Registro missive n. 13 - Istituto Lombardo Accademia di Scienze e
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Registro missive n. 13 - Istituto Lombardo Accademia di Scienze e
1 Francesco Sforza al podestà di Novara 1451 dicembre 26, Lodi. Francesco Sforza vuole che il podestà di Novara faccia consegnare da un ebreo di lì a Luigi Caccia una giornea di velluto cremisino con la bramatura fatta a diamanti e una corazza d’argento, già di Giovanni, fratello del duca, oggetti che Luigi riscatterà dal pegno. MCCCCLII die xxvi decembris, Laude. 3r Potestati Novarie. Nuy scrivemo ad uno iudeo de quella nostra cità quale ha in pigno alcune cose de quelle forono de Iohanne nostro fratello, che ad misser Aluyse Caza exhibitore presente debbia dare et consignare una zornea de velluto cremosino cum la bramatura facta ad diamanti et una coreza fornita d'argento quale erano del dicto Iohanne, pagando esso misser Aluyse el capitale et la usura de dicti pigni, como da esso misser Aluyse intenderay. Pertanto volemo gli fazi dare et consignare dicti pigni, confortando per nostra parte dicto iudeo che voglia fargli piacere della usura, perché ne sarrà molto caro. Laude, die xxvi decembris 1452. (a) Cichus. (a) Così A. 2 Francesco Sforza agli ebrei Ioseph e Salamon 1451 dicembre 26, Lodi. Francesco Sforza scrive agli ebrei Ioseph e Salamon, dimoranti a Novara, che vuole siano consegnati al novarese Luigi Caccia tutti gli oggetti indicati nella precedente missiva, che furono di suo fratello Giovanni. Ioseph et Salamon, ebreis in civitate nostra Novarie commorantibus. Volemo et te commettimo debbi dare et consignare ad messer Aluyse Cazza, nostro citadino de quella città, una zornea de velluto cremosino cum la bramatura facta ad diamante d’intorno et delato, et una coreza fornita d’argento hai nel mano, quale forno de Iohanne, nostro fratello, facendote prima pagare la usura et il pretio, perché havevi dicte zornea et coreza in pigno, quali, secondo siamo informati, sono ducati trenta. Te dicemo bene, se vogli fare cosa ne piaza, gli faci piacere della usura, como te dirà il nostro podestà di quella città, perché tenerimo lo faci a nui proprii. Laude, die xxvi decembris 1452. (a) Cichus. (a) Così A. 3 Francesco Sforza a Francesco Capra 1451 dicembre 26, Lodi. Francesco Sforza sollecita Francesco Capra a portare prontamente a termine la commissione affidatagli sulla base di quanto indicatogli dal duca e dal doge genovese. L’avverte di astenersi dall’intromettersi nelle faccende che riguardano il doge e Filippo Fieschi. Gli piace che i gentiluomini lascino le fortezze in mano di Antonio Cassano, perché ciò consente di rendere sicuro il percorso per Genova e la liberazione da Filippo. Lo informa che scriverà a Giacomo della Rocca e a suo figlio di andare da lui. Scriverà pure a Paolo e Uberto Spinola di andare tranquillamente da Corrado rassicurandoli che non saranno vittime di saccheggi. Similmente scrive al castellano di Pallavicino. 3v Francisco Capre. Habiamo recevuto più toe littere per le quale restiamo advisati pienamente di tucto quello hay agitato in quelle parte, che tucto ne è piaciuto. Dela qual cosa te ne commendiamo, carichandote ad exequire quanto hay in commissione da nuy più celermente che te sia possibile et con tale diligentia che ne daghi ad intendere con effecto che habbii bene operato satisfacendo demum alla voluntà nostra et cossì del’illustre duxe de Zenova. Circa el rendere el camino che va in Zenovese bene securo et il terare Filippo SpinuIa fora de quello locho della Preda, sebene il deveste cavare a pezo a pezo, perché, como tu say, cossì è la totale nostra intentione e voluntà, et ad questa sola facenda vogliamo debbi attendere con ogni tuo studio et cura, et perché ne scrivi che, ad suasione et voluntà del’iIlustre signore duxe, hay inserto nell’ambassata, quale havevi ad fare ad el magnifico domino Iohanne Filippo dal Flischo certe parole, per casone della differentia che vertisse frale loro signorie, ti dicimo che per veruno modo non te debbi mischolare in esse facende, perché non è impresa da te, ymmo lassale stare et attende diligentemente a fare quello che hay ad fare. Ne piace proinde che quelli zintilhomini restano contenti lassare le soe forteze in le mano de domino Antonio da Cassano, quali zintilhomini certificaray per parte nostra che questa cosa se fa a ben per rendere il dicto camino securo et per cavare il dicto Filippo fora de dicto loco et che quando queste cose saranno expedite, ogni homo deloro remanerano bene contenti. Ad Iacomo dela Rocha et al figliolo scrivemo per nostre littere in bona forma che vengano da nuy, como tu ne hay recordato. Ti advisamo superinde, como scrivimo a Polo et Uberto Spinuli, che debiano andare liberamente ad Conrado, nostro fratello, (a) 4r secondo sonno richiesti, perché non gli firà facto veruna molestia, et cossì scrivemo ad esso Conrado, siché anchore tu confortarayli ad andare, certificandoli ch’el non gli bisogna salvoconducto, perché possono loro et tucti li Zenovesi venire et stare securamente nel dominio nostro. Al facto che per lo desobedire hanno facto li predicti Polo et Uberto, sialevata voce che Conrado voglia fare sachezare li lochi de quelli zintilhomini, et che per questo sonno li loro homini fugite le soe robbe, ti dicemo che questa cosa molto ne rencresce et dole et ne prendiamo spiacere assay, perché non è puncto nostra intentione che gli se faza veruna molestia, ymmo se altri li volesse fare veruno nocimento, nuy gli metteressimo ogni facultate nostra per defendergli, como bene ne scrivimo ad essi zintilhomini et anche al predicto Conrado, carichandolo ch’el debbia tractare bene tucti quelli zintilhomimi et homini como li nostri proprii subditi, per el che anchora tu poderay similmente confortarli a stare quieti et de bona voglia. Al castellano da Pallavicino scrivimo in tale forma che intenderà chiaramente la voluntà nostra. Denique replicando te dicemo che debbi carezare tuti quelli zintilhomini et confortargli, certificandoli che como sarà asecuratala via et cavato dicto Filippo dal dicto loco della Preda, li serà restituita ogni cosa soa. Data Laude, xxvi decembris 1452. (b) Cichus. (a) Segue siché anchora tu confortarali ad andare depennato. (b) Così A. 4 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1451 dicembre 26, Lodi. Francesco Sforza scrive a Corrado de Fogliano d’aver inteso che Paolo e Uberto Spinola ricusano di portarsi da lui per non avere alcun salvacondotto, mentre tale documento non è richiesto per nessun genovese. Non vuole che li arresti né dia loro alcun fastidio, ma solamente faccia ben capire che la volontà ducale è di cacciar fuori Filippo Spinola e, quando le sue parole non bastassero, li convinca ad andare da lui che saprà persuadere. Gli comanda di non compiere atto alcuno che comprovi quanto gli ha scritto Giorgio Spinola e la voce che è in circolazione nell’ambiente Spinola che Corrado intende far pagare con saccheggi la disobbedienza di Paolo e Uberto. 4v Magnifico Conrado de Foliano. Havimo per molte littere inteso che havendo tu facto rechiedere Polo et Uberto Spinuli che venessero da te, essi hanno recusato venir lì senza salvoconducto, dubitandosi che non gli fosse innovato qualche molestia in le (a) persone loro et anche per altri respecti, como tu dei essere informato. Et perché, como tu say, nostra intentione è che cadauno Zenoese possa venire et stare liberamente in el territorio nostro senza veruno impedimento. Non essendo anche nostra intentione che ad essi Polo e Uberto sia facto veruno despiacere, te dicemo che, venendo loro da te, non gli debbi destenire né fargli novità veruna, perché nuy gli scrivemo per nostre littere che debbiano venire da te et da nuy quotiens bisognarà liberamente, avisandoli como non li bisogna salvoconducto né aloro né a veruno Zenoese, quali vogliamo che possano venire et praticare nel dominio nostro così liberamente como li nostri citadini et subditi. Resta solamente che venendo da ti li faci intendere la voluntà nostra circha il cazare Filippo Spinula, et quando il tuo ricordare et dire non bastasse confortarayli ad venire da nuy perché li faremo intendere la voluntà nostra per modo che restarano in tucto bene contenti. Ceterum havimo etiandio inteso per littere del spectabile cavalere et doctore domino Georgio Spinula et deli altri zentilhomini delli Spinuli che è sublevata in quelle loro parte voce che tu li vogli fare sachezare per lo desobedire hanno facto li predicti Polo et Uberto, et che per (b) questo fuzano quelli loro homini le soe cose et robe. Et perché questa tale cosa ne è molestissima, perché non molestaressemo anze defenderessemo per fin a metterli ogni facultà nostra dicti zintilhomini, ti dicimo che non li lassi fare veruna novità, anzi confortarali ad stare de bona voglia et stare quieti senza veruno timore. Data Laude, die xxvi decembris 1452. (c) Cichus. (a) molestia in le in interlinea. (b) Segue quello espunto. (c) Così A. 5 Francesco Sforza a Paolo e Uberto Spinola 1451 dicembre 26, Lodi. Francesco Sforza esorta Paolo e Uberto Spinola ad andare da suo fratello Corrado, assicurandoli che a loro, come a qualsiasi suddito genovese, non necessita salvacondotto per andare e muoversi nel dominio sforzesco. Corrado parlerà loro della necessità di espellere Filippo Spinola e, se occorrono maggiori ragguagli, vadano da lui. 5r Paulo et Uberto de Spinolis. Havimo per molte vie et anche per unalittera de vuy Polo che havendone rechiesto il magnifico nostro fratello Conrado che devesti andare daluy, non li setti voluti andare et haveti recusato penitus andar lì senza salvoconducto, allegando vel interponendo più respecti quali sonno fallaci. Dela qual cosa non pocho ne siamo maravigliati, perché nostra intentione è che ogniuno citadino et subdito dela magnifica communità de Zenoa possa venire et stare et praticare nel dominio nostro liberamente et (a) senza veruno impedimento, non altramente como fanno li nostri proprii citadini et subditi, né li bisogna salvoconducto alcuno, perché non altramente vogliamo siano tractati tucti li Zenoesi in el paese nostro che li nostri medesmi homini, et perhò non bisogna che habiate tale dubitatione de nuy quale haveti demonstrato. Per la qual cosa havendo cari cadauno de voy como se ne fostivo fratelli, vi confortiamo andare liberamente dal dicto Conrado senza veruno respecto, certificandovi che non ve sirà facto molestia alcuna, ma solamente intendereti quanto siala nostra voluntà et dispositione verso Filippo Spinula, et non essendovi dicto ad compimento per il dicto Conrado siché habiate ad remanere contenti, vi confortiamo a venire da nuy che vi farimo intendere la voluntà nostra per tale modo che vi farimo restare bene contenti, certificandovi che vi trovareti di bona voglia essere venuti da nuy per intendere dicta nostra voluntà. Data Laude, die xxvi decembris 1452. (b) Cichus. (a) et ripetuto. (b) Così A. 6 Francesco Sforza a Giacomo della Rocca 1451 dicembre 26, Lodi. Francesco Sforza vuole che Giacomo della Rocca e il figlio si portino da lui per intendere e più facilmente attuare la volontà del duca e della comunità di Genova nei riguardi di Filippo Spinola per rendere più sicura la strada per Genova in modo che ognuno possa muoversi senza intoppi con le sue mercanzie. 5v Iacobo dela Rocha et filio. Crediamo che fermamente debiate sapere quale siala nostra voluntà et dispositione et cossì della magnifica communità de Zenoa verso Filippo Spinula, quale al presente se ritrova essere nel loco della Preda, la quale intendiamo per ogni modo del mondo exequirla, acciochè se fazalibera et securala via del nostro paese in Zenoese, et cadauno possa andare et venire con mercantie et altre robbe senza impedimento et senza veruno risguardo. Et ad ciò che questa cosa habia più celere expeditione, havendo sopra ciò ad conferire con vuy, vi confortiamo et caricamo che, recevuta questa, debiate venire qua da nuy subito, perché vi farimo integramente chiari d'essa nostra voluntà et de quanto haverete a fare vuy. Et in questo non vogliate perdere tempo alcuno, advisandovi che, como haverite parlato cum nuy, subito ritornarete a casa. Data Laude, die xxvi decembris 1452. (a) Cichus. (a) Così A. 7 Francesco Sforza ad Azzolino de Montagna 1451 dicembre 26, Lodi. Francesco Sforza scrive ad Azzolino de Montagna, castellano di Pallavicino, di sapere che ha un fratello che risiede con Filippo Spinola. Gli è, inoltre, noto che fornisce a Filippo vettovaglie e altre cose, il che oltremodo gli spiace. Vuole che, conoscendo la volontà del duca nei riguardi di Filippo, la smetta di avere alcun contatto con lui e i suoi seguaci. Azolino de Montagna castro Palvicini. Nuy siamo advisati et certificati che uno tuo fratello, chiamato Aluysino, de presenti se ritrova nel locho della Preda cum Filippo Spinula cum el quale fa residentia et continua mansione, essendoli consentiente et benevolo, et oltra ciò che tu gli day ad esso Filippo adiuto et favore et li day victualie et altre cose. Dela qualcosa quanto ne habiamo preso spiacere assay non lo dicemo, ma ti certificamo che per una cosa non poderessimo ricevere da te la più molesta. Et perché credimo debbi havere inteso la dispositione et voluntà nostra verso dicto Filippo et li suoy sequaci, ti dicemo che per quanto hay carala gratia nostra non debbi dare né adiuto, né 6r favore, né victualia, né ad esso Filippo né alli dicti suoy sequaci, altramente ne faresti cosa che troppo ne seria gravissima et che ullo modo non te comportaressimo, immo ne faressi fare tale demonstratione verso de ti della quale non remaneresti troppo contento. Et questo ti basta havere inteso la voluntà nostra. Data Laude, die xxvi decembris 1452. (a) Cichus. (a) Così A. 8 Francesco Sforza a Giorgio e ad altri di Arquata 1451 dicembre 26, Lodi. Francesco Sforza risponde a Giorgio e agli altri compagni di Arquata che Paolo e Uberto Spinola non hanno alcun motivo per temere di portarsi da suo fratello Corrado: non occorre loro, come a nessun genovese, avere un salvacondotto per recarsi in territorio sforzesco. L’unica cosa che si richiede da tutti loro è che Filippo Spinola sia tirato fuori dal luogo “della Preda”. Bandiscano, poi, ogni immotivata paura: molti se ne vanno via con le loro robe per voci di saccheggi. Domino Georgio et ceteris nobilibus participibus de Arquata. Inteso quanto per doe littere ne haveti scripto, vi dicimo, alla prima respondendo, che maravigliamose molto che Polo et Uberto Spinula habiano dubitato andare al magnifico nostro fratello Conrado, perché non è puncto quello che hanno suspectato, né è nostra intentione che gli sia facto despiacere, né veruna cosa che gli sia molesta, ymmo li habiamo cari como nostri proprii citadini et volemo che appresso ad nuy siano bene visti et bene tractati non altramente che se ne fossero fratelli, como aloro ne scrivemo opportunamente. Per el che non bisogna fargli el salvoconducto, perché vogliamo nuy che loro et cadauno Zenoese possa venire in lo territorio nostro como possano venire et stare securamente li nostri citadini et subditi, la qualcosa scrivimo etiandio al predicto Conrado, né veruna altra cosa vogliamo nuy daloro et da vuy altri tucti se non che debbiate circhare per ogni via che Filippo Spinula sia tirato et piantato fuora da quello locho della Preda. Alla secondalittera respondendo vi dicemo che ne maravigliamo anchora che vuy habiate timore né credenza alcuna che vogliamo fare sachezare 6v quello vostro locho et che per tale vociferatione molti de quelli homini se absentano con le loro robbe, perché non fu may nostra intentione né è di farvi cosa veruna nociva. Immo, se altri vi la volessero fare, nuy metteressimo ogni facultà nostra per defendervi, havendovi tucti cari como fratelli, et reputando care et accepte tucte le vostre cose como le nostre medesme. Siché confortative et stasiti securi et di bono animo, perché non habiamo puncto tale pensiero, como haveti dubitato. Ben vi confortiamo a dimostrarvi prompti et caldi ad cazare dicto Filippo da dicto locho; nella qual cosa fareti alla magnifica communità de Zenoa et a nuy cosa molto grata. Data Laude, die xxvi decembris 1452. (a) Cichus. (a) Così A. 9 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1451 dicembre 28, Lodi. Francesco Sforza comunica al fratello Corrado che un suddito sforzesco da Casale de Cermeli di Alessandria, detenuto e giudicato ad Asti, è stato là condannato quale reo confesso come fabbricatore di monete false, ma ha accusato altri dello stesso reato. Costui se n’è ora fuggito a casa sua. Avutolo nelle mani, ne informi il governatore di Asti chiedendogli che, per volerlo ulteriormente giudicare, gli mandi gli atti del precedente processo. Potrà in tal modo scoprire gli altri falsificatori. Magnifico Conrado de Foliano. Uno nostro subdito da Casale de Cermeli de Alexandria, già più dì passati, fo destenuto in Ast, imputato che aveva fabricato moneta falsa, et cussì ne è stato facto uno processo là in Ast; finalmente quello tale imputato è fugito dellà et è ritornato, como se dice, ad casa. Et perché sentimo che ha confessato et accusato de molti altri falsificatori de monete, como appare nel processo, desyderosi de sapere chi sonno quelli altri, volimo che cum subtile industria tu orechi havere nelle mano quello tale da Casale Cermeli et, tenendolo in districto, advisaray subsequenter el gubernatore de Ast et gli scriveray che tu hay sustenuto el tale fugito delà per fargli ragione et, accioché meglio tu possi procedergli contra, che la soa magnificentia te volia mandare el processo contralui formato, et a questo modo saperimo che sonno li falsificatori. Fa’ adonque quanto havimo sopradicto et demum advisarane per tue littere quanto sarà succeduto. Ex Laude, xxviii decembris 1452. (a) Cichus. (a) Così A. 10 Francesco Sforza al doge di Genova e ai membri del Consiglio degli Anziani 1451 dicembre 29, Lodi. Francesco Sforza assicura il doge e i membri del Consiglio degli Anziani del comune di Genova che avute le loro lettere per la faccenda del nobile mercante genovese Agostino Salvaigi non è gravoso impegno per i suoi ufficiali rendere giustizia ai loro cittadini ben sapendo che volontà ducale è che detti cittadini siano trattati come i suoi. Comunque, invia loro le accluse lettere patenti con cui si ordina a tutti gli ufficiali ducali che trattino la causa di Agostino secondo diritto. 7r Domino duci Ianue ac dominis de Consilio Ancianorum communis Ianue. Litteras vestras in rem nobilis Augustini Salvaigi, mercatoris Ianuensis, libenter accepimus quibus ut brevibus respondeamus verbis licet opere premium non sit quod petitis monefacere nos offitiales nostros et subditos omnes ad vestris iura reddenda, cum iam didicerint mentem esse nostram ut vestri eque bene ac nostri in dictione nostra tractentur atque favoribus adiuventur. Tamen ut voto satisfaciamus vestro ad dominationes vestras mittimus his annexas patentes litteras nostris universis offitialibus iniungentes ut causam ipsius Augustini cum favore iuris adiuvent et summarie expediant. Si quid autem est quod a nobis cupiant dominationis vestre et possimus, faciemus quidem libenter. Data Laude, xxviiii decembris 1452. (a) Cichus. (a) Così A. 11 Francesco Sforza a Giovanni d’Alessandria 1451 dicembre 29, Lodi. Francesco Sforza risponde a Giovanni d’Alessandria. In merito al castello della Penna, dice di essere del tutto avvisato; alla proposta di ordinare i cavallari, si rispose con porne uno a Serravalle e uno a Busalla. Il duca si dice assai soddisfatto per la comunicazione che Giovanni Filippo Fiesco si è riconciliato: un suo uomo farà ritorno da Giovanni Filippo che lo accontenterà, per cui vuole che convinca il doge a fare altrettanto. Quanto alle mercanzie, gli risponderà con un’altra lettera. Lo informa che con una lettera al doge si deciderà di render giustizia a messer Berlingiere a proposito della casa Doria. Si dice soddisfatto che si sia riconosciuto che era esatto il suo giudizio su Giovanni de Federico. E’ contrario a che Giovanni di Alessandria vada da lui fino a quando lì ci saranno gli ambasciatori del re e dei Veneziani. Potrà andarvi dopo la loro partenza, ma preavvisandolo. Dice di concordare per l’invio fatto dal doge di Gottardo a Roma e di Giuliano Spinola a Napoli. Domino Iohanni de Alexandria. Havimo recevuto tre vostre littere de xv, xx et xxii del presente et inteso quanto per quelle scrivete. Respondendo alle parte, et primo, de quanto scrivete del castello della Penna, et cetera, dicemo che de tucto restiamo avisati et piacene che habbia piaciuta el scrivere; et perché nuy dicessimo ad Tobia che ne rechiese mandassemo uno nostro al duca de Savoya, oltra el scrivere havevamo facto che nuy mandaressimo là uno nostro, ma perché da poy non ce n’è stato may scripto de mandare uno, havimo sopraseduto ad mandarlo, ma bisognando che se mandi, advisatice che lo mandaremo. Alla parte de ordinare li cavalli, dicemo che nuy gli havemo dato optimo modo, zoè de duy uno stia a Seravalle et l'altro a Buzala como scriveti. Alla parte dellalittera ne haveti mandata de domino Iohanne Filippo dal Fiesco, quale è molto reconciliato da puoy gli facessimo scrivere et cetera, dicemo che ne piace grandemente; qua è venuto uno suo, lo quale ritornarà cum tale expedimento che domino Iohanne Filippo restarà contento et reconciliato, et cossì vogliate confortare el signor doxe che voglia fare luy dal canto suo che facendose cussì cessarà ogni erore. 7v Alla parte della pratica havete (a) havuta per Io facto delle mercantie et cetera, dicemo che per un'altra nostra vi habiamo resposto como haverite inteso. Alla parte (b) della casa Doria quale saria disposta che a misser Berlengiere si facesse rasone et cetera, dicemo che per un'altra scripta al’illustre signor duxe restareti advisato del parere nostro. Alla parte che diceti che noy havemo havuto bono iuditio de Iohanne de Fedrico, dicemo che ne piace sia stato cognosciuto el iudicio et parere nostro. Alla parte del vostro venire qua dicemo che per niente non ne pare vi debbiate partire dellà per fino che quelli imbasciatori del re et de Venetiani sonno lì; ma in caso se partisero poresti puoy più liberamente partirvi et vignire via, advisandone tu prima che dellà vi partiati. Alla parte delli ambassatori, quali lo illustre signor duxe manda ad Roma et ad Napoli, zoè ad Roma Gottardo et Iuliano Spinula ad Napoli, ne piace grandemente et commendiamo la signoria soa. Alla parte della prorogatione da farsi delli recommendati et cetera, dicemo che dicta prorogatione non bisogna, perché nuy mandarimo li denominati in el tempo et termine assignato. Non altro per questa. Ex civitate nostra Laude, xxviiii decembris 1452. (c) Cichus. (a) Segue facto depennato. (b) parte aggiunto a margine. (c) Così A. 12 Francesco Sforza al podestà del Castellazzo 1451 dicembre 29, Lodi. Francesco Sforza scrive al podestà del Castellazzo di interpellare il comune e gli uomini del luogo circa la decisione del duca di voler concedere la richiesta esenzione dalle imposte personali e dai carichi straordinari a Luciano, famiglio ducale, che è con lui fin da giovane età e che sempre gli è stato, come tutti i suoi familiari, fedele servitore. 8r Potestati Castellacii. Perché nuy havemo nutrito et allevato fin da pueritia Luciano, nostro famiglio, et anche perché continuamente luy et la casa soa ne sonno stati fideli servitori et hanno demonstrato verso nuy prompta et indubitata fede et devotione, certamente meritano essere nedum amati da nuy, ma etiamdio favoriti et meglio tractati cha quelli che non sonno in simile grado deloro. Et perché dicto Luciano ne ha richiesto li vogliamo fare exemptione delle graveze personale et delli carichi extraordinarii incumbe(n)ti a quella nostra terra, et n’è parso non poderglila meritatamente denegare, et cossì gli l'habbiamo concessa (a), ma gli havimo commisso che primala presenti la dicta exemptione vogliamo intendere la voluntà et deportamento de quella nostra communità et homini, quale siamo certi sia conforme alla volontà nostra. Pertanto ti commettiamo che ne sii insieme con lo dicto comune et homini de dicta casone, confortandoli a stare contenti et patienti ad quella ch'è nostra voluntà; rescrivendone da puoi la resposta che ne haveray et deportamenti che sopra ciò faranno, adciò sapiamo quanto habiamo a fare. Data Laude, die xxviiii decembris 1452. (b) Cichus. (a) ce di concessa in interlinea. (b) Così A. 13 Francesco Sforza a Giovanni Barbiano 1451 dicembre 31, Lodi. Francesco Sforza avvisa il conte Giovanni Barbiano d’aver deciso che da domani non si interessi più di quell’ufficio, assicurandolo, però, che sarà soddisfatto di quanto gli è dovuto. Comiti Iohanni de Balbiano. Perché non ne pare più necessario l'offitio vostro in quelle parte, volemo che da mò inanzi, incommenzando domane, non ve impazati più del dicto officio, avisandovi che nostra intentione è che siati satisfacto de tucto quello doveti havere del servito vostro. Data Laude, die ultimo decembris 1452. (a) Cichus. (a) Così A. 14 Francesco Sforza al commissario di Bassignana 1451 dicembre 31, Lodi. Francesco Sforza chiede al commissario di Bassignana di fare in modo che il pavese Giovanni da Salerno consegua le ottanta lire imperiali che la comunità di Montecastello gli deve per un accordo convenuto già con suo padre, lire, con perdita di danaro e di tempo, invano sollecitate. 8v Commissario Bassignane. Hane exposto cum grave querella Zohanne de Salerno, nostro citadino pavese, che zà longo tempo debe havere dala communità de Montecastello, libra octanta imperiali, como appare per una rasone facta d’acordio per lo quondam misser Augustino, suo padre, con la prefata communità de Montecastello, et quantunche più volte sia stato al dicto locho cum spesa et perditione de tempo per conseguire essi dinari et li homini d'esso loco confessano il debito, pur non ha may possuto conseguire li dicti denari. Et perché nuy non comportaressimo che li subditi del’illustrissimo signore duca de Savoya fosseno in le terre nostre oltrazate et el simile crediamo non comportaresti vuy, ve confortiamo et pregamo che ad contemplatione nostra et per la iusticia ve piacia provedere et operare che ad esso Zohanne sia integramente satisfacto de tucto quello che degnamente debe havere, et in modo non sia frustato de spese contra el devere, de che ne fareti cosa grata. Data Laude, die ultimo decembris 1452. (a) Cichus. (a) Così A. 15 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 1, Lodi. Francesco Sforza dice a Corrado da Fogliano d’aver fatto bene a concedere un salvacondotto a Carozo Spinola che si è detto disposto ad andare con il fratello Umberto e alcuni altri Spinola da Filippo Spinola nella speranza di ridurlo all’obbedienza. Vuole che in accordo con Francesco Capra segua accuratamente questa vicenda in modo che il risultato sia conforme al desiderio ducale. Provveda di dare a ogni fante destinato alle fortezze di là un ducato del valore di 54 soldi ciascuno, ricuperandone la somma da chiunque si crederà, assicurandone il pagamento sulle entrate cittadine. Ammonisca i fanti di comportarsi bene con i gentiluomini Spinola e con quanti sono fedeli al duca, mentre Filippo e i suoi seguaci devono essere considerati nemici, dando così al doge e alla comunità genovese la certezza della determinazione ducale di cacciarli e di avere il luogo “della Preda” rendendo quella via sicura per le mercanzie che vi dovranno passare. Magnifico Conrado de Foliano Ad una toa, respondendo, ti dicimo che ne piace la fidanza sive il salvoconducto quale hay concesso ad Carozo Spinula, quale dice essere proferto de andare con Uberto, suo fratello, et cum alcuni altri zintilhomini Spinuli a Filippo Spinula, sperandose che lo redurano alla obedientia nostra et de ciò te ne commendiamo. Al che non accade altra resposta, verum ti caricamo bene che, havendo con ti Francesco Capra bona intelligentia, et cossì ti con luy in questa cosa, debiate proseguirla cum ogni studio et pensiero, siché faciate che la cosa sortischa effecto secondo la voluntà et desyderio nostro, né li manchareti dal canto vostro in veruna cosa, quale cognoscati sia necessaria et expediente, como il simile scrivemo anchora al 9r dicto Francesco. Volimo insuper provedi di fare dare ad quelli cento fanti, quali tu et dicto Francisco haviti ordinato mandarli ad fornire quelle forteze di là, uno ducato deli nostri, cioè di soldi liiii per ducato per fante vivo, li quali denari vede recuperarli da qualunque si voglia, promettendogli che li farimo restituire suxo l’intrate de quella città nostra et farimolo tandem contentare et satisfare. Ceterum vogliamo che admonischi talmente dicti fanti et ogniuno deli nostri che se deportano bene et humanamente cum quelli zintilhomini Spinuli et dele parte dela quale sonno obedienti ad nuy, siché non habiano aggravarse deloro, perché, altramente facendo, seria fare deli amici inimici, el che ne seria molestissimo. Ma volemo bene che tractano dicto Filippo Spinula, li suoy sequaci et ogni altro desobediente como nostri inimici et per modo che lo illustre duxe de Zenoa et quella magnifica comunità cognoscano per effecti che nostra totale volontà è de cazare dicto Filippo et suoy sequaci et destituirli infine et havere quello locho della Preda per asecurare la via et le mercantie che hanno andare et venire per quelle parte. Data Laude, die primo ianuarii 1452. Cichus. 16 Francesco Sforza a Francesco Capra 1452 gennaio 1, Lodi. Francesco Sforza ringrazia Francesco Capra per le dettagliate sue lettere che gli consentono di sapere minutamente quanto è accaduto. Va bene che si dia un ducato a testa ai cento fanti inviati nei posti designati. Poco conta che il conte Balbiano non abbia voluto andare con lui. Francisco Capre. Habiamo recevuto più toe littere de dì xxiii, xxv et xxviiii del mese passato, per le quale restiamo advisati di quello hay operato et agitato in quelle parte et quanto perfin in quello dì è seguito, del che ti ne commendiamo et ne piace tucto quanto hay facto. Al che non accade farti altra resposta, se non che ti carichamo ad proseguire la cosa como è 9v nostra intentione et voluntà, siché ne reporti honore et laude da noy. Ne piace superinde deli fanti, quali sey per mandare per fornire quelli loci nominati in le toe littere, ali quali siamo contenti che Conrado et tu prendiate l’ordine de fargli dare uno ducato per uno, non dicemo per paga, ma dicemo per cadauno homo vivo, quale se habia adoperare in quelle parte, et dicimo solamente ad quelli cento fanti, accioché possano substentarse la vita. Et questi denari vogliamo che li recuperate da qualunque sia voglia, perché li farimo restituirglieli suso l’intrata nostra de Alexandria. Alla parte ch’el conte Zohanne da Balbiano non sia voluto essere con ti insiema per essere con quelli zintilhomini Spinuli, ti dicimo che non te ni debbii maravigliare, perhò che nuy li havimo scripto che attenda pur al offitio suo, rendendosi nuy certi che sey sufficiente a quella impresa. Data Laude, primo ianuarii 1452. Cichus. 17 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 3, Lodi. Francesco Sforza loda Corrado da Fogliano per quello che ha fatto nel Genovese e per la risposta data al doge circa la volontà ducale del pieno possesso del luogo “della Preda”. Concordi con Francesco Capra l’invio dei fanti nelle fortezze, sollecitando il doge a inviare altri cento fanti, sufficienti per la presa di Preda. Non crede, datala configurazione del terreno che servano dei cavalli. Vuole che si porti a Pallavicino e si aggiri per quei posti per la possibilità di costruirvi una o due bastite, atte con le fortezze che vi sono a stringere tutto intorno Filippo e i suoi seguaci con i quali non deve essere fatto alcun accordo di sorta. Cerchi di convincere i gentiluomini che si trovano nelle fortezze ad arrendersi liberamente, sicuri che, a impresa compiuta, saranno riconfermati ai loro posti. Se dovesse cadere nelle sue mani qualche seguace di Filippo, lo faccia impiccare. Magnifico Conrado de Foliano. Habiamo inteso quanto perfin a mò hay agitato et operato in quella parte de Genoese et similmente quanto te ha scripto lo illustre signore misser lo duxe et per questo tuo messo anchora habiamo inteso la risposta quale gli hay facta, el che tucto ne piace et ti ne commendiamo verum perché pur (a) daghi ad vedere per effecto al prefato misser lo duxe che nostra totale dispositione et voluntà è de havere omnino el locho dela Preda et che nullo modo vogliamo comportare che uno tristo, quale è Filippo Spinula, debbia fare cotanti mali. Ti dicimo che debbi 10r atrovare in prestito da qualunque persona si vogliali cento ducati de soldi 54 per ducato, per dare a quelli cento fanti, quali tu e Francisco Capra havite ordinato mandare a fornire quelle forteze, solicitando apresso ch’el prefato domino lo duxe ne mandi cento altri fanti, li quali siamo certi bastarano al vincere la dicta Preda et obtenire la dicta impressa. Né credimo, como tu hay resposto al prefato duxe, che gli sianno necessarii cavalli per respecto che quelle parte credimo non sianno apte per cavalli, et tunc havendo dicti fanti et intentendote cum dicto Francisco, vogliamo che con qualche cavalli vada a Palavicino et per li altri loci circostanti et vicini al dicto loco della Preda per providere de farce fare una o doe bastide, quale sianno apte insieme con le forteze circumstante che voleno essere obediente, a stringere dicti Filippo et sequaci (b) suoy ita che gli venga volontà de venire con la coreza al collo, avisandoti perhò che non è nostra intentione che se gli faza pacto né veruno accordio, imo lo vogliamo destruere infine et il dicto loco, perché troppo ne saria grande manchamento l’havere patito tante tristeze et mali al dicto Filippo, et vogliamo che qualunque uno de quelli (c) del dicto Filippo accaderà essere pigliato lo faza impichare per la golla, perché cossì facendo serà uno dare exemplo alli altri de prendere partito et remedio al facto loro; et sarà casone de fargli fugere et abandonare el dicto loco della Preda, confortando insuper li zintilhomini dele forteze circumstante ad consignare le loro forteze liberamente et starci di bona voglia, perché, havutala dicta Preda et fornita che serà la dicta impresa, como altre volte havimo scripto, serà restituito a cadauno integrame(nte) il suo. Verum volimo bene che faci tale monitione ali dicti fanti, como per altro ti havimo scripto, che sianno costumati et che se deportano bene con quelli che ne 10v saranno obediente, siché essi non havessero a dedignarse, el che seria fare deli amici inimici, la qual cosa ne seria molestissima et non la comportaressimo per veruno modo. Et finalmente perché pur lo prefato domino lo duxe intenda perfectamente la voluntà nostra sopra ciò, ti dicimo che parendoti non bastare alla dicta impresali dicti ducento fanti, et parendoti (d) essergli necessarii cavalli, siamo contenti pigli quelli cavalli ti parerano bisognare et non manchi in cosa veruna ad fare, che vediamo la totale consumptione et desfactione d'esso Filippo et suoy sequaci, adcioché denique remangha securo quello camino et possa ognuno andare inanze et indretro cum mercantie liberamente, replicandote de novo che non vogliamo se faza verun acordio né pacto al dicto Filippo, imo vogliamo quello dicto loco dela Preda per nuy omnino, avisandolo che s’el aspecterà che nuy l'habiamo sforzato nele mano, lo faremo senza veruna remissione impichare per la golla. Vogliamo anchora che de novo, como havimo dicto de sopra, certifichi li predicti zintilhomini, quali consignarano le dicte forteze et che acceptarano li dicti fanti et che ne seranno obedienti, che havuta serà la dicta Predali farimo statim reassignare le loro forteze et levarimo via dicti fanti et remanerà tandem in quiete dicto paese. Si autem gli ne fossero qualche uno d'essi zintilhomini che fossero retrogadi et inobedienti, che non crediamo perhò, vogliamo che contra essi faci tale demonstratione in facti che cognoscano non fanno bene et che nostra totale intentione è che debiano obedire per fare che se renda securo dicto camino et paese di là. Et de tucte queste cose vogliamo che debbi intenderti con il predicto Francisco Capra, al quale scrivemo le simile cose et che versa vice se debbia intendere con ti. Data Laude, die tertio ianuarii 1452. Cichus. (a) pur in interlinea. (b) sequaci su rasura. (c) uno de quelli in interlinea. (d) da non bastare a parendoti a margine. 18 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano (1452 gennaio 3, Lodi). Francesco Sforza vuole che Corrado mostri che il duca è sempre in sintonia con le opinioni del doge anche se mostrasse sentimenti avversi agli Spinola, ma agisca con tale discrezione che questi non abbiano modo di sdegnarsi. Proceda sempre in modo di impossessarsi di Filippo e del luogo di Preda. Bruci questo scritto. Provveda che le allegate lettere dirette a Francesco Capra arrivino esclusivamente nelle sue mani. 11r Predicto magnifico Conrado. Perché pur podeva essere che lo illustre signore domino lo duxe de Zenoa se moveria per qualche passione contrali zintilhomini della casa Spinula, ti dicimo che in ogni cosa debi demonstrare la volontà nostra essere quella medesma che è la soa verso li dicti Spinuli, ma perché pur non voressimo nuy inimicarsi tucti (a) li dicti Spinuli, vogliamo che tu te reghi con advertentia et con discretione, siché essi non habiano a dedignarse né ad reclamare essere iniuriati da nuy, ma contra Filippo et ogni suo sequace, vogliamo procedi como per le littere ti scrivimo, siché omnino habiamo nelle mano dicto Filippo et il predicto loco della Preda. Questa presente cedula, como l’haveria lezuta, bruzarala. Data ut in litteris. Le alligate littere direttive a Francisco Capra vogliamo che li mandi in soe proprie mane, et vedo che per veruno modo del mondo non vadano in altre mane. Data ut supra. Cichus. (a) tucti in interlinea. 19 Francesco Sforza a Francesco Capra 1452 gennaio 3, Lodi. Francesco Sforza vuole che Francesco Capra, sempre d’intesa con Corrado, prenda in prestito da chi può cento ducati assicurando il prestatore che ne avrà la restituzione sulle entrate di Alessandria. Solleciti il doge di Genova a dare gli altri cento fanti promessi. Con loro, lui e Corrado, potranno disporre degli uomini sufficienti per impossessarsi e della Preda e dello stesso Filippo. Vada a Pallavicino e verifichi se si può costruire una o due bastite che, con le fortezze in obbedienza, serrino più dappresso Filippo, con il quale non vuole che si venga mai ad alcun accordo; anzi se qualcuno dei suoi venisse preso, lo si impicchi in modo che sia d’esempio agli altri e induca qualcuno a fuggire. Cerchi di convincere i gentiluomini che tengono le fortezze ad arrendersi liberamente, certi che manterranno le loro posizioni anche a impresa conclusa. Dica a Corrado, come già gli ha scritto, di prendere dal doge i cavalli che ritiene utili all’impresa. Francisco Capre. Credimo che per l’altre nostre littere haveray pienamente inteso como remanemo contenti che tu intentendote con Conrado, nostro fratello, al quale havimo opportunamente sopra ciò scripto, che vedi de atrovare imprestito ducati cento, a raxone de soldi 54 per ducato, da qualunque persona si voglia, perché gli li farimo restituire sule (a) intrate nostre de Alexandria, per darne uno ducato per uno a quelli cento fanti, quali hay ordinato mandare ad fornire quelle forteze. Et perché che preferisse lo illustre signore domino lo duxe mandare a quella impressa cento altri fanti, ti dicemo che insieme con 11v lo dicto Conrado debbi solicitare ch’el prefato domino lo duxe li mandi, li quali, siamo certi, basteranno al vincere el loco della Preda et al redure alla obedientia nostra Filippo Spinula. Siché, havuti dicti fanti vogliamo prosegui nella dicta impressa per tale modo et forma che omnino sortischa effetto la intentione et volontà nostra, avisandoti che per nostre littere scrivemo al prefato Conrado che con qualche cavalli vada a Palavicino et alli altri lochi circunstanti et vicini al dicto loco della Preda, per provedere de farce fare una o doe bastite como, se bene te recordi, dissemo anchora a ti a bocha, quale sianno apte insieme con le forteze circunstante, che voleno esserne obediente, a restringere dicto Filiippo et suoy sequaci, ita che gli venga voluntà de venire con la coreza al collo, al quale Filippo non è nostra intentione che se gli faza pacto né veruno accordio, imo lo vogliamo destinire in fine et etiam il dicto loco. Et vogliamo, como al dicto Conrado scrivemo, che qualunque uno de quelli del dicto Filippo accaderà essere pigliato, lo faci impichare per la golla, perché cossì facendo serà uno dare exemplo alli altri de prendere partito et remedio al facto loro et serà casone de fargli fugire et abandonare dicto loco della Preda. Insuper vogliamo bene che conforti li zintilhomini delle forteze circunstante ad consignare le loro forteze liberamente, como altre volte ti havimo scripto, et starci de bona voglia per(chè), havutala dicta Preda et cazatto dicto Filippo et fornita che serà la dicta impresa, li serà restituito ad cadauno loro il suo, et seranno levati viali dicti fanti, et denique el paese serà quieto, per modo che ogniuno poderà andare et venire securamente con loro mercantie. Vogliamo etiandio che faci tale monitione alli dicti fanti, como altre volte te havimo 12r scripto, che sianno costumati et che se diportanno bene con quelli ne seranno obedienti, siché elli non habiano a dedignarsi, el che seria fare delli amici inimici, la qualcosa ne seria molestissima et non la comportarissemo per veruno modo. Ma se alcuni gli fossero retrogradi et desobedienti, che non crediamo perhò, vogliamo che contra quelli se faza tale demonstratione in facti che cognoscano perfectamente che fanno male et che nostra intentione è che obedischano. Et demum perché il prefato domino lo duxe et la magnifica comunità de Zenoa intendano perfectamente la nostra voluntà sopra ciò, scrivemo ad esso Conrado che parendo aluy bisognare de cavalli per obtinere la dicta impresa, li pigli tanti quanti li parirano bisognare et non lassi cosa veruna a fare perché omnino habiamo il dicto Filippo et il dicto loco della Preda nelle mano, al quale Filippo non vogliamo sia facto pacto né veruno accordio, imo sia advisato che se l’haverimo sforzato nelle mano lo farimo inremissibilmente impichare per la golla. Siché de tucto le predicte cose mò avisato da nuy, faray che dal canto tuo non manchi in cosa veruna perché la volontà nostra sortischa effecto, adcioché finalmente remangha securo quello camino adciò possa ognuno andare inanze et indretro securamente. Data Laude, die tertio ianuarii 1452. (a) le ripetuto. 20 Francesco Sforza a Francesco Capra (1452 gennaio 3, Lodi). Francesco Sforza dice anche a Francesco Capra che se il doge mostrasse dissapori con gli Spinola, di dare a divedere di condividerne i sentimenti, ma tutto si faccia con cautela in modo da non urtarsi con questi. Il presente foglio va bruciato. Predicto Francisco Capre. Perché pur poderia essere che lo illustre signore domino lo duxe se moveria per qualche passione contrali zintilhomini della casa Spinula, ti dicimo che in ogni cosa debbi demonstrare la volontà nostra essere quella medesma che è la soa verso li dicti Spinuli; ma perché pur non voressimo inimicarsi tucti dicti Spinuli, vogliamo che tu te reghi con advertentia et con discretione siché essi non habiano ad dedignarsi né ad reclamare essere iniuriati da nuy, ma contra Filippo et ogni suo sequace vogliamo procedi como per le littere 12v ti scrivimo, siché omnino habiamo nelle mano dicto Filippo et il predicto loco della Preda. Questa presente scripta, como l’haveray lezuta, brusarala. Data ut in litteris. Cichus. 21 Francesco Sforza a Roberto Sanseverino 1452 gennaio 1, Lodi. Francesco Sforza ricorda a Roberto Sanseverino di avergli fatto sapere, tramite il suo cancelliere, Balsarino, che Stefano da Pietrasanta doveva rimanere nell’ufficio di Pontecurone fino alla fine della ferma. Di conseguenza, o lo lascia stare al suo posto, o, se lo vuole mandar via prima del tempo, deve restituirgli i suoi danari. Magnifico Roberto de Sancto Severino. Como tu say, te fecimo dire per Balsarino, tuo cancillero, che era necessario che Stefano da Petrasancta remanesse al’officio de Pontecurono per fin in capo della ferma soa, perché haveva incantato dicto officio da nuy, et perché mò intendiamo che fay certa molestia a dicto Stefano per non lassarlo al dicto officio, ti dicemo che molto se maravigliamo di te perché, como tu poy bene sapere è necessario che esso luy fornischa dicto suo officio per lo debito. Pertanto volimo che non li faci veruno impedimento, imo lassalo quietamente exercere dicto suo officio, como rechiedela rasone et il devere, et se pur tandem deliberasti che non gli remanesse, ti dicimo che serà necessario gli faci restituire li denari del'incanto suo, adcioché non habia a poderse lamentare de nuy. Concludendo adonque bisogna che faci una dele doe cose, aut lo lassi fornire dicto officio, aut li rendi li suoy denari. Data Laude, die primo ianuarii 1452. Cichus. 22 Francesco Sforza a Battista Visconti 1452 gennaio 3, Lodi. Francesco Sforza ordina a Battista Visconti, capitano del distretto di Novara, di recarsi subito da lui. 13r Baptiste Vicecomiti capitaneo districtus Novariensis. Per alcune cose havimo ad conferire con ti volimo che subito, alla recevuta delle presente, tu venghi qua da nuy; et non manchi. Ex Laude, iii ianuarii 1452. Iohannes. 23 Francesco Sforza ai membri del Consiglio di Savoia citra montes 1452 gennaio 3, Lodi. Francesco Sforza scrive ai membri del Consiglio di Savoia citra montes di aver loro scritto molte volte in favore del suo conestabile Gaspare da Sessa, ed essendo il medesimo andato lì parecchie volte per avere i denari e le cose portategli via da Antonio de Cantono, suo ex cancelliere, credeva che fosse stato soddisfatto. Ma ora sa che così non è e Gaspare. Antonio, benché sia attualmente in prigione, rifiuta di pagare e neppure ne viene costretto con i dovuti rimedi. Certo che tali dilazioni avvengono contro la volontà del loro duca, lo Sforza li esorta a procurare che il suo uomo venga appagato e a tale scopo lo stesso Gaspare manda lì un suo inviato Giovanni Matto nonostante gli accordi di pace esigano che egli venga saldato. Lo Sforza, infine, chiede che gli facciano sapere il perché di tale ritardo. Dominis de ducali Consilio Sabaudie citra montes. Cum totiens et tot repplicatis vicibus ad magnificentias vestras scripsisemus in favorem et recomendationem strenui conestabilis nostri dilecti Gasparis de Suessa et is pluries ad vos pervenisset pro consecutione pecuniarum et rerum sibi ablatarum per Antonium de Cantono cancellarium olim suum, credebamus quod Gaspar ipse iam tandem debitum suum consecutus esset verum longe aliter esse intelligimus. Nam quamquam Antonius ipse detentus esse dicatur, recusat tamen debitum suum facere, nec ad id faciendum iis, quibus deberet, remediis compellitur, et dictus Gaspar rem suam procurando ingentem pecuniarum summam asumpsit persuadentes itaque nobis huiusmodi dilationes procedere preter mentem illustris domini ducis vestri ut res que minus boni exempli foret magnificentias vestras denuo hortamur et rogamus providere placeat quod Gaspar ipse iam tandem re sua (a) expediatur et debitum consequatur suum. Nam ista de causa illuc mittit Iohannem Mattum nuntium suum qui apud vestras magnificentias negotium istud procurabit, quamquam enim omnis equitas et iustitia pro Gaspare ipso laborent quamquam etiam ex dispositione capitulorum pacis inter nos contracte ita fieri debeat. Nos tamen id ipsum ad non tenuem habebimus complacentiam gratum habituri ut nos certiores efficere velitis quid cause fuit, quod res ista in hodiernum 13v usque diem protracta estiterit, qui sumus ad vestra queque beneplacita et ad similia pro subditis prefati illustris domini ducis usque quaque parati. Data Laude, die iii ianuarii 1452. Cichus. (a) In A rem suam con m finali depennate. 24 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 gennaio 4, Lodi. Francesco Sforza, siccome vi sono dei duri e renitenti ad accettare la tassazione dei cavalli di Bartolomeo Colleoni, vuole che Ludovico da Bologna induca detti renitenti ad accettare non solo i cavalli per i quali sono stati tassati, ma ne paghino la tassa per tutto il tempo passato dal giorno in cui tali cavalli furono tassati. Forniscano, inoltre, su pegno, il vino ai soldati. Gli ordina che, a richiesta di Lancilotto, cancelliere del Colleoni, intervenga per evitare la fuga di alcuni soldati. Altrettanto è stato disposto che faccia Giovanni da Cavirano, capitano del divieto nell’Oltrepo. Ludovico de Bononia. Perché pur sonno alcuni duri et renitenti ad acceptare quelli cavalli del magnifico Bartholomeo Cogliono quali gli li sonno stati taxati, como intenderay dalancilocto, suo cancillero, ti commettiamo et volimo che astrenzi dicti renitenti ad non solamente acceptare quelli dicti cavalli gli sonno stati taxati, ma etiandio ad pagare la taxa per tucto il tempo passato dal dì che li forono ordinati sive taxati dicti cavalli, et circha ciò non intervenga veruno manchamento. Preterea provideray che alli dicti soldati sia dato del vino per loro uso suxo li loro pegni, como altre volte è stato ordinato. Ceterum perché dicto Lanzalocto se dubita che alcuni d'essi soldati non fazano fuga, ti commettiamo che, essendo per luy sopra ciò rechiesto, debbi dare ogni adiuto et favore al dicto Lancilocto perché possa providere a tale fuga. Data Laude, die iiii ianuarii 1452. (a) In simili forma Iohanni de Cavirano, capitaneo devectus ultra Padum in partibus Papie. Iohannes. (a) Segue Iohannes depennato. 25 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 gennaio 4, Lodi. Francesco Sforza vuole che Ludovico da Bologna faccia avere a Giorgio da Lodi, detenuto lì nel passato la donna, roba, cavalli, armi e ogni altra sua cosa e quanto gli spetta. Mandi al duca, come gli ha già scritto, la cintura e la balestra che furono di Pietro Ungaro 14r Ludovico de Bononia. Nostra intentione è et volemo che a Zorzo dalode che è stato destenuto lì per lo passato, faci restituire et consignare liberamente et senza exceptione o contradictione alcuna, la femina, robbe, cavalli, arme et ogni altra cosa del suo et quello debbe havere. Volemo etiandio ne mandi la balestra et la cinctura de nostra dona che fo de misser Pedro Ungaro, como per altre nostre te havemo scripto; et questo fa con ogni celerità possibile. Data Laude, die iiii ianuarii 1452. Cichus. 26 Francesco Sforza a Tommaso Tebaldo da Bologna 1452 gennaio 4, Lodi. Francesco Sforza rimprovera Tommaso Tebaldo da Bologna, commissario di Como, per la scarsa sollecitudine con cui ha riscosso dai locali prelati i denari che gli devono invece del bue grasso. Si dia da fare per detta riscossione. Thome Thebaldo de Bononia, commissario civitatis Cumarum. Tu say ch’el bisogno nostro del denaro al presente ne stringe, il perché habiamo rechiesto ad quelli prelati del Comascho più presto el denaro che el bove per la festa del Natale, et circha ciò te habiamo dato commissione de fare scodere quelli denari, nel che pare fin qui sii stato molto tepido et pocho solicito, et non sapiamo se forse habbii più caro servire ad altro che fare li facti nostri; del che siamo malcontenti. Pertanto per le presente, te stringemo et carricamo che subito usi ogni remedio che te parirà in fare scodere li dicti denari da ciascuno d'essi prelati; et qui non perdi tempo alcuno se tu hay carala gratia nostra. Data Laude, die iiii ianuarii 1452. Cichus. 27 Francesco Sforza a Francesco Capra 1452 gennaio 7, Lodi. Francesco Sforza loda Francesco Capra per quanto ha fatto per le fortezze, e lo esorta a proseguire virilmente. Per ciò che concerne la concessione del salvacondotto a Giovanni Frangiante e per quelli che sono con Filippo Spinola deve attenersi alla volontà del doge genovese. Non gli garba che abbia richiesto i denari per i fanti a Giovanni di Alessandria; doveva prenderli sulle entrate di Alessandria. 14v Francisco Capre. Habiamo recevuta una tualettera del dì iii del presente per la quale restiamo avisati de quanto hay operato in fornire quelle forteze di là et quanto fay per operare per fornire l'altre che te restano, al che non accade altra resposta, se non che dicemo hay facto bene et ti ne commendiamo caricandote a prosequire virilmente la impresa per tal modo che ne reporti honore et laude et commendatione da nuy. Al facto de Giovanne Frangiante chi ti fa domandare salvoconducto, ti dicimo che in questo et per quelli tucti che sonno cum Filippo Spinula, te debbi regere et fare como vole lo illustro signor domino lo duxe, alla volontà del quale remettiamo questa cosa. La rechiesta hay facto ad domino Giovanne d’Alexandria de dinari per dare a quelli fanti, ne è molesta et non è puncto piaciuta, perché nostra intentione è che non se domandano dinari dal canto de verso de Genoa, ma, como per altre nostre dey havere inteso, habiamo scripto ad Conrado et a te che devesti impremudare suxo le intrate nostre d'Alexandria ducati cento de soldi cinquantaquattro per ducato per dargli alli cento fanti. Siché vogliamo sia recuperato il denaro per questa via et non per la via de Genoa. Ceterum como le cose procederano vogliamo che per toe littere ne faci continuamenti avisati. Data Laude, die vii ianuarii 1452. Iohannes. 28 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 8, Lodi. Francesco Sforza, siccome Isnardo Malaspina non ha potuto, per impedimenti fattigli dal marchese di Monferrato, condurre nelle sue terre tutte le biade per le quali ha la licenza ducale, vuole che Corrado da Fogliano intervenga perché a Isnardo sia consentito attenersi alla sua licenza. Magnifico Conrado de Foliano. Altre fiade concedessemo al magnifico Isnardo Malaspina una licentia da condure certa quantità de biave in le terre soe per uso suo et di suoy; et per quello intendiamo, esso Isnardo non ha possuto condure tucte le dicte biave per inhibitione factali per lo illustre signore marchese de Monferrà. Pertanto volimo provedi ch’el dicto Isnardo possa fare condure liberamente le dicte biade, cioè quelle gli restano a condure, facendoli observare la dictalicentia in la forma che la sta. Data Laude, die viii ianuarii 1452. Cichus. 29 Francesco Sforza al castellano della rocca di Alessandria 1452 gennaio 9, Lodi. Francesco Sforza informa il castellano della rocca di Alessandria di averlo sostituito con Spiga da Cortona, cui consegnerà la rocca con tutte le munizioni. A tal fine gli manda il contrassegno che ha con lui. 15r Castellano roche nove civitatis nostre Alexandrie. Per bon rispecto, et non per ulla defidentia habiamo de facti toy, havemo deliberato removerti dalla custodia de quella nostra forteza et in tuo loco havimo constituito et deputato Spiga da Cortona, exhibitore presente. Pertanto volemo et comandamoti che, recevutala presente, debbi consignarli quella rocha con tucte le monitione gli sonno; et non manchi. Et adciochè credi questa sia nostra volontà, havemo sottoscripto la presente de nostra propria mano, et per dicto Spigha te mandiamo il contrasigno havemo cum teco. Data Laude, die viiii ianuarii 1452. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. 30 Francesco Sforza al referendario e al tesoriere di Alessandria 1452 gennaio 8, Lodi. Francesco Sforza informa il referendario e il tesoriere di Alessandria di avere destinato a nuovo castellano della nuova rocca della città Spiga da Cortona, cui vuole che siano subito date due paghe, trattenendogli i dieci ducati già ricevuti. Ordina che venga subito pagato Bartolomeo da Exio per il servizio prestato. Referandario et thesaurario Alexandrie dilectis nostris. Mandiamo per castellano della rocha nova de quella nostra città il prudente dilecto nostro Spicha da Cortona, presente portatore, al quale volemo che de presenti voy debiati dare et pagare la paga de doy mesi, adciochè se possa fornire de quelle cose gli seranno necessarie per lo victu suo, et spazatilo, visis presentibus, de dicti denari. In le quale doe page, che gli dareti al presente, volemo li reteniati ducati x, zoè ducati dece, quali gli havemo facto dare qui. Apresso volemo che pagati integramente Bartholomeo da Exio de tucto quello restarà havere per lo suo servito per fine a quello dì che luy consignarà dicta rocha al dicto Spicha, et expederitelo presto adcioché non staga ad spendersegli suso la hostaria, la qual cosa a nuy seria molto molesta. Et per più vostra chiareza havemo sotoscriptala presente de nostra propria mano. Data Laude, die viii ianuarii 1452. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. 31 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 8, Lodi. Francesco Sforza ordina a Corrado da Fogliano di trasmettere direttamente a Francesco Capra, famiglio ducale, l’allegata lettera. Per far fronte alla richiesta di denari che fa detto Francesco per i fanti mandati nelle fortezze, chiede a Corrado di ricuperare cento ducati e poi di inviarli a Francesco; tali ducati verranno poi restituiti sulle entrate della città di Alessandria. Rispondendo a quanto Caroso Spinola ha scritto da parte di Filippo Spinola, ritiene disdicevole dirsi contenti che Filippo rimanga in quel posto da dove per due anni lo ha beffeggiato e a comprare quel sasso non ci penserebbe neppur se ne avesse i soldi. Faccia sapere a Caroso che nessuna delle due proposte sono attuabili e tale è anche la volontà del doge. Intenzione del duca è di avere il luogo “della Preda”. 15v Magnifico Conrado de Foliano. L'alligata nostra directiva a Francisco Capra, nostro famiglio, vogliamo che gli la mandi per proprio messo ita che gli sia presentata in soe proprie mane. Ceterum, perché dicto Francisco ne rechiede dinari per dare a quelli fanti che sonno andati per fornire quelle forteze, ti dicimo, como per altre nostre ti havimo scripto, che debii recuperare cento ducati a soldi Liiii per ducato da qualunque persona si voglia, perché li farimo restituire et dare suso l'intrate nostre di quella città nostra. Et recuperati che li habii, subito li debii mandare al dicto Francisco adciochè possa contentare dicti fanti, avisandoti che per l'alligate nuy scrivimo opportunamente al referendario et thesaurario di quella dicta nostra cità che debiano numerare dicti denari como tu gli commetteray de qualunque denari dele dicte nostre intrate; siché in questo non gli perderay tempo alcuno. Postremo, ad una parte de una (a) toa lettera, respondendo circha el parlare che te ha facto Carozo Spinula per parte de Filippo Spinula, ti dicimo che troppo ne seria grande manchamento et mancho de honore se mò restassemo contenti che dicto Filippo remanese in quello saxo, havendone già quodammodo dellezato appresso il spacio de duy anni, et mancho habiamo denari da comperare dicto saxo, che quando gli havessemo non compararessimo altro che la Preda. Et perhò vogliamo che dichi al dicto Carozo che niuna de queste doe cose non vogliamo fare, perché non è anchora volontà del’illustre signore messer lo duxe, ma vogliamo che gli dichi per nostra parte che nostra totale intentione è de havere il dicto loco della Preda, circhal'havuta del quale vogliamo che tu et predicto Francisco, intendendovi insiema, non gli debiati manchare in cosa veruna. Et como dictum passarà la cosa, ne avisaray. Data Laude, die viii ianuarii I452. Iohannes Antonius. (a) parte de una in interlinea. 32 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 gennaio 9, Lodi. Francesco Sforza scrive al doge di Genova di aver mandato incontro all’imperatore un suo messo dovendo passare in territorio veneziano. Dopo una cavalcata di quattordici giorni fino a che è giunto con l’imperatore in Friuli, il messo è ritornato dando per verosimile che fra due giorni il sovrano sarà in Treviso, poi a Padova, a Ferrara e infine a Roma. In conformità a quanto concordato di mandare nove ambasciatori, tre per ognuna delle città collegate, invita il doge a disporre che i suoi tre siano pronti. Il duca manderà il figlio Galeazzo, il fratello Alessandro e una compagnia di cavalieri e scudieri. 16r Domino duci Ianue. Altre fiade scripsemo alla signoria vostra como non intendevamo altro della venuta della sacra mayestà del’Imperatore. Adesso l'avisamo como più dì fa havevamo mandato al’incontro della mayestà soa uno nostro messo legiero perché, havendo a passare per terre de Venetiani, non gli haveriamo mandato homo de reputatione. El quale nostro messo è cavalcato quattordece zornate con la mayestà soa, cioè fin in Friuoli et mò, retornato da nuy, dice che verisimilmente fra duy dì sarà a Trivisio, overo a Padoa, et deinde andarà de directo a Ferrara et poy a Roma. Et perché como la vostra signoria sa, altre volte fu dicto et ordinato de mandare nove ambassatori, cioè tri di vostri, tri della excelsa comunità de Fiorenza et tri nostri, per accompagnare la mayestà soa in l'andare a Roma et retornare, la quale ordinatione ne pare laudevole et bona, recordiamo alla signoria vostra et la confortiamo et pregamo voglia provedere che quelli tri ambassatori, quali furono altra volta ellecti a questalegatione, stiano in ordine et a puncto adciochè, quando ne avisaremo vostra signoria per un'altra nostra, se possino partire et venire de qua ad unirsi con li altri, perché quelli della prefata comunità de Fiorenza et nostri seranno a poncto, avisando la prefata signoria vostra che nuy mandarimo de presenti l'inclito nostro figliolo Galeazo et el magnifico Alexandro, nostro fratello, con una bella compagnia de cavalIeri et scuderi per visitare et honorare la mayestà soa ad Ferrara, como scripsimo havere ordinato de fare. Data Laude, die viiii ianuarii 1452. In simili forma scriptum fuit domino Iohanni de Alexandria. Cichus. 33 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria 1452 gennaio 9, Lodi. Francesco Sforza, aderendo alla richiesta di Giorgio Spinola perché perori la liberazione di Paolo Spinola, scrive a Giovanni da Alessandria di saggiare gli umori del doge circa detta liberazione, mettendo in evidenza, se lo vede compiacente, l’intervento di Paolo. Si scusi se il duca gli scrive, ma vuole, suo tramite, assicurarlo che caverà Filippo da Preda e che riavrà quel gentiluomo dei Doria. Se, invece, lo trovasse maldisposto, gli esprima tante scuse e gli faccia comprendere che non si intendeva dargli alcun affanno con la richiesta a favore di Paolo. 16v Domino Iohanni de Alexandria. È venuto qua da nuy Zorzo Spinula il quale, gravandose molto e dolendose della detentione de Paulo Spinula, ne ha pregato che vogliamo scrivere et intercedere appresso lo illustre duce laliberatione soa. Il perché, inteso quanto ne ha dicto et facendo pur noy extima assay della casa Spinula, per tenere l'amicicia soa havimo scripto al prelibato illustre duce et date le littere ad esso Zorzo pregando la signoria soa che, atteso che dicto Paulo ha facto quanto ha potuto per la reductione de Filippo Spinula, ch’el lo voglia havere recommendato perché, ad ogni modo se rehaverà quello citadino de casa Dorio et Filippo se cavarà dellà s’eI se dovesse cavare a pezo a pezo. Ma perché anchora non voressimo spiacere al’illustre duce cerchando questaliberatione, a noy pare che in questo facto sia da procedere cum bona industria e grande prudentia per salvarse utrinque. Pertanto volimo che voy siate cum el duce et primo faciate la excusatione nostra se gli scrivimo per costuy, perché ne siamo molto pregati, et cerchareti intendere l'animo della soa signoria; circha questo et comprendendo voy ch’el non habia troppo exoso et non pigliasse sdegno de questo nostro scrivere per laliberatione de dicto Paulo, voglimo che pregate, instate et facte quanto poteti per la liberatione, dicendo che, havendo luy facto quanto ha potuto per la reductione de Filippo è da fir havuto commendato; et che como havimo supra dicto ad ogni modo cavarimo dellà Filippo et se rehaverà quello zintilhomo Doria, et che gli havimo mandato denari per quelli fanti che tenemo là con Francisco Capra a quella impresa, et che la soa signoria gli voglia ancora ley mandare delli fanti. Sed si pur comprendessimo che non valisseno le suasione 17r et conoscesino che non gli piacesse e non lo volesse relassare né alargarlo né humanità veruna usarli, facte la scusa nostra, como havimo sopra dicto; et de quanto serà seguito ne avisareti per vostre littere, usando in questo de vostra solita prudentia in fare che la casa Spinula conosca che facimo volontiera ciò che possimo per laliberatione de Paulo, et anche in dare a vedere al’illustre duce che non gli volemo spiacere per questo, et tractareti questa materia tantum humane quanto serà possibile, monstrando sempre non volere despiacere alla soa signoria, avisandone che havimo scripto unalettera a voy in commendatione de dicto Paulo e data la littera al prelibato Zorzo Spinula. Data Laude, die viiii ianuarii 1452. Cichus. 34 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 gennaio 9, Lodi. Francesco Sforza scrive al doge di Genova di essere molto dispiaciuto che egli abbia dovuto arrestare Paolo Spinola per aver disobbedito a suo fratello Corrado. Ciò tanto più gli spiace perché ha saputo da Giorgio Spinola che Paolo ha fatto di tutto per il ritorno di Filippo, cosa, questa, per cui caldamente lo prega di voler liberare Paolo. Domino duci Ianue. Havendo nuy inteso che la vostra signoria ha facto sustenire il nobile Paulo Spinula per la inobedientia ha usata cum Conrado, nostro fratello, a noy è molto rincresciuto che habia facto cosa che spiacia et sia ingrata alla vostra signoria, et similiter del sconzo de dicto Paulo ne rincresce perché, secondo ne ha significato lo egregio Georgio Spinula, dicto Paulo ha facto quanto ha potuto per la reductione de Filippo Spinula et l’ha confortato assay ad volerse redure. Per la qualcosa pregamo la vostra signoria che a nostra singularissima complacentia, usando clementia cum dicto Paulo, lo voglia fare liberare. Et de ciò ne compiacerà tanto la signoria vostra quanto de veruna altra cosa che ne podesse accadere de presente. Data Laude, die viiii ianuarii 1452. Cichus. 35 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria 1452 gennaio 9, Lodi. Francesco Sforza scrive a Giovanni da Alessandria che Giorgio Spinola gli ha richiesto di patrocinare presso il doge di Genova la liberazione di Paolo Spinola ricordando quanto egli ha fatto per Filippo Spinola. Desideroso di favorire l’onore di Paolo, come anche per rispetto della casa Spinola, chiede a Giovanni di fare pressioni presso il doge per detta liberazione. 17v Domino Iohanni de Alexandria. E’ stato da nuy lo egregio Georgio Spinula per instare appresso nuy, che vogliamo scrivere a quello illustre signor duce per la liberatione de Paulo Spinula, allegando che ha facto quanto ha potuto per la reductione de Filippo Spinula. Per la qualcosa, desyderosi del bene et honore del dicto Paulo, cussì per rispecto deluy, como etiandio per respecto della casa Spinula, voglimo che pregate et instate appresso il prelibato illustre duce che per nostra contemplacione voglia havere ricommandato dicto Paulo et che liberandolo molto ne compiacerà. Et circha ciò fariti tucta quella instantia per nostra parte che farissivo per qualunque nostro a noy più caro, segondo che etiandio sopra ciò scrivimo alla soa signoria. Data Laude, die viiii ianuarii 1452. Cichus. 36 Francesco Sforza a Giorgio Caccia 1452 gennaio 10, Lodi. Francesco Sforza scrive a Giorgio Caccia di aver inteso che un contadino debitore della Camera ducale, venuto in città e richiesto di fare il dovuto pagamento, si è rifugiato in casa sua, da cui Giorgio si è rifiutato di farlo uscire. Domino Georgio Cacie. Havendo nuy commettuto alli nostri officiali de Novara la exactione d’alcuni denari de condemnatione pertinenti alla Camera nostra, siamo informati che, siando venuto in la città uno contadino debitore della nostra Camera, il quale siando rechiesto a fare el debito et luy, subterfugendo per non pagare, se reduxe in casa vostra et voy rechiesto ch’el volissivo exhibire et fare ch’el pagasse, nedum lo volesti exhibire malo mantelasti et facesti spalle che se ne andasse via. La qual cosa ne è stata difficile credere, rendendoci certi che voresti piutosto augumentare el facto della Camera nostra cha detrargli. Et nondimeno ve ne havimo voluto avisare, acciochè se qualche specialità ve havesse mosto per lo amico de cossì fare, che ve ne vogliate guardare un’altra volta et non consentire al damno nostro, perché seria cosa da non comportare. Data Laude, die x ianuarii 1452. Cichus. 37 Francesco Sforza a Lanfranco Galimberti 1452 gennaio 10, Lodi. Francesco Sforza risponde a Lanfranco Galimberti, commissario della cittadella di Novara, di essere molto dispiaciuto che Giorgio Caccia abbia impedito l’esazione del debitore della Camera ducale con il trattenerlo in casa sua.Quanto alla lamentela dei provisionati che si lamentano perché non si faloro dare legna e che, perciò, bruceranno gradice e travetti, il duca dice di considerare bene la differenza che corre fra quei provisionati e i fanti a guardia delle fortezze: questi sono trattati nel modo che lui conosce e sono pagati a Pavia. Che dicano di aver avuto legna in altri posti, questo non lo sa, ma se bruceranno gradice o faranno qualche altro danno nella cittadella, questo glielo farà pagare e se lui non glielo dirà, si rifarà con lui. 18r Lanfrancho Garimberto, capitaneo citadelle Novariensis. Havimo recevuto le toe littere, alle quale respondendo, et primo, alla parte de misser Zorzo Caza, quale habia impeditala exactione delli denari tocano alla nostra Camera in mantellare in casa soa quello contadino debitore della Camera nostra, dicemo che molto n'è spiazuto tale acto, et scrivimo per le alligate la intentione nostra a dicto domino Zorzo, siché farali presentare lalittera. Alla parte de quelli provisionati che se gravano che non gli faciamo dare dele ligne et che brusarano le gradice e traveti, et cetera, dicemo che consyderemo molto bene la diferentia è fra quelli provisionati et l'altri fanti che guardano le forteze, e non sonno tractati equaliter questi como l'altri, perché questi sonno tractati nel modo che tu debe sapere et receveno il suo pagamento a Pavia, como tu say, et che dicano havere havuto ligna in altri nostri lochi non sapemo questo, ma bene te dicemo (a) che se brusarano le gradice, o farano altro damno in quella nostra citadella, gleli farimo molto bene pagare. Et cossì volimo che tu ge dichi per nostra parte, et se farano che da fare non sia, et non ne avisi imputarimo a te. Data Laude, die x ianuarii 1452. Cichus. (a) Segue questo depennato. 38 Francesco Sforza a Giovanni Piccinino 1452 gennaio 11, Lodi. Francesco Sforza comunica a Giovanni Piccinino ed eredi del defunto Cristoforo da Lavello che Angelello da Lavello, loro zio, si è lamentato per i cavalli e altre cose addebitate loro dal capitano di Casteggio, asserendo che tutto ciò ritorna in pregiudizio del loro feudo e dei loro diritti. Ammette che per l’onere dei cavalli non ha osservato gli ordini, ma garantisce che in seguito, se dovesse capitare di volere qualcosa da loro, scriverà. Non potendo scrivere, obbediscano a qualunque dei suoi. Iohanni Picinino et heredibus quondam strenui Christofori de Lavello. El spectabile et strenuo Angelello da Lavello, vostro barba, s'è aggravato con nuy molto per le graveze deli cavalli et altre, quale vi sonno commesse per il capitaneo nostro de Chiestezo, allegandone questo essere in preiudicio del vostro feudo et delle vostre rasone. 18v Al che dicemo che per el grande caricho, quale havimo delli cavalli et del'altre graveze, non esserne stato possibile havere servato questi tali ordini, el che, perhò, non è facto perché debia cedere in preiuditio d'esse vostre rasone. Pertanto mò vi confortiamo et dicimo cossì che debiati darve de bona voglia, perché ordinaremo che da mò inanti sianno observati l'ordini; et se cosa niuna voremo noy da voy, vi scrivirimo reservato, in caso importante et frezoso per el quale non havessimo el tempo de scrivervi, che tunc voriamo bene che daesti obedientia ad qualunque uno delli nostri che vi commettesse, adciochè non havesse ad occorrere, per il manchamento del scrivere nostro, preiudicio al stato nostro. Data Laude, die x ianuarii 1452. Cichus. 39 Francesco Sforza a Giovanni Feruffini 1452 gennaio 11, Lodi. Francesco Sforza dice a Giovanni Feruffini che, volendo procurare danno ai Veneziani lo si procurerebbe con levare loro il commercio, ha pensato al modo di trasferire tali utili ai propri amici, proponendo che i cittadini si accordassero di mandare ogni anni almeno sei navi in Siria e nel Levante per avere tanto cotone e spezie quanto ne hanno da Venezia e si facesse in modo che tali navi nell’andare e nel ritornare toccassero un porto pisano e quelle che vanno in ponente toccassero il Lazio. In tal modo i Genovesi sarebbero il tramite per la merce richiesta sia in Lombardia che in Toscana, godendo dei noli e dei relativi vantaggi. Sollecita Giovanni a parlarne di ciò con chi vuole. Se i Genovesi aderissero al progetto, mandino qui qualcuno bene informato per discorrerne con l’ambasciatore fiorentino. Domino Iohanni Ferufino. Perché, como sapeti, uno di grandi mali se possa fare a Venetiani si è alevarli el fare delle mercantie, delle quale grande summa consumano in le terre nostre et ne cavano grandi emolumenti, et desyderamo piutosto che li amici nostri habiano questo utile, perhò ne andava per la mente che facilmente se poteria provedere a questa facenda cum grandissima utilità de quelli cittadini, in questo modo che le robe quale se consumano in Lombardia havesseno de gabellali cinque per cento; et seria tanto maiore la summa che gli venirebe che a quella città ne seguiria utilità grandissima. Et ulterius che quelli citadini se obligasseno almancho mandare ogni anno in Soria et Levante sey nave, accioché li nostri merchadanti havesseno certeza de potere havere di cottoni et specie como hanno da Venesia, et che dicte nave in l'andata et ritornata tochasseno porto Pisano, et cossì potesseno tochare Latio loro nave vanno in ponente per l'altre mercantie. Et tucte le robbe scarichasseno a Pisa pagasseno a Zenoa la medesma gabella, pagarebeno 19r l'altre robbe andasseno a Zenoa per Lombardia, con quelle condictione et oblighi se rechiedeseno che non fusseno robbe d'altri che di Fiorentini. Et per questi modi et per deli altri che se ricordariano li nostri subditi haveriano dele merchantie per la via de Zenoa et de Pisa, et saria da fare ordini et leze che non potesseno venire le robbe per la via de Venesia. Et cossì farebeno Fiorintini quando se intendesse questo devere reusire per effecto. Et, cossì facendo, Zenoesi sariano quelli per chi mane ogni cosa se farebe, et non tanto quello se consumasse in Lombardia, ma etiandio in Toschana haveriano le gabelle a Zenoa et le loro nave haveriano li nolli et li aviamenti de suoy citadini. Pertanto volemo che ragionati de queste cose con qui ve pare et le mettiate in praticha, et mettendo gli Zenoese el pensiero, como crediamo, poterano mandare qua uno a pieno informato de queste cose a praticarle insieme con lo ambassatore fiorentino. Ma volemo comenzate vuy a metterle inanze, et av(i)saritine dela resposta che ve farano et anchora del parere loro col quale ce conformaremo, perché siamo certi serà fondato in summa prudentia et provedimento de cadauna delle parte. Data Laude, die xi ianuarii 1452. Cichus. 40 Francesco Sforza al podestà di Tortona 1452 gennaio 10, Lodi. Francesco Sforza, siccome Bartolomeo delli Quarteri chiede di avere la roba di Pietro Ungaro, che si trova impegnata per trentacinque ducati presso un ebreo che, a sua volta ha in prestito da Bartolomeo un ronzino, ordina al podestà di Tortona di vagliare il valore del ronzino e della roba di Ungaro, oltre a quant’altro Bartolomeo ha ricevuto dall’ebreo, e tutto trasmetta al duca. Potestati nostro Terdone. Intendimo che della robba de domino Pedro Ungaro se ne trova in pegno appresso quello iudeo per xxxv ducati, che vale più che cinquanta, la quale robba ne rechiede il spectabile et strenuo cavalero domino Bartholomeo deli Quarteri, gli lalassiamo scodere et retinere per sé per pagamento de uno ronzino, quale dice havergli imprestato già più tempo fa. Et perché seria conveniente che, essendo cossì, dicto domino Bartholomeo fusse pagato, pertanto ti dicimo che, facendoti fede il predicto domino Bartholomeo del dicto suo credito, debii stringere quello predicto ebreo a dare al predicto domino Bartholomeo le dicte robbe, pagandogli esso domino Bartholomeo el cavedale et lo utile del denaro, le quale robbe faray extimare, et trovandole de 19v più valore che non montasse la somma delli dicti cavedale et utile et il credito che ha dicto domino Bartholomeo per lo precio d'esso ronzino, del valore del quale vogliamo che ne prendi chiara informatione, et che subito ne debii avisare, acciò intendiamo quanto habiamo a fare superinde. Data Laude, die x ianuarii 1452. Cichus. 41 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 gennaio 11, Lodi. Francesco Sforza si rivolge al doge di Genova perché non dia applicazione alla minacciata rappresaglia contro i Parmensi per rendere giustizia a un suo suddito da loro derubato. Premesso che la rappresaglia viene concessa, lo Sforza fa presente che i cittadini di Parma giurano di non aver avuto mai notizia di tale reato e puntualizzano che lo stesso derubato non ha fatto richiesta di ciò, chiede che non si proceda alla sanzione minacciata che significherebbe cessazione di scambi commerciali da Parma a Genova e da Genova a Parma con conseguenti danni per le entrate genovesi e sforzesche. Si assicura che se il suddito genovese comparirà, gli si renderà giustizia con rito sommario. Domino duci Ianue. Ne hanno significato li nostri citadini Parmesani essere avisati dala vostra excellentia como ha concessa represaglia contro essi Parmesani per cagione de uno subdito dela vostra signoria quale se dice essere stato robbato in Parmesana già più mesi passati, del che dicti nostri citadini alquanto se gravano, dicendo che simile represaglie se soleno concedere quando cui denegatur iustitia, affirmando et adiurando loro may non havere potuto havere notitia delli robatori, et che anche quello vostro subdito ha facto pocha o nulla instantia de questo. Il perché, attento che noy havimo sempre strictamente comandato a nostri officiali che in simili casi faciano ogni bona diligentia per correzere simili excessi et che, quando se trovano, se punischano cum ogni asperità, proferendose etiam se quello dice essere robbato, venirà de far fare ogni subtili indagine per trovare li malfactori se possibile serà. Et etiam, consyderato che, concedendo la vostra excellentia dicta represaglia, cessariano le merchantie da Parma a Zenoa et de Zenoa a Parma, che seria pur manchamento alle intrate vostre et nostre, confortiamo et pregamo la vostra excellentia che non voglia procedere a tale concessione de represaglia, proferendose, como havimo dicto, de fare fare ogni rasone sumaria et expedita al vostro, s‘el venirà. Data Laude, die xi ianuarii 1452. Cichus. 42 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 11, Lodi. Francesco Sforza comunica a Corrado da Fogliano che Giuliano Chigilino ha alcuni debitori in quella città che sono renitenti a onorare le obbligazioni che hanno con lui e pe le quali aveva sollecitato l’intervento del suo predecessore, Liberio da Ancona. Vuole ora che, a ogni richiesta di Giuliano, Corrado provveda in modo che Giuliano sia soddisfatto. 20r Conrado de Foliano. Iuliano Ghigilino, citadino de quella nostra città, ce ha dicto che ha alcuni debitori obligati per autentichi instrumenti et obligatione, li quali sonno retrogradi et desobedienti a satisfargli, et non li pò conseguire senza adiuto et favore. Et circha questa cosa se ricordiamo altra volta havere commisso ad domino Liberio de Ancona, tuo precessore, che devesse provedere ch’el dicto Iuliano fosse satisfacto, il che pare sia manchato per l'absentatione del prefato misser Liberio da quella città. Pertanto volimo et te commettiamo che, ad ogni instantia del dicto Iuliano, debbi fare astringere per ogni debito remedio questi tali suoy debitori ad pagare et satisfare de tucto quello che constarà loro essere obligati, non gli manchando de rasone et favore, per modo ch’el dicto Iuliano vegni a conseguire el debito suo sumarie et senzalitigio. Data Laude, die xi ianuarii 1452. Cichus. 43 Francesco Sforza a Paolo Pinzamatti 1452 gennaio 11, Lodi. Francesco Sforza dispone che Paolo Pinzamatti, capitano del divieto di Alessandria e di Tortona, e Nicola de Palude concedano all’alessandrino Giuliano Ghigilino lalicenza di poter portare da Alessandria nel Genovese duecento mozza di frumento, la cui estrazione non aveva potuto completare nel termine fissatogli nella precedente licenza a causa della morte del fratello Bartolomeo, cui Giuliano aveva affidato il trasporto. Gli fissino un termine competente e tengano conto del quantitativo di frumento precedentemente trasportato per completare le 200 moggia. Paulo de Penzamatis, capitaneo devetus Alexandre et Terdone, et Nicolao de Palude. Nuy altra volta concedessimo licentia ad Iuliano Ghigilino, nostro citadino de Alexandria, de extrahere de quello territorio de Alexandria et condure in Genuese moza ducento de frumento, la quale dice non ha potuto adimpire in el te(r)mino limitato in dictalicentia, el quale è spirato perché Bartolomeo, suo fratello, al quale haveva dato questa impresa, è morto. Et perché il dicto Iuliano ce ha rechiesto gli vogliamo ratificare la dictalicentia, siamo contenti et per queste vi commettiamo che debiati dare licentia al dicto Iuliano ch’el possi fornire la dicta conducta fin alla dicta summa de mozza cc, computandogli quello che ha conducto da qui indrieto, de che habiate bona informatione, facendoli termino competente perché la possa fare condure. Data Laude, die xi ianuarii 1452. Cichus. 44 Francesco Sforza ai figli e agli eredi di Antonio Campofregoso 1452 gennaio 12, Lodi. Francesco Sforza sollecita i figli ed eredi del defunto Antonio Campofregoso a procurare, come già era stato richiesto al loro padre Antonio che Pasquino da Nove soddisfi l’alessandrino Giuliano Ghigilino della garanzia da lui data ad istanza di detto Pasquino. 20v Filiis et heredibus quondam domini Antonii de Campofregosio. Altra volta, vivendo domino Anthonio da Campofregoso, vostro padre, noy gli scripsimo, ad rechiesta de Iuliano Ghigilino, nostro citadino de Alexandria, che gli piacesse fare astringere con effecto uno nominato Pasquino de Nove ad pagare et satisfare al dicto Iuliano de quello deve havere per una segurtà per luy facta et pagada ad instantia del dicto Pasquino, la qualcosa, secondo intendiamo è soprastata ad exequire, perché in quello evento manchò de questa vita dicto vostro patre. Et perché ne rendiamo certi che voy non mancharete de rasone et favore al dicto Iuliano et fareti quello che luy haria facto, vi confortiamo et pregamo che vogliate provedere talmente et operare con li debiti remedii che dicto Pasquino subito et senza più inducia satisfacia al predicto Iuliano per la dicta casone et lo relevi indemne dela dicta segurtà, et haverimo molto caro ogni bono tractamento li farete. Data Laude, die xii ianuarii 1452. Cichus. 45 Francesco Sforza al comune e agli uomini di Pozolo 1452 gennaio 12, Lodi. Francesco Sforza si compiace con il comune e gli uomini di Pozolo per aver prestato fedeltà nelle mani di Antonio Conte, ricevente a nome del condottiero ducale Giovanni dalla Noce. Communi et hominibus Pozoli. Habiamo inteso como haveti facto la fidelità secondo vi scripsemo in mane del dicto nostro Antonio Conte, recipiente a nome del magnifico misser Iohanne dala Noce, nostro conducterio, del che havemo havuto contenteza assay et ve ne commendiamo grandemente. Data Laude, die xii ianuarii MCCCCLII. Cichus. 46 Francesco Sforza a Giovanni Bartolomeo del Carretto 1452 gennaio 12, Lodi. Francesco Sforza vuole che Giovanni Bartolomeo del Carretto creda a tutto quello che gli dirà il condottiero Giovanni della Noce. La stessa cosa è stata scritta a Giovanni Francesco, a Samueli de Faletis e a Tebaldo de Scalampis. 21r Iohanni Bartholomeo de Caretto. Mandiamo in quelle parte el magnifico cavalero domino Iohanne dela Nuce, nostro conducterio, per certe nostre facende et vi dirà alcune cose per nostra parte secondo è da nuy informato. Pertanto piaciave circha tucto quello vi dirà per parte nostra crederli fermamente et prestarli quella indubitata fede che faresti a noy proprio si fussemo presente. Data Laude, die xii ianuarii 1452. In simili forma scriptum fuit infrascriptis Iohanni Francisco de, Samueli de Faletis, Thebaldo de Scalampis. 47 Francesco Sforza a Giovanni Barbiano 1452 gennaio 13, Lodi. Francesco Sforza ordina al conte Giovanni Barbiano che, avendo già predisposto due o tre cavalli e la compagnia dei suoi famigli, si metta in viaggio, essendo già arrivato a Padova il re dei Romani. Vada a Pavia e, dalì, si rechi per acqua a Cremona, dove si disporrà tutto per l’andata a Ferrara assieme con suo figlio Galeazzo. Similmente si è scritto ad altre persone riportate in elenco. Comiti Iohanni de Balbiano. Ve havimo per l'altra nostra ultimalittera scripto che siando el serenissimo re de Romani passato in Italia et già arrivato ad Padoa, ve dovesti mettere in ordine dele cose necessarie menando con voy doy o tre cavalli et famigli necessarii al bisogno vostro, como havete inteso, adciochè como ve scrivessimo del partire subito ve ponesti in camino et seguire quanto ve fosse ordinato. Il perché mò per questa ve dicemo et carricamo che ve debiate senza dimora partire cum le cose vostre, cavalli et familii, como è dicto, et transferirve a Pavia et delì per aqua ve condureti a Cremona per modo che, senza manchamento, per tucto el dì de dominicha proximo futuro che serà a dì xvi del presente, ve ritrovate essere a Cremona, perché, ordinandose lì le cose opportune per lo andare a Ferrara, como havete inteso, tutti quelli andarano in compagnia de Galeazo, nostro figliolo, farano capo a Cremona. Data Laude, die xiii ianuarii 1452. In simili (a) forma, mutatis mutandis, scriptum fuit: Octaviano Vicecomiti, Melchioni de Marliano, comiti Franchino Rusche quod mittat filium, Bolognino, quod mittat filium, reverendissimo archiepiscopo Mediolani, quod mittat nepotem, domino Iohanni de Angussolis, domino Manfredino de Beccharia, (b) Iohanni de Balbiano, Bernabovi de Sancto Severino, domino Petro Vicecomiti, quod mittat filium, domino Iohanni Ludovico Palavicino, domino Francisco Vicecomiti, domino Octoni de Mandello, domino Augustino de Beccharia. (a) In A similia. (b) Precede comiti depennato. 48 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria 1452 gennaio 13, Lodi. Francesco Sforza scrive a Giovanni di Alessandria che il Re dei Romani ha affrettata la sua venuta per cui ritiene che domani o dopodomani egli sia già a Ferrara. Ne avvisi il doge perché ne informi i suoi ambasciatori a Ferrara per il sovrano. 21v Domino Iohanni de Alexandria. Per altre nostre littere nuy vi scripsemo della venuta del serenissimo Re di Romani in queste parte, como alhora ne podesti intendere. Hora mò habiamo ricevuto nove littere, la copia dele quale vi mandiamo qui inclusa, per le quale intendiamo la soa venuta essere molto affrezata più che non se sperava, et credimo che domane o l'altro possala soa mayestà agiongere a Ferrara. Pertanto vi commettiamo et volimo che, subito recevuta questa, ne debiate avisare quello illustre signore misser lo duxe acciochè con celerità et ogni presteza faccia advisare li suoy ambassadori a Ferrara ad la mayestà soa prefata. Data Laude, die xiii ianuarii 1452. Cichus. 49 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 14, Lodi. Francesco Sforza informa Corrado da Fogliano che manda lì ser Bartolomeo de Regno, suo famiglio, per riformare gli alloggiamenti e sgravarne le città. Siccome sa che fuori Alessandria vi sono delle località che non hanno nessun carico di cavalli, gli chiede di prestare ogni aiuto a detto Bartolomeo. Magnifico Conrado de Foliano. Mandiamo dellà ser Bartholomeo de Regno, presente exhibitore, nostro famiglio, per reformare et reconziare quelli alloggiamenti adciochè l'uno non (a) supporti il carricho del'altro, como intenderay. Et perché intendiamo essere più lochi di fora in Alexandria, li quali non supportano veruno carricho de cavalli (b) né taxe, et vogliamo nuy desgravare la città del caricho che ha de quelle gente, pertanto ti commettiamo et volimo che ad esso ser Bartholomeo daghi ogni adiuto et favore expediente et quali luy ti rechiederà per fare che li dicti lochi respondeno dele taxe alle dicte gente per desgravare la città et per allevire la spesa. Data Laude, die xiiii ianuarii 1452. Cichus. (a) non in interlinea. (b) de cavalli in interlinea. 50 Francesco Sforza ad Antonello da Burgo 1452 gennaio 15, Lodi. Francesco Sforza sollecita Antonello da Burgo a recarsi subito da lui e senza farselo una terza volta replicare. Antonello de Burgo. Ne maravigliamo che havendote nuy mandato a dire per il tuo cancillero dovessi venire da nuy, et non si venuto, perhò volimo, recevute queste, subito debbi venire senza più scriverte et mandarte a dire de ciò altramente. Laude, die xv ianuarii 1452. Cichus. 51 Francesco Sforza al podestà di Tortona 1452 gennaio 15, Lodi. Francesco Sforza ordina al podestà di Tortona di permettere a Riccardo Marinoni di Lode, relegato lì, che vada liberamente da lui. 22r Potestati civitatis Terdone. Perché volimo parlare con Ricardo de Marenonibus delaude, quale è relegato lì, et scrivemoli vegnia da nuy, volemo gli concedi licentia che possa venire da nuy liberamente, siché per ciò non habi a tardare. Laude, die xv ianuarii 1452. Cichus. 52 Francesco Sforza a Riccardo Marinoni 1452 gennaio 15, Lodi. Francesco Sforza comanda a Riccardo Marinoni di recarsi liberamente da lui, come anche ne ha scritto al podestà di Tortona. Ricardo de Marenonibus. Perché havimo bisogno et volemo parlare con ti, vogli omninamente, ricevute le presente, venire da nuy dove ne siamo; et cossì scrivemo al nostro podestà lì te lassi venire. Laude, xv ianuarii 1452. Cichus. 53 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 gennaio 14, Lodi. Francesco Sforza siccome ha ordinato al suo famiglio ser Bartolomeo de Regno un cambiamento di abitazione in Pozolo, vuole che Ludovico da Bologna esegui quello che Bartolomeo gli dirà a tale proposito. Ludovicho de Bononia. Una certa permutatione delozamenti habiamo commisso al nobile nostro famiglio ser Bartholomeo de Regno, exhibitore de questa, che faze in Pozolo; pertanto vogliamo che tu te intendi con luy et exequiray quanto luy te dirà circha ciò. Data Laude, die xiiii ianuarii 1452. Cichus. 54 Francesco Sforza agli squadrieri Alberto Visconti e Puppo 1452 gennaio 15, Lodi. Francesco Sforza impone agli squadrieri Alberto Visconti e a Puppo di non impicciarsi nelle cose dell’ufficio del capitano del distretto di Novara e, di conseguenza, vuole che anche i loro uomini ne rispettino i bollettini. Il capitano si lamenta che i suoi bollettini, o licenze, relativi alla concessione di trasporto di grano da un luogo all’altro non siano rispettati, anzi, vengano prese bestie, biade e altre cose. Alberto Vicecomiti et Puppo squadreriis nostris. Havemo querella dal nostro capitaneo de quello destrecto Novarese che concedendo luy licentie, overo bolletini de condure grano da uno loco ad un altro, non gli è observato, immo gli è tolto le bestie, biade ed ogni cosa, el che è contrala mente nostra. Pertanto ve commettiamo et volimo che non ve debiate impazare ad officio d'esso capitaneo et provedere che per tutti li vostri gli siano observati dicti bolletini et non factagli cosa che non sia da fare.Data Laude, die xv ianuarii 1452. Cichus. 55 Francesco Sforza a Battista de Burgo 1452 gennaio 14, Lodi. Francesco Sforza fa presente a Battista de Burgo che il capitano del distretto di Novara si lamenta perché lui non consente che vengano osservati, per aver così ordinato alle sue genti d’arme, i suoi bollettini per il trasporto delle biade da un luogo all’altro. D’ora in poi vuole che tali bollettini siano rispettati. 22v Domino Baptiste de Burgo. El capitaneo di quello nostro destrecto de Novara è stato da nuy alamentarsi che vuy non gli lassati observare li bulletini, quali fa per lo condure delle biave, immo haveti ordinato alle zente d'arme che conducendosse biada con li suoy bolletini non gli debiano observare, de che ce maravigliamo, nì possemo credere che cossì sia, perché saria malfacto et contra la volontà nostra. Pertanto ve commettiamo et volemo, essendo cossì, che da mò ina(n)ze habiate in questo megliore advertentia et observati li ordini nostri, cioè che observati li bolletini d'esso nostro capitaneo per le biade che se condurano da locho a locho, non zà per quelle che se condurano fuora del destrecto. Data Laude, die xiiii ianuarii 1452. Cichus. 57 Francesco Sforza a Giovanni Rozoni 1452 gennaio 14, Lodi. Francesco Sforza fa presente a Giovanni Rozoni che un suo uomo, alloggiato a Cavalirio, in spregio dei bollettini del capitano del distretto di novara, prese bestie e biade a degli uomini ducali, che conducevano biade da Rivere. Il duca gli comanda che faccia restituire dal suo compagno quanto ha tolto e gli ordini di rispettare i bollettini. Iohanni de Rozonibus. Conducendosse per li nostri homini da Rivere del nostro destrecto de Novara certe biade con licentie et bolletini del nostro capitaneo d'esso distrecto, uno tuo compagno, lozato in Cavalirio, gli tolse le bestie et le biade et non gli la vogliuto restituire, como intendiamo per querella d'essi homini. Et perché questa non è l'intentione nostra, nì volimo che li poveri homini siano tractati a questo modo, volemo provedi ch’el dicto compagno restituisca alli dicti poveri homini et cavalli et biada et quanto hagli tolto contrala dispositione d'essi bolletini et che da mò inanze observi li bolletini predicti. Data Laude, die xiiii ianuarii 1452. Cichus. 58 Francesco Sforza al podestà di Tortona 1452 gennaio 14, Lodi. Francesco Sforza notifica al podestà di Tortona che i soldati brontolano perché non viene concesso loro di avere del vino su pegno. Il duca ricorda che è consuetudine che si dia in tal modo del vino ai soldati per vivere. Vuole che si faccia così anche lì, purché ve ne sia sul posto. 23r Potestati Terdone. Perché havimo molti reclammi da quelli soldati stanciati là che non pono havere del vino per suo uso con li loro pegni da quelli homini, pertanto ti commettiamo et dicimo cossì perché pur è consueto dare del vino ad essi soldati per laloro vita, et cossì faciamo observare per tucto il dominio nostro mediante li loro pegni solamente per il vivere loro, che del vino se ritrova in quella nostra cità provedi ne sia dato ad essi soldati suxo per li dicti loro pegni solamente per il vivere loro. Et circha ciò fa’ non habiamo più a replicarti. Ti dicimo bene cossì che, non trovandose del dicto vino, nostra intentione non è che li homini sianno astrecti a darne, ma quelli che ne hanno vogliamo bene li astrenzi a darne. Data Laude, die xiiii ianuarii 1452. Cichus. 59 Francesco Sforza a Francesco Capra 1452 gennaio 14, Lodi. Francesco Sforza loda Francesco Capra per quello che ha fatto con Giacomo dalla Rocca e suo figlio. Vuole che ammonisca i fanti a comportarsi costumatamente con quei gentiluomini in modo che da amici non si facciano nemici. Ogni suo intento deve essere rivolto alla cattura di Filippo Spinola e suoi adepti. Per metterlo in maggiori difficoltà, faccia fare qualche bastita in modo che sia guardato a vista. Tenga presente che non verrà spostato di lì fino a che Filippo sarà catturato. Giornalmente lo informi delle bastite e di quanto fa. Francisco dela Capra. Havimo recevuto le toe littere de dì vi del presente, per le quale restiamo advisati de quanto hay operato con Iacomo dalla Rocha et cum il figliolo, et quanto etiandio per ti è agitato in quelle parte, el che tucto ne piace et ti ne commendiamo et non accade farti altra resposta, ma bene di novo te ricordamo che debi admonire quelli fanti et quelli nostri sonno dellà ad vivere costumatamente et diportarsi honestamente con quelli zintilhomini, siché non faciano deli amici inimici, la qualcosa ne seria molestissima et insupportabile, per li quali fanti credimo horamay haveray recevuto quelli cento ducati, quali ordinassemo a Conrado et a ti, li quali te ha mandato esso Conrado secondo che per le soe ne scrive. Vogliamo insuper che con ogni tuo studio et diligentia et cum ogni tuo pensiero procedi alla impresa contra a Filippo Spinula et contrali suoy sequaci, siché ne vediamo la totale consumptione soa 23v contra il quale faray como per altre nostre littere debi havere inteso. Et perché meglio se possa mettere in distrecto et in obsidione, ti dicimo che faci fare qualche bastite dove meglio te parirà, per le quale romanga totalmente astrecto; et vogliamo che faci bene guardare circumquaque, siché non se ne possa andare, perché deliberamo omnino haverlo nelle mano, né dala impresa vogliamo che te parti finchè non l'hay posta ad executione. Siché fa’ in ciò non proceda manchamento veruno, imo fa’ per modo che da nuy ne reporti honore, commendatione et laude. Et de tucto quanto faray dietim et del’ordine haveray posto in far fare le bastite, vogliamo che per le toe ne debbi advisare. Data Laude, die xiiii ianuarii 1452. Cichus. 60 Francesco Sforza a Balzarino da Milano e al comune e agli uomini di Pontecurone 1452 gennaio 14, Lodi. Francesco Sforza ingiunge a Balzarino da Milano e al comune e agli uomini di Pontecurone di accettare d’alloggiare i cavalli della compagnia di Bartolomeo Colleoni loro tassati secondo le disposizioni di Ludovico da Bologna e Lanzaloto da Parma, evitando che per l’opposizione ad accoglierli abbiano a continuare a stare “suxo l’hostaria”. Balzarino de Mediolano necnon communi et hominibus Pontiscuroni. Perché molti deli cavalli dela compagnia del magnifico Bartholomeo Cogliono stanno suxo l’hostaria per la renitentia che fanno quelli a chi sonno taxati, el che ne è molesto, acciochè per vostra renitentia non habia ad intervenire preiuditio né veruno damno a quelli d'essa compagnia, quali sonno taxati là, pertanto vi commettiamo et volimo che subito debiate aceptare et allozare quelli che vi sonno stati taxati secundo che ordinarani Luduicho da Bologna et Lanzaloto da Parma, alli quali provedereti secundo l'ordini nostri. Et facite non intervenga veruno manchamento. Data Laude, die xiiii ianuarii 1452. Cichus. 61 Francesco Sforza al comune e agli uomini di Viguzzolo 1452 gennaio 14, Lodi. Francesco Sforza comanda al comune e agli uomini di Viguzzolo di smetterla di opporsi a dare alloggio ai cavalli della compagnia di Bartolomeo Colleoni loro tassati; altrimenti si sarebbe costretti a sistemarli “sul’hostaria”, il che ritornerebbe poi in loro danno. 24r Communi et hominibus Vig(u)zoli. Perché intendimo faciti contrarietà de acceptare et allogiare quelli cavalli dela compagnia del magnifico Bartholomeo Cogliono, quali sonno stati taxati, della quale contrarietà e renitentia molto ne maravigliamo et dolimo, perché ne succede grande detrimento et damno alli dicti d'essa compagnia. Pertanto vi commettiamo et volimo che, subito recevuta questa, debiate recevere et allozare gratiosamente et expeditamente dicti d'essa compagnia quali vi sonno stati taxati, adciochè non habiano a patire veruno damno né ad consumarse sul'hostaria, la qualcosa ne seria molestissima, et fariamola retornare in vostro preiuditio. Data Laude, die xiiii ianuarii 1452. Cichus. 62 Francesco Sforza al podestà di Alessandria 1452 gennaio 15, Lodi. Francesco Sforza vuole che il podestà di Alessandria induca i locali debitori di Benedetto Velino a saldargli con rito sommario i loro debiti ponendo fine a ogni dilatorio raggiro. Potestati Alexandrie. Benedicto Velino ne ha facto dire che ha alcuni debitori sotto la iurisdictione toa, li quali li sonno renitenti ad fargli il debito et lo menano per subterfugii. Pertanto te commettiamo che, ad ogni instantia del dicto Benedicto, overo de qualunque suo meso legitimo, faci rasone contra ogni suo vero debitore sumaria et expedita, senza strepito et figura de iudicio, et gli astrenzi mediante la iustitia ad satisfargli integramente de tucto quello te constarà gli sianno veri debitori, in modo che consegua il debito suo et niuno se possa dignamente lamentarse de iniustitia. Data Laude, die xv ianuarii 1452. Cichus. 63 Francesco Sforza all’abbate di Sant’Antonio Vienense 1452 gennaio 15, Lodi. Francesco Sforza dice all’abbate di Sant’Antonio Vienense di avere, per la permanenza presso di lui per alcuni giorni, potuto conoscere l’integrità e l’onestà di vita e di costumi di frate Pietro di Genevesio e calorosamente lo raccomanda perché lo voglia investire della prima “vacatio” del suo monatero di Sant’Antonio Vienense, assicurandolo che ciò gli sarà assai accetto. 24v Domino abbati Sancti Antonii Vienensis. Eos quos virtutibus deditos esse scimus semper caros habemus et gratia ac beneficiis nostris libenter prosequimur et cum eis apud nos providere non valemus pro se apud ceteros supplicare et preces nostras fundere nunquam fessi videmur. Redeunte igitur ad reverentiam vestram venerabili fratre Petro Genevesii presentes deferente, quem cum apud nos nonnullos diebus fuerit ea integeritate ac vite et morum honestate preditum esse cognovimus ut in amorem et gratiam nostram merito evaserit, et impresentiarum nos habentes in dictionibus nostris locum sui ordinis vacantem, de quo ei libenter provisionem fecissemus prefate reverentie vestre ipsum recommittendum duximus eandem enixe rogantes ut de prima chiostraria in vestro monasterio Sancti Antonii Vienensis vacatura ei providere velit. Erit certe nobis gratum et a reverentia vestra id loco singularis complacentie nobis ascribemus, qui sumus ad vestra queque beneplacita parati. Ex nostra civitate Laude, die xv ianuarii 1452. Cichus. 64 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 15, Lodi. Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano di mandare da lui maestro Dalmazo Sardo dal Castellazzo, abitante ad Alessandria. Magnifico Conrado de Foliano. Per alcune cose havimo a conferire cum magistro Dalmacio Sordo dal Castellatio, habitatore de quella nostra città, volimo che subito tu lo faci venire qua da noy, como etiamdio havimo scripto aluy per le alligate, quale gli faray apresentare. Data Laude, die xv ianuarii 1452. Cichus. 65 Francesco Sforza a maestro Dalmazo Sardo 1452 gennaio 15, Lodi. Francesco Sforza ordina a maestro Dalmazo Sardo di andare da lui. Magistro Dalmacio Sardo. Per bona casone volimo che, subito alla receputa della presente, tu vegni qua da noy, perché havimo a conferire cum ti de alcune cose. Vene adoncha et non sia fallo. Data Laude, die xv ianuarii 1452. Cichus. 66 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 16, Lodi. Francesco Sforza vuole che Corrado da Fogliano induca quelli di Pavone a prestare fedeltà al conte Otto da Mandello che con il duca si sono dimostrati restii a fare ciò. 25r Magnifico Conrado de Foliano. Sonno stati qua da noy quelli da Pavone quali se sonno monstrati molto duri et renitenti in volere fare la fidelità al conte Octo da Mandello, et nuy li habiamo facto intendere che nostra intentione e volontà è che gli debiano fare la dicta fidelità. Pertanto vogliamo che tu gli induchi ad fare la dicta fidelità cum quelo megliore modo et via ti parirà dicendogli tu et facendoli intendere che cossì è nostra volontà. Data Laude, die xvi ianuarii 1452. Cichus. 67 Francesco Sforza a Giovanni Giappano 1452 gennaio 27, Lodi. Francesco Sforza ripete a Giovanni Giappano di recarsi da lui informato dello stato della cittadella: se necessitassero interventi che si possano fare subito, disponga che si facciano. Iohanni Giappano. Inteso quanto ne hay scripto del tuo venire qui da noy, te dicemo che per altre nostre te havemo scripto che devesti venire qui da nuy, et cossì per questa te replichamo che vegni subito, recevuta questa. Bene volimo che vegni informato a pieno como sta quella citadella et se gli fosse da fare cosa alcuna che se potesse fare de presente, volimo che ordini a chi te parirà ch’el faci fare, et ti viene via del’aqua delle fosse. Non dicimo allro perché te lo diremo a boccha quando seray qua da nuy. Data Laude, die xxvii ianuarii 1452. Iohannes. 68 Francesco Sforza a Giovanni Feruffini 1452 gennaio 17, Lodi. Francesco Sforza ordina a Giovanni Feruffini di assecondare le richieste di sale che il marchese di Mantova farà fare per i suoi sudditi. Domino Iohannis de Ferofinis. Lo illustre signore domino lo marchese de Mantoa ha bisogno de sale per uso delle terre et subditi soy, et per questa casone mandalì uno suo. Pertanto volemo che gli siati favorevele presso quella magnifica comunità perché sia supplito al bisogno della signoria soa. Data Laude, die xvii ianuarii 1452. Cichus. 69 Francesco Sforza all’abbate di Sant’Antonio Vienense 1452 gennaio 17, Lodi. Francesco Sforza fa sapere all’abbate di Sant’Antonio Vienense di aver ricevute, tramite il suo messo frate Pietro, le lettere di Angelo Acciaioli, ambasciatore di Firenze e di Milano, dirette al Re di Francia. Per lo stesso suo messo gli fa avere le lettere di risposta per messer Angelo. 25v Domino abbati Sancti Antonii Viennensi. Havemo riceute le lettere de spectabile miser Angelo Aciarolo, ambasiadore dela excelsa comunità de Firenza et nostro ad la maestà del Re de Francia, quale ce havete mandate per frate Pietro, vostro messo; de che somamente ve regratiamo, et per esso vostro messo al presente vi mandamo lettere responsive ad lo prefato misser Angelo, le quale vi pregamo Ii le mandiate per buona et secura via per modo li sia consignata nele sue mano proprie, offerendone ad li vostri piaceri. Data Laude, die xvii ianuarii 1452. Cichus. 70 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 18, Lodi. Francesco Sforza, rispondendo alla sua lettera, ricorda a Corrado da Fogliano di avergli scritto di trovare in Alessandria un prestito di cento ducati per pagare per il futuro mese i soldati che stanno intorno a Petra. Gli ricorda anche che delle duecento lire ricavate dai cento ducati mandati dal doge di Genova qualcosa, come lui stesso ha scritto, gli è rimasto. Circa il proposito di Princivalle Gottoero di prestare fedeltà al duca, gli dice che non vuole irritare il re di Francia, perché Princivalle ha già prestato fedeltà col suo castello ai commissari di Ast. Magnifico Corrado de Foliano. Corrado, l'altro dì recevessemo una toalittera continente doe parte, ale quale, respondendoti, dicemo che circala parte deli denari che bisognano per li fanti sonno messi intorno ala Petra per lo mese advenire, tu hay havuto commissione più dì sonno de retrovare cento ducati imprestati in Alexandria, li quali dovevi poy restituire deli denari dele nostre intrate del'anno presente de quella terra, et cossì nuy havemo scripto per lettere sottoscripte de nostra mano al referendario et thesaurero de quella terra che dovessino restituire quelli cento ducati a quelli tali quali li havessino prestati. Il perché ne pare con questi cento ducati se possa molto bene satisfare ali dicti fanti per lo mese advenire, maxime havendo ti satisfacto ali dicti fanti per lo mese presente con libre cc de imperiali deli cento ducati mandati per lo illustre duxe de Zenoa, deli quali ne debono pur avanzare, secondo el tuo scrivere. Ala parte de quello te ha mandato a dire Princevallo Gottoero de volerse accostare con nuy et fare la adherentia et fidelità de quello suo castello, del quale fece già la fidelità ali commissarii d’Ast, te dicemo che nuy non vorressemo per questa casone fare cosa che despiacesse ala maestà del Re de Franza, né darli caxone ch’el se possa dolere de nuy, come el poria facilmente, togliendo nuy costuy sotto la nostra obedientia, non obstante ch’el dica, per non esserli stato observato quello che li fu promesso per li commissarii d’esso re, non essergli obligato. Et però tu li poray mandare a dire per non desconfortarlo che ne hay de ciò advisato et che, havuto da nuy la resposta, gli ne daray notitia, non chiarendoli l'animo nostro altramente. Data Laude, die xviii ianuarii 1452. 71 Francesco Sforza al referendario di Alessandria 1452 gennaio 18, Lodi. Francesco Sforza esprime al referendario di Alessandria il suo stupore perché ai fanti e provisionati che sono in città si è dato grano solo per le bocche vive e non per la condotta, come, invece, ordina che si faccia. 26r Referendario nostro Alexandrie. Semo informati che ad quelli nostri fanti et provisionati sonno in quella città l’è dato el grano solo per le boche vive, de che ce maravigliamo, perché nostra intentione è ch’el grano gli sia dato per la conducta. Et cossì per le presente te commettemo che, non obstante altra nostralettera, overo commissione, fati dare ali dicti nostri fanti et provisionati el formento per la conductaloro senza contradictione o exceptione alcuna. Data Laude, die xviii ianuarii 1452. Iohannes. 72 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 18, Lodi. Francesco Sforza assicura Corrado da Fogliano ch’egli non vuole che ai fanti e ai provisionati si passi il grano solo per le bocche vive: deve essere dato per la condotta e così vuole che Corrado si faccia dare. Magnifico Conrado de Foliano. Havimo veduto quanto ne scrivi circha el facto de quelli nostri fanti et provisionati che stano in quella città. Te respondemo che nostra intentione sempre è stata che gli sia dato el grano per la conducta et non per le boche vive solamente. Et cossì volemo gli faci dare como havimo dicto, el formento per laloro conducta; et acciò ch’el referendario non gli faci contradictione alcuna, gli scriveremo per l'alligata in bona forma quanto bisogna sopra de ciò. Data Laude, die xviii ianuarii 1452. Iohannes. 73 Francesco Sforza ad Alessandro da Lampugnano 1452 gennaio 18, Lodi. Francesco Sforza informa Alessandro da Lampugnano, castellano della rocca della cittadella di Alessandria, di averlo sostituito con Venerio da Cotignola e, a tal fine, gli manda il contrassegno che ha con lui. Consegni la rocca a Venerio con tutte le sue fortezze e munizioni. Alexandro de Lampugnano, castellano roche cittadelle civitatis Alexandrie. Non per ulla defidentia habiamo di facti tuoy, ma per alcuni boni respecti noy te havemo remosso di quella nostra rocha, et in tuo loco havemo constituito et ordinato Venerio da Cotignola, presente exhibitore, per lo quale te mandiamo il contrasigno havemo con teco. Pertanto volemo, etiam te commandiamo che, subito havuto questa, remossa ogni cagione et senza alcuna replicatione, debbi consignare al dicto Venerio quella nostra rocha con tucte soe forteze et monitione; et non manchi. Et ad toa chiareza havemo sottoscripto la presente de nostra propria mano. Data Laude, die xviii ianuarii 1452. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. 74 Francesco Sforza al referendario e al tesoriere di Alessandria 1452 gennaio 18, Lodi. Francesco Sforza comunica al referendario e al tesoriere di Alessandria di aver deliberato di sostituire i castellani della rocca e cittadella, nonchè della rocca e della porta di Alessio della città con Venerio e Becante di Cotignola, come constateranno dalle lettere patenti. Facciano loro avere lo stipendio di due paghe. 26v Referendario et thesaurario Alexandrie. Certis bonis moti respectibus deliberavimus removere (a) presentes castellanos roche citadelle ac roche et porte Alexii civitatis illius nostre quorum loco constituimus et deputavimus dilectos nostros Venerium et Bechantem de Cotignola, videlicet Venerium castellanum roche citadelle et Bechantem castellanum roche et porte Alexii presentium latores, quemadmodum videbitis per patentes litteras nostras, ipsos propterea istuc mittentes pro accipiendis dictorum fortiliciorum possessionibus. Vobis stricte mandamus quatenus, visis presentibus omni remota exceptione, ipsis ambobus respondeatis et responderi faciatis de stipendio duarum pagarum quo in principio isto victualiis valeant se muniri; et ut hoc nostre mentis fore sentiatis, volumus presentes manu nostra propria subscribere. Data Laude, die xviii ianuarii 1452. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. (a) re di removere in interlinea. 75 Francesco Sforza a Bartolo da Cotignola 1452 gennaio 18, Lodi. Francesco Sforza informa Bartolo da Cotignola, castellano della rocca, e Baldassare, conestabile della Porta Alessio di Alessandria di averli sostituiti con Becante da Cotignola per il quale manda il contrassegno che ha con loro. Consegnino fortezze e munizioni. Bartholo de Cotignola, castellano roche, et Baldessaro, conestabili porte Alexii Alexandrie. Bartholo et Baldessaro, per bono respecto nuy ve havemo remosso da quella rocha et porta de Alexio et in vostro loco havemo substituito et ordinato Bechante da Cotignola, presente exhibitore, per lo quale ve mandiamo il contrasigno havemo cum vuy. Pertanto volimo et ve commandiamo che subito, havuta questa, remossa ogni cagione. gli debiate consignare la rocha et la porta con tucte soe forteze et monitione; et ad questo non fati alcuna replicatione. Et per vostra chiareza havemo sottoscriptala presente de nostra propria mano. Data Laude, die xviii ianuarii 1452. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. 76 Francesco Sforza a Lancilotto da Parma 1452 gennaio 17, Lodi. Francesco Sforza dice a Lancilotto da Parma che ora, grazie alle sue lettere che hanno riportato quello che gli ha detto Giorgio da Lodi, sa di Nardo e del suo andare e venire da Pietro Ungaro, cosa che non gli garba, per cui ha scritto a Mangiavillano di non permettergli di portarsi in quel castello senza licenza ducale. È spiaciuto per gli eccessi contro Bernardo, affine del Colleoni, commessi da quelli di Pozolo: scriverà a Giovanni dalla Noce perché li punisca. Ha scritto al podestà di Tortona di far dare su pegno del vino ai soldati. Ha pure scritto a quelli di Pontecurone e di Viguzzolo perché accettino i cavalli del Colleoni dei quali sono tassati secondo gli ordini che daranno Lancilotto e Ludovico da Bologna. 27r Lanzalocto de Parma. Per doe toe littere remanemo advisati di quello ti ha advisato quello Giorgio dalode de quello Nardo, et cetera, al che respondendo te dicemo che maravigliamose di questo suo andare et venire da domino Pedro Ungaro et ne pare ch’el seria da dargli ad intendere ch’el non fa bene. Scrivemo etiamdio a Mangiavillano che non lo lassi praticare né andare più in quello nostro (a) castello senza nostralicentia, et deli advisi che de ciò ne fay te ne commendiamo molto. Lo excesso commisso per l'homini da Pozollo contra Bernardo, affine del magnifico Bartholomeo Coglione, assay ne è spiaciuto, per el che ne scrivemo opportunamente a domino Gioane dala Noxe che gli proveda puniendo quelli che sonno in colpa. Al facto del vino te avisamo, como per nostre littere havimo scripto al nostro podestà nostro de Terdona in bona forma, perché sia dato d'esso vino alli soldati per li loro pegni. Et cossì havemo scripto a Pontecurono et a Vigazolo che debiano acceptare quelli cavalli del dicto Bartholomeo quali gli sonno stati taxati, secondo gli ordinareti ti et Ludovico da Bologna, le quale littere credimo horamay le debii havere havute, siché mò haveray ad attendere ad allozare dicti cavalli, et per tal modo inten(den)dote con dicto Ludovico che più non habiamo ad sentire tanti rincrescimenti, deportandote perhò honestamente et humanamente, siché niuno se possa dignamente lamentare. Data Laude, die xvii ianuarii 1452. Cichus. (a) nostro in interlinea. 77 Francesco Sforza a Giovanni dalla Noce 1452 gennaio 17, Lodi. Francesco Sforza comanda a Giovanni dalla Noce che, accertati gli eccessi commessi dagli uomini di Pozolo nella casa di Bernardo da Bergamo, affine e squadriero di Bartolomeo Colleoni, punisca severamente i colpevoli. Domino Iohanni dela Nuce. Cum non pocha molestia havimo inteso uno certo excesso, quale hanno commisso alcuni homini da Pozolo verso il strenuo Bernardo da Bergamo, affine et squadrero del magnifico Bartholomeo Cogliono, correndogli alla casa et tolendoli alcuna robba soa, la qual cosa certamente molto ne è despiaciuta. Et perché tal excesso merita punitione, ti commandiamo che, inteso il caso prima como è passato, 27v debbi, parendote che gli intervenga punitione, procedere et fare ogni debita et necessaria punitione contra quelli che ritroveray essere stati (a) in colpa, per modo che intendiamo similmente essere a te molesto dicto excesso, caricandote a farne demonstratione virile et con effecto. Data Laude, die xvii ianuarii 1452. Cichus. (a) stati in interlinea. 78 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 gennaio 17, Lodi. Francesco Sforza a Ludovico da Bologna per avere avuto, come gli ha scritto, cento ducati d’oro da quella comunità per il carro: lo invita a riscuotere il rimanente che ancora devono i luoghi circostanti. Lo informa di aver scritto a Tortona per il vino ai soldati, a Viguzzolo e a Pontecurono per la sistemazione dei cavalli. Sa che i Tortonesi vogliono andare da lui per lamentarsi del carro, del vino e degli alloggi. Vuole che, d’accordo con Lancilotto, metta ordine agli alloggi in modo da non averne più noie. Ludovico de Bononia. Per doe toe littere restiamo advisati como hay recevuto cento ducati d'oro per casone del caro da quella nostra comunità, al che non accade altra resposta se non che te ne commendiamo, carricandote ad rescodere con celerità et dalì et dali lochi circunstanti tucto quello restiamo ad havere per casone d'esso carro. Per lo facto del vino havimo scripto opportunamente al podestà nostro Iì, et cossì a Vigazolo et a Pontecurono che debiano acceptare quelli cavalli gli sonno stati taxati, como tu gli ordinaray, et havimo facto dirrizare esse nostre littere in mano delancilocto da Parma, quale credimo horamay debia havere recevuto. Alla parte che qui Terdonesi voleno venire qua da noy ad agravarsi per casone del carro, del vino et de quelli lozamenti, te dicemo che, venendo lì, siamo informati que respondergli. Ti stringemo bene, et cossì te commandiamo che, inten(den)dote cum dicto Lanciloto, horamay ponati ordine ali dicti alozamenti, siché più non habiamo ad recevere tante molestie, deportandove perhò humanamente, ita che niuno se possa dignamente lamentare. Data Laude, die xvii ianuarii 1452. Cichus. 79 Francesco Sforza a Mangiavillano da Lodi 1452 gennaio 17, Lodi. Francesco Sforza rimprovera Mangiavillano da Lodi perché permette che certo Nardo entri in castello quando vuole con suo fratello e con i suoi famigli contravvenendo la disposizione che vietal’ingresso a più di una persona o due alla volta senza permesso ducale. Lo richiama all’osservanza di tale ordine. 28r Mangiavillano de Laude. Havemo inteso che teco insiema tene certa pratica uno Nardo della compagnia del magnifico Bartholomeo Cogliono et che tu lo lassi intrare a sua posta con uno suo fratello zurato et con suoy famigli in quello nostro castello, della qual cosa se maravigliamo, molto dolendosi de te perché, como tu say, fay contrali ordini nostri et say che tu non dey lassare alla volta più che una persona o doe, senza nostra spetiale commissione, siché in questo fay cosa che molto ne despiace. Pertanto ti commandiamo che da mò inanti non lo lassi più intrare in lo dicto castello, committendoti che per l’avenire sii più advertente et che non excedi li ordini nostri per quanto hay carala gratia nostra. Data Laude, die xvii ianuarii 1452. Cichus. 80 Francesco Sforza al podestà, al capitano della cittadella, al castellano e agli altri ufficiali di Tortona 1452 gennaio 17, Lodi. Francesco Sforza risponde al podestà, al capitano della cittadella, al castellano e agli altri ufficiali di Tortona che le carenze nei loro pagamenti dell’anno passato furono dovute all’insufficienza dell’allora tesoriere che i Maestri delle entrate hanno provveduto a sostituire. L’attuale regolarizzerà tali pagamenti. Potestati, capitaneo citadelle, castellano ceterisque officialibus Terdone. Per la vostralittera havimo inteso lalamenta che ne faciti per li maltrattamenti haviti havuti in li vostri pagamenti del'anno passato, ale quale, rispondendo, vi dicemo ch'esso vostro maltratamento è proceduto per deffecto et per manchamento de quello che alhora era thesaurero, secondo siamo informati dali Magistri dele intrate nostre. Et perhò, cognosciuto per loro che dicto thesaurero manchava dal devere suo, hanno provisto essi Magistri di farne fare un altro thesauro, quello che mò è de presenti, con lo quale siranno ordinati li vostri debiti pagamenti, per modo che restareti contenti et havereti a podere supplire alli bisogni vostri. Siché restati contenti et dative de bona voglia. Data Laude, die xvii ianuarii 1452. Cichus. 81 Francesco Sforza al castellano della rocchetta della cittadella di Alessandria 1452 gennaio 17, Lodi. Francesco Sforza, informato da Oldrado e dall’interessato che desidera portarsi nella rocca di Pontremoli, assicura il castellano della rocchetta della cittadella di Alessandria che asseconda il suo desiderio e, perciò, vuole che si porti dalui, per avere le lettere e i contrassegni necessari. Provvederà che sia soddisfatto dal referendario e dal tesoriere di Alessandria dei suoi arretrati e scriverà al parente di sua moglie di por fine a ogni litigio e dare il dovuto. 28v Castellano rochette citadelle Alexandrie. Inteso per lalittera del spectabile domino Oldrado et per la toa che tu sey contento de andare alla rocha nostra de Pontremulo et fare quanto ne è piacere, ti dicimo che acceptamo la toa volontà et deliberamo che omnino Iì vadi. Pertanto, recevuta questa, vogliamo venghi qua da noy perché te farimo fare le littere expediente et ti farimo dare li contrasigni siché, a toa posta, poderay puoy andare. Alla parte che scrivi te restanno molti denarii delle toe paghe, ti advisamo che opportunamente per l'alligate scrivemo al referendario et thesaurero nostro Iì in Alexandria che ti debbiano satisfare et pagare integramente di quanto resti havere, accioché presto ti possi mettere in puncto. Scrivemo etiandio a quello parente di toa mogliere che debbiano desistere dal littigio teco et ti debbia satisfare et fare il devere tuo como ne rechiedi. Data Laude, die xvii ianuarii 1452. Iohannes. 82 Francesco Sforza al referendario e al tesoriere di Alessandria 1452 gennaio 17, Lodi. Francesco Sforza scrive al referendario e al tesoriere di Alessandria che, avendo destinato Alessandro da Lampugnano, castellano della rocca della città, alla rocca di Pontremoli, vuole che egli sia soddisfatto di quanto ha di arretrato. Referendario et thesaurario Alexandrie. Perché havimo ordinato che Alexandro da Lampugnano, castellano in quella nostra rocha, mò se transferischa alla guardia della rocha nostra da Pontremulo per castellano, et luy ne ha significato che gli restono de molti denari delle paghe soe, pertanto vi commettiamo et volimo che, recevuta questa, subito gli debbiati satisfare et pagare tucto quello resta ad havere per dicte paghe, acciochè presto si possa mettere in puncto per andare alla dicta rocha et ch’el possa satisfare ad chi debbe havere daluy, perché se possa partire dalì honorevelmente. Data Laude, die xvii ianuarii 1452. Iohannes. 83 Francesco Sforza a Marchesino Guarenghi Francesco Sforza scrive a Marchesino Guarenghi di recarsi da lui. Tale sua andata lo renderà felice; il suo rifiuto lo rattristerà parecchio e lo Sforza lo scoverà ovunque egli sarà. 1452 gennaio 18, Lodi. 29r Marchesino de Guarenghis. Marchesino, ti confortiamo et volemo che, recevute queste nostre, omne exceptione et contradictione remossa, debbi omni(n)o venire da noy et venendo, como speramo et credemo certamente faray, te avisamo farimo cose tu seray el più lieto, el più alegro, iocundo et più contento homo viva al mondo et sine certo; et non venendo tenerimo modo et via che seray el più scontento, misero, tristo, sconsolato homo se trovi et de pegiore voglia et, se fosse bene, in mille remitorii o sotto terra in profondo o in abisso, pigliaremo per ogni modo partito haverte et retirarte et riscavarte, siché non camparay delle nostre mane, né fugiray la nostra presentia che non possamo poy desponere de te et dei facti tuoy quanto vogliamo; et serà in nostra libertà el facto to et el farte bene et male. Laude, die xviii ianuarii 1452. Iohannes. 84 Francesco Sforza a Biagio Assereto 1452 gennaio 18, Lodi. Francesco Sforza ringrazia Biagio Assereto per l’informazione datagli dal suo parente circa le insidie tramate a suo danno. Farà di tutto per deludere le aspettattive dei nemici. Domino Blasio Axereto. Havimo recevuto le vostre littere et inteso quanto ne scriveti per aviso del parente vostro dele venenose insidie che se praticano in nostra pernitie. Ve rengratiamo singularmente et attenderimo a guardarse in modo che, mediante la Dio gratia, li nostri inimici non se vedarano may contenti de simili nostri ingani. Data Laude, die xviii ianuarii 1452. Cichus. 85 Francesco Sforza a ad Andrea Passalacqua 1452 gennaio 18, Lodi. Francesco Sforza ordina ad Andrea Passalacqua di recarsi da lui. Domino Andree de Passalaqua. Per certe facende havemo noy a parlare con vuy, pertanto vi commandiamo che, recevuta questa, subito debiati venire qua da noy. Et non sia fallo. Data Laude, die xviii ianuarii 1452. Cichus. 86 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 18, Lodi. Francesco Sforza racconta a Corrado da Fogliano che è stato da lui Stefanino Visconti che gli ha riferito come Antonino da Lignana, castellano e luogotenente di Bassignana per conto del duca di Savoia, sia assai desideroso che fra detto duca e lo Sforza vi sia buon accordo per cui egli si darebbe da fare perché ciò si verificasse. Siccome questo è anche l’auspicio sforzesco, lo Sforza vuole che Corrado parli pure della sua buona disposizione. 29v Magnifico Conrado de Foliano. L’è venuto da noy Stefanino Vesconte, quale ne dice che Antonino da Lignana, castellano et locotenente in Basignana per lo illustre signor duca de Savoya, essere molto desyderoso che fra esso illustre signor duca et noy fossi bona intelligentia et cetera, et che volontera se adoperaria in questo, la qual cosa a noy è gratissima et non è manchato may, né intendiamo che manchi dal canto nostro de essere in bona fraternità, bona amicicia et intelligentia con esso signore duca. Il perché volimo che como da ti move rasonamento con luy et dire la nostra bona volontà et dispositione de bene vivere et in questo te alarga quanto te pare circhala nostra bona dispositione, et non altro, et intendi quello vole dire como te referirà a boccha dicto Stefanino, al quale poray dare fede et credito. Laude, die xviii ianuarii 1452. Cichus. 87 Francesco Sforza a Battista de Burgo 1452 gennaio 19, Lodi. Francesco Sforza vuole che Battista de Burgo, commissario di Oleggio, provveda alla sistemazione di cinque cavalli di Tommao da Rieti preso ai suoi servizi. Domino Baptiste de Burgo, commissario Olegii. Vi commettiamo et volimo che al spectabile cavalero miser Thomaso da Riete, quale havimo tolto ali servitii nostri, provedati in quelle parte de Novarese de idoneo lozamento per cinque cavalli. Et non manchi che cossì se faza. Laude, die xviiii ianuarii 1452. Cichus. 88 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 gennaio 20, Lodi. Francesco Sforza risponde ai vari punti delle lettere di Ludovico da Bologna. Circa il suo comportamento con quel podestà, gli raccomanda di comportarsi in modo che non abbia motivo di toglierlo da lì. Vada pure a Bassignana e intenda quello che vuol dirgli Pietro e poi tutto gli riferisca. A proposito dei cavalli del Colleoni, siccome Balzarino, cancelliere di Roberto, ha risposto a Lancilotto da Parma nel modo che sa, gli comanda di farsi obbedire e dare alloggio per i cavalli che gli toccano. Si faccia obbedire da quelli della Valle di Rati e da quelli di Lonate, di Viguzzolo, di Pozolo e di Pontecurone, sì che ciascuno prenda i cavalli che gli spettano. 30r Ludovico de Bononia. Più toe littere havimo recevuto, ale quale de parte in parte respondendo ti dicemo, et primo, alla parte dele parole havute con quello nostro podestà, per le quale esso ne ha scripto che tu say quanto ti dicessimo deli modi hay ad servare, li quali mò non ti replicamo, ma bene ti dicimo che tu te diporti per modo che non habiamo iusta casone delevarti dalì con toa vergogna; del’andare tuo a Bassignana siamo contenti, carricandote che intende bene quanto ti vorrà dire domino Petro, et subito poy ne advisaray. Ceterum perché ne scrivi che quelli del magnifico Bartholomeo ogni dì hanno cavalli novi, utrum vogliamo li faci la monstra per darli lozamento solamente per li cavalli et boche vive, vel ne, ti dicimo che ne scrivi tanto cose ad uno tracto che ne confundi, et maravigliamosi perché pur intendesti da noy quanto circha ciò havevi a fare, et che tu, che sey bolognese, habbi cossì pocho cervello, siché exequiray quanto alhora te commissemo. Preterea perché Balzarino, cancillero de domino Roberto, ha risposto alancilocto da Parma, como credimo habbi inteso, ti dicimo che vogliamo te fazi obedire et li faci allogiare quelli cavalli gli tochano avisandote che domino Roberto non ha ad impazarse del facto delo allozare. Et similmente vogliamo te faci obedire da quelli dela Valle di Rati, et da quelli dalonate facendoli acceptare quelli cavalli che debitamente gli tochano et pariformiter vogliamo te faci obedire da quelli da Vigazolo, da Pozolo et cossì havemo dicto a quelli da Pontecurone, alli quali per l’alligata scrivemo, ita che per ogni modo acceptano li cavalli che gli tochano, providendo che alli soldati sia dato del vino con li loro pegni, como tante volte havimo scripto. Et horamay poni l'ordine a dicti allozamenti, per modo che più non sentiamo tanti rencrescimenti. Data Laude, die xx ianuarii 1452. Et se pur li dicti de Ratti et dele Natte non volesseno essere obedienti, vogliamo che faci pigliare tanti del'homini che gli faci obedire. Data ut supra. Cichus. 89 Francesco Sforza al comune agli uomini di Pontecurone 1452 gennaio 20, Lodi. Francesco Sforza, come già scrisse a Balsarino e aloro, di nuovo ripete agli uomini di Pontecurone di alloggiare i cavalli del Colleoni loro assegnati. Non facciano storie, altrimenti ne avranno il doppio e, quanto a Roberto, non ci facciano caso: lui con gli alloggiamenti dei cavalli non deve impicciarsi. 30v Comuni et hominibus Pontiscuroni. Como per un'altra nostra scripsemo a Balsarino et a vuy, cossì per questa vi replicamo che debiati subito et senza alcuna dimora allozare quelli cavalli del magnifico Bartholomeo, quali vi sonno stati taxati et ordinati per Ludovico da Bologna; et non gli faciati più exceptione né difficultate, volendove defendere sub l'ombra de domino Roberto, perché vi avisamo ch'esso domino Roberto non se ha niente ad impazare per il facto delli cavalli et nostra intentione è che li debiati allozare, altramente noy ve ne mandarimo altritanti a casa, per el che vi (a) venirà volontà de allozarne volontera quelli che ve sonno stati taxati, siché non vogliati fare più exceptione se amati il vostro conzo et bene. Data Laude, die xx ianuarii 1452. (a) vi ripetuto. 90 Francesco Sforza a Lancilotto da Parma 1452 gennaio 20, Lodi. Francesco Sforza scrive a Lancilotto da Parma di aver ricevuto le sue lettere e quelle di Balsarino, circa quel che gli dice di quelli della Valle di Ratti, di Lonate, Viguzzolo, Pozolo, eccetera. Ne ha scritto opportunamente aludovico da Bologna, come dalui saprà e, sempre d’intesa con lui, cerchi di por fine al problema degli alloggiamenti. Che il podestà sialesto a imprigionare i soldati, lo rassicura che gli ha scritto di intervenire unicamente se essi hanno commesso qualche reato, e allora proceda con la partecipazione del duca e del Colleoni. Lanzalocto de Parma. Habiamo recevuto più toe littere cum le incluse de Balsarino, et inteso quello ne scrivi de quelli dela Valle di Ratti, de quelli dalonate, de Vigazolo, Pozolo et cetera, ti dicemo che scrivimo opportunamente aludovico da Bologna circha il tuto, como daluy pienamente intenderay. Pertanto intendendote con luy, vedeti horamay de mettere fine a quelli lozamenti, siché più (a) non habiamo a sentire tanti rincresimenti. Alla parte che il podestà faza impresonare per ogni pocha cosa quelli soldati, ti dicemo, como per le nostre scrivimoli, che non se impaza d'essi soldati, salvo comittendo loro qualche excesso et difecto in la città; vogliamo che allora proceda contraloro con participatione nostra et del magnifico Bartholomeo, et gli faza quanto per esso li serà commisso. Data Laude, die xx ianuarii 1452. Alla parte deli cavalli che non vole allozare il capitaneo da Cistegio, dicemo che non se ricordiamo que cavalli luy habia ad allozare oltra quelli 80, siché ne poderay avisare que cavalli sonno. Et nuy poy te responderimo.Data ut supra. Cichus. (a) più in interlinea. 91 Francesco Sforza al podestà di Tortona 1452 gennaio 20, Lodi. Francesco Sforza comunica al podestà di Tortona che i soldati si lagnano che per ogni minima cosali metta dentro. Lo avverte che può imprigionarli solo se hanno commesso mancanze in città e in tal caso deve avvisare sia lui che il Colleoni e procedere come gli verrà ordinato da uno dei due. 31r Potestati Terdone. Perché se agravano quelli soldati del magnifico Bartholomeo Coglione, allogiati là, che per ogni pocha cosali fay impresonare, ti dicimo che te non debi impazarte deloro in cosa alcuna, salvo committendo loro qualche deffecto dentro la città: tunc vogliamo bene, et cossì te commettiamo, che quelli tali delinquenti li faci pigliare et impresonare, et statim ne avisaray noy et il prefato Bartolomeo, procedendo puoy contra essi delinquenti como ti serà commisso o per noy o per luy. Data Laude, die xx ianuarii 1452. Clchus. 92 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 20, Lodi. Francesco Sforza ricorda a Corrado da Fogliano quanto gli sta a cuore cavar fuori dalla Preda Filippo Spinola e, perciò, di fare in modo di mandare quaranta-cinquanta fanti e anche più, se potrà inviarne di quelli di Luca Schiavo e di quelli che gli parerà, pur di non sguarnire la cittadella di Alessandria. A tali fanti raccomandi l’obbedienza a Francesco Capra. A loro faccia, poi, avere i denari che gli manderà il doge di Genova. Se ne fosse sprovvisto, procuri di averne in prestito per darne a quei soldati. Magnifico Conrado de Foliano. Credemo che tu debie havere inteso quanto havemo a cuore de cavare fuora della Preda Filippo Spinula, et per cavarlo delà deliberamo non gli lassare manchare cosa alcuna. Il perché volemo quanto più presto sia possibile vedi modo de mandare quaranta fino in cinquanta fanti almancho et più, se tu ne poray mandare de quelli delucha Schiavo et chi parerà a ti de quelli nostri sonno del canto dellà, lassando imperò molto bene fornita quella nostra citadella de Alexandria. Al dicto Francisco Capra, quale è alla dicta impresa, et ordinaray alli dicti fanti, che tu mandaray in quelle parte, che in ogni cosa debbiano obedire a dicto Francisco quanto fariano alla nostra propria persona; et fa’ che vadino prestissimo. Laude, xx ianuarii 1452. Providendo alli dicti fanti che tu mandaray de quelli dinari che te mandarà lo illustre signore duxe de Zenova, al quale non volimo che tu soliciti altramente, ma mandandogli gli poray dare o mandare alli dicti. Et si tu non havesse havuto dicti dinari, vedi modo de trovarne imprestito adciochè tu possi mandare viali dicti fanti, li quali se porano poy restituire de quelli seranno portati da Zenoa et advisarano del dì che se partirano dicti fanti et del numero d'essi. Data ut supra. Cichus. 93 Francesco Sforza a Francesco Capra 1452 gennaio 20, Lodi. Francesco Sforza risponde a Francesco Capra prendendo atto dell’impiccagione di due individui, ma soprattutto del suo impegno per tirar fuori dalla Preda Filippo Spinola; faccia comprendere a quelli di Genova l’impegno che mette contro Filippo. Si compiace per la risposta data a Giovanni di Alessandria e gli comunica di aver ordinato a suo fratello Corrado di mandargli cinquanta, sessanta fanti. È soddisfatto del comportamento di Galeotto Spinola contro Filippo. 31v Francisco Capre. Respondendo a doe toe littere, l'una del dì xi, l'altra del dì 13 del presente, circha il facto de quelli doy hay facto impicare per la gola, dicemo che molto n'è piaciuto et commettemote che tu vogli mettere tucto (a) lo tuo intelletto et diligentia a cavare Filippo Spinula della Preda, perché siamo omnino disponiti cavarlo del dicto luocho; et circha ciò governaraete prudentemente per demonstrare et dare con effecto ad videre al presente stato de Zenoa il desyderio che havemo ad cavar fuora della Preda dicto Filippo, et molto te commendiamo della resposta hay facta a domino Iohanne d’Alexandria. Noy havemo scripto ad Conrado, nostro fratello, che te debbia mandare cinquanta o sessanta fanti deli nostri che sonno dal canto delà, li quali te mandarà prestissimo; siché attendi dì et nocte alla impresa contra dicto Filippo et mandare ad effecto quella impresa. Delli boni deportamenti et demonstratione che usa et sa Galeocto Spinula contra dicto Filippo, ne habiamo preso grande piacere, et cossì volemo che tu lo conforti et persuade ch’ello sequi virilmente et faza ogni cosa a luy possibile contra dicto Filippo, certificandolo che per una cosa al presente non ne poria far cosa più grata et accepta de questa, al quale noy anchora gli scrivimo una lettera piacevole. Alle altre parte non accade resposta; restiamo advisati del tucto et commendiamote della diligentia et solicitudine toa. Data Laude, die xx ianuarii 1452. Cichus. (a) tucto in interlinea. 94 Francesco Sforza a Galeotto Spinola 1452 gennaio 20, Lodi. Francesco Sforza dice a Galeotto Spinola di aver saputo da Francesco Capra dell’affezione che ha verso lo Sforza e dell’impegno che mostra contro Filippo Spinola: è la cosa più gradita che gli possa fare. Galeocto de Spinolis. Da Francisco Capra, nostro famiglio, siamo advisati del’amore et affectione singulare che ne portati et quanto virilmente et animosamente ve portati in quella impresa contra Filippo Spinola, 32r dela qualcosa ve rengratiamo assay et per una cosa non ne poteresti fare cosa più grata et accepta de questa, perché ve certificamo che nostra totale et ultima intentione et volontà è de cavare fuora del locho dela Preda dicto Filippo in ogni modo se lo dovessimo bene fare cavare ad pezo ad pezo. Siché ve confortiamo et carricamo assay che vogliati seguire et fare contra dicto Filippo como haveti principiato perché, como havemo dicto, ne faresti cosa gratissima et acceptissima; et noy sempre ne sforzaremo de farne dele cose ve serano a piacere, como nostro fidelissimo et bono (a) amico che ve teniamo. Data Laude, die xx ianuarii 1452. Cichus. (a) bono in interlinea. 95 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 gennaio 20, Lodi. Francesco Sforza fa sapere aludovico da Bologna che il tortonese Antonio Giorgio gli imputa di costringere la gente a comprare del vino per darlo in pegno ai soldadi. Ciò non va fatto. Ludovico de Bononia. Il nobile dilecto citadino nostro terdonese Antonio Giorgio se lamenta et dice che tu costringi alcuni homini de certo suo loco a dare del vino alli soldati nostri soprali loro pegni, dicendo et allegando che dicto homini non hanno pur del vino per proprio loro uso. Et perché nostra intentione è che, se li dicti homini non hanno del vino, non lo debiano comprare per dare a dicti nostri soldati, volemo che tu vogli far fare la circha in dicto locho del quale luy se lamenta. Et trovando ti che dicti homini non habiano del vino, como loro dicono, non gli debbi gravare che dagano vino alli dicti nostri soldati, perché, non havendo loro del vino, non volemo che lo comperano contraloro volontà per darlo alli soldati. Data Laude, die xx ianuarii 1452. Cichus. 96 Francesco Sforza al podestà di Tortona 1452 gennaio 20, Lodi. Francesco Sforza ordina al podestà di Tortona di consegnare il famiglio di Brandoliso, che detiene per il furto di venticinque fiorini, alancilotto, cancelliere del Colleoni. Gli faccia, poi, sapere quale punizione gli è stata data. 32v Potestati Terdone Havimo recevuto le toe littere et inteso quanto tu scrivi del famiglio de Brandoliso, quale hay sostenuto per lo furto dice havere fatto de fiorini xxv. Te dicemo che tu lo debbi dare e consignare in mano delanzalocto, cancillero del magnifioo Bartholomeo Cogliono, narrandogli el manchamento per luy commisso, et subinde avisatice della punitione ne haverà facto et como se serà portato con dicto famiglio. Data Laude, die xx ianuarii 1452. Cichus. 97 Francesco Sforza a Lancilotto da Parma 1452 gennaio 20, Lodi. Francesco Sforza comunica a Lancilotto da Parma di aver ordinato al podestà di Tortona che, per un riguado verso il Colleoni, gli consegni un famiglio di Brandoliso accusato del furto di venticinque fiorini. Decida con ragione e onore in modo che il duca possa farsi un’idea, anche per altri casi, di quanto gli dispiacciano le cose malfatte. Lanzalocto de Parma. El nostro podestà de Terdona ne scrivi havere sostenuto appresso luy uno famiglio (de) Brandoliso per cagione de uno furto per luy facto de xxv fiorini. Unde noy, per honore del magnifico Bartholomeo, havimo scripto a dicto podestà che lassi la punitione a te et ch’el te lo consigne nele mano siché ritolo in te et fano quanto te pare convenire alla ragione et honore tuo et portato in modo che possiamo conoscere che te rincrescino le cose male facte. Nam quando facesse tu altramente, noy in altri casi saperisemo che fare et como provedere. Data Laude, die xx ianuarii 1452. Cichus. 98 Francesco Sforza al podestà del Castellazzo 1452 gennaio 21 Lodi. Francesco Sforza comunica al podestà del Castellazzo che è stato da lui Andrea dal Castellazzo che gli ha narrato come, al suo ritorno dai Veneziani con due ronzini, il podestà l’abbia obbligato a restituirne uno e poi l’ha imprigionato in esecuzione d’una lettera ducale chiedendogli, inoltre, di restituire l’altro ronzino e, per essere Andrea fuggito dalla prigione, lo vuole processare. Il duca fa presente che Andrea non è tenuto alla restituzione del ronzino e, per il resto, ordina al podestà di revocare ogni novità. 33r Potestati Castellacii. L'è venuto da noy Andrea dal Castellazo, quale ne ha significato che, havendo luy conducto de qua dal canto de Veneciani duy roncini, l'hay astrecto a restituirne uno, et poy l'hay incarcerato in executione de una nostralettera, et volevi ch’el restituisse l'altro, et perché l'è fuzito, dice che voy procedere contra deluy. Et perché non fo nostra intentione ch’el fosse astrecto alla restitutione del dicto cavallo, essendo conducto de qua, como è dicto, et anche, essendo fugito de presone, (a) non ha facto se non como faria cadun altro, te commettiamo et volimo che tu non gli debbi dare impazo per questa caxone, immo revochi ogni novità facta. Data Laude, die xxi ianuarii 1452 Cichus. (a) de presone in interlinea. 99 Francesco Sforza a Battista Visconti 1452 gennaio 22, Lodi. Francesco Sforza loda Battista Visconti per aver preso quattro cavalli di Andrea Albanese e dell’Albanese, due per ognuno, che se ne andavano senza licenza carichi di biade. Avrebbe preferito che fossero arrestati anche i due conducenti, perché avrebbe dato loro un’esemplare punizione. Dispone che per questa volta vengano restituiti i cavalli. Baptiste de Vicecomitibus. Havimo inteso che tu, o la toa famiglia, hay preso quattro cavalli de Andrea Albanese et del’Albanese, cioè duy del’uno et duy del’altro, quali andavano carrighi de biava, senzalicentia e contra l’ordini nostri, del che molto te ne commendiamo et confortiamote a fare il simile per l'avenire. Et molto più ne haveres(t)i compiaciuto si tu havesse presi et substenuti li dicti Andrea Albanese et Albanese, perché, inanti gli havessimo facto relaxare, ne haveressimo facto tale punitione che seria stato exemplo ad altro. Ma siando la cosa nelli termini che l'è, per certi respecti siamo contenti et volimo che per questa fiata tu gli faci restituire li dicti suoy cavalli quattro senza veruna exceptione. Data Laude, die xxii ianuarii 1452. Cichus. 100 Francesco Sforza ad Alberto Visconti e Puppo de Pisis 1452 gennaio 22, Lodi. Francesco Sforza crede che Alberto Visconti e Puppo de Pisis, condottieri ducali, sappiano che Andrea Albanese e Albanese, uomini d’arme dellaloro squadra, sono stati colti mentre con quattro cavalli, due per ciascuno, trasportavano biada senza licenza per cui il capitano del Novarese tolse loro i cavalli, poi restituiti su istanza di Luigino Bosso. Li avverte che se i due o altri dovessero compiere lo stesso reato verrebbero puniti a dovere e si troverebbe nell’imbarazzo di imputare ai condottieri la tolleranza di tali inganni degli ordini. 33v Alberto Vicecomiti et Puppo de Pixis, armorum et cetera. Siamo certi sareti avisati como Andrea Albanese et l’Albanese, homini d'arme della squadra vostra, conducevano biava senzalicentia e contral'ordini nostri, et lo nostro capitaneo de Novarese gli ha tolto quattro cavalli, cioè duy per qualuncha d’essi, et cussì sonno caduti in gravissime pene, segondo el tenore delle gride nostre. E tanto più quanto che loro doveriano prohibere le fraude et ingani nostri, et loro le commetteno. Nondimeno, ad instantia et preghere del’egregio cavallero misser Aluysino Bosso siamo stati contenti de farli restituire li cavalli per questa fiata, et cussì havemo scripto al dicto capitaneo che gli li restituisca, avisandove bene che se questi, o veruno altro della dicta squadra, commetterano simile defecto, ne farimo tale punitione che serà exemplo a tuctala squadra, et ultra ciò non saperimo a chi darne più imputatione che a voy, se comportati li nostri ingani. Data Laude, die xxii ianuarii 1452. Cichus. 101 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 gennaio 24, Lodi. Francesco Sforza comunica al doge di Genova che mentre scriveva della partenza del sovrano da Ferrara alla volta di Roma, ha ricevuto la sualettera con cui lo avvisava che gli ambasciatori genovesi, anzichè a Ferrara, avrebbero incontrato il re dei Romani a Roma. Lo Sforza avrebbe preferito che i tre ambasciatori si ritrovassero a Firenze, ma anche a Roma gli va bene. Domino duci Ianue. Scrivendo noy unalettera alla signoria vostra per la quale la advisavamo della cellerità che usavala sacra mayestà del’Imperatore nel partire da Ferrara et andare a Roma, havemo recevuta una vostra data a xvii del presente, per la quale restiamo advisati della deliberatione presa de non mandare li suoy ambassadori a Ferrara, ma a Roma, la quale deliberatione molto ne è piaciuta et la commendiamo, ricordandogli però ch’el parere nostro seria che piutosto andasseno a Fiorenza, possendogli essere ad hora. Nondimeno dispona et faciala signoria vostra como gli pare, perché de ogni deliberatione soa restaremo contenti et satisfacti. 34r Et questo diremo de mandare a Fiorenza perché più honore serà che tucti li ambassatori nostri se ritrovino lì che altroe. Data Mediolani, die xxiiii ianuarii 1452. Cichus. 102 Francesco Sforza a Roglerio de Rossano 1452 gennaio 24, Milano. Francesco Sforza esprime a Roglerio de Rossano la sua sorpresa per il rifiuto di Niccolò da Palude di dargli il resto dei trecento ducati assegnatigli ultimamente. Gli presenti la copia allegata della lettera con cui sollecitava tale pagamento: lo avvisi nel caso non lo soddisfacesse. Domino Ruglerio de Rossano. Voy ne haveti facto maravigliare assay quando diceti che Nicolò da Palude non vi vole dare el resto de quelli tercento ducati, quali ve assignassemo alli dì passati, perché da noy non hebbe may commissione che non ve li daesse, et per questo gli scrivimo le alligate, dele quale vi mandiamo la copia introclusa. Siché fatili presentare lalittera et demandatili el resto delli denari et ve li darà subito, et non ve li dando, avisatece subìto. Data Mediolani, die xxiiii ianuarii 1452. Cichus. 103 Francesco Sforza a Niccolò da Palude 1452 gennaio 24, Milano. Francesco Sforza dice a Niccolò da Palude d’essere stupito che non abbia, come gli aveva di recente scritto, fatto avere a Roglerio da Rossano il resto dei trecento ducati tanto più che doveva dare a ser Bartolomeo il denaro anticipato. Gli dia perciò subito il resto dovutogli. Nicolao de Palude. Ne ha facto fare lamenta el strenuo cavalero misser Ruglerio da Rossano che tu recusi volerli dare el resto de quelli tercento ducati delli quali te scrissemo alli dì passati, del che ne siamo molto marevigliati che tu say bene che non te scrissemo may alcuna cosa in contrario, anci scrivessemo che ad ser Bartholomeo dovesse dare li denary dele tracte pagati prima, quelli deli quali te havevamo scripto. Siché si tu hay facto quella resposta al dicto domino Ruglerio tu hay facto male, et sey partito dal vero. Pertanto volimo che subito, alla recevuta dele presente, tu gli debi dare el suo resto, altramente te gli farimo pagare ad ti. Data Mediolani, die xxiiii ianuarii 1452. Cichus. 104 Francesco Sforza a Battista Visconti 1452 gennaio 24, Milano. Francesco Sforza scrive a Battista Visconti, capitano del distretto di Novara, che deve farsi restituire la mula tolta ai suoi famigli dai saccomanni presi con quattro cavalli carichi di grano. Li lasci andare avvertendoli che, se recidivi, non saranno perdonati. Vuole che, individuati i soldati che commettono tali frodi, faccia trattenere le loro tasse. Farà pure punire chi troverà in difetto, mentre lui scriverà a quelli da Sanseverino per ammonirli. 34v Baptiste de Vicecomitibus, capitaneo districtus Novariensis. Inteso quanto per le toe littere ne hay scripto de quelli sacomani hay preso con cavalli quattro de grano carichi, quali tolsero là la mula alli toy famigli, ti dicimo, respondendo, che debbi fare ch’essi sacomani ti restituiscano la dicta mula ad ogni modo, et puoy per certo respecto vogliamo li debbi rellaxare, admonendoli ad guardarse per l'avenire, perché un'altra volta non gli la perdonarimo. Et cossì, havutala dicta mula, vogliamo la restituischi ad quello a chi la tolsero essi tuoy famigli. Preterea vogliamo bene che te sforzi de sapere chiaramente chi sonno quelli soldati che commetteno dicte froxe, et a tucti quelli che trovaray veramente habiano commesso esse froxe, siamo contenti, et cossì te commettiamo, che li faci retenire le soe taxe, adcioché habiano casone de restare. Et etiam punirali quelli che troveray in defecto et poderay havere nelle mano toe, avisandoti però che nuy scrivemo a quelli da Sanseverino per modo siamo certi intendarano. Data Mediolani, die xxiiii ianuarii 1452. Cichus. 105 Francesco Sforza a Francesco, Almerico e Bernabò, fratelli Sanseverino 1452 gennaio 24, Milano. Francesco Sforza si lamenta con Francesco, Almerico e Bernabò, fratelli Sanseverino per le numerose “frosatione” di biada e vettovaglie che commettono gli uomini d’arme e i saccomanni della loro compagnia, benché tante volte li abbia sollecitati ad ammonirli. Vuole che intervengano nel modo che loro piacerà, ma in modo che i soldati la smettano. 1452 gennaio 24, Milano. Francisco, Almerico et Bernabovi, fratribus de Sancto Severino. Ne è molto ponderoso al'animo et molestissimo intendere tanti reclami, como da più parte ne fi scripto, delli homini d'arme et sacomani della compagnia vostra che commetteno infinite frosatione de biave et victualie contrali ordini nostri, et per certo deliberamo non comportarlo horamay più. Et benché più volte ve habiamo scripto che li debiati admonire per modo che cessano da esse froxe, tamen non cessando per fin a mò, vi scrivimo le presente perché habiati casone de admonirli et castigarli, avisandovi che da questa volta inanti nuy gli providerimo puoy per altra forma. Et pertanto vi carichamo et vogliamo che, havuta questa, debiati fare sopra ciò quanto parerà a vuy, siché intendiamo essi vostri ritrarse da esse froxe et per modo che più non habiamo a sentire reclamo, altramente nuy farimo tale demonstratione contra quelli che (a) se trovarano delinquenti che se ritrovarano malcontenti. Data Mediolani, die xxiiii ianuarii 1452. Cichus. (a) che in interlinea. 106 Francesco Sforza a Lanfranco Galimberti 1452 gennaio 24, Milano. Francesco Sforza vuole che Lanfranco Galimberti, capitano della cittadella di Novara, si porti sollecitamente da lui, perché deve trattar con lui problemi per cui occorre che acceleri l’andata, avendo, però, cura di farsi sostituire, durante l’assenza, da una persona idonea. 35r Lanfrancho Garimberto, capitaneo cittadelle Novarie. Tecum pro nonnullis impresentiarum occurrentibus conferre volentes, contentamur tibique licentiam impartimur quod ad nos post harum receptionem indilate venias, omnique mora postposita, dimissa tamen tui loco persona ydonea, que custodie illius cittadelle nostre intendat et diligenter evigillet, nec in hoc tuum obdormias adventum quum res ipsa, qua te ad nos advocamus, talis est, ut iter tuum ad nos festinanter acceleres. Data Mediolani, die xxiiii ianuarii 1452. Cichus. 107 Francesco Sforza al podestà di Novara 1452 gennaio 24, Milano. Francesco Sforza vuole che il podestà di Novara vada, senza indugi, da lui. Potestatis Novarie. Perohé havimo a conferire teco vogliamo che, recevuta questa, debbi venire qua da noy celermente, postponendo ogni dimora. Data Mediolani, die xxiiii ianuarii 1452. Cichus. 108 Francesco Sforza a Paolo Pinzamatto 1452 gennaio 25, Milano. Francesco Sforza precisa a Paolo Pinzamatto, capitano di Alessandria, essere vero che, facendo riferimento al fatto di Antonello da Milano Melgaro, a richiesta di Tommaso e Giuliano di Calmiri, castellani della rocca di Castelleone, lo assolse dalla condanna per la frode del sale, ma solo per quel che riguardava la Camera ducale, mentre per quel che spettava al capitano non c’è stata alcuna soluzione. Paolo Penzamato, capitaneo Alexandrie. Inteso quanto ne scrivi per toe littere circa el facto de Antonello da Mediolano Melgaro, te respondimo ch’è vero che, ad rechesta de Thomaso et Iuliano di Calmiri, nostri castellani della rocha de Castelleone, gli concedessemo et havemoli facta libera absolucione della condemnacione gli facesti per frosacione de sale per quello tanto che specta alla Camera nostra, nondimanco non volimo, nì intendimo che de quello specta a ti, gli sia facta absolucione alcuna, ma volimo che te lo possi rescodere. Ben dicemo così che havendoli nuy per quello specta alla Camera nostra facto gratia, non ne pare honesto ti gli debbi usare rigiditate in scodere quello specta a ti, ma piutosto clementia et vedere de havere el tuo dovere con humilità et tale che non habia casone dolerse de ti, ma piutosto laudarsi. Mediolani, xxv ianuarii 1452. Iohannes. 109 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 26, Milano. Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano di aver inteso con piacere che Guastamesa, Lutero, Tommaso da Parma e Giovanni da Milano sono disposti a fornire fino a duecento fanti; gli ordina di provvedere che questi abbiano alloggi e tasse. Avendo saputo della controversia tra il vescovo di Tortona e Biagio Assareto, vuole che si porti dal prelato a Stazano e poi a Serravalle e cerchi di comporre la vertenza. 35v Magnifico Conrado de Foliano. Perché Guastamessa, Lutero, Thomaso da Parma et Zohanne da Milano sonno contenti de remettere in tucto fino a ducento fanti, computati quelli che hanno, siamo contenti et volimo che alli dicti ducento fanti faci provedere de lozamenti et dela taxa secondo li ordini nostri, non guardando perhò quelli nostri subditi oltra la loro taxa. Apresso perché siamo avisati de una differentia, quale vertisse tra el vescovo de Terdona et misser Biasio Asareto, et n'è molesta quanto dire se possa, volemo che tu vadi fin a Stazano, ove se ritroverà el prefato monsignore, et deinde ad Serravalle et tegni ogni modo et via adcioché la dicta differentia se levi et una parte et l’altra viva amorevolmente como se conviene. Data Mediolani, die xxvi ianuarii 1452. Cichus. 110 Francesco Sforza scrive al vescovo di Tortona 1452 gennaio 26, Milano. Francesco Sforza scrive al vescovo di Tortona che se prima aveva avuto notizia di dissapori tra lui e Biagio Assereto, adesso ne informazione più precisa da Francesco Capra e non può che auspicarne una composizione per evitare che ne derivi scandalo per l’una e l’altra parte. A fini di rappacificazione ha mandato a Stazano e a Serravalle suo fratello Corrado. Lo stesso messaggio è stato dato a Biagio Assereto. Episcopo Terdonensi. Se prima havevamo notitia della differentia, quale vertisse trala signoria vostra et misser Biasio Axereto, adesso ne siamo più chiari et certi da Francesco Capra, nostro famiglio, retornato da nuy novamente, et ne prendimo una singulare molestia et malcontentamento, per el che nostro desyderio è che cadauno viva amorevolmente et in tranquilità et quiete, como se conviene. Et per queste tale differentie non pono seguire se non carrico, vituperio et scandalo che non saria conveniente nì al'una parte nì al'altra. Pertanto, deliberando che questa tale differentia se levi via, havimo commisso ad Conrado, nostro fratello, che venga a Stazano et a Serravalle, et se sforzi de removere queste tale differentie. Perhò confortiamo, carricamo et strenzemo vostra signoria 36r che voglia essere contenta che la dicta differentia se levi, et non solamente essere contenta, ma etiandio instare et operare che cossì se facia, la qualcosa redondarà ad vostro grande honore et a noy serà acontentamento grandissimo. Data Mediolani, die xxvi ianuarii 1452. Et adcioché ad essa differentia più presto se metta fine, laudamo che la signoria vostra vada ad Stazano a ritrovarse con el dicto nostro fratello, como è dicto. Data ut supra. Cichus. In simili forma domino Blaxio Axareto de Vicecomitibus. 111 Francesco Sforza a Galeotto Spinola 1452 gennaio 26, Milano. Francesco Sforza scrive a Galeotto Spinola che aveva già prima percepito la buona disposizione che lui aveva verso lo Sforza, ma da quello che gli ha riferito Francesco Capra ne ha ora la certezza. Lo esorta a perseverare in tali sentimenti e in particolare a favorire l’impresa contro Filippo Spinola in modo che nulla manchi a portarla a soluzione. Galeocto Spinole. Quantunche prima fossemo advisati dela bona dispositione et cordiale amore tuo verso nuy, nondimeno ne siamo più certi adesso per la venuta de Francisco Capra, nostro famiglio, quale ne ha referito tanto largamente dela fede et boni deportamenti toi in quelle parte che più non se poria dire. Pertanto, commendandote de questo, te confortiamo che vogli perseverare in questa toa dispositione et fare in l'avenire como hay facto de qui indreto, favorezando quella impresa contra Filippo Spinula quanto più poteray, perché nostra intentione è de proseguirla et non lassarli manchare niente per adempirla, como intendaray più largamente dal dicto Francisco, quale è informato pienamente dela intentione nostra; certificandote che facendo como speramo ce sforzaremo farte dele cose te piacerano in modo che te ritrovaray ben contento. Data Mediolani, die xxvi ianuarii 1452. Cichus. 112 Francesco Sforza a Giovanni Filippo Fieschi 1452 gennaio 26, Milano. Francesco Sforza scrive a Giovanni Filippo Fieschi che dalle sue lettere, dal contenuto dei capitoli, dei quali gli ha fatto avere la copia, da quello che gli ha riferito il consigliere ducale e da quanto gli ha detto il suo famiglio, risulta del tutto informato delle sue condizioni. Non aggiunge altro a quello che gli riporterà Giovanni, che è a conoscenza di quanto occorre. 36v Domino Iohanni Filippo de Flischo. Havimo recevuto le vostre littere et inteso quanto ne haveti scripto et quanto se contene neli capituli, deli quali ne haveti mandato la copia, et anche quanto ne hanno dicto il spectabile domino Zohanne Alexandria, nostro consigliero, et questo vostro famiglio. Per el che restiamo del tucto avisati del’essere et dele condictioni dela vostra magnificentia, al che non istendemosi in farvi resposta più oltra, perhò che havimo informato de tucto quanto bixogna il prefato domino Zohanne, per modo che del tuto serà la vostra magnificentia contenta. Siché poderà essa intendersi cum luy, quale domane partirasse da qui, perché se rendiamo certissimi che la restarà contenta et satisfacta. Data Mediolani, die xxvi ianuarii 1452. Cichus. 113 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 gennaio 27, Milano. Francesco Sforza informa il doge di Genova che ha affidato al consigliere ducale Giovanni Feruffini di riferirgli alcune cose, per cui vuole che gli creda appieno. Domino duci Ianue. Havimo commisso al spectabile doctore domino Iohanne Ferufino, nostro consigliero, presente exhibitore, alcune cose, le quale debia referire alla vostra signoria per parte nostra. Pertanto confortiamola et pregamola voglia credergli et dargli piena fede quanto a noy medesmo. Data Mediolani, die xxvii ianuarii 1452. Cichus. 114 Francesco Sforza a Giovanni Filippo Fieschi 1452 gennaio 27, Milano. Francesco Sforza scrive a Giovanni Filippo Fieschi di aver incaricato il consigliere ducale Giovanni di Alessandria di riferirgli il suo pensiero con riferimento a quanto Giovanni Filippo ha scritto, ai documenti inviatigli e a quanto ha saputo dallo stesso Alessandro. Domino Iohanni Filippo de Flischo. Inteso quanto ne ha scripto la vostra magnificentia et le scripture che ne ha mandato, et etiandio quanto ne ha dicto il spectabile domino Iohanne d'Alexandria, nostro consigliero, havemoli commisso che debbia referire alla vostra magnificentia como daluy intenderà. Pertanto piaciavi credergli et dargli piena fede quanto a noy medesmi. Data Mediolani, die xxvii ianuarii 1452. Cichus. 115 Francesco Sforza al doge Pietro di Campofregoso e al Consiglio degli Anziani 1452 gennaio 26, Milano. Francesco Sforza scrive al doge Pietro di Campofregoso e al Consiglio degli Anziani e all’ufficio di San Giorgio di Genova rifacendosi a quanto da persone affezionate a quella comunità e a Milano è stato auspicato: spostare il commercio da Venezia a Genova, rinvigorendo anche, in tal modo, i rapporti di amicizia frale due città con notevole vantaggio di entrambe, e ampliarlo di là dallalombardia alla Toscana. Di ciò lo Sforza ne ha parlato con Diotesalvi, ambasciatore fiorentino, in modo che oltre alla confederazione politica si mirasse al bene comune. Giovanni Feruffiino, consigliere ducale e ambasciatore sforzesco, esporrà loro quale è stata la risposta del Fiorentino. Su ciò lo Sforza si augura che vogliano fermare la loro attenzione e facciano sapere la loro opinione. 37r Domino Petro de Campofregosio duci necnon Consilio Ancianorum et officio Sancti Georgii communis Ianue. Più volte da persone affectionate a quella excelsa comunità et a noy et anche prudente, notabile, et quale hanno praticha et experientia de più cose, ne è stato ricordato che divertendo il commercio dele mercantie et transiti, quale se fa da questa città a Venetia et voltandolo a quella via et città de Zenoa, non solamente (a) se confirmaria et ampliarial'amicicia et naturale binivolentia, quale è frali cittadini d'ambedoe citade (b), ma etiandio ne succederia magna et amplissima utilitade et manifestissimo fructo et beneficio alle parte, la qualcosa, parendone verisimile et non solum desyderando, ma recercando cum ogni cura et industria, quanto intendessimo potere resultare ad commodità et amplitudine, ornamento et bene de quella città, quale amemo equalmente como questa nostra de Milano et como l'anima nostra propria, et consyderando che quanto il dicto comercio abbraciasse più parte, tanto comperaria maiore reputatione et utilità, habiamo posti li pensieri non tanto al facto delombardia, ma etiandio de Toschana, et d'essa materialargamente et copiosamente ne habiamo havuto rasonamente col magnifico Diotesalvi, ambassatore fiorentino, nostro compadre, quale se ritrovò qui presso noy, accioché, como siamo confederati et uniti tucti insieme, cossì se ingegnassemo et con ogni industria et studio se sforzassemo tendere a tucto quello fosse bene commune et chiaramente dimonstrasse in ogni cosal'optima intelligentia et convinctione habiamo insieme, deli quali razonamenti et della risposta soa et del’ordine preso circha de ciò pienamente ne è informato il spectabile cavallero et doctore domino Iohannes Ferrofino, carissimo consigliero et ambassadore nostro, quale remandiamo lì. Siché ve confortiamo et pregamo che intendiati et examinati diligentissimamente, como è vostro costume, ogni cosa, et esso referirà circha de ciò et per executione et redrizamento de tanta facenda cussì relevata et importante caxone et usque adeo laudabile et fructuosissima opera, dal vostro canto non gli lassati manchare niente, avisandovi che 37v nuy anchora dal nostro faremo il simile et gli metteremo ogni cura, industria et diligentia pro viribus, etiam supra vires, et extimaremo che nisuna opera se possa fare d'avanzo in casone che sia de tanta importantia et commodità et reputatione a tucti nuy, et anche debilitatione di communi emuli, como più destexamente anchora referirà esso missere Iohanne. Parati ex corde in omnibus fraternitati et amicicie vestre beneplacitis. Data Mediolani, die xxvi ianuarii 1452. Cichus. (a) Segue non solamente espunto. (b) Segue de depennato. 116 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 27, Milano. Francesco Sforza ordina a Corrado da Fogliano e al referendario di Alessandria che diano ai soldati e provisionati stanziati ad Alessandria frumento per un mese in modo che abbiano di che vivere. Magnifico Conrado de Foliano et referendario civitatis Alexandrie. Adcioché tucti li soldati et provisionati nostri stantiati lì in Alexandria habiano il modo de poterse sustentarse la vita, siamo contenti, et cussì ve commettiamo et volimo che, recevuta questa, gli faciati dare frumento per uno mese, como elli stato dato per il passato, como etiandio vi scriveno li Magistri dele intrate nostre, adcioché essi possano vivere et non habiano ad reclamare. Data Mediolani, die xxvii ianuarii 1452. Cichus. 117 Francesco Sforza al podestà di Tortona 1452 gennaio 27, Milano. Francesco Sforza dice al podestà di Tortona che Francesco degli Opizoni da Montegioco, castellano di Nazano, contesta a Tortona di non attenersi all’impegno fatto con atti pubblici di preservare Nazano esente dai carichi occorrenti. Il duca vuole che, convocato chi di ragione, il podestà renda giustizia. Potestati Terdone. Ne ha facto significare Francisco deli Opizoni da Monteioco, nostro castellano de Nazano, che quella nostra comunità, già per soe littere et scripture publice, se obligò ad preservarlo exempto, et mò, non gli servando le promesse, lo lassano gravare in li carichi occorrenti. Et pertanto volimo et te commettimo che, vocatis vocandis, tu intendi l'una parte et l'altra, et faci ragione ita che veruna dele parte non habia digna cagione de querella. Data Mediolani, die xxvii ianuarii 1452. Cichus. 118 Francesco Sforza a Luca Schiavoni 1452 gennaio 28, Milano. Francesco Sforza, in risposta a quanto richiestogli, comunica a Luca Schiavoni di aver scritto a Niccolò da Palude, famiglio ducale, di dargli cento fiorini per il grande bisogno in cui versa, avvisandolo che glieli farà trattenere poi. Lo rassicura che, assecondando la sua richiesta, non lo lascerà in condizioni di massarizio. 38r Luce Sclavoni. Havemo veduto quello ne scrivi per la toa littera del bisogno tuo, pregandone etiam che non vogliamo lassarti in massaricia, et cetera. Respondendo, te dicemo che noy credemo el bisogno tuo sia como scrivi, ma te confortiamo a stare de bona voglia perché noy provederimo ad ti et ad li altri per modo sareti ben contenti. Nuy scrivemo a Nicolò da Palude, nostro famiglio, quale è lì, che debia darte fiorini cento, siché solicita de haverli, le quale te diamo per lo extremo bisogno nel quale dici te trovi. Ma te advisamo che deli primi denari correrano alli altri, noy te li farimo retenere, confortandote a stare de bona voglia, perché quando sarà il tempo noy non te lassarimo in massaricia. Data Mediolani, die xxviii ianuarii 1452. Iohannes. 119 Francesco Sforza al podestà di Bosco 1452 gennaio 28, Milano. Francesco Sforza ordina al podestà di Bosco di amministrare giustizia con rito sommario in modo che Deodato dalla Cerra abbia le biade che gli devono i suoi debitori per poter riscuotere le biade di Biasino Spongato. Potestati Buschi. Adcioché Deodato dalla Cerra possa scodere et conseguire le biade de Biasino Spongato, como ha arbitrio de fare, te commettiamo et volimo che al dicto Deodato ministri rasone summaria et expedita contrali debitori d'esse biade et faci ch’el sia satisfacto de quelle biade che debitamente deve havere. Data Mediolani, die xxviii ianuarii 1452. Cichus 120 Francesco Sforza al podestà del Castellazzo 1452 gennaio 28, Milano. Francesco Sforza comanda al podestà del Castellazzo di provvedere che a Deodato dalla Cerra sia rispettato, per i vari carichi, lo stato in cui si è trovato fino al presente. Potestati Castellacii. Non intendendo che Deodate dala Cerra sia in pezore condictione per rispecto alli carichi et altre cose occurrente che sia stato fin a qui, volimo provedi che gli sia observato quello gli è stato observato fin qui, et non sia in pezore condictione che sia stato per lo passato. Data Mediolani, die xxviii ianuarii 1452. Cichus. 121 Francesco Sforza a Niccolò da Palude 1452 gennaio 28, Milano. Francesco Sforza, rispondendo a Niccolò da Palude, gli fa sapere che per il fatto che Giacomo Biglia goda della possessione già di Giacomino da Palude che il duca ha donato a lui e ai suoi fratelli, ammette di non capire perché Biglia sostiene di essere d’accordo con suo fratello Daniele. Quanto ai detti suoi fratelli che vorrebbero essere assunti ai servizi ducali, lo Sforza osserva che le troppe spese gli impediscono di accontentarli. Lamenta la lentezza di coloro che beneficiano delle licenze delle biade in quanto non le cavano nei termini fissati nelle licenze: faccia, quindi, una grida che avverta chi ha la licenza per condurre biade entro 15 giorni che, a termine scaduto, ogni licenza è revocata. Rispetti ciò che è stato concesso a Biagio Assereto e a Facino Ragio. Osservi, infine, per i denari del carro quello che è stato stabilito. 38v Nicolao de Palude. Inteso quanto ne scrivi per toe, te respondemo, et primo, alla parte de Iacomo Biglia, quale dici goldi la possessione che fo de Iacobino da Palude, che havemo donata a ti et alli tuoy fratelli, che non sapemo che facte in questo, perché luy dice essere d'acordio cum Daniel, tuo fratello. Delli tuoy fratelli, quali voriano essere alli nostri servicii, dicemo faressimo volontera cosa ve fosse grata, ma se troviamo al presente tanto gravati de spesa che non poressimo anchora servirgli né compiacerli, perché ne bisognino per toglierne viala spesa de quelli soldati havemo dentro in Alexandria. Delle licentie delle biave, dicemo che ti in questo te sey portato molto lentamente, perché devi admonire ogniuno che devesse cavare le biave in el termino contento in le loro licentie, et cossì volimo, visis presentibus, faci fare una crida che qualuncha ha licentia de tracta de biave fra xv dì. Da poy, factala crida, ognuno l'habia cavata perché, spirato lo dicto termino, tucte le licentie se intendeno essere spirate et revocate. De misser Biasio Assereto et Facino Ragio siamo contenti gli observi quello gli è stato concesso. Delli denari del caro, sforzati exequire presto quanto te è stato scripto et ordinato. Data Mediolani, die xxviii ianuarii 1452. Cichus. 122 Francesco Sforza a Francesco Gentili 1452 gennaio 29, Milano. Francesco Sforza comanda a Francesco Gentili di essere da lui alle xx del prossimo lunedì con solo due cavalli perché lo deve inviare in un posto per cose importantissime. Francisco de Gentilibus. Havemo ad mandarti in uno loco per cose a noy importantissime, siché, subito havuta questa, vola qui da noy et fa che infallanter sii qui lunedì proximo ad hore xx, se pensi may farne piacere alcuno, et menaray con ti solamente doy cavalli. In questo non sia fallo, né manchamento de una hora. Data Mediolani, die xxviiii ianuarii, hore 18. Cichus. 123 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 28, Milano. Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano che non deve più preoccuparsi di cercare denari a Genova, ha rimesso il problema dei denari al consigliere ducale Giovanni di Alessandria e per i fanti da mandare a Francesco Capra, ne ha fatto parola e affidato il problema allo stesso Francesco. Ha inteso quello che, per suo conto, gli ha riferito Giovanni Giappano sul criticabile comportamento di Ludovico da Bologna e di Lancilotto da Parma: interverrà. Il medesimo Giovanni gli ha parlato del capitano della cittadella: provvederà. Quanto al provvisionato Giovanni Picinino, se lo manda da lui, lo farà mettere in un’altra squadra. Circa la necessità di far fortificare le terre e alla richiesta di un supervisore, le faccia fortificare, ma sovraintenderà ai lavori Corrado stesso. Interverrà per gli uomini di Pavone che sono andati da lui. 39r Magnifico Conrado de Foliano. Havemo recevuto le toe littere et, inteso quanto ne scrivi circha il facto de recerchare li denari a Zenova, et cossì deli cinquanta fanti, quali novamente te havimo scripto mandasti a Francisco Capra, et cetera, ale quale, respondendo, ti dicimo, et primo, alla parte delli dicti denarii, che nuy havemo commesso quanto bisogna sopra questa facenda al spectabile doctore et cavalero, nostro consigliero, domino Iohanne de Alexandria, quale havimo mò novamente mandato là, siché tu non haveray più a sentirne faticha, perché luy providerà al tucto secondo è informato da noy. Ala parte deli dicti fanti, havimo similmente dicto a boccha al predicto Francisco quanto bisogna, siché mò tu non haveray ad passare più oltra. Ceterum havimo inteso quanto, per toa parte, ne ha dicto Zohanne Giappano deludovico da Bologna et delanzalocto da Parma, quali poteriano deportarse meglio che non fanno. Dicemo hay facto bene ad avisarne perché providerimoli secondo che ne parerà meglio. Ne ha dicto etiandio dicto Giovane alcune cose del capitaneo de quella cittadella nostra per parte toa, per el che commendiamo il ricordo tuo et providerimoli. El ricordo (a) che ne fay fare de Zohanne Pecinino, provisionato, ne piace et perhò dicimo che, se lo mandi qua da noy, lo farimo mettere in un'altra squadra. Alla parte de fare fortificare tucte quelle terre et che gli vogliamo fare deputare uno soprastante, et cetera, ti dicimo che ne pare siano fortificate, ma non ne pare bisognare de soprastante, perché andando tu per esse terre et ordinando con l'homini quanto ti parerà bisognare per la fortificatione d'esse, farano dicti homini per loro più che se li fosse soprastante, siché poderay tu andare a soprain(ten)dere et ordinare quanto ti parerà bisognare. Alla parte delli homini da Pavone, ti havisamo che sonno venuti qua da noy et providerimoli secondo che ne parirà meglio. Data Mediolani, die xxviii ianuarii 1452. Iohannes. (a) Segue tuo depennato. 124 Francesco Sforza al referendario e al tesoriere di Alessandria e all’ufficiale delle bollette 1452 gennaio 29, Milano. Francesco Sforza scrive al referendario e al tesoriere di Alessandria e all’ufficiale delle bollette che, dovendo servirsi di Bertolo da Cotignola, castellano della rocca della porta di Alessio, per faccende ducali importanti, ordina al tesoriere di dargli cento lire in prestanza da comunicarsi ai Maestri delle entrate perché vengano poi compensate nel suo servizio. 39v Referendario et thesaurario Alexandrie, necnon officiali buletarum ibidem. Perché havemo ad operare in nostre facende importantissime Bertholo da Cotignola, castellano della rocha dela porta de Alessio de quella nostra città, volemo gli faciati la monstra della cassatione soa et gli faciati exborsare et exborsi tu, thesaurere, libre cento de imperiali in prestanza, et de tale exborsatione avisatene li nostri Magistri del'intrate acciò le possano compensare nel suo servito, spazandolo presto. Data Mediolani, die xxviiii ianuarii 1452. Cichus. 125 Francesco Sforza a Giovanni Trotti 1452 gennaio 30, Milano. Francesco Sforza ordina a Giovanni Trotti di recarsi da lui. Iohanni Galeaz de Trotis. Havendo noy ad conferire con ti de alcune cose, volimo che subito tu venghi da noy, et non manchi. Data Mediolani, die penultimo ianuarii 1452. Cichus. 126 Francesco Sforza a Pietro Accettanti 1452 gennaio 30, Milano. Francesco Sforza ordina a Pietro Accettanti di non molestare Giovanni Galeazzo Trotti né il figlio per i denari dell’ebreo fino a che egli non sia stato dal duca. Revochi ogni novità che eventualmente gli abbia fatta. Petro de Aceptantibus. Per certo digno respecto volimo che tu non daghi impazo alcuno per li denari del’ebreo al nobile Iohanne Galeazo Trotto, né al figliolo finatanto ch’el dicto Iohanne Galeazo non sia stato qua da noy; et se forse gli havesse facto novitate alcuna, volimo che subito tu la revochi et faci revochare. Data Mediolani, die penultimo ianuarii 1452. Cichus. 127 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 gennaio 29, Milano. Francesco Sforza assicura il doge di Genova di aver provveduto ad avviare la ricerca di Antonello da Treviso fuggito da Giovanni del Negro, da Cristoforo della Morta e da Antonino Gatto, abitanti di Chiavari, con robe loro. Ha scritto al podestà di Castell’Arquato. Abbisognando d’altro, si dice sempre pronto. Domino duci Ianue. Havemo veduto quanto per una soa ne scrivi la signoria vostra in recommendatione de Iohanne del Negro, Christoforo della Morta et Antonino Gatto, abitanti al loco de Chiaveri per la fuga ha facto Antonello da Trevise 40r aloro debitore de bona quantità de robbe et de dinari. Et per satisfare alle recerche della signoria vostra in questo, como siamo desiderosi in tucte le altre cose, gli havemo facto dare bona expedictione et per littere nostre patente et dirrective al podestà de Castello Arquato, quale porta il presente messo, como la signoria vostra vederà, per modo non dubitamo che, trovandose dicto Antonello nel dominio nostro o delle cose soe, conseguirano loro debito, et bisognando per questo o per altra cosa fare altro, essendo noy advisati, ne sforzarimo sempre conpiacere alla signoria vostra, alli cui piaceri siamo continuo apparecchiati. Data Mediolani, die xxviiii ianuarii 1452. Cichus. 128 Francesco Sforza al podestà del Castellazzo 1452 gennaio 30, Milano. Francesco Sforza scrive al podestà del Castellazzo che gli concede la licenza chiesta, fattagli tramite Baldassare di Barci, di assentarsi per venti giorni dall’ufficio per portarsi a Milano purché lasci un sostituto idoneo. Potestati Castellacii. Baldesaro di Barci ne ha rechiesto per toa parte che te vogliamo concedere licentia che tu te possi absentare dal’officio et venire qui ad Milano per xx dì per expedire alcune toe facende, donde noy per compiacerte gli habiamo resposto che siamo contenti et cossì per la presente te concedemo liberalicentia che tu te possi absentare del tuo officio per xx dì et venire qui ad Milano, lassando imperhò tui loco una persona ydonea, sufficiente et fidata che supplischa a tucte quelle cose che faresti tu medesmo pertinente al dicto officio. Data Mediolani, die penultimo ianuarii 1452. Iohannes. 129 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 gennaio 29, Milano. Francesco Sforza rimprovera Corrado da Fogliano per la richiesta fatta alle comunità circostanti di masserizie e forniture. Vuole che al suo ritorno convochi il luogotenente di Bassignana e gli riferisca poi quanto gli avrà esposto. 40v Magnifico Conrado de Foliano. Respondendo ad alcune toe littere, quali più dì fa ne hay scripto circha la rechesta che fay a tucte quelle communitate circumstante, perché ti debiano darti delle massaricie et fornimenti, et cetera, ti dicimo che non pare bene honesto che tu debii fare tale rechiesta alle dicte communitate, perché ne poderesti essere imputato et esserti dato calumnia et infamia; perhò non vogliamo che faci più la dicta rechiesta, adcioché niuno habia de poderse gravarsi de ti. Ceterum havimo per un'altra toa inteso quello ne scrivi del locotenente de Bassignana, del che ne rimanemo avisati, al che non accade altra resposta se non che, como seray retornato, siamo contenti intendi da luy quanto ti vorrà dire, et poy subito ne advisaray. Data Mediolani, die xxviiii ianuarii 1452. Cichus. 130 Francesco Sforza a Paolo Pinzamatti 1452 gennaio 31, Milano. Francesco Sforza scrive a Paolo Pinzamatti per sapere se veramente Giovanni Barbiano non ha ricevuto la lettera con cui il duca gli comunicava che doveva andare a Ferrara con il figlio Galeazzo. Siccome il referendario di Parma asserisce che lui, Paolo, ha consegnato le lettere a Giovanni Barbiano, vuole da Paolo sapere come sono realmente andate le cose. Paulo de Penzamatis. Al dì xii del presente mese scripsemo ad domino Iohanne da Balbiano che devesse andare a Ferrara con Galeazo, nostro figliolo, et luy dice non havere havute le nostre et per questo essere restato de andare col prefato nostro figliolo. Et perché el nostro referendario de Parma ne dice che tu debie havere presentate dicte nostre littere al prefato misser Iohanne, volimo che, subito recevuta questa, ne advisi per toe littere quello che say de dicte lettere nostre che se dirisavano ad esso domino Iohanne, et scrivene el proprio vero che siamo chiariti de questo, et presto. Data Mediolani, die xxxi ianuarii 1452. Iohannes. 131 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 1, Milano. Francesco Sforza siccome è venuto a sapere che la terra del Castellazzo è male fortificata e inadatta alla difesa, vuole che Corrado da Fogliano si rechi sul posto e contatti gli uomini che debbono provvedere a quanto è necessario. 41r Magnifico Conrado de Foliano. Havimo inteso che la nostra terra del Castellacio è molto male serata, male forte e male apta ad defenderse in li casi che potessero occorrere, il che, ultra li scandoli che ne poteriano resultare, ne pare una grandissima vergogna et al’homini de quella terra, et ad chi l'ha ad revedere. Pertanto volimo che tu te transferisse fin a là et induchi li homini delì per ogni modo ad farli quella provisione serà necessaria. Et ad questo mette bona diligentia et cura. Data Mediolani, die primo februarii 1452. Cichus. 132 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 1, Milano. Francesco Sforza ricorda a Corrado da Fogliano di avergli scritto di indurre gli uomini di Pavone a prestare il giuramento di fedeltà al conte Otto da Mandello e l’aveva anche informato che detti uomini l’avevano circa ciò di persona assicurato, vuole che li induca a tale atto, certi che il conte li tratterà bene, perché altrimenti interverrà lui. Magnifico Conrado de Foliano. Per altre nostre littere dalaude a xvi del presente, ti scrissemo che tu inducesse l’homini da Pavone a fare la fidelità al conte Octo da Mandello; et tunc te avisassemo ch'essi homini erano stati da noy et gli havevamo dato ad vedere che omninamente volevamo che gli facesseno la fidelità et credevamo gli (a) l'havesseno facta, et pur sentimo che non. Pertanto volimo che con bono modo tu induchi dicti homini a fare la dicta fidelità, certificandoli che havemo tale promesse dal dicto conte ch’el gli farà boni tractamenti, et quando pur non gli facesse bona compagnia, che non credino, avisarce noy che gli provederimo, ma per ogni modo a noy pare che de presenti se gli faza fare la dicta fidelità. Data Mediolani, die primo februarii 1452. Cichus. (a) Segue la depennato. 133 Francesco Sforza a Ludovico di Chalon sur Saone 1452 giugno 15, Milano. Francesco Sforza ricorda a Ludovico di Chalon sur Saone, principe Auriaci, di avergli raccomandato il detenuto medico Giovanni de Cochis, già suo medico e cittadino di Vigevano e di essergli stato risposto che lo si tratteneva ancora alcuni giorni. Ma non sono passati giorni, bensì mesi sono trascorsi. Il duca nuovamente supplica Ludovico che, per spirito umanitario e in esecuzione della sperata data, oltre per compiacergli, si comporti benignamente con Giovanni e lo rimetta in libertà, memore più dei suoi servizi che delle sue colpe. 41v Domino Ludovico de Cabilone, principi Auriaci. Alias cum vobis in comendationem et favorem detenti (a) de commissione domini magistri Iohannis de Cochis, olim phisici vestri et opidani nostri Viglevani scripsissemus, responsum habuimus quod aliquibus adhuc illum diebus retineri deliberabitis, quibus pretereuntibus, rem nobis in hoc gratam faceretis. Itaque, cum non solum complures dies, verum etiam menses transacti sunt, quiquidem ei propter in commoditatem carcerum et libertatis privationem anni videntur. Fraternitatem vestram denuo maiore prece et instantia rogamus ut, pro humanitate et benignitate sua, pro date spei executione et effectu et nostra quidem contemplatione, cum eo magistro Iohanne gratiose agat et libertati pristine (b) restituat et obsequorum potius in eandem vestram fraternitatem suorum meminerit quam quod in aliquem sit errorem prolapsus, quod quidem principis proprium fuerit offitium et nobis quam acceptissimum, qui, et illud idem in consimili casu, intercessione vestra, faceremus et paratos nos offerimus ad singula fraternitati vestre beneplacita. Data Mediolani, die xv iunii (c) 1452. Cichus. (a) Segue in commendationem depennato. (b) Segue quam depennato. (c) In A ultimo ianuarii; xv in interlinea su ultimo depennato e iunii corretto su ianuarii. 134 Francesco Sforza a Bertolino da Gromello e Antonio da Marcenasco 1452 febbraio 1, Milano. Francesco Sforza fa presente a Bertolino da Gromello e ad Antonio da Marcenasco che, nei giorni scorsi, fece comprare alcuni buoi, ma, tra Chivasso e Saluggia, da alcuni uomini della loro squadra fu assaltato il suo famiglio e gli fu portato via un bue, che ora chiede che gli sia restituito, non tanto per il suo valore, ma perché non vuole gli venga sottratto il suo. Bertolino de Gromelo et Antonio de Marcenasco. Strenui amici nostri carissimi, alli dì passati havendo noy facto comperare alcuni (bovi) in quelle parte, fu assaltato il nostro famiglio che conduceva dicti bovi tra Chivase et Salugii per alcuni de quelli della vostra squadra, et gli tolsero uno bove delli nostri, della qualcosa ne siamo alquanto meravigliato. Pur siala cosa como se voglia, ve confortiamo et caricamo vogliati servare tal modo et via che al presente portatore, nostro messo, sia restituito dicto bove, altramente ad noy serà necessario provedere in modo che rehaveremo dicto bove, et questo non per valuta del bove ma per non volere comportare ne sia tolto il nostro. Siché iterato ve confortiamo ad fare restituire esso bove al nostro messo. Data Mediolani, die primo februarii 1452. Cichus. 135 Francesco Sforza a Giovanni e Guglielmo di Monferrato 1452 febbraio 1, Milano. Francesco Sforza chiede al marchese Giovanni e al fratello Guglielmo di Monferrato che gli venga restituito il bue che dei loro uomini tolsero, sulla strada tra Chivasso e Saluggia, a un suo messo, da cui aveva fatto comperare dei buoi. 42r Domino Iohanni marchioni et Guielmo, eius fratri, de Monteferrato. Venendo l'altro dì uno nostro messo cum alcuni bovi che nuy havemo facto comperare in le parte del canto delà, quando fo tra Chiavase et Salucie forono assaltati d'alcuni deli vostri et gli fo tolto uno deli nostri bovi, la qual cosa, siamo certi, è stata facta contrala volontà delle signorie vostre. Pertanto pregamo et confortiamo le prefate signorie vostre che gli piacia provedere in tal modo et forma che dicto bove sia restituito al presente portatore, nostro messo, perché il simile faressimo noy verso le cose vostre. Data Mediolani, die primo februarii 1452. Cichus. 136 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 febbraio 1, Milano. Francesco Sforza raccomanda al doge di Genova la conclusione della causa di Giovanni e di Sebastiano, fratelli degli Figliodoni di Castell’Arquato che si trascina da undici mesi senza che detti fratelli conseguano soddisfazione del loro debito, nonostante le sentenze e i decreti già emessi da quella comunità. Lo invita, perciò, a provvedere. Si è scritto a tal proposito anche al doge e alla comunità di Genova. Domino duci Ianue. Altre volte, como siamo certi se ricorda bene vostra fraternitade, gli recomandassemo strectamente Giovane et Sebastiano, fratelli delli Figliodoni di Castello Arquà per certe soe cause hanno ad agitare con quella vostra excelsa comunità, demonstrando quanto haveressimo grata et carala soa expedictione, perché li havemo sempre conosciuti bene affectionati a nuy et alle cose nostre. Como se siala cosa daloro, siamo avisati che sonno tenuti già sonno xi mesi in longeze nelle dicte soe cause. Et bene che le rasone soe siano chiare per sententie et decreti de quella excelsa comunità, nondimeno non hanno anchora possuto consequire el suo debito, del che pur se maravigliamo, né crediamo perhò sia manchato dala vostra fraternitade, la quale siamo certi sempre tractarà li nostri bene et benignamente, et, imperhò, ne è parse de novo essi fratelli alla prefata vostra fraternitade quanto più possemo recommandare, pregandola gli piacia fare provisione che siano hormay expediti et satisfacti mediante la iustitia 42v et per nostra contemplatione anchora, perhò che l'haverimo acceptissimo da essa fraternitade, ala quale sempre desyderamo fare cosa gli piacia et grata. Et perché la preghe la prelibata vostra fraternitade intenda che habiamo ad animo questa facenda, habiamo subscripta questa littera de nostra propria mano. Data Mediolani, die primo februarii 1452. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Iohannes. In simili forma scriptum fuit sive continentia duci et communitati Ianue simul. Data ut supra. Iohannes. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. 137 Francesco Sforza a Battista de Burgo 1452 febbraio 2, Milano. Francesco Sforza risponde a Battista de Burgo che, per compiacere Battista da Fenino, maestro di lance a Pallanza, vuole gli consenta che, per uso della sua casa e dei lavoratori che tiene per fare lance, asce e altro, possa condurre mensilmente dal Novarese a Pallanza venticinque moggi di grano fino a tutto maggio. Respondendo alla toa lettera dicemo che per compiacere ad Baptista da Fenino, maestro de lance in Palanza, siamo contenti et volemo che per uso de casa soa et delli lavorenti che lui tene per fare lanze, asse et altre cose, gli debie concedere licentia ch’el possa condure dal Novarese a Palanza ogne mese moza venticinque de formento, havendo imperhò bona advertentia che sotto dicta licentia non conducesse più biava che la dicta somma de moza xxv ogni mese. Data Mediolani, die ii februarii 1452. Intendendo che dicta licentia vaglia per tucto lo mese de magio proximo futuro. Data ut supra. Cichus. 138 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 febbraio 3, Milano. Francesco Sforza vuole che Ludovico da Bologna riscuota con sollecitudine tutto quello che spetta allo stato e, in particolare, la tassa del carriaggio procedendo realmente e personalmente contro comunità e persone. 43r Ludovico de Bononia. Perché il bisogno nostro rechiede che da cadauno nostro debitore sia con celerità retracto tucto quello debbiamo havere, maxime per casone del carro, ti commettiamo et volimo che debbi procedere realmente et personalmente contra qualunque comunità o altre persone debitrice per dicta casone, facendo ogni virile executione per modo che presto rehabiamo il nostro devere, avisandote che quando non se rescoda con celerità dicto nostro devere, nuy lo imputarimo a ti. Data Mediolani, die iii februarii 1452. Cichus. 139 Francesco Sforza al podestà di Ceredino (1452 febbraio 3, Milano). Francesco Sforza ricorda al podestà di Ceredino di avergli scritto che costringa il fornaciaio Beltrammo da Caneyda a soddisfare l’aulico ducale Baldassarre di Barzi di quanto gli aveva promesso. Cerchi con mezzi legali di indurre Beltrammo a saldare il suo debito con Baldassarre. Potestati Ceredini. Già altre volte ne recordiamo haverte scripto che dovesse astrengere Beltrammo de Caneyda, fornaxiaro ad far il debito al nobile aulico nostro dilecto Baldassarro di Barzi per la casone che in le altre nostre littere te havimo scripto et fin qui par ch’el dicto Beltrammo habia dito parole senza alcuno effecto al dicto Baldassarro. Pertanto vogliamo debie provedere a far ch’el dicto Beltrammo observi al dicto Baldassarro quello che gli ha promesso, come per littere del dicto Baldassarro seray advisato. Et non servandogli dicta promessa, siamo contenti et vogliamo debbi ministrare raxon summaria et expedita al dicto Baldassarro contra el dicto Beltrammo per omnia iuris remedia, siché mediante la raxone consegua presto el debito suo. Data ut supra. Iohannes. 140 Francesco Sforza a Sagramoro da Parma 1452 febbraio 5, Milano. Francesco Sforza ordina a Sagramoro da Parma di ammonire i suoi uomini che se verranno trovati a trasportare abusivamente frumento, saranno puniti, come accadrà ai due suoi saccomanni sorpresi dalla famiglia del capitano del distretto di Alessandria mentre, contro gli ordini ducali, portavano del frumento a Castelnuovo. Richiami anche Giovanni Ameraldo perché non impedisca al capitano ducale di esercitare il suo ufficio, come fece quando, con altri, derubò dei cavalli gli uomini del capitano di Alessandria che traducevano a Tortona i due predetti saccomanni. 43v Segramoro de Palmia. Havendo la famiglia del nostro capitaneo del districto d’Alessandria preso duy sacomani de tuoy, quali conducevano frumento a Castello Novo contrali ordini nostri, et essendo essi sacomani conducti a Terdona con li cavalli, Zohanne Ameraldo con alcuni altri toy homini d’arme gli volseno tore per forzali dicti cavalli, che è stato molto deshonesto acto et a nuy è tanto molesto quanto dire se potesse. Pertanto volimo admonisse tucti li tuoy che da mò inanzi se contengano da condure li dicti frumenti, perché, se sarano trovati in delicto, li faremo molto bene punire, como è nostra intentione che li dicti duy siano puniti, et trali altri reprende dicto Zohanne et compagno de quello hanno facto, certificandoli che se non (a) lassarano exercere lo officio suo al capitaneo, li farimo retrovarse malcontenti. Data Mediolani, die v februarii 1452. Iohannes. (a) Segue lo depennato. 141 Francesco Sforza a Paolo Pinzamatti 1452 febbraio 5, Milano. Francesco Sforza loda Paolo Pinzamatti, capitano del distretto di Alessandria, per la cattura dei due saccomanni, ai quali ora va amministrata giustizia, e lo avverte di aver scritto a Sagramoro perché ammonisca i suoi uomini di smetterla dal commettere tali reati e dal trasportare abusivamente sale e grano. Paulo de Penzamatis, capitaneo destrictus Alexandrie. Respondendo ad una toa circha il facto de quelli duy sacomani, quali hay destenuti, et cetera, et del’opera facta per quelli de Sagramoro in volere tuore li cavalli, et cetera, te ne commendiamo et piacene da uno canto che l'haby destenuto, dal’altro ne rencresce che, contrali tuoy sia facta quella novità quale ne scrivi. Et acciò sapii l’intentione nostra circha de ciò, dicemo che ad quelli sacomani, quali hay destenuti, debi fare rasone, avisandote che nuy scrivemo per l'alligata a Sagramora facia che li suoy desistano da comittere simili excessi et da condure el sale et grano contrali ordini nostri et che, incapandosse, habbia patientialuy, et li suoy che gli sia facto rasone. Data Mediolani, die v februarii 1452. Iohannes. 142 Francesco Sforza a Lancilotto da Parma 1452 febbraio 5, Milano. Francesco Sforza informa Lancilotto da Parma che scrive al capitano di Casteggio perché trovi modo di sistemare, al di là dei ventuno cavalli già alloggiati, anche i rimanenti cinquantanove. 44r Lanzalocto de Parma. Havemo recevuto la toalittera per la quale ne advisi deli 80 cavali debbe fare allozare el capitaneo de Chiastezo, deli quali pare non ne habia allozato se non xxi, de che remanemo advisati et al dicto capitaneo scrivemo per l'alligata per modo provederà de allozamento ad quelli lviiii che restano. Data Mediolani, v februarii 1452. Cichus. 143 Francesco Sforza al podestà di Felizzano 1452 febbraio 6, Milano Francesco Sforza comanda al podestà di Felizzano di consentire a ogni messo del conte Gaspare da Vimercate di liberamente trasportare da lì al Castellazzo cinquanta some di biada per cavalli. Potestati Felizani. Siamo contenti et volimo che a cadauno messo del spectabile conte Gasparro da Vicomercato concedi licentia de condure dalì al Castellazo fin a cinquanta some de biada da cavalli per uso delli cavalli soy, liberamente et senza exceptione et contradictione alcuna. Data Mediolani, die vi februarii 1452. Cichus. 144 Francesco Sforza risponde a Manfredo di Manfredonia 1452 febbraio 6, Milano. Francesco Sforza risponde a Manfredo di Manfredonia, che s’era offerto ai suoi servizi, di avere già tanta gente da piede e da cavallo. Lo avverte che scriverà a Firenze perché, nel caso ne avessero bisogno, venga lì accettato. Manfredo de Manfredonia. Havimo recevuto le toe littere et inteso quello ne scrivi del desyderio tuo in volere essere alli nostri servicii, et cetera. Respondendo te dicemo che noy te vederessimo volontera et te acceptarissimo gratiosamente nelli nostri servicii, perché sapiamo l'amore che ne porti et quanto sey affectionato al bene nostro, ma ti avisamo che al presente non ti possimo acceptare, perhò che havimo il caricho de tante gente da pede et da cavallo che quasi non sapiamo dove governa(r)le. Pur nondimeno, perché ti portiamo singulare affectione et amore, ti avisamo como scrivimo a Fiorenza in favore et commendatione toa, per el che poderay lì circhare lo acconcio tuo et, havendo loro bixogno de ti, siamo certi farano per nostra consyderatione cosa che ti piacerà. Data Mediolani, die vi februarii 1452. Cichus. 145 Francesco Sforza a Giovanni dalla Noce 1452 febbraio 6, Milano. Francesco Sforza ringrazia Giovanni dalla Noce per gli avvisi e i fabbisogni segnalati. Lo sconsiglia di rispondere immediatamente all’invito di Guglielmo di Monferrato, e ciò per mostrare un certo riguardo verso i provveditori di Venezia che si trovano di là. Si dice d’accordo che, trascorsi dei giorni, lo incontri in qualche posto. 44v Domino Iohanni dela Nuce. Per tre vostre littere, quale havemo recevute, restiamo advisati delle occurrentie de quelle parte et deli advisi quali ne haveti dati, che ne sonno stati molto grati et ve ne commendiamo, et non ce accade altra resposta se non che aspectiamo intendere da vuy li altri advisi quali sperati de darne. Alla parte della rechesta ve ha facto el signore Guilielmo del’andare dala signoria soa, dicemo che deveti monstrare de non farle cura per rispecto deli proveditori Venetiani che sonno delà, acciò non para se fatia mercantia di facti nostri, ma se passati alcuni dì vi parirà de condurvi in qualche loco ad aboccharse honestamente con sì, siamo contenti ne faciati secondo ve pare, benché intendiamo molto bene li facti soy, et habiati advertentia a fare questo con bono modo et non cossì presto como è dicto. Data Mediolani, die vi februarii 1452. Cichus. 146 Francesco Sforza ai preposti agli affari di Novara 1452 febbraio 6, Milano. Francesco Sforza ordina ai preposti agli affari di Novara che mandino da lui il prossimo martedì due loro ambasciatori. Presidentibus negociis Novarie. Per alcune cose che ne accadeno ve carichamo che subito vogliati mandare qua da noy duy ambassatori, quali se ritrovino qua martedì a bona hora. Et in questo non sia fallo né exceptione alcuna. Data Mediolani, die vi februarii 1452. Cichus. 147 Francesco Sforza al podestà e al commissario di Tortona 1452 febbraio 6, Milano. Francesco Sforza ordina al podestà e al commissario di Tortona che a Francesco Gentile, suo cancelliere, oltre che cittadino tortonese, come pure ai suoi fratelli, siano del tutto osservati privilegi ed esenzione ed egualmente in tutto il resto siano trattati nello stesso modo in cui è tenuto il tortonese Antonio Guidobono, segretario ducale. Potestati et comissario Terdonensi. Nostra intentione è che al nobile Francisco Gentile, nostro dilectissimo cancillero, et citadino de quella nostra (a) città, et cossì a suoy fratelli, siano penitus observati le soe exemptione et privilegi ad unguem, et che, etiam in reliquis omnibus, siano preservati et tractati in quello medesmo modo, condictione et forma quemadmodum è tractato et preservato Antonio Guidobono, nostro secretario, citadino de quella nostra città. Pertanto vogliamo che debiati exequire et observare questa nostra intentione, remossa ogni exceptione. Data Mediolani, die vi februarii 1452. Cichus. (a) nostra in interlinea. 148 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 febbraio 7, Milano. Francesco Sforza, siccome sono arrivati da lui gli ambasciatori di Pontecurone e non li potrà ricevere senza la sua presenza, vuole che Ludovico da Bologna vada immediatamente da lui con il quadernetto degli alloggiamenti. 45r Ludovico de Bononia. Perché li ambassatori de Pontecurone sonno venuti qua da noy et non li possiamo spazare se tu non sey qua, pertanto ti commettiamo et volimo che, recevuta questa, subito venghi qua da noy portando con ti il quatterneto del compartito delli allozamenti, avisandoti ch’essi non se partirano da qui finché non sii venuto. Data Mediolani, die vii februarii 1452. Iohannes. 149 Francesco Sforza al marchese del Monferrato 1452 febbraio 7, Milano. Francesco Sforza scrive al marchese del Monferrato che è stato da lui Paolo da Firenze e, in nome del marchese, ha chiesto dei salvacondotti che il duca gli ha dati. Domino marchioni Montisferrati. Ser Paulo da Fiorenza è stato da noy et, in nome della vostra excellentia, ne ha rechiesto alcuni salviconducti, li quali volontera havimo facto fare in quella propria forma che ne ha exhibita dicto ser Paulo, et aluy gli havimo facto dare. Offerendose sempre alli piaceri della vostra signoria, quam conservet Altissimus. Data Mediolani, die vii februarii 1452. Cichus. 150 Francesco Sforza a Zannardo dei marchesi di Incisa 1452 febbraio 4, Milano. Francesco Sforza scrive a Zannardo dei marchesi di Incisa di aver saputo da Alessandro da Lampugnano, castellano della rocca della cittadella, che lui vincola alcuni beni spettanti allo stesso Alessandro per causa di sua moglie e non glieli vuole rilasciare se non per via legale. Il che sorprende assai il duca, che non ama litigi giudiziari tra parenti. Gli ordina di restituire ad Alessandro ogni bene. Zannardo ex marchionibus Incisie. El nobile Alexandro dalampugnano, nostro castellano della rocha della citadella, ne dice che tu gli tene occupati et impediti certi beni spectanti et pertinenti alui per casone della soa mogliere, li quali non li vogli relaxare se non con piadezo, della qual cosa se maravegliamo, perché frali parenti et amici non doveria accadere discordia, sì per non spendere el suo in litigare, sì etiandio per remanere amici et boni parenti insieme. Et perché noy havemo adoperare il dicto Alexandro in alcuni nostri servicii, vi confortiamo et vogliamo che, essendo cossì, gli faci el devere suo et li restituischi integramente ogni bene spectanti et pertinenti aluy per dicta casone, acciò remagnati boni parenti et amici insieme: la qualcosa haverimo noy molto grata et accepta. Data Mediolani, die iiii februarii 1452. Iohannes. 151 Francesco Sforza a Battista di Burgo 1452 febbraio 7, Milano. Francesco Sforza scrive a Battista di Burgo di aver saputo che ha mandato un suo uomo sul Lago Maggiore e ha concordato con quegli uomini che per sei mesi paghino centodieci ducati per il carreggio, accordo che il duca boccia. Tale contributo è di un ducato al giorno. Si ritorni dagli uomini del lago e si riformuli l’accordo. 45v Domino Baptiste de Burgo. Nuy havemo inteso che hay mandato in lo Laco Maiore uno di tuoy il quale s’e composto cum quelli homini per uno caro per mesi sey ad pagare ducati cx, del che non ne remanemo contenti, perhò che nostra intentione è pagheno ad rasone de uno ducato il dì, como li altri. Impertanto volimo che vedi o mandi là in Laco Maiore et faci che omnino dicti homini exbursano il denaro per sey mesi ad rasone de uno ducato il dì. Et che questo non manchi per niente. Data Mediolani, die vii februarii 1452. Cichus. 152 Francesco Sforza scrive a Lancilotto Visconti 1452 febbraio 7, Milano. Francesco Sforza scrive a Lancilotto Visconti che Vincenzo da Milano, uomo d’arme del Colleoni, si lamenta perché non gli lascia dare dagli uomini di Varallo l’alloggiamento per un cavallo che gli è stato assegnato. Il duca gli ordina di fargli avere tale alloggiamento. Domino Lanzalocto Vicecomiti. Vicentio da Milano, homo d'arme del magnifico Bartholomeo da Bergamo, ne ha facto querella che non gli voleti lassare dare dali homini da Voral il suo logiamento per uno cavallo, quale gli è stato assignato lì et che lo facte andare stentando et spendendo il suo. Volemo adonque che omnino gli lassati dare dicto suo allogiamento et che gli ne sia resposto dal datum del suo bolletino secondo li ordini nostri, in forma non habia venire più ad querellarse. Data Mediolani, die vii februarii 1452. Cichus. 153 Francesco Sforza a Battista di Burgo 1452 febbraio 7, Milano Francesco Sforza ordina a Battista di Burgo di intendersi con il capitano del distretto per por fine alle grandi frodi di biade, che si commettono anche con l’appoggio di soldati, e per punire esemplarmente i frodatori. Domino Baptiste de Burgo. Perché havimo molto exose le frosatione, quale intendimo se fanno dele biade in quelle parte continuamente, alle quale non pò forse obviare cussì in integrum, il capitaneo nostro del districto, perché il paese è grande et anche perché sonno forse alcuni frosatori, quali lì vano cum spalla di soldati, la qual cosa è tanto molestissima quanto dire se possa, et deliberando omnino non comportarla, como altre volte haveti inteso da noy a boccha et per nostre littere, pertanto ve 46r commettiamo et volimo che, intendendove sopra ciò cum il dicto nostro capitaneo, debiati providere ad quanto vi sia possibile che non siano transfugate le dicte biade nec commesse le dicte frose, et potendo havere nelle mano dicti frosatori et contrafatienti alli ordini, vogliamo che voy, intendendovi con il dicto capitaneo, li debiati punire per modo che sia exemplo alli altri de non fare contrali ordini nostri. Data Mediolani, die vii februarii MCCCCLII. Cichus. 154 Francesco Sforza a Battista di Burgo 1452 febbraio 7, Milano. Francesco Sforza osserva a Battista di Burgo che del contributo per il cariaggio si dovevano riscuotere tre carri e mezzo: Novara, un carro; le terre infeudate, le separate e le correspondenti alla città, due carri e mezzo. Si sono riscossi solo i due carri e mezzo delle terre per i mesi di ottobre, novembre, dicembre. Essendo grandissimo il bisogno per il castello di Porta Giovia ordina che si riscuotano i tre carri e mezzo del primo trimestre dell’anno in corso. Domino Baptiste de Burgo. De quelli tri caregi e mezo ne fanno adiuto li homini de quelle parte, cioè la città de Novaria per uno carro et le terre di feudatarii, le terre seperate et quelle correspondente alla città per duy e mezo, intendimo non haveti riscosso se non quelli duy e mezo di feudatarii, separate et correspondente alla città per quelli tri mesi de octobre, novembre et decembre passati. Et per il bisogno grandissimo che havemo de esso adiuto per la refectione del nostro castello de porta Zobbia, volemo che fati rescodere et exbursare il denaro de dicte tre carre e mezo per tre altri mesi, de zenaro, feveraro et marzo, secondo la conventione et tassa facesti per quelli tri mesi passati ut prestissimo possiamo mandare per essi. Data Mediolani, die vii februarii MCCCCLII. Cichus 155 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 8, Milano Francesco Sforza comunica a Corrado da Fogliano che un garzone, mandato con due cavalli dal fratello del Cremasco, compagno del marchese di Ferrara, per salutare detto Cremasco, vendette uno dei cavalli ad Andrea Troto, fratello di domino Antonio Troto. Sia questi che il Cremasco, interrogati dal duca, risposero che il cavallo doveva essere restituito al Cremasco. Lo Sforza comanda a Corrado di costringere Andrea alla restituzione del cavallo e, se non fosse trovato, si dia il prezzo di quando fu comprato. Tutto ciò si faccia speditamente. 46v Magnifico Conrado de Foliano. Venendo già più dì sonno uno grazone cum duy cavalli dal canto della signoria ad trovare il Cremasco, presente portatore, compagno dello illustre signore marchexe de Ferrara, mandato però dal fratello del dicto Cremasco, secondo sentiray da luy, pare ch’el dicto garzone vendesse uno delli dicti cavalli ad Andrea Troto, fratello de domino Antonio Troto. Et habiando havuto denanzi da nuy li dicti Cremasco et domino Antonio per descernere s’el cavallo veneva da essere restituito al dicto Cremasco, troviamo de sì. Pertanto volimo astrenghi Andrea predicto ad restituire al Cremasco il predicto cavallo subito recevuta questa, senza manchamento o pagamento alcuno, et non trovandose il cavallo quello poteva valere al tempo lo comparò, et fa’ non sia tenuto in tempo, maxime perché intendiamo quelli del prefato signore marchexe ricevano nelle terre ogni bona et celere expeditione. Data Mediolani, die viii februarii 1452. Andreas Fulgineus. 156 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 8, Milano. Francesco Sforza in risposta alle lettere di Corrado da Fogliano lo avvisa di aver ordinato al referendario e tesoriere di lì di dare cento lire a Bartolo da Cotignola. Provveda che venga soddisfatto e possa subito andare dove è stato destinato. Magnifico Conrado de Foliano. Alle toe respondendo, te advisamo como per lo allegato nostro breve, sottoscripto de nostra propria mano, scrivemo al refferendario et thexaurario nostro lì che debiano exborsare le cento libre ad Bartholo da Cotignola, como poderay vedere. Pertanto sollicitaray che presto sia spazato acioché’l possa andare dove li havemo ordinato. Data Mediolani, die viii februarii 1452. Iohannes Ulesis. 157 Francesco Sforza al referendario, al tesoriere e agli ufficiali delle bollette di Alessandria 1452 febbraio 8, Milano. Francesco Sforza scrive al referendario, al tesoriere e agli ufficiali delle bollette di Alessandria e ordina in particolare al tesoriere di dare cento lire a Bartolo da Cotignola, castellano della rocca della porta d’Alessio, destinato a faccende di grande importanza. Refferendario, thexaurario et officiali bullettarum Alexandrie. Perché havimo adoperare in nostre facende importantissime Bartholo da Cotignola, castellano dela rocha della porta d’Alessio de quella nostra cità, volemo gli faciate la mostra della cassatione soa et gli faciate exborsare et exborsi tu thexaurero lire 100 de imperiali in prestanza, et di tale exborsatione advisatine li nostri Maestri dele intrate, aciò le possano compensare nel suo servito spazandolo presto. Data Mediolani, die viii februarii 1452. Franciscusforcia Vicecomes manu propria subscripsit. Iohannes Ulesis. 158 Francesco Sforza a Perino de Incisa 1452 febbraio 10, Milano Francesco Sforza ringrazia Perino de Incisa per gli avvisi che gli dà, perché sono una testimonianza della sua devozione. L’avverte che il fortificare terre, fare ponti e spianate si fa più per paura che per altro motivo. 47r Domino Perino de Incisia. Havemo recevuto le vostre littere, date ultimo mensis preteriti, et inte(s)o per quelli li advisi quali ne dati, ve rengratiamo singularmente. Et benché non habiamo niente de novo da voy che siamo certi non haveti mancho ad core el nostro bene et stato che habiamo noy proprii, pur havemo havuto carissimo che con amore et caritate monstrate che ne vogliati bene. Ben è vero che, como scriviti, havimo simili advisi da altroe, confortandove a fare el simile, occorrendo altro de novo. Quantum autem a quello fortificare de terre e fare ponti e spianate, renditivi certissimo che se fa più per paura che per altro rispecto. Data Mediolani, die x februarii 1452. Cichus. 159 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 8, Milano. Francesco Sforza informa Corrado da Fogliano, il referendario e il tesoriere di Alessandria di aver destinato Baldassarre da Cotignola a conestabile della Porta Marengo con il contrassegno che aveva Cipriano da Rezzo. Lo mettano nel possesso di detta Porta, allontanando ogni intruso. Ordina al referendario e al tesoriere di anticipargli due paghe per la sua sistemazione, paghe che verranno poi trattenute. Magnifico Conrado de Foliano ac referendario et thesaurario nostris Alexandrie. Noy havemo deputato conestabile della porta de Marengho de quella nostra città Baldesarro da Cotignola, presente exhibitore, como vedereti per nostre littere patente, il quale porta il contrasigno havevamo con Cipriano da Rezzo. Pertanto volemo lo debiati mettere alla possessione de quella porta, removendo qualunche gli fosse et vuy, referendario et thesaurero, gli dati al presente la pagha de uno mese, acciò possa fornirsi in questo principio, li quali denari gli retenereti poy suso le paghe soe. Data Mediolani, die viii februari MCCCCLII. Franciscusfortia Vicecomes (a) manu propria subscripsit. Cichus. (a) Segue dux depennato. 160 Francesco Sforza a Francesco Bianco 1452 febbraio 9, Milano. Francesco Sforza scrive al genovese maestro Francesco Bianco di accelerare la sua andata con la polvere da bombarda. Gli chiede che, inoltre, porti venti cantari di stagno e venti di piombo, il tutto per trecento ducati d’oro, dei quali ha già pronta l’assegnazione. 47v Magistro Francisco Blancho Ianuensi. Ve confortiamo et pregamo che vogliate accelerare el vostro venire cum la polvere de bombarda, la quale sitti convenuto a darne, et ultra ciò, perché havimo bisogno de una bona quantità de stagno e piombo, ve caricamo et pregamo che ce voliate condure asieme con dicta polvere cantara vinti de stagno et ultra tanto piombo che ascenda il pretio de trecento ducati d'oro tra el stagno e piombo, deli quali ve havimo fin a mò facto fare tale assignatione che rimarreti ben contento. Data Mediolani, die viiii februarii 1452. Cichus. 161 Francesco Sforza a Battista di Burgo 1452 febbraio 10, Milano. Francesco Sforza scrive a Battista di Burgo che Americo da Sanseverino ha preso per suo compagno Marco Facino e richiede che si provveda alla sistemazione dei suoi cavalli. Il duca ordina a Battista di dare alloggio ai cavalli di Marco per il numero che riscontrerà con la mostra e per giuramento essere di Facino, oltra a far sì che abbia quant’altro dispongono gli ordini ducali. Domino Baptiste de Burgo. Il magnifico Americo da Sanseverino ne dice che ha tolto per suo compagno Marcho de Facino et ne ha facto instantia gli faciamo dare logiamento per li cavalli che dicto Marcho se ritrovarà havere vivi. Pertanto vogliamo vedeati per quella megliore via ve parerà de fare dare logiamento al dicto Marcho per tucti quelli cavalli che trovareti per via de monstra et de sacramento essere delli suoy per alcuni pochi dì et che gli sia proveduto per li cavalli et bocche vive secondo li ordini nostri. Data Mediolani, die x februarii 1452. Iohannes. 162 Francesco Sforza a Paolo Pinzamatti 1452 febbraio 11, Milano. Francesco Sforza ordina a Paolo Pinzamatti di andare da lui. Paulo de Penzamatis. Volemo per alcune cose havimo a conferire con ti che, recevuta la presente, debbi venire qui da noi. Data Mediolani, die xi februarii 1452. Cichus. 163 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 11, Milano. Francesco Sforza ripete la sollecitazione al fratellastro Corrado perché induca gli uomini di Pavone a prestare il giuramento di fedeltà a Ottone da Mandello, da lui invano sollecitato in una lettera diretta al medesimo Corrado e richiesto di persona agli uomini di Pavone. 48r Magnifico Conrado de Foliano. Nuy te habiamo scripto per doe altre nostre littere dovesse providere che li homini da Pavono iurasseno fidelità in mane del spectabile cavalIaro et conte misser Otto da Mandello perché cossì è la volontà nostra, pur fin qui non hanno facto dicta fidelità, de che ne maravigliamo ma sonno venuti da noy dicti homini da Pavono alli quali havemo chiarito che nostra intentione è che al prefato domino Otto faciano dicta fidelità et con questo li havimo remandato. Pertanto, como per l'altre te havimo scripto cossì per questa te replicamo debbi providere che questa nostra volontà sia exequita cioè che dicti homini fazano dicta fidelità al prefato misser Otto senza più replicatione né contradictione, perché cossì è totalmente la intentione et volontà nostra; et fa’ per modo che per questo non habiamo ad replicare più che ne saria molto molesto. Data Mediolani, xi februarii 1452. Cichus. 164 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 10, Milano. Francesco Sforza fa sapere a Corrado da Fogliano che per lui basta l’incarico di sei mesi a Carlo da Busseto in quell’ufficio della Frascheta in Val Barbera in cui lui l’ha collocato. Magnifico Conrado de Foliano. Respondendo alla toa te dicimo siamo contenti de quello Carlo da Busseto hay posto al’officio della Fraschata de Valle Barbera per sey mesi essendo sufficiente, como scrivi, siché gli poray fare quelle littere te parirano, perché nuy per adesso non volemo farli altra lettera, malassiamo il caricho a ti. Data Mediolani, x februarii 1452. Cichus. 165 Francesco Sforza ad Antonio Mattia da Iseo 1452 febbraio 11, Milano. Francesco Sforza dice ad Antonio Mattia da Iseo,che s’è offerto d’andare dal Re dei Romani, d’aver già provveduto con l’invio di Niccolò Arcimboldi, Giacomello Trivulzio e Sceva de Curte, oltre ad avere a disposizione Nicodemo. 48v Antonio Mathie de Iseo. Havimo ricevuta toalettera et inteso quanto ne scrivi offerendote andare dalla mayestà del Re di Romani, et cetera. Dicemo che te rengratiamo, perché della affectione hay in verso noy siamo certi. Ma perché nuy havemo mandati per nostri ambassatori là misser Nicolò Arcimboldo et misser Iacomello da Trivultio et misser Sceva da Corte, quali hanno praticato quanto accade et sonno homini intelligenti et informati de tucto, poy lì havemo anchora Nicodemo; siché non ne pare al presente mandargli altra, ma quando bisognasse te scriveremo circha ad ciò opportunamente. Ex Mediolano, xi februarii 1452. Cichus. 166 Francesco Sforza al marchese Giovanni e al fratello Guglielmo di Monferrato 1452 febbraio 12, Milano. Francesco Sforza porta a conoscenza del marchese Giovanni e del fratello Guglielmo di Monferrato l’indignazione di Petrino e degli affini marchesi di Incisa per i furti e fastidi loro causati dai loro sudditi. Il duca chiede che facciano restituire ogni refurtiva e mettano fine alle molestie; se non provvederanno alle restituzioni, il duca sarà costretto a mandare gente per prendere quanto è stato sottratto e anche dell’altro. Dominis lohanni marchioni et Guilielmo fratribus de Monteferato. Li magnifici messer Petrino et li suoy affini marchesi de Incisa ne hanno con displicentia facto a sapere che per le gente et subditi dele vostre signorie gli è stata facta certa robbaria et alcune altre molestie et impedimenti suxo el terreno et iurisdictione loro, como credimo le vostre signorie debiano havere inteso per soe littere. Et perché li prefati marchesi sonno nostri recommendati et adherenti et supportiamo molestamente li excessi et impedimenti facti contraloro, benché se rendiamo certi sianno commissi et facti ultrala saputa et volontà d'esse vostre signorie, pertanto confortiamole et pregamole vogliano fargli restituire integramente ogni robba tolta et providere che non gli sia facto veruno impedimento né molestia da mò inanti, como credimo sia vostra volontà. Et quando pur fosse altramente haverissimo caro esserne advisati, perché como nostri adherenti et recommendati li voriamo guardare et defendere; et li mandaressimo tante dele nostre gente che non solamente poderiano recuperare il suo, ma etiandio pigliare del’altruy. Questo scrivemo alle vostre signorie, perché siamo a questo obligati et tenuti, et non poderessimo fare altramente se non con nostra vergogna et manchamento. Data Mediolani, die xii februarii 1452. Cichus. 167 Francesco Sforza a Petrino e agli altri marchesi d’Incisa 1452 febbraio 12, Milano. Francesco Sforza dice a Petrino e agli altri marchesi d’Incisa d’aver saputo da Giovanni dalla Noce che hanno avuto furti e noie dai sudditi del marchese del Monferrato e di suo fratello Guglielmo. Li loda per non aver reagito, mali assicura che, comunque, non intende affatto tollerare che loro abbiano a patire affanni e, come da allegata, scrive ai signori del Monferrato. Quanto alla loro provvisione, non vi ha ancora provveduto, ma farà loro tale assegnazione che li renderà contenti. 49r Spectabili militi et nobilibus viris domino Petrino et ceteris marchionibus Incisie. Per littere del spectabile cavalero domino Iohanne dala Nuce habiamo inteso de alcune robbarie et molestie, quale vi sonno state facte per le gente et subditi del marchese de Monferrato et domino Guilielmo suo fratello, le quale ne sonno state molestissime quanto dire se possa. Ben ne è piaciuta la tollerantia et patientia haveti usata in non procedere ad vindicarse contraloro, et perché non è perhò nostra intentione supportare che vi sia facto molestia nelle cose vostre, vi avisamo che ad essi marchese et domino Guilielmo scrivimo in bona forma, como vedereti per la copia quale ve mandiamo qui inclusa. Confortiamovi adonque ad perseverare patientemente verso loro et humanamente, certificandovi che acconzarimo cossì bene et in breve li fati nostri dal canto di là et de qua, per modo che non solamente cessarano da darvi molestia, ma haverano caro podervi fare cose che vi piacia. Al facto dela vostra provisione (a) vi dicimo che non vi debiati maravegliare che, se fin a qui non vi havessimo provisto altramente, perhò che siamo stati occupati ad più cose, pur nondimanco deliberamo farevi tale assignatione che restareti bene contenti de nuy. Data Mediolani, die xii februarii 1452. Cichus. (a) Al facto dela vostra provisione ripetuto. 168 Francesco Sforza a Isnardo, marchese Malaspina 1452 febbraio 12, Milano. Francesco Sforza scrive a Isnardo, marchese Malaspina, di sperare che, in seguito all’incontro con Giovanni dalla Noce, egli sia a conoscenza della sua volontà. Siccome sa che ha delle scocciature, lo conforta a stare di buon animo perché sistemerà tutto. Non ha ancora potuto pensare alla sua provvisione, ma provvederà a soddisfarlo. Isnardo marchioni Malaspine. Perché è venuto in quelle parte il spectabile cavallero domino Iohanne dalla Noce pienamente informato della mente nostra, et siamo certi che luy vi haverà del tucto informato ad plenum, noy non se excederimo a dire altro, perché daluy credimo remanereti satisfacto del tucto. Et perché intendimo che pur alle volte vi sonno facte qualche private molestie, le quale molto ne rencrescono, vi dicimo che debiati stare contento et darvi de bona voglia, perché speramo acconciare 49v li facti nostri cossì bene et in modo che non sareti molestato, imo sereti honorato et acarezato et serano de quelli che harano caro podervi fare dele cose che ve piaciano. Al facto della vostra provisione, vi dicimo che non vi debiati maravegliare se fin a questo dì non vi habiamo provisto altramente, perché habiamo atteso ad altre cose, pur nondimanco deliberamo farvi tale assignatione della quale restareti ben contento. Data Mediolani, die xii februarii 1452. Cichus. 169 Francesco Sforza a Giovanni dalla Noce 1452 febbraio 12, Milano. Francesco Sforza assicura Giovanni dalla Noce della recezione delle sue lettere circa i furti e le noie date dai signori del Monferrato ai marchesi di Incisa e i suoi interventi presso costoro per tenerli calmi. Lo Sforza gli fa avere la copia dello scritto inviato a tale proposito a quelli del Monferrato e gli fa anche sapere d’aver confortato Isnardo Malaspina. Domino Iohanni dela Nuce. Habiamo recevuto le vostre littere et inteso quanto ne haveti scripto delle robbarie et molestie che sonno state facte alli magnifici marchesi de Incisia suxo il loro terreno et iurisdictione per le gente et homini del marchese de Monferrato et de domino Guilielmo, suo fratello, et quanto etiandio haveti operato ad farli restare patienti in non vendicarse d'esse robbarie, al che respondendo, vi avisamo che per nostre littere scrivemo opportunamente ad essi marchese et domino Guilielmo che credimo provederano allaloro indemnitate et scrivimo etiandio alli prefati marchesi de Incisia confortandoli ad non procedere in vendicarse, como podereti videre et mandiamoli la copia d'essa littera scrivemo al prefato marchese et domino Guilielmo adciochè essi intendano quanto habiamo molestissime le dicte molestie et robbarie. Ceterum, secondo che ne recordati per una vostra cedula, scrivimo allo spectabile Isnardo Malaspina, confortandolo, et cetera, et in forma ch’el restarà contento. Se altro ce restasse a fare, siamo contenti ne debiati advisare. Data Mediolani, die xii februarii 1452. Cichus. 170 Francesco Sforza al podestà di Trecate 1452 febbraio 12, Milano. Francesco Sforza informa il podestà di Trecate delle lamentele che Francesco Crivelli gli ha fatto per il comportamento della gente che alloggialì e per i furti fattigli. Il duca gli ordina che, accertati i danni lamentati, costringa i colpevoli alla debita restituzione, avvalendosi sulle loro tasse nel caso di resistenza a riparare i danni. 50r Potestati Terchate. Ne ha facto grave querella Francisco Crivelo che quelle gente che logiano lì lo tractano male tolendoli le cose soe ultra el devere della tassa loro, che non volimo comportare sia facto alli nostri subditi et maxime a dicto Francisco, el quale havimo nel numero delli nostri fidelissimi servitori. Per la qualcosa volimo che tu te informi de ciò, et trovandoIi essere facto cosa alcuna contra el devere, provedeli facendoli restituire quanto gli fusse tolto, et quando le dicte gente non gli volesseno fare la restitutione, farali retenire le sue tasse. Data Mediolani, die xii februarii 1452. Cichus. 171 Francesco Sforza a Gabriele Bossi 1452 febbraio 13, Milano. Francesco Sforza ricorda a Gabriele Bossi di aver fatta l’assegnazione di ventimila ducati sopra la tratta dei gualdi al marchese di Mantova. Vuole che, perciò, procuri di averli subito e di accordarsi poi con Vincenzo dalla Scalona, segretario del marchese, in modo che egli possa far ritorno. Il che egli vuole avvenga, come ha detto pure ad Antonio Guidobono, segretario ducale, e come ha scritto anche a Giovanni d’Alessandria. Gabrieli de Bossis. Perché havimo facto assignatione sopra el datio della tracta delli gualdi al’illustre signore misser lo marchese da Mantoa de ducati vintimillia, cioè xx milia a soldi lxiiii per ducato, con intentione che se ne possa aiudare de presenti, perhò ti commettiamo, carichandote quanto più possiamo, che debi fare et operare con ogni toa solicitudine, studio, cura et ingenio de fare recuperare li dicti xx milia ducati per modo et forma ch'esso prefato signore marchese se ne possa aiutare de presenti. Et circha ciò vedi non gli manchare dal canto tuo ad quanto ti serà possibile, intendendote etiandio sopra questo cum lo egregio ser Vinzenzo dala Scalona, secretario d'esso prefato signore marchese, siché per ogni modo lo faci remanere contento d'essi xx milia ducati, trovandoli dicti denari per tucte quelle vie et modi che possibile siano, siché, como havimo dicto, il prefato signor marchese de presenti se ne possa valere, et che dicto Vincenzo ritorna expedito et contento, secondo anchora havimo 50v commisso ad bocchalargamente ad Antonio Guidobono, nostro secretario (a), quale in questo dì è partito da qui per venire a Zenoa per facende nostre. Et cossì etiandio ne scrivemo ad misser Zohanne d'Alexandria, con li quali te poderay intenderti per recuperare li dicti denari. Data Mediolani, die xiii februarii 1452. Franciscusfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. (a) Segue d’esso prefato signore depennato. 172 Francesco Sforza a Giovanni Feruffini e Antonio Guidobono 1452 febbraio 13, Milano. Francesco Sforza sollecita Giovanni Ferruffino e Antonio Guidobono a cooperare con Gabriele Bosso a raccogliere i ventimila ducati che dovrebbero reperirsi con il dazio della tratta dei gualdi per far avere al marchese di Mantova l’assegnazione accordatagli e permettere al segretario del marchese Antonio dalla Scalona di ritornare contento dal suo signore. Domino Iohanni Ferofino et Antonio Guidobono. Perché havimo facto assignatione sopra el datio dele tracte deli gualdi al’illustre signore misser lo marchese de Mantoa de ducati xx milia, cioè vintimilia de soldi lxiiii per ducato, cum intentione che se ne possa aiudare de presenti, et ne scrivemo per nostre littere sottoscripte de nostra propria mano a Gabriello Bosso ch'el debia fare et operare con ogni soa solicitudine, studio, cura et ingenio de recuperare li dicti denari trovandoli per qualunque modo et via sia possibile, intendendosi cum lo egregio ser Vincentio dala Scalona, secretario della signoria soa, per modo ch'el ritorna expedito et contento d'essi xx milia ducati, et etiandio ch'el se debia intendere con vuy perché ad ogni modo il prefato signore marchese se ne possa valere de presenti, pertanto vi commettiamo et volimo, como a ti, Antonio, havimo dicto più largamente a boccha, che debiati circha ciò operare et fare con dicto Gabriello et con quelli megliori modi et vie vi parerano che dicti denari siano recuperati, et per qualunque modo et via vi serà possibile, siché il prefato signore marchese di presenti se ne possa ayutare et valere et ch’el dicto ser Vincentio possa ritornare expedito, como havimo dicto, et bene contento né circha questo non gli manchareti ad quanto vi serà possibile. Data Mediolani, die xiii februarii 1452. Franciscusfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. 173 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 14, Milano. Francesco Sforza comanda a Corrado da Fogliano di rilasciare, per compiacere il Colleoni, Antonio da Forlì, detenuto per trasporto di vettovaglie in violazione degli ordini ducali. Con Antonio il duca si dice contento di liberare Filippo da Castello, ammonendo entrambi a vivere più castigatamente perché, altrimenti, non avranno un secondo perdono. 51r Magnifico Conrado de Foliano. Per compiacere al magnifico Bartholomeo Coglione siamo contenti, et cussì te commettiamo, che debi relaxare quello Antonio da Forlì, quale ne scrivi hay destenuto per casone che debbe havere conducto dele victualie contra li ordini insieme cum Filippo da Castello, quale Filippo, etiam essendo destenuto, siamo contenti lo faci relaxare, et farali restituire ogni robba et cose soe integramente, admonendoli perhò ad vivere (a) più costumatamente da mò inanti, perché, se altramente faranno, non gli serà più perdonato. Data Mediolani, die xiiii februarii 1452. Cichus. (a) In A vivevere. 174 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 14, Milano. Francesco Sforza comunica a Corrado da Fogliano che, aderendo alla richiesta di Raynaldo, governatore di Ast, gli prolunga per l’anno in corso lalicenza per duecento sacchi di frumento sostituendo cento sacchi di biada da cavalli con cento di frumento. Di tutto dà avviso a Niccolò da Palude, cui pure Corrado potrà, in proposito, scrivere. Magnifico Conrado de Foliano. Intesa la rechiesta a ti facta per il magnifico misser Raynaldo, gubernatore de Ast, che gli sia prorogata la licentia, quale gli fecimo del’anno passato per ducento sachi de formento e cento sachi de biada da cavalli, siamo contenti che se gli facia et etiam che in loco de cento sachi de biada possa condure cento sachi de formento, como rechiedela soa magnificentia. Et de tucto questo scrivemo per le alligate ad Nicolò de Palude, el quale poteray etiandio tu avisare de questo. Data Mediolani, die xiiii februarii 1452. Cichus. 175 Francesco Sforza a Niccolò di Palude 1452 febbraio 14, Milano. Francesco Sforza avverte Niccolò di Palude che Raynaldo, governatore di Asti, cui lo scorso anno concesse la licenza di portar fuori dall’Alessandrino duecento sacchi di grano e cento sacchi di biada da cavalli, non avendo potuto ritirare tempestivamente tutta questa merce a causa del cattivo tempo, ha chiesto una proroga di detta licenza, ma con la sostituzione dei cento sacchi di biada per cavalli con altrettanti di frumento e il duca lo ha assecondato in tutto. Nicolao de Palude. Como tu debbe sapere noy concedessimo licentia del’anno proximo passato del mese de decembre al magnifico misser Raynaldo, gubernatore de Ast, de potere trare del nostro territorio Alexandrino sachi ducento de formento et sachi cento de biava da cavalli et nunc, allegando luy che per la pioza, male tempo et altre occupatione non ha potuto fornire tucta la conducta, ma solamente 51v parte, ne fa rechiedere che gli prorogamo lalicentia et ultra ciò che vogliamo essere contenti che in locho della biava da cavalli possa cavare altrotanto formento. Per la qualcosa volendoli compiacere siamo contenti et volimo che tu gli lassi fornire de cavare quanto se contene in essa soalicentia, non obstante che fusse expirata et che in loco deli cento sachi de biada da cavalli possa cavare cento sachi de formento.Data Mediolani, xiiii februarii 1452. Cichus. 176 Francesco Sforza al capitano del divieto del distretto di Alessandria 1452 febbraio 14, Milano. Viene nuovamente riportata in compendio la missiva di Francesco Sforza al capitano del divieto del distretto di Alessandria con cui lo sollecita a trovarsi con Battista dal Borgo per mettere fine alle frodi di biade che si commettono anche con l’appoggio dei soldati. Se capitasse loro di sorprendere dei frodatori li puniscano esemplarmente in modo da distogliere altri dal contravvenire agli ordini ducali. Capitaneo devetus districtus Novarie. Perché ne sonno molto exose le frosatione quale intendimo se fanno delle biade in quelle parte continuamente, et perché semo certi questo più tosto occorre perché el paese è grande et vuy non posseti guardare per tucto, maxime che non dubitamo gli ne sia de quelli quali commetteno frosatione con spale de soldati, el che ne è tanto molestissimo quanto dire se possa, et non deliberando per modo alcuno comportare questo como già haveti inteso, pertanto volimo et ve commettiamo che ve debiati trovare con misser Baptista dal Burgo, nostro commissario in quelle parte, al quale havemo scripto se debbia intendere con vuy et intendendovi ambi duy insieme debiati providere sopra ciò in quanto vi serà possibile per modo le biave non siano trafugate né commisse dicte frose. Et potendo havere nelle mano simili frosatori, vogliamo che intendendovi insieme li debiati punire talmente che sia exemplo ad li altri de non contrafare alli nostri ordini. Deinde avisatine poy ambi duy del’ordine havereti preso circha ciò. Data Mediolani, die xiiii februarii 1452. Cichus. 177 Francesco Sforza a Scaramucino, famigliare ducale 1452 febbraio 14, Milano. Francesco Sforza imputa a Scaramucino, famigliare ducale, due dei tre mali dei quali si soffre dove lui sta, di conseguenza, vuole che cambi condotta, perché altrimenti gli farà scontare anche quello che ha fatto nel passato. 52r Scaramucino, ducali familiari. Secondo intendemo, deli tri mali che se fanno in quelle parte, dove sei stanciato, ne sey deli duy casone et è dato la colpa a ti, per la qualcosa molto ne maravegliamo et dolimo deli facti tuoy, unde dicemo cossì che te vogli et debbi abstenere dal male fare et deportarte talmente per l’avenire che non sentiamo più lamenta de ti, perché altramente, lassandote incoriere più in fare male in excesso alcuno che vengha ale nostre orechie, ne serà necessario darte ad intendere che non ne siamo ben contenti e che habbi facto male, avisandote che te recordaremo e quello che faray et quelli hay facto per lo passato. Data Mediolani, die xiiii februarii 1452. Cichus. 178 Francesco Sforza al referendario di Alessandria 1452 febbraio 15, Milano. Francesco Sforza informa il referendario di Alessandria che Bartolomeo da Exio, già castellano di quella rocca nuova, durante la sua castellania alienò nove moggia di frumento, trentacinque libre di olio e circa quattro staia di sale, con il cui ricavato comprò due bombardelle, tre balestre, una cassa di verrettoni e della polvere da bombarda. Vuole che nella sua liquidazione si tenga conto del dare e dell’avere. Se l’alienato fosse superiore all’acquistato, gli trattenga il disavanzo e poi lo liquidi, saldando prima ogni suo debito con eventuali creditori. Gli fa avere l’elenco delle munizioni che si trovano nella rocca che Giovanni Orombelli, collaterale ducale, trovò all’ultimo resoconto fatto. Referendario Alexandrie. Bartholomeo da Exio, olim castellano della rocha nova de quella nostra città, ne dice che, essendo luy in la dicta rocha, vendete moza viiii de frumento, libre xxxv d'olio et stara quattro de sale o circha ciò dele monitione della dicta rocha per comperare, et comperò, doe bone bombardelle, tre balestre et una cassa de vertoni et certa polvere de bombarda, le quale cose halassate in la dicta rocha, el perché ne domanda gli faciamo diminuire quello ha ve(n)duto per quello ha comperato. Pertanto parendone honesto la domanda soa che ne fa, volimo che vedi se cossì è como dice, et essendo cossì, li diminuisse quelle cose ha vendute per quelle ha comperate. Bene volimo habii advertentia che se quelle cose ha vendute montasseno più somma che quelle ha comperate, gli faci retenere quello sopra più, del quale faray comperare dele munitione et le faray reponere in la dicta rocha. Ulterius volimo che vedi se in quella rocha gli manchi 52v cosa alcuna dele nostre, quale li forono consignate quando intrò in essa, overo da poy, et manchandogline alcuna, volimo li retenghi tanto dele soe paghe che ne possi comperare quelle cose trovaray manchare, et cossì le compre et remette in la dicta rocha. Puoy facto tucte queste cose con bona diligentia, siamo contenti che faci le soe rasone et lo paghi de tucto quello trovaray ch'el resti havere, satisfacendo perhò luy prima ad qualunque citadino o contadino de quella città, che debia havere daluy. Et adciò sii bene informato delle munitione debeno essere in la dicta rocha, delle nostre te mandiamo unalista, quale ne ha data (a) Iohanne Orumbello, nostro collaterale, in la quale lista sonno scripte le munitione gli trovò alla ultima monstra che gli feci. Data Mediolani, die xv februarii 1452. Cichus. (a) In A mandata con man depennato. 179 Francesco Sforza a Leonardo da Pietrasanta 1452 febbraio 16, Milano. Francesco Sforza dice a Leonardo da Pietrasanta, cancelliere del doge genovese, che si rammarica assai per l’errore verificatosi nell’assegnazione fatta al doge sopra le entrate di Alessandria. Intendendo porvi rimedio, ha ordinato ai Maestri delle entrate di inviare mille lire al referendario alessandrino. Ser Leonardo de Petrasancta, cancellario domini ducis Ianuensis. Ne è stato molto molestissimo havere inteso il manchamento occorso in la assignatione, quale havimo facta sopra le intrade della città nostra de Alexandria, al’illustre signore misser lo duxe, et certamente se ne dolemo pur assay, ma vi advisamo esso non essere proceduto per nostro diffecto né per diffecto delli Maestri delle intrade nostre, ma più tosto è proceduto per l'addictione deli datii, quale havimo levata ad essa nostra città. Dove essendo noy perhò deliberati et omnino disposti che la dicta assignatione non patischa veruno manchamento, immo che lo illustre signore domino lo duxe sia integramente satisfacto, vi advisamo che havimo ordinato con li Maestri del’intrate nostre che de presenti mandano libre mille de imperiali al referendario d'essa nostra città 53r de Alexandria per supplire al dicto manchamento occorso, et cossì credimo che, alla recevuta de questa, li haverano mandati. Per el che vi confortiamo ad starci de bono animo, et cossì a certificare il prefato signore domino lo duxe che nostra intentione è ch'el sia integramente satisfacto. Data Mediolani, die xvi februarii 1452. Cichus. 180 Francesco Sforza al referendario di Alessandria 1452 febbraio 16, Milano. Francesco Sforza dice al referendario di Alessandria di essere sconcertato per l’errore, da lui fattogli rilevare nell’assegnazione al doge di Genova e si congratula con lui per la promessa fatta al cancelliere del doge, Leonardo da Pietrasanta. Ha ingiunto ai Maestri delle entrate di mandargli mille lire per riparare il lamentato errore. Referendario nostro Alexandrie. Havimo ricevuto le toe littere et inteso quello ne hay scripto del manchamento intervenuto in l'assignatione, quale havemo factalì sopra quelle nostre intrate al’illustre signore misser lo duxe de Zenoa et la promessa, quale dice havere facta a ser Leonardo da Petrasancta, cancillero della signoria soa, al che respondendo ti dicemo ne dispiace sia intervenuto dicto manchamento, ma bene ne è piaciutala promessa gli hay facta et commendiamo li tuoy modi hay servati sopra questo. Et perché vogliamo ch'el prefato signore misser lo duxe sia satisfacto integramente d'essa soa assignatione, ti advisamo como havimo ordinato cum li Maestri dele intrate nostre che ti mandano de presenti libre mille de imperiali, adciochè possi satisfare alla dicta assignatione secondo la toa promessa. Data Mediolani, die xvi februarii 1452. Cichus. 181 Francesco Sforza a Battista de Burgo 1452 febbraio 17, Milano. Francesco Sforza impone a Battista de Burgo che, die noctuque, si metta in viaggio per essere subito da lui. Domino Baptiste de Burgo. Scriptum fuit quod, visis presentibus, sine mora die noctuque huc venire debeat, omni prorsus exceptione remota. Data Mediolani, die xvii februarii 1452. Cichus. 182 Francesco Sforza scrive a Francesco Bianco 1452 febbraio 17, Milano. Francesco Sforza scrive al maestro genovese Francesco Bianco che deve accordarsi con Antonio Guidobono, segretario ducale, che darà il danaro e provvederà di avere altri trecento ducati per ottenere stagno e piombo in cambio, come da accordo, di polvere da bombarda. 53v Magistro Francisco BIanco Ianuensi. Havimo recevutala vostralettera et inteso quello ne scriviti delli denari haviti havuto ad Pavia et el resto, al quale ne carigati vogliamo fare provisione che habiati il dinaro. Vi dicimo debiati intendervi cum Antonio Guidobono, nostro secretario, quale è lì, el quale provederà al facto de quelli dinari et cussì provederà de altri trecento ducati, quali volimo spendati in stangno et piombo. Siché, como ve havimo scripto per un’altra de dì viiii del presente, vogliati accellerare el vostro vinire cum la polvere de bonbarda, la quale siti convenuto ad darci et cussì conduceti lo stangno et piombo per ducati trecento, cioè tanto del’uno et tancto del’altro. Data Mediolani, die xvii februarii 1452. Cichus. 183 Francesco Sforza a Pietro Accettanti 1452 febbraio 17, Milano. Francesco Sforza sollecita Pietro Accettanti a portarsi da lui, come gli era già stato ordinato. Petro de Acceptantibus. Ne marevigliamo che tu non sii venuto, como per altre nostre te havimo scripto. Pertanto vogli, visis presentibus, remossa ogni casone, venire qui da noy. Data Mediolani, die xvii februarii 1452. Cichus. 184 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 febbraio 16, Milano. Francesco Sforza si scusa con il doge di Genova che alla consegna dell’assegnazione dovuta al doge di Genova, Leonardo da Pietrasanta, suo cancelliere, abbia constatata la mancanza di cinquecento lire. A tale errore, verificatosi per l’addizione dei dazi di Alessandria, si è riparato ordinando ai Maestri delle entrate di inviare prontamente al referendario di Alessandria mille lire imperiali con le quali si provvederà al completamento di di detta assegnazione. Domino duci Ianue. Havimo inteso con displicentia assay che, essendo andato ser Leonardo da Petrasancta, cancillero della signoria vostra, a retrare li denari delle assignatione, quale gli havemo facte, à trovato essergli manchato libre cinquecento de imperiali soprale assignatione della città nostra de Alexandria, dela qualcosa se ne dolemo grandemente. Et perché questo manchamento non è stato per nostro difecto, né per li Maestri dele intrate nostre, imo è proceduto per l’additione deli datii d’essa nostra città, quali havimo facto levare ad essa nostra città, per el che è proceduto dicto manchamento alla dicta 54r assignatione et al designo nostro. Pertanto ne advisamo la vostra signoria acciochè sia informata pIenamente dela casone, perché è seguito dicto manchamento. Et perché nostra volontà è che la dicta assignatione non patischa veruno manchamento et che la vostra signoria sia satisfacta integramente, avisamola como havimo ordinato cum li Maestri del’intrate nostre che de presenti mandino al referendario nostro de Alexandria mille libre de imperiali per satisfare al dicto manchamento. Et siamo certi che primala ricevuta de questa serano mandati là, perhò confortiamo la vostra signoria che voglia remandare dicto ser Leonardo ad Alexandria ad recevere il compimento d’essa assignatione, certificando essa vostra signoria che per l’avenire non occorrerà più tal manchamento. Data Mediolani, die xvi februarii 1452. Cichus. 185 Francesco Sforza a Francesco Capra 1452 febbraio 17, Milano. Francesco Sforza informa Francesco Capra che il mancato invio dei duecento ducati da parte del doge di Genova è dovuto al fatto che all’assegnazione dovutagli in Alessandria, Leonardo da Pietrasanta, cancelliere del doge, si accorse che mancavano cinquecento lire imperiali. Avendo ora provveduto a sanare detta mancanza, crede che arriveranno i duecento ducati. Conforti, quindi, i fanti assicurandoli che sarà provveduto al loro bisogno, anche perché per premere su un sollecito invio di detti duecento ducati sono stati interessati Giovanni di Alessandria e Antonio Guidobono. Quanto al personale suo fabbisogno ci penseranno i Maestri delle entrate facendogli pervenire venticinque ducati d’oro. Infine gli chiede notizie delle bastite per stringere sempre più “la Preda”. Francisco dela Capra. Respondendo alle toe littere, per le quali ne scrivi del bisogno de quelli fanti et deli ducento ducati, quali non hay poduto havere dal’illustre signor misser lo duxe, secondo la promessa per la signoria soa facta, ti dicimo che siamo informati la signoria soa non ha voluto dare li dicti ducento ducati, perché, essendo andato ser Leonardo da Petrasancta, cancillero suo, ad Alexandria per retrare li denari del’assignatione, quale gli havimo facta lì, li sonno manchati d’essa assignatione libre cinquecento de imperiali, per il quale manchamento è restatala signoria soa fare dare li ducento ducati. Pur nondimeno, perché nostra totale intentione è che la dicta assignatione non patischa veruno manchamento et che la signoria 54v soa sia integramente satisfacta, havimo ordinato con li Maestri del’intrate nostre che de presenti debiano mandare al referendario nostro de Alexandria mille libre de imperiali per supplire al dicto manchamento, et siamo certi che alla ricevuta de questa seranno li dicti denari portati là al dicto referendario, del che ne advisamo il prefato signore misser lo duxe et il dicto ser Leonardo, per la qualcosa ne rendiamo certi che la soa signoria farà dare li dicti ducento ducati. Di questa cosa ne scrivemo anchora alli spectabili domino Iohanne de Alexandria et Antonio Guidobono per loro avisamento, committendogli che con quello megliore modo gli parerà debbiano solicitare de havere li dicti ducento ducati per supplire al bisogno d’essi fanti, quali confortaray ad non havere pensiero alcuno et starci di bona voglia, perché serà provisto al bisogno loro integramente. Ceterum, perché anchora tu habbi il modo de stare et vivere lì, ti avisamo como havimo ordinato con essi Maestri che te debiano mandare vinticinque ducati d’oro per podere supplire alli tuoy bisogni, et che li mettano alla rasone della toa andata. De quello ne scrivi de Bernabè, quale è rincluso nella Preda per la neve, et della sorella de Leonello Spinula ne remanemo in tucto avisati et non accade altra resposta. Ad Uberto Spinula scrivemo per nostre littere ch’el vengha qua da noy liberamente et securamente, como tu ne scrivi, perché haverimo caro viderlo et conferire con luy. Preterea, como tu say, nuy te commissemo che tu devesti rest(r)ingere la Preda con farli fare dele bastite dove bisognava, et a questo non ne fay resposta veruna, né intendimo quanto circha ciò habi operato, de che se ne maravigliamo. Pertanto vogliamo che subito, non havendolo facto, debi fare fare le dicte bastite per stringere omnino la dicta Preda, et per toe littere ne avisaray quanto haveray operato. Data Mediolani, die xvii februarii 1452. Cichus. 186 Francesco Sforza a Giovanni di Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 febbraio 17, Milano. Francesco Sforza scrive a Giovanni di Alessandria e ad Antonio Guidobono e, narrata la vicenda delle mancate cinquecento lire alla completa assegnazione al doge di Genova e dell’intervento ducale per l’integrazione della medesima assegnazione per eliminare ogni giustificazione al rifiuto dei duecento ducati promessi dal doge, sollecita Giovanni a intervenire perché il doge faccia dare i duecento ducati perché i fanti non si allontanino dall’impresa, annullando in tal modo quanto si è fatto in un anno. Avuti gli accennati denari, si facciano avere a Francesco Capra per accontentare i fanti. 55r Domino Iohanni de Alexandria et Antonio de Guidobono. Per littere de Francisco dela Capra, nostro famiglio, siamo informati del grande bisogno hanno quelli fanti nostri, quali de presenti se ritrovano alla impresa contrala Preda, et benché voy, domino Zohanne, crediamo similmente ne siati informato per le soe littere et solicitato anchora perché se havessero quelli ducento ducati, quali ha promessi lo illustre signore misser lo duxe per substenire essi fanti, tamen, per quello che mò dicto Francisco ne scrivi, non sonno may havuti dicti ducento ducati. El che crediamo noy sia proceduto perché, sendo andato ser Leonardo da Petrasancta ad Alexandria per retrare li denari del ’assignatione, quale havimo facto lì al prefato signore messer lo duxe, eli manchato d’essa assignatione livre cinquecento de imperiali, quale manchamento perhò non è proceduto per nostro difecto né anche deli nostri Maestri dele intrate nostre, ma è proceduto perché fossemo noy contenti che se levassero viale addictione deli datii d’essa città d’Alexandria, per el che ne è seguito dicto manchamento. Ma volendo noy omnino ch’el prefato signore misser lo duxe habia integramente la satisfactione soa et che la dicta assignatione non patischa veruno manchamento, habiamo ordinato con li Maestri del’intrate nostre che subito de presenti mandino al referendario nostro d’Alessandrialivere mille de imperiali per supplire al dicto manchamento, et se rendimo certi che, inanti la ricevuta de questa, serano portati al dicto referendario et ponerimo tale ordine che da mò inanti non poderà più intervenire simile manchamento, como ne scrivimo al prefato signore misser lo duxe et anche al dicto ser Leonardo, quale confortiamo debia andare ad Alexandria per retrare mò suxo li denari che gli mancharono. Et perché se rendimo certi che havuti puoy li dicti denari, 55v il prefato signore misser lo duxe farà dare li dicti ducento ducati, siamo contenti et cossì vi commettiamo che, con quello megliore modo et via vi parerà, debiati solicitare, et più acconciamente et humanamente che se poderà, ch'el prefato signore messer lo duxe facia (a) dare li dicti ducento ducati per substenire dicti fanti, acciò non se partino dala impresa con farlo intendere che quello che fin a mò è facto è nulla che non procede al fine. Et potendosi havere dicti denari, servati modo che siano dati al dicto Francesco, ad ciò ch’el possa contentare li dicti per forma che habiamo ad perseverare nella dicta impresa. Data Mediolani, die xvii februarii 1452. Cichus. (a) In A faciati con ti depennato. 187 Francesco Sforza a Uberto Spinola 1452 febbraio 17, Milano. Francesco Sforza scrive a Uberto Spinola per invogliarlo ad andare da lui, perché dopo tale incontro, benché egli sappia qual è la volontà del doge, della comunità di Genova e del duca nei riguardi di Filippo Spinola, egli rimarrà soddisfatto. Domino Uberto Spinole. Benché siamo certissimi habiati chiaramente inteso quale siala volontà nostra, cossì quella del’illustre signore messer lo duxe et della magnifica comunità de Zenova verso Filippo Spinula, quale omnino intendiamo et vogliamola exequire, nondimanco seressimo nuy molto contento parlare cum voy, sì per farve meglio intendere il nostro appetito et totale dispositione, sì etiandio per farve cognoscere quello che ce resta a fare. Pertanto vi confortiamo, caricamo et stringemo che vogliati venire qua da noy liberamente et senza alcuno respecto, perché ve vederimo non altramente volontera che se ne fostivo proprio fratello, et certificamovi che, quando havereti favellato con noy, remanereti bene contento et bene satisfacto et ritornareti a casaleto et dela bona voglia et non ce voresti havere restatala vostra venuta da nuy per cosa del mondo. Et questo dicimo perché remanereti in tucto contentissimo. Data Mediolani, die xvii februarii 1452. Cichus. 188 Francesco Sforza a Giovanni di Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 febbraio 18, Milano. Francesco Sforza comunica a Giovanni di Alessandria e ad Antonio Guidobono che Filippo Spinola ha mandato ambasciate al conte Gaspare da Vimercate per un possibile accordo con il duca. Al che, il conte Gaspare ha risposto con inviare alcuni dei suoi per meglio intenderne il pensiero. Alla proposta di Filippo di garantire la sua permanenza qui lasciando a Petra due suoi cugini, fece seguire un’altra di sborsargli mille ducati per l’abbandono della località di Petra. Il duca non opta per nessuno dei partiti senza parere del doge. Giovanni e Antonio gli facciano sapere qual’è la volontà del doge. Intenzione del duca è che Filippo lasci Petra. Quanto allo sborsare mille ducati, questo è affare di Genova. 56r Domino Iohanni de Alexandria et Antonio Guidobono. Filippo Spinula ha mandato a fare certe ambassate qui al conte Gasparro da Vicomercato per le quale pariva ch’el volesse essere d’acordio con nuy, et esso conte Gasparro gli ha mandato alcuni di suoy per intendere l'animo et dispositione soa.In effecto lo dicto ha risposto essere contento de venire da noy et dare bona securtate de non partirse de qui, lassando in la Petra doy suoy cosini, poy ha ricordato un altro partito, cioè che altre fiate fo dicto de sborsargli mille ducati lassando la Petra et a questo partito forse condescenderia. Pur noy non havemo voluto dare audientia nì al’uno partito nì ad l’altro, nì la daressimo senza saputa et consentimento di quello illustre signore misser lo duxe. Pertanto volimo ne avisati la signoria soa de quello è seguito in questa materia et ne advisati del parere et volontà soa acciò sapiamo che respondergli circha de ciò, perché nostra intentione è che omnino esso Filippo lassi la dicta Preda. Bene recordiamo che dovendose exbursare li dicti denari voriamo che se pagasseno lì, perché nuy non gli havemo il modo qui. Data Mediolani, die xviii februarii 1452 Cichus. 189 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 18, Milano. Francesco Sforza ingiunge a Corrado da Fogliano di liberare con tutte le sue cose la moglie di Alessandro da Lampugnano, che il duca ha destinato a castellano di Pontremoli. Se Bolognino da Casone ha qualcosa da rivendicare dalla moglie di Alessandro, domandi ragione, ma lo Sforza non vuole che per i guai della moglie, il marito ritardi il suo servizio, per cui ne potrebbe derivare scandalo e pregiudizio. Magnifico Conrado de Foliano. Sentimo che ad instantia del Bolognino da Casone o altro, tu hay facto arestare la molie cun certe robbe del nobile Alexandro dalampugnano per una obbligatione già più anni facta. Per la qualcosa, havendo ad andare altroe per nostri servicii dicto Alexandro et trovando tu ch’el debito non sia contracto da poy ch’esso 56v Alexandro è stato castellano lì per nuy, volimo che, senza veruna exceptione, tu liberi o faci liberare dicta soa moglie et robbe. Et se dicto Bolognino se pretende dovere (a) havere, domandi ragione et gli serà facta, avisandote che havendo noy deputato dicto Alexandro nostro castellano a Pontremulo, non voressimo che, per el suo stare in tempo et dimora, non voressimo che intervenesse scandalo né preiudicio alcuno. Ma como havimo dicto, se dicto Bolognino se pretende creditore domandi et gli serà facto ragione. Data Mediolani, die xviii februarii 1452. Cichus. (a) dovere in interlinea. 190 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 18, Milano. Francesco Sforza concede a Corrado da Fogliano di ricorrere a rappresaglie contro la gente del marchese e di Guglielmo di Monferrato che continuamente molesta i sudditi sforzeschi senza alcun intervento riparatore. Vuole, però, che avvengano giustificando che si fanno per mantenere le ragioni dei sudditi. Magnifico Conrado de Foliano. Havemo recevuto le toe littere et inteso quanto tu ne scrivi delle robbarie et damni facti alli nostri subditi più fiate per le gente del’illustre marchese de Monferà et signore Guilielmo, et che havendoli tu più volte scripto che vogliano fare fare la debita restitutione et restauro, may non l’hanno voluto fare. Il perché essi nostri subditi te rechiedeno represaglia, la quale non gli ha voluto concedere senza nostralicentia. Ti dicemo che, siando como tu ne scrivi, siamo contenti et volimo che, se concedi le represaglie cum bono modo, honestandote sempre che non se fanno se non per el mantenire le rasone delli nostri subditi, et che, restituendosi alli nostri, como più fiate tu hay scripto, serano relaxate de subito. Data Mediolani, die xviii februarii 1452. Cichus. 191 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 20, Milano. Francesco Sforza informa Corrado da Fogliano che è arrivato lì Giovanni Sopranzo che ha nell’Alessandrino la moglie. E’ un individuo che pratica i signori di Correggio. Cerchi di prenderlo e lo faccia rinchiudere nella rocca della cittadella all’insaputa di tutti. 57r Magnifico Conrado de Foliano. Te havisamo como è venuto là Iohanne Sopranzo, quale hala mogliere in Alexandrina, quale Iohanne sta con li signori da Coregio et va tractando et pratichando cose contralo stato nostro. Pertanto vogliamo che te sforzi in ogne modo de havere in mano dicto Iohanne et fa che tu lo faci pigliare de requeto, che homo del mondo [non] il sapia, si è possibile et faraolo mettere secretamente in la rocha dela nostra citadella, né nissuna altra persona sappia ch’ello sia in dicta rocha. Et questo faray tanto secretamente quanto te serà possibile, et secondo faray vogli advisarne. Data Mediolani, die xx februarii 1452. Cichus. 192 Francesco Sforza al podestà di Novara 1452 febbraio 19, Milano. Francesco Sforza evidenzia al podestà di Novara che Giovannolo Galazzo, ufficiale delle bollette di Novara, recrimina che si sia fatto ricorso alla detenzione di Gregorio Piscatore se ciò non gli consente di conseguire il dovutogli. Ricorra a quei mezzi che abilitino Giovannolo ad avere quanto gli spetta. Potestati Novarie. Siamo informati per querela de Iohannolo Galazo, officiale da bolete de questa nostra cità, che quamvisdio tu habi facto substenire Gregorio Piscatore a sua instantia, nondimeno non pò consequire el devere suo che tanto seria a dire, como s’el non fosse sustenuto. Pertanto volimo che tu provedi cum tucti li modi te parerano expedienti ch’el dicto Iohannolo sia satisfacto, senza più dilatione. Data Mediolani, die xviiii februarii 1452. Cichus. 193 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 20, Milano. Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano d’aver preso atto della corrispondenza scambiata con Francesco Capra. Conviene con Corrado sull’opportunità di dare a Filippo Spinola un salvacondotto in modo che, andando dal duca, si possa giungere a qualche risoluzione. Magnifico Conrado de Foliano. Havemo inteso ne hay scripto, et ha scripto ad ti Francisco Capra circhali facti de Filippo Spinula, al che, respondendo, siamo de parere tuo de concederli salvoconducto, et cossì volemo gli lo concedi ch’el possa venire da noy, perché, venendoli, facilmente, se poterà mettere qualche compositione ali facti suoy. Data Mediolani, die xx februarii 1452. Cichus. 194 Francesco Sforza al vescovo di Tortona 1452 febbraio 19, Milano. Francesco Sforza si rivolge al vescovo di Tortona per perorare l’arcipretato di Sarzano. Si tratta del caso di Crisoforo da Lugano, vicario vescovile. E’ un vicario con molti benefici, e quell’arcipretato il duca vorrebbe venisse dato a don Nicola Rubensi del Reame, che è suo amico ed è anche raccomandabile per le sue virtù e costumi. Se poi lui, vescovo, avesse già provveduto a un sostituto, lo rimuova e si compiacerà sommamente di questi. 57v Episcopo Terdonensi. Havendo nuy inteso como domino Chiristoforo delugano, vostro vicario, per una certa infirmità è rimastio stroppiato et senzaloquella in modo che non pò exercire l’officio né veruno altro suo beneficio che havesse, donde ve sette provisto de uno altro vicario, et li altri beneficii soy sonno como vacanti et senza governo, siamo ricordati del venerabile don Nicolao di Rubensi delo Reame, nostro grande amico et servitore, quale per altre nostre littere havemo commendato alla reverenda vostra paternità. Et perché l’havemo carissimo et fidato quanto dire se possa, et siamo desyderosi per le soe virtute et costumi ch’el habii qualche beneficii nel dominio nostro, confortiamo et carichamo la prefata paternità vostra che, per nostro amore et per le virtute soe, vogli deputare et constituire el prefato domino Nicolò in lo arciprevedato de Sarzano che teneva el dicto domino Chiristoforo. Dicemo solum come substitiuto, et non per tenirlo aluy, se pur ritornasse in bona convalescentia, che n’è stato referto che non scamparà troppo. Et quando accadesse la morte soa, che gli lo vogliate conferire liberamente et providergline opportunamente, et questo nuy vi rechiedimo con grandissima instantia che la reverentia vostra vogli compiacerne et satisfare ad questo nostro desyderio, et non denegarce questo se pensate fare cosa che ne sii grata. Et se veruno altro fosse substituto nel dicto arciprevedato, lo vogliate removere, perché, oltra che ne compiacereti sommamente, dicto domino Nicolao è idoneo, docto et aptissimo ad tale et magiore beneficio. Data Mediolani, xviiii februarii 1452. Cichus. 195 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 febbraio 21, Milano. Francesco Sforza avverte Ludovico da Bologna che, per indagare sui lamentati suoi cattivi comportamenti, manda Francesco del Mangano, vicario ducale e generale sindacatore. Lo informa di questo arrivo perché prepari la sua difesa. Se le voci, com’egli sostiene, sono tutte calunniose il duca si dice ben felice per l’onore di entrambi. 58r Ludovico de Bononia. Per le molte lamente havimo havuto deli tuoy male deportamenti siamo deliberati, como bene ti dicessimo a boccha, mandare là misser Iohanne Francisco del Mangano, nostro vicario et generale sindacatore, per prendere informatione d’essi tuoy deportamenti et per sindacarti. Et perché tu ne hay dicto le dicte lamente essere facte indebitamente contra de ti, et che sosteneresti essere calumniato et imputato a torto, ti ne advisamo acciò sii preparato alle defensione toe, avisandote che nuy l’haverimo molto grato et accepto ch’el se trovi in effecto ch’el sia facto lamenta de ti contra il debito, sì per l’honore tuo, sì etiandio per lo nostro, certandote che se non haveray fallito, non portaray pena veruna; et se haveray facto altramente, nostra intentione è che sii punito secondo il devere perché, quando altramente facessemo, seria troppo nostro grande manchamento. Data Mediolani, xxi februarii 1452. Cichus. 196 Francesco Sforza a Giovanni Francesco de Mangano 1452 febbraio 21, Milano. Francesco Sforza scrive a Giovanni Francesco de Mangano che lo invia a sindacare Ludovico da Bologna, famiglio ducale, di cui, in molti luoghi, si lamentano comportamenti e gesti disdicevoli. Ludovico afferma che son tutte calunnie, comunque il duca l’ha rimosso dall’ufficio e l’ha “per casso”. Si porti a Tortona, a Pontecurone e a Viguzzolo per prendere informazione dei suoi comportamenti. Con lui abbia uno dei suoi che raccolga le predette informazioni. Assolta l’indagine, mandi dal duca il suo accompagnatore con le informazioni scritte: a voce gli riferirà ogni cosa intesa e poi, il duca gli dirà quello che Giovanni Francesco dovrà fare nel giudicare Ludovico. Domino Iohanni Francisco de Mangano. Per le molte et infinite lamente che ne sonno facte da molti lochi deli mali deportamenti et gesti deludovico da Bologna, nostro famiglio, habiamo deliberato farlo sindicare, benché luy ne ha dicto essere calumniato et querelato de luy indebitamente, et ch’el sostenirà essere facto deluy lamenta contra il debito, la qual cosa a nuy serà molto grata et piacerane assay, sì per l’honore nostro quanto etiandio per lo suo. Et perhò vogliamo che, ricevuta questa, debiati transferirve ad Terdona, a Pontecurone et a Vigazolo per pigliare informatione summariamente de essi suoy deportamenti, et con vuy menareti qualche uno deli vostri intendente et distrecto, quale 58v intenda similmente con vuy le dicte informatione. Et postmodum, havute le dicte informatione, mandaritine dicto vostro cum esse in scriptis et anche informato, per modo che ne sappia referire a boccha di tucto quanto havereti trovato, et tunc vi avisarimo di quanto havereti a fare nel sindicare il dicto Ludovico, certificandove che ex nunc habiamo tolto dal’officio dicto Ludovico et l’habiamo per casso. Data Mediolani, die xxi februari 1452. Cichus. 197 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 21, Milano. Francesco Sforza vuole che Corrado da Fogliano mandi a Tortona, Pontecurone e Viguzzolo Giovanni Francesco dal Mangano, vicario ducale, da lui incaricato di indagare sui comportamenti di Ludovico da Bologna ritenuti (al dire dell’imputato, a torto) riprovevoli per cui è stato sollevato dall’ufficio dal duca e depennato. Magnifico Conrado de Foliano. Per le molte ed infinite querele et lamente quale havimo havute deli mali deportamenti deludovico da Bologna, nostro famiglio, benché luy ne dice essere querelato indebitamente deli facti suoy et ch’el sostenerà non essere cossì, como è stato dicto deluy, la qual cosa serà a noy molto cara et accepta, havimo deliberato che misser Iohanne Francisco dal Mangano, nostro vicario, vada a Terdona, Pontecurone et Vigazolo ad informarsi deli suoy deportamenti per sindicarlo poy. Siché vogliamo che, recevuta questa, mandi dicto misser Francisco nele prenominate terre et a Terdona per havere la dicta informatione et per sindicarlo, como nuy gli scrivimo, avisandoti che ex nunc havimo tolto il dicto Ludovico dal’officio et l’habiamo per casso. Et circha ciò fa che esso non perda tempo alcuno. Data Mediolani, die xxii februarii 1452. Cichus. 198 Francesco Sforza al podestà, al comune e agli uomini di Tortona 1452 febbraio 21, Milano. Francesco Sforza avvisa il podestà, il comune e gli uomini di Tortona che, in seguito alle lamentele loro e dei loro ambasciatori per i deplorevoli comportamenti di Ludovico da Bologna, mandalì Giovanni Francesco dal Mangano, vicario e sindacatore generale, per essere appieno informato di quanto da loro denunciato, perché se avesse sbagliato ne pagherebbe il fio. La lettera è stata inviata anche al podestà, al comune e agli uomini di Pontecurone e di Viguzzolo. Potestati communi et hominibus Terdone. Per le molte querele havimo havute deli mali deportamenti deludovico da Bologna nostro famiglio sì per 59r vostre littere, sì etiandio per li vostri ambassatori, quali alle volte sonno venuti da noy, havimo ordinato ch’el vengalà misser Zohanne Francischo dal Mangano, nostro vicario et sindicatore generale, per pigliare informatione d’essi suoy deportamenti, al quale havimo commisso il sindicato suo. Perhò vi scrivimo carichandovi che ad esso domino Iohanne Francisco debiati dare tucte quelle informatione haveti deli mali deportamenti d’esso Ludovico, perché nostra intentione è che, havendo fallito ne portala pena, et ne sia punito, avisandovi che ex nunc habiamo tolto dal’officio dicto Ludovico et l’havimo per casso. Data Mediolani, die xxi februarii 1542. Cichus. In simili forma scriptum fuit potestati, communi et hominibus Pontiscuroni. Item potestati, communi et hominibus Vigazoli, dilectis nostris. Cichus. 199 Francesco Sforza a Giacomo de Ture 1452 febbraio 21, Milano. Francesco Sforza ricorda a Giacomo de Ture, cancelliere della Savoia che, non molto tempo addietro, nascostamente se ne fuggì da Gaspare da Sessa, suo cancelliere, Antonio de Cantono, suo cancelliere, portandosi via circa novecento ducati destinati ai fanti e agli stipendiati. Saputo che Antonio era andato a Vercelli, il duca scrisse perorando il Consiglio ducale della Savoia e Giacomo de Cellant, allora governatore di Vercelli, perché facessero avere a Gaspare denaro sottratto, e eguale istanza presentò al duca sabaudo e, allo stesso fine, ivi si recò Gaspare. Sebbene ogni cosa della vicenda di Antonio si sapesse, egli, depositati presso Giacomo de Cellant i denari e la roba asportata, venne liberato, lasciando a mani vuote detto Gaspare. Saputo tutto ciò, lo Sforza ha moltiplicato lì le lettere, ma è venuto a sapere che l’attuale governatore di Vercelli, Carlo d’Armagnac, pare si dia da fare contro Giacomo de Cellant perché ad Antonio, quasi fossero suoi i denari e la roba, venga tutto restituito, quando è evidente che la sottrazione di denaro è stata fatta da Antonio medesimo. Da qui la rinnovata richiesta a Giacomo de Ture di provvedere a restituire a Gaspare il denaro. Magnifico iurisutriusque doctori clarissimo et militi domino Iacobo de Ture, Sabaudie cancellaro, amico nostro honorandissimo. Non multum preteriit temporis quod a strenuo Gasparre de Suessa, conestabile nostro, clam et fugitive fugam abripuit Antonius de Cantono, cancellarius suus, asportatis sibi pecuniis, quas eidem asignaveramus pro dando peditibus et stipendiatis suis, et aliis rebus, que ducatos circa noningentos ascendebant. Quod cum intellexissemus et cum Vercellas adventasse audivissemus, opportune scripsimus et precibus institimus apud magnificum ducale Consilium Sabaudie et spectabilem Iacobum de Cellant, tunc gubernatorem Vercellarum ut indemnitati dicti Gasparris provisionem adhiberent, similem quoque instantiam fecimus apud illustrissimum dominum 59v Sabaudie ducem et, hac de causa, idem Gaspar eo adventavit. Et quamquam cognitum esset de asportatione pecuniarum et rerum predictarum et proinde Antonius ipse detentus fuisset, tamen, repositis pecuniis et rebus predictis penes eundem Iacobum de Cellant, fuit idem Antonius a carceribus liberatus, nulla facta eidem Gasparri satisfactione, cuius quidem rei cum notitiam habuissemus, plures in hac materialitteris replicavimus, tandem, ut intelleximus spectabilis dominus Carolus de Armeniaca, nunc gubernator Vercellarum et uti et operam facere videtur adversus prefatum Iacobum, ut pecunie et res ipse, veluti bona dicti Antonii eidem Antonio restituantur et libere assignentur, quod quidem, si fieret, neque equum et conveniens foret neque ullo modo tollerandum. Constat enim, et omnibus manifesta est asportio dictarum pecuniarum per eundem Antonium inique facta, nec dubium est quod si ipse Iacobus, quod iuris et debiti sui erat perficere voluisset, iam tandem Gaspar ipse debitum suum esset assecutus. Quare rem istam magnificentie vestre ex animo et quo efficacius fieri potest commendatam efficimus pariter et rogamus ut restitutionem pecuniarum et rerum predictarum eidem Gaspari faciende provisionem adhibere placeat, et taliter operari quod Gaspar ipse iam tandem debitum recipiat, nec amplius per dilationes deducatur, nec ulterioribus frustetur expensis aut incommodis fatigetur: pro eo enim equitas, pro eo iustitia, pro eo honestas omnis exclamat. Et quemadmodum magnificentia vestra nosce debet ex dispositione capitulorum pacis et intelligentie inter illustrissimum dominum ducem vestrum et nos extancium, que ex latere nostro servari disponimus, sic fieri debet et convenit, certificantes magnificenciam vestram quod pecunie ille, quas Antonius ille asportavit ex iis sunt, quas a nobis receperat, eidem 60r Gasparri suisque peditibus exbursandas sicque sacramento dicti Gasparris et aliorum quam plurimum de hoc notitiam habentium attestari poterit. Super his autem nos non ulterius extendemus quoniam abunde super predictis locuti fuimus cum Iohanne Filippo, presentium latore, nec dubitamus quod rem ipsam ut transacta est magnificencie vestre declarabit, super qua eidem credulam fidem adhibere placeat, ad eius beneplacita queque parati. Data Mediolani, die xxi februarii 1452. Irius. Cichus. 200 Francesco Sforza a tutti i provisionati della cittadella di Novara 1452 febbraio 22, Milano. Francesco Sforza esorta i provisionati della cittadella di Novara a non voler accogliere l’invito di abbandonare la cittadella che, come gli ha riferito Lanfranco Garimberti, capitano della cittadella, è stato loro rivolto da Bolognino. Egli spera che essi vorranno riconfermare il loro attaccamento allo stato e aspettare altri dieci giorni in modo da consentirgli di poter provvedere a loro. Omnibus provisionatis comorantibus in citadella Novarie. Siamo advisati dalanfrancho Garimberto, capitaneo de quella nostra citadella, della deliberatione haveti facto de partirvi de quella nostra citadella per quello ve ha mandato a dire el Bolognino, dela qual cosa non possemo fare non ne meravegliamo che vogliati in questo modo abandonare quella nostra citadella, quale sapeti quanto è importantissima al facto nostro, rendendone certissimi che tucti et cadauno de voy sia non mancho desideroso del bene et stato nostro che nuy medesmi, como havemo continuamente veduto per experientia. Siché consyderando noy la fede et devotione ne haveti continuamente portato, non possimo fare non ne meravegliamo che cossì, subito, vogliati abandonare in tucto quella citadella. Pertanto ve confortiamo et caricamo tucti et ciascaduno de voy che per adesso non vogliati partirvi, se haveti caro il bene et stato nostro, como non dubitamo haveti et como havemo veduto per molte experientie, ma vogliati induciare ancoralì fino a deci dì, invigilando ala bona guardia, como haveti facto nel passato, adciò in questo mezo possiamo providergli, certificandovi che a nuy fareti cossa gratissima. In questo fati como havemo firma confidentia in voy, e che fareti. Data Madiolani, die xxii februarii 1452. Zanectus. Cichus. 201 Francesco Sforza a Lanfranco Galimberti 1452 febbraio 22, Milano. Francesco Sforza vuole che Lanfranco Galimberti faccia di tutto per trattenere per dieci giorni i provisionati che sono stati sollecitati dal Bolognino ad abbandonare la cittadella. Durante tale decade provvederà alle sue paghe con l’aumento di ottanta fiorini, che gli consentiranno di avere altre ventisette paghe, oltre a quelle che ora tiene con quaranta fiorini. Così complessivamente avrà ogni mese centoventi fiorini. 60v Lanfrancho de Garimbertis. Havemo recevuto la toa littera et inteso quello ne scrivi de quelli provisionati del Bolognino, quali vogliono partirsi de quella citadela, per quello gli ha mandato a dire el Bolognino; dela qual cosa ne troviamo malcontenti per quella citadella non staria bene, partendosi de presente quelli provisionati. Pertanto nuy gli scrivimo che vogliano aspectare dece dì, siché anche ti li confortaray per nostra parte ad volere aspectare dece dì, certificandoli che a nuy farano cosa gratissima. Nuy in questo mezo farimo provisione al facto tuo delle paghe haveray a tenire, et te mandarimo lalittera del capitaneato, siché provede che non se parteno fina dece dì. Et adciò sappi le paghe volemo tu debbi tenire, te advisamo che noy te faciamo accrescere octanta fiorini (a) al mese, deli quali fiorini octanta volemo debi tenire xxvii paghe, siché veneray ad havere in tucto fiorini centovinti al mese, et teneray deli fiorini octanta paghe xxvii; delli altri quaranta teneray quelli ha tenuti fina qui. Siché vedi in termino de questi deci dì de fornirte de queste paghe, quale siano fidate et sufficiente. Data Mediolani, die xxii februarii 1452. Zanectus. Cichus. (a) fiorini in interlinea. 202 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 febbraio 22, Milano. Francesco Sforza scrive a Ludovico da Bologna che, dopo aver inteso quanto gli ha fatto sapere di Giacometto da Legnano, compagno di Bartolomeo da Modena, presto gli dirà di andare da lui. Si tenga pronto ad ogni chiamata ducale. Ludovico de Bononia. Inteso quello ne hay scripto de Iacometo da Legnano, compagno de Bartholomeo da Modena, ti dicimo, respondendo, che mandarimo presto per luy ch’el vengha qua da noy. Perhò vogliamo gli dichi per parte nostra che tucta volta mandarimo per esso sia apparechiato per venire presto. Data Mediolani, die xxii februarii 1452. Bonifacius. Cichus. 203 Francesco Sforza a Battista da Burgo 1452 febbraio 22, Milano. Francesco Sforza si dice dispiaciuto del male che tormenta Battista da Burgo e gli impedisce di andare da lui. 61r Domino Baptiste de Burgo. Inteso quanto ne haveti, ale nostre respondendo, scripto dela infirmità vostra per la quale non posseti venire da noy, ve dicemo che ne rencresce esso vostro male, el quale procurati cazarlo; et demum quando ne sereti liberato, serimo alhora contenti che vegniati da nuy indilate. Data Mediolani, die xxii februarii 1452. Bonifacius. Cichus. 204 Francesco Sforza ad Ambrogio Aliprandi 1452 febbraio 19, Milano. Francesco Sforza esorta Ambrogio Aliprandi, podestà di Fregarolo, di non dolersi troppo per il mancato salario di due mesi. Ciò è dovuto a una disposizione estesa a tutti gli ufficiali ducali per far fronte agli attuali bisogni. Abbia, però, la certezza che entro l’anno detti denari gli saranno ridati. Ambroxio de Aliprandis, potestati Fregaroli. Havimo recevuto le toe littere et inteso quanto che li Maestri del’intrate nostre extraordinarie hanno mandato là ad quelli nostri homini, che non te respondano deli denari del tuo sallario per duy mesi, et cetera, dela qual cosa pare che molto te ne agravi. Al che, respondendo, ti dicimo che non debi agravarte d’esso mandato, perhò che nuy havimo ordinato cossì, et non a ti solo, ma etiandio a tucti li altri officiali nostri, como poderay intendere per aiutarsi de presenti in li nostri bisogni, et ex nunc habiamo assignato questi tali denari. Te certificamo bene che in questo anno presente te li farimo rendere, siché restaray contento. Data Mediolani, die xviiii februarii 1452. Bonifacius. Cichus. 205 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 24, Milano. Francesco Sforza ribasce a Corrado da Fogliano l’ordine di mandargli un suo cancelliere. Magnifico Conrado de Foliano. Per un’altra nostra te havimo scripto che ne dovesti mandare qui uno deli tuoy cancilleri, et may non l’hay mandato, del che ne maravigliamo. Pertanto iterato te scrivemo che, recevuta questa, ne debi mandare qui uno tuo cancillero senza exceptione alcuna. Data Mediolani, die xxiiii februarii 1452. Marchus. Cichus. 206 Francesco Sforza a Marchesino Stanga 1452 febbraio 13, Milano. Francesco Sforza dice a Marchesino d’essere assai sorpreso per la sua partenza da lui senza ragione evidente. Quel che più gli dispiace è il sospetto che ha di presentarsi davanti a lui, mentre in qualsiasi ora del giorno e della notte lo rivede con piacere. Gli manda la presente lettera che gli vale come salvacondotto per recarsi da lui e da Bianca Maria e di soggiornare: potrà muoversi a suo piacere, come più dettagliatamente gli dirà Angelello da Lavello. 61v Marchesino. Ne siamo alquanto maravegliati dela toa partita da nuy senza veruna casone, per quanto nuy sapemo, et più ne meravigliamo che sii in dubio et suspecto de retornare alla nostra presentia, atento che d’ogni hora et de dì et de nocte puoy venire a tuo piacere dove se ritrovala persona nostra. Et perché molto desyderamo sentire da ti medesmo quale sia stata et siala casone della tuoa absentia et del non volere liberamente retornare da nuy. Et adcioché tu, senza suspecto alcuno, maliberamente, possi da nuy venire, te scrivemo questa nostralittera per la quale te concedemo pienalicentia et salvoconducto pienissimo de possere ad ogni tuo piacere venire da nuy et dala illustrissima nostra consorte madonna Biancha, et apresso noy stare, demorare, dormire, manzare, bevere vino biancho, vermiglio, guarnazola, malvasia o vino de Tiro, o qualunque altro vino più te delectarà, et zocare a qualunque zocho, quale più a ti piacerà, senza tu sii represo de veruno fallo tu commettesse, et non ti serà facto despiacere veruno in la persona, nì in facti, nì in dicti, nì da vero, nì da beffe, et te possi in conclusione partire et andare dove tu voray a tuo bono piacere, como più largamente te serà referito per parte del strenuo Angelello dalavello in nostro nome, como quello ch’è pienamente informato della mente nostra circha il facto tuo. Data Mediolani, die xiii februarii 1452. Iohannes. Iohannes. 207 Francesco Sforza a Giacomo de Schiffis 1452 febbraio 22, Milano. Francesco Sforza narra a Giacomo de Schiffis, commissario generale sabaudo e vicario a Vercelli, che altre volte Bizolo della Croce si era recato lì con lettere ducali per incontrare, a nome dei fratelli del defunto Filippo de Fossate, gli uomini del distretto di Burgaro e di Villata, terre sottoposte al duca sabaudo debitrici di una certa somma di danari. Siccome Bizolo vuole recarsi nuovamente lì, ha chiesto, anche a nome dei fratelli, una raccomandazione ducale; lo Sforza esorta il commissario sabaudo, constatato il debito, a provvedere che Bizolo consegua il dovuto da detti uomini. 62r (a) Domino Iacobo de Schiffis, iuris doctori ducali Sabaudiensi comissario generali et vicario in Vercellis. Se contulit alias ad illam civitatem Bizolus dela Cruce, exhibitor cum litteris nostris, ut ibi conveniret nomine et vice fratrum quondam Filippi de Fossate, civium nostrorum Mediolanensium, homines comitatus Burgari et Villate terrarum illustrissimo principi ac domino duci vestro suppositarum, que debitrices apparent de certa pecuniarum quantitate ipsorum fratrum, tum per legitima documenta communis terre Villate, tum ex publico instrumento, quod in solam dicti Filippi personam sub nomine suprascripte communitatis factum extitit respectu communitatis Burgari. Et ut prenominatus Bizolus refert, quamquam exhibuerit idoneum instrumentum et ipsalegitima documenta, de quibus supra, et lata fuerit ulterius pro antedictis fratribus, seu Filippo memorato contra supradictam communitatem Burgari sententia de debito concesseritque eisdem plures terminos ad habilius solvendum, tamen consequi ipsum nondum potuit, quin ipsi homines ad illud reddendum se valde retrogrados prebent et actionem contra eos personalem nequivit obtinere. Ex quo oportuit cum litigiis et impensis fatigatum non consecuta eius eiusdemodi solutione sua redire. Cum igitur Bizolus idem velit eo reverti, causa memorata impositione ac nomine fratrum eorum, qui nostram vobis dirigendam commendationem postulaverint sibi persuadentes utilitatem rei sue futuram, hortamur vos, tum pro rei honestate, quia ubi de debito constat debitores sunt compellendi, tum etiam ne spes ex ipsis litteris nostris concepta fallat eos queque nos idem et libenter ac liberaliter pro civibus et subditis quibusque prefati extra domini vestri cui pro sua erga nos benivolentia plurimum afficimur faceremus, ut causam dictorum fratrum civium nostrorum suscipiatis ex animo commendatam et provideatis per illas vias ac modos de quibus melius videbitur vobis, quod Bizolus ipse qui dictam instantiam cum sententia etiam legitima documenta, de quibus paulo supra diximus, vobis exhibebit, quam citius fieri a vobis poterit, et quidem, sine cavillationibus et captiosis dillationibus, sibi omne debitum effectualiter a dictis hominibus communium suprascriptorum consequatur; nam quamquam persuadeamus nobis vestram spectabilitatem id facturam pro iusticia quam et ex natura sua et ex onere dignitatis officii collere multum consuevit ac debet, nihilominus magnam nobis erit factura complacentiam si redierit Bizolus inde iuxta rectum et honestum votum fratrum antedictorum expeditus. Data Mediolani, die xxii februarii 1452. Lucha. Cichus. (a) Precede Domino Iacobo Vinale ex dominis de Colubrano, castellano et potestati ac vicegubernatori civitatis Vercellarum depennato. A margine: Refecta sub die xiii martii. 208 Francesco Sforza a Giovanni Ferruffini e ad Antonio Guidobono 1452 febbraio 24, Milano. Francesco Sforza risponde alle lettere inviate da Giovanni Ferruffini e da Antonio Guidobono in merito a quanto, a nome del duca, hanno riferito al doge di Genova e al capitano circa l’esercito da comporre e della risposta avutane. Lo Sforza non è d’accordo che tali discorsi si facciano quando sul posto vi sono gli ambasciatori del Re d’Aragona e dei Veneziani. Il parere dell’ambasciatore fiorentino è che detti ambasciatori siano congedati, perché solo allora le cose dette potranno essere eseguite; s’impegnino, quindi, a liberarsi celermente di quelle presenze. Quanto all’andare di Antonio a Savona da Tommaso Campofregoso, si rimetta alla volontà del doge per essere certo di non sbagliare. 62v Domino Iohanni Ferufino et Antonio de Guidobonis. Havimo inteso quanto ne scriveti per le vostre littere de dì xviiii, xx, xxi del presente, zoè de quanto haveti referito, per nostra parte, al’illustre signore domino lo duxe et al magnifico capitaneo circha il facto del’armata da fir facta, et della risposta havuta daloro, et cussì deli partiti che metteti inante, et cussì del parere vostro, et cetera. Ve dicemo che male agevole ne pare queste cose debiano tractarse in quella città fra (a) nuy finché li ambassatori del re de Ragona et de Venetiani stanno lì. El parere de questo magnifico oratore Fiorentino et nostro seria che quelli ambassatori fossero licentiati, che se ne andasseno a casaloro et quando loro fossero partiti, alhora queste cose se poriano mandare ad executione. Et perché il viagio è longo e lo tempo è breve, havendosi rispecto alle cose che se hanno a fare, vogliati, cum quella più (b) honestà che se possa fare, che dicti ambassatori, senza più dimora, siano licentiati, et immediate ne vogliati advisare adciò ne possiamo ad satisfactione et contentamento advisare delle cose se hanno ad fare, perché altramente nuy non saperessemo dare perfectione ad queste cose. Alla parte del tuo andare de ti, Antonio, ad Savona da domino Thomaso da Campoflogoso, te dicemo che ne pare che debbi fare tucto quello che è la volontà et parere dello illustre signore doxe, perché, facendo la volontà et parere della signoria soa et ti, et qualunque altro di nostri se trovasse lì, non porria errare, perché la volontà et parere della signoria soa è el parere et volontà nostra. Alla parte de mandare el cavallo, et cetera, dicemo che nostra intentione è de mandare dicto cavallo ad domino 63r Thomaso per ogni modo, mala casone del soprasedere alquanto in mandarlo su è che nuy cerchamo de havere dicto cavallo, che sia tale che sia piacere alla magnificentia soa et satisfactione nostra, et speramo havere tale investigatione che con honore et satisfactione nostra iusiremo de obligo del dicto cavallo, avisandovi che non siamo scordeveli de mandare dicto cavallo, et speramo de mandarlo presto. Et se non serà cossì ad complimento, como saria el desyderio nostro, per satisfare alla magnificentia soa, nuy faremo tucto quello ne serà possibile, perché intendimo de contentarlo de questo et de magiore cosa. Alla parte del commandatore del Fiescho non dicemo altro per questa, perché per un’altra vi responderimo a complimento per modo che remanerà bene contento et satisfacto da nuy. Ex Mediolano, xxiiii februarii 1452, hora vi noctis. Iohannes de Ulexis. Cichus. (a) fra in interlinea. (b) più in interlinea. 209 Francesco Sforza a Gabriele Bossi 1452 febbraio 25, Milano. Francesco Sforza comunica a Gabriele Bossi, commissario sopra la tratta dei gualdi, di aver preso atto di quanto ha scritto a proposito dei gualdi di Luchina che sono prezzati da cinque a seimila ducati, denari che non si avranno che il prossimo marzo, cosa che lo mette nei guai con suo fratello Alessandro che ne rimarrebbe fino ad allora sprovvisto. Cerchi di avere adesso detta somma e assicuri la consegna dei gualdi. Gabrieli Bossio, commissario nostro super tracta gualdorum. Dilecte noster, havemo veduto quello hai scripto ad Angelo, nostro consigliero, del facto di gualdi de madonaluchina, dicendo che li denari d’essi gualdi, quali ascenderano ala soma de cinque fino in seimila ducati, non se porano havere se non a mazo che vene, la qual cosa non poria esserne dispiasuta più, né haverne facto retrovare pegio contenti, perché, a fidutia de questi gualdi, non havemo facto altro provedimento a messer Alexandro, nostro fratello, né havemo modo de provederli altramente, se non per la via de questi gualdi; et quando quisti denari dovesseno andare ala longa, restariamo più che impazati et ne seguiria più che grande incomodo et danno per respecto che esso messer Alexandro 63v restaria desproveduto. Siché te ne havemo voluto dare aviso per questo cavallario aciochè per ogni modo provedi che se habiano de presente li dicti denari, caricandoti et confortandoti quanto più instantemente possiamo che dii opera et faci tale provisione che li dicti denari se habiano omnino de presente fino ala dicta soma de vi mila ducati, perché te faremo assignare tanti gualdi che ascenderano ala dicta soma. Et circa questo, se hai caro el nostro bene, et se mai sei per farne cossa grata, interpone ogni tuo studio, industria et diligentia per modo che vegniamo ad aiutarse per questa via deli detti denari; et vogli fare ogni promessa per nuy che li dicti gualdi se darano, aciò non se stia de fare lo recato, perché li gualdi non siano ancoralì, li quali, como è dicto di sopra, te faremo consignare infallantemente, et per questo recato saremo contenti pagare quello interesse che te parerà et come porai fare meglio, rescrivendone come farai.Data Mediolani, die xxv februarii 1452. Ioseph. Cichus. 210 Francesco Sforza a Niccolò da Palude 1452 febbraio 25, Milano. Francesco Sforza risponde alle lettere inviategli da Niccolò da Palude e replica al suo suggerimento di addossare alla città di Alessandria l’onere della sistemazione di cento cavalli dei fanti sopravvenuti. Gli ingiunge di dare ai nuovi fanti le tasse dei fanti andati nel Genovese, tasse che saranno trasferite ai fanti che sono dentro Alessandria. Quanto alla grida sulle licenze, vuole si precisi che, se entro i termini in esse stabiliti le licenze non saranno state usate, gli saranno tolte. Al termine predetto vuole dunque avere informazione delle licenze inattuate o non completate. Nicolao de Palude. Inteso quanto ne hay scripto per toe littere, te respondemo, et primo, alla parte del facto deli logiamenti de quelli fanti sopragionti, che dici lo destricto de Alexandria essere troppo gravato et che saria meglio dare questo caricho alla città perché, dandoli caricho per logiamento de cento cavalli, non se poriano debitamente lamentare, et cetera, che non bisogna, ne daghi in questa materia consiglio, perché sapemo che fare in questo meglio de ti. Siché ne pare, et volimo, secondo t’è stato scripto, faci dare alli predicti fanti vivi sonno sopragionti quelle taxe delli fanti sonno andati in Zenoese, benché nostra intentione è, assetato che serà questo facto, fare dare dicte taxe, per levarne la spesa dale spale, alli 64r fanti che sonno dentro de Alexandria, perché alla città non possimo dare più caricho, né nuy deliberamo portare questa spesa. Alla parte della crida facta soprale licentie, dicemo che debi avisare ogniuno che se fra il termino della dicta crida non haverano adimpite le loro licentie, gli serano tolte, poy, spirato il termino d’essa crida, volimo ne advisi dele licentie non serano adempite et quanto gli restarà per fornire de adempirle. Circha vero la parte de potere fare le licentie, perché se ne cavaria più dinari, dicemote che le licentie volimo fare nuy. Data Mediolani, die xxv februarii 1452. Marchus. Cichus. 211 Francesco Sforza al podestà di Tortona 1452 febbraio 25, Milano. Francesco Sforza ordina al podestà di Tortona di dare alloggio a Giorgio da Lodi, famiglio ducale, per cinque bocche e cinque cavalli in conformità agli ordini dati da Ludovico da Bologna per provvede agli altri famigli. Siccome a detto Giorgio furono prese alcune armi, faccia in modo che le riabbia. Dallo stesso Giorgio ha saputo che uno di lì ha una pancera che fu di Pietro Ungaro: gliela faccia avere, perché la dovrà poi consegnare al duca. Potestati Terdone. Siamo contenti et volimo debi provedere de allozamento in quella città ad Zorzo da Lode, presente portatore, nostro fameglio, per bocche cinque et cavalli cinque, segondo li era stato ordinato per Lodovico da Bologna, facendoli provedere per li decti boche et cavalli segondo fi proveduto ali altri nostri famegli, et non sia fallo. Ceterum perché ala novità che fu facta ad miser Petro Ungaro, al dicto Zorzo forono tolte et detenute certe soe arme et pare non le possa rehavere, como da luy intenderai, del che se miravigliamo, et pertanto volimo che, subito recevuta questa, sì perché si possa mectere impuncto subito, como li havimo commesso, li fazi restituire dicti soe arme integramente. Preterea ne significa esso Zorzo che nele mane de uno de quella nostra terra, secundo daluy intenderay, è una panzera molto zentile quale fu del dicto misser Petro Ungaro. Pertanto volimo gli la fazi consignare in soe mane, perché li havimo commesso che subito ne la porti qui da noy. Et non manchi per conditione del mondo.Data Mediolani, xxv februarii 1452. Christoforus. Iohannes. 212 Francesco Sforza scrive a Carlo de Armagnac “Recensagli” 1452 febbraio 25, Milano. Francesco Sforza scrive a Carlo de Armagnac “Recensagli”, governatore di Vercelli di non dare credito alle lamentele degli uomini di Castelnovetto, dato che Agnolello, di cui il governatore parla, ha ricevuto e riceve quotidiani avvertimenti a comportarsi onestamente con tutti, specie con i sudditi del duca di Savoia. È del tutto stupefatto che egli si sia comportato in tale riprovevole modo, pur avendogli scritto di recente che l’avrebbe scontentato se non la smetteva di vessare la gente, orinandogli inoltre di restituire le cose ingiustamente sottratte. 64v Domino Karolo de Armignaco Recensagli et cetera, gubernatori Vercellarum. Litteras vestras ad querellas hominum Castrinoveti conscriptas accepimus, quarum quidem tenore non minorem molestiam suscepimus quam vos aut ii quos damna suscepisse asseveratis, difficile nobis fuit id credere, cum Agnolelus ille, de quo scribit amicitia vestra, quottidianas a nobis habeat et habuerit monitiones se cum suis honeste gerendi cum omnibus et potissimum cum subditis illustrissimi domini consanguinei vestri et nostri domini ducis Sabaudie, mirumque est ut se tam inhoneste habeat, ut scribitis, preter omnimodam mentem et dispositionem nostram, sed nuper ei repetimus taliter animum nostrum quod si non desistet a molestiis et vexationibus profecto redemur de se male contenti; et adeo quod cognoscet non bene secum actum esse, scripsimus quoque sibi ut que indebite sunt ablata restitui faciat omnia indilate, quod se facturum minime dubitamus. Est igitur ut illi qui se spoliatos aiunt ad dictum Angelelum se conferant debitum recepturi, offerentes nos et pro vobis et pro vestris omnibus quam promptissime paratos. Data Mediolani, xxv februarii 1452. Ser Iacobus. Cichus. Die xxvii februarii, duplicata fuit suprascripta literra, mutatis mutandis et cetera, et missa fuit Angelello delavello ut eam mittat per unum ex suis. 213 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 febbraio 26, Milano. Francesco Sforza alla richiesta di Ludovico da Bologna di sapere quando deve andarsene da lì, gli risponde che alla fine del suo sindacato deve andare da lui. Ludovico de Bononia. Inteso quanto ne hay scripto che te vogliamo avisare del partire tuo da là, ti dicemo, respondendo, che, como serà spazato il sindicato tuo, alhora debi partirte da là et venire qua da noy. Data Mediolani, die xxvi februarii 1452. Bonifacius. Cichus. 214 Francesco Sforza al vicario vescovile di Tortona e all’abate di Acqualunga 1452 febbraio 26, Milano. Francesco Sforza dice al vicario vescovile di Tortona, abate di Acqualunga, di aver saputo che l’economo del Tortonese ha preso e dato all’abate di Sant’Alberto i diciotto ducati sequestrati agli affittuari dell’abate medesimo, debitore ducale di ben altra somma, e dal duca assegnati a un suo messo. Il vicario riparerà sborsando di tasca sua all’economo Giovanni Tarazo i diciotto ducati così presi ai contadini. 65r Vicario episcopalis sedis Terdonensis, abbati Aquelonge dilecto nostro. Per lo nostro iconimo de Tertonese siamo certificati como, havendo luy, a nome della Camera nostra, che sequestrati ducati xviii appresso certi fictabili del’abbate de Sancto Alberto, nostro debitore de assay più somma, et volendoli retrare per dare ad uno nostro messo al quali gli havemo assignati, voy, como quello che impedisse li ficti nostri, li haveti tolti de mano ali dicti fictabili et dati al dicto abbate, o suo procuratore, né vi è valuto fare alcuna instantia sopra ciò, del che se maravegliamo et non possiamo se non imputarvi de presumptione et temerità. Pertanto volimo, et per queste vi commandiamo, che, subito veduto le presente, debiati numerare deli vostri proprii al dicto nostro iconimo, cioè Iohanne Tarazo, li dicti ducati xviii d’oro, et ad questo modo impararete essere savio a vostre spese, certificandovi se non lo farete, che vi faremo intendere che cossa serà farse beffe di noy et nostri officiali. Data Mediolani, die xxvi februarii 1452. Cristoforus Franciscus. Cichus. 215 Francesco Sforza al vescovo di Tortona 1452 febbraio 26, Milano. Francesco Sforza avverte il vescovo di Tortona dell’insolente comportamento del suo vicario che ha disposto dei diciotto ducati sequestrati dall’economo ducale agli affittuari dell’abate di Sant’Alberto, debitore della Camera ducale. Il duca gli ha imposto di pagare i diciotto ducati di tasca sua. Sollecita il vescovo ad ammonire il vicario perché sia più savio. Episcopo Terdonensi. Quello vostro vicario ha usato una deshonestà che più se pò appellare presumptione in tuore luy stesso de mane a certi fictabili del’abbate de Sancto Alberto, debitore della Camera nostra, ducati xviii, quali haveva sequestrato appresso loro el nostro iconimo lì per dare ad uno nostro messo, al quale li havemo assignati per cosa importante, et non gli è valuto fare instantia per lo dicto iconimo a nostro nome che ha pur menato la cosa ad beffe, donde havemo deliberato et volimo per ogni modo che luy li paghi di suoy et cossì 65v gli scrivemo in opportuna forma. Per la qual cosa, rendendose nuy certi che questo non sia proceduto de vostra volontà, certificamo la reverente vostra paternità et carichamola quanto più possimo che la voglia admonire dicto vostro vicario che da hora inante non faci simile insolentie, et fare per ogni modo ch’el exborsi dicti ducati xviii, certificandolo che se non lo farà li faremo dele cose che li despiacerano. Ex Mediolano, die xxvi februarii 1452. Cristoforus Franciscus. Cichus. 216 Francesco Sforza all’abate di Precipiano tortonese 1452 febbraio 27, Milano. Francesco Sforza sollecita l’abate di Precipiano tortonese a pagare per la tassa del bue grasso cinquanta ducati d’oro all’economo ducale Giovanni Tarazo. Domino abbati Precipiani Terdonensi. Voy sapete che sete debitore della Camera nostra per lo bove grasso del’anno presente de ducati cinquanta d’oro, como per altre nostre vi habiamo scripto, li quali denari pare che fina qui non habiate facta altra stima de pagare, non obstante che più volte ne setti stato rechiesto per lo nostro iconimo lì, de che molto ne maravigliamo. Per la qual cosa vi carichamo et stringemo che, subito veduto le presente, debiate numerare al dicto nostro iconimo, cioè Iohanne Tarazo, presente exhibitore, li dicti ducati cinquanta, il quale li ha ad dare ad un nostro messo per cose importune. Et in questo non fareti più dilatione né obiecto alcuno, altramente ne darete materia de fare dele cose che non ve piacerano. Ex Mediolano, xxvii februarii 1452. Cristoforus Franciscus. Cichus. In simili forma scriptum fuit abbati Sancti Petri de Mola Terdonensi de ducatis viginti. Data Mediolani, die suprascripta. Cristoforus Franciscus. Cichus. 217 Francesco Sforza a vescovo di Tortona 1452 febbraio 27, Milano. Francesco Sforza è stato deluso dal vescovo di Tortona perché non ha assegnato l’arcipresbiterato di Sarzano, tanto fervidamente chiesto, a don Niccolò di Rubensi del Reame, suo amico e servitore. Non gli si dica che l’attuale beneficiario, Cristoforo da Lugano, non ha altri benefici, perché ne ha. A quello di Sarzano è necessario che destini un altro. 66r Episcopo Terdonensi. È ritornato da noy don Nicolò di Rubensi delo Reame, nostro amico et vechio servitore, dicendo che non ha potuto obtenire quello arciprevedato de Sarzano, del quale vi scripsemo a dì passati, della qual cosa ne siamo molto maravegliati perché ne rendevamo certo che, havendovi facto tanta instantia, ne dovesti havere compiaciuto in maiore cosa, conoscendo che questo è nostro desyderio et che habiamo caro delocare el dicto domino Nicolò nel dicto beneficio, né in questo pò obstare (a) che quello domino Christoforo de Lugano non habia altri beneficii, che nuy siamo certificati che ne ha tanti altri, che li pono molto bene dare vita, et ad questo de Sarzano è necessario deputarli altro che suplisca. Pertanto de novo replicando, vi confortiamo et carichamo la reverentia vostra che, senzalassarse più stimulare, vogli compiacerne in questa cosa et dare el dicto arciprevedato al predicto domino Nicolò, secondo che per altre nostre vi habiamo scripto, et non porriala reverentia vostra farne maiore piacere che questo. Et cum questa fiducia, lo remandiamo da quella adiurandola che non vogli darce più faticha de scrivere per questa cosa. Data Mediolani, die xxvii februarii 1452. Cristoforus Franciscus. Cichus. (a) ob di obstare in interlinea. 218 Francesco Sforza a Francesco Capra 1452 febbraio 29, Milano. Francesco Sforza si congratula con Francesco Capra per aver mandato a prendere ad Alessandria i cento ducati di cui gli ha dato notizia Leonardo da Pietrasanta. Li distribuirà ai fanti, che potrà accontentare per due mesi; non deve, invece, spendere nulla delle quattrocento lire promesse da Giovanni di Alessandria. Stia in attesa delle disposizioni che il duca gli darà: avrà da lui suggerimenti per le spese e munizioni per le bastite. 66v Francisco Capre. Havimo recevuto la toalittera de dì xxii del presente, quale intesa, te respondemo, alla parte delli cento ducati ha scripto ser Leonardo da Petrasancta te siano dati ad Alexandria, ch’el ne piace et commendamo il tuo haverli mandati a tuore, et il pensiero hay facto de contentare quelli fanti, et cossì quelli degono havere da ti de questi cento ducati, caricandote ad volerte portare con prudentia et discretione ad dare questi cento ducati ad quelli fanti, perché non dubitamo, volendoli tu partire con intellecto, contentaray quelli fanti per parechii dì. Le libre quattrocento da Zenova, dele quale te dà speranza domino Zohanne de Alexandria, volemo non debbi spendere niente, ma, como li habbi havuti, che ne advisa, te responderimo la volontà nostra, cossi te advisarimo dove haveray ad havere recorso per le spese et munitione dele bastite de che ne scrivi. Te carichamo bene vedi de dare questi cento ducati ad quelli fanti con prudentia perché li puoy contentare de questi denari per duy mesi, havendo loro la taxa in Alexandria. Data Mediolani, die ultimo februarii 1452. Zanettus. Cichus. 219 Francesco Sforza al podestà e al referendario di Novara 1452 febbraio 29, Milano. Francesco Sforza vuole che il podestà e il referendario di Novara gli comunichino i dati relativi al ricavato delle imbottature e dei dazi di Landiona al tempo di Filippo M. Visconti, da allora in poi e di quel che se ne ricava al presente. Potestati et referendario Novarie. Per certo respecto deliberamo et volimo che ve informati quanto se cavava al tempo del’illustrissimo quondam signore duca passato del’imbotature et datii del loco de Landiona, et quanto se n’ è cavato dopio in qua, et se ne cava de presenti, et de quello trovareti, subito ne advisati. Data Mediolani, die ultimo februarii 1452. Irius. Cichus. 220 Francesco Sforza a Giovanni Feruffini e ad Antonio Guidobono 1452 marzo 1, Milano. Francesco Sforza fa sapere a Giovanni Feruffini e ad Antonio Guidobono che il marchese di Mantova ha sollecitato i denari per i gualdi. Procurino di averli presto per tale assegnazione in modo che se ne avvalga per i suoi bisogni. 67r Domino Iohanni (a) de Ferrofinis et Antonio de Guidobonis. Lo illustre signore domino lo marchexe de Mantoa ha mandato da nuy a solicitare li denari del’assignatione fatali supra li guaIdi, li quali debe recevere in quella città. Pertanto vi commettiamo et volimo solicitati che li denari d’essa assignatione se habiano subito, et senza dilatione de tempo, acciò se possino exbursare al prefato signore marchexe et la signora soa se possa aydare in li soy bisogni, mettendo in questo ogni studio et diligentia vostra. Data Mediolani, primo marcii 1452. Cichus. (a) Iohanni in interlinea. 221 Francesco Sforza comunica a Isnardo Malaspina 1452 febbraio 29, Milano. Francesco Sforza comunica a Isnardo Malaspina che ultimamente sono fuggiti dal condottiero ducale Frasco due famigli portando via della roba e due cavalli. Da poco ha saputo che i cavalli sono finiti da Antoniotto, nipote di Isnardo. Dica al nipote di restituirli a Frasco. Isnardo Malaspine. Alli dì passati da Frascho, nostro conducterio, se fugirono doy famegli asportandogli alcune cose et menandoli via doy cavalli, li quali famigli esso Frascho non ha saputo fino al presente dove fossero andati, se non mò novamente che sa del certo sonno venuti in là, et li cavalli soy sonno in casa de Antonioto, vostro nepote, il perché ne ha facto instantia ve ne vogliamo scrivere. Pertanto, rendendose nuy certi che se Antonioto havesse fin mò saputo che li dicti cavalli fossero de Frascho gli li haveriay mandati, primo per lo debito, poy per respecto de Frascho, quale, doveti sapere quanto habiamo caro. Ve caricamo et strengemo vogliati provedere ch’el dicto Antonioto restituischali suoy cavalli a Frascho; altramente ne bisognaria providere che Frascho non perdesse questi cavalli. Data Mediolani, die ultimo februarii 1452. Zanectus. Cichus. 222 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 febbraio 28, Milano. Francesco Sforza ordina a Corrado da Fogliano di liberare Giovanni Soranza, assecondando molteplici istanze in suo favore. Data garanzia di trecento ducati di stare ai servizi ducali, lo mandi da lui, che, probabilmente, lo terrà al suo soldo, siccome passa per essere buon soldato. 67v Magnifico Conrado de Foliano. Nuy siamo pregati assay per laliberatione de Iohanne Soranza, quale tu hay sostenuto lì, preferendone bona sigurtade, et cetera. Pertanto siamo contenti, et cossì vogliamo che, dandote luy bona sigurtade de trecento ducati de presentarse qui a noy et de stare fidele alli servicii nostri, tu lo libre de pregione, cominandoli ch’el vegni qui ad noy subito, et nuy forse lo terremo al nostro soldo, perché havimo informatione luy essere bono soldato. Ex Mediolano, primo marcii 1452. C. Boschini. Cichus. 223 Francesco Sforza al podestà di Novara 1452 marzo 2, Milano. Francesco Sforza comunica al podestà di Novara che il governatore di Vercelli ha denunciato che Comino Cantone e Antonio da Milano, abitanti a Bulgaro, località sottoposta al duca di Savoia, mentre si recavano in quella città il primo novembre 1450, furono detenuti dall’ufficiale delle bollette Suardo e privati di due loro bestie e di altre cose con l’imputazione di provenire da luogo infetto. Pronti a rinnovare la prova che ciò non era vero, il duca dispone che venga loro restituita ogni cosa o che siano risarciti. Potestati nostro Novarie. Il magnifico gubernatore de Vercelli ne ha scripto como del’anno 1450, al dì primo de novembre, venendo in quella nostra città Comino Cantone et Antonio da Milano, habitatori del loco de Bulgaro, subiecto allo illustre signore duca de Savoya, cum doe soe bestie per fare alcune loro facende, forano destenuti per Iacomo Suardo, officiale nostro delle bollete, et toltogli le dicte loco bestie cum certe altre cose, con dirgli et imputargli che venevano deloco sospecto. Dela qual cosa diceno dicto Comino et Antonio havere facto prova, et etiam de novo se offeriscono provare che loro non venevano deloco sospecto, et che dicte bestie et altre cose gli forono tolte indebitamente et sforzatamente, de che ne habiamo preso admiratione assay. Pertanto volemo et commettemove che debiate omnino fare restituire dicte bestie et altre cose ad essi tolte in quello tempo alli predicti Comino et Antonio, 68r et non gli mancha uno punctale de strengha. Et non se retrovando dicte bestie et cose loro, vogliamo gli faciate pagare et satisfarli integramente del tucto, perché nostra intentione è che rehabiano ogni cosa aloro tolta. Data Mediolani, die ii marcii 1452. Zaninus. Cichus. 224 Francesco Sforza assicura Carlo de Armagnac Visconti 1452 marzo 3, Milano. Francesco Sforza assicura Carlo de Armagnac Visconti, governatore di Vercelli, di aver ordinato al podestà di Novara di restituire a Comino Cantone e ad Antonio da Milano quanto aveva tolto loro nel novembre 1450 l’ufficiale delle bollette di Novara. Karolo de Armignaco Vicecomiti gubernatori Vercellarum. Respondendo alla vostralettera de quelle doe bestie et altre cose che forono tolte fin del’anno 1450 ad Comino Cantone et Antonio da Milano per l’officiale dele bollete della nostra città de Novaria, dicemo che de tale cosa ne habiamo preso admiratione, che non ne habiamo may saputo niente, et se primo lo havessimo saputo, inmediate, gli haveressimo proveduto. Et cossì havemo scripto al nostro podestà de Novaria che facia restituire alli predicti le dicte bestie et ogni altra cosa ad loro tolta. Et cossì siamo certi che farà cum effecto, apparechiati alli vostri bon piaceri. Data Mediolani, iii marcii 1452. Zaninus. Cichus. 225 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 2, Milano. Francesco Sforza vuole che Corrado da Fogliano accerti se corrisponde al vero la lamentela del Bayli di Asti che alcuni Astigiani siano stati privati dei panni che trasportavano e distribuiti tra il castellano e gli uomini di Annone. Se ciò è vero, provveda che tutto sia subito restituito. Magnifico Conrado de Foliano. El magnifico Bayli, governatore d’Ast, ne ha facto grave querella che, conducendo alcuni Astesani certa quantità de panni, gli siano stati tolti et distribuiti tra el castellano et li homini de Annono. Et perché, essendo cossi, non è bene facto, et in tucto alieno dala volontà nostra, volemo te informi de questa cosa, et trovando che cossì sia, provedi che omnino li dicti panni et ogni altra cosa aloro tolta sia integramente et senza exceptione alcuna restituita. Data Mediolani, ii marcii 1452. Irius. Cichus. 226 Francesco Sforza a Giacomo Tizono 1452 marzo 2, Milano. Francesco Sforza ringrazia Giacomo Tizono per i 99 ducati mandatigli tramite il suo famigliare Albertino. Voglia ancora finanziarlo per mettere in sesto la gente d’arme per quella somma che gli dirà detto Albertino. 68v Domino Iacobo Tizono. Per Albertino, vostro famigliare, havimo recevuto novantanove, cioè 99 ducati, delli quali singularmente ve rengratiamo et, confidandoce in l’amicitia vostra, attenduto el nostro vigente bisogno per mettere in poncto le nostre gente d’arme, ve confortiamo et pregamo che ce vogliati subvenire fin ad quello numero che ve dirà per nostra parte el dicto Albertino. Et quanto più presto ve sforzareti mandarli, tanto più ne compiacereti, como etiam ve dirà dicto Albertino, al quale dareti quella pieneza de fede in quanto ve dirà per parte nostra, che faresti a noy proprii. Data Mediolani, ii marcii 1452. Ser lacobus. Cichus. 227 Francesco Sforza al referendario di Alessandria 1452 febbraio 29, Milano. Francesco Sforza comunica al referendario di Alessandria di essere informato che i denari di cui sono debitrici alcune comunità del distretto di Alessandria nei confronti del defunto Antonio dal Pozzo a causa dell’acquisto di biada, spettano in verità a Innocente Cotta per l’assegnazione a lui fatta per il debito del sale risalente al tempo di Filippo M. Visconti; tali denari dal Cotta dovrebbero fluire poi nella Camera ducale in seguito alla confisca dei beni dello stesso Cotta. In attesa della loro destinazione, il duca impone al referendario di riscuotere tutti i denari delle comunità vincolati ai loro debiti con Antonio e di depositarli presso il tesoriere per poi procedere alla valutazione dei destinatari. Referendario Alexandrie Siamo informati che li denari per li quali sonno obligate certe comunitate delle terre nostre de quello districto de Alexandria a quondam Antonio dal Pozo, per casone de biada per la consecutione delli quali ha facta opera nelli dì passati lo herede del dicto quondam Antonio, spectano per il vero ad Inocente Cotta per casone de assignatione haveva per loro debito de sale insina al tempo del’illustrissimo quondam patre et socero nostro colendissimo duca passato, et cossì, spectando al dicto Innocente, debeno pervenire alla Camera nostra per la confiscatione deli boni del dicto Inocente. Il perché vogliamo et ti commandiamo che faci opera de scodere da esse communitate tucti li denari per li quali sonno obligate al dicto quondam Antonio per tal casone, fazendoli reponere appresso 69r il thesaurero lì, perché s’el ne constarà dicti denari spectare alla Camera nostra, faremo fare le debite liberatione et quietatione alle dicte communitate; si non, li faremo relaxare al dicto herede; del che, como haveray facto, avisaray li Magistri del’intrate nostre extraordinarie, non lassando fare interim altra molestia alle dicte communitate ad instantìa del dicto herede per dicta casone. Data Mediolani, die ultimo februarii 1452. Marchus. Cichus. 228 Francesco Sforza a Deodato della Terra 1452 marzo 3, Milano. Francesco Sforza comanda a Deodato della Terra di andare subito da lui. Deodato della Terra. Per alcune cose havemo a conferire con ti, volimo che, subito recevuta questa, vegni qui da noy senza perditione de tempo alcuna. Data Mediolani, iii marcii 1452. Marchus. Cichus. 229 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 marzo 2, Milano. Francesco Sforza, visto quanto ne scrivono Giovanni da Alessandria e Antonio Guidobono nonché Battista dal Fiesco, constatate le difficoltà di giungere a una soluzione della questione della commandaria dal Castellazzo, intende si sentano le ragioni di entrambe le parti. Vuole, perciò, che Giovanni e Antonio si trovino con Battista e lo sollecitino ad andare o a mandare dal duca qualcuno ad esporre le proprie ragioni; altrettanto facciano con l’altra parte in modo che il duca abbia una chiara idea della faccenda e le dia una fine. Domino Iohanni de Alexandria et Antonio de Guidobonis. Inteso quanto ne scriveti vuy per vostre littere, et quello ne scrivi misser Baptista dal Fiescho circha il facto della commandaria dal Castellazo, ve respondemo che nostro desyderio è de mettere fine a questa cosa, et cossì havemo tentato de farglilo mettere, ma trovamo non poterse con honestà et rasone, senza intendere et vedere le rasone de ambe le parte. Pertanto vogliative trovare con dicto domino Baptista et dirgli tucte queste cose per nostra parte et confortarlo ad venire o mandare qui con le rasone soe perché, sapendo noy che gli voglia venire o mandare, admoniremo l’altra parte che ancoraley vegni o mandi con soe rasone. Et quando luy et 69v la parte soa adversa seranno qui, faremo vedere et intendere tucte le rasone et daremo a questo, tale fine, como desyderamo, che se porrà contentare, né l’una parte né l’altra se porrà iustamente lamentare. Data Mediolani, die iii marcii 1452. Marchus. Cichus. 230 Francesco Sforza a Battista Fieschi 1452 marzo 3, Milano. Francesco Sforza avverte Battista Fieschi, precettore della precettoria di Sant’Antonio in Genova, che Giovanni da Alessandria e Antonio Guidobono oratori ducali lo informeranno di quanto il duca vuole che egli faccia riguardo la commendaria dal Castellazzo. Domino Baptiste de Flischo, preceptori preceptorie Sancti Antonii Ianue. Inteso quanto ne haveti scripto per vostre littere circhala commandaria dal Castellazo, non se extendemo più oltra per questa ad respondervi, perché il spectabile cavallero et doctore domino Zohanne de Alexandria et lo egregio Antonio Guidobono, nostri oratori, alli quali in questa materia havemo scripto la volontà nostra, ve informarano a pieno de quanto haveti a fare in questo. Data Mediolani, iii marcii 1452. Marchus. Cichus. 231 Francesco Sforza a Giovanni di Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 marzo 3, Milano. Francesco Sforza risponde a Giovanni di Alessandria e ad Antonio Guidobono in merito a ciò che ha detto loro Leonardo da Pietrasanta. Concordando sul fatto che si arrivi ad una conclusione, sarebbe contento di dare garanzia della provvisione cercando il modo di averla senza che venga impegnata parte dei cinquantamila ducati che il duca intende avere netti, assicurando il doge e il capitano di Genova che di questi denari si daranno due paghe a Genova. Contento che gli ambasciatori del Re d’Aragona e di Venezia se ne vadano, si trovino con il doge per caldeggiare la presenza degli ambasciatori genovesi a Roma. Vuole che Giovanni e Antonio confermino al doge e ai membri della famiglia Doria che, come ha fatto in passato, non tralascerà ogni via per la liberazione di Gregorio nelle mani di Filippo. Gli piace l’incontro del Re di Tunisi con il doge. Cerchino, oltre i cavalli portati a lui, che crede siano barbareschi, di procurargli quelli del doge. 1452 marzo 3, Milano. Domino Iohanni de Alexandria et Antonio de Guidobonis. Havimo recevuto le vostre littere de dì xxii, xxiii, xxv del passato, et inteso tucto quello ne scriveti, cossì quello ve ha dicto ser Leonardo da Petrasancta delle cose delà, ve respondemo, primo, alla parte del partito deli cinquantamilia ducati, dicemo che nuy siamo contenti attendati al’effecto et conclusione de dicto partito, (a) non obstante quanto per la nostra ultima littera de dì xxiiii del passato ve habiamo scripto; et sarimo contenti de fare la securitade della provisione, ma intendimo 70r de cerchare via et modo de farla, che non remanga per questo obligato denaro alcuno de questi ducati L mila, ma che nuy li possiamo havere neti, et cossì che non habiamo fare questa liberatione della guera, quale è stata domandata, secondo ne haveti scripto, et como ne ha dicto ser Leonardo da Petrasancta. Siché in questa materia ve sforzati de venire a conclusione et effecto et con quanta presteza sia possibile, perché questi denari haverano a farne uno relevato servitio alle cose se haverano a fare, havendoli a tempo, et vogliate chiarire lo illustre signore duxe et lo magnifico capitaneo che della provisione non dubiti, perché de questi L mila ducati ne daremo doe paghe lì a Zenoa contanti in uno tracto. Et per questa via, facendo questo scorto, si venirà a pigliare uno aventagio (b) che le assignatione lì sonno facte suxo li dacii, venerano a correre de mese in mese, et non porano manchare. Alla parte che ne scriveti del partire deli ambassatori del Re et Venetiani, ne piace molto perché la stantialoro lì non posseva essere se non damnosa et periculosa; et como siano partiti, ce ne advisati. Dicemo bene ch'el ne pare saria molto utile l'andata deli ambassatori Zenovesi a Roma et al Re, siché vogliati essere con (c) lo illustre duxe et dirgli ch'el nostro parere seria che questi ambassatori dovessero andare como era ordinato, confortando la signora soa con quelle rasone ve pareranno, ad volere mandare dicti ambassatori, perché serà honore et reputatione alla signor(i)a soa et a quella magnifica communità, et non pò se non zovare summamente allaligha nostra. Et della deliberatione farà la signoria soa ne advisati. 70v Circha il facto de Filippo Spinula, vuy haveti veduto quello ve habiamo scripto de quello el circha per la via del conte Gasparro de Vicomercato. Dappoy non havemo havuto altro, ma aspectiamo per la retornata de Bernardo Spinula intendere quello vorrà dire, de che ve avisaremo. Volemo debiati chiarire et verificare lo illustre signor duxe et tucti quelli gentithomini de casa Doria che per laliberatione de Gregorio, destenuto in mano de Filippo, nuy non havemo fin mò lassato, né lassarimo per l’advenire che fare, non altramente como s’el ne fusse fratello, per l'amore et caritate portamo ad tuctala casa Doria, alla quale in eternum siamo obligatissimi per li benemeriti et servicii havemo recevuto, recevemo, et speramo recevere da quella casa. Alla parte ch’el re de Tunesi de Barbaria mandi ad presentare et visitare quello illustre signore duxe et noy, ne piace. Et perché credemo quelli cavalli menano, sianno barbareschi da correre pallio, quali havemo desyderio havere, ve carichamo servati modo, se possibile serà, che ultrali nostri, nuy habiamo quelli sarano presentati a quello signore duxe, doppio che la signoria soali haverà recevuti. Questa rechiesta faccimo a securità, consyderato che simili cavalli non sonno da exercitare là in Zenoa, et sarimo contenti de pagarli quello parerà alla signoria soa. De quelle nave tante riche sonno gionte a salvamento lì, ne piace, perché d’ogni bene et prosperità de quella città havimo non manche piacere, che del nostro proprio. 71r Alla parte de Branchaleone Larcha, havemo inteso quello ne scrivi lo illustre signor duxe et vuy, et cossì quello ne ha dicto ser Leonardo da Petrasancta, al che non dicemo altro, se non che certificati esso signore duxe et Branchaleone che nuy provederimo al facto suo, et de quello altro ne scrivi, per modo restarano ben contenti. Data Mediolani, iii marcii 1452. Zanectus. Cichus. (a) Segue non obstante ripetuto. (b) In A aventaglio con l depennata. (c) Da deli ambassatori a essere con aggiunto a margine. 232 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 3, Milano. Francesco Sforza dice a Corrado da Fogliano di aver inteso quanto afferma il castellano di Bassignana e ciò che ha riferito Stefanino Visconti, al quale egli ha espresso la propria opinione e detto quanto ritiene sia da farsi. Comprese le lamentele dei provisionati di lì per le spese delle bocche vive, vuole li assicuri che verranno tolti di lì e condotti al campo. Non ha dubbi che il podestà di Frigarolo sia un fedele suo servitore: lo assicuri, comunque, che le due paghe che gli sono state tolte in seguito gli verranno restituite. Magnifico Conrado de Foliano. Havimo inteso quanto te ha facto dire el castellano de Bassignana, et anche quanto ne ha riferito Stefanino Vesconte, sopra il che havimo dicto la dispositione et mente nostra a dicto Stefanino, secondo intenderay daluy, et quanto ne pare da essere exequito. Aluy adoncha sopra ciò crederay quanto alla persona nostra. Similiter havimo inteso quanto tu ne scrivi delli nostri provisionati lì che se agraveno de non potersi mantenire per le spese dele boche vive. Ti dicimo che gli responde che se diano bona voglia, perché presto li levarimo delà et gli provederimo per menarli in campo, in modo che se contentarano. Alla parte del podestà del Frigarolo, noy credemo ch'el ne sia cossì fidele servitore, como tu ne scrivi, et cossì lo reputiamo, ma, consyderato che quelle doe paghe non se gli togliono, se non in prestito et omnino se gli restituirano, confortalo ad havere patientia et servircene volontera. Data Mediolani, die iii marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 233 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 3, Milano. Francesco Sforza ordina A Corrado da Fogliano di sollecitare la comunità di Alessandria a dare ad Antonello dal Borgo ciò che gli spetta. 71v Magnifico Conrado de Foliano. Più volte havemo ordinato e scripto che quella nostra communità da Alexandria facia el debito aley pertinente al strenuo Antonello dal Borgo, et pur fin a mò [non l’ha fatto], del che ne maravegliamo et dolimo. Et pertanto volimo et te commettimo che tu gli lo faci fare senza più replicatione de nostre littere. Ex Mediolano, iii marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 234 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 marzo 3, Milano. Francesco Sforza, visto quello che Ludovico da Bologna gli ha scritto, lo ringrazia degli avvisi datigli; vi provvederà. Ludovicho de Bononia. Veduto quello ne hay scripto per doe toe, date a xxv et ultimo del passato, non ce accade fare altra resposta se non che te commendamo delli advisi che ne hay dati, ali quali provederimo como ne parerà. Data Mediolani, die iii marcii 1452. Irius. Cichus. 235 Francesco Sforza a Paolo Pinzamatti 1452 marzo 3, Milano. Francesco Sforza scrive a Paolo Pinzamatti che, per il fatto del sale non ha che da attenersi a quanto gli ha ordinato il consigliere ducale Angelo Simonetta, dal momento che dal colloquio col governatore del Castello del Tortonese ha ricavato solo parole. NobiIi Paulo de Penzamatis. Inteso quanto ne scrivi per toe littere circha il facto del sale essere stato con lo governatore de castello de Tertonese in el consiglio d'essa terra, et non havere potuto havere altro da loro che parole, non te volemo respondere altro salvo che faci quanto in questa materia te è stato ordinato per Angelo Simonetta, nostro consigliero. Data Mediolani, iii marcii 1452. Marchus. Cichus. 236 Francesco Sforza a Giacomo Tarazio 1452 marzo 3, Milano. Francesco Sforza informa Giacomo Tarazio, economo nel Tortonese, di aver concordato con il clero la somma di quattrocento ducati d’oro. L’esazione di tale contributo dovrà aver luogo fra dodici - quindici giorni. Prema perché si faccia il compartito. Se vi fossero dei renitenti si avvalga contro i chierici, i loro debitori e fittavoli dell’intervento del podestà e del capitano, che ne sono al corrente. 72r Iacobo Taracio, inconimo in partibus Terdonensibus. Havemo reducto el chiericato Tertonese includendoli domino lo vescovo et li altri prelati alla summa de ducati quattrocento d’oro, per questa nova subventione che li havemo rechiesto, et con questa deliberatione sonno partiti da nuy li suoy messi quali sonno stati qua per questa cosa, che subito debano fare el compartito fraloro et mettere modo ad la exactione de dicti denari che se habiano fra xii o xv dì al più tardo, adiutandose col brazo ecclesiastico, et cetera. Et se veruno serà renitente, haverano ricorso da te. Pertanto vogliamo, et cossì te commettiamo che debbi solicitare insieme con loro che se faza el compartito et la executione ut supra. Et contra quelli che seno desobedienti et contumaci, et contra suoy debitori et fictabili, procede con ogni opportuna executione. Et circha ciò non manchi dal canto tuo in cosa alcuna, rechedendo el favore del podestà et capitaneo lì, ad chi scrivemo per l’alligate per modo che, de presenti, se possiamo valere de dicti denari, quali fin adesso havemo assignati per cose importante al stato nostro. Data Mediolani, die iii marcii 1452. Christoforus Franciscus. Cichus. 237 Francesco Sforza al podestà e al capitano di Tortona 1452 marzo 3, Milano. Francesco Sforza scrive al podestà e al capitano di Tortona che devono intervenire ad ogni richiesta che farà loro l’economo per la riscossione del contibuto addebitato al clero. Potestati et capitaneo Terdone. Perché habiamo rechiesto a quello chiericato Tertonese una certa quantità de denari deli quali ne subveneno a questi nostri bisogni et deno compartirli fra tucto el dicto chierecato et cetera, volemo, et per questo ve commettimo che ad ogni instantia del nostro inconimo lì, el quale deve solicitare questa exactione, li debiati dare adiuto et favore et lo brazo del’officio vostro a procedere contra 72v quelli debitori che seranno renitenti, como luy rechederà, Et non manchate in cosa alcuna, perché havemo assignati dicti denari per cosa importante al stato nostro. Data Mediolani, die iii marcii 1452. Christoforus Franciscus. Cichus. 238 Francesco Sforza a Giovanni della Noce 1452 marzo 4, Milano. Francesco Sforza ha inteso le cose che Giovanni della Noce gli scrive; in particolare lo informi di quello che sentirà dal suo amico. Domino Iohanni dela Nuce. Per una vostra, data a xxiiii del passato, havemo inteso li avisi quali ne haveti dati dele cose delà, le quale, benché siano tucte frasche, nondimeno ne è caro intendere ogni cosa, et cossì ve caricamo vogliati fare in l’advenire et maxime advisarne de quello havereti da quello amico, quando havereti parlato seco. Data Mediolani, die iiii marcii 1452. Irius. Cichus. 239 Francesco Sforza ai presidenti agli affari di Tortona 1452 marzo 6, Milano. Francesco Sforza avverte i Presidenti agli affari di Tortona che Bartolomeo Colleoni ha richiesto che Ludovico da Bologna, commissario ducale, sostituisca il fuggitivo suo cancelliere Lancilotto da Parma, incaricato di riscuotere le tasse. Il duca acconsente che Ludovico supplisca Lancilotto ed esegua quanto il Colleoni gli ordinerà. Prescidentibus negotiis civitatis Terdone. Per casone che Lancilotto da Parma, cancelleri del magnifico Bartholomeo Colione nostro capitaneo, quale facevali soy facti lì circha il retrare dele taxe et altre soy faccende, per respecto ali soy soldati deputati ad allogiare lì, al presente se è absentato et fugitose dal dicto Bartholomeo et non ha lì alcuno che soliciti il facto suo, ce ha requesto vogliamo essere contenti che Ludovico da Bologna, nostro comissario lì, facciali soy facti et deli soy soldati et supplischa in locho del dicto Lanzilotto. Pertanto, desiderosi compiacerli, semo contenti che Ludovico predicto exequischa quanto per luy gli serà ordinato, et però intenderiteve con luy, como facevate cum Lanzilotto predicto. Et non manchi. Data Mediolani, vi marcii 1452. Andreas Fulgineus. 240 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 marzo 6, Milano. Francesco Sforza comunica a Ludovico da Bologna, commissario di Tortona, che l’ha destinato, assecondando il desiderio del Colleoni, a sostituire il fuggitivo suo cancelliere Lancillotto da Parma: avrà quindi il compito di ritirare, in nome del condottiero e dei suoi soldati, le tasse e di fare quello che lui gli dirà. 73r Ludovico de Bononia, comissario Terdone. Siandose fugito dal magnifico Bartholomeo Colione, nostro capitaneo, Lancilotto da Parma, suo cancelleri, como credemo haveray inteso, et non habbialì alcuno che procuri il facto suo circha il retrare de taxe et fare altre sue faccende per casone deli soy soldati, deputati ad allogiare lì, como faceva il dicto suo cancellero, ce ha mandato ad requedere vogliamo essere contenti che tu, in loco del dicto cancellere suo, retraghi in suo nome et delli dicti soy soldati dicte taxe et quelle dispensi et faccine il suo parere. Pertanto, desiderosi compiacerli, semo contenti et volemo che circha ciò faci et operi quanto per luy te serà ordinato, habiando tamen advertentia de redurre ad bon termine se alcuna cosa per lo dicto cancellero fosse stata mancho che iustamente guidata, como se extima de sì, et che alcuno allogiamento non vada in sinistro. Data Mediolani, vi marcii 1452. Andreas Fulgineus. 241 Francesco Sforza al referendario di Tortona 1452 marzo 6, Milano. Francesco Sforza, siccome desidera essere aggiornato sulle fortezze della città e sulle assegnazioni dei denari, vuole che il referendario di Tortona, lasciata una persona idonea che lo supplisca, vada da lui per dieci-dodici giorni. Referendario Terdone. Perché nostra intentione è de intendere el facto delle forteze de quella città, et cossì etiandio delle assignatione de quelli denari, volimo che, recevuta questa, ordinato primo el tuo officio et lassando in esso persona idonea che supplischale visende toe in modo che non possa seguire manchamento alcuno, vegni qui da nuy per deci o dodeci dì. Et cossì che possi venire, per tenore de questa, te concedimo licentia. Data Mediolani, die vi marcii 1452. Marchus. Cichus. 242 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 6, Milano. Francesco Sforza ordina a Corrado da Fogliano di eseguire tutto quello che Giovanni Giappano, famiglio ducale, gli dirà in suo nome. Magnifico Conrado de Foliano. Iohanne Giapano, nostro famiglio, te referirà alcune cose per nostra parte circha quanto gli habiamo commesso. Pertanto in tucto quello luy te dirà et rechiederà per nostra parte, vogli crederli et exequirlo quanto se nuy propry te lo dicessimo et rechiedessimo. Data Mediolani, vi marcii 1452. Iohannes de Ulexis. Cichus. 243 Francesco Sforza al podestà, al capitano, al referendario e agli Anziani della comunità di Alessandria 1452 marzo 6, Milano. Francesco Sforza informa il podestà, il capitano della cittadella, il referendario, gli Anziani e la comunità di Alessandria che manda lì il suo famiglio Giovanni Chiappano con il compito di riedificare il muro della cittadella e di ripararlo per i danni causatigli dalla grande acqua e dall’abbondante nevicata dei giorni passati. È incaricato anche di portare a termine la parte di muro mancante giovandosi della commissione che già aveva e dell’aiuto che loro gli presteranno. 73v Potestati, capitaneo citadelle, referendario, Ancianis et comunitati Alexandrie. Havimo inteso como per la grande multitudine de aqua et de neve, che è stata questi giorni passati, è ruinato una parte del muro de quella nostra citadella et parte ne minacia ruina, che presto non gli provede, il perché mandiamo lì Giovane Chiapano, nostro famiglio, per fare a questa cosa provisione sì de rehedificare quello è caschato, sì etiam de remediare ch'el male non vada più inanzi, et finire quello pocho gli restò a fare quando se partì delì cum quella medesma commissione haveva prima. Al quale informato ad plenum della mente nostra circa questo, credereti et dareti piena fede in ciò ve dirà et quello aiutorio et favore che richiederà quanto se nuy proprio ve lo dicessimo et rechiedessimo. Et vogliati farli provedere de una stantia che possa habitare. Ex Mediolano, vi marcii 1452. Iohannes de Ulesis. Cichus. 244 Francesco Sforza al referendario e al tesoriere di Alessandria 1452 marzo 6, Milano. Francesco Sforza comunica al referendario e al tesoriere di Alessandria nonché a Niccolò da Palude che manda lì Giovanni Giappano per ricostruire, riparare e terminare il muro della cittadella. Il referendario lo faccia pagare, il tesoriere gli dia il compenso della giornata ed entrambi annotino puntualmente ogni uscita, ordinaria o straordinaria, da addebitarsi alla Camera ducale. Referendario et thesaurario Alexandrie et Nicolao de Palude. Per refare il muro che è caschato de quella nostra citadella et reparare che non caschi più avanti et anche per fornire quello pocho muro manchò l'anno passato, mandiamo lì Iohanne Giapano, nostro famiglio. Pertanto volimo che ogni dinaro bisognerà per dicta casone tu, referendario, gli faci pagare et tu, thesaurario, li exbursi alla giornata, como bisognarà, tenendone ciaschuno de vuy bono conto de ogni dinari, sì ordinarii como extraordinarii, pertinenti alla Camera nostra, non obstante alcuna cosa mandata in contrario, perché, essendo la cosa (a) della importantia che è, non resti per niente che non se gli proveda. Et adciò cognoscate questo essere de mente nostra, havemo sotoscripta questa de nostra propria mano. Ex Mediolano, die vi marcii 1452. Iohannes de Ulesis. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. (a) cosa in interlinea. 245 Francesco Sforza ai preposti agli affari della città di Tortona 1452 marzo 6, Milano. Francesco Sforza sollecita i preposti agli affari della città di Tortona a pagare, oltre che per il mese in corso, anche per i mesi passati il carico del carriaggio per il castello di Milano, cui, in loro supplenza, ha dovuto far fronte lui. Devono saldare il tutto entro dieci giorni mandando a Filippo di Ancona la somma che è destinata al condottiero Giovanni dalla Noce, il quale, trascorsi invano i suddetti giorni, andrà da loro. A favore di Giovanni dalla Noce e di altri si è scritto similmente alle persone indicate in elenco. 74r Presidentibus negociis comunitatis civitatis nostre Terdone. Siando vuy stati avisati per nostre littere che pagasti el debito del caregio da qui indreto et anche per questo mese presente, et ulterius solicitati cossì per lettere, como a boccha da Filippo de Anchona, et non havendo vuy fin a qui facto, ne maravigliamo et dolimo, perché pocho consyderati quanto importa al stato nostro et al bene vostro el lavorerio del nostro castello de Milano. Et se nuy non gli havessimo havuto più consyderatione che voy, pocho o niente gli seria lavorato, ma havimo noy proveduto a quelli gli tengono le carre (a) per voy. Unde bisogna mò che voy satisfaciati tucto quello haviti debito fra dece dì, mandando li denari al dicto Filippo, et ita ve commandiamo, avisandovi che havimo assignati li denari del vostro debito a misser Iohanne della Nuce, nostro conducterio, il quale aspecterà fin a dicto termino de dì deci, et deinde, non pagando vuy, ve ne succederà spesa, perché dicto domino Giovane venerà là et potiti credere ch'el non venirà a sue spese. Siché mandati li denari, perché non voressimo ve ne venisse spesa né damno alcuno. Data Mediolani, die vi marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. In simili forma scriptum fuit infrascriptis pro dicto domino Iohanne; domino episcopo Terdonensi, comuni et hominibus Boschi et Castellacii, magnifice domine Luchine de Verme, comunibus et hominibus Viguzoli, Casalis, Nuceti, Monialis, et cetera. In simili forma scriptum fuit pro Christoforo de Cremona infrascriptis: comunibus et hominibus Lacus Maioris, consulibus, comunibus et hominibus Valis Sicide, presidentibus negociis civitatis Novarie, consulibus, comunibus et hominibus Viglevani et Mortarii. Item misse fuerunt due littere: domino Baptiste de Burgo sive soprascriptis. Item in simili forma pro Iacobo de Arquata infrascriptis: comunibus et hominibus plebium Bolate et Dexii, comuni et hominibus Modoetie. Item in simili forma pro Iohanne Galanto infrascriptis: comunibus et hominibus vicariatus Septiani; comuni et hominibus Burgi Seroni. (a) le carre in interlinea. 246 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 marzo 7, Milano. Francesco Sforza comunica a Ludovico da Bologna, commissario di Tortona, che tal Francesco da Melfi, già uomo d’arme di Pietro Ungaro e ora con Bartolomeo Colleoni, ha derubato un tortonese di roba di valore. Prenda Francesco, i cavalli e la roba sua e non lo lasci andare fino a che il suddetto tortonese non riavrà quello che è suo. 74v Ludovico de Bononia, comissario Terdone. Como credemo te devi recordare, sonno più dì che uno nostro cittadino de lì, quale al presente se trova qui da nuy, fo robbato da uno Francisco da Melfi, quale fo homo d’arme de messer Pier Ungharo et al presente è col magnifico Bartholomeo Collione, et toltoli robba de gran valuta, secondo devi essere informato et daluy intenderay. Pertanto volemo che, recevuta questa, habbi neIe mani dicto Francisco, li cavalli et robba sua et non libereray né luy né la robba sua per fino non sia facto contento et satisfacto integre il dicto nostro cittadino. Et non manchi. Etiam dicto citadino ce dice havere una scripta obligatoria de mano de Gottofredo, capo de squadra del dicto Bartholomeo, per casone de una parte dela soa robba. Pertanto intenderay l'una parte et l'altra, et vedi de operare ch'el cittadino habbi il debito suo. Data Mediolani, vii martii 1452. Andreas Fulgineus. 247 Francesco Sforza ai preposti agli affari di Tortona (1452 marzo 7, Milano.) Francesco Sforza scrive ai preposti agli affari di Tortona di aver inteso che Lancilotto, già cancelliere del Colleoni, aveva, mesi prima di andarsene, revocata la convenzione che aveva con loro di certe tasse allo scopo di incassar denaro e scomparire, il che andrà a danno degli uomini d’arme del Colleoni. Vuole perciò che trasferiscano, a nome del Colleoni, al commissario di lì, Ludovico da Bologna, ogni delega che prima aveva il fuggitivo Lancilotto, affinché non abbiano a rimetterci gli uomini d’arme. Presidentibus negotiis civitatis Terdone. Habiamo novamente inteso che Lancilotto, olim cancellero del magnifico Bartholomeo Collione, ha revocata quella conventione che haveva cum vuy, già più mesi fanno, de certe taxe, et reductose ad assay mancho che non erala conventione prima, et halo facto solummodo per retrare denari presto et andarsene cum Dio, como ha facto. Il perché, cognoscendo nuy (a) questo essersi reducto a mancho, che la prima conventione venirà con grandissimo danno et prevaricatione de quelli homini d’arme del magnifico Bartholomeo, ad cui tocha. Pertanto volemo et comandamovi che, ogni exceptione remota, debbiate respondere ad Ludovico de Bologna, commissario lì, a nome del prefato magnifico Bartholomeo ogni pacto, conventione et acto che dovevate dare, anzi che dicto Lanzilotto deliberasse andarsene cum Deo. Et ad questo fate non gli sia exceptione veruna, adciò che li homeni d’arme non patiscano il mal fare delancilotto predicto, como è iusto et raxonevole. Data ut supra. Andreas Fulgineus. (a) Segue essere depennato. 248 Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano 1452 marzo 7, Milano. Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano di essere assai sorpreso per quello che gli ha comunicato lui, come anche Francesco Capra, cioè che quei fanti dicano che non intendono restare là neanche un’ora, eppure, mentre gli altri fanti stentano ad avere le loro tasse, questi, oltre ai duecento ducati già ricevuti, hanno anche le tasse in Alessandria e, tuttavia, fanno difficoltà a stare là il mese di marzo e di aprile.Non è, per il momento, d’accordo di accettare la proposta di Giovanni di Alessandria di riscuotere un soldo per ogni soma di frumento e sei soldi per ogni soma di sale. 75r Magnifico Conrado de Foliano. Havimo recevuto le vostre littere cum certe altre copie, et inteso cossì le vostre, como quelle de Francisco dela Capra. Grandemente ne maravigliamo, et iterum ne maravigliamo che ce fierà facta la cosa cossì aspera et cossì extrema, che non pare che quelli fanti se voliano demorare là pur una hora. Et parne nova cosa che, dove li altri nostri non hanno apenale taxe, questi habiano le taxe in Alexandrina; et deinde habiano havuto ducento ducati, et se faciano cossì difficili ad volere stare là, dove intendimo debianno stare questo mese de marcio, et anche quello de aprile, per quelli ducento ducati, havendo etiandio le taxe, como havimo dicto. Quantum autem al ricordo de domino Iohanne de Alexandria, de riscotere uno soldo per somma de formento et sey denari per somma de sale, non volimo per adesso fare questa innovatione. Data Mediolani, vii marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 249 Francesco Sforza a Francesco della Capra 1452 marzo 7, Milano. Francesco Sforza assicura Francesco della Capra di avere disposto, come da sua richiesta, che nei libri della corte ducale egli non appaia come debitore dei denari ricevuti e poi dati ai fanti ducali. Si dice del tutto stupito di quei fanti che dicono di non volere stare là neppure un’ora, proprio loro che, mentre gli altri hanno appena le tasse, sono quei fanti che, oltre alle tasse nell’Alessandrino, hanno ottenuto duecento ducati e si fanno tanto difficili a stare là nei mesi di marzo e di aprile. Non è del parere che questo sia il momento, come invece suggerisce Giovanni di Alessandria di rincarare di un soldo a soma il grano e di sei soldi il sale. Francisco dela Capra. Havimo recevuto le toe littere date Arquata iii presentis cum alcune altre copie, et respondendote prima alla parte de fare conciare le scripture opportune e necessarie, accioché deli denari hay recevuti et deinde exbursati alli nostri fanti, secondo la rasone ne hay mandata, non ne appare tu debitore suli libri della corte nostra, te avisamo che l'havimo facto fare, ita et taliter che sonno saldate le ragione et, proinde, non appareray debitore. Ceterum, alla parte delli fanti ne maravigliamo grandemente, et iterum ne maravigliamo che tu metti la cosa cossì extrema et cossì aspera che 75v non pare che dicti fanti se gli voliano demorare una hora, et parne nova cosa che, dove l'altri nostri apena hanno le taxe, questi habiano le taxe in Alexandrina et deinde habiano havuto ducento ducati, et se faciano cossì difficili ad non volere stare là dove intendimo debano stare questo mese de marcio et anche quello de aprile, per quelli ducento ducati, havendo etiandio le taxe como havimo dicto. Quantum autem al ricordo de domino Iohanne de Alexandria de riscodere uno soldo per somma de formento et sey denari per somma de sale, non volimo per adesso fare questa innovatione. Data Mediolani, vii marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 250 Francesco Sforza a Francesco della Capra 1452 marzo 8, Milano. Francesco Sforza accusa ricevuta della lettera di Francesco della Capra in cui gli riferisce che quei conestabili rifiutano di stare in quei luoghi se non viene loro aumentato il soldo, adducendo il maggiore caro vita di quel posto, il che non è vero: stanno peggio quei che sono a Cassano o a Comazzo e si dimenticano che se anche lì il frumento costasse cinquanta ducati, loro hanno la biada a zero ducati. Distribuisca ai fanti i denari avuti da Genova in modo che abbiano, come hanno avuto fino al presente, di che vivere e comandi che non si allontanino da quell’impresa senza licenza ducale. Francisco della Capra. Havemo recevuto la toa littera et inteso quanto ne scrivi de quello te hanno dicto quelli conestabili, che non voleno stare più in quelle parte, si tu non gli davi denari, et cetera. Dicemo che ne maravigliamo grandemente de tal parlare, et parene grandissimo torto perché, como tu say, li nostri provisionati che stanno a Cassano et ad Cumazo, stanno molto pegio che non stano loro là. Et perché dicano hanno caro vivere, dicemo che tanto seria et è ad loro, che la somma del furmento valesse là cinquanta ducati, havendo loro della biava per suo vivere, che non gli consta niente, quanto se valesse qua uno soldo la somma. Concludendo te dicemo che se se partirano de quella impresa, gli daremo ad 76r intendere haverano facto male ad essere partiti senza nostralicentia. Siamo certi che da Zenova tu haveray havuto denari, quali poray dare alli dicti fanti, siché commandaragli che, per quanto hanno caro la gratia nostra, non se debano partire da quella impresa senza nostralicentia et tu provederay che habiano da potere vivere, como hanno havuto per fin adesso, accioché habiano casone restare più contenti. Data Mediolani, viii marcii 1452. Zaninus. Iohannes. 251 Francesco Sforza a Giovanni di Alessandria e ad Alberto Guidobono 1452 marzo 8, Milano. Francesco Sforza comunica a Giovanni di Alessandria e ad Alberto Guidobono che Giovanni da Campofregoso, già doge di Genova, gli aveva mandato lì in dono due paviglioni. Sopravvenuta la morte del Campofregoso, detti paviglioni sono rimasti presso un cittadino, che loro cercheranno di identificare servendosi dell’allegata lettera di Raffaele de Negri, diretta a Giovanni Giustiniano. Trovatili e ritenutili validi per il duca e accordatisi sul prezzo, subito glielo comunichino perché ne bloccherà la somma. Domino Iohanni de Alexandria et Antonio de Guidobonis. Perché siamo avisati che la bona memoria del’illustre olim duxe de Zenova, misser Ioannes da Campo Fregoso, feci portare lì in quella città duy paveglioni per donarne et, stando per mandarnegli, succedi el caso della morte soa, et essi paveglioni sonno remasti presso uno citadino de quella città. Pertanto voliamo che, recevuta questa, ve informati cum omni vostra cura et diligentia appresso de chi sonno. Et acciò possiati più tosto trovargli, ve mandiamo unalittera alligata de Rafaello de Nigri, directiva ad domino Iohanne Iustiniano, quale debe sapere presso de chi sonno, et trovato che li havereti, volemo li faciati tendere et vedeati se sonno cosa che faza per nuy et, trovando che siano boni per nuy, ve accordati del pretio, et ne advisati del denaro che costarano, et del tucto, perché mandarimo per essi. Et avisatine prestissimo, perché, essendo boni per nuy, non intraressimo in altra spexa; quando non sianno boni per nuy, procuraremo provederne per altra via. Data Mediolani, viii marcii 1452. Marchus. Iohannes (a). (a) Iohannes scritto su Cichus. 252 Francesco Sforza a Francesco della Capra 1452 marzo 8, Milano. Francesco Sforza informa Francesco della Capra di aver scritto a Giovanni di Alessandria, consigliere ducale, e ad Antonio Guidobono, suo segretario, per certi paviglioni che devono vedere in Genova. Vuole che vada da lor due e con loro faccia stendere detti padiglioni: se gli parranno adatti per il duca, vada da lui bene informato delle caratteristiche e del prezzo. Se non li ritenesse adatti per lui, non si muova. 76v Francisco dela Capra. Nuy scrivemo per nostre littere al spectabile cavalero domino Zohanne de Alexandria, nostro consigliero, et al’egregio Antonio Guidobono, nostro secretario, per certi paveglioni per la persona nostra, quali debeno vedere in Zenova. Pertanto volimo che, subito recevuta questa, debbi andare dalli dicti domino Zohanne et Antonio et una con loro debbi fare tendere dicti paveglioni, li quali, se a vuy parerà siano boni per nuy, volemo che debbi venire qui da nuy, informato molto bene della grandeza et pictura d’essi et etiamdio del pretio. Ma se fossino altramente, cio(è) che non fossino per nuy, non bisognarà che vegni. Siché in ciò usaray ogni toa diligentia per satisfare alla volontà nostra, che, siamo certi, molto bene comprenderay se serano per noy o non. Et informarate sì chiaramente et per modo che non habbi ad errare. Data Mediolani, die viii marcii 1452. Leonardus. Cichus. 253 Francesco Sforza scrive a Ludovico Bolleri Visconti 1452 marzo 8, Milano. Francesco Sforza scrive a Ludovico Bolleri Visconti, signore di Realina, Demonte e Crentallo che manda dalui il nobile suo cancelliere Abraam Ardici, cui ha affidato di riferirgli a voce alcune cose. Gli ha pure ordinato di tenere, in suo nome, al battesimo la sua nuova creatura. Presti piena fede a quanto gli esporrà. Magnifico militi amico nostro carissimo domino Ludovico de Bolleris Vicecomiti, Realine ac Demontis et Centali domino. Mittimus illuc nobilem cancellarium nostrum dilectum Abraam de Ardiciis, cui nonnulla commisimus vobis oretenus, nomine nostro, referenda; imposuimus etiam sibi ut natum sive natam vestram, nomine nostro, ad sanctum baptisimum teneat; eius itaque relatibus, non secus ac nostris libeat, rogamus credentiam et fidei plenitudinem impartiri. Data Mediolani, die viii marcii 1452. Irius. Cichus. 254 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 8, Milano. Francesco Sforza risponde a Corrado da Fogliano in merito alla provvisione chiesta dai fanti nel Genovese da Guastamessa. Giovanni Giappano è appositamente venuto per un provvedimento per la riparazione della cittadella in seguito alle lettere di Giovanni dalla Noce. 77r Magnifico Conrado de Foliano. Respondendo ad quanto tu ne scrivi dela provisione domandano li fanti che stano in Zenovese et de Guastamessa, venuto lì per quello, te dicemo che heri, per un'altra nostra, te scripsemo lo apparere nostro superinde. Alla parte dela reparatione della citadella, Iohanne Giappano serà venuto là per fargli opportuna provisione dele littere de domino Iohanne dela Nuce. Restiamo avisati et non gli accade dire altro. Data Mediolani, die viii marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 255 Francesco Sforza ordina al podestà di Tortona 1452 marzo 9, Milano. Francesco Sforza ordina al podestà di Tortona di convocare il debitore di Giovanni Ruffino, uomo d’arme ducale, e constatato il vero credito del suo uomo, costringa il debitore a saldarlo immediatamente perché Giovanni possa mettersi in ordine come gli è stato comandato. Potestati Terdone. Iohanne Roffino, nostro homo d’arme, presente portatore, ce dice dovere havere da uno de quella nostra terra certa summa de dinari per la casone intenderay daluy. Et perché non li pò consequire, ce ha supplicato vogliamo fare ad ciò provisione. Pertanto volimo che, havuto denanzi da ti il dicto suo debitore, constito de vero debito, lo constrenghi subito ad fare il debito al dicto nostro homo d’arme, spazandolo senza dilatione, ad ciò possa attendere ad metterse impuncto, secondo ha da nuy in commandamento. Data Mediolani, die viiii marcii 1452. Andreas Fulgineus. 256 Francesco Sforza risponde a Niccolò da Palude 1452 marzo 11, Milano. Francesco Sforza risponde a Niccolò da Palude che s’informi di quanto fin qui si è fatto circa la tratta delle biade e consegni elenchi, quadernetti e ogni altra notizia in materia a Niccolo Campanaro. 77v Dilecto familiari nostro (a) Nicolao de Palude. Havemo ad questi dì recevuti qui toe lettere de diverse cose, et maxime circa el facto dele tracte dele biave; ale quale non responderemo altro, se non che volimo tu informi de quanto é facto fino a qui et daghi le liste, quatirnetti et ogni altra informatione et ordine da essere servato circale dicte tracte a Nicolò Campanaro, presente portatore, informato da noy de quanto ha da fare. Et facto questo, venite qua subito ad noy cum le toe cose, perché te havimo ad operare in altre fazende. Mediolani, die xi martii 1452. Ser Iacobus. Cichus. (a) nostro in interlinea. 257 Francesco Sforza aTommaso Caccia e ad Azzone Caccia 1452 marzo 10, Milano. Francesco Sforza scrive al novarese dottore e milite Tommaso Caccia e ad Azzone Caccia facendo loro presente che il prevosto di Dolzado gli deve il pagamento del tributo del bue grasso, ma è in condizione di non farcela. Tuttavia, loro gli sono debitori per l’affitto di cento fiorini ed è contento che li versino al duca. Ciò fatto quietanzierà loro il pagamento dell’affitto per l’anno 1451. Egregio ac insigni doctori et militi domino Thome de Caciis, Novariensi, dilecto nostro et Azoni de Caciis. Carissime noster, messer lo preposto de Dolzago, debitore della Camera nostra de alcuni denari per lo bove grasso et subventione, como quello che per sì é inhabile a pagare per le condictione soe, le quale a noy sonno assay note, ce ha exposto como vuy setti suo debitore per casone de certo ficto de cento tanti fiorini, quali è contento che nuy togliamo per satisfare al debito suo. Per la qual cosa ve confortiamo, carricamo et stringemo che vogliati respondere et satisfare al prefato domino preposto delli dicti denari, di quali luy ve farà la opportuna confessione et li darà ad uno nostro messo, quale habiamo mandato li. Et circa questo, non vogliate fare difficultà alcuna; et quando (a) nol facesti per altro, fatelo per nostro respecto, per adiutarce a questi nostri bisogni, promettendovi per queste nostre, de farvi tenire boni dicti denari, quali sonno per ficto del’anno passato de 1451 per lo dicto preposto et suoy successori, et fareti cosa a nuy gratissima. Data Mediolani, die x marcii 1452. Christoforus Franciscus. Cichus. (a) quando in interlinea. 258 Francesco Sforza ad Enrico Sacco 1452 marzo s.d., Milano. Francesco Sforza comunica al conte Enrico Sacco che mandalì per l’acquisto di alcuni cavalli il nobile famigliare ducale Cristoforo Quartieri. Gli sarà gratissimo se gli presterà aiuto per la compera e per la conduzione di dette bestie. 78r Magnifico tanquam fratri carissimo comiti Henrico de Sacho. Magnifice tanquam frater noster carissime, expedit nobis ut impresentiarum illuc destinemus pro nonnullis equis comperandis nobilem virum dilectum familiarem nostrum Christoforum de Quarteriis, harum exhibitorem. Quare magnificentiam vestram enixe precamur quatenus eidem in ipsis equis emendis et conducendis favoribus, quibus poterit assistat gratiosis. Habebimus equidem pergratum quicquid in eum, nostri contemplatione, hac de causa congestum extiterit. Et pro his ad similia et maiora rependia nos paratos offerimus. Data Mediolani, die *** marcii 1452 Andreas Fulgineus. 259 Francesco Sforza al vescovo e al clero tortonese 1452 marzo 10, Milano. Francesco Sforza esprime al vescovo e a tutto il clero tortonese la sua delusione perché, contrariamente alle promesse, non si sono minimamente mossi per il versamento del contributo di quattrocento ducati d’oro. Dà loro altri otto giorni di tempo, ma vuole che effettuino il versamento concordato. Reverendis in Christo patri ac venerabilibus dominis, Dei gratia episcopo, et toti clero Terdone nobis dilectis. Reverendi in Christo patre ac venerabiles, li messi quali forono qua ad vostro nome et se composero con la Camera nostra in quattrocento ducati d'oro per la subventione per nuy rechiesta, se partireno da nuy con questa conclusione, che immediati, como fossero li, dovevano mettere modo a recuperare li dicti denari de presenti, et tanto più facilmente nuy se rendessimo a quella somma, quanto che più presto se dovevano havere, che se ne potessemo adiutare a questi nostri bisogni. Fin a qui nuy non intendiamo che voy gli habiati messo altra forma, del che ne maravigliamo. Per la qual cosa de novo confortiamo la reverenda vostra paternità, caricando et stringendo che subito vogliati provedere per ogni modo che 78v li dicti ducati cccc se habiano de presenti, infra octo dì al più tardo, senza difficultà o exceptione alcuna, perché il nostro bisogno non pò patire più dimora, che fin adesso li havemo assignati per cosa importante al stato nostro. Siché non voliati manchare per veruno modo che altramente, non seriamo contenti de vuy. Data Mediolani, die x marcii 1452. Christoforus Franciscus. Cichus. 260 Francesco Sforza al clero novarese 1452 marzo 10, Milano. Francesco Sforza denuncia al clero novarese la mancata osservanza della deliberazione dei loro rappresentanti di impegnarsi subito alla raccolta della sovvenzione da darsi al duca, mentre fin al presente nulla si è fatto. Li sollecita a operare in modo che al più tardi entro dieci giorni si abbiano i denari. Venerabilibus viris dominis de toto clero Novariense nobis dilectis. Venerabiles viri, li vostri messi quali furono qua per la subventione per nuy rechiesta ad quello chiericato, secondo ne dixe lo reverendo misser lo vescovo vostro, se partireno con (a) conclusione et deliberatione che immediate, como fossero lì, dovesti mettere modo et forma ad retrare li denari dela predicta subventione che se ne potessimo valere de presente; fin ad qui non intendiamo che li habiati messo altro ordine, del che molto ne maravigliamo. Pertanto vi confortiamo, stringemo et caricamo, per quanto desyderati el bene nostro, che subito debiate provedere con quelli megliori modi et remedii che vi parirano, de retrare li dicti denari, che li possiamo havere infra deci dì al più tardo. Et in questo non sii manchamento alcuno, avisandovi ch’el nostro bisogno non pò patire più dimora, che fin adesso li havemo assignati per cosa importante al stato nostro; altramente non saremo ben contenti di facti vostri.Data Mediolani, die x marcii 1452. Christoforus Franciscus. Cichus. (a) con in interlinea. 261 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 11, Milano. Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano, luogotenente di Alessandria che il suo cancelliere ha frainteso quello che gli ha detto, e cioè che non può fare per lui diversamente da quello che fa per gli altri a causa delle pesanti spese che deve affrontare. Quanto all’andare da lui, faccia quello che gli pare. Non riesce a capacitarsi che quei fanti dicano, dopo aver ricevuto duecento ducati e la loro tassa, di non poterci stare senza provvisione e, nondimeno scrive agli ambasciatori ducali a Genova che gli mandino cento ducati. Faccia avere a Francesco Capra l’allegata lettera e, siccome probabilmente è a Genova, dica al cavallaro che, qualora non lo trovasse altrove, porti la lettera a Genova. 79r Magnifico fratri nostro carissimo Conrado de Foliano, locumtenente Alexandrie. Inteso quello hay scripto a nuy et a Cicho, dicemo ch’el tuo cancillero non ne ha bene inteso, et per non haverne bene inteso, non te ha possuto dare ad intendere la mente nostra. Nuy gli dissemo che eramo contenti fare a ti quello faciamo alli altri nostri, et che non te possemo fare altro per le grande et intollerabile spese, quale havemo et per dovere provedere alli altri nostri, como faciamo. Et cossì te dicemo de novo che non possemo fare se non como é dicto. Alla parte del tuo venire da nuy, remettiamo al’arbitrio tuo che tu faci como te pare. Che quelli fanti non gli possano stare senza provisione, ce maravigliamo, perché hanno pur havuto ducento ducati et la taxa soa. Nondimeno scrivemo alli nostri ambassatori a Zenoa che gli debiano mandare cento ducati, et cossì siamo certi faranno, interim vogli confortarli habiano patientia et non voglino abandonare la impresa. L'alligate de Francisco Capra volimo gli mandi, et perché forse se ritrovarà a Zenoa, volemo commetti al cavallaro gli le porti là quando non lo trovasse altroe, acciochè più facilmente possa mettere ordine al facto del denaro. Data Mediolani, die xi marcii 1452. Irius. Cichus. 262 Francesco Sforza a Francesco Capra 1452 marzo 11, Milano. Francesco Sforza manifesta a Francesco Capra il suo sbalordimento per quel che gli scrive dei conestabili che vorrebbero portar via da lì i fanti se non si fa loro altra provvisione. Tuttavia ha scritto agli ambasciatori ducali a Genova perché racimolino cento ducati, che poi lui distribuirà a quei militari. Nobili familiari nostro dilecto Francisco dela Capra. Ce maravigliamo et respondemo alla toalittera de quelli conestabili, quali dicono volere 79v levare li loro fanti, se non gli è proveduto perché, como tu say, hanno pur havuto ducento ducati et le loro taxe, et non debeno essere a tanta extremità, quanta demonstrano. Nondimeno havemo deliberato scrivere, et scrivemo per l’alligata, alli ambassatori in Zenoa che vogliano recatare cento ducati et mandarteli, la quale ligata volemo gli mandi et, havuti li denari, siamo contenti gli li daghi. Interim vogli confortarli habiano patientia et non vogliano abandonare la impresa. Data Medionali, xi marcii 1452. Irius. Cichus. 263 Francesco Sforza a Giovanni Feruffini e ad Antonio Guidobono 1452 marzo 11, Milano. Francesco Sforza scrive a Giovanni Feruffini e al suo segretario Antonio Guidobono, oratori ducali a Genova, che procurino a prestito cento ducati da mandare a Francesco Capra per tacitare la minaccia di andarsene da parte dei conestabili e dei fanti che sono all’impresa contro Filippo Spinola. Spectabili ac egregio viris domino Iohanni de Ferofinis et Antonio de Guidobonis, secretario, nostris dilectis ac oratoribus Ianuensis. Perché li conestabili et fanti nostri, quali sonno al’impresa contra Filippo Spinula, menazano de partirse et se partirano se non gli é provisto de dinari, et nuy omnino deliberamo proseguirla, ve comettiamo et volimo che vedeati de recuperare lì cento ducati, quali subito mandareti ad Francisco Capra, avisandovi che nuy non volemo dagati carrico de questi denari al’illustre signore messer lo duxe, mali recatati vuy perché li volemo restituire. Data Mediolani, die xi marcii 1452. Irius. Cichus. 264 Francesco Sforza a Pietro Campofregoso 1452 marzo 11, Milano. Francesco Sforza scrive a Pietro Campofregoso, doge di Genova, che rimanda da lui il suo cancelliere Leonardo da Pietrasanta del tutto informato dell’intenzione del duca circa quello che ha saputo dai suoi oratori a Genova e in merito ad altre cose. 80r Illustri et excelso domino tanquam fratri nostro carissimo domino Petro de Campo Fregosio, Dei gratia duci Ianuensis. Pro his que per oratores nostros sensimus in hanc usque diem apud illustrem dominationem vestram per eos acta esse et pro aliis in presenti occurrentibus, voluimus nobilem ser Leonardum de Petra Sancta, cancellarium vestrum, ad illustrem dominationem vestram redire, qui venit de mente nostra circa ea, que ab oratoribus ipsis habemus et nonnulla alia pIene informatus quemadmodum ex eo dominatio vestra intelliget. Placeat itaque vester dominus eiusdem relatibus ceu nobismet fidem et credentiam impartiri, ad eius beneplacita continue parati. Data Mediolani (a), xi marcii 1452. Cichus. (a) Mediolani in interlinea. 265 Francesco Sforza al podestà di Novara 1452 marzo 11, Milano. Francesco Sforza comunica al podestà di Novara che manda lì un suo messo per la riscossione del tributo del bue grasso, ed espressamente, venticinque ducati d’oro dall’abate di Romanengo e altrettanti dal prevosto di Dolzago, denari che dovranno essere riscossi entro un giorno. Se saranno renitenti a pagare, si rifaccia sui loro beni, sui fittabili e i debitori loro, addebitando loro anche le spese del messo ducale. Nobili viro ac potestati nostro Novarie dilecto. Mandiamo lì el presente portatore, al quale habiamo assignati ducati cinquanta d'oro, di quali sonno debitore della Camera nostra, per casone del bove grasso, cioè domino l'abbate de Romagnano de xxv, et lo prevosto da Dolzago de xxv, per tuore li dicti denari et solicitarà che sianno rescossi. Et perché intendiamo che sonno alquanto retrogradi, volemo, et per queste te commettemo, che admonendoli che fra uno di (a) habiano pagato dicti denari. Se adciò seranno renitenti, contraloro beni, fittabili et debitori procedi con ogni opportuna executione per modo che subito paghino dicti denari, senza remissione alcuna. Et cossì li faray numerare al dicto nostro messo et satisfare dele spese, si per loro manchamento starà impedito lì. Ex Mediolano, xi marcii 1452. Christoforus Franciscus. Cichus. (a) dì in interlinea. 266 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 13, Milano. Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano che s’è sentito sollevato nell’apprendere che i danni alle mura non sono così gravi come era stato vociferato. Manda lì per pochi giorni l’ingegnere ducale Giovanni da Solerio perché provveda alle necessarie riparazioni. Sia accolto con buona cura e ben trattato. 80v Magnifico germano nostro carissimo Conrado de Foliano, locumtenenti Alexandrie. Siamo restati molto contenti che, secondo el tuo scrivere, la ruyna non habia facto tanto damno a quelle mure, quanto a nuy era significato. Et, per provedere a tucte quelle reparatione mandiamo là magistro Iohanne da Solerio, nostro ingeniero. Siché farali careze et bona chiera, e cossì cura sia bene tractato per quelli pochi dì haverà a stare lì. Data Mediolani, xiii marcii 1452. Ser Iacobus. Iohannes. 267 Francesco Sforza a Giovanni Giappano 1452 marzo 13, Milano. Francesco Sforza si dice d’essere stato contento nel sapere che lo stato delle mura non è così grave come dapprima lamentato. Vi manda per le riparazioni l’ingegnere ducale Giovanni Solari. Nobili viro Iohanni Giapano, familiari nostro dilecto. Havemo recevuto le toe littere, et inteso quanto tu ne scrivi de quella ruyna de muri, restiamo molto consolati che non sia tanto male, como ne era stato significato. Et adciò che se possa fare bona provisione a quanto è da fare, mandiamo là magistro Iohanne da Solerio, nostro ingeniero. Siché fali bona recoligentia e cura ch'el sia bene tractato. Data Mediolani, xiii marcii 1452 Ser Iacobus. Iohannes. 268 Francesco Sforza a Carlo de Armagnac 1452 marzo 13, Milano. Francesco Sforza dice a Carlo de Armagnac, governatore ducale citra montes e podestà di Vercelli, che si renderà conto sia dalla relazione di Bizolo della Croce sia dalle lettere sforzesche delle cose che scrive al dottore utriusque Giovanni Giacomo de Schiffis in favore del nobile milanese Francesco de Fossate. Abbia Francesco per raccomandato ed esorti Giovanni Giacomo ad agire secondo giustizia nei riguardi di Francesco allo stesso modo in cui il duca si comporta con i sudditi sabaudi. Domino Carolo de Armeginacho, ducali Sabaudie citra montes gubernatori et potestati Vercellarum. Intelliget vestra dominatio tum ex relatione Bizoli dela Cruce, presentis latoris, tum ex ipsis litteris nostris, que scribimus egregio iuris utriusque doctori domino Iohanni Iacobo de Schiffis in commendationem nobilis Francisci de Fossate, dilecti civis nostri Mediolani. Rogamus itaque eandem dominationem vestram ut, nostri contemplatione, eundem Franciscum circa ea que scribimus commendatum suscipiat et hortari placeat prefatum dominum Iohannem Iacobum ut operet in favorem iustitie eiusdem Francisci quemadmodum speramus, et nos ipsi facimus pro subditis illustris domini ducis vestri, in quo nobis plurimum complacebit. Mediolani, xiii martii 1452. Cichus. 269 Francesco Sforza al doge Pietro Campofregoso 1452 marzo 13, Milano. Francesco Sforza trasmette al doge di Genova Pietro Campofregoso la supplica di mastro Giacomo di Arona, dottore di arti e medicina, contro gli uomini di Nove che hanno violata la convenzione con lui stipulata. Per assecondare le preghiere di mastro Giovanni, chiede al doge di voler comandare al podestà di Novi di rendere giustizia al supplicante. 81r Illustri et excellentissimo tanquam fatri nostro carissimo domino Petro de Campo Fregosio, Dei gratia Ianuensi duci, et cetera. Videre poterit celsitudo vestra quam nobis obtulit supplicationem magister Iohannes de Arona, arcium et medicine doctor, adversus homines vestros Novarum, qui contractam cum eo conventionem, videntur violasse, sicuti ex inspectione ipsius supplicationis vestra fraternitas clarius dignoscere poterit, cui licet supervacaneum sit preces effundere pro iustitie observantia, cum nihil magis iustitia colat, attamen, ut precibus predicti magistri Iohannis annuamus, fraternitatem vestram rogandam duximus ut potestati suo Novarum opportune committat quod eidem magistro Iohanni ius ministret et faciat ita quod ius suum consequi non potuisse nullo modo conqueri valeat, quod summe gratum habituri sumus, qui paribus favoribus et propicioribus vestros persequeremur, et ad beneplacita queque vestra parati sumus. Data Mediolani, die xiii marcii 1452. Cichus. 270 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 marzo 14, Milano. Francesco Sforza ringrazia Giovanni da Alessandria e Antonio Guidobono per aver ottenuto cinquantamila ducati, garanzia del pagamento dei fanti, purché da quella somma non si sottraggano più di dodici mila ducati in modo che il doge sia sicuro di averli perché garantiti dai fiorentini. Per togliere affanni all’ambasciatore di Tunisi per il trasporto a Milano del leone ove Bianca Maria è desiderosa di vederlo perché non ne ha mai visto uno, vuole che l’impresa di detto trasporto se l’assumano loro. Avvisino Tortona e gli altri posti dove sosterrà detto ambasciatore perché lo ricevano onoratamente e informino pure lui del suo arrivo a Tortona perché vuole mandargli incontro una scorta a omaggiarlo. Domino Iohanni de Alexandria et Antonio Guidobono. Respondendo alle vostre littere de dì viiii et dì xi del presente circa le recuperatione delli ducati L mila, dicemo che siamo contenti che la securità del pagamento di fanti se faza supra questi L mila ducati, dummodo che quello se retinerà de dicti L mila non excedala somma de ducati xii mila, et con questo che, dato poy la securitate per altra via, ch’el signore duxe sia cauto del facto suo de dicti ducati xii mila (a) ne siano liberati da signori fiorentini, non bisogna securitate, perché sempre farano el debito suo. Siché vogliati concludere presto et non dati più dimora al retrato del denaro et respondeti presto per non stare più in praticha. 81v Circhalo facto del’ambassatore del re di Tunesi, ch’el se grava de condure quello lione, concedemo habbia rasone. Dicto leone volemo qui, perché el vedala illustre madonna Biancha, perché non ne ha may veduto alcuno. Siché laudiamo togliati la impresa vuy de mandarlo per non dare questo affanno auy, et cossì forsa seria bene havere pagato el nollo delle cose, como ha facto el duxe per honore nostro. Advisati ad Terdona et dove haverà ad capitare dicto ambassatore perché se Ii faza honore, et cossì advisati nuy indilate quando credeti serà ad Terdona, perché li mandaremo incontra ad honorarlo. Data Mediolani, xiiii marcii 1452. Iohannes de Ulesis. Cichus. (a) Da et con a xii mila a margine. 271 Francesco Sforza a Giovanni Filippo Fieschi 1452 marzo 14, Milano. Francesco Sforza scrive a Giovanni Filippo Fieschi, conte di Lavania, di gradire l’affidamento a lui del compromesso delle vertenze fra lui e il doge. Lo ringrazia per la risposta inviatagli circa l’eccesso dai suoi uomini di Val di Taro contro gli uomini sforzeschi di valle Muzola, auspicando che presi quei malfattori li punisca. Circa il trattato di Fiorenzola ha preso alcuni che andavano avanti e indietro, ma senza cavarne nulla di preciso. Magnifico tanquam fratri nostro carissimo domino Iohanni Philipo de Flisco, Lavanie comiti. Havemo recevuto le littere dela magnificentia vostra, et inteso tucto quello per esse ne scriveti, ve respondemo, primo, alla parte del compromesso in nuy facto dele differentie vertente fra lo illustre signore duxe et la magnificencia vostra, ch'el ne piace. Cossì remanemo advisati della casone perché fin mò non haveti mandato li mandatarii vostri con le rasone et chiareze vostre, il che haveti facto per bene nostro. De che rengratiamo la magnificentia vostra, confortandola a stare di bona voglia perché nuy, dal canto nostro, ne adaptarimo in questo et in ogni altra cosa, a fare tucto quello possiamo fare in acconzo, utile, piacere et honore vostro, como vedereti per effecto. 82r Cossì rengratiamo la magnificencia vostra della grata resposta ne fa circa quello habiamo scripto dello excesso commisso per quelli vostri homini de Valle de Tarro, contra quelli homini nostri de Valle de Muzola, pregandola che, venendoli quelli malfactori nelle mano, voglia farne qualche demonstratione, como non dubitamo farà, che ne serà molto caro. Circha vero quello ne scrive la magnificentia vostra del tractato de Fiorenzola, ell'è bene vero che nuy ne dubitavamo de qualche male, et havemo voluto intendere questo facto, siché havemo facto prendere alcuni; in effecto non trovamo altro se non che alcuni erano andati inanze et indreto, ma dele cose delà non intendiamo cosa alcuna. Se altro ne haverimo, ne advisarimo la magnificentia vostra. Data Mediolani, die xiiii marcii 1452. Zanettus. Cichus. 272 Francesco Sforza a Giovanni e ad Antonio Guidobono 1452 marzo 15, Milano. Francesco Sforza informa Giovanni da Alessandria e Antonio Guidobono di avere ricevute lettere da Angelo Acciaioli del 28 febbraio da Torono con cui lo informa di aver conclusa la lega con il Re di Francia a nome dei Fiorentini e dei Milanesi alcuni giorni dopo avere informato il Re della lega Firenze-Milano-Genova. Avvisino di ciò il doge. Altri particolari l’Acciaioli li affida a quando sarà di ritorno dal duca, che, allora, subito li comunicherà a loro. Domino Iohanni de Alexandria et Antonio de Guidobonis. Heri sera havessimo littere del magnifico misser Angelo Azaiolo, dati a dì xxviii del mese passato de febraio in Torono, per le quale ne advisi havere facta et conclusa liga col serenissimo re de Franza, con pacti honesti, honoreveli et favoreveli, in nome deli signori Fiorentini et nostro, la quale dice havere conclusa da poy molti dì, che luy advisò la maestà del Re dellaliga, facta fra Zenoesi, Fiorentini et nuy; et scrive li capituli sonno in modo ch'el signore duxe et signori Zenoesi se haverano a contentare de dictaliga, 82v perché serà in honore et bene suo, como de nuy stessi, et molto più. Siché subito del tucto advisareti il prefato signore duxe et chi altro parerà alla signoria soa. Dicto domino Angelo non manda altre particularitate perché dice subito sarà qua da nuy. Como serà arivato, in niente ve darimo adviso della soa venuta, et più particulare noticia de dicta liga. Ex Mediolano, die xv marcii 1452. Ser Iohannes de Ulesis. Cichus. 273 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 13, Milano. Francesco Sforza informa il fratello Corrado da Fogliano, luogotenente di Alessandria, che Giuliano Ghiglino e i suoi sono fedelissimi servitori sforzeschi e, perciò, vuole che a loro si facciano tutti i ragionevoli e onesti favori possibili. Magnifico Conrado de Foliano, fratri nostro carissimo et locontenenti civitatis nostre Alexandrie. Perché ne pare assay conveniente che quelli, li quali sonno sempre stati et sonno nostri fidelissimi servitori, sentano et intendano per effecto quanto gli havemo cari et grati, essendo in questo numero il nobile dilecto nostro Iuliano Ghiglino et li suoy, te lo recommendiamo molto et volemo che in quelle cosse haverà a fare et (a) per le quale haverà recorso da ti, li faci per luy et per li dicti suoy tucti quelli rasoneveli et honesti favori te sarano possibili, adciò ch’el intenda chiaramente, sè non esserne mancho caro che meritala fede et devotione soa verso de nuy. Data Mediolani, die xiii marcii 1452. Zaninus. Cichus. (a) et in interlinea. 274 Francesco Sforza a podestà di Alessandria 1452 marzo 13, Milano. Francesco Sforza informa il podestà di Alessandria che il prevosto di Capuzo e l’abate di Bergolio sono renitenti a versargli il tributo del bue grasso, corrispondente rispettivamente a xxv e a xx ducati d’oro. Se persistono a essere renitenti a pagare si avvalga sui loro fittavoli e debitori e versi le somme ricuperate al messo ducale. 83r Nobili viro potestati nostro Alexandrie dilecto. Più volte sonno admoniti per nostra parte el prevosto de Capuzo et l'abbate de Bergolio che volessero pagare li denari del bove, di quali sonno nostri debitori: cioè quello de Capuzo de ducati xxv et l'altro de ducati xx d'oro; et fin a qui pare siano stati renitenti. Pertanto volimo, et per le presente te commettiamo, che subito li procedi contra et astringi soy debitori et fictabili con ogni opportune executione, per modo che paghino li dicti denari, senza exceptione o excusatione alcuna, li quali denari faray dare al nostro messo, el quale havemo mandato lì per tuore questi et alcuni altri de Tortona, et non lo teray lì in suspeso. Data Mediolani, die xvi marcii 1452. Christoforus Franciscus. Cichus. 275 Francesco Sforza comanda a Battista de Burgo 1452 marzo 16, Milano. Francesco Sforza comanda a Battista de Burgo, commissario di Oleggio, di rendere subito il dovuto ad Ambrogio Parpalione, oste di Novara, che si lamenta di lui per essergli restio a fargli ragione. Egregio ac sapienti doctori domino Baptiste de Burgo, dilecto nostro commissario Olegii. Vedereti per la inclusa supplicatione quanto n'è stato significato per parte de Ambrosio Parpalione, hostero in la nostra città de Novaria. Consyderando adonque quanto manchamento saria che voy, quale doveresti fare ragione ad altri, gli la denegasti, volimo et ve commettimo, siando cossì como ce è exposto, che subito debiate havere facto el debito et contentato dicto Ambrosio. Altramente ve ne farimo tale honore, quale facessimo del'acqua del Navilio. Data Mediolani, die xvi marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 276 Francesco Sforza al clero alessandrino 1452 marzo 15, Milano. Francesco Sforza sperava che i membri del clero alessandrino, dopo aver inteso le parole del segretario ducale Francesco Maletta per la nuova sovvenzione al duca, avessero incominciato a raccogliere danaro, ma ha inteso che non hanno fatto nulla: li sprona a mettersi all’opera per pagare. 83v Venerabilibus viris dominis de clero Alexandrino nobis dilectis. Dovete havere inteso da Francisco Maletta, nostro secretario, la rechiesta vi habiamo facto per questa nova subventione, et quanto sia il bisogno nostro per valerse de presente. Fin a qui non intendiamo habiati facto altro provisione ad retrare quelli denari, del che molto ne maravigliamo. Pertanto vi confortiamo, stringemo et caricamo che, veduto le presente, debiati mettere modo a pagare dicti denari, et in questo non fareti più difficultà o exceptione alcuna se desyderati el bene nostro, altramente se ritrovaremo malcontenti di facti vostri. Data Mediolani, die xv marcii 1452. Christoforus Franciscus. Cichus. 277 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 16, Milano. Francesco Sforza comunica a Corrado da Fogliano che Angelo Acciaioli, conclusa la lega tra il Re di Francia, Firenze e Milano con patti onorevoli e favorevoli, capiterà dal marchese di Monferrato, dove, prima di partire, deve fare alcune cose contenute nella lettera che allega, per cui deve mandare un suo messo che all’arrivo di Acciaioli gli consegni la predetta lettera. Avverta il messo che, nel caso venisse inquisito nell’attesa, dica che ha lettere dell’ambasciatore fiorentino e ha da lui ordine di aspettarlo. Gli dice di intendersi con Giovanni di Alessandria e con Antonio Guidobono per i movimenti dell’ambasciatore del Re di Tunisia, di accompagnarlo fino al Po e di fargli sempre onorevole compagnia. Magnifico Conrado de Foliano. Perché havimo havuto littere da misser Angelo Azayolo, como ha concluso laliga et intelligentia in nome della excelsa communità de Fiorenza, et nostro per una parte et la mayestà del re de Franza per l'altra, con pacti honoreveli et favoreveli; e perché dicto domino Angelo deve capitare dal signore marchexe de Monferrà, e bisogna, prima se parte dal dicto marchexe, exequischa alcune cose, quale se contengono in le littere ad questa alligate, perhò vogli mandare uno messo ydoneo con dicte littere, che staghalì dove è il prefato marchexe, et che gionto sia dicto misser Angelo, gli presenti dicte littere. Et se per altri fosse domandato 84r et astrecto quello che vada fazando, porà dire che ha littere del'ambassatore fiorentino è qui et ha commandamento daluy aspectare dicto misser Angelo lì, questo vogli fare recevutala presente. Ulterius ell’è ad Zenova uno ambassatore del re di Tunesi, quale vene ad noy cum alcuni presenti per parte del dicto re; perhò te intendi con domino Iohanne de Alexandria et Antonio Guidobono, che ti fazano advisato quando luy venerà, perché voliamo gli fazi honore et compagnia fin ad Po, quanto facessi alla persona nostra, facendoli per tucto fare grandissimo honore da ogniuno. Data Mediolani, die xvi marcii 1452. Zanettus. Cichus. 278 Francesco Sforza ad Angelo Acciaioli 1452 marzo 26, Milano. Francesco Sforza scrive ad Angelo Acciaioli, ambasciatore di Firenze e di Milano, di essere contentissimo per la conclusione della lega con il Re di Francia. Gli augura successo per la sua sosta presso i signori di Monferrato. Desidera che lo informi di ogni suo spostamento, indirizzando le lettere a Corrado ad Alessandria. Domino Angelo de Azaiolis, oratori excelse communitatis Florentie et nostro. Restiamo per le vostre littere date ad Torono adì 27 del passato advisati dellaliga conclusa con la mayestà del re de Franza, della quale conclusione remanemo contentissimi, et del tucto se è dato adviso ad Fiorenza. Parci ve firmati lì dal signor misser lo marchexe et lo signore Guilielmo, e che con loro faciati, prima ve partiati, bona conclusione. E del tucto ne advisati de passo in passo per vostre littere, quale mandareti ad Alexandria in mano ad Conrado, nostro fratello, che nelIe mandarà subito per le poste. Non dicemo altro, perché il nostro compadre Diotesalvi per l'alligate ve scrive più ad pieno. Mediolani, 26 marcii 1452. Zanettus. Cichus. 279 Francesco Sforza a Zanardo Tromelli e a Tommaso Caccia 1452 marzo 16, Milano. Francesco Sforza avverte Zanardo Tromelli e Tommaso Caccia che invia daloro Gentile della Molara, famigliare ducale, per la totale riscossione dei denari della nuova tassa del sale convenuta dagli uomini delle loro terre con gli agenti ducali. Provvedano che non ci siano errori, perché altrimenti avrebbero una sanzione non gradita. 84v Egregiis et sapientibus militibus ac doctori domino Zanardo de Tromelis et domino Thomasio de Caciis, dilectis nostris. Mittentes ad vos Zentilem dela Molara, familiarem nostrum, presentium exhibitorem, excepturum pecunias Camere nostre debitas per homines terrarum vestrarum causa requisite sibi nove medie taxe salis, iusta habitam hic proximis diebus nobiscum compositionem per agentes pro nobis. Sicut scitis, volumus et mandamus quatenus eidem Zintili de ipsis pecuniis responderi statim faciatis integranter absque ulla exceptione, ita quod eas huc ad nos indilate deferre possit. Quia autem illas deputavimus ad certam expeditionem statui nostro non mediocriter importantem, advertatis bene quod in earum solutione fallum aliquod non interveniat, omnisque dilatio procul sit mota, alioquin provideri in forma faciemus antedictis hominibus grata non futura. Data Mediolani, die xvi marcii 1452. Cancellarius Magistrorum intratarum. Cichus. 280 Francesco Sforza a Giovanni Taracio 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza informa Giovanni Taracio, economo di Tortona, che il suo famigliare Santo mandato per riscuotere il tributo del bue grasso non ne ha ricavato neppure un soldo. Se i prelati persistessero nella loro indifferenza si rifaccia su beni, fittavoli e debitori loro in modo che si abbia il tributo e anche il saldo delle spese affrontate da Santo, che farà ancora ritorno per la debita colletta. Iohanni Taracio, iconomo nostro Terdone. Sancto, nostro famiglio, quale habiamo mandato lì per tuore li dinari del bove, di quali sono debitori dela Camera nostrali abbati, quali te ha dato Francisco Maleta per nota, ce ha notificato como fin a qui non ha potuto retrarne uno denaro, il che procede, sì per tuo mancamento in essere troppo lento et tepido, como per la loro renitentia, donde ne maravigliamo et dolemo di facti tuoi. Pertanto per le presente te commettiamo et volemo che procedi contrali predicti abbati, et lor beni, et fitabili, et debitori, con ogni opportuna exentione et transferendote daloro et facendoli ogni instantia per nostra parte, denique usi quelli modi et vie che te parirano expedienti, che subito senza dimora o remissione alcuna paghino li predicti denari al predicto Sancto, el qual starà li ad le lor spese per insino sii satisfacto. Et questo non manchi, per quanto tu hai carala gratia nostra. Mediolani, 18 martii 1452. Cichus. 281 Francesco Sforza a Corrado Fogliano 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza ordina al fratello Corrado, luogotenente di Alessandria, di convocare le parti, di cui nella supplica di Sorliono Pellato del Castellazzo, e, intesele, giudichi come onestà e giustizia richiedono. Cerchi di sbrigare tutto presto, perché Urbano, padre di Sorliono, dice che si deve risolvere la faccenda della richiesta dell’ebreo, nominato nella supplica, il quale chiede che gli si ridiano i sette ducati, già imprestati, ma dall’ebreo poi condonati in seguito a un beneficio ricevuto. Caso ancor questo che Corrado deve risolvere in modo che non si richieda indietro quanto è stato donato. 85r Magnifico fratri nostro carissimo Conrado de Foliano, locumtenenti Alexandrie. Sorliono Pellato della terra nostra del Castellazo ne ha sporto la supplicatione inclusa, della quale intesala continentia, te commettiamo et volimo che, recevuta questa, habbi da ti le parte et curi intendere questo facto, et intesal’haveray, gli provedi secondo parirà a ti la iustitia et honestà rechiede, in modo chi, nì vuna parte, nì l’altra habialegitima casone de lamentarse. Et sopra tucto vede de spazarlo presto, perché Urbano, padre del dicto Sorliono, dice che zudeo, nominato in la dicta supplicatione, altre fiade gli dona septe ducati, quali gli haveva imprestati, et questo per beneficio recevuto daluy, et adesso li vole. Volemo che anchora intendi questo facto, et trovando che una volta gli li habia donati, provedi che non gli possi domandare più. Data Mediolani, die xviii marcii 1452. Irius. Cichus. 282 Francesco Sforza a Biagio Assereto Visconti 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza loda il milite Biagio Assereto Visconti per le molte cose comunicategli nelle sue lettere. Lo informa che quei di Giovanni Filippo sono stati dalui e se ne andarono in merito alle loro vertenze in modo che se ne dovranno accontentare. Ha scritto a Niccolò Campofregoso quanto è necessario in merito agli eccessi commessi dai suoi. Spectabili militi dilectissimo nostro domino Blaxio Axereto de Vicecomitibus. Havemo recevuto le vostre littere, per tenore dele quale restiamo avisati de molte cose, dele quale ve commendiamo et simul ve rengratiamo. Et quanto alla parte del magnifico Iohannefilippo, ve avisamo che li soy sonno venuto qua et noy se partirimo, circha quelle differentie, in modo che le parte se haverano a contentare. Alla parte deli excessi commissi per quelli de domino Nicolò da Campofregoso, molto ne rincresce de tali inconvenienti, et cossì havimo scripto circa ciò quanto bisogna. Del’altre parte de vostre littere non accade altra resposta. Data Mediolani, die xviii marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 283 Francesco Sforza a Francesco Capra (1452 marzo 18, Milano). Francesco Sforza scrive a Francesco della Capra, famigliare ducale, che accetta il paviglione offerto da Niccolò Campofregoso, ma non in dono. Gli si faccia conoscere il prezzo perché ne manderà i denari. Lo loda per aver richiamato i fanti che avevano abbandonato le loro postazioni e per aver condiviso con loro il suo pane e il suo vino, ma gli dispiace la scarsa considerazione dimostrata nei riguardi del duca per l’impresa della Petra. Siccome viene la buona stagione è indispensabile la costruzione di una bastita per i fanti; provveduto a questa e distribuiti i cento ducati, potrà recarsi da lui per poi ritornare con gli ordini ducali sul da farsi. 85v Nobili viro Francisco dela Capra, familiari nostro dilecto. Havimo recevuto le toe littere, alle quale respondendo, et primo, alla parte del paviglione del magnifico misser Nicolò da Campofregoso, rengratiamo mille fiade la soa magnificencia, quale cossì liberamente ce lo proferise in dono; et perché ne habiamo pur bisogno assay, como tu say, serimo bene contenti acceptarlo in vendita, ma in dono no. E bastace assay che sia contento per soa carità et benivolentia verso noy vendercelo, et non guardare ch’el sia alla soa divisa, perché non (a) mancho havimo caro la soa divisa che la nostra propria, perché, siando il nostro animo unito col suo et il suo col nostro, cossì reputiamo le divise soa et nostra una medesima. Siché intendete con sì del pretio et prometteli ti como ti o falli promettere per qualche amico li denari, et levandalo, mandaravelo subito, senza veruna inducia, avisandone del costo, et subito serà mandato là. Et a questo usa ogni presteza a ti possibile. Alla parte de quelli fanti che havevano abandonato le loro guardie, et del ritorno gli hay facto fare, et della provisione gli hay facta del tuo pane et vino, te ne commendiamo, et hay bene facto, como havimo speranza in te. Ma della incredulità de alcuni et della prava opinione hanno verso noy per lo facto della Petra, ne dole bene grandemente, perché è tucto quanto lo opposito, et a questo ne faccino testimonio Dio et ti. Et hay facto bene ad extirpare quella opinione ad chi l’havesse. Ma perché hozimay vene il tempo calido et se poterà 86r andare et stare per tucto, ne pare che quelli fanti porano pocho giovare stando divisi et sparsi como stano. Per questo ne pariria molto meglio che se facesse una bastita in loco che li potesse più stringere le moralie. Siché a noy pare che tu debbi provedere dove la starebe (b) meglio, e che è como starebe meglio, non guardando sempre alla sententia deli inzegnerii, ma operandoli il tuo intellecto et ingenio. Et postea, mandando prima inante il paviglione, et distribuiti haverà li cento ducati che se debeno havere, et bene provisto il facto dela bastita, et demum informatissimo del tucto, serimo contenti che tu vegni da noy, como tu ne scrivi. Data Mediolani, die xviii marcii 1452. Avisandote che, venuto che seray da noy, informato del tucto, te remandarimo in là cum la commissione de quanto haveray ad fare. Data ut supra. Ser Iacobus. Cichus. (a) In A manancho. (b) In A starebeno con no depennato. 284 Francesco Sforza a Niccolò Campofregoso 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza espone a Niccolò Campofregoso, capitano genovese, il suo cruccio per le lamentele degli uomini della valle Brambilla, non solo, ma dei mulattieri e dei mercanti che, passando dalle parti di Gavi, vengono assaliti e derubati dai suoi uomini con gravi conseguenze per le entrate ducali e anche della comunità di Genova. Intervenga perché tali eccessi non si ripetano. Magnifico domino Nicolò de Campo Fregosio (a), Ianuensi capitaneo, et cetera. A questi dì ne hanno facto significare cum grave querella alcuni poveri homini de Valle Brambila, nostri servitori, et sentimo etiandio molti altri mulateri e mercadanti lamentarse che, passando da quelle parte de verso Gavio, forono assaltati, robbati et molto male tractati dali vostri fanti, la qualcosa credimo, anzi siamo certi, sia proceduta senza vostra intelligentia et saputa, et ne siati molto malcontento. Et perché questo seria uno retrahere l’homini dali camini et aviamenti loro in preiudicio dele intrate nostre, et anche della 86v magnifica comunità de Zenova, vi confortiamo et pregamo quanto più possimo che voliati remediare ad tali incovenienti, et talimente ordinare che simili excessi non habiano ad sequere. Data Mediolani, die xviii marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. (a) domino Nicolò de Campo Fregosio scritto su Conrado de Foliano. 285 Francesco Sforza al podestà di Novara 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza ordina al podestà di Novara di accertare se, come gli ha scritto il luogotenente del governatore di Vercelli, il vercellese Cristoforo Zocarlo fu, nel 1450, privato di una cavalla e delle sue robe da Giacomo Suardo, ufficiale delle bollette con il pretesto che proveniva da un luogo infetto. Verificata la verità del ricorso, ordini che si restituisca ogni cosa. Nobili viro potestati Novarie, nostro dilecto. El locotenente del governatore de Vercelli ne ha scripto per soe littere che nel’anno del MCCCCL Iacomo Suardo, officiale delle bollete di quella nostra città, tolse una cavalla con certe robe et mercimonie ad uno Christoforo Zocharlo, habitatore de Vercelli, quale passava per li borgi d'essa nostra città, imputandolo ch'el veniva daloco morboso, la quale cavalla et robbe, ne scrive che (a) esso Iacomo may non le ha voluto restituire, licet che dicto Christoforo habia verificato non venire da loco pestifero, la qual cosa, essendo cossì, ne seria molestissima. Pertanto ti commettiamo et volimo che diligentemente te debii informarti se cossì è, et trovando cossì, commandali che subito restituischala dicta cavalla et robbe, siché più non habiamo ad sentire lamenta, certificandolo che non altramente vogliamo che li subditi del’illustrissimo signore duca de Savoya siano bene tractati, che li nostri proprii. Data Mediolani, die xviii marcii 1452. Bonifacius. Cichus. (a) ne scrive che in interlinea. 286 Francesco Sforza a Giacomo Suardo 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza ordina a Giacomo Suardo, ufficiale delle bollette di Novara, che, constatato essere vero quanto scrive Guglielmo da Calanth, luogotenente del governatore di Vercelli, restituisca tutto quello che è stato tolto a Cristoforo Zocolaro. Se le cose stessero diversamente, glielo scriva. 87r Prudenti viro Iacobo de Suardis, officiali bulletarum Novarie, dilecto nostro. Tu vederay quanto per la inclusalittera ne ha scripto Gullielmo da Calanth, locotenente del gubernatore de Vercelli, per certa robba hay retenuta et tolta ad uno Christoforo Zocholaro, habitatore de Vercelli, la qualcosa, essendo cossì, l'havimo molto molesta. Et perhò ti commandiamo che, essendo passatala cosa como esso locotenente ne scrivi, debii subito restituire et dare integramente al dicto Christoforo ogni robba et merze soe, liberamente et senza alcuna contradictione. Et si pur fosse altramente, haverimo caro intenderlo per toe littere, ma sopra il tucto vede de scriverne la veritate. Data Mediolani, die xviii marcii 1452. Bonifacius. Cichus. 287 Francesco Sforza al capitano della cittadella di Novara 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza informa il capitano della cittadella di Novara del sequestro di una cavalla e della merce del vercellese Cristoforo Zocolaro, fatto nel 1450 da Giacomo Suardo, ufficiale cittadino delle bollette, con l’imputazione di provenienza da luogo affetto da morbo. Realizzato che le cose non stessero così, si restituisca subito tutto. Nobili et fideli viro capitaneo citadelle Novarie, nostro dilecto. El locotenente del governatore de Vercelli ne ha scripto per soe littere che l'anno del MCCCCL Iacomo Suardo, officiale delle bollete di quella nostra città, tolse una cavalla con certe robbe et mercimonie ad uno Christoforo Zocholaro, habitatore de Vercelli, quale passava per li borghi d'essa nostra città, imputandolo ch'el veniva daloco morboso, la quale cavala et robba ne scrive che esso Iacomo may non gli ha voluto restituire, licet che dicto Christoforo habbia verificato non venire da 87v loco pestifero. Pertanto ti commettiamo et volimo che diligentemente te debii informarti se cossi è, et trovando cossì, commandali che subito restituischala dicta cavalla et robba, siché più non habiamo a sentire lamenta, certificandolo che non altramente vogliamo che li subditi del’illustrissimo signore ducha de Savoya siano bene tractati che li nostri proprii. Data Mediolani, die xviii marcii 1452. Bonifacius. Cichus. 288 Francesco Sforza a Giacomo Suardo 1452 marzo 19, Milano. Francesco Sforza comanda a Giacomo Suardo, ufficiale delle bollette di Novara, di cessare la sua resistenza all’ordine datogli dal podestà di restituire a Comino Cantono e ad Antonio da Milano le bestie e la merce loro sequestrata con il pretesto della provenienza da luogo infetto. Prudenti viro Iacobo de Suardis officiali bulletarum Novarie, nostro dilecto. El nostro podestà de quella città ne scrive che, nonobstante che per vigore delle nostre littere gli scripsemo a duy dì del presente, te habia confortato et commandato dovesse restituire ad Comino Cantono et Antonio da Milano, subditi del’illustre signore duca de Savoya, doe soe bestie et altre cose, quale gli togliesti, essendo venuto loro in quella città per loro facende con dirgli et imputarli, secondo havimo sentito, che venevano daloco sospecto, non hay voluto fare niente, immo gli hay resposto largamente non volerne fare niente né restituirli cosa veruna. Pertanto te dicemo et commandiamo che debii restituire alli dicti Comino et Antonio dicte loro bestie et cose aloro per ti tolte, ch’el non gli manchi uno punctale de strengha. Data Mediolani, xviiii marcii 1452. Marchus. Cichus. 289 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza conviene con Ludovico da Bologna che anche i luoghi da lui indicati nella lettera del 16 corrente mese contribuiscano agli alloggiamenti del Tortonese e allo scopo ha costituito la commissione di cui all’elenco allegato. Scrive a Francesco Capra nel modo suggerito. 88r Nobili familiari nostro dilecto Ludovico de Bononia. Respondendo alla toalittera data a xvi del presente conveniamo col parere tuo che quelli lochi debiano contribuire alli lozamenti del Terdonese; et perhò havemo facto fare la commissione, quale te mandiamo qui alligata. Scrivemo anchora per l’alligata a Francisco Capra nella forma per ti recordata. Data Mediolani, die xviii marcii 1452. Irius. Cichus. 290 Francesco Sforza a Francesco Capra 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza esprime a Francesco Capra l’opportunità che anche i luoghi indicati da Ludovico da Bologna contribuiscano agli alloggiamenti nel Tortonese, già gravato di alloggiamenti e con la prospettiva di nuovi arrivi di soldati. Nobili familiari nostro dilecto Francisco Capre. Perché il territorio nostro Terdonese è troppo excessivamente gravato de logiamento de zente d'arme et continuamente gli ne soprazonze deli altri, siamo contenti et volimo che, parendo ad Ludovico da Bologna che alcuni de quelli lochi delà contribuissano allo dicto caricho, gli sii favorevele et faci opera che contribuissano per qualche parte, che ne serà molto grato. Data Mediolani, die xviii marcii 1452. Irius. Cichus. 291 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza dice a Ludovico da Bologna che dal riscontro della roba lasciata da Pietro Ungaro risulta che manca una pezza di velluto cremisi: se l’avesse lui, gliela mandi, altrimenti dica presso chi si trova. Nobili familiari nostro dilecto Lucovico de Bononia. Per la informatione, quale novamente havimo havuta, troviamo compto et rasone dele robbe et cose, quale ha lassato di qua misser Petro Ungaro, excepto che de una peza di velluto cremosi, 88v della quale non è facta rasone alcuna. Pertanto ti dicemo che, si tu hay la dicta peza de velluto ne la debii mandare, et se non l'hay, tu ne debii advisare quello che n'é seguito, et appresso chi è restata, acciò sapiamo quanto fare. Data Mediolani, die xviii marcii 1452. Bonifacius. Iohannes. 292 Francesco Sforza al podestà, comune e abitanti del Castellazzo 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza scrive al podestà, comune e abitanti del Castellazzo per ingiungere loro l’osservanza dell’esenzione accordata a Urbano Pellato, eccezion fatta per la tassa dei cavalli e del carriaggio per il castello di Milano. Nobili et prudentibus viris potestati, communi et habitantibus Castellacii, dilectis nostris. Perché é nostra intentione che ad Urbano Pellato, nostro dilecto, gli sia observatala soa exemptione, quale gli havemo concessa, pertanto volimo che gli la observati integramente, como sta et iace de verbo ad verbum, et cossì ti, podestà, gli la faray observare, reservatala taxa deli cavaIli et del carezo del nostro castello de Mediolano. Data Mediolani, die xviii marcii 1452. Marchus. Intendo che questo se incomenci al dì del data de questa lettera. Data ut supra. Cichus. 293 Francesco Sforza a Giovanni di Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza risponde alle lettere di Giovanni di Alessandria e di Antonio Guidobono e subito precisa di aver concordato con Francesco Capra il caso dei paviglioni. Per quanto riguarda Petra, dichiara che non ha fanti da mandare. Per i denari, dice loro di non comprendere il motivo di tante difficoltà. Si dice preoccupato della permanenza degli ambasciatori del Re d’Aragona e di Venezia; aspetta l’ambasciatore del Re di Tunisi desideroso da parte sua di vedere i barbareschi. Confessa che avrebbe preferito non aver avuto l’incarico del compromesso fra il doge e Giovanni Filippo, perché egli vorrebbe che fra i due fosse buona intesa. Quanto alle cose di Cipriano si atterrà ai suggerimenti di Giovanni di Alessandria. Circa le cose di Ottaviano de Vivaldi, di Raffaello Salvatico e di Benedetto de Negro dice di aver riferito a Leonardo da Pietrasanta quel che accade. Domino Iohanni de Alexandria et Antonio Guidobono. Havimo recevuto una vostralettera de data xii et xiii del presente, et inteso quanto per quelle scriveti. Respondendo alle parte, et primo, alla parte deli paveglioni, dicemo che da Francisco Capra restiamo advisati de tucto circha ciò, et cossì aluy havemo resposto de quanto accade circha l'intentione nostra. 89r Alla parte della Petra, dicemo che non habiamo fanti de verso là de poterli mandare. Et maravegliamone de vuy, perché ne metteti tanti trespedi et obiecti ad havere quelli dinari che non sapemo intendere el scrivere vostro, et tanti sonno li dubii ne fati che non sapemo quale fondamento possiamo fare per havere dicti denari. Pur vi havimo risposto per misser Leonardo essere ad ciò tanto in compimento, che non saperessimo che dire più. Et per benché sapiamo essere assay cose varie nelle cose de Zenova, pur tamen voressimo che nel scrivere vostro potessimo pigliare qualche fundamento prima che scrivere tante cose varie et farli tanti dubii quanti faceti, et confonderne la mente, che non sapiamo con que governarne. Alla parte che li ambaxatori del Re et Venetiani non siano anchora partiti, dicemo che ne maravigliamo grandemente. Vogliati advisare della casone del suo restare et non volerse partire, perché il suo stare lì non dà puncto favore alle cose nostre, anzi sonno apti ad parturire inconvenienti assay. Alla parte del’ambaxatore del Re di Tunesi et cetera, non ne accade dire altro, perché per altre havemo scripto delli barbareschi che ha el dicto ambaxatore, quali menarà qua con seco, ne piace et vederimoli volontiera. Alla parte che ti, Antonio, non andaray da domino Thoma da Campofregosio se dal’illustre duce non procederà, restamo advisati. 89v Alla parte del compromesso del’illustre signore duxe et de domino Iohanne Filippo facto in noy et cetera, dicemo che haverissimo havuto molto caro de non havere havuto questo incarrico perché noy voressimo fosse bona intelligentia fra loro, et questa cosa non pò essere ad noy se non graveza. Al facto del commandatore, gli farimo dare tucto quello favore che possiamo fare con honestade et honore nostro, perché cossì è nostra intentione perché per ogni respecto havimo caro fare cosa gli piacia. Circhale cose de Cipriano de Ama et cetera, havemo inteso quanto voy, misser Zohanne, respondeti, restamo advisati. Circha il facto delle cose de Octaviano de Vivaldi, Rafaello Salvatico et Benedicto de Negro dicemo che nuy havemo dicto ad misser Leonardo quanto accade; et cossì dicemo a vuy che intendemo che, nelle cose soe, siano favoriti et auctorizati in tucte le cose che possiamo con honestà et honore nostro fare, non tanto in queste loro cose, ma in ogni altraloro facenda, non altramente che facessimo per qualunque di nostri fratelli. Alla parte del illustre signore duxe quale vole essere cauto del soldo di fanti, et cetera, dicemo che per misser Leonardo havemo scripto et mandato a dire quanto accade, como havereti potuto intendere, siché circa ciò non scrivemo altro. Ex Mediolano, xviii marcii 1452. Iohannes de Ulexis. Cichus. 294 Francesco Sforza ad Azzone Caccia da Novara 1452 marzo 20, Milano. Francesco Sforza dice ad Azzone Caccia da Novara che gli manda appositamente un cavallaro perché gli faccia avere l’esenzione invano richiestagli. 90r Nobili viro Azoni Cacie de Novaria, dilecto nostro. Più volte te habiamo scripto et mandato a dire che ne volesti mandare la exemptione te havemo concessa, et may non ne l'hay voluto mandare né portare, del che ne maravigliamo assay. Pertanto te dicemo et commandiamo che, remossa ogni exceptione, subito recevuta questa, la debii dare al cavallaro, presente portatore, quale nella porterà. Et adcioché credi questo essere nostra intentione et che mandiamo per dicta exemptione, non per instigatione de persona alcuna, ma per nostri proprii facti, havemo sottoscripto la presente de nostra propria mano. Data Mediolani, die xx marcii 1452. Marchus. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. 295 Francesco Sforza al vescovo e al clero tortonese 1452 marzo 20, Milano. Francesco Sforza non può che rimproverare il vescovo e il clero tortonese che, nonostante abbia ridotto l’ammontare della sovvenzione richiesta per la promessa dei loro inviati che avrebbero provveduto al compartito e alla riscossione dei denari, facendo ricorso al braccio ecclesiatico in caso di renitenza al versamento, specie da parte di chi è fuori dalla giurisdizione sforzesca. Il duca concede un ulteriore termine di otto-dieci giorni, terminato il quale invano, egli si rifarà alla primitiva richiesta. Rimane in attesa della risposta con cui gli diranno della riscossione dei denari e ne avviseranno pure il suo segretario Francesco Maletta. Reverendo in Christo patri ac venerabilibus dominis Dei gratia episcopo et toti clero Terdonensi, nobis dilectis. Li vostri messi, quali furono qua et presero compositione con noy in ducati quattrocento d'oro per la subventione per noy rechiesta ad quello chiericato, se partirono con deliberatione che, como fossero lì, metteriano modo et forma ad compartire et scotere li dicti denari de presente, et circha questo se doveva procedere col brazo ecclesiastico, per via de interdicti et altri opportuni remedii, et maxime contra quelli che non sonno sotto la iurisdictione nostra, quali se pono fare venire ad obedientia con questa via, meglio che con 90v altra. Et per questo più facilmente condescesimo ad redure et moderare la dicta summa, quanto che più presto et senza (a) difficultà credevamo valerse de dicti denari ad questi nostri bisogni, li quali cossì importano per lo bene et quiete vostra, como per lo stato nostro proprio. Fin a qui non habiamo inteso habiate posto ordine alcuno a questa facenda, ma più presto ne pare vedere ne pigliate pocha cura. Né voy, monsignore, haveti solicitato de procedere per la via ecclesiastica, né voy altri del chiericato gli haveti asentito ad darli questo arbitrio, dele qualcose non possiamo fare che de voy tucti non ne pigliamo umbreza et senestro concepto. Pertanto di novo confortiamo la reverenda vostra persona, caricando et stringendo che, veduto le presente, debiati servare quelli modi et remedii che siano expedienti, como habiamo dicto, ad retrare per ogni (b) modo li dicti ducati cccc d’oro, de presente et senza exceptione alcuna, che sia infra octo o deci dì al più tardo. Altramente noy non se trovarimo contenti di facti vostri, et ne daresti materia de stare sula prima rechiesta con usarvi de altre provisione, le quale ve seriano rincrescevole. Expectiamo adonque risposta, con effecto da voy, et essere advisati del dì certo che possiamo havere li dicti denari. Et cossì ne advisati Francisco Maletta, nostro secretario. Data Mediolani, die xviiii marcii 1452. Christoforus Franciscus. Cichus. (a) Segue soa depennato. (b) ogni in interlinea. 296 Francesco Sforza a Giovanni Chiappano 1452 marzo 22, Milano. Francesco Sforza sollecita il suo famigliare Giovanni Chiappano a sbrigare subito le faccende che ha fra le mani per poi andare da lui che lo deve impegnare in altre incombenze. 91r Nobili familiari nostro dilecto Iohanni de Chiapanis Mediolanensi. Vogli sforzarte expedire presto quello hay da fare là et venire poy immediate qui da noy, perché te volimo adoperare in alcune altre nostre facende. Siché non perdere tempo alcuno ad quello hay da fare. Data Mediolani, die xxii marcii 1452. Zanninus. Iohannes. 297 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 21, Milano. Francesco Sforza vuole che Corrado da Fogliano faccia osservare il contenuto delle lettere patenti concesse il 16 giugno 1451 a Mansimo de Patari da Fregarolo con le quali gli si concedeva che, saldata la quota di censo spettantegli per la tassa dei cavalli, non fosse costretto a nessun altro carico di quella comunità. Magnifico germano nostro carissimo Conrado de Foliano, locumtenenti civitatis nostre Alexandrie. Volendo noy usare de nostra benignità cum Mansimo de Patari, della nostra terra del Fregarolo, per la sua fede e meriti verso noy, li concessimo per nostre patente littere date Mediolani xvi iunii anni preteriti 1451, che, pagando luy et satisfacendo per la soa contingente parte deli denari del censo et delle spese delle taxe de cavalli, de per sé et non con quella communità del Fregarolo, non fosse constrecto ad niuno altro carrico occurrente ad essa communità, como se contene in esse nostre littere, aIe quale se referimo et le quale volimo sianno observate (a), como iaceno ad litteram. Farale adonche observare, non obstante cosa quale se trovasse scripta in contrario. Ex Mediolano, xxi marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. (a) ob di observate in interlinea. 298 Francesco Sforza al cardinale Andegavense 1452 marzo 18, Milano. Francesco Sforza fa sapere al cardinale Andegavense, che gli ha raccomandato per abate dell’abbazia di Erbamata, della diocesi di Pavia, Vasino Malabala che volentieri avrebbe soddisfatto il suo desiderio, se già, non appena resosi vacante il beneficio, non si fosse fatto avanti il pavese Baldassarre Sacchi. Il duca, avvalendosi della concessione papale accordatagli, ripetutamente ne segnalò il nominativo al papa, e tale designazione era ormai nota a tutti i Pavesi. Supplica, perciò, il cardinale di scusarlo e si dichiara sempre pronto a ogni cosa. 91v Reverendo cardinali Andegavensi. Intelleximus quantum reverendissima dominatio vestra nobis scripsit in commendationem venerabilis et eximii decretorum doctoris domini fratris Vasini de Malabala in facto abbatie de Herbamata, diocesis nostre Papiensis, quem profecto intuitu reverende paternitatis vestre carissimum habemus libentique animo illius voto, si possemus, satisfaceremus. Quamprimum enim abbatia predicta vacasset nobis per quendam ex Papiensibus nostris requisita fuit nomine dominum Baldesarem de Sachis, virum sane providum et circunspectum, et qui nobis multiplici testimonio commendatur, nos, quibus sanctissimus dominus noster pro sua clementia indulsit ut beneficia in dominio nostro vacantia, personas nobis fidas et gratas nonminus quam idoneas habeant, ipsi domino Baldesari dictam promisimus abbatiam, et in eius favore sanctitati prelibati domini repetitis litteris supplicavimus. Venit postmodum ad nos ipse dominus Vasinus dictam exposcens abbatiam, cui libenter morem gerississemus, nisi iam ipse nostre emanassent littere et talis promissio Papiensibus nostris nota esset, ordinem siquidem in hoc dominio nostro apposuimus quod nullus beneficia aliqua impetrare debeat absque nostri consensu quem, si in aliquo turbari finiremus, nonnisi dissensio quedam et inconveniens sequeretur multique ex nostris, hoc adducti exemplo, nobis 92r quottidie reclamarent quod si huiusmodi res non ultraquam ad prefatum dominum Vasinium tenderet illi satisfecissemus, sed hoc nostrum prepositum neque per aliquos sudditos nostros, neque precibus fratrum, seu filiorum nostrorum, adhuc interruptum extitit. Quas omnes causas et respectus, ita nos vigentes abunde illi aperuimus, quibus nobis visus est, ipse dominus Vasinus satis acquievisse, subiu(n)xitque nobis nullam rem a nobis velle que ad nostrum incomodum cederet. Si vero aliud posthac accideret, ut illi favore vellemus, quod quidem ultro obtulimus. Quamobrem, reverendissime domine, paternitatem vestram oramus et obsecramus plurimum ut nos proinde excusatos habere velit, certiores enìm reddimur reverendam dominationem vestram, nonnisi ea que nobis honori cedant a nobis velle, omnis enim honor et conservatio status nostri cum dominatione vestra communis est. Sed si, ut prediximus, accideret aliquid quod pro ipso domino Vasino possimus nos illi, contemplatione reverende dominationis vestre, omnes favores nostros impendebimus, ad quecunque paternitati vestre grata paratissimi. Data Mediolani, die xviii marcii 1452. His scriptis accessit ad nos prefatus dominus Baldesar cum bullis apostolicis quibus constat sanctum dominum nostrum, illi in titulum dictam contulisse abbatiam opportune, de quo reverendam dominationem vestram avisamus. Data ut supra. Cichus. 299 Francesco Sforza al capitano della cittadella di Novara 1452 marzo 19, Milano. Francesco Sforza ordina al capitano della cittadella di Novara che, siccome il locale ufficiale delle bollette Giacomo Suardo contesta l’accusa di aver tolto illegittimamente della roba ai sudditi del duca di Savoia Cristoforo Zocolaro, Comino da Cantono e Antonio da Milano, convochi, entro quindici giorni, i predetti perché espongano le loro ragioni e, risultando che Giacomo abbia sbagliato, vuole che il capitano faccia restituire ogni cosa indebitamente sottratta. 92v Nobili viro capitaneo citadelle Novarie nostro carissimo. Perché Iacomo Suardo, officiale delle bollete di quella nostra citade, se agrava delalamenta che fa contra se Christoforo Zocholaro et anche uno Comino da Cantono et Antonio da Milano, subditi del’illustrissimo signore duca de Savoya per casone che gli debia havere tolto alcunaloro robba, et ne dice volere provare et mantenire non havergli facto cosa alcuna indebita, al quale Iacomo havimo statuito termino che fra xv dì proximi, debia havere provato et defexo la rasone soa. Pertanto ti commettiamo et volimo che debii fare rechiedere et admonire li prenominati che vengano denanzi a te ad difendere et dire il facto loro, et finalmente, trovando tu per le prove, che faranno li dicti (a) prenominati et il dicto Iacomo, che esso habia tolto le robbe loro contra il devere et contra la rasone, vogliamo che subito gli le faci restituire integramente. Se anche essi prenominati havessero fallito et facto contrali ordini nostri, che etiam loro habiano pacientia, le qual cose vogliamo che debii dicernere et difinire frali predicti xv dì proximi futuri dala receptione de queste, avisandone poy di quanto haveray trovato in facto. Data Mediolani, die xxiiii marcii 1452. Bonifacius. Cichus. (a) dicti in interlinea. 300 Francesco Sforza al podestà di Novara 1452 marzo 23, Milano. Francesco Sforza ordina al podestà di Novara di non procedere contro Giacomo Suardo che rigettal’accusa mossagli dal governatore di Vercelli, a richiesta di Cristoforo Zocolaro, di aver sottratto ingiustamente della roba a costui. Egregio viro potestati Novarie carissimo nostro. Benché per nostre littere de dì xviii del presente ti scrivessimo, como alhora podesti intendere per lamenta che ve faceva il governatore de Vercelli, ad instantia 93r de uno Christoforo Zocholaro, quale se tene iniuriato in alcuna soa robba da Iacomo Suardo, officiale delle bollete di quella nostra città, nondimanco, perché dicto Iacomo s'è agravato qua da noy et dice volere mantenire non havere facto cosa alcuna indebita, siamo contenti et cossì ti commettiamo che non procedi in cosa alcuna contraluy se noy non te scrivemo altro in contrario. Data Mediolani, die xxiiii marcii 1452. Bonifacius. Cichus. 301 Francesco Sforza ad Antoniotto Malaspina 1452 marzo 23, Milano. Francesco Sforza sollecita Antoniotto Malaspina, condottiero ducale, a restituire i due cavalli del condottiero Fiasco, portati via da un suo famiglio e finiti in casa sua. Stremuo amico nostro carissimo Antoniotto de Malaspinis, armorum ductori. Havimo piena informatione che duy cavalli, quali foreno menati via allo strenuo Fiascho, nostro conductiero, di uno suo famiglio, como dovete essere informato, sonno previnuti in casa vostra, el dicto famiglio è aconzo cum vuy, et che uno d'essi cavalli cavalcha uno Evangelista, famiglio vostro. Et perché ne pare iusta et raxonevele cosa ch’el dicto Fiascho non debia perdere dicti cavalli, siando capitati là in vostre mano, como sonno. pertanto vi confortiamo et pregamo strectamente vogliati fare restituire li dicti cavalli al prefato Fiasco, certificandovi de ciò ne fariti piacere assay, ultra che ne dariti casone che, intervenendo simile caso delli cavalli vostri, quali fossero menati de qua, ve li faremo liberamente restituire, et ve li mandarimo ad casa vostra. Data Mediolani, die xxiii marcii MCCCCLII. Christoforus. Iohannes. 302 Francesco Sforza al capitano del divieto di Alessandria 1452 marzo 23, Milano. Francesco Sforza comunica al capitano del divieto di Alessandria di avere, a istanza dei tortonesi Tomaso e Giuliano de Calvini, castellani di Castelleone, graziato, per la porzione che tocca alla Camera ducale, Melgaro da Volpegulo, ora defunto. Egli gradirebbe che lui pure facesse tale atto per la parte che lo riguarda: lo riterrebbe un piacere fatto a lui personalmente. 93v Capitaneo devetus Alexandrie. Dilecte nostre, como tu sai nuy ad instantia de ser Tomasso et Iulano de Calvini, nostri cictadini Terdonesi et castellani de Castellione, havemo facto gratia ad quello Melgaro da Vulpegulo, quale intendimo è mò morto. La quale gratia, bemché gli habbiamo facto per la parte tocha alla Camera nostra, tanto haveriamo nondimancho caro che anche tu gle remectisse la parte tocha ad ti per compiacere ad essi fratelli. Pertanto te confortiamo, stringimo et caricamo che, ad nostra complacentia, vogli remetergli anche ti la parte tochasse ad ti, certificandoti che lo haverimo ad singulare piacere, et reputaremo sia facto non alloro, ma ad nui proprii. Questa è una cosa minima, siché non volere ne habiamo più affanno. Data Mediolani, die xxii marcii 1452. Zanectus. Cichus. 303 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 19, Milano. Francesco Sforza ordina a Corrado da Fogliano di mandare da lui e dal conte Gaspare da Vimercate Sansoneto da Perugia, Costa de Calabria, Guglielmo da Vidana e Angelo da Melfi. Magnfico Conrado de Foliano. Volemo che, alla recevuta de questa, debbi mandare da noy et dal conte Gasparro da Vicomercato (a), Sansoneto da Perosa, Costa de Calabria, Guilielmo da Vidana et Angelo da Melfi. Data Mediolani, die xviiii marcii 1452. Zanettus. Cichus. (a) da Vicomercato in interlinea. 304 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 23, Milano. Francesco Sforza, informato che Paolo Pinzamato, capitano del divieto, concede senza lettere ducali licenze di portare biade fuori del paese, mentre intasca denari per le licenze con lettere ducali, ordina al fratello Corrado da Fogliano, luogotenente di Alessandria, di informarsi sentendo su ciò anche Niccolò Campanaro, che manda lì. Di ogni sua scoperta, mantenuta segreta, lo aggiorni per lettere. Lo avvisa che Niccolò Campanaro viene lì in sostituzione di Niccolò da Palude. Vuole che sia sistemato, alle stesse condizioni, nella casa dove stava, a Fregarolo, Niccolò da Palude. Magnifico germano nostro carissimo Conrado de Foliano, locontenenti Alexandrie. Habiamo havuto informatione che Paulo Penzamato, capitaneo del deveto là, aIe fiate concede dele licentie da condure delle biave fora del nostro paese senza nostre littere, signate de nostra propria mano, 94r secondo li ordini nostri, et che etiandio tole uno grosso per soma dele licentie ch'el fa per vigore dele nostre littere, della qualcosa volimo che tu habii informatione, etiam tu, intendendote con Nicolò Campanaro, presente portatore, el quale te ne saperà dire qualche cosa. Siamo etiandio advisati che Nicolò da Palude toleva uno grosso per somma dele licentie, ch'el faceva per vigore dele nostre littere; il perché volimo che tu te informi se l'è vero o non, et de quanto tu trovaray, avisarane per toe littere, tenendo la cosa secreta appresso di te, avisandote che è ordinato et imposto ad esso Nicolò Campanaro, presente portatore, deputato per noy in loco del dicto Nicolò de Palude, ch'el non toglia cosa alcuna dele bollete ch'el concederà per vigore dele nostre littere, se non per la Camera nostra, quanto portali ordini. Ma perché non seria honesto ch’el dicto Nicolò Campanaro per fare li facti nostri, stesse sula hostaria, volimo che omnino tu gli faci dare et assignare la casa quale teneva Nicolò de Palude in la terra del Fregarolo, eo modo ch’el dicto Nicolò da Paludela teneva. Ex Mediolano, die xxiii marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 305 Francesco Sforza a Princivalle Malaspina 1452 marzo 23, Milano. Francesco Sforza scrive a Princivalle, marchese Malaspina, che lo vedrebbe volentieri. Spectabili militi carissimo domino Princivali marchioni Malaspine. Perché haveressimo casone de conferire alcune cose con voy, seressimo contenti che ve volesti transferire fin qui da nuy, et ve vederessimo volontere. Et cussì ve confortiamo a venire qui da nuy. Data Mediolani, die xxiii marcii 1452. Marchus. Cichus. 306 Francesco Sforza al podestà di Bosco 1452 marzo 24, Milano. Francesco Sforza vuole che il podestà di Bosco approfondisca la conoscenza delle ragioni e capitoli su cui Guglielmo Girindello, suo uomo d’arme, e i suoi fratelli basano le loro lamentele per il mancato rispetto della loro esenzione e renda poi giustizia. 94v Nobili dilecto nostro potestati terre Boschi. Guglielmino Girindello, nostro homo d’arme, et li fratelli se lamentano che non gli è observatala exemptione loro, quale ha da noy, et egli contrafacto ad quella, il perché volemo volgli vedere loro ragione et el capitulo che parla de ciò, et intendere maturamente la cosa et fare ragione et iustitia, et per modo che in questo non se attenti cosa alcuna contra iustitia, et che sia mancho che iusta et ragionevole. Mediolani, xxiiii martii 1452. Facinus. Cichus. 307 Francesco Sforza a Francesco Capra (1452 marzo 24, Milano). Francesco Sforza scrive a Francesco Capra che i gentiluomini di Francavilla si lamentano di oppressioni e innovazioni nella loro giurisdizione. Non faccia alcuna innovazione e procuri che tutto si acquieti. Di tutto lo informi. Francisco Capra. Quilli zentilhomini da Franca Villa se condoglino che gli sonno facte certe oppressione et innovate alcune cose in loro iurisditione, quale volimo debbi intendere, et tene modo et via che non sia facta inovatione alcuna, et operarai in ciò quanto poray de bene che la cossa passi cum quiete; et advisarane che et come, che sappiamo de tucto questo facto. Data ut supra. Facinus. Cichus. 308 Francesco Sforza a Francesco Bianchi 1452 marzo 23, Milano. Francesco Sforza si dice certo che quando sarà arrivata la lettera gli saranno pure arrivati i soldi di cui Francesco Bianchi necessita per fare la spedizione della polvere. Prudenti viro magnifico Francisco de Blanchis. Inteso quanto ne scrivi per toe littere circa il facto della polvere, te respondemo che, al’havuta de questa, siamo certi te serà stata factala provisione dela moneta te è necessaria in questo. Siché vogliti expedire de fare mò ti dal canto tuo, quanto hay da fare in questo. Data Mediolani, die xxiii marcii 1452. Marchus. Cichus. 309 Francesco Sforza a Pietro Campofregoso 1452 marzo 22, Milano. Francesco Sforza scrive a Pietro Campofregoso, doge di Genova, d’aver sentito che lui ha fatto imprigionare alcuni uomini del condottiero ducale Cristoforo Torelllo per il furto di alcuni muli fatti ad alcuni suoi uomini, autori dell’omicidio di un uomo d’arme, compagno di Fioravante da Perugia, condottiero ducale. Sebbene i suoi mulattieri meritassero una punizione, non si fece nulla, al di là della consegna a Fioravante dei detti muli. Chiede che i prigionieri vengano ora liberati. 95r Illustri et excellenti domino tanquam fratri nostro carissimo domino Petro de Campo Fregosio, Dei gratia Ianuensi duci, et cetera. Sentito che la signoria vostra ha facto detinire alcuni delli homini de domino Christofaro Torello, nostro conducterio, per casone de certi mulli tolti ad alcuni delli vostri, li quali occideteno uno homo d’arme nostro, compagno de Fioravante da Perosa, nostro etiamdio conducterio, per la quale casone in quelli dì dalla prefata signoria vostra a nuy hinc inde forono scripte più littere. Et quanvis la rasone havesse voluto dicti mullateri fossero stati altramente puniti, non è perhò sequito altro per respecto d'essa vostra signoria, salvo che quelli mulli forono dati al dicto Fioravante per satisfactione de quello doveva havere dal dicto homo d’arme. Avenga per una minima parte non habiamo supplito, né potessimo fare dimanco per observatione della iustitia, instandone dicto Fioravante gli volessimo fare rasone, como più fiate fo scripto a vostra signoria. Pertanto, non essendo dicti homini debitamente, per questa casone, tanto detenuti, confortiamo et pregamo vostra signoria piacia farli liberare, adciochè dicto domino Christoforo non habbi a farne altra querella, et a bene che cossì riquira il debito della iustitia et rasone, tamen l'haveremo a piacere, et cossì se rendimo certissimi la sigoria vostra farà. Data Mediolani, die xxii marcii 1452. Aluysius de Romanis. Cichus. Dupplicata sub die xxvii marcii 1452. Cichus. 310 Francesco Sforza a Giacomo Scrovegni e a Giovanni Giacomo Schiffi 1452 marzo 23, Milano. Francesco Sforza scrive a Giacomo Scrovegni, podestà, e a Giovanni Giacomo Schiffi di Novara che, desiderando por fine alla vertenza tra i gentiluomini Crotti e i cittadini di Vercelli, scrive al conte Bartolomeo d’Albonesio di rilasciare i buoi, dando a loro volta i proprietari i denari che gli devono per la tassa che gli spetta. 95v Egregio et nobili viris Iacobo de Scrovignis, potestati, et Iohanni Iacobo de Schiffis dilectis nostris Novarie. Desiderosi che la differentia vertente trali zintilhomini deli Crotti per una parte et li citadini de Vercelli per l'altra, se levi via, scrivemo per l'alligata al conte Bartholomeo d’Albonesio che debbi deponere li bovi tolti, deponendo quelli, de chi sonno li denari che gli debeno dare per casone dela taxa. Et cossì crediamo debbia fare. Data Mediolani, die xxiii marcii 1452. Irius. Cichus. 311 Francesco Sforza a Bartolomeo Albonesio 1452 marzo 23, Milano. Francesco Sforza sollecita il conte Bartolomeo Albonesio che, ad ogni richiesta di Giacomo Scrovigno e di Giovanni Giacomo Schiffi, incaricati di metter termine alla vertenza esistente per il luogo di Torrione tra i gentiluomini Crotti e i cittadini di Vercelli, egli consegni i buoi presi e riceva dai loro padroni i denari che gli sono dovuti per la tassa. Strenuo dilecto nostro comiti Bartholomeo Albonesio de Nicorvo. Adciò se possa mettere conclusione et fine alla differentia quale vertisse trali zintilhomini di Crotti et li citadini de Vercelli, per casone del loco de Torriono, ne pare et volimo che, ad ogni rechiesta de Iacomo Scrovigno et de Zohanne Iacomo de Schiffi, quali hanno il carrico delevare tale differentia, debbi deponere li bovi per ti tolti per casone della taxa, deponendo quelli di chi sonno li dicti bovi, li denari, che veramente tu debi havere per casone de essa taxa. Et in questo non sia fallo alcuno adcioché, per toa casone, non resti et manchi la decisione d'essa differentia. Data Mediolani, die xxiii marcii 1452. Irius. Cichus. 312 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 24, Milano. Francesco Sforza informa Corrado da Fogliano che con le accluse lettere i Maestri delle entrate scrivono ad Alessandria e a Tortona per il pagamento delle spese che si dovranno affrontare per il ricevimento dell’ambasciatore del Re di Barberia. Cerchi di sapere dagli oratori ducali a Genova quando egli si muoverà in modo d’andargli incontro e accompagnarlo nel territorio sforzesco. 96r Domino Corrado de Fogliano. Corrado, li nostri Maistri delle intrate scriveno per le incluse ad Alixandria et Terdona per lo pagamento delle spese se hanno ad fare per la venuta de quello ambassatore del re de Barbaria, al quale volimo faci fare le spese delle terre nostre. Siché te intende cum li nostri sonno ad Zenoa per modo sappi quando vengna dicto ambassiatore, al quale andaray incontro, et gli faray compagnia et honore nelle terre nostre, como alla persona nostra propria, como te havimo per altre scripto, advisandote ch'el se scrive al referendario et thexaurario de Alixandria et Terdona, che de queste spese se intendano cum ti. Mediolani, xxiiii marcii 1452. Zanetus. Cichus. 313 Francesco Sforza a Martino, Lazaro e Paolo, fratelli Campofregoso (1452 marzo 24, Milano). Francesco Sforza comunica a Martino, Lazaro e Paolo, fratelli Campofregoso, figli del defunto Antonio, che si è recato da lui il loro famiglio Lorenzo con un cavallo, che lui ha subito preso, perché gli è piaciuto. Li ringrazia, ma non vuole che siano solo parole. Spectabilibus amicis nostris carissimis Martino Lazaro et Paulo, fratribus de Campo Fregosio quondam domini Antonii. Spectabiles amici nostri carissimi, l'è vinuto da nuy Lorenzo, vostro famiglio, quale ne ha presentato uno cavallo per vostra parte, quale havemo veduto et tolto volontieri, perché n'è piaciuto, et della missione d'esso ve rengratiamo quanto sapemo et possemo, benché nostra intentione è de remunerarve per esso cavallo de effecti et non de parole, et cussì faremo. Iterum se per nuy se potrà far cosa alcuna che grata ve sia, se ne sarimo rechesti, la faremo volontiera et de bona voglia. Apparecchiati ad ogni vostri piaceri. Data ut supra. Irius. Cichus. 314 Francesco Sforza a Brancaleone 1452 marzo 24, Milano. Francesco Sforza scrive al genovese Brancaleone de Lercario che tante volte gli ha parlato dei danari che gli deve, ma, per i molti impegni, non vi ha mai provveduto, anche se non ha mai dimenticato i suoi fedeli comportamenti. Gli attesta che ora ha fatto assegnazione sull’imbottato e di ciò gli darà pure informazione il suo cancelliere Andrea. 96v Nobili carissimo nostro Branchaleoni de Lercario, civi Ianuensi. Quantunche più fiate ne sia stato scripto et recordato el facto deli denari, quali deveti havere, et per noy non gli sia facto altra provisione, non resta perhò che la volontà et dispositione nostra non sia stata bona et totaliter inclinata a fare il debito, perché sapiamo molto bene l'amore che ne portati et li fideli deportamenti in le cose nostre, meritare questo, et maiore cosa da noy, et nostra intentione è con el tempo de remunerarvi deli servicii da vuy recevuti, male grande occupatione, quale havemo havuto fin a qui, ne hanno facto dementicare li facti vostri, et sonno state casone de retardare questa provisione. Pur l'havemo facto fare de presente et ve ne havemo facto opportuna et valida assignatione sopra l'imbotate de questo nostro ducato de Milano, per modo che omnino, veneriti omnino ad consequire il vostro devere, del che ve ne havemo voluto advisare, como etiamdio ve advisarà ser Andrea, nostro cancillero. Data Mediolani, die xxiiii marcii 1452. Irius. Cichus. 315 Francesco Sforza al podestà di Alessandria 1452 marzo 24, Milano. Francesco Sforza avverte il podestà di Alessandria di aver disposto che il padiglione e le armi di Ferrante lì impegnate siano consegnate a Facino Vicemala, che assegnerà ai creditori il dovuto. Nobili viro dilecto nostro potestati nostre civitatis Alexandrie. Volemo ch’el paviglione et arme de Ferante, quale se trovano impignate in quella terra, siano date et consignate a Facinio VicemaIe, accordando luy li creditori de quanto debeno havere sopra quelle Mediolani, xxiiii marcii 1452. Facinus. Cichus. 316 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 24, Milano. Francesco Sforza vuole che Corrado da Fogliano faccia sapere a Raffaele Adorno che si è detto disponibile ad accordarsi con lui, che egli non intende fare cosa alcuna contraria ai capitoli dellalega stipulati con il doge e la comunità di Genova. Circa i quarantamila ducati, dice di averne preso atto e lo ringrazia del suo suggerimento. Vuole che le truppe di Gaspare da Vimercate siano fornite di strame e fieno buoni. 97r Magnifico Conrado de Foliano. Inteso quanto ne hay scripto per toe littere de misser Rafaello Adorno, quale volontera se acconzaria con nuy, respondemote che volimo che gli respondi per nostra parte con quelle gratiose et amorevele parole te parerà che nuy volontera gli faressimo cosa grata, ma non poressimo acceptarlo, che non contrafacessimo alli capituli dellaliga havemo con lo illustrissimo signor misser lo duxe et magnifica communità de Zenova, alli quali non volemo contrafare per niente. Dicemo bene cossì che s'el vede possiamo operare cosa alcuna per luy con el prefato signore duxe et communità de Zenova, ch'eI farimo de bona voglia, purché sappiamo quello havemo a fare per luy. Alla parte de quelli quarantamilia ducati, et cetera, non te dicemo altro, salvo che de tucto restiamo advisati, et te commendiamo del’adviso ne hay dato. Ulterius, perché il conte Gasparro ne dice che alle soe gente d’arme sonno alogiate dellà gli fi dato strami che sonno guasti et marci, volimo che provedi che gli sia dato del stramo e feno bono. Data Mediolani, die xxiiii marcii 1452. Marchus. Cichus. 317 Francesco Sforza a Giovanni di Alessandria 1452 marzo 24, Milano. Francesco Sforza vuole che Giovanni di Alessandria pazienti nel far condurre le seimila mine di sale bianco per le difficoltà che si hanno nel condurre sufficiente sale ducale a causa nel ritardo a riscuotere la mezza tassa del sale. Il trasporto da lui richiesto ritarderebbe ulteriormente la condotta ducale, mentre s’intende poter fornire anche quei luoghi di sale ducale. 97v Domino Iohanni de Alexandria. Per farvi resposta alla rechiesta ne haveti facta de darvi strapasso per mine vi mila de sale biancho, quale intendete tuore in pagamento da quella excelsa comunità per nostro credito, et cetera, dicemo che noy, in questo et ogni altra cosa, siamo dispositi fare sempre cosa vi sia grata, ma perché, como a vuy è chiaro, per la difficultade che è in potere condure el sale nostro ad sufficientia, seque al presente damno gravissimo et disturbio al facto nostro per la retardatione del denaro che se ha ad trare dela meza taxa del sale. Et dovendo vuy fare questa nova conducta magiormente se difficultariala conducta nostra, vogliate havere patientia de soprasedere ad fare condure dicto vostro sale, finché siano meglio fornite le caneve vostre perché poy seremo contenti prosequiati ad fare condure el vostro et ali lochi per vuy nominati. Cum questa tamen declaratione che, secondo ne pare ragionevole et honesto el provento et guadagno che se trarà de quello sale, ultrali vostri ducati mille et ultrale expese, debbia essere dela Camera nostra, el che non faciamo tanto per la spetialitade vostra, quanto per non introdure questa consuetudine preiudiciale al facto vostro, et perché la dispositione nostra è provedere che per l'avenire a quelle parte et lochi se mandi del sale nostro. Mediolani, die xxiiii marcii 1452. Iohannes de Ulexis . Cichus. 318 Francesco Sforza al principe e al re di Tunisi 1452 marzo 25, Milano. Francesco Sforza scrive al principe e al re di Tunisi che, fidando nella benevolenza che ha sempre mostrato per gli interessi del duca, gli dice che un suo vecchio servitore Alessandro Mirabello manda lì Andrea de ***** per l’acquisto e il trasferimento in Italia di due cavalli. Gli chiede non solo voglia concedere licenza per tale compera, ma anche dia ogni aiuto. 98r Serenissimo principi et excelso domino domino regi Tunesis, amico nostro (a) carissimo et cetera. Singularis amori (b) et benivolentia, qua vestram mayestatem (c) nobis affectam esse intelligimus, nos movent et in animum inducunt, ut pro nostrorum negociis ad eam libenter recurramus et persuadeamus nobis facile impetrare quecunque nobis (d) gratissima. Alexander Mirabelus, servitor antiquus et dilectissimus noster, mittit illuc Andream de *******, latorem presentium, pro emendis et in Italiam traducendis equis duobus. Mayestatem ergo vestram hortamur et rogamus ut eidem Andree circa tractum et conductionem equorum predictorum, non solum licentiam opportunam concedere, verum etiam auxilium et favorem prestare dignetur et in quibuscunque rebus suis ipsum habere recomissum. Quod quidem ad non tenuem complacentiam sumus habituri ab eadem serenitate vestra, ad cuius beneplacita parati sumus. Data Mediolani, die xxv marcii 1452. Irius. Iohannes. (a) Segue honorando depennato. (b) Così in A. (c) Segue qua depennato. (d) nobis in interlinea. 319 Francesco Sforza a Giovanni Giappano 1452 marzo 26, Milano. Francesco Sforza conferma a Giovanni Giappano, ufficiale della cittadella di Alessandria, di aver dettto aluca di andare dalui non appena sistemato il muro, ma ciò avvenne perché gli si era dato d’intendere che non vi fosse altro da fare. Informato che vi sono ben altre cose da fare, gli ordina di stare pur lì e di procurare che si faccia ogni cosa presto e bene. Nobili dilecto nostro Iohanni Giappano, officiali super citadella Alexandrie. Ad quanto ne scrive, te respondemo che, è vero dicemo ad Lucha che immediate, alzato el muro ruinato, ce ne venisse da noy, perché ne havia dato ad intendere non ce era altro che fare che quello, ma poychè ce sonno tante altre cose, como ne scrivi, volemo et commandamote expressamente non te parti per modo alcuno, anzi resti Iì et attendi con ogni solicitudine che queste cose se faciano et con presteza. Delle altre cose non occorre respondere altro, si non che hay facto bene. Attendi pur che quelli lavori se faciano et quanto più presto, meglio. Mediolani, die xxvi marcii 1452. Facinus. Cichus. 320 Francesco Sforza a Francesco Blanchi 1452 marzo 27, Milano. Francesco Sforza ordina a mastro Francesco Blanco di ritornare da lui con tutte le munizioni che ha. Gli fa avere, per sua maggiore commodità, la “littera de passo”. 98v Prudenti viro magistro Francisco Blancho dilecto nostro. Per queste nostre littere ti ricordiamo, carichandote et stringendote, che subito vogli ritornare qua da noi, conducendo tucte quelle monitione che hay ad condure per nuy. Et non gli perde tempo veruno, tanto che la commodità del tempo ti servi, avisandote che, qui alligata, ti mandiamo la littera de passo, adcioché più commodamente possi venire et condure dicte monitione. Data Mediolani, die xxvii marcii 1452. Bonifacius. Cichus. 321 Francesco Sforza a Pietro Campofregoso 1452 marzo 27, Milano. Francesco Sforza raccomanda a Pietro Campofregoso, doge di Genova, il fiorentino Zanobi de Gaddi che deve andare a Genova per una sua causa civile contro Melchione e Biagio de Gradi e alcuni altri. Gli chiede di volergli fare amministrare giustizia con rito sommario. In simile forma scrive al genovese Stefano de Auria, console dei mercanti lombardi a Genova. Illustri domino, tanquam fratri nostro carissimo, domino Petro de Campofregosio, Dei gratia Ianuensium duci et cetera. El nobile citadino Zanobi de Gaddi da Fiorenza ha ad agitare civilmente alcuna (a) soa causa in quella magnifica vestra communità contra uno Melchione et Biasio da Gradi et alcuni altri, como la signoria vostra intenderà, o per luy o per suo fattore. Pertanto recommendiamo le soe rasone ad essa vostra signoria, pregandola che, cognita veritate, gli piacia farli ministrare rasone summaria et expedita, ita che non habia ad essere straciato per litigii, imo sia presto expedito a modo de bono mercadante, la qual cosa a nuy serà grata. QuaIi siamo apparechiati in simile cosa per li subditi della signoria vostra. Data Mediolani, die xxvii marcii 1452. Bonifacius. Cichus. (a) Segue cosa depennato. In simili forma spectabili amico nostro carissimo, Stefano de Auria, civi Ianuensi et consuli mercatorum Lombardorum in Ianua. 322 Francesco Sforza a Ettore di Montemerlo 1452 marzo 27, Milano. Francesco Sforza comanda a Ettore di Montemerlo di non preoccuparsi più di fare e vedere le “monstre” in quella città, ma lasci il compito di farle e di vederle al locale referendario, come solitamente fanno i referendari. 99r Prudenti viro Hectori de Montemerlo dilecto nostro. Per certo respecto ti commettiamo et volimo che da mò inanti non debi impazarte de fare, né vedere più, le monstre in quella nostra città. Imo vogliamo le lassi fare et vedere per lo referendario d'essa nostra città, secondo che sonno consueti li altri nostri referendarii. Data Mediolani, die xxvii marcii 1452. Bonifacius. Cichus. 323 Francesco Sforza esprime a Giovanni da Alessandria, ad Antonio Guidobono e ad Andrea Fulgineo. 1452 marzo 28, Milano. Francesco Sforza scrive a Giovanni da Alessandria, ad Antonio Guidobono e ad Andrea Fulgineo a Genova, in merito al ricatto di cinquantamila ducati richiesti dai Genovesi quale garanzia, contravvenendo con tale clausola allo spirito della lega, che si basa su amicizia e mutua benevolenza, come accadde con Filippo Maria Visconti, pur in guerra con Genova e Venezia, che chiese a Venezia del sale per la Lombardia. Li esorta ad accordarsi con il doge e con la comunità per provvedere ad avere subito i denari con la sola garanzia del duca. In caso contrario, ordina ad Antonio e ad Andrea di venirsene via, lasciando Giovanni. Domino Iohanni de Alexandria, Antonio Guidobono et ser Andree de Fulgineo, Ianue commorantibus. Havemo inteso quello per le littere vostre de dì xxiiii del passato ne scriveti circha lo recato delli L mila ducati, che bisogna, per haverli, se facia la liberatione per signori Fiorentini et per nuy, per modo la possono monstrare et che intendano signori Zenovesi che questa liberatione sia per tucto lo tempo della liga, et cetera. Dicemo che de questo ne maravigliamo, quanto dire se possa, perché el non è may stato rasonato, como sapeti, che questaliberatione sia se non per questo anno tanto, et che mò che credevamo la cosa fosse conclusa et firmata sia facta questa innovatione, non possemo fare che non ce ne maravigliamo et che non ce gravamo pur assay, perché questa liga, che è stata facta fra nuy là, è stata facta per mantenere l'amititia et fraternale et mutua benivolentia, et per darsi favori, reputatione et adiuto et subsidio al’uno et ad l'altro, et cossì crediamo firmamente debbia essere 99v volontà et dispositione del’illustre signor duxe et de quella magnifica communità. Et como haveti veduto, amorevolmente et fraternalmente ne havemo rechiesto questo adiuto de questi L mila ducati ad nostro costo et interesso, et havimo resposto essere contenti dellaliberatione della guerra per mare per questo anno. Et che mò dicati che la se voglia intendere questaliberatione per tucto il tempo della liga, ne aduce ancora più admiratione, consyderato che questo non è may stato rasonato se non del presente anno et, facendolo altramente, pareria che la liga fosse dissoluta, de che li inimici pigliarano animo et ardire, et ad nuy et allaliga nostra, per lo contrario, seguirà pocha reputatione et manchamento de reputatione et de honore, et etiam preiuditio et detrimento, et seria mille volte meglio che la non fosse may stato facta. Siché questa variatione pareno casone de obviare ch’el recato delli dicti L mila ducati non habia locho, de che, como havimo dicto, ce dogliamo assay che, per havere questo servitio sotto nostro interesse, ne sia posto tante varietà et scropoli, consyderato che, quando la bona memoria del’illustrissimo signor duca Filippo era in guerra con dicta comunità, etiam con la signoria de Venetia, el dicto signore ebbe da Venetiani commodità et servitio de havere dal sale per uso de tuctalombardia. Siché, se luy hebbe questo commodo et servitio (a) da Venetiani, quali gli erano inimici et erano con luy in guera, a fortiori tenevamo havere questo servitio et piacere da signori Zenovesi, con li quali siamo coniuncti de fraternità, amicitia et intrinsecha benivolentia 100r et, a maiore, per vinculo deligha et de confederatione. Attento etiam che questi denari li vegnano ad spendere et consumare in benefitio de quella città perché, facendo noy bene dal canto de qua, como speramo, tucto ritorna in exaltatione et mantenimento del stato de quella città et della republica sua. Per la qual cosa volemo che, recevuta questa, ve ritrovati con lo illustre signore duxe et con quella magnifica communità et con tucti quelli che vi parerà bisognare, et che vedati se questa facenda de questi denari pò havere locho de presenti et senza più dilatione, facendo noy la securtà, item laliberatione, secondo havemo mandato a dire per ser Andrea. Vogliati subito concludere et advisarcene, caso che non, vuy, Antonio Guidobono et ser Andrea, ve ne (b) veneti via et non stati più lì a perdere tempo, et vuy, misser Iohanne, poteti remanere per le altre faccende. Circha il fatto della Preda, per ser Andrea havemo mandato a dire quello che sapiamo et possiamo, siché aspectarimo la resposta. Data Mediolani, die xxviii marcii 1452. Ser Iohannes de Ulexis. Cichus. Poliza Alla parte de misser Spinetta, havemo inteso quello ne haveti scripto, et cetera. Dicemo che gli respondiati gratamente quanto vi pare, et si vi pare che habiamo a fare altro circa ad ciò, ne vogliati avisare. (a) et servitio in interlinea. (b) ve ne in interlinea. 324 Francesco Sforza scrive a Ludovico da Bologna 1452 marzo 28, Milano. Francesco Sforza scrive a Ludovico da Bologna che non vuole che si mandino i due cavalli alla Frascheta, anzi, se li avesse già inviati, li faccia ritornare per metterli in qualche altro posto. 100v Nobili familiari nostro dilecto Ludovico de Bononia. Nostra intentione non è né volimo che per adesso tu mandi quelli duy cavalli alla Fraschata, como era ordinato; et, se tu gli li havessi mandati, revocali et metteli in qualche altro loco. Data Mediolani, die xxviii marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 325 Francesco Sforza a Francesco Capra (1452 marzo 28, Milano). Francesco Sforza informa Francesco Capra di aver revocata a Ludovico da Bologna la disposizione dell’invio alla Frascheta dei due cavalli. Gli dice di essere ancora in attesa di una risposta sui danari da Genova. Nobili familiari nostro dilecto Francisco della Capra. Havemo recevuto le toe littere per le quale restiamo avisati de molte cose, alle quale per adesso non facimo altra resposta, se non che non intendimo che Ludovico metta quelli duy cavalli alla Fraschata. Et cossì gli ne scrivemo per le alligate. Circa el facto delli denari, noy aspectamo resposta da Zenova, et omnino gli provederimo, et presto. Data ut supra. Ser Iacobus. Cichus. 326 Francesco Sforza esprime a Luchesio e a Pietro Spinola e agli altri di Busalla 1452 marzo 27, Milano. Francesco Sforza esprime a Luchesio e a Pietro Spinola e agli altri di Busalla la sua sorpresa per aver fatto detenere alcuni uomini di Cristoforo Torello per aver sottratto dei muli a certi mulattieri genovesi, assassini di un uomo d’arme ducale, compagno di Fioravante da Perugia, condottiero ducale; i muli furono dati a Fioravante in compenso di quanto doveva avere dal suo compagno. I detenuti non sono imputabili, perché fu il duca ad assegnare, per debito di giustizia, le bestie a Fioravante. Chiede loro che liberino i prigionieri. Spectabilibus viris Luchesio et Petro de Spinolis et ceteris participibus Buzale, amicis nostris carissimis. Havemo inteso che haveti facto detenire alchuni delli homini de misser Christoforo Torrello per alcuni mulli, quali forano tolti a certi mullateri zenovesi chi occisino uno homo d’arme nostro, compagno de Fioravante da Perusia, nostro conducterio, et 101r chi forano dati ad esso Fioravante per satisfactione de quello, ch'el deveva havere dal dicto suo compagno. Della qualcosa pigliamo pur admiratione, perché dicti homini non hanno culpa veruna in questo facto, che nuy siamo stati quelli che fecimo dare li predicti a Fioravante, perché cossì volevala rasone et iustitia, et dicti mulateri meritavano altro che perdere li mulli. Et de questo pienamente è informato lo illustrissimo signor misser lo duxe de Zenova, il quale più fiate ne scripsi ad instantia de dicti mullateri, et nuy, aluy respondendo, molto bene gli fecimo intendere como era passatala cosa. Pertanto vi scrivemo et confortemo vi piacia fare liberare dicti homini, perché indebitamente per questa casone veneno essere detenuti, et per forma ch’el prefato domino Christoforo Torrello non habia a farne più querella, como se rendemo certi fareti, et per vostro honore, et debito della iustitia, et dela rasone; et como fareti per vostre littere, ne vogliati avisare. Data Mediolani, die xxvii marcii 1452. Christoforus Romanus. Cichus. 327 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 28, Milano. Francesco Sforza ordina a Corrado da Fogliano, luogotenente di Alessandria, di arrestare Vitaliano Borromeo, uomo d’arme ducale, rifugiatosi o a Bosco o a Fregarolo o nei dintorni, badando che non abbia a scappare. Magnifico Conrado de Foliano, locuntenenti Alexandrie. Havemo informatione che l'è venuto là in quello paese uno chiamato Vitaliano Bonromeo, quale già fu nostro homo d’arme, et, secondo havimo inteso, debbe essere al Boscho o al Fregarolo o delà ultra. Pertanto volimo che, per certo rispecto, tu cerchi con ogni industria et cautamente farlo pigliare et sostenire in loco che non possa fare fuga, non lo relassando senza nostra licentia. Et questo fa’ de subito, avisandone demum como tu haveray facto. Mediolani, xxviii marcii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 328 Francesco Sforza a Filippo Spinola 1452 marzo 30, Milano. Francesco Sforza avvisa Filippo Spinola a Preda che gli manda il cameriere ducale Francesco Lampugnano che gli riferirà cose, cui presterà fede come se gliele dicesse il duca in persona. 101v Nobili dilecto nostro Filippo Spinole in Preda. Mandiamo lì da ti Francisco da Lampugnano, nostro camarero, presente portatore, al quale havemo commisso alcune cose, che ti debia referire per nostra parte. Pertanto in tucto quello luy te dirà per nostra parte, li crederay et daray piena fede, quanto faresti a noy proprio si personalmente parlassimo con ti. Data Mediolani, die penultimo marcii 1452. Zanninus. Iohannes. 329 Francesco Sforza a Nicola Campanario 1452 marzo 30, Milano. Francesco Sforza vuole che Nicola Campanario, commissario sopra gli alloggiamenti dei cavalli in Alessandria, osservi la licenza concessa a Guglielmo Lanzavecchia di condurre il quantitativo di biade indicato nella licenza; a tal fine gli prolunga i termini di quindici giorni. Lo avverte che, come già scrisse al suo predecessore Niccolò da Palude, può cavare cento some di biade senza alcun pagamento. Nobili viro Nicolao Campanario, commissario super alogiamentis equorum Alexandrie, nostro dilecto. Volimo che a Guilielmino Lanzaveghia observi la sualicentia gli havemo concessa, non obstante alcuna altra cosa in contrario. Et adciochè meglio possa condure quella quantità de biave se contene in essalicentia, gli la prorogamo per xv dì proximi ad venire, doppo finito il termino se contene in dictalicentia. Ulterius (a) perché dicto Guilielmino quando li concessimo dicta licentia, ne satisfeci per la tracta de some cento, scripsemo a Nicolò da Palude, tuo precessore, che, per la tracta de dicte some cento, non gli dasesse impazo alcuno. Pertanto volimo che ancora ti gli lassi cavare dicte somme cento, senza pagamento alcuno de tracta, havendo perhò advertentia che, se per lo tempo 102r del dicto tuo precessore ne havesse conducto niente, se gli sconti in modo che non conduca più che somme cento senza pagamento. Data Mediolani, die xxx marcii 1452. Marchus. Cichus. (a) Segue quando depennato. 330 Francesco Sforza al referendario di Alessadria 1452 marzo 29, Milano. Francesco Sforza ribadisce al referendario di Alessadria l’importanza del sale per le entrate dello stato, prendendo lo spunto dal fatto che, per la sua mancanza, non ha potuto incassarne i proventi della mezza tassa. Lo sollecita perché il trasporto del sale non abbia interruzioni in modo che per il mese di aprile possa disporre della quantità di settemila mine. Referendario nostro Alexandrie. Non dubitamo che conosci assay quanto importala conducta del sale, della quale ne è stato et è manchamento già più dì nelle gabelle nostre, in modo che la meza taxa resta impedita, et non se pò rescodere per non esserli sale. La qual cosa ne ha inferito damno inextimabile, perhò che, dove credevamo poterse aiutare deli denari d'essa meza taxa, ne resta fallito il pensero, et trovamo che li assigni facti non ponono reuscire. Siché per occorrere a questo tanto inconveniente, el quale troppo ne pesa, te carricamo et stringemo instantissimanente che interponi ogni tuo studio et diligentia in fare che sale se conduca dì et nocte, in quanto maiore copia sia possibile, non gli mancando in cosa alcuna, et non perdonando a faticha, se may desyderi farne cosa grata. Et de questo te carricamo infinite volte, et volemo che ne advisi continuamente como faray; et vedi de provedere che in questo mese de aprile se ne conduca per lo manco mine vii mila, perhò che così bisogna per ogni modo. Data Mediolani, die xxviii marcii 1452. Ioseph. Cichus. 331 Francesco Sforza a Francesco Capra 1452 marzo 31, Milano. Francesco Sforza comunica a Francesco Capra che è stato da lui Bernabò Spinola, cui non ha dato risposta ad alcune domande per non confermare i Genovesi nel sospetto che il duca di proposito tenga Filippo Spinola “in la Preda”, chè altrimenti sarebbe già uscito di là. Gli ha ribadito che, finché non si farà chiarezza sul fatto della Preda, non gli concederà quel che domanda. Intenderà, però, da un’altra lettera, mandatagli tramite il cavallaro Marcolo da Homa, che egli se n’è tornato soddisfatto. 102v Nobili familiari nostro dilecto Francisco dela Capra. E’ stato qui da nuy Bernabò Spinola, il quale, havendone domandato alcune cose, non gli li havimo voluto concedere per non confirmare Zenovesi in quella suspitione che hanno havuto fin al presente deli facti nostri, cioè che nuy havimo tenuto in la Preda Filippo Spinola et che, se havessimo voluto, ne seria ussito fuora. Et gli havimo dicto, finché questo facto della Preda non sia ghiaro, non gli concederessimo quello che ne domandava, siché luy se ne tornalà expedito, como intenderay per un’altra nostra, la quale te havimo mandata per Macholo da Homa, nostro cavallaro in questo dì. Data Mediolani, die ultimo Marcii 1452. Persanctes. Cichus. 332 Francesco Sforza a Francesco Capra 1452 marzo 31, Milano. Francesco Sforza, dopo aver ripetuto a Francesco Capra l’accenno all’incontro con Bernabò Spinola con il richiamo dei sospetti genovesi sulla volontà ducale di trattenere di proposito Filippo Spinola alla Preda, gli confida che, ai dinieghi di rispondergli a certe domande, ha fatto seguire una concessione: la sostituzione del castellano di Pallavicino con Giovanni Giacomo di Cerreto, uomo capace e di fiducia, motivo per cui egli deve andare là con la lettera che gli allega e con il contrassegno che gli fa avere dal cavallaro Marcolo da Homa. Solleciterà il castellano a consegnare la rocca e provvederà che egli sia soddisfatto di tutto quanto gli compete. Ciò fatto, metterà Giovanni Giacomo nel possesso della rocca imponendogli il giuramento della fedeltà, di non allontanarsi senza preventiva autorizzazione, di non consegnare la rocca a chi è privo del contrassegno. Consegnerà, infine, con annotazione scritta, tutte le munizioni. I pagamenti verranno fatti nei tempi previsti. Nobili familiari nostro dilecto Francisco dela Capra. È stato qui da nuy Bernabò Spinola, lo quale, havendone domandato alcune cose, non gli li havemo voluto concedere per non confirmare Zenovesi in quella suspitione che hanno havuto fin al presente deli facti nostri: cioè che nuy havemo tenuto in la Preda Filippo Spinola et che, se havessimo voluto, luy ne seria ussito fuora. Et gli havemo dicto, finché questo facto della Preda non sia chiaro, non gli concederessimo quello ne domandava; siché se ne ritorna expedito, secondo intenderay, ma, pur frale altre havendone domandato, una 103r cosa, gli l'havimo concessa: cioè de rimovere lo castellano da Palavixino, per li modi che l'à tenuti da qui indreto, et in suo scontro gli havimo deputato Iohanne Iacomo da Cerreto, nostro subdito, del quale havimo chiara informatione, che l’è persona da bene, sufficiente et fidata. Siché volimo che, con l'alligatalittera, tu te transferischi da quello castellano, che gli è de presenti. Et con lo contrasigno che te mandamo per Marcholo da Homa, nostro cavallaro, presente portatore, al quale castellano scrivemo, che per alcune cose havimo ad exequire dal canto dellà, te debbia consignare la dicta rocha, et tu vedi che, con quelli tali a chi specta, che ad esso castellano sia satisfacto de quello che deve havere, overo che l’habbia tale promessa, che sia securo de havere lo facto suo como è iusto et rasonevele. Siché vedi de havere in ti la rocha supradicta et, havuto che l’haveray, metterane in possessione lo dicto Zohanne Iacomo, dandogli primalo debito sacramento, che la tenga a nome et fidelità nostra; et che delì non se parta senza nostra expressalicentia et non consigni essa rocha ad homo che viva, senza nostro contrasigno, lo quale volimo che tu debbi fare cum luy, et una parte gli lassaray et l'altra mandaray in mano de Cicho, nostro secretario, per lo cavallaro predicto, consignando al dicto castellano in scriptis tucte le monitione che sonno in la rocha, et manchandogli cosa alcuna, provedegli como ti pare che stia bene. Credimo che tu habbi bene inteso che quello castellano presente habbia tenuti cativi 103v modi et se habia male governato, la qual cosa è proceduta solamente per li tristi deportamenti che gli sonno stati et per non havere havuto li debiti pagamenti, como è rasonevele. Et adciochè per necessità alcuna dicto Zohanne Iacomo non habbia da fare como ha facto lo castellano predicto che tucto ha facto per extrema necessità et bisogno, volimo che tu pigli bona et sufficiente securtà da quelli che sonno tenuti a questo pagamento, videlicet che promettano de pagare esso castellano alli tempi debiti et ordinati perché non habia casone incorrere in alchuno inconveniente, la quale premessa et cautione vedi de havere in Tortona, como ne ha offerto lo supradicto Bernabò, et se per caso non se potesse haver lì, fa’ che ne advisi subito perché se possa providere ad quanto serà bisogno. Et questa spesa del castellano volimo che se paga del’intrata de quella Valle et de quello loco, et dello resto volimo che sia resposto alli figlioli del quondam Leonello Spinola et alli altri che gli hanno a fare. Siché andaray là et vedi de intendere quelle cose molto bene et al tucto provederay per forma che nuy non ne habiamo più affano; et advisano como haveray facto per lo dicto cavallaro. Data Mediolani, die ultimo marcii 1452. Persanctes. Cichus. 333 Francesco Sforza ad Assorino di Montacuto di Frascarolo 1452 marzo 31, Milano. Francesco Sforza ordina ad Assorino di Montacuto di Frascarolo, castellano di Pallavicino, di consegnare quella rocca con le munizioni che vi sono al famiglio ducale Francesco Capra, che manda con il contrassegno. 104r Assorino de Monteacuto de Frascarolo, castellano Palavisini. Per alcune cose che havimo ad exequire dal canto delà, volimo che, havuta questa, debbi consignare a Francisco Capra, nostro familio, quella rocha de Palavixino, et per luy te mandiamo lo contrasigno che havimo con ti. Nuy havimo scripto al dicto che de quello tu resti havere del tuo pagamento, ti faza satisfare da quelli a chi specta o che ti faza fare tale promessa che sii securo del facto tuo; siché non lassare per questo che subito consigni essa rocha al dicto Francisco con le monitione che li sonno. Data Mediolani, ultimo marcii 1452. Persanctes. Cichus. 334 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 marzo 31, Milano. Francesco Sforza assicura il fratello Corrado da Fogliano, luogotenente di Alessandria, di aver dato a voce risposta al suo cancelliere alle rischieste fattegli, ma egli si è detto dubbioso di poter riferire bene ogni cosa, motivo per cui gli pare conveniente, per una migliore reciproca comprensione, che Corrado vada da lui. Magnifico germano nostro carissimo Conrado de Foliano, locumtenente Alexandrie. El tuo cancillero ne ha facto alcune rechieste per parte toa, et havendoli nuy facto la risposta a boccha, ne ha risposto che non se confida bene saperti dare ad intendere quanto gli havimo dicto. Il perché, ad ciò possiamo meglio intendere l’animo tuo, et tu il nostro, a nuy pareria che tu venisse fina qui da nuy. Et cussì restiamo contenti che tu ce venga. Data Mediolani, die ultimo marcii 1452. Ser Iacobus. Iohannes. 335 Francesco Sforza al podestà, al comune e agli uomini di Fregarolo 1452 marzo 31, Milano. Francesco Sforza comunica al podestà, al comune e agli uomini di Fregarolo che invia lì Niccolò Campanaro e al podestà ordina di consegnargli il quadernetto che ha lasciato Niccolò da Palude perché possa eseguire nell’Alessandrino quanto gli ha imposto. Gli sia assegnata, alle stesse condizioni, l’abitazione già avuta dal precedente Niccolò. 104v Potestati, communi et hominibus Fregaroli. Acioché il nobile Nicolò Campanaro possa exequire quanto gli havimo comesso là in Alexandrina, volemo et commandiamo a te, potestà, che gli debi assignare el quaternetto el quale te halassato Nicolò da Palude. Ulterius volemo et vi commectimo che, ogni exceptione remota, debiati havere assignatala cassa nela quale habitava dicto Nicolò da Palude al prelibato Nicolò Campanaro eo modo et forma che la teneva esso Nicolò da Palude. Mediolani, ultimo martii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 336 Francesco Sforza comanda a Battista de Burgo 1452 aprile 1, Milano. Francesco Sforza comanda a Battista de Burgo, commissario sopra gli alloggiamenti nel Novarese, di trovare, negli alloggiamenti che ha da quelle parti, la sistemazione dei quarantatre cavalli che il condottiero ducale Francesco Sanseverino ha avuto. Egregio viro domino Baptiste de Burgo, dilecto commissario nostro super allogiamentis Novariensibus. Lo spectabile nostro conductero Francisco da San Severino ne ha dicto che luy de presente ha havuti quarantatri cavalli, il perché volimo che in li soi allogiamenti ch’el ha dal canto delà vedati per quello modo et via che ve pare de compartirli et metterglili dicti 43 cavalli vivi, ali quali non volemo che gli sia dato altro se non stancie, cioè coperto de strame. Mediolani, primo aprilis 1452. Persanctes. Iohannes. 337 Francesco Sforza dice a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 aprile 1, Milano. Francesco Sforza dice a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono d’aver inteso dallaloro lettera quanto si è fatto dopo l’arrivo di Andrea sia per quanto riguarda i denari che circale altre cose. Aspetta il ritorno di Andrea per avere notizie più chiare e dettagliate e potere così dir loro cosa devono fare. Angelo Acciaioli è stato da lui con i capitoli della lega con Carlo VII, dei quali invierà loro una copia perché siano noti al doge e alla comunità genovese. 105r Spectabili doctori et egregio dilectis nostris domino Iohanni de Alexandria et Antonio Guidobono. Havimo recevuta vostralittera de dì xxx del passato et inteso quanto havite scripto de quanto havite seguito là da poi la venuta là de ser Andrea, tanto circa el facto deli denari, quanto dele altre cose ve habiamo scripto. Dicemo che non replicarimo altro per questa, perché expectarimo ser Andrea per intendere daluy le cose più chiaramente et particularmente, poi ve scriverimo el parere nostro de quanto haverite ad exequire. Solo ve advisamo como qua è venuto miser Angelo Azaioli, como simo certi haverite inteso, cum li capituli dela liga facta cum lo serenissimo re de Franza. Subito mandarimo là uno nostro cum la copia d’essi capituli, perché lo illustre signor duxe et quella magnifica comunità sia(no) advisati dele nove occorrono quanto noi stessi. Nuy non dicemo più oltra, si non che, per quello mandarimo la copia de capituli, responderimo ad ogni cosa. Mediolani, primo aprilis 1452. Persanctes. Cichus. 338 Francesco Sforza dice a Corrado da Fogliano 1452 aprile 1, Milano. Francesco Sforza dice a Corrado da Fogliano che, anziché da solo, approfitti di recarsi da lui, accompagnandosi con l’ambasceria del Re di Tunisi, che partirà da Genova per andare da lui. Domino Conrado de Foliano. Benché noy te habiamo scripto che siamo contenti et a noi para che tu vegni da noi, pur havendo noi per notitia che lunedì proximo ad venire l'ambassaria del re de Tunisi se partirà da Zenova, a noy è parso meglio et volimo che tu l'aspecti et li fazi compagnia et le carezi et honori, como per altre nostre te havimo scripto, et venirai qua cum sì de compagnia. Mediolani, primo aprilis 1452. Ser Iacobus. Cichus. 339 Francesco Sforza comunica a Rainaldo Dresnay 1452 aprile 1, Milano. Francesco Sforza comunica a Rainaldo Dresnay, governatore di Asti, che, di ritorno dal re di Francia, Angelo Acciaioli, oratore fiorentino, gli ha comunicato di aver concluso con il Re una salda lega. Ricorda al Dresnay le molteplici lettere con cui lo sollecitava a testimoniare la devozione del duca alla maestà regia; oggi, in virtù della costituita lega, si dichiara pronto a tutto ciò che può giovare allo stato del Re di Francia. 105v Magnifico tanquam fratri et amico nostro carissimo domino Raynaldo de Drasnay, gubernatori Ast, et cetera. Regressus a serenissimo et christianissimo principe domino Francorum rege, spectabilis aules dominus Angelus Aciaiolus, orator excelse comunitatis Florentie, qui, eius nomine et nostro, conclusit et sigillavit cum eadem serenissima mayestate regia validam, sinceram et inviolabilem ligam et intelligentiam, inter alia memoratu digna que nobis exposuit, significavit etiam abundantissime quanta dilectione, benivolentia et caritate prefatam excelsam comunitatem Florentie et nos statusque nostros prosequatur et quam iocunde et libenter ad tractatum et conclusionem dicte lige et intelligentie devenerit. Quod unum adeo gratum nobis fuit et voluptuose intelleximus ut nihil vel gratius, vel iocundius, vel cum maiori voluptate audire potuissemus, atque ut idipsum effectualiter declaremus, ordinavimus quod uibque (a) locorum tam prefate comunitatis quam nostris die dominica pasce resurrectionis exinde fiat et celebretur illa sollemnis exultatio, letitia et gaudium, que iure merito pro tanta re fieri debet et convenit. Sed hec hactenus meminimus alias magnificentie vestre litteras quamplures dedisse et animum ac dispositionem simul et affectionem et reverentiam nostram erga mayestatem regiam edocuisse; et quanquam antea sepe obtulerimus nos paratos ad omnia, que honorem, commodum, amplitudinem et gloriam status regie mayestatis in partibus citerioribus prospicerent cupidique essemus quod nos in opportunitatibus vestris requiretis, nunc eo promptiores et animati magis sumus pro celebrata huiusmodi liga et 106r intelligentia, et propterea magnificentiam vestram hortamur et rogamus ut quibuscunque in rebus statui prefati serenissimi domini regis prodesse poterimus opera nostra confidentissime uti velit, quippe qui rerum serenissime regie mayestatis sue non minorem curam capiemus quam nostrarum et quidem earum, que cariores et importantiores nobis sint, ad eius beneplacita queque ex animo parati. Data Mediolani, die primo aprilis 1452. Irius. Cichus. (a) Così A. 340 Francesco Sforza a Giacomo Scrovegni 1452 marzo 31, Milano. Francesco Sforza redarguisce Giacomo Scrovegni di Padova, podestà di Novara, per l’ordinanza fatta agli uomini di Battista dal Borgo, incaricati della riscossione della tassa del carriaggio, di non molestare i cittadini di Novara perché non sono tenuti a tale pagamento. Deve tenere presente che nessuno è esentato né dalla tassa dei cavalli né da quella del carriaggio. Non intralci più tale versamento. Nobili viro Iacob Scrovigno de Padua, potestati Novarie nostro dilecto. Havimo veduto uno commandamento che tu hay facto ad quelli messi de domino Baptista dal Borgo, quali vano rescodendo li denari del carregio, che non debiano molestare alcuni citadini de Novaria, allegando ti che sonno citadini de Novara et che per questo non deneno pagare, della qualcosa ne siamo grandemente maravegliati et non sapiamo per quale casone tu l’habi facto, perché al facto de questo carregio et de taxa de soldati non è preservata persona alcuna exempta, anzi volemo che ogni persona per la ratta parte soa contribuisca alla dicta spesa. Et perhò hay facto malissimo ad devetare che non se scodali denari del carregio, et donde tu doveresti adiutare et favorire iuxta posse che dicti denari se rescodesseno presto per potersene adiutare alli nostri bisogni, fay tucto il contrario, che non te poteressimo dire quanto despiacere ne habiamo havuto. 106v Et pertanto volemo et commandiamoti che tu non te debbi per alcuno modo impazare più a dare impedimento al rescotere delli dicti denari, anzi dargli ogni adiuto et favore opportuno, siché prestissimo siano rescossi, como è informato ad pieno dicto domino Baptista, certificandote che nostra intentione è che alla dicta spesa non sia preservata persona alcuna exempte, anzi volemo che ogniuno contribuischa per la ratta parte soa. Data Mediolani, ultimo marcii 1452. Zanninus. Iohannes. 341 Francesco Sforza informa Battista de Burgo (1452 marzo 31, Milano). Francesco Sforza informa Battista de Burgo, commissario di Oleggio e sopra gli alloggiamenti nel Novarese, di aver rimproverato il podestà di Novara per il suo intervento contro la riscossione in Novara della tassa del carriaggio per i lavori del castello di porta Zobia per la quale deve prestare ogni suo aiuto per il pronto pagamento. Egregio doctori domino Baptiste de Burgo, commissario Olegii ac super allogiamentis Novariensibus nostro dilecto. Respondendo alla toalittera continente ch’el nostro podestà de Novara non lassa scodere li denari del carregio per lo lavorerio del castello nostro de porta Zobbia, dicemo che molto ne maravigliamo delli modi serva dicto potestate ad non lassare scodere dicti denari, né sapiamo perché elIo s’eI faza, al quale per l'alligata scrivemo et commandamogli che non se ne debbia impazare per niente, anzi debia prestare et dare ogni adiuto et favore opportuno perché dicti denari siano rescossi presto et che d’essi se ne possiamo adiutare alli nostri bisogni, como per altre nostre te havimo scripto. Siché vogli solicitare che dicti denari siano rescossi prestissimamente et dati ad chi te havemo scripto et ordinato. Et in questo non perdere tempo veruno per quanto hay ad caro la gratia nostra. Data Mediolani, ut supra. Zanninus. Iohannes. 342 Francesco Sforza ordina a Mosè di Tortona 1452 marzo 31, Milano. Francesco Sforza ordina a Mosè, ebreo di Tortona, di consegnare, dopo essere stato debitamente saldato, a Bartolomeo Quarteri, o a un suo messo, tutte le robe avute in pegno da Pietro Ungaro. Se per qualche legittimo motivo ritenesse di dover rifiutarne la consegna, trattenga tutto presso di sé. Da persona degna di fede sa che egli ha diciotto braccia di alessandrino, anziché nove, come Mosè sostiene: vuole che ne dia diciotto braccia. Nel caso Bartolomeo non le volesse, le conservi presso di sé. 107r Dilecto nostro Moysi hebreo in Terdona. Nostra intentione è, et cossì te commettiamo et volimo, che al strenuo misser Bartholomeo di Quarterii, cavallero nostro conducterio, overo a qualunque suo messo, faci dare et consignare liberamente tucte le robbe che forono de misser Pedro Ungaro, quale tu hay in pegno, pagandote luy (a) quelli denari che dei havere sopra le dicte robbe. Et quando per qualche respecto non te paresse de dargliIe, te commandiamo che le debbi retenire presso de ti et non darle ad alcuna persona senza nostralicentia. Et perché intendiamo che tu dici non havere se non braza nove de Alexandrino, et nuy siamo advisati da persona fidedegna quale el sa che tu ne hay deceotto braza, volemo che tu glilo daghi tucto, cioè li dicti deceotto braza, et in questo non sia manchamento nì exceptione alcuna. Se etiandio dicto domino Bartholomeo non le volesse, retenele presso de ti et non le dà senza nostralicentia. Data Mediolani, die xxxi marcii 1452. Irius. Iohannes. (a) luy in interlinea. 343 Francesco Sforza comunica al capitano del divieto di Novara 1452 aprile 1, Milano. Francesco Sforza comunica al capitano del divieto di Novara di aver assegnato ai fratelli Sanseverino Francesco, Americo e Bernabò, condottieri ducali, i denari di cui sono debitori i comuni e gli uomini indicati nell’acclusa nota per soddisfare i detti fratelli delle dodicimilalire, già loro accordati sull’“interciamento” dei dazi e dell’addizione del sale della città. Intervenga prontamente con i debitori delle località di Lanzalotto Visconti, del conte Filippo Borromeo, di Zanardo Tromello e di Tommaso Caccia e con gli altri in modo che i citati fratelli abbiano a metà mese il dovuto. Se si fosse fatto qualche documentato pagamento, lo convalidi. Dilecto nostro capitaneo devetus Novarie. Havimo assignati alli magnifici Francisco, Americho et Bernabò, fratelli de Sancto Severino, nostri conducterii, li denari delli quali restano debitori del sale del’anno passato li communi et homini descripti nella introclusa, et questi tali denari se deno aloro fratelli compensare sopra il suo resto dellaloro assignatione, altra volta facta ad Novaria de dodeci mille libre de imperiali sopralo interciamento delli dacii et additione de sale della dicta città. Pertanto volimo et carricamote strictamente che faci con ogni celerità tale executione et opera contrali dicti debitori, 107v intendendo cossì delle terre et lochi et homini delli magnifici domini Lanzaloto Vesconte et conte Filippo Bonromeo et domino Zanardo Tromello et domino Thomasio Cazia in quello vescovado, como li altri, siché li dicti fratelli possano consequire et havere essi tali denari a mezo il mese presente per poterse mettere in puncto. Et in questo fa non intervengha fallo alcuno se desyderi fare cosa ne piace, et se gli fosse facto alcuno pagamento soprala quantitate della dictalista introclusa che apparisse per scripti opportuni, faglila bona. Data Mediolani, primo aprilis 1452. Cancellarius domini Mathei de Pisauro. Iohannes. 344 Francesco Sforza vuole che il podestà di Trecate 1452 aprile 2, Milano. Francesco Sforza vuole che il podestà di Trecate s’informi circa il fatto per cui Giorgino da Piemonte tiene prigioniero il suo famiglio Giovanni Bianco e lo ragguagli di quanto scoprirà, senza prendere alcun provvedimento nei riguardi di Giovanni Bianco prima di una risposta ducale. Dilecto nostro potestati Tercate. Giorgino de Piemonte ne ha dicto che hay impresone uno Zohanne Biancho, suo familio, per certa imputatione gli è stata facta. Pertanto volimo che, subito recevuta questa, te informi diligentemente como sta questo facto, et poy de tucto quello trovaray in questo ne advisi chiaramente, etiam de quello te parirà merita dicto Zohanne Biancho. Et contraluy non procederay altramente, malo teneray cossì finché haveray resposta da nuy. Data Mediolani, die ii aprilis 1452. Marchus. Cichus. 345 1452 aprile 4, Milano. Francesco Sforza promette all’ignoto corrispondente di fargli avere in estate notizie che gli piaceranno; si dichiara disponibile a fare per Carlo VII e per re Renato qualunque cosa che sia loro grata. 109r (a) et quanto haveti facto in nostro favore et beneficio, del che, dato che a nuy non sia cosa nova, summamente ve rengratiamo, confortandove, benché siamo certi non bisogne, ad perseverare et fare lo simile in lo advenire, che haveti facto per lo passato, como è la nostra ferma fede et speranza in vuy, perché tucto quello ne haveti facto et fareti in nostro beneficio poreti dire farlo per vuy medesmo. Nuy in questa estade speramo de fare de qua in modo che ve farimo sentire delle novelle che ve piacerano, et ne sereti ben contenti. Perhò non dicemo altro se non che quando vedeti che possamo fare cosa che (b) grata sia alla mayestà del Re de Franza et del re Renato et cossì a vuy, advisatine ch’el farimo de bona voglia. Data Mediolani, die iiii aprilis 1452. Persanctes. Cichus. (a) Il testo della missiva è incompleto perché la carta 108 manca. (b) che in interlinea. 346 Francesco Sforza scrive a Uberto da Briona 1452 aprile 4, Milano. Francesco Sforza scrive a Uberto da Briona, abbate del monastero di Sant’Antonio di Vienne, che l’oratore fiorentino Angelo Acciaioli gli ha fatto rilevare, a nome dell’abbate,di gradire che lui imiti Filippo Maria Visconti e i suoi predecessori, soliti ogni anno visitare la casa del beato Antonio vienense. Il duca si dice non alieno dal volere pure lui adempiere tale rito, ma è stato impossibilitato a farlo; spera di poter presto compiere tale dovere, tenuto anche conto della sua devozione per il beato Antonio. Reverendo in Chrysto patri et domino amico nostro carissimo domino Uberto de Brione, abbati monasterii Sancti Antonii Vienensis. Rediens huc magnificus et insignis eques dominus Angelus Azaiolus, civis et orator Florentinus, nomine paternitatis vestre retulit nobis quod illustrissimus quondam Filippus Maria, dux Mediolani, pater noster honorandissimus, ac predecessores sui, singulo anno assueverant istuc transmittere visitatum sacratissimam domum illam beatissimi Antonii Vienensis, dicens ut huiusmodi morem immittari velimus. Nos profecto, qui morem ipsum non alienum ab officio nostro putamus, id egissemus nisi fortassis presens temporum varietas et nova huius dominii adeptio impedisset. Quamobrem paternitatem vestram, qua possumus caritate rogamus, ut excusationem hanc nostram accipiat. Nos autem speramus, ac prope confidimus 109v res nostras eo pacto succedere, quo poterimus debitum nostrum persolvere. Et ultro magis prompti erimus ad id omne, quod domi ipsi ac toti religioni eius conducere arbitrabimur et lubentissime faciemus cum eidem beatissimo Antonio singulari observantia ac devotione afficiamur. Data Mediolani, die iiii aprilis 1452. Persanctes. Cichus. 347 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 aprile 4, Milano. Francesco Sforza informa il famigliare ducale Ludovico da Bologna di avere scritto al podestà di Tortona per indurre la comunità tortonese a soddisfare il Colleoni o i suoi compagni delle tasse che ancora aloro spettano, disattendendo la fraudolenta convenzione del fuggiasco Lancilotto di Parma. E, sempre d’intesa con il podestà, Ludovico attui il compartito di Giorgio de Nono oltre ad eseguire l’addizione da lui fatta. Renda, infine, esecutiva la sentenza di suo fratello Corrado e di Giovanni Francesco del Mangano contro la comunità di Tortona. Nobili familiari nostro Ludovico de Bononia. Scrivemo al podestà di quella città nostra de Terdona che debbia stringere quella comunità a fare la debita satisfactione al magnifico Bartholomeo Coglione o alli suoy compagni de tucto quello gli resta a dare per casone delle taxe, non attendendo alla conventione quale fece Lanzalotto da Parma, quale fu fraudolenta et iniqua per rispecto che intendeva fugirsene. Pertanto vogliamo che tu, havendo intelligentia sopra ciò con esso potestate, faci ch’esso magnifico Bartholomeo o suoy compagni siano integramente satisfacti per modo che più non habiamo ad replicare più littere. Similmente intendendote con dicto potestate faray senza alcuna exceptione exequire il compartito facto per Zorzo de Nono et etiandio l'additione facta per ti, siché da essi compagni non habiamo ad sentire novi reclami. Ceterum, vogliamo similmente che faci exequire la sententia data per il magnifico 110r Conrado, nostro fratello, et per misser Zohanne Francisco del Mangano contra essa comunità, in che faray non gli intervengha alcuna exceptione. Data Mediolani, die iiii aprilis 1452. Bonifacius. Iohannes. 348 Francesco Sforza al podestà di Tortona 1452 2 aprile, Milano. Francesco Sforza comanda al podestà di Tortona di non dilazionare oltre il pagamento del Colleone o dei suoi compagni per quel tanto di tasse che sono loro ancora dovute. Vuole che abbia effetto il compartito degli alloggiamenti fatto da Giorgio de Nono e sia attuata l’addizione fatta da Ludovico da Bologna. Nobili viro potestati Terdone nostro carissimo. Altre volte scripsemo a quella nostra comunità che dovesse satisfare al magnifico Bartholomeo Coglione o alli suoy compagni de tucto quello gli resta a dare per casone delle taxe, nonobstante la conventione facta d’essi denari per Lanzalotto da Parma, suo cancillero, quale da ogni lato fo iniqua et falsa per rispecto che se intendeva fugire, como ha facto. Et perché intendiamo essa comunità fin a mò essere stata renitente a fare la dicta satisfactione integramente, et nostra intentione non è che dicta conventione facta per esso Lanzalotto debia valere, perché fo facta fraudolentamente, ti commectiamo et volimo che debbi stringere essa predicta communità a fare il suo devere integramente de tucto quello restavano a dare per la casone predicta, primala dicta conventione falsa, facendo circa ciò per modo che più non ti habiamo ad replicare. Ceterum, perché intendiamo essa dicta communità non exequire nel facto deli allozamenti secondo che fu facto il compartito per il circonspecto Zorzo de Nono et l'additione facta per Ludovico da Bologna, ti dicemo che nostra intentione è che dicto compartito et dicta additione siano exequiti; et perhò ti commettiamo che li faci servare et exequire senza alcuna exceptione, 110v intendote sopra ciò con esso Ludovico per modo et forma che esso magnifico Bartholomeo né li suoi compagni non habiano ad reclamare più. Data Mediolani, die iiii aprilis 1452. Bonifacius. Iohannes. 349 Francesco Sforza a Francesco della Capra 1452 aprile 4, Milano. Francesco Sforza loda il famigliare Francesco della Capra per i suggerimenti che gli dà. Ma intende soffermarsi sulla sua insistita richiesta di denaro, dal momento che sa bene di quale penuria di denaro il duca soffra e quanti pagamenti ha da fare. Si ricordi delle tasse di cui, proprio lui, Francesco, beneficia per i ventiquattro cavalli. Per quel che riguarda i fanti, dirà a Giovanni dalla Noce di far restare i suoi. Bernabò è ritornato ben soddisfatto, e sono pure ritornati quelli di Giovanni Filippo e, grazie a loro, si eviterà che le vettovaglie vadano alla Preda. Se Michele Verro arriverà con gli ambasciatori del re di Tunisi, avrà buona accoglienza. Avverte Francesco che gli fa avere la lettera di passo per Giorgio Spinola. Nobili familiari nostro dilecto Francisco della Capra. Havimo recevuto molte toe littere continente più parte, et intesi li accordi et li advisi quali tu ne day cum singulare diligentia et vigilantia, molto te ne commendiamo. Ma perché in ogni toalittera tu ne rechiedi per la principale cosa succurso ed adiuto de dinari, allegando tu non gli potere più stare, ne è parso pur responderte una volta in questa materia, et dicimo cossì che, siando tu quello che te reputiamo, non ne pare che tu ne dovesti tanto infestare de questo, conoscendo tu la penuria havemo del denaro et li spazamenti havimo a fare; et voressimo che tu te ricordasse qualche fiata delle taxe che tu hay per vintiquattro cavalli, che è pur qualche cosa. Et questo dicimo, non perché non te vogliamo sustentare et mantenire volontera, ma perché tu te soferisse uno pocho et (a) adaptati al tempo. Alla parte deli fanti, noy farimo dire a misser Iohanne della Nuce che faza,che facia restare li suoy, et cussì credimo farà. Bernabò è ritornato in là informato et spazato bene de quanto bisogna. Quelli del magnifico domino Iohanne Filippo sonno etiandio ritornati là, per la ritornata delli quali se provederà che victualie non andarano alla Preda, et cetera. Se Michele 111r Verro venirà qua cum li ambassatori del re de Tunesi, como tu ne scrivi, gli farimo fare bona recoglientia segondo il tuo ricordo. Te mandiamo ultra ciò lalittera de passo per misser Zorzo Spinola. Misser Zohanne della Noce scrive per le alligate alli suoy che omnimo stiano, et cossì credimo farà. Tu, autem, isto interim li poteray confortare et anche in quello che tu potray adiutare perché stiano fin ad tanto che gli provederimo, como è nostra intentione, et presto, et anche provederimo a ti, et non credere, per quanto havimo sopradicto, che nol vogliamo fare volontera, che certo il farimo. Siché attendi pur a quelle cose cum quella fede et diligentia che sey usato fare. Ex Mediolano, die iiii aprilis1452. Ser Iacobus. Cichus. (a) Segue te depennato. 350 Francesco Sforza al referendario di Alessandria 1452 aprile 4, Milano. Francesco Sforza, visto che dal rapporto inviato ai Maestri delle entrate ducali per gli scorsi mesi di febbraio e marzo entrate della città risultano entrate lire 2554,15,2 contro uscite 1992,7 con un avanzo attivo di 561,8,8 lire, ordina al referendario di Alessandria di fargli avere tale differenza che servirà per il bisogno comune. A tale cifra vuole si aggiunga la provvigione salariale bimestrale del luogotenente, precisando che tale requisizione è solo temporanea perché a breve detto salario sarà restituito. Prudenti viro referendario nostro Alexandrie. Per la lista del'intrata et spesa de quella nostra città deli mesi de febraio et martio proximi passati, inclusa in le tue littere scripte alli Maestri del'intrate nostre, intendiamo essa intrata montare libre ii mila vliii, soldi xv et dinari ii et la spesalibre mvcccclxxxxii et soldi vii, detracte libre cccxx, quali scrive haver pigliato el nostro locotenente lì per la sua provisione delli dicti dui mesi, siché el resto della dicta intrata sarialibre vlxi et soldi viii et denari viii. Pertanto disponendo nui ad interesse in lo nostro bisogno de questo resto, volimo li mandi qui per persona fidata a nostre 111v spese interamente, remossa ogni exceptione et senza dilatione alcuna: in la qual cosa non intervenga fallo alcuno. Et perché nostra intentione è ch’el dicto locotenente ne subvenga delli denari della provisione sua de dicti dui mesi, insie(me) cum li altri nostri salariati, como al suo cancellero, per nostra parte è stato dicto qui, li quali, fra breve tempo, gli siranno restituiti. Volimo che strenghi li datiari del datio della merchantia ad exbursare d’essi denari, quali tu dici havergli pagati ad esso locotenente, et mandali qui, como havemo dicto de sopra, perché nostra intentione è de havere qui el predicto resto, nel quale se comprenhendeno li denari della dicta provisione. Et in questo non manchi per cosa del mundo, et advisane del’ordene haverai posto circha de ciò. Data Mediolani, die iiii aprilis 1452. Cichus. 351 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria 1452 aprile 6, Milano. Francesco Sforza dice a Giovanni da Alessandria di aver provato in tutte le maniere di liberare Gregorio Doria da Filippo Spinula, ma senza risultato. Proprio otto giorni prima ha mandato da Filippo il suo cancelliere Francesco da Lampugnano per perorare la causa di Gregorio. Filippo ha rivelato d’essere già in trattative per il suo rilascio con Pietro Spinola per seicento ducati, abbassati poi a cinquecento ducati. Tutto questo è il motivo per cui Pietro Spinola ha scritto a Genova che Filippo non avrebbe liberato Gregorio senza licenza del duca. Lo Sforza ordina a Giovanni di trovarsi con il doge e con i gentiluomini Doria per consiglio sul da farsi e, da parte sua, egli cercherà di far ridurre la somma richiesta per il riscatto. Quanto a lasciare la Pietra, Filippo non intende farlo ma garantisca di non offendere nessuno. Il duca aspetta il ritorno di Antonio Guidobono e di Andrea per avere ragguagli sulle postazioni dei banditi che minacciano le strade. Domini Iohanni de Alexandria, consiliaro, et cetera. Perché havimo continuamente studiato et procurato de cavare fora Gregorio de Auria delle mano de Filippo Spinula, el che non habiamo possuto, non è mancato né per bona voluntà, né per sollicitudine. Hogi sono octo zorni che mandassemo dal dicto Filippo Francisco dalampugnano, nostro cancellero, per dicta casone et facto dire al dicto Filippo quanto n’è parso bisognare et del bruscho e del dolze per laliberacione del dicto Gregorio, el quale ha resposto che l’era in praticha per mano de Petro Spinula de relaxare dicto Gregorio, quale dice essere de accordio de dargli seycento ducati per la dictaliberacione, ma che l'ha da poy dicto ad Pedro Spinula ch'el delibera conpiacere a nuy et darnelo per 500 ducati: et questa è la raxone che Petro Spinula scrisse lì ad Zenoa che Filippo non lo voleva relaxare senza nostralicentia. Siché 112r vogliati essere cum lo illustre signore duxe et cum quelli zentilhomini de Auria et advisarli de questo, et se in ciò havimo a fare più una cosa che un'altra, vederimo de operarne cum lo dicto Filippo de detrahere della dicta summa di 500 ducati quello ne sia possibile. Perché questo zentilhomo sialiberato, ne habiamo maiore voglia che non halui stesso che sta in presone, ch'el sialibero. Circha el facto della Preda, dicto Filippo ha resposto che delì non vole ucire, ma che vole dare ogni segurtà et cautione de non offendere ad veruno. Circhala parte di bandezati, quali offendeno le st(r)ade, segondo che per questa ultima de dì quatro del presente ne scriveti, dicimo che aspectiamo Antonio Guidobono et ser Andrea per havere informacione delle terre dove questi tali se reducono et per intendere quelle provixione et remedio sia qui opportuno de fare, et faremolo. Et perché che per molti che vengono delà ad noy è referito che, e per quelli de Auria, e per molti altri citadini continue s’è parlato et parla in carico nostro circha el facto de questa Preda, dicimo che ne pare che se sia parlato et se parla sempre del’impossibile circha questa cosa, perché la Preda non è loco da pigliare cum le parole, et a noy ne pare de havere facto, et in demostracione et in parole et in effecti, quanto ad noy è stato possibile, et ad impossibile nemo tenetur. Siché vogliati essere cum tutti quelli che hanno parlato de questa facenda, et se gli havimo a fare più una cosa che un'altra, che se mettino in loco nostro et ne avisano quello che li pare che noy habiamo a fare in questa materia, perché, purch’el sia factibile, noy siamo apparecchiati et promptissimi ad farlo, como havimo dicto sempre. Mediolani, vi aprilis 1452. Marchus. Cichus. 352 Francesco Sforza esprime a Carlo de Armagnac 1452 aprile 6, Milano. Francesco Sforza esprime a Carlo de Armagnac Visconti Recensagelli, governatore di Vercelli, di essere dispiaciuto per le lamentele da lui fatte nei riguardi di Angelello da Lavello, tanto più per averlo ammonito di comportarsi adeguatamente con i sudditi del Savoia. Domani o dopo Angelello si porterà a Rosasco e, accertato che sia avvenuto quanto il governatore recrimina, ordinerà la restituzione di ciò che è stato illegalmente sottratto. Lo Sforza, però, avverte il governatore a non credere a tutte le lagne, perché vi sono anche quelli che si lamentano perché si pretende da loro l’osservanza della legge. Gli chiede di ascoltare Angelello in merito ai cavalli a lui tolti e uccisi da quelli di Confientia. 112v Magnifico militi tanquam fratri et amico nostro carissimo domino Karolo de Armignaco Vicecomiti Recensagelli, et cetera, gubernatori Vercellarum. Havimo recevuto littere dala magnificentia vostra, et inteso per quelle de quanto ve agravate de Angelello de Lavello. A noy certamente rincresce, non mancho che a vuy, che luy o li suoy faciano cosa che ve rincrescha, che seria tucto contrala mente nostra. Et molto più ne rincresce che, siando luy monito da noy ch'el se porti modestamente et honorevolmente cum quelli del’illustrissimo signore duca de Savoya, nostro honorevole cusino, sia proceduto a veruno altro inconveniente, avisando la vostra magnificentia che havimo havuto da noy dicto Angelello et monitello che domane o l'altro sia a Rosascho, et trovando che li suoy habbiano commettuto quello ne scrive la magnificentia vostra, facia restituire ogni cosa integramente, et cossì siamo certissimi ch’el farà, confortando la vostra magnificentia che non voglia sempre credere ogni cosa ad quelli che se vengono alamentare delli nostri, perché havimo pur trovato alle fiate che quelli se vengono alamentare non hanno ragione, perché sonno de quelli voriano menare biave, sale et altre cose contra l'ordini nostri et in nostro preiudicio. Et siandoli prohibito et alle fiate proceduto contra de bona ragione, se vengono alamentare che gli fi facto torto e non, è perhò cossì, como s’è veduto et conosciuto per expresso de quelli che menavano le nave a Vercelli et non volevano pagare il datio contra il dovere, et cussì dicemo del’altri, li quali preterendo li ordini et facendo rechiesti al devere 113r se vengono alamentare. Ma sia como si voglia, nostra intentione è et volimo che quelli del prelibato illustrissimo (a) signore nostro cusino sempre siano reguardati dal canto nostro como li nostri proprii, et melio. Ceterum, confortiamo anchorala magnificentia vostra che voglia intendere la ragione del dicto Angelello, il quale domanda ragione de certi cavalli aluy tolti et morti da quelli de Confientia, et etiam d'alchuni suoy famigli robbati. Ex Mediolano, die vi aprilis 1452. Ser Iacobus. Cichus. (a) illustrissimo in interlinea. 353 Francesco Sforza a Cipriano de Mari 1452 aprile 6, Milano. Francesco Sforza si scusa con Cipriano de Mari in Genova di aver tardato a rispondergli e gli scrive solo ora per fargli cenno della ricevuta del suo scritto perché era in attesa di avere qualcuno dei suoi da Genova. Lo ringrazia delle informazioni comunicategli e lo sollecita a costantemente ragguagliarlo di quel che succedelì. Spectabili viro amico nostro carissimo Cipriano de Mari in Ianua. Habiamo recevuto una vostra littera, già sonno alcuni dì, de dì quindeci del mese passato, ala quale per fin ad hora non habiamo curato fare resposta, pur perché aspectavamo che qualche uno delli nostri, quali sonno lì in Zenoa, venissero qua da nui hora, vedendo che fin al dì presente non ce n’è venuto alcuno, vi scrivemo la presente solo ad effecto perché intendeati che habiamo recevuto essa vostralittera. De quanto ne haveti scripto et deli advisi che ne faciti delle cose agitate lì, ne commendiamo molto la diligentia et fede vostra et vi ne rengratiamo, et cossì delle proferte quale ne faciti, ve ne siamo tenuti et obligati. Confortiamove ad avisarne spese volte delle cose occorrerano in dies dal canto dellà, perché nuy l’haverirno gratissimo et acceptissimo. Et se dal canto nostro bisognasse fare una cosa più che un'altra, haverimo carissimo esserne advisati. Data Mediolani, die vi aprilis 1452. Bonifacius. Cichus. 354 Francesco Sforza al comune e agli uomini di Bosco 1452 aprile 5, Milano. Francesco Sforza chiede al comune e agli uomini di Bosco di informarlo del motivo per cui non osservano l’esenzione accordata a Cristoforo dal Bosco, suo uomo d’arme. 113v Fidelibus carissimis nostris communi et hominibus Boschi. Dilecti nostri, se lamenta Cristofano dal Boscho, nostro homo d'arme, non gle actendete la exemptione sua, del che ne pigliamo pur admiratione. Pertanto vi scrivimo et volemo indilate ne advisate dela cagione vi moveno ad non observare essa exemptione. Data Mediolani, die v aprilis 1452. Irius. Cichus. 355 Francesco Sforza a Nicola Campanaro 1452 aprile 6, Milano. Francesco Sforza comanda a Nicola Campanaro di osservare lalicenza data a Paino de Incisa, ben contento che prenda biada da Felizano e da Maso. Nobili viro Nicolao Campanaro dilecto nostro. Tu vederay unalicentia havemo facta ad domino Paino de Incisia. Pertanto te commettimo et volimo debbi observarglilaliberamente, senza alcuna contradictione como in essa se contene. Et volendo luy cavare questa biava de Felizzano et Maso, siamo contenti gli lalassi cavare et condure como piacerà aluy. Data Mediolani, die vi aprilis 1452. Zanectus. Iohannes. 356 Francesco Sforza a Filippo Fieschi 1452 aprile 8, Milano. Francesco Sforza chiede a Filippo Fieschi, conte di Lavagna, di mandare da lui Donino cui deve riferire alcune cose. Magnifico amico nostro carissimo Iohanni Filippo de Flischo, Lavanie comiti, et cetera. Magnifice amice noster carissime, per lo vostro messo havemo recevuto una vostralittera del secondo del presente mese, per la quale restamo advisati de molte cose, del che sommamente rengratiamo la vostra magnificentia, ala quale littera nuy non facimo per questa altra resposta se non che, et cussì vi confortiamo, ch’el vi piacia mandare per fin qui da nuy el vostro ser Donino col quale havemo ad conferire alcune cose. Mediolani, die viii aprilis 1452. Iohannes. Iohannes. 357 Francesco Sforza a Battista de Burgo 1452 aprile 8, Milano. Francesco Sforza ordina a Battista de Burgo, commissario sopra gli alloggiamenti nel Novarese, di indagare sul furto denunciatogli da Nicolosso Musso, cittadino di Savona che dice d’essere stato derubato tra Galliate e il Ticino di una balla di ferro filato e di sospettare che gli autori siano stati dei sodati. Si avvalga nelle ricerche del podestà di Galliate e di quelle persone che vorrà. Gli comunichi con un apposito messo quello che sarà riuscito a scoprire. 114r Egregio Novariensibus. doctori Baptiste de Burgo, commissario super allogiamentis È venuto da noy il nobile Nicoloxo Muxo, citadino de Savona, et dictone che per fin del mese de zenaro proximo passato gli fo tolta fra Galià et Texino una balla de ferro filato, la quale, secondo ha pur presentito, gli fo robbata et tolta per alcuni delli nostri soldati. Et perché deliberamo se trovi la veritate de questo facto, vogliamo tu debbi diligentemente et sutilmente inquirere et investigare como passò questo facto et li indicii che tu ritrovaray, et intenderate col podestà de Galià et cum ogne altra persona, che meglio te parerà, siché si trovi li malfactori in ogni modo, et de tucto quello haveray trovato circa questa facenda vogli particulariter, punctualiter advisarne del tucto, et prestissimo per proprio messo, perché non volimo vada più in longo. Data Mediolani, die viii aprilis MCCCCLII. Zanninus. Iohannes. 358 1452 aprile 10, Milano. A richiesta di Andrea Birago sono state scritte lettere in raccomandazione di Giacomo Beretta, nipote di Guglielmo de Marliano, carcerato per ordine del duca di Savoia, ai nominativi riportati. Die x aprilis 1452. Requirente Andrea de Birago scripte sunt recomendationis littere in forma mediocri pro Iacobo Bereta, nepote Gulielmi de Marliano, detento in carceribus iussu domini ducis Sabaudie, infrascriptis videlicet: illustrissimo domino duci Sabaudie; domino Iacobo dela Turre, canzelaro; domino Antonio Bolomeri, consiliaro; domino Iohanne de Campeyro; domino magistro Martino Leufante, proposito Lausonie, et cetera. 359 Francesco Sforza al podestà di Alessandria 1452 aprile 11, Milano. Francesco Sforza ordina al podestà di Alessandria di accordare una buona scorta al latore della presente lettera che deve andare ad Asti per cose di non poca importanza. 114v Egregio viro dilecto potestati nostro Alexandrie. El portatore dele presente debbe andare in Ast de nostra commissione per cose non de picola importantia, et perché desyderemo ch'el vada securo, volimo et te commetimo che tu gli daghi una bona compagnia, e tale ch’el conduca bene et securamente. Ex Mediolano, xi aprilis 1452. Ser Iacobus. Cichus. 360 Francesco Sforza vuole che il podestà di Alessandria 1452 aprile 13, Milano. Francesco Sforza vuole che il podestà di Alessandria dia ad Agostino, che deve portarsi in Francia per commissione di Angelo Acciaioli, ambasciatore fiorentino, un cavallaro di quella posta che lo accompagni fino ad Asti. Nobili dilecto nostro potestati Alexandrie Perché el spectabile domino Angelo Azayolo, ambassatore Fiorentino, manda Augustino, presente portatore, alle parte de Franza, pertanto volimo che, recevuta questa, gli daghi uno cavallaro de quella posta ch’el compagni fin in Ast. Data Mediolani, die xiii aprilis 1452. Marchus. Iohannes. 361 Francesco Sforza a Paolo Penzamato 1452 aprile 11, Milano. Francesco Sforza comanda a Paolo Penzamato, capitano dei distretti di Alessandria e di Tortona, di consentire che Biagino Beruto di Viguzzolo porti da Viguzzolo a Castenuovo Tortonese sessanta moggia di biada, avvertendo che la destinazione sia Castelnuovo e ne sia rispettato il quantitativo concordato. Nobili viro Paulo Penzamato, capitaneo districtuum Alexandrie et Terdone dilecto nostro. Tu vederay l'inclusalicentia quale havimo concessa ad Biasino Beruto, della nostra terra de Viguzolo, de potere condure da Viguzolo a Castelnovo de Terdonese moza sexanta de biava. Pertanto volimo che tu gli daghi el modo et la facultà che la dictalicentia habia effecto, havendo bona advertentia che non sia menato in più quantità, né altroe che in Castelnovo, 115r restituendo al dicto Biasino la dicta soalicentia, ch’el la possi usare per quanto se extende.Ex Mediolano, xi aprilis 1452. Ser Iacobus. Cichus. 362 Francesco Sforza ordina a Francesco Capra 1452 aprile 12, Milano. Francesco Sforza ordina a Francesco Capra di portarsi da lui, assicurandolo che il giorno dopo il suo arrivo sarà già di ritorno. Nobili familiari nostro dilecto Francisco dela Capra. Volimo, havuta questa, remossa ogne casone, tu vegni qui da nuy, avisandote che de uno dì tu giongerai qui, l'altro dì sequente te parteray per retornare pur là; siché vogli venire prestissimo. Data Mediolani, die xii aprilis 1452. Zanninus. Cichus. 363 Francesco Sforza ai membri di casa Doria 1452 aprile 12, Milano Francesco Sforza sostiene davanti ai membri della casa Doria le ragioni della difesa di quanto fatto per il riscatto di Gregorio Doria, trattenuto da Filippo Spinola alla Pietra, e cioè che i Doriani ritengono che lo Sforza tenga “la Petra” in funzione antigenovese. Da parte dei Doria si sostiene che il duca abbia favorito Filippo, ritenendolo suo raccomandato. Quanto alle pretese di Filippo su Genova, lo Sforza assicura che ha rifutato ogni incontro in tal senso. Per la liberazione di Gregorio ha fatto tutto il possibile, scrivendo più volte e mandando suoi uomini. Evitino che i comuni nemici riescano nel loro intento di mettere divisione tra lui e i sostenitori dei Doria. Nobilibus de domo Auria Ianue. Non se poria dire quanto molestamente portiamo che per lo generale de casa vostra non sia conosciuto la sincera fede et devotione nostra che portiamo ad essa, dala quale se reputiamo bene serviti et satisfacti in le cose nostre passate tucte, in forma se reputiamo havergii grandissima obligatione. Ma volendo intendere et consyderare le casone del malcontentamento vostro verso noy, le retroviamo tante lezere che, essendo vuy prudentissimi, como seti, ne maravigliamo assay debiati restare in questi suspecti et in questa malcontenteza. Vuy vi voleti pur persuadere che Filippo Spinola non haveria ardire de fare contra de quello stato et contra casa vostra se nuy gli volessimo non solo commandare ma pur scrivere de bono inchiostro, persuadendovi che sia nostro benivolo amico et intrinsecho et recommendato, et per lo simile non teneria Gregorio Doria, como tene. Sentimo pensati et exstimati che tegniamo la Petra 115v cossì per havere in mane da potere offendere Zenova et per haverla a nostra petitione. Maravigliamose quanto dire se potesse che nel peto delle prudentie vostre debiano cadere tali e tanti sospecti, maxime volendovi governare cum la rasone; voriamo ne sapesti dire in quale caso habiamo favorito o adiutato Filippo dappoi che se è oposto et contrafacto a quello stato et maxime dappoi habiamo obtenuto Milano; voriamo intendere como et da quale canto lo reputati nostro recommendato dalla havuta de Milano in qua, maxime havendo luy ogni soa speranza, adiuto et conforto da nostri inimici, como sapeti che ha, et havendo lui presso batuto, robbato et scosso nostri subditi, nostri famigli et della illustre nostra consorte, nostri correrii et cavallarii, et retenuto nostre littere; voriamo intendere quali sonno li favori, li officii, li beneficii che nuy diamo et faciamo ad vostri emuli, né Spinuli né altri, et in che forma se reduchano et passano per lo territorio nostro. Ma volendo recercharo il vero trovareti bene nuy haverli ad esso Filippo tolto le soe terre et castelle et state robbate et destruciate per le zente d'arme nostre, haverli caciato la madre et sorelle de casa et forsi contral'honestate se doveria servare alle donne, haverli impicato delli famigli et compagni et tagliato a peze, haverli posto taglia adosso la persona che may più non fecimo contra alcuno, havemoli mandato doe fiate zente d'arme delle nostre adosso per disfarlo e per havere la Preta et havemoli fornito le forteze delli vicini parenti per farli più guera et per stringerli più; intendevamo ancora de fare le bastite conveniente et opportune per havere dicta Preda, quantumque dal canto vostro siamo stati male adiutati et male (a) favoriti al’impresa, quali gli 116r haveti più aptitudine, haveti ancora che manco fare et manco da pensare che nuy né manco che ad nuy vi tocha et forsi più. Et per Dio cessivi il sospecto che habiamo opinione né ambitione ad quello stato: et circha ciò non volimo fare più excusatione. Sapiamo bene, se voreti fra vuy dirvi el vero, sapereti, intendereti et cognoscereti che per nuy non fa il dominio de Zenoa, né fine mò, per tempo alcuno, habiamo recerchato né recerchiamo, anzi de continuo lo habiamo refutato et denegato ogni audientia ad cui ne ha parlato, et quando pur ne havessemo qualche desyderio, non bisognaria mettessimo la nostra speranza in la Preda, nella quale non se potriano reducere, per quanto intendiamo li homini, non gli nasce cosa alcuna. Sapeti bene ce sonno delle cose pur assay che più vaglano et più meritano et con le quale se faria meglio l’impresa, unde ne pare vegnire ad conclusione et dire, vi pregamo et confortiamo vogliati vivere cum nuy a bona fede et cum sinceritate et prendere la bona fede nostra per quella che è et volerci artare et chiedere alle cose possibile et nelle cose impossibile non volerci imputare et darci caricho. Nuy deliberamo con casa vostra vivere realmente et con quella gratificarse et servire dove possiamo et guardarimosse inanzi molto bene ad non fare cosa che dignamente vi habiati a dolere de nuy, et quando dal canto nostro sia facto il dovere, et vuy non vogliati intendere et cognoscere la purità et la affectione nostra, certo ne rincrescerà et dolerà, pur farimo bene et se passarimo oltra al meglio se poterà et domandarimo Idio e li homini del mondo in testimonianza della nostra innocentia et bona fede, et ne bastarà ne l’animo nostro havere l’honestate, la rasone et l’equitate dal canto nostro, et poy dicha et parla che voglia maxime contra il 116v dovere, nuy non gli pensarimo più suxo. Non dichamo già che circhal'havere della Preda et lo liberare de Gregorio Doria, circha el che habiamo facto tucto el possibile, non vogliamo anchora fare, dire et operare quanto per vuy ne serà ricordato. Per lo relaxare de dicto Gregorio habiamo più volte scripto et più volte mandato delli nostri et del’altri, quantunque l'habiamo facto invito per sdegno havevamo contra dicto Filippo, parevane molto mal honesto fargli tante preghiere, offendendovi tuctavia como faceva, ma tucto habiamo butato da parte per compiacere ad casa vostra et interim offerimo de fare como a quella parerà pur la cosa sia factiva et possibile. Et per Dio non vogliate fare siché alli nostri communi inimici reusca il suo pravo et ini(mi)co pensiero de mettere divisione et errore fra vuy et nuy, li quali se sonno sempre sforzati et sforzano de fare per indirecto quello che non possono fare per directo. Delle cose pratichate per havere la Preda et Gregorio, Antonio Guidobono ve ne informarà ad pieno, quale è informatissimo. Per nostra satisfactione una fiata vi habiamo voluto exprimere l’animo nostro, et puoy della benivolentia et amicitia nostra fatine quello caso che vi piace. Nuy servaremo dal canto nostro l'honestate et lo debito della bona amititia, como fine ad mò reputiamo havere servato. Data Mediolani, die xii aprilis 1452. Bonifacius. Iohannes. (a) male in interlinea. 364 Francesco Sforza aGiovanni Chiappano 1452 aprile 13, Milano Francesco Sforza si compiace per quello che Giovanni Chiappano da Milano ha fatto ad Alessandria. Lo invita a completare quanto ancora ha in sospeso, per poi far ritorno da lui. 117r Nobili viro dilecto nostro Iohanni Giappano de Mediolano Alexandrie. Cito Iohanne, respondendo alla toalittera de viiii del presente delle cose che hay facto dal canto dellà, dicimo che del tucto ad compimento remanimo advisati et te commendiamo et laudamo de quanto hay exequito. Nuy non te dicimo altro se non che vogli spazarti presto de quelle cose dellà et venire via da nuy. Data Mediolani, die xiii aprilis 1452. Persanctes. Cichus. 365 Francesco Sforza a Bartolomeo Doria 1452 aprile 12, Milano Francesco Sforza scrive al genovese Bartolomeo Doria che, quantunque sappia che tra i suoi parenti vi siano degli scontenti nei riguardi suoi, convinti che il duca avrebbe potuto fare di più per havere Pietra e tirar fuori di là Gregorio Doria, suo cognato, mentre lui non ha tralasciato nulla di utile e necessario, come testifica nella lettera inviata alla casata Doria per fugare le preoccupazioni di quei dei Doria che credono a chi mal tollera l’amicizia che corre fra i Doria e il duca. Il duca chiede infine a Bartolomeo dall’oriente tre o quattro paviglioni tra i più belli. Bartholomeo de Auria, civi Ianue. Quantumque sapiamo che tucta casa vostra resti uno pocho malcontenta de nuy, parendoli non habiamo facto in tucto quello haveriamo potuto per havere la Preda et per havere Gregorio Doria, vostro cognato, fuora de presone, circha il che havemo facto quanto c’è stato arecordato essere utile et necessario, como vedereti per le excusatione nostre, quale facimo nella littera che nuy scriviamo ad tucta casa vostra, nondimeno extimandovi valere assay et essere prudentissimo, vogliamo credere, et siamo certissimi, che voy non haveti quella tale opinione de nuy che forsi ha el più del’altri de casa vostra, quali forsi più ligeramente se lassino alzare et imboltire da persone che non sonno ben contente che fra casa vostra et nuy resti benivolentia né amicitia, et al dreto se ne avederano più largamente. Et perhò vogliamo darvi ad intendere che nuy non siamo mutati de animo in alcuna cosa, anzi havimo la solita fede et speranza in vuy et vogliamovi darvi delli carichi et fatiche a modo usato, cum opinione ne possiati dare ad nuy ancora quando bisognareti dela opera nostra. 117v Il perché (a) hariamo caro, se haveti il modo, ne faresti vignire delle parte dello levante tre o quattro paveglioni delli mazori et più belli se faciano delà, quali volimo vengano ad nostro risigho et periculo, et del costo vi farimo satisfare ad ogni vostra petitione, ricordandovi che havimo più desyderio de havere dicti paveglioni de quelli delà che veruna altra cosa che sia. Et cum grande securtate vi dasimo questo caricho più tosto che a veruno altro, essendo certi fareti como sempre haveti facto cum noy. Et cossì vi confortiamo vogliati stare perseveranti nella solita devotione et benivolentia nostra perché cognoscereti non havere servito ad ingrato, offerendosi alli piaceri vostri apparechiati. Data Mediolani, die xii aprilis 1452. Zanninus. Iohannes. (a) Segue bisognareti depennato. 366 Francesco Sforza a Bartolomeo Visconti 1452 aprile 14, Milano. Francesco Sforza scrive a Bartolomeo Visconti, vescovo di Novara e consigliere ducale, che l’uomo d’arme ducale Sagramoro da Parma si lamenta di non aver ricevuto i denari della mezza tassa del sale, già riscossi dagli uomini di Vespolate e assegnati a lui. Provveda che entro il diciotto del mese in corso Sagramoro abbia quanto gli spetta. Reverendo in Christo patri domino Bartholomeo Vicecomiti, Dei gratia episcopo Novariensi, consiliario nostro dilectissimo. Como siamo certi de sapere la vostra paternità che li denari della meza taxa del sale delli homini del vostro loco da Vespolà sonno assignati al strenuo nostro homo d’arme Segramoro da Parma et luy se lamenta non potere ancora havere suo debito, quamvisdio el dice essere scosso el dinaro. Pertanto, adciochè esso Segramoro possa adiutarsi deli decti dinari et fare mettere inpuncto la soa compagnia, confortiamo la prefata paternità 118r che gli piacia ordinare et providere che tra il decimooctavo dì del presente mese li predicti dinari siano pagati al dicto Segramoro overo al suo cancillero secondo il suo assignamento. Data Mediolani, die xiiii aprilis 1452. Ioseph. Cichus. 367 Francesco Sforza al capitano del distretto di Novara 1452 aprile 14, Milano Francesco Sforza avverte il capitano del distretto di Novara che gli uomini della podestaria di Casilino sono restii, a causa di una vertenza fraloro, a pagare il bimestrale salario podestarile dovuto alla Camera ducale. Vuole che costringa gli uomini di Casilino, Gravozo, Arcamairano, Ponzana, Pisirengo e Fisrengo, a pagare al tesoriere ducale in Novarala quota spettante a ciascuna terra. Siccome gli uomini di Valcera non hanno versato alla Camera ducale il salario bimestrale del podestà, comanda al capitano di detenere, ovunque li trova, gli uomini di dettalocalità fin a quando non avranno regolarizzato tale contributo, così come avviene anche agli uomini di Oleggio, tenuti a tale esecuzione entro tre giorni. Nobili viro capitaneo nostro districtus Novarie. Como siamo avisati, pare che li homini della podestaria de Casilini siano difficili et renitenti a pagare alla Camera nostrali denari del salario de duy mesi del suo potestate da fire retenuto secondo l’ordine a tucti li altri officiali generalmente servato, perché tra essi homini vertisse differentia della contributione del dicto salario. Il perché non intendendo nuy patire sinistro alcuno de dicti denari per casone della predicta differentia, volemo che astrenzi li homini delle infrascripte terre, cioè Casalino, Gravozo, Archamayrano, Ponzana, Pisirengho et Fisirengho ad pagare et mandare al tesorero nostro in Novara, cadauna terra per la ratta soa, li denari del predicto salario de duy mesi per questa volta tanto, perché, decisa puoy che serà la dicta differentia, saperano li dicti homini quello haverano a fare. Et perché li homini da Valcera fin ad hora non hanno exbursato alla prefata Camera el salario de duy mesi del suo potestà, te commettiamo che in cadauno loco dove si ritrovarano alcuni d’essi homini, li faci destinire da non fire relaxati per fin haverano mandato al dicto thesaurerio 118v overo qui alli Maestri del'intrate nostre, li dicti denari, facendo fare cossì contrali predicti homini, como li altri che resteno debitori per la dicta casone, et maxime contra quelli da Olezo, tale executione, et cossì virile che fra tri dì (a), alla più longa, li dicti denari sieno pagati, et non expectando più littere sopra de ciò (b). Como faray subito advisane. Data Mediolani, die xiiii aprilis 1452. Cancellarius Magistrorum intratarum. Cichus. (a) dì in interlinea. (b) Segue per dicta caxone espunto. 368 Francesco Sforza al podestà di Castelnuovo Tortonese 1452 aprile 14, Milano Francesco Sforza ingiunge al podestà di Castelnuovo Tortonese di costringere il carrettiere di suo fratello Bosio, Pierino da Castelnuovo, andatosene via con la promessa di ritornare, a mantenere la parola, facendogli, altrimenti, restituire tutto quello che ha ricevuto da suo fratello, tenuto presente che non è questo il momento di abbandonare i propri patroni. Amico nostro carissimo potestati Castrinovi Terdonensis. Perché uno Perino de Castelnovo, quale è caratiero de Bosso, nostro fratello, è partito daluy et promessoli ritornare, et non è ritornato, et perché el dicto Perino è obligato al dicto Bosso, nostro fratello, como dal portatore della presente intenderay, pertanto te confortiamo che vogli astringere dicto Perino a ritornare con lo dicto Bosso, nostro fratello, altramente te confortiamo che gli faci restituire tucto quello ha havuto da esso Bosso, perché, havendosse ad ussire fuora alla campagna, non è tempo congruo ad lassare et abandonare li suoy patroni. Ex Mediolano, die xiiii aprilis 1452. Ser Iohannes de Ulesis. Cichus. 369 Francesco Sforza al podestà di Novara 1452 aprile 14, Milano Francesco Sforza ordina al podestà di Novara di fare consegnare a suo fratello Bosio, o a un suo messo, una giornea di velluto cremisi bordata d’argento, dal valore di circa cento ducati, impegnata dal fratello Giovanni Sforza per ducati trentasei presso l’ebreo di Novara, cui verrà dato il dovuto. 119r Egregio dilecto potestati nostro Novarie. Volemo che faci dare et consignare ad Boso, nostro fratello, o a qualunque suo mandato, una giornea de velluto cremosi borcato de argento de valuta cerca ducati cento, quale fo impignata per Iohanne Sforza, nostro fratello, per ducati 36 ad usura ad rasone de uno pighione per ducato, quale giornea ha el zudeo de Novaria, pagando el dicto Boso, o suo mandato, el vero debito del zudeo, quale giornea havemo donata al dicto Boso. Ex Mediolano, die xiiii aprilis 1452. Ser Iohannes de Ulesis. Cichus. 370 Francesco Sforza al podestà di Frecarolo 1452 aprile 12, Milano Francesco Sforza comanda al podestà di Frecarolo che, per un grosso bisogno dello stato per cui è necessario si facciano delle promesse, costringa gli uomini del comune a eleggere due dei loro migliori per l’entrata del prossimo anno. Ciò fatto, i due si portino sotto pena di cento ducati pro capite, entro tre giorni, dal Regolatore e dai Maestri delle entrate con il suddetto sindicato. La stessa cosa è stata ordinata ai podestà delle località in elenco. Potestati nostro Frecaroli. Per uno strecto bisogno et importante al stato nostro, el n’è necessario far fare qui alcune promesse. Il perché volemo et te conmandiamo che, havuta questa, strengi li homini del commune de quella nostra terra ad elegere immediate dui delli megliori deloro et ad farli fare pieno et ampIo sindicato de promectere et obligarse più al nome del dicto commune per fin alla summa dell’intrata della dicta terra per l'anno che viene, secondo che gle ordenaremo, overo a nostro nome (a) gle serrà ordinato, comandando poi ad essi dui che, fra tre dì proximi ad venire alla recevuta de questa, vengano qui dallo Regulatore et Maistri delle intrate nostre cum il dicto sindicato socto la pena de cento ducati per cadauno da fir applicati alla Camera nostra, et advisandone senza dimora della presentatione di questa et come haverai facto sopra de ciò. Data Mediolani, die xii aprilis 1452. Magistri intratarum. Cichus. In simili forma scriptum fuit infrascriptos (b): Potestati nostro Castri Spine, potestati nostro Viglevani, potestati nostro Novi, potestati nostro Burgi Mayneris, potestati nostro Olegii, potestati nostro Filizani, potestati nostro Basarutii potestati nostro Sallarum, potestati nostro Castellacii, potestati nostro Boschi, potestati nostro Viguzoli, potestati nostro Castri Arquati, potestati nostro Cassinarum, potestati nostro Quargnenti, potestati nostro Solerii, potestati nostro Ceredani, potestati nostro Burgi Sancti Donini. (a) a nostro nome in interlinea su per nostra parte depennato. (b) Così A. 371 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria 1452 aprile 15, Milano Francesco Sforza, in adempimento delle scritture e dei capitoli della lega fra il doge e la comunità di Genova con Firenze e con Milano, trasmette a Giovanni da Alessandria gli allegati instrumenti della ratifica fatta da alcuni collegati, aderenti e “recomandati”, avvisandolo che altrettanto si farà in futuro per quegli altri che in seguito ratificheranno. Curi che si dia riscontro della ricezione dei documenti. 119v Domino Iohanni de Alexandria. Per adempire le scripture et capituli della liga facta fralo illustre signor duxe et la magnifica comunità de Zenoa, per una parte, et la excelsa communità de Firenze et nuy, per l'altra, li mandamo alligati li instrumenti dela ratificatione facti per alcuni deli nostri colligati, adherenti et recomendati. Et cossì farimo per l'avenire deli altri che ratificarano, como vederiti per la copia inclusa, siché le presentareti et curareti che habiamo resposta dela receptione deli instrumenti et littere predicti. Mediolani, xv aprilis 1452. Marchus. Cichus. 372 Francesco Sforza ordina a Battista de Burgo 1452 aprile 15, Milano Francesco Sforza ordina a Battista de Burgo, commissario di Oleggio, che, siccome ha preso per suoi famigli Taraborello e Guglielmo da Montemoro, compagni dei Sanseverineschi, provveda alloggiamento per loro e faccia avere strame e frumento per dodici cavalli e altrettante bocche vive. Nobili doctori domino Baptiste de Burgo, commissario nostro Olegii. Havimo tolti per nostri famigli Taraborello et Guilielmo da Montemoro, quali forano compagni di Sanseverineschi. Pertanto volimo che gli provediati delogiamento in qualche locho ove vi parirà meglio et gli faciati respondere de strami et formenti per dodeci cavalli et dodece boche, como se fa alli altri per fin a tanto gli provederimo altroe. Data Mediolani, die xv aprilis 1452. Irius. Cichus. 373 Francesco Sforza a Luca Schiavo 1452 aprile 15, Milano. Francesco Sforza scrive a Luca Schiavo, conestabile dei fanti, di aver ricevuta la comunicazione dei fanti che ha assunto di nuovo e di quello che richiede. Gli fa sapere che lo asseconderebbe nelle sue richieste, ma le grandi spese che deve al presente affrontare non gli consentono di accontentarlo. Strenuo viro Luce Sclavo, peditum conestabili nostro dilecto. Havimo recevutala toalittera et inteso quanto ne scrivi delli fanti, che tu hay tolti mò novamente, et cossì de quello che tu ne recerchi al presente per subsidio delli dicti fanti et che te vogliamo acrescere la conducta toa, et cetera. Breviter respondendo te dicemo che nostra intentione è compiacerte in ogni cosa, ma consyderate le 120r spese grande che ne accadeno al presente, como tu poy bene consyderare per spazare tante migliara de persone che ne ritrovamo adesso, non possemo farte quello ne recerchi, perché volemo dare li denari et mantenire quelle gente che noy havemo. Ben te confortiamo a stare di bona voglia perché con lo tempo (a), et quando non haveremo da fare tanto quanto ne accade al presente, se sforzaremo farte delle cose che te seranno in piacere, et farimolo de megliore voglia che tu non lo recercharay per la fede et devotione toa verso noy et lo stato nostro. Data Mediolani die xv aprilis 1452. Zanninus. Iohannes. (a) Segue et quando depennato. 374 Francesco Sforza risponde a Giovanni Feruffini 1452 aprile 15, Milano. Francesco Sforza risponde a Giovanni Feruffini in merito alle accuse genovesi circa la lega fatta dai Fiorentini e dai Milanesi con il re di Francia contro Genova, chiarendo la posizione di Genova, come spiegato dal segretario ducale Antonio Guidobono e constatato dalla copia dei capitoli. La lega fu conclusa solo dopo le comunicazioni date dall’Acciaioli al doge. Quanto al fatto che detta lega sia stata fatta a danno di Genova, il duca fa presente la novità comunicata dal Ferruffini della restituzione della nave genovese, a confermare che la lega è stata fatta con l’intento di rafforzare l’intera coalizione. Circa la Pietra, il duca ribatte l’accusa che gli viene mossa di incapacità nel rimuovere da là Filippo Spinola, sostenendo d’aver fatto ogni tutto il possibile. Infine il duca sollecita Giovanni a convocare Francesco Bianco perché gli porti polvere, stagno e piombo promessi. Domino Iohanni de Ferrofinis apud Ianuam. Havemo recevuto tre vostre littere, l’una de dì x, l'altre de dì xi del presente, et bene inteso tucto quello ne scriveti, et primo, del sospecto preso lì a Zenova dellaliga facta per signori fiorentini et nuy con la mayestà del re de Franza, la quale ligha dicono essere facta in suo preiuditio et senza soa notitia, allegando il facto della nave presa, et cetera. Cossì havemo inteso quello ne scriveti che li citadini se lamentano che noy non vogliamo o non possiamo provedere al facto della Preda et cetera; similiter remanemo advisati de quello gli haveti dicto et risposto vuy al’una et l’altra parte, le quale resposte ne pareno prudentemente facte et ve ne commendiamo. Respondendo alla parte (a) della lamenta se falì della ligha de Franza dicendo etiam che 120v nuy habiamo facto questa ligha facendoge subiectione, et cetera, ve dicemo che nuy ne maravigliamo de questo, perché nuy non habiamo facto questa ligha con nissunaloro subiectione né in preiuditio de quella città, anzi l’habiamo facta ad fortificatione de tucta la ligha, como haverano inteso da Antonio Guidobono, nostro secretario, et veduto per la copia delli capituli ha portati. Né anche havemo facto questa ligha senza loro notitia et saputa, che sapeti bene advisassemo lo illustre signor duxe del’andata de misser Angelo Azaiolo in Franza et della commissione soa (b) in generale et in alcune spetialitate, de poy facta la ligha con quello illustre signor duxe et magnifica communità fu advisato lo dicto domino Angelo Azayolo delli capituli della dictaligha et signori Fiorentini et per nuy, et così, de poy il dicto adviso, la dicta ligha fo conclusa. De poy de quanto habiamo inteso dal dicto domino Angelo, habiamo continuamente advisato lo illustre signor duxe, et mò per Antonio Guidobono gli havimo mandato la copia delli capituli. Et alla parte che lì ad Zenova se dice questa ligha de Franza essere facta in preiudicio de quella città, allegando il facto della nave presa, et cetera, non dicemo altro. Quello vuy ne scriveti per una de dì xi che era portata nova certa como la nave era restituita et che era stata combatuta sotto colore che havesse robba de Anglesi, siché per questo non possono dire la dicta ligha essere facta in preiudicio né subiectione de quella città, et più chiaramente haverano potuto vedere per la copia delli capituli ha portato Antonio Guidobono, et benché ne rendiamo certi, per la copia delli capituli ha portato Antonio (c) et per quello haverà dicto a bocha, qualunche habbia intellecto 121r debbia remanere chiaro et satisfacto che signori Fiorentini et nuy non habiamo facto questaligha in preiudicio de quella città, ma piutosto in fortificatione de tucta la ligha et che a quella città de questa ligha de Franza, essendo breve como è, non possa succedere se non beneficio et utilità. Tamen, quando gli ne fossero de increduli et che havessero bizaria, nuy siamo contenti, ultrale obligatione havemo per li capituli dellaligha con quella città, de fargli anche ogni altra secureza et promessa de defendergli da qualunque volesse offendergli. Et cossì poriti chiarire et offerire allo illustre signor duxe et ad ogniuno che fosse de altra opinione benché, como havimo dicto, non possemo credere che et per la chiareza haverà portato dicto Antonio et per tante promesse sonno fra quella magnifica communità et nuy et per la sincera et cordiale dispositione et volontà de signori fiorentini et nostra verso quella magnifica communità, ogniuno non debbia rimanere satisfacto, pur siamo contenti, per satisfare alli increduli, de fare ogni altra promessa de defensargli como havemo dicto. Alla parte della Preda che quelli citadini se lamentano de nuy che non vogliamo o non possiamo provedergli, vi dicemo ne maravigliamo de questo, perché ogniuno ha possuto videre che nuy non siamo manchati de fargli ogni opera ne sia stato possibile per removere delì Filippo Spinola, et Dio sa quale sia maiore desyderio, o il loro o il nostro, de vedere spianato quello loco, et cossì volemo debiati chiarire ogniuno che, se nuy havessemo la vita nostra nel dicto 121v loco, non fariamo altramente per recuperarla como farimo per movere dellà Filippo Spinola, essendo advisati de quello habiamo fare che per nuy sia possibile a fare. Ceterum, ne maravegliamo che magistro Biancho anche non sia venuto qui con quella polvere, piombo et stagno, quale ne ha promesso et più ne maravegliamo che non habiamo adviso alcuno dove el sia, et perché casone tardi tanto a venire, et trovamone de mala voglia de questo facto, essendo questa cosa tanto importante al facto nostro per rispecto al tempo breve della quale siamo stati ad soa speranza. Siché vi carichamo et stringemo quo magis ne sia possibile provedati che esso magistro (d) Francisco subito vegna ad nuy cum dicte monitione non perdendo una hora de tempo et ne advisati indilate quando el possa essere qui et per che cagione sia tardato tanto ad venire. Data Mediolani, die xv aprilis 1452. Zanectus. Cichus. Polliza. Del partito ve ha ricordato Bartholomeo Doria et della bona volontà del capitaneo circa il facto del denaro, volemo li debiati per nostra parte rengratiare confortandoli ad voler fare como havimo speranza in loro che presto, et senza più dilatione, ne vediamo effecto. Data ut in litteris. Cichus. (a) Segue se fa depennato. (b) Soa in interlinea. (c) Guidobono in interlinea; da et benché a Antonio a margine. (d) Magistro in interlinea. 375 Francesco Sforza al podestà di Tortona 1452 aprile 18, Milano. Francesco Sforza ordina al podestà di Tortona che se il tortonese Gerardo Boccalaro giura di essere creditore di alcune cose da Domenico da Parma, compagno di Bartolomeo Colleoni, gli lasci il possesso del cavallo e dell’armatura dalui sequestrati. Quanto a Francesco Melzo, ora trattenuto in prigione solo per il salario e la spesa fatta dopo l’incarcerazione, vuole che gli amministri giustizia con rito sommario in modo che poi vada dove gli comanderà il suo capitano. 122r Nobili viro potestati Terdone dilecto nostro. Intendiamo che Gilardo Bocchalaro de quella nostra città ha sequestrato, seu tolto in sì uno cavallo et una armatura de Domenico da Parma, compagno del magnifico Bartholomeo Coglione, per soa secureza de alcune cose che dice havere date al dicto Domenico. Et perché dicto Domenico non è al presente lì, vogliamo debbi dare il sacramento al dicto Gerardo, et se per lo suo sacramento giurarà dovere havere cosa alcuna dal predicto Domenico, siamo contenti ello sia satisfacto della robba soa, como è debito et cosa iusta. Apresso siamo contenti che dapoy che Francisco da Melfo è libero della presona et non è retenuto si non per lo salario et spesa facta dappoy ello è in presone, che circha questo facto tu gli debie ministrare et fare rasone sumaria et expedita, adciochè iuste et debite non habialicita casone querelarse de ti veruna delle parte predicte. Et sforzate fare prestissimo, perché lo dicto Francisco possa andare dove gli serà commandato per lo dicto suo capitaneo. Data Mediolani, die xviii aprilis 1452. Zanninus. Iohannes. 376 Francesco Sforza AFrancesco da Mandriano 1452 aprile 18, Milano. Francesco Sforza ringrazia il milite Francesco da Landriano per il contenuto delle sue lettere, quantunque gli sia noto che nei servizi ducali si è sempre comportato bene e con devozione.Gli fa presente che non occorre gli mandi bracco di sorta, perché gli ambasciatori del re di Barberia non ne sono interessati, mentre si aspettano degli astori, per i quali prolungano la loro permanenza. Spectabili militi dilectissimo nostro domino Francisco de Landriano. Havemo recevuto le vostre littere del tenore, dele quali vi rengratiamo mò (a) singularmente, benché a noy non sia cosa nova, perché sempre in li nostri commodi et piaceri ve sitti portato amorevelmente et bene. Et per respondere breviter vi dicimo che per adesso non se curamo che voy ce mandate bracho veruno, perché 122v questi ambassatori del serenissimo re de Barbaria ne ha facto dire che non se curano molto de brachi, ma bene vi confortiamo et pregamo che quanto più presto poteti ne mandati quelli astori che poteriti rechatare, perché non tenimo qua dicta ambassaria se non per aspectare dicti astori. Data Mediolani, die xviii aprilis 1452. Ser Iacobus. Cichus. (a) mò in interlinea. 377 Francesco Sforza ripete al podestà di Oleggio 1452 aprile 18, Milano. Francesco Sforza ripete al podestà di Oleggio di mandare dal Regolatore e dai Maestri delle entrate due dei migliori uomini del comune con il sindacato di obbligarsi, a nome del comune, per la somma corrispondente all’entrata di quel territorio del prossimo anno. Ciò gli viene detto per ordine dei Maestri delle entrate. La stessa cosa vale per i podestà delle località elencate. Potestati nostro Olegii. Se ala recevuta di questa non haveray mandato qui dalo Regulatore et Maystri del’entrate nostre quelli duy homini di megliori del comune de quella terra cum sindicato de obligarse a nome d’esso comune per fin ala soma del’intrata dela dicta terra del'anno proximo a venire, secundo che novamente per un’altra nostra te habiamo scritto, vogliamo che subito subito, posposita ogni cosa, li mandi nel modo se contiene in essa nostra, perché havemo in poncto quella facenda per la qualle volemo se fiza questo obligo, in la qual cosa non intervenga fallo alcuno né dilatione di tempo, et senza dimora avisane dela recevuta de questa et del nome de quelli che doverano venire. Data Mediolani, die xviii aprilis 1452. Ordine Magistrorum intratarum oratoris. Cichus. Similiter potestati nostro: Viglevani, Filizani, Basarutii, Novi, Quargnenti, Solerii, Castriarquate, Castellatii, Castri Spine, Cassinarum, Fregaroli, Sallarum, Ceredani, Burgi Maynerii, Boschi, Viguzoli, Burgi Sancti Donini. Die xx aprilis 1452 replicata fuit potestati Sallarum suprascripta littera. 378 Francesco Sforza al podestà di Tortona 1452 aprile 18, Milano. Francesco Sforza richiama il podestà di Tortona, negligente all’ordine datogli di provvedere a quanto dovuto ai soldati del Colleoni, danneggiati fraudolentemente da Lancilotto. Se non obbedirà, sarà costretto ad usare altri modi con lui per essere assecondato. Cerchi pertanto di accordarsi in ciò con Ludovico da Bologna, commissario locale. 123r Nobilibus dilectis nostris potestati ac Presidentibus negociis civitatis Terdone. Non pocho ne maravigliamo de vuy in non havere exequito quanto per nuy ve è scripto intorno al debito da farse a quelli soldati del magnifico Bartholomeo Coglione, maxime intendendo che la convenctione facta fraudolentamente per quello Lanzalocto non habialoco. Per la qualcosa volemo che, recevuta questa, senza altra contradictione o resistentia faciati fare il dovere alli dicti soldati ad chi l'haveti a fare, altramente non poteressimo contenere che non ce dolessimo de vuy et fariace bisogno tenire delli altri modi per li quali veneriano ad essere satisfacti, perché non deliberamo havere tucto lo dì questo rechiamo alle orechie. Siché vogliati concordarvi ed intendervi per casone de ciò cum Ludovico da Bologna, nostro commissario lì. Data Mediolani, die xviii aprilis 1452. Andreas Fulgineus. 379 Francesco Sforza al vescovo di Novara 1452 aprile 19, Milano. Francesco Sforza avverte il vescovo di Novara che gli manda il suo messo Bartolomeo da Pisa perché possa ritornare da lui con i promessi cinquecento ducati d’oro, non solo, ma anche con gli altri trecento del clero, avendone estremo bisogno per alcune cose importanti. Domino episcopo Novariensi et cetera. Benché la vostra paternità ne dicesse a dì passati de portarne quelli ducati cinquecento d’oro, di quali ce subvenete liberalmente a questi nostri bisogni, tamen, perché al presente restringe el bisogno per alcune cose importante al stato nostro et maxime in expedire questa nostra famiglia, preghiamo et confortiamo la vostra signoria che la ne vogli subvenire de presente deli dicti denari et darli al presente nostro messo Bartholomeo da Pisa, quale mandamo lì con questa fiducia che ne debba portarli. Nel che iterum confortiamo et advisamo essa vostra signoria che, subito vedutala presente, lo vogli expedire ch'el ritorni da nuy con essi denari quali al presente nuy haremo assay più accepti che se quella neli portasse di sua propria mano. Et non manco la rechedemo et confortiamo che li piacia provedere et fare per ogni modo che quelli altri trecento ducati del chierigato se habiano de presente et farli numerare al dicto messo, perché al presente non habiamo altro modo de satisfare ad questo nostro bisogno per altra via. Mediolani, 19 aprilis 1452. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Christoforus Franciscus. 380 Francesco Sforza al podestà della Valle Sesia 1452 aprile 19, Milano. Francesco Sforza comanda al podestà della Valle Sesia di costringere gli uomini di lì che hanno rubato ad Antonello da Cosenza, compagno del condottiero ducale Francesco Sanseverino, due cavalli e portati nel Monferrato a restituirglieli o a saldargliene il relativo valore. 123v Nobili viro potestati nostro Vallissicide. Da Antonello da Cossentia, compagno del spectabile Francisco da Sanseverino, nostro conducterio, siamo advisati che per certi homini de quella valle gli sonno tolti duy cavalli et menatogli in Monferrà, como saray avisato da luy. Pertanto te commettiamo et volimo che, constandote essere vero che li dicti homini gli habiano menati via li dicti cavalli, gli astrenzi a restituirglili, overo pagarli como è debito e rasonevele. Data Mediolani, die xviiii aprilis 1452. Irius. Iohannes. 381 Francesco Sforza al capitano della cittadella di Tortona 1452 aprile 19, Milano. Francesco Sforza avverte il capitano della cittadella di Tortona che non avendo la possibilità di pagare i castellani per le gravose spese militari, ha pensato di dargli delle vettovaglie, ed espressamente gli farà avere trenta moggia di frumento, da mettere nella cittadella e tenerle per munizione, il cui pagamento gli sarà scontato nelle paghe del suo soldo. Per il resto del suo salario vedrà di trovare il modo di accontarlo. Stesso trattamento avrà il salario del castellano di Tortona, cui saranno assegnati venti moggia di frumento. Nobili viro dilecto (a) capitaneo citadelle nostre Terdone. Non possendo nuy providere al pagamento delli nostri castellani, como seria la volontà nostra, per le grandissime spese havemo delle nostre gente d'arme, havemo ordinato de dare ad ti alcune victualie, cioè certa quantità de frumento, como damo alli altri per mettere in quella forteza, perché deliberamo le forteze nostre stagano fornite de munitione. Unde havemo scripto al nostro referendario de quella città debbia mettere in quella cittadella moza trenta de frumento, il pagamento del quale ti serà scontato nelle paghe del soldo tuo como è alli altri. Pertanto te scrivemo et volemo debbi acceptare el dicto frumento et tenerlo in quella cittadella per monitione. Al resto del pagamento tuo vederemo pigliare tale partito che remaneray contento. Data Mediolani, die 19 aprilis 1452. Zanectus. Cichus. In simili forma scriptum fuit castellano arcis Terdone de modiis viginti. Data ut supra. (a) dilecto in interlinea. 382 Francesco Sforzaalvescovo e al clero novarese 1452 aprile 18, Milano. Francesco Sforza sollecita il vescovo e il clero novarese, oltre ad informarne il collettore della sovvenzione, a consegnare al messo di suo fratello Corrado i quattrocento ducati convenuti e al fratello assegnati, avvertendoli che il messo sosterà lì a loro spese finché non avrà ricuperata integralmente la predetta somma. 124r Reverendo in Christo patri ac venerabilibus dominis Dei gratia episcopo et toti clero Terdonensi, nec non collectori subventionis ibi. Havemo assignato al magnifico nostro germano signore Conrado quelli ducati quattrocento d’oro di quali setti componuti con nuy per la subventione rechiesta, che crediamo per una bona parte debbano hormay essere scossi. Pertanto confortiamo et charichamo le reverende vostre paternità che, subito vedute le presente, debiati numerare o fare numerare al portatore presente, messo del prefato signore Conrado, che vene lì per questa casone, tucti quelli denari che sonno rescossi et così quelli che restano, el quale resto vogliate fare pensiero de recuperare de presente per ogni modo et via expediente, et non diferire più in longo questa cosa, perché questo è facto importantissimo al stato nostro che non pò patire più dimora. Siché vogliati subito expedire el dicto messo ch'el non stii lì impazato, che starà pure alle vostre spese, finché l'habia dicti denari integramente. Et in questo iterum atque iterum vi confortiamo et stringemo per quanto desyderate el bene del stato nostro. Data Mediolani, die xviii aprilis 1452. Christoforus Franciscus. Cichus. 383 Francesco Sforza al clero alessandrino 1452 aprile 18, Milano. Francesco Sforza avverte il clero alessandrino, oltre ad informarne il collettore della sovvenzione, che invialì un messo di suo fratello Corrado, cui ha destinati i cento ducati d’oro dovuti alla Camera ducale. Tale messo soggiornerà lì, aloro carico, fino a quando non avrà ricuperatal’intera cifra. Venerabilibus viris dominis de toto clero Alexandrino nec non collectori subventionis ibi nobis dilectis. Havimo assignato al magnifico nostro germano signore Conrado quelli ducati cento d’oro, de quali setti debitori della Camera nostra per la compositione facta, che crediamo per la maiore parte debbano hormay essere 124v riscossi. Pertanto vi confortiamo, caricamo et stringemo che, subito vedute le presente, debiate numerare o fare numerare al portatore della presente, suo messo, che viene lì per questa casone tucti quelli denari che sonno rescossi et cossì quelli che restano ad scodere, el quale resto vogliati fare pensiero ad recuperare per ogni modo et via expediente et non differire più in longo questa cosa, perché questo è facto importante al stato nostro che non pò patire più dimora. Siché vogliate subito expedire el dicto messo, che non stii lì impazato, perché starà pur alle vostre spese finché li dicti denari siano scossi integramente. Data Mediolani, die xviii aprilis 1452. Christoforus Franciscus. Cichus. 384 Francesco Sforza a Pietro Campofregoso 1452 aprile 21, Milano. Francesco Sforza chiede a Pietro Campofregoso, doge di Genova, di avere per “ricommendato” Pellegrino da Carmayno da cui il consigliere ducale Giovanni d’Alessandria aveva inteso che aveva certe informazioni per danneggiare i Veneziani. Il duca ha voluto sapere tale informazioni direttamente da Pellegrino e ritiene gli saranno di grande utilità in futuro. Illustri domino tamquam fratri nostro carissimo domino Petro de Campofregoso, Dei gratia Ianuensi duci. Già più dì passati fossimo advisati da domino Zohanne de Alexandria, nostro consigliero, come lo nobile Pelegrino da Carmayno haveva certi avisamenti da podere dare botta a Venetiani, nostri inimici, li quali per volere intendere fecino dire al dicto Pelegrino venisse fin (a) qui da nuy et cussì li venni, et hanno dicto cose, quale ne sonno assay piaciute, ma non ce pare de prosequirle de presente, ma con lo (b) tempo che crediamo ne serano molte utile. Ritornando adonque dicto Pelegrino ad 125r Zenova de presenti finché serà il tempo de mandare per luy, pregamo la signoria vostra che per nostra contemplatione lo habbi per ricommendato, perché de ogni bene et bono tractamento gli farà la signoria vostra ne haveremo singulare conten(te)za. Data Mediolani, die xxi aprilis 1452. Ser Iohannes de Ulesis. Cichus. (a) Fin in interlinea. (b) con lo ripetuto. 385 Francesco Sforza a Corrado Fogliano 1452 aprile 21, Milano. Francesco Sforza vuole che il fratello Corrado, condottiero ducale, constatata la verità di quanto asserito da Luigi Belero, governatore di Solero, faccia restituire a lui, o Paolino, latore di questo ordine, le armi e cose sue. Magnifico germano nostro carissimo Conrado de Foliano, armorum ductori nostro. Perché misser Aluyse Bolere ne ha facto dire con instantia che, siando luy governatore de Solero gli haveva certe soe arme et cose, quale ha facto instantia più volte de haverle, et che may non le ha possuto havere, pertanto volemo che faci restituire dicte cose al dicto domino Aluyse o ad Paulino portatore de questo suo mandato, siando cossì como dice. Ex Mediolano, xxi aprilis 1452. Iohannes de Ulesis. Cichus. 386 Francesco Sforza al castellano di Nove 1452 aprile 20, Milano. Francesco Sforza comanda al castellano di Nove che, con persona fidata, mandi da lui le lettere del Bailo di Sens e di Ludovico Biolero. Nel caso il duca fosse assente, faccia avere dette lettere all’ufficiale dei cavallari, che gliele farà avere da un messo fidato. Nobili dilecto nostro castellano Novi. Te commettiamo et volimo che accadendo alli magnifici baylo de Sans et misser Ludovico Biollero scrivere alcune littere, tu ne le mandi per messo fidato et senza dilatione alcuna. Mediolani, xx aprilis 1452. Et quando noy non fossimo qua, derizate le littere qui al’officiale nostro de cavallari, quale ne le mandarà per messo fidato dove sarimo. Data ut supra. Irius. Cichus. 387 Francesco Sforza risponde a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 aprile 21, Milano. Francesco Sforza risponde a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono dicendo d’essere soddisfatto per quanto ha riferito in merito alla commissione affidatagli. Aggiunge d’essere contento di quanto entrambi hanno fatto con il doge e con il capitano. Attende di conoscere il seguito con il ritorno di Leonardo e le decisioni che il doge e i cittadini intendono prendere. Li informa che la mattina seguente manderà uno dei suoi uomini per la liberazione di Gregorio Doria, ed esattamente per sapere quanto si deve pagare per lui. Provvederà pure a mandare “per la praticha della Preda”. Lo Sforza apprezza che il doge e i cittadini siano rimasti contenti dei capitoli della lega; assicura che sia lui che i Fiorentini sono disponibili a fare nuovi capitoli per precisare le loro intenzioni, e assicurarli che né da Firenze né da Milano si farà in modo che i Francesi abbiano lo stato di Genova. 125v Domine Iohanni de Alexandria et Antonio de Guidobonis Ianue. Respondendo a più vostre littere de dì xvi, xvii, xviii del presente, et primo a quanto tu, Antonio, ha referito là per nostra parte secondo la commissione nostra, dicemo che del tucto remanemo a pieno advisati et ne piace quanto havete exequito tanto con quello illustre signore duxe quanto con lo capitaneo. Aspectiamo essere advisati da vuy de quello serà sequito là per la retornata deleonardo et della deliberatione che haverano facta esso duxe et quelli magnifici citadini alle cose che se hanno da fare come haveti inteso. Della venuta del capitaneo, havimo inteso quello scriveti, volimo che ne advisati quando delibera (a) venire qui da nuy et del dì ch’el se ritrovarà qui adciò possamo fare provedere ad quello che bisogna et cum quanta gente venirà. Alla altra parte ti advisamo che nuy domatina mandamo uno delli nostri per laliberatione de Gregorio Doria, ma con possanza de fare la promessa de quelli denari che se hanno a pagare per luy et vederimo ancora de mandare per la praticha della Preda per redure quella cosa a qualche bono effecto; et dal canto nostro non mancharemo in cosa alcuna, como havimo facto per lo passato. De quanto haveti dicto dellaligha de Franza et della copia che haveti monstrata delli capituli che quelli signore duxe et magnifici citadini ne sonno remasti contenti et satisfacti et puoy dellalittera nostra, ne piace et ultra ciò ve dicimo 126r che se lo prefato duxe et citadini non stano bene chiari in lo animo loro de dictaligha, nuy se offerimo de refare novi capituli cum loro delaligha facta fra essi signori Fiorentini et nuy, adciochè in lo animo loro siano bene chiari et hedificati della perfecta nostra intentione et volontà verso loro; et cossì quando accadesse ne poreti chiarire ogniuno et ad questi siamo certi che niuno porà contradire perché degono essere certissimi quelli signori duxe et citadini che nuy pensamo molto bene che per quella magnifica communità né per la excelsa communità de Fiorenza, né ancora per nuy, né per li nostri figlioli non se fa che Franzosi habiano lo stato de Zenova, nì cosa alcuna dal canto de qua per la condictione loro. Pur nondimeno vogliati porigere questa cosa per quello modo ve parerà, ma taliter che non ce daesse caricho né imputatione alcuna presso lo re de Franza et certificarli molto bene ch’el non se fa per nuy havere sì facti vicini, ma con quella honestà che vi parerà. De Iohanne Filippo havimo inteso quello scriveti: nuy ve advisamo (b) che è stato qui da nuy maestro Donino in nome suo, al quale havimo parlato assay circha questo facto et ch’el confortò dicto misser Iohanne Filippo per nostra parte ad havere bona intelligentia cum quello signore duxe; et circha questo gli havimo mandato a dire assay siché dal canto nostro non mancaremo in cosa alcuna che misser Iohanne Filippo sia in bona intelligentia et ben hedificato cum luy. Ulterius volimo dicati a magistro Francisco Biancho che soliciti venire presto con quella polvere et biombo, como gli scrivemo per l'alligata. Data Mediolani, die xxi aprilis 1452, hora tertia noctis. Persanctes. Cichus. (a) In A deliberara con ra finale depennato. (b) nuy ve advisamo ripetuto. 388 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria e ad Antonio da Guidobono 1452 aprile 21, Milano. Francesco Sforza comunica a Giovanni da Alessandria e ad Antonio da Guidobono che, per aver lui mostrato l’intenzione di “mettere in casa” i marchesi di Villafranca, sia il doge che il capitano hanno fatto pervenire al commissario di Pontremoli altre lettere al di là di quelle di cui hanno avute la copia. Il che gli fa supporre che le cose stiano diversamente da come gliele ha prospettate Giovanni. Vuole che gli sappiano dire da chi provenivano le citate lettere e manifesta loro che il suo progetto è di togliere quelle terre a Galeotto Campofregoso, sbarazzandosi di lui, qualora vi si opponesse, essendo il duca determinato a che i predetti marchesi ritornino in possesso di quelle terre. Gli facciano sapere quali sono le intenzioni del doge e del capitano. 126v Domino Iohanni de Alexandria et Antonio de Guidobonis Ianue. Per certa demonstratione havemo facta de volere mettere in (a) casali marchexi de Villafrancha, ne pare che l’illustre signore duxe (b) et magnifico capitaneo de questa città habiano scripto al nostro commissario de Pontremulo, ultrale littere, delle quali haveti havuto la copia, alla recevuta de questale littere (c) incluse. Del che ne maravigliamo, perché ne pare sia tucto il contrario de quello scrivesti vuy, misser Zohanne, per parte del prefato signore duxe. Pertanto volimo curate intendere se queste littere sonno procedute de mente loro, overo per importunità d’altri, et poy del tucto ne advisate, avisandove che nostra intentione è Galeotto da Campofregoso non tenga più dicte terre, et quando volesse fare dal gagliardo et non lassarle, forsi gli porria essere tagliato a pezo dentro. Siché vogliati havere la mente delli prelibati duxe et capitaneo et avisarne presto, et remandatene dicte incluse littere avisandove, dicano quello che se vogliano, che nostra intentione è de reacquistare le terre tene el dicto Galeotto et farle rehavere alli dicti marchexi. Et cossì li porreti chiarire l’argomento de questo. Data Mediolani, die xxi aprilis 1452. Marchus. Cichus. (a) segue le depennato. (b) segue de depennato. (c) segue in depennato. 389 Francesco Sforza a Giovanni Ferruffini 1452 aprile 22, Milano. Francesco Sforza vuole che il consigliere ducale Giovanni Ferruffini e il suo segretario Antonio Guidobono, oratori ducali presso il doge di Genova, si adoperino con detto doge o con chi crederanno perché l’uomo d’arme ducale Roberto dalla Reverone abbia il cavallo e i sedici bislacchi che un suo famiglio di Vallestura, che si faceva chiamare Genovese, gli portò via lo scorso anno quando se ne fuggì da lui. 127r Spectabili et egregio viris domino Iohanni de Ferrofinis, consiliario, et Antonio de Guidobonis, secretario, dilectissimis oratoribus nostris apud illustrem ducem Ianue. Ad Roberto dalla Reverone, nostro homo d’arme, se fugì questo anno proximo passato uno suo famiglio de Vallestura, quale se faceva appellare Genovese, et menoseli via uno suo cavallo et circa quindeci bislachi in denari. Et habiando nuy in li dì passati scripto per doe nostre littere alli officiali della dicta valle per casone de ciò, il nostro scrivere ha facto pocho fructo. Per la qualcosa, ad casone il dicto homo d’arme non habia questo damno et che quello fugitivo non se possa gloriare del suo delicto, vogliate, recevuta questa, fare ogni opera possibile cum quello illustre signore duce o con chi altro fosse expediente, per modo se venga a consequire il cavallo et li denari et le spese che per dicta casone al dicto homo d’arme sonno occorse. Nuy ne haveressimo scripto a quello signore, ma, per non tediare la signoria soa, ce pare debia bastare che per nostra parte gline dicate et faciatigline instantia. Data Mediolani, die xxii aprilis 1452. Andreas Fulgineus. 390 Francesco Sforza al castellano della rocca delle “Quattuordearum” 1452 aprile 22, Milano. Francesco Sforza impone al castellano della rocca delle “Quattuordearum” di desistere dall’occupare un possedimento di Sifrone Re denominato Rocca Sparviero, tenuto conto che detto Re è persona di fede sforzesca. Nobili viro dilecto castellano nostro arcis Quattuordearum. Il spectabile cavallero misser Sifrone Re ce ha facto exponere querella che pare che tu gli occupi una soa possessione, quale è libera, nominata Rocha Sparvero, del che ce maravigliamo. Per la qualcosa, intendendo che non habia più iusta casone de querella, immo per la soa in nuy singulare fede et devotione sia reguardato et ben tractato, volemo che desisti et cessi da tale occupatione et non manchi. Data Mediolani, xxii aprilis 1452. Andreas Fulgineus. 391 Francesco Sforza a Pietro Campofregoso 1452 aprile 22, Milano. Francesco Sforza segnala a Pietro Campofregoso, doge di Genova, di aver saputo da Filippo Borromeo che un Venturino suo dei Borromei che conduceva da Pavia a Genova dei fustagni fu derubato da alcuni genovesi all’altezza di Busalla della merce che trasportava. Quantunque sappia che Filippo ha già avuto dal doge assicurazione scritta della restituzione della merce, lo Sforza interpone la sua raccomandazione per tale ricupero. 127v Illustri tanquam fratri nostro carissimo domino Petro de Campofregosio, Dei gratia duci Ianuensi, et cetera. Ne ha dicto il magnifico conte Filippo Bonromeo, nostro dilectissimo, che facendo condure da Pavia ad Zenoa Venturino suo di Bonromei certa quantità de fustanei, quando foreno alla terra vostra de Buzalla, alcuni de quelli vostri homini gli tolsero, como da dicto Venturino sappiamo che la signoria vostra è informata. Però che ne afferma esso conte Filippo havete scripto in favorevele forma per la restitutione de dicti fustanei et, quantumque non dubitamo la fraternità vostra, etiam per nostro respecto non gli mancharà di quanto sia necessario per recuperatione della cosa soa, tamen ex abundanti ve recommendiamo il dicto conte Filippo et le cose soe che, lassiamo andare, facessemo in questi casi il medesmo per cadauno delli vostri, mal'haverimo a singulare piacere, et tanto più ne sarà grato quanto per la devotione et fede soalo amemo cordialmente. Data Mediolani, die xxii aprilis 1452. Irius. Cichus. 392 Francesco Sforza a Francesco de Cagnolis 1452 aprile 22, Milano. Francesco Sforza, inteso che le fortezze della città scarseggiano di vettovaglie, ordina a Francesco de Cagnolis, referendario di Tortona, di reperire cinquanta moggia di frumento, ripartendone trenta nella cittadella e venti nel castello. Al pagamento della fornitura provvederanno il capitano e il castellano con trattenute sul loro soldo dell’anno in corso. Nobili viro Francisco de Cagnolis, dilecto referendario nostro Terdone. Adciochè le forteze de quella città stiano imponcto et bene fornite de monitione, cioè de victualie, intendendo quanto se trovano male fornite de presente, havemo deliberato che in quella cittadella et nel castello siano poste delle victualie. Pertanto te commettiamo et volimo che, subito havuta questa, tegni modo de trovare moza cinquanta de frumento, il quale metteray nelle dicte forteze, cioè moza trenta nella 128r cittadella et moza vinti nel castello, retenendo et facendo retenire et computare il pagamento del dicto frumento suso le paghe del soldo d’essi capitaneo et castellano. Et a questo non fare inducia che subito il dicto frumento sia posto nelle dicte forteze, remossa ogni casone, avisandoti che la intentione nostra è ch’el pagamento del dicto frumento gli sia retenuto suso le paghe loro del’anno presente, et cossì gli sia remisso ogni monitione havessero consumato da poy foreno in dicte forteze. Data Mediolani, die xxii aprilis 1452. Zanettus. Cichus. 393 Francesco Sforza al capitano dei distretti di Alessandria e di Tortona 1452 aprile 22, Milano. Francesco Sforza comanda al capitano dei distretti di Alessandria e di Tortona che faccia la trattenuta del salario bimestrale dei podestà, deputati sia da lui o dalla Camera ducale, delle comunità di Alessandria e di Tortona. Similmente si è scritto al podestà e agli Anziani di Novara. Prudenti viro capitaneo nostro districtuum Alesandrie et Terdone. Per altre nostre te habiamo commesso che strenzesi li homini dele terre deli nostri destrecti de Alesandria et Terdona che hano potestà a pagare ala Camera nostra el salario de duy mesi de caduno suo podestà. Pertanto, adciò che tu sii meglio informato de quelo che habii a fare circa di questo, te avisemo essere nostra intentione che la retentione del dicto salario per li predicti dui mesi sia facta ad qualuncha potestà constituti et deputati, cossì per le communitate dela citade de Alesandria et de Terdona, come per nuy ho per la Camera nostra. Vogli aduncha observare et exequire questa nostra intentione senza alcuna contradictione. Data Mediolani, die xxii aprilis 1452. Cichus. In simili forma suprascripta alie littere directive nobili et prudentibus viris potestati nostro Novarie necnon Ancianis nostre communitatis ibi (a). (a) Da In simili a ibi depennato. 394 Francesco Sforza al podestà e agli Anziani di Novara 1452 aprile 22, Milano. Francesco Sforza ricorda al podestà e agli Anziani di Novara di aver imposto la mezza tassa del sale in ragione di quattro lire a staio per un ammontare di 1150 staia. Ha saputo che alla raccolta di tale tassa si procede indolentemente. Non potendo sopportare che, per mancanza di danaro, ne venga danno, dispone che, persistendo difficoltà nel raccoglierlo, si ripartisca la somma carente “per le parochie tra boni et exigibili debitori” in modo che la Camera ducale abbia il dovuto. Altre lettere dello stesso contenuto con dovute varianti furono mandate a Giovanni da Pietrasanta, collaterale in Novara. 128v Nobili et prudentibus viris potestati nostro Novarie necnon Ancianis nostre comunitatis ibi. Vuy sapiti che ad contemplatione de quella nostra comunità havemo facto levare et deponere le additione imposte soprali datii de quella nostra cità del’ano presente, cum questo che alla Camera nostra ella dovesse pagare li denari de meza taxa de sale a rasone delibre quatro per caduno staro, che monta stara mcl. Et como intendiamo, pare che in la exactione d’essi dinari se proceda molto tepidamente, non recognoscendo el beneficio della remissione delle dicte additione. Dil che se maravigliamo, perché, havendo nuy uxato liberalitate verso la dicta communità, debieno hora quelli nostri citadini volere che per manchamento d’essi dinari supportiamo disconzo et danno in le nostre cosse importante alle quale havemo deputato essi dinari. Pertanto volemo che provediate per ogni modo ch’el pagamento della predicta meza taxa, overo tucto quelo che resta senza dimora alcuna, et rimosta ogni (a) contradictione, sia scosso interamente. Et si per difecto de alcune male page et inexigibile, el dinaro rimanisse impedito, fatili compartire per le parochie tra boni et exigibili debitori in modo che subito la Camera nostra habia el debito suo. Et in questo deportativi in tal forma et fati tale diligentia che non intervengha fallo alcuno, et nuy del dinaro presto se possiamo adiutare, altramente se renderevemo malcontenti de vuy, et ultra de ciò, forse che un’altra volta non ne trovarissive alli piaceri della dicta communità cossì prompti et inclinevoli como haviti facto sempre. Data Mediolani, xxii aprilis 1452. Cichus. Alie littere in eadem forma suprascripta, mutatis mutandis, nobili dilecto nostro Iohanni de Petrasancta, collaterali in Novaria. (a) Segue exceptione depennato. 395 Francesco Sforza a Filippo Fieschi 1452 aprile 23, Milano. Francesco Sforza scrive a Filippo Fieschi, conte di Lavagna, che ha piacere che si rechi al mare da suoi amici. Da mastro Donnino, da cui ha saputo ciò, avrà pur inteso dei suoi successi e verrà giornalmente a sapere quanto gli accadrà, certo che si compiacerà dei suoi successi, al pari di quello che capita a lui per i suoi. 129r Magnifico tanquam fratri nostro carissimo domino Iohanni Filippo de Flisco, Lavanie comiti, et cetera. Magnifice, tanquam frater noster carissime, veduto quanto per la nostra littera ne scrivete del’andare vostro ale marine per visitare li vostri amici, ve respondimo che ne prendamo piacere una cum la vostra magnificentia. Secundo che per magistro Donnino, dal quale havessemo pur tal aviso, ve habiamo mandato ad dire de quanto occorre de presente de qua et deli nostri successi, per luy ne sariti ad plenum avixati, et secundo ala giornata succederimo, como mutuo se convene participare tam prospera quam adversal’uno cum l’altro, ne faremo presciala vostra magnificentia, qual non dubitamo continuo debia prendere singular conforto de tuti nostri felici successi, como nui prenderessemo deli soy. Et cossì, e converso, che Dio dessi. Data Mediolani, die xxiii aprilis MCCCCLII. Andreas Fulgineus. 396 Francesco Sforza rinfaccia a Battista de Burgo 1452 aprile 22, Milano. Francesco Sforza rinfaccia a Battista de Burgo, commissario nel Novarese, l’indolenza con cui procede a riscuotere dalla comunità novarese i denari del carro. Provveda che si abbiano subito settantasette bislachi, oltre i denari di sette mesi per il carro al calcolo di un ducato al giorno . Qualora venissero sollevate difficoltà a pagare, minacci di togliere il bestiame o ricorra ad altra via di soluzione. Egregio doctori dilectissimo nostro domino Baptiste de Burgo, comissario in Novariense. Oretenus ve havimo expresse declarato quanto ne è molestala negligentia per vuy usata circha rischotere li denari d’uno caro della communità nostra de Novara. Ideo per vostre littere ve admonimo che, pospositis omnibus, faciate subito li dicti denari se sborsino, cioè setantasepte bislachi, ac etiam li denari de septe mesi de dicto caro a computo de uno ducato il dì, ultrali septantasepte bislachi, et che in questo non sia fallo. Et quanto comprendesti non ve dessero prestissimo spatio, o per via de farli torre loro bestiame alla campagna, o per qualunque via più apta et expeditiva ve parerà, operati gli ne venga voglia de pagare dicto denaro, et faciati ne sentiamo novella che non ne poreti fare tanto che ne rincrescha, et che non ne para che la loro inobedientia merita de fare più, et faciate che aperte comprendiano che per vuy non resti che a caschada non ve ne haveriti alaudare. Data Medioliani, xxii aprilis 1452. Iohannes. 397 Francesco Sforza al podestà e ai presidenti agli affari della città di Novara 1452 aprile 22, Milano Francesco Sforza scrive indignato al podestà e ai presidenti agli affari della città di Novara per non aver preso in adeguata considerazione il suo ripetuto scritto per il pagamento di un carro per il castello di Porta Zobia. Rivela loro d’essersi pure doluto con Battista del Borgo tacciandolo d’indolenza nel prendere provvedimenti e imponendogli di ricorrere anche a gente d’arme per sottrarre loro dei buoi e appigliarsi a qualunque mezzo per la riscossione. Il podestà presti in ciò obbedienza a Battista. 129v Egregio dilectis nostris potestati et presidentibus negociis nostre civitatis Novarie. Havendo noy più fiade facto scrivere dovesti pagare lo denaro de un caro per lo nostro castello de Porta Zobbia, solum voy della comunità, et nostro scrivere haveti contemnuto et despresiato quello che nullo altro locho ha facto, siati certissimi ne è molestissimo et per avantura ve darimo intendere essere cossì, et maxime quando per questo nostro ultimo scrivere, sine mora non sborsati dicto denaro o qui a noy, o si a misser Baptista del Borgo, nostro commissario dalle parte dellà, del quale grandemente ne dolimo che sia stato sì tardo et negligente ad non pigliare remedio de farvi pagare, et non fece cosa pareghi di fa’. De che gli sia per resultare peghio et a boccha gli lo havimo chiarito, et etiam per nostre littere, et havimolo expressissime commandato che faci et opera taliter che subito dicto denaro se sborsi, como de sopra è dicto. Et quando per voy se facesse una minima mora in sborsarli, lo havimo admonito pigli delle gente d’arme quanto alui pare, et toglia una frotta de para de bovi delli vostri, et observi qualunque altro modo megliore li pare che ve facia venire voglia de pagare, che non poteria fare tanto de che non ne siamo più contentissimi. Et tu, podestà, in qualunque cosa presta obedientia ad dicto misser Baptista et, per quanto hay carala gratia nostra, fa che non sentissimo lo contrario, ch’è male per (a) Data Mediolani, die xxii aprilis 1452. Iohannes. (a) Così termina la missiva. 398 Francesco Sforza al capitano della cittadella di Novara 1452 aprile 22, Milano. Francesco Sforza ordina al capitano della cittadella di Novara di agire contro quelli del clero che sono ancora restii a saldare la loro quota, anche a causa dell’apatia di intervento dei deputati destinati alla raccolta della sovvenzione ecclesiastica pattuita. Cerchi da parte sua di recuperare interamente questi denari. Si dice dispiaciuto per l’eccesso subito dalla sua famiglia e ha ordinato al vicario locale di dare un’esemplare punizione ai colpevoli. 130r Capitaneo nostro citadella Novarie. Quello chiericato de Novarese dela compositione che ha facto cum la Camera nostra per la subventione rechiesta, resta debitore per la maiore parte, et fin a qui pare che per quelli deputati gli sia preso pocho ordine de rescodere dicti denari. Per la qual cossa volemo, et per questo te commettiamo che subito faci fare ogni opportuna executione contra tucti quelli che sono debitori d’esso chiericato per la dicta subventione, quali te sarano assignati per dicti deputati. Et dal canto tuo non manchi in cossa alcuna per retrare integramente questi denari, quali habiamo assignati per cossa importante al stato nostro. Ceterum n’è dispiaciuto assay l’excesso facto a dì passati contrala tua famiglia, la informatione et punitione del quale havemo comisso ad quello nostro vicario che è in quella parte, el quale provederà cum tale demonstratione che sarà exempio ad altri d’essere savii. Mediolani, xxii aprilis 1452. Christoforus Francisco. Cichus. 399 Francesco Sforza al podestà e i preposti agli affari cittadini di Novara 1452 aprile 25, Milano. Francesco Sforza sollecita il podestà e i preposti agli affari cittadini di Novara a voler accordare la cittadinanza al suo famiglio Guglielmo da Montemerlo, avendo per certo che Guglielmo si comporterà in modo che ne saranno onorati. Egregio et nobilibus viris, potestati ac presidentibus negociis communitatis Novarie dilectis nostris. Guilielmo da Montemoro, nostro fameglio, desydera farsi citadino de quella nostra città et usare di beneficii d’essa. Et perché quanti più citadini gli sonno, tanto è più honore a vuy citadini, haveremo grato et cossì vi confortiamo et caricamo lo vogliate acceptare et crearlo vostro citadino con solemnitate debite et opportune, rendendosi certi che anche luy se deportarà in modo che sareti contenti haverlo acceptato. Data Mediolani, die xxv aprilis 1452. Irius. Cichus. 400 Francesco Sforza a Niccolò de Campanaris 1452 aprile 25, Milano. Francesco Sforza loda Niccolò Campanari, commissario nell’Alessandrino, per la sua diligenza nel denunciare gli inganni che commettono gli ufficiali ducali e le angherie che subiscono i sudditi. Lo sollecita a perseverare nel contestare tali comportamenti, cui il duca promette di porre rimedio. Richiamandosi alla sua richesta, dice apertamente al Campanari di non potergli concedere l’abitazione già prima goduta da Niccolò da Palude perché già assegnata ad altri: lo accontenterà diversamente. 130v Nobili viro Nicolao de Campanariis, dilecto commissario nostro in partibus Alexandrinis. Havemo ricevuto le toe littere et inteso quanto tu ne scrive delli ingani che se commetteno per li nostri officiali, et etiam delle graveze hanno li nostri subditi delle taxe morte. Molto ne piace el tuo ricordo et comme(n)diamote della toa diligentia, vigilantia et solicitudine, confortandote a fare el simile per l’avenire, avisandote che ce deliberamo remediare opportunamente alli inconvenienti, quali tu ne hay scoperti per toa prudentia et sagacità. Alla parte che te faciamo providere del logiamento e preminentia quale haveva Nicolò da Palude, tuo precessore, te advisamo che non lo possimo fare, perché già ne havimo provisto ad un altro, ma date bona voglia che per li tuoy benemeriti te provederimo in modo che tu te contentaria. Sia pur solicito in investigare e discorrere el pa(e)se per sapere quanto se fa et prohibisse le fraude quanto te sia possibile, como hay facto fin a mò. Ex Mediolano, xxv aprilis 1452. Ser Iacobus. Cichus. 401 Francesco Sforza al podestà di Trecate 1452 aprile 25, Milano. Francesco Sforza ordina al podestà di Trecate di informarlo del risultato della sua indagine sulla colpevolezza o meno del saccomanno, chiamato Giovanni Bianco, che egli detiene per il furto di una certa quantità di pesci. Ovviamente se risulterà innocente, sia liberato, altrimenti nulla faccia di nuovo prima di una risposta ducale. Prudenti viro dilecto potestati nostro Terchate. Tu debbe havere sustenuto uno sacomano, giamato Iohanne Bianco, imputato de certa robbaria de una somma de pessi, et perché deliberamo se el se trova culpevole et haver comessa dicta robaria che el sia punito et, quando che non, ch'el sialiberato. Volemo et comettemote che tu ne avisi de tuta quella informatione e chiareza che tu poteray havere sopra questa fazenda, et se l’è culpevole ho non, non relasando però fino a tanto che tu non haveray altro da nuy. Data Mediolani, xxv aprilis MCCCCLII. (a) Iacobus. Cichus. (a) Precede Ioha depennato. 402 Francesco Sforza agli uffici di San Giorgio e del sale di Genova 1452 aprile 23, Milano. Francesco Sforza chiede ai deputati agli uffici di San Giorgio e del sale a Genova di volerlo informare del quantitativo di sale prelevato a Genova e condotto nel Milanese negli anni 1446 e 1447 a nome di Michele Verro, allora conduttore del sale. Trasmettano per lettere tali informazioni lì a Genova al consigliere ducale Giovanni Feruffini e al segretario ducale Antonio Guidobono, che procureranno di farle avere al duca. 131r Spectabilibus et egregiis amicis nostris carissimis deputatis officiis Sancti Georgii et salis Ianue. Spectabiles et egregii amici nostri carissimi, per alcuna nostra casone vi confortiamo ch’el non vi gravi de informarvi et vedere le quantitate del sale levate dalì et conducte a queste nostre parte in li anni del MCCCCXLVI et XLVII proximi passati, cioè a nome de Michelo Verro, tunc conductore d’esso sale, distinctamente et particularmente de dì in dì et de quantitate in quantità. Et havuta questa informatione piaciave de mandarla in scripto per vostre littere, le quale vogliate fare assignare nelle mano del spectabile domino Giovane Ferrofino, nostro consiliero, et Antonio Guidobono, nostro secretario, quali sonno lì, adcioché elli nelle possino subito mandare qui. Data Mediolani, xxiii aprilis 1452. Facte in cancellaria Magistrorum intratarum ordine. Cichus. 403 Francesco Sforza ad Antonio da Fabriano 1452 aprile 26, Milano. Francesco Sforza avverte il famigliare ducale Antonio da Fabriano che, sicome i Presidenti e gli Anziani di Tortona gli hanno fatto osservare che alcuni con il pretesto dell’esenzione, ricusano di contribuire per il sale, egli precisa che nessuno, esente o non, è sottratto alla contribuzione del sale. Prudenti viro Antonio de Fabriano, familiari nostro dilecto. Secondo ne scriveno li Presidenti et Anciani della città nostra de Terdona sonno alcuni che sotto pretesto de exemptione recusano contribuire per lo sale, et perché niuna exemptione se extende al facto del sale et anche nostra intentione non è che alcuno se tira indreto da contribuire alla impositione del dicto sale, volemo et te commandiamo che astrenzi cadauno sia chi si voglia, et cossì, exempto como non, ad contribuire per lo dicto sale, nonobstante exemptione alcuna. Et cussì ne faray advisati li Anciani, adciochè più promptamente se possa mettere ordine alla satisfactione. Data Mediolani, die xxvi aprilis 1452. Geronimus cancellarius domini Angeli Simonette. Iohannes. 404 Francesco Sforza ad Antonio Zoppo 1452 aprile 26, Milano. Francesco Sforza ringrazia Antonio Zoppo della sua disponibilità e lo assicura che se ne avvarrà in caso di bisogno. 131r Egregio dilecto nostro Antonio Zoppo. Per una toa data a xxi de aprile restiamo advisati de quello ne scrivi, et della bona toa dispositione restiamo advisati et te ne commendiamo, avisandote che ne usaremo in caso accadesse. Data Mediolani, die xxvi aprilis 1452. Irius. Cichus. 405 Francesco Sforza al podestà di valle Sesia 1452 aprile 26, Milano. Francesco Sforza scrive al podestà della valle Sesia che, a proposito di Guglielmo da Parono, da lui detenuto per furto che, diligentemente indagando, troverà gli indizi che secondo gli ordini e gli statuti della Valle gli consentiranno di amministrargli giustizia. Nobili viro potestati nostro Vallis Sicide. Respondendo brevemente ad quello ne hay scripto de quello Guilielmo da Parono, quale hay in le mano per furto, et cetera, dicemo in poche parole che gli dei fare rasone secondo li ordini et statuti de quella valle, perché tu trovaray bene li indicii se tu gli voray cerchare. Data Mediolani, die xxvi aprilis 1452. Irius.(a) (a) Segue Reverendo in Christo patri domino Baptiste Vicecomiti, Dei gratia episcopo Novariensi comiti et consiliari nostro dilectissimo depennato. 406 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 aprile 27, Milano. Francesco Sforza dice a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono di aver inteso dalle loro lettere la buona disposizione del doge e del capitano. Quanto alla guerra, il loro auspicio è che duri tutto il tempo necessario per aver i loro denari e per tutto il tempo che dura la lega, vale a dire più di quattro anni. La qual cosa è esattamente il contrario di quanto egli vuole, perché una simile durata sarebbe a suo grande sfavore. Circa l’offerta da loro fatta di dare “segurtà” in Zenoa con un intervento finanziario di Firenze e di Milano, ciò sarebbe vergognoso, perché in conformità dei capitoli non si dovrebbe ricercare tale “segurtà”. A queste due risposte non vorrebbe aggiungere altro, restando in attesa di essere informato di quanto avverrà lì dopo il ritorno di Leonardo con il quale ha discusso ampiamente. Ricorda loro il già richiesto invio del padiglione, del cammello e dei barbareschi. 132r Domino Iohanni de Alexandria et Antonio de Guidobonis. A doe vostre littere de xxi et xxii del presente, scripte insieme et separate, respondimo che tucto havimo inteso della bona dispositione del duxe et del capitano, della quale nuy siamo certissimi. Quanto alla parte della deliberatione della guerra, quali diciti che vorriano durasse tanto quanto penereveno et stareveno ad havere li denari, dicimo che questo ne pare quello medesmo ch’è dicto alli dì passati, cioè quanto che durasse laliga, che veneria a durare per questa via questa tale restitucione più de quatro anni, che veneria ad essere pur in quello modo che domandaveno prima, cioè che durasse tanto quanto duravalaliga; siché a questa parte dicimo quello havimo dicto per le altre, che a nuy non pare, perché questo seria troppo nostro grande desfavore. Alla parte della proferta che vuy haveti facta de dare segurtà in Zenoa, s’eI accaderà farse armata publica che li signori Firentini et nuy pagarimo quella parte ne tocarà, dicimo che questo a nuy non ne pare per niente, perché seria troppo nostro gran mancamento et vergogna; et daressemo ad intendere nuy stessi che volessemo essere mancatori dellaliga, considerato che essendo li capituli como gli sonno, non se doveria recercare tale segurtà. Et se maravigliamo per certo de vuy misser Zohanne che habiati facta profertala quale, como havimo dicto, cederia in grandissimo vituperio, mancamento et disfavore nostro. A nuy non pare de fare altra resposta a queste vostre littere, perché bastave habiamo dichiarato queste doe parte de sopra, et aspectarimo essere avisati da vuy de quanto serà seguito là per la retornata de ser Leonardo, al quale parlassemo largamente. Se maestro Francesco Bianco non è venuto alla recevuta de questa, solicitati che vegna subito con tucte quelle cose che sapeti vuy, et se maravigliamo che non sia venuto et che ve ne habiamo scripto tante volte et che per queste vostre ultime non ne habiati scripto alcuna cosa. Recordateve de fare ne sia mandato el paviglione, el camello et li barbareschi, como per altre nostre ve habiamo scripto. Ulterius ve avisamo che lo dì de Sancto Zorzo cavassimo fuora de Milano li nostri standardi sula campagna et havemo spazate tucte le nostre gente et comenzate ad redunarle. Venetiani hanno facto loro gente de qua alle frontere et ogni dì fanno mile mali et mile dishonestate. Nuy ve mandamo lalista dele loro gente qui inclusa, siché la vederiti et monstrareti ad chi ve pare. Mediolani, xxvii aprilis 1452. Persanctes. Cichus. 407 Francesco Sforza a Moler Othman 1452 aprile 29, Milano. Francesco Sforza si avvale della cordialità mostratagli da Moler Othman, re della Barberia, con l’invio dei suoi ambasciatori per chiedergli di voler far fare delle ricerche di un giovane di venticinque anni, di cui si segnalano alcuni dati somatici, il cui nome è Corrado dal Borgo della città di Cremona. Egli è scomparso dodici anni fa e ora si presume che sia nel suo paese. Desiderio del duca è di restituirlo al padre. 132v Serenissimo principi et excellentissimo domino domino honorandissimo domino Moler Othman, regi Barbarie et cetera. Serenissime princeps et excellentissime domine domine honorandissime, lo omnipotente Dio conservi et accrescala vostra mayestà in felice stato per lo amore et caritate, la quale ne ha monstratala vostra serenità per la visitatione deli vostri honorandissimi ambassatori ne presta ardire a domandare uno singulare piacere et contentamento alla vostra excellentia. Quello che voressimo è questo: già sonno circa dodeci anni et più che uno zovene de etate de anni circha xxv, nominato Conrado dal Borgo della nostra città de Cremona, figliolo de uno nostro cavallero, nominato domino Iacomo, se disperse et may non se potè sapere dove el fosse, salvo che adesso, per certi signali dati, se credi et presume ch'el sia in lo paese della vostra excellentia, ma non se sa in quale terra né su quale galea. Questo iovene è de bona statura et grandeza, alborosso, cum duy oghi belli et grossi; et perché siamo molto desyderosi de haverlo per poterlo havere per restituire al padre, pregamo quanto più possiamo la serenità vostra che se digni per nostra complacentia fare vedere et investigare per tucto lo terreno et dominio suo s’eI dicto Conrado se ritrova et mandarnelo a Genova. Offerendosi sempre alli piaceri et commandi della serenità vostra. Data Mediolani, xxviiii aprilis 1452. Ser Iacobus. 408 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 aprile 28, Milano. Francesco Sforza esprime a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono la sua soddisfazione per il buon trattamento usato verso l’ambasciatore del re di Barberia, che è stato congedato con regali di belle armature, astori, drappi e altre cose per il Re, oltre a indumenti dati agli accompagnatori dell’ambasciatore, che ha pure visitato il castello di Pavia. Il duca vorrebbe che il doge esentasse dal dazio i regali fatti all’ambasciatore, ma qualora ciò non fosse possibile se ne assumano loro il pagamento dovuto. 135r Domino Iohanni de Alexandria et Antonio Guidobono Ianue. Havimo molto honorato, accarezato et etiam apresentato questo magnifico ambassatore del serenissimo re de Barbaria in modo che, secondo el nostro iudicio, se parte molto bene contento e satisfacto da noy, et havimo facto vestire li suoy et ulterius facto dare alcune (a) armature belle, astori bellissimi, drappi, fornimente da uselli et altre de belle cose de qua per presentare alla mayestà del re, et certe remanimo troppo contenti del’honore gli havimo facto. Ulterius havimo scripto che gli sia monstrato il nostro castello de Pavia et havimo scripto alla mayestà del Re littere molte piacevele in bona forma. Volimo adonque che ancora vuy lo debiate acarezare et confortare, et pregare lo illustre duce ch’el non gli lassi pagare el datio dele cose che gli havimo donate, et quando pur non se potesse obtinere, volimo più presto pagare nuy che lassarli pagare loro. Data Mediolani, xxviii aprilis 1452. Ser Iacobus. Cichus. (a) alcune ripetuto. 409 Francesco Sforza a Bonifacio de Valperga 1452 aprile 28, Milano. Francesco Sforza fa sapere a Bonifacio de Valperga che lo zio Antonio ha segnalato la disponibilità a fare quanto il duca vorrà approfittando della sua andata in Francia. Lo Sforza chiede che lo si raccomandi al sovrano e a re Renato, oltre a salutare messer Teodoro, cui è molto affezionato. Spectabili amico nostro carissimo Bonifatio de Valperga. El spectabile Antonio da Valperga, vostro barba, ne ha significato che siti per andare de proximo in Franza et ne ha proferto, per vostra parte, se volimo più una cosa che un’altra in là che la fariti volontiera, della qual cosa ve rengratiamo singularmente, benché non habiamo niente de novo da vuy né dala casa vostra, la quale sempre havimo conosciuta afectionatissima ad nuy et al stato nostro, el quale veramente potiti reputare vostro. Ma per adesso non 135v non (a) ne achade dire altro salvo che andando vuy cum la beneditione de Dio vi piacia recomandare alla mayestà del re de Franza, et etiam del re Renato, et salutare per nostra parte el magnifico miser Theodaro, el quale havimo in loco de fratello. Delle cose de Italia non dicemo altro, perché siamo certi ch’el predicto Antonio ve advisarà de quanto occorre. Data Mediolani, die xxviii aprilis 1452. Ser Iacobus. Cichus. (a) Segue non ripetuto. 410 Francesco Sforza al capitano del Vergante 1452 aprile 28, Milano. Francesco Sforza informa il capitano del Vergante che il suo squadriero Giovanni da Scipione alcuni mesi prima diede licenza al suo famiglio Giovanni Visconti di andare a casa portando con sé un cavallo, una giornea di velluto e una pancera. Non essendosi da allora fatto più vedere, gli manda ora la persona a cui il capitano deve prestare aiuto perché ottenga le cose e il cavallo che il famiglio ha portato via a Giovanni. Nobili dilecto nostro capitaneo Verganti. Lo strenuo Zohanne da Scipione, nostro squadrerio, ne ha narrato como più mesi sonno dè licentia per andare ad casa et tornare ad uno suo famiglio, chiamato Zohanne Vesconte, quale andò via et menò uno suo cavallo et portò una giornea de velluto et una panzera, et già sonno più dì et mesi non è may ritornato nì ritorna, et per questo manda là lo exhibitore presente, al quale volimo, et te commandiamo che, senza alcuna longeza de tempo, gli debbi fare satisfare la robba et cose et cavallo dicto Zohanne Vesconte ha menato et portato de epso Zohanne da Scipione, per modo remangano d’acordo cum luy de quello serà giusto et ragionevole, operando et exequendo per modo non bisogni scrivere né replicare altramente questo facto, né bisogni che Zohanne remandi altramente là per questa facenda. Data Mediolani, die xxviii aprilis 1452. Facinus. Replicata ultimo ianuarii 1453 dicto capitaneo et Georgio Vicecomiti. Cichus. 411 Francesco Sforza a Luca Sclavo 1452 aprile 29, Milano. Francesco Sforza esprime al conestabile ducale Luca Sclavo la sua soddisfazione per come si comporta e lo esorta a continuare a tenere simili comportamenti per l’avvenire. Vuole che conforti i servitori ducali a bene sperare. 136r Strenuo conestabili nostro dilecto Luce Sclavo. Havimo inteso li avisi ne hay dati delle cose delà, circha li quali non accade dire altro se non che te commendiamo della diligentia usata et te caricamo vogli fare el simile per l’avenire et stare attente et vigilante et confortare quelli nostri servitori a stare de bona voglia, perché in breve farimo tale provixione che restarano bene contenti. Mediolani, xxviiii aprilis 1452. Irius. Cichus. 412 Francesco Sforza al podestà di Castellazzo 1452 aprile 29, Milano. Francesco Sforza informa il podestà di Castellazzo di aver saputo dal suo uomo d’arme Giovanni Albanese che giorni prima un suo famiglio è scappato portando via la cavalla di un cavallaro ducale finita in mano di Tommaso Boydo; il duca ha disposto che Giovanni paghi detta cavalla al cavallaro di cui sopra. Siccome non è onesto che Giovanni rimetta la spesa per l’animale portato via da un suo famiglio, vuole che il podestà disponga che la cavalla trovata presso Tommaso sia data a Giovanni. Potestati Castellacii. Dilecte noster, alli dì passati, secondo ne dice Iohanne Albanese, nostro homo d’arme, presente exibitore, s’è fugito dalui uno suo famiglio, quale menò via una cavalla de uno nostro cavallaro, la qual cavalla siamo informati è in mano de Tomasso Boydo de quella nostra terra, et havendo noi informatione como uno famiglio del dicto Zuhanni haviva menato viala dicta cavalla, volsemo che lui la pagasse al dicto cavallaro, et così ha pagato. Unde parendo ad noy non sia honesto né raxionevele che, essendo fugito dal dicto Iohanni el famiglio cum la cavalla, lui debbia pagarla, te comettimo et volimo che, retrovandose la dicta cavalla in mano del dicto Tomasso la fazi dare et consignare al dicto Zuhanni Albanese, perché lui l’à pagata, et il dicto famiglio, quale l’ha menata via, non l'ha possuta vendere, siché provedi el dicto Iohanni (a) habbia la dicta cavalla et sia subito expedito, che non habia a demorarse lì. Data Mediolani, die xxviiii aprilis.1452. Zanectus. Iohannes. (a) Segue habi depennato. 413 Francesco Sforza ai marchesi di Incisa 1452 aprile 29, Milano. Francesco Sforza chiede ai marchesi di Incisa che consentano al famiglio Giovanni Chiappano di poter tagliare il legname necessario per munizione della cittadella di Alessandria. 136v Spectabilibus carissimis nostris marchionibus Incisie. Perché c'è necessario havere certo ligname per munitione della nostra citadella d’Alexandria, ve confortiamo et pregamo vogliati ordinare che Zohanne Chiappano, nostro famiglio, ne possa fare tagliare et tuore quella serà expediente per fornimento della dicta citadella, de che ne compiacereti grandemente. Data Mediolani, die xxviiii aprilis 1452. Irius. Cichus. 414 Francesco Sforza a Giovanni Chiappano 1452 aprile 29, Milano. Francesco Sforza dice al famigliare ducale Giovanni Chiappano di essere soddisfatto di quanto ha fatto per le provviste della cittadella di Alessandria e vuole che prosegua perché venga fornita di tutto quello che è necessario. Quanto alla provvista di legname, ha scritto ai marchesi d’Incisa perché gli consentano di prendere il legname occorrente per detta cittadella. Nobili familiari nostro dilecto Iohanni de Ghiappanis. Ne piace, respondendo alle toe littere, la provisione quale dice essere facta a quella nostra citadella et ne restiamo molti contenti. Nondimeno te caricamo et stringemo che metti ogni studio et diligentia toa acciò sia fornita del’altre cose expediente et presto perché, quanto più presto et meglio serà fornita d'ogni cosa, tanto ne serà più grato et più te ne commendarimo. Alla parte del lignamo per munitione della citadella scrivemo per l’alligata alli marchesi de Incisia che ad ogni toa rechiestalassano tuore del dicto lignamo per munitione della dicta citadella. Data Mediolani, die xxviiii aprilis 1452. Irius. Cichus. 415 Francesco Sforza al podestà di Alessandria 1452 aprile 29, Milano. Francesco Sforza ordina al podestà di Alessandria di andare a stare nel palazzo a causa di certe voci che circolano, cui non crede. Comunque avvertenza esige che si sia in grado di poter subito fronteggiare ogni evenienza. 137r Nobili viro et potestati nostro Alexandrie. In quella nostra città intendiamo essere levate et facte certe novelle et vociferratione quale, benché siano tutte false, nondimeno sono de tale natura che poteriano alcuna fiada generare scandalo. Pertanto, adciochè accadendo alcuna cosa, che non crediamo, però se gli possa subito reparare, te commettiamo et volimo che subito vadi a stare in palazo. Et in questo non sia exceptione alcuna. Data Mediolani, die xxviiii aprilis 1452. Irius. Cichus. 416 Francesco Sforza a Niccolò Campanari 1452 aprile 29, Milano. Francesco Sforza comanda a Niccolò Campanari, commissario in Alessandria, di fare in modo che Antonello dal Borgo sia celermente soddisfatto dei denari che gli si devono per essere del tutto disponibile. Prudenti viro Nicolao de Campanariis, dilecto commissario nostro in partibus Alexandrie. Adcioché il spectabile et strenuo Antonello dal Burgo sepossa mettere in poncto, como fanno l'altre nostre gente, volimo et te commettimo che cum industria et solicitudine et celerità tu tegni modo che sia spazato del resto delli denari ch’el debbe havere per l’assiguratione gli havimo facta soprala tracta delle biave. Et sforzatelo fare se tu hay voglia fare cosa a nuy grata. Ex Mediolano, xxviiii aprilis 1452. Ser Iacobus. Cichus. 417 Francesco Sforza al podestà di Trecate 1452 aprile 28, Milano. Francesco Sforza scrive al podestà di Trecate che, atteso quanto ha promesso Giorgino de Piemonte di essere, cioè, disponibile a soddisfare in tutto quello per cui Giovanni Bianco è imputato per il furto del pesce, vuole che rimetta detto Giovanni in libertà. 137v Prudenti viro dilecto potestati nostro (a) Tricate. Attenduto quanto tu ne scrive per informatione dela imputatione facta ad Iohanne Bianco per la robbaria del pese, et consyderato maxime che Georgino de Piemonte ne ha promisso de satisfare in tucto quello de che se trovasse in defecto el dicto Zohanne Bianco, siamo contenti et volimo che lo debbi liberamente relaxare. Et cussì fa’, non aspectando altre littere da nuy sopra ciò. Ex Mediolano, xxviii aprilis 1452. Iacobus. Cichus. (a) Segue Casorate depennato. 418 Francesco Sforza a Battista da Burgo 1452 aprile 29, Milano. Francesco Sforza ordina a Battista da Burgo, commissario di Oleggio, che in seguito alla supplica degli uomini di Trecate e anche a quanto ha scritto Oldrado da Lampugnano, se detti uomini pagano la loro debita tassa, non vengano molestati oltre il debito. Egregio doctori domino Baptiste da Burgo, commissario Olegii nostro dilecto. Li homini di Tercate hanno sporto la inclusa supplicatione, et misser Oldrado da Lampugnano ne ha scripto quanto per soe, etiam qui incluse, intendereti. Pertanto volimo che, essendo cossì, como in dicta supplicatione se contene, provediati che non sianno astrecti a pagare doe taxe, né più taxa, che quella gli tocha debitamente per la soa ratta parte et che, pagando loro la taxa soa debita, non siano più molestati contra el debito. Data Mediolani, die xxviiii aprilis 1452. Marchus. Iohannes. 419 Francesco Sforza a Giorgino e a Tommaso de Piemonte 1452 aprile 29, Milano. Francesco Sforza ingiunge a Giorgino e a Tommaso de Piemonte di non dar luogo alle lamentele degli uomini di Trecate che li rimproverano di volere il fieno e di pretendere pure di tagliare le erbe. Si attengano all’uno o alle altre. Strenuis dilectis nostris Georgino et Thomasio de Pedemonte. Intendimo per lamenta deli homini da Tercate che ultra il feno, che ve è dato per la vostra ratta, gli tagliati 138r l'herbe. Et perché non ne pare honesto che ve habiati l'uno et l'altro, ve dicimo et commandamo che togliati el feno o I’herba, togliendo il feno non gli tagliati l'herbe, et voleti l'herbe toglietele, ma non gli dati impazo del feno. Et fate de questo non sentiamo più lamenta. Data Mediolani die xxviiii aprilis 1452. Marchus. Iohannes. 420 Francesco Sforza a Francesco de Lampugnano 1452 (aprile) 28, Milano. Francesco Sforza scrive al cameriere ducale Francesco de Lampugnano, che la risposta datagli da Filippo Spinola in merito a quanto gli ha riferito per il fatto di Gregorio Doria e alle faccende per cui l’ha mandato là, ha tutto il sapore di una beffa. Gli faccia sapere che avverrà che lui chieda ancora di Francesco, ma non gli sarà consentito di andare e ogni suo pentimento sarà vano. Nobili viro Francisco de Lampugnano, camerario nostro dilecto. Havimo inteso la risposta te ha facto Filippo (a) Spinola ad quanto gli hay referito per nostra parte circalo facto de Gregorio Doria et alle altre cose per le quale te mandassemo da luy. Dicemo che ne pare che luy faza pocho stima de noy, et quodammodo se ne faza beffe. Et perché volimo gli dichi che, volendo venire alle conclusione, te diximo ch’el faza presto, caso che non volimo, subito te ne ritorni et non dimorare niente più lì, ma volemo bene gli dichi che credemo lo facto suo se redurà ad tale termino ch’el haverà bisogno et mandarà ancora per ti, et non gli seray lassato andare, et lo pentire suo non gli giovarà, perché non serà stato ad hora. Data Mediolani, xxviii [aprilis] 1452. Cichus. Cichus. (a) Filippo in interlinea. 421 Francesco Sforza a Melchione da Parma 1452 aprile 30, Milano. Francesco Sforza risponde a Melchione da Parma, castellano della rocca di Castellazzo e gli dice di aver scritto al podestà di là di sospendere la costruzione del muro verso la rocca finché suo fratello Corrado arriverà là per intendersi con lui sul da farsi. Lo informa che si trattengono a lui due paghe, così come si fa con tutti gli altri. Gli fa presente che alla Banca dei soldati si riscontrano dei mancamenti nelle mostre fatte, per cui deve mandare uno dei suoi che ne dia spiegazioni. Quanto alle sue paghe, i Maestri delle entrate straordinarie hanno disposto che gli vengano, secondo il suo desiderio, pagate lì. 138v Dilecto nostro Melchioni de Parma, castellano arcis Castellacii. Havimo inteso quanto tu ne hay scripto. Dicimo che havimo scripto là ad quello potestà et homini che non tireno più ultra quello muro che fanno stare verso quella rocha finché Conrado, nostro fratello, sia. Siché como luy serà gionto là, fa che te intendi cum luy et provedati a quanto bisogna. All'altra parte dicimo che ad ti se retengono doe page, cossì come se fa universalmente ad tucti li altri, siché de questo non te devi lamentare. Ancora per qui, alla Bancha delli nostri soldati ti se trovano alcuni mancamenti in le monstre che ti sonno state facte; vogli mandare qui uno deli tuoy che intenda il facto tuo et (a) che sappi como passa. Alla parte delle toe paghe li nostri Maesti ex(tra)ordinarii hanno ordinato che te siano pagate lì, como tu rechiedi, siché non dicimo altro. Data Mediolani, ultimo aprilis 1452. Persanctes. Cichus. (a) et in interlinea. 422 Francesco Sforza a Giovanni Feruffini e ad Antonio Guidobono 1452 maggio 1, Milano. Francesco Sforza in risposta alla lettera di Giovanni Feruffini e di Antonio Guidobono in Genova dispone che il marchese di Villafranca ritorni a casa sua non potendo fare diversamente da quanto promessogli da tempo; intende comunque soprassedere fino a che non sarà chiarita la faccenda tra il doge e Giovanni Filippo. Li informa che, per quanto concerne la Pietra e Gregorio Doria, ha mandato là Francesco da Lampugnano, suo cameriere, e ha constatato che i tempi non sono ancora propizi per le suggestioni che vengono fatte dai suoi amici e da alcuni di Genova. Si dice sempre fiducioso nell’aiuto che il doge gli farà avere dalla comunità genovese. Vuole, per ben comprendere come stanno le cose a Genova, che il Ferruffini vada da lui, mentre Antonio deve trattenersi lì. Domino Iohanni Ferrofino et Antonio Guidobono Ianue. Respondendo ad quanto ne haveti scripto per la vostra de dì xxv, et primo, al facto del marchese de Villafranca, dicimo che nuy disponimo al tucto che, per honore nostro costuy ritorna in casa soa, perché non possimo fare de manco, senza nostro grande mancamento et vergogna, attente le promisse che lo dicto marchexe ha havuto da nuy già longo tempo e como siati bene informati, ma volimo soprasedere finché questo facto fra quello signore duxe et Iohanne Filippo sia chiaro. 139r De ser Leonardo havimo inteso quello scriveti. Se maravegliamo che ancora non sia venuto là. Pur nondimeno gli havimo scripto ch’el venga via subito, perché sapimo che più dì sonno fo expedito là. Del venire del capitaneo, havimo inteso quello scriveti. Non dicimo altro se non che tucta volta ch’el venirà da nuy, serà ben veduto et ricevuto como fratello proprio. Alla parte della Preda et de Gregorio Doria, ve advisamo che nuy havevamo mandato là per acconciare questo facto Francisco da Lampugnano, nostro camarero, et dal canto nostro non gli havimo mancato in cosa alcuna per redurlo ad bono effecto. Pur trovamo la cosa non essere in quelli termini che credevamo, et questo solamente procede per li conforti et persuasione che gli sonno facti da amici suoy proprii et da alcuni che stanno in Zenova. Ultra ciò, perché non credimo che quello illustre signore duxe non facia pensieri de farne havere da quella comunitate quello adiuto et subsidio sapeti, volimo, per intendere bene questo et l'altre cose delà cum fondamento, vuy, misser Zohanne Ferrofino, venati subito da nuy et tu, Antonio, remani a Zenova, et caso che alla recevuta de questa tu, Antonio, fuste partito da Zenova (a), volimo che tu torni indreto et lassa venire esso misser Zohanne. Data Mediolani, die primo maii 1452. Persanctes. Cichus. (a) Da et caso a Zenova a margine. 423 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 aprile 30, Milano. Francesco Sforza accusa ricevuta della lettera del suo famigliare Ludovico da Bologna circa gli alloggiamenti degli uomini d’arme di Bartolomeo Colleoni. Lo informa di aver scritto al podestà e alla comunità di Tortona, comandando loro di eseguire quanto è stato ordinato. 139v Nobili dilecto familiari nostro Ludovico de Bononia. Habiamo ricevuto la toalittera et inteso quanto ne hay scripto circa il facto delli alogiamenti delli homini d’arme del magnifico Bartholomeo Coglione. Respondendote, dicimo che per nostre littere scrivemo opportunamente al potestà et communità de quella città nostra de Terdona che debiano exequire quanto altre volte gli è stato scripto, siché più non habiamo a sentire querella. Il perché haveray tu ad solicitare che fazano il devere. Data Mediolani, die xxx aprilis 1452. Bonifacius. Iohannes. 424 Francesco Sforza al podestà, alla comunità e agli uomini di Tortona 1452 aprile 30, Milano. Francesco Sforza fa presente al podestà, alla comunità e agli uomini di Tortona la sua sorpresa che, nonostante le lettere in materia scritte loro per gli alloggiamenti degli uomini d’arme del Colleoni, questi si sia ancora lamentato di ciò con Ludovico da Bologna. Comanda che diano esecuzione a quanto loro imposto. Nobilibus et prudentibus viris potestati, communitati et hominibus civitatis nostre Terdone nostris dilectis. Più volte per nostre littere habiamo scripto circa il facto delli allozamenti delli homini d’arme del magnifico Bartolomeo Coglione per modo che credevamo horamay non dovessemo recevere più querelle. Et pur pare per le lamentele ne ha facto il prefato magnifico Bartolomeo che, secondo ne scrive Ludovico da Bologna, che non haveti exequito cosa alcuna, immo haveti postergato esse nostre littere, della qual cosa molto se ne maravegliamo. Pertanto de novo ve commandiamo et volimo che debiati exequire integramente quanto per esse nostre littere ve habiamo scripto, altramente, recevendone più querelle, ne dareti materia de fare sopra ciò altra provisione. Data Mediolani, die ultimo aprilis 1452. Bonifacius. Iohannes. 425 Francesco Sforza al podestà, al capitano, al referendario e ai deputati agli affari della città di Tortona 1452 maggio 2, Milano. Francesco Sforza ordina al podestà, al capitano, al referendario e ai Deputati agli affari della città di Tortona che Alessio de Dilectis, cavallaro ducale, non sia trattato peggio degli altri suoi colleghi che sono esonerati dagli oneri del sale e dalla tassa dei cavalli oltre dagli altri aggavi locali. Potestati, capitaneo, referendario et deputatis negotiis civitatis nostre Terdone. Dilecti nostri, conqueritur Alesius de Diletis, caballarius noster illic deputatus, quod ad instantiam communitatis ill(i)us nostre artari velle videtur ad contribuendum oneribus leve salis et taxe equorum ac aliorum gravaminum dicte communitati incumbentium, quodque deterioris non debet esse conditionis aliis caballariis nostris, qui ab oneribus eiusmodi preservantur. Scribimus igitur vobis et volumus quatenus eundem Alesium in facto dictorum onerum tractetis et tractari faciatis iis modo et forma, quibus tractantur ceteri caballarii nostri qui ab eisdem oneribus preservantur. Nam, cum eius servitium nobis gratum sit et acceptum, non meretur aliis caballariis nostris peius pertractari. Data Mediolani, die secundo maii MCCCCLII. Iohannes. 426 Francesco Sforza a Lorenzo e a Raffaele, fratelli Ratti 1452 maggio 2, Milano. Francesco Sforza comunica a Lorenzo e a Raffaele Ratti, che gli uomini d’arme del Colleoni, alloggiati nella valle dei Ratti, si lagnano per non avere quanto loro spetta dagli uomini di detta valle e, siccome essi devono prestissimo portarsi in campo, vuole che detti fratelli provvedano a che siano accontentati. Se ciò non avverrà, sarà costretto a dare licenza a detti uomini d’arme di scorrere la valle per potersi pagare. Nobilibus viris Laurentio et Raphaeli, fratribus de Rattis dilectis nostris. Li homini d’arme del magnifico Bartholomeo Coglione, allozati nella valle delli Ratti, ne hanno facto lamenta che non pono conseguire el dovere suo delle taxe dalli homini della dicta valle. Et perché hanno essi homini d’arme a trovarsi prestissimo in campo, ve carichamo et vogliamo che provediati gli sia facto integramente il devere suo acciochè possano fare quanto hanno a fare et subito possano reusire in campo dove serà la nostra persona. Data Mediolani, die ii maii 1452. Avisandovi che se li dicti homini d’arme non serano contentati et satisfacti, serà necessario che li faciamo licentia che corrano per la dicta valle per potersi pagare. Siché per schivare quello scandallo, provedeti che essi homini fazano il devere. Data ut supra. Bonifacius. Iohannes. 427 Francesco Sforza a Corrado Fogliano 1452 maggio 2, Milano. Francesco Sforza vuole che il fratello Corrado, luogotenente di Alessandria, accertata la verità di quanto contestato dal cavallaro Ruggero da Rossano che né lui né gli altri suoi hanno ricevuto le tasse che sono state loro ordinate in Alessandria per più mesi, provveda che in ogni modo essi vengano soddisfatti. 140v Magnifico germano nostro carissimo Conrado de Foliano, locumtenenti Alexandrie. Molto se è agravato el strenuo cavalaro misser Rugiero da Russano che, né luy, nelli suoy fina qui hanno potuto consequire le loro taxe ordinate in Alexandria, allegando che le debeno havere de più mesi passati. Del che ne siamo maravegliati perché a poche o ad nulle del'altre nostre gente è intervenuto questo. Et pertanto volimo che tu te informi di questo, e trovando essere cossì, como dicto Rugiero ce ha exposto, farali per ogni modo e via satisfare de quanto restano havere per caxone de dicte taxe. Ex Mediolano, ii maii1452. Ser Iacobus. Cichus. 428 Francesco Sforza a Battista Visconti 1452 maggio 2, Milano. Francesco Sforza comunica a Battista Visconti, capitano del divieto nel territorio novarese, di aver ordinato a tutti i soldati sistemati nel Tortonese e nel Novarese che devono andar via da lì e trovarsi il nove, o al più tardi il dieci del mese, nel Lodigiano a Corno per andare in campo. Vuole, perciò, che si trovi con i predetti uomini e non li abbandoni fino a che il giorno dieci saranno alloggiati al Corno, dove troverà chi dirà il da farsi. Allora egli potrà far ritorno al suo ufficio, ma avendo avuto cura che le truppe non facciano danni ai sudditi. Per il percorso si accorderà con Raffaele Zaccaria, capitano della Lomellina, tenendo presente che la via da seguire è quella di Parasacco: si fermeranno al di là del Ticino, per passarlo il giorno seguente di buon’ora, sostando poi sulla sponda opposta del fiume. Informi il duca sul numero dei cavalli con cui si è mosso e sul passaggio del Ticino. Si è scritto similmente ad altri indicati in elenco. Nobili viro Battiste de Vicecomitibus, dilecto capitaneo nostro devetus (in) territorio Novariensi. Dilecte noster, nuy havemo scricto e ordinato ac tucte le nostre gente allozano in Tertonese et in Novarese, et cusì scrivemo per alligate ac quilli che allogiano in la tua iurisdistione che se debbiano levare con tucti li cavalli, cariagii et arme loro et venire via per modo che a dì viiii, o x del presente al più tardo, se trovano allogiati in Lodessana al Corno per andare fora in campo. Pertanto te commectimo et volemo che subito, hauta questa, te trovi cum li predicti et cum loro pigli provisione che se leveno per modo che, senza fallo alcuno, a dì x del presente, se troveno allogiati al Corno, como havimo dicto, et tu, volemo che venghi cum loro et non li abandone may finché siano allogiati al Corno, dove trovaray uno deli nostri, quale gli ordenerà quello che haverano ad far. Et allogiati che siano, te ne poray tornare al tuo officio, habiando cura che in levare de queste gente non se faza a rencrescimento ali homini nostri, et venire per luochi dove se faza manco damni sia possibile ali nostri subditi, intendendoti prima che te levi cum Rafaele Zacharia, nostro capitaneo de Lomelina, perché aluy havimo scripto che se intenda con ti, et faray la via da Parasacho dove, cioè, dal canto dellà da Tesino, poray allogiare et l'altro dì, ad bona hora, passare Tisino. Et fa che per ogni modo te trove con le dicte gente al Corno al dicto dì decimo. Et advisarane poy per toalittera quando li haveray conducti et con quanti cavali. Così ne adviseray del dì che passaray Tesino con queste gente. Siché del tuto siamo ben chiari. Data Mediolani, ii maii 1452. In quello dì che passareti con la gente Tesino, allogiate da qua presso ala 141r riva et l'altro dì venati via de tracta, como havimo dicto. Et questo nuy facimo per magiore commodità d’esse, perché haverano pur da fare assay in quello dì passarà Tesino, ad allogiare de qua, como è dicto. Data ut supra. Persanctes. Cichus. In simili forma scripte fuerunt infrascriptis: strenuis viris Georgino et Thome de Pedemontibus, squatreriis nostris dilectis; magnificis et strenuis viris Francisco, Americo et Barnabovi, fratribus de Sancto Severino, armorum ductoribus; strenuis viris Alberto Vicecomiti et Pupo de Pisis, squadreriis nostris dilectis. 429 Francesco Sforza a Francesco Capra 1452 maggio 3, Milano. Francesco Sforza comunica al famigliare ducale Francesco Capra di aver scritto al podestà di Montacuto di far avere ad Azolino di Montacuto, già castellano di Pallavicino, le paghe dovutegli per tutto il tempo che ebbe tale carica, ma trattenendogli le munizioni prese della detta rocca. 141v Nobili viro Francisco della Capra, dilecto familiari nostro. Havimo scripto al potestà de Monte Acuto che facia satisfare Azolino de Monte Acuto, già castellano de Palavisino, de quello deve havere, zoè per le paghe che ha tenuto et per lo tempo (a) che gli (è) stato. Pertanto volimo che tu gli faci satisfare de quello deve havere in lo modo che havimo dicto et paghando luy le municioni che ha havuto della dicta rocha. Mediolani, iii maii 1452. Persanctes. Cichus. (a) tempo ripetuto. 430 Francesco Sforza al podestà di Montacuto 1452 maggio 3, Milano. Francesco Sforza ricorda al podestà di Montacuto che il famiglio ducale Francesco Capra fece dare garanzia per Azolino da Montacuto, già castellano di Pallavicino, di farlo pagare del rimanente non percepito del suo salario. Vuole, perciò, che, considerate le paghe tenute nelle rocca e il tempo in cui vi fu, gli si saldi il suo credito. (a) Nobili viro potestati Montisacuti, dilecto nostro. Sappeti che l'altro dì Francisco Capra, nostro famiglio, fece dare securtade lì per Azolino da Monteacuto, già castellano de Palavicino de farlo paghare de quello gli resta del suo salario. Pertanto volimo che, inteso tu habii chiaramente et cum veritate quante paghe luy ha tenute in quella rocha et quanto tempo gli èstato, tu lo faci integramente satisfare de quello che deve havere, habiando advertentia de farlo paghare per le paghe che ha tenuto, et non per più. Et perché dicto Azolinoha havute alchune cose della municione della dicta rocha, volimo che tu gli le debie mettere a sue spese, como è iusto et raxonevele, et como havimo facto dire aluy. Et fa’ che tu gli daghi expedictione prestissimo, perché luy ha a retornare qua in li servicii nostri. Mediolani, iii may 1452. Persanctes. Cichus. (a) Precede Dilecto nostro Ludovico de Bononia super alogiamentis Terdonensibus deputato depennato. 431 Francesco Sforza a Ludovico da Bologna 1452 maggio 2, Milano. Francesco Sforza fa sapere a Ludovico da Bologna, deputato sopra gli alloggiamenti tortonesi, che immediatamente lui con tutte le sue genti, con tutti quelli del Colleoni e con quanti alloggiano nel Tortonese si devono levare di lì e andare nel Lodigiano sistemandosi a Corno Giovane e a Cornovecchio. Abbia l’avvertenza che la sua gente nel lasciare il posto di partenza e nel percorso di trasferimento non rechi alcun danno ai sudditi e provveda che l’arrivo nel Lodigiano sia al nove o al dieci del mese. 142r Ludovico de Bononia, super allogiamentis Terdonensibus deputato. Havendo nuy deliberato de redumare et mettere insiemi tute le nostre gente, volimo che inmediate, havuta questa, tu, con tuti quelli del magnifico Bartholomeo Coliono et con quelli altri che allogiano in Tertonese, ti debbi levare et venire via in Lodesana et allogiare al Corno Novo et lo Corno Veghio, dove troveray uno nostro che mandarimo lì, lo quale te informarà de quanto haveray ad fare, et facendo quello te dirà coluy, volimo che ti governe. Ma fa che per ogni modo tu sey con tucti li predicti al luoco dove havimo dicto per tuto dì nove o dece al più tardo del presente mese de magio, et che tucti vengano con cariagii et ogni altra cosa del suo. Et tu vedi de venire con costoro per luochi dove facia manco damno che sia possibile alli subditi nostri, ordinando ad cadauno che, per quanto ha cara la gratia et amore nostro, in levare dali allogiamenti et in lo venire, non facia uno minimo damno né rencrescemento ad persona che viva, advisando che se alcuno farà lo contrario, non el comportarimo, ma el castigaremo per tale modo che serà exempio ad ogniuno. Et advisane del dì che seray partito de Tertonese. Data Mediolani, ii maii 1452, die martis, hora vigesima. Persanctes. Cichus. 432 Francesco Sforza ai nobili de Scarampis de Vinicio 1452 maggio 3, Milano. Francesco Sforza sollecita i nobili de Scarampis de Vinicio ad avere atteggiamento di amicizia e benevolenza con i marchesi di Incisa, superando la vertenza per ragioni di confine che ora li divide. Cerchino di arrivare a una qualche bona conclusione; il duca è pronto, da parte sua, a intervenire perché rimangano buoni amici. Nobilibus de Scarampis de Vinicio. Spectabiles carissimi nostri, desiderando nuy de vivere bona amititia et benivolentia frali marchexii de Incissa et voy, como è stata continuamente per lo amore portamo ale case vostre, et intendendo de una certa differentia vertise fraloro et vuy per le confine del tenimento vostro, havemo deliberato scrivervi questa per la quale ve confortamo et caricamo non volgiati fare novitade alchuna contra li diti marchexii per dita casone, ma pilgiati qualche bona concluxione con loro, per modo remagniati in bona amicitia, et benivolentia como ne rendemo certi fariti, perché cognoscimo quelli gentilhomini essere talli che non se partirano dal’honesto. Et havendo nuy ad fare cosa alchuna perché remaginati boni amici in questo facto, lo farimo volenteri et de bona volgia. Data Mediolani, die iii maii 1452. Per Zanetum. Cichus. 433 Francesco Sforza ai marchesi di Incisa 1452 maggio 3, Milano. Francesco Sforza dice ai marchesi di Incisa di aver preso atto dei danni e degli oltraggi loro fatti dalle genti del marchese e di Guglielmo di Monferrato. Li assicura di aver scritto più volte a quei signori perché intervenissero ad evitare le offese recate dai loro sudditi agli uomini dei marchesi di Incisa. Provvederà che non siano più oltraggiati da nessuno. Magnificis carissimis nostris marchionibus Incisie. Magnifici dilectissimi nostri, per le vostre letre, maxime per quella de dì xxviii del pasato, restamo advisati deli danni et oltrazii ve sonno facti per le gente del marchexe et signore Guielmo de Monferrato, de che havemo havuto grandissimo despiacere; et ne retrorna non mancho contenti di questo, como se fosse facto ad nuy proprii. Nuy havemo più volte scrito et mandato a dire al marchexe et al signore Guielmo che vollessero providere che le gente loro non danezaserro li homini et cosse vostre, dandogli a vedere che quello rencrescimento era facto ad vuy et ali homini vostri tenevamo fosse facto ad nuy proprii, né deliberavamo comportarlo, pur intendendo lo acto hanno facto ad Cerreto. Deliberamo de novo scriverli o mandargli ad dolersi de questo facto, ita che non dubitamo per l’advenire non haveriti danno né rencressimento, ma ve confortamo ad stare de bona volgia, perché nuy in brevi ve farrimo sentire cosse che ve piaceranno et provideremo per modo non sarreti dannezati né oltrezati da nisuno. Data Mediolani, die iii maii 1452. Per Zanetum. Cichus. 434 Francesco Sforza al podestà di Cerredano 1452 maggio 4, Milano Francesco Sforza consente che, non appena i soldati del Novarese avranno passato il Ticino, il podestà di Cerredano, lasciato un sostituto capace, si assenti per quindici giorni dall’ufficio per portarsi a Cremona 142v Potestati Cerredani. Dilecte noster, siamo contenti et te concedemo, per tenore della presente che, lassando in tuo loco persona idonea et sufficiente quale satisfacia ad quello offitio fino alla tornata tua, como habiano passato Tisino quelle nostre gente loggiano in Novarese, tu possi stare absente da quello offitio per dì xv per venire a Cremona, computato lo andare, stare et retornare. Data Mediolani, die iiii maii 1452. Zannetus. Cichus. 435 Francesco Sforza a Bartolomeo de Porris 1452 maggio 4, Milano. Francesco Sforza ordina a Bartolomeo de Porris, podestà di Alessandria, che, siccome non è molto sicuro del condottiero Ruggero di Galli, convochi gli uomini d’arme e i compagni di Ruggero e imponga loro il giuramento di fedeltà al duca. Vuole, inoltre, che gli faccia avere una descrizione di tutti i cavalli e le armi del condottiero, sia personali che della sua famiglia in modo che i suoi famigli non portino via nulla. Gli invii un elenco di chi ha giurato, e dei cavalli dei singoli uomini d’arme e di quanti ve ne sono in casa di detto Ruggero. Egregio dilecto nostro Bartholomeo de Porris, potestati civitatis nostre Alexandrie. Nuy havemo uno pocho de differentia cum misser Rugiero di Galli, nostro conductero; pertanto per essere nuy più securi del facto nostro, te commettimo et volimo che, subito havuta questa, cum quello bono et honesto modo te parerà, tu habbi denanzi ad ti tucti li homini d’arme et compagni d'esso misser Rugiero et gli fazi zurare fidelitate in toe mane, che ne saranno fideli et non se partirano senza nostra licentia. Similiter volimo fazi descrivere tucti li cavalli et arme de domino Rugiero, cioè della persona soa et della famiglia soa, che li famili non menassero via niente, et poy ne manda in scripto tucti quelli homini d’arme haverano giurato fidelitate et cossì quanti cavalli havereti trovati alli dicti homini d’arme ad uno per uno, et in casa de misser Rugiero. Data Mediolani, die iiii maii 1452, hora noctis tercia. Zanettus. Cichus. 436 Francesco Sforza a Giovanni Ghiappano 1452 maggio 4, Milano. Francesco Sforza risponde alle lettere di Giovanni Ghiappano, cancelliere ducale in Alessandria, informandolo che scrive aluigi Bollero che gli manderà quanto necessita. Vuole che solleciti il podestà e gli Anziani di Alessandria a sistemare celermente il ponte. Esige che i castellani se ne stiano nelle fortezze e, quindi, non escano negli orti né altrove e tengano “la pianchetta” sollevata, abbassandola solo per necessità. 143r Egregio viro Iohanni Giappano, dilecto cancellario nostro Alexandrie. Veduto quanto per toe littere ne scrivi, te respondemo (a) al’una como nuy scrivemo ad misser Aluyso Bollero per l’alligatalittera, quale gli mandaray subito quanto ne occorre. Al'altra dicemo como per lo facto della reparatione del ponte in opportuna forma, secondo poteray videre, al potestate et Anciani delì, et tu ancora videray de solicitarli per modo presto senza dimora il dicto ponte se acconcia. Scrivemo ancora alli castellani stiano dentro dalle forteze senza pratichare de fuora, né in l'orti né altrove, et che la pianchetta stia alzata né se cali se non in caso de necessità. All'altre parte se farà provisione opportune. Data Mediolani, iiii maii 1452. Andreas Fulgineus. Andreas Fulgineus. (a) te respondemo ripetuto 437 Francesco Sforza al podestà e agli Anziani di Alessandria 1452 maggio 4, Milano. Francesco Sforza sollecita il podestà e gli Anziani di Alessandria a porsi subito all’opera perché sia riparato il ponte sul Tanaro, che attualmente non si può passare a cavallo montato. Ricorda loro che hanno ottenuto un dazio per la riparazione del detto ponte. Vuole che con la prima loro lettera gli comunichino il compimento di tale opera in modo che si possa cavalcare e fare trasporti in sicurezza. Impone al podestà di avere come sua principale preoccupazione tale lavoro. Richieda, se occore, l’aiuto di Giovanni Chiappano. Nobilibus dilectissimis nostris potestati et Ancianis civitatis nostre Alexandrie. Sentimo ch’el ponte lì de Tanaro sta in procinto de menare ruina et non se può cavalcare se non cum grande periculo et se non se mena il cavallo a mano, il che ultra che torni ad mancamento al’honore nostro et a vuy, poteria ancora nelli casi occorrenti tornarce ad gran damno. Per la qual cosa, recordandoce quella comunità havere da nuy obtenuto certo emolumento de datio per reparatione del dicto ponte, prendimo maiore admiratione in non havere facto opportuna provisione ad ciò, et perhò disposti totalmente che senza alcuna dilatione se acconzi, ricevuta questa, dariti tale et sì facto ordine che, sine aliqua mora, se repari et acconci in modo che se possa cavalcare et carrigare securamente senza alcuno periculo. Et fate che per la primalittera receviamo dellà, siamo advisati che elIo sia acconcio, gravando et strengendo ti, potestate, a solicitare et fare dare expeditione ad questa cosa, posponendo ogni altra toa facenda, requedendo etiam Zohanne Giappano, se serà necessario adiutare et solicitare questo facto, perché più presto se expedisca. Data Mediolani, die iiii maii 1452. Andreas Fulgineus. Andreas Fulgineus. 438 Francesco Sforza a Beccante da Cotignola 1452 maggio 4, Milano. Francesco Sforza richiama Beccante da Cotignola, castellano della rocca di Alessandria, perché talvolta si trattiene nei contigui orti, mentre dovrebbe stare nella fortezza, dove deve fare buona guardia. 143v Nobili viro Beccanti de Cotignola, dilecto castellano nostro arcis Alexandrie. Presentendo che tu pratichi speso et vay de fora in quelli orti de quella rocha quali, per bene che siano contigui, poteria interdum il tuo andare a quelli generare scandalo, perhò intendimo,per evitare inconveniente occorrendo li tempi che hora occorreno, che tu resti de andare di fuora della rocha, et cossì exequiray, ma attendi a stare dentro a fare bona guardia, como sey tenuto. Et non manchi. Data Mediolani, iiii maii 1452. Andreas Fulgineus. Andreas Fulgineus. 439 Francesco Sforza a Venereo da Cotignola 1452 maggio 4, Milano. Francesco Sforza ricorda a Venereo da Cotignola, castellano della cittadella di Alessandria, che è tenuto a starsene nella fortezza, mentre capita che lo vedano nei vicini orti a spasso o a raccogliere erba. Ad evitare gli inconvenienti deve starsene fermo dentro della fortezza e, a sicurezza, non tenga calata giorno e notte la “pianchetta”. Nobili viro Venereo de Cotignola, dilecto castellano nostro arcis nostre cittatele Alexandrie. Semo advisati da persone che amano il stato nostro che tu non stai fermo dentro dalla forteza, como doveresti et sei tenuto, ma interdum et spesse fiade vay de fuora in alcuni orti o per tuo piacere o per cogliere herbe. Et bene che li dicti orti siano contigui et propinqui a quella forteza, tamen per evitare li inconvenienti poteriano occorrere, non intendemo che de presenti, correndo li temporali correno, pratichi più fuora né in li dicti orti né altrove, ma stii dentro, attendendo alla bona guardia, et cossì exequiray. Preterea sentimo che tu tene calatala pianchetta de fuora de quella rocheta dalla matina alla sera senza reguardo alcuno, cosa che al tempo del signore passato non fu may costumata. Pertanto volimo che per l’avenire non la tegni calata se non per caso de necessità. Data Mediolani, iiii maii 1452. Andreas Fulgineus. Andreas Fulgineus. 440 Francesco Sforza a Luigi de Bollaris 1452 maggio 4, Milano. Francesco Sforza, avendo saputo che il milite Luigi de Bollaris è in partenza per andare da Carlo VII di Francia, lo invita a raccomandarlo al sovrano. 144r Magnifico militi compatri nostro carissimo domino Aluysio de Bollaris, et cetera. Presentendo la vostra magnificentia doveresse de presenti partirse per andare ad trovare la mayestà del re, cum segurtà pregamo la magnificentia vostra gli piacia, quando se trovarà alla soa presentia, ricommandarce alla mayestà soa et ad quella offerirce, como c’è debito et se convene. Apparechiati alli vostri piaceri. Data Mediolani, die iiii maii 1452. Andreas Fulgineus. Andreas Fulgineus. 441 Francesco Sforza a Opicino Roveda 1452 maggio 4, Milano. Francesco Sforza esprime a Opicino Roveda, armigero di Bartolomeo Colleoni, la sua indignazione per essere andato via senza avergli portato, come impostogli, il ragazzo, che vuole gli meni o gli mandi subito. Strenuo dilecto nostro Opicino Rovede, armigero magnifici Bartholomei de Colionibus, et cetera. Assay ce maraviliamo che tu sii partito de qua senza dire altro, et non hay po’ menato qua quello regazo, secondo che te fu imposto, et non sapiamo donda proceda questo se non da toa grande presuntione, avisandote che fin a mò de questo non havimo voluto scrivere altro al magnifico Bartholomeo, rendendoce certissimi che quando el lo sapesse se renderia malcontento de ti. Et pertanto volimo, et te commandiamo, che subito tu mandi o meni dicto regazo, altramente gli provederimo altramente. Et intende bene. Data Mediolani, iiii maii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 442 Francesco Sforza al podestà di Alessandria 1452 maggio 5, Milano. Francesco Sforza scrive al podestà di Alessandria che se n’è fuggito da lui il suo uomo d’arme Alessandrino di Alessandria che pare sia riparato lì per portar via la moglie e i figli. Gli impone di arrestarlo e metterlo dove non possa fuggire e altrettanto vuole faccia con la moglie e i figli; non li liberi senza sua licenza. Egregio viropotestati Alexandrie, nostro dilecto. Cito cito. El s’è fugito da noy Alexandrino de Alexandria, nostro homo d’arme, et siamo informati è venuto lì ad Alexandria per menare viala mogliere et li figlioli. Pertanto vogliamo, havuta questa, s’el dicto fosse capitato lì, lo debbi fare pigliare et metterlo in presone in loco ch’el non se ne possa fugire, et cossì faray pigliare la mogliere et li figlioli et ogne altra cosa del suo. Et non li liberaray may senza nostra (a) littera. Data Mediolani, die v maii 1452. Zanninus. (a) Segue licentia depennato. 443 Francesco Sforza al podestà di Alessandria 1452 maggio 5, Milano. Francesco Sforza informa il podestà di Alessandria che manderà là suo fratello Corrado con tutti i suoi soldati e tant’altri. Da parte sua sia vigile e lo avverta di ciò che riterrà meritevole d’esser segnalato. 144v Egregio dilecto potestati nostro Alexandrie. Havimo ricevuto le toe littere circa quella vana et mendosa voce facta de quelle nostre terre dellà, quale pocho se curamo e pocho dubio ne havimo. Le lingue delli tristi non se ponno tenire, ma pocho timemo, avisandote che mandiamo là el magnifico Conrado, nostro fratello, cum tucte le sue gente et anche del’altri tanti che darimo a vedere a chi ne volesse nocere che nocerimo loro. Tu autem sta con l'ochii aperti et avisace de quanto occorrerà digno de adviso. Ex Mediolano, v maii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 444 Francesco Sforza a Spinetta Campofregoso 1452 maggio 5, Milano. Francesco Sforza risponde a Spinetta Campofregoso, governatore di Genova, dicendosi dispiaciuto di non poter annuire alla richiesta di esentare dai carichi ocorrenti il suo famigliare Otto Trovamala perché glielo vietano i capitoli fatti con la comunità di Salle che escludono esenzioni di sorta. Magnifico amico nostro carissimo Spinete de Campofregoso, presidi Ianuensis, et cetera. Havimo recevuto et veduto molto volonterale vostre littere per le quale rechedeti che vogliamo fare exempto Otto Trovamalla, vostro familiare, dalle angarie et carrichi occorrenti, attentala sua paupertà, alle quale, respondendo, dicimo che per compiacere alla magnificentia vostra faressimo molto maiore cosa, ma questo non poressimo fare cum nostro honore, perché havimo conceduti capituli alla nostra comunità de Salle, continenti più cose e fral'altre che non debiano fare exempto veruno in quella nostra terra. Siché habiatice per excusato de questo, offerendoce ad ogni altra cosa maiore per li piaceri et commodi della vostra magnificentia. Ex Mediolano, v maii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 445 Francesco Sforza al podestà, al comune e agli uomini di Castelnuovo Tortonese 1452 maggio 6, Milano. Francesco Sforza chiede al podestà, al comune e agli uomini di Castelnuovo Tortonese di voler fare in modo che Giacomo da Castelnuovo, uomo d’arme del condottiero Colella da Napoli, che se n’è fuggito da lì, faccia ritorno da lui. Tale comportamento sarà assai gradito al marchese; facciano ciò ad evitare che Colella commetta qualche eccesso contro loro. 145r Nobili ac providis amicis nostris carissimis potestati, communi et hominibus Castrinovi Terdonensis. Iacomo da Castelnovo, homo d’arme del spectabile e strenuo Colella da Neapoli, nostro conductero, è fugito lì in quella terra et pare non voglia tornare cum dicto Colella, et perché siamo per iusire fuora in campo fin a duy dì, metteria grande sconzo a dicto Colella et anche a noy. Per la qualcosa ve confortiamo et caricamo, per ogni bono exemplo de bene vivere, che vogliati fare ch’el dicto Iacomo ritorni e datilo in le mano del dicto Colella, del che siamo certissimi lo illustre nostro fratello, signore misser lo marchese, serà contentissimo. Et più doveti essere certi che se la soa excellentia l'havesse in Ferrara, ce lo mandaria, perché il simile farissimo con la signoria soa se ne havessemo uno similmente in la Camera nostra. Renditelo adonque senza exceptione veruna, adciochè, non lo rendendo, Colella, como a quello a chi rincresceria in questo tempo perdere homini d’arme, non prorumpesse a fare qualche excesso contra vuy, che ce rincresceria ultra modo et più che s’el fosse facto alli nostri. Data Mediolani, die vi maii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 446 Francesco Sforza al podestà e il capitano di Novara 1452 maggio 4, Milano. Francesco Sforza richiama il podestà e il capitano di Novara a fare attenzione alle frodi di cui si lamentano i dazieri del vino al minuto, frodi che si ripetono con grave danno sia per i dazieri che per la Camera ducale. Mentre essi (podestà e capitano) dovrebbero essere di supporto ad evitarle, si mostrano di impaccio a che cessino simili frodi, come attesta il caso successo al referendario che, avendo colto un cittadino che spacciava vino senza pagamento del dazio e volendolo costringere a “dare segurtà e stare ad raxone”, si scontrò con alcuni famigli del capitano, che irruppero nel suo ufficio e menarono via detto cittadino. Il duca non tollerando simili atti, minaccia che, se ripetuti, darà ad intendere che si è agito male e indurrà il podestà e il capitano a soddisfare del proprio i dazieri e la Camera ducale. Potestati et capitaneo nostris Novarie. Secondo siamo avisati, et più fiate habiamo inteso per la lamenta ce hanno facta (a) li dacieri del vino da minuto de quella nostra città del’anno presente, pare ce commetteno molto fraude, le quale, como sapeti, non solamente ritornano ad essi daciari, ma etiandio (a)la Camera nostra ad grande detrimento. Et donde voy gli doveti essergli ad favore et adiutarli, adciò esse fraude cessano et li delinquenti se puniscano, gli siti ad impedimento et, ch’è pegio, essendo ritrovato uno citadino havere venduto vino senza alcuno pagamento del dicto datio et saputa d'essi 145v datiari, et volendo el referendario nostro, como li dicti datiari dicano, constringerlo a dare segurtà de stare ad raxone, secondo dispone la forma del’incanto suo, pare che certi deli famigli de ti, capitaneo, habiano presumito de andare al’officio del predicto referendario et per forza menato via, del che assay se maravegliamo et siamo malcontenti, perché simile innovatione ritornano a grande damno della prefata Camera, né ad ti apartene a fare questo. Il perché non disponando per alcuno modo de patiri ce faza simile cose, ance vogliamo che ad rasone li dicti datiari siano favoriti, volimo et ve commettimo che, per quanta haveti carala gratia nostra, non presumati in lo advenire lassare fare per li vostri simili excessi, anci ad ogni vostra possanza vogliati darge ogni adiuto et favore siano necessari et expedienti, in modo che le dicte fraude cessano né habiamo iusta caxone di dolerse, avisandove che, se altramente sentiremo ve reportareti, gli faremo tale provisione sareti malcontenti et vorestevi havere facto quello ve commandiamo et ve darimo ad intendere havereti facto male. Et ultra de ciò faremo del vostro proprio satisfare ogni damno ne patirano et essi datiari et la Camera nostra, avisandone subito della ricevuta de questa. Data Mediolani, iiii maii 1452. Bartholomus. Matheus. Cichus. (a) facta in interlinea 447 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 maggio 8, Milano. Francesco Sforza informa Corrado da Fogliano che andranno lì da lui i conestabili ducali Bartolomeo da Bologna e Bartolomeo da Messina con duecento paghe, attualmente a Casalmaggiore. Magnifico Conrado de Foliano, et cetera. Havemo ordinato et scripto che vegnano lì cum li loro fanti Bartolomeo da Bologna et Bartolomeo da Missina, nostri conestabili, cum cc paghe, quali de presenti se trovano ad Casalmaiore. Il perché te ne habiamo voluto advisare, adciò sappi questo nostro ordine et quello tu habbi da fare. Data Mediolani, viii maii 1452. Andreas Fulgineus. Andreas Fulgineus. 448 Francesco Sforza al podestà di Castellazzo 1452 maggio 8, Milano. Francesco Sforza scrive al podestà di Castellazzo di costringere Tommaso Bodio a restituire a Giovanni Albanese, uomo d’arme ducale, la cavalla che gli ha portato via o a pagarla in buoni danari. Faccia ciò subito, perché Giovanni deve portarsi in campo con gli altri della sua squadra. 146r Nobili viro potestati Castellacii, nostro dilecto. Respond(end)o alla toa littera della cavalla che tolse Tomaso Boydo ad Iohanne Albaneso, (a) nostro homo d’arme, dicemo che, havuta questa, tu debbi constringere dicto Tomaso ch’ello restituiscaliberamente dicta cavalla ad lo dicto Iohanne Albaneso, overo gli la faray pagare molto bene,siché dicto Iohanne resti bene contento et satisfacto per la dicta cavalla. Et de questo fa’ che non habiamo casone scrivertelo più, et spazaray presto dicto Iohanne Albaneso, perché bisogna vegni in campo de presenti con l’altri della squadra soa. Data Mediolani, viii maii 1452. Zanninus. Cichus. (a) Albaneso in interlinea 449 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 maggio 6, Milano. Francesco Sforza dice al fratello Corrado da Fogliano, luogotenente di Alessandria, di aver inteso da alcuni cittadini di lì e daluchino Gambarino, vicario generale ducale, di alcune intollerabili disoneste novità fatte nella vigna di Matteo Inviciati di Alessandria per cui lui vuole che, acchiappatine gli autori, li punisca in modo che non abbiano a gloriarsene. In uguale forma ha scritto al capitano del distretto di Alessandria. Magnifico fratri nostro carissimo Conrado de Foliano, locontenenti nostro Alexandrie. D’alcuni nostri citadini d'Alexandria et da misser Luchino Gambarino, nostro vicario generale, havemo recevuto le introcluse littere continente certe novitate facte in una vinea de Matheo Inviciato d’Alexandria. Et perché tale novitate sonno tante deshoneste quanto podesseno essere, et non sonno da tolerare per modo alcuno, volemo che intesa questa cosa et constandote per vere indicii (a) che sonno quelli che hanno commisso tale novitate, tu li destegni personalmente et mediante la iustitia (b) li punissi (c), in modo che non se possino gloriare del malfare. Data Mediolani, die vi maii 1452. Irius. Cichus. In simili forma capitaneo districtus Alexandrie mutatis mutandis, non inclusis litteris. Cichus (a) constandote per vere indicii in interlinea su mediante ogni altra informatione expediente vedi de intendere depennato (b) tu li destegni personalmente et mediante la iustitia in interlinea su et trovandoli depennato (c) Segue como vole la rasone et depennato. 450 Francesco Sforza al podestà di Alessandria 1452 maggio 8, Milano. Francesco Sforza scrive al podestà di Alessandria che lì dovrebbe esserci tal Azolino, genero di Ruggero de Salli, che ha un mulo del suocero, che il duca vuole per sé. Se detto Azolino fosse altrove, cerchi di sapere dove si trova, perché appositamente manda Pietro da Sesto, suo cavallaro, che ha il compito di riportargli il mulo. 146v Egregio viro potestati Alexandrie, nostro dilecto. El deve essere venuto lì uno Azolino, genero de domino Rugiero de Salli, quale mena uno mulo del dicto domino Rugiero, il quale mulo volemo per noy. Pertanto te commettimo et volimo che, subito havuta questa, debbi sapere s’el dicto Azolino fosse lì, et non essendo lì, provedi de sapere dove el sia. Et faray dare et consignare il dicto mulo ad Pedro da Sexto, nostro cavalaro, presente exhibitore, quale mandiamo per questa cagione solamente. Et se pensi fare cosa ne sia grata, usa in questo tale diligentia che habiamo el dicto mulo senza dimora. Data mediolani, die viii maii 1452. Zanettus. Cichus. 451 Francesco Sforza a Luchino de Gambarinis 1452 maggio 6, Milano. Francesco Sforza sollecita Luchino de Gambarinis, vicario generale ducale, a collaborare con il fratello del duca Corrado nel punire i malfattori autori del taglio della vigna di Matteo Inviciato. Nobili et sapi(en)ti militi et doctori domino Luchino de Gambarinis, vicario generali nostro dilecto. Havemo ricevuto una vostra et inteso quanto in essa se contene, et respondendo alla parte della vinea tagliata a Matheo Inviciato, ne havemo preso grandissimo dispiacere et non lo volemo patire. Et perhò havimo commisso ad Conrado, nostro fratello, che debbia intendere chi sonno li malfactori et punirli et farli rasone, siché vogliati ancora vuy solicitare che cossì se facia. Data Mediolani, die vi maii 1452. Irius. 452 Francesco Sforza al podestà e al referendario di Tortona 1452 maggio 5, Milano. Francesco Sforza rimprovera il podestà e il referendario di Tortona per aver bandita la città di Pavia per sospetto di peste, sia perché detta città è abbastanza sana, sia perché e, soprattutto, perché il duca mai la bandì da Milano. Li ammonisce pertanto a revocare subito tale bando e a consentire, come al solito, l’ingresso e la permanenza in città ai mercanti, ai mulattieri e ad altri provenienti da Pavia, tenuto presente che egli ha imposto ai suoi ufficiali là di vietare che qualcuno esca dalle case infette o sospette e si rechi in alcuna parte del suo dominio. Nobili et prudenti virispotestati et referendario nostris Terdone. Ob pestis suspicionem banniri fecisse videmini civitatem nostram Papie, de quo miramur quidem, nec bene contenti reddimur, tum quod civitas ipsa se satis bene habet, 147r tum quod nos eam ab hac urbe nostra, que magis etiam importat, nequaquam (a) banniri fecimus tum quod consimilia banna minime fieri convenit absque noticia nostra, presertim de tali civitate. Commonemus ergo vos et volumusquod bannum ipsum sine mora revocari faciatis et provideatis quod mercatores et muliones et alii (b) ex ipsa civitate venientes illuc ingredi et ibi commorari ac residere promittanturiusta solitum, et maxime quod officialibus ibi nostris mandavimus ne quem de domibus infectis ac suspectis terminos egredi suos et ad alias dominii nostri partes proficisci et cum aliis sese commiscere sinant pro quanto vitam caripendunt. Advertatis etiam de cetero ad consimiles prohibitiones et banna nullatenus procedere, nisi licentia interveniente nostra, quoniam aliter declararemus quod vobis non satis recte consuluissetis. Data Mediolani, die quinto maii 1452. Ex Consilio secreto. Cichus. (a) nequaquam su rasura. (b) Segue ex ipsa depennato. 453 Francesco Sforza ad Azone Caccia 1452 maggio 7, Milano. Francesco Sforza comunica al novarese Azone Caccia di aver concesso a Tommaso Caccia e a Giovanni, suo fratello, il privilegio feudale, come aveva loro promesso altre volte. Lo sollecita a vivere in buona armonia con loro, come si conviene tra cugini. Lo avverte che, siccome Tommaso si lagna dei suoi massari che si rifiutano di contribuire agli alloggiamenti, ai carriaggi e ai carichi, non deve scordare che nessuno ne è esentato. Nobili dilecto nostro Azoni de Caciis, civi Novariensi. Havemo concesso al spectabile doctore et cavalero domino Thomaso Cacia et a Zohanne, suo fratello, el privilegio feudale, secondo gli promettessimo altre fiade, et como ne èparso iusto et conveniente. Perhò te confortiamo, carricamo et strengemo te vogli intendere bene seco et vivere amichevelmente insieme, como debe fare uno cusino con l'altro, et non dare da dire ad alcuno delli facti vostri, perché cossì facendo faray l'honore et bene tuo et a nuy cosa grata, unde che, facendo altramente ne faressi despiacere. Et perché domino Thomaso se lamenta che li toi massari non voleno contribuire alli lozamenti, carezi et altri carrichi de campo, nostra intentione è 147v che cadauno contribuisca a simili carrichi, sia chi se voglia, se bene ne fosse figliolo. Et cossì volemo faci. Data Mediolani, die vii maii 1452. Irius. Iohannes. 454 Francesco Sforza ad Enrico de Tromelli 1452 maggio 9, Milano. Francesco Sforza ringrazia Enrico de Tromelli di Novara per le informazioni avute nelle parti della Savoia. Lo rassicura d’aver dato disposizioni e fatti provvedimenti tali che se si attentasse alle cose sforzesche, il che non crede esse le sopporterebbero. Concorda con il suo ritorno là per la liberazione di Luigi Tizzone. Se avrà notizie degne di nota, gliele faccia sapere. Nobili dilecto nostro Henrico de Tromellis de Novaria. Havimo recevuta toalittera et inteso quanto scrivi delli advisi ne fay de quanto hay sentito delle parti de Savoya, et cetera. Dicemo che te rengratiamo et commendamo, et de tucto restamo advisati. Nuy havemo dato tali ordini et facti tali providementi che quando se cercasse cosa alcuna contra noy, la qualcosa non crediamo, che le cose nostre haverano ad passare senza dubio et prosperamente. Alla parte del tuo ritornare dellà per laliberatione de misser Aluyse Tizone, adciochè se possaliberare, siamo contenti che gli ritorni, et sentendo cosa alcuna digna de noticia, sarimo contenti de haverne adviso. Data Mediolani, die viiii maii 1452. Iohannes de Ulesis. Cichus. 455 Francesco Sforza a Vincenzo da Scalona 1452 maggio 9, Milano. Francesco Sforza dice a Vincenzo da Scalona di aver inteso quello che ha scritto a Zaccaria circala pratica di far mercato della tratta dei gualdi per ventiseimila ducati. Cerchi di concludere tale mercato e, quanto più presto lo farà, tanto meglio sarà. Lo informa che scrive al doge e al capitano di Genova assicurandoli che quello che lui in materia prometterà, il duca lo darà per definito e lo farà osservare, e chiederà anche a loro che gli prestino ogni favore. Lo esorta a far mercato oltre i ventiseimila ducati, dandogli per certo che si dispone di una quantità di gualdi perfino superiore agli ottantamila. 148r Vicentio dela Scalona. Havemo inteso quello haveti scripto a Zacharia della praticha haveti de fare mercato della tracta di gualdi, per vintisey millia ducati, el che ne è piaciuto. Et ve confortiamo, carrichamo et stringemo che vogliati usare ogni studio, cura et diligentia vostra per venire ad conclusione del dicto mercato, et quanto più presto meglio, advisandove che scrivemo per l’alligate al’illustre signore misser lo duxe et magnifico capitaneo de Zenova che tucto quello promettereti circa questa materia, haveremo ratto et fermo et faremo integramente observare. Et anche gli pregamo che ve vogliano dare ogni favore circa de ciò, siché vogliati procedere a fare como è dicto, et non solamente fare mercato della dicta somma, ma etiamdio de tucto lo resto, recordandovi che, sebene se dicesse altramente, la verità sì è che gli è tanto deli dicti gualdi, che passala quantità delli lxxx mila, ma volemo che mercato sia ad uno modo, cioè che quello mercato se farà per lo prefato signore marchese se facia ancora per nuy. Data Mediolani, die viiii maii 1452. Irius. Iohannes. 456 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 maggio 9, Milano. Francesco Sforza comunica al doge di Genova che Vincenzo dalla Scalona, cancelliere del marchese di Mantova, lì a Genova sta facendo mercato della tratta della gabella dei gualdi per ventiseimila ducati. Lo assicura che tutto quello che Vincenzo prometterà al duca sarà gradito: lo voglia sostenere con il suo favore. Domino duci Ianue. El nobile ser Vicenzo dala Scalona, cancillero del’illustre signore marchese de Mantoalì in Zenoa, ne scrive che l’è in certa pratica de fare mercato della tracta della gabella di gualdi per vintisey milia ducati, et dice essere presso la conclusione. Pertanto avisamo la signoria vostra che tucto quello prometterà el dicto Vinzenzo circa questa materia, faremo integramente observare et haveremo grato, rato et fermo, como 148v se nuy proprio lo promettessimo et l’haveremo caro. Et cossì pregamo la signoria vostra che a fare questo gli piacia dare a dicto ser Vincenzio ogni favore expediente. Data Mediolani, die 9 maii 1452. Irius. Iohannes. In simili forma domino Nicolao de Campofregoso, capitaneo generali Ianuensi. 457 Francesco Sforza al podestà di Pavia 1452 maggio 9, Milano. Francesco Sforza vuole che il podestà di Pavia liberi il famiglio di Colella da Napoli che lo stesso Colella aveva fatto imprigionare per essere fuggito dalui. Siccome detto famiglio si è rappacificato con il Colella, e dato l’intervento del medesimo Colella per fargli restituire la caldaia, sottratta dal suo uomo a un poveraccio, cessano i motivi per la trattenuta agli i arresti del predetto famiglio. Spectabile viro dilecto potestati nostro Papie. Ne ha significato el strenuo Colella da Neapoli, nostro conductero, che havendo luy facto sostenire a questi dì passati uno suo famiglio quale era fugito da luy, et volendolo mò liberare, perché è rimaso d’acordio cum si, tu non lo voy lassare della pregione, allegando che l'è sequestrato in pregione per una caldera furata o tolta ad uno povero homo, la quale caldera dice esso Colella farà restituire, per la qualcosa, siando cossì como è dicto, et facendo la restitutione della caldera, siamo contenti et volimo che tu lo faci liberare et restituire a dicto Colella. Data Mediolani, die viiii maii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 458 Francesco Sforza al referendario di Novara 1452 maggio 5, Milano. Francesco Sforza informa il referendario di Novara di aver scritto al podestà e al capitano della città per l’eccesso commesso dai famigli del capitano togliendogli il cittadino che non aveva pagato il dazio del vino “da minuto”. Intervenga perché podestà e capitano eseguano quanto il duca ha loro comandato. Se in futuro si ripetesse, lo avvisi immediatamente. Referendario nostro Novarie. Havendo inteso per toe littere lo excesso commesso per Ii famigli del capitaneo della cittadella nostralì in torre quello cittadino haviva contrafacto al datio del vino da minuto di quella nostra città al’officio tuo, habiamo scripto aluy et al potestà ancora in opportuna forma et commandato, per quanto hanno carala gratia nostra, non presumano in l'avenire lassare commettere tali excessi. Il perché volemo che, havuta questa, debbi commandare ad essi potestate et capitaneo exequisseno quanto gli habiamo scripto et se in l'haveniro ardirano de incidere in simile errore, subito ne debbi avisare. Perhò disponiamo di fargli la debita provisione, né in questo, per quanto hay cara la gratia nostra, (a) non lassi intervenga alcuno fallo. Data Mediolani, die v maii 1452. Antonius. Bartholomeus. Cichus. (a)Segue nostro depennato. 459 Francesco Sforza al podestà, al comune e agli uomini di Castelnuovo Tortonese 1452 maggio 9, Milano. Francesco Sforza rimprovera il podestà, il comune e gli uomini di Castelnuovo Tortonese per non aver seguito il suo consiglio di restituire a Colella da Napoli il suo uomo d’arme Giacomo da Castelnuovo, fuggito dalui e riparato lì, il che non sarebbe avvenuto con il marchese. Ha inteso che l’hanno lasciato fuggire, altra cosa di certo non gradita al marchese. Il duca ha fatto arrestare Pietro Torto e l’ha poi liberato per reverenza al detto marchese. 149r Nobilibus ac providis amicis nostris carissimis potestati, communi et hominibus Castrinovi Terdonensis. A questi proximi dì passati ve scripsemo et confortassemo humanamente che ve volisseve restituire et dare nelle mano al strenuo Colella da Neapoli, nostro conductero, Iacomo da Castelnovo, suo homo d’arme, fugito daluy et reduto lì, certificandove ch’el illustre signore misser lo marchese nostro fratello ce lo faria rendere s’el fusse fin a Ferrara, perché ancora noy faressimo il simile alla sua signoria se ne havessemo uno similmente in la Camera nostra. Il che non haviti voluto fare, anci, secondo siamo informati, l'haviti facto fugire et occultare, che credimo rincrescerà al prelibato illustre signore misser lo marchese quando lo sappia, et ve scrissemo che non lo facendo ne sequierà scandolo et inconveniente. Et già è stato arestato Petro Torto, el quale pur havimo facto liberare per reverenza del sopradicto signore marchese. Ma ve advisamo che ne sequirà delli altri, non facendo andare dicto Iacomo al prefato Colella, e noy non gli potrimo remidiare se non vorimo dare torto alli nostri. Vogliate adoncha, che denuo ve lo confortiamo, far contento Colella, azò che non ve segua damno che a noy rencresseria ultra modo.Data Mediolani, viiii maii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 460 Francesco Sforza al podestà, al comune e agli uomini di Viguzzolo 1452 maggio 6, Milano. Francesco Sforza comanda al podestà, al comune e agli uomini di Viguzzolo che, siccome Gabriele e Giovanni Andrea, fratelli de Zentilli, gli hanno fatto avere lire millequaranta imperiali, ad ogni richiesta s’impegnino a soddisfare i fratelli della predetta somma nel febbraio dell’anno futuro con i denari del censo dovuti alla Camera ducale. Potestati, communi et hominibus nostri Viguzoli. Perché Gabri(e)llo et Iohanneandrea, fratelli de Zentilli, de presenti in questi nostri strecti bisogni ne servisseno delibre mille quaranta de imperiali, volemo, et per questa nostra vi commandiamo che, ad ogni rechiesta d’essi Gabriello et Iohanneandrea, gli debiati fare qualunque secureza et necessaria obligatione che gli respondereti et satisfareti de dicte libre millequaranta per tucto febraro proximo delli denari del censo, quali doveti pagare alla Camera nostra ne l’anno proximo che vene. Et cossì gli ne respondereti al dicto tempo, remota ogni exceptione, per quanto haveti carala gratia nostra. Data Mediolani, die vi maii 1452. Antonius R. Cichus. 461 Francesco Sforza al capitano del distretto di Novara 1452 maggio 5, Milano. Francesco Sforza comunica al capitano del distretto di Novara che per la sua propensione a fare quanto piace a Filippo Borromeo e a utilità dei suoi uomini ha disposto, in considerazione dei luoghi sottoelencati e della condizione degli abitanti, di concedere la licenza di portare in qualsiasi giorno di mercato ad Arona e vendere fino a trentasei moggia di biade, nate e raccolte sul loro territorio. Abbia l’usuale avvertenza che non siano biade raccolte altrove. La licenza ha validità fino a tutto il mese di giugno, salvo proroga concessa dal duca. Annessa lista dei suddetti luoghi. 149v Nobili viro et capitaneo districtus nostri Novariensis. Pro meritis erga nos magnifici comitis Filippi Bonromei, dilectissimi nostri, libenter inclinamus ad ea que sibi placeant et hominibus suis commoditati sint ob eius contemplationem futura. Intellecta igitur ex eo conditione hominum subditorum et locorum, in cedula presentibus inserta, descriptorum, contentamur ac volumus quatenus dictis hominibus opportunam in scriptis concedas licentiam quod in quolibet die mercati duntaxat possint usque ad quantitatem modiorum trigintasex, que nata et collecta sint super territorio suo et non aliter, Aronam conducere seu conduci facere, vendendi gratia ut ex denariis eiuscemodi vendendorum bladorum suorum iuvare sese in aliis necessitatibus suis valeant. Debes atamen advertere diligenter ne, pretextu quod ipsa blada sint nata et collecta, velud prediximus, alia alibi nata et collecta conducant fraudolenter, et concessionem hanc decernimus per totum mensem iunii proxime futurum duraturam, abinde vero ultra nullam caveas facere licentiam, nisi alias a nobis litteras habueris superinde. Cunctis tamen in rebus occurrentibus quantum honestas patiatur et ordinum nostrorum conservatio, subditos omnes prefati comitis Filippi bene et favorabiliter pertractando. Data Mediolani, die quinto maii 1452. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. Nominalocorum: Locus Simi, Bugagni, Burgi Ticini, Verneri, Grate, Gratici, Roveslate, Comignagi et Dimignani. 462 Francesco Sforzaa Battista de Burgo 1452 maggio 9, Milano. Francesco Sforza ordina a Battista de Burgo, commissario ducale di Oleggio, che imponga agli uomini che devono ancora pagare la tassa di un cavallo a Vincenzo da Milano, uomo d’arme del Colleoni, di soddisfarlo immediatamente perché possa cavalcare con le altre genti d’arme. 150r Egregio domino Baptiste de Burgo, dilecto commissario nostro Olegii. El strenuo Vincentio da Milano, homo d’arme del magnifico Bartholomeo Cogliono, ne dice che alcuni homini, quali gli debeno respondere della taxa de uno cavallo, non gli fanno il suo pagamento, como daluy intendereti. Et perché luy ha a cavalcare insieme con le altre vostre gente d’arme, ve commettiamo che lo faciate subito satisfare per la dicta taxa, adciochè non habia a remanere dretro per dicta caxone, el che ne seria molestissimo. Data Mediolani, die viiii maii 1452. Bonifacius. Iohannes. 463 Francesco Sforza a Lancilotto Visconti 1452 maggio 9, Milano. Francesco Sforza fa presente a Lancilotto Visconti che i suoi uomini sono debitori di Vincenzo da Milano, uomo d’arme di Bartolomeo Colleoni, della tassa di un cavallo. Provveda che gliela paghino in modo che possa cavalcare con le altre genti d’arme. Spectabili affini nostro carissimo Lancillocto Vicecomiti. El strenuo Vincentio da Milano, homo d’arme del magnifico Bartholomeo Coglione, ne dice che li vostri homini gli sonno debitori delli denari della taxa de uno cavallo, quale gli è stata taxatalì, et che non gli voleno fare il devere suo. Et perché luy ha ad cavalcare insieme con le altre nostre gente d’arme, ve commettiamo che gli faciati fare il suo debito pagamento senza alcuna dilatione, siché non habia ad permanere dereto per questa casone. Data Mediolani, die viiii maii 1452. Bonifacius. Iohannes. 464 Francesco Sforza al governatore di Castelnuovo 1452 maggio 9, Milano. Francesco Sforza comunica al governatore di Castelnuovo presso Tortona che dà fiducia a Giacomo Mori, uomo d’arme di Colella da Napoli, condottiero ducale, ch’egli può portarsi alla presenza ducale, starsene e partirsene a suo libito, purché dia al governatore garanzia di trecento ducati d’oro che servirà fedelmente Colella o che darà al medesimo Colella quello che il duca, o altri di scelta ducale, intese le ragioni di Giacomo, giudicherà. 150v Nobili amico carissimo gubernatori Castrinovi prope Terdonam. Siamo contenti, et per questa nostra faciamo piena fedanza ad Iacomo di Mori, homo d’arme de ColeIla da Neapoli, nostro conductero, ch’el possa securamente venire dalla presentia nostra et stare et partirse ad suo piacere, libere et impune, dummodo esso Iacobo daghi nelle mano vostre bona et idonea securtà de ducati tercento d'oro, ch’el servirà bene et fidelmente lo prefato Colella, aut ch’el satisfarà integramente al prefato Colella de quello serà iudicato per nuy, o per altro ad cui commetteremo questa cosa, che esso Iacomo sia suo debitore, facta la conclusione delle soe raxone. Della quale securtà piaciavi farne fare quelli instrumenti et scripture sonno opportune in simile cosa. Data Mediolani, die viiii maii 1452. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Iohannes. 465 Francesco Sforza a Luca Schiavo 1452 maggio 9, Milano. Francesco Sforza si dice stupito della richiesta di Luca Schiavo di Alessandria, conestabile dei fanti, di tirarlo via dalla cittadella e di destinarlo ad altro posto, richiesta che attesta che non ha compreso che chi è al servizio della comunità vi sta per obbedire. Comunque lo accontenterà. Strenuo peditum conestabili nostro dilecto Luce Sclavo in Alexandria. Respondendo a quello ne scrivi dellalicentia che tu ne rechiedi che te vogliamo cavare fuora de quella nostra citadella et mandarte in qualche altro locho, et cetera, vi dicimo che al quanto ne maravegliamo de ti che ne domandi tal cosa, per respecto che tu devi essere certo che quelli che stano con li signori et communitate stano per fare quello che gli è commandato, et non per fare aloro modo. Siché perhò ne pare che tu habi torto al presente a domandarne dictalicentia, pur te dicemo che debbi stare de bona voglia perché presto te provederimo in modo che restaray bene contento. Data Mediolani, die viiii maii 1452. Zanninus. Iohannes. 466 Francesco Sforza ad Azone Caccia 1452 maggio 6, Milano. Francesco Sforza scrive ad Azone Caccia di aver concesso a Tommaso Caccia quel privilegio come gli è parso giusto e conveniente. Vuole che si comporti con lui amichevolmente, come si conviene con un cugino, convinto che in egual modo agirà Tommaso. 151r Nobili dilecto nostro Azoni de Caciis. Nuy havemo concesso al spectabile misser Thomaso Cacia el suo privilegio, como ne è parso iusto et conveniente. Perhò te confortiamo, carichamo et stringemo che te vogli intendere bene seco et deportarte amichevolmente como debe fare uno cusino con l'altro, et non dare materia ad alcuno de dire di facti, perché, cossì facendo, te ne seguirà utile et honore et a nuy faray cosa grata. Et siamo certi che esso misser Thomaso se deportarà anche luy teco in modo che restaray bene contento. Data Medioliani, vi maii 1452. Irius. Iohannes. 467 Francesco Sforza a Venceslao de Gonzaga 1452 maggio 10, Milano. Francesco Sforza risponde a Venceslao de Gonzaga, governatore di Castelnuovo, premettendo un ringraziamento per quel che ha fatto. Si dice urtato per il sequestro di quel gentiluomo, ufficiale del marchese, fatto da quelli del Colella: appena saputolo ha ordinato che venisse rilasciato. Ha concesso il richiesto salvacondotto a Giacomo, cui Venceslao ha fatto sequestrare parte della sua roba, in modo che egli possa esporgli le sue ragioni. Spectabili et nobilibus viris amicis nostris carissimis Vincislao de Gonzaga, gubernatori Castrinovi et communitati eiusdem. Respondendo ad quanto ce haveti scripto in sequestrare parte della robba de quello Iacomo de quella terra, homo d’arme del strenuo Colella da Neapoli, nostro conductero, daluy fugito, et investigare del’altra, et similiter della detentione de quello gintilhomo, officiale del illustre signor marchexe per quelli de Colella, et del salvoconducto ha mandato ad requedere dicto Iacomo, et cetera, dicimo, primo, che ve rengratiamo de quanto haveti exequito et haveti facto, como faressimo nuy verso il prefato vostro signore per uno simile caso. Per la liberatione del dicto gintilhomo, la detentione del quale ce è stata molesta assay, scrivessemo in opportuna forma immediate, como ne havessemo notitia, et non dubitamo sia stato subito liberato. Il salvoconducto habiamo concesso, ascoltarimo volonterale raxone del dicto Iacomo. Data Mediolani, die x maii 1452. Andreas Fulgineus. Andreas Fulgineus. 468 Francesco Sforza a Bartolomeo de Porris 1452 maggio 10, Milano. Francesco Sforza assolve Bartolomeo de Porris, podestà di Alessandria, per non essere riuscito ad acciuffare Alessandrino che l’ha prevenuto scappandosene nel Monferrato. Lo loda per la detenzione di sua moglie e dei figlio; requisisca robe e cavalli suoi, se mai ne avesse. Liberi quall’altro Alessandrino, colpevole di sola omonimia. Cerchi, senza perdere altro tempo, di metter mano alla riparazione del ponte. 151v Egregio viro Bartholomeo de Porris, dilecto potestati nostro Alexandrie. Veduto quanto ne scrivi havere exequito intorno al facto de Alexandrino, homo d’arme, quale non hay possuto havere per essere fugito per prima in Monferrà, non occorre farte altra resposta se non che te commendiamo in havere scripto per la detentione della mogliere et figlioli, et cossì faray anchora della robba et cavalli trovandosene havere. Quello altro Alexandrino dice havere astrecto ad dare securtà, per dubio non fosse quello del quale nuy scrivevamo volimo che, ricevuta questa, debbi liberare et desobligare et luy et la securtà soa, perché luy non è quello del quale noy te scrivessimo. Data Mediolani, x maii 1452. Solicitaray il ponte se acconzi senza perderli tempo alcuno, secondo scrivi li è dato ordine. Data ut supra. Andreas Fulgineus. Andreas Fulgineus. 469 Francesco Sforza al vescovo di Tortona 1452 maggio 10, Milano. Francesco Sforza per ovviare alla vertenza in atto tra messer Francesco Trotto e prete Nicolino Scanzoso per il beneficio dell’arcipretato di Bosco, propone al vescovo di Tortona come sufficiente e idoneo a detto beneficio frate Paolo di Pellati, maestro in teologia, accetto alla gente di Bosco, supportato da lui, perché è uno dei suoi cappellani. Domino episcopo Terdonensi. Per quietare la diffirentia che vertisse fra messer Francesco Trocto, per una parte, et prete Nicolino Scanzoso, per l'altra, per casone del benificio del’arciprevedato del Boscho, havimo electo messer frate Paulo di Pellati, maistro in theologia, per rectore et administratore del dicto beneficio, como persona de mezo, il quale, se rendiamo certi che se porterà bene et comendabilmente, sì perché è molto suffitiente et idoneo, sì etiam perché intendiamo è accepto etgrato generalmente ad tucti li homini della dicta nostra terra del Boscho, como è anchora (a) nuy, che l'habiamo caro et nel numero deli nostri capellani. Per la qual cosa confortiamo et carichamo la reverenda vostra paternità che al dicto maistro Paulo vogli concedere licentia et facultà de fare la residentia al predicto arciprevedato et exercire tucte quelle cose che se adpertengono alla cura et administratione del dicto beneficio, nel che la prefata reverenda vostra paternità ne compiacerà assay, et serà casone de levara la dicta diffirentia. Data Mediolani, die x maii 1452. Christoforus de Cambiago. Cichus. 470 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 maggio 10, Milano. Francesco Sforza comunica a Corrado da Fogliano che per eliminare la vertenza fra Francesco Trotto e Nicolino Scanzoso per il beneficio dell’arcipretato di Bosco, cui Corrado aveva destinato pro tempore Guglielmo Tona, egli ha pensato a Paolo di Pellati, dei frati Minori, certo che si comporterà commendevolmente in quanto è perito in teologia ed è persona a lui gradita. Vuole che si informi di quanto sia accetto alla gente di Bosco e, scoprendo che è benvoluto, lo metta in possesso del beneficio, rimuovendone frate Guglielmo. 152r Magnifico domino Conrado de Foliano. Carissime frater, ad levare et quietare la diffirentia che è vertita et vertisse infra misser Francesco Trocto, per una parte, et misser Nicolino Scanzoso, per l'altra, per lo beneficio dello arciprevedato della nostra terra del Boscho, al quale altra volta, secondo ce è stato dicto, tu li mettesti misser frate Guglielmo Tona per administratore et locotenente, finché il fosse facta altra provisione. Nuy habiamo atrovata questa provisione et via, et siamo contenti che misser maystro Paulo di Pellati, del’ordine delli Frati Minore, intra ad la posessione del dicto arciprevedato, como persona de mezo et exercissa quilli officii che se appertengono al dicto beneficio, rendandose nuy certi che se portarà bene et comendabilmente, sì perché el predicto misser Paulo è persona molto idonea et perita in theologia et ad nuy grata nel numero delli nostri capellani, sì etiam perché intendiamo che li homini della predicta nostra terral'hanno molto accepto tucti generalmente. Pertanto volimo che, havuta informatione della dispositione delli dicti homini, et trovandola cussì, debbi fare mettere el predicto misser Paulo ad la possessione del’arciprevedato predicto et removi dellì el dicto frate Guglielmo, facendo quelle provisione che te parerà per aconzare questa cosa. Data Mediolani, die x maii MCCCCLII. Christoforus de Cambiago. Cichus. 471 Francesco Sforza a Giovanni Filippo Fieschi 1452 maggio 11, Milano. Francesco Sforza dà atto a Giovanni Filippo Fieschi di essere stato ben informato dalle sue lettere dei comportamenti del doge verso di lui e di come lui gli abbia risposto. Sua massima soddisfazione sarebbe se vi fosse tra lui e il doge sincera amicizia. Tenuto fermo quanto premesso, gli comunica di averne parlato con Battista Fieschi, cavaliere di San Giovanni. Lo sollecita a non cambiare il suo atteggiamento con il doge. Si dice in attesa di Donnino, che rimanderà, non appena l’avrà sentito, del tutto aggiornato su quanto è successo di qua dal Po. Domino Iohanni Filippo de Flischo. Havimo veduto quanto la magnicentia vostra ne ha scripto per doe soe littere delli modi che ha tenuti verso vuy lo illustre signore misser lo duxe de Zenoa et de quello haveti facto vuy dal canto vostro. Dicimo che del tucto remanimo a compimento advisati. Et per respondere breviter, ve dicemo che receveressimo grande piacere et consolatione che frala signoria soa et la magnificentia vostra fosse bona et sincera amicitia et fraternità, como è lo desyderio et apetito nostro per bene et acconcio delle cose dellà et de qua, pur desyderando che fra vuy sia bono amore, como havimo dicto, havimo conferito quanto ne accade con lo venerabile domino Baptista de Fiesco, cavalero de San Zohanne, secondo 152v la magnificienza vostra intenderà da luy apieno. Siché in questo mezo intendereti quanto havimo dicto aluy, ve pregamo et confortamo che vogliati stare como stati et non fare altra mutatione verso lo prefato signore duxe. Et ultra ciò aspectamo de dì in dì ser Donino, quale, inteso che haverimo, remandarimo, informato de ogni cosa successa de qua de Po, lo rasonamento havuto cum lo dicto misser Baptista. Data Mediolani, die xi maii 1452. Persanctes. Cichus. 472 Francesco Sforza a Battista de Burgo 1452 maggio 11, Milano. Francesco Sforza informa Battista de Burgo, commissario di Oleggio, e il capitano del distretto novarese, d’aver saputo che Guglielmo di Monferrato punta su Novara, chi dice in un posto, chi in un altro. Vuole che, in buono accordo essi se ne stiano assai vigili e pronti e allertino tutte le terre a fare buona guardia, facendo ricorso in ogni occorrenza ai fratelli Sanseverino, a Pupo e a tutte le genti di là. Gli diano ricevuta della lettera e lo avvisino se vi fossero novità. Si sono scritte lettere dal simile contenuto al podestà e al capitano della cittadella di Novara. Egregiis viris domino Baptiste de Burgo, comissario Ulegii, necnon capitaneo districtus Novariensis dilectis nostris. Havimo inteso ch’el signore Guilielmo è passato de qua da Po cum alcune delle sue gente, et alcuni voleno dire ch’el tigna a Novaria, et chi dice in uno loco et chi in uno altro, et quamvisdio crediamo de ciò quanto ne pare. Pur volimo che intendendove bene asieme, stati vigilanti et bene provisti, avisandoe le terre et lochi che faciano bona guardia per evitare ogni sinistro caso che potesse occorrere, richedendo ad ogni bisogni li magnifici fratelli da Sanseverino e Pupo et tucte quelle nostre gente delà, avisandone demum della ricevuta delle presente et se havereti sentito altro. Ex Mediolano, xi maii 1452. Ser Iacobus. Cichus. In simili continentia potestati et capitaneo citadelle civitatis nostre Novarie, mutatis mutandis. 473 Francesco Sforza a Francesco, Americo e Bernabò, fratelli Sanseverino 1452 maggio 11, Milano. Francesco Sforza comunica a Francesco, Americo e Bernabò, fratelli Sanseverino, condottieri ducali, la notizia che Guglielmo di Monferrato ha passato il Po, chi dice in un posto, chi in un alto. Benché lui non ci creda troppo, tuttavia vuole che stiano all’erta e cerchino di sapere dove egli punta per poterlo ovunque fronteggiare. Accusino ricevuta di questo scritto e lo aggiornino delle novità. 153r Magnifico viris Francisco Americo et Bernabovi, fratribus de Sancto Severino, armorum ductoribus nostris dilectissimis. Havimo inteso ch’el signore Guilielmo è passato de qua da Po con delle sue gente et chi dice ch’el cigna ad uno loco et chi a un altro, et benché crediamo de questo quanto ne pare, pur volimo che vuy stiati vigilanti et ve studiati sapere li suoy progressi per potere provedere cum li vostri dove bisognasse, o ad Novaria o altroe, advisandone dela recevuta delle presente et se havereti sentito altro. Ex Mediolano, xi maii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 474 Francesco Sforza a Zenardo de Tromellis e a Tommaso Caccia 1452 maggio 12, Milano. Francesco Sforza, certo che sappiano dei movimenti di Guglielmo di Monferrato, anche se lui li ritiene non altro che dimostrativi, tuttavia, per schivare ogni pericolo, ordina a Zenardo de Tromellis e a Tommaso Caccia di portarsi dentro Novara e prendere ogni provvedimento necessario per la sicurezza cittadina. Spectabilibus militibus dominis Zenardo de Tromellis et Thome de Catiis, dilectis nostris. Crediamo debiati havere havuto notitia como el signore Guilielmo da Monteferrà è passato verso quelle parte delà, et quantunque siami certi non farà tucto quello demonstra de volere fare, nondimeno, per schivare ogni periculo potesse occorrere, ve confortiamo, carichamo et stringemo che subito ve debiati redure dentro la città de Novara et gli fare ogni provisione expediente per guardia et secureza d’essa cità et delle parte et in modo che non gli possa intervenire sinistro alcuno. Data Mediolani, die xii maii 1452. Irius. Cichus. 475 Francesco Sforza al podestà di Novara 1452 maggio 12, Milano. Francesco Sforza trasmessa al podestà di Novara la supplica di Luca Averardi, ordina che Luca non sia molestato, purché supplisca alla quantità di sale mancante. Faccia annullare o revocare qualsiasi procedimento contro Luca, così come fa il duca. Nobili viro potestati Alexandrie, dilecto nostro. Exibitam nobis, parte Luce Averardi supplicationem, tibi his insertam, mittimus. Attendentes igitur illius continentiam, tibi committimus quatenus contra ipsum Lucam supplicantem aliquo modo non permittas, nec quoquomodo eum molestari, occasione in dicta supplicatione contentorum, dummodo salis, quod defuisse inventum est, suppleat quantitati. Immo quencumque processum et seu novitatem contra ipsum factam annullari et revocari facias, prout et nos annullamus et revocamus. Data Mediolani, die xii maii1452 Bonifacius. Iohannes. 476 Francesco Sforza al podestà e al referendario di Alessandria 1452 maggio 11, Milano. Francesco Sforza ordina al podestà e al referendario di Alessandria di procedere secondo da quanto scritto loro dai Maestri delle entrate straordinarie, contro Simonino Ghilino e il fratello Lorenzo per costringerli a pagare Stefano Melgaro, loro creditore di cinquecento ducati. 153v Nobili ac prudenti dilectis nostris potestati et referendario civitatis nostre Alexandrie. Li Maestri del’intrate nostre extraordinarie vi debeno havere scripto de certe executione doveti fare contra Simonino Ghilino et Laurencino, suo fratello, et li beni suoi per certa promessa hanno facta a nostro nome dicti Maestri ad Stefanno Melgaro, creditore delli dicti fratelli de cinquecento ducati. Il perché volimo et commandiamove che faciati tale executione contra dicti fratelli et beni suoy, mobili et immobili, che gli venga voglia de pagare subito et senza dilatione questi denari. Et faciati per forma che né sentiamo novella et che né nuy, néli dicti nostri Maestri vi habiano casone de scrivere più per questa casone. Data Mediolani, die xi maii1452. Ex cancellaria Magistrorum extraordinariorum. Cichus. 477 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 maggio 12, Milano. Francesco Sforza risponde a Corrado da Fogliano di volere che i soldati alloggino il più vicino possibile alla terra. Dissente dall’opinione del fratellastro di tenere i soldati alle “stantie” o uniti insieme al campo. Inteso quello che Corrado gli ha scritto sui fanti, gli conferma che ne farà ancora arrivare fino a raggiungere le mille unità: al momento gli manda Civita e alcuni conestabili con parecchi fanti. Sistemi come gli pare le cinquecento lance da cavallo. Tiene a che tutte le fortezze siano munite di frumento e, perciò, si trovi con il referendario e con il tesoriere per la fornitura di 200 moggia di grano in modo da dotarne tutte le rocche dell’Alessandrino. Si assicurino i fornitori che saranno pagati con i primi di gennaio. Tocca a Corrado ispezionare le fortezze e garantirsi che esse abbiano adeguato numero di fanti e sufficiente quantità di munizioni. Rimuoverà da ove si trova Antonello del Burgo. I due di messer Isnardo stiano in prigione fino a nuovo ordine. Per la cittadella di Alessandria designa Bartolomeo da Bologna, Bartolomeo da Messina e Giacomo da Civitanova. 154r Magnifico Conrado de Foliano. Respondendo ad quanto tu ne hay scripto, et primo, al facto del’allogiare quelle gente, dicimo che nuy havemo inteso lo tuo ricordo. La intentione nostra è et cossì volimo che allogiano presso alla terra più che sia possibile, ma in loco perhò dove se faza mancho damno alli homini nostri et che se toglia manco herba de prati che se può, ma che toglia del’altre herbe. Per il che ne pare che non se gli debia contradire, attento maxime quanto importa al stato nostro, avisandoti che se tu provasti quello che è a dire de tenire le gente d’arme alle stantie et tenerle in campo unite insieme, per haverle ad uno bisogno, trovaresti che li saria una grande differentia dal'uno ad l'altro, immo che non seria da rasonarne, siché vedi de allogiarle como havimo dicto et in quello modo che meglio te pare et stiano uniti. Delli fanti havimo inteso quello che tu scrivi; nuy havimo mandato là Iacomo da Civita et alcuni altri nostri conestaveli cum parechi fanti, et tucta volta manderimo del altri fino al compimento delli mille fanti, siché vedi de acconzarli che stiano bene. Delle lanze nuy te ne mandamo cinquecento da cavallo per ******, perhò provedi de distribuirle como te pare, che niuna ne vada a male fra quelle nostre gente là. Delle lx mogia de frumento, ne piace quello ne hay scripto. Volimo che te ritrovi con quello referendario et thesaurero et cum tucti quelli amici nostri et con chi altri te parerano, et vedi de havere fin in docento moza de formento et fornire tucte quelle forteze nostre de Alexandrina, che stiano bene, commandando ad tucti li castellani per nostra parte, che sotto pena della testa, non sia niuno che ne toche uno granello, ma che il conservi in li casi de grandi bisogni et necessitate che accadesseno, promettendo a quelli tali che darano lodicto grano che sopral'intrate nostre gli ne farimo fare assignatione che ad calende de zenaro che vene serano satisfacti. Et in questo facto non gli mancare in cosa alcuna perché tu vedi quello che importi et quello che è a dire. Ultra ciò vogli andare spesso revedendo le dicte forteze, che stiano bene fornite de fanti et de tucte le monitione che 154v sonno necessarie, che non gli manchi niente. Postremo nuy havimo deliberato che per modo alcuno Antonello del Burgo non stia più dellà, ma de rimoverlo et mandarlo altrove per essere più securi del facto suo, ma seria forte delevarlo adesso perché non ha ancora havuto lo spazamento suo. Vogli solicitare et fare per ogni via et modo che te pare, ch’el sia satisfacto prestissimo, usandogli ogno diligentia et solicitudine, et advisane subito quando sia spazato, perché gli possiamo fare expediente provisione. Scrivendo questa, havimo havuto una toalittera. alla quale respondendo, et primo, ad facto de quelli doy de misser Isnardo, dicimo che non gli debi fare relassare finché non ti scrivemo altro. De quello tuo che hay mandato dal marchese et dal signore Guilielmo restamo advisati, ma bene haveressimo voluto che ne havesti dato primo adviso ad noy, pur de quanto haveray daloro fa che subito ne advisi. Li fanti che hay ad mettere in la citadella de Alexandria, volimo siano questi, cioè, Bartholomeo da Bologna, Bartholomeo da Missina et Iacomo da Civita. Et quelli altri volimo li faci levare via tucti. Data Mediolani, xii maii 1452. Persanctes. Cichus. 478 Francesco Sforza a Niccolò Campofregoso 1452 maggio 12, Milano. Francesco Sforza si profonde in ringraziamenti con Niccolò Campofregoso per l’invio del “paveglione” e della frutta. Alla notizia che Genova intende mandare un ambasciatore dal re di Aragona, il duca risponde che non è tempo di mandare detto ambasciatore, perché non sarebbe a favore della lega. Esprime un pressante sollecito perché Niccolò si intrometta per eliminare i forti contrasti che contrappongono Giovanni Filippo Fieschi al doge, e tanto turbano la comunità genovese. Magnifico fratri et amico nostro carissimo domino Nicolao de Campofregoso, generali capitaneo Ianuensi. Havemo ricevuto le vostre littere et il paveglione, quale ne ha mandato la vostra magnificentia et anche le soe fructe. Le quale cose ne sonno molto piaciute, et esso paveglione è molto bello et utile, et tale che seria condecente ad ogni grande signore, del che ne rengratiamo essa vostra magnificentia quanto più sapiamo et possimo, sì per rispecto aley, quale se move cossì amorevolmente 155r ad mandarne delle cose soe, sì etiandio per rispecto al dono quale veramente è molto bello et ne piace grandemente. Benché per la singulare benevolentia soa verso noy et per le molte opere facte in servicio et bene nostro, et etiandio per infinite et innumerabile proferte quale ne ha facto fare, l'habiamo molto più non solamente ad rengratiare, ma gli siamo obligati et attenuti, quando a Dio piacqua, che le cose nostre sianno in megliore grado et condictione che de presenti, certamente rengratiamo essa vostra magnificentia con effecto et non con parole, perché cossì merita da noy lo intrinseco amore quale vediamo ne portati sinceramente. Nondimeno se per noy al presente se pò, se per l'avenire se poderà cosa che ve sia grata, et apiacere, vogliatine richiederne domesticamente perché non altramente farimo per vuy quanto faciamo per quello che havimo più caro fratello, como ve reputiamo. Ceterum, perché havimo inteso che novamente lì se tracta de mandare uno ambassatore al re de Ragona, dicimo cossi che a noy pare che in questo tempo non sia da mandare dicto ambassatore, perché faria grande disfavore allaliga nostra per più respecti. Et perhò confortiamo et pregamo essa vostra magnificentia che, per la usata soa grande amicitia et benevolentia verso noy, voglia operare con lo illustrte signoremisser lo duxe et con (chi) gli pare necessario che dicto ambassatore non sia mandato per veruno modo del mondo, recercando preterea de favorire le cose nostre lì, quale in tucto possiti reputare essere vostre, como haveti continuamente facto per lo passato, et siamo certi fariti per l'avenire, avisandovi che nuy siamo più certi della fede vostra et della speranza che havimo de vuy che de cadauna altra persona, quale de presenti se ritrovi essere delà. Et cossì, ex adverso, vi podeti persuadere de podere de nuy quello che possiamo nuy stessi. Preterea vi confortiamo et pregamo vogliati operarvi per levare, tolere, et sedare le differentie quale vertischono fra quello illustre signore misser lo duxe et il magnifico domino Iohanne Filippo dal Fiescho perché nuy haverimo molto accepta la concordia fra loro, rendendosse certi che ancora quello Illustre signore lo duxe ne sarà contento. Data Mediolani, xii maii 1452. Bonifacius. Cichus. 479 Francesco Sforza dice a Corrado da Fogliano 1452 maggio 12, Milano. Francesco Sforza dice al fratello Corrado da Fogliano, luogotenente di Alessandria, di aver preso atto di quanto gli ha scritto degli otto uomini d’arme di Ruggero. Dà a lui la stessa risposta direttamente comunicata a Niccolò da Cingoli: si mettano con chi degli sforzeschi a loro piace. Lasci al trombettiere di Ruggero il cavallo da Corrado fattogli sequestrare da Niccolò. 155v Magnifico germano nostro carissimo Conrado de Foliano, locontenenti Alexandrie et cetera. Havimo inteso quanto tu ne scrivi de quelli octo homini d’arme de domino Rugiero alle quale respondimo, et cossi havimo dicto a boccha a Nicolò da Cinguli che siamo contenti et gli dasimo licentia che se possano con qui li piace conzarse, intendendo con li nostri. Ceterum siamo contenti et volimo che tu licentii et lassi il cavallo al trombetta de dicto domino Rugiero, el quale havivi facto sequestrare nelle mano de dicto Nicolò da Cinguli. Data Mediolani, xii maii 1452. Ser Iacobus. Iohannes. 480 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 maggio 13, Milano. Francesco Sforza ripete a Corrado da Fogliano quanto appena detto, di consentire, cioè, agli uomini d’armi, già di Ruggero di Galli, di sistemarsi con quelli degli sforzeschi che aloro più talenta. Magnifico Conrado de Foliano. Nuy habiamo concesso alli homini d’arme che forono de Rugiero di Galli che se possano acconciare frale gente d’arme nostre con chi parerà loro. Pertanto vogliamo che, facendoli tu dare bona et sufficiente securtà de non acconzarse (a) con nostri inimici, li faci libera (b) licentia de acconciarse con chi gli piacerà delli nostri. Data Mediolani, die xiii maii 1452. Bonifacius. Iohannes. (a) de non aconzarse in interlinea. (b) In Aliberame con me depennato. 481 Francesco Sforza ad Antonio Guidobono 1452 maggio 13, Milano. Francesco Sforza assicura Antonio Guidobono, suo segretario, di non poter avere migliore notizia di quella che fra il doge e Giovanni Filippo Fieschi corra buona amicizia. Sistemata che ebbe la vertenza di Battista Fieschi, cavaliere gerosolomitano per la commandaria del Castellazzo, ha indugiato a parlare con lui perorando la buona armonia tra il doge e Giovanni Filippo Fieschi. Ha appreso con sorpresa che al doge non erano state ancora liquidate le mille lire dovutegli, per cui in mattinata ha pressato i Maestri delle entrate a saldare quel conto. Oggi è uscito da Milano con la sua famiglia e della truppa. Si recherà poi nel Lodigiano dove ha fatto radunare tutti i soldati. Antonio, havimo recivuto la toa lettera de 9 del presente. Dicimo che non poressimo havere magiore consolatione che sentire che fra quello illustre signore meser lo duxe et meser Zohanne Filippo fosse bona amicitia et fraternità, como saria, et è, lo desiderio et appetito nostro. Al presente, essendo arivato qui el venerabile miser Baptista dal Fiesco, cavalero Iherosolomitano, per una certa diferentia che luy havia per la commandaria del Castelacio, nui gli havimo facto tucto quelo che ne è stato possibile dal canto nostro con lo dovere, in modo ch’el ha obtenuto lo intento suo, siché, essendo esso per retornare dellà, gli havimo dicto assay de questa tale controversia che è fra dicto messer Zohanne Filippo et lo signore messer lo duse et lo parere et la mente nostra, pregandolo et confortandolo ch’el voglia vivere con bona amicitia, fraternità et benevolentia esso messer Iohanne Filippo con la signoria del duse, et con quella magnifica 156r comunità. Et circa questo facto gli havimo parlato abastanza, como ne è parso expedire. Siché dal canto nostro non havimo manchato, ne mancaremo in cosa alcuna perché quelle cose dellà se reducano in bono affecto. Ala parte dele mille libre che resta havere quello signore duse dicimo che nuy credevamo la signoria soale havesse havute, et quando havimo inteso che non le ha havute, ne siamo retrovati male contenti. Pur questa matina nuy personalmente havimo parlato per questo facto con li nostri Maestri del'intrate et dictogli in modo che subito provederanno che la signoria soa haverà le dicte mille libre. Et cossì in lo advenire provederanno che haverà lo dovere suo et non se mancharà ad quello che è stato promesso al prefato signore duse et ad quella magnifica communità. Pur, quando tardasse un poco, non sarà per altro, se non per la grandissima spesa et graveza che se retrovamo havere per queste nostre gente che havemo messe fuora, como tu say, tamen, allo effecto, haverà suo dovere como è la intentione et la voluntà nostra. Ulterius ti advisamo che hogi in questo dì siamo usiti fuora de Mediolano cum la famiglia nostra et con de alcune delle nostre gente, puoy se levarimo subito et andarimo in Lodesana dove havemo facto reddunare et mettere insieme le nostre gente. Attenderimo a fare in modo che speramo de farti sentire novelle che te piacerano, et del tuto saray advisato. Data Mediolani, xiii maii 1452. Persanctes. Cichus. 482 Francesco Sforza ad Antonio Guidobono (1452 maggio 13, Milano). Francesco Sforza sollecita Antonio Guidobono a incontrarsi con il doge e il capitano Niccolò Campofregoso e con chi riterrà utile per distoglierli dal mandare un ambasciatore dal Re di Aragona, missione che ridonderebbe di scorno allalega e non gioverebbe al doge e alla comunità di Genova. Antonio, nuy havimo havuto adviso da persona digna de fede che là novamente se tracta de mandare uno ambasatore al re de Ragona. Dicimo così che ad nuy non pare per alcun modo che in questo tempo sia da mandare il dicto ambasatore, perché, como credimo che tu debi pensare, daria gran disfavore alla nostraliga per molti respecti. Siché volimo che te ritrovi con quello illustre signore messer duse et con lo magnifico Nicolò capitaneo et cum chi altri ti parirano bisognare, et operare et instare ch’el dicto ambasatore non sia mandato per condictione del mundo perché, como havimo dicto, daria manchamento de reputatione et desfavore allaliga nostra, né ancora daria bona condictione ad quello signore duse né ad quella magnifica communità, quali siamo certi che iudicaranno questo facto, esser cossì nuy dicimo. Date, scripte et signate ut supra. 483 Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano 1452 maggio 13, Milano. Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano, luogotenente di Alessandria, di tralasciare di adunare ora tutte quelle genti, rinviando tutto a quando ve ne fosse necessità, e allora le metterà nei luoghi di cui gli ha fatto parola il conte Gaspare. 156v Domino Corado de Foliano, locuntenenti Alexandrie. Quelli homini de Alexandrina se doleno del'ordine è posto per ordinare quelle nostre gente, perché dicono gli ne seguirà troppo gran danno, et che ancora non li pare necessità de adunare dicte gente. Pertanto volimo, essendo cossì, non debii adunare dicte gente perché non ne curamo, se non quando occorresse caso de necessità; alhora ben vorressemo che le adunasse insieme, male meteray in li lochi ne ha referito el conte Gasparo per toa parte. Mediolani, xiii maii 1452. Marchus. Iohannes. 484 Francesco Sforza al referendario e al tesoriere di Novara 1452 maggio 13, Milano. Francesco Sforza vuole che il referendario e il tesoriere di Novara facciano cercare Contino, cordaio della città, e gli ordinino che, omesso ogni altro lavoro, faccia quindici canapi di diciotto braccia l’uno e così grossi da poter legare i sandoni. Quando saranno pronti li mandino al capitano di Casteggio e avvisino poi Gabriele da Cernusco, ufficiale soprale guarnigioni, che ha da pagare Contino. Referendario et thexaurano Novarie. Volimo che, subito ricevuta questa, mandati per lo Contino, cordaro de quella cità, et li ordenati che subito, lassando stare ogni altra cosa, debia fare xv canepi de xviii braza l'uno per ligare sandoni, facendoli fare grossi che bastano per ligare sandoni, et poy avisati Gabrielo da Cernusco, nostro officiale soprale guarnigione, qual farà respondere li dinari al dicto Contino et, facti che serano, mandateli ad Chiastezo in mano del nostro capitaneo. Mediolani, xiii maii 1452. Marchus. Cichus. 485 Francesco Sforza a Francesco, Americo e Bernabò Sanseverino 1452 maggio 14, Milano. Francesco Sforza ingiunge a Francesco, Americo e Bernabò Sanseverino che, siccome lì è tutto quieto, vengano via in conformità all’ordine ricevuto. Magnificis dilectissimis nostris Francisco, Americo et Bernabovi de Sancto Severino, armorum ductoribus nostris. Perché del canto dellà non accade al presente dubio alchuno, pertanto volimo che, non siando alla recevuta de questa mossi, che debiati subito levarvi cum tutti li vostri et vegnire via, secondo l'ordine dato, como per altre vie habiamo scripto. Et non manchi per cosa alchuna. Ex Mediolano, xiiii maii 1452. Iohannes de Ulesis. Cichus. 486 Francesco Sforza a Battista Visconti 1452 maggio 14, Milano. Francesco Sforza vuole che Battista Visconti solleciti Francesco, Americo e Bernabò di Sanseverino a venir via dalì con tutti i loro uomini e che lui si accompagni con loro secondo l’ordine avuto. Egregio dilecto nostro Baptiste Vicecomiti, capitaneo episcopatus nostri Novariensis. Perchéscrivemo ad Francisco, Amerigo et Bernabò da San Severino che debiano subito levarsi et venire via cum tucti li soi, pertanto volimo che tu li soliciti et faci che subito vengano via cum tucte quelle gente delà, et tuvene cum loro, secondo l'ordine dato, como per altre te havimo scripto. Ex Mediolano, xiiii maii 1452. Iohannes de Ulexis. Cichus. 487 Francesco Sforza a Corrado Fogliano 1452 maggio 16, Lodi Vecchio. Francesco Sforza risponde a quanto gli ha scritto il fratello Corrado, luogotenente di Alessandria, e a quanto gli ha riferito Franceschino Inviciato. Siccome radunare tutti insieme quei soldati tornerebbe di grande danno ai sudditi, vuole che essi vengano divisi e alloggiati in posti diversi ma vicini in modo che, occorrendo, si abbiano tutti in un’ora. Bartolomeo da Messina, Bartolomeo da Bologna e Giacomo da Civitanova, conestabili, devono già essere giunti alla destinazione loro assegnata, e quindi Corrado eseguirà quanto gli è stato detto. Moretto non deve muoversi per curare gli spostamenti di Guglielmo. Di Giovanni Ghiappano gli parlerà diffusamente in un altro scritto. Gli raccomanda di essere attento, lo avvisi di ogni novità in particolare su Guglielmo. 157r Magnifico germano nostro carissimo Conrado de Foliano, locumtenenti Alexandrie. Conrado, habiamo recevuto le tue lettere de di xiiii del presente, et inteso quanto ne scrivi et anche quanto per parte toa ne ha referto el strenuo Francischino Inviciato. Al che, respondendo, te dicimo perché lo unire di quelle gente insieme faria troppo grande danno a quelli nostri subditi, siamo contenti che le dividi et le faci allozare per li lochi et ville circumstante et più vicini che se pò per modo che, accadendo il bixogno, li possi havere tuti al servitio infra un'hora, admonendole che se deportano bene et humanamente verso li nostri subditi et che se abstengano de fargli danno, et sopa ciò habiamo chiaritala mente nostra al dicto Francischino, al quale crederay quanto a nuy medesimi. Ala parte deli fanti te dicimo che Bartholomeo da Missina et Bartholomeo da Bologna et Iacomo da Civita, conestabili, sonno inviati et credemo che horamay debiano essere gionti là. Como serano là, exequiray como per l'altre nostre hay inteso. Ala parte de domino Moreto, te dicimo che noy habiamo facto restare esso domino Moreto perché vogliamo revocare el venire suo là, mal'habiamo facto restare et soprasedere perché intendese deli progressi del signore Guilelmo. Dele fantarie te le mandarimo fin al numero ordinato. Ala parte de Giovanne Giappano, per un'altra nostra te responderimo a compimento. Charichamote insuper ad essere solicito et pervigilie, como siamo però certi sey, ad provedere ad tute quelle cose che tepareranno bisognare, et cossì ad intendere deli modi et progressi d'esso signore Guillielmo, dele quali ne teneray per le toe continuamente avisati. Data in Laude Veteri, die xvi maii1452. Bonifatius. Iohannes. 488 Francesco Sforza al capitano della cittadella di Alessandria 1452 maggio 19, Lodi Vecchio. Francesco Sforza dice al capitano della cittadella di Alessandria di essere contento che abbia accolto nella cittadella i fanti mandati da suo fratello Corrado e vuole che d’ora in poi non accolga se non coloro che gli fa avere detto suo fratello con quei contrassegni che il duca ora gli manda. 157v Capitaneo citadelle Alexandrie. Per litera de Conrado, nostro fratello, havimo inteso de quelli fanti che hay receptati in quella cittadella cum suo ordine, della qual cosa remanimo contenti, et hay facto bene, atteso la necessità. Et cossì volimo che da qui inanzi tu recepti in la dicta citadella, tu,quelli lo dicto Conrado ti dirà per salveza et mantenimento d’essa, et in questalittera ti mandiamo li contrasigni che bisognano. Et in lo advenire non receptare niuno da quelli in fuora che te dirà lo dicto Conrado, como havimo dicto, senzali contrasigni che tu say havimo cum ti. Data in Laude Veteri, die xviiii maii 1452. FrancischuSfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Persanctes. 489 Francesco Sforza a Giacomo da Civitanova (1452 maggio 19, Lodi Vecchio.) Francesco Sforza, comanda a Giacomo da Civitanova, conestabile ducale, di portarsi con i suoi uomini nell’Alessandrino e, giunto là, mettersi agli ordini di suo fratello Corrado. Strenuo Iacobo de Civita, conestabili nostro dilecto. Volimo che havuta (questa), ti debbi levare cum tucti li tuoy et andare in Alexandrina ad trovare Conrado, nostro fratello, et faray quanto luy te dirà et ordinarà in ogni cosa. Data ut supra. Persanctes. 490 Francesco Sforza a Notaro Giacomo 1452 maggio 519 “in Laude Veteri”. Francesco Sforza scrive a Notaro Giacomo, castellano del castello di Vigevano, di aver disposto che Giacomo da Civitanova se ne parta dalì e vada nella cittadella di Alessandria. Gli raccomanda di far sempre buona guardia. Notario Iacobo, castellano arcis Viglevani. Scrivimo a Iacomo da Civita, nostro conestabile, che subito se leve delì et vada cum tucti li suoy in Alexandrina a stare in la citadella. Pertanto volimo che tu gli lassi andare via, et dal canto tuo attendi continuo a fare fare tale et si fatta guardia che non te intervenga sinistro alcuno. Data in Laude Veteri, die xviiii maii 1452. Francischus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Persanctes. 491 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 maggio 20, Lodi Vecchio. Francesco Sforza dice a Corrado da Fogliano di essere stupito per i pochi fanti ricevuti da Bartolomeo da Bologna e Bartolomeo da Messina, e sollecita l’arrivo di altri. Giacomo da Civitanova, conestabile al presente a Vigevano, quando arriverà con i suoi fanti, sarà messo nella cittadella e manderà al duca i provisionati. Perché i Veneziani hanno rotto pubblicamente col duca, è probabile l’attecco di Guglielmo su quel fronte. Si meraviglia che non abbia ancora in mano i 400 ducati che gli ha fatto assegnare: di ciò ha scritto a Francesco Maletta. Approva l’indagine di Stefano e il fatto che abbia seguito Giovanni Martino che è a Milano in mano del capitano di giustizia, cui ha scritto di indagarlo per poi mandarlo da Corrado. Consente a Stefano di trattenere presso di sé Giovanni Giappano. 158r Conrado, havimo recevuto le toe littere, et inteso quanto ne hay scripto de quelli fanti de Bartholomeo da Bologna et Bartholomeo da Missina, dicimo che nuy non possimo credere per alcuno modo che loro habiano menati tanto pochi fanti, como tu dice, perchésapimo che quelli in più hanno, porria bene essere che non sariano ancora venuti tucti, ma credimo che venirano. Siché solicitarà li predicti che faciano venire li loro fanti et che stiano forniti como gli havimo ordinato, avisandoti che oltra questi havimo scripto a Iacomo de Civitanova, nostro conestavele che sta a Vigevano, che subito se levi con tucti li suoy fanti et vengalà et facia quanto tu gli diray et ordinaray. Siché venuto ch’el sia, el faray intrare in la citadella, al capitaneo dela quale scrivemo per l’alligata in opportuna forma che li debbia receptare et questi et tucti li altri che gli diray, et ch’el ha facto bene ad havere receptati quelli che gli hay dicto. Perhò te advisamo che como lo dicto Iacomo serà gionto là, volimo che quelli nostri provisionati vengano da nuy perché havimo bisogno di loro, avisandote che in ogni caso ti porray meglio valere delli predicti fanti, che non poteresti delli dicti provisionati. Et benché crediamo questi fanti debiano bastare pur, accadendo il bisogno alla giornata, mandarimo tucta volta del’altri. Siché vogli attendere con bona cura et solicitudine alle cose dellà che non intervenga sinistro alcuno, avisandoti che Venetiani hanno rotto dal canto de qua pubblicamente et fano guerra bandita, et forse porria essere ch’el signore Guilielmo romperia ancoraluy o faria qualche novità, como te scripsemo ieri per un'altra nostra. Delli 400 ducati che te havimo facto assignare, havimo inteso quello che tu scrivi: se maravegliamo che non l'habbi havuti, et non è stato, né è nostra intentione; nuy havimo scripto in opportuna forma a Francisco Maletta, siché mandaray subito da luy, perché siamo certi ti farà dare lo tuo spazamento. 158v La examinatione de quello Stefano che ne hay mandata, l'havimo havuta et piacene li modi hay tenuti, tanto in la dicta examinatione, quanto in havere mandato drieto ad quello Iohanne Martino, lo quale, te advisamo che è ad Milano in mano del nostro capitaneo dela iustitia, et havimo scripto ch’el sia molto bene examinato et che poy sia mandato là in toe mano cum lo processo formato contraluy, al quale volimo che gli faci administrare rasone et iustitia, et fargli quello che merita. Lo ricordo che ne day del dicto Stefano, che, per respecto luy è ben imparentado là, non seria bene a fargli lo servitio là, ne piace, unde volimo che, havuta questa, cum bona et sufficiente compagnialo mandi legato a Milano in mano del dicto nostro capitaneo, al quale havimo scripto che subito, como sialì, el faza iustitiare, et mandalo accompagnato in modo che per lo camino non intervenga sinistro, ma che se conduca a salvamento, et advisane como haveray facto. Zohanne Giappano, siamo contenti che lo retengi per adesso là con ti, ma te advisamo, como ne haverimo bisogno, mandarimo per luy. Siché cossì diray a luy per nostra parte. Data in Laude Veteri, xx maii 1452. Persanctes. Iohannes. 492 Francesco Sforza ad Antonio Guidobono 1452 maggio 20, Lodi Vecchio. Francesco Sforza richiama ad Antonio Guidobono quanto gli scrisse sui comportamenti dei soldati veneziani verso le cose sforzesche. Dopo è accaduto che essi si impossessassero di Covo e Antignago, come vedrà dalla copia di una lettera mandata al doge e alla comunità genovese, e di ciò vuole che ancora ne parli al doge. Il doge ha scritto a Leonardo una lettera che il duca, in assenza del destinatario, ha aperta rispondendo nella maniera che constaterà dalla copia che gli fa avere. Cerchi, prendendo spunto da quella risposta, di rimuovere ogni sospetto dogale e mostri la sua disponibilità, in consonanza con i desideri del duca, a propiziare un accordo tra il doge e Giovanni Filippo Fieschi. 159r Egregio secretario nostro dilecto Antonio Guidobono. Per altre nostre ad questi dì te scripsemo delli modi havevano tenuti in verso le cose nostre le gente de Venetiani, como potesti intendere per una copia inclusa te mandassemo de unalittera scripsemo al’illustre signore duxe et a quella magnifica comunità. Da poy è successo che dicte gente hanno havuto Covo et Antignago, como vederay per la copia inclusa de una (littera) scrivemo al prefato illustre duxe et a quella magnifica comunità, et cossì volemo che dichi ad bocha al prefato signore duxe como se contene in la dicta copia. Ceterum, lo prefato illustre signor duxe ha scripto unalittera a ser Leonardo molto humana, gratissima et piacevole; et non siando Leonardo qua, apperissemo dicta littera et si la vedessimo et cussì respondemo alla signoria soa gratamente, como vederay per la copia te mandiamo inclusa. Et cossì volimo che dichi alla soa signoria, secondo el tenore de quella, et vedi de inducerlo, adciochè se rimova ogni umbrezza et sospecto che havesse; et volemo che tu te gli offerischi dicendogli che se hay da fare più una cosa che un'altra per fare accordo trala illustre signoria soa et lo magnifico misser Zohanne Filippo, che sey apparechiato et che cussì hay in commissione da nuy. Et vogli advisarne de quanto sarà seguito dellà. Ex castris nostris in Laude Veteri (a), xx maii 1452. Iohannes de Ulessis. Iohannes. (a) In A Veteris con s depennata. 493 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 maggio 21, Milano. Francesco Sforza dice al fratello Corrado da Fogliano di impartire un ordine di vigilanza simile a quello dato dal marchese di Monferrato alla sua gente, ma gli vieta di attaccarla senza sua licenza. Gli ordina di mandare subito Stefano in mano di Giovanni, capitano di giustizia di Milano, provvedendo che venga là giustiziato. Al capitano di giustizia ha imposto di mandargli immediatamente Giovanni Martino e il suo famiglio, entrambi destinati all’impiccagione lì ad Alessandria. Dagli atti processuali di Giovanni Martino verrà a conoscenza di molte più cose di quelle confessate da Stefano, mentre dalle indagini di Giovanni Martino intenderà l’intesa che il marchese di Monferrato aveva con la rocca del Castellazzo. Gli ordina pertanto di andare subito da quel castellano e di imporgli di sostituire gli uomini che ha con fanti fidati. Gli renda conto di ogni mossa di Guglielmo di Monferrato. 159v Conrado de Foliano, fratri nostro carissimo. Havimo ricevuto la toalittera et inteso quanto ne hay scripto del’ordine et commandamento che ha dato el marchexe de Monferrà alli suoy homini che se guardino, etiam dicimo che nuy siamo contenti et volimo che simili commandamenti faci ali nostri dal canto de là adciochè sapiano ancora loro como hanno a vivere, ma non volimo che contra quelle del dicto marchexe tu te movi a fare novità alcuna senza nostra licentia. Bene te dicimo como per altre nostre te havimo scripto che tu staghi attento, vigile et solicito in modo che non havesse ad sequire scandalo alcuno, perché tucto lo diffecto darissimo ad ti, advisandoti che Venetiani fanno guera bandita dal canto di qua. Del facto de quelli fanti, che se hanno ad mettere in la citadella et de quelli altri che se hanno ad rimonere, nuy te havimo scripto la volontà nostra, como siamo certi haveray veduto alla ricevuta de questa. Siché non dicimo altro, se non che vogli exequire quanto in l'altra nostra se contene. La examinatione de quello Stefanno havimo havuta. Volimo che subito lo mandi ad Milano in mano de domino Zohanne, nostro capitaneo de iustitia, perché intendimo che sia iustitiato a Mediolano et, per quanto hay carala gratia nostra, fa che lo mandi acompagnato in tale et sì facto modo che se conduca a salvamento a Mediolano, e che per lo camino non fosse tolto dalli suoy parenti, né da niuno altro, advisandote, Conrado, et credi certamente che in vita toa non poresti fare cosa più molestissima, dicimo bene quando tu ne amazasti uno de nostri figlioli, che quando costuy non fosse conducto in mano d’esso misser Zohanne, como havimo dicto, al quale mandaray lo processo formato contraluy. Nuy havimo (scripto) al dicto misser Zohanne che subito mandi là in toe mano quello Zohanne Martino et lo suo famiglio con lo processo formato contraloro. Li quali, gionti che siano lì, volimo che li faci impichare tucti duy per la gola in mezo della piaza de Alexandria et habi advertencia che non segua scandalo alcuno. Nuy te mandiamo qui inclusala 160r copia dela examinatione del prenominato Zohanne Martino in la quale, como tu vederay, se contene assay più cose che non ha dicto et confessato lo dicto Stefano, siché poy pensare como se ritrovavano le cose dellà. Ultra ciò, in la examinatione del dicto Zohanne Martino, como tu vederay, de certo tractato ch’el marchexe de Monferrato haviva in la rocha del Castellazo, vogli, havuta questa, montare ad cavallo et andare da quello castellano et dirgli questo facto et commandagli che da qui inanzi habia altra cura de quella rocha, che non ha havuto per lo passato et che subito lasse et leve via tucti quelli fanti che luy ha al presente et toglia del'altri novi, che siano fidati et che siano delle terre et luochi nostri in loco che stia ben securo della dicta rocha. Nuy ti mandiamo qui allegata una littera de credenza per questa casone, directiva al dicto castellano, siché advisane como haveray facto. Nuy te mandiamo qui inclusa una littera che scrivemo ad Guilielmo Giringello che il venga da nuy: volimo gli la manda per messoproprio, che l'habia in soe mane. De quanto ne hay scripto del signore Guilielmo et delle soe gente, rimanimo advisati et non dicimo altro, se non che ne vogli advisare de passo in passo de ogni suo motivo et progresso, che ne siamo bene chiari. Data in Laude Veteri, die xxi maii 1452. Iohannes. 494 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 maggio 21, Milano. Francesco Sforza risponde al doge di Genova dopo aver preso visione della lettera inviata al suo cancelliere Leonardo, arrivata quando egli non si trovava presso di lui. Conferma la voce che l’ambasciatore andava dal Re d’Aragona per volontà del doge, voce cui il duca non ha mai dato credito. Si augura che il doge non abbia creduto che lo Sforza si sia rammaricato per le parole corse per il fatto di Giovanni Filippo Fieschi: è vero che lo Sforza teneva che corresse buon sangue con il Fieschi, perché ciò giovava, oltre che al doge, anche al consolidamento dello stato genovese. Ha avuto una lettera da Giovanni Filippo circa quanto è avvenuto fra lui e il doge per il fatto di Chiavari e la elezione di due cittadini con il compito di cercare l’accordo. Domino duci Ianue. Nuy havemo veduto unalettera che la illustre signoria vostra scrive aleonardo, suo cancillero, de vostra propria mano de dì xviidel presente, et inteso molto bene quanto in essa se contene, et non ritrovandosi presso nuy dicto ser Leonardo, farimo resposta per questa ad essa vostra signoria. Et primo, alla parte che la vostra signoria dice de quello se diceva delo ambassatore constituito per andare al re de Ragona, dicimo ch’el fu vero ch’el se dixe che dicto ambaxatore per parte della signoria vostra, era per andare al dicto re, il che nuy nientedemeno 160v non volesimo may credere, né crederessimo mai. Et dica el contrario qualunche voglia se sia, perché vogliamo la signoria vostra se renda non solo certa, ma certissima che in essa havemo quella propria fede che vuy diceti nella dicta vostralittera, como quello che ne rendiamo certi che amate et havete caro el bene nostro, quale è pur vostro, como el vostro medesmo, perché frala signoria vostra et nuy non li successe may cosa alcuna per la quale se dovesse cercare, né pensare el contrario. Et che la sigoria vostra dubiti che nuy non habiamo presa ruzene né ombreza alcuna per lo facto de domino Zohanne Filippo del Fiesco per parole che fossero state dicte, ve dicimo che el è vero che nuy haveresimo havuto a caro et piacere che frala signoria vostra et luy fosse stato bono accordio et che se vivesse pacificamente, perché, desyderando nuy el bene vostro, la grandeza vostra et lo stabilimento et firmamento del stato vostro, como havemo sempre desyderato et desyderamo, cum quella sincerità de cuore che facimo nuy medesmi. La signoria vostra de’ pensare che per la quiete et reposso del stato vostro et de casa vostra, haveriamo, et cossi havemo, sommo piacere che fra essa vostra signoria et lo dicto domino Zohanne Filippo se vivesse bene, et non puncto ad niuno altro fine, avisando la signoria vostra che la nostra firma intentione è, como vuy medesmo dicete, che como sette principale in Zenova, cossì siate cum nuy principale in amicitia, domesticheza et fraternità et che possiate de noy et delle nostre cose pigliare quella propria fiducia et sigurtà in disponerne in ogni vostro piacere che fate de vuy medesmo et delle cose vostre proprie. Et questo quando ne farete la experientia, trovarete ch’el serà più con effecto che non el dicimo con parole. Appresso se alla signoria vostra pare et piace che circal'acordio che se praticha fra essa vostra signoria et lo dicto domino Zohanne Filippo habiamo a fare nuy de qua più una cosa che un'altra, advisatine, che farimo interamente tucto quello ne serà 161r possibile (a) circa questa materia volontieri et de bona voglia, secondo per altre nostre havemo scripto ad Antonio Guidobono et mandato a dire per misser Baptista del Fiesco, siché ad questa parte non ne occorre dire altro. Et alla parte de quello ne debe referire ser Leonardo per parte vostra circa il memoriale gli dette la signoria vostra, dicimo che nuy circa ciò respondessemo al dicto ser Leonardo quanto bisognava, el quale credemo che, alla ricevuta de questa, serà ritornato da essa vostra signoria et referitogli quanto haveva havuto da noy, tanto in questo, quanto in l’altre cose. Altro non dicimo se non che confortiamo la signoria vostra a stare de bono animo et a tuore via del’animo suo ogni rancore o sospectione perché, como havimo dicto de supra, de nuy pò et deve vivere con el cuore sincero et reposato, cossì como deve vivere uno fratello del'altro. Preterea advisamo la signoria vostra como pur adesso havemo ricevuto unalittera del prefato domino Zohanne Filippo per la quale ne advisa della novità seguita frala signoria vostra et luy in lo facto de Chiavari, et che ello era stato advisato como erano electi duy citadini, quali havesseno a praticare l’acordio et asesto fra essa vostra signoria et luy et ch’el era bene disposto a vivere de bono accordio cum vuy, et daluy non mancaria, et cetera, et che, inteso che luy havesse dicti citadini, manderia subito qui quello suo ser Donino ad notificarne la cosa como passava, el quale venendo de quello portarà, ne faremo dare notitia alla prefata vostra signoria, et confortaremo esso domino Zohanne Filippo ch’el se voglia inclinare al dicto accordio cum vuy, como è stato et è l'animo et lo desyderio nostro. Et como dicemo de soprala signoria vostra ne pò advisare se circa ciò haveremo a servare più uno modo como un altro, perché el farimo volontiera et de bona voglia. Data in Laude Veteri die 22 maii 1452. Iohannes. (a) Segue et depennato. 495 Francesco Sforza al podestà e al referendario di Alessandria 1452 maggio 19, “ex Laude Veteri”. Francesco Sforza ordina al podestà e al referendario di Alessandria che, in esecuzione di quanto scriveranno loro i Maestri delle entrate straordinarie, si avvalgano dei beni di Simonino Ghilino e di suo fratello Lorenzino, ugualmente tenuto a soddisfare un debito di cinquecento ducati con Stefano Melegaro. Pur avendo assicurato d’essere disposto a saldare ogni cosa entro due mesi, Simonino è scomparso. 161v Potestati et referendario nostris Alexandrie. Como per altre nostre ve habiamo scripto, essendo destenuto qui, ad instantia de Stefanno Melegaro, Simonino Ghilino, suo debitore de cinquecento ducati, fecemo opera ch’el dicto Stefanno expectasse esso Simonino de dicti denari fin ad duy mesi tunc proxime a venire, et fecemo che li Magistri del’intrate nostre extraordinarie promisseno de dare dicti denari al dicto Stefanno fra il dicto termino, quando Simonino non gli pagasse, promettendovi esso Simonino che al dicto termino pagaria dicti denari. Et perché dicto Simonino è partito de qui insalutato hospite senza paghare dicti denari, volemo et commettiamovi che contra esso Simonino et Lorencino, suo fratello, il quale è similmente obligato a questo debito, e contrali beni suoy faciate tale executione reale et personale, che gli venga voglia de pagare questo debito, et che non se possa gloriare ne habia (a) calefato in questa forma, exequendo circa questo quanto per li dicti nostri Magistri ve serà scripto et mandato in questa materia. Et breviter facete per forma che ne sentiamo novella, se desyderati fare cosa ne sia grata. Ex Laude Veteri, die xviiii maii 1452. Cichus. (a) Segue inganato depennato. 496 Francesco Sforza al comune e agli uomini di Castelnuovo Tortonese 1452 maggio 23, Lodi. Francesco Sforza, che aveva concesso un salvacondotto a Giacomo da Castelnuovo, uomo d’arme di Colella da Napoli, nella speranza vana che, incontrandosi con il condottiero, ponesse fine alla controversia che aveva con lui, vuole che il podestà, il comune e gli uomini di Castelnuovo Tortonese, consegnino detto Giacomo con i cavalli e la sua roba al podestà di Broni, località da cui egli se ne partì vergognosamente. Egregio ac nobilibus amicis nostris carissimis potestati, communi et hominibus Castrinovi Terdonensis. Alli dì passati noy concedessimo uno salvoconducto a Iacomo da Castelnovo, homo d’arme del strenuo Colella da Neapoli, de podere venire de qua per accordarse con dicto Colella cum il quale era caduto in differentia, essendosse partito da luy mancho che honestamente, ma non è perhò seguito accordio veruno fra loro. Il perché, como per altre nostre ve scripsemo, ve confortiamo et caricamo, e per exempio de ben vivere et perché l'honestate et raxone il rechiede, che vogliate fare consignare el dicto Iacomo, asieme cum li cavalli et robba, delli quali sereti dal presente portatore informato, a Broni in le forze del potestate dellì, dove esso Iacomo 162r se partì vergognosamente, rendendoce certissimi che l’illustre signore marchexe, nostro honorevole fratello, de questo serà contentissimo, perché ancora nuy faressimo servare simile stillo per qualunque de quelli della soa signoria. Ex Laude, xxiii maii 1452. Iohannes. 497 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 maggio 15, Milano. Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano, luogotenente di Alessandria, che aveva sollecitato Liberio Bonarello, già luogotenente di Alessandria, di far avere a Nicoloso de Guarco biada, vino e roba che si trovava nel castello di Quattrodosse, quando detto castello fu tolto a Nicoloso. La stessa sollecitazione fa ora a Corrado in modo che il ricorrente sia integramente appagato. Magnifico Conrado de Foliano, locuntenenti nostro Alexandrie. Altra volta, per dupplicate nostre littere, scripsemo a misser Liberio Bonarello, nostro locotenente lì in Alexandria, che a Nicoloxo de Guarcho dovesse fare restituire ogni biada, vino et altra robba che era nel castello de Quatordoxe, quando dicto castello fo tolto fora delle mane del dicto Nicoloxo. Pur havimo inteso, per querella soa novamente, che may non ha havuto dicte robbe, del che se maravigliamo et spiaciane. Il perché te commettimo et volimo che debbi diligenter informarte donde sonno dicte robbe et farle integramente restituire al predicto Nicoloxo, como è nostra intentione, per modo ch’el non habia più ragione de querelarse né mandare da nuy per questa casone. Mediolani, xv maii 1452. Cichus. 498 Francesco Sforza ad Antonio Guidobono 1452 maggio 26, Lodi. Francesco Sforza scrive ad Antonio Guidobono, segretario ducale a Genova, di non volersi soffermare sulle ducali lettere che non sono state divulgate, pur se spera che il doge e il capitano abbiano provveduto al bisogno espresso. Di bisogno si tratta, e quindi, il doge e i cittadini che si sono detti pronti a non far mancare l’aiuto, devono intervenire; per questo manda lì Giovanni di Alessandria. Farà tutto il possibile per liberare Gregorio Doria e per accordarsi con Filippo Spinola alla Pietra. Chiede di essere messo al corrente delle cose che seguiranno a proposito di Giovanni Filippo. Non occorre inviare ambasciatori a Ferrara, perché quelli che c’erano sono stati mandati a casa dall’imperatore. I nemici hanno preso Covo e Antignano e una bastita in cui c’erano trenta fanti. Egli spera di avere domenica o lunedì tutte insieme le sue genti e di far sentire gradite notizie. Antonio Guidobono, ducali secretario Ianue. Respondendo alla toa littera de dì xxii del presente, delle littere nostre, quale non sonno state publicate non dicimo altro, perché le cose sonno in modo publice che non se possono celerare. Pur, alla ricevuta de questa, siamo certi el signore duxe haverà satisfacto al bisogno, et cossì el magnifico capitaneo. Perché horamay n’è bisogno, adiuto et subsidio de facti et non de parole, et lo signore duxe et quelli citadini sempre hanno dicto che al bixogno non ne lassarano mancare, et questo è quello bixogno, perché havimo impignato intrate, 162v amici, parenti et ogniuno per condure le gente in campo, et cossì l'havimo conducte, resta mò le possiamo in campo mantenere, unde remandiamo là misser Zohanne de Alexandria cum la instructione, della quale te mandiamo la copia. Non ne fare mentione finché luy sarà là, salvo sel te paresse utile al bixogno per lo quale vene, aliter non. Al facto della Preda et de Filippo Spinula attenderemo a fare tucto quello sarà possibile per havere Gregoro Doria et accordare Filippo. Di paviglioni responderimo per un'altra. Della nave presa restiamo advisati. De Zohanne Filippo ancora havimo inteso: advisano como le cose sarano seguite. Li ambassatori da mandare a Ferrara per la pace non bisognano, perché lo imperatore se n’è andato via et halicentiati li ambassatori tucti quali gli erano, che se ne ritornano ad casa. Delle cose de qua: li inimici sonno in Geradada hanno facto demonstratione assay per fare (a) fare qualche cosa in questo tempo che redunamo le nostre gente insieme, et in effecto hanno in tucto pigliato Covo et Antignago et una bastita rocta nella quale erano trenta fanti delli nostri. Nuy domenica, o al più tardo lunedì, haveremo le nostre gente tucte insieme et procederimo contraloro, et speremo, mediante la gratia de Dio, fare sentire delle cose serano grate alli amici nostri. Ex Laude, xxvi maii 1452. Cichus. (a) In A pare. 499 Francesco Sforza a Lanfranco Garimberti 1452 maggio 29, “in Villa Aquenigre”. Francesco Sforza, dopo un accenno alle voci poco confortanti sulla cittadella, sprona Lanfranco Garimberto, capitano della cittadella di Novara, a essere molto attento nella vigilanza e a tenere fanti idonei e fidati. Gli annuncial’arrivo di cinquanta fanti, dei quali solleciterà l’invio con le due lettere che allega. Gli ribasce l’obbligo della costante vigilanza e l’impegno che gli incombe di mai abbandonare il suo posto senza l’autorizzazione ducale. Lo esorta a confortare i cittadini nella speranza di prospere vicende future. 163r Lanfranco Garimberto, capitaneo citadelle Novarie. Ne sonno pur posti de molti suspecti de quella nostra citadella, como te havimo per altre nostre scripto. Pertanto te stringemo et carricamo, per quanta fede et amore porti ad nuy et al stato nostro, che tu metti ogni studio, diligentia et solicitudine alla guardia de quella citadella et teni tucti li toy fanti che siano idonei, fidati et sufficienti, perché attendendo ti alla bona guardia per modo non possi essere inganato, non te bisogna dubitare de forza. Nuy scrivemo che siano mandati in quella citadella cinquanta fanti, como vederay per la copia inclusa dellalittera et dellalista. Pertanto mandaray le doe alligate ad chi vanno subito, et mandaray ad solicitare loro et li altri, li quali receptaray como vengano, et attenderay dì et nocte alla bona guardia, non te partendo senza nostralicentia della citadella, et ne advisaray subito del’havuta di questa, et como haveray receptati li dicti fanti nella citadella. Et adciò credi questa siala volontà nostra, havimo sottoscripto la presente de nostra propria mano et signata della corniola como vederay. Quelli nostri citadini vogli confortare ad stare de bona voglia, perché nuy farimo in brevi tanto dal canto de qua che non bisognarà dubitare delà. Ex Castris nostris in Villa Aquenigre, die xxviiii maii 1452. Zanettus. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. 500 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 maggio 24, Lodi. Francesco Sforza in risposta alle lettere di Corrado da Fogliano, luogotenente di Alessandria, gli consente di trattenere dei provvisionati a compenso dei pochi fanti portati da Bartolomeo da Bologna e da Bartolomeo da Messina. Scriva a Fracesco Maletta per sollecitare l’invio dei quattrocento ducati di cui il duca gli ha già accennato per lettera. Gli va quello che lui ha scritto ai gentiluomini di Incisa richiedenti fanti: faccia anche loro sapere che quando ve ne sarà vero bisogno, manderà loro fanti e quant’altro sarà necessario. Lo assicura di aver scritto a donna Bianca e a Gabriele da Cernuscolo, ufficiale delle munizioni a Milano, perché gli mandi verrettoni e polvere da bombarda. Prende atto di quanto hanno scritto a Corrado i membri del Consiglio segreto. Si dice disposto a perdonare Domenico Savono degli Inviciati, che, assentatosi per la presa di Stefano da Lumigio, ed avendo avuto da costui rivelazione di quel trattato, pur non ne fece, come avrebbe dovuto, parola. Appreso quello che Carlo Cacarano gli ha riferito del Baili di Asti, si dice disposto che Corrado lo incontri a Novo, provvedendo, però, d’essere in serata di ritorno ad Alessandria. Magnifico Conrado de Foliano, locuntenenti Alexandrie, et cetera. Respondendo alle toe littere, et primo, al facto de quelli fanti che sonno venuti là, dicimo che, possa che cossì è che Bartholomeo da Bologna et Bartholomeo da Missina hanno menato cossì pochi fanti, siamo contenti che tu retenghi là quelli nostri provisionati, finché haveray altro da nuy. El tuo spazamento delli 400 ducati se maravegliamo che (non) li habii havuti como per altre nostre te havimo scripto. Nuy ne havimo scripto a Francisco Maletta in opportuna forma, siché solicita de haverli. 163v Alla parte delli fanti che te hanno domandati li zintilhomini de Incisia, havimo inteso quello che tu scrivi: ne piaceno li modi che hay tenuti, pur volimo che gli respondi che nuy credimo non bisognarano et che, quando pur bisognerano, gli mandarimo et fanti et ogni altra cosa in modo che sarano ben contenti. Alla parte delli vertoni et polvere da bombarda, havimo scripto alla illustrissima madona Biancha et ordinato a Gabrielle da Cernusculo, nostro officiale de monitione in Mediolano, che te ne dia quanto gli ne rechiederay, siché manda per quello che ti bisogna. Delle littere che te sonno mandate per quelli del nostro Consiglio, remanimo advisati. Nuy havemo ordinato che non te sarà dato questo carrico, como è iusto et rasonevole. Alla parte de quello Domenico Savono deli Inviciati, che se è absentato per la presa de quello Stefano da Lumigio, havimo inteso quello tu scrivi. Dicimo che non siando il dicto Domenico in altro fallo che quello tu ne hay scripto, cioè che havendogli dicto el predicto Stefanno de quello tractato, luy poy non lo revellasse, como era tenuto, siamo contenti de perdonargli, et cossì volimo che tu gli faci libera licentia ch’el possa tornare securamente a casa soa et golderse il suo quietamente, como ha facto per lo passato. De quanto te ha referito Guielmino Lanza da parte de misser Rafaelle Adorno remanemo advisati, et non ne accade fare altra resposta. De quanto ti ha dicto Carlo Cacarano da parte del Baili de Ast, havimo inteso quanto scrivi: siamo contenti che tu vadi a parlare al dicto Baili, dando perhò 164r primala posta che luy venga fino a Novo et tu gli anderay a parlare lì et farali tanto honore, careze et grate accoglienze quanto te siano possibile, rengratiandolo sempre della proferta che ti ha facta per lo dicto Carlo. Et tu fa’ che in quella sera medesima torni ad Alexandria. Data Laude, xxiiii maii 1452. Persanctes. Cichus. 501 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria 1452 maggio 25, Lodi Vecchio. Francesco Sforza scrive a Giovanni da Alessandria di averlo appositamente trattenuto perché vedesse l’esercito sforzesco avviato contro il nemico e potesse informare il doge e la comunità genovese delle insolenze e atti disonesti usati dai Veneziani. Benché abbiano anticipato i tempi, i nemici hanno potuto avvantaggiarsene ben poco. Fidando sulle promesse dogali e della comunità genovese di dare un aiuto nel bisogno, il duca ribadisce che il momento per accorrere in soccorso è proprio questo. Vuole che Giovanni vada a Genova e persuada il doge a intervenire. Rinviare il soccorso in caso di vittoria o di sconfitta non avrebbe senso. Risulta ora chiaramente l’insisistenza e la falsità di tutte le imputazioni addotte contro lo Sforza, che ha sempre agito per la tranquillità e il mantenimento dello stato esistente. Consente a Giovanni sia di mostrare lo scritto ducale al doge, al capitano di Genova o a chi altro crederà, come di esprime le necessità del momento con sue parole, mirando che queste non siano ripagate con sole altre parole. Domino Iohanni de Alexandria. Siamo sopraseduti remandarvi a Zenova, perché habiati veduto el nostro exercito et adviato contrali inimici, et che sapiate informare lo illustre signore misser lo duxe et quella magnifica comunità delle insolentie et deshonestà usata per Venetiani in havere roctala guerra cossì notoriamente, como hanno facto et de presenti procedono alla guerra che hanno demonstrato lo effecto del’animo et volontà loro, quale sempre havimo facto dire ad quelli signori. Il perché deliberamo procedere contra di loro realmente, et benché se siano sforzati antecipare tempo per monstrare de fare qualche cosa et (a) hanno facto pocho. Nuy tamen speramo presto fare in modo, primo per la iustitia, quale havimo dal canto nostro, poy per li provedimenti et apparati della guerra che habiamo meglio d’essi, che Dio ne concederà victoria contra loro. Et perché el prefato signore misser lo duxe, et cossì quella magnifica communità, hanno dicto sempre de voler (b) adiutare quando ne accadesse bixogno, adciochè possiamo moderare et abassare la superbia et insolentia de Venetiani, quali vorriano summittere ogniuno, et consyderato che questo è cossì interesse dell’illustre signor duxe et de quella magnifica communità como nostro, volemo che, ricevuta questa, debiate transferrirve a Zenova dal prefato signore duxe et communità et pregarli, confortarli et persuaderli che gli piacia volerci adiutare et subvenire de presenti delli denari raxonati, perché noy havimo ogni altro apparato et ogni altra cosa necessaria, 164v et non ne mancha se non qualche denaro da potere mantinere la gente in campo. Et dovendo may per alcuno tempo dal prefato signore duxe et communità havere adiuto né subsidio alcuno, bisogneria ch’el fosse de presenti, perché s’el se volesse aspectare lo adiuto ne volessino fare de farlo quando fosse una grande victoria o una grande perdita (c), questo non saria il bisogno nostro, perché, havendo ad havere victoria, como speramo de havere per le resone predicte, alhora se inzegnaremo dellà et de qua con li aquisti se farano providere al facto nostro, senza dare affano et graveza aloro. Et s’el fosse perdita (quod Deus avertat), questo non saria bene per le varietate della fortuna, il perché, concludemo che, dovendoce servire de bono cuore, como fanno li boni amici et fratelli, ne pare che se vogliano sforzare servire liberamente al presente, perché mediante questo adiuto con li altri possiamo sostenire il facto nostro in modo che habiamo la victoria certa, como speramo in Dio de havere. Et pur non vedimo obstaculo nissuno né possiamo credere che quello illustre signore duxe et magnifica communità non debiano subvenire ad questo nostro bisogno, maxime con costo nostro. Et crediamo che quello signore duxe et comunità debiano mò essere chiari et certi de tucte quelle cose delle quale noy siamo stati imputati là, et iniuste quidem, et debeno havere trovato che noy non havimo may tractato, (d) operato né atteso ad altro palam nec occulte, se non ad quelle cose che habiamo cognosciuto et creduto che siano state pace, tranquilità et mantenimento de quello stato presente. Siché per certo non se possiamo persuadere che daloro in questo caso, dove, como havimo dicto, pende cossì el bene et la salute loro como la nostra, non habiamo subsidio et favore daloro, et che tanta cordiale affectione, quale gli portiamo sia vanna et innane. Siché vogliate instare, pregare et carricare el prefato signore duxe et quella comunità 165r che gli piacia de adiutarci ad questo nostro bisogno, como è la nostra ferma speranza che farà, et advisarne presto della conclusione havereti facta. Data in campo in Laude Veteri, xxv maii 1452. Zanettus. Cichus. (a) Segue tamen depennato. (b) volerer in A. (c) perdedita in A. (d) Segue né depennato. Polliza Domine Iohannes, nuy ve scrivamo questa instructione perché dicati circa questa substantia et quello più ve parerà bisognare, siché la poreti monstrare al duxe, al capitaneo et a chi ve parerà. Et quello che ve dicemo in quella instructione ve advisamo ch’el dicemo perhò, per dire el proprio vero et l'animo et bisogno nostro et che non ve lassati dire parole, ma che ve sforzate de trarne qualche effecto et retornati presto. Data ut supra in litteris. 502 Francesco Sforza al podestà di Alessandria 1452 giugno 5, “apud Pratalbonynum”. Francesco Sforza comunica al podestà di Alessandria di aver ricevuto da Giovanni Ghiappano i denari per i guastatori, con la richiesta della comunità che, in rivalsa, le venga concessa la remissione del resto a causa della tempesta. Il duca vuole che il podestà garantiscala comunità che, sia per la tempesta che per altro, si presterebbe a soddisfarla, ma siccome i guastatori avuti sono uno scambio di quelli richiesti, e dato che il contributo avuto è ben modesto, certo, com’egli è, che la comunità è disposta a soccorrerlo in ben altri bisogni, vuole che paghi anche il resto. Potestati Alexandrie. Havemo havuti li denari ce ha portati Zohanne Ghiappano per li guastatori, et ad quanto ce ha dicto esso Giovane, per parte de quella communità, del remettergli il resto per (a) rispecto alla tempesta et cetera. Volemo gli dichi, per nostra parte, che, et per rispecto alla tempesta et per ogni altro rispecto, sempre ce sforzaressimo compiacergli, como a quelli reputiamo di nostri vechii, ma consyderato che questa non è grande graveza, maxime aloro, che sapemo certo in magiore cosa se exhibirano a questo nostro bisogno, et anche che a questi denari a nuy li conviene pagare ad guastatori che nuy havimo tolto di qua in cambio de quelli gli havimo rechiesti, è necessario se proveda per ogni modo al resto et quanto più presto meglio, perché possiamo satisfare a quelli havemo tolti di qua, como è dicto. Et in questo usa ogni diligentia. Ex castris nostris felicibus apud Pratalbonynum, v iunii 1452. Iohannes Chiapanus. Iohannes. (a) Segue parte depennato. 503 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 giugno 6, “contra Pontem Vicum”. Francesco Sforza scrive a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono e a costui dice di essere stato del tutto informato. Si aspetta di sapere da Giovanni quel che è successo dopo il suo arrivo, essendo egli sempre in attesa di danaro per poter mantenere l’esercito, ora che l’ha portato tutto in campo. Si diano, perciò, da fare perché la cosa sortisca buon effetto. Ieri con tutta la truppa e con il marchese di Mantova ha passato l’Oglio portandosi nel Bresciano, ove si sono a lui sottomesse varie località. I nemici, supponendo che gli Sforzeschi andassero a Canedolo, hanno messo il campo a Soncino, dove hanno trovato chi gli ha dato noie, per cui ritiene che in giornata arretreranno vicino a Brescia. Lui, invece, si è portato a Pontevico, ove vi è un ponte sull’Oglio e spera di prenderlo presto per il passaggio delle vettovaglie verso il campo. 165v Domino Iohanni de Alexandria et Antonio Guidobono Ianue. Havimo veduto quanto ne hay scripto ti Antonio per alcune littere. Dicemo che del tucto remanimo a compimento advisati et non ne accade dire altro, perché per altre nostre havimo scripto abastanza, como havereti veduto. Siché aspectamo essere advisati de quanto serà seguito de po’ la gionta de vuy, domino Zohanne, là, et solo ve ricordiamo il facto del denaro, perché, siandose conducti in campo cum tucto lo nostro exercito, ne bisognano pur denari per mantenerlo. Perhò vogliati usargli ogni solicitudine et diligentia che la cosa se reducha a bono effecto, et advisatine del tucto chiaramente. Ulterius ve advisamo che hieri cum tucte le nostre gente et cum lo illustre signore marchese de Mantoa passassimo Oglio, et siamo venuti in Bressana, dove, fin a questa hora sonno venute ad nostra obedientiale terre infrascripte, cioè: Calvisano, Gambara, Pralbonino, Leno, Gotolengo, Iosolella, Visano, Seniga, Cigoli, Fianello, Bassano, San Gervasio, Virolavechia, Virola Alghiso, Scortirolo, Manerbio, Scarpizolo, Cignano, Cadignano, Oflaga et Faverzano, et tucta volta aspectamo delli altri lochi. Li inimici, credendo che nuy dovessimo andare a passare ad Canedolo, andarono a campo a Sonzino, dove hanno trovato che gli ha molto bene resposto cum altro che con parole, pur, per quanto havimo, nuy credimo che ogi (a) se debiano (b) retrare verso Bressa. Nuy disponimo andargli a trovare et speramo farvi sentire cose che ve piacerano. Hogi siamo venuti qui ad Pontevico, perché ha uno ponte sopra Oglio, et vederimo haverlo subito, perché de qui farimo condure le victualie in campo, poy procederimo ultra et del tucto, como seguirimo, ve farimo advisati. Scrivendo questa, havimo veduto la vostra de tre del presente in questa hora, la quale fa mentione del caso del capitaneo. Non ve dicimo altro, se non che vogliati essere cum quello illustre signore duxe et solicitare per ogni via et modo che ve pare che habiamo questa expedictione del denaro, como havimo dicto de sopra. Ex castris nostris felicibus contra Pontemvicum, die vi iunii 1452. Persanctes. Cichus. (a) Segue credimo depennato. (b) se debiano ripetuto. 504 Francesco Sforza al referendario di Alessandria 1452 giugno 5, “apud Pratalboninum”. Francesco Sforza ordina al referendario di Alessandria di fare immediatamente fare una “pianchetta” alla rocca di Alessio soprala porta d’ingresso di Bergolio, come gli comanderà suo fratello Corrado. Faccia mettere i bolzoni al ponte del revellino della rocca nuova. Faccia altresì fornire la cittadella di duecento assi e due carri di aceto, pagando con denari della Camera ducale. Dispone che dai beni mobili del ribelle Stefano Lumigio, faccia avere a Giovanni da Milano cinquanta ducati per aver rivelato il trattato della rocca della cittadella. Uguale somma, presa da detti beni, dia anche a Giovanni Francesco dal Mangano, vicario ducale. Gli faccia avere un puntuale inventario dei beni di Stefano Lumigio. 166r Referendario Alexandrie. Volimo che, subito recevuta questa, faci fare una pianchetta alla rocha de Alesio che calla soprala porta della intrata de Bergolio, secondo ordinarà Conrado, nostro fratello, et cossì che faci mettere li bolzoni al ponte del revellino della rocha nova, facendoteli monstrare al cancellero de Zohanne Ghiappano, che sa dove sonno. Similiter che faci mettere in monitione in citadella asse cc et carra doe de bono acceto, facendo circa questo ogni spesa necessaria de ogni denari della Camera nostra, sì ordinarii como extraordinarii, et che non manchi in modo alcuno che subito se facia. Et così perché poria accadere de mandare qualche littere fora delle poste, overo qualche altra spesalegiera et importante al stato nostro che, per non havere ti licentia da noy de farlo poriano essere a nuy damnose. Siamo contenti et volimo che, in questo caso, possi fare dicta spesa et che te sia admessa, havendo il mandato in scripto dal dicto Conrado et, adciochè cognoschi questo procedere de nostra mente, havemo sottoscripto la presente de nostra propria mano, volendo insuper che soprali beni mobili de Stefano Lumigio, nostro ribello, faci respondere de ducati cinquanta d'oro a Zohanne da Millano, che ha scoperto il tractato della rocha della citadella, per alcuna retributione delli meriti suoy, et cossì faci respondere sopra dicti beni a misser Zohanne Francisco dal Mangano, nostro vicario, de ducati cinquanta asoldi lxiiii per ducato; et che lo inventario de dicti beni, sì mobili como immobili, nello mandi incontinente ad nuy, guardando non vada niente in sinistro. Ex castris nostris apud Pratalboninum, die v iunii 1452. Leonardus. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria. Iohannes. 505 Francesco Sforza ad Antonio da Fabriano 1452 giugno 5, “apud Pratalboninum”. Francesco Sforza vuole che Antonio da Fabriano faccia subito avere a suo fratello Corrado la somma assegnatagli, per mancanza della quale non ha potuto ancoralevare i suoi uomini dal Piacentino. Gli fa sapere che gli farà scontare tale mancanza di danaro se dovesse derivarne qualche sinistro. Antonio de Fabriano. Ne maravegliamo che anche non habbi satisfacto ad Conrado, nostro fratello, delli denari gli sonno assignati per le mane toe, secondo che per soalittera intendemo, et che per questo resta delevare li suoy che sonno in Piacentina. Il perché te commandiamo et volimo che, recevuta questa, senza dimora pigli tale provisione ch’el habiala integra satisfactione delli dicti denari, avisandote che se, per toa negligentia o manchamento, seguisse alcuno sinistro ne corrozaressimo cum ti, in modo restaressi malcontento. Ex felicibus castris nostris apud Pratalboninum, die v iunii 1452. Leonardus. Iohannes. 506 Francesco Sforza al vescovo di Tortona 1452 giugno 5, “apud Pratalboninum”. Francesco Sforza scrive indignato al vescovo di Tortona perché ha riscontrato che l’assegnazione fatta a suo fratello Corrado sul contributo ecclesiastico è stato ripartito in modo tale che una parte di tale somma finisca a Castelnuovo e in altre località non sottoposte al dominio sforzesco o in terre ove tale contributo è inesigibile per asperità della montagna. Tutto ciò non ha consentito a suo fratello di avvalersi della somma necessaria per levare i suoi dal Piacentino e alcuni gli sono fuggiti. Il duca ingiunge al vescovo di provvedere che il fratello abbia l’assegnazione fissatagli, altrimenti il duca sarà costretto a provvedimenti che gli dispiaceranno. 166v Domino episcopo Terdonensi. Nuy credevamo che già più dì fa Conrado, nostro fratello, havesse havuto il spaciamento da quello chiericato de Terdona delli denari aluy assignati et sentemo che anche non ha havuto quasi denaro, et che questo procede per la magiore parte, perché in lo compartito delli denari facto per lo dicto chiericato hanno taxato bona summa d'essi denari al chiericato de Castelnovo et de altre terre a nuy non supposite et inexigibile per asperitate della montagna. Della qualcosa ne segue che non ha possuto anche levare li suoy de Piacentina et gli ne sonno fugite alcune, che assay remanimo malcontenti, né credevamo che vuy dovesti consentire a tale compartito, sapendo quanto importa al stato nostro l’havere le nostre gente unite alli ordini suoy. Il perché vi caricamo et stringemo quanto più possiamo che immediate, ricevuta questa, vogliate convocare il dicto chiericato et strenzarli che li denari taxati a gente a nuy non supposite o per altro modo inexigibile, li debiano conpartire fraloro in modo li habia esso Conrado senza indusia, altramente a nuy serà necessario fargli delle provisione che rencrescerano a chi se sia, et per forma che non solo serà satisfacto della assignatione, ma de ogni damno ne haverà supportato per non gli havere havuto in tempo. Ex felicibus castris nostris apud Pratalboninum, die v iunii 1452. 507 Francesco Sforza a Venerio da Cotignola 1452 giugno 5, “apud Pratalboninum”. Francesco Sforza impone a Venerio da Cotignola, castellano della rocca di soccorso della cittadella di Alessandria, a riflettere sul suo trascurato comportamento nella cura di quella rocca. Cambi registro, perché, altrimenti, lo leverà da lì. Segue elenco di conestabili, castellani e capitani cui è inviata la lettera. Venerio de Cotignola, castellano roche succursus citadelle Alexandrie. Hay veduto in quanto pericolo è stato le cose nostre delà per lo tuo simplice et negligente deportamento fay circhala cura de quella rocha et como la cosa è passata, siché voglite molto bene guardarte inanze per lo avenire et portarti in altra forma et con altra prudentia non hay facto fin a mò, altramente te avisamo che te levaremo delì, perché non volimo che le toe negligentie ne desfacesseno del mondo, et per fare bene ad ti recevessimo danno. Ex felicibus castris nostris apud Pratalboninum, v iunii 1452. Iohannes Chiapanus. Iohannes. 168r Conestabili porte Fusoste, conestabili porte Sancti Lazari, conestabili porte Sancti Raymondi, conestabili porte Strate Levate. In episcopatu Placentie: castellano roche sive Castriarquati, castellano roche Larde Florentiole, castellano roche Summi Vici Florentiole. In Terdona: capitaneo citadelle, castellano Castrimagni, conestabili porte Sancti Martini, conestabili porte Sancti Quirini, conestabili porte Sancti Stefanni, conestabili porte Leonis. In Novaria: capitaneo citadelle, castellano Castrimagni, conestabili (porte) Sancti Gaudentii, conestabili porte Sancti Stefanni, conestabili porte Sancti Agabii. In Alexandria: capitaneo citadelle, castellano roche succursus, castellano roche nove, castellano pontis Tanegri versus Bergolium, castellano roche et porte Alesii, conestabili porte Ianuensis, conestabili porte Marenghi, castellano roche Bergolii. In episcopatu Alexandrie: castellano roche Anoni, castellano roche Castellacii. 508 Francesco Sforza a Corrado Fogliano 1452 giugno 11, “apud Varolas Alghisiorum”. Francesco Sforza vuole che il fratello Corrado tranquillizzi, come già ha fatto lui, i marchesi di Incisa tanto timorosi che la guerra arrivi fin da loro. Li rassicurerà che, in caso di bisogno, egli accorrerà a proteggerli. Magnifico Conrado de Foliano, germano nostro carissimo. Li zintilhomini marchesi de Incisia molto dubitano de guerra a casaloro et, secondo il loro scrivere, temeno ch'el signore Guilielmo non gli metta campo a casa per molte zanze e busie gli fino date ad intendere ogni dì. Il perché noy gli havemo scripto e confortatoli che non debbano dubitare, perché ce ritrovamo adesso in tale essere che gli defenderissimo da 168v qualuncha, quando bisognasse, come è il vero. Il perché volimo che anchora tu gli debbi confortare et carezare quanto te sia possibile, et mantenirli in la fede et devotione nostra, et avisandoli continue delle novelle et progressi nostri secondo haveray da noy. Gli proferiray ogni tuo succurso et adiuto accadendo il caso, et cossì, bisognando, gli succurreray cum ogni toa possanza, facendoli continuamente grande careze, et ussandoli ogni piacevoleza et humanità gli monstraray che facimo bona extima et grande capitale deloro, como invero facimo. Ex felicibus castris nostris apud Varolas Alghisiorum, xi iunii 1452. Cichus. 509 Francesco Sforza ai marchesi di Incisa s.d. Francesco Sforza esorta i marchesi di Incisa a non prestar fede alle voci che corrono. Dubita che Guglielmo di Monferrato venga ad accamparsi presso di loro. Li accerta che quando lui o altri tentassero di attaccarli, presterebbe loro soccorso. E’ in condizione di dar loro aiuto sopprattutto ora che le cose vanno prosperamente nel Bresciano, ove più di venticinque terre gli hanno prestato obbedienza e ha preso Pontevico, luogo che ha un ponte sopral’Oglio che gli consente di vettovagliarsi facilmente, mentre i nemici hanno Soncino e due piccoli terreni, avuti senza combattere e pressocché insignificanti. Marchionibus Incise. Havemo recevute le vostre littere per le quale ne significate le voce, zanze et bosie (che certo se pono bene dire busie) quale se fano in quelle parte, e le menaze de camparse adosso a voi, ale quale, respondendo, dicemo che non è da dubitare ch’el signore Guilielmo se mova, né lo credimo per molti respecti, et quando pur luy o altri se movesseno ale offese vostre, faressimo tale provixione e ve daressimo tale securso che procul dubio ve conservaressemo illesi. Et non crediati che ve habiamo tolti a deffendere per volervi abandonare. Et dica et zanci pur chi voglia, né may havessemo meglio el modo a deffendervi che mò, avisandove che a dì 5 de presente passassimo de qua da Olio in Bressana, et passati che fossemo subito venero alla obedientia nostra più de xxv terre et boni lochi, et tral'altre havimo obtenuto Pontevico, loco forte et molto importante perché ha uno ponte sopra Olio, mediante el quale, sempre a nostra posta, possimo havere victualie qui in Bressana. Li inimici hanno havuto Soncino et doe altre terrezole, non per combatere, ma perché l'homini ge l'hanno date, dele quale facimo poca stima, perché siando noi signore della campagna, como siamo, rehaveremo quelle et dele altre cum nostre littere. 510 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 giugno 15, “apud Longhenam et Adellum”. Francesco Sforza dice a Corrado da Fogliano di non credere che Guglielmo di Monferrato sia in grado di menare bombarde né ha tanta gente da poter occupare terre. Ha, comunque, fatto bene a scrivere, come ha fatto, a Moretto,cui lo stesso duca ha ordinato che, a richiesta di Corrado, si porti a Tortona o dove si riterrà più necessario. Lo informa che la maggior parte dei soldati stanziati nel Milanese si è portatalà dal duca e anche Giacomo da Civitella è lì. Gli dà la notizia che Bartolomeo da Bologna si porterà dalle sue parti in modo che la cittadella rimarrà ben fornita di fanti. Gli raccomanda di essere ben vigilante: anche se Guglielmo non è in grado di occupare terre con guerra guerreggiata, può, però, con l’inganno. Ha preso nota di quanto gli ha detto Baylino, ma non è d’accordo di scrivergli di nuovo senza attendere il ritorno del messo che gli ha mandato. 171r Magnifico domino Conrado de Foliano. Respondendo alle tue littere contenente più parte, et primo, alla parte del signore Guilielmo, quale se rasona sta per passare Tanagro cum suo exercito et menare bonbarde, dicimo che anchora non credimo debba passare, et maxime che debba menare bonbarde, perché non ha gente da zò, neanche è cussì forte de gente ch'el potesse pigliare terre. Nondimeno tu hay facto bene et laudiamo quanto tu hay scripto a misser Morretto, et cussì anchora nuy gli havimo scripto che, a tua requisitione, vada ad Terdona o dove te parerà più el bisongno. Alla parte de quelle gente che stanno in Milanese, te advisamo che la più parte et quasi tucte sonno vinute qua, et anche Iacomo da Civitella è vinuto qua. In errore delli fanti della cittadella, è vero che Bartholomeo da Missina et Bartholomeo da Bolongna non hanno anchora potuto remettere tucti li suoy fanti; et Bartholomeo da Bolongna, quale è qui de presente, presto vinirà là cum fanti, siché la cittadella remarà ben fornita et secura. Isto autem interim actendi a bona guardia, perché non è veresimele che per guerra gueriata el signore Guglielmo possa pigliare terre cum quelle gente che se guarda, purché non siano tolte per inganno. Che tu habii parlato cum el magnifico Baylino et delli advisi restiamo advisati, et cetera, ma de mandarli o scriverIi denuo, ultra el messo gli havemo mandato, ad nuy pare omnino aspectare el nostro messo, el quale aspectamo de dì in dì. Et delle novelle de qua te havimo advisato a compimento, siché non resta dire altro se non che tu actendi bene alle cose dellà, che nuy te farimo sentire bone novelle de qua et presto. Ex felicibus castris nostris apud Longhenam et Adellum, die xv iunii 1452. Ser lacobus. Cichus. 511 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 giugno 8, “apud Pontem Vichum”. Francesco Sforza informa Corrado da Fogliano, luogotenente di Alessandria, che è stato da lui Bartolomeo Trotto narrandogli che aveva ancora da condurre venti some di biada, ma portatosi da Niccolò Campanaro perché gli facesse il bollettino, non glielo volle fare, mentre ottenne due bollettini di nove some ciascuno dal cancelliere di Paolo Penzamato, capitano ducale. Lo pizziccò per strada Niccolò, che gli tolse la merce, le cavalle, asserendo che il bollettino era falso. Tenutolo in prigione dei giorni, gli restituì le cavalle, ma non il frumento. Il duca dispone che Corrado veda come stanno le cose, curando che nel frattempo il frumento né altro abbia a rovinarsi. 171v Domino Conrado de Foliano, locontenenti Alexandrie, et cetera. È venuto qui da noy Bartholomeo Trotto, presente exhibitore, quale ne ha significato che restandogli a condure xx somme de biava de una licentia che luy ha, se ritornò da Nicolò Campanaro che gli volesse fare il bolletino per condurlo, et non gli lo volsse fare, ma dixe al cancillero de Polo Penzamato, nostro capitaneo, che gli lo facesse, et cossì esso cancillero gli lo fece, cioè duy bolletini de some 18 de viiii some l'uno. Et esso Bartholomeo facendo condure dicta biava sotto tale bolletino, esso Nicolò gli fece torre le cavalle et biava, dicendo che tale bolletino era falso et che luy may de questo non seppe niente, et may non gli ha voluto restituire nelle cavalle né la biava, immo l'ha tenuto luy in presone alcuni dì et poy l’ho halassato, et restituitole le cavalle et noI frumento, et gli ha facto dare sigurtà de stare a raxone. Pertanto volimo che tu te debbi informare de questa cosa como sta, et trovata la veritade, faci rasone, provedendo che fra questo mezo che né'l frumento né altra cosa tolta al dicto Bartholomeo per questa cosa vade in sinistro. Ex castris nostris apud Pontem Vichum, die viii iunii 1452. Marchus. Cichus. 512 Francesco Sforza a Niccolò Campanario s.d. Francesco Sforza ordina a Niccolò Campanario, commissario sopra gli alloggiamenti in Alessandria, che per il sostentamento dei fanti di Luca Schiavo si dia dagli uomini di Cassine la tassa di grano, legna e di altre cose, sia del passato che del futuro a chi non l’ha avuta nei modi consueti. Per i fanti di Bartolomeo da Messina e di Bartolomeo da Bòlogna provvedano gli uomini di altre terre. Nicolao Campanario, comissario super logiamentis Alexandrie. Adcioché li fanti delucha Schiavo, Bartholomeo da Missina et Bartholomeo da Bologna, quali havemo deputati alla guardia della nostra citadella possano sustentarsi tanto che altramente (a) gli poremo provedere de dinari, volemo, et cossì te commettiamo che ad esso Lucha faci respondere per li homini da Cassine della taxa sua del grano, legna et altre cose, sì del passato como del’advenire, a chi non l'ha havuta in quella formala solevano havere. Et a Bartholomeo da Missina et a Bartholomeo da Bologna faci respondere qualche altre terre. (b) (a) mente in interlinea. (b) Così la missiva si interrompe. 513 Francesco Sforza a Giovanni Ferruffini 1452 giugno 17, “apud Longhenam et Adellum”. Francesco Sforza dice a Giovanni Ferruffini e ad Antonio Guidobono di non aver altro da aggiungere a quanto ha scritto loro nelle lettere precedenti. È il terzo giorno che si trovano lì e solo ieri sul tardi si fecero vivi i nemici provocando la reazione degli Sforzeschi, che li costrinsero subito a rincantucciarsi nei loro alloggiamenti. Il tutto si concluse con la cattura di Ettore Brandolino, il figlio di Cesare Martinengo e molti uomini d’arme oltre a 250 – 300 feriti. Dalle loro lettere ha appreso che il doge è rimasto contento della paga di 56 con certi patti. Sollecitino mastro Francesco Bianco a mandare a Pavia a Gracino e all’ufficiale delle munizioni quella quantità di piombo e di stagno da tempo richiesta. 172r Domino Iohanni Ferufino et Antonio Guidobono. Ve havimo scripto per altre nostre, como havereti veduto, dele cose secundo che sonno successe dal canto de qua, da puoy non è acadute altro, se non che siamo venuti qui, como ve scripsimo, hogi è terzo dì: hieri al tardo li inimici monstrarono de fare vista de fare qualche cosa. Nuy sentendo questo gli fussemo adosso et tandem, vedendo che haviano mal facto, se tirarono indrieto in loro allogiamenti che sonno, se pò dire, in uno padule, quale ultra che da sé medesmo sia forte, l'hanno fortificato de fossi, sbarre. Pur, infine, deloro gli fu preso Hector Brandolino, lo figlolo de Cesare da Martinengho, et multi homini d'arme et feriti circa 250 in fino 300, et alcuni forti. Nuy andarimo tanto voltando, che vederimo cavarli delì et, se li poterimo havere alalarga, ve ne farimo sentire tale novelle che ve piaceranno. Et de quello che accaderà alla giornata ve farimo advisati. Scrivendo questa havemo recivuto le vostre de xi, xiii et xiiii del presente et inteso quanto ne haveti scripto, che quello signor duse è rimasto contento dela pagha de 56 cum certi pacti. Et dove diciti haverne mandato per un'altra vostra la copia del mandato, ve advisamo che non havimo havuto la dicta copia. Et perché ne pare che le domande fa esso duse sopra questo facto non siano troppo excessive, volimo che gli promettati, in quello modo che megliore vi parerà, ma ne mandareti la copia del dicto mandato et ne advisareti de quello gli havimo da fare. Et questo facto, vedati de redurlo in modo che nuy habiamo effecto et non parole, et advisatine chiaramente como haveriti seguito. Del’astrologho havimo inteso quello scriveti, et non ne acade dire altro. Ceterum, sapeti che più dì sonno, maestro Francesco Biancho ne doveva mandare certa quantità de piombo et stagno, et ancora non l'ha mandato. Pertanto volimo ch’el sollicitati che subito lo mandi ad Pavia in mano de Gracino et del’officiale dela munitione. Data in castris nostris felicibus apud Longhenam et Adellum, die xvii iunii 1452. 514 Francesco Sforza al re di Francia 1452 giugno 18, “apud Longhenam”. Francesco Sforza denuncia al re di Francia l’invasione delle sue terre proprio quando il duca era a Milano e gli mandava l’accorto suo famigliare Iob de Palacio perché gli dicesse della situazione in Italia. Pur avendo lo Sforza mostrato la volontà di vivere pacificamente con Venezia, questi, senza nessuna giustificazione, ma mossi solo dall’ambizione, aggregarono genti che si portarono sulle terre ducali rapinando uomini, abbattendo bestie e asportando messi. Reagendo, egli mise insieme un esercito e, passato il fiume Oglio, si è portato in territorio bresciano, dove a lui spontaneamente si sottoposero fortilizi, castelli e località venete. Deciso egli pure a entrare in guerra per contrastare il loro furioso impeto, spera fare intendere al sovrano cose gradevolmente piacevoli. Scrive alcune cose per il re Renato di cui verrà informato per lettera o a viva voce. Regi Francorum. Serenissime et christianissime princeps et excellentissime domine domine mi henorandissime, nuper, dum Mediolani essem, ad serenitatis vostre conspectum transmisi virum providum Iob de Paracio, dilectum familiarem meum, a quo successus Italie et que illo tunc occurrerant pIane percepisse non dubito. Postea vero cum universo orbi ostendissem ex me non defuisse quin cum Venetis pacifice et quiete viverem, Veneti ipsi, nullo honesto colore muniti, sed pocius ambìcione ducti, summa cum solicitudine enixi sunt et in unum gentes eorum coegerunt in quo ipso dum unirentur super loca dicionis mee se contulerunt, raptis et in predam conversis hominibus, bestiaminibus concisis et ablatis segetibus et frumentis hominum meorum. Quod, ne ostenderem hec timore aliquo pertulisse, instruxi exercitum meum et iam cum, eo pertransacto Olei amne, in agrum Brisiensem deveni me gentibus ipsis Venetorum obvium prebendo ut pravis eorum cogitationibus male consuluisse intelligerent ubi fortilicia, oppida et loca plurima Venetorum in dicionem meam sua sponte devenere. Quamobrem institui contra eos arma parare et bellum inherere cum usque adeo omnem eorum impetum ac furorem ita reprimer(e)m ut quo sese vertant nesciant, nec vereor, Altissimo favente, eo pacto me gerere quo novum exinde gratum et iocundum serenitati vestre intelligi faciam que, ut de filio sibi obsequentissimo congratulari poterit. Scribo maiestati serenissimi regis Renati nonnulla, prout litteris aut viva voce eius intelliget serenitas vestra, quam deprecor ut relatibus suis, eam celerem expeditionem dare dignetur, quam eadem serenitas vestra pro summa eius prudentia ac sapientia exposcere iudicabit. Ex castris nostris apud Longhenam, xviii iunii 1452. Cichus. 515 Francesco Sforza al governatore di Asti 1452 giugno 18, “apud Longhenam”. Francesco Sforza informa il governatore di Asti che con tutto l’esercito è penetrato nel Bresciano, dove ha conquistato la maggior parte del territorio e ove molte terre e fortezze si sono arrese. Attualmente sosta a Longhena a dieci miglia da Brescia. I nemici si sono sistemati in una palude presso Pompiano per poter prendere la via dei monti. Pur avendo cercato di attaccarli, non è stato possibile perché non si sono mossi dalla palude, da cui cercherà, tuttavia, in qualche maniera di snidarli ed essere, quindi, in grado di fargli avere consolanti novelle. Risponde a quanto egli ha detto a suo fratello Corrado con lettere dirette al Re di Francia e a re Renato, lettere che il governatore vorrà far recapitare con un sicuro messo. Gubernatori Astensi. Nuy siamo certi che havereti inteso le cose de qua como sonno successe. Mò per questa ve advisamo che da puoy se partissimo da Mediolano con tuto lo nostro exercito, havimo passato lo fiume d’Oglio et venuti in Bressana in lo terreno de Venetiani, dove havimo havuto et conquistato la maiore parte del piano del Bressano, che gli sonno molte terre, forteze et luochi importantissimi, et così tuta volta vengono ad obedientia nostra dele altre terre loro. Al presente siamo venuti qui ad Longhena, longo da Bressa deci miglia. Li inimici, sentendo che eravamo venuti qui per torli la via de victualie, sonno venuti ad allogiare in une padule presso ad uno luoco chiamato Pompiano per possere poy pigliare la via dele montagne de Bresa. Nuy ne siamo sforzati de attacare facto d'arme con loro et tandem non è stato possibile, perché non sonno voluti ussire 173r del dicto padule; lo quale ultra che da se stesso sia forte, l'hanno fortificato de fossi et sbarre. Pur vederimo andare in luoco che, o vogliano o non, li farimo ussire fuora; et se li poderimo havere ala larga, speramo mediante la gratia de Dio, de fare in modo che ve ne farimo sentire novella, dela quale siamo certissimi ne havereti grandissimo piacere et consolatione, et del tuto, como seguirà, ve farimo advisati. Ceterum, perquello ha dicto la magnificentia vostra ad Conrado, nostro fratello, nuy repplicamo alla maestà del Re de Franza et del re Renato et mandamo le lettere qui alligate. Pertanto pregamo la magnificentia vostra che gli piaza de mandare le dicte lettere in mano proprie dela maestà del re Renato, et mandarle per tale et sì facto messo che le porte ad salvamento. Et ultra ciò solicitarà la expeditione da Iob da Paratio, nostro fameglio, lo quale mandassimo più dì sonno alle prefate maiestate per li facti del marchese de Monferrato et del signore Guilielmo. Data in castris nostris apud Longhenam, die xviii iunii 1452. Cichus. 516 Francesco Sforza al re Renato s.d. Regi Renato. Illustrissime princeps et excelse domine domine honorandissime, rendendome certo che la maestà vostra sia cupida de sentire dele cose de Italia, adviso quella (a) (a) Così la missiva si interrompe. 517 Francesco Sforza al comune e agli uomini di Quattordici 1452 giugno 13, “prope Quinzanellum”. Francesco Sforza comunica al comune e agli uomini di Quattordici di aver affidato l’amministrazione della località a Sfoglioso, cui in tutto devono sottostare per la cura e guardia del posto. Comuni et hominibus Quatuordearum. Ad ciò che vuy non possati recevere damno né manchamento alchuno finché quelle cose delà siano repossate et quietate, al che nuy usamo ogni nostro studio, havemo dato lo governo et guardia de quello nostro luoco al strenuo dilecto nostro homo d'arme Sfoglioso da ******. Pertanto volimo che, finché altro haveriti da nuy, in ogni cosa spectante alla cura et guardia del dicto loco gli obediati et credati como alla nostra propria persona. Ex castris nostris felicibus prope Quinzanellum, die xxiii iunii 1452. Persantes. Cichus. 518 Francesco Sforza Corrado da Fogliano (1452 giugno 13, “prope Quinzanellum”). Francesco Sforza informa Corrado da Fogliano di aver affidato la cura e la gestione di “Quatordeci” all’uomo d’arme ducale Sfoglioso. Procuri che gli uomini del posto gli obbediscano in ogni cosa spettante alla guardia e cura del luogo. Domino Conrado da Foliano. Conrado, adiciò li homini nostri de Quatordeci non possano recevere damno né manchamento alcuno finché le cose delà siano repossate et quietate, al che havimo usato ogni nostro studio, havimo dato lo governo et guardia de quello loco al strenuo dilecto nostro homo d'arme Sfoglioso de ******. Pertanto volimo che tu ordini et faci cum effecto che, finché quilli homini haveranno altro da nuy, in ogni cosa spectante alla guardia et cura del dicto loco gli obediscano et credano como alla nostra propria persona. Data ut supra. Cichus. 519 Al duca Francesco Sforza 1452 giugno 23, “prope Quinzanellum”. Si scrive a Francesco Sforza perché mandi al castello di Quattordici, della diocesi di Alessandria, l’armigero Sfoglioso da Reggio, della cui fedeltà e devozione pienamente confida, sperando che alla conservazione di detto luogo provveda con ogni premurosa cura per tutto il tempo che il duca gli richiederà. 173v Dux Mediolani et cetera, ut castrum nostrum Quatuordearum, Alexandrine diocesis, habilius et commodius custodiatur durante bello cum hostibus nostris quod tamen ipsi inique nobis induxerunt, commissimus et curam ac gubernationem ipsius castri dedimus strenuo viro dilecto nostro armigero Sfoglioso de Regio, de cuius fide et devocione ample confidimus, sperantes quod sub protectione eius omni cura et solicitudine custodietur. Mandamus harum serie dicto Sfoglioso quatenus diligenti cure et custodie ipsius castri die noctuque fideliter intendat et ita tamen quod donec et dumtaxat sibi repetemus assignare possit ad omnem instantiam nostram et cuicunque sibi litteris et mandatis nostris ordinabimus. Ex castris prope Quinzanellum, xxiii iunii 1452. Cichus. 520 Francesco Sforza al podestà, al comune e agli uomini di Alessandria 1452 giugno 20, “prope Quinzanellum”. Francesco Sforza dice al podestà, al comune e agli uomini di Alessandria di aver appreso che la gente del marchese e di Guglielmo del Monferrato, oltre a fare scorrerie, si è impossessata di terre sforzesche contro ogni equità, anzi, e peggio ancora, dando a divedere il contrario. Cosa, che ad altri parrà molto dannosa, ma di cui egli fa pochissima stima. Sconteranno sia il marchese che Guglielmo, come hanno scontato i Veneziani. Confessa che, per non avere creduto alla guerra con quelli del Monferrato, è stato colto di sorpresa, ma prepararsi alla guerra sarebbe stata una dimostazione di non reale volontà di pace. 174r Domino potestati, comuni et hominibus civitatis Alesandrie. Havimo inteso le novitade facte in quelle nostre parte di là per la gente del marchese et del signore Gulielmo, sì in fare correrie como in apprehendere dele nostre terre contra ogni ragione, honestate et equitate, senza difidarne, né senza havere nuy con loro alcuna voluntà, né oppinione de guerra, imo quod deterius est, cum dare ad nuy et ali nostri bone parole et speranza de non volere con nuy guerra alcuna. Dela qual cosa, quantunche a chi non intende il facto nostro forse pariria ne dovesse essere molto damnosa, nuy ne facimo pochissima stima, perché havimo il modo da provedere a quelle cose in forma scontrarà altro, como è scontrato a Venetiani, li quali, como doveti havere inteso, havendone rocto guerra et lo loro exercito corso fina a Milano, in pochi giorni, non sollo gli havimo facto (a) levare de quella impresa, ma gli habiamo tirati a casa sua et toltogli fino adesso più che li duy terzi del Bressano, et loro reducti in loco non se partirano da nuy senza ragione cognosciuta, como dali citadini vostri medesimi che l'hano visto, poreti essere informati. Siché, quando ne he bastato l'animo ad opprimere tanto exercito, doveti essere certi anche ne basterà l'animo ad defendere quello paese et dal marchese et dal signore Gulielmo et fargli intendere molto presto che se hanno tirato uno contrapeso ale spalle, il magiore che gli havesseno may et che non haveranno tolto terra, né facto damno alcuno, che non gli faciamo molto bene restaurare del doppio, né may fina che vivemo se dementi(c)aremo talle iniuria, anzi per ogni via cercaremo farne talle vendeta che tuto il mundo cognoscerà loro havere patito debito restauro del suo mal fare. È vero che per non credere de havere guerra con loro, sì perché de natura nostra siamo amatori dela pace sì, come è dicto, per la speranza sempre ce ha data il marchese de non volere che le sue terre ce facessero guerra, ne ha colti uno pocho improvisti, che lì non havemo facte le provisione haveressemo facte et che ad nuy erano facilissime a fare et questo per dare mancho spesa et disconcio ad quelli nostri subditi fosse possibile, perché cognoscevamo molto bene che non potevamo mandare di là gente grosa per defendere tuto quello paese che non fusse la disfactione de quelle parte, et ad mandarne tante che fussero state sufficiente ad campigiare et ad mangiare laroba del compagno, saria stato uno demonstrargli et ad loro et ad ognuno che nuy cercavamo la guerra, non loro, che era tuto contrario ala nostra oppinione. Ma poy che cosi è et che dal canto nostro milita ogni iustitia et che ad tuta Italia è manifesto che nuy non habiamo cercata questa guerra, anzi per ogni via cercatala pace, ne sforzarimo hormay fare talle provisione che gli faremo tenire la briglia in mano, et che non voriano havere incomminciato questo ballo. 174v Siché vi confortiamo ad stare di bona voglia perché subito vi farimo sentire talle novelle che may non havessimo le megliore, et che intendereti che ad uno tracto vinceremo et di qua et di là, certificandove che ad questa volta cognoscerimo chi ne haverà amato et chi non, et faremo tale tractamento per chi ne serà stato fidelle et chi li haverà havuto più caro nuy che uno poco de biava, che intenderano non siamo ingrati et farimo tale provisione et retributione di damni havrano patiti che meritamente se porane chiamare contenti. Ex castris nostris felicibus apud castrum Gonellarum, die xx iunii MCCCCLII. Cichus. (a) Segue leverare depennato. 521 Francesco Sforza a Lancilotto Bosio 1452 giugno 24, “apud Quinzanellum”. Francesco Sforza comunica a Lancilotto Bosio, referendario di Alessandria, di aver assegnati dieci ducati al mese al cittadino Biassino Inviciato. Procuri che tale assegnazione avvenga come si è fatto nel passato. Lancillotto Bosio, referendario Alexandrie. Havimo assignato una provisione de ducati dece, cioè 10 el mese, al nobile nostro carissimo cittadino Biaxino Invitiato, como tu debbe essere informato. Pertanto volimo, et te committimo che de dicta provisione tu gli faci respondere per lo advinire eo modo et forma che è stato per lo passato, nonobstante alcuna cosa in contrario. Et non manchi per cosa del mondo, perché cussì è la nostra ferma intentione. Et siano servate sopra ciòle littere a te scripte per li Maistri delle intrate nostre. Ex felicibus castris nostris apud Quinzanellum, die xxiiii iunii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 522 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 giugno 26, “apud Trignanum”. Francesco Sforza risponde alle lettere di Corrado da Fogliano, luogotenente di Alessandria. I denari di Angelo sono mandati per i fanti. Avrà saputo dal suo cancelliere che manda lì Giovanni dalla Noce, Giovanni Anguissola, Daniel Todesco e Giovanni da Sipione. Avrà 850 cavalli e, quanto a uomini, contati quelli di Moretto e quelli che giungeranno adesso, saranno, tra da piedi e da cavallo, 3400 unità, sufficienti a resistere a Guglielmo di Monferrato. Circa lo scrivere in cifra le cose importanti, faccia come crede. Si dice soddisfatto di come hanno agito Antonio Zoppo e gli uomini di Cassine e lo ripeterà anche a loro. Ha inteso con piacere della venuta e dell’accoglienza fatta all’ambasciatore Daniel. Quanto ad Annono, al ricordo delle promesse che lui Bailino ha fatto per la conservazione delle cose loro, non crede che vi sia da dubitarne. Magnifico Conrado de Foliano, Alexandrie locuntenenti, et cetera. Havemo ricevuto doe toe littere date xx presentis continente più parte, alle quale, respondendo, et primo, alla parte de domino Moretto, non accade dire altro, perché havimo per littere ch'el è venuto là. Li denari de Angelo ancora sono mandati per fare quelli fanti. El tuo cancillero, alla ricevuta de questa, te haverà informato como mandiamo là domino Zohanne dalla Nuce, el conte Zohanne Angusola et Danil Todescho e Iohanne da Sipione a tanto che sarano delli cavalli viii cento L et facimo raxone che tra misser Moretto, quelli che vengonoadesso et quelli se farano, seranno tra, da pedi et da cavalli, più che trea millia quattrocento et sereti non solamente sufficienti a resistere al signore Guilielmo, ma a romperlo e fracasarlo. Siché conforta quelli nostri tucti a stare de bona voglia, perché ancora 175r noy, dal canto de qua, farimo tali et cussì facti progressi che da ogni bandale cose passarano prosperamente. Alla parte de fare scrivere in ziferale cose importante, siando, come tu dice, che se possa mandare securamente, farane como pare a ti, ma quando fosse altramente, seria pur bene. Quantum autem alla parte del portamento ha facto domino Antonio Zoppo et li homini da Cassine, ne restiamo molto satisfacti, et cussì restiamo molti contenti e piacene la liberalità hay usata cum loro. Et cussì rescrivemo quanto hay facto, et scrivemo aloro in modo che conoscerano che havimo caro quanto hanno facto per suo honore e nostro, et anche che a suo piacere gli refermaremo quanto tu gli ha facto. Del'altre cose, quale tu ne scrive, restiamo avisati e, venendo quelle nostre gente, como havimo dicto, e facte quelle provisione supradicte, non dicimo altro se non tu faci como saperay bene fare. Preterea havimo inteso per altre tue littere la venuta de domino Daniel, ambassatore, che molto ne piace e tanto più quanto tu gli habii facto honore et quella recoglientia che ne scrivi. Alla parte de Anono, siando seguita cosa in quella forma e, ricordandoce le proferte e promesse le quale sempre ne ha facto esso magnifico Baylino de mantenire le raxone e salvarce le cose nostre, non credimo che ne debia seguire periculo né tropo preiudicio alle cose nostre. Ch’el sia gionto domino Moretto ne piace, et cossì serano gionte l'altre nostre gente. Siché non resta dire altro. Ex felicibus castris apud Trignanum, die xxiv iunii 1452. Uterius volimo che tu mandi fidelmente questo incluso breve al gubernatore d’Ast. Data ut supra. Ser Iacobus. Cichus. 523 Francesco Sforza ad Antonio Zoppo 1452 giugno 26, “apud Trignanum”. Francesco Sforza scrive ad Antonio Zoppo di aver ricevuto la testimonianza del suo devoto servizio, anche se non ne ha mai avuta diversa opinione, sentendo del modo che tiene nel conservare quella terra. Si duole del danno subito, malo assicura che in futuro verrà ricompensato e si avvederà di aver fatto bene, diversamente da altri, a perseverare nella sua fedeltà. Crede gli sia giunta notizia degli uomini mandati da quelle parti (3400 uomini) e procedendo le cose come al presente vanno, potranno non solo resistere, ma anche respingere i nemici. Spectabili viro Antonio Zoppo,dilectissimo nostro. Havemo recevuto da vuy quello fructo de vera fede e devocione che se convene a valente homo, como vuy setti e como sempre ve havimo reputato, et benché a noy non sia cosa nova, né may havessero altra opinione de vuy pur, sentendo el modo haveti servato in conservare quella terra, non possimo fare che non ve rengratiamo assay. Bene ne rincresce e dole d'ogni damno habiate recevuto, ma dative bona voglia perché in lo avenire ve restorarimo in modo che cognoscereti havere facto bene ad non seguitare 175v la via d'alcuni altri nostri, li quali ad uno picolo ventesino se sonno voltati. Voy havereti inteso la provisione havimo facta a quelle nostre parte de gente da cavalo et da pedi in modo che li nostri dellà più non haverano a dubitare, et anche, procedendo le cose nostre prospere da qua, como fanno, li nostri inimici mutarano pensiero e volonteralassarano stare li nostri. Attendete fare, como haveti facte et como speramo in vuy, avisandone che, computate quelle gente havevamo dellà e quelle gli havimo mandate de presente, serano ultra triamillia quattrocento tra da pedi et da cavallo, siché potrano molto bene, non solamente resistere, ma cazare l’inimici. Ex felicibus castris nostris apud Trignanum, die xxvi iunii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 524 Francesco Sforza al comune e agli uomini di Cassine 1452 giugno 26, “apud Trignanum”. Francesco Sforza manifesta al comune e agli uomini di Cassine il suo compiacimento per come si sono comportati e anche in futuro non scorderà laloro fedeltà, atteggiamento ben diverso da quello avuto da coloro. È a conoscenza che la loro attestazione di uomini valenti l’hanno scontata assai duramente e, conseguentemente, gli è ben accetto il risarcimento dei danni loro accordato dal fratello Corrado, risarcimento che ratificherà ancor meglio, e ha provveduto a mandare oltre 3400 uomini per cui potranno non solo respingere, ma anche contrattaccare i nemici. Communi et hominibus Cassinarum. Havemo havuto de vuy quella bona formatione e boni effecti che may debbia sperare, né havere signore veruno dalli suoy fidelissimi amici e servitori, il perché ve avisamo et certificamo che, quamvisdio non havessimo may altra opinione de vuy, tanto havimo havuta cara et accepta la demonstratione vostra che non la poterissimo havere più, et ve darimo intendere per l’avenire che haverimo havuta cara la vostra constantia, et vorimo che sia differentia de vuy a quelli altri nostri, quali a pocho de vento se sonno voltati. Ma perché sianno informati che havete pur ricevuto damno assay per volere pare(re) valenthomini, havimo havuto molto caro et accepto quello vi ha facto Conrado, nostro fradello, per aliquale restauro delli damni vostri, et se luy non l’havesse facto, lo farissemo noy, et cussì rattificaremo a vostro piacere quanto luy ha facto, e melio, confortandove, benché noy bisogna a stare constanti, perché, havendo noy proveduto a quelle parte de gente, como havereti inteso, posseti sperare havere recevuto quello damno possiate più havere, avisandove ch’el computate quelle gente havevamo dellà et quelli havimo mandate de presenti, seranno ultra treamillia quattrocento, tra da cavallo et da pede, siché poterano molto bene non solamente resistere, ma cazare li inimici. Ex felicibus castris nostris apud Trignanum, die xxvi iunii 1452, Ser Iacobus. Cichus. 525 Francesco Sforza a Isobio de Crivellis 1452 giugno 26, “apud Trignanum”. Francesco Sforza si compiace con il milite Isobio de Crivellis, commissario di Tortona, per la sua andatalì, sperando nella sua vigilanza e nella fedeltà di quei cittadini, tenuto pure conto del provvedimento dalui preso di mandare oltre 3400 uomini. Se dei cittadini si lagnassero per dovere alloggiare dei cavalli, si faccialoro osservare che sono stati mandati lì per ilo loro bene e che verranno in futuro risarciti. 176r Spectabili militi domino Isobio de Crivellis, dilecto comissario nostro Terdonensi. Della vostra venutalì ne havimo preso conforto assay e stiamo cum l’animo repossato de quella nostra città, sperando in la virtute et vigilantia vostra e fede de quelli nostri cittadini che sinistro veruno non intervegnerà, né è da dubitare de cosa alcuna, havendo noy facta quella provisione havereti sentita de gente da cavallo e da pede. Siché, confortati quelli nostri citadini che attendano a bene vivere che, andando le cose nostre prospere, como fano de qua, li inimici nostri mutarano pensiero e volentiera lassarano stare li nostri. Et si forse quelli nostri citadini se agravasseno delogiare lì de quelli pochi cavalli, che non credimo perhò, perché gli havimo facto venire per suo bene, e per nostro honore, ditili che stiano de bono animo che per l’avenire gli restorarimo in altro, avisandone che, computate quelle gente havevamo dellà e quelli havimo mandate de presenti, seranno ultra treamillia quattrocento tra da pede et de cavallo. Siché potrano molto bene non solamente resistere, ma cazare l’inimici. Ex felicibus castris nostris apud Trignanum, die xxvi iunii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 526 Francesco Sforza ad Antonio de Fabriano 1452 giugno 26, “apud Trignanum”. Francesco Sforza si compiace con Antonio de Fabriano, famigliare ducale, per quello che lui ha fatto, sollecitandolo a continuare ad agire in tal modo nell’avvenire. Si dice contento dell’andatalà di Isobio Crivelli, della cui bravura si fida molto. Rassicuri i cittadini a ben vivere, confortati anche dalla presenza di oltre 3400 soldati, tra uomini da piede e da cavallo, in grado di poter fronteggiare e ricacciare i nemici. Prudenti viro Antonio de Fabriano, familiari nostro dilecto. Havimo recevuto le toe littere responsive alle nostre, et inteso quanto tu ne (a) ricordo et quanto tu hay exequito et facto: te ne commendiamo, confortandote a fare il simile per l'avenire, ma havendo noy facta quella provisione alle parte delà, che tu haveray intesa, de gente da cavallo et da pede, non è da dubitare, stando ancora tu vigilante e solicito a quanto sia de bisogno, como credimo faray. E molto ne piace della venutalì de domino Isobio Crivello per virtute dello quale ne rendimo molto bene securo de quella nostra città, siché tu haveray a confortare quelli nostri homini e cittadini che attendano a bene vivere et diase de bona voglia che, andando le cose nostre prosperamente de qua, como fanno, farimo mutare pensero alli inimici nostri e gli venirà volia de stare a casaloro e non offendere li nostri, avisandote che, computate quelle gente havevamo delà e quelle gli havimo mandate de presenti, serano ultra treamillia quattrocento tra da pede e da cavallo, siché potrano molto bene, non solamente resistere, ma cazare l’inimici. Ex felicibus castris nostris apud Trignanum, die xxvi iunii 1452. Ser Iacobus. Cichus. (a) Segue scrive depennato. 527 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 giugno 28, “apud Trignanum”. Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano di intervenire presso la madre della figlia di Gagliardo da Dieno perché acconsenta con gli altri parenti al matrimonio della sua puta con Scarioto da Imola. Cerchi anche di intendersi a tal fine con Urbano Pellato dal Castellazzo che ha buoni rapporti con detta madre. 176v Magnifico Conrado de Foliano. Scarioto da lmola, nostro fameglio, vive cum grandissimo desyderio de torre per mogliere una che fu figliola del Gagliardo da Dieno, habitatore de quella nostra città, perché ha pur certa hereditate da portare seco. Et perché nuy ancora desyderamo el bene d'esso Scarioto per li suoy fideli servicii verso de noy, te commettiamo et volimo che debbi fare ogni opera et instantia cum la madre et parenti (a) d’essa puta accioché questo matrimonio et coniugio habia loco et effecto, intendote cum Urbano Pellato dal Castellazo, al quale scrivemo opportunamente che se debbia operare in questo, perché ha bono credito cum la madre d’essa puta. Et cossì siamo certi non gli mancharà dal canto suo, el che ne sarà gratissimo. Ex nostris felicibus castris apud Trignanum, die xxviii iunii 1452. Irius. Cichus. (a) Segue suoy depennato. 528 Francesco Sforza a Urbano Pellato dal Castellazzo 1452 giugno 28, “apud Trignanum”. Francesco Sforza vuole che Urbano Pellato dal Castellazzo si intrometta per favorire il matrimonio della figlia di Gagliardo da Diano, di Alessandria, con il famiglio ducale Scarioto da Imola che smania per andare a nozze con quella figliola. Per facilitare il tutto, si intenda anche con suo fratello Corrado. Urbano PelIato de Castellatio. Tu dei essere informato del gran desyderio quale ha Scarioto da Imola, nostro famiglio, de torre per mogliere una che fu figliola del Gagliardo da Diano, habitatore de quella nostra città d'Alexandria. Et perché nuy ancora havemo quello medesmo desyderio per l'amore che portiamo ad esso Scarioto per li meriti suoy verso de nuy, te caricamo et stringemo vogli operare et instare et servare ogni modo et via expediente acciò che questo parentato, coniugio et matrimonio habialoco, non mancandoli in cosa alcuna, como siamo certi faray et intendendote cum Conrado, nostro fradello, al quale havemo scripto che te debbia dare ogni favore et fare quanto gli sarà possibile adciochè questa cosa habia effecto. Ex castris nostris felicibus apud Trignanum, die xxviii iunii 1452. Irius. Cichus. 529 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 giugno 28, “apud Trignanum”. Francesco Sforza informa Corrado da Fogliano che alla morte di Filippo M. Visconti era castellano del Castellazzo un dal Mangano, cui quattro uomini di quel territorio promisero, a nome della comunità, il saldo delle paghe arretrate a condizione che rilasciasse loro il castello. Si vorrebbere ora che i quattro mantenessero la promessa, ma diversamente la pensa il duca. Egli sostiene che tale impegno non tocca ai quattro soddisfare, bensì alla comunità, tanto più perché essa ha in mano le entrate del prefato duca. Pertanto vuole che Corrado faccia al Mangano l’accennato saldo, anche se ritiene che non sia questo il momento per aggiustare tali cose in quelle parti. 177r Magnifico Conrado de Foliano. Quando moriti la bona memoria del’illustrissimo quondam signore duca passato, retrovandesse castellano del Castellazo uno dal Mangano, quattro homini della dicta terra per havere el castello in le mane, promiseno ad esso castellano, a nome da tuctala communità de satisfargli delle paghe quale deveva havere dalla Camera tunc ducale. Pare mò che, ad instantia de misser Zohanne Francesco, voglino essere astrecti li dicti quattro a satisfargli delle promesse. Et perché ne pare che a questo piutosto se debbia astrenzere la communità che private persone, maxime perché intendiamo essa communità havere in le mano delli denari del'intrate del prefato quondam signore duca passato, volemo che, lassando stare li dicti quattro, astrenzi tuctala communità a satisfare a quello dal Mangano de quello che alhora gli fo promisso per dicta casone, benché meglio serà a differire questo fin altro tempo per le cose occurrente in quelle parte. Ex nostris felicibus castris apud Trignanum, die xxviii iunii 1452. Irius. Cichus. 530 Francesco Sforza a Moretto da San Nazzaro 1452 giugno 28, “apud Trignanum”. Francesco Sforza si compiace con Moretto da San Nazzaro, condottiero ducale, per essere arrivato con la sua truppa ad Alessandria. Al richiamo di Moretto sui bisogni dei suoi soldati, il duca risponde :”dative bona voglia, vuy setti sulla guerra che ve serà utile e bona”, ma, aggiunge, che provvederà loro come ha fatto con i fanti là. Spectabili ac strenuo militi domino Moretto de Sancto Nazario, armorum ductori nostro dilectissimo. Havimo ricevuto vostre littere, per le quale havimo inteso como setti gionto cum le vostre gente ad Alexandria, la qual cosa molto ne piace e commendiamo la vostra diligentia. Al facto delli vostri che hanno bisogno, dative bona voglia, vuy setti sulla guerra che ve serà utile e bona. Dal'altra parte cossì como havimo provisto a quelli fanti là, cussì provederimo a vuy et alli vostri. Ex felicibus castris nostris apud Trignanum, xxviii iunii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 531 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 giugno 28, “apud Trignanum”. Francesco Sforza risponde in parte alle lettere di Giovanni da Alessandria e di Antonio Guidobono, dicendosi d’accordo sulla faccenda del sussidio. A proposito dei patti e, in primis, di quello del sale, li incoraggia a cercare di ridurre il tutto al miglior partito che loro parrà. Si dichiara contento della parte che sia il doge che la comunità genovese vogliono sulla tratta dei gualdi. Siccome quella comunità chiede di non fare altra spesa prima che sia estinto il pegno sulla paga, la si disobblighi per quest’anno. Non dimentichino che vengano dati i venticinquemila ducati. 177v Dominis Iohanni de Alexandria et Antonio Guidobono. Havimo veduto quanto ne haveti scripto per quatro vostre de xxii, xxiii et xxiiii del presente, et respondendo alle parte, et primo, ad quella del subsidio, dicimo che del tucto remanemo advisati et ne piace, comendandove quanto haviti seguito circa questa materia. Li pacti che se domanda, havimo intesi, et primo, quello del sale, dicimo che vuy, quali siati là in su el facto, vedeti de redurre la cosa ad quello miglior partito che ve pare, como siamo certi che fariti. De quella parte che vogliono quello Illustre signore duxe et quella magnifica communità soprala tracta di gualdi, remanemo contenti et cussì della sigurtà del soldo de fanti che domandalo prefato signore duxe, ma habiati advertentia che tal sigurtà bisongna che se trove là, et cussì ve sforzati trovarla et cum quello più longo tempo che sia possibile. Della galea, dicimo che delà non ha ad essere guerra, et essendo cussì, questa spesa non bisongna, come contengono li capituli, però questa parte porgiriti, como havimo dicto. Et perché diciti che quella magnifica communità domanda che nuy non li rechiediamo de altra spesa finché non sia disubligato quello pengno della paga, questa parte non intendimo, ma ben siamo contenti de disubligarli per questo anno; siché vedeti de intendere bene questa parte et ne advisati chiaramente como haveriti facto, advisandove che ve mandiamo lo mandato in quello modo che ne haviti rechesto. Ma vedeti de fare che nuy habiame tucti li xxv mila ducati, et prestissimo et in tal modo che se ne possiamo adiutare et valere in questo nostro instante bisongno et necessità; et advisatine subito del tucto como haveriti sequito, concludendo cum più cellerità et cum più vantagio che ve sia possibile. Ex castris nostris apud Trignanum, die xxviii iunii 1452. Persanctes. Cichus. 532 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 giugno 28, “apud locumTrignani”. Francesco Sforza vuole che Corrado da Fogliano constati, con la richiesta di giuramento da Urbano Pellato e da suo figlio, se veramente il giudeo del Castellazzo promise, in compenso dei benefci avuti da Urbano quando venne saccheggiato al tempo della morte di Filippo M. Visconti, la restituzione dei pegni datigli senza il pagamento di sette ducati e mezzo. Se così è, induca il giudeo a rispettare la promessa. Lettera replicata il xvii maggio 1453 178r Magnifico Conrado de Foliano. Urbano PelIato d'Alexandria ne ha facto dire che, havendo luy certi pegni in le mane del zudeo del Castellazo per sette ducati e mezo, esso zudeo gli promisse de restituirglili liberamente et senza pagamento delli dicti denari in remuneratione de beneficii recevuti quando fo posto a sacho, al tempo della morte del illustrissimo quondam signore duca passato, et mò non gli vole rendere. Et perché ne pare honesto che le promesse se debiano mandare ad effecto, volemo che, constandote della dicta promessa per iuramento del dicto Urbano et del figliolo, provedi ch'el dicto zudeo restituisse li dicti pegni liberamente et senza exceptione o contraditione alcuna. Ex nostris felicibus castris apud locum Trignani, die xxviii iunii 1452. Irius. Dupplicata xvii maii 1453. Cichus. 533 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 luglio 2, “apud Trignanum”. Francesco Sforza ordina a Corrado da Fogliano di ricuperare Sparonara, località importantissima della Lomellina. Mandi cavalli fino a cento e un conestabile con circa ottanta fanti e si accordi con il capitano della Lomellina per avere gente del paese per riprendere il posto. Magnifico Conrado de Foliano. Como haveray inteso ell’è perduto el loco de Sparonara, il che è seguito per non havergli voy dal canto delà facto provisione alcuna, che con ogni picola cosa se saria mantenuto. Et come vedi quello loco è importantissimo delà, essendo nel mezo delomelina. Pertanto volimo che, havuta questa, debbi mandare qualche persona da bene con numero de cavalli, fino in cento cavalcanti, et uno conestavele con fanti fin in lxxx o circa, in Lomelina, et intenderti col capitaneo nostro delomelina che veda de havere delle gente del payse, et che se veda con questi cavalli, fanti et homini del paese per ogni modo de recuperare quello loco. Et in questo poni ogni studi et diligentia che per ogni modo se rehabia el dicto loco, il quale è importantissimo a quelle parte delà. Quali cavalli et fanti, havuto el dicto loco, porano retornare in Alexandrina. Ex campo nostro felici apud Trignanum, die ii iulii 1452. Zanettus. Cichus. 534 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 maggio 27, “ex Laude Veteri”. Francesco Sforza imputa al doge una mancanza di concretezza. Alla domanda fattagli se preferisse la guerra alla pace, rispondeva la pace; e, a sua volta, chiedeva al doge che, a questo scopo, mandasse anch’egli ambasciatori con quelli fiorentini e milanesi per quella lega. Mutate le situazioni, lo Sforza l’avvertì che la pace non era più possibile ed era indispensabile prepararsi alla guerra e per questo gli mandò Giovanni Ferruffini, a cui il doge diede 30.000 ducati; da parte dei Fiorentini e dei Milanesi si domanda un’armata. Di tutto il richiesto non si ottenne niente. Quando i Veneziani attaccarono, il duca ebbe che una lettera molto fredda. Il duca constata che, mentre i genovesi nelle loro riunioni trattano delle vicende milanesi, a Milano si fa poco pensiero dei Genovesi. Tale indifferenza per le vicende belliche delle persone che reggono le sorti genovesi fa sì che la popolazione non comprenda che la guerra non riguarda solo i Fiorentini e i Milanesi, ma coinvolge anche loro. 178v Illustri domino duci Ianue. Se ricordiamo per signore Leonardo et per alcuni di nostri fin in questa invernata più fiate esservi stato facto ambassata per parte della signoria vostra che nuy volessamo avisarla se havevamo intentione ad pace o ad guerra. Et ciò dicevati perché potesse quella adaptare li animi de citadini secondo li apetito et volie nostre, como quelli che eramo desyderosi de vivere in pace et in quiete, fine durasseno le pratiche della pace, in forma respondessimo che nuy desyderavamo pace, et rechiedessimo la signoria vostra mandasse ambassatori per praticharla una cum li ambassatori Fiorentini et nostri, non pareva a quella de mandarli; tucto pigliamo in bona parte, quantunque per li adversarii nostri siano continue sparse parole per le quale, nonobstante la nostraligha facta, monstravino sempre de dubitare molto pocho della signoria vostra et de quella magnifica communità. Vi avisassemo doppoy la pace non poterebe havere loco per le grandissime et inhonestissime chieste ce facevano Venetiani, et più ultra ch’el c'era forza non stare cossì, vedendo la superbia et ambitione de Venetiani et le menace che continuamente ce facevano de fare guerra; anci c'era bisongno pensare de prepararse alla defensione et offensione loro. Et per prepararse alla guerra per domino Zohanne Ferrofine la signoria vostra fo rechiesta de alcuno adiuto quale, secondo soe parole, prima essa signoria vostra haveria proferto, cioè li ducati xxx mila per essere liberati dalla guerra, quali gli forano proferti in dono et alcuni altri per interprendere la guerra cum lo marchese de Monferrato. Nuy mandassemo poy Antonio Guidobono cum dechiarare alla signoria vostral'intentione nostra quale era per questo deliberarvi nuy deguerra, como quelli che lo possevamo fare per tenore delli capituli, et cum questo non se ne facesse altra mentione per mantenere la reputatione della ligha. Et lo subsidio volevamo dalla signoria vostra et da quella magnifica communità, domandavamo solo in prestito cum cautione de rendere. Domandassemo ancora, signori Fiorentini et nuy armata per meglio defenderse et per tegnire in terrore nostri inimici; al tandem possiamo dire che delà may non s'è havuto né effecto né subsidio de 179r armata, de dinaro, né de alcuna altra natura, anci trovate excusatione frivole et molte nude et longheze infinite, et piutosto essere dato carico de ogni picola cosa che sia venuta mal acconcio alla signoria vostra et ad quella magnifica communità, cum molte fiade essere sparlato de nuy contra il vero et lo devere, et esser posto da canto tucte nostre rechieste et ogni pensiero de nostro et dellaligha adiuto. Pur ancora, veduto che né per (a)nuy guerra era commenzata né ad nuy per li adversarii nostri facta, credevamo facilmente postponersi li pensieri del spendere, como se fa communamente in le communitate. Doppoy, veduto che non reusiva pensare che facessimo per havere dellà alcuno subsidio né conforto alla guerra, quale aspectavamo, mandassemo ad chiedere la signoria vostra de parere et de consiglio circa il modo havessemo a tenire per conseguire delà l'adiuto et favore debito et rasonevele per laligha habiamo insieme, stimando pur dala signoria vostra almanco quello conseguire, se adiuto fine alhora non haveva potuto dare né dicto consiglio; et pare may habiamo potuto havere, osia per diffecto de nostri che non l’habiano solicitato, osia che alla signoria vostra non sia paruto de darcello, il che a nuy à dato da pensera assay, et fatici pur uno pocho (b) mancare della speranza havevamo perché l'officio del bono amico è, dove non pò bene adiutare, almanco deve consigliare, il che non costa nulla. Pur ancora se ne passavamo cum dire, quando vederano la guerra comentiata et cognoscerano lo comune periculo, almanco alhora se svegliarano et sarano più ferventemente quello che inanci, o per non cognoscere, o per negligentia, hanno postposto, doppio (c) habiamo significato alla signoria vostra per nostra iustificatione li portamenti, li gesti et tractati de nostri inimici contra de nuy, et poy ancora habiamo significato la roptura facta contra nuy in pigliare homeni, besti et amazare et cetera per nostri inimici, et poy habiamo significato lo pigliare delle terre nostre che hanno facto dicti nostri inimici, aspectando dalla signoria vostra, o per ambassaria o per littere, delle adhortatione, delle proferte et delli conforti per tegnire nostri subditi, nostri soldati et nostri amici confortati de bona voglia et che potesserno bene sperare de essere favoriti dala signoria vostra et da quella magnifica communità. Et insomma (d) fin mò non habiamo ambassata né littera alcuna, excepto unalittera molto legiera et freda per la quale non parlate che como amici, non parlate puncto da confederati et colligati né da obligati ad rompere, como sa molto bene la signoria vostra, che è pur ancora questo canto 179v et questo diffecto in tucto non vogliamo dare alla signoria vostra, forsi che piutosto procede da frigiditate de citadini; vero è che in nuy resta pur dubio grandissimo nela mente che per li nostri c'è scripto che in quella città per li citadini et in particulari et in le congregatione loro si fa grandissimo caso de questa roptura de Venetiani, et per quella communità se gli fa pocho pensiero, pocha consolatione et mancho provisione, quamvis scrivano dalla signoria vostra havere bone parole assay in generale, et forsi la signoria vostra aspecta da noy essere rechiesta. Il che sapiamo de presenti molto male fare senza vostro consiglio et appare, prima nuy vediamo delà essere facta si pocha mentione dele cose nostre che dubitamo assay, rechiedendo nuy qualche adiuto delà, non essendo consentito, dove credariamo conseguire adiuto et favore ne seguiria disfavore assay; secondariamente quando volessemo rechiedervi de armata secondo el tenore delli capituli della ligha, sapiamo non haveti le nave né le gallee opportune per fare armata condecente ad offendere inimici et darli terore, como se convegneria havere imponcto et apparechiate per tucta questa estate. Il perché non sapiamo che chiedervi né domandare, se prima dalla signoria vostra non siamo adrizati et consigliati delli modi (e) habiamo a servare como da quella che debbe molto bene intendere dove la cosa porrà reusire. Ad nuy pare che, dovendo andare la cosa in bona et rasonevele consyderatione che facilmente quelli citadini che sonno prudentissimi se debiano legieramente persuadere questa guerra, per commodo et incommodo, non spectare manco ad essi, che specti ad signori Fiorentini et nuy, et tanto più che nientemanco debbiano ancora facilmente intendere essere obligati ad defendersi et adiutarci per la colligatione dellaligha, deveno ancoralegieramente comprendere che signori Fiorentini et nuy ad questa guerra per la tutella cossì sua et del stato vostro, quanto del nostro proprio, mettimo a scotto la nostra propria persona, nostri fratelli et figlioli, lo stato, la zente et ogni nostra facultate oltra etiam la possibilitate, et signori Fiorentini gli mettino ogni loro stato, zente et possanza senza alcuno reservo. Et se quelli vostri 180r citadini credessano delassare sempre stantare et marturiare altri, et loro goldere senza alcuna faticha et noya, invero seria mal pensiero; et quando le zente lo patissero per non gli potere altramente providere, debbeno credere che Dio proprio non lo patiria et gli ne mandarà de male quando vogliano fare cossì pocho concepto del compagno. Et perché è commune diffecto di populi et de communitate de moversi invito, et disconciarse per adiutare el compagno, sta alla signoria vostra preponerli el dovere suo, l'honere, lo debito et la obligatione dellaligha et farli manifesti li periculi sotto quali sono quando, per non favorire et adiutare la ligha, la capitasse male. Siché concludendo, la signoria vostra me consiglia et avisami delli modi ho ad servare per conseguire da quella magnifica città quello debito adiuto et favore che se debbe, ricordando a quella che lo bene et l'adiuto nostro serà tucto ad tranquilitate et riposso suo, et e contra, quando le cose nostre andasseno male, la signoria vostra et quella magnifica communità serà la prima che ne porti la pena. Nuy scrivemo ad nostri che sonno là, sì per la magnifica communitate de Fiorenza quanto per nuy, che dicano et faciano in questa materia quello et quanto parerà alla signoria vostra, dalla quale se rendimo certi serano meglio adrizati che seriano da nuy medesmi quando fossemo là cum la nostra propria persona. Nuy vogliamo pur vivere cum questa bona opinione della signoria vostra, maxime fine a tanto vederimo da quella essere abandonati senza nostra casone et diffecto, como fin a qua siamo; et per l'avegnire se sforzarimo non ce possi essere dato cum veritate. Ex Laude Veteri, xxvii mai 1452. Iohannes Antonius. Iohannes. (a) Segue nuy depennato. (b) Segue pensare depennato. (c) Così A. (d)In somma in interlinea. (e) modi ripetuto. 535 Francesco Sforza si lamenta con Corrado da Fogliano 1452 luglio 2, “apud Trignanum”. Francesco Sforza si lamenta con Corrado da Fogliano per non avergli comunicato nulla di Giorgino Trotto, uomo d’arme di Antonio Trotto, che se n’era andato dalui senzalicenza. Gli impone nuovamente di costringere detto Giorgino a ritornare da Antonio e gli aggiunge il medesimo ordine per Simone Trotto dal Castellazzo e Odeardo Rosso di Alessandria, entrambi suoi (Antonio) uomini d’arme, partitisene con armi e cavalli senzalicenza. Magnifico Conrado de Foliano. Per altre nostre te havimo scripte dovesse astringere GeorginoTrotto, home d'arme de domino Antonio Trotto, quale s'è partito daluy senzalicentia, ad retornare daluy in campo et, non volendo venire, lo destenesse et poy ne avisasse. Et may esso Georgino non è ritornato in campo, né da te havimo havuto resposta. Pertanto iterato te replicamo che debbi astringere el dicto Georgino, etiam Simone Trotto dal Castellazo et Odeardo Rosso de quella città, homini d'arme del prefato misser Antonio, quali se sonno parti(ti) senzalicentia, ad retornare 180v in campo (a) da esso misser Antonio (b) cum l'arme et cavalli che hanno conducti de qua in là, et non volendo venire, volimo che li sostegni et poy ne advisi subito per toe littere. Ex felicibus castris nostris apud Trignanum, ii iulii 1452. Marchus. Cichus. (a)Segue ne da te havimo havuto resposta espunto. (b)Segue quali se sono partiti senza licentia espunto. 536 Francesco Sforza al referendario di Alessandria 1452 luglio 3, “apud Trignanum”. Francesco Sforza dice al referendario di Alessandria che l’inventario dei beni di Stefano Luinigo gli pare troppo scarso rispetto al sentore che aveva della sua roba. Qualora ciò fosse dovuto a mancata diligenza nel ricercare o attraverso i suoi libri, o per altra via, meriterebbe un grave richiamo per cui se si sente in difetto, riveda il tutto. Gli spiace grandemente di essere mancatore di parola e di non potere dare i cinquanta ducati a Giovanni da Milano. Posponga Giovanni Francesco e qualsiasi altro, ma procuri in ogni modo, vendendo letti, panni e ogni altra cosa di Stefano, di soddisfare Giovanni. Havemo recivuta la toa littera cum lo inventario de Stefanno Luinigho, il quale ne pare molto legiero ad rispecto a quello intendavamo della robba soa. Et quando questo procedesse per non essere usata debita diligentia in investigare, et per la via di libri soy, et per ogni altra via di sapere integramente tucto il vero d'essa retta, meritaresti grande reprehensione, siché, se non l'hay usata, usala per forma non restiamo inganati. Bene se maravegliamo che, havendote scripto cossì caldamente circa il spaciamento delli cinquanta ducati de Iohanne da Milano, como scripsemo, et cognoscendo quanto ne ha servito et che a nuy è pocho honore ad menare uno de parole per simile casone e cosa de malo exemplo ad altri da propalare simile cose, non habbi spaciato immediate, come gionse lì, postponendo et misser Zohannefrancesco et ogni altro, perché aloro saria previsto per altra via, et ne siamo remasti molto malcontenti et di mala voglia. Et volemo et comandiamote strectamente, per quanto hay carala gratia nostra, che, e subito, ricevuta questa, si dovesse fare vendere fin alli lecti et panni et ogni cosa del dicto Stefanno, faci che dicto Iohanne sia integramente satisfacto siché più non te habiamo ad replicare. Altramente te avisamo li farimo paghare ad ti et te insignarimo che un'altra volta habbi più caro l'honore nostro che non hay havuto a questa. Ex castris nostris felicibus apud Trignanum, iii iulii 1452. Iohannes Chiappanus. Iohannes. 537 Francesco Sforza al doge e al consiglio degli Anziani di Genova 1452 luglio 3, “apud Trignanum”. Francesco Sforza comunica al doge e al consiglio degli Anziani di Genova che è stato dalui Daniel, ambasciatore di re Renato. che gli ha accennato dell’incontro avuto con loro ai quali ha insinuato di prendere il sale, anziché dal Re d’Aragona, che è nemico, di acquistarlo dalla Provenza, facendo cosa utile e grata a re Renato, mentre tornerebbe di detrimento e danno all’altro menzionato re. Il duca non sa trattenersi dall’appoggiare tale opzione. 181r Domine duci Ianue et Consilio Ancianorum Ianue. È stato qui da nuy le spectabile domino Daniel, ambassatore del serenissimo re Renato, et fral'altre cose ne ha dicto del rasonamento che ha havuto cum le signorie vostre che si como quello levano lo sale del terreno del Re de Ragona, gli piacese levarlo de Provenza, la qual cosa tornaria in detrimento et damno ad esso re de Ragona, et al prefato re se faria cosa utile et molto grata, et alle prefate signorie vostre non saria disconcio né incommodità, maxime havendolo ad equale pretio et bontà et cum magiore habilità, secondo luy ne dice. Il perché, siando cossì, pregamo et confortiamo esse signorie vostre che sopra questo facto gli piaza de fare bono et maturo pensiero, et adaptare la materia alla rechiesta d'esso serenissimo re Renato; della qual cosa, ultra che se farà damno al’inimico, compiacereti grandemente alla maestà soa, et ne compiacereti ancora assay a nuy. Siché quanto per nuy saperissimo laudare et persuadere et confortare le prefate signorie vostre che lo facessero perché facendose damno et discontio al’inimico et cosa grata al’amico, senza detrimento delle signorie vostre, ne pare ch’el sia da concedere facilmente, certificando quelle, che ogni cosa grata farano al prefato serenissimo re in questo facto,reputarimo ch’el fazano alla persona nostra propria. Ex castris apud Trignanum, die iii iulii 1452. Persanctes. Cichus. 538 Francesco Sforza agli oratori ducali residenti a Genova 1452 luglio 3, “apud Trignanum”. Francesco Sforza informa gli oratori ducali residenti a Genova che è stato da lui Daniel, ambasciatore di re Renato, e ha accennato che, trale altre cose di cui ha parlato con il doge e con la comunità genovese, ha fatto parola di gradire che essi acquistassero il sale dalla Provenza anzichè dal Re d’Aragona. Il prefato Daniel l’ha stimolato a caldeggiare tale sua proposta presso i predetti signori genovesi. E’ quanto propone agli oratori di fare, senza però coinvolgerlo, ma tenendo presente che se la proposta di Daniel fosse accolta, tutto tornerebbe a danno del Re. Oratoribus ducalibus Ianue existentibus. È stato qui da nuy lo spectabile domino Daniel, ambassatore del serenissimo re Renato, et, frale altre cose, ne ha dicto del rasonamento che ha havuto cumquello illustre signore duxe et cum quella magnifica communità che cossì, como quello levano lo sale del terreno del re de Ragona, gli piacesse levarlo de Provenza. El prefato domino Daniele ne ha rechiesto che ancora ne vogliamo scrivere alli prefati signori et confortarli a questo, et nuy, per fare cosa grata et accepta alla maestà del re Renato, ne havimo scripto alle signorie loro, como vedereti per la copia ve mandamo qui inclusa. Pertanto volimo che ve retrovati cum lo prefato signore duxe et magnifica communità et, non contrafacendo nuy, né preiudicando alli capituli et scripture che habiamo cum loro sopra il facto del sale, fareti ogni opera et instantia che ve parerà che questa cosa 181v se conduca alla rechiesta del prelibato serenissimo re Renato, perché tornaria in grande detrimento et damno al dicto Re de Ragona, la qual cosa haverimo più cara che se fosse facto nostro proprio. Et de quello havereti seguito supra ciò ne vogliate advisare. Ex castris nostris ducalibus apud Trignanum, iii iulii 1452. Cichus. 539 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 luglio 1, “apud Trignanum”. Francesco Sforza vuole che Corrado da Fogliano faccia dare ai provisionati, addetti alla guardia della cittadella, il fiorino loro promesso sopra le paghe vive, dicendo, però, loro che scontenteranno il duca se toglieranno i garzoni. Chiede a Corrado di avvertirlo se sono arrivati i soldati e qual’è stato il vantaggio di tale arrivo e di fare comunque, in modo che i nemici si accorgano che sono vivi e che sanno menare le mani. Magnifico Conrado de Foliano. Siamo contenti et volimo che a quelli nostri provisionati sonno lì alla guardia della citadella faci dare lo fiorino per pagha, che per altra nostra te scripsemo in quella gli fosse dato soprale paghe vive. Volemo bene, perciò, gli dichi, per nostra parte, se noy trovamo che togliano li garzoni, ne corociaremo cum loro in modo restarimo malcontenti, et per effecto cognoscerano ne rincrescha tengono questi modi. Avisane se sonno gionte ancoralì quelle nostre gente, et quale fructo haverà facto la venuta sua, sforzandoti fare per forma che inimici cognoscano siamo vivi, et che anche li nostri sanno menare le mane. Ex castris nostris felicibus apud Trignanum, primo iulii 1452. Iohannes Chiapanus. Iohannes. 540 Francesco Sforza a ? 1452 luglio 1, “apud Trignanum”. Francesco Sforza conferma di aver saputo della perdita di Pavone: è una perdita di cui non fa gran caso, ma avrebbe voluto dagli uomini una dimostrazione di “più fede”, perché si poteva tenere detto posto, datala sua posizione e la quantità di munizioni di cui erano forniti. Scusa, invece, coloro cui scrive, essendo certo che hanno usato diligenza e cura per la conservazione della località. Non crede che i nemici intendano dare loro impaccio con tutta la gente che essi hanno. Vuole che in caso di bisogno si rivolgano a suo fratello Corrado. Habiamo inteso per vostra littera quanto scriveti della perdita de Pavone, et la excusatione fati non è perduto per colpa vostra. Al che brevemente respondendo, dicemo che della perdita de quello loco facimo pocho caso, perché in breve recuperarimo quello et delli altri. Voressimo bene che quelli homini per honore loro, havessero demonstrato più fede che non hanno, perché intendimo potevano molto bene tenirse, sì per la forteza del loco, como anche de monitione erano bene forniti: como se sia, loro hanno ad essere delli primi che se ne pentano. A vuy non bisogna fare scusa in questo facto, perché siamo certi non gli haveti usata (a) manco diligentia et cura in servare quello loco, como haveressemo facto nuy stessi, et cossì siamo certi, venendo li inimici a trovarvi lì, gli fareti cognoscere le vostre virtute, nonobstante non dubitiamo ve vengano a dare impacio, perché havemo mandato delà tanta gente che, con quelli che gli eranno, primo farano che non solo non porano campegiare, ma serano contenti stare in li termini loro. Secondo le cose succederano, intendetivi de tucto con Conrado, nostro fradello, et a tuto fareti le provisione necessarie. Ex castris ducalibus apud Trignanum, primo iulii 1452. Iohannes Chiapanus. Iohannes. (a) non gli haveti usata in interlinea. 541 Francesco Sforza al capitano del divieto di Novara 1452 luglio 4, “apud Trignanum”. Francesco Sforza vieta al capitano del divieto di Novara di intervenire contro gli uomini di Cameri per essersi approvvigionati di sale forestiero non potendo, a causa della peste, avvalersi della gabella di Novara. Egli deve interpellare Giovanni Botto, referendario generale, e agire, in questa faccenda, in conformità di quanto gli ordinerà. 182r Capitaneo devetus Novarie. L'homini del loco de Camere ne hanno exposto che gli molesti per certo sale qual al tempo della peste tolssero del forrastero, como constreti dala necessità per non potere andare a toglierne ad Novaria alla nostra gabella, per casone della dicta (a) peste. Et perché questa cosa è comissa ad Iohanne Botto, nostro referendario generale, volimo che non daghi molestia alcuna ali dicti homini, ma te intende con lo dicto Iohanne Botto et faray in questa materia quanto luy te ordenerà. Ex castris apud Trignanum, iiii iulii 1452. Marchus. Cichus. (a) Segue gabella depennato. 542 Francesco Sforza al podestà di Novara (1452 luglio 4, “apud Trignanum”). Francesco Sforza comanda al podestà di Novara di mettere in libertà Orighino Bisoia, cui egli ha concesso la grazia con l’annullamento di ogni scrittura, processuale e non, contro di lui. Potestati Novarie. Inteso como è passato lo facto del'imputatione è stato facta ad Orighino Bisoya, qual hay in le toe mano, gli havimo factala gratia, et cossì volimo che, recevutala presente, lo debii relassare et liberare ch'el possa andare a fare li facti, et faci cassare ogni processo et scripture facte contra luy in modo che may, per tempo alcuno, gli possa essere dato impazo, né molestia alcuna, né essere imputato. Data ut supra. Marchus. Cichus. 543 Francesco Sforza al doge e al Consiglio degli Anziani di Genova 1452 luglio 10, “apud Trignanum”. Francesco Sforza raccomanda al doge e al Consiglio degli Anziani di Genova Opizone dal Balbiano, conestabile di fanti da piede, che egli non ha potuto accettare a causa della spesa. Se ne avessero bisogno, egli lo raccomandaloro, certo, com’egli è, che li servirà fedelmente e ne saranno soddisfatti. Ha scritto nei medesimi termini agli oratori ducali a Genova Alessandro da Alessandria e Antonio Guidobono. Domino duci et consilio Ancianorum Ianue. L'è venuto qua Opizone dal Balbiano, conestabile de fanti da pede, quale desiderava conciarse cum nuy; et nuy non l'havimo acceptato perché non gli possiamo fare la spesa. Mò lo remandiamo delà et lo recommandiamo alla signoria et magnificencie vostre et le confortiamo et pregamo che, havendo bisogno deluy, gli piaza acceptarlo alli servicii soi et de quella magnifica communità, de che ne compiacereti summamente, et luy verrà ben accompagnato de fanti, et siamo certi servirà fidelmente et in modo restareti daluy ben contento. Ex castris apud Trignanum, x iulii 1452. Irius. Cichus. In simili continentia scriptum fuit domino Iohanni de Alexandria et Antonio Guidobono, oratoribus Ianue et cetera.Data ut supra. 544 Credenziali di Francesco Sforza per Lancilotto da Figino s.d. Lettere credenziali di Francesco Sforza, duca di Milano, per Lanzalotto da Figino a: Corrado da Fogliano, condottiero, domino Eusebio de Crivellis, podestà di Tortona, Saggi della guerra Tortona, Francesco de Burris, capitano della cittadella di Tortona, Mangiavillano, castellano di Tortona, Conte Ottone de Mandello, podestà, comune e uomini della terra di Sale, podestà, comune e uomini della terra del Castellazzo, castellano del Castellazzo, podestà e Anziani di Alessandria, capitano della cittadella di Alessandria, domino Giovanni della Noce, domino Moretto di San Nazzaro, Sagramoro di Parma, conte Giovanni Angussola e Giovanni da Scipiono, Antonello de Burgo, Bartolomeo da Bologna, Bartolomeo da Messina e Luca Schiavo, Pietro Visconti e Ettore da Vimercate, Domino Luigi de Valperga, oratore del re dei Francesi, Domino Daniele Henrigi, oratore del re Renato. 182v(a) Littere credentiales facte parte illustrissimi domini ducis Mediolani in personam Lanzalocti de Fighino infrascriptis, videlicet: Conrado de Foliano, armorum, et cetera; domino Eusebio de Crivellis, potestati Tredone; sapientibus guerre Terdone; Francesco de Burris, capitaneo citadelle Terdone; Mangiavillano (b), castellano Terdone; domino comiti Octoni de Mandello; potestati, communi et hominibus terre Salarum; potestati, communi et hominibus terre Castellacii; castellano Castellacii; potestati et Ancianis Alexandrie; capitaneo citadelle Alexandrie;(c) domino Iohanni della Nuce; domino Moretto de Sancto Nazario; Sacramoro de Parma; comiti Iohanni Angussole et Iohanni de Scipiono; Antonello de Burgo; Bartholomeo de Bononia; Bartholomeo de Missina et Luce Sclavo; Petro Vicecomiti et Hectori de Vicomercato; domino Aluysio de Valpergha, oratori regis Francorum; domino Danieli Henrigi, oratori regis Renati. Cichus. (a) Precede Domino Eusebio de Crivellis potestati Terdone depennato. (b) villano aggiunto in interlinea. (c) A di Alexandrie corretta su T. 545 Francesco Sforza a Giovanni Filippo Fieschi 1452 luglio 14 “prope Trignanum.” Francesco Sforza dice a Giovanni Filippo Fieschi che, al di là delle notizie che continuamente gli dà, non ha altro da comunicargli se non che i nemici se ne stanno nella palude, donde escono per saccheggiare in località distanti dodici – quattordici miglia stancando e scorticando i cavalli. Ha deciso di cavarli fuori di lì con uno stratagemma per poterli attaccare. Gli fa sapere che il doge e la comunità di Genova gli hanno dato di buona voglia venticinquemila ducati e nutre persino speranza d’averne degli altri. Gli rivela che anche per l’opportunità di avere sussisidi auspica una pacificazione con il doge. 183r Domino Iohanni Filippo de Flischo. Delle cose de qua, como siano successe, ne havimo dato continuamente notitia alla magnificentia vostra, como quella haverà veduto: al presente non accade altro. Li inimici sonno pur in li loro logiamenti usati, cioè in quelli padulaci, dove sonno stati tanti dì, dove stano cum tanto desconcio et sinistro quanto dire se possa, che, fral'altre cose, mandano ad sachomano lontano del campo loro xii et xiiii miglia, in modo che hanno li loro cavalli tanto attenuati che sonno mezi scorticati et ogni dì stano pegio, per modo et forma che puocho o niente se ne possono valere. Siché deliberamo cum lo ingenio et la forza cavarli delli dicti padulazi et haverli alalarga per poterse attacare cum loro, delli quali ve farimo sentire tale novella che ve piacerà. Credimo la magnificentia vostra haverà intesa che la pratica del subsidio che ne dovia dare lo illustre signore duxe et la magnifica communitate de Zenoa è andato ad effecto, et de presenti, in questo nostro bisogno et necessità, ne subvengono de ducati xxv mila d'oro, li quali ne danno volentiera et di bonissima voglia, et ultra questi, speramo alla zornata havere daloro delli altri acconzi et commoditate. Et per questa casone, et per ogni altro rispecto, como havimo scripto et mandato a dire alla magnificentia vostra altre volte, haverissimo grande piacere et consolatione che frala signoria soa et vuy fosse bono amore et bona pace. Siché como ancorala magnificentia vostra sentirà dalli nostri ambassatori che sonno a Zenova, pregamo (a) et confortiamo essa vostra magnificentia che cum lo prefato illustre signore duxe voglia vivere pacificamente et quietamente et cum bona pace et amore. La qual cosa a nuy serà molto grata et accepta perché, cossì facendo, la magnificentia vostra serà casone che habiamo delli altri servicii et piaceri delà, che quanto importa in questi nostri bisogni, lo lassamo iudicare alla magnificentia vostra. Nuy se rendiamo certi ch'el prefato signore duxe dal canto suo se redurà a tucto quello sia iusto et rasonevele verso vuy; et dal canto nostro, havendogli da fare più una cosa che un'altra, la farimo di bona voglia. El prefato signore duxe per la stantia vostralì in quelli lochi maritimi, ha preso sospecto et umbreza: pregamo la magnificentia vostra che 183v gli piacia parterse delì et ratrarsi in li altri suoi luochi, adcioché se levi questo sospecto della mente d'esso illustre signore duxe, pregando la magnificentia vostra, che tante cose ha comportate per nostro rispecto, voglia comportare ancora questo, perché li signori Fiorentini et nuy sarimo quelli che haverimo, da poy assectate le cose, fare in modo che la signoria vostra ne habia a remanere contenta et satisfacta. Data in castris nostris felicibus prope Trignanum, xiiii iulii 1452. Persanctes. Cichus. (a)Segue et confortiamo depennato. 546 Francesco Sforza ad Aycardo de Nibia 1452 luglio 15, “apud Trignanum”. Francesco Sforza dice al milite gerosolomitano Aycardo de Nibia, cittadino novarese, di essere molto contento per l’accordo fatto con Giovanni da Ripa per la commandaria dei Santi Egidio e Pietro di Montalbo della diocesi di Piacenza e lo informa di aver fatto a Giovanni le lettere necessarie perché possa venirne in possesso e goderne i vantaggi. Venerabili militi Ierosolimitano domino Aycardo de Nibia, civi nostro Novariensi. Ne piace molto l'acordio, quale haveti facto cum Giovane da Ripa per lo facto della commandaria Sanctorum Egidii et Petri de Montalbo del diocesi Placentina, et l'habiamo molto grato et accepto. Il perché ve confortiamo et caricamo che gli vogliati renunciare et cedere et fare quanto dal lato vostro è necessario, siché dicto Giovane obtenga et vada alla possessione della commandaria, et lo possa usufructuare et goldere pacificamente, avisandovi che nuy li habiamo facto dal canto nostro le opportune littere. Data in castris felicibus apud Trignanum, die xv iulii 1452. Bonifacius. Cichus. 547 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano s.d. Francesco Sforza dice a Corrado da Fogliano di aver inteso dalla sua lettera dell’attacco di Alessandria fatto dal nemico e dell’inseguimento da lui effettuato fino a Bormia. Avrebbe gradito sapere il numero dei cavalli presi, mentre del tutto si compiace con lui per la cattura di Bernardo Macco; per la migliore e più sicura custodia, vuole che egli sia tradotto a Pavia e consegnato al Bolognino. Per la sua detenzione inventi la scusa che la maggior parte del bestiame portato via haveva salvacondotto e che non rilascia Matio fino a che non siano restituite tutte le bestie. Ha appreso con piacere che Giovanni dalla Noce ha cavato gli ostaggi fuori dal Castellazzo: li vuole, però,trasferiti con buona scorta a Pavia o a Milano, ove, agli ufficiali delle due città raccomanderà che prendano tali precauzioni da non potere affatto fuggire. Esige d’essere informato di tutto. Richiama l’importanza del Castellazzo e insiste perché Corrado provveda in ogni modo alla sua sicurezza e, a questo scopo, si intenda con Giovanni dalla Noce, con Moretto e con Sagramoro. Deve spronare tutti i condottieri che ha con lui e, soprattutto, Giovanni dalla Noce, dal momento che sono più forniti di cavalli e di valenti uomini che non i nemici e hanno un terreno che consente loro di essere più operativi. 184r Magnifico Conrado de Foliano. Havemo recevutala toalittera de dì xi del presente per la quale ne advisi della correria facta per li inimici lì ad Alexandria et delli modi tenuti per ti in andargli dreto fin a Bormia, et de quanto è seguito, il che assay ne è piaciuto et te ne commendiamo. Seressimo perciò stati contenti ne havesse avisato chiaramente il numero delli cavalli forono presi. De Bernardo Macco siamo contenti, et molto ne è piaciuto l'habii retenuto, né volemo per modo alcuno lo relassi, perché nuy intendemo è il da più homo et lo principale habia il signore Guilielmo anci, perché ne pare non stia bene lì, parendote poterlo mandare sicuro cum qualche scorta a Pavia, seressimo contenti et che se consignasse al Bolognino. Et per più honestà, poresti trovare (a) scusa che lo reteni, non per fare mala compagnia, ma perché la magiore parte del bestiamo fo tolto, havea salvoconducto, et che non delibri di lassare luy finché non sia integramente restituito, et in questo mezo che lo mandaray, fa che non parla cum nessuno della terra, né cum soldati. Habiamo poy inteso per littera de domino Giovane dala Nuce, como ha cavati li hostagii fora del Castellazo, del che siamo rimasti molto contenti, perché ne pare sarà la salutatione de quella terra. Ma perché essendo della importantia che l'è, non pare a nuy li dicti hostagii stiano bene li, voressimo che vedessi modo, più secretamente che se pò et cum megliore modo, cum bona scorta dirizarli verso Pavia o verso Milano, et farli consignare alli officiali de quelle citade, delle dicte doe, dove li mandaray et ti, per toe littere recommandarlili che ne (b) tolesero tale cautione che non potessero fare fuga, mettendo in questo ogni toa industria et vigilantia perché al più presto se pò, siano conducti via et che siano talmente acompagnati che non possano fare fuga, perché ad uno tracto non perdessimo loro et la terra. Et de quanto seguirà fa che ne tenghi continuamente avisati. Et perché dici che ne hay scripto ogni di, te avisamo che da octo del presente(c) in qua nissuna toa littera habiamo recevuto, che credimo ne sia forsi malcapitata alcuna, siché habbi bona advertentia a mandarle. Ceterum tu 184v say de quanta importantia è al facto nostro il Castellacio dellà et che, tenendose quella terra per nuy, è sufficiente ad adiutare acquistare il resto, resto che è perduto dove, perdendose, faria stare del'altre cose in dubio: perché te caricamo et volemo che in salvare quello loco metti ogni pensiero che se gli faciano tute le previsione siano necessarie perché non si perda perché, perdendose se dogliriamo molto delli facti tuoy, et de questo intendate et participane cum domino Giovane dalla Nuce, cum domino Moretto et cum Sagramoro, li quali sonno homini dabene, pratichi et hanno visto delle cose assay, et maxime cum domino Zovane et che fra tucti, ordinati fargli tale provisione che ne possiamo riposare de quello loco, perché de cosa sia perduta dellà non facimo caso, salvando quella et Cassina. Et perché ne pare ancora per le nostre gente che sonno di là farsi molto fredamente contra inimici et che inimici vadano campagnegiando como li piace, como se nissuno fosse lì, che non è senza grande infamia de quanti setti de là, et tucto il paese ne parla, et non solo il paese, ma tucto questo campo. Vogli strengerte cum li predicti circale cose occorrente et proponere de batere et consigliare le cose in forma che per vuy se faciano delle cose relevate contra essi inimici; siché se ne senta qualche novella et che para siati vivi et non morti perché, como le cose fanno più maturamente et cum megliore conseglio, tanto più sortiscano effecto. Et vede de carezare li predicti et li altri conducteri sonno lì, et maxime domino Zohanne dala Noce il quale de tale cose è più vago che l'altri, et dirgli tucte le bone parole te siano possibile perché il tempo il rechiede; et vedi che anche nuy lo facemo. Et se volesse dire che lì non è fanti né tanta gente se possano batere li inimici, dicemo che de cavalli et de valenthomini siamo certi siati più che essi; de fanti non pur gli ne è qualche uno de chi ve posseti valere, et fare delle cose gli sariano damnose che gli vole mettere cura, perché lì non gli sonno li paduli como de qua che gli bisogna tanta (d). (a) Segue qualche depennato. (b) ne su non depennato. (c) presente in interlinea. (d) Mancando le carte successive, così la missiva si interrompe 187r Lista inclusa in antescripta littera. Sorliono Pellato, Clemente Pellato, Damiano Sardo, Andrea Pellato de Symone, Berardo Mucagatta, Christophoro Trappono, Filippo Trotto, Marco Trotto Picho, David Trotto Boydo, Iacomo Boydo, Guilielmo Lamboricho, Augustino Trotto. 548 Corrado da Fogliano a Francesco Sforza 1452 luglio 12, Alessandria. Corrado da Fogliano scrive a Francesco Sforza che, nell’intento di non perdere Castellazzo, terra di tanta importanza, ha tolto, con il parere di quanti sono lì, i sottoelencati sette, che si aggiungono agli altri di cui si è sbarazzato l’altro giorno per evitare che succedesse quello che avvenne a Bosco e a Fregarolo. Gli chiede che deve fare di Bernardo di Macca, squadriero di Guglielmo di Monferrato, catturato ieri durante la scorreria fatta ad Alessandria. Dopo essersi liberato, come già scrittogli, di dodici, se ne fuggirono “cinque cavestri” contrari ai Francesi e a lui sospetti. Illustrissimo principi et excellentissimo domino duci Mediolani. Cito, cito, cito. Illustrissime domine et domine mi singularissime, deliberando per ogni modo de non perdere la terra del Castellazo, quale troppo importava, et siandome molti sospecti lì annotati sopral'inclusalista, me son deliberato stare securo; dubitano non me intervenesse como del Boscho et dil Fregarolo. Et cossì, como el parire de tucti li altri sonno qui, ho levato li dicti del Castellazo, che sonno a numero vii quali, insieme cum l'altri levay l'a(l)tro dì, mandarò alla illustrissima madona. Ulterius prego la signoria vostra mi voglia advisare se ho ad lassare o tenire Bernardo di Macca, squadrero del signore Guilielmo: fu preso heri ad una corraria fece qui ad Alexandria, como per altre mie ne ho advisato quella, alla quale sempre me ricommando. Data Alexandrie, die xii iulii 1452. Et ulterius, non obstante per altre habia scripto allasignoria vostra che, poy la presa deli primi xii levay del Castellazo, fuzitene cinque (a) cavestri della parte contraria a Francesi, quali ancora me erano in sospecto. Ancora per questa m'è parso de replicare, adciò le dicte mie non habiane falazo, avisando quella che non havesse fornitala dicta terra di zente d’arme et levato costoro, che sarebbe perduto, como le altre terre, et cetera. Excelse illustris dominationis vestre servitor Conradus de Foliano, et cetera. Angelinus Pelatus, Francischinus Stuctus, Iohannes Bertramus Nebia de Pellatorum, Filippinus Nebia de Pellatorum, Iacobus Pellatus Bertheri, Antonius Pellatus condam Ludovici, Augustinus Sanctus. (a) Segue v depennato. 549 Francesco Sforza al potestà di Biandrate 1452 luglio 17, “apud Trignanum”. Francesco Sforza informa il potestà di Biandrate di aver scritto al podestà di Novara di non rilasciare il biandratese Bizacara e il suo compagno se prima non restituiscono a Bartoloto da Scorzarolo le due cavalle rubategli. Lo stesso ordine ripete a lui perché, d’intesa con Giovanni Sacco, procuratore di detto Bartoloto, induca i predetti all’accennata restituzione. 187v Prudenti dilecto nostro potestati Blandrate. A questi dì passati scrivessemo al potestà nostro de Novara dovesse constringere personalmente uno Bizachara et un altro suo compagno, habitadori de quella terra de Biandrate, et non relassarli fino a tanto non havesseno restituite a Bartoleto da Scorzarolo doe cavalle che gli hanno robbate. Et perché fin mò non è facto niente, volemo, et per la presente te commandiamo che, essendo lì dicto Bizachara et lo compagno, debbi subito farli destenire et non relassarli se primo non restituisseno le dicte cavalle. Et de questo te intenderay cum domino Zohanne Secho, procuratore del dicto Bartoloto, che è lì in Novara, il quale ne è informato ad plenum perché nuy intendemo che Bartoloto rehabiale soe cavalle como è debito. Data in castris nostris felicibus apud Trignanum, die xvii iulii 1452. Iacobus de Rivoltella. Cichus. 550 Francesco Sforza a Luigi de Valperga 1452 luglio 18, “apud Trignanum”. Francesco Sforza avverte Luigi de Valperga che in quei giorni è ritornato dal Re di Francia il suo famiglio Job da Palatio, che gli ha riferito quanto ha inteso dal re circa i fatti del marchese e di Guglielmo di Monferrato. Ha atteso a mandare Iob lì, ove si trova pure Daniel, ambasciatore di re Renato, perché si aspettava di venire a conoscenza di che cosa Luigi aveva stabilito con i due signori monferrini. Impaziente di saperlo, gli anticipa l’invio del suo famiglio che gli esporrà quello che il duca pensa a proposito. Le medesime cose, con le debite variazioni si sono scritte a Daniel Arigii, oratore del re Renato. Domino Aluysio de Valperga. In questi dì è ritornato da nuy dala sacratissima maestà del Re de Franza el nobile Iob da Palatio, nostro famiglio, et da luy havemo inteso quanto ne ha riportato, per parte della sacratissima maestà soa, in li facti del’illustre signore marchese et misser Guilielmo da Monferrato con nuy. Et anche restassemo avisati della venuta vostra in quelle parte per questa casone, el che ne fa tanto grato quanto verun’altra (a) cosa havessemo possuto intendere, perché ove ve ritrovati vuy, ce confidiamo et siamo como certi le cose nostre non potere passare se non bene per l'amore et dilectione che ce portati. Nuy siamo indusiati fina qui a remandare lo dicto Iob perché, essendo vuy zonto lì, como è dicto, et ritrovandosegli il spectabile Daniel, ambassatore del serenissimo re Renato, expectavamo intendere como havevati facto cum li prefati signori marchese et misser Guilielmo circale cose predicte acciochè, inteso il tucto, potessemo poy rimandare lo dicto Iob informato dela mente nostra. Pur, fin a qui, non havemo havuto altro, nì dalla magnificentia vostra, nì dal prefato Daniel 188r che ne ha facto uno poco marevegliare. Et quantunque siamo certi che da vuy non è mancato, nì mancareti, acciochè quelle cose habiano effecto per satisfare alla volontà del serenissimo re de Franza et etiandio per l'amore che ce portati, como è dicto, nondimeno, perché siamo in continua expectatione de sentire le cose como sonno passate et passarano, confortiamo et pregamo la magnificentia vostra gli piacia solicitare et operare cum ogni cura et diligentia soa che la casone per la quale seti mancato, habia et consegua el desyderato effecto et se facia presto quello se ha ad fare in questa facenda, como se rendiamo però certi fareti, che ne serà sumamente grato et accepto. Et per questa casone solamente remandiamo lì el dicto Iob, informato della mente nostra, ala relatione del quale piacia alla magnificentia vostra credere et dare piena fede como faria ale nostre proprie. Data in castris nostris felicibus apud Trignanum, die xviii iulii 1452. Irius. Cichus. In simili forma, mutatis mutandis, Danieli Arigii, oratori serenissimi regis Renati. (a) Segue persona depennato. 551 Francesco Sforza a Carlo de Cateranis (1452 luglio 18, “apud Trignanum”). Francesco Sforza ringrazia Carlo de Cateranis per quello che lui e suo fratello hanno fatto per il famiglio ducale Iob da Palazo, riprova del loro interesse per causa ducale. La stessa cosa si è scritta a Giacomo da Valperga Carolo de Catheranis. Havemo inteso da Iob da Palazo, nostro famiglio, quanto vuy et vostro fratello caldamente ve siati deportati et ve deportate in le cose delà che tochano del nostro interesse, della qual cosa, benché a nuy non sia nova, perché sempre havemo veduto et cognosciuto l'amore et affectione che vuy et la casa vostra ne portati, ve rengratiamo quanto sapiamo et possiamo, pregandove et confortandove che cossì vogliate perseverare, perché tucto quello facti et fareti per nuy, posseti dire farlo per vuy stessi, como è la nostra ferma fede et speranza in vuy che debiate fare in li facti nostri. Et quando per nuy accadesse potere fare cosa vefosse grata, et che ne advisati, la faremo sì de bona voglia como per fratello proprio. Ex felicibus castris nostris ut supra. Persanctes. Cichus. In simili forma domino Iacobo da Valperga doctori. 552 Francesco Sforza al governatore di Asti s.d. Francesco Sforza comunica al governatore di Asti il ritorno del suo famiglio Iob da Palatio, che l’ha informato della venuta di Luigi da Valperga, ambasciatore del re di Francia. 188v Domino gubernatori Astensi. È ritornato da nui Iob da Palatio, nostro famiglio, et ne ha referito la venuta del magnifico Aluysio de Valperga, ambaxatore del serenissimo re de Franza. 553 Francesco Sforza al doge Pietro Campofregoso e agli Anziani di Genova 1452 (luglio) 19, “apud Trignanum”. Francesco Sforza chiede al doge Pietro Campofregoso e agli Anziani di Genova di voler credere a quanto dirà loro a suo nome il suo cancelliere Giacomo da Camerino. 189r Illustri domino et magnificis tamquam fratri et amicis nostris carissimis domino Petro da Campofregosio, Dei gratia duci, et dominis de Consilio Ancianorum civitatis Ianue. Mandiamo dalle signorie vostre ser Iacomo (a) da Camerino, nostro cancillero, al quale havimo commisso debbia referire alcune cose alle signorie vostre per parte nostra. Pertanto ve piacia in tucte quelle cose che ve referirà pernostra parte credergli et dargli ferma credentia como se nuy proprii a boccha, parlassemo cum le signorie vostre. Ex castris nostris felicibus apud Trignanum, die xviiii 1452. Nicolaus. Cichus. (a) Segue Iacomo depennato. 554 Francesco Sforza a Giovanni Ferruffini e ad Antonio Guidobono 1452 luglio 19, “apud Trignanum”. Francesco Sforza dice al consigliere Giovanni Ferruffini e al suo segretario Antonio Guidobono, suoi oratori a Genova, che quanto scrivono nelle due loro lettere non fa al bisogno ducale. Manda, perciò, dal doge e dalla comunità di Genova il cancelliere ducale Giacomo da Camerino, esattamente informato della volontà del duca: Raccolgano i denari che si devono dare a nome del segretario ducale Angelo e quelli necessari per il pagamento delle genti ducali nell’Allessandrino. Ogni somma raccolta venga consegnata a Giacomo. Ordina a Giovanni di far ritorno al suo ufficio e ad Antonio di starsene lì a Genova. Spectabili militi et egregio viris domino Iohanni Ferufino, iuris utriusque doctori consiliario, et Antonio Guidobono, secretario, et oratoribus nostris Ianue. Havimo recevuto doe vostre de xii et xv del presente, et inteso quanto ne haveti scripto, dicimo che non è questo quello che rechiede il bisognio nostro. Et perhò mandiamo da quello illustre signore duxe et magnifica communità signore Iacomo da Camerino, nostro cancillero, presente portatore, bene informato et instructo della mente nostra, como daluy intendereti, siché non ne accade dire altro se non che, cavati fuora quelli denari che se hanno a pagare in nome (a) de Angelo, nostro secretario, et quelli altri se hanno a pagare a quelle nostre gente che sonno in Alexandrina, como perlittere sottoscripte de nostra propria mano havereti veduto. Volimo che ogni denaro posseti retrare, li consignati al dicto ser Iacomo che nelli porti. Vuy, misser Zohanne, expedito sia questo facto del denaro, posset(i) ritornare a Milano al’officio vostro, et ti, Antonio, volimo che remani lì in Zenova et non ti partire finché altro te scriveremo. Data in castris nostris felicibus apud Trignanum, xviiii iulii 1452. Persanctes. Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. (a) Segue della communità depennato. 555 Francesco Sforza a Giovanni Ferruffini e ad Antonio Guidobono 1452 luglio 21, “apud Trignanum”. Francesco Sforza comunica a Giovanni Ferruffini e ad Antonio Guidobono, oratori ducali a Genova, la risposta avuta dal Consiglio di giustizia per la vertenza per il luogo de Bixio di Antonio Doria con Umberto e il fratello Spinola. 189v Domino Iohanni Ferrofino et Antonio Guidobono, oratoribus Ianue. Nuy havevamo scripto al nostro Conseglio de iustitia che volesse expedire la causa et differentia vertisse fra Antonio Doria da una parte et Uberto et lo fratello Spinoli dal’altra, per lo loco de Bixo, et per resposta delle nostre ne scriveno l'inclusa, la quale ve mandiamo adciò possiati intendere quanto è seguito sopra ciò. Data in castris nostris apud Trignanum, die xxi iulii 1452. Iacobus de Rivoltella. Cichus. 556 Francesco Sforza al governatore di Asti 1452 luglio 22, “apud Trignanum”. Francesco Sforza scrive al governatore di Asti di voler soprassedere, fino al ritorno dalla Francia di Abramo de Ardicii, dal fare novità nellalocale tesoreria, concessa dal Re di Francia a detto Abramo e ora assegnata dal duca di Orléans a un altro. Domino gubernatori Astensi. La sacra maestà del serenissimo re de Franza concesse altre fiade la thexauraria de Ast al nobile nostro cancillero et fameglio, Abraam di Ardicii. Pare mò che lo illustre signore duca d'Orliens l'habia concessa ad un altro et ne voglia privare lo dicto Abraam. Et perché crediamo non sia intentione del prefato serenissimo re ch'el dicto Abraam sia remosto da esso officio, confortiamo et pregamo la magnificentia vostra voglia per nostro rispecto (a) operare ch’el non sia facta alcuna novitate in la dicta thexauraria fin attanto sia retornato el messo del dicto Abraam, mandato in Franza per dicta casone, rendendoce certi che la prefata sacra maystà del re non vorrà ch'el dicto Abraam sia remosto dal dicto officio. Ex nostris felicibus castris apud Trignanum, die xxii iulii 1452. Irius. Cichus. (a) Segue voglia depennato. 557 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 luglio 22, “prope Trignanum”. Francesco Sforza trasmette a Corrado da Fogliano la richiesta, di cui nell’acclusa lettera. Si dice disposto ad assecondare la domanda di quegli uomini: decida come gli pare sistemando la faccenda senza scontentare nessuna parte. Circa i soldati che alloggiano nel quartiere di Bergolio, non ha problemi per accontentarli e ha scritto a Giovanni dalla Noce e al conte Giovanni di sloggiare di lì. Gli faccia sapere i nomi di coloro che chiedono l’esenzione, chi sono e che tipo di esenzione reclamano. Provvederà pure di soddisfare il capitano. Per qual che riguarda la sussistenza di quei di Bergolio, ha ordinato che si mandi della biada a Pavia: di quella gliene sarà data loro qualcosa. 190r Magnifico Conrado de Foliano. Havimo ricevuto la inclusa domanda, quale contene quello che tu vederay. Et quanto alla prima parte, cioè della spesa delli quarteri, nuy siamo contenti concedere quello che ne domanda quelli nostri homini. Siché vedi provedere como ti pare che fral'una parte et l'altra sia bono accordio, adaptando questa cosa como ti parerà che l'una parte et l'altra rimanga (a) paciente. Alla parte delli soldati che allogiano in Bergolio, intenderay quello che ne domandano; nuy siamo contenti de satisfare allaloro rechiesta et cossì volimo provedi sia exequito, avisandote che nuy havimo scripto a misser Zohanne dalla Noce et al conte Zohanne che se levino delì. Alla parte dela exemptione, nuy siamo contenti de farli qualche acconzo et commodità, atteso lo caso suo, siché volimo ne advisi delli nomi de questi tali che domandano exemptione, et chi sonno, et de che vogliono la exemptione. Alla parte del capitaneo, nuy provederimo subito in bona forma che starà bene. Circalo facto del vivere de quelli de Bergolio, nuy ordinaremo che sarà mandato ad Pavia certa quantità de biava et gli ordinaremo che gli ne sia data. (b) Delle lanze nuy ordinaremo che ne sarano mandate là et delà ne sarano date alli dicti de Bergolio. Alia poliza in zifra, etcetera Ex campo prope Trignanum, xxii iulii 1452. Persanctes. Cichus. (a) Segue contenta depennato. (b) Precede delle depennato. 558 Gli uomini del quartiere alessandrino di Bergolio a Francesco Sforza s.d., s.l. Elenco delle richieste fatte a Francesco Sforza dagli uomini del quartiere alessandrino di Bergolio, quartiere oberato da danni e spese in perpetuo sopportati da quando è passato sotto il dominio sforzesco, prima e soprattutto per avere lì acquartierata la fanteria, poi per i guasti, a causa della guerra con Guglielmo di Monferrato, inflitti loro dai nemici e dai soldati, sempre lì sistemati, non solo, ma anche da quelli alloggiati in altri quartieri di Alessandria e oltre il Tanaro. Inoltre, a distruggere quello ch’era rimasto intatto ha provveduto il fuoco. Per prima cosa si chiede che gli uomini del quartiere di Bergolio siano tenuti a soddisfare unicamente le spese del loro quartiere, spese, alle quali non si sono mai sottratti. Si provveda che, tranne i soldati di Antonello del Burgo, gli altri vengano sistemati di là dal Tanaro, in modo che nelle case lasciate libere da detti soldati trovino riparo le famiglie colpite dall’incendio. Si supplica il duca di esentare per qualche tempo tali disgraziati da ogni onere, incapaci, come essi sono, di qualsiasi contribuzione. Si dia, per loro difesa, agli uomini del quartiere di Bergolio delle lance e delle balestre essendo stati spogliati di ogni arma al tempo della libertà e da Guglielmo di Monferrato. Si chiede un contenimento delle competenze del capitano di Bergoglio e, cioè, che non vada al di là del comando di far fare guardie e, comunque, che non condanni i disobbedienti oltre i cinque soldi. Illustrissime princeps, la signoria vostra sa per experientia quanta è la fede et devotione delli homini del quarterio de Bergolio verso la vostra excellentia et quanti damni et spese hanno supportato volontera doppo che Alexandria è sotto el vostro dominio, in havere sempre zente d’arme a casa et fargli le spese per uno gande tempo, maxime a quella fantaria che prima gli fu mandata, et che in questa guerra del signore Guilielmo hanno substenuti li guasti et li damni gli hanno facti nedum li inimici et li soldati logiati in lo dicto quartero, ma etiam de quelli allogiavano in li altri quarteri de Alexandria, ultra el Tanero, quali andavano et vano tucti a sachomano suxo lo territorio (a) de Bergolio. Et si qualche cosa gli era restata al guasto del campo, 190v tra per lo fogo posto in campagna per signore Guilielmo, tra per li dicti vostri soldati, tucto è stato consumato; né per questo perhò dicti homini de Bergolio sonno refredati, né tracti dal’amore et devotione che hanno alla vostra excellentia, ma bisogna pur che la vostra signoria gli habia rispecto et gli facia qualche gratia. Pertanto, acciochè intendano la vostra excellentia haverli cari como ha, supplicano et rechiedeno l'infrascripte cose per adesso: primo, perché sonno inhabili, et maxime a quelle spese non doveriano tochare aloro, che la signoria vostra scriva opportune et decerna che in quelle spese che sonno facte per reparatione del dicto quarterio et delli altri quarteri delà dal Tanero, dicti de Bergolio non siano obligati a contribuire, si non per la spesa facta al dicto quarterio de Bergolio, et li altri quarteri pagano per quella spesa s'è facta per quelli quarteri, siché non sentano si non della spesa del suo quarterio de Bergolio, avisando che alle bisogne et quando hanno poduto, hanno (b) facto alla citadella et altroe el debito suo et più che non li tochava. Item ch’el se scriva opportune et facia che molti soldati allogiati in Bergolio, ultra quelli de Antonello del Burgo, siano allogiati delà dal Tanero et resti solamente in Bergolio dicto Antonello cum li suoy. Et questo per podere mettere in quelle case dove allogiano dicti soldati, delle famiglie de quelli poveri homini brusati, che non hanno da podere stare a coperto, ricordando che questo è perhò stato ordinato per lo signore Conrado, mali soldati dicono non volersi levare; altramente dicti povereti podrano stentare alla discoperta. Item che la signoria vostra se degni per misericordia fare qualche provisione alli dicti povereti brusati che possano vivere et al mancho havere del pane, perché non gli è rimase sustantia alcuna. Item che la excellentia vostra se degna fare exempti generalemente li dicti brusati per qualche tempo da ogni carigo, perché ad ogni modo non sarano apti a pagare cosa alcuna. 191r Item perché al tempo delibertà et etiam del signore Guilielmo dicti vostri servidori forono spogliati de arme, et cetera, che la vostra excellentiali facia providere de qualche arme, saltem delanze et de qualche balestre, che al bisogno se possano adoperare et defendere, et cetera. Item perché lo officio del capitaneo de Bergolio non se extende ultra el fare fare le guardie, secondo bisognaria in tale tempo, et quando bene extendesse, non ha arbitrio de condemnare alcuno desobediente si non in soldi v de imperiali, sariano contenti li dicti servidori vostri, acciò zascuno fosse astrecto a fare el bene vostro et de quello quartero, che la signoria vostra per questo tempo de guerra mandasse uno suo fidato et scorto cum possanza de commandare et condemnare zascuno desobediente, cossì al capitaneo, como aluy. Circa el fare reparatione et tucte le altre cose, li sarano comandate perlo bene, utile, honore et stato vostro et del dicto quartero et homini, secondo li parerà, inspecta qualitate rei et personarum, et de mandare le dicte condemnatione alla Camera, et scuodere, et cetera. (c) (a) lo territorio in interlinea. (b) poduto hanno in interlinea. (c) Così termina la missiva. 559 Francesco Sforza al condottiero Michele Pedemonte 1452 luglio 25, “apud Sabiate”. Francesco Sforza scrive al condottiero Michele Pedemonte di prestar ascolto a quanto egli ha risposto al suo cancelliere Polidoro. Spectabili ac strenuo amico nostro carissimo Michaeli de Pedemontis, armorum, et cetera. Havimo inteso quanto ne ha dicto Polidoro, vostro cancillero, per parte vostra, al quale havimo resposto quanto è de mente nostra et per quello intendereti daluy. Siché gli dareti fede quanto a nuy proprii in quanto ve dirà per nostra parte. Ex felicibus castris nostris apud Sabiate, xxv iulii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 560 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 luglio 25, “apud Gabianum”. Francesco Sforza vuole che Corrado da Fogliano comandi a Moretto da Sannazzaro e a Giovanni dalla Noce di non liberare senza ordine ducale Giovanni de Anfoso e Simone da Merlano. 191v Magnifico Conrado de Foliano. Nuy havemo inteso che quelli de domino Moretto da Sanctonazaro hanno in presone Zohanne de Anfoso, et quelli de domino Zohanne dalla Noce hanno in presone Simone da Merlano. Pertanto volimo te debbi trovare cum li dicti domino Moretto et domino Zohanne et dirgli et comandare che per cosa del mondo non debiano fare relaxare li dicti Zohanne et Simone senza nostralicentia, perché, como tu say, loro sonno nostri capitali inimici et havevano molte pratiche per le mane. Et cura cum diligentia che questa nostra volontà sia exequita, remosta ogni caxone, facendoli dicto comandamento per nostra parte. Ex felicibus castris nostris apud Gabianum, die xxv iulii 1452. Leonardus. Iohannes. 561 Francesco Sforza al comune e gli uomini di Bosco 1452 luglio 25, “apud Gabianum”. Francesco Sforza sollecita il comune e gli uomini di Bosco a ritornare alla sua fedeltà, certi che egli non ha nulla contro di loro, sicuro, come egli è, che quello che han fatto, non fu dovuto a odio nei suoi confronti ma a loro paura; pertanto di tutto li assolve. Communi et hominibus Boschi. Havereti inteso il conflicto dato per li nostri che sonno de là al signore Guilielmo et al suo exercito che era acampato a Cassine. Et perché siamo certi che per Conrado, nostro fratello, et per li altri nostri sareti rechiesti de ritornare a nostra devotione et forse vuy staresive suspesi a farIo, dubitando che nuy non siamo cum vuy scorzati, per la presente ve dicemo et confortiamo che de questo non stiate in niente de malo animo, ma che liberamente retornate a nostra devotione et faciati quanto esso Conrado ve dirà, certificandovi che nuy siamo bene disposti verso vuy, como fussemo may, et ve habiamo cari como prima, né per cosa sia seguita, habiamo preso verso vuy alcuno corodoglio, perché siamo più che (a) certi quello haveti facto, non l'haveti facto per volontate né per odio havessevo a nuy, ma per propria paura, 192r et quando ancora qualche manchamento gli fosse stato, che non credimo, per la presente vi lo remettimo et di bono cuore ve perdonamo. Ex felicibus castris (b) nostris apud Gabianum, die xxv iulii 1452. Iohannes Chiappanus Iohannes. (a) certi in interilinea. (b) Segue ducalibus depennato. 562 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 luglio 27, “apud Gabianum”. Francesco Sforza informa Corrado da Fogliano di aver accolto con molta cordialità, come meritatamente conveniva, gli ambasciatori del Costellazzo. È contento che i sottoelencati ostaggi, relegati a Pavia, ritornino al loro paesello e così facciano i guastatori che erano al campo. Dispone che, quando Fregarolo ritornerà alla sua obbedienza, abbia per podestà Ubertino Trotto, uno dei suddetti ambasciatori, come altresì intende che Macario Trotto, compagno di Ubertino, abbiala podestaria di Monbarucio. Seguono i nominativi degli ostaggi. Magnifico Conrado de Foliano, et cetera. Sonno stati qui da nuy li ambassatori del Castellazo alli quali, como a quelli che lo meritano, havimo facto careze et honore assay et gli havimo concesso tucto quello ne hanno domandato, perla fede et devotione che hanno demonstrato verso nuy et lo stato nostro. Et siamo remasti contenti che li infrascripti obstagii, confinati a Pavia, torneno a casa et fazano li facti suoy, et cossì ad quelli guastatori, che erano qui in campo, siché volimo che tu gli faci ogni bono tractamento che te sia possibile. Ulterius siamo contenti et volimo che tucta volta ch'el Fregarolo sia retornato alla obedientia nostra, tu faci consignare quella potestaria ad Ubertino Trotto, uno delli dicti ambassatori. Ex castris nostris felicibus apud Gabianum, die xxvii iulli 1452. Et cossì siamo contenti che tu faci dare ad Machario Trotto, compagno del dicto Ubertino, la potestaria de Monbarucio. Data ut supra. Persanctes. Cichus. Nomina quorum sunt hec: Filippo Trotto, Marcho Trotto Picho, David Trotto Boydo, Guilielmo Lamboricho, Augustino Trotto, Iacomo Boydo. 563 Francesco Sforza al comune e gli uomini del Castellazzo 1452 luglio 27, “prope Gabianum”. Francesco Sforza conferma che della loro fedeltà, al di là di quello che il comune e gli uomini del Castellazzo gli hanno scritto e di quanto gli hanno esposto Macario e Ubertino Trotto, loro ambasciatori, egli è ben sicuro e ne ha avuto una riprova quando Guglielmo di Monferrato si è mosso contro di lui. Li ringrazia e li esorta a essere perseveranti in tale devozione verso di lui. Comunica il ritorno degli ostaggi e dei guastatori che erano al campo. Comunitati et hominibus Castellacii. H(a)vavimo inteso quanto ne haveti scripto et quanto ne hano dicto per vostra parte Machario et Ubertino Trotti, vostri ambaxatori, della fede et devotione vostra verso nuy et lo stato nostro. Dicimo 192v che de questo non siamo novi, anzi ne siamo certissimi, perché continuo ne havimo veduto la experientia, et maxime in questa novità che ha mosso dal canto dellà lo signore Guilielmo. Dela qual cosa ve ne rengratiamo quanto più sapiamo et possimo, confortandove che cossì vogliate perseverare como è la nostra fede et speranza in vuy, perché da nuy sempre haverete tale et sì facta remuneratione che parirà non habiamo usato ingratitudine verso vuy, como più largamente ve riferirano li dicti vostri ambassatori. Ancora, de quelli sex obstagii che sonno a Pavia, et delli guastatori vostri che sonno qui in campo, alli quali tucti nuy havemo dato bonalicentia che retorneno a casa, siché non dicimo altro. Credereti a loro, como a nuy proprii, avisandove che le cose nostre de qua sonno per modo dirizate che havimo ad essere vincetori, et de qua et dellà. Et de questo ve dati bona voglia. Ex castris nostris felicibus prope Gabianum, die xxvii iulii 1452. Persanctes. Cichus. 564 Francesco Sforza a Lancilotto Visconti 1452 luglio 31, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comanda a Lancilotto Visconti di lasciare, come gli compete, a Battista del Borgo la riscossione delle tasse dei cavalli a Varallo e a Brobia. Domino Lanzalocto Vicecomiti. Perché havimo inteso che facevate mentione de scotere vuy le taxe delli cavalli a Varala et a Brobia, ve dicemo cossì che questo sarà uno guastare li ordeni et designi nostri, che, siamo certi non voressivo vuy, siché non volimo che ve ne impazate, anzi lassati la exactione a misser Baptista del Borgo, al quale havimo commisse quelle exactione, como gli havimo ordinato. Ex felicibus castris nostris apud Quinzanum, ultimo iulii 1452. Ser Iacobus. Cichus. 565 Francesco Sforza a ? s.d., s.l. Francesco Sforza ha inteso quanto gli scrive in cifra dell’amico. Vuole che egli continui a fingere mostrando di non sapere alcunché di questo fatto. 194r Circa lo facto del’amico havimo inteso quanto ne scrivi per la tua in zifra: piacene havere havute tale adviso. Volimo che luy finge et monstri non havere saputo de questo facto cosa alcuna. Et questo dicimo per bono rispecto. (a) Cichus. (a) Così, mancando la carta precedente, la missiva termina. 566 Francesco Sforza a Lancilotto de Figino 1452 luglio 31, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive a Lancilotto de Figino nell’Alessandrino di non credere alle disobbedienze a Corrado, dalui denunciate, di Moretto e Sacramoro e neppure del conte Giovanni, così come non ritiene disobbediente Giovanni da Scipione. Comunque vuole che sollecitamente si proceda alla riconquista di quanto perduto. Per una più celere ripresa di quello che deve farsi, mandaleonardo da Parma con la bombarda contessa e il bombardiere con pietre e polvere in modo che tutti ritornino all’obbedienza ducale. Fatte le accennate riconquiste ci si muova nelle terre del Monferrato, non desistendo dall’agire di giorno e di notte. Accusa ricevuta della notizia dell’invasione savoiarda di San Salvatore. Vuole che non si facciano danni alle cose del duca di Savoia, ma se si trovassero dei sudditi sabaudi nelle terre riprese, ordina che siano trattati come nemici. Ha inteso quanto gli scrive di Daniel Arigo, ambasciatore del re Renato, e del cancelliere di Gugliemo, cui Corrado ha rilasciato un salvacondotto: aspetta di intendere che diranno. Lanzalocto de Figino in partibus Alexandrinis. Havimo havute in li dì passati più toe littere alle quale tucto havimo resposto, como siamo certi che alla recevuta de questa haveray veduto. Noviter havimo ricevute le toe littere de dì xxvi et xxvii del presente, alle parte delle quale, respondendo, et primo, a quella del’ussire de quelle gente fuora, dicimo che nuy siamo certi che alla ricevuta, debbiano essere ussiti tucti in campo. Nonobstante che tu dice siano male obediente ad Conrado, nuy sapimo che misser Moretto et Sacramoro sonno obedienti, el conte Zohanne non l'havimo trovato ancora cossì desobediente, et cossì credimo che sia Iohanne da Scipione, siché non sapimo intendere che sonno questi desobedienti. Nondimeno vogli usare ogni tuo studio et diligentia et solicitare che se proceda allo reacquisto delle cose perdute et che se seguala victoria contralo inimico. Et perché meglio se possa seguire quello che se ha ad fare, mandiamo là Lionardo da Parma cum la nostra bombarda contessa et lo bombardero cum tucti li apparechi de prete, polvere, rechiedendo ogniuno che retorne alla obedientia nostra, et chi farà lo contrario sarà messo a fuocho et fiama, et cossì volimo che ad chi aspectarà la dicta bombarda non gli sia havuto remissione alcuna, ma messo a sachomano et ne sia facta tale punitione che sia exempio ad tucti li altri. Ultra ciò volimo che, reacquistate siano le cose supradette, se proceda al’acquisto delle cose de Monferrato et che non se gli perda tempo alcuno, né dì né nocte, ma che se gli attenda cum ogni solicitudine et diligentia perché credimo se spazarà presto ogni cosa; et tu fa che ne advisi chiaramente de passo in passo delle cose como seguirano. 194v Della venuta de quelli Savoyni ad Sancto Salvatore, havimo inteso quello che tu scrivi: nuy non credimo che siano uno pezo appresso quanto tu scrivi, né che loro se movesseno a fare cosa alcuna contra nuy et lo stato nostro. Pur, sia como se voglia, volimo che alle cose del duca de Savoya non se dia impazo né molestia alcuna, pur como è facto fin qui, ma bene volimo che se gente alcuna d'esso duca de Savoya se trovasse in quelli lochi che se reacquistarano et in li altri che se acquistarano o che, per altro modo andasse traversando lo paese, li tractati como inimici. De Daniel Arigo, ambassatore del re Renato, et del cancillero del signore Guilielmo havimo inteso quello che tu scrivi. Ne piace che Conrado habia facto lo salvoconducto allo dicto cancillero: nuy aspectarimo per vedere quello vogliono dire, et poy gli pigliarimo quelle partite ne parerà. Data in castris nostris felicibus apud Quinzanum, die ultimo iulii 1452. Persanctes. Cichus. Dupplicata die primo augusti 1452. 567 Francesco Sforza spera al doge di Genova 1452 agosto 1, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza spera che il doge di Genova abbia inteso, anche da quello che gli ha fatto sapere dal cancelliere ducale Giacomo da Camerino, quanto grande e urgente sia il bisogno che egli ha dei venticinquemila ducati, con cui lo sovvenzionerà e dei quali intende darne uno per cavallo alle sue genti. Si duole che i Maestri delle entrate non gli abbiano dato tempestivamente informazione delle spese dei fanti. Lo assicura, comunque, che osserverà tutto quanto gli ha promesso. Accerta il doge della sua condivisione degli amici e dei nemici per cui ad ogni suo bisogno sarà pronto a prestargli aiuto. Circa le vicende del fronte ove il duca si trova, gli dice che aveva ordinato al fratello Alessandro di portarsi a distruggere il ponte costruito dai nemici a Cerreto sopra l’Adda, ma a Cavenago, essendosi i nemici rinforzati a insaputa del fratello, fu sconfitto seppur con poco danno. Il duca si è spostato nei pressi di Quinzano per maggior comodità di foraggio per i cavalli e per molestare di più i nemici. Vuole che il doge non si sfiduci, perché in ogni modo lui sarà vincitore. Illustri domino duci Ianuensi. Havemo veduto quanto la signoria vostra ne ha scripto per una soa sottoscripta de soa mane propria. Dicimo che nuy siamo certi che la signoria vostra, alla ricevuta de questa, haverà inteso quanto gli havimo mandato a dire per misser Iacomo da Camerino, nostro cancillero, et maxime del facto delli xxv mila ducati che la signoria vostra ne fa subvenire in questo nostro bisogno et necessità, et non dubitiamo che essa vostra signoria haverà inteso in che termine se ritrovano le cose de qua. Siché non sapimo che altro dire più, se non che pregamo et confortiamo la signoria vostra quanto sapimo et possimo, gli piacia servare tucti quelli modi gli parerano, che habiamo cum ogni presteza et celerità li dicti xxv mila ducati, senza che ne sia facta altra retentione, 195r certificando quella che nuy teneremo che nelli impresti de soa propria borsa, perché, como per altre havimo scripto alla prefata signoria vostra, de questi denari havimo facto pensiero darne uno ducato per cavallo ad queste nostre gente per posserle mantenire in campo, consyderato che havimo la victoria apparechiata, purché possamo cum le gente mantenirse in campo, como per altre havimo dato avisamento alla signoria vostra. Nuy havimo havuto despiacere che li nostri Magistri del'intrate non habiano resposto alla prefata signoria vostra ad tempi congrui della spesa de fanti, et è stato contra ogni nostra volontà et ordine, pur nondimeno confortiamo la signoria vostra remanerà bene contenta et satisfacta, perché la intentione nostra è de observargli tucto quello che gli havimo promesso et molto più. Alla parte de havere amici per amici et inimici per inimici, dicemo che questa è la intentione nostra, e quando niuno vorrà ponerse ad turbare lo stato alla signoria vostra, intendemo ponerli ogni nostra facultà et forze perché la signoria vostra se mantenga in pacificho stato, perché non porria havere molestia né turbatione alcunala signoria vostra che la non fosse nostra, perché per torre via ogni affanno et molestia havesse, como havimo dicto, intendemo ponerli tucte le forze nostre et lo stato, et etiam la persona, bisognando: et questo trovarà la signoria vostra per effecto. Delle cose di qua nuy havimo dato continuo notitia alla signoria vostra, como siamo certi che quella debbia havere veduta. Mò, perché intenda quello è succeduto puoy, advisamo quella che, havendo li inimici facto uno certo ponte per mezo de Cerreto sopra Adda, quale intendevano fortificare per potere passare in Lodesana et Milanese per damnificare lo paese, et perché non gli reusisse el pensiero, gli mandassemo lì misser Alexandro, nostro fratello, cum alcune squadre lo quale, siando gionto a Cavenago in lo allogiare che fece, siando li inimici ingrossati molto più che non erano inanze la partita soa da nuy et non havendolo luy saputo, lo asaltarono et receveti sinistro. El damno è stato pocho perché in tucto, tra cavalli et carriagii, non foro perduti cento cinquanta cavalli, ma, sia como se voglia, nuy intendemo fare che a niuno modo reuscha il pensiero alli nostri inimici, et volemo fare quello havevamo deliberato et di novo gli mandamo tale provisione che se restaurarà lo mancamento recevuto et alli inimici non reusirà el pensiero. Nuy siamo venuti ad allogiare presso Quinzano per più commoditate del’herbe (a) per li nostri cavalli et per fare stentare più li inimici 195v che, como per altre havimo scripto, non se possendo fare contraloro la forza per essere stati loro caciati in questi paduli, ne è bisognato fare con lo ingegno et gli havimo reducti a tale et sì facta extremità che grande parte delli suoy cavalli sonno manchati et ogni dì manchano et inrozisseno più per lo mancamento dello strame et herba che gli è quasi una meza ropta. Et quantunque la cosa sia alquanto induciata, nondimeno la signoria vostra se dia bona volia, che speramo fare in modo che saremo vincetori et farimo quello è lo desyderio vostro et nostro; et de quanto seguirà, alla giornata advisaremo la signoria vostra. Ex castris nostris felicibus apud Quinzamum, die primo augusti 1452. Persanctes. Duplicata die suprascripto. Cichus. (a) In A hebre. 568 Francesco Sforza a Giovanni Ferruffini, ad Antonio Guidobono e a Giacomo da Camerino s.d., s.l. Francesco Sforza scrive a Giovanni Ferruffini, ad Antonio Guidobono e a Giacomo da Camerino, in Genova, assicurandoli di essere stato del tutto ben informato. Si augura di avere notizia presto del pagamento dei xxv mila ducati. Intenderanno dall’acclusalettera quanto scrive a questo proposito al doge, con il quale desidera che loro si trovino per insistere, nei modi che crederanno, perché il duca abbia il resto del denaro, che gli consentirà di dare un ducato per cavallo alla sua gente per trattenerla in campo. Domino Iohanni Ferufino, Antonio Guidobono et ser Iacobo de Camerino, Ianue. Havimo veduto quanto ne haveti scripto per più vostre, et mò novamente quanto scriveti vuy, misser Zohanne, et ti, ser Iacomo: del tucto remanimo a compimento advisati. Aspectamo essere avisati da vuy de quanto havereti sequito in la expeditione delli xxv mila ducati, siché non sapimo che altro dire più, se non che vogliate servare tucti quelli modi che ve pareno che habiamo lo resto del dicto denaro, atteso il nostro grandissimo bisogno et necessitate, como vuy tucti sapeti. Nuy scrivemo sopra questo facto ad quello illustre signore duxe, como vedereti per l’inclusa copia. Volimo ve ritrovati cum la signoria soa et quella pregareti, como ve parerà, che habiamo lo dicto resto de dinari, chiarendoli che, como per altre havimo scripto, noy tenerimo che nelli impresti de soa propria borsa, perché, como sapeti, de questi denari havimo facto pensiero darne uno ducato per cavallo a queste nostre gente per posserle mantenere in campo, considerato havimo la victoria apparechiata, pur ne possiamo cum le dicte gente mantenerse, como havimo dicto. Havimo inteso quanto scriveti vuy, misser Zohanne, delli modi che ha tenuti misser Biasio Axereto; piacene quanto vuy haveti (a) seguito et ve ne commendiamo. Noy gli scrivemo…(b) (a) Segue scripto depennato. (b) Così, mancando le carte seguenti, si interrompe la missiva. 569 Francesco Sforza a Vaso da Casale 1452 agosto 5, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ringrazia Vaso da Casale, medico del marchese di Monferrato, per aver saputo daluigi de Valperga, oratore del re di Francia, con quanto affetto parla dei fatti ducali con il marchese, anche se il duca non ha mai fatto nulla per lui. Gli chiede di perseverare in tali sentimenti verso di lui, garantendolo che gradirà fargli qualcosa di suo gradimento. 198r Magnffico Vasi de Casali, fisico illustris domini marchionis de Monteferrato. El magnifico domino Aluyse de Valperga, oratore della serenissima maystà del Re de Franza, ne ha referito cum quanto amore et affectione ve setti portato et portate dove accade parlare delli facti nostri apresso quello illustre signore marchese, della qual cosa summamente ve rengratiamo et ne rendiamo a vuy obligati, et tanto più quanto che non havemo facto verso vuy per la quale debiate fare questo. Ve pregamo perseverati in quello haveti principiato, et se cosa alcuna possiamo che grata ve sia, ne rechiedete franchamente che lo farimo così volontera et de bona voglia quanto per cadauno delli fratelli nostri o del più caro amico habiamo, como dicto domino Aluyse ve referirà ancora più largamente a boccha. Ex felicibus castris nostris apud Quinzanum, die v augusti 1452. Ser Iohannes. Cichus. In simili forma scriptum fuit infrascriptis: monsignore de Filichet, grande magistro de casa, l'amiraglio. Cichus. 570 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 agosto 7, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza chiede al doge di Genova di volere far concedere a Spinetta dal Carretto, a lui carissimo per la fedeltà sempre dimostrata, le entrate della dote di sua moglie, Mariola Doria, che vengono trattenute sul Bancho di San Giorgio, cosa che s’è mai fatta in quella città. Domino duci Ianue. Havendo nuy carissimi li spectabilissimi Spineta et Iacomo, fratelli dal Carreto, per laloro singulare devotione et fede che portano a nuy et al stato nostro, non possiamo fare che in li suoy bisogni non gli recomandiamo alla vostra signoria. El perché, havendone il prefato Spinetta facte exponere che già è molto tempo passato gli è stata continuamente retenuta la intrata della dote de Mariola Doria, soa mogliere, suli loci et bancho de Sancto Zorzo, el che dice may non essere costumato in quella città, che may, in veruno tempo, sia stato retenuto le intrate ad qualunque si voglia, ne ha facto pregare lo vogliamo ricommandare ad essa vostra signoria et pregarla che gli voglia fargli respondere delle soe (a) intrate. Per la qual cosa, volendoli compiacere, confortiamo et pregamo essa vostra signoriali voglia fargli respondere delle intrate predicte integramente, como ne pare conveniente et rasonevele, et in ceteris haverli recomandati como cose nostre, perché nuy l'haverimo grato et acceptissimo. Ex felicibus castris nostris apud Quinzanum, die vii augusti 1452. Bonifacius. Cichus. (a) Segue littere depennato. 571 Francesco Sforza a Giovanni Matteo Buttigella 1452 agosto 8, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza fa avere a Giovanni Matteo Buttigella il mandato per la commissione che farà a quei re. Non ha fatto apporre, come convenuto, alcuna riserva, ma vuole che alla stesura di tale commissione di tregua si inserisca la frase “el signore marchese e signore Guilielmo de Monferrà non darano passo, recepto né victualie né adiuto … ad gente che andassero ho cercasseno andare ad offendere né molestare lo illustre … stato de Zenova”. 198v Iohanni Matheo de Butigellis. Mandiamo lì lo mandato per la commissione se haverà ad fare in quelli serenissimi re in ampIa et larga forma, como poteray vedere, né gli havimo facto apponere altra reservatione per respecti delle instructione haveti, della quale ne hanno havuto una copiali ambassatori regali. Bene te recordiamo, como te fu dicto a bocha, che, quando se farà dicta commissione, faci per ogni modo che punctaliter in essa commissione siano poste le parole delle instructione predicta, e questo non falli. Ceterum, volemo che, nella commissione se haverà a fare della treuga, faci mettere queste parole in essa commissione, videlicet ch’el signore marchese e signore Guilielmo de Monferrà non darano passo, recepto né victualie né adiuto, favore, né subsidio per sé vel alium vel interpositam personam quovismodo palam, privatim, publice, dirrecte nec per indirrectum vel alio quovis colore quesito ad gente che andassero ho cercasseno andare ad offendere né molestare lo illustre signor duxe, magnifica comunità et presente stato de Zenova. Ex castris nostris apud Quinzanum, die viii augusti 1452. Zanninus. Cichus. 572 Francesco Sforza a Giorgio de Maino 1452 agosto 7, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza loda Giorgio de Maino, commissario di Novara, per l’accuratezza delle informazioni, in particolare riguardo a Pandolfo Contarini, andato da Guglielmo di Monferrato in sostituzione dell’altro provveditore veneziano; di Gasparino da Besozzo, uomo d’arme di Guglielmo; di Antonio da Saratico; del Prevedino, corriere. Esorta Antonio da Saratico a cominciare le trattative per un accordo con il duca di Savoia. Domino Georgio de Mayno, commissario Novarie. Per tre vostre littere de dì primo et secondo del presente havimo inteso quanto ne haveti scripto de domino Pandolfo Contarino venuto apresso il signore Guilielmo in loco de quello altro proveditore venetiano; item de quello Gasparino da Besozo, homo d'arme d'esso signor Guilielmo, venuto dal canto de qua; item delle gente del duca de Savoya che sonno intrate in le terre d'esso signore Guilielmo; et etiam del conte Antonio da Saraticho et del Prevedino 199r correro: delle quale cose ne restiamo pienamente advisati. Et ad alcune parte non ne accade altra resposta, se non che ne commendamo la diligentia et fede vostra, per le quale subito restiamo advisati delle cose che occorrano, et confortiamove ad perseverare in essa diligentia et fede, perché l'haverimo acceptissimo. Ma alla parte del predicto conte Antonio da Saraticho respondendo, ve dicimo ch’el ne piace el parlare che fa de incommentiare praticha de fare accordio fra nuy et il prefato illustre signore duca de Savoya, perché nuy non fossemo may de altra dispositione et volontate, se non (a) de bene vivere et bene vicinare con la signoria soa, et per nuy non è mancato né mancarà ad fare che la bona amicitia sia fra nuy et la signoria soa. Il perché siamo contenti che gli dichi per nostra parte che haverimo caro s’el se adoperi, con quella più diligentia che sa, per inire, praticare et concordare vera intelligentia, bona amicitia et perfecto accordio frala signoria soa et nuy, certificandolo che, e latere nostro, nuy siamo bene disposti et habiamo volontate de bene vivere et bene vicinare con la prefata signoria soa, siché per questo prenda (b) securtà de parlare et (c) incommentiare la praticha, perché non ne trovarà altramente dispositi, como havimo dicto. Data in castris nostris apud Quinzanum, die vii augusti 1452. Bonifatius. Cichus. (a) Segue che depennato. (b) segue securamente depennato. (c) segue de bene vivere depennato. 573 Francesco Sforza al commissario e al podestà di Novara 1452 agosto 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comunica al commissario e al podestà di Novara che in mattinata è fuggito presso i nemici Guglielmo Barbavara da Gravellona, compagno di Bernabò Sanseverino, portando via cavalli e altra roba sua. Ordina che si sequestri ogni suo bene, mobile e immobile, che ha a Gravellona. 199v Comissario et potestati Novarie. L'è fugito questa matina et andato dal canto delli inimici Guilielmo (a) Barbavara da Gravarona, compagno del spectabile Bernabò da Sanseverino, et ha conducto via cavalli et ogni altra cosa soa. Però ve commettiamo et volimo che debiate torre ogni cosa del suo ch’el ha in Gravarona, così mobile como immobile, et farlo consignare al messo del dicto Barnabò, exhibitore della presente, quale vene lì solamente per questa casone. Et in questo non gli sia deffecto né exceptione (b) alcuna. Ex felicibus castris (c) nostris apud Quinzanum, viiii augusti 1452. Irius. Cichus. (a) Segue da depennato. (b) exceptione in interlinea su manchamento depennato. (c) Segue ducalibus espunto. 574 Francesco Sforza a Giovanni della Noce 1452 agosto 8, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive a Giovanni della Noce di ritenere che la sua andata ad Aversa sia dovuta al desiderio di non doversene stare inattivo al Castellazzo. Siccome volontà del duca è la riconquista delle terre perdute, vuole che, se già non fosse ad Alessandria, faccia subito ritorno, perché, ritornati gli ambasciatori del re di Francia e di re Renato nel Monferrato per fare la tregua, vuole che, fino a che questa non sarà conclusa, si faccia attenzione ai nemici. Domino Iohanni dela Nuce. Como per vostre littere ne scrivesti alli dì passati, semo certi che l'andata vostra verso Aversa sia stata per non stare indarno et perdere tempo al Castellazo, non vedendosse fuora alla campagna alli damno dello inimico nostro per quelli altri nostri conducteri, et semo certi l'andata vostra in quelle parte harà facto fructo, perché a vuy ne sarà resultato honore et utile, et alli inimici damno et sbigotimento delli subditi loro. Pur nondimancho, perché nostra intentione è che omnino voy con quelli altri nostri andati alla campagna per acquistare de quelle terre perdute cum la bombarda, et li altri se scusano che, per l'absentia vostra, non sonno ussiti né possono ussire fuora, ve confortiamo, carricamo et stringemo che, non siando vuy ritornato verso Alexandria subito senza dimora vogliate retornare cum tucti li vostri per fare quanto è dicto, perché, per benché li ambassatori della maestà del Re de Franza et re Renato siano stati da nuy et ritornati verso quelle parte cum conclusione 200r de fare una tregua et poy venire al’accordio, ne pare, et cossì vogliamo che, per fine a tanto la tregua non sia bandita, se attendi alli damni d'essi inimici per più nostra reputatione et favore, como siamo certi vuy medesmo per la prudentia vostra intendeti molto bene. Le cose nostre de qua, non obstante il caso de Alexandro, nostro fratello, passarano cum victoria, perché le havemo adaptate et adaptaremo in forma ch’el rencrescerà a questi nostri inimici. Data in castris nostris apud Quinzanum, die viii augusti 1452. Iohannes. Iohannes. 575 Francesco Sforza a Guglielmo di Monferrato 1452 agosto 7, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza dice a Guglielmo di Monferrato che sua moglie, Bianca Maria, gli ha riferito che non vuole che Bernardo Mazio sia consegnato in mano francese. Sulla medesima cosa ha ricevuto una richiesta del Re di Francia. Domino Guilielmo de Monteferrato. La illustrissima madona Biancha, nostra consorte, ne ha scripto como per uno vostro messo, sotto littera de credenza, li è stato rescrito che non vogliamo consentire che Bernardo da Mazio sia messo in le mane de certi francesi loro nemici, et cetera. Ad rechiesta del serenissimo Re de Franza et per questo vostro correro havemo havuto una vostralittera de credenza sopra questo facto medesmo, quantunque el vostro mandato non sii venuto qui. Al che, respondendove, dicimo che la signoria vostra alla ricevuta de questa harà inteso per Daniele, ambaxatore della maestà del re Renato, la deliberatione et conclusione facta tanto sopra questo facto quanto soprale altre cose, unde non bisogna vi fazamo altra resposta. Data in castris nostris felicibus apud Quinzanum, die vii augusti 1452. Iohannes. Iohannes. 576 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 agosto 4, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza rimbrotta il fratellastro Corrado da Fogliano per la sua immobilità che gli ha causato una grave perdita di reputazione. Non adduca a scusante la disobbedienza dei condottieri: se si fosse mosso dalle “stantie”, si sarebbero individuati i renitenti a seguirlo. Esca subito per la riconquista delle terre perdute. 200v Magnifico Conrado de Foliano, germano carissimo. Dogliamone grandemente in fino al cuore che da poy, mediante la divina gratia, se obtenne quella victoria contrali nostri inimici, tu, insieme cum tucti quelli altri nostri conducteri, sii stato continuamente alle stantie senza fare fructo alcuno, imo, como devi pensare, è quasi persala reputatione quale havevate aquistata, donde ne succede al stato nostro grande desfavore per tucto et non sapemo per certo a chi altri dare questa colpa non tua ad ti, perché, bene che forsi poresti excusarte che non si obedito, tu dovevi cum li toy essere el primo ad eusire fuora, et haveresti ti et noy veduto da chi fusse mancato ad non seguirte, et cossì haveressemo saputo meglio quello che ne fare. Pertanto non siando tu insieme cum tucti quelli altri eusito fuora alla recevuta de questa, vogli subito senza dimora alcuna andare fuora, se dovesti andare fuora non ma cum li tuoy solamente, et vedere requistare quelle terre perdute. Et questo non falli, se hay carala gratia nostra, avisandone poy tu particularmente se alcuno gline fosse restivo et desobediente, ad ciò che sapiamo quello che ne fare. Ex felicibus castris nostris apud Quinzanum, die iiii augusti 1452. Leonardus. Iohannes. 577 Francesco Sforza a Moretto di Sannazzaro 1452 agosto 4, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza fa sapere a Moretto di Sannazzaro di essere rimasto sommamente deluso per il mancato sfruttamento della vittoria riportata su Guglielmo di Monferrato. La passività sue e e degli altri condottieri nell’avvantaggiarsi della vittoria ha originato un grande disfavore per lo stato sforzesco; cerchino di rimediare. Ugualmente si è scritto a Sacramoro da Parma, Antonello de Burgo, Giovanni Angussola, Giovanni Scipiono. Domino Moretto de Sancto Nazaro. Nuy credevamo, da poy mediante la divina gratia che fu obtenuta la victoria contra el signore Guilie(l)mo, devessi eusire fuora cum quelli altri ad seguire essa victoria et ad recuperare quelle nostre terre perdute inanze ch’el inimico havesse tempo a fare provisione alcuna, et ve scripsemo, como fu la mente nostra et ne pareva rechiedeva el debito nostro commendandove delli vostri optimi deportamenti, et cetera. Ma havendo mò inteso che non setti voluto eusire fuora, como se doveva, ma esservi deportato vuy, 201r insieme cum li altri, molto fredamente a proseguire la dicta victoria, ne havemo preso grandissimo despiacere et malcontentamento de animo, perché lo vostro deportarve male non solo ne segue damno al facto nostro, ma etiamdio ne succede grande manchamento de reputatione al stato nostro et ad ogni nostra facenda, perché tucta quasi Italia è stata et sta in expectatione de sentire che vuy habiate facto delle cose relevate et honorevole contrali nostri inimici, et havete facto tucto el contrario; siché possete pensare che consolatione debbia essere la nostra. Per la qualcosa ve dicimo et commandiamo expressamente, si amate el bene del stato nostro, non siando vuy eusiti fuora, vogliate subito insieme cum li altri eusire fuora a fare qualche cosa et reacquistare la reputatione, la quale vene mancando non facendosse altro. In conclusione fati per modo che nuy sentiamo che habiate facto qualche cosa. Et non stiati como morti. Ex castris nostris apud Quinzamum, die iiii augusti 1452. Iohannes. Iohannes. In simili forma scriptum fuit infrascriptis: Sacramoro da Parma Antonello de Burgo Comiti Iohanni de Angussola Iohanni de Sipiono. 578 Francesco Sforza a Biagio Assereto 1452 agosto 11, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ordina a Biagio Assereto di recarsi subito da lui in campo. 201v Domino Blaxio de Aseretto. Per alcune cose ne accadeno de presenti conferire cum vuy, ve pregamo et confortamo che subito vogliati venire da nuy qui in campo et parlato ve haverimo, tornareti indreto. Ex castris nostris apud Quinzanum, die xi augusti 1452. Persanctes. Cichus. 579 Francesco Sforza a Giovanni Filippo Fieschi 1452 agosto 11, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza sollecita Giovanni Filippo Fieschi di mandargli maestro Donino. Domino Iohanni Philippo de Flisco. Per alcune cose che ne accadeno de presente conferire cum vuy, ve pregamo et confortiamo che subito vogliate mandare da nuy magistro Donino, perché parlato l'haverimo lo remandarimo da vuy. Ex castris nostris apud Quinzanum, die xi augusti 1452. Persanctes. Cichus. 580 Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 agosto 11, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono riguardo alla notizia della trattenuta fatta dal doge per la sicurezza dei fanti e della galea. Cerchino di incassare subito la somma rimasta, che egli integrerà con l’assegnazione fatta fare per lo stesso doge. Per il caso Assereto – Adorno ha ordinato ad Assereto di andare da lui. Per l’altra faccenda di Giovanni Filippo, gli ha scritto di mandargli Donino. Domino Iohanni de Alexandria et Antonio Guidobono, Ianue. Nuy havemo veduto quanto ne haveti scripto. Respondimo, et primo, circa lo facto delli denari che ha tolti quello illustre signore duxe per la securtà delli fanti et della gallea, che questa tale retentione a nuy è ritornata in grande discontio et ha turbato lo facto nostro, perché non ne havimo possuto exequire lo pensiero, che per altre nostre ne havimo, ne havevamo facto. Ma possa che cossì è, restamo patienti. Attenderimo de retrarli de quelle assignatione che havevamo facta fare al prefato signore duxe. Bene volimo che habiate bona advertentia (a) che de quelli denari non ne fosse facta altra retentione per lo advenire et vuy ne sforzati de retrare li dicti denari in modo che se habiano prestissimo. 202r Delli modi che ha tenuti domino Biaxio Axareto cum domino Rafaello Adorno havimo inteso quanto ne haveti scripto: nuy lo havimo tanto molesto che non sapimo de cosa alcuna ne havessemo possuto havere magiore despiacere. Nuy havimo scripto al dicto domino Biaxio che subito venga da nuy. De misser Zohannefelippo havimo inteso quello scriveti; nuy gli havimo scripto che mandi subito da nuy misser Donino, siché venuto sia provederimo in oportuna forma ad quanto farà bisogno. Delle cose de qua non ve scrivemo altro, perché per altre nostre ve havimo scripto, como havereti veduto accompimento. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xi augusti 1452. Persanctes. Cichus. (a) advertentia in interlinea. 581 Francesco Sforza ai marchesi di Incisa 1452 agosto 17, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza conferma ai marchesi di Incisa che dellaloro fedeltà ne ha una sperimentata certezza, convalidata anche dall’ultima novità di Guglielmo di Monferrato con il quale li informa che sono sono in corso trattative. Qualunque ne sarà la conclusione, se ne stiano tranquilli, perché non ne avranno a perdere. (a) Marchionibus Incisie. Havimo recevuto vostralettera et inteso quanto ne haveti scripto. Del’amore et affectione che ne portati, dicimo che questo ad noy non è cosa nova, anzi è nota et certa, perché continuamente ne havemo veduto la experientia et maxime in questa novità del signore Guilielmo. Credimo che havereti inteso de certa praticha che havemo con lo dicto signore Guilielmo, et perhò dative bona voglia che o pace o guerra o tregua che segua, vuy rehavereti tucte le terre, cose vostre. Et de ciò non dubitati puncto, ma tenetilo per fermo et costante, et ultra ciò, farimo per tale modo et forma che ve parerà havere guadagnato et non perduto. Ex felici nostro exercitu apud Quinzanum, die xvii augusti 1452. Persanctes. Cichus. (a) Precede Squarze de Novis depennato. 582 Francesco Sforza a Pietro de Pusterla 1452 agosto 17, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza si compiace con l’aulico ducale Pietro de Pusterla per la sollecitudine che ha per le cose di là. Prosegua a informarlo passo passo di ciò che ivi succede. 202v Egregio viro Petro de Pusterla, aulico nostro dilectissimo et cetera. Havimo veduto quanto ne hay scripto de quello che hay seguito là: del tucto remanimo bene advisati et ti commendiamo della diligentia et solicitudine che hay usata in le cose dellà, la quale a nuy è molto piaciuta. Aspectamo essere advisati da ti de quanto è seguito da puoy che tu ne scrivesti per le toe ultime; et cossì fa’ che ne advisi de passo in passo de ogni cosa como succederà. Ex felici nostro exercitu apud Quinzanum, die xvii augusti 1452. Persanctes. Cichus. 583 Francesco Sforza a Giovanni Matteo Buttigella 1452 agosto 17, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive a Giovanni Matteo Buttigella lodandolo per la diligenza che mostra per le cose di là. Gli raccomanda di eseguire quanto gli è stato commissionato. Lo informi costantemente di tutto quello che farà. Egregio viro Iohannimatheo Butigelle, aulico nostro dilectissimo. Havimo veduto quanto ne hay scripto de quello che ha seguito per la toa andata là: del tucto remanimo bene avisati et ti commendiamo della diligentia et solicitudine che hay usata in le cose delà, la quale a nuy è molto piaciuta. Piacene ancora che habbi havuto quello mandato et scripte te havimo mandate, et non dicimo altro, se non che vogli exequire quanto da nuy havesti in commissione. Et advisane como haveray facto de passo in passo. Ex felici exercitu nostro apud Quinzanum, die xvii angusti 1452. Persanctes. Cichus. 584 Francesco Sforza a Lancilotto de Figino 1452 agosto 17, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza si dice soddisfatto di quello che fa Lancilotto de Figino, al quale raccomanda di aggiornarlo puntualmente di quanto là avviene. Lanzalocto de Figino. Havimo ricevuto più toe littere et inteso quanto ne hay scripto delle cose delà: remanimo avisati. Non dicimo altro, se non ti commendiamo della diligentia toa. Nuy scrivimo ad Conrado, nostro fratello, perhò fa’ che continuo de passo in passo ne advisi de ogni cosa como succederà dal canto de là. Ex felici exercitu nostro apud Quinzanum, die xvii augusti 1452. Persanctes. Cichus. 585 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 agosto 17, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza sollecita il fratello Corrado da Fogliano ad ammonire Giorgio Annone di badare alla fortezza. Ordina a Giovanni Matteo Buttigella di mandare una persona idonea et sufficiente a Luigi da Valperga. La bombarda sia arrestata lì ove ora si trova. Faccia in modo che, a cose sistemate con Guglielmo di Monferrato, le genti di lì siano pronte per essere dislocate altrove. 203r Magnifico Conrado de Foliano, germano nostro carissimo. Havimo recevuto più toe littere et inteso quanto ne hay scripto: del tucto remanimo advisati a compimento, et quanto alla parte de quello amico de Annono, dicimo che tu vogli admonire Zorzo da Annono et dirgli in modo che de quella forteza non ne seguisse sinistro nì inconveniente alcuno, perché tucto lo caricho daressimo sopra di luy, siché in questo gli habia bona advertentia et diligentia. Havimo ancora inteso quanto te ha referito Zohannematheo Butigella, al che non accade dire altro se non che vogli, havuta questa, mandare una persona che non sia troppo conosciuta, ma idonea et sufficiente, senza fare altra demonstratione, da quella Aluyse da Valperga, monstrando che vada per altra casone, et che gli dicha ch'el veda intenderse bene che non gli fosse dato parole, né che fosse menato allalonga, perché aluy ne poteria seguire vergogna et a nuy damno. Circha la parte della bombarda, poyché le cose dellà sonno in quello essere che sonno, vogli ordinare che se firme in quello loco dove che è de presenti, et che non sia mossa finché non se veda altro. Ulterius, como per altre nostre te havimo scripto, replicamo che tu vogli honestamente et senza alcuna dimonstratione fare che tucte quelle nostre gente che sonno delà stiano in puncto et in ordine, perché, expedito sia quello facto del signore Guilielmo, intendimo de removere le dicte gente delà. Et questo fa’ in modo che non ne venesse a presentire cosa alcuna lo dicto signore Guilielmo né lo marchexe. Ex felici exercitu nostro apud Quinzanum, die xvii augusti 1452. Persanctes. Cichus. 586 Francesco Sforza a Giovanni della Noce 1452 agosto 17, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comunica a Giovanni della Noce di aver ricevuto le sue lettere e si dice contento per quello che gli ha riferito sul comportamento dei gentiluomini di Incisa, ai quali pur lui ha scritto assicurandoli che, qualunque sarà l’esito delle trattative, recupereranno le terre e cose loro. Lo ringrazia per quanto in cifra gli ha fatto sapere di quel tale amico. Domino Iohanni della Nuce. In li dì passati havimo ricevuto più vostre littere et inteso quanto ne haveti scripto delle cose delà: del tucto remanimo a compimento advisati. Ne piace havere inteso quanto se siano bene deportati quelli zintilhomini de Incisa. Nuy gli havimo scripto molto gratamente; vogliateli confortare che stiano de bona voglia et che non 203v dubitano de cosa alcuna, perché, o pace o tregha che segua fra nuy et lo signore Guilielmo, farimo che loro rehaverano le terre et cose loro, et ultra ciò farimo in modo che gli parerà havere guadagnato et non perduto. Circha il facto de quello amico ne scriveti in zifra, haverimo bona advertentia, certificandove che havemo havuto carissimo tale vostro adviso. Alla parte del vostro fameglio dicimo, che è bene vero luy fo altra volta da nuy, ma puoy non l'havimo veduto. Data in felicibus castris nostris apud Quinzanum, die xvii augusti 1452. Persanctes. Cichus. 587 Francesco Sforza ai nobili Spinola s.d., s.l. Francesco Sforza ribadisce ai nobili Spinola, che tengono le fortezze a Lucullo, gli ordini impartiti. Li ha ammoniti a non dare aiuto a banditi e a rapinatori, eppure palesemente fanno il contrario a Busalla e Arquata. Raffaele e Paolo Adorno se ne vanno per i loro castelli, con grandi lagne del doge. Li avverte che se proseguiranno a comportarsi in tal modo egli interverrà. Nobilibus de Spinulis de luchulo castra tenentibus. Sapeti che habiamo facto ligha et bona confederatione cum lo illustre signore misser lo duxe de Zenova et cum quella magnifica comunità, et debiamo havere mutuatamente li amici per amici et inimici per inimici, et cossì debiamo dal canto nostro servare. Sapeti ve habiamo per nostre littere più volte admoniti, et poy ultimatamente facto admonire per Francesco Capra, nostro famiglio, che non dovesti dare recepto, transito, victualia, adiuto né favore a veruno bandezato et inimico del prefato duxe et comunità; pur intendiamo che continuamente li bandezati et robbatori da strata che robbano li nostri et altri, hanno conversatione, transito et recepto nelle terre vostre et maxime in Buzala et in Arquà alla bella palexe, il che quanto ne debbia piacere pensatilo vuy. Depoy novissamente habiamo inteso domino Raphael Adorno, Paulo Adorno essere passati, recevuti et acompagnati per quelle vostre castelle da vostri homini et da alcuni de vuy ancora, et de ciò assay s'è gravato el prefato signore domino lo duxe, dil che molto più 204r ancora se maravegliamo et dolimo, né sapemo altro che dire, excepto che fati pocha stima de nuy. Per la qualcosa ve dicemo cossì: se per l'avenire intenderimo che servati li modi haveti servati fin a mò in dare adiuto, favore, conseglio, passo, recepto, victualie né compagnia ad inimico veruno del prefato duxe et delo stato presente de Zenova, non ve maravegliate se nuy gli provederimo et per forma spiacerà ad qualcheuno, ricordandovi che vogliamo mantenere et lo illustre duxe et el presente stato de Zenoa a tucto nostro potere et sapere. Et qualuncha offenderà ad esso offenderà a nuy proprii; et questa sarà l'ultima admonitione che ve intendimo de fare. Ex felici exercitu nostro apud ************ die **************** 588 Francesco Sforza a Battista de Burgo 1452 agosto 18, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza informa Battista de Burgo, commissario di Oleggio, che sono stati da lui alcuni di Gemme riferendogli la sua pretesa di riscuotere la tassa dei cavalli per due mesi. Non capisce come, senza alcuno suo ordine egli pretenda ciò. Si stupisce ancora per non aver dato a Giovanni da Landriano le cinquecento lire che deve per il carriaggio. Procuri che entro il venticinque del mese Giovanni abbia detta somma. Domino Baptiste de Burgo, commissario Olegii. Sonno venuti qui da noy li presenti portatori in nome del commune de Gemme, et ne hanno exposto et dicto che tu li voli rescotere la taxa delli cavalli per duy mesi, della qualcosa ne maravegliamo che tu habbi recercato dicta taxa senza spectare havere altro commandamento da noy. Et pertanto volemo et te commandiamo che circa tale exactione tu non te ne debbi più impazare perfinchè non haveray altro commandamento da noy sopra de ciò in contrario. Insuper molto se dogliamo de ti che tu non habi dato ad Iohanne da Landriano, nostro citadino milanese, quelle cinquecento libre che tu gli resti a dare delli denari del caregio, et non sapiamo pensare perché lo fay. Pertanto vogli provedere cum effecto che per tucto li xxv dì del presente tu habi mandato al dicto Zohanne le dicte libre cinquecento, avisandote che mandarimo lì uno delli nostri a torreli al dicto termino, et, perhò, fa’ che non sia fallo, si tu dovesse bene impignare la camisa de dosso: quali denari de presenti ne bisognano per una nostra facenda importantissima, et se desyderasti may fare cosa che ne piacia, sforzati fare questa, et non gli intervenesse fallo alcuno per quanto ami et hay caro lo bene et stato nostro. Ex felicibus castris nostris apud Quinzanum, die xviii augusti 1452. Zanninus. Iohannes. 589 Francesco Sforza al doge di Genova 1452 agosto 15, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza, inteso quanto il doge di Genova ha scritto a suo fratello Corrado da Fogliano in merito alla richiesta di gente in caso di bisogno, ordina a Corrado di mandargli tutti i cavalli richiesti e di andare, se necessario, pur lui personalmente. Se volesse gente, gli faccia sapere quanti, in considerazione anche del fabbisogno sforzesco sul posto. 204v Magnifico Conrado de Foliano, germano nostro carissimo. Conrado, respondendo ad una toalettera de di xiii del presente, recevuta hoge a hore xviii, dicemo che nuy havemo inteso quanto te ha scripto lo illustrissime signore duxe de Zenoa delle gente vorebe, occorrendoli el bisogno, ne pare, et cossì vogliamo li respondi et exeguischa cum effecto che, ogni voltala signoria soa haverà bisogno de gente per deffesa del stato suo, che tu gli mandaray tucti quelli cavalli ch'el rechiederà volenteri et de promptissimo animo etiandio bisognando che gli andaray personalmente. Et siando pur rechesto de qualche gente, semo contenti tu li mandi quelli assay et quelli pochi, secondo la rechiesta soa et secondo etiandio vedesse che comportasse el facto nostro in quelle parte, perché le cose porriano essere in tale termine che gli porresti mandare secondo la soa rechiesta, et porrà essere ancora in tale condictione porresti subvenire de parte et non de tucto, che tu intendi mò la volontà nostra seguisse adoncha, secondo te parerà sia expediente, et sopratucto te monstraray verso la signoria soaliberale et essere apparecchiato ad ogni suo bisogno, secondo invero è la nostra intentione. Data in castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xv augusti 1452. Iohannes. Iohannes. 590 Francesco Sforza a Pietro da Pusterla 1452 agosto 22, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza vieta all’aulico ducale Pietro da Pusterla di ritornare, com’egli vorrebbe. Spectabili aulico nostro dilectissimo Petro de Pusterla. Perché per una toa de dì xviiii del presente ne scrivi che, vedendo ti quella pratica andare ala longa, che tu retorneray indreto, dicemo che per niente te vogli partire delà senza nostra licentia per fine non te scrivemo altro sopra del tuo ritornare. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xxii augusti 1452. Iohannes de Ulesis. Iohannes. 591 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 agosto 20, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comunica al fratello Corrado da Fogliano di aver fatto suo famiglio Bonifacio da Pietrasanta da Cassine per la “devotione” mostratagli, specie nel caso di Guglielmo di Monferrato. A esemplare compenso dei suoi meriti, vuole che Corrado gli procuri lì alloggio per quattro bocche e quattro cavalli. 205r Magnifico Conrado de Fogliano, nostro germano carissimo. Havimo tolto in nostro famiglio Bonifacio da Petrasanta da Cassine per la fede et devotione che luy ha verso nuy et lo stato nostro, como chiaramente l'ha demonstrato in questo caso del signore Guilielmo. Et per dargli qualche retributione de soy meriti adciò ch'el sia bono exempio alli altri, volimo che in qualche loco del canto delà, quale te parerà più commodo et megliore, li provedi de stantia et allogiamento per quattro bocche et quattro cavalli, in quello modo et forma che è proveduto alli altri nostri. Data in castris nostro felicibus apud Quinzanum, die xx, augusti 1452. Persanctes. Cichus. 592 Francesco Sforza a Giovanni della Noce 1452 agosto 22, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ribadisce a Giovanni della Noce rifacendosi che con Guglielmo di Monferrato si deve venire a un accordo e non a una tregua, perché con questa egli cercherebbe di avere con l’inganno quello che non ha ottenuto con la forza, anche se sa che Giovanni è di parere contrario. Il duca si dice certo che Giovanni ha inteso quello che si è discusso a questo proposito: l’ambasciatore del Re di Francia gli ha riferito che manda 6.000 cavalli ai confini della Savoia con l’ordine di attaccarlo nel caso muovesse guerra contro lo Sforza. Uguale ordine è stato dato al governatore di Asti, nel caso in cui i signori del Monferrato non s’accordassero con lo Sforza. Informa della partenza dell’ambasciatore per per Firenze e del ritorno di Luigi dal governatore di Asti con l’ordine di rompere con i predetti signori se non venissero a una buona conclusione. Lo Sforza sollecita Giovanni a rassicurare i gentiluomini di Incisa che riavranno tutto quanto è stato loro tolto, e perché meglio intenda quanto gli ha detto, gli fa avere copia delle lettere del Re di Francia. Se si verificherà l’accordo con Guglielmo di Monferrato, Ferracuto dovrà essere liberato, in caso contrario no. Domino Iohanni della Nuce. Havimo recevuto in li dì passati più vostre littere, alle parte delle quali, respondendo, et primo, ad quanto ve ha dicto quello amico che gli pare che cum lo signore Guilielmo debiamo venire piutosto ad acordio che ad treuga, perché quello non ha possuto fare cum le forze cercaria farlo cum inganno; havimo ancora inteso lo parere et ricordo vostro circa ciò et le rasone che vuy allegate, cioè che, venendosse alla treuga, meritamenti li Venetiani gli pigliarano tanto odio et suspecto che may amicitia alcuna bona poterà essere fraloro, et cetera, dicimo che questo vostro parere si è scontrato et affrontato cum lo nostro et ne ha molto satisfacto, perché ve certificamo che se vuy fossati stato in lo mezo del nostro proprio cuore, non haveresti possuto dire rasone che fosse stata più conforme allo apetito nostro de quella che havereti dicta. Siamo certi havereti inteso quanto in questo facto è stato agitato fin al presente per li nostri che sonno dal canto dellà, et quello gli havimo facto dal canto nostro, dappoy è arivato qui monsignore de Vaceres, ambassatore del serenissimo re de Franza, lo quale, fra le altre cose, ne ha referito, per parte della maestà soa, como quella manda de presenti alle confine delle terre del duca de Savoya cavalli vi mila cum piena commissione che, se lo dicto duca de Savoya se move a fare contra nuy, che gli debiano rompere et fare guerra ad ogni nostra requisitione. Et ultra ciò ha portato expresso commandamento ad monsignore governatore d'Ast che, non volendo 205v lo signore marchese et signore Guilielmo venire ad acordio cum nuy, como è stato rasonato, che gli debbia fare la guerra, et quanto nuy gli scriveremo et per acconcio de queste cose. Lo dicto monsignore de (a) Vaceres parte de qui da matina et va a Fiorenza, et misser Aluyse, quale ha mandato qui lo governatore predicto, retorna daluy con questa commissione che, non volendo lo dicto signore marchese et signore Guilielmo concludere, ch'el se debbia fare inanzi et rompere alli dicti signori et che se intenda cum li nostri che sonno dellà. Siché non dubitati, ma stati de bona voglia et confortati tucti quelli zintilhomini de Incisa perché, o treuga, accordio o guerra che segua fralo dicto signore et nuy, farimo che per ogni modo rehaveranno le cose loro et ancora de quello del compagno, como per altra nostra gli havimo scripto in li dì passati, atteso la ardentissima e sincera fede et devocione loro verso nuy et lo stato nostro, como sempre havimo cognosciuto per effecto, et maxime in questa nostra del signore Guilielmo. Et perché meglio intendati quello havimo dicto de sopra, ve mandiamo l'incluse copie delle littere che havimo havute dal Re de Franza, et contengono quello vederiti. Siché, non venendo costoro al’acordio predicto, speramo fare in modo che gli farimo venire cum la corregia alla golla, per forma che ve parerà habiamo vincto et de qua et dellà. Le dicte copie havimo facto retrare de franzoso in italiano. Del facto de Ferraguto dicimo che, sequendo questo accordio cum lo dicto signore Guilielmo, bisognerà ch'el sia relaxato. In caso ch'el dicto accordio non segua, dative bona voglia ch'el dicto Ferraguto non serà relaxato, senza rasone facta cum lo hoste. Del facto de (b) havimo inteso quello scriveti; nuy ne mandiamo qui alligata la commissione piena, como vedereti, per torre alla obedientia et devotione nostra. 206r Alle littere che ne haveti scripto, a tucte havimo resposto et non ne havimo lassato pertermettere niuna. Siamo certi che in Alexandrina non ne sonno state retinute, ma forsi porria essere che sonno malcapitate per lo camino. De quanto haveti sequito cum quelli zintilhomini de Cacarani remanimo advisati: non dicemo altro, se non che ne commendiamo della diligentia et solicitudine chi gli haveti usata. Ex felicissimo exercitu nostro prope Quinzanum, die xxii augusti 1452. Persanctes. Iohannes. (a) Segue Vacees depennato. (b) Segue linea in cifra. 593 Francesco Sforza ai marchesi di Incisa 1452 agosto 22, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza, rispondendo alle loro lettere, accerta i marchesi di Incisa che comunque andranno le trattative non scorderà quanto hanno patito per la “novità del signore Guilielmo”. Farà in modo che essi riottengano le cose lore e anche quelle del compagno. Giovanni della Noce parlarà loro delle cose di Francia. Marchionibus Incisie. Havimo recevuto più vostre lettere, et inteso quanto ne haveti scripto del damno che haveti ricevuto in questa novità del signore Guilielmo et che, venendo nuy ad accordio alcuno cum luy, habiamo in memorialo facto vostro. Al che, respondendo, dicemo che del damno vostro semo certi ancora più che vuy non scriveti, che nuy vogliamo havere in memorialo facto vostro. Dicimo che ve dati bona voglia et non dubitati che accordio, treuga o guerra che habia a seguire fra nuy et lo dicto signore Guilielmo, farimo che per ogni modo rehaveati le cose vostre et ancora de quello del compagno, como per altre nostre ve havimo scripto in li dì passati, attesa l’ardentissima et sincerrima fede et devotione vostra verso nuy et lo stato nostro, como sempre havimo conosciuto per effecto, et maxime in la presente novità del signore Guilielmo. Et benché siamo certi che non bisogne, ve confortiamo a stare di bona voglia, como havimo dicto, et fare, como havimo speranza in vuy, perché le cose nostre sonno drizate in modo che ve parerà habiamo vinto et de qua et dellà. Delle cose de Franza non dicemo altro, perché ne sentireti a pieno da domino Zohanne della Nuce. Ex felicissimo exercitu nostro apud Quinzanum, die xxii augusti 1452. Persanctes. Iohannes. 594 Francesco Sforza al governatore di Asti 1452 agosto 21, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza conferma al governatore di Asti di avere bene inteso quanto gli ha scritto e quanto gli ha fatto sapere per lettere e a voce il signore Vaceres per conto del re di Francia. Gli pare che le trattative dei signori del Monferrato con Luigi de Valperga e Danielo, oratori del re di Francia e di re Renato, si trascinano troppo a lungo, motivo per cui gli chiede di intervenire secondo gli ordini sovrani. Lo sollecita, come ha detto a Luigi Rolandi, di volergli dire se vuole dar corso a quanto il re di Francia gli ha scritto, e come anche può intendere dalle lettere sovrane che gli ha fatto avere in copia. Lo assicura di aver ordinato a suo fratello Corrado e a tutte le genti che sono là di prestargli obbedienza in tutto. 206v Domino gubernatori Ast. Habiamo inteso quanto la magnificentia vostra ne ha scripto et quanto ne ha referito et exposto per littere et a bocha monsignore de Vaceres per parte della serenissima mayestà del Re de Franza. Respondemo che rengratiamo la magnificentia vostra del suo humano scrivere et parlare, et non vogliamo stendersi in longo scrivere se non advisare la magnificentia vostra che, havendosi pratichato accordio fralo signore marchese et signore Guilielmo de Monferrà et noy per mezo delli spectabili Aluyso de Valperga et Danielo, oratori delli serenissimi Re de Franza et re Renato, et siando duratala praticha molti dì, ne pare vada molto in longo che non è lo bisogno nostro né la intentione nostra essere tenuti in parole daloro. Il perché rechiedimo la vostra magnificentia che gli piacia de fare et exequire cum effecto circali nostri favori et subsidii, secondo li ordeni et commandamenti che vuy haveti dalla prefata mayestà, como ancora essa mayestà ne scrive a noy per soe littere, delle quale ve mandiamo qui inclusala copia, et cum quella celerità et presteza che rechiedelo bisogno et necessità nostra, como ne rendiamo più che certissimi che lo farete volontera per obedire la prefata mayestà. Et per ogni respecto, secondo ancora havimo dicto più largamente a bocha ad misser Aluyse Rolandi, al quale piacia alla magnificentia vostra prestare fede como a nuy proprii, pregando la magnificentia vostra che gli piacia advisarne del recepimento ad queste nostre littere et cossì della intentione vostra, se intendeti cum effecto exequire quanto per essa mayestà è stato scripto ad nuy per le dicte littere et mandato a dire per lo dicto monsignore de Vaceres che faciati in nostro adiuto et favore, avisando la magnificentia vostra che nuy havimo scripto et ordinato a Conrado, nostro fratello, et a tucte le gente nostre sonno dellà che liberamente et largamente, senza alcuna exceptione né contradictione, debiano obedire la magnificentia vostra in omnibus quanto la persona nostra propria. Ex campo apud Quinzanum, die xxi augusti 1452. Cichus. 595 Francesco Sforza a Giovanni della Noce Francesco Sforza crede che Giovanni della Noce abbia dalle sue lettere inteso quel che gli occorre e abbia visto quanto gli ha scritto il re di Francia. Ha mandato Giovanni da Castelnuovo per una accelerazione dell’ accordo. Nel caso non lo si raggiungesse entro quattro o cinque giorni, gli ha comandato di trovarsi con quelli di quel fronte perché siano pronti a intervenire nel caso che il Bayli rompesse con Gugliemo di Monferrato per ricuperare ciò che lui ha occupato e altre cose ancora. 1452 agosto 22, “apud Quinzanum”. 207r Domino Iohanni dela Nuce. Per altre nostre littere havereti inteso quanto ne occorre de qua, et cossì ve habiamo mandato le copie delle littere che ne scrive et ha mandate (a)lo serenissimo Re de Franza. Da poy mandiamo là Iohanne da Castelnova che voglia praticare et strengere el facto del’accordo, et in caso che non habbia loco dicto accordo fra quattro o cinque dì, gli havimo commisso che sia cum quelli nostri dellà et che, rechiedando monsignore de Bayli ad rompere et farsi inante contra el signore Guilielmo, et attendase a fare per modo che se recuperi quello ha occupato dicto signore Guilielmo et acquistase del'altre cose che se habbia victoria, como se haverà indubitata, quando dicto ser Guilielmo non voglia condescendere a quello è debito et honesto. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xxii augusti 1452. Ser Iohannes. Cichus. (a) Segue a dire depennato. 596 Francesco Sforza a Giorgio da Annone 1452 agosto 22, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza, volendo dimostrare riconoscenza al re di Francia per la sua liberalità, scrive a Giorgio da Annone che ha deciso di affidare la terra e la rocca di Annone in mano del Bayli, governatore di Asti. Il contrassegno lo manderà la sua consorte Bianca Maria e a lui, Giorgio, toccherà fare la consegna della rocca. Dilectissimo nostro Georgio de Annono. Per monstrare qualche signo deliberalità verso il serenissimo Re de Franza per la sommaliberalità et amore ha monstrato la soa mayestà verso nuy, havemo deliberato de fare mettere la terra et rocha nostra de Annono in mane del Bayli, governatore d'Ast, et cossì scrivimo al castellano che debbia consignarli dicta rocha et alli homini che gli obedischano; per fine scriveremo altro, ma non gli mandiamo el contrasigno, quale non havemo qui, ma gli lo mandarà la illustrissima madona Biancha, nostra consorte, siché havuta questa andaray ad Annone et gli faray consignare questa rocha. Vorressimo tu operasse lo tuo intellecto ad farlo cum grandeliberalità per modo esso Bayli cognoscala nostra bona volontà et intentione. Ex campo nostro felici apud Quinzanum, die xxii augusti 1452. Zanetus. Franciscusfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. 597 Francesco Sforza al castellano della rocca di Annone 1452 agosto 22, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive al castellano della rocca di Annone di fare la consegna di detta rocca con tutte le sue munizioni al Bayli, governatore di Asti. Vuole che dica agli uomini di quella terra di prestare obbedienza a detto Bayli, come gli ordinerà Giorgio da Annone. Non ha il contrassegno presso di sé: glielo manderà Bianca Maria. Il duca sottoscrive personalmente la lettera. 207v Castellano Roche Annoni. Siamo contenti et volimo debbi consignare quella nostra rocha de Annono in mane del magnifico Bayli, governatore d'Ast, per la mayestà del Re de Franza cum tucte le monitione gli sonno. Cossì diray alli homini della terra che gli consigneno la terra et gli prestino obedientia como a nuy proprii, secondo te dirà et ordinarà Zorzo de Annono, al quale scrivemo la volontà nostra. Et non guardare che non te mandiamo il contrasigno, quale non havimo qui, ma per toa chiareza havemo sottoscripto la presente de nostra propria mano. Lo contrasigno te lo mandarà la illustrissima madona Biancha, nostra consorte. Ex campo nostro felici apud Quinzanum, die xxii augusti 1452. Zanetus. Franciscusfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. 598 Francesco Sforza al podestà, al comune e agli uomini di Annone 1452 agosto 22, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comunica al podestà, al comune e agli uomini di Annone di aver deciso di consegnare la rocca di quella terra al Bayli, governatore di Asti, per la maestà del Re di Francia. Ordina che si presti obbedienza al Bayli, come anche dirà loro Giorgio da Annone. Potestati, communi et hominibus Annoni. Per alcuni boni respecti nuy facemo consignare la rocha de quella nostra terra de Annono in mane del magnifico Bayli, governatore de Ast, per la mayestà del Re de Franza. Pertanto volemo che ancora vuy gli debiati prestare obedientia et reverentia como alla persona nost(r)a propria; perfino scriveremo altro, como anche ve dirà, per nostra parte Zorzo de Annono informato della volontà nostra. Ex campo nostro felici apud Quinzanum, die xxii augusti 1452. Zanettus. Cichus. 599 Francesco Sforza a castellano di Novara 1452 agosto 22, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza, pur apprezzando la sua diligenza, insiste con il castellano di Novara perché sia vigile giorno e notte e si assicuri che i suoi fanti siano veramente fidati, perché da una soffiata ha inteso che alcuni lo vogliono ingannare. 208r Nobili viro fideli castellano nostro Novarie. Benché siamo certissimi che tu attendi diligentemente et cum ogni vigilantia et studio alla guardia de quello nostro castello, nondimanco te recordiamo de novo, confortandote a stare dì et nocte solicito et pervigile et attento alla bona guardia d'esso cum ogni tuo pensero et cura, per modo che non possa reusire mancamento veruno, et insuper vogli bene vedere et bene adiviertere se quelli fanti o compagni hay teco insieme alla guardia d'esso te sonno fideli et bene fidati. Et questo te dicemo perché siamo advisati che ce sonno alcuni che te vogliono ingannare, siché vogli vivere cum più pensero da mò inante et provedi per modo che non possi essere inganato et che remanghi securo d'esso nostro castello, carricandote de novo che (a) per fine le cose nostre sianno in li termini che sonno, che speramo in Dio farle et reducerle in più felici processi, debbi stare più continente in ti et non havere praticha né conversatione troppo cum citadini né cum altre persone, neanche abassare li ponti et pianchete al tempo della nocte. Imo in tucte queste cose deportarati cossì discretamente et cum tale intellecto, como siamo certi faray per la prudentia toa per modo che non possi reusire errore né manchamento alcuno. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xxii augusti 1452. Bonifacius. Cichus. (a) Segue fi depennato. 600 Francesco Sforza al commissario di Novara (1452 agosto 22, “apud Quinzanum”). Francesco Sforza accusa ricevuta delle lettere del commissario di Novara in risposta alle sue circa il fatto di Antonio da Saratico. Lo informa d’aver scritto al castellano locale perché attenda più attentamente ai suoi compiti e lo assicura di avere ordinato ai Maestri delle entrate di provvedere per i ponti della cittadella. Comissario nostro Novarie. Habiamo ricevuto le vostre Iittere responsive alle nostre circa el facto del conte Antonio da Saraticho, al che non accade altra resposta. Alla parte che ne recordati de scrivere a quello nostro castellano che attenda ad diligente guardia et cetera, ve advisamo como nuy per l'alligata gli scrivimo opportunamente et commendiamo lo ricordo vostro. Alla parte delli ponti necessarii a quella nostra citadella et le bagtaliere necessarie sopra essi ponti, vi avisamo como per le nostre scrivemo alli Magistri del'intrate nostre che li fazano fare, siché poditivi intendere seco per fare che fazano fare essi ponti. Ex castris ut supra. Bonifacius. Cichus. 601 Francesco Sforza a Battista de Burgo 1452 agosto 23, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza avverte Battista de Burgo che si portalì Corsetto, uomo d’arme ducale, per riscuotere il resto che gli spetta. Lo accontenti speditamente in modo che torni subito in campo. 208v Domino Baptiste de Burgo. Vene lì Corsetto, nostro homo d'arme, presente portatore, per havere li soi dinari resto ad havere delle tasse soe, como devi esser informato, et cetera, como daluy intenderai. Pertanto te comandiamo, se hai caro fare cosa ne piaza, provedi el sia subito satisfacto de tucto quello resta havere, et che per questo non habia ad tardare lì de poy l'havuta de questa, perché gli havimo conmesso torni subito da nuy in campo. Ex campo apud Quinzanum, die xxiii augusti 1452. Zannetus. Iohannes. 602 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 agosto 23, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano, a Pietro de Pusterla e a Giovanni Matteo Buttigella in Alessandria sulla volontà del marchese e di Guglielmo di Monferrato di arrivare a un accordo. Ha pure inteso quanto ha riferito Danielo di ritorno da Genova e le difficoltà denunciate da Luigi da Valperga. Vuole che si intendano con gli ambasciatori regi per arrivare a una conclusione nell’osservanza degli ordini da lui dati. Ricorda che è arrivato il conte da Vaceres, ambasciatore del Re di Francia, con la notizia della mobilitazione di seimila cavalli ai confini dello stato di Savoia, pronti a intervenire a ogni richiesta dello Sforza. Detto signore da Vaceres ha portato inoltre l’ordine per il governatore di Asti di muoversi, su richiesta sforzesca, contro i signori del Monferrato se fossero renitenti a venire a un accordo. Domattina il signore da Vaceres va a Firenze, e Luigi de Armoldi torna ad Asti. Circa il capitolo di Genova vuole che si faccia tutto il possibile perché sia inserito nella conclusione. Quanto alla richiesta di gente fatta dal doge di Genova, se si verrà, come si spera, a una conclusione, non ve ne sarà più bisogno. In caso contrario lo si avvisi. Magnifico Corado de Foliano, Petro de Pusterla et Iohannimatheo Butigelle, Alexandrie. Respondendo a quanto (per) più vostre lettere ne haveti scripto delle cose dellà et della bona volontà et despositione che halo signore marchese et signore Guilielmo de Monferrato de venire ad accordio cum nuy, et cetera, dicemo ch’el ne piace. Et havendo inteso quanto ha reportato Danielo, retornato da Zenoa, et quelle additione et difficultà quale Aluyse da Valpergha et dicto Danielo pongono. Non deliberando per niuno modo essere tenuti in tempo né menati per lalonga, perché non se fa per nuy (a) de stare in praticha, volimo che, immediate havuta questa, intendendovi cum quelli magnifici ambassatori regali, vedati per ogni modo de concludere la cosa, sequendo in omnibus et per omniali ordeni et commandamenti che haveti da nuy, non havendo concluso alla (b) ricevuta de questa, et del tucto ne vogliate subito dare notitia, avisandove, como sapeti, che qui è arivato monsignore da Vaceres, ambassatore della mayestà del Re de Franza, lo quale fral'altre cose ne ha dicto per parte d'essa mayestà como ha mandato de presenti alle confine delle terre del duca de Savoya cavalli vi mila cum piena commissione che s’el dicto duca de Savoya se move a fare contra 209r nuy et che nuy gli ne daghamo notitia, farà che immediate loro romperano et farano guerra al dicto duca de Savoya o venerano de zà secondo rechiederemo. Ultra ciò ha portato expresso commandamento ad monsignore governatore d'Ast che non volendo li dicti signore marchese et signore Guilielmo venire ad accordio cum nuy, como è stato rasonato, che luy cum tucte quelle gente se debbia fare inanzi et fare contraloro ad ogni nostra requisitione (et questo è verissimo, et non sonno miga cianze né frasche), como de ciò ne scrive la prefata mayestà, secondo vedereti per le copie incluse. Siché per ogni modo fati che habiamo questa chiareza, perché nuy possamo ordinare quello che sarà da fare dal canto dellà, certificandove che la prefata mayestà del Re de Franza et de re Renato sonno inclinatissimi et dispositissimi ad ogni nostro favore et adiuto quanto nuy stessi. Et per assetto et acconzo de queste cose lo dicto monsignore de Vaceres parte de qui damatina et va a Fiorenza, et misser Aluysio de Armoldi torna da monsignore guovernatore d'Ast et porta da nuy quella commissione che intendereti da Iohanne da Castelnova, presente portatore, al quale vogliate crede(re) como a nuy proprii. Circa quello capitulo de Zenoa, che ne scrive ti Iohannematheo, dicimo che vuy fati tucto quello possiti che, secondo la dicta conclusione, gli sia inserto lo dicto capitulo, et quando non fosse possibile de inserirlo, volimo che adaptati le parole in modo che quoad effectum se gli intendala substantia del dicto capitulo. Alla parte delle gente che ve ha rechieste el duxe, havimo inteso quello ne scriveti. Se questa conclusione segue, como speramo debbia sequire, le dicte gente non bisognarano. Pur quando el bisogno accadesse, volimo che ne advisati. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xxiii augusti 1452. (c) Persanctes. Cichus. (a) Segue essere menati alla depennato. (b) alla ripetuto. (c) Precede Iohannes de Ulesis depennato. 603 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 agosto 22, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza dice a Corrado da Fogliano, a Pietro da Pusterla e a Giovanni Matteo Buttigella, in Alessandria, di aver appreso da loro la relazione fatta dagli ambasciatori e i dubbi sollevati dai signori monferrini circa la provvisione dei tremila ducati; a proposito delle terre conquistate da Guglielmo, sostiene la decisione di Corrado, Pietro e Giovanni che gli ambasciatori ritornino da detti signori monferrini per cercare un accordo proponendo una tregua di otto o dieci giorni. A rispondere loro di tutto provvederà Giovanni da Castelnuovo. Il duca esprime scontento per la richiesta di una tregua di otto giorni, che è quanto vogliono i medesimi signori per dare un po’ di respiro ai loro sudditi. In tale periodo i sidditi sforzeschi vanno a raccogliere l’uva nelle terre nemiche per fare il vino non facendo la vendemmia in casa propria. Ad evitare simili inconvenienti chiede di non fare siffatta tregua e, se l’avessero fatta, la disdicano, avendo la possibilità di battere il nemico. 209v Magnifico Conrado de Foliano, Petro de Pusterla et Iohannimatheo Butigelle, Alexandrie. Hoge, circale xviiii hore, recevessemo la vostra lettera de dì xx del presente, per la quale havemo inteso la relatione hanno reportata quelli spectabili ambassatori regali da quelli illustri signori de Monferrà circala treuga rasonata, et cetera, et li duy dubii che hanno mosso li dicti signori, zoè della provisione delli iii mila, che è pocha, et della dechiaratione vogliono inanzi se vengha alla conclusione della dicta treuga quello debbia essere delle terre ha acquistate el signore Guilielmo in questa guerra in fine delli sey mesi, et quello che vuy gli haveti resposto per loro chiareza, et demum del partito preso fra vuy che essi ambassatori siano retornati dalli dicti signori per vedere de indurli alla conclusione senza più longeza, et che, in caso non vogliano venire alla conclusione senzala dicta dechiaratione, che vedano de fare una treuga per octo o deci dì a boccha o in scripto, et a questo alegati essere mossi per lo malcontentamento delli citadini per rispecto alle ughe, et cetera. Al che respondendo brevimento dicimo che damatina se partirà de qui Iohanne da Castelnova, al quale havimo commisso che de tracta se ne venghi ad Alexandria, dal quale, como informato della mente nostra appieno tanto circa questi dubii quanto circale altre cose sonno da fare, restareti chiariti de tucto, et de quanto havereti a sequire. Siché circa questo non diremo altro per questa nostralittera, salvo che vogliamo sapiati che nuy restami malissimamenti contenti de vuy de essere venuti al puncto de fare questa treuga per li octo dì, della qualcosa non possamo fare che non se maravegliamo et dogliamo (a), perché prima vuy monstrate vilità et andare elemosinando dicta treuga (b), poy vuy haveti facto tucto quello che cerchano quelli signori, cioè de dare reposo alli loro subditi et dargli questo pocho spatio de vendemiare et fare li facti loro in pace, li quali sonno in molto mazore necessitade che 210r non sonno li nostri in quelle parte, vogliandose fare quello se deve et pò fare per quelle gente nostre, sì in damnificare li inimici, sì in fare delle scorte a quelli citadini, hoge verso una parte, domane (c) verso un'altra ancora, dove essi nostri subditi fin qui se sonno lamentati del damno receveno in le ughe per li nostri medesmi. Adesso cum questa treuga se lamentarano et dolerano molto più, perché, pur è da credere che li nostri siano andati et vadano a tuore del’ugha nelle terre delli inimici per fare del vino et non si sonno voltati (d) a torla alli nostri, et mò, siandoli toltala via cum questa treuga de tuore de quello delli inimici, tucti li damni et le botte retornerano pur adosso a quelli nostri subditi. Per la qualcosa per evitare et fugire tucte queste cose, ad nuy pare, et cossì vogliamo et ve commandiamo, che se per caso dicti ambassatori non havesseno facta questa treuga delli octo o deci dì, vogliate ordinare non si faza et, s'ella fusse facta, ch'ella sia subito revocata, perché, havendo nuy el modo che havemo, como intendereti, de battere el nostro inimico con le spalle della mayestà del Re de Franza a bon modo, per niente non vogliamo consentire che se vada elimosinando questa treuga nel modo che haveti facto (e) vuy. Data in castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xxii augusti 1452. Iohannes. Iohannes. (a) Segue de vuy depennato. (b) Segue per li octo depennato. (c) domane in interlinea su hoge depennato. (d) Segue a terla depennato. (e) facto in interlinea. 604 Francesco Sforza a Giorgio de Mayno 1452 agosto 25, (“apud Quinzanum”). Francesco Sforza approva il provvedimento preso da Giorgio de Mayno, commissario di Novara, di aver mandato Maffeo Torniello a Cavaliere, posto a due miglia da Romagnano, dove è morto di peste il podestà e la maggior parte degli uomini. Anziché spianarlo, vuole che detto paese sia guardato da qualche uomo fino a che le cose si aggiusteranno. Domino Georgio de Mayno, commissario Novarie. Havemo veduto quanto ne scriveti per una vostra de dì xx del podestà de Romagnano che sia morto de peste et che dicta terra sia quasi abandonata, perché sonno morti la mazore parte del’homine d'esso loco per la peste gli è stata cossì grande, et che haveti mandato Mafeo Torniello a Cavaliere vicino a Romagnano doe miglia per guardia del paese, et del ricordo ce fati o de fare guardare quello loco de Romagnano o de farlo spianare, et cetera 210v restamo del tucto advisato et summamente ve commendiamo della provisione gli haveti facta. Et perché ne pare essere molto meglio che quello loco sia guardato che spianato, volemo gli debiati mandare qualche homini del (a) paese a guardarlo fine attanto che le cose dellà se acconzarano. Ex campo, xxv augusti 1452. Iacomo Rivoltella. Cichus. (a) Segue loco depennato. 605 Francesco Sforza al capitano della cittadella di Novara “1452 agosto 25, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza si lamenta con il capitano della cittadella di Novara per il suo comportamento nella guardia di detta cittadella, scarsa di fanti per cui potrebbe essere facilmente presa. Capitaneo citadelle Novarie. Havemo inteso cum singulare spiacere che tu tene molto male in ordine quella nostra citadella tenendoli dentro, non solamente pochi, ma quasi nessuno fante, che ne poteria redondare in grande preiuditio, damno et vergogna. Et ne pare, se cossì è, che tu vivi cum pocha consyderatione, avisandote che havimo adviso como se tracta de ascalare dicta citadella che facilmente gli andaria facto che non gli presta bona diligentia et vigilanza, siché te carricamo che tu habbi l‘ogio al penello et stii proveduto (a) in modo ch'el non reusca il pensiero alli inimici nostri. Ex campo, xxv augusti, apud Quinzanum 1452. Ser Iacobus. Cichus. (a) Segue che depennato. 606 Francesco Sforza al commissario di Novara (1452 agosto 25), “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive al commissario di Novara per conoscere l’intenzione dei nemici di scalare la locale cittadella. Considerato che essa è mal vigilata e ha quasi nessun fante che la guardi, vuole che lui vi provveda opportunamente intendendosi con il capitano della stessa cittadella. Commissario Novarie. Havimo adviso como se tracta de ascalare quella nostra cittadella de Novaria per li inimici nostri, la qual cosa facilmente gli andaria facta che non gli presta bona diligentia et vigilantia, maximamente che, secondo siamo informati, essa citadella è molto male guardata cum pochi o quasi nessuno fante. Del che ve havimo voluto avisare accioché faciate le provisione opportune perché non reusca il pensiero alli inimici nostri, avisando de questo che vi parerà e faciendo conferentia al capitaneo d'essa citadella che non viva cum providentia. Ex campo ut supra. Cichus. 607 Francesco Sforza ad Antonia de Marcadello 1452 agosto 26, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza dice ad Antonia de Marcadello, moglie di maestro Ferlino, bombardiere ducale, di aver preso atto della cattura di suo marito e del suo bisogno. La tranquillizza dicendole che, se i Veneziani richiedessero un riscatto per suo marito, egli farebbe altrettanto per i prigionieri che ha in mano, per cui, in una maniera o in un’altra, libererà maestro Ferlino. È intervenuto presso i Maestri delle entrate per sovvenire al suo bisogno ordinando che le facciano avere la provvisione spettante a suo marito. 213r Nobili carissime nostre domine Antonie de Mercadello, uxori magistri Ferlini bombarderii nostri. Havemo recevuto una toalettera e inteso quanto tu scrivi a nuy della presa de magistro Ferlino, et cossì del tuo bisogno. Dicemo che l’è usanza allo tempo della guerra essere pigliati del’una parte et dell’altra. Pur noy te confortiamo ad stare di bona voglia perché noy ne havemo tanto de quelli (a) delli inimici in le mane, et quanti ne capitarano, tucti li retegnerimo (b) che volontera et di bona vogliala signoria de Venexialo relaxarà. Et, quando pur volesse rescotere per presone dicto magistro Ferlino, noy faremo rescottere tucti questi havemo in le mane delli suoy, et cossì quanti ne capitarano in le nostre forze, siché, per uno modo o per un altro, in ogne modo cavaremo fuori de presone dicto magistro Ferlino al quale portiamo singulare amore per la virtute, fede et devotione soa verso nuy. Alla parte del bisogno tuo, dicimo che lo crediamo, et per dicta casone havemo scripto in opportuna forma alli Magistri del’intrate che ve debiano respondere et dare tucti li denari che deve havere dicto magistro Ferlino della soa provisione, et cossì farano cum effecto. Siché mandaray a torli et sollicitarali de haverli, perché nostra intentione è non te lassare manchare cosa alcuna. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xxvi augusti 1452. Iohanninus. Cichus. (a) de quelli in interlinea. (b) Segue in le mane depennato. 608 Francesco Sforza a Battista de Burgo 1452 agosto 27, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ordina a Battista de Burgo di non dare, al presente, alcun fastidio per la tassa dei cavalli, non essendo il momento di gravare per tale motivo gli uomini di quelle parti, tenuto conto dell’ordine dato di non riscuotere dette tasse in nessun luogo. Domino Baptiste de Burgo. Como per altre ve havimo scripto, cossì per questa ve replicamo che volimo che alli homini de quelle parte non diate più impazo alcuno per el presente de taxe de cavalli, perché adesso non è tempo de gravarli de simile casone, perché per tucto havimo bene dato l'ordine de dicte taxe, como (a) vuy sapeti, ma non ne faciamo scodere alcune in nissuno loco. Ex felicibus castris nostris apud Quinzanum, die xxvii augusti 1452. Marchus. Cichus. (a) Segue ha depennato. 609 Francesco Sforza al referendario di Alessandria 1452 agosto 27, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza vuole che il referendario di Alessandria faccia vendere il panno destinato a Giovanni da Milano, dandogli i denari ricavati, oppure lo faccia mettere all’incanto. 213v Referendario Alexandrie. Haveray veduto quello che per altre nostre te havimo scripto circa lo facto de quello panno per Iohanne da Milano. Mò te dicemo che tu lo debbi fare vendere et dare li denari al dicto Iohanne, overo lo faray ponere al’incanto, perché luy lo torrà per quello se ne trovarà da altri. Et fa che de questo non te ne habiamo ad scrivere più, facendo contento lo dicto Iohanne de quello, tanto che per altre nostre te havimo scripto, avisandoti che, se luy retornarà più da nuy per questa casone, te darimo ad intendere che habbi facto male. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xxvii augusti 1452. Iohannes. 610 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano, a Pietro da Pusterla, a Giovanni Matteo Buttigella 1452 agosto 28, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ordina a Corrado da Fogliano, a Pietro da Pusterla, a Giovanni Matteo Buttigella e a Giovanni da Castronovate che si regolarizzino le scritture loro date, nelle quali non si fa menzione di Pozzolo Formigaro, castello del Tortonese di Giovanni dalla Noce, in modo che chiaramente si intenda che detto castello va restituito a Giovanni dalla Noce. Magnifico Conrado de Foliano, Petro de Pusterla, Iohannimatheo Butigelle, necnon Iohanne de Castronovate. Perché in le scripture de instructione che vuy haveti da nuy non se fa mentione alcuna de Pozolo Formigaro, castello de domino Iohanne dalla Nuce, che è del Tertonese, credimo pur che quanto al’effecto se gli debbia intendere; tamen, a magiore cautella, volimo che intendiate, havuta questa, anconciate le dicte scripture et insctructione in modo ch'el se intenda chiaramente et senza scropoli che dicto castello de Pozolo sia restituito a domino Iohanne predicto; et advisatine como haveriti facto. Ex castris prope Quinzanum, die lune xxviii augusti 1452; hora xii. Persanctes. Cichus. 611 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 agosto 30, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza concede a Corrado da Fogliano di portarsi ai bagni per la sua guarigione, auspicando che abbia a ritornare presto. Prima di partire metta tutto in ordine e lasci uno dei suoi ben informato che tenga tutti uniti e pronti. 214r Magnifico Conrado de Foliano. Nuy siamo contenti, puoy ch'el facto tuo è in quello grado che scrivi et che ne hay mandato a dire, che tu vadi alli bagni ad guarire, sforzandoti de andare et de ritornare quanto più presto te sia possibile. Ma prima che ti parti de Alexandrialassaray quelle cose là ordinate, in modo che stiano bene fino alla retornata toa, ma sopratucto fa che lassi uno tuo, molto bene intendente, che tenga bene uniti et insieme tucti li tuoy et lasso ordinato a ciascuno che stia impuncto et in ordine che, alla prima lettera che scriveremo, non habia a fare altro se non a montare a cavallo et fare quanto gli sarà scripto et ordinato, senza dimora alcuna. Data in castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xxx augusti 1452. Persanctes. Iohannes. 612 Francesco Sforza a Ottone da Mandello 1452 agosto 30, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive a Ottone da Mandello di aver inteso quanto gli ha scritto dei fatti di Pavone. Se su questo fronte non si è fatto altro, non deve meravigliarsi, perché di là s’è fatto peggio di quello che han fatto i suoi, specie dopo il conflitto con Guglielmo di Monferrato. Gli fa sapere che vi sono trattative con Guglielmo e domani o dopo si saprà l’esito. Domino Octoni de Mandello. Havimo recevuto i vostri brevi et inteso quanto ne haveti scripto circa li facti de Pavone, et cetera. Dicimo che se fin qui non è facto altro, non ve doveti maravegliare, perché li nostri dellà hanno facto molto pegio li facti nostri che non hanno facto li vostri et maxime, da poy lo conflicto dato al signore Guilielmo, che se sonno deportati cossì vilmente. Como se sia, ne certificamo che nuy siamo in certa praticha cum li dicto signore Guilielmo et fra domane et l’altro, sarimo chiari della conclusione o exclusione. Se per caso ha da seguire treuga, tenerimo modo che rehavereti le cose vostre; in caso che habia ad essere guerra, posseti et doveti essere certo che la intentione nostra è et sarà che rehabiate lo vostro per ogni modo, et cum damno de inimici. Siché de questo ve dagate bona voglia et non ne stati in dubio alcuno. Ex nostris felicibus castris ducalibus apud Quinzanum, die xxx augusti 1452. Persanctes. Cichus. 613 Francesco Sforza a Lancillotto de Figino 1452 settembre 4, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza spera che Lancillotto de Figino abbia appreso quanto riferito da Giovanni da Castelnovate circa l’ordine da seguire nella raccolta dell’uva. Ribadisce tale ordine, soprattutto dopo aver visto quanto, indecorosamente, si è fatto nella raccolta delle biade. Ad evitare i danni allora subiti dai cittadini, vuole che aduni tutti i condottieri e comandi loro di fare la scorta nella raccolta dell’uva dando disposizioni sulle modalità. Informato della richiesta di compenso dei condottieri per la scorta, vuole che Lancillotto s’informi da chi è partita tale richiesta. Si faccia la scorta pure per la semina. 214v Lanzaloto de Figino. Nuy se rendiamo certi che, ultra quello ti commisemo a boccha quando te partiste de qua da nuy, haveray inteso quello che havimo scripto et mandato a dire, et mò, ultimamente per Iohanne da Castelnovate, dal quale non dubitamo che haveray inteso ad compimento la volontà nostra, cioè, del’ordine che se havesse a servare in lo recogliere delle ughe de quella citade. Et perché vedimo che non è seguito effecto alcuno, ma piutosto lo opposito, havemo deliberato replicarte per questa quello medesmo. Tu hay bene veduto li modi che sonno stati tenuti per li nostri che sonno dal canto dellà in le biave de quelli nostri citadini, et quanto li dicti nostri se siano deportati sinistramente cum loro vergogna et mancamento et cum puocha utilità et reputatione al stato nostro. La intentione nostra era questa, et è, che, per non fare perseverare quelli nostri citadini in desperatione per le biave che non hanno possuto recogliere, né fare alcuno suo facto, et per altri damni che hanno recevuti che tu dovesti essere cum tucti quelli nostri conducteri et ordinargli et commandargli per nostra parte che dovesseno fare la scorta per recogliere le ughe in questo modo, cioè, che se andasse tre dì per porta, et che li altri della città andasseno ad adiutare quelli de quella tale porta, perché questo se posseria fare multo bene commodamente, et li homini nostri haveriano recolto le ughe loro et facto questo, che li homini della terra adiutasseno quelli nostri soldati cum le carre ad recogliere (a) delle ughe deli inimici per loro, como sonno de quelli del Boscho, Fregarolo, Solerio et Quargnento. Et aspectando che ne fosse seguito qualche effecto, siamo informati che quelli nostri conducteri hanno rechiesto che, dovendo fare queste tale scorte, vogliono uno ducato per coraza, della qual cosa ne maravegliamo et dogliamo tanto quanto dire potessimo, et per certo ne havimo pigliato tanto despiacere et melenconia et affano in lo animo nostro, quanto havessemo possuto pigliare de alcuna altra cosa, et haverimo carissimo de intendere et sapere chi è stato l'origine 215r et fondamento de questa tale marescaltia, perché gli daressimo ad intendere quanto questi tali modi ne sonno stati et sonno molesti. Il che te carricamo et stringemo vogli cercare et investigare et advisarne della certeza, siché ne siamo molto bene chiari, certificandoti, Lanciloto, che nuy havimo desposto in l'animo nostro de piutosto volere perdere Alexandria et tucto quello che havimo del canto dellà, che comportare alli nostri tali deshonestissimi modi, perché, comportandogli ultralo damno, che ne segueria, el ne segueria grandissima vergogna et mancamento. Siché, havendo tu intese quello che havimo dicto de sopra, volimo che, havuta questa, te retrovi cum tucti quelli nostri conducteri alli quali faray molto bene intendere questa nostra intentione, et in modo che sia seguita integramente et maxime, che quelli nostri citadini recogliano le ughe loro, al che volimo che pone ogni studio, cura et diligentia et, dal canto tuo, non gli (b) mancare se crede de fare cosa che ne debbia essere sumamente grata et acepta. Ex campo apud Quinzanum, die iiii septembris 1452. Persanctes. Et cossì dicimo debbi fare fare la scorta al seminare. Data ut supra. Cichus. (a) Segue quelli depennato. (b) gli in interlinea. 614 Francesco Sforza a Giovanni da Castronovate 1452 settembre 4, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza esprime a Giovanni da Castronovate la sua delusione per la mancata esecuzione dei modi da lui segnalati specie per la raccolta dell’uva, cose tutte che ha voluto fossero ribadite da Lancillotto. Anche Giovanni ne solleciti l’esecuzione. Iohanne de Castronovate. Tu say quanto te commetessemo in la toa partita del modo che se havesse ad servare là, et maxime in recogliere le ughe de quelli nostri citadini, et fin a qui non sentimo che ne sia seguito effecto alcuno, della qual cosa molto ne maravegliamo et volimo et non haverissemo possuto sentire cosa che ne fosse più despiaciuta de questa. Scrivimo alanciloto la intentione nostra, como tu sentiray da luy. Non dicimo altro, se non che vogli solicitare che sia exequito quanto gli scrivemo. Ex campo nostro apud Quinzanum, die iiii septembris 1452. Persanctes. Cichus. 615 Francesco Sforza al podestà del Castellazzo 1452 agosto 30, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza vuole che il podestà del Castellazzo assecondi la volontà dei membri di casa Trotti di fare il compartito della spesa di sessanta ducati. 215v Potestati Castellacii. Alcuni della casa di Trotti, che habitano in quella terra del Castellazo, ne dicono havere facto certa spesa, la quale monta circa lx ducati, et che vorriano mettere la taglia et la colta fra loro per compartire la spesa communamente fra essi. Pertanto dicemo che, essendo essi d'acordio insieme de mettere dicta colta et fare el compartito, che nuy ne siamo contenti, debi lassargelo fare et darli quello favore te rechiederano per scotere dicta taglia. Data in castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xxx augusti 1452. Iacobus Bocatus. Cichus 616 Francesco Sforza al podestà di Secedo 1452 agosto 30, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ordina al podestà di Secedo di far restituire tutto quello che i suoi uomini saccheggiarono a quelli del Castellazzo della Spina, approfittando del fatto che quest’ultimi, non sentendosi sicuri per la vicinanza dei Secedesi, che s’erano dati a Guglielmo di Monferrato, se n’erano andati al Castellazzo con le loro famiglie. Non vuole, inoltre, che consenta che i medesimi vengano in più molestati per dei denari che i Secedesi dicono essere loro dovuti; attenda l’arrivo di un nuovo luogotenente che renderà giustizia ad entrambe le parti. Potestati Secedii. Hanno mandato da nuy l'homini nostri de Castello della Spina a farne querella che, essendoce dati quelli da Secedo al signore Guilielmo in questa nova guerra et loro non vedendosse stare securi in lo suo Castello della Spina, per dubio che non fosseno presi et asacomanati dalle gente del prefato signore Guilielmo, abandonorono el loco et andorono al Castellazo cum le famiglie loro, et in questo tempo che steteno al Castellazo cum le famiglie loro, et in questo tempo che steneno al Castellazo l'homini de Secedo, andono al predicto Castello della Spina et li tolseno frumento, vino et ogni altra cosa che gli retrovono in casa. Et perché questi homini de Castellazo della Spina sonno fidelissimi et devoti nostri servidori, volemo, et per la presente te commandiamo, debbi subito senza altra exceptione, farli restituire integramente ogni cosa gli sia stata tolta fin a uno minimo punctalo de strengha non mancando in questo, per quanto hay carala gratia nostra, certificandote che ogni cosa gli mancasse, te lo farimo pagare a ti. 216r Ceterum essi homini da Castello della Spina ne dicono quelli da Secedo volerli astringere a pagare certi denari, delli quali gli sonno tenuti per una compositione facta cum loro: per la qual cosa volimo non debbi lassarli molestare per dicta casone finchè manderemo in Alexandria un altro novo locotenente il quale haverà a vedere questa differentia et acconzare questa cosa fra le parte. Et questo facemo al presente per certo respecto; ma poy nuy intendemo che la rasone habialuocho fra l'una parte et l'altra. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xxx augusti 1452. Iacobus Bocatus. Cichus. 617 Francesco Sforza al podestà al comune e agli uomini di Ceredano 1452 agosto 31, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ordina al podestà al comune e agli uomini di Ceredano di rispettare l’antica consuetudine per cui i cavallari sono preservati dagli oneri reali e personali, imposti sia per disposizione ducale che comunale. Nel caso concreto si riferisce a Giovanni Pecenino e Perrino, fratelli di Ceredano. Potestati communi et hominibus Ceredani. Quoniam ex antiqua consuetudine illustrissimi principis et excellentissimi domini quondam Filippi Marie, patris et soceri nostri honorandissimi, solent caballarii exempti et immunes preservari pro eorum bonis mobilibus et immobilibus ubicumque existentibus et situatis, querelantibus modo ad nos Iohane Pecenino et Perrino, fratribus de Ceredano, caballariis nostris, quod per vos interdum molestantur, occasione onerum incombentium communi dicte terre Ceredani contra huismodi antiquam servatam consuetudinem. Mandamus vobis quatenus, post receptionem presentium, de cetero non molestetis dictos prenominatos fratres neque molestari quoquomodo permittatis pro aliquibus oneribus realibus, personalibus atque mixtis hactenus impositis, quam de cetero quomodolibet imponendis tam per nos et officiales nostros, quam per commune dicte terre nostre, aliquibus in contrarium non attentis; et ita superinde faciatis quod caballarii memorati non habeant causam cum digna querela ad nos redeundi. Data in castris nostris apud Quinzanum, die penultimo augusti 1452. Bonifacius. Cichus. 618 Francesco Sforza ad Antonio da Fabriano 1452 agosto 31, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ordina ad Antonio da Fabriano a Tortona di intervenire presso il locale vescovo per far liberare gratuitamente, indipendentemente da qualsiasi carta con vincoli di riscossione, certi uomini di Bosco che, abbandonata quella località quando essa si diede a Guglielmo di Monferrato, furono intercettati e imprigionati dagli uomini del vescovo. 216v Antonio de Fabriano Terdone. Più volte havimo scripto alli officiali nostri de Tertona dovesseno fare relassare certi homini dal Boscho quali, partendossi dal dicto loco per andare in le terre nostre, quando el Boscho se dedi al signore Guilielmo, fono presi da certi homini de monsignore lo vescovo de quella città, et per fin mò non è facto niente, del che ne rincresce et dole quanto dire se potesse. Pertanto, consyderato quelli poveri homini essere nostri fidelissimi servitori, et che la rasone non vole che possano debitamente essere facti presoni, volemo, et per la presente te commettemo debbi, recevuta questa, retrovarte col prefato monsignore lo vescovo et pregare, confortare et strengere la signoria soa per nostra parte voglia omnino, et senza altra replicatione, fare liberare et relassare dicti presoni, et ultra ciò restituirli ogni robba gli fosse stata tolta in quello caso, usando in ciò ogni toa diligentia, opera, solicitudine et cura che dicti poveri homini siano omnino relassati, como è nostra intentione. Et se per caso li fosseno alcuni de dicti presoni quali se fosseno obligati per carta de doverse rescotere, nuy non intendemo quelle tale obligatione siano valide, né habiano loco, ma che siano relassati liberamente et senza niuna spesa, né pagamento. Et per l'alligata scrivemo al prefato monsignore: “Debiate credere in questo facto quanto alla persona nostra propria”. Data in castris nostris apud Quinzanum, die xxxi augusti 1452. Iacobus Bocatus. Iohannes. 619 Francesco Sforza chiede al vescovo di Tortona 1452 agosto 31, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza chiede al vescovo di Tortona di prestare piena fede a quello che gli dirà il famiglio ducale Antonio da Fabriano. Domino episcopo Terdonensi. Havemo scripto ad Antonio da Fabriano, nostro famiglio, alcune cose (a) debia referire per nostra parte alla reverenda vostra paternità. Pertanto pregamo quella se degni prestarli piena fede in quello gli dirà quanto alla nostra propria persona. Ex castris apud Quinzanum, die ultimo augusti 1452. Iacobus Bo(ca)tus. Iohannes. (a) Segue per nostra parte depennato. 620 Francesco Sforza ad Antonio Guidobono s. d., s.l. Lettere credenziali scritte da Francesco Sforza per Antonio Guidobono alle sottoelencate persone. 217r Littere credentiales in personam Antonii Guidoboni scripte fuerunt infrascriptis parte illustris domini ducis Mediolani: Bonifacius et Christoforus. Cichus. Magnifico Conrado de Foliano, domino Iohanni della Nuce, domino Moretto de Sancto Nazario, Sacramoro de Parma, Antonello de Burgo, Iohanni de Sipiono, Lanzaloto de Figino, comiti Iohanni de Angusolis, Petro de Pusterla, Iohannimatheo Butigelle, Iohanni de Castronovate, potestati, comuni et hominibus Cassinarum. 621 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano 1452 settembre 2, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano che andrà lì l’uomo d’arme ducale Benedetto Lanciavecchia per vedere le cose sue perché in casa sua sono sistemati alcuni cavalli che Corrado deve far sloggiare e provvedere che nessuno vi alloggi. Magnifico Conrado de Foliano. Vene lì Benedecto Lanzavechia, nostro homo d'arme presente exhibitore, per vedere le cose soe, et ne dice che in casa soa ad Rivalta logiano alcuni cavalli, de che se grava. Pertanto volemo debbi providere che la casa soa gli sia vodada et che non gli logia persona alcuna. Ex campo nostro apud Quinzanum, die ii septembris 1452. Zanettus. Iohannes. 622 Francesco Sforza a Ziliolo da Vicenza 1452 settembre 2, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza sollecita Ziliolo da Vicenza ad usare riguardi all’uomo d’arme ducale Benedetto Lanciavecchia che viene lì per vedere come vanno le cose sue. Ziliolo de Vicentia. Vene lì da vuy Benedecto Lanzavechia, nostro homo d'arme, presente exhibitore, per vedere como sonno passate le cose soe de là. Pertanto (a) ve lo recommendiamo che, per respecto et contemplatione nostra, gli vogliati fare ogni bono tractamento in quello posseti, perché de ogni bene et acconcio gli sarà facto, haverimo piacere et contentamento. Ex castris nostris apud Quinzanum, die ii septembris 1452. Zanettus. Iohannes. (a) Segue volemo depennato. 623 Francesco Sforza Antonio Guidobono 1452 settembre 2, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza avverte Antonio Guidobono che Baldassarre de Bernareggio si reca dal padre di Gerardino Zoppi, mandato dallo stesso Gerardino, per avvisarlo che è detenuto. Osservando quanto il duca gli ha commissionato, lo lasci entrare nella rocca di Cassine per parlare con Antonio. 217v Antonio Guidobono. Vene lì Baldesar de Bernaregio, presente exhibitore, quale, como per duplicate littere te habiamo scripto, Gerardino Zoppo manda al padre ad advisarlo como è destenuto, acciò habbia casone de fare quello vogliamo fare nuy. Pertanto volemo lo lassi ad ogni soa posta intrare nella rocha de Cassine per parlare al dicto Antonio ma, cum diligentia, attendi ad exequire quello hay in commissione da nuy. Ex campo apud Quinzanum, die ii septembris 1452. Zanettus. Cichus. 624 Francesco Sforza al ppodestà di Novara 1452 settembre 3, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comanda al podestà di Novara di soprassedere dal procedere nella vertenza in cui è parte Ettore de Mazi da Napoli, squadriero di Bernabò Sanseverino, che non può al momento lasciare il campo. Sarà lì a breve e sistemerà le cose. Potestati Novarie. Perché Hectore de Mazi da Napoli, squatrero de Bernabò da Sanseverino, quale dice havere a fare cum alcune persone dal canto dellà, è occupato qui in campo alli servicii nostri, né per modo alcuno volemo se parti per adesso, ve commettimo et volimo debbiate soprasedere, né lassare procedere, né fare novità alcuna contra el dicto Hectore et cose soe, se nuy non ve scrivemo altro, perché in breve dicto Hectore venerà là et accordarà ogniuno doverà avere da luy, ma per non potersi partire, non volemo perdale rasone soe, como è debito et rasonevele. Ex campo nostro felici apud Quinzanum, die iii septembris 1452. Zanettus. Iohannes. 625 Francesco Sforza a Battista de Burgo 1452 settembre 3, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ordina a Battista de Burgo di arrestare Giovanpietro da Sillavenga, famiglio di Antonio da Verona, che ha rubato sessantacinque bislacchi d’oro. Non riuscendo ad arrestarlo, gli prenda tanto della sua roba che equivalga al furto perpetrato a danno di Antonio. 218r Domino Baptiste de Burgo. Perché s’è fugito da Antonio da Verona, nostro home d'arme, uno suo fameglio, chiamato Iohanpetro da Sillavengha, vel sia uno suo compagno, lo quale gli ha portato via bislachi lxv d'oro, pertanto volemo et te commandiamo debbi servare ogni via possibile per vedere de havere in le mane dicto Iohanpetro, lo quale volemo lo debbi retenire et mettere in presone et poy advisarne nuy. Et non possendosse havere esso Iohanpetro, vogliamo debbi havere et togliere tanta della robba soa che dicto Antonio sia integramente satisfacto et contento delli dicti bislachi lxv, como è debito et iuxto. Et de quello faray, vogli advisarne noy per toe littere. Ex campo apud Quinzanum, die iii septembris 1452. Zanninus. Cichus. 626 Francesco Sforza scrive al referendario di Alessandria 1452 settembre 3, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza, in risposta alla richiesta di grazia dei dazieri della mercanzia, scrive al referendario di Alessandria sull’intenzione di pagare da metà luglio in avanti per la durata della guerra di pagare cento fiorini; chiede al referendario che siano cassate multe e condanne fatte in passato. Referendario Alexandrie. Recercandoce de benignità et gratiali datieri della merchantia de quella città, che non gli sia facta molestia del pagamento, per respecto della guerra occurente in quello paese de presente, ma ben restamo contenti li dicti datieri che, da mezo il mese de luglio proximo passato in qua, pagare el mese fiorini cento et fin che la guerra durerà, ma se pace o altro acordio haverà loco, che remanga fermo el primo incanto. Per la qual cosa te comettiamo che lo dicto pagamento lo recevi como loro restano, et questo volimo sia senza alcuno preiudicio dello incanto predicto et della Camera nostra, cassando ogni multa et condemnatione gli havesti facto per essere loro stati retrogradi da qui indreto, allo intero pagamento del primo incanto, al quale, com’è dicto, non se farà per questo alchuno preiudicio. Ex nostris felicibus castris apud Quinzanum, die iii augusti 1452. Aluysius. Referentibus et intercedentibus, domino Aluysio Bosso et domino Angelo de Reate ducali aulico. Cichus. 627 Francesco Sforza a Giorgio de Mayno 1452 settembre 4, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza accusa ricevuta della lettera di Giorgio de Mayno, commissario di Novara, che lo rassicura della diligenza e della vigilanza che si ha per la cittadella. Il duca insiste sulla sicurezza dei fanti, avendo inteso che qualcuno di loro intende ingannare il castellano, da cui, in proposito non ha ricevuto alcuna risposta. 218v Domino Georgio de Mayno, commissario Novarie. Havemo recevuto una vostralettera alla nostra responsiva per la quale ne confortati a stare contenti, securi et di bono animo del facto de quella nostra citadella et non dubitarne niente, perhò che lì haveti bona diligentia et guardie et apposto tale provisione che non dubitate. Respondendo, ve ne commendiamo et ne piace molto il scrivere vostro et le dicte provisione et guardie apposite, in le quale ve confortiamo ad perseverare con fervente animo. Ceterum, havendo nuy dudum inteso che alcuni delli fanti di quello nostro castellano cerchano de fargli beffa, per nostre littere l'advisassemo, como credimo ne advisassemo ancora vuy, et da luy non habiamo havute resposta veruna sopra ciò, del che maravegliamosi. Pertanto, scrivendoli mò per l'alligata pur sopra ciò, volemo che intendiate da luy la casone perché non ha resposto, et avisatine poy per vostre littere et confortaritelo a fare tale provisione et ad rendersi sì securo delli dicti fanti che non gli possa reusire veruna beffa, né mancamento. Ex castris nostris apud Quinzanum, die iiii septembris 1452. Bonifacius. Cichus. 628 Francesco Sforza al castellano della rocca di Novara 1452 settembre 4, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza dice al castellano della rocca di Novara di essere molto sorpreso del suo silenzio su quello che gli ha scritto circa la fedeltà di alcuni suoi fanti. Vuole che se ne accerti e stia sempre attento alla guardia del castello. Gli dia riscontro della ricevuta delle sue lettere. Castellano arcis nostre Novarie. Per fin a di xxii del passato te avisassemo per nostre littere che haveamo inteso che alcuni delli toy fanti cercavano di farti la beffa, admonendote che tu dovesti talmente assecurarti di loro che non havesti a dubitare et non potessero farti manchamento, et may non hay facta resposta veruna, del che se maravegliamo. Pertanto di novo te scrivimo che debbi bene vedere che sonno li dicti tuoy fanti et como te possi bene fidare deloro, et vogli talmente assecurarte de loro che non ti possano fare alcuna beffa, né mancamento, attendendo exinde alla bona et diligente guardia de quello nostro castello, siché ne remanghi securo, et della receptione de queste subito ne advisaray. Ex castris nostris apud Quinzanum, die iiii septembris 1452. Bonifacius. Cichus. 629 Francesco Sforza a 1452 settembre 5, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ordina l’impiccagione in Alessandria di Giovanni dalla Noce. Non vuole che si prenda alcun provvedimento contro Antonio Zoppi, ma si abbia ogni garanzia per la sicurezza della rocca di Cassine. Provveda che gli mandi il figlio e insiste che gli faccia sapere come si è cautelato per la sicurezza del castello. 221r havimo ordinato ch'el sia impichato per la golla in Alexandria, il perché mò non volimo che faci fare novità alcuna contra domino Antonio Zoppo, ma bene volimo che tu te asecuri et prendi ogni cautione et securtà della rocha de Cassine, siché nuy ne possiamo stare ben cauti et bene securi, et non habiamo ad havere dubitatione alcuna d'essa. Et ultra ciò volimo che faci che esso ne mandi qua da nuy el figliolo, ma, como te dicimo, fa che habbi tale cautione d'essa rocha che non habiamo a dubitare, et poy ne advisaray per toe littere como tu haveray facto sopra ciò. (a) Ex castris apud Quinzanum, die v septembris 1452. Bonifacius. Cichus. (a) Così, mancando la carta precedente, inizia la missiva. 630 Francesco Sforza a Lancillotto da Figino 1452 settembre 5, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza informa Lancillotto da Figino di aver scritto a suo fratello Corrado, a Pietro da Pusterla e agli altri di là che consegnino a lui ogni roba mobile di Giovanni dalla Noce, per cui deve procurare che non vi manchi minima cosa, perché, altrimenti, non si avvarrà più di lui. Vuole che tutto venga elencato per scritto, avendo destinato ogni cosa a suo figlio Tristano. Lanzalocto de Fighino. Noy scrivemo per una nostra cetola a Conrado, nostro fratello, a Petro da Pusterla et alli altri nostri che sonno delà che te debiano consignare tucta la robba mobile de domino Zohanne dalla Nuce. Pertanto volemo et te commandiamo debbi cum ogni diligentia et solicitudine cercare de havere in toe mane tucta la robba mobile del dicto domino Zohanne, che non gli manchi una strengha, avisandote che se ne poteremo sapere che ne vadi pur una strengha in sinistro, nuy ne chiamaremo tanto malcontenti delli facti toy quanto se possa dire al mondo et darane casone may più adoperarte in li nostri servicii, siché vogli fare per modo che ne chiamamo bene contenti et satisfacti, et cossì toray ogni cosa per scripto. La quale robba nuy l'havemo donata tucta a Tristano, nostro figliolo. Ex castris nostris apud Quinzanum, die v septembris 1452. Zaninus. 631 Francesco Sforza agli armigeri, agli stipendiari e ai conestabili di Giovanni dalla Noce 1452 settembre 5, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive agli armigeri, agli stipendiari e ai conestabili, già della squadra di Giovanni dalla Noce certo che avranno inteso della cattura del traditore Giovanni dalla Noce, loro condottiero, di cui hanno conosciuto quali e quanti sono stati i meriti, come sanno del loro buon trattamento e del valido servizio da loro prestatogli e come sia stato giusto punirlo per l’atto commesso contro lo Stato sforzesco. Ordina che con tutti i cavalli, carriaggi e le cose loro si rechino da lui nel modo che indicherà loro Lancillotto da Figino, cancelliere ducale. Presteranno poi in mano di detto Lancillotto giuramento di fedeltà. 221v Armigeris, stipendariis et conestabilibus, olim de comitiva domini Iohannis della Nuce. Vuy havereti inteso la presa de quello traditore, domino Zohanne dalla Noce, vostro conductero, del quale havete questa volta possuto molto bene comprendere quanti et quali siano stati li meriti suoy, del nostro bono tractamento et del vostro bene servire verso deluy, che quanto sia iusto doverIo punire, lo doveti consyderare; il perché havemo scripto et ordinato là quanto bisogna ch'el non sialassato impunito de sì enorme fallo quale haveria ordinato contra de nuy. Perhò confortiamo vuy dal canto vostro a stare di bona voglia et sperare molto meglio et senza comperatione ve habiamo ad tractare nuy che non ha facto esso domino Zohanne per quello tempo ve ha havuto ad rezere et governare. Al che, volendo del presente fare deliberatione, ve caricamo et stringemo vogliate vuy cum tucti li vostri cavalli, carriazi et cose vostre venirvene qui da nuy senza altra indusia, secondo Lanzaloto de Fighino, nostro cancelario, quale è dal canto delà, più largamente ve dirà informato della intentione nostra, certificandovi che, gionto sareti qui, darimo sì facto ordine et modo al facto vostro che havereti a remanere bene contenti et satisfacti da nuy, et in mane d'esso Lanzaloto prestareti giuramento de fidelità, secondo luy ve rechiederà, et cossi gli credereti quanto alla persona nostra prorpia. Ex castris nostris apud Quinzanum, die v septembris 1452. Christianus. Cichus. 632 Francesco Sforza a Giorgio de Mayno 1452 settembre 5, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza conferma al milite Giorgio de Mayno, commissario di Novara, di aver inteso quello che gli ha scritto dell’arrivo in Riva di Valsesia del francese con cento cavalli e duecento fanti. Alla sua richiesta se in caso di bisogno deve, come altre volte si fece, richiedere fanti a Guglielmo di Baviera, gli risponde negativamente. Dopo la cattura e l’impiccagione di Giovanni dalla Noce che s’era accordato con i nemici, ora non deve temere di essere attaccato, anche se è necessario che egli tenga sempre buona e diligente guardia della città e della fortezza. In caso di bisogno si rivolga alla sua consorte, che gli fornirà ogni aiuto. 222r Spectabile militi Georgio de Mayno, nostro commissario Novarie dilectissimo. Inteso quanto ne haveti scripto del franzoso venuto alla lenta in Rippa de Valsexa cum cento cavalli et ducento fanti, vi dicimo restiamo advisati, et non accade altra resposta, ma dove ne rechiedeti se, accadendone bisogno, podereti havere fanti da Guilielmo da Bayvera, como altre volte ordinassemo, ve dicimo che nuy se rendimo certi che non ve accaderà cosa perché habiati bisogno de fanti, perché, como credimo, havereti inteso nuy havimo facto pigliare domino Zohanne dalla Noce, quale tractava contra nuy et el stato nostro, et già havea capitolato con li inimici, per el che credimo che le cose nostre delà non pigliassero altra forma, como speravamo. El quale havimo ordinato sia impichato como luy merita. Siché, per questo, mò credimo che le cose nostre dellà pigliarano altra forma, dove non havereti a dubitare de essere offesi. Ma vi confortiamo bene et carricamove che attendiate a bona et diligente guardia de quella nostra città et forteza per modo che non vi possa reusire veruno mancamento. Et se pur vi bisognasse cosa alcuna, habiate recorso alla illustrissima madona, nostra consorte, la quale vi farà providere ad quanto vi sarà bisogno. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die v septembris 1452. Bonifacius. Cichus. 633 Francesco Sforza a Nicola Soderini 1452 settembre 7, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza risponde alle due lettere di Nicola Soderini, oratore di Firenze; alla prima non rispose per la preoccupazione di quanto gli aveva riferito lo stesso Giudobono e di quanto gli aveva scritto circa l’invio di un uomo del duca per la vertenza fra il doge e Giovanni Filippo Fieschi. Ha preso atto di quanto gli ha accennato dei balestieri, di cui aveva chiesto un pronto invio al doge. L’incertezza di Guglielmo di Monferrato sulla decisione da prendere era dovuta al fatto di essere in attesa dei risultati sia delle mene di Giovanni dalla Noce che delle intese con quelli della rocca di Cassine. Se dovesse resistere avrebbe contro il Bayli di Asti e le truppe sforzesche. Il duca nei pressi di Quinzano aspetta il fratello Alessandro, che dopo la sconfitta nel Lodigiano deve provvedere a rimettere in sesto i suoi uomini. 222v Magnifico tanquam fratri et amico nostro carissimo Nicola Soderino, oratori Florentino Ianue. In li dì passati recevessemo la vostra de dì xx de agosto, portata per Antonio Guidobono, nostro secretario, et noviter havimo havutal'altra de dì primo del presente. Al che respondendo, dicimo che se alla prima vostra non havimo data resposta, como saria stato lo desiderio vostro, è proceduto perché tucta volta siamo stati in pensiero dappoy la venuta d'esso Antonio per quello ne ha referito luy, etiandio per quello ne haveti scripto vuy de mandare uno nostro là per le differentie sonno fra quello illustre signore duxe et misser Zohanne Filippo dal Fiescho, acciochè fraloro havesse a seguire bono accordio et intelligentia per acconcio et bene delle cose dellaliga nostra. Ne sforzaremo de acelerare (a) el mandare de questo tale nostro quanto sia possibile, quale haverà da nuy commissione de intenderse cum nuy in ogni cosa per sequire quanto sarà da (b) a fare. Havimo ancora inteso quanto ne haveti scripto per la dicta vostra ultima de quello che haveti agitato là, et maxime, circalo facto delli balestreri, della qual cosa ve lodiamo et commendiamo grandemente perché haveti facto quello che convene ad ogni persona da bene, et ve rengratiamo de tanto amore et affectione che ne demonstrati in esse vostre littere quanto sapimo et possimo, benché per experiential'habiamo molto bene cognosciuto, confortandove, licet ne parà superfluo, ad prosequire, como haveti facto fin qui, perché ne fareti cosa molto grata et accepta, benché fareti pur el facto vostro medesmo. Alla parte delli balestreri dicimo che in li dì passati lo illustre signore duxe ne dete piena notitia de questo facto, et cossì nuy gli respondessimo rengratiando la signoria soa et pregandola che da poy haviva facta questa deliberatione, che gli piacesse mandarne subito li dicti balestrieri. Siché ve pregamo et confortamo vogliate solicitare che siano mandati presto, como siamo certi che fareti. De quello ambassatore è deliberato là mandare da nuy, remanimo avisati. Aspectarimo, et intenderemo quello vorrà dire, et cum luy tenerimo quelli modi che ne haveti ricordati, li quali a nuy sonno piaciuto, et de quanto haverimo sequito cum (lui), ne darimo notitia. 223r Delle (cose) de Alexandrina siamo certi che ne havereti inteso. Et perché ne intendati ancora meglio, ve advisamo che se lo signore Guilielmo è restato fin al presente de venire ad accordio cum nuy, la casone è stata per certo tractato havia cum sì messer Iohanne dalla Nuce, nostro conductero, che era in Alexandrina, et per certa intelligentia che luy haviva in la rocha de Cassine; ma ad ogni cosa havimo bene proveduto, perché, non havendo voluto nostro signore Dio consentire tanto male, gli è piaciuto che questa cosa n'è stata revelata. Et cossì havimo facto pigliare lo dicto messer Iohanne et ordinato ch'el sia impichato per la golla in mezo della piaza de Alexandria, como merita, per exempio et terore delli altri che havesseno volontà de malefare. Della rocha de Cassine ne siamo molto bene assecurati in modo che ne possimo dormire securo, et senza alcuno dubio, né sospecto. Siché crediamo pur ch'el signore Guilielmo, siando fuora de queste speranze, como l’è, debbia venire al’acordio cum nuy et, pur quando restasse, se gli farà tale guerra per lo Bayli, governatore de Ast et per li nostri che sonno in quelle parte, ch'el non se ne vorria may essere impazato. Delle cose (c) de qua siamo certi che per altra via ne havereti inteso, pur nondimeno ve avisamo che nuy siamo qui presso Quinzano et aspectamo Alexandro, nostro fratello, lo quale per quello damno receuto l'altro dì insieme cum quelle altre gente che sonno in Lodesana, lo facimo remettere in ordine cum tucte quelle gente, et subito sarà impuncto, puoy se voltarimo in loco per exequire alcuni nostri designi et pensieri, che speramo de farve sentire delle cose che ve piacerano. Ex castris nostris apud Quinzanum, die vii septembris 1452. Persanctes. Cichus. (a) de acelerare in interlinea. (b) da in interlinea. (c) Segue siamo depennato. 634 Francesco Sforza a Raynaldo Dresnay 1452 settembre 8, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comunica a Raynaldo Dresnay, governatore di Asti, l’arrivo del suo capellano, Luigi, e di Folchetto, proveniente da Firenze. Rinvierà entrambi ben consapevoli dei suoi propositi. Si dice certo che i signori di Monferrato intendono mandare loro messi dal Re di Francia e sa pure che vi sono baroni e gentiluomini che al medesimo sovrano scriveranno del duca cose del tutto false. Egli farà avere a Carlo vii, tramite lo stesso cavallaro regio, sue lettere di smentita delle asserzioni degli avversari con supplica di non prestar fede a quanto si dice contro di lui fino all’arrivo di Folchetto. Dovendo il Governatore scrivere al sovrano, gli fa avere una copia di quanto ha scritto al Re affinché sia più puntualmente informato. 223v Domino Raynaldo Dresnay, gubernatori Ast, et cetera. L'è ritornato heri da nuy lo venerabile domino Aluyse, vostro capellano. Zonse etiandio in quella horalo spectabile Folchetto, retornato da Fiorenza et havemo inteso quello cadauno deloro ne ha referito, et li spazaremo subito in modo che senza dimora retornarano indreto informati della mente de nostra. Et perché siamo certificati ch'el signore marchese de Monferrà et el signore Guilielmo voleno mandare dalla sacratissima mayestate del Re de Franza, et che alcuni altri barroni et zintilhomini della Mayestà soa in le parte de qua, scrivemo della Mayestà soa in favore delli prefati de Monferrà per dirli in nostro desfavore, cose che sonno aliene da ogni verità, mandiamo el presente cavallaro della prefata Mayestà con nostre littere per le quali la pregamo et supplicamo che, mandandoli li prefati de Monferrà, o scrivendoli alcuni altri più una cosa che un'altra in favore delli prefati de Monferrà, se degni non darli fede, nì audientia alcuna fino alla venuta d'esso Folchetto, quale, como è dicto, se partirà de qui per retornare alla mayestà soa. Pertanto ne havisamo la magnificencia vostra acciochè, parendoli de scrivere alla prefata Mayestà del re (a) alcuna cosa circa questa materia, lo possa fare et acciochè sapia meglio che scrivere, gli mandiamo inclusa la copia de quello scrivemo alla Mayestà soa, pregando essa vostra magnificencia gli piacia drizare el dicto nostro cavallaro per bona et secura via. Ex castris apud Quinzanum, die viii septembris 1452. Irius. Cichus. (a) Segue de Franza depennato. 635 Francesco Sforza ai nobili, al capitano, al referendario e al castellano di Tortona 1452 settembre 8, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive ai nobili, al capitano, al referendario e al castellano di Tortona di non credere che i cittadini siano spauriti per quel che è successo a Giovanni dalla Noce, che ha avuto quel che si meritava, e ad Antonio Zoppi, che avrà quel che lo farà pentire del suo tradimento. Oltre a quanto farà lui, constateranno come interverrà il re di Francia contro Guglielmo di Monferrato. Per loro maggior sicurezza ha disposto che da Milano sia mandato lì un valentuomo con fanti e schioppettieri. Quanto a Ferracuto, lo mettano in fondo della tore con i ferri ai piedi o lo trasferiscano in un’altra fortezza. Nessuno gli parli all’infuori di colui che gli dà da mangiare. 224r Nobilibus viris, capitaneo, referendario et castellano nostris Terdone. Havemo veduto quello ne haveti scripto per una vostra, data a vii del presente, alla quale, respondendo, dicemo che, quantunque sia seguito de domino Zohanne dalla Noce et de Antonio Zoppo, quello scriveti non ne pare perhò che quelli citadini nostri siano cossì stremiti, nì dubitano de quelle parte delà, perché nuy restiamo molto contenti ch'el facto de domino Zohanne dalla Noce sia passato in la forma che l'è et faremo per modo ch'el se ne retrovarà malcontento. El simile dicemo de Antonio Zoppo, quale, in breve tempo faremo pentire del tradimento suo, como vedereti per effecto, recordandovi che, ultra quello faremo nuy dal canto nostro, havereti veduto, alla receptione de questa, quello farano dellà le zente del serenissimo re de Franza contra el signore Guilielmo in nostro favore, et siamo certi farano in modo che quelli nostri citadini restarano liberi da quello affano nel quale se retrovano de presente. Nondimeno acciò restati più securi, havemo scripto et ordinato a Mediolano che ve sia mandato lì uno velenthomo cum alcuni fanti et schiopeteri, como scriveti. Resta adonque che confortati quelli nostri cittadini a stare di bona voglia, perché in pochi dì gli levaremo questo afano della mente. Alla parte de Feraguto dicemo, acciò vivati più securi de facti suoy, che vuy lo debiate mettere in uno fondo de torre, overo in uno altro loco forte, cum uno paro de ferri alli pedi in modo non se ne possa fugire, nì anche parlarli alcuna persona, se non uno delli vostri fidati, quale gli darà da manghiare. Ex castris nostris apud Quinzanum, die viii septembris 1452. Irius. Iohannes. 636 Francesco Sforza al podestà di Tortona 1452 settembre 8, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ordina al podestà di Tortona di intervenire perché, accertato il credito che Tommaso de Calvinis e suo fratello Giuliano vantano per un mutuo concesso al defunto Uberto de Barzano, i superstiti di costui facciano, con rito sommario, avere ai ricorrenti il credito di ottantalire. 224v Potestati Terdone. Asserit nobis Thomasius de Calvinis, dilectus noster, creditorem se esse librarum octuaginta imperialium, quos affirmat mutuo dedisse mensibus superioribus, suo nomine et nomine Iuliani, fratris sui, quondam Uberto de Barzano, olim castellano arcis nostre Sancte Maria apud (a) Tricium, et requisivit a nobis sibi de opportuno remedio provideri quo dictas pecunias integre consequatur. Eius igitur supplicationibus inclinati, tibi committimus, quatenus de ipsorum fratrum credito constiterit, eidesdem satisfieri facias indilate super et de bonis per ipsum quondam Ubertum relictis, ius proinde sumarium et expeditum faciendo, sine strepitu et figura iudicii, cavillationibus et frivolis exceptionibus quibuscumque reiectis, hac in re tamen sic providendo quod nulli digne querelle reliquatur occasio. Ex castris nostris apud Quinzanum, die viii septembris 1452. Bonifacius. Cichus. A margine: Refacta di(e) ii novembris, Gambare, 1452. Marchus. Cichus. (a) apud in interlinea su supra depennato. 637 Francesco Sforza al podestà di Alessandria 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza informa il podestà di Alessandria che da Guglielmo da Viadana, compagno del condottiero ducale, conte Gaspare da Vimercate, è fuggito il famiglio Giovanni Guerzo con un grosso cavallo, che pare gli sia stato tolto mentre passava per le terre di Rolando Pallavicino. Vuole che si faccia dire da Nicola Guasco dove si trova Giovanni Guerzo e lo faccia arrestare : non lo liberi senzalicenza ducale e si faccia da lui narrare la vicenda del cavallo. Potestati Alexandrie. Alli dì passati s’è fugite da Guilielmo da Viadana, compagno del conte Gasparro de Vimercato, nostro conductero, uno suo famiglio nominato Iohanne Guerzo, et gli menò via uno cavallo grosso, quale pare gli fosse tolto passando per le terre de Rolando Palavicino, tamen non lo sa certo. Pertanto volemo debiate havere informatione da Nicola Guascho de quella nostra città, dove se trova el dicto Iohanne Guerzo, quale è dal canto dellà, et subito lo fati destenire né lo liberati senza nostra licentia, ma ve informate da luy como è passato il facto del dicto cavallo et subito ce ne advisati. Ex campo apud Quinzanum, die viiii septembris 1452. Zanettus. Iohannes. 638 Francesco Sforza a Giovanni Galeazzo de Trottis 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive a Giovanni Galeazzo de Trottis che suo figlio Antonio gli ha mostrato lalettera con la quale lo sollecita a tornare a casa, mostrando chiaramente timori per le vicendelì succedutesi. Ritiene tali timori ingiustificati, specie dopo la botta data a Gugliemo con la cattura di Giovanni dalla Noce, traditore di tutti i servitori del duca e del duca stesso. Il Bayli, luogotenente di Asti, con molta gente del sovrano di Francia è pronto a muoversi contro Guglielmo di Monferrato e chiunque vorrà attaccare su quel fronte. Sicuro della situazione da quella parte, non vuole che gli richiami il figlio Antonio, che è impegnato nei suoi servizi. 225r Nobili dilecto nostro Iohanni Galeaz de Trottis. Misser Antonio, vostro figliolo, ne ha monstrato una lettera, quale gli haveti scripta confortandolo et carricandolo ch'el voglia venire a casa per essere cum vuy et favorire le cose vostre. El quale scrivere vostro ne ha facto maravegliare de vuy, parendone che siati mosto a scriverli questo per pagura e sospecto che habiate dellà per le cose seguite, che non ne pare debiate havere perché, essendo seguita la rotta del signore Guilielmo, essendo ancora seguitala presa de domino Zohanne dalla Noxe, quale con tanta iniquità et perfidia cercava de tradirne, immo tradiva vuy et tucti quelli nostri servidori fideli dal canto dellà et nuy stessi. Et venendo alli subsidii et favori nostri, el magnifico Bayli, locotenente de Ast, cum bona quantità de gente, a nome della sacra mayestà del Re de Franza, contra el signore Guilielmo et qualunque ne vorrà offendere in quella parte non ne pare habiate a sbigutirvi et dubitare tanto delle cose delà, immo, persuadervi et essere certo, per le dicte casone, che de quella impresa non sia per succedere se non certa, evidente et indubitata victoria contra nostri inimici in exaltatione, amplitudine et gloria del stato nostro et reposso, tranquilità et contentamento vostro et de tucti li nostri amici, et servidori delà. Et certamente, essendo nuy intenti et occupati a questa cossi grande (a) importante et relevata impresa per la quale non solamente exponemo le gente d'arme, stato et tucte le facultate nostre, ma etiandio, la propria persona, haveressemo creduto et tenuto per certo per la fede et devotione che ne portati, ne dovesti havere mandato el dicto domino Antonio, senza essere richiesto, non che revocarlo de qua, essendo adoperato in li servicii nostri. Pertanto ne pare et cossi ve confortiamo, caricamo et stringemo che vogliati deponere tucte quelle sospectione et pagure quale haveti concepte nel animo vostro et vivere letamente et senza dubio alcuno. Immo etiandio confortare tucti li altri dellà a fare el simile, perché certamente le cose delà passarano bene, et in pochissimi dì vedereti tale principio 225v alle cose dellà che iudicareti essere vero quello ve scrivemo, et che li traditori haverano mal facto. Nì anche ne rechiedeti più el dicto misser Antonio, perché non lo lassaressimo partire de qui per modo alcuno, dispositi ch'el stia presso de nuy et attenda a questa impresa fin alla expeditione d'essa, quale, speramo in Dio, fornire presto cum gloriosa victoria et fatale ruyna de nostri inimici. Ex nostris felicibus castris apud Quinzanum, die viiii septembris 1452. Irius. Cichus. (a) Segue impresa depennato. 639 Francesco Sforza a Giorgio de Annone 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comunica a Giorgio de Annone di aver ordinato ai Maestri delle entrate di inviargli seicento lance da cavallo e trecento da piede, oltre ad otto casse di verretoni. Date le lance agli uomini d’arme che ne avranno bisogno e ai fanti che verranno lì, il rimanente con i verretoni metterà nella cittadella. Georgio de Annono. Zorzo, havimo ordinato et commisso alli Magistri del’intrate nostre che te debiano mandare lì seicento lanze da cavallo et trecento da pede et octo capse de veretoni. Perhò volemo che (havute) l'haveray, debbi dare delle dicte lanze alli homini d'arme che ne haverano di bisogno et alli fanti che venerano lì, et lo resto con li veredoni reponeray in quella nostra cittadella. Ex nostris castris felicibus apud Quinzanum, die viiii septembris 1452. Irius. Cichus. 640 Francesco Sforza scrive a Giovanni da Castronovate 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive a Giovanni da Castronovate che oltre a quello che è detto nelle lettere che porta a Pietro da Pusterla, a Giorgio di Annone, a Giovanni Matteo e agli altri faccia quanto in più gli ha comunicato direttamente per la sicurezza di Alessandria, che gli sta molto a cuore. Non volendo che per la grande moltitudine di uomini ne derivassero dei danni, se, dopo il consulto di tutti, risultasse che la si possa realizzare senza movimento di gente, agiscano. Se ciò parrà impossibile, mandino per gente sia del Castellazzo, che della città, di quella del Bergolio e degli uomini del Bergolio. Se tanto non bastasse, aspettino il Bayli o mandino per le genti che sono a Masio. Tutti loro sanno quanto Alessandria importi per lo stato sforzesco, agiscano in modo che lui se ne stia sicuro. Pietro e Giovanni Matteo non lascino il posto finché la questione non sarà definita. Fatto ciò ad Alessandria, se vi fosse qualche sospetto per il Castellazzo, il duca vuole che si faccia altrettanto là. Iohanni de Castronovate. Ultra quello contengono le littere nostre, quale tu porti dirizate a Pedro da Pusterla, Zorzo d’Annono, Zohannematheo et li altri, et quello te havemo dicto a bocha circa lo assecurarsi de Alexandria, perché habiamo quello facto molto a corre, non vorressimo per tardità ne intervenesse alcuno senistro, né ancora per molto frequentia. Il perché volimo che tu debbi essere cum li predicti nostri, alli quali 226r volemo tu dichi che debbiano bene examinare questo facto, et se gli pare che possano fare questo senza altro movimento de gente, el faciano, ma prima se gli mettano, siano bene chiari et certi che scandalo non segua. Quando non gli paresse, mandino per le gente sono al Castellazo et cum quele gente sonno in la città et quelle sonno in Bergolio et li homini de Borgolio, per fare la cosa più secura. Et quando queste vie non gli paressero secure, piutosto per fare la cosa passa bene, aspectano lo Bayli o mandino per le soe gente fossero a Maxo per havire lo favore et adiuto de dicte gente et fare la cosa senza scandalo. Tu vedi et loro cognoscono quanto importa Alexandria al stato nostro, provedeti che senza scandalo ne siamo securi et non ne habiamo a stare più in sospectione, né dubio. E Piero et Iohannematheo non se partano finchè questa cosa sia fornita, et che ne siamo advisati, et che habiano da nuy resposta, avisandone subito in zifra como haverano deliberato sequire circa questo. Ex castris nostris apud Quinzanum, die viiii septembris 1452, hora noctis iii. Cichus.Quando sarà facto questo facto de Alexandria si per (a) caso fosse sospecto alcuno al Castellazo, volimo similiter ne sia cavato et presto. Data ut supra. Cichus. (a) Segue cass depennato. 641 Francesco Sforza a Antonio Guidobono 1452 settembre 1, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza informa Antonio Guidobono che in serata è stato d lui Girardino Zoppi che gli ha saputo puntualmente riferire tutto quello che il duca in mattinata aveva ordinato alui (Antonio) per suo padre per la rocca di Cassine. Facciala commissione affidatagli e quando tutto sarà pronto, chieda ad Antonio Zoppi di consegnargli la rocca. Vuole che Zoppi sia trattato da amico, e che nulla di suo, sia nella rocca che altrove, sia toccato. Sappia che in serata ha fermato Gerardino e domani mattinalo manderà nel castello di Cremona, ove resterà finche il padre avrà consegnato la rocca, e, se non la vorrà cedere, si cercherà di averla oltre a provvedere a come dovrà comportarsi con il figlio, che domani mattina manderà dal padre un suo uomo, Baldassare da Bernareggio con una sualettera: lo lasci entrare nella rocca. Lo avvisi di quello che avrà fatto e in più gli riferisca con chi ha parlato in mattinata in modo che possa sapere da chi Gerardino è stato informato. Antonio Guidobono. Te advisamo che Girardino Zoppo è stato questa sera da noy et ne ha dicto et saputo dire tucto quello et havimo commisso per suo padre circa la rocha de Cassine, e questo avisamento gli è stato dato questa matina. Da poy che nuy te fecimo la commissione, non sapemo cum chi tu habbi conferito de questo facto, perché dicto Gerardino ha saputo el tucto punctalmente. Però vogli fare cum presteza quello te è stato commisso, et quando la cosa serà in puncto et in ordine de exequirla cum effecto, volimo che 226v tu domandi Antonio Zoppo, ch'el ne voglia dare la rocha in le mane, perché vogliamo essere securi. Et luy volimo bene tractare como bono amico, servitore et fratello et provederli per tale forma ch'el sia ben contento da nuy, ma habbi bona advertentia che non sia mosso, né tolto una minima cosa del dicto Antonio, né della rocha, né della terra, né in nissuno altro locho dove siano, avisandote como questa sera havemo destenuto dicto Gerardino, et domatinalo mandiamo in lo castello de Cremona, dove starà finchè dicto Antonio habia consegnato la rocha, et serà tractato como nostro figliolo. Non volendo dicto Antonio consignare la rocha, ne serà necessario cercare de haverla, et al figliolo fare quello tractamento ne parerà necessario. Lo dicto Gerardino manda domatina al padre uno suo chiamato Baldesar da Bernaregio cum sua littera, como è destenuto et perché habbia materia moversi ad fare el dovere; siché siamo contenti che questo Baldesar vada dentro la rocha a soa posta, ad parlare al dicto Antonio. Avisane, visis presentibus, de quello haveray sequito circa questa materia, alla executione della quale non perdere tempo alcuno, et avisane con chi tu hay conferito de questo facto, acciò sappiamo coniecturare dondelo dicto Gerardino ha saputo questo che havimo dicto de sopra. Ex castris nostris prope Quinzanum, primo septembris 1452, hora noctis ii. Cichus. Cichus. 642 Francesco Sforza a Corrado da Fogliano, Pietro da Pusterla e Giovanni Buttigella 1452 settembre 5, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza vuole che Corrado da Fogliano, Pietro da Pusterla e Giovanni Buttigella, in Alessadria si informino da Giovanni dalla Noce, prima che sia impiccato, dove si trova la grossa somma di danaro che possiede e presso chi l’ha depositata. Magnifico Conrado de Foliano, Petro de Pusterla et Iohannimatheo Butigelle, Alexandrie. Havemo inteso como domino Zohanne dalla Noxe ha bona somma de dinari già longo tempo congregati, per la qual cosa volimo, inanzi ch'el sia impichato, ch'el debiate diligentemente esaminare sopra questo passo per intendere daluy la quantità del denaro et lo loco dove sonno, et appresso de quale persona sonno reposti, et de tucto vogliatine avisare prestamente, acciochè restiamo advisati como havereti facto. Ex castris nostris apud Quinzanum, die v septembris 1452, hora ii. Iohannes. Iohannes. 643 Francesco Sforza al re di Francia 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive al re di Francia ringraziandolo per la benevolenza mostratagli dalle sue lettere e appresa anche direttamente dal suo oratore Folchetto de Vaceris e vivamente lo ringrazia per i favori e gli aiuti offertigli. Dagli oratori che gli invierà a giorni la comunità di Firenze sarà adeguatamente informato, come del pari intenderà al suo ritorno da Folchetto oltre a quello che gli diranno le relazioni di Luigi da Valperga su Guglielmo di Monferrato. Chiude elogiando il comportamento di Raynaldo Dresnay, regio luogotenente ad Asti. 228r Domino Carolo, Dei gratia Francorum regi. Serenissime ac christianissime princeps et domine mi honorandissime, premissis recommendationibus debitis, tam ex litteris serenissime mayestatis vestre, quas nobilis Folchettus de Vaceris, eiusdem mayestatis orator, superioribus diebus ad me detulit, quam ex his que Folchetus ipse viva voce mihi reseravit, intellexi perfectissimam in me caritatem, benivolentiam et affectionem eiusdem vestre serenitatis et quam liberali et iocundo animo eadem vestre mayestas se obtulit atque offert in prestando mihi favores et iuvaminia non exigua, adversus hostes meos pro mei status honore, tutela et conservatione. Nequeo igitur, serenissime princeps, satis dignas serenitati vestre gratias agere, verum illas habeo et ago que maiores haberi possunt pro tantaliberalitate et clementia, quam edocet in mittendis eiusmodi favoribus gentium suarum qui mihi adeo grati et iocundi fuerunt, ut nihil gratius audire potuissem, et pro his prelibate serenitati vestre perpetuo obligatus sum. Favores autem ipsos et presidia queque gentium armigerarum eiusdem mayestatis regie hylari ac libenti animo et ea qua decet reverentia accepto, quemadmodum spectabilis Folchetus dominus de Vaceris, mayestatis vestre orator, ad eam rediens seriosius explicabit. Ego quoque per singulos dies expecto oratores illustris ac excellentis comunitatis Florentie, qui cum oratoribus meis ad conspectum vestre serenitatis ilico venturi sunt, ex quibus, vestra sacratissima mayestas, de omnibus que acta sunt de bellis que prefate comunitati et mihi inferuntur, et de cunctis rebus Italicis clariorem ac veriorem notitiam et informationem habitura est. Interim Folchettus ipse, viva voce et per litteras instructus, regreditur de mente eiusdem excellentis comunitatis et mea, et de modis quos Aluysius de Valperga servavit in praticha, quam habuit cum prefatis dominis de Monferrato, cuius relatibus non secus ac meis dignetur vestra serenitas fidem et credentiam impartiri. Et quia magnificus dominus Raynaldus Dresnay, regius vester locotenens Ast, in omnibus negociis meis et iis, que ad me pertinere dignovit, mirum in modum laudabiliter et optimo se gessit atque per singulos dies se gerrit, non possum eum non extolerere et dignis efferre laudibus et ubique affectionem erga me suam predicare. Quare eundem dominum Raynaldum ex animo et quo enixius possum serenissime mayestati vestre recommendo. Ex castris apud Quinzanum, die viiii septembris 1452. Irius. Cichus. 644 Francesco Sforza a Carlo VII 1452 settembre 8, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comunica a Carlo VII che recentemente ha fatto ritorno da lui Iob de Palatio, suo famigliare. Il duca aggiunge che passò poi da lui Ludovico de Valperga, inviato dal marchese e da Guglielmo di Monferrato per trattare la concordia dei monferrini con lo Sforza e che apertamente gli espose come stavano le cose, avendo dal duca pronta replica a ogni punto. Arrivò poi sempre dallo Sforza Folchetto signore de Vaceris, regio oratore, che gli promise, a nome del re, “presidia magna siquidem et grandia adversus fratres ipsos de Monteferrato” e di ciò il duca gli rende infinite grazie. Lo stesso Folchetto è stato ancor oggi da lui e l’ha avvertito che dal Monferrato partiranno alcuni “proceres” inviati a Carlo VII a riferire false verità. Lo Sforza chiede al Re di non prestare loro credito ma di stare a quanto gli dirà. 228v Domino Carolo Dei gratia Francorum regi. Serenissime ac christianissime princeps et domine honorandissime, premissis recommendationibus debitis, rediit ad me elapsis superioribus diebus nobilis familiaris meus dilectus Iob de Palatio cum grata et benigna responsione ad ea que, nomine meo, sacratissime mayestati vestre exposuerat ac latissime significavit quam iocunde visus et exceptus fuit ab eadem serenitate vestra, nec conticuit sinceram ac optimam in me affectionem et caritatem ipsius vestre serenitatis, que quidem omnia adeo libenter et summa cum voluptate intellexi ut nihil iocondius nihilve gratius audire potuissem. Venit etiam, non multo post, ad me nobilis vir Ludovicus de Valepergia, quem vestra eadem serenitas ad illustres dominos Marchionem et Guilielmum de Monteferrato mittere dignata fuerat pro facienda et tractanda inter ipsos et me concordia, pace et tranquilitate et quo in loco site res essent apertissime declaravit. Ego vero ad singula per ipsum relata responsum dedi, quod eiusmodi fuit ut ipsi de Monteferrato eidem concordie et paci acquiescere debuissent, verum in hodiernam usque diem nihil actum est, quin immo prefati de Monteferrato in gerendo adversus me tam iniusto et iniquissimo bello perseveraverunt et perseverant, nec ullis persuasionibus aut comminationibus induci potuerint ut pacem mecum velint, quemadmodum eadem vestra serenitas intellexisse debuit. Profectus ad me postremo fuit, et deinde ad excelsam comunitatem Florentie spectabilis Folchetus dominus de Vaceris, eiusdem vestre serenitatis orator, qui nomine ipsius regie mayestatis vestre ingentes favores et pleraque presidia magna siquidem et grandia adversus fratres ipsos de Monteferrato et alios quoscunque illis in partibus mihi emulantes obtulit et late policitus est, asserens in mandatis habere ab eadem sublimitate vestra bellum fratribus ipsis de Monteferrato inferendi 229r quandocunque non desistant ab offensis et iniuriis meis et pacem et concordiam mecum non acceptent, pro qua re infinitas et singulares ac precipuas eidem mayestati vestre gratias habeo et ago, nec reccusere possem quam grato, hilari et iocundo animo intellexerim eam ipsam serenitatis vestre optimam erga dispositionem, pro qua eidem sacratissime mayestati vestre perpetuis temporibus obnoxius ero. Ex Florentia vero hodierna die rediit et in castris hic meis applicuit idem Folchetus, orator regius, de mente ipsius excelse comunitatis Florentie ad plenum informatus, nec minus fidem, reverentiam et devotionem ad regium culmen vestrum ac mentem et volontatem meam in premissis copiosissime intellexit; estque Folchetus ipse, de singulis materiam istam concernentibus instructus, ad eandem regiam sublimitatem quam primum rediturus. Verum intellexi prefatos dominos marchionem et Guilielmum de presenti missuros esse quosdam ex suis, nonnullos etiam proceres et nobiles partium istarum ad eandem serenitatem vestram in eorum favorem esse scripturos ut, falsa pro veris referentes, animum regium et perfectissimam in me dispositionem suam a favoribus meis retrahant vel retardent. Quibus licet certus sim regiam mayestatem vestram non facile assensum esse prebituram, verumtamen eidem serenissime mayestati vestre reverenter supplico, quatenus falsis ipsorum expositionibus, non modo assensum et fidem, verum nec etiam auditum prestare dignetur, usque ad adventum ipsius Folcheti, qui, ut prefertur, quam primum hinc abiturus est de omnibus que acta sunt et in hodiernam usque diem occurrerunt veram habens notitiam. Non enim dubito quin, intellectis omnibus, pro summa eius sapientia iudicabit ex latere meo non defuisse quin huiusmodi pax et concordia effectum habuerit et sortita fuerit. Faciet exinde mihi vestra eadem serenitas non tenuem conplacentiam et gratiam quam altissimus incolumem diu conservet et felicibus prosperet incrementis. Ex castris apud Quinzanum, die viii septembris 1452. Irius. Cichus. 645 Francesco Sforza ai marchesi di Ceva 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza narra ai marchesi di Ceva che, nonostante l’impegno da lui mostrato per venire a un accordo con i signori di Monferrato, non è pervenuto ad alcun risultato positivo. In seguito a ciò il re di Francia ha comandato al Bayli, governatore di Asti, di muovere loro guerra e di unirsi alle truppe sforzesche. Il duca sollecita detti marchesi a prestare, d’accordo con i marhesi d’Incisa, ogni aiuto alle truppe. 229v Dominis marchionibus Ceve. Credimo et siamo certi che havereti inteso cum quanto studio, cura et solicitudine havemo cercato de havere bono accordio et amicitia cum lo marchese de Monferrato et signore Guilielmo, suo fratello, et che dal canto nostro siamo voluti condescendere ad cose honorevoli per loro et più tosto cum qualche nostro incarrico per monstrare a cadauno che da nuy non mancava el vivere in pace et quiete cum loro et cum ogniuno, como è stato sempre lo desyderio nostro, et quanto loro in ogne apto se sonno deportati cum poca consyderatione et iustitia et piutosto deshonestamente verso nuy et le cose nostre, unde havendo al tucto deliberato in l'animo nostro, per honore nostro de non volere più comportare queste violentie et iniurie daloro, ve advisamo che la mayestà del Re de Franza ha commandato al magnifico Bayli governatore de Ast che, possali dicti signori de Monferrato non sonno voluto venire ad accordio cum nuy per mezanità della mayestà soa, lo quale accordio, como havimo dicto, era honorevole et utile per loro, gli debbia rompere et fare gu(e)rra et retrovarse insieme cum l'altre nostre gente che sonno dal canto delà alli damni d'essi signori. Et cossì la prefata mayestà ha mandato alione alle confine delle terre del duca de Savoya altre gente per retrovarse ancoraloro alli favori et adiuti nostri. Il perché rendendosi certi che per la fede et devotione sapiamo che haveti portato alla bona memoria del’illustrissimo signore duca Filippo et subsequenter a nuy et al stato nostro, non ne retraresti in cosa alcuna che cedesse al bene nostro, ve pregamo et confortiamo, quanto sapemo et possemo, che alle gente nostre, quale serano insieme cum lo prefato monsignore Bayli, vogliati dare ogni adiuto, favore, subsidio, conseglio et ricordo expediente contrali dicti marchese et signore Guilielmo de Monferrato, como è la nostra ferma fede et speranza in vuy, intendendovi insieme cum li signori marchesi de Incisia quali sapeti quanto sonno nostri et ancora vostri, certificandone che tucto quello che fareti per nuy posseti dire de farlo per vuy stessi. Ex castris apud Quinzanum, die viiii septembris 1452. Persanctes. Cichus. 646 Francesco Sforza a re Renato 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza informa re Renato che è stato dalui Daniel, suo ambasciatore, proveniente dai signori del Monferrato, che gli diede speranze di un accordo. Andò poi dalui, per la medesima ragione, Luigi da Valperga, ambasciatore del re di Francia e al duca. gli sottolineò che i predetti signori non hanno smesso di attaccare e di circuire i condottieri sforzeschi oltre a prendersi delle sue terre. Arrivò pure Folchetto de Vaceris, suddito di re Renato, mandato da Carlo vii, che ha offerto a Firenze e al duca grandi favori contro il duca di Savoia e signori monferrini. Detto Folchetto farà ritorno dal re bene informato della volontà di Firenze e sua. Siccome Firenze e Milano intendono mandare degli ambasciatori dal re di Francia e dalui per informarli delle cose d’Italia, lo Sforza prega re Renato di trovarsi con Carlo vii quando gli ambasciatori esporranno le necessità italiane in modo da darne il suo appoggio, dato che re Renato è stato in anticipo visitato e informato da detti ambasciatori. Folchetto, a sua volta, al ritorno gli darà notizia dei comportamenti di Daniel Arigo nei confronti del marchese e di Guilielmo de Monferrà. Lo Sforza sente il bisogno di dirgli quanto egli si sente obbligato con Raynaldo de Dresnay, suo suddito, per come si è sempre comportato a beneficio dello stato sforzesco. 230r Domino regi Renato. Serenissime princeps et excellentissime domine tanquam pater nobis honorandissime, più dì passati fo da nuy el nobile Daniel, vostro ambassatore, quale veneva dal’illustre signore marchese et signore Guilielmo de Monferrà, et ne dedi bona speranza del’accordio et pace tra essi et nuy. Da poy gli vene un'altra fiada insieme cum el nobile Aluyse da Valperga, ambassatore del serenissimo et christianissimo Re de Franza per questa medesma casone, et quantunque le resposte, quale gli dedimo nuy fosseno tale che verissimilmente li predicti de Monferrà dovesseno assentire alla dicta pace, pur non gli hanno voluto assentire, immo hanno perseverato alle offese nostre et cercato de desviare li nostri conducteri et torre delle nostre terre, como vostra mayestà haverà inteso. Postremo è zonto qua il nobile Folcheto de Vaceris, vostro subdito, mandato dal serenissimo Re de Franza, quale a nuy et alla excelsa comunità de Firenza, ove è andato e ritornato, ha offerto grandi et ampli favori contra el duca de Savoya et quelli de Monferrà ad honore, diffesa et mantenimento delli stati nostri, li quali favori ne sonno stati molto grati (a), et havemoli acceptati de bonissima voglia, et ulterius havemo spazato el dicto Folcheto, quale retorna dalla prefata mayestà del Re de Franza informato della mente et volontà della prefata excelsa comunità de Firenza e nostra circale predicte cose. Et perché essa comunità et nuy havemo deliberato mandare de presenti nostri ambassatori alla prefata mayestà del Re de Franza et alla mayestà vostra, et aspectiamo de hora in horali dicti ambassatori Firentini qua per spazarli et mandarli via presto informati pienamente delle occurrentie de qua et de tucte le cose de Italia, confortiamo et pregamo la sublimità vostra che quando sentirà li dicti nostri ambassatori essere delà di monti, gli piacia retrovarsi presso la mayestà del prefato Re de Franza per intendere le occurrentie de qua et favorirle como sarà expediente, perché dicti ambassatori farano prima capo alla mayestà vostra et cum essa conferirano el tucto et secondo li suoy pareri se governarano. Et perché questo sarà el facto proprio della mayestà vostra non ne estendiamo a solicitarla né scaldarla altramente, se non confortarla et pregarla che la voglia abrazare questi facti, perché may fo più commodo tempo et apto al facto della mayestà vostra in Italia che al presente. Dicto Folcheto torna informato apieno et (b) advisarà la mayestà vostra (c) del tucto: però non dicemo altro; quale Folcheto informarà ancorala mayestà vostra delli portamenti ha facto Daniel de Arigho in le partiche del signore marchese et signore Guilielmo de Monferrà. Piaza alla mayestà vostra credere al dicto Folchetto quam a nuy proprio. Appresso non poteressimo dire quanto siamo obligati al magnifico misser Raynaldo de Dresnay, locotenente d'Ast, per lo amore et dilectione ch'el ne porta et per li suoy boni deportamenti, quali et ha demonstrato et demonstra in favorire le cose nostre et fare tucto quello gli è possibile in beneficio, amplitudine et gloria del stato nostro. Et questo per respecto della mayestà vostra, de chi l'è subdito, perhò lo recommendiamo strectissimamente alla mayestà vostra, et haverimo a caro gli demonstri quanto ha a caro quello ch’el fa per bene del stato nostro. Ex castris apud Quinzanum, die viiii septembris 1452. Irius. Cichus. (a) Segue et accepti depennato. (b) Segue informarà depennato. (c) Segue delli portamenti depennato. 647 Francesco Sforza a Luigi de Boleris 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comunica a Luigi de Boleris l’insuccesso degli ambasciatori del Re di Francia e di re Renato portatisi dai signori di Monferrato per ottenere un accordo con lui non ricavandone che beffe. È arrivato poi Folchetto, ambasciatore del re di Francia, che ha offerto le genti che sono in Astesana col Bayli de Sans, per attaccare, ad ogni richiesta ducale, quelli del Monferrato. Il duca invita domino Luigi de Boleris a voler per ciò sostenere e sollecitare il Bayli. 230v Domino Aluysio de Boleris. Como vostra magnificentia deve essere informata, la sacra mayestà del serenissimo Re de Franza et similmente el serenissimo re Renato mandorono in queste parte de Italia soy ambassatore per tractare et fare pace et accordio tra nuy et li illustri signore marchese et misser Guilielmo da Monferrà, li quali cum tanta iniustitia et senza alcuna rasone o casone ne havevano mosto guerra in le parte de Alexandrina, et non poteno essi ambassatori fare niente perché li prefati de Monferrà non gli volseno consentire, immo se sonno facti beffe di facti suoy. Da poy è venuto da nuy el spectabile Folcheto, signore de Vaceris, ambassatore della prefata mayestà del Re de Franza, quale ne ha offerto grandissimi favori de gente ad honore, salute et conservatione del stato nostro, et, tral’altre, ce ha offerto le gente che sonno in Astesana con monsignore lo Bayli de Sans, locotenente de Ast, per rompere ad ogni nostra rechiesta et volontà contrali prefati de Monferrà. La qualcosa ne è stata molto grata et accepta, et havemo acceptato de bonissima voglia el favore delle dicte gente de Astesana, et cossì el prefato Folcheto ha mandato a dire ad esso monsignore Bayli et gli dirà in questa soa andata delà che debbia rompere guerra con le dicte gente, quale crediamo perhò debbia havere rocto al presente dì, como havereti inteso. Et quantunque sapiamo el prefato monsignore Bayli esserne grandemente affectionato et ch’el farà sempre in favore et beneficio del stato nostro tucto quello gli sarà possibile per l'amore et dilectione ch'el ne porta, nondimeno perché sappiamo che quanto più sarà scaldato et animato a questa impresala proseguirà tanto più volontera, confortiamo et pregamo la magnificentia vostra per l'amore quale sempre ce ha demonstrato et per lo desyderio quale ha della salute, honore et bene et del stato nostro gli piacia confortare et sollicitare lo prefato signore Bayli a tucte quelle cose che ve parerano essere honore, salute et bene nostro; benché comprendiamo non bisogna (a) molto confortarlo a questo, perché lo cognoscemo ogni dì più frevente et caldo ad rompere la guerra contrali prefati de Monferrà cum ogni suo sforzo et proseguire l'impresa virilmente et cum la solita animosità soa secondo l'ordinatione et volontà della prefata mayestà del Re de Franza, et fare in modo che li prefati de Monferrà se pentissano delli inhonesti et cativi modi usati contra de nuy et che gli venga voglia de acceptare la (b) pace. Queste cose ben sapiamo ch’el non bisogna, pur ve havemo voluto scrivere a satisfatione del’animo nostro et cossì ve pregamo vogliati fare perché ne fareti singulare piacere et contentamento. Circa queste cose et delle altre lo dicto Folchetto ve parlarà più largamente, alla relatione del quale piacia alla magnificentia vostra credere et dare piena fede como alla persona nostra propria.Data in castris nostris felicibus apud Quinzanum, die viiii septembris 1452. Irius. Cichus. (a) non bisogna ripetuto. (b) Segue pag depennato. 648 Francesco Sforza a Giorgio de Annone, a Pietro de Pusterla, a Giovanni Andrea Buttigella 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive a Giorgio de Annone, a Pietro de Pusterla, a Giovanni Andrea Buttigella e ad Antonio Guidobono in Alessandria, assicurandoli di essere informato del fatto di Giovanni dalla Noce: Giovanni da Castelnovate renderà loro noto cosa ha deciso. Quanto ad Antonio Zoppi, spera di vendicarsene. Messer de Bayli arriverà e unirà le sue alle genti sforzesche. Ha scritto a tutti i condottieri di obbedirgli. Curino che le fortezze siano ben vigilate e si badi che non vi siano persone sospette. Vuole che referendario e tesoriere paghino i castellani, accontentandoli nel possibile. Si mandino tanti, senza alcun riguardo di parentela, dall’Alessandrino a Milano al Consiglio segreto in modo che la città sia sicura, specialmente quando lui sarà in campo. Vuole che i marchesi di Incisa siano dotati di fanti e di cavalli per laloro difesa e si assecondino sempre le richieste di munizioni di Petrino. 231r Georgio de Annono, Petro de Pusterla, Iohannimatheo Butigelle et Antonio Guidobono, Alexandrie. Per le vostre littere restamo advisati del facto de domino Zohanne dalla Noxe et a questo non dicemo altro, perché Iohanne da Castelnovate ve informarà a pieno della mente nostra. Circalo facto de Antonio Zoppo ne recresce del damno delli nostri servitori: pur de questo speramo ancora farne vendetta. Circale cose della impresa dellà, monsignore Bayli venerà subito dellà cum tucte le soe gente ad mettersi insieme cum le gente nostre sonno, siché volimo sia obedito quanto la persona nostra da ogniuno. Alli conducteri tucti scrivemo circa ciò, como vedereti per la copia qui inclusa, perhò non dicimo altro se non che sollicitati cum prestezali provedimenti dellà per la guerra, como dicto Iohanne ve referirà. Ancora volimo provediate alle forteze de fargli fare continua bona guardia et che se veda non gli fossero delle persone sospecte, cioè delle paghe di castellani et conestaveli delle porte, committendo al referendario et thesaurerio che tengano pagati dicti castellani et ben contenti quanto sia possibile. Insuper volimo siano cavati tanti de Alexandrina et mandati a Mediolano al nostro Conseglio secreto subito cum presteza, che nuy siamo securi la città sia nostra et se tenga per nuy maxime quando le nostre gente sarano fuori (a) in campo. Et a questo non se habbia respecto ad amici nì parenti né a nissuno se non solo al ben nostro et al stato nostro, como siamo certi che farà caldamente cadauno de vuy. Per più vostra chiareza havemo sottoscripto la presente de nostra propria mane. Ve advisamo che de questo se posiamo sotto le spale vostre, siché provedeti che siamo securi della città. Postremo volimo che alli magnifici marchesi de Ancisia sia proveduto de cavalli et fanti per defesaloro et de monitione secondo rechiederà domino Petrino, et che de cosa che domandasero non gli sia dicto de non. Immo factoli ogni careze et honore quanto a noy stessi. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die viiii septembris 1452. Cichus. Cichus. (a) fuori in interlinea. 649 Francesco Sforza a Pietro de Brexa 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comunica a Pietro de Brexa, conte ebruisense, che Folchetto de Vacheriis, oratore e armigero del re di Francia dai cui rapporti, come da quelli di alcuni oratori ducali inviati presso il sovrano, ha chiaramente inteso quanto affetto egli gli porti e come egli abbia insistito e insista con il re in suo favore. Quantunque ciò non gli suoni nuovo per la reciproca benevolenza che vi è fraloro, lo ringrazia, per cui accolga quello che, in suo nome, gli dirà Folchetto come se glielo manifestasse direttamente lui. In simile forma si è scritto ad altri sotto nominati. 231v Domino Petro de Brexa, comiti Ebruisensi, et cetera. Magnifice tanquam frater mi carissime, fuit ad nos nobilis vir Folchetus de Vaceriis, regis Francorum orator et armiger, cuius ac nonnullorum, etiam oratorum nostrorum quos ad serenissimam regiam maiestatem emiseramus, relatibus plane intelleximus quantum vestra magnificentia nobis sit affecta quantumve apud prelibatam serenissimam regiam magiestatem pro nobis institerit et instet suos quoslibet conatus pro nostris favoribus exponendo. Pro qua quidem re, etsi novi nichil nobis accidat pro ea, qua dudum benivolentia et caritate copulamur ad invicem, tamen quantum possumus eidem magnificencie vestre congratulamur, et quas debemus, gratias agimus, quo fit ut prefato Folcheto, oratori regio, nonnulla memorie sue pretacte magnificentie vestre, nostri parte, referenda dederimus, cuius affatibus, ceu nostris propriis, vellit eadem fidem credulam impartiri. Ex castris apud Quinzanum, die viiii septembris 1452. Cichus. In simili forma scriptum fuit infrascriptis: magnifico domino Petro de Bellavalle, domino dela Baycera, locuntenenti illustris domini comitis Cenomanie, magnifico domino Ludovico de Bellavalle, domino de Persigum, magnifico domino deloce, magnifico domino Amiraldo Francie, magnifico domino Iacobo de Cabanis, magno magistro Francie, magnifico domino Iohanni de Zambis, domino de Monsorco, Iohanni de Mausyn regio scutifero. 650 Francesco Sforza a Rainaldo Drasnay 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza esprime a Rainaldo Drasnay, governatore regio, che da Folchetto de Vacheriis, oratore e armigero del re di Francia, di ritorno da Firenze, e da messer Luigi, suo cappellano, ha saputo della sua piena disposizione verso di lui e della commissione che ha dal sovrano di fargli avere, a ogni suo richiesta, ogni aiuto necessario per la difesa dai nemici. Lo ringrazia per il suo appoggio e lo sollecita, come ha fatto parola ai due summenzionati signori, a fargli avere tale aiuto con ogni celerità. Domino Raynaldo Drasnay, regio gubernatori. È ritornato da Firenza el expectabile Folcheto de Vaceriis, oratore et armigero del serenissimo re de Franza, et cossì (è) revenuto qui da nuy el venerabile messer Aluyse, vostro capellano, dal quale havimo molto largamente inteso quanto sia optimala vostra dispositione verso nuy et l’ampla commissione quale haveti dala mayestate del serenissimo re di darne ad ogni nostra requisitione ogni expediente adiuto et favore perché se possiamo defenderci dali nostri inimici, dela qual cosa se ne troviamo tanto di bona voglia quanto più dire se possa, et ne rengratiamo essa vostra magnificentia de tale soa optima dispositione verso nuy. Et perché in queste facende nostre è bixogno de presto adiuto, confortiamo, pregamo essa vostra magnificentia che voglia cum ogni soa celeritate e presteza acellerari tuti quelli adiuti et favori che ne pò dare perché, facendo presto, darimo ad intendere ali nostri inimici che non haverano facto bene ad pigliare tale impresa contra nuy. Et sopra ciò havimo più largamente dicto la voluntate nostra ali prefati Folcheto et domino Aluyse, ali quali vogliala vostra magnificencia dare piena fede quanto ad nuy medesmi. Data in castris apud Quinzanum, die viiii septembris 1452. Bonifacius. Cichus. 651 Francesco Sforza al cardinale andegavense 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ringrazia il cardinale andegavense, legato in Francia, per la lettera con cui lo informa della benevolenza di Carlo VII verso Firenze e verso di lui, pronto ad ogni aiuto, in modo che il duca di Savoia e i signori del Monferrato abbiano a desistere dai loro propositi ostili. Gli fa parola della venuta di Forchetto da Vaceres con lettere per Firenze e per Milano e con l’ordine al Bayli di Asti di attaccare i signori monferrini. Accenna all’aggressione improvvisa e imprevista di quei del Monferrato, nonostante i loro proclami di aver fatto la lega con Venezia, il Re di Aragona e il Savoia per la difesa degli stati e non per attaccare guerra. Il duca, per contro, ha sempre proclamato di ricercare l’accordo con loro, come anche attestarono le trattative di Luigi di Valperga e Daniele Arrighi, oratori del re di Francia e di re Renato, che n’ebbero a compenso solo beffe, il che portò ad attaccarli e, pur conseguita la vittoria, il duca ha sempre perseverato in passar loro tremila denari mensili. Il duca chiede al cardinale di voler attestare al Re la sua riconoscenza per la condiscendenza mostrata nel soccorrerlo: è quello che anche gli attesteranno Acciaioli per Firenze e l’inviato milanese. 232r 1452 die 9 septembris, apud Quinzanum. Reverendissimo domino G. cardinali Andegavensi, dal titolo di San Martino in montibus, legato in Franzia. Havemo recevuta hogi unalettera dela vostra reverenda signoria de dì xxiii de passato data ad Turris, per la quale ne significati la optima dispositione del serenissimo re de Franza verso la excelsa comunità de Fiorenza et nuy in volerne adiutare et favorire et succurrere contrali inimici dela mayestà sua et casa soa et nostri, quali ne offendono et molestano iniustamente et indebitamente, e como la mayestà soa ha facte venire ad Leone alcune gente bene impuncto per mandarle de qua bisognando, et como essa mayestà per più nostro favore vene ad Leone per essere più appresso al succurso nostro et adiuto, perché el duca de Savoya et li signori de Monferà habiano materia desistere dali incepti suoi et che, non desistendo, la mayestà soa procedarà ala destructione loro, et cetera, respondiamo che havemo havuto grandissimo piacere et consolacione dele littere dela signoria vostra et multo le havemo havute care et gratissime quanto dire se possa. La prefata mayestà mandò ali dì passati qui el nobile Forchetto da Vaceres cum lettere soe ad noy, ala comunità de Fiorenza et de Milano, offerendo tanto largamente ogni adiuto et favore et portato el comandamento ad monsignor Bayli d'Ast che ad ogni nostra rechiesta debia rompere guerra (a) al marchese de Monferà et signor Guilielmo. Nuy, prima che venesse dicto Forchecto, nonostante che dicti signori de Monferà ne hanno rotto guerra iniustamente et de improviso senza farne alcuno adviso, ma sempre dicevano havevano factalaliga cum Venetia, re de Ragona et Savoya ad defensione deli stati et non per fare guerra, et sempre dixero fino al dì che roppero la guerra che volevano vicinare bene et vivere im pace, siché sucto quella fidanza havemo recevuto damno. Pur nondimeno sempre havemo dicto volere cum loro havere bona fraternità et accordio et pace, e così fo tractato per Aluyse de Valperga et Daniello Arighi, oratori deli serenissimi Re de Franza et re Renato, non volsero may assentire, da poy, defendendosi noy, fo rocto per le nostre gente el signore Guilielmo (b), como la signoria vostra haverà inteso. Et nonobstante havessemo la victoria contraluy, pur da poy sequitala victoria, havimo voluto seguire quello medesmo accordio che prima, in darli provisione denari iii mila al mese, et ha delegiati dicti oratori, unde havemo rechiesto al dicto Bayli voglia rompere contrali dicti de Monferà, et così havimo mandato daluy vegna ad mettersi insieme cum le gente nostre in Alexandrina, 232v et havemogli datala obedientia d'esse nostre gente et deliberamo seguire la guerra contraloro et dargli de quelle fructe cerchano, da possa non hanno facta stima dela prefata mayestà né deli (c) amici et benivoli suoi: el duca de Savoya conspira cum li dicti de Monferà. Non sapemo che altro dire se non che quello serenissimo re ha monstrato tanta cordiale affectione, liberalità (d) et amore verso nuy, che nuy, et chi sarà mai de nuy, gli saremo perpetuo obligatissimi cum tucto quello havemo et haveremo in questo mondo, comprendiamo de tanta magnanimità e liberalità non poressemo per modo alcuno rendere (e) gratie, ma cum li tempi se sforzarimo monstrarlo con li effecti, siché la signoria vostra regratii quello serenissimo principe quanto gli parerà per parte de signori Fiorentini et nostra. Et non vogliamo dir altro, perché havemo ordinato signori Fiorentini et nuy mandare de proximo doi nostri ambaxatori, l'uno sarà misser A. Azzaioli, l'altro uno deli nostri, quali venerano da essa mayestà ad fare quanto è nostro debito et per intendere dala mayestà soali recordi et consigli et pareri de quanto se habia ad sequire, perché tucto el nostro fundamento et speranza è reposto in la soa mayestà. Piacene assay che la signoria vostra retorni de proximo et che la venga informata dela mente d'essa mayestà et dele cose dellà. Tucte le lettere dela signoria vostra havemo havute, che ne sonno state molto grate et accepte, et quanto possiamo regraciamo la signoria vostra. Dele cose de qua non dicemo altro, perché Folcheto torna informato del tucto. Cichus. (a) guerra in interlinea. (b) el signore Guilielmo a margine. (c) Segue altri depennato. (d) liberalità in interlinea. (e) Segue tanto depennato. 652 Francesco Sforza a Pietro da Pusterla 1452 settembre 10, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comunica a Pietro da Pusterla di aver inteso che ha arrestato Scalabrino, uomo d’arme compagno di Gerardino Zoppi. Gli sequestri le lettere che aveva con sé e poi lo lasci libero. Petro de Pusterla. Havimo inteso che tu hay sostenuto lì uno homo d'arme, compagno de Gerardino Zoppo, chiamato Schalabrino, cum alcune littere che ne piace. Ma pur, siamo contenti e volimo che tu gli debbi togliere le lettere e mandarcele (a) e luy relaxare e mettere in libertà de andare dove gli piace. Ex felicibus castris apud Quinzanum, die x septembris 1452. Ser Iacobus. Cichus. (a) Segue littere depennato. 653 Francesco Sforza a Moretto di Sannazzaro 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza dice a Moretto di Sannazzaro, a Sacramoro di Parma, a Giovanni Anguissola, a Giovanni de Scipione e ad Antonello de Burgo, in Alessandria, di essere informato del tradimento di Antonio Zoppi da Cassine e di ciò che intendeva fare Giovanni dalla Noce. Ritiene che siano a conoscenza della decisione del Re di Francia di mandare lì in aiuto il Bayli di Sans, governatore di Asti, con tutte le genti che ha nell’Astigiano, oltre all’inviare tremila cavalli al di qua di Lione. Raccomanda sollecita obbedienza a detto Bayli. 233r Domino Moretto de Sancto Nazario, Sacramoro de Parma, comiti Iohanni de Angussolis, Iohanni de Sipiono, Antonello de Burgo, Alexandrie. Restiamo advisati fine a questo dì como le cose sonno dellà et del tradimento ha facto Antonio Zoppo da Cassine, et quello voleva fare domino Zohanne dalla Noxe. Se sforzaremo fare in modo che chi haverà facto male, sarà punito secondo la iustitia vorrà, e questa è la nostra intentione et deliberatione. Preterea havereti inteso como la mayestà del re de Franza manda in nostro favore monsignore Bayli de Sans, governatore de Ast, cum tucte le soe gente sonno in Astesana, et cossi ne mandarà iii mila cavalli, quali sonno de qua delione, siché, medianti li favori della prefata mayestà del re de Franza non dubitamo che castigarimo li inimici nostri de quello ne hanno facto iniustamente. Et perché de presenti il prefato monsignore Bayli venerà là cum tucte le gente per essere insieme cum vuy, vogliamo che immediate senza dimora, como sarà venuto, andati da luy cum tucti li vostri et fare guanto per luy ve sarà commandato et obedire la magnificentia soa quanto la persona nostra propria. Et vogliativi in questo portare cum tale sollicitudine et prudentia, obedientia et reverentia che habiate caxone recuperare la infamia ve è data, che da poy, rocto el signore Guilielmo, non habiate facto cosa alcuna, de che haveti tanto in carico et infamia alle spale per tucta Italia che più non se porria dire, non vuy solo, ma tucti voy dellà, ma portandovi cum obedientia, sollicitudine et prudentia, como siamo certi fareti, le cose nostre se dirizarano et passarano, Deo dante, cum felicità et prosperità, et vuy recuperareti l’honore vostro et acquistareti fama et reputatione. Et non dicemo altro, si non che vogliati fare et portarve in modo che siati laudati da nuy et da ogne persona, et non biasemati. Ex castris apud Quinzanum, die viiii septembris 1452. Zaninus. Cichus. 654 Francesco Sforza a Giovanni di Alessandria 1452 settembre 9, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comunica a Giovanni di Alessandria che il Bayli di Sans gli ha richiesto l’assunzione ai servizi ducali del conestabile Abe di Guglielmo, il cui ingaggio è di 200 ducati. Il duca è del parere che lo si prenda. Insista pertanto presso il doge affinché consenta di prelevare la predetta somma; avutala, la consegni al famiglio ducale Iob da Palazzo. 233v Domino Iohanni de Alexandria. Monsignore Bayli de Sans, governatore d'Ast, ne fa grande instantia che vogliamo torre alli nostri servicii uno conestavele del signore Guilielmo, chiamato Abe, cum ducento fanti, lo quale se ne ritrova de presenti fanti 120 vivi, et dice il dicto Bayli che elIo è uno valenthomo et persona da bene et per ducati 200 se condurà dal canto nostro. Per la qual cosa, parendone necessario havere delli fanti a quella impresa, et per torre delle gente alli inimici nostri, vogliamo pregati et instati appresso lo illustre signore domino lo duxe che de quelli mccc ducati che sonno depositati lì, gli piaza et voglia remagnere contento ne possiati torre dicti ducati ducento per levare et torre dicto conestavele. Et pregati la signoria soa che a questo bisogno nostro non ne voglia dire de non a questa volta, et fati tanto che la signoria soa resti contenta acciochè se possa torre in ogne modo dicto conestavele. Li quali ducati 200 vogliateli darli et numerargli a Iob da Palazo, nostro famiglio, perché lui è informato de questa facenda a pieno. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die viiii septembris 1452. Zaninus. FranciscuSfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Cichus. 655 Francesco Sforza ai nobili di Valperga in Masio 1452 settembre11, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza sollecita i nobili di Valperga in Masio, i marchesi di Incisa, il comune e gli uomini di Viularo a dare passaggio, vettovaglie e favorevole accoglienza agli uomini che verranno al comando del Bayli, luogotenente di Asti, uomini che il Re di Francia ha impegnato in lotta contro Guglielmo di Monferrato, oltre alla gente che si trova ancora al di là delle alpi, schierata ai confini del duca di Savoia. Nobilibus de Valperga in Masio, nobilibus marchionibus Incisie, comunis et hominibus Viularum. Como ne rendiamo certi havereti inteso, el è piaciuto alla serenissima mayestà del Re de Franza, sì per laliga è fra nuy, sì per lo amore et affectione ne porta, darne favore et adiuto contra nostri inimici, et de presenti de rompere contra el marchese de Monferrà et signore Guilielmo per lo magnifico Bayli, locotenente de Ast et le soe gente sonno in quello de Ast. Et tuctavia mandarà del’altra gente, quale sonno dellà delli monti alle confine del duca de Savoya, et credemo, alla recevuta de questa, esso Bayli sarà mosso per venire in Alexadrina alli nostri favori. Il perché, quantumque non bisogna, a nostra satisfactione ve confortiamo, carricamo et stringemo, per questa nostralettera subscripta de nostra propria mane che, venendo esso Bayli in quella vostra terra o mandandoli delle soe gente, o per commissione soa, o delli nostri officiali de Alexandria, che gli vogliati dare transito, victualie, recepto et ogni altro favore et adiuto necessario, secondo et como per lo dicto Bayli o per li nostri de Alexandria sarete rechiesti, facendo tucto quello per loro che faresti per la nostra propria persona. Et a questo non vogliati mancare se amate el bene del stato nostro. Ex castris nostris apud Quinzanum, die xi septembris 1452. Leonardus et Iohannes Antonius. FranciscuSfortia Vicecomes manu propria subscripsit. Iohannes. 656 Francesco Sforza al capitano della cittadella di Novara 1452 settembre 10, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza risponde al capitano della cittadella di Novara assicurandolo di aver scritto ai Maestri delle entrate di impegnare i danari che devono ancora ricevere dai dazieri della città nella riparazione della cittadella, se già non hanno avuto altra destinazione. 234r Capitaneo nostro citadelle Novarie. Respondendo alla toalettera circa quelli denari che ne restano dare li daciarii de quella nostra città, ti dicimo che ne havimo scripto alli Magistri del’intrate nostre per forma che, se li dicti denari non sarano asignate altroe, li farano spendere in reparatione de quella nostra citadella et farano ad essi dacierii le debite confessione. Ex castris nostris apud Quinzanum, die x septembris 1452. Bonifacius. Iohannes. 657 Francesco Sforza al commissario di Novara 1452 settembre 10, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza scrive al commissario di Novara di rilasciare Angelino da San Giorgio, catturato in territorio sabaudo, come richiestogli dall’avvocato Giacomo, consigliere del duca di Savoia. Volontà dello Sforza è che i sudditi del Savoia siano, ovunque presi, bene e umanamente trattati. Se, invece, fosse stato catturato nelle terre di Guglielmo di Monferrato, lo si avvisi perché possa decidere adeguatamente. Quanto alla richiesta che il commissario ha avuto di andare a parlare con Giacomo per faccende inerenti al duca sabaudo, vuole che al suo ritorno lo informi del colloquio. Commissario Novarie. Respondendove ad una vostra circala rechiesta ve ha facto domino Iacomo, advocato, consigliero del’illustre duca de Savoya, de fare relaxare domino Angelino da Sanzorzo, che scriviti essere pigliato nel territorio d'esso duca, dicimo che se esso domino Angelino è stato preso in lo territorio predicto, che lo debiate fare relaxare liberamente et senza alcuna taglia, perché nostra intentione non è che li subditi d'esso signor duca siano molestati né pigliati, né in le terre soe, né in le nostre, imo che siano bene tractati et humanamente como li nostri medesmi sudditi. Ma se forse fosse stato pigliato in le terre del signore Guilielmo, o in campo delle soe gente, dicimo che ne debiate avisare, perché ve responderimo quanto sarà a fare. Alla parte che siate rechiesto de andare a parlare seco per cose pertinente al prefato duca et a nuy, et che habiate ellecto el loco de Rodobio per andare lì, dicimo che, parendo a vuy de andarci, nuy ne serimo contento, pigliando perhò tale posta insieme che in quello di medesmo che andareti, possiate retornare indreto. Et de quanto poy havereti parlato et conferito insieme, subito per vostralettera ne advisareti. Ex castris nostris apud Quinzanum, die x septembris 1452. Et quello medesmo dicimo debiate observare verso il fratello d'esso domino Angelino. Data ut supra. Bonifacius. Iohannes. 658 Francesco Sforza a Ventura da Parma, Manfredo da Manfredonia, Bartolomeo da Trani 1452 settembre 10, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza assicura Ventura da Parma, Manfredo da Manfredonia, Bartolomeo da Trani e gli altri armigeri alloggiati a Ripalta di aver inteso quale è stato il comportamento di Antonio Zoppi da Cassine, che sarà adeguatamente punito. Per quanto riguarda lo stato di assedio in cui attualmente si trovano, non devono preoccuparsi perché contro il marchese e Guglielmo di Monferrato si è mosso il governatore di Asti. Rimanderà soddisfatto Graziolo da Vincenza e a Manfredo promette che avrà subito i denari che gli spettano. 234v Venture de Parma, Manfredo de Manfredonia, Bartholomeo de Trano et ceteris armigeris allogiatis in Ripalta. Havimo recevuto unalettera vostra et inteso quanto ne haveti scripto delli modi che ha tenuto quello valenthomo de Antonio Zoppo da Cassine: dicimo che ve dati bona voglia che, prima siano troppo dì, lo farimo pentire del suo fallo et farimo che sarà exempio a tuctalombardia, como merita. Et questo farimo molto meglio cum effecto che non dicimo cum parole. Et perché diceti che siati remasti assediati lì, dicemo che non haveti a dubitare, perché siamo certi che havereti inteso como lo governatore d'Asti ha rocto guerra in Monferrà al marchese et signore Guilielmo, et se retrovarà alli damni loro insieme cum quelle gente nostre che sonno in Alexandrina, in modo che vuy tucti sareti sufficienti ad assediare altri. Pur nondimeno attendati a bona guardia de quello, che non ve intervenga sinistro alcuno et sforzativi per ogni modo damneggiare li inimici quanto ve sia possibile. Alla parte del damno che haveti havuto in Cassine, ne rincresce et dole grandemente. La intentione nostra è che non perdati, et perhò siamo contenti che, in qualunque loco deli nostri se retrovarà delle cose (a) del dicto Antonio Zoppo, ve ne possiate pagare sopra esse, como è iusto et rasonevele. Gratiolo da Vicentia remandarimo subito spazato, et cossì provederimo che ti, Manfredo, haveray subito lo resto de quelli denari. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die x septembris 1452. Persanctes. (b) Iohannes. (a) cose in interlinea su robbe depennato. (b) Precede Cichus depennato. 659 Francesco Sforza a Giovanni da Castronovate 1452 settembre 10, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comunica a Giovanni da Castronovate che sono stati trovati addosso a Giovanni dalla Noce trecento ducati d’oro, che egli consegnerà a Perino de Incisa dal quale, come pure dagli altri marchesi di Incisa, si farà dare i cavalli e i muli che erano di detto Giovanni. 235r Iohanni de Castronovate. Iohanne, doppo la partita toa, siamo avisati che domino Zohahne dalla Noce ha in pecto ducati trecento d'oro. Pertanto volimo debbi tuorgli et darli a misser Perino de Incisia et farati dare da esso domino Perino et quelli altri marchesi li cavalli et mulli che hanno in le mane del prefato domino Zohanne et menarali da nuy, secondo te commettessemo. Data in castris nostris felicibus apud Quinzanum, die x septembris 1452. Iacobus Botatius. Cichus. 660 Francesco Sforza ordina a Giorgio de Annone 1452 settembre 11, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza ordina a Giorgio de Annone, in Alessandria, di far pulire, come gli ha segnalato il castellano del Castellazzo, i fossati di quel castello. Georgio de Annono, Alexandrie. El nostro castellano del Castelatio ne ha scripto ch'el bisogna fare netezare le fosse de quella forteza, perché, in quello modo che stano de presenti, non stano già bene. Il perché volimo che, intendendoti cum lo dicto castellano, provedi inmediate, havuta questa, per quello modo et via che megliore te parerà de fare netezare et a(co)nciare le dicte fosse che stiano como deveno stare, et avisane como haveray tacto. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xi septembris 1452. Persanctes. Dupplicata die xvii septembris. Per Iacobum Botatium. Cichus. 661 Francesco Sforza al referendario di Alessandria 1452 settembre 11, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza comanda al referendario di Alessandria di provvedere che il castellano del Castellazzo abbia il salario che hanno gli altri castellani di Alessandria e riceva i denari delle sue paghe in tempi più ravvicinati di quel che accade al presente. Referendario Alexandrie. Il castellano nostro del Castellatio ne ha facto dire che aluy non è dato quello salario delle soe paghe che hanno li altri nostri castellani de Alexandria, et ch'el non pò havere li denari delle paghe se non de tri mesi in tri mesi, como tu devi essere informato, et che per mantenere li suoy compagni, gli è bisognato impignare una bona parte della soa robba. Il perché, como havimo ancora scripto alli nostri Magistri del'intrate, dicimo ad ti et volimo che provedi che subito cum effecto lo dicto castellano habia quello salario che hanno li altri nostri castellani de Alexandria, como ne pare iusto et rasonevele, et ch'el pagamento suo non sia menato tanto in longo, ma più breve 235v, acciò luy possa supplire alli suoy bisogni, perché tu vedi quanto quella (a) forteza importa al stato nostro. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xi septembris. Persanctes. Dupplicata per Iacobum Botatium die xvii septembris. Cichus. (a) Segue terra depennato. 662 Francesco Sforza al castellano del Castellazzo 1452 settembre 10, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza assicura il castellano del Castellazzo che, in seguito alla sua lettera, ha sollecitato i Maestri delle entrate e il referendario di Alessandria perché abbia il medesimo salario dei castellani di Alessandria. Quanto alla pulitura dei fossati del castello, ne ha scritto a Giorgio d’Annone. Castellano Castellacii. Havimo recevuto la toa lettera et inteso quanto ne hay scripto circa lo facto del tuo pagamento, ti dicimo che la intentione nostra è che tu habbi quello salario che hanno li nostri castellani de Alexandria, (a) et che te sia facto qualche aconcio più che non hanno li altri castellani. Et cossi ne scrivemo in opportuna forma per le alligate alli nostri Magistri del’intrate et al referendario de Alexandria, siché solicita havere il spazamento tuo. Circa lo facto del netegiare le fosse de quello castello, ne scrivemo per l'alligata accompimento a Zorzo d’Anonno. Però sollicitaray siano acconcie presto, como vogliono stare, et tu fa che dal canto tuo attendi continuo dì et nocte alla bona guardia de quello castello per forma che non te intervenga sinistro né inconveniente alcuno. Ex castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xi septembris 1452. Persanctes. Dupplicata per Iacobum Botatium die xvii septembris. Cichus. (a) Segue siché solicita depennato. 663 Francesco Sforza al re di Barberia Moler Othmen 1452 settembre 11, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza raccomanda al re di Barberia Moler Othmen il mercante lombardo Francesco della Fera che si reca in quelle parti per vendere delle merci. Affida alla sua protezione Francesco e i suoi soci in ogni loro spostamento e occorrenza. 236r Serenissimo principi et excellentissimo domino domino honorandissimo domino Moler Othmen regi Barbarie, et cetera. Serenissime princeps et excellentissime domine honorandissime, accedente ad partes illas viro provido Francisco dela Fera, mercatore Lombardo et amico nobis carissimo, cum certis mercanciis in regionibus illis expediendis, et cupientes sibi bene essere et peregrinationem eidem tutam fare, duximus eum et sotios suos mayestati vestre commendare, non dubitantes pro ea singulari humanitate et caritate, qua nos prosequitur excellentia vestra quin eos in quibuscumque occurrentibus suscipiat recommissos, quod ad singularem complacentiam nobis ascribemus. Parati semper in similibus et maioribus ad beneplacita serenitatis vestre, quam diu conservet Altissimus. Ex castris nostris apud Quinzanum, die xi septembris 1452. Ser Iacobus. Cichus. 664 Francesco Sforza a Giorgio de Annone, Pietro de Pusterla e di Giovanni Buttigella 1452 settembre 10, “apud Quinzanum”. Francesco Sforza risponde alle lettere di Giorgio de Annone, Pietro de Pusterla e di Giovanni Buttigella in Alessandria e circa la donna mandata da Guglielmo di Monferrato vuole che si accerti se è andata senza licenza dagli ufficiali nell’Alessandrino e dispone che ritornata venga arsa viva. Si dice soddisfatto di quanto è stato da loro risposto al Bayli, governatore di Asti, circa il suo muoversi con i suoi contro quelli del Monferrato e li avverte di aver scritto ai gentiluomini di Mase da Incisa e a quelli di Vuigli. Ha saputo delle informazioni date da detto Bayli e di quello che ha fatto sapere Niccolò Alioner circa i fatti di Luigi da Valperga. Li informa di aver inviato lettere a Carlo VII e a re Renato e che Folchetto da Vaceres ha fatto ritorno dal re di Francia. Rimane in attesa degli ambasciatori di Firenze che aggiornati delle vicende belliche andranno dal sovrano di Francia. Loda il trasferimento degli ostaggi del Castellazzo a Milano e vuole che, per maggior sicurezza del posto, si faccia altrettanto per altri detenuti sospetti. Dei fatti di Alessandria sono stati messi al corrente da Giovanni da Castelnovate. Prendano per la sicurezza di Tortona quei provvedimenti che crederanno opportuni e si accordino con Filippo Confalonieri, che dev’essere giunto là con cento fra balestrieri e fanti per la guardia delle fortezze. Ordina a Giovanni Matteo Buttigella di non andarsene da lì fino a che le cose non saranno del tutto aggiustate. Dice a Giorgio di Annone di sorvegliare Menabruzzo. Gli ripete l’ordine di far provvedere alla pulizia dei fossati del castello del Cortellazzo. Georgio de Annono, Petro de Pusterla, Iohannimatheo Butigelle Alexandrinis. Heri et hoge havimo recevuto più vostre lettere de vii, viii et viiii del presente, et inteso quello ne haveti scripto, respondimo, et primo, alla parte de quella femina che ha mandato lì messer Guilielmo de Monferrà ad contaminare quelli nostri citadini cum cianze et frasche, et cetera, che vuy la debiate fare bene examinare, et trovando che sia andata senza licentia delli nostri officiali de Alexandrina et che puoy, siando tornata, non habia referito dicta ambassata, primo alli nostri dicti officiali che ad alcuno della terra, volimo che la faciate bruxare per terrore et exempio de quelli che havesseno volontà de fare male. Della venuta de domino Nicolò Alioner, ambaxatore della maestà del re de Franza, remanimo advisati et ne haveti facto cosa molto grata ad havergli facto honore et careze como scriveti. De quanto ne ha mandato a dire lo magnifico Bayli, governatore d’Ast, del suo venire inanze et del mandare de soe gente per rompere contra quelli de Monferrato, et cetera, remanimo advisati et ne piace quanto haveti resposto et, como per altra nostra ve havimo scripto, replicamo che nuy havemo scripto in opportuna 236v forma alli zintilhomini de Mase de Incisa et a quelli de Vuigli, et ve havimo mandato littere como havereti veduto, alla recevuta de questa. Non dicimo altro se ben che solicitati el prefato Bayli ch'el venga inanzi presto et contrali dicti de Monferrato et cossì carricareti li dicti zintilhomini che lo recepteno como gli havimo scripto. Circa quanto ve ha scripto el magnifico Bayli et puoy ve ha mandato a dire messer Nicolò Alioner delli facti de Aluysio da Valperga, havimo inteso quanto ne haveti scripto. Ve advisamo che nuy havimo scripto in bona forma alli serenissimi re de Franza et re Renato et mandato viale nostre lettere per uno nostro proprio cavallaro, lo quale al presente deve essere a mezo lo camino de qui là dove se ritrovano li prefati illustrissimi regali. Da poy è partito de qui Folchetto da Vaceres, ambaxatore d'esso serenissimo re de Franza, per retornare dalla maestà soa, como havereti inteso, et va informato et bene instructo delle cose dal canto de qua et della mente et intentione nostra. Puoy nuy aspectamo qui de di in di li ambassatori della excelsa comunità de Fiorenza, li quali vanno dalle loro maestà et cum essi mandarimo ancorali nostri ambassatori, informati accompimento de tucte le cose dal canto de qua. Circalo facto delli obstagii, che haveti tracti del Castellacio et mandati a Milano, dicimo che haveti facto bene et ve ne lodiamo grandemente confortandove et carricandove, parendone che se sia el meglio, che vogliati cavare ancora delli altri che siano da essere tenuti sospecti, in modo che la terra remanga secura et che nuy et vuy ne possiamo vivere senza dubio né sospecto alcuno et assecurativene prestissimo, usandogli ogni vostro studio, cura et solicitudine et non gli manchati in cosa alcuna, perché tucto questo carrico et peso lassamo sopra de vuy. 237r Delli facti de Alexandria havereti inteso quello che ve havimo mandato a dire per Zohanne de Castelnovate et puoy quello che havimo scripto per la nostra da di xi, però non dicimo altro. Del facto de Tortona dicimo che vuy vedati fargli tucte quelle provisione che ve pareno, siché quella città stia bene secura, nonobstante che havevamo ordinato che gli fosse mandato messer Filippo Confalonero cum cento fra balestreri e fanti per fornire quelle forteze, lo quale, per quanto havimo inteso, è gionto là che ne remanimo contenti et satisfacti, et però intendetivi cum luy in tucto quello bisogna. Ti Iohannematheo non volimo te parti dellà finché quelle cose de Alexandrina siano in bono asseto et retrovati insieme cum li altri a providere a quello che accaderà. Circali facti de Menabruzo havimo inteso quello che ti, Zorzo, ne hay scripto: ti dicimo che nuy non se contentamo che li venga da nuy, et molto manche delle securtate ch'el dice ne vole dare, però vogli dargli qualche honesta resposta como parerà et che luy la intenda et teneralo sotto si facta et tale guardia che non te ne intervenga sinistro alcuno. Ulterius, como per altra nostra te havimo scripto, hogi te replicamo che tu provedi de fare mondare et netezare le fosse della rocha del Castellatio in modo che stia bene, et questo faray senza perditione alcuna de tempo intendendote però cum quello nostro castellano. Altro non ne accade se non che iterum ve carricamo et stringemo che vogliati exequire cum ogni presteza et celerità quello che ve havimo scripto et mandato a dire per lo dicto Zohanne da Castelnovate et advisatine de passo in passo como havereti facto.Ex castris nostris apud Quinzanum, die xii septembris 1452. Persanctes. Cichus. 665 Francesco Sforza a Giorgio de Mayno 1452 settembre 12, “apud Quinzanum.” Francesco Sforza vuole che Giorgio de Mayno intervenga perché Angelo da Cremona riabbia o sia del tutto risarcito per il formaggio e i denari di cui fu derubato da Giovanni Compensa venendo da Invria, località del duca di Savoia. 237v Domino Georgio de Mayno. Angelo da Cremona, nostro citadino, ne ha con querela exposto che venendo luy da Invria, loco del duca de Savoya, cum certa quantità de formagio per condurlo in li loci et exercito nostro è stato trabutato et de formagio et de dinari da messer Zohanne da Compensa, de che scrivemo alla soa magnificentia in la forma inclusa. Siché, facendoli el dovere et restituendoli el suo bene e, altramente, volimo provedi, per quale via te parerà, havere tanto de quello delli homini del prefato signore duca che questo nostro citadino o suo mandato, exhibitore presente, habbia el suo et sia integramente satisfacto de quanto gli è stato tolto. Ex felicibus nostris castris apud Quinzanum, die xii septembris 1452. Facinus. Cichus. A margine: Refecta fuit apud Lenum, xxii septembris. 666 Francesco Sforza a Giovanni de Compensio 1452 settembre 12, “apud Quinzanum.” Francesco Sforza chiede a Giovanni de Compensio di far restituire ad Angelo da Cremona il formaggio, i denari e la roba di cui fu derubato provenendo da Invria. Rifiuta di credere che ciò sia avvenuto con il consenso né del duca di Savoia né dello stesso Giovanni, ribadendo i buoni rapporti con i sudditi sabaudi. In caso però di mancato risarcimento, lo Sforza sarà costretto a provvedere alla indennità del suddetto Angelo. Domino Iohanni de Compensio. Angelo, nostro citadino de Cremona, ne ha con querela et lamenta exposto che, venendo luy da Invria, terreno dello illustrissimo signore duca de Savoya, con certa quantità de formagio da condure nelli lochi nostri et in questo nostro exercito, gli è stato trabutato parte del dicto formagio et certi denari, de che ne maravegliamo, né potiamo credere sia de volontà, consientia et intentione dello illustrissimo signore duca de Savoya né della magnificentia vostra, perché nostra intentione et dispositione è comportarne bene et bene vicinare con li homini et subditi del prefato illustrissimo signore, et cossì crediamo sia quella della illustrissima signoria soa et vostra fare verso nuy, homini et subditi nostri. Il che ve confortiamo et pregamo ve piacia fare restituire dinari, formagio, sua robba et cose ad esso nostro citadino, o suo mandato exhibitore presente, et non gli restituendo et faciendo el dovere et fare fare quanto ragione vole ad esso nostro citadino, o suo mandato, ne sarà necesario providere alla soa indemnità.Ex felicibus nostris castris apud Quinzanum, die xii septembris 1452. Facinus. Cichus. A margine: Refecta fuit apud Lenum, xxii septembris. 667 Francesco Sforza a Giorgio de Annone, Pietro da Pusterla e Giovanni Matteo Buttigella 1452 settembre 12, “apud Quinzanum.” Francesco Sforza vuole che Giorgio de Annone, Pietro da Pusterla e Giovanni Matteo Buttigella, in Alessandria, provvedano al trasferimento di Menabruzzo consegnandolo a Bolognino a Pavia. 238r Georgio de Annono, Petro de Pusterla, Iohannimatheo Butigelle, Alexandrie. Non obstante quanto ve havimo scripto hogi per un'altra circali facti de Menabruzo, ve dicimo che nuy volimo, havuta questa, lo mandati in mane del Bolognino cum la alligata che nuy gli scrivimo, et mandatelo in tale modo et cum sì facta compagnia ch'el se conduca a Pavia a salvamento in mane d'esso Bolognino. Et in questo non perdati tempo perché nuy siamo molto strecti et pregati per lo facto suo et maxime d’alcuni delli soy che stano qui. Ma ve dicimo che per lettera ve scrivessemo, da qui inanzi per lo facto d'esso Menabruzo non ve movati ad fare cosa alcuna, ma exequiti firmiter quanto havimo dicto de sopra et avisatine como havereti facto. Data in castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xii septembris 1452, hora ii noctis. Persanctes. Cichus. Et mandati dicto Menabruzo ad Pavia quanto più secretamente posseti in modo che non lo sappia niuno se non vui et quelli che lo menaranno. Data ut supra. Dupplicata die mercurii xiii septembris 1452, hora xv propre locum suprascriptum. 668 1452 settembre 7, “apud Quinzanum.” Elenco di quanti dal Castellazzo sono stati trasferiti a Milano da Bianca Maria. Die vii septembris 1452. Cavati del Castellatio de novo mandati a Milano dalla illustrissima madona Biancha. Urbano Pra, Bartholomeo Pra, Filippino Pra, Ambrosio Pra, Zohanne Nebia, Antonio Gamba Rotta, Sancte Stalto, Pedro Antonio Terpono, Bartholomeo Terpono, Christoforo Stolto, Franceschino Coraza, Baptista della Mussa. Quelli che erano in la rocha: Pedro Nebia, Symone Sardo, uno suo figliolo, Leone Pra. Vide in folio 187 in quo sunt primi confinati per magnificum Conradinum de Foliano. Item in fo