Produzione bio in serra La rete di ricerca europea

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Produzione bio in serra La rete di ricerca europea
ORTICOLTURA
Produzione bio in serra
La rete di ricerca europea
L’azione Cost FA 1105 Biogreenhouse analizza l’impiego di metodi
di coltivazione biologica in campo all’interno delle strutture protette,
in particolare il problema della gestione della fertilità del suolo
di F. Tittarelli, F. G. Ceglie, G. Mimiola, G. Burgio, L. Depalo, C. Ciaccia, E. Testani, G. Dragonetti
È difficile quantificare le superfici occupate da serre condotte con il metodo biologico
in Europa, in quanto il sistema
Eurostat non fornisce questo
livello di dettaglio nelle rilevazioni riportate nel censimento
agricolo. Si stima però che
nell’Unione europea le serre
bio occupino una superficie
intorno ai 4500-5000 ha.
L’Italia, con circa 2mila ha di
serre biologiche, rappresenta
il Paese europeo con la maggiore superficie. La Sicilia
(principalmente la provincia
di Ragusa), la Campania, la
Puglia, la Basilicata e il Lazio
sono le regioni in cui la serricoltura biologica è maggiormente diffusa. La Spagna è il
secondo Paese europeo per
superficie (circa 1.350 ha). Le
principali regioni sono l’Andalusia (la provincia di Almeria),
Murcia, Catalogna, CastigliaLa Mancia. La Francia è il terzo Paese europeo in termini
di superficie investita a serre
bio (circa 500 ha), seguita
dalla Germania (150-200 ha,
di cui il 25-30% sono riscaldate intensivamente), l’Olanda (circa 100 ha, di cui il 50%
riscaldate intensivamente), la
Danimarca (circa 30-50 ha).
Per i Paesi scandinavi come
la Finlandia e la Svezia la superficie si riduce, rispettivamente a 8,5 e 7 ha.
I dati sopra riportati mettono
in evidenza che la produzione
biologica in serra è molto più
diffusa nei Paesi Mediterranei
che nell’Europa continentale
per numerosi fattori (riconducibili fondamentalmente al
clima e ai minori costi strutturali) che predispongono
i Paesi del Sud d’Europa a
una maggiore vocazione alla
produzione orticola biologica
protetta.
Ciononostante, tutti i Paesi europei sono determinati
a portare avanti la propria
produzione in biologico con
tenacia e a voler essere competitivi sui mercati a livello internazionale.
Carenze normative
Serra sperimentale. Immagini relative all’attività pregressa
(Campi: I a sx e 2 a dx; giugno 2012: avvio rotazione;
agosto 2012: fine produzione colture di copertura;
dicembre 2012: fine produzione pomodoro; maggio 2013:
fine produzione fragola e fagiolino; la rotazione segue
nella successiva annualità a campi invertiti). Foto di F.G. Ceglie.
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A tale riguardo, negli ultimi anni, a livello di Unione
europea, si è sviluppato un
dibattito molto acceso sulla
necessità di regolamentare
la produzione biologica in
ambiente protetto. Infatti, né
nel Regolamento (CEE) n.
2092/91, né successivamente nei Regolamenti (CE) n.
834/07 e Reg. (Ce) 889/08 si
è mai fatto riferimento in maniera diretta alle produzioni
biologiche in serra. La mancanza di un insieme di regole
condivise ha determinato, nel
corso degli anni, un malcontento diffuso fra i produttori
dei Paesi Ue, con accuse
reciproche di competizione
sleale e con effetti potenzialmente negativi sul mercato
della produzione biologica
nel suo insieme (Blom, 2011).
In effetti, nel corso degli anni,
ogni Paese ha interpretato il
Regolamento che disciplina
la produzione in biologico e
lo ha adattato alla propria gestione in ambiente serricolo.
È evidente che la grande diversità geografica e climatica che caratterizza i Paesi
dell’Unione europea non abbia facilitato il compito al legislatore nel mettere a punto
delle regole condivise. Ciò è
dovuto anche al fatto che, talvolta, nel dibattito, alcuni Paesi abbiano messo in discus-
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sione alcuni principi di base
della produzione biologica.
Ad esempio, fra gli altri, è
stato messo in discussione la
produzione su suolo, aprendo, di fatto, la strada a una legittimazione della produzione
biologica fuori suolo che ha
molto allarmato il mondo del
bio dei Paesi mediterranei e
non solo.
Di fronte a posizioni tanto diverse, l’unità di Agricoltura
biologica della Dg Agricoltura
ha dato mandato al Gruppo di
esperti permanenti sull’agricoltura biologica della Commissione Europea (Expert
group for technical advice on
organic production - Egtop)
di procedere alla stesura di
un report sulla produzione
biologica in serra. Il report è
stato pubblicato sul sito della
Commissione lo scorso settembre 2013, ed è consultabile e scaricabile al seguente link: http://ec.europa.eu/
agriculture/organic/eu-policy/
expert-advice/documents/
Adulto di Episyrphus balteatus (Diptera: Syrphidae).
final-reports/final_report_egtop_on_greenhouse_production_en.pdf
Contemporaneamente al dibattito sulle regole comuni, si
è sviluppato un dibattito internazionale fra i ricercatori che
operano nel settore dell’agricoltura biologica per creare
una rete, a livello europeo, di
ricerca sulla produzione biologica protetta. È stata così
finanziata l’azione COST FA
1105 Biogreenhouse dal titolo
“Towards a sustainable and
productive EU organic greenhouse horticulture” (vedi box).
Gestione
della fertilità
Come è noto, la gestione
della fertilità del suolo in
agricoltura biologica è più
complessa rispetto alla produzione convenzionale. In
termini generali, in agricoltura biologica la gestione della
fertilità dovrebbe essere basata su strategie agro ecologiche che necessitano una
profonda conoscenza della
situazione pedoclimatica e
del flusso dei nutrienti attraverso l’agroecosistema. Tutto
ciò è influenzato e regolato
COS’È IL PROGRAMMA COST FA 1105
L’attività dell’azione Cost FA 1105 “Towards a sustainable and productive EU organic greenhouse horticulture” (Biogreenhouse) ha avuto inizio il 19 aprile 2012. Di seguito, si riportano i link del sito web ufficiale del programma Cost
con le principali informazioni (http://www.cost.eu/domains_actions/fa/Actions/FA1105) e di quello realizzato sulla
base dell’attività dei partecipanti (www.biogreenhouse.org).
Il Cost è una struttura intergovernativa finalizzata alla cooperazione europea per la Scienza e la tecnologia, la cui
attività è finalizzata a favorire il coordinamento delle ricerche finanziate a livello nazionale nel contesto europeo.
Le azioni Cost non elargiscono fondi per progetti di ricerca, ma favoriscono i contatti e gli scambi fra i ricercatori di
36 Paesi, europei e non, creando le condizioni per la realizzazione di un network scientifico di grande potenzialità.
L’azione Cost FA 1105, che svolgerà la propria attività nel periodo 2012-2016, è presieduta da Rob Meijer del
Wageningen UR Greenhouse Horticulture (Olanda) e si articola in 5 working groups (WGs):
WG1: Robust plant material (Chairman Martin Koller);
WG2: Soil fertility, suppressiveness and water management (Chairman Fabio Tittarelli);
WG3: Plant health (Chairman Gerben Messelink);
WG4: Energy saving and climate neutral production (Chairman Evert Eriksson);
WG5: Sustainability and standards (Chairman Ulrich Schmutz).
Allo stato attuale, partecipano 27 Paesi Cost e le istituzioni universitarie di 2 Paesi non-Cost (Egitto e Giordania). n
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dagli avvicendamenti, dai
sovesci, dagli ammendanti
e può essere integrato con
l’utilizzo di concimi organici.
La necessità di sincronizzare
il tasso di mineralizzazione
della sostanza organica con
l’esigenza delle piante, nelle
diverse fasi di crescita, rende
la gestione della fertilità del
suolo molto complessa. In
un ambiente protetto, tali problematiche sono ancora più
amplificate. Di conseguenza,
a causa dell’alto livello d’intensificazione colturale che
caratterizza la produzione
in serra, l’agricoltore è spesso indotto a derogare dal
rispetto dei principi di base
dell’agricoltura biologica. Il
risultato è l’implementazione
di un sistema di produzione
biologico “convenzionalizzato” o di sostituzione. Con tale
termine, si intende un sistema di produzione biologico
che tende a ridurre l’impiego
delle tecniche agronomiche
menzionate sopra, utilizzando, per gestire la fertilità del
terreno, quasi esclusivamente
i fertilizzanti organici ammessi
in agricoltura biologica. Praticamente, in questo caso,
si opera una semplice sostituzione degli input utilizzati
in agricoltura convenzionale
con input ammessi ai sensi
della normativa sulla produzione biologica. Un altro approccio, che può essere definito agroecologico, adatta
le tecniche agronomiche di
gestione della fertilità in agricoltura biologica alla realtà
produttiva serricola. Chiaramente, in ambiente protetto,
questo secondo approccio è
più complesso, richiede un
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LE ATTIVITÀ PROGETTUALI
Progetto Biosemed
Il progetto dal titolo “Sistemi di produzione orticola biologica in serra in ambiente mediterraneo:
confronto fra approccio agroecologico e convenzionalizzato - Biosemed” è coordinato da Fabio
Tittarelli del Cra - Centro di ricerca per lo studio
delle relazioni fra pianta e suolo (CRA-RPS) di
Roma. Le Unità Operative coinvolte nel progetto
e le principali linee di ricerca sono riportate di
seguito:
Unità operativa 1
Responsabile scientifico: Giancarlo Mimiola
(Ciheam-Iamb)
L’Unità operativa 1 ha il compito di assicurare la
gestione agronomica dei campi sia nella serra
sperimentale che in quella dimostrativa. Valuta
la produzione quali-quantitativa delle colture da
reddito, ottimizza la gestione della risorsa idrica,
monitora e quantifica, per trattamento, eventuali
lisciviazioni di nitrati e, di concerto con i respon-
maggior
approfondimento
tecnico per aumentare il livello di servizio ecologico fornito dalle colture di copertura,
riducendo il tempo in cui il
terreno è occupato da colture
che non producono reddito,
ma garantisce potenzialmente un maggiore controllo dei
patogeni terricoli, dei nemato-
sabili delle altre linee di ricerca, organizza l’attività dimostrativa del progetto.
Unità operativa 2
Responsabile scientifico: Giovanni Burgio (Dipsa dipartimento di Scienze agrarie - Alma Mater
Studiorum Università di Bologna)
L’Unità operativa 2 è responsabile della valutazione dell’effetto delle diverse miscele di colture
di copertura, previste nei sistemi di produzione a
confronto, sulla artropodofauna utile e dannosa.
In particolare, mediante l’uso di trappole e di altre
tecniche di campionamento, si valuterà l’effetto
dei sistemi di produzione sulle popolazioni di insetti dannosi e sui loro nemici naturali. Verrà inoltre valutata, al contempo, l’efficacia di tecniche
conservative nella prevenzione delle infestazioni
di fitofagi. Verrà considerato, in particolare, in
che misura ogni tecnica di gestione è in grado
di incentivare la lotta biologica conservativa per il
controllo dei fitofagi (azione preventiva). La soste-
di, degli insetti dannosi.
Fra le diverse pratiche agronomiche di gestione della fertilità, in effetti, la coltivazione
di colture da sovescio in serra
è la più controversa sia a livello nazionale che europeo.
A tale proposito, nel report
Egtop menzionato sopra, si
fa esplicito riferimento all’im-
Trappole a caduta per il monitoraggio dell’artropodofanuna
del terreno. Foto di Serena Magagnoli.
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nibilità ecologica dei diversi sistemi di copertura,
inoltre, verrà valutata mediante un monitoraggio
dell’artropodofauna del terreno, che comprende
bioindicatori molto importanti in campo agrario.
Unità operativa 3
Responsabile scientifico: Fabio Tittarelli CraRps (Centro di ricerca per lo studio delle relazioni
tra pianta e suolo).
L’Unità operativa 3 è responsabile, nell’ambito
del progetto, della linea di ricerca che riguarda
la gestione della fertilità del terreno. Valuta la
disponibilità degli elementi della nutrizione (principalmente N e P) per le colture da reddito e ne
verifica la sincronia con le esigenze delle piante
coltivate. Inoltre, valuta l’effetto dei sistemi di
produzione a confronto sulla fertilità del suolo a
breve e lungo termine attraverso dei bilanci semplificati degli elementi della nutrizione sia sulle
singole colture che a livello di rotazione.
Il progetto scadrà il 31 dicembre del 2016. n
possibilità di coltivare in serra
colture da sovescio annuali
per motivi economici, ma si
esplicita che “possono essere
coltivate colture da sovescio,
incluse le leguminose, a ciclo
più breve”.
Questa affermazione ha ribadito un concetto fondamentale per la produzione biologica
e ha sottolineato, anche in
situazioni che da un punto di
vista tecnico ed economico
sono più difficili da regolamentare, la necessità di differenziare in maniera significativa un sistema di produzione
biologico da quello convenzionale. Risulta evidente che
l’inserimento nella rotazione
di una coltura da sovescio
anche in ambiente protetto
non sia l’unica pratica agronomica che differenzia il bio
dal convenzionale, ma sicuramente introduce un elemento
caratterizzante la produzione
biologica che può aiutare a
mantenere la fiducia del consumatore nei confronti di questo sistema di produzione.
Il progetto Biosemed
Nel 2012, come contributo al
dibattito internazionale sulla
produzione biologica protetta,
l’Istituto agronomico mediterraneo di Bari (Iamb), nell’ambito delle attività sperimentali
del master internazionale in
“Mediterranean organic farming” (coordinato da Lina Al
Bitar), ha avviato una ricerca
sull’agricoltura biologica in
serra, presso la propria azienda sperimentale, con il principale obiettivo d’individuare
un sistema produttivo che,
in ambiente mediterraneo,
fosse sostenibile in termini
di produzione, di reddito per
l’agricoltore e che avesse un
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basso impatto ambientale.
Sulla base dei primi risultati
ottenuti e a seguito delle conclusioni e raccomandazioni
contenute nel Report Egtop
sui diversi aspetti tecnici che
riguardano la produzione
biologica in serra, a livello
dell’ufficio di Agricoltura biologica (PQA V) del Mipaaf si
è sentita la necessità di avere
un quadro completo e articolato sull’efficienza produttiva
e la sostenibilità di diversi
sistemi di produzione biologica in ambiente protetto. A
supporto tecnico-scientifico e
normativo nel lungo processo
di discussione e di revisione
dei regolamenti riguardanti la
produzione biologica protetta presso lo Standing Committee on Organic Farming
(Scof), L’ufficio PQA V del Mipaaf ha finanziato un progetto
di ricerca dal titolo “Sistemi di
produzione orticola biologica
in serra in ambiente mediterraneo: confronto fra approccio agroecologico e convenzionalizzato - Biosemed”.
L’approccio innovativo del
progetto Biosemed è quello
di mettere a confronto 3 sistemi di produzione biologica
caratterizzati dall’implementazione di 3 differenti sistemi di
gestione della fertilità del suolo affiancata da una gestione
adeguata degli interventi irrigui. In particolare, in una rotazione biennale basata su 2
colture principali per annata
agraria (cetriolo e valeriana su
un campo; cavolo rapa e lattuga sull’altro), verranno messi a
confronto 3 sistemi di gestione
della fertilità del terreno basati sulla coltivazione o meno di
colture da sovescio e da una
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diversificata miscela di ammendanti e concimi organici,
supportati dall’integrazione, in
copertura, di concimi organici
liquidi da somministrare mediante fertirrigazione.
Disegno
sperimentale
Il tunnel è stato diviso longitudinalmente in due campi (I
e II) per coltivare contemporaneamente (in funzione del
loro ciclo colturale) le colture
principali (Foto 1). Ciascun
campo è stato suddiviso in
blocchi randomizzati in cui le
parcelle elementari relative a
ciascun sistema saranno ripetute 3 volte (Fig. 1).
I sistemi di gestione della fertilità messi a confronto sono
riportati di seguito:
I) Subst: è il cosiddetto sistema di produzione biologico
“convenzionalizzato”. È il sistema di produzione biologico più semplificato (e più
diffuso) che, sostanzialmente
rispecchia il sistema di produzione convenzionale attraverso la sostituzione degli input
di origine minerale e/o sintetica del sistema convenzionale
con quelli ammessi in agricol-
tura biologica. In questo sistema non si fa uso di colture da
sovescio;
II) Agroman: è il sistema di
produzione caratterizzato dall’uso di letame bovino maturo (come ammendante) e
da una miscela di colture di
copertura a prevalenza di
specie graminacee coltivate per la loro produzione di
biomassa vegetale ai fini del
successivo loro allettamento
(con finalità di controllo delle
infestanti, modulazione del
rilascio dei nutrienti, aumento
del contenuto di sostanza organica del terreno);
III) Agrocom: è il sistema di
produzione caratterizzato dall’uso del compost (come ammendante) e da una miscele
di colture da sovescio a prevalenza di leguminose (con
finalità principale di arricchire
il terreno di azoto).
