?
Come si vede, molti di questi interrogativi si pongono dal punto di vista dell’«esperienza religiosa»,
e non da quello della socializzazione che i ragazzi hanno vissuto in ambiente religioso, nel suo significato più ampio. Ma gli interrogativi sono in effetti più vasti, coinvolgono entrambi i piani.
L’esperienza religiosa potrebbe cioè rivelarsi debole come momento di strutturazione dell’identità,
ma la socializzazione ricevuta, al di là degli aspetti propriamente religiosi, potrebbe rivelarsi più
consistente e significativa anche sul piano della formazione dell’identità. Dal punto di vista sociologico l’interrogativo posto dall’abbandono della pratica non è del resto così difficile, come può sembrare alle persone che sono impegnate nell’educazione religiosa dei ragazzi. Osservare i ragazzi
significa guardare come la società si riproduce e in particolare come riproduce le forme della propria religiosità. Certo, tutti i genitori possono avviare i propri figli all’educazione religiosa, ma ciò
non impedirà a questi ultimi di notare la pluralità di modi con cui nella società attuale è vissuto il
rapporto con la religione. Il cammino che, muovendo dalla preadolescenza, attraversa la giovinezza è dunque anche lo stesso cammino mediante il quale una pratica diffusa, indotta da un mondo
adulto spesso non molto coinvolto, si trasforma nell’esperienza di una minoranza e la religiosità di
maggioranza può assestarsi, come è logico che avvenga. Vediamo dunque come si articola questo
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percorso che conduce dall’omogeneità apparente della religiosità dell’infanzia e della preadolescenza alla pluralità di forme che caratterizza la vita adulta.
Preadolescenti e religiosità familiare: una situazione di dissonanza cognitiva?
Se si pone in relazione la pratica dei genitori con quella dei figli si trova, come appare ovvio, una
relazione tra le due variabili. I figli dei praticanti sono in sostanza assai più spesso esposti alla socializzazione religiosa dei figli dei non praticanti, o dei saltuari. Tuttavia, nel contesto italiano, ciò
che colpisce è l’alto numero di ragazzi, figli di persone estranee alla pratica, che denotano, nel periodo della seconda infanzia e poi della preadolescenza, una partecipazione elevata alla ritualità
ordinaria e che conducono a termine completamente il percorso dell’iniziazione cristiana. Ciò è del
resto implicito nel fatto che i livelli di pratica dei preadolescenti appare più che doppio di quello osservabile nell’età adulta. Una quota elevata dei preadolescenti si caratterizza dunque per il fatto di
assumere modelli di comportamento socioreligioso che contrastano con quello di uno dei genitori o
di entrambi. Questo fatto non si spiega se non secondariamente con l’esistenza di pressioni ambientali, la spinta omologante dei compagni, che inducono a richiedere la socializzazione religiosa,
in un certo senso in contrasto con quanto i genitori desiderano. Al contrario, sono i genitori stessi
che di solito orientano i loro figli verso l’ambiente parrocchiale e la pratica religiosa. Basti pensare
che, da una indagine condotta in un ambito locale, emerge come il 40% circa dei figli di non praticanti viene invitato dai propri genitori alla preghiera. I ragazzi collocati in questi contesti familiari
vengono dunque a trovarsi in una situazione che potrebbe essere descritta nei termini indicati dal
concetto di dissonanza cognitiva, perché si trovano a ricevere messaggi che li inducono ad esporsi
alla socializzazione religiosa, ma non notano comportamenti congruenti nei genitori e ciò, in alcuni
casi, è fonte di disagio per il minore. Probabilmente però questo aspetto non va troppo enfatizzato.
A definire una situazione di dissonanza di un certo rilievo infatti non concorre solamente la dimensione della pratica esplicita. I ragazzi stessi sono portati a non considerarla come decisiva per definire i caratteri della persona credente, e ciò tanto più spesso quanto più vivono una esperienza religiosa di qualche spessore. D’altra parte non sono pochi coloro che, pur vivendo in famiglie scarsamente praticanti, ciononostante si rappresentano i propri genitori come persone religiose. Mentre, al contrario, vi sono ragazzi i quali avvertono nella pratica dei loro genitori aspetti di ritualismo e
di formalismo che finiscono per condizionarne negativamente la relazione con l’esperienza religiosa. In sostanza, le situazioni di dissonanza cognitiva in rapporto alla religione esistono e sono abbastanza diffuse, ma solo in una parte dei casi assumono il rilievo che si potrebbe supporre, soprattutto a causa del fatto che l’importanza della pratica nel definire l’identità religiosa è stata drasticamente ridimensionata nella cultura odierna. Piuttosto il richiamo a queste situazioni, largamente diffuse, induce ad un altro ordine di considerazioni che appare decisivo nel delineare il significato della religione per i ragazzi e le ragazze e la loro evoluzione tra preadolescenza e adolescenza.
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3. «Sul muretto»
(alla vita…) In questo momento si opererà la differenziazione delle attività in riferimento alle fasce di età, suggerendo attività che vengano svolte insieme tra genitori e figli. FACCIAMO FINTA CHE … (per Genitori di bambini di 3‐5 anni: Piccolissimi) Per i bambini più piccoli potrebbe essere difficile pensare di “mettere in scena” una drammatizzazione a tutti gli effetti. Tuttavia saranno in grado di riproporre situazioni di vita quotidiana semplici (pranzo dai nonni, gestione della vita familiare quotidiana, messa, gesti di solidarietà nei confronti degli ultimi, …) in cui possono fare finta di scambiare i ruoli con i propri genitori o con altri interlocutori. In questo modo sia geni‐
tori che figli potranno riflettere i maniera spontanea sui gesti compiuti quotidianamente e fare quindi un’analisi più obiettiva della loro vita. L'INVENTASTORIE (per Genitori di bambini di 6‐14 anni: ACR) E’ un gioco che si può fare tanto in famiglia quanto in un gruppo di famiglie. Occorre preparare tre mazzi di carte, preferibilmente di colore differente. Un mazzo di carte conterrà i personaggi della famiglia (papà, mamma, ecc.), uno riporterà una serie di luoghi (scuola, comune, piazza, ospedale, ecc.), un altro alcuni detti semplici di Gesù tratti dai vangeli (“Gli ultimi saranno i primi”, “Beati gli operatori di pace...”, ecc.). Il gioco consiste nel pescare a caso una carta da ognuno dei tre mazzi e costruire una breve storia nella quale il personaggio della famiglia, all'interno della scena raccontata nel secondo mazzo, vive un piccolo episodio che mette in pratica la frase pescata dal terzo mazzo. Ad esempio, se le carte pescate sono Papà‐Ufficio‐
“Beati gli operatori di pace” si inventerà (o si ricorderà, perché magari è successo veramente) una storia in cui egli fa da paciere nel contesto professionale. La TOP‐TEN (per Genitori di ragazzi di 15‐18 anni: Giovanissimi) Il mercato musicale è contraddistinto dalle classifiche di vendita (o di download), le hit‐parade che ci rac‐
contano dei dischi e delle canzoni più apprezzati e diffusi. È la famosa top‐ten, la lista dei brani più ascoltati. In maniera simile, la vita cristiana comporta un dover mettere al primo posto delle istanze, dei valori che vengono prima di altro e che si concretizzano nelle scelte di ogni giorno. Partendo dall'ascolto della canzo‐
ne “La classifica” di Daniele Silvestri (contenuta nell'album “Uno‐Due”) si può proporre ad ogni membro della famiglia di stilare una propria top‐ten di valori che orientano le scelte di vita quotidiane. Dopo averle confrontate (senza giudicare), si può provare a stilare una hit parade familiare e a chiedersi quali scelte siamo, di conseguenza, chiamati a fare in questo momento come famiglia cristiana. 8 Scheda n. 4 Ambito della genitorialità Genitori…voi siete luce
4. «Al bivio»
(alla vita…) È il momento di sintesi, di conclusione del modulo, ma di apertura ad atteggiamenti nuovi da maturare per suscitare il cambiamento. Quasi degli impegni per casa … ma non solo per casa, vista la dimensione di citta‐
dinanza che si vuole alimentare. La luce in famiglia Si sceglie un membro della famiglia a turno e tutti gli altri raccontano le cose belle e le qualità cristiane che gli riconoscono. Ognuno sceglie quindi un cartoncino del proprio colore preferito, vi scrive il proprio nome e le qualità cristiane appena emerse e, assieme agli altri, compone una sorta di arcobaleno che viene dispo‐
sto in casa attorno ad un'immagine di Gesù. Come la luce vera si rifrange sugli oggetti lasciando emergere il colore di ognuno, così ognuno di noi testimonia una sfumatura differente della stessa Luce. E l'insieme dei vari colori, in armonia, narra la bellezza della luce che li ha generati, diventandone testimoni. Riflettere insieme per testimoniare “...perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”. Al di là delle scelte di vita personali, è importante che ci siano delle “opere buone” pensate ed attuate a livello familiare. Cosa decidiamo di fare “in quanto famiglia” per essere testimoni del vangelo e il mondo possa rendere gloria al Padre nostro dei cieli? Preghiamo insieme Si conclude con la preghiera di benedizione dei O Signore, Luce del mondo figli: aiutaci ad essere la tua luce nel mondo Tu ci hai scelti con amore Padre santo, sorgente inesauribile di vita, per essere tuoi testimoni da te proviene tutto ciò che è buono; di vita piena e gioiosa in Cristo. noi ti benediciamo e ti rendiamo grazie, Ravviva in noi la fiamma del Battesimo perché hai voluto allietare con il dono dei figli purifica le nostre ombre la nostra comunione di amore. facci risplendere di speranza. Fa’ che questi nuovi germogli della nostra fami‐
Rendici capaci di indicare al mondo glia la via che conduce a te. trovino nell’ambito domestico La nostra quotidianità sia piena il clima adatto per aprirsi liberamente ai grandi ideali che tieni in serbo per loro della forza e della gioia della Santa Trinità, e che realizzeranno con il tuo aiuto. benedetta nei secoli. Per Cristo nostro Signore. Amen! Amen.
