Padre Generale

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Padre Generale
Servizio Digitale d'Informazione SJ
Vol. XVI, No. 5 , 20 marzo 2012
Padre Generale
Intervista al Padre Generale. Come abbiamo riferito nei nostri Bollettini precedenti, negli ultimi mesi il Padre Generale ha
visitato il Vietnam e l'Australia (gennaio) e tre Province di una delle "zone tribali" dell'India, Jamshedpur, Ranchi e
Hazaribag (febbraio). Al ritorno abbiamo rivolto al P. Nicolás alcune domande. Ecco le sue risposte.
D. Negli ultimi mesi lei è tornato per ben due volte in Asia in occasione dell'assemblea delle Conferenze dei Provinciali
dell'Asia-Pacifico (in Australia) e dell'Asia Meridionale (in India). Due zone del mondo molto diverse. Potrebbe descrivere
brevemente i suoi sentimenti riguardo alle due Regioni?
R. E' impossibile rispondere "brevemente" a questa domanda. Prima della visita pensavo che la pluralità e la varietà dei paesi
e delle culture nell'Asia-Pacifico rendesse impossibile qualunque tipo di uniformità e che avremmo dovuto accettare la
diversità come norma. Dopo aver visitato le tre Province indiane della cosiddetta "cintura tribale" dell'India, devo estendere
anche al sub-continente indiano ciò che ho avvertito per l'Asia Orientale. Nessuno stereotipo può rendere giustizia alla ricca e
variegata realtà dei popoli e delle loro culture. E' veramente un'esperienza straordinaria che conferma in me la necessità di
ricercare e studiare le differenti popolazioni e i loro modi di vivere con grande rispetto e amore per i loro stili di vita
differenti.
D. Nel viaggio verso l'Australia si è fermato per qualche giorno in Vietnam. Che impressioni ha ricavato visitando questa
giovane Provincia?
R. Che i gesuiti del Vietnam hanno grandi sfide a cui far fronte. Che sono in un momento di grande creatività, per quanto
riguarda la vita della Chiesa, lo stile e le strutture della vita religiosa, l'incarnazione vietnamita del Vangelo e della spiritualità
ignaziana, che è uno dei modi di accostare, incarnare e vivere lo stesso Vangelo nella Chiesa. La mia speranza è che essi
siano abbastanza coraggiosi per vivere il Vangelo nella sua radicalità, e sufficientemente riflessivi per farlo in modo tale da
diventare un aiuto stimolante per la comunità cristiana e per tutto il Vietnam. Ho grandi aspettative per questa giovane
Provincia che si basano sul come hanno affrontato la sofferenza, la guerra e ogni sorta di difficoltà nella loro vita di fede; sul
modo con cui cercano di comunicare la loro fede da una generazione all'altra; sulla straordinaria capacità di armonizzare
un'incredibile gentilezza con una grande forza personale di convinzione; e così di seguito.
D. Nell'Assistenza dell'Asia-Pacifico ci sono tanti paesi molto diversi sotto ogni aspetto, tra cui anche Timor-Est, il nuovo
stato sorto dopo una lunga guerra e tante sofferenze. Come si sta sviluppando qui la Compagnia?
R. La Compagnia si sta sviluppando in Timor-Est in tal modo da essere sempre più "normale". Il discernimento sulle
vocazioni sta migliorando; la formazione ha subito i necessari cambiamenti; la Regione si è sottoposta a un processo di
discernimento e di creatività per quanto riguarda la pianificazione della nuova scuola; il P. Mark Raper, che è attualmente il
superiore maggiore di Timor-Est, sta seguendo i principali problemi delle varie comunità e delle diverse forme di apostolato.
E questo fa prevedere un futuro pieno di promesse.
D. Brevemente, quali sono le principali sfide per la Compagnia in Asia oggi?
R. Da una parte, a causa della reale globalizzazione dei sistemi e dei valori che si sta verificando nel mondo, l'Asia deve far
R. Da una parte, a causa della reale globalizzazione dei sistemi e dei valori che si sta verificando nel mondo, l'Asia deve far
fronte alle stesse sfide che abbiamo tutti noi in termini di significato, valori, profondità, pluralismo, creatività, ecc. Dall'altra
parte, l'Asia è la privilegiata depositaria di una grande Saggezza che però è anch'essa in pericolo. Io sono convinto che la
Compagnia non può permettere che questa saggezza vada perduta senza uno sforzo a tutto campo per imparare dalle
tradizioni dell'Asia la Saggezza asiatica e le forme di spiritualità asiatiche per il bene della Chiesa e del mondo intero.
Una grande sfida per noi gesuiti, che condividiamo del resto con tutti gli altri religiosi dell'Asia, è di essere talmente profondi
e coerenti nella nostra vita e nel nostro messaggio da essere credibili in mezzo a tradizioni che si caratterizzano per la
profondità, la compassione, il distacco e la libertà interiore. Il solo fatto di vivere in Asia come membri del cosiddetto gruppo
di "religiosi" è un grande incentivo a vivere il Vangelo nella sua pienezza. Io spero che accetteremo questa sfida con tutte le
sue implicazioni.
D. Cosa possiamo imparare noi "vecchi" europei (e direi anche "vecchi" gesuiti) da questo continente?
R. Noi, "vecchi" europei e gesuiti, abbiamo molto da imparare dall'Africa, dall'Asia e dall'America Latina. Del resto non
siamo poi tanto vecchi: la cultura, la saggezza e perfino la medicina della Cina sono molto più vecchie di qualunque pretesa
di antichità dell'Europa. Gli europei sono stati grandi in alcuni aspetti del cammino dell'umanità. Ma abbiamo trascurato altri
aspetti che gruppi umani in altre parti del mondo hanno coltivato e sviluppato. Pensare che il progresso umano e lo sviluppo
debbano seguire il modello europeo come il migliore, dimostra semplicemente quanto profonda e insensibile sia la nostra
ignoranza dell'umanità. Fortunatamente ho sempre conosciuto degli europei che si accostano con grande rispetto ad altre
tradizioni sia dell'Est che del Sud del mondo, e che sanno bene che la migliore risposta alla mancanza di comprensione,
quando ciò accade, è il silenzio.
Rapporto FACSI 2011. Con lettera del 7 marzo il Padre Generale ha pubblicato il Rapporto del FACSI (Fondo Apostolico e
Caritativo della Compagnia di Gesù) per il 2011. Riportiamo qui alcuni dati. "Nel corso del 2011 abbiamo distribuito
801.539,00 € (rispetto ai 908.794,00 € dello scorso anno), suddivisi in 29 progetti di diverse Province e continenti, riguardanti
varie opere e iniziative della Compagnia. I progetti che mi sono arrivati sono stati 48. Il Comitato da me incaricato di
esaminare i progetti ne ha dovuti respingere molti, soprattutto nella prima sessione dell'anno, per mancanza di fondi (...). Dal
rapporto allegato si può anche vedere la distribuzione dei fondi del FACSI per continente, per tipi di apostolato, come pure la
provenienza dei fondi per continente. Per quanto riguarda i tipi di apostolato figura al primo posto l'educazione e l'apostolato
intellettuale in generale, con dieci progetti approvati e l'attribuzione del 42% dei fondi disponibili. Al secondo posto viene il
settore pastorale, con dieci progetti approvati e il 25% dei fondi, seguito subito dal settore sociale con sette progetti e il 22%
dei fondi. Seguono poi i mezzi di comunicazione sociale con due progetti e il 10% dei fondi e quindi altri progetti di vario
genere". A tutto questo si devono aggiungere i sussidi straordinari elargiti per le emergenze, in particolare per le alluvioni in
Tanzania e nelle Filippine. La lettera termina indicando alcuni dati sulla distribuzione dei fondi per continente e sulla
provenienza degli stessi fondi.
Risposta alle emergenze. In una sua lettera ai Superiori Maggiori in data 12 marzo, il Padre Generale condivide "alcuni
pensieri che la Compagnia di Gesù è chiamata ad offrire in tempi di emergenza". Dopo aver richiamato l'esempio di
Sant'Ignazio, di San Francesco Saverio e dei primi Compagni che "si dedicarono al servizio del prossimo sia attraverso gli
Esercizi Spirituali, sia attraverso le opere di carità", secondo la Formula dell'Istituto, il Padre Generale scrive: "Rivolgiamo il
nostro sguardo al mondo di oggi dove molti continuano a soffrire a causa di imprevedibili disastri". E dopo averne citati
alcuni continua: "Questi e altri disastri hanno dato vita a un impressionante movimento di compartecipazione e di solidarietà
tra molti gruppi, organizzazioni e individui. Spinti dall'amore di Dio di cui abbiamo fatto una personale esperienza, siamo
invitati a collaborare con gli altri per dare il nostro contributo per alleviare le sofferenze di coloro che sono colpiti da queste
calamità. Già molti gesuiti e nostri collaboratori lo stanno facendo". Seguono otto direttive pratiche "per aiutarci a rendere un
servizio che sia allo stesso tempo più efficace e più evangelico". 1. Gli interventi immediati delle comunità e delle istituzioni
che si trovano nei luoghi o nei paesi colpiti dal disastro. 2. La preoccupazione per i disastrati deve essere non solo materiale
ma anche di ordine spirituale. 3. La collaborazione e il coordinamento con altre persone e organizzazioni. 4. La condivisione
delle informazioni. 5. La solidarietà universale di tutta la Compagnia. 6. La trasparenza e la rendicontazione degli aiuti
ricevuti. 7. L'aiuto a lungo termine anche dopo l'emergenza, quando altre agenzie e organismi abbandonano il campo. 8. La
riflessione dopo l'emergenza sulle cause profonde del disastro per evitare che le catastrofi si ripetano. Il Padre Nicolás
conclude poi la sua lettera dicendo: "Invito le comunità e le opere della Compagnia a riflettere su queste direttive in vista
dell'azione e della loro messa in opera".
Dalla Curia
Commissione per gli studi filosofici e teologici. Il Padre Generale ha nominato una Commissione Internazionale ad hoc per
Commissione per gli studi filosofici e teologici. Il Padre Generale ha nominato una Commissione Internazionale ad hoc per
studiare i cambiamenti negli studi filosofici e teologici dei gesuiti per prepararli meglio a portare avanti la missione della
Compagnia nei prossimi decenni. I membri della Commissione sono: P. Yvon Elenga (Africa), P. George Pattery (Asia
Meridionale), P. Bienvenido Nebres (Asia Pacifico), P. Joâo Batista Libanio (America Latina), P. Jean-Marie Carrière
(Europa), P. Richard G. Malloy (Stati Uniti). La Commissione porterà avanti il suo lavoro da febbraio 2012 a febbraio 2013
per proporre un piano di studi che prepari i nostri uomini per "la difesa e la propagazione della fede che ci faccia scoprire
nuovi orizzonti e arrivare alle nuove frontiere sociali, culturali e religiose" (cfr. CG 35, D. 1, nn.6-7). Padre Generale ha
nominato il P. Nebres coordinatore di questa Commissione.
Lo scorso 8 e 9 marzo presso la Curia Generalizia di Roma si è riunita la International Association of Jesuit Business
Schools (IAJBS), l'Associazione Internazionale delle Scuole di Amministrazione d'Impresa della Compagnia. L'incontro era
stato organizzato per deliberare sulla normale agenda di lavoro ma anche per avere uno scambio di idee con il Padre Generale
e per capire cosa lui si aspetta dall'Associazione. Durante la riunione il Padre Nicolás ha sottolineato il ruolo significativo che
le scuole di amministrazione d'impresa della Compagnia possono svolgere nel contesto odierno, nel promuovere "business
con coscienza" e "business con senso di responsabilità". Commentando i programmi offerti dalle nostre scuole egli ha detto
che questi dovrebbero essere progettati in modo tale da far diventare gli studenti delle persone migliori al termine degli studi.
Ai presenti ha chiesto di riflettere su quattro punti: partnership, conoscenza, servizio, sviluppo. L'Associazione ha offerto
generosamente il proprio sostegno per la fondazione di scuole di amministrazione d'impresa in Africa, una delle aree
prioritarie per la Compagnia e negli ultimi due anni ha lavorato a stretto contatto con i Provinciali dell'Assistenza africana.
L'associazione, nata nel 1993, è una rete mondiale di dirigenti accademici amministrativi di collegi, università ed istituti
impegnati nella formazione manageriale e d'impresa volta a preparare uomini e donne per ruoli di dirigenza nelle professioni
amministrative in un'economia globale; cioè un'educazione incentrata sulla giustizia, la leadership, la professione e la
vocazione e profondamente vincolata ai principi ignaziani.
Dalle Province
BANGLADESH: L'Associazione degli ex-alunni dei gesuiti
L'Associazione degli ex-alunni del St. Xavier's College di Kolkata ha aperto un'altra sede a Dhaka, in Bangladesh. Si tratta
della quinta sede internazionale dell'Associazione dopo Singapore, Dubai, Bangkok e Londra. L'inaugurazione è avvenuta
presso il Gulshan Club di Dhaka alla presenza del P. Felix Raj, S.J., rettore del collegio e presidente dell'Associazione degli
ex-alunni. "E' stato magnifico vedere più di 60 ex-alunni riuniti assieme per la cerimonia di inaugurazione", ha detto
Firdausal Hasan, segretario onorario dell'Associazione. La cerimonia è iniziata con letture della Bibbia, del Corano e della
Bhagavad Gita (un testo sacro dell'induismo). Nel suo discorso Manzur Elahi, nominato capo del gruppo locale degli
ex-alunni, ha ricordato i vecchi tempi e ha auspicato un solido futuro alla sede in Bangladesh. "L'evento è stato ben
organizzato e si è svolto in un clima cordiale, dove aleggiava lo spirito del "nulla di meglio". Attendiamo con impazienza
l'attiva partecipazione alle attività da parte della sede del Bangladesh e speriamo che ciò possa promuovere la causa
dell'educazione", ha detto il P. Felix Raj. Durante la visita il rettore, oltre ad esplorare la possibilità di scambi accademici con
il Notre Dame College di Dhaka, gestito dai Padri della Santa Croce, ha esaminato anche l'eventualità di aprire una filiale
del St. Xavier's College in Bangladesh. "Sono necessari una buona pianificazione e ulteriori studi prima di presentare la
proposta di apertura di un nuovo college", ha concluso il P. Raj. Per ulteriori informazioni: www.sxccaa.net
PAKISTAN: I gesuiti festeggiano 50 anni di presenza
Il 9 febbraio scorso in Pakistan si è tenuta la cerimonia di chiusura delle celebrazioni per il cinquantesimo della Missione. E'
stata l'occasione per sottolineare gli stretti legami che la Missione ha con l'Australia. Per l'Eucaristia, celebrata alla presenza
del vescovo di Lahore e del Provinciale dello Sri Lanka, da cui la Missione dipende, è stata utilizzata la messa in lingua urdu
composta dal P. Dan Madigan, un tempo membro della Missione. Il giorno dopo alcuni Padri gesuiti studiosi dell'islam,
Christian Troll, Klaus Vathroder e Hermann Roborgh, esperti della Missione per avervi trascorso diverso tempo, hanno
parlato delle loro esperienze e intuizioni sull'islam. Il Fratello Kevin Huddy, nuovo arrivato che si è ritrovato con il
confratello australiano Renato Zecchin, ne ha presentato la storia attraverso le fotografie. Tra i gesuiti citati nell'esposizione
c'è da ricordare il P. Edward (Ned) Riordan, per diversi anni mestro dei novizi della Provincia Australiana prima di recarsi in
Pakistan.
SPAGNA: Festival del Film Spirituale
Il 17 e 18 febbraio il Centro Arrupe di Valencia ha ospitato per la prima volta il Festival del Film Spirituale organizzato
insieme alle scuole cattoliche e all'arcidiocesi di Valencia. Il festival ha riscosso un grande successo da parte del pubblico che
ha accolto con favore l'iniziativa. Il venerdì 17 è stato presentato il film spagnolo Te puede pasar a ti, diretto da Juan Manuel
Cotelo, un cine-documentario che offre la testimonianza di persone di diversi paesi, professioni e ceti sociali, la cui vita è
Cotelo, un cine-documentario che offre la testimonianza di persone di diversi paesi, professioni e ceti sociali, la cui vita è
cambiata dopo l'incontro con Dio. Il regista era presente sia alla visione del film che alla discussione che ne è seguita. Il
giorno dopo, 18 febbraio, è toccato a The end is my beginning, film diretto da Jo Baier e presentato da Agustín Domingo
Moratalla, professore dell'Università di Valencia, che racconta il cammino spirituale di Tiziano Terzani, un corrispondente di
guerra e scrittore che ha vissuto alcuni dei grandi eventi degli ultimi anni. Con il Festival del Film Spirituale il Centro Arrupe
ha aperto un nuovo spazio nel dialogo tra fede e cultura che si spera di poter replicare il prossimo anno con una nuova
edizione.
UNGHERIA: La "storia non raccontata"
Lo scorso febbraio l'Ocipe Ungheria ("Ufficio della Compagnia per l'Europa in Ungheria")ha lanciato il suo nuovo
programma storico: Silenced History ("storia non raccontata"). La serie racconta i crimini nascosti della dittatura comunista,
ancora largamente sconosciuti. Generazioni di giovani sono cresciute senza avere accesso a informazioni vere, mentre altre
generazioni hanno dovuto nascondere le loro ferite e i loro ricordi di terribili crimini contro l'umanità. Ogni puntata inizia con
una introduzione storica seguita da un film d'epoca. Scrive il P. Forrai Tamás Gergely: "Dopo il film organizziamo una
discussione con gli ospiti. Invitiamo produttori dei film, testimoni, sopravvissuti all'orrore. L'iniziativa ha avuto un successo
travolgente, e ha mostrato quanto le persone siano affamate di informazione vera sulla storia recente". Per il primo incontro
erano presenti alla Casa del Dialogo di Budapest circa 130 persone. Ne è nata una vivace discussione e sono state trasmesse
alcune interviste radio che hanno presentato il programma.
Gesuitica
Spagna: E' morto il P. Estanislao Olivares. All'inizio di marzo è morto in Spagna il P. Estanislao Olivares che durante la
sua vita ha lavorato nel campo del diritto della Compagnia e in particolare nella preparazione delle note alle Costituzioni e
delle Norme Complementari approvate poi dalla CG (Congregazione Generale) 34. Il P. Urbano Valero, già Procuratore
Generale presso la Curia Generalizia di Roma, lo ricorda così: "Nel ricevere la notizia della morte di Estanislao non posso
fare a meno di esprimere il mio affetto, la mia stima e il mio ringraziamento per la sua magnifica e sempre generosa
collaborazione nel lavoro di "revisione del nostro diritto", come preparazione alla CG34. Sono lieto di vedere che nel
necrologio si parla di ciò. Credo che si trattò di quattro o cinque periodi di diverse settimane che lui passò a Roma occupato in
questo lavoro, oltre a tutto quello che aveva preparato a Granada. Senza esagerare posso dire che senza di lui difficilmente si
sarebbe arrivati dove si arrivò. Sue sono in particolare le note alle Costituzioni e tutti gli studi precedenti, minuziosi e precisi,
per la revisione dei nostri "privilegi" e tanti altri lavori e ricerche non visibili ma che servirono a giustificare ciò che fu e ciò
che non fu fatto. Il P. Kolvenbach lo stimava moltissimo e non lo nascondeva. Inoltre, lui era "felice" di occuparsi di ciò e si
sentiva a suo agio nella Curia di Roma. A me personalmente fece molto bene, e ringrazio Dio per aver potuto lavorare a
stretto contatto con lui e in maniera così profonda".
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