Il progetto ha come obiettivo
principale quello di valutare la
possibilità di orientarsi verso
una gestione produttiva che
segua il metodo biologico,
ed in particolare che applichi
i principi dell’agroecologia,
anche in ambiente protetto,
in cui normalmente i sistemi
di produzione orticola sono
più intensivi. Mediante un approccio multidisciplinare che
integra le competenze nella gestione della fertilità del
suolo e della nutrizione delle
piante (U.O CRA-RPS) a quelle legate all’uso irriguo della
risorsa idrica (U.O. IAMB) ed
alla gestione dell’artropodofauna utile (U.O. DipSA), si
intende valutare i principali
vantaggi e svantaggi dei diversi sistemi di produzione. In
particolare, si vorrà verificare
quale sia il sistema di produzione in grado di garantire
una maggiore sincronia fra
la disponibilità degli elementi nutritivi e le esigenze della
coltura, una corretta gestione
della risorsa idrica a livello di
rotazione ed un migliore controllo dei fitofagi. Inoltre, si valuterà il loro effetto sulla crescita delle colture, sulla resa e
la qualità del prodotto e sulla
qualità dell’ambiente.
Attività divulgativa
Nell’ambito del progetto Biosemed saranno previste una
serie di attività dimostrative e
divulgative. A tale proposito, il
progetto ha previsto la realiz-
Fig. 1 - Disegno sperimentale
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zazione di una seconda serra
a scopo prevalentemente dimostrativa, a fianco a quella
già in atto per attività sperimentali. La serra di natura
dimostrativa avrà la finalità di
mettere a confronto, su scala
maggiore, gli stessi sistemi di
produzione di quella sperimentale e oggetto di studio.
Nel corso delle giornate divulgative, come previsto nel
progetto, si terranno degli incontri assieme agli operatori
del settore che consentiranno
di discutere ed approfondire
le principali problematiche
dell’attività di produzione biologica in ambiente protetto.
Inoltre, il progetto Biosemed,
per le tematiche trattate,
opererà in sinergia la COST
action FA 1105 e ciò le consentirà una notevole visibilità
internazionale.
In particolare, nell’ambito
delle attività del WG2 “Soil
fertility, suppressiveness and
water management”, lo Iamb
ha organizzato lo scorso settembre una Training school
dal titolo “Soil fertility, Suppressiveness & Water management strategies towards
sustainable and productive
organic greenhouse agriculture” a cui hanno partecipato
30 studenti di master o dottorato e giovani ricercatori provenienti dai Paesi Cost. Alla
metà dei partecipanti iscritti
è stata erogata una borsa di
studio Cost per il sostegno di
tutte le spese. Durante lo svol-
Colture Protette / n. 10 - ottobre 2014
gimento delle attività, gli studenti e i docenti hanno avuto
la possibilità di visitare sia la
serra sperimentale che quella
dimostrativa.
Maggiori dettagli, il programma della Training School al
link di seguito:
http://www.biogreenhouse.
org/news-and-events/65-training-school-september-2014
Negli ultimi anni, l’attività orticola biologica in ambiente
protetto sta giocando, un ruolo sempre più importante sia
a livello nazionale che estero.
Finora ci si è interrogati sulla
competitività dei sistemi produzione adottati nei diversi
Paesi in termini di produzione
quali-quantitativa. A tal proposito, la pubblicazione del
Report EGTOP ha voluto sottolineare la necessità che la
produzione biologica in serra
rispetti i criteri ed i principi
validi per la produzione biologica in pieno campo e che i
sistemi di produzione in serra
abbiano delle performance
di eccellenza in termini di
consumo energetico, idrico
e di suolo in quanto questi
sono elementi fondamentali
di sostenibilità. L’orticoltura
biologica protetta in ambiente Mediterraneo ha tutte le
caratteristiche per poter soddisfare questi requisiti e per
poter immettere sul mercato
una produzione di alta qualità
commerciale e ambientale. n
Le foto sono di Serena Magagnoli
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