(dal catechismo dei bambini, p.156) L’impegno che ci si assume come famiglia è quello di un momento di preghiera fisso, oltre alla messa do‐
menicale, nel corso della settimana. 9 Scheda n. 4 Ambito della genitorialità Genitori…voi siete luce
5. «Il tabellone»
(linguaggi della cultura) In questa parte si forniranno delle indicazioni emerografiche, pochi titoli di libri, film, canzoni, opere… che si ritengono efficaci sia per gli incontri stessi che per la riflessione personale e di coppia. Film:
Genitori cercasi, regia di Rob Reiner, 1994
Il tredicenne North, additato a modello da tutto il circondario e snobbato dai suoi genitori, persi nei
pensieri e nelle liti di tutti i giorni, si reca, per consolarsi, nel suo rifugio segreto: questo è caratterizzato dalla poltrona di un grande magazzino, dove è avvicinato da un uomo travestito da coniglio,
una specie di angelo custode, cui confida il progetto di offrirsi come figlio ad una coppia di genitori
in grado di capirlo.
Libri:
P.Giuntella-V.E.Giuntella, il gomitolo dell’Alleluja. Di padre in figlio il filo della fede, Ave 2009
Canzone:
Figlio, figlio, figlio
Roberto Vecchioni - 2002
Figlio chi t'insegnerà le stelle
se da questa nave non potrai vederle?
Chi t'indicherà le luci dalla riva?
Figlio, quante volte non si arriva!
Chi t'insegnerà a guardare il cielo
fino a rimanere senza respiro,
a guardare un quadro per ore e ore
fino a avere i brividi dentro il cuore?
Che al di là del torto e la ragione
contano soltanto le persone?
Che non basta premere un bottone
per un'emozione?
Figlio, figlio, figlio,
disperato giglio, giglio, giglio
luce di purissimo smeriglio,
corro nel tuo cuore e non ti piglio
dimmi dove ti assomiglio
figlio, figlio, figlio
soffocato giglio, giglio, giglio,
figlio della rabbia e dell'imbroglio,
figlio della noia e lo sbadiglio,
disperato figlio, figlio, figlio.
luce di purissimo smeriglio,
corro nel tuo cuore e non ti piglio,
dimmi dove ti assomiglio
figlio, figlio, figlio
spaventato giglio, giglio, giglio,
figlio della rabbia e dell'imbroglio,
figlio della noia e lo sbadiglio,
disperato figlio, figlio, figlio.
Figlio, qui la notte è molto scura,
non sei mica il primo ad aver paura;
non sei mica il solo a nuotare sotto
tutte due ci abbiamo il culo rotto:
non ci sono regole molto chiare,
tiro quasi sempre ad indovinare;
figlio, questo nodo ci lega al mondo
devo dirti no e tu andarmi contro,
tu che hai l'infinito nella mano
io che rendo nobile il primo piano;
figlio so che devi colpirmi a morte
e colpire forte.
Figlio, figlio, figlio, giglio
luce di purissimo smeriglio,
corro nel tuo cuore e non ti piglio
dimmi dove ti assomiglio figlio
calpestato giglio, giglio, giglio,
figlio della rabbia e dell'imbroglio,
figlio della noia e lo sbadiglio,
adorato figlio, figlio, figlio.
Dimmi, dimmi, dimmi
cosa ne sarà di te?
Dimmi, dimmi, dimmi
cosa ne sarà di te?
Dimmi cosa,dimmi cosa
ne sarà di me?
Figlio chi si è preso il tuo domani?
Quelli che hanno il mondo nelle mani.
Figlio, chi ha cambiato il tuo sorriso?
Quelli che oggi vanno in paradiso.
Chi ti ha messo questo freddo nel cuore?
Una madre col suo poco amore.
Chi l'ha mantenuto questo freddo in cuore?
Una madre col suo troppo amore.
Figlio, chi ti ha tolto il sentimento?
Non so di che parli, non lo sento.
Cosa sta passando per la tua mente?
<I< a credo non>
Figlio, figlio, figlio, giglio
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