Valery e Alexander

Transcript

Valery e Alexander
G.N. Gushevilova
VALERY
e
ALEXANDER
IBSN: 978-88-98750-11-5
Collana ROMANZI
2015
Fontana Editore
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Prologo
È passato poco più di un anno dal mio arrivo qui alle Hawaii, ma non
sono ancora riuscita a inserirmi nella società, o meglio, non ho voluto.
Ho dedicato cuore e anima esclusivamente alla casa appena acquistata,
avevo bisogno di creare una fortezza in cui rifugiarmi per rimarginare le
ferite provocate dalla mia ultima relazione.
Avevo bisogno di un posto dove ricominciare a vivere ma, soprattutto,
dove riprendere a scrivere.
Scrivere è il mio lavoro, quello che mi ha permesso di realizzare tutti
miei sogni.
Beh, per chiarire bene il concetto dovrò tornare un po’ indietro nel
tempo: esattamente a trentadue anni fa, in una piccola cittadina dell’Europa
dell’Est, nasceva una bambina, la seconda dei tre figli di Elisa e Nick
Carter.
A quei tempi la mia famiglia apparteneva alla media borghesia, nostra
madre non lavorava, il suo compito era di prendersi cura di noi e della
casa.
Mio padre Nick era, ed è tutt’ora, un uomo duro, autorevole, che ha
sempre faticato a mostrare ciò che provava apertamente, ma chi lo conosce
bene sa che dietro la corazza si nasconde una persona buona, dolce e
generosa, pronta a tutto per aiutare e consolare chiunque ne abbia bisogno.
Io mi ritengo fortunata perché mamma e papà sono sempre stati presenti
durante la mia infanzia appoggiandomi, accettando ogni mia scelta,
accompagnandomi lungo il difficile cammino adolescenziale.
Lo stesso vale per mia sorella Emily e nostro fratello Gio, insomma ho
avuto la fortuna di crescere in una famiglia serena, come si può dire
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guardavo il mondo intorno a me attraverso gli occhiali rosa. Credevo nel
bene, nell’amore e ovviamente nel famoso Principe Azzurro...
Dopo il liceo, la situazione politica nel mio paese cambiò
drasticamente. Nonostante l’amore e l’affetto che provavamo per i nostri
genitori, ci siamo trovati davanti a una scelta difficile, dolorosa: rimanere
accettando di sopravvivere o partire cercando di costruire una vita
economicamente più sicura per noi e per i nostri genitori.
La decisione fu la medesima: tutti e tre imbocchiamo la strada per
l’Italia in cerca di fortuna.
A differenza di molti altri immigrati abbiamo avuto la fortuna di
conoscere persone buone e gentili che ci hanno aiutato a trovare un lavoro
onesto e una dimora decente.
L’anno successivo nostra cognata ci raggiunse insieme al piccolo Nick e
per me fu un momento felice e triste nello stesso tempo: felice di
riabbracciare Terry e il bimbo, ma triste per non poter fare lo stesso con
mamma e papà.
La vita però ci ricompensò per ogni dispiacere provato: nove mesi più
tardi nacque Gio junior, non trovo le parole per descrivere la gioia che
portò in casa quel piccolo angioletto.
Nel frattempo nostra sorella Emily si sposò trasferendosi al Nord e un
paio di anni più tardi arrivò la lieta notizia: aspettava un bambino.
Ricordo ancora la sua telefonata: “Valery, ti prego, devi raggiungermi,
ho bisogno di te!”.
Non ci pensai su molto, mi licenziai dal negozio dove lavoravo e un
paio di giorni più tardi ero sul treno per Milano, felice e nello stesso tempo
spaventata.
Felice per Emily, spaventata per il futuro: l’Italia, come il resto del
mondo, stava per affrontare una crisi economica piuttosto lunga, già avevo
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faticato a trovare un lavoro prima. La nascita della piccina cancellò le mie
paure: per mia fortuna trovai impiego subito dopo il suo primo compleanno.
Insomma, per farla breve, amo leggere sin da piccola, inventare,
raccontare storie mi viene naturale, solo che non ho mai osato mettere su
carta le mie fantasie.
Una bellissima sera di cinque anni fa, ero a casa da sola, preparavo la
cena, quando le note di una canzone mi hanno colpito profondamente!
Biagio Antonacci cantava Buongiorno bell’anima. Per un secondo ho
chiuso occhi e il secondo successivo, armata di carta e penna, scrivevo. A
un tratto la canzone finì, guardai il pezzo di carta e fu allora che capii: la
cosa che desideravo fare davvero nella vita è scrivere. Far conoscere alle
persone posti e personaggi creati dalla mia immaginazione, i loro destini,
amori, vittorie, sconfitte.
Passarono anni prima di vedere i miei romanzi sugli scaffali di una
libreria, prima che le persone leggessero i miei scritti, però come dicono da
dove vengo io: “La pazienza e la virtù dei forti”. Ho aspettato con pazienza
ed eccomi qui; scrittrice di successo, ricca e famosa.
Dovrei essere felice, soddisfatta per aver realizzato il grande sogno, ma
non lo sono affatto.
Sono triste, delusa, sola, sono dovuta scappare lontano da casa per
cercare di rimettere insieme i pezzi della mia anima frantumata, recuperare
la pace interiore, ricominciare a vivere, fare le cose che amo.
“Miss Valery, miss Valery!”. La voce della mia governante hawaiana mi
riporta sulla terra.
La vedo avvicinarsi: piccolina, snella, lunghi capelli neri, occhi a
mandorla, sorriso dolce e cordiale, tipico della gente del posto.
“La cena è pronta miss, ma se non si sbriga mio marito non le lascerà
nemmeno le briciole”.
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Sorrido alla battuta mentre la seguo in cucina, dove a capo tavola ci
aspetta già Liam Travis. Per molti apparirebbe strana se non scandalosa una
situazione del genere: la padrona di una villa lussuosa che cena con il
personale.
Io però la vedo diversamente: Cono e Liam sono gli unici amici che ho
qui e non m’importa minimamente cosa possano dire o pensare le persone.
“Miss Valery, domani sera deve assolutamente venire con me prima di
mezzanotte”.
“E perché dovrei, Cono, cosa ci sarà di tanto importante prima di
mezzanotte?”.
“Domani è una delle notti speciali”.
“Notti speciali?”, ripeto incuriosita.
Con tono misterioso Cono spiega l’importanza dell’evento. “Domai
sera, miss, lo spirito dell’Ohana attraverso la Grande Sacerdotessa
spargerà polvere magica sulle ragazze che ancora non hanno trovato
marito”.
“Spargere cosa?”, chiedo scoppiando in una risata. “È uno scherzo,
vero?”.
“Niente affatto, il nostro popolo è antico, abbiamo usanze…”.
“Non l’ascolti, signorina”. Liam interrompe sua moglie sbuffando.
“Sono sciocchezze, dicerie popolari”.
“Tu faresti meglio a tacere!”, strilla Cono. “Non appartieni all’isola,
non conosci la nostra cultura, le nostre tradizioni!”.
“E meno male, cosa c’è da conoscere, sono solo stupide leggende, dove
si è mai sentita una cosa simile? Polvere magica che ti trova marito...
Donna, fammi il piacere, se uno vuole sposarsi, le cose da fare son ben
altre...”.
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“Tu sta’ zitto, sappiamo bene tutte e due cosa hai fatto per sposarmi!”.
La voce della mia governante si sovrappone a quella del coniuge. “E poi
solo uno sciocco parlerebbe così, non osare offendere gli spiriti, altrimenti
la maledizione si abbatterà…”.
“Adesso basta!”. La voce dell’uomo si trasforma in un tuono. “Se non la
smetti immediatamente di assillare miss Valery con le tue sciocchezze...”.
“Liam Travis, dimentichi forse che non ho mai criticato o giudicato tua
madre, né le strane usanze che mise in atto non appena sbarcata sull’isola!”.
“Non immischiare mia madre!”, tuona lui, ma Cono non batte ciglio.
“Per tua informazione, donna, l’Irlanda è una delle culture più antiche al
mondo e…”.
“E tu non offendere i miei antenati, la mia terra, le nostre usanze!”,
strilla lei fuori di sé.
Ascolto divertita le frecciate che volano tra Cono e Liam: gridano
interrompendosi a vicenda. Non dubito che l’uno ascolti l’altra, per
esperienza so che la lite si placcherà tra non molto e per fortuna senza gravi
conseguenze.
Mentre loro litigano come matti, rifletto su ciò che la donna ha appena
raccontato e se devo essere sincera, Cono ha risvegliato la mia curiosità.
Cercherò di capire il più possibile su quella strana usanza, se non altro
avrò una storia carina da cui partire per il mio nuovo romanzo. Apro la
bocca per chiedere altre informazioni, ma la discussione tra marito e moglie
si è fatta più animata del solito.
Cono è fuori di sé, Liam è rosso come pomodoro, sputa saliva insieme
alle minacce. Mi rendo conto che se non intervengo immediatamente,
stavolta questi due combineranno qualcosa di spiacevole.
“Ehi ragazzi, volete smetterla, per favore? Qualcuno sarà così gentile da
piantarla permettendoci di finire la cena prima che…”. Interrompo la frase
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rendendomi conto che nessuno dei due ascolta le mie parole.
“Bene, bene”, mormoro. Dato che non vogliono capire con le buone,
userò le maniere forti, quindi prendo un piatto e lo getto sul pavimento. Il
rumore di porcellana frantumata fa cessare immediatamente le urla.
Cono e Liam mi fissano perplessi, increduli, io invece sorrido
soddisfatta, finalmente ho tutta loro attenzione.
“Se avete finito di scannarvi l’uno con l’altra, vorrei continuare la cena
e sarei immensamente grata a Cono se continuasse a raccontare con calma
la storia dello spirito, ma soprattutto perché io ci dovrei andare”.
Liam abbassa lo sguardo sbuffando.
“È una tradizione antica come il mondo, un rito magico tramandato di
generazione in generazione”, ricomincia Cono con voce calma mentre
riempie il mio piatto di pesce e verdure.
“La prima notte di luna piena nel mese di agosto, un gruppo di
sacerdotesse di Ohana si riunisce sulla riva dell’oceano e attraverso la
Grande Sacerdotessa gli spiriti protettori della fertilità spargono polvere
magica sulle teste delle fanciulle in cerca d’amore. Miss Valery, lei sa bene
che per noi hawaiani la famiglia è sacra, per formare una famiglia ci
vogliono tanti ingredienti, ma il più importante fra loro è l’amore. E
compito degli spiriti è aiutare tutti coloro che sono in cerca…”.
“Capito, ma io che c’entro?”, chiedo interrompendo la mia governante.
“Perché dovrei andarci? Non sono in cerca di nessuno, io”.
Cono alza lo sguardo fissandomi a lungo negli occhi, ma non risponde.
“Cosa ti fa pensare che cerco un compagno?”, ripeto la domanda.
La donna tace per un altro istante. “Sa, miss Valery, da mia nonna ho
ereditato un grande dono, leggere l’anima di una persona attraverso gli
occhi”.
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“Ah sì? E cosa leggi nei miei?”.
“Lei è una ragazza bella, dolce, generosa, però il suo sguardo è vuoto,
triste”.
“Tante persone hanno lo sguardo triste…”, balbetto.
“Non conosco il nome, né come o perché, ma un uomo l’ha ferita e direi
piuttosto profondamente”, continua lei senza soffermarsi sul mio commento.
Abbasso la testa, purtroppo devo ammettere che la mia governante ha
ragione.
“Però so che lei non deve chiudere il suo cuore, non tutti gli uomini
sono uguali, deve ricominciare a guardarsi intorno e permettere a qualcuno
di amarla, mostrarle che...”.
Le sue parole richiamano il ricordo terribile che mi ha costretto a
lasciare l’Europa, scappare a gambe levate lasciando tutto quel che ho di
caro, nella speranza di dimenticare.
“Scusate, mi è venuto un terribile mal di testa, continuate la cena senza
di me”, sussurro con voce spezzata mentre mi alzo in piedi.
Cono apre la bocca per obiettare, ma un secondo dopo la chiude senza
dir nulla.
Quasi correndo raggiungo la mia camera, mi butto sul letto
sprofondando tra i cuscini, il dolore provocato dal ricordo è così forte, così
lancinante, che non riesco più a trattenere i singhiozzi.
...
“No Max, non voglio abortire, non me ne importa che per te non è il
momento opportuno. Io lo voglio questo bambino e se a te non interessa,
puoi andare al diavolo”.
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“Per favore, Val, pensa alla tua, alla mia di carriera”. L’uomo al mio
fianco fa di tutto per calmarmi.
“La mia carriera?! Dimmi che non parli seriamente, Max!”.
“Voglio dire solo che un bambino adesso non è la cosa...”.
“Allora parli seriamente”, sibilo con i denti stretti mentre mi allontano
da lui.
“Cerca di essere ragionevole, siamo giovani, abbiamo la vita davanti,
tesoro, stiamo così bene tu e io, a cosa ci serve un bambino…”.
“Stronzo, sei solo uno stupido figlio di puttana!”, urlo prima di
andarmene sbattendo la porta.
Sento Max muoversi, chiamarmi per nome, ma scappo a gambe levate
prima che l’uomo riesca a raggiungermi.
“Dio mio, come ho potuto innamorarmi di un essere così spregevole?”,
bisbiglio fuori di me. “Come si permette di chiedere una cosa simile! Non
mi interessa se ritiene o no il momento giusto, un figlio si ama, si vuole, non
si considera un ostacolo, un problema”.
Furiosa m’infilo nella macchina e giro la chiave, le mani mi tremano,
non riesco a prendere fiato, schiaccio l’acceleratore sfrecciando per le
strade deserte di Milano. Sono le quattro del mattino, la gente dorme da un
pezzo. Vago come una pazza sfogando la rabbia sul pedale
dell’acceleratore.
Il cuore mi batte a mille, le lacrime mi impediscono di vedere, sono
così afflitta che non sento il clacson, una luce bianca mi colpisce
all’improvviso rendendomi cieca per un istante. Chiudo gli occhi cercando
di recuperare la vista quando un forte colpo mi fa perdere i sensi
gettandomi nel buio.
“Signorina, mi sente? Riesce ad aprire gli occhi?”. Il suono di una voce
gentile mi tira fuori dall’oscurità.
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Apro gli occhi lentamente e vedo china su di me una donna vestita di
bianco.
“Dove sono? Cosa mi è successo?”, chiedo confusa.
“Ha avuto un incidente, per fortuna nulla di grave, l’airbag si è aperto
evitando...”.
“E il bambino?”, l’interrompo. “Come sta il mio bambino?”.
La dottoressa sistema la flebo fingendo di non aver sentito la domanda.
Dallo sguardo rivolto verso la flebo intuisco la risposta, un urlo si
stacca dalle mie labbra, rigettandomi di nuovo nell’oscurità.
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“Buongiorno, miss Valery”. La voce di Cono insieme alla forte luce
mattutina che entra dalla finestra mi destano.
“Buongiorno”, rispondo bisbigliando.
“Sta bene? L’ho sentita gridare”.
“Niente di preoccupante, solo un brutto sogno”, rispondo cercando di
rassicurare la donna davanti a me. So che capita spesso di svegliarla con le
mie urla e mi dispiace davvero, ma non mi sento pronta a parlare né con lei,
né con nessun’altro.
“Niente di preoccupante...”, ripete poco convinta la mia governante.
“Beh, se lo dice lei…”.
Intuisce che qualcosa turba la mia anima, ma è abbastanza intelligente
per capire: argomento off limits, quindi cambia discorso.
“Allora, miss, verrà con me, stasera?”.
“No, non credo”, sorrido. “Vedi, Cono, io non cerco l’amore e poi
perdonami, ma sono d’accordo con Liam, sono solo sciocchezze”.
“A maggior ragione dovrà venire, allora”, m’interrompe lei senza
mostrare alcun segno di irritazione. “Anche se non crede, può sempre
assistere a un rituale antico e chissà, forse troverà ispirazione per il suo
nuovo romanzo”.
“Il mio romanzo…”, ripeto a bassa voce.
“Allora verrà?”.
Conosco da poco la mia governante, ma so bene che non mi lascerà in
pace finché non l’accontento. “Ok, forse hai ragione, tu però giura che non
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cercherai di presentarmi nessuno. Intesi?”.
“Intesi!”, risponde entusiasta. “Io non devo fare proprio niente, ci
penseranno gli spiriti a…”.
“E basta con questa storia, Cono, se non la pianti mi metterò a urlare!”.
Lei scuote il capo ridendo. “Ha preso una saggia decisione, miss, ne
sono convinta”.
E prima che possa dire qualsiasi cosa, sparisce dalla mia vista veloce
come un giaguaro.
Guardo dietro di lei e per la prima volta dopo l’incidente, sento come
se la morsa che tiene prigioniera la mia anima si allentasse.
Sono curiosa, non credo alla storia delle fate e nemmeno mi interessa
trovare un marito, voglio solo svagarmi un po’, uscire dalla solitudine, dal
dolore e ricominciare. So per certo che con Cono mi divertirò tantissimo, è
una personcina piena di sorprese.
Il tempo scorre più veloce del solito, è quasi buio quando sento Cono
strillare agitata: “Miss Valery, si sbrighi se non vuole perdere l’inizio del
rituale!”.
Io però non ho fretta, sono davanti al letto in mutandine e reggiseno,
impegnata a fissare l’abbigliamento che si trova lì in attesa di essere
indossato.
Non sono molto alta, ma con “le curve giuste al posto giusto”, come
dicono dalle mie parti, non dovrei stare male vestita da hawaiana.
Allungo la mano prendendo la lunga gonna verde tagliata interamente a
frange e mi infilo dentro: è comoda, la stoffa cade morbida sulle gambe fino
alle caviglie, il pezzo superiore è un top rosso aderente con ampia
scollatura. Mi avvicino allo specchio curiosa di scoprire il risultato del
mio travestimento. La giovane donna che vedo li è a dir poco stupenda! La
gonna a ogni piccolo movimento apre le frange mettendo in bella vista un
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paio di gambe lunghe e affusolate, la generosa scollatura del top sottolinea
il seno, alto e ben formato. I lunghi capelli scuri fanno da cornice a un viso
un po’ pallido, valorizzato però da grandi occhi verdi.
“Devo ammettere che l’idea del travestimento non è niente male”,
mormoro mentre mi muovo davanti allo specchio, seguo con lo sguardo il
movimento della gonna, quel gioco così antico e affascinante che scopre ma
non troppo, stuzzicando le fantasie dell’uomo.
“Miss Valery, è bellissima!”. La voce di Cono m’inchioda al pavimento,
sento che le mie guance si tingono di rosso.
“Grazie...”, mormoro imbarazzata.
Cono, presa dall’entusiasmo, afferra la mia mano e non molto tempo
dopo raggiungiamo un punto sulla spiaggia poco distante da casa mia.
La prima cosa che noto è l’enorme falò che sprizza scintille verso il
cielo, intorno a noi vedo moltissime giovani donne, tutte vestite come me e
con una corona di fiori sulla testa. Una dopo l’altra si avvicinano a un
piccolo gruppo di donne più anziane porgendo loro qualcosa avvolto in una
stoffa bianca.
“Miss Valery”. La voce di Cono distoglie la mia attenzione della scena.
“Tenga, le servirà”, bisbiglia mentre posa nelle mie mani un oggetto non
molto grande avvolto in fazzoletto di seta bianca.
“Che cos’è?”.
“Lo scoprirà presto”, mormora mentre mi spinge delicatamente verso il
cerchio centrale.
Sono vicinissima al fuoco, sento le scintille scoppiare, il calore baciare
le mie guance riscaldando la pelle. All’improvviso una voce inizia a
cantare seguita da tante altre, la melodia che si innalza verso il cielo è
bellissima, lenta, piena di mistero e magia.
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Non capisco le parole, ma sento che l’atmosfera di questo posto si
riempie di qualcosa di strano, m’avvicino porgendo il regalo nelle mani di
una donna che, chissà perché, decido che sia la leader.
Lei sorride accarezzandomi la guancia e pronuncia qualcosa che
ovviamente non capisco, poi fa cenno a un’altra che mi porge un calice
pieno di qualcosa di scuro, dolce e aspro allo stesso tempo.
Bevo a piccoli sorsi osservando con attenzione: è incredibile quante
persone si sono riunite qui in così poco tempo.
Man mano che la notte avanza, i canti diventano sempre più veloci, i
balli più sfrenati, improvvisamente tutto intorno a me inizia a girare…
Dopo di che si ferma, un strano profumo riempie l’aria, la donna che ho
nominato leader apre le mani e da lì, come per incanto, esce una scia
luminosa! Guardo e stento a credere a ciò che vedo: la scia si alza in aria
volteggiando, allargandosi a macchia d’olio sopra le nostre teste.
È come se qualcuno per sbaglio avesse rovesciato sopra di noi un
secchio pieno di lucciole. Le ragazze alzano le mani in alto cercando di
toccare la polvere scintillante, solo in quel momento mi rendo conto che la
polverina luccicante è sopra le teste di un solo gruppo di donne dove mi
trovo anch’io!
La magia dura solo pochi secondi, la luce svanisce e tutto torna
normale: il fuoco, le donne che cantano, i boccali che ognuna di noi tiene tra
le mani.
Le prime luci del sole che baciano la superficie dell’oceano mi trovano
quasi svenuta dalla stanchezza e se non fosse per Cono, sicuramente mi
sarei addormentata sulla riva.
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“Che diavolo mi succede?”, sussurro mentre cerco di alzarmi in piedi.
Ricordo bene di aver bevuto uno strano succo di frutta ieri notte che lascia
uno strano sapore in bocca, però pur sempre succo di frutta era. Strofino la
fronte dolente, i ricordi di ieri notte riemergono lentamente: il fuoco, le
danze, la strana polvere luccicante e improvvisamente la certezza riguardo
la provenienza della bevanda esotica sfuma. Pian piano, nella mia testa
offuscata dal dolore e da chissà cos’altro, si fa strada un sospetto. Un
sospetto che più ci penso più diventa certezza: lo strano succo era corretto!
“Esatto!”, esclamo. Altrimenti come si spiegano i momenti mancanti
della serata o le strane scintille che avvolgevano me e il resto del gruppo di
ragazze presenti alla cerimonia?
“Cono, solo lei potrà spiegarmi cosa è successo realmente ieri sera, la
natura dello strano intruglio che ho bevuto, le allucinazioni”, mormoro
strofinandomi ancora la fronte.
Dopo un paio di tentativi mal riusciti finalmente metto i piedi sul
pavimento e un gemito si stacca dalle mie labbra: è così piacevole sentire
la freddezza del marmo... Mi avvicino lentamente alla finestra che occupa
una delle pareti, la vista che si apre davanti a me è indescrivibile. Il cielo
azzurro bacia le acque dell’oceano creando una sensazione di infinito, il
sole brilla, gli uccellini cantano e la brezza mattutina accarezza le mie
guance donando sollievo.
Appoggio la fronte al vetro fresco e cerco di ragionare. “Che cosa mi
succede?”, bisbiglio. “Sono venuta fin qui per dimenticare, decisa a non
pensare a uomini, amore... e cosa faccio per realizzare tutto questo?
Partecipo a un antico rituale hawaiano dedicato all’amore!”.
Sento il dolore aumentare e decido di rimandare a più tardi i pensieri
che mi assillano, quindi raggiungo Cono e Liam per la colazione.
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La mia governante e suo marito sono già a tavola quando mi unisco a
loro. Cono si affretta a riempirmi il piatto di frittelle e a pormi la tazzina
del caffè.
“Buon appetito, miss Valery”.
“Buon appetito”, rispondo. Dopo la prima frittella e l’analgesico inizio
a sentir meno il mal di testa, vorrei tanto parlare con Cono di ieri sera,
chiedere spiegazioni, ma la strana atmosfera che vibra nell’aria mi
suggerisce di non farlo.
“Vado in centro, avete bisogno di qualcosa?”, chiedo cercando di
attirare l’attenzione dei coniugi che si guardano come cane e gatto.
“No, miss, siamo a posto”, risponde Liam tutto scuro in volto.
Sarà ancora arrabbiato per ieri sera. È decisamente meglio non toccare
mai più l’argomento rituali, almeno davanti a lui.
“Allora io vado”, annuncio già in piedi quando Cono mi blocca
improvvisamente.
“Se per lei non è un problema, mi servirebbe della frutta fresca, miss
Valery”.
“Nessun problema, dimmi solo cosa ti occorre”, rispondo prontamente
fingendo di non sentire Liam sbuffare come un rinoceronte arrabbiato.
“Dimmi che frutta ti serve”.
“Le farò avere la lista prima di uscire”.
Faccio un cenno con la testa, dopo di che lascio Cono e suo marito alla
loro ennesima battaglia domestica.
“Spero solo che al mio ritorno avrò ancora una casa”, mormoro incerta
se ridere o preoccuparmi.
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Mi vesto velocemente notando con piacere che il mal di testa di
stamattina è scomparso completamente. “Adesso sì che ragioniamo”,
mormoro schizzando fuori dal portone.
Sul vialetto la macchina m’invita a fare un giretto, mi siedo
accarezzando il volante. “Eh sì, è proprio una gran bella macchina, la mia”,
mormoro soddisfatta.
Al mio arrivo a Honolulu insieme alla casa ho acquistato anche la
macchina, io sono un tipo calmo, mi piace la sicurezza e ho sempre
preferito guidare macchine comode, non molto veloci.
All’inizio ero decisa di continuare la tradizione, così mi recai in una
concessionaria pronta a ordinare, quando improvvisamente il mio sguardo
cadde sull’auto che guido in questo istante.
Rosso fuoco, sportiva, tutt’altro che comoda e poco veloce: fu amore a
prima vista, anche se era l’esatto opposto di ciò che avevo in mente.
“Al diavolo le abitudini”, mi dissi. “Sono qui per ricominciare, no?
Quale occasione migliore di questa?”.
Per mia fortuna la macchina era disponibile, quindi non molto tempo
dopo mi trovai sulla strada di casa guidando una scintillante, veloce Jaguar
rossa.
La brezza giocava con i miei lunghi capelli, il sole accarezzava le
guance tingendole di rosa e il mondo intorno a me improvvisamente
appariva diverso, pieno di luce, dai colori brillanti. Una matta voglia di
ricominciare a vivere riempì il mio cuore.
“E sì, è stata proprio un’idea grandiosa comprare questa macchina”,
sorrido mentre schiaccio il pedale dell’acceleratore.
Cono mi raggiunge un istante prima di schizzare via. “Non correre, miss
Valery, mi raccomando!”, ordina con tono severo mentre mi porge la lista
della spesa.
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“Certamente, mammina”, rispondo scoppiando in una risata.
Lei fa un gesto con la mano come se volesse fermarmi, ma io schiaccio
l’acceleratore evitando così l’ennesima predica sui pericoli della strada.
