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Æsch Mezareph
Il Fuoco Purificatore
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Æsch Mezareph
Il Fuoco Purificatore
Traduzione di Paolo Miniussi
Revisione e commenti di Fabrizio Lanza
Edizione integrale con testo in italiano e latino – 01/2005
E-mail: [email protected]
WWW: http://www.everburninglight.org/it/
Casa editrice: Providence University Inc
Prima edizione: febbraio 2008
Copyright © 2008 di Providence University
Tutti i diritti di copia, traduzione, riproduzione ed adattamento sono
riservati per tutti i Paesi.
Stampato negli Stati Uniti d’America nel mese di febbraio 2008.
v
Indice dei contenuti
Indice dei contenuti
v
Indice delle figure
vi
Introduzione
Note del traduttore
viii
x
Prefazione alla traduzione
xii
LA STORIA E LE TRADUZIONI
LO SPIRITO DELL’OPERA
Capitolo 1
XII
XII
1
Capitolo 2
4
Capitolo 3
9
Capitolo 4
14
Capitolo 5
16
Capitolo 6
19
Capitolo 7
23
Capitolo 8
27
Il testo originale
29
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
29
32
37
43
44
46
50
53
vi
Indice delle figure
Frontespizio della Kabbala Denudata di Christian Freiherr Knorr
von Rosenroth (1677).......................................................... vii
Titoli del primo volume della Kabbala Denudata, nel quale è
contenuto l’Æsch Mezareph.................................................. xi
vii
Frontespizio della Kabbala Denudata di Christian Freiherr Knorr von
Rosenroth (1677)
viii
Introduzione
Secondo Raphael Patai e Gershom Scholem, l’Æsch Mezareph risale tra il
16mo e l’inizio del 17mo secolo D.C. . Il testo caldeo-aramaico originale non è
sopravissuto. Tutto quello che ci rimane è la prima traduzione in latino,
pubblicata nella Kabbala Denudata di Knorr von Rosenroth (Sulzbach, 16771684).
La Kabbala Denudata è un’opera enciclopedica di oltre 2.000 pagine,
pubblicata in più volumi nel corso di sette anni, che comprende le prime
traduzioni dei più importanti testi Kabbalistici ebraici.
Il primo volume, sottotitolato “Le Dottrine Trascendentali, Metafisiche e
Teologiche degli Ebrei”, appare come un dizionario alfabetico dei principali
termini ebraici e caldei usati nella Kabbalah antica, nello Shaare Orah (La
Porta della Luce), nei testi di Jizchak Lorja, nello Zohar (Il Libro dello
Splendore), e nell’Æsch Mezareph. Esso contiene la maggior parte dell’Æsch
Mezareph, in frammenti, e da lì è stato possibile ricostruirlo.
Il primo a cimentarsi nell’opera di ricostruzione dell’Æsch Mezareph è stato
un anonimo sotto lo pseudonimo di “amante di Filalete”, nel 1714. Sebbene
incompleto, il testo è così divenuto leggibile, quasi nella sua interezza.
L’Æsch Mezareph è un trattato Kabbalistico-Alchemico molto oscuro e di
difficile interpretazione. Se la Kabbalah descrive tutti i mondi superiori e
quelli inferiori nei minimi dettagli, e come “scienza di tutte le scienze”
comprende tutto l’universo, l’Alchimia si occupa più specificatamente della
Kabbalah del Mondo di Assiah, o Mondo Materiale. Al è il nome di Dio
Misericordioso, e Chimia è la scienza chimica. L’Alchimia è quindi la chimica
concessa e spiegata per Misericordia Divina. I suoi misteri si spingono ben
oltre alla chimica ordinaria, che non è altro che l’aspetto più superficiale
dell’Alchimia.
Il significato di Æsch, o Ashah, è “fuoco”, oppure “offerta di fuoco”
(“offerta combusta”). Metzareph significa invece “depurazione”, o
“purificazione”. Il titolo si riferisce quindi al “Fuoco della depurazione”,
come metodo attraverso il quale veniva ottenuto l’oro Alchemico, bruciando
le scorie e separando il puro dall’impuro. Similmente il fuoco purificatore
della prova, l’agente della cosiddetta “via della soferenza”, serve alla
purificazione dell’anima umana.
Come ci dice Rosenroth, le parole Æsch Mezareph si trovano in Malachia
3:2, “Il messaggero del Signore sarà come il Fuoco del raffinatore”. Altri
riferimenti si trovano nel Talmud (PRQI ABOT, Pirke Aboth, ‫פרקי אבעט‬, i
Detti dei Padri; BBA QMA, Baba Kama, ‫בבא קמא‬, la Prima Porta; BBA
BTRA, Baba Bathra, ‫בבא בטרא‬, l’Ultima Porta; BBA MTZIOA, Baba
Metsia, ‫בבא מציעא‬, La Porta Mediana).
ix
Nell’Æsch Mezareph si trovano tanti riferimenti ad altri testi, perlopiù
tradotti solamente in latino dal Rosenroth, e non disponibili in altre lingue se
non l’ebraico o il caldeo. Tra questi figurano il Shaare Orah, la Porta della
Luce di Rabbi Joseph Gikatilla, il Pardes Rimonim, il Giardino dei Melograni
di Rabbi Moses Cordovero. Occorre quindi una certa preparazione per
afferrare alcuni concetti.
Dal punto di vista squisitamente alchemico e chimico, l’Æsch Mezareph
non contiene elementi particolarmente interessanti o operativi. E’ semmai
interessante perché testimonia il collegamento logico tra la Kabbalah e
l’alchimia. Si tratta di collegamento difficile da individuare nelle opere
meramente alchemiche, che specializzano il proprio linguaggio e non usano
più i termini della Kabbalah. E lo stesso si può dire per la Kabbalah, che
raramente desidera occuparsi delle cose materiali, divenendo sempre più
spirituale e teologica. Si potrebbe quasi presumere che trattasi di due materie
diverse. L’Æsch Mezareph fortunatamente riunisce le due cose.
Monfalcone, 16 luglio 2004
Fabrizio Lanza
x
Note del traduttore
Queste sono le note “interne”, che il nostro socio, amico e traduttore ci ha
presentato nel corso della traduzione dell’opera dal latino. Le riportiamo qui
a testimonianza della serietà e dello sforzo che contraddistingue i nostri
lavori, nella speranza di rendere dignità e nuova vita a dei capolavori di
spiritualità poco conosciuti, ma di inestimabile valore.
1. La traduzione è stata tratta dall’originale latino “verbatim”, non
tralasciando, né aggiungendo alcunché.
2. E’ stato rispettato, nel limite del possibile, il tempo e il modo dei
verbi, trasformando solo qualche congiuntivo in indicativo, quando il
testo sembrava troppo lezioso.
3. Per il controllo della versione è stato usato il vocabolario latinoitaliano Calonghi- Badellino, edizione in due volumi, la Sacra
Bibbia, Edizione Zondervan, revisionata secondo i recenti
ritrovamenti dei testi originali. E’ stata altresì confrontata la
traduzione di W. Wynn Westcott, che sebbene molto accurata,
presentava alcuni errori d’interpretazione, nonché il testo “I segreti
dell’Alchimia” di Ghershom Sholem, edizioni Atanor.
4. La divisione in capitoli e paragrafi è arbitraria, in quanto non esiste
nell’originale, ma è comoda per la chiarezza.
5. I corsivi rispecchiano l’originale latino, mentre sono state usate le
iniziali maiuscole in parole che sono da considerarsi importanti nel
contesto dell’opera.
6. La versione latina originale, come reperibile nella Kabbalah
Denudata di Rosenroth, riporta per alcune parole e nomi solo la
grafia ebraica; nella traduzione e stata aggiunta sempre la
traslitterazione in caratteri correnti.
7. I riferimenti biblici sono riportati per esteso, ad esempio “Ezechiele,
22:12”.
8. La lettera ebraica Yod è stata resa generalmente con la “I” italiana,
ma si potrebbe sostituire con la “J”, che nella nostra grammatica
rappresenta la “I” con valore consonantico. (vedi Vajont).
xi
Titoli del primo volume della Kabbala Denudata, nel quale è contenuto
l’Æsch Mezareph
xii
Prefazione alla traduzione
La storia e le traduzioni
L’Æsch Mezareph è un testo che si ricava componendone i frammenti
sparsi nella Kabbalah Denudata di Knorr von Rosenroth.
Rosenroth scriveva in latino e non si sa se fosse esistito un originale
ebraico, sebbene Ghershom Sholem, noto studioso ebreo della kabbalah,
affermi che dalla traduzione si nota la sua provenienza dalla lingua ebraica.
Del testo latino vi è stata una prima traduzione in inglese nel 1714,
eseguita da un autore che si firmava con lo pseudonimo di “The lover of
Philalethes”, poi aggiornata nel lessico da W. Wynn Westcott, e pubblicata in
una sua raccolta di testi ermetici alla fine del diciannovesimo secolo.
La presente traduzione italiana è tratta direttamente dal testo del
Rosenroth, rispettando letteralmente il senso e la costruzione sintattica,
aggiungendo solamente qualche nota interpretativa posta in parentesi.
Lo spirito dell’opera
L’Æsch Mezareph è un libro che a prima vista si potrebbe considerare
perlomeno stravagante e bizzarro; infatti spiega la raffinazione dei metalli in
modo alchemico, giustificando le procedure e la nomenclatura dei materiali
attraverso la puntuale citazione di versetti dell’Antico Testamento e di altri
testi della cultura ebraica del tempo, come il Pirke Aboth (I detti dei Padri), il
Baba Kama e il Baba Bathra, parti del Talmud, o il Pardes Rimonim (Il
Giardino dei Melograni) di Moses Cordovero.
Infatti l’ignoto autore fa esplicito riferimento al simbolo kabbalistico ebraico
detto “Albero della Vita” e alle sue attribuzioni.
Dal testo si capisce che egli non era un vero alchimista, ma piuttosto un
assistente che abbia seguito l’opera di un chimico dell’epoca e abbia
descritto a suo modo il lavoro nel laboratorio, infatti nell’Æsch Mezareph
non viene descritta una precisa tecnica per l’estrazione e la raffinazione dei
metalli che possa essere messa in pratica.
Ma il lettore attento ed arguto si accorgerà che sotto il velo di un’apparente
e appariscente arte di trasmutazione dei metalli e uno sfoggio esagerato di
erudizione, c’è un intento che si dipana attraverso una lunga parabola o
serie di metafore, attraverso le quali si insegna all’uomo il modo di usufruire
correttamente di quelle energie che vengono a lui in modo grezzo ed
incontrollato dalla Luce divina.
xiii
Per capire che tutta l’arte Metallica si riferisce all’Uomo basta comprendere
il capitolo introduttivo: parla di Eliseo, profeta biblico, allievo ed erede di
quelle qualità taumaturgiche trasmessegli dal suo famoso maestro Elia.
Chi era Eliseo? Dopo che Elia, come si dice, ascese in cielo su un carro di
fuoco, inizia l’attività del suo discepolo Eliseo, egli compie miracoli e prodigi
che non ci giungono nuovi se si conoscono quelli messi in atto da Gesù e
riportati nei Vangeli; infatti Eliseo salva una famiglia dai creditori
moltiplicando a volontà le anfore d’olio, profetizza la nascita di un bambino
da una coppia anziana, risuscita lo stesso bambino dalla morte, moltiplica il
pane, recupera un’ascia (oggetto di ferro e quindi prezioso per quei tempi)
dopo che era caduta accidentalmente nel fiume Giordano, facendola
galleggiare, guarisce dalla lebbra Naaman, un generale di un popolo vicino
ad Israele (Siria), salvandone l’alleanza etc. .
L’autore evidenzia l’intento di prediligere l’evoluzione spirituale dell’uomo,
affermando che mentre aumenta la saggezza, aumentano le capacità
personali e la salute, e quindi la prosperità.
Viene proposto, infatti, un confronto tra Eliseo e il suo servo Gehazi, il
quale dopo che il suo padrone aveva rifiutato il compenso offertogli da
Naaman per la guarigione, rincorre la carovana dicendo che Eliseo ci aveva
ripensato e così riscuote parte del tesoro.
Ma Eliseo, venutolo a sapere, lo maledice facendogli insorgere la lebbra.
Nell’Æsch Mezareph si parla anche di un certo medico abile e generoso,
che ha lasciato un libro di rimedi che l’autore avrebbe consultato. Questo
conferma l’intento a proporre un sistema segreto di guarigione e
mantenimento della salute.
Si invita quindi il lettore a leggere quest’opera con il cuore e con il
sentimento, piuttosto che ragionarci con la mente, provando ad intuirne gli
insegnamenti e a considerarli sempre su di un piano più elevato e spirituale.
Monfalcone, 29 ottobre 2004
Paolo Miniussi