Movimento e tumore

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Movimento e tumore
Universita' degli Studi di Padova
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea Magistrale Interfacoltà in Scienze e Tecniche
dell’Attività Motoria Preventiva e Adattata
TESI DI LAUREA
L’ATTIVITÀ MOTORIA COME TERAPIA E
PREVENZIONE DEL CARCINOMA MAMMARIO.
EVIDENZE SCIENTIFICHE E PROTOCOLLO
D’INTERVENTO
Relatore: Prof. Diego Sarto
Correlatore: Prof. Nicola Sponsiello
Laureando: Giovanni Matteo Scapol
Anno Accademico 2011/2012
1
INDICE
RIASSUNTO……………………………………………………………………………….…..…....1
ABSTRACT……………………….…………….……………….……………………………….....2
INTRODUZIONE……………………………………………….…………………………………..3
1. ATTIVITÀ MOTORIA E CANCRO…………………………………………………………….4
2. FATTORI PROTETTIVI DELL’ATTIVITÀ MOTORIA……………………………….………5
3. RICERCA BIBLIOGRAFICA…………………………………….………………………....…...7
4. IL CANCRO ALLA MAMMELLA………………………………………………………….…..8
-
Epidemiologia
del
cancro
alla
mammella……………………………………..……….........9
-
Fattori
di
rischio…………………………………………..………………………...……….9
-
Attività motoria e carcinoma mammario.
-
Il
quadro
delle
evidenze
scientifiche
……………………………………………..........11
5. ATTIVITÀ MOTORIA PREVENTIVA AL CANCRO ALLA
MAMMELLA.
TIPOLOGIA
DI
ESERCIZIO……………...…………………..…...….15
-
Esercizio
aerobico
nel
carcinoma
alla
mammella…............................................…….……17
-
Esercizio
di
forza
nel
carcinoma
alla
mammella……...…………………………………...17
6. PROTOCOLLO DI INTERVENTO DELL’ATTIVITÀ
MOTORIA
PREVENTIVA
AL
MAMMELLA…………………….……....19
2
CANCRO
ALLA
-
Definizione
del
protocollo………………………………………………………….…..….19
-
Obiettivi
del
protocollo………………………………...…………………………….….…20
-
Test
di
valutazione…………………………………………………………………….…...22
-
Organizzazione
del
lavoro……………………………………….………………………...23
-
1°
mesociclo…………………………………………………………..…...…………….…25
-
2°
mesociclo…………………………………………………………..……..…………..…29
-
3°
mesociclo…………………………………………………………..……..…………..…32
-
Considerazioni……………………………………………………………..…………
……34
7.
CONCLUSIONI…………………………………..………………………………...………
…...36
8.
BIBLIOGRAFIA
………………………………………………..……………….…………..39
RIASSUNTO
Lo studio delle scienze motorie come trattamento preventivo del cancro sta vivendo negli
ultimi anni una fase di forte ricerca scientifica. In base all’attuale situazione scientifica
emerge uniformità di pensiero sugli effetti positivi prodotti dall’esercizio fisico applicato al
cancro, nonostante non sia ancora largamente condiviso quale tipo di attività motoria sia la
più indicata affinché tali benefici possano essere disposti. La revisione della Letteratura ha
permesso di restringere il campo della nostra indagine al carcinoma alla mammella, visto il
3
maggior numero di studi a riguardo rispetto alle altre tipologie di cancro, nonostante i
lavori non siano del tutto chiari e totalmente validi. Le evidenze hanno sottolineato la
necessità di disporre di protocolli di attività motoria applicata al cancro che conferiscano
legittimità scientifica all’intervento pratico accreditando ulteriore consenso alle scienze
motorie come strumento di prevenzione del tumore.
Gli studi analizzati, in riferimento alle tempistiche dell’intervento motorio preventivo,
definiscono un quadro operativo debole che varia dalle 5 settimane agli 8 mesi e
un’emergente uniformità di disporre sessioni di allenamento che variano dai 30’ ai 45’-60’
di lavoro ciascuna. I due parametri sui quali i vari autori hanno concentrato la loro
attenzione sono risultati essere l’allenamento aerobico e l’esercizio di forza,
rispettivamente svolti ad intensità moderata nello specifico del carcinoma alla mammella
(65% FCmax; 75% di 1-RM). Le programmazioni di esercizio che hanno previsto
l’educazione al cambiamento dello stile di vita hanno sottolineato una maggior aderenza al
programma kinesiologico da parte dei soggetti in esame.
Questo studio ha disposto un protocollo operativo di attività motoria come strumento
preventivo al carcinoma alla mammella in linea con le evidenze scientifiche disponibili in
questo settore al fine di stimolare lo sviluppo di ricerche future partendo da una base
pratica e razionalmente strutturata disposta in questa tesi.
ABSTRACT
The study of physical activity as preventive treatment of cancer is living in the last years a
period of high scientific research. According to the current scientific situation there is
uniformity of thought toward the positive effects produced by body exercise applied to
cancer, even though it’s not so largely shared which kind of physical activity is the most
suitable so that this benefits will be arranged. The review of Literature permitted to restrict
the reach on breast cancer, taken the larger number of researches on it compared to other
4
kind of cancers, even though the sections are not so clear and completely valid. Evidences
underlined the requirement to dispose records of physical activities applied to cancer that
confer scientific lawfulness to the practical operation giving more credit to human
movement sciences as instrument of cancer prevention.
The analyzed researches, according to preventive operation timing, define a weak
operational framework that changes from 5 to weeks to 8 months and an emergent
uniformity to dispose training sessions that run from 30 to 45-60’ of work each other. The
two parameters on whose different authors focused their attention were aerobic exercise
and resistance training, respectively performed with moderate intensity specifically in
breast cancer (65% FCmax; 75% of 1-RM).
The exercise planning linked to the education to changing of lifestyle underlined a bigger
joining to the kinesiological program in the observed people.
This research disposed an operative record of physical activity as preventive instrument to
breast cancer according to scientific evidences available in this area to stimulate the
development of future researches starting from a practical basis rationally structured
disposed in this work.
INTRODUZIONE
La relazione tra attività fisica e prevenzione del tumore alla mammella è stato comprovato
da numerosi studi epidemiologici. L’“American Cancer Society” ha evidenziato che un
terzo delle morti dei 500.000 tumori maligni che si verificano annualmente sono causate da
inattività, alti introiti calorici e sovrappeso (Kushi et al., 2006). Ampi studi e meta analisi
hanno dimostrato che l’attività fisica riduce il rischio di sviluppare il cancro in donne in
pre e (con maggior effetto) post menopausa (Friedenreich et al., 2008). Tuttavia, la
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maggior parte di questi studi sono “case-control studies” e, dunque, collocabili al grado IIb
– III della scala standard delle evidenze biomediche. La questione rimane irrisolta su che
tipo di attività giornaliera, professionale o del tempo libero sia preferibile e possibilmente
la più indicata.
Il mio interesse per la disciplina in oggetto nasce frequentando il corso di “Prescrizione
dell’esercizio nelle patologie croniche” tenuto dal Prof. Marco Zaccaria durante il primo
anno del corso di Laurea Magistrale in “Scienze e Tecniche dell’Attività Motoria
Preventiva e Adattata”.
Nell’estate del 2010 il Prof. Diego Sarto mi introdusse a sua volta ad un corso di
formazione sull’intervento dell’attività fisica nel malato oncologico post terapia (progetto
A.C.T. attività contro il tumore, patrocinato dallo I.O.V.) tenuto dal Prof. Nicola
Sponsiello e rivolto a 5 palestre del padovano che avrebbero concorso, attraverso i propri
professionisti (tutti laureati Magistrali in Scienze e Tecniche dell’Attività Motoria
Preventiva e Adattata), a rafforzarne la ricerca sul piano pratico-teorico stilando un
progetto che avrebbe determinato la veridicità dell’intervento preventivo dell’attività
motoria sul cancro. Il fatto che l’attività fisica possa costituire un elemento importante
nella prevenzione dei tumori spalanca ulteriormente le porte alle scienze motorie
conferendone dignità pratica e legittimazione scientifica in una concezione del tutto
innovativa che non può che affascinare e incuriosire per ambito di ricerca e contesto di
indagine. Attraverso la mia dissertazione intendo conferire supporto scientifico alla tesi che
l’attività fisica costituisce una delle vie di prevenzione del cancro attraverso un’indagine
basata sulle principali evidenze presenti in Letteratura che possano dimostrare l’importanza
dell’intervento dell’attività fisica nei tumori attraverso la pianificazione di un protocollo di
lavoro basato su dati scientifici, obbiettivo finale di questa tesi che intende essere oggetto
di ricerche future per studenti che vogliano rafforzare il quadro pratico-scientifico sui
benefici che l’esercizio apporta al cancro, in particolare al tumore alla mammella, una delle
più frequenti cause di morte a livello mondiale (Graf et al., 2010; Parkin et al., 2002).
1. ATTIVITA’ MOTORIA E CANCRO
L’attività fisica come intervento non farmacologico per combattere gli effetti fisiologici e
psicologici connessi al carcinoma sta vivendo un momento di forte ricerca scientifica
(Friedenreich et al., 2001). Tuttavia, prima che i medici possano prescrivere l’attività fisica
ai pazienti prima e dopo il trattamento c’è bisogno di chiarezza a livello scientifico ed
6
evidenze che supportino la tesi che programmi di attività motoria riducono gli effetti
dannosi del cancro e del suo trattamento. Visto il costante aumento della popolazione
sopravvissuta a tale malattia e considerata la quantità di ricerche in ambito scientifico
sull’attività motoria applicata al cancro, c’è la necessità di stabilire quale forma di attività
fisica pre e post trattamento risulti più opportuna ed efficace per la salute sul controllo
continuo della patologia stessa (Speck at al., 2010).
Brown et al. (2011) studiarono l’associazione tra la fatica indotta dal cancro durante e dopo
la terapia e l’attività motoria, definendo che l’intervento non farmacologico dell’esercizio
fisico, soprattutto di forza e ad intensità da moderata a vigorosa, riduce gli effetti della
fatica o “Cancer Related Fatigue” (CRF) susseguente al cancro. Lo studio, rivoluzionario
per certi versi (è il solo a definire l’importanza dell’intervento dell’esercizio di forza in
maniera preponderante rispetto alle altre tipologie di esercizio) evidenzia come
l’allenamento alla forza sia fondamentale per la diminuzione di uno dei parametri più
studiati in Letteratura, in associazione al cancro, ovvero la fatica.
Molte review sistematiche sugli interventi dell’attività fisica sui sopravvissuti al cancro
hanno focalizzato l’attenzione su specifici parametri, qualità della vita (QoL) e fatica
indotta (Cancer Related Fatigue) in primis, risultati sulle popolazioni di anziani e vari
pazienti in cura e prendendo in considerazione alcuni tipi di tumore (Courneya et al., 2003;
Knols et al., 2005; Shamley et al., 2005; Ingram et al., 2007; Luctkar-Flude et al., 2007;
Lee et al., 2007; Jacobsen et al., 2007; Kangas et al., 2008; Cheema et al., 2008; Bicego et
al., 2009; Liu et al., 2009; Spence et al., 2010; Arnold et al., 2010; Cramp et al., 2010;
Pastakia et al., 2010; Granger et al., 2011; Keogh et al., 2011). Galvão et al. hanno
prodotto una review qualitativa sugli studi riguardanti l’intervento dell’esercizio fisico
durante e dopo il trattamento per il carcinoma (2005) e una meta–analisi, pubblicata nel
2006, sugli interventi dell’attività fisica sul cancro nell’adulto (Speck et al., 2010).
2. FATTORI PROTETTIVI DELL’ATTIVITA’ MOTORIA
Alla luce dei miglioramenti che l’attività motoria apporta al cancro, emergenti dagli studi
analizzati, la digressione in corso verterà ora sui benefici che tale attività apporta al tumore
stesso e non già al paziente malato o sopravvissuto al cancro.
Ciò che è largamente risaputo è che l’attività fisica migliora l’ossigenazione dei tessuti.
Tale ossigenazione si traduce in un minor stress ossidativo, minor infiammazione, migliore
7
efficacia linfocitaria (linfociti NK). Tale procedimento porta ad una miglior difesa dal
tumore (Horn et al., 2007).
Uno degli aspetti più significativi dell’attività fisica è determinato dalla riduzione del
grasso in eccesso e l’armonico aumento della massa non grassa, visto che lo squilibrio
delle masse corporee, specie in associazione con l’aumento della massa grassa, porta ad
una più probabile tumorigenesi e ad una più veloce diffusione metastasica (Purdie et al.,
2001; Steffens et al., 2011; Discacciati et al., 2012).
I tre punti cardinali in cui si impernia la dissertazione sul “perché l’attività motoria
protegge” sono dunque:
1.
l’infiammazione;
2.
l’ossidazione;
3.
l’espressione genetica.
Tre importanti studi hanno dimostrato che l’attività fisica con i suoi effetti
antinfiammatori, attraverso le miochine (The Journal of Experimental Biology, 2001),
esprime una delle sue principali azioni antitumorali (Lee e Paffenbarger, 1997; Thune et
al., 2001; Mathur e Pedersen, 2008). Un interessante studio di Ornish et al., datato gennaio
2008, ha dimostrato come l’attività fisica determini una down-regulation dei geni che
possono esprimere il tumore di mammella e prostata (ad alta incidenza familiare).
Le proprietà antinfiammatorie dell’attività fisica sono state indagate da molti autori. Nello
specifico Pedersen et al. (2005) introdussero il concetto di miochine per definire i
mediatori antinfiammatori prodotti dai muscoli, il più grosso organo a disposizione
dell’uomo. Nel 2002 Febbraio et al. e Suzuki et al. definirono l’attività fisica come
protettiva dai mediatori pro-infiammatori (TNFα; IL-AB).
Nel 2008 Mathur et al. conclusero che l’attività fisica, attraverso la riduzione di citochine
infiammatorie, ha effetto protettivo verso le malattie croniche ed alcuni tipi di cancro,
incrementando in più l’apoptosi delle cellule cancerose, attraverso lo stimolo dell’HSP 70
(Ogawa et al., 2010; Goel et al., 2010).
L’effetto antiossidante dell’attività fisica (a livello cronico) è stato studiato da Gonzales et
al. e Seifi-Skiashar et al. nel 2008, i quali giunsero alla stessa conclusione e cioè che
l’allenamento di endurance determina una riduzione degli effetti dei ROS (radicali liberi
dell’ossigeno). Nello stesso anno Carlsohn et al. hanno conclusero che l’esercizio regolare
aumenta le capacità antiossidanti indipendentemente dallo stato nutrizionale del soggetto.
Oltre a tali evidenze, l’attività fisica ha effetti importantissimi e largamente comprovati
8
sulla sensibilità all’insulina, ogni tipo di attività fisica infatti rende il muscolo più sensibile
ad essa. I picchi di insulina o la sua cronica superproduzione, tipici dell’insulinoresistenza, portano alla lieve infiammazione cronica (CLI). Meno insulina corrisponde
dunque a più lipolisi, fondamentale contro la tumorigenesi (Aune et al., 2011).
L’attività fisica vanta inoltre importanti effetti endocrini quali la modulazione degli ormoni
gonadici (in entrambi i sessi e le direzioni) con una riduzione dei fattori di crescita
insulinosimili (IGF1) che stimolano la crescita delle cellule tumorali con un successivo
miglioramento dell’immunità (Hoving et al., 2009).
Come sostenuto in precedenza lo stress cronico è dunque un male da evitare, ma in che
modo? Una delle possibilità è dunque quella di ridurne le conseguenze tramite l’igiene di
vita incidendo con l’attività fisica e la nutrizione. Una buona igiene di vita riduce il danno
genetico da stress a livello dei telomeri con attivazione della telomerasi (Ornish et al.,
2008).
Tali evidenze sottolineano fortemente il ruolo benefico dell’esercizio sulla prevenzione del
tumore, cosa che dovrebbe incitare grandemente ad una approccio motorio coloro i quali
sostengono uno stile di vita sedentario e, di conseguenza, tutt’altro che salutare.
Gli interventi di attività motoria come prevenzione al carcinoma saranno analizzati a
seguito di un’analitica e successivamente descritta ricerca bibliografica.
3. RICERCA BIBLIOGRAFICA
Considerando le evidenze scientifiche come base del lavoro che si andrà a definire, si
ritiene opportuna una descrizione di come è avvenuta tale ricerca in modo da rendere la
trattazione più completa e analitica.
La ricerca delle evidenze scientifiche presenti in Letteratura è stata condotta direttamente
nella biblioteca Medica Pinali dell’Unipd e tramite l’accesso telematico a librerie e
cataloghi on line quali www.amazon.com, www.acsm.org, Biomedical & Life Sciences
9
(www.htalks.com), NCBI, www.sciencedirect.com e il portale AIRE (sistema bibliotecario
dell’unipd) consultato per una prima e più generale ricerca delle evidenze. La scelta della
tipologia degli studi riportati (Meta-analysis, Review, RCT) è determinata dalla loro
affidabilità e analiticità (analytical research) (Thomas et al., 2005), unitamente alla loro
comprovata efficacia sperimentale (RCT). Risulta evidente il tentativo di estendere
maggiormente la ricerca a meta analisi e review, data la loro natura prettamente analitica
rispetto alle altre tipologie di studi.
La ricerca bibliografica riferita al solo portale AIRE ha reperito 18 studi controllatirandomizzati, di cui 2 sulla mammella, 18 reviews, di cui 13 sulla mammella e 5 meta
analisi di cui 2 sulla mammella. Alla luce di questa ricerca che definiremo “di primo
livello”, dopo una ricerca preventiva che mi ha permesso di focalizzare il contesto
bibliografico in maniera generica, valutando una modesta presenza di studi sul cancro alla
mammella, sono emersi in sintesi pochi studi che trattano dell’intervento dell’attività
motoria sulla prevenzione del tumore, la maggior parte dei quali specifici per il cancro al
seno. Procedendo successivamente al “secondo livello” di ricerca, considerando le varie
integrazioni al portale AIRE (sopraccitate librerie e cataloghi on-line) e sintetizzando i
risultati in maniera conclusiva, risulta che tale ricerca sull’attività motoria preventiva al
cancro si basa su 67 studi controllati-randomizzati, di cui 34 sulla mammella, 27 reviews di
cui 14 sulla mammella, e 6 meta analisi di cui 3 sulla mammella (Tab. 1).
Tab. 1 Tutti gli studi analizzati
QUANTITA’ TIPO di STUDIO Tutti i tipi di K 10
K Mammella TOTALE Controllati­
randomizzati 33 34 67 Review 13 14 27 Meta­analisys 3 3 6 TOTALE 49 51 100 Il dato che emerge in rilevanza è che la stragrande maggioranza degli studi focalizzano
l’attenzione su “breast cancer”, risultando numericamente la metà esatta delle evidenze
scientifiche da me reperite sull’attività motoria preventiva al tumore.
4. IL CANCRO ALLA MAMMELLA
Alla luce del numero di articoli reperiti sull’attività motoria preventiva al cancro alla
mammella e analizzata la bibliografia su tale argomento, si ritiene opportuno concentrare
l’attenzione su questa tipologia di tumore. Nello scorso decennio molte evidenze
epidemiologiche hanno evidenziato i benefici dell’attività fisica nella riduzione del rischio
di sviluppare carcinoma alla mammella, tanto da obbligare l’ACS ad adottare specifiche
raccomandazioni per uno stile di vita all’insegna dell’esercizio fisico quali linee guida per
la protezione e prevenzione del cancro (Kushi et al., 2006). Nel 2009 l’American Cancer
Society (ACS) ha stimato 192.370 nuovi casi di cancro alla mammella e 40.000 decessi,
tali da rendere tale tumore la principale tipologia di cancro nelle donne e la seconda più
comune causa di morte da carcinoma (Jemal et al., 2009).
EPIDEMIOLOGIA DEL CANCRO ALLA MAMMELLA
Ogni anno in Italia oltre 11.000 donne muoiono di cancro alla mammella (Recarli et al.,
1994). Le informazioni sull’incidenza a livello nazionale possono essere stimate
direttamente applicando modelli matematici ai dati di mortalità e sopravvivenza.
Dall’insieme di queste informazioni si può desumere che la distribuzione dell’incidenza
nelle varie regioni italiane ha un netto gradiente sud-nord (rischio cumulativo da 0 a 75
11
anni: 5% al sud, 6% al centro, 7% al nord), a somiglianza di molte altre neoplasie legate
agli stili di vita occidentali (Recarli et al., 1994; Protocollo FONCaM 2001). Un fenomeno
analogo, ma molto più marcato, si rileva a livello internazionale. L’incidenza del
carcinoma mammario è direttamente proporzionale al grado di occidentalizzazione di un
Paese, inteso non solo come industrializzazione, ma anche come abitudini di vita (Kelsey
et al., 1993). Il rischio di carcinoma mammario in Italia aumenta rapidamente con
l’avanzare dell’età, raggiungendo un tasso annuo superiore ai 150 casi per 100.000 donne
in fase menopausale, per poi continuare a crescere, più lentamente, fino a tarda età (Recarli
et al., 1994). In Italia il rischio è aumentato progressivamente nelle donne nate tra l’inizio
del secolo scorso e il 1930, producendo un costante incremento nell’incidenza e nella
mortalità. In quelle nate dopo il 1930, il rischio si è stabilizzato, per poi mostrare una
tendenza alla diminuzione nelle generazioni nate alla fine degli anni cinquanta, per la
verità ancora troppo giovani per permettere stime affidabili del rischio cumulativo (Recarli
et al., 1994). In conseguenza di questi fenomeni, si può prevedere che l’incidenza del
carcinoma mammario continuerà a crescere ancora per 10-15 anni. Dai dati d’incidenza,
quindi, non si osserva nelle donne giovani quell’aumento del rischio che viene spesso
riportato a livello aneddotico (Recarli et al., 1994; Kelsey et al., 1993).
FATTORI DI RISCHIO
L’insieme dei fattori di rischio noti non è in grado di spiegare le ampie fluttuazioni
geografiche e temporali nell’incidenza di questa malattia che sono probabilmente
attribuibili ad altri fattori. Tra questi ultimi è verosimile che abbiano un ruolo importante le
abitudini dietetiche, ma le evidenze a riguardo non sono del tutto sufficienti e concordi. In
sostanza, i dati disponibili non permettono di individuare, nella popolazione femminile
generale, un sottogruppo a rischio all’interno del quale si verificherà la maggioranza dei
casi di carcinoma mammario. Di conseguenza, la maggior parte delle donne può essere
considerata a rischio medio ed il rischio individuale risulta legato soprattutto all’età
(Protocollo FONCaM, 1997). I fattori di rischio del tumore alla mammella possono essere
sintetizzati come segue:
1.
Tra i fattori tradizionali, alcuni riguardano la storia mestruale e riproduttiva. E’ noto
che il rischio è tanto minore quanto più tardivo è il menarca e quanto più precoce è la
menopausa. Quest’ultimo effetto è abbastanza marcato, per cui un anticipo di 10 anni della
menopausa dimezza il rischio di carcinoma mammario per tutta la vita.
12
2.
Una riduzione del rischio a lungo termine si osserva anche nelle donne che hanno
avuto figli rispetto alle nullipare e la protezione è tanto maggiore quanto più numerosi sono
i figli e quanto più precoce è l’età al momento della prima gravidanza (Protocollo
FONCaM, 1997; Kelsey et al., 1993).
3.
Per quanto riguarda i fattori di rischio esterni, va sottolineato l’effetto cancerogeno
delle radiazioni ionizzanti, che è direttamente legato non solo alla dose cumulativa, ma
anche all’età di esposizione: l’effetto è massimo prima dei 20 anni, diminuisce
progressivamente tra i 20 e i 40 per poi diventare quasi trascurabile (Protocollo FONCaM,
1997; Protocollo FONCaM 2001).
4.
Un altro fattore di rischio esogeno, sul quale inizia ad esservi largo consenso, è il
consumo di alcol. Restano tuttavia ancora molte incertezze, specie in termini di relazione
dose-risposta. Rimane incerta anche la relazione con fattori di rischio dietetici, poiché gli
studi finora condotti non sono riusciti a confermare in maniera chiara le indicazioni fornite
dai confronti geografici e soprattutto dagli studi sugli animali (Kelsey et al., 1993;
Protocollo FONCaM, 1997).
5.
Per quanto concerne i contraccettivi orali, il loro uso su larga scala è troppo recente
per permettere conclusioni definitive, specie sugli effetti a lungo termine. Per ora è stato
possibile stabilire che, nel breve periodo, si può avere un incremento di rischio che, se
presente, risulta comunque di dimensioni molto limitate (Rosemberg et al., 1996).
6.
Non dissimili sono le valutazioni degli effetti di preparati ormonali utilizzati nelle
donne in menopausa. La maggior parte degli studi su donne che avevano assunto preparati
contenenti solo estrogeni (di solito estrogeni coniugati, per via orale) non ha dimostrato
incremento del rischio o lo ha mostrato solo dopo un uso molto prolungato (15 anni di
assunzione) (Rosemberg et al., 1996).
7.
Tra i fattori utili a definire il rischio individuale di carcinoma mammario la storia
familiare ha molta importanza, come è stato confermato da recenti studi di biologia e
genetica molecolare. A questo proposito bisogna però evitare la confusione: circa il 1015% delle donne che sviluppano un carcinoma mammario ha una parente di primo grado
che è già stata colpita dalla stessa malattia. D’altra parte, la malattia è così frequente che
anche molte donne senza tumore mammario hanno parenti di primo grado affetti da
carcinoma alla mammella (Lindbloom et al., 1995; Langston et al., 1995).
ATTIVITA’ MOTORIA E CARCINOMA MAMMARIO. IL QUADRO DELLE
EVIDENZE SCIENTIFICHE
13
Condizioni ambientali, corredo genetico e stile di vita concorrono ad incrementare o
diminuire la probabilità di sviluppare il carcinoma alla mammella. Lo stile di vita influenza
sicuramente il rischio di sviluppare il cancro, nonostante rimanga difficile spiegare perché
alcune donne sviluppino il cancro alla mammella e altre invece no (Rockhill e Weinberg,
1998). Tutto questo complica la prevenzione, considerando ulteriormente che tutt’ora
alcuni gruppi presentano rischi notevolmente maggiori rispetto ad altri gruppi: donne i cui
parenti soffrono di carcinoma mammario, donne che partoriscono in età avanzata, donne
che assumono ormoni post-menopausali ad alte dosi e frequenza, donne in sovrappeso
oppure obese dopo la menopausa (Lacey et al., 2009).
L’attività fisica prima e dopo la diagnosi di cancro alla mammella può avere effetti sia
sulla sopravvivenza che sulla qualità della vita delle donne affette dal cancro (Kellen et al.,
2008).
La review di Spence et al. del 2010, uno dei contributi più interessanti sulla situazione
scientifica dell’attività motoria applicata al cancro, evidenzia la condizione di poca
chiarezza in merito all’argomento e sottolinea l’esigenza di disporre di protocolli di attività
fisica atti a verificare i benefici che l’esercizio apporta al tumore alla mammella. Quanto
emerso nella review di Spence risulta comprovato anche da Kim et al. (2009) in uno studio
che mette in evidenza la mancanza fattiva di protocolli pratici che conferiscano chiarezza
al quadro teorico. Di seguito saranno riportati e criticati gli studi che meglio definiscono la
situazione delle evidenze scientifiche, lo schema di esercizio e i risultati, riguardo l’attività
motoria come strumento di prevenzione del tumore alla mammella.
Una pubblicazione del Nurses’ Health Study (n = 2900) ha dimostrato una diminuzione del
6% del rischio assoluto di mortalità da cancro alla mammella in pazienti che hanno svolto
attività motoria ad intensità moderata per 5 giorni la settimana per 6 settimane. Una
riduzione maggiore del 50% del rischio è stata dimostrata in donne che svolgevano
regolarmente esercizio fisico ad intensità moderata. La riduzione del rischio correlata ad
attività fisica è stata osservata in tutte le fasi del cancro alla mammella ed è stato rilevato
essere dose-dipendente (Holmes et al., 2005). L’evidenza di questo studio, basato su
attendibili dati prospettici e un buon campione rappresentativo, ha focalizzato l’attenzione
sulla necessità di definire il ruolo dell’attività fisica nel trattamento del cancro alla
mammella.
A seguito di un follow-up di 8 anni, il “North Carolina study”, studio di 1264 pazienti, ha
dimostrato una riduzione del rischio di mortalità del 22% in donne obese e in sovrappeso,
14
qualora avessero svolto attività fisica almeno un anno prima della diagnosi (Abrahamson et
al., 2006). A dispetto del largo numero di partecipanti allo studio e il lungo periodo di
follow-up, i dati sull’attività fisica, raccolti dopo la diagnosi del carcinoma mammario,
rivelano alcune lacune nello studio esponendo lo stesso ad alcune criticità in merito.
Il “Women’s Healthy Eating and Living Study” riporta un vantaggio relativo di
sopravvivenza del 50% in quelle donne che avevano consumato l’equivalente in MET di
una camminata per 30 minuti a settimana unitamente al consumo di 5 o più porzioni di
frutta e verdura (Pierce et al., 2007). Questo studio ha incluso 1490 donne con diagnosi di
cancro alla mammella con un’aspettativa di vita a 10 anni del 7%. Diversamente dal
Nurses’ Health Study, l’effetto benefico sulla prognosi di cancro al seno è limitato al solo
tumore ormone recettivo. Questo studio risulta osservazionale e presenta un basso impact
factor di livello 3, per cui sarà chiamato a promuovere il ruolo dell’attività motoria nella
prevenzione del cancro alla mammella nelle ricerche future con un metodo scientifico più
rigoroso.
Il “Women’s Collaborative and Longevity Study” ha contribuito ad evidenziare che il tasso
di mortalità da cancro alla mammella diminuisce se vengono svolti programmi di attività
motoria post-diagnosi ad intensità moderata (Holick et al., 2008). Questo studio
prospettico, svolto con la partecipazione di 4482 soggetti in post-diagnosi, ha dimostrato
che le donne che svolgevano attività fisica ad alti livelli riferivano una più lunga
sopravvivenza rispetto al campione sedentario (definito da un consumo in MET/h inferiore
al 2.8). Questo importante e particolare studio sugli impatti positivi dell’attività fisica sulla
salute è stato condotto con donne affette da carcinoma mammario post-diagnosi senza
tener conto delle variabili di età, condizioni patologiche concomitanti e BMI. La debolezza
di questo studio è data dalla sua natura prettamente osservazionale. Tuttavia gli effetti
dell’attività fisica evidenziati dallo studio non possono essere ignorati.
Il “The Health, Eating, Activity and Lifestyle Study” ha dimostrato, in uno studio di 933
pazienti, che l’attività motoria svolta dopo la diagnosi di cancro alla mammella ad intensità
moderata può migliorare la prognosi (Irwin et al., 2008). Le donne che avevano
incrementato il proprio livello di attività fisica riscontrarono un diminuito rischio di morte
del 45% differentemente da quelle che, avendo diminuito l’attività motoria, l’avevano
aumentato di cinque volte. Questo studio fornisce un’evidenza scientifica sul fatto che
incrementando i livelli di attività fisica migliora la vita in riferimento all’aumentare della
sopravvivenza dal cancro alla mammella. La scoperta più importante dello studio è che
diminuendo i livelli di attività motoria dopo la diagnosi di carcinoma mammario aumenta
15
il rischio di morte. Tuttavia il risultato di questo studio va interpretato con cautela.
L’attività fisica dopo la diagnosi del cancro potrebbe diminuire a causa del secondo ciclo
di chemioterapia o a causa della progressione della malattia. Perciò la riduzione del livello
di attività fisica potrebbe essere una manifestazione indiretta della progressione della
condizione di metastasi.
Lo studio di Alberta (attività fisica in pre-diagnosi in una coorte di 1231 donne in followup per un minimo di circa 8.3 anni) ha dimostrato un diminuito rischio di morte da tutte le
cause e una diminuita mortalità da cancro alla mammella in donne che svolgevano attività
motoria ricreativa (Friedenreich et al., 2009). Sia l’attività motoria moderata che vigorosa
diminuiscono il rischio di morte da cancro alla mammella. L’attività ricreativa di intensità
moderata, inoltre, diminuisce il rischio di ricadute, progressione e sviluppo iniziale della
malattia. Gli autori hanno concluso che l’attività ricreativa pre-diagnosi (particolarmente se
svolta ad intensità moderata) contribuisce positivamente alla sopravvivenza da cancro alla
mammella (Friedenreich and Gregory, 2009). Questo studio osservazionale consta del più
lungo follow-up tra gli studi menzionati e dispone utili informazioni sui benefici delle
differenti modalità di svolgimento dell’attività fisica per la prevenzione dal cancro alla
mammella. Questo studio, inoltre, correla gli effetti dell’attività motoria ricreativa,
professionale e domestica con i risultati sul cancro. Questo risulta essere l’unico studio che
dimostra gli effetti protettivi che l’attività motoria mette in atto contro il cancro alla
mammella.
Il California Teachers Study, attraverso il proprio studio di una coorte di 3539 donne
affette da cancro alla mammella, ha scoperto che livelli alti o intermedi di attività fisica
pre-diagnosi a lungo termine risultano essere associati ad un più basso rischio di morte da
carcinoma mammario (West-Wright et al., 2009). Queste correlazioni sono state ascritte a
donne in sovrappeso e sono risultate essere maggiormente significative per coloro che sono
state sottoposte a terapia estrogenica e per pazienti in avanzato stadio patologico. Gli autori
hanno concluso che la partecipazione a lungo termine a programmi di attività motoria
precedente alla diagnosi di carcinoma mammario diminuisce il rischio di morte dal
medesimo tipo di cancro.
Il “Norwegian study”, basato su una popolazione di 1364 pazienti affetti da cancro alla
mammella, dimostrò che le donne obese in post-menopausa erano soggette ad una
diminuzione fino al 66% del rischio di morte da tutte le cause se praticavano attività
motoria regolarmente prima della diagnosi rispetto a quelle sedentarie (Emaus et al., 2009).
16
Gli autori conclusero che questi fattori potrebbero essere tutti importanti parametri di
intervento per aumentare la sopravvivenza in pazienti affetti da cancro alla mammella.
L’effetto protettivo dell’attività motoria sulla mortalità specifica per cancro alla mammella
non è stato confermato nei 1970 partecipanti del “Life After Cancer Epidemiology study”,
uno studio prospettico sui fattori di rischio comportamentale e dei suoi risultati sulla salute
(Sternfeld et al., 2009). Tuttavia grazie alle analisi multivariabili è stata dimostrata
l’associazione statisticamente significativa sulla protezione dell’attività motoria da tutte le
cause di mortalità.
Uno studio italiano di 1453 donne affette da cancro alla mammella non ha rilevato
associazioni significative tra la sopravvivenza da cancro alla mammella e attività fisica
(Dal Maso et al., 2008). Questo studio venne in un primo momento disposto per studiare
gli effetti dell’obesità sul cancro alla mammella e le analisi retrospettive dei dati non hanno
dimostrato l’esistenza di effetti positivi dell’attività fisica sul cancro alla mammella.
L’”Australian study”, uno studio su 412 pazienti, non ha dimostrato alcun effetto positivo
dell’attività motoria svolta a livello ricreativo e pre-diagnostico sulla mortalità da cancro
alla mammella (Rohan et al., 1995). Questo studio ha disposto livelli e valori numerici di
attività fisica programmati e precedentemente validati, ma probabilmente il campione non
è risultato essere rappresentativo e sufficientemente numeroso affinché potessero essere
rilevati dati significativamente positivi sulla sopravvivenza del campione in esame.
Il tasso di mortalità specifico per il cancro alla mammella non è risultato essere influenzato
dall’attività fisica di tutta una vita nel “Canadian study”, una coorte di 603 donne affette da
cancro alla mammella dopo un follow-up di 10 anni (Borugian et al., 2004). Anche questo
studio rivela un campione numericamente limitato e questo concorre ad una difficile
interpretazione dei dati a disposizione in merito all’attività motoria.
Evidenze indirette sull’attività fisica come miglioramento della prognosi di cancro alla
mammella sono riportate dagli studi controllati randomizzati, che hanno dimostrato che i
biomarkers del cancro alla mammella sono migliori in pazienti che hanno svolto attività
fisica regolare (Fairey et al., 2003; McTiernan et al., 2004; Irwin e McTiernan, 2005). In
sintesi, i dati attuali disponibili supportano il ruolo positivo dell’attività fisica sulla
sopravvivenza. Tuttavia, questi dati producono risultati che sono variabili, talvolta
inconsistenti e non fortemente supportanti un utilizzo clinico pratico dell’attività fisica nel
trattamento del cancro al seno. Le motivazioni per questi dati inconsistenti potrebbero
derivare
dalla
natura
retrospettiva
delle
pubblicazioni,
dati
soggettivi
e
autoreferenzialmente raccolti sull’attività motoria, inconsistenza delle misurazioni e
17
imprecisione nel riportare i dati, la variabilità del grado, dello stadio e del trattamento del
cancro alla mammella.
Anche le linee guida dell’ACS (2012) sottolineano la non chiarezza del quadro scientifico
che non definisce precisamente quale sia la quantità di esercizio fisico da svolgere
associata a maggiori benefici per la prevenzione, se l’attività motoria vada svolta tutta in
una volta oppure vada divisa in più sessioni durante la giornata, fermo restando che tali
sessioni non dovrebbero mai essere inferiori ai 20’-30’ ciascuna (ACS Guidelines, 2012).
Concludendo, Spence e Kim nei loro studi confermano la necessità di disporre programmi
di attività motoria che siano comprovanti gli effetti benefici sulla prevenzione del
carcinoma mammario. Vista la non completa chiarezza in campo scientifico, appare
necessaria la strutturazione di protocolli di attività motoria, ecco il perché della mia
intenzione di svolgere un lavoro di analisi, definizione e preparazione di un protocollo di
lavoro che possa essere oggetto di studio per le ricerche sperimentali future di altri studenti
in tale campo.
5. ATTIVITA’ MOTORIA PREVENTIVA AL CANCRO ALLA
MAMMELLA. TIPOLOGIA DI ESERCIZIO
L’attività fisica è consistentemente identificata come elemento centrale della riabilitazione
per moltissime malattie croniche (Nixon et al., 2002; Schulz, Atlantis e Taylor, 2004) e
riscontra molto successo nel miglioramento della qualità della vita riducendo inoltre la
mortalità da tutte le cause (Farrel et al., 2002). Recenti acquisizioni suggeriscono che
l’attività motoria svolta ad intensità moderata concorre a diminuire il rischio di morte da
cancro alla mammella e pertanto l’esercizio fisico può dimostrare d’essere un prezioso
intervento per migliorare non solo la qualità della vita, ma anche la sopravvivenza globale
(Holmes et al., 2005).
L’efficacia dell’intervento dell’esercizio in pazienti con cancro o sopravvissuti al cancro, è
stata dimostrata sia nelle review sistematiche che nelle meta analisi includenti tutti i tipi di
cancro e tutti i tipi di studi di progettazione (es. non randomizzati, non controllati)
(Stevinson et al., 2004; Galvao e Knols, 2005). E’ evidente dalle precedenti review che la
stragrande maggioranza delle ricerche sugli interventi dell’attività motoria abbiano
coinvolto il cancro alla mammella. Una meta analisi datata 2005 e condotta da Schmitz e
Holtzman in cui gli autori conclusero che l’attività motoria migliora la fitness
18
cardiorespiratoria durante e dopo la terapia del cancro, i sintomi e gli effetti fisiologici
durante il suo trattamento, ha sintetizzato in maniera chiara e precisa gli interventi
dell’attività fisica presenti in Letteratura. La maggior parte degli interventi si è svolta in un
arco di tempo che va dalle 5 settimane ai 3 mesi, senza follow-up a fine intervento. La
prescrizione tipica dell’attività motoria è consistita in attività aerobica ad intensità da
moderata a vigorosa, 3 o 5 volte la settimana, per 20/30 minuti a sessione, sebbene il 28%
degli interventi non abbiano specificato la durata delle sessioni. Nella meta analisi di Speck
et al. (2010) emerge che gli interventi maggiori dell’esercizio fisico sul trattamento del
cancro si sono protratti per più di 5 settimane, nello specifico il 40% per più di 3 mesi.
L’intervento aerobico o combinato (aerobico e di forza) è risultato essere il più comune
(80%) e, più nello specifico, tipicamente ad intensità da moderata a vigorosa, 3 o 5 volte la
settimana per 30/40 minuti a sessione (in accordo con quanto sostenuto da Schmitz et al.,
2005). Tali caratteristiche di esercizio sono risultate essere consistenti per gli interventi sia
durante che dopo il trattamento. Degli 82 studi analizzati, il 30% degli interventi durante la
malattia e il 51% di quelli post malattia si sono concentrati sui cambiamenti dello stile di
vita dove l’obiettivo primario è risultato essere l’incremento dell’attività fisica nella vita
dei soggetti. La mancanza di follow-up negli studi considerati nella meta analisi è risultata
essere generalmente modesta (Speck et al., 2010).
La flessibilità articolare non risulta essere una componente specifica nella prevenzione del
carcinoma mammario. I vari studi analizzati non ne discutono approfonditamente il ruolo,
nonostante ne venga citato l’intervento, seppur in maniera marginale (Brown et al., 2011).
La flessibilità risulta un parametro da allenare per la prevenzione di tutti i tipi di cancro
come sostenuto dalle linee guida dell’ACSM, redatte da Schmitz et al. nel 2010, obbiettivo
non esplicitato in quelle dell’ACS del 2012 che non discutono nello specifico di
flessibilità.
Nei capitoli successivi saranno dunque discusse le componenti di esercizio aerobico e forza
emerse nella maggior parte degli studi come parametri “sine qua non” per la prevenzione
del cancro.
ESERCIZIO AEROBICO NEL CARCINOMA ALLA MAMMELLA
Una meta-analisi del 2009 ha esaminato gli effetti dell’esercizio aerobico sulla funzionalità
cardiopolmonare e sulla composizione corporea in donne affette da cancro alla mammella.
Lo studio ha determinato che l’esercizio aerobico migliora significativamente la
19
funzionalità cardiocircolatoria, rilevata dal picco di VO2 assoluta e relativa e dal 12
minutes Walking test. Nella stessa misura l’esercizio aerobico migliora significativamente
anche la composizione corporea come dimostrato dalla percentuale di grasso corporeo,
nonostante il peso corporeo e la massa magra non abbiano subito cambiamenti significativi
(Kim et al., 2009).
In uno studio controllato randomizzato recentissimo (2011) su 318 donne affette da cancro
alla mammella, Hayes et al. hanno studiato gli effetti di un programma di attività motoria
di 8 mesi sulla funzionalità e sulla qualità della vita dei pazienti. L’intervento ha previsto
che i soggetti svolgessero attività fisica per 4 giorni la settimana, accumulando
giornalmente 45 minuti di attività fisica ad intensità moderata. L’esercizio aerobico di base
doveva essere incluso in ogni sessione, mentre l’esercizio di forza doveva essere svolto per
2 volte alla settimana. Lo studio ha evidenziato in primis una buona aderenza del campione
in esame all’esercizio prescritto, un miglioramento della qualità della vita dei pazienti del
gruppo di controllo e un’aumentata funzionalità fisica e composizione corporea (Hayes e
Rye, 2011).
ESERCIZIO DI FORZA NEL CARCINOMA ALLA MAMMELLA
Alla luce di quanto disposto da Schmitz et al. in una meta-analisi del 2005 e in accordo con
le linee guida dell’ACS, si riporta in seguito una review interessante.
“L’esercizio progressivo di forza può essere efficace per prevenire gli effetti indesiderati
post intervento del cancro alla mammella e il suo utilizzo conferisce la natura unica
anabolizzante di questa tipologia di esercizio”. La review di Cheema et al. del 2008
intendeva rivisitare sistematicamente tutti gli studi che avessero prescritto l’esercizio di
forza progressivo dopo l’asportazione del cancro alla mammella riassumendone gli effetti.
Da tale studio è emerso che nell’80% degli studi analizzati veniva prescritto l’esercizio di
forza progressivo assieme all’esercizio aerobico, mentre nel 70% degli studi tale esercizio
veniva prescritto per i soli arti superiori. Lo studio concluse che programmi di intervento di
esercizio di forza progressivo per pazienti operati di cancro alla mammella sono efficaci e
necessari per migliorare le condizioni di salute e la qualità della vita dei pazienti (Cheema
et al., 2008).
Nello stesso anno Milne et al., in uno studio controllato randomizzato, hanno dimostrato
gli effetti benefici della combinazione tra esercizio aerobico e di forza sulla salute dei
soggetti che avevano completato la terapia per il cancro alla mammella, rafforzando uno
20
studio randomizzato dell’anno precedente in cui venne dimostrata l’efficacia di programmi
di attività fisica combinati tra esercizio aerobico e di forza sulla fitness fisica, l’autostima e
la composizione corporea (Courneya et al., 2007). Nel 2011 Brown et al. nella loro
metanalisi scoprirono che l’esercizio moderato riduce il CRF nei sopravvissuti al cancro ad
un livello dello 0.31, in accordo con le precedenti review (Velthuis et al., 2010; Cramp et
al., 2008). Il dato più significativo che emerge da questa metanalisi è che l’esercizio di
forza ha un effetto dose-risposta positivo e quadratico su “Cancer related Fadigue”. Le
persone sopravvissute al cancro che hanno svolto esercizio di forza ad intensità da
moderata ad intensa (3-6 MET’s, 60%-80% 1-RM) hanno ridotto la loro CRF molto più di
quelle che hanno svolto esercizio di forza ad intensità inferiore o esercizio aerobico a
qualsiasi livello di intensità. Un altro dato interessante emerso nella metanalisi è che
l’esercizio fisico basato su modelli teoretici di cambiamento dello stile di vita è risultato
essere più incisivo nella riduzione della CRF rispetto a programmi di attività motoria non
basati su tali modelli.
Il PACT Study (Physical Activity for Cancer Treatment), importantissimo contributo della
BMC Cancer datato 2010, definisce l’intervento dell’allenamento di forza ad un’intensità
che varia dal 45% di 1RM (1S x 20 rip.) al 65% di 1RM (2S x 10 rip.) al 75% di 1RM (1S
x 10 rip.) per i principali gruppi muscolari quali braccia, spalle, gambe e tronco (Velthuis
et al., 2010).
In sintesi risulta appropriato svolgere attività motoria ad intensità moderata sia per quanto
riguarda l’esercizio aerobico che l’allenamento di forza. La combinazione delle due
tipologie sembra risultare la più efficace nella prevenzione del carcinoma alla mammella.
6. PROTOCOLLO DI INTERVENTO DELL’ATTIVITA’ MOTORIA
PREVENTIVA AL CANCRO ALLA MAMMELLA
DEFINIZIONE DEL PROTOCOLLO
L’ipotesi di lavoro che si propone si articola in un intervallo di tempo di almeno 8 mesi
(Hayes et al., 2011), in modo da rendere l’intervento sistematico e prolungato, 45’ circa al
giorno per 3 giorni alla settimana in accordo con quanto emerso dalle meta analisi di
Schmitz et al. (2005) e di Speck et al. (2010).
21
Il protocollo dell’attività motoria si compone di due moduli di intervento distinti e
complementari. La Letteratura definisce il ruolo dell’attività motoria preventiva al cancro
attraverso la programmazione di esercizi aerobici, di forza e di flessibilità. Tali esercizi
agiscono direttamente sul tumore, diminuendone l’azione e prevenendone ricadute ed
effetti collaterali (Cap. 3). L’intervento è prettamente preventivo e svolge la sua azione
protettiva nei confronti del cancro. D’altro canto, il recupero funzionale dei distretti
corporei sede degli interventi chirurgici (nello specifico del tumore alla mammella il
cingolo scapolo-omerale) è necessario e propedeutico all’esecuzione del modulo
preventivo di cui sopra. La funzionalità di un arto in anchilosi, impedisce la giusta
esecuzione di qualsiasi gesto tecnico, andando a gravare sulla simmetria delle catene
cinetiche, responsabili della corretta distribuzione dei carichi durante il movimento, delle
retrazioni muscolari e del dolore. La muscolatura tesa, infatti, anche in sede cicatriziale,
provoca dolore. Tale dolore sarà compensato dal corpo con un atteggiamento posturale
viziato che comporterà ulteriori problematiche, innescando un circolo vizioso che
impedisce al soggetto di raggiungere una buona condizione psico-fisica. Ecco perché il
recupero funzionale risulta anch’esso strettamente connesso al miglioramento della qualità
della vita (QoL) e, dunque, fondamento complementare dell’intervento preventivo. Il
protocollo progettato consterà di esercizi di recupero funzionale e preventivi che saranno
disposti in maniera complementare nella programmazione. Il recupero funzionale (esercizi
di percezione corporea e allungamento muscolare distrettuale) sarà preponderante nella
prima fase dell’intervento e diminuirà la propria intensità in accordo con l’aumento della
quantità e della qualità degli esercizi di prevenzione (potenziamento cardio-circolatorio,
potenziamento muscolare e flessibilità articolare generale).
OBIETTIVI DEL PROTOCOLLO
Il protocollo si pone l’obiettivo ultimo di migliorare la funzionalità e la fitness fisica (e
dunque anche il CRF e la QoL) dei pazienti in esame, permettere loro di ritornare ad una
vita relazionale che, a seguito della malattia, li ha costretti ad un periodo di prolungato
distacco sociale e sofferenza psicologica. Per arrivare a questo l’attività motoria proposta
disporrà obiettivi intermedi che permetteranno di raggiungere, in maniera graduale, lo
scopo finale. Durante la terapia i pazienti riducono la forza, la resistenza e la funzionalità
che, unitamente al declino psicologico e motivazionale, rendono l’attività motoria
22
necessaria e fondamentale. Il ritorno allo stato psico-fisico precedente alla diagnosi di
carcinoma mammario deve essere l’obiettivo primario dello specialista che dovrà essere in
grado di adeguare le proprie conoscenze alla situazione individuale di ogni paziente. Gli
utenti, infatti, avranno un grado di decondizionamento diverso l’uno dall’altro e il loro
livello di fitness fisica dipenderà dalla loro storia di attività motoria pre diagnosi, nonché
dall’età e dalla loro condizione psicologica. Ecco perché si ritiene fondamentale disporre di
un’anamnesi completa dei soggetti, rafforzata da questionari di valutazione del grado di
attività fisica raggiunto da ognuno di essi prima della diagnosi di cancro e, in alcuni casi,
durante il trattamento.
Per il raggiungimento di quanto prefissato saranno perseguiti gli obiettivi di potenziamento
muscolare e cardio-circolatorio, in accordo con le evidenze scientifiche sulla prevenzione
del cancro alla mammella. Tali obiettivi saranno necessari per il raggiungimento della
fitness fisica e il miglioramento della QoL. Propedeutici allo sviluppo degli obiettivi di cui
sopra, gli esercizi di percezione corporea, flessibilità, equilibrio e stretching specifico
andranno a comporre gli obiettivi basilari unitamente al sostegno psicologico da garantire
per tutta la durata del trattamento e anche oltre. Considerando i vari benefici che lo
stretching apporta alla salute e considerate le retrazioni muscolari derivate dall’intervento
chirurgico nelle donne mastectomizzate, sembrerebbe opportuno e valido disporre esercizi
di mobilità articolare e allungamento muscolare nel protocollo di intervento. Gli obiettivi
intermedi del protocollo si svilupperanno dunque come segue:

Sostegno psicologico. Il sostegno psicologico è la base su cui poggia l’intero
protocollo di lavoro. Tale sostegno non ricoprirà solamente la parte iniziale del
programma, ma dovrà essere mantenuto e consolidato durante tutto l’intervento.
L’approccio motivazionale al protocollo e l’aderenza al programma dovranno essere
sviluppati e perseguiti dallo specialista per evitare, molto più che limitare, i tentativi di
abbandonare il lavoro, tipici di coloro che, visti i trascorsi di sofferenza e inattività,
potrebbero optare per questa scelta;

Presa di coscienza del proprio corpo ed esercizi di percezione corporea. Senza una
precisa capacità di percezione del proprio corpo nello spazio è praticamente impossibile
insegnare la biomeccanica del gesto tecnico e le posizioni da eseguire durante il
programma. Tale obiettivo sarà perseguito anche, e soprattutto, attraverso esercizi di
respirazione. La respirazione è la fonte del movimento. Un’alterata meccanica respiratoria,
frutto di retrazioni in sede toracica e rispondente ad una condizione psicologica di
23
sofferenza, crea ulteriore rigidità muscolare e può portare ad un alterato equilibrio delle
catene muscolari (Poole et al., 1997; Hodges et al., 1997);

Flessibilità articolare generale. Essa è un requisito indispensabile per il
raggiungimento di un miglior stato funzionale e coordinativo. La flessibilità articolare
migliora infatti la percezione corporea e permette un’esecuzione migliore dei movimenti in
accordo con una miglior coordinazione degli stessi. Gli esercizi di flessibilità articolare
permettono un recupero, spesso parziale, del fisiologico range di movimento articolare
(ROM);

Allungamento muscolare distrettuale. L’allungamento muscolare in sede scapolo-
omerale permette un riequilibrio delle catene cinetiche la cui alterazione, dovuta alla
mastectomia, obbliga le articolazioni a sopportare stress di notevole quantità. Il
ribilanciamento di queste tensioni è pertanto un punto importante del lavoro
chinesiologico;

Equilibrio. L’equilibrio risente del deperimento funzionale del soggetto. Un lungo
periodo di inattività, attraverso la conseguente diminuita percezione corporea, nell’ordine
della propriocezione e altri sistemi sensoriali, porta alla diminuzione di tale funzione,
propedeutica all’esecuzione di esercizi di deambulazione e ortostatici;

Potenziamento cardio-circolatorio. L’esercizio aerobico, come largamente discusso
in precedenza, migliora la QoL, aumenta la funzionalità fisica e l’umore e, soprattutto, ai
fini del protocollo, aiuta a migliorare la capacità di lavoro. Va ricordato che l’attività
aerobica è associata al rilascio di endorfine, le quali, a loro volta, hanno un effetto
antalgico su tutto il corpo, aspetto fondamentale per chi incorre nel riacutizzarsi del dolore
muscolare;

Potenziamento muscolare. Gli studi trattati in precedenza (Brown et al., 2011;
Cheema e Milne., 2008; Courneya et al., 2007) sono concordi nell’affermare i benefici del
lavoro aerobico unitamente all’allenamento alla forza. La metanalisi di Brown del 2011
evidenzia come il solo lavoro di forza svolto fino all’80% di 1-RM diminuisca la fatica
molto più delle altre tipologie di lavoro a qualsiasi intensità. Stabilizzare le strutture con un
lavoro di trofismo previene la stanchezza aumentando la tollerabilità al lavoro da svolgere.

Educazione al cambiamento dello stile di vita. Uno stile di vita attivo è consigliabile
durante e dopo il programma di lavoro. Educare ad uno stile di vita sano aiuta il soggetto
ad aumentare la propria motivazione nei confronti dell’esercizio fisico. I cambiamenti
motivazionali e comportamentali sono alla base dell’approccio attuativo del programma di
lavoro (Speck et al., 2010).
24
TEST DI VALUTAZIONE
TEST AEROBICO
Sarà disposto il “Six Minutes Walking Test” (6MWT) da eseguire con cadenza bimestrale.
Il 6MWT è un test facile, ambientale, ben tollerato, sicuro. Riflette l’attività quotidiana e
permette una misura della capacità funzionale e aerobica di ogni soggetto. La correlazione
con il livello di autonomia di vita e la capacità funzionale sono stati dimostrati essere
correlati a loro volta con la valutazione del livello di qualità di vita: miglior 6MWT =
miglior QoL (Balashov et al., 2008). I miglioramenti nella distanza percorsa, misurati al
6MWT, si correlano inoltre con il miglioramento della respirazione, l’aumento della soglia
aerobica
ed
energetica,
della
funzione
cardiorespiratoria
e
muscolare.
TEST DI FORZA
I tests di forza vanno disposti quadrimestralmente. Vanno eseguiti 3’ di recupero tra le
serie. Si andrà a testare:
1- Arti superiori: distensioni su panca piana (o inclinata a 30° se protesizzate) con
bilanciere power pump (bilanciere leggero, step a fine panca per non gravare sulla zona
lombare, avambracci perpendicolari a terra);
2- Arti inferiori: squat (90°). Se il sovraccarico risultasse difficoltoso contare il numero
di ripetizioni tollerate con braccia tese avanti;
3- Core (crunch): da distesi a gambe semi-flesse (angolo di 90° al ginocchio), contare il
numero massimo di flessioni tollerate. La flessione è da considerarsi valida al
raggiungimento delle ginocchia da parte delle dita della mano a braccio teso sui
quadricipiti.
TEST DI FLESSIBILITA’
Vista la mancanza fattiva di evidenze scientifiche che adattino i test di flessibilità ad un
target di pazienti soggetti a cancro, tenendo in considerazione la fitness fisica e il grado di
inattività a cui può essere soggetto il paziente in follow-up, verranno disposti i seguenti test
per i rispettivi distretti anatomici (a cadenza quadrimestrale):
1- Mobilità del rachide in flessione: posizione seduta, gambe tese, punte dei piedi rivolte
verso l’alto, flessione del busto avanti. Misurazione, positiva o negativa, dal punto zero “0”
dato dalle punte dei piedi alle punte delle dita delle mani (dito medio);
25
2- Mobilità coxo-femorale: posizione supina, dorso a terra, piedi alla parete,
divaricazione degli arti inferiori con misurazione goniometrica dell’angolo, ad un’altezza
femorale prefissata;
3- Mobilità del rachide in torsione: posizione seduta con angolo coscia – gamba di 90°,
busto eretto, bacchetta posizionata sull’articolazione acromion – claveare (il punto zero è
dato dalla verticale della posizione neutra), torsione del busto e misurazione dell’angolo su
gradometro a terra. Per semplicità può essere misurata la distanza in centimetri. La
misurazione va effettuata ambo i lati per valutare la corretta simmetria di torsione. I punti
di “repere” dovranno essere assolutamente solidali con la bacchetta durante l'esecuzione
del test;
4- Mobilità scapolo-omerale: posizione supina su panca orizzontale, ginocchia flesse al
petto o alla parete per annullare la lordosi lombare, retropulsione del mento, braccia per
avanti-fuori (100°) in perfetta extrarotazione, misurazione della distanza tra il pavimento e
il pollice o tuberosità radiale del carpo.
ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
La programmazione dell’intervento preventivo prevede 8 mesi di lavoro preceduti da 1
mese di condizionamento, ambientamento e prime valutazioni dei pazienti oggetto dello
studio. Verrà dunque suddiviso il lavoro in 3 mesocicli corrispondenti rispettivamente
all’iniziale mese di preparazione al programma, al periodo che va dal secondo al quinto
mese di lavoro e quello che va dal sesto all’ultimo mese per un totale di 9 mesi di
programmazione. I mesocicli, definiti per obiettivi generali, saranno a loro volta suddivisi
in microcicli operativi composti da obbiettivi intermedi che permetteranno una
strutturazione dell’intervento dall’analitico al globale. In questo periodo il lavoro andrà
adattato alla condizione personale di ogni soggetto.
Il lavoro sarà organizzato come segue:

Nel primo mese le sedute settimanali saranno 2. Questo per evitare di sovraccaricare
psicologicamente il soggetto nel primo periodo e rischiare di perderlo. Dal secondo mese
in poi le sedute settimanali passeranno a 3.

Compatibilmente con la disponibilità dei soggetti, le sedute non dovranno durare meno
di 30’ ciascuna. Nel primo mese sarà giustificato un tempo di lavoro inferiore in previsione
di un condizionamento maggiore nel prosieguo.
26

Gli obiettivi propedeutici al lavoro aerobico, di forza e flessibilità dovranno essere
riproposti continuativamente durante la programmazione dei 9 mesi di lavoro.
Le sedute di attività motoria preventiva al cancro, a seconda delle esigenze del gruppo,
dell’ambiente a disposizione o dell’esperienza personale dello specialista, possono essere
organizzate in maniera individuale, individualizzata o collettiva con la costituzione di
piccoli gruppi di 5-8 persone. Man mano che l’intervento realizza i suoi effetti benefici, le
sedute passeranno progressivamente dalla fase individuale, alla fase individualizzata per
finire alla fase collettiva in cui il soggetto dispone di modesta indipendenza esecutiva ed
esperienza pratica. La prima fase dell’intervento dunque potrà prevede, in maniera
frequente e a seconda dell’utenza, sedute individuali e individualizzate.
Di seguito saranno descritti obiettivi generali e intermedi dei vari micro e mesocicli in
riferimento ad una struttura temporale dell’intervento in grado di portare i pazienti ad un
progressivo adattamento al programma di allenamento. Gli obbiettivi intermedi previsti
costituiscono una struttura principale e basilare, ma non immutabile e rigida. Lo
specialista, infatti, potrà inserire, oltre agli obiettivi intermedi successivamente descritti,
altre finalità, come pure valutare la necessità di continuare a somministrare, ad esempio
nell’ultimo mesociclo, esercizi legati ad obiettivi del primo mese per consolidare i
traguardi raggiunti già ad inizio protocollo.
1° MESOCICLO
PERIODO: Mese 1
Obbiettivi generali: 1. Ambientamento e sostegno psicologico
2. Lavoro percettivo-propriocettivo
Microcicli operativi/obbiettivi intermedi:
1.
Presa di coscienza del proprio corpo ed esercizi di percezione corporea
2.
Allungamento muscolare distrettuale
27
3.
Equilibrio
Il primo mese di lavoro persegue l’obbiettivo generale dell’ambientamento e del sostegno
psicologico degli utenti oggetto del protocollo. I test di valutazione iniziale potranno essere
disposti all’interno di questo mesociclo.
Nella prima seduta della settimana potranno essere disposti incontri di gruppo in palestra
per creare un “feeling” tra ambiente palestra e utenti tale per cui i soggetti possano già
sentirsi a proprio agio in una struttura che li vedrà impegnati per 3 volte la settimana. Nella
prima seduta potrebbe essere prevista una discussione di gruppo (possibilmente con l’aiuto
di uno psicologo dello sport) in cui si sviluppi il tema: “ritornare a vivere con serenità”,
incontro con modalità “brainstorming” in cui i soggetti possano iniziare a confrontarsi
dopo un periodo negativo della propria vita, in stretta correlazione l’uno con l’altro per
creare un clima di condivisione sociale e sviluppo di rapporti umani ed interpersonali in
ambiente palestra. Potranno essere disposti questionari di valutazione dello stile di vita e
anamnestici sullo stato motorio/sportivo di ogni soggetto.
Durante la seconda seduta lo specialista (laureato in STAMPA) potrà tenere una
miniconferenza sull’educazione al movimento e sui benefici dell’attività motoria nella
prevenzione del cancro, in accordo con l’obbiettivo non esplicitato in questo mesociclo
dell’educazione al cambiamento dello stile di vita.
Il relatore dovrà essere il più coinvolgente ed efficace possibile per catturare non solo
l’attenzione dei partecipanti, ma anche il loro interesse e motivarli e spronarli al
movimento e all’aderire al programma in maniera seria e impegnata. Potrà poi essere
relazionato il programma d’intervento del progetto che li coinvolgerà e impegnerà per 9
mesi. Tramite le proprie capacità socio-psicologiche l’operatore dovrà garantire
l’ambientamento e sviluppare, unitamente alle sue capacità tecniche, il lavoro
propriocettivo.
Microcicli operativi
I microcicli operativi saranno composti da esercizi di presa di coscienza del proprio corpo e
percezione corporea, equilibrio propriocettivo e allungamento muscolare distrettuale.
Gli esercizi di allungamento e propriocezione saranno atti a migliorare il ROM articolare e
la propriocettività, soprattutto del cingolo scapolo-omerale. A seguito dell’asportazione
della mammella, infatti, gli utenti sono soggetti a retrazioni muscolari e alterata sensibilità
28
che possono concorrere ad un aumento del dolore nelle fasi di esecuzione degli esercizi,
impedendone la realizzazione degli stessi. Saranno disposti esercizi di elasticizzazione del
torace ed esercizi di respirazione. Tali esercizi risultano fondamentali per gli utenti
coinvolti nel progetto in quanto, a seguito delle terapie assunte per il carcinoma mammario
e visto il periodo di inattività e gli esiti chirurgici, tali soggetti presentano un’alterata
biomeccanica respiratoria dovuta in parte ad una periodo vissuto all’insegna del dolore e
della sofferenza, in parte alle retrazioni muscolari e alle aderenze presenti in sede toracica.
La disposizione di esercizi per l’equilibrio e per il controllo posturale risulta necessaria ad
aumentare le capacità sensopercettive e coordinative dei soggetti in vista della
srtrutturazione dell’allenamento preventivo.
Per quanto riguarda la valutazione degli utenti, questo mese potrà prevedere la misurazione
della forza massimale di ogni soggetto che dovrà fungere poi da parametro di riferimento
per la buona strutturazione ed esecuzione del programma di lavoro. Va precisato che, per la
strutturazione degli esercizi aerobici successivi, il massimale (FCmax) dei soggetti è stato
preventivamente stabilito dal medico dello sport in base ai test massimali disposti per
determinare la FCmax di ognuno. Saranno inoltre disposti ed eseguiti i test di forza e
flessibilità articolare svolti in questo mesociclo per evitare che un eccessivo
condizionamento risulti inficiante sugli stessi e sulle valutazioni iniziali. Sarà inoltre
disposto o il 6MWT.
Esercizi di presa di coscienza del proprio corpo ed esercizi di percezione corporea
La propriocezione assume all’interno del trattamento un’importanza fondamentale.
L’assenza della capacità di percepirsi limita consistentemente il lavoro. Il tono muscolare è
essenziale per comunicare con sé stessi e con gli altri. Il controllo tonico risulta
involontario,
ma
coscientizzabile
(Sarto,
2004)
attraverso esercizi graduali e specifici, nel nostro caso,
del
cingolo
scapolo-omerale.
Di
seguito
si
esemplificheranno alcuni esercizi a riguardo.
1- Movimentazione attiva della spalla attraverso un
micromovimento sui vari piani per la percezione
dell’arto traumatizzato e del distretto scapolo-omerale
sede di retrazioni fasciali e ipotrofia muscolare.
29
2-
Esercizi di respirazione diaframmatica. Il paziente, disteso a terra o su Pancafit, con
una mano sul torace e una sull’addome cerca di percepire il solo movimento addominale,
con una coordinazione inspirazione nasale - espirazione a bocca aperta che permetterà
l’iniziale e difficoltosa mobilizzazione diaframmatica.
Fig. 2 Esercizio del pendolo
3- Esercizio del pendolo (Fig. 2). Il soggetto si piega in avanti poggiandosi con la mano
su uno sgabello. Poi comincia a ruotare l’arto operato come un pendolo in modo circolare.
Gli esercizi di elasticizzazione del torace (ad esempio le “scrollate trapezio”, Tab. 7),
importanti per una buona compliance respiratoria, possono far parte sia degli esercizi di
percezione corporea, sia degli esercizi di allungamento muscolare distrettuale.
Esercizi di equilibrio
Nel sopravvissuto al cancro alla mammella, la debolezza muscolare, l’uso di farmaci, gli
effetti collaterali della terapia del tumore, sono alcune delle cause di instabilità e cadute.
Gli esercizi di equilibrio globali e distrettuali hanno la capacità di allenare i 3 sistemi ad
esso deputati: il sistema propriocettivo, visivo, vestibolare e il sistema esterocettivo
cutaneo plantare. A titolo esemplificativo si riportano di seguito alcun possibili esercizi di
equilibrio globale (del corpo in toto) e distrettuale (cingolo scapolo-omerale).
1- Esercizio di deambulazione. Camminata in avanti con rotazione laterale del capo
(equilibrio globale). Il soggetto sarà chiamato all’attivazione di tutti i sistemi di equilibrio
in accordo con una modulazione tonica delle catene muscolari, in particolare quella
crociata, deputate alla deambulazione e al controllo posturale.
Gli esercizi di deambulazione possono prevedere molte
varianti, una tra tutte la camminata su piani instabili.
Fig. 3 Esercizio di equilibrio propriocettivo distrettuale
2- Equilibrio propriocettivo del cingolo scapoloomerale. In base all’utenza saranno disposti esercizi in
ortostatismo o in decubito prono con appoggio dell’arto traumatizzato su superfici instabili.
Nella foto sovrastante a tale scopo è stato utilizzato un pallone da pallavolo (Fig. 3).
30
3- Equilibrio in posizione eretta. Esercizi con sbilanciamenti circolari, anteroposteriori
con passo e laterali ed esercizi di equilibrio monopodalico progressivi.
Allungamento muscolare distrettuale
L’allungamento muscolare distrettuale fa parte del modulo di recupero funzionale discusso
in precedenza e consta di esercizi di allungamento passivo e attivo dei distretti
traumatizzati e delle catene cinetiche alterate a seguito dell’intervento chirurgico.
Nello specifico andranno allungati prevalentemente i muscoli maggiormente retratti, tra i
quali:
1.
Gran Dorsale;
2.
Piccolo Pettorale (compresso in caso di protesi retromuscolare);
3.
Sottoscapolare;
4.
Succlavio;
5.
Trapezio;
6.
Elevatore della Scapola;
7.
Gran Dentato;
8.
Capo Lungo del Bicipite.
Tale allungamento potrà essere disposto tramite la
modalità di riequilibrio posturale ad approccio globale
decompensato (metodo Raggi) su Pancafit (Fig. 4) per
ottenere un effetto di detensione delle catene muscolari
in disequilibrio a causa del distretto scapolare e toracico
che fa gravare la propria alterazione su altri gruppi
muscolari rendendoli ipertonici.
Fig. 4 Allungamento muscolare distrettuale su Pancafit
31
2° MESOCICLO
PERIODO: Mesi: 2-5
Obbiettivi generali: 1. Condizionamento fisico
2. Allenamento aerobico fino al 60% della FCmax
3. Allenamento di forza dal 65% al 70% 1-RM
Microcicli operativi/obbiettivi intermedi:
1.
Presa di coscienza del proprio corpo ed esercizi di percezione corporea
2.
Allungamento muscolare distrettuale
3.
Equilibrio
4.
Potenziamento cardio-circolatorio
5.
Potenziamento muscolare
L’endpoint di questo mesociclo è il condizionamento e il contatto diretto dei soggetti con i
macchinari e con i pesi liberi. Nel primo periodo i pazienti saranno avviati gradualmente
sul tapis roulant con una velocità tale da permettere loro una marcia lenta in grado di
risultare agevole sul nuovo macchinario. Il raggiungimento e il consolidamento
dell’equilibrio generale permetterà agli utenti un condizionamento più stabile e a breve
tempo.
Altro obiettivo del mesociclo è quello di lavorare a livello aerobico ad un’intensità
prossima al 60% della FCmax e sviluppare un lavoro di forza dal 65% al 70% di 1-RM. Gli
esercizi di forza andranno eseguiti di seguito e senza recuperi, in quanto dovranno
prevedere l’alternanza di distretti muscolari diversi tra loro. La Letteratura non definisce il
numero delle serie da disporre per tipologia e modalità di esercizio e si ritiene sufficiente e,
considerata l’utenza, performante, disporre di una serie per esercizio nel primo periodo per
poi passare a 2 serie nel momento in cui (si ipotizza dal terzo mese) si siano verificati
condizionamenti biomeccanici e di forza tali da produrre una risposta sostenibile da parte
delle 2 serie per esercizio. Tale condizionamento sarà comprovato o smentito dai test di
forza da eseguire quadrimestralmente. Sta di fatto che, comunque, l’intensità di lavoro
dell’allenamento di forza al terzo e quarto mese di lavoro risulta alquanto moderata e le 2
serie di esercizio dovrebbero già risultare tollerabili e in questa prima fase più critiche
rispetto ad un loro inserimento più tardivo, e dunque meno tollerato e condizionante, nel
protocollo di lavoro.
32
Microcicli operativi
Potenziamento cardio-circolatorio e potenziamento muscolare
Di seguito sarà proposta una progressione didattica dell’allenamento aerobico e di forza
per soggetti condizionati. Gli altri obiettivi intermedi del mesociclo (presa di coscienza del
proprio corpo ed esercizi di percezione corporea, allungamento muscolare distrettuale ed
equilibrio) non saranno affrontati nello specifico di tale sezione, poiché si intende fornire
esempi operativi di obbiettivi non descritti in precedenza. Tali obbiettivi saranno accennati
come esempi di esercizi nelle tabelle sottostanti riportanti il lavoro aerobico e di forza.
Le prime 2 settimane di questo secondo mesociclo potranno mantenere la programmazione
delle 2 sedute settimanali, mentre dalla terza settimana, quando la confidenza con la
struttura e la partecipazione al progetto potrebbero ritenersi assodate, si passerà alle 3
sedute settimanali. In questo mesociclo si propone di lavorare a livello aerobico ad
un’intensità prossima al 60% della FCmax e, a livello di allenamento di forza, passare
gradualmente da esercizi al 45% di 1-RM (Tab. 5) ad esercizi dal 65% al 70% di 1-RM
(Tab. 6), in accordo con le modalità esecutive sperimentate da Velthuis et al. nel loro
lavoro datato 2010 (45% 1-RM 1 x 20 rip., 65% 1-RM 2 x 10 rip., 75% 1-RM 1 x 10 rip.
per i gruppi muscolari di braccia, spalle, gambe e tronco) e adattando il lavoro in base alle
necessità. Le modalità di allenamento aerobico in “interval training” e allenamento di forza
in “circuit training” possono essere disposte durante le sedute. Le tabelle di seguito
riportano due esempi di seduta, la prima riferita al primo periodo di allenamento (Tab. 5),
la seconda riferita all’ultimo periodo di allenamento (Tab. 6) in cui gli obiettivi di
potenziamento aerobico e muscolare raggiungono i livelli rispettivamente del 60% della
FCmax e del 70% di 1-RM.
Tab. 5 Esempio seduta di primo periodo del 2° mesociclo
MODALITÀ
ESECUZIONE
ESERCIZIO
ISOTONICOCARDIO
SERIE
RIPETIZ./
TEMPO
CARICO
REC.
BIKE
1
5’
60%
FCmax
0.5’
RUN
1
5’
60%
FCmax
0.5’
33
Sqaut Corpo
Libero
1
12
Crunch
1
10
Tavoletta
Equilibrio
Propriocett
1
3’
Manubri
Rematore
1
20
45% 1-RM
Leg Press
1
20
45% 1-RM
Circonduzioni
Braccia Tese
2
10
Alzate Laterali
1
20
1
10+10
Manubri
Shoulder Plate
Piegate/
Contropiegate
Recupero
Funzionale
Spalla
BIKE
(Cool Down)
45% 1-RM
1
1
10’
60%
FCmax
Tab. 6 Esempio seduta di ultimo periodo del 2° mesociclo
MODALITÀ’
ESECUZIONE
ESERCIZIO
ISOTONICOCARDIO
SERIE
RIPETIZ./
TEMPO
CARICO
Interval Training
RUN
1
10’
60% /65%
Fcmax
Affondi Laterali
2
10
Distensioni P.
Inclinata
2
20
Panca Inclinata 45°
34
65% 1-RM
Percorso
Propriocettivo
Pancafit
Leg Extension
2
20
70% 1-RM
Crunch Inverso
2
15
Curl Bicipiti
1
15
65% 1-RM
Leg Press
2
15
70% 1-RM
Piani Instabili
2
1’
BIKE
(Cool Down)
1
5’
Allungamento
Pettorale
3
5’
60% FCmax
3° MESOCICLO
PERIODO: Mesi: 2-5
Obbiettivi generali: 1. Allenamento aerobico fino al 65% della FCmax
2. Allenamento di forza dal 70% al 75% 1-RM
Microcicli operativi/obbiettivi intermedi:
1.
Potenziamento cardio-circolatorio
2.
Potenziamento muscolare
3.
Flessibilità articolare generale
Il terzo ed ultimo mesociclo vedrà la definizione dell’obbiettivo della flessibilità articolare
generale che, unitamente ad incrementi di lavoro aerobico e di forza, andrà a comporre
l’intervento preventivo discusso e analizzato anche dalla Letteratura, in accordo con le
linee guida dell’ACSM datate 2010 (Schmitz et al., 2010).
Microcicli operativi
Potenziamento cardio-circolatorio e potenziamento muscolare
Il terzo macrociclo è composto dagli ultimi quattro mesi di lavoro. Considerato
l’allenamento accumulato dagli utenti nei primi 5 mesi di lavoro e teorizzando buoni
miglioramenti della loro fitness fisica, l’intensità dell’allenamento aumenterà in questo
macrociclo in maniera graduale. L’obbiettivo di questo macrociclo è infatti raggiungere e
35
mantenere una soglia di allenamento aerobico del 65% della FCmax ed un allenamento di
forza dal 70 al 75% di 1-RM (Tab.7)
Tab. 7 Esempio seduta di ultimo periodo del 3° mesociclo
MODALITÀ
ESECUZIONE
Interval
Training
Manubri
Manubri
Tavoletta
Propriocettiva
ESERCIZIO
ISOTONICOCARDIO
SERIE
RIPETIZ./
TEMPO
CARICO
BIKE
1
15’
Squat Sumo
2
10
60% /
65%
FCmax
75% 1-RM
Side Bend
2
10
70% 1-RM
French Press
1
10
75% 1-RM
RUN
2
2’ + 2’
65%
FCmax
Scrollate
Trapezio
1
10
Salite Su Panca
2
10 + 10
Squat
2
10 + 10
BIKE
(Cool Down)
1
5’
Stretching
1
10’
REC.
0,5’
65%
FCmax
Flessibilità articolare generale
Dal punto di vista della fitness fisica la flessibilità o mobilità articolare, rappresenta una
qualità importante per un soggetto sopravvissuto al cancro. Essa contribuisce infatti a
mantenere il benessere fisico, una corretta postura, ad economizzare i gesti, migliorare la
qualità della vita, sviluppare la forza e prevenire gli infortuni mio-tendineo-articolari. Oltre
all’approccio globale su pancafit citato in precedenza, lo stretching può essere eseguito
perseguendo, ad esempio, ginnastica posturale (metodo Mezieres/Souchard) con dorso a
36
terra, oppure disponendo una grande variabilità di esercizi in ortostatismo e nei vari
decubiti. Sarà compito dello specialista valutare le modalità di esecuzione adattando gli
esercizi alle necessità degli utenti. Risulta efficace disporre tali esercizi a fine seduta allo
scopo di ottenere un rilassamento muscolare e un maggior ascolto delle sensazioni del
proprio corpo a seguito degli esercizi svolti durante l’allenamento.
CONSIDERAZIONI
Come evidenziato dalla programmazione sopradescritta la strutturazione del protocollo
mira ad un aumento progressivo dell’intensità di lavoro. Dopo un preventivo mese di
ambientamento e lavoro percettivo, il protocollo è caratterizzato dal secondo mesociclo
con finalità di condizionamento e primo incremento di intensità di esercizio che risulta
complementare al terzo mesociclo di lavoro in grado di consolidare i vari endpoints dei
vari mesocicli e microcicli precedenti atti a raggiungere buoni livelli di allenamento di
forza e di allenamento aerobico. L’utilizzo delle modalità di allenamento dell’interval
training e del circuit training per lavoro aerobico e di forza, incrementano la prestazione
migliorando la fitness fisica anche grazie ad un intervento che può risultare più variato e
meno monotono per gli utenti. Come in precedenza sottolineato, gli obbiettivi intermedi di
presa di coscienza del proprio corpo, di equilibrio e allungamento muscolare (quest’ultimi
da eseguire preferibilmente a fine seduta) possono essere disposti in maniera variata ed
alternata all’interno delle varie sedute per rendere l’allenamento più completo, variegato ed
interessante e concorrere a prevenire il deperimento delle capacità motorie dovuto alla
condizione patologica e al trattamento del carcinoma alla mammella dei soggetti in esame.
Va inoltre tenuto in seria considerazione il fatto che, a seguito di quadrantectomia e
mastectomia totale, i soggetti possono aver subito l’asportazione parziale del muscolo Gran
Pettorale (Veronesi, 1999). Tale asportazione viene sostituita chirurgicamente da una
sezione del muscolo Gran Dorsale. Questa considerazione permette di evidenziare il fatto
che i soggetti potranno incorrere in notevoli difficoltà di esecuzione sia di esercizi
interessanti il Gran Pettorale, com’era già noto, sia di esercizi attivanti il muscolo Gran
Dorsale, per cui la progressione didattica dovrà essere posta, in questo caso, sotto notevole
attenzione e qualificata professionalità.
I 3 mesocicli andranno a costituire il protocollo di lavoro che risulterà alla fine omogeneo e
adeguatamente aderente al grado di allenamento dei soggetti, valutato tramite i test fisici
precedentemente citati e somministrati a scadenze fisse e prestabilite. Se il programma di
37
allenamento dovesse causare alcuni problemi, gli esercizi dovranno essere modificati,
svolti ad un’intensità inferiore oppure interrotti. In caso di severa anemia o
trombocitopenia, qualsiasi tipologia di esercizio andrà interrotta finché la condizione del
soggetto non sarà migliorata e i pazienti con sistema immunitario debole dovranno evitare
un contatto diretto con i pazienti soggetti allo stesso programma di allenamento. Tutte
queste attenzioni saranno ripagate dai soggetti con linfedema e metastasi (Graf et al.,
2010).
Nella tabella sotto riportata verranno evidenziati in sintesi gli obbiettivi dei mesocicli di
intervento.
Tab. 8 Organizzazione del protocollo. La tabella riassume la strutturazione dell’intervento tramite
la pianificazione di mesocicli e relativi obiettivi generali e intermedi.
MACROCICLO
(9 mesi)
Miglioramento fitness fisica e QoL
MESOCICLI
1° Mesociclo
2° Mesociclo
3° Mesociclo
PERIODO
1° mese
2° - 5° mese
6° - 9° mese
Obbiettivi generali
1.Ambientamento e
sostegno psicologico
2. Lavoro percettivopropriocettivo
1.Condizionamento fisico
2. Allenamento aerobico
fino al 60% della FCmax
3. Allenamento di forza
dal 65% al 70% 1-RM
1. Allenamento
aerobico fino al 65%
della FCmax
2. Allenamento di
forza dal 70% al 75%
1-RM
Obbiettivi intermedi
1. Presa di coscienza
del proprio corpo ed
esercizi di percezione
corporea
2. Allungamento
muscolare distrettuale
3. Equilibrio
1. Presa di coscienza del
proprio corpo ed esercizi
di percezione corporea
2. Allungamento
muscolare distrettuale
3. Potenziamento cardiocircolatorio
4. Potenziamento
muscolare
1.Potenziamento
cardio-circolatorio
2.Potenziamento
muscolare
3. Flessibilità
articolare generale
7. CONCLUSIONI
Attualmente non sono disponibili univoche e consolidate evidenze riguardo a quale sia
l’attività fisica più raccomandata e l’intensità e la frequenza adeguate alle varie tipologie di
cancro che possano determinare benefici nella prevenzione primaria o terziaria.
Attualmente, nella prevenzione primaria, il fulcro è quello di incoraggiare i soggetti a
svolgere come minimo dai 30 ai 60 minuti di esercizio per almeno 5 giorni la settimana,
come definito dalle linee guida dell’ACS per la prevenzione dei tumori (Eyre et al., 2004):
38
a.
Controllo del bilancio energetico;
b.
Svolgere attività fisica come minimo per 30, o meglio, 45 – 60 minuti almeno 5 giorni
la settimana, in aggiunta alle normali attività di tutti i giorni;
c.
Assumere un’alimentazione ben bilanciata;
d.
Assumere 5 porzioni di frutta e verdura al giorno;
e.
Moderare il consumo d’alcool (non più di 1 bicchiere al giorno per le donne e non più
di 2 per gli uomini);
In follow-up o nella prevenzione terziaria l’esercizio aerobico ad intensità moderata risulta
essere quello più raccomandato (Brown et al., 2003). Inoltre, è opportuno e fondamentale
seguire le linee guida citate in precedenza per la prevenzione primaria (Doyle et al., 2006).
Svolgere attentamente esercizi di stretching e attività fisica della durata di circa 10 minuti
potrebbe essere il primo passo per quei pazienti che sono stati inattivi prima della diagnosi
e per quelli che risultano fisicamente deboli (Graf et al., 2010). Passo dopo passo i pazienti
potrebbero essere guidati ad adottare uno stile di vita fisicamente più attivo durante tutta la
giornata e svolgere un programma di esercizio che sia ben tollerato e aderente alle
problematiche individuali. Tutte le forme di esercizio moderato hanno caratteristiche
benefiche, tuttavia, quando si pianifica un programma di intervento, lo specialista deve
tener conto delle limitazioni di ogni partecipante all’attività motoria come gli effetti
collaterali dell’intervento chirurgico, per esempio alterazioni muscolo scheletriche delle
articolazioni della spalla provocate dalla mastectomia o dalla resezione di un linfonodo. In
questi casi dovrà intervenire la fisioterapia.
La relazione tra attività fisica e la riduzione dell’incidenza del cancro alla mammella è
stato largamente studiato e in tale dissertazione sono stati dimostrati i meccanismi
protettivi che tale attività svolge nel tumore, nonostante alcuni studi necessitino ancora di
stabilire quale tipologia di esercizio e quale durata, frequenza ed intensità svolgere per
ottenere tali benefici.
Tuttavia le evidenze attuali dimostrano gli adattamenti positivi che l’esercizio fisico
comporta a molti livelli. Così gli aspetti psicologici, l’influenza sulla composizione
corporea, caratterizzata dall’incremento della massa magra e da una diminuzione della
massa grassa, sono spesso riportati come centrali. Questi risultati, unitamente
all’aumentato numero di pazienti oncologici, supportano con forza la necessità di stabilire
un programma kinesiologico preventivo ad approccio pratico che soddisfi tale domanda. Il
39
punto più importante è quello di motivare le persone al movimento (Graf et al., 2010). Nel
lungo termine solamente quelle persone che svolgeranno regolarmente attività fisica con
grande motivazione otterranno grossi benefici dall’esercizio fisico (Graf e Wessely, 2010).
Sulla base delle meta analisi discusse emerge uniformità di protocollo dell’attività aerobica
atta a migliorare la salute dei pazienti sopravvissuti al cancro (Brown et al., 2011; Speck et
al., 2010; Kim et al., 2009; McNeely et al., 2006; Galvão et al., 2006; Schmitz et al., 2005).
I protocolli disposti e le modalità di intervento dell’allenamento aerobico constano, per la
maggior parte dei casi, di attività motoria ad intensità moderata svolta dalle 3 alle 5 volte
settimanali da un minimo di 20/30’ ad un massimo di 60’ di esercizio a sessione (Schmitz
et al., 2005). Alcuni autori concordano nel consigliare ai pazienti di mantenersi fisicamente
attivi anche al di fuori del programma di allenamento per almeno 30 minuti al giorno
(Velthuis et al., 2010).
Sull’intervento preventivo dell’attività motoria applicata al carcinoma mammario gli autori
sono concordi nel sottolineare i molteplici benefici dell’esercizio aerobico combinato con
l’allenamento di forza svolto ad intensità da moderata ad intensa (Brown et al., 2011;
Cheema e Milne., 2008; Courneya et al., 2007).
L’esercizio di flessibilità articolare associato al cancro non viene discusso nelle metaanalisi, risultando di non facile reperibilità anche negli altri tipi di studi. La flessibilità
come esercizio adattato al cancro risulta essere, tuttavia, un ulteriore contributo che
l’ACSM fornisce nelle proprie linee guida per la prevenzione del tumore (Schmitz et al.,
2010). Nello specifico di questa tesi, tuttavia, l’obbiettivo dello stretching risulta quello di
agire sul cingolo scapolo-omerale per detenere la muscolatura retratta a causa della
malattia e dell’intervento chirurgico.
Sembra altresì opportuno disporre di esercizi per l’equilibrio per prevenire il deperimento
di tale capacità a seguito di inattività fisica (Marques et al., 2011) e per la percezione
corporea, stimolata soprattutto dalla respirazione diaframmatica in contrasto con quella
toracica.
Il protocollo di lavoro proposto si basa su obbiettivi specifici, largamente supportati in
Letteratura, come il potenziamento muscolare e l’esercizio aerobico, e inseriti criticamente
in maniera ragionata e progressiva per migliorare il protocollo ed aumentarne l’intervento,
come gli esercizi di respirazione nella percezione corporea, la flessibilità distrettuale e
l’equilibrio.
La speranza è che tale studio di analisi e screening della Letteratura, sommato ad un
protocollo di intervento razionale, possa stimolare altri studenti a proseguire il lavoro in
40
maniera operativa, attraverso, come auspico, una sperimentazione che possa conferire
ulteriore veridicità alle conoscenze attuali in questo settore, un settore che necessita di
strutturazioni e sviluppo di programmi motori preventivi che concorrano al benessere
psico-fisico del paziente oncologico, affetto, nello specifico di questa tesi, dal cancro alla
mammella.
“L'uomo più felice è quello che è in grado di collegare la fine della sua vita con l'inizio di essa.”
Johann Wolfgang Goethe
8. BIBLOGRAFIA
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