Arrivo in centro, mentre posteggio mi chiedo da dove iniziare, il bello
della situazione è che sono padrona del mio tempo, non devo rendere conto
a nessuno, né rispettare alcun orario, quindi farò le cose con calma,
godendomi ogni momento della giornata.
Detto fatto, gironzolo entrando e uscendo dai negozi, perdendo del tutto
la cognizione del tempo. È proprio vero che la medicina migliore per
curare il malumore di una donna si chiama shopping, mi annoto mentre
cerco di non far cadere a terra l’infinità di buste e sacchetti acquistati
finora.
Il carico però pesa, i piedi mi fanno un male cane, quindi per oggi basta.
Sarà pure divertente, ma adesso ci vuole qualcosa di fresco da bere e dopo
a casa.
Ritorno all’auto lentamente cercando di non spargere lungo la strada
buste e bustine e non appena raggiungo la mia meta, butto tutto nel
portabagagli.
“Adesso devo solo trovare un posto tranquillo”, sospiro stremata.
Faccio alcuni passi lungo il viale guardandomi intorno, cercando dove
potrò riprendermi con una bibita dissetante.
Vedo un bar carino che sembra semideserto, odio la folla, quindi è il
posto ideale per rilassarmi. Mi avvio impaziente, ma mentre attraverso la
strada vedo un gruppetto di uomini in divisa che non avevo notato prima.
“Uffa”, borbotto infastidita. La compagnia di un mucchio di uomini che
mi fissano è l’ultima cosa che desidero in questo momento.
Mi fermo indecisa, l’istinto mi dice di tornare indietro, ma la sete che
mi divora prende il sopravvento, quindi decido di proseguire.
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Ovviamente la mia idea iniziale di trovare un posticino tranquillo
sfuma: passo vicino al tavolo dei militari per entrare e alle mie orecchie
arrivano leggeri fischi accompagnati da apprezzanti.
In un passato non molto lontano una cosa del genere non mi avrebbe
turbato minimamente, al contrario avrei gradito.
Oggi però no, dopo tutto ciò che ho vissuto di recente la sola cosa che
desidero è essere invisibile per ogni essere vivente di sesso maschile.
Accelero il passo per allontanarmi da loro il prima possibile, ma mentre
attraverso la soglia dell’ingresso inciampo scontrandomi con un uomo,
anche lui in divisa, che sta per uscire.
Io sono sempre stata un po’ impaccata, ma adesso gli sguardi degli
uomini hanno aumentato la mia goffaggine al punto da farmi cadere tra le
braccia di uno di loro.
“Chiedo scusa”, mormoro imbarazzata da morire, non osando nemmeno
guardare in faccia l’uomo che mi ha risparmiato una brusca caduta. “Di
solito non sono così maldestra”.
“Si figuri, miss, sicura di star bene?”.
La voce del mio salvatore è calda e profonda, per un attimo mi sfiora il
pensiero di fermarmi e guardarlo in faccia.
Subito dopo però cambio idea, sono così imbarazzata che scappo
all’interno del locale cercando l’unico posto dove posso nascondermi dal
suo sguardo, che non vedo ma sento.
Entro nel bagno delle donne barcollando, la prima cosa che faccio è
aggrapparmi al bordo del lavandino, le gambe mi tremano, sento il volto in
fiamme, uno strano dolore mi piega in avanti.
Una sensazione fortissima, mai provata prima, mi stravolge
completamente, è come quando ricevi un pugno allo stomaco che ti piega in
due togliendoti il respiro.
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Cosa ti succede, Val?, chiede una vocina dentro di me. Non mi dire che
qualche sguardo, accompagnato da apprezzamenti, ti manda fuori dai
binari provocando addirittura dolore fisico?
Alzo lo sguardo osservandomi attentamente nello specchio: le guance
sono rosse e gli occhi velati, sento il cuore battere a mille e all’improvviso
mi rendo conto che non sono i ragazzi fuori a provocare tutto quel
trambusto, o perlomeno non tutti, ma solo uno di loro.
“La colpa è di quell’uomo”, borbotto cercando di convincere me stessa.
Il dolore è la conseguenza dell’impatto.
Non è lo scontro fisico che ti fa sentire lo stomaco aggrovigliato e
dolorante, mormora di nuovo la vocina.
“Che cosa vorresti insinuare?”, sbuffo. So bene cosa significa la
sensazione, però cerco di negare. “Certo che è dovuto allo scontro”.
Sarà…, risponde la vocina ironicamente.
“Non sono più abituata a incontrare uomini e per la cronaca, che ci
credi o no, l’impatto con il giovane ufficiale era piuttosto forte”.
La vocina tace e io ne approfitto per rinfrescarmi, l’acqua gelida mi
schiarisce le idee, sono più che convinta di essermi sbagliata riguardo la
sensazione provata pochi attimi prima.
Esco decisa a scoprire il volto del mio salvatore, confermando così
l’impossibilità che il breve contatto con il suo corpo possa aver provocato
in me il sentimento che mi sono imposta di non provare almeno per i
prossimi cent’anni.
So che suona esagerato, in effetti cento anni sono un po’ troppi, diciamo
per lo meno finché le ferite nel mio cuore non saranno chiuse abbastanza da
permettermi di amare ancora.
E poi, come potrei innamorarmi di un uomo se nemmeno conosco il suo
volto, com’è possibile provare qualcosa per uno sconosciuto sfiorando il
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suo corpo per un solo nanosecondo?
Fuori cerco con lo sguardo il tavolo dei militari, con mia enorme
delusione riesco a vedere il gruppo che si allontana e con loro la speranza
di conoscere il volto dell’uomo che ha provocato tutto quel terremoto nel
mio cuore.
Cado sullo sgabello appoggiandomi con tutte e due le mani al bancone,
quando con la coda dell’occhio vedo uno dei militari voltarsi, non so
perché ma sono convinta che sia lui ed è… stupendo!
Guardo a bocca aperta la visione che si allontana sempre di più e il
dolore avvertito prima si ripresenta stavolta più forte, adesso ho la certezza
che non sia dovuto allo scontro fisico, la vocina aveva ragione: mi sono
innamorata!
Il bello è che sono arrivata in capo al mondo per scappare proprio da
questo, convinta che l’ultima cosa di cui avessi bisogno per riprendere in
mano la mia vita fosse innamorarmi!
“Non può essere vero”, ripeto dentro di me. “Devo solo calmarmi,
tornare a casa, dimenticare tutto, non so nemmeno chi sia, come si chiama
ed è più che sicuro che non lo rivedrò mai più in vita mia”.
Mi alzo di corsa senza ordinare la bibita così desiderata, salgo in
macchina convinta che ritornare alla pace di casa mia m’avrebbe aiutato a
ragionare.
Raggiungo la mia meta e scendo dal veicolo respirando profondamente,
cercando di non pensare al lieve dolore allo stomaco che ancora mi
infastidisce.
“Respira Valery”, non smetto di mormorare. “Respira, sei a casa, al
sicuro, adesso ti farai un bel bagno rilassante, dopo guarderai con Cono
tutte le belle cose che hai portato e vedrai che tutto tornerà come prima”.
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“Miss, ha portato la frutta?”. La voce della mia più amica che
domestica ferma di colpo il mormorio.
“La frutta!”, ripeto balbettando. “Cono, ho paura di averla dimenticata,
faceva troppo caldo, sono tornata prima del previsto e…”.
“Fa’ niente, lasci perdere la frutta”. La mia governante m’interrompe
preoccupata. “Piuttosto mi dica: si sente bene? È pallida, sta barcollando,
parla da sola…”.
Incontro lo sguardo della donna e mi rendo conto che non sono riuscita
né a calmarmi, né tanto meno a riacquistare l’espressione serena che avevo
negli ultimi mesi.
“Sto bene”, cerco di calmarla. “Girare per negozi è piuttosto stancante,
se aggiungi anche il caldo bestiale…”.
So che le mie spiegazioni sono confuse, poco convincenti, ma non ho
alcuna voglia di dire altre bugie, quindi mi giro e lascio Cono sul vialetto,
consapevole che la donna non ha creduto nemmeno a una singola delle mie
parole.
Mi rinchiudo di nuovo in camera mia, non esco da lì per pranzo e
nemmeno per cena, evitando così altri interrogazioni.
La stessa notte sogno l’uomo in uniforme e vicino a me i suoi occhi
m’inchiodano sulla soglia, non riesco a scappare nonostante ci provi con
tutte le mie forze. Tremo tutta e la paura mi avvolge come un mantello,
paura di essere toccata, amata, di soffrire di nuovo.
L’uomo intuisce il mio stato d’animo, allunga una mano sollevandomi la
testa, costringendomi a guardarlo negli occhi, poi improvvisamente mi
bacia lentamente e con passione.
Un bacio caldo, coinvolgente e pieno che mi fa perdere la ragione,
bruciando il mio corpo e la mia anima con un desiderio finora sconosciuto.
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Crediti
VALERY e ALEXANDER
di G.N. Gushevilova
ISBN 978-88-98750-11-5
Prima edizione digitale: Maggio 2015
Collana I ROMANZI - www.fontanaebook.it
Fontana Editore
Sede legale: Corso Ausugum, 98, 38051 Borgo Valsugana, Trento, Italy
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Progetto grafico: Rocco Fontana
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