Mons. Giuseppe Marinoni - Atma-o
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Mons. Giuseppe Marinoni - Atma-o
PADRE E GUIDA DI MISSIONARI STORIA E VITA MISSIONARIA Collana diretta da P. Piero Gheddo Ufficio Storico del Pime - Via F.D. Guerrazzi, 11 00152 Roma - Tel. 06.58.39.151 1 - Piero Gheddo, Missione Brasile. I 50 anni del Pime nella Terra di Santa Croce (1946-1996), pagg. 384 + 32 fotografiche, € 12,91 2 - Paolo Manna, Virtù apostoliche, pagg. 460, € 15,49 3 - Piero Gheddo, Dai nostri inviati speciali. 125 anni di giornalismo missionario da Le Missioni Cattoliche a Mondo e Missione (1872-1997), pagg. 124, € 5,68 4 - Piero Gheddo, Missione Amazzonia. I 50 anni del Pime nel Nord Brasile (19481998), pagg. 484 + 32 fotografiche, € 15,49 5 - Giuseppe Butturini, Le missioni cattoliche in Cina tra le due guerre mondiali, pagg. 334, € 15,49 6 - Piero Gheddo, Missione America. I 50 anni del Pime negli Stati Uniti, Canada e Messico (1947-1997), pp. 176 + 16 fotografiche, € 9,30 7 - Piero Gheddo, Missione Bissau. I 50 anni del Pime in Guinea-Bissau (19471997), pag. 464 + 32 fotografiche, € 15,49 8 - Amelio Crotti, Noè Tacconi (1873-1942), il primo Vescovo di Kaifeng (Cina), pag. 368, € 14,46 9 - Mauro Colombo, Aristide Pirovano (1915-1997), il Vescovo dei due mondi, pag. 384 + 32 fotografiche, € 12,91 10 - Piero Gheddo, Pime, 150 anni di missione (1850-2000), pagg. 1230, € 25,82 11 - Domenico Colombo (a cura), Pime (1850-2000). Documenti di fondazione, pagg. 462, € 15,49 12 - Piero Gheddo, Il santo col martello: Felice Tantardini, 70 anni di Birmania, pagg. 240 + 16 fotografiche, € 10,33 13 - Angelo Montonati, Angelo Ramazzotti Fondatore del PIME (1800-1861), pagg. 224 + 8 fotografiche, € 10,33 14 - Piero Gheddo, Paolo Manna (1872-1952), Fondatore della Pontificia Unione Missionaria, pagg. 400 + 4 fotografiche, € 14,46 15 - Pino Cazzaniga, Giappone missione difficile. I 50 anni del Pime nel Paese del Sol Levante, pagg. 304 + 16 fotografiche, € 13,00 16 - Amelio Crotti, Gaetano Pollio (1911-1991), Arcivescovo di Kaifeng (Cina), pagg. 186 + 32 fotografiche, € 13,00 17 - Piero Gheddo, Carlo Salerio, Missionario in Oceania e Fondatore delle Suore della Riparazione (1827-1870), pagg. 288, € 12,00 18 - AA.VV., Le missioni estere di Angelo Ramazzotti. Radici storiche e spirituali, pagg. 192, € 10,00 19 - Domenico Colombo (a cura), Un pastore secondo il cuore di Dio. Lettere del Servo di Dio mons. Angelo Ramazzotti (1850-1861), pagg. 592, € 20,00 20 - Piero Gheddo (a cura), Alfredo Cremonesi (1902-1953). Un martire per il nostro tempo, pagg. 240 + 8 fotografiche, € 12,00 21 - Domenico Colombo (a cura), Un pastore secondo il cuore di Dio. Testimonianze sul Servo di Dio mons. Angelo Ramazzotti, pagg. 416, € 16,00 22 - Piero Gheddo, Cesare Pesce. Una vita in Bengala (1919-2002), pagg. 208, € 10,00 23 - Piero Gheddo (a cura), Clemente Vismara. Il santo dei bambini, pagg. 160, € 10,00 24 - Domenico Colombo (a cura), Padre e guida di missionari. Lettere di Mons. Giuseppe Marinoni Primo Direttore del Pontificio Istituto Missioni Estere 1850-1891, pagg. 560, € 20,00 DOMENICO COLOMBO (a cura) PADRE E GUIDA DI MISSIONARI Lettere di Mons. Giuseppe Marinoni Primo Direttore del PONTIFICIO ISTITUTO MISSIONI ESTERE 1850 – 1891 EDITRICE MISSIONARIA ITALIANA Copertina di BRUNO MAGGI © 2005 EMI della Coop. SERMIS Via di Corticella, 181 - 40128 Bologna Tel. 051/32.60.27 - Fax 051/32.75.52 e-mail: [email protected] web: http://www.emi.it N.A. 2163 ISBN 88-307-1446-1 Finito di stampare nel mese di settembre 2005 dalle Grafiche Universal per conto della GESP - Città di Castello (PG) PREFAZIONE Siamo lieti di presentare ai confratelli e al largo pubblico questo volume di lettere di mons. Giuseppe Marinoni, primo Direttore del Seminario Lombardo per le Estere Missioni, che unitosi poi col Seminario simile di Roma ha preso il nome di Pontificio Istituto Missioni Estere, PIME. Dopo la pubblicazione dei due libri (Lettere e Testimonianze) riguardanti il nostro Fondatore, mons. Angelo Ramazzotti, l’edizione di lettere scelte di mons. Marinoni riveste particolare significato e importanza. Di fatto, egli è colui che in 41 anni di direzione dell’Istituto, dagli inizi al 1891, gli ha dato forma e forza per sviluppare una sempre più ampia e generosa opera di evangelizzazione, in conformità al suo carisma originario e superando difficoltà e prove di ogni genere. Non bisogna dimenticare che la fondazione, sottoscritta dai vescovi lombardi, per le sue caratteristiche costituiva una novità assoluta nella Chiesa del nostro paese, perché apriva a sacerdoti diocesani e laici catechisti la missione nelle lontane terre ancora non evangelizzate. Marinoni si rivela una guida illuminata e paterna, prudente e coraggiosa al tempo stesso, soprattutto ispirata da un amore ardente per la diffusione del Vangelo. La sua visione missionaria è aperta e coinvolgente. Non si limita a curarsi del suo Istituto, ma fa quanto può per mobilitare vescovi, clero e popolo di Dio alla causa della propagazione della fede, a provvedere vocazioni e aiuti per le missioni estere. Uomo di grandi virtù e di specchiata cultura umanistica e religiosa diventa una figura di spicco specialmente nella Chiesa milanese, molto stimato e richiesto per il ministero sacerdotale. A ciò si aggiunge il suo intenso lavoro di 5 scrittore su svariati periodici e in particolare su “L’Osservatore Cattolico” da lui fondato. Tutto questo gli permette di diventare una voce autorevole nelle cruciali questioni ecclesiali in un tempo di grossi rivolgimenti politici. Egli è sempre per il Papa, convinto che dove c’è Pietro, là c’è la Chiesa. Su questa linea vede nell’opera missionaria il grande compito che la Chiesa ha e di cui è debitrice verso tutto il mondo. Esulta quando Leone XIII pubblica l’enciclica Sancta Dei Civitas: “… nulla ci poteva tornare di più soave conforto che la parola possente del Vicario di Cristo diretta a tutti i Pastori d’anime e per essi a tutti i fedeli, di promuovere, quanto loro fosse dato, la dilatazione del Regno di Dio…”. E di questo zelo è infiammato nell’impegno di formare, seguire e sostenere i suoi missionari. Li vuole accesi di un indefettibile amore per Cristo e le anime; li aiuta ad essere forti e perseveranti nelle prove, fino ad andare a ricuperarli personalmente; li supplica a non venir mai meno alla vocazione ricevuta per nessuna difficoltà. A un missionario tentato di tornare in patria scrive: “Pretendere di essere missionari e non prepararsi a soffrir contraddizioni, patimenti fisici e morali, persecuzioni, etc.” non si può, quando “vediamo Gesù Cristo fatto bersaglio di tutte le contraddizioni… e l’Apostolo dei Gentili così oppresso dalla tribolazione da venirgli a noia anche la vita”. Leggendo queste lettere e seguendo l’attività di Marinoni ne scopriamo l’anima che vive totalmente per Dio e per l’estensione del suo regno in tutto il mondo. I missionari si sentiranno compresi e sostenuti nella chiamata a cui hanno votato la propria vita. I cristiani ritroveranno il fervore di chi da vero discepolo si fa apostolo dovunque sia. La missione attingerà stimoli di rinnovamento tornando alla sua sorgente unica e perenne: il Cristo che invia e accompagna la Chiesa per le strade del mondo, perché tutti possano conoscere e gioire del suo amore e della sua salvezza. 6 È quanto lo stesso Marinoni sul letto di morte chiedeva a Dio per i suoi missionari: “Perseverate costantemente nell’amore e nella grazia di Lui. Ciò compirete se vi sforzerete in tutta la vostra vita di promuovere in voi e negli altri quella fede che opera per mezzo della carità”. P. GIAN BATTISTA ZANCHI Superiore generale del PIME Roma, 18 febbraio 2005 Festa del santo martire Alberico Crescitelli 7 INTRODUZIONE Al superiore della missione del Bengala, che ritiene di aver parecchi motivi per lamentarsi di Marinoni come Direttore dell’Istituto, questi risponde: “Mio amatissimo Sig. Parietti, io la ringrazio di cuore di quanto mi ha scritto nell’effusione dell’animo suo, e l’assicuro che farò di tutto per conformarmi a quanto Ella desidera da me, e a quanto con Lei desiderano tutti i suoi carissimi colleghi: sarà questa una grazia che mi fa la B. V. de la Salette, di conoscere meglio i miei doveri, e di disimpegnarli con diligenza e con perseveranza innanzi a tutto. Io non voglio giustificarmi per nulla, ma vorrei piuttosto essere talmente consacrato al pensiero e al servizio delle Missioni, che nulla affatto me ne rimovesse, e che i Missionari si persuadessero non alle mie parole, ma ai fatti, che io sono costantemente con loro, per loro, e tutto ai loro servizi” (v. Lettera 86). In queste espressioni si rivela tutto lo spirito con cui Marinoni ha diretto l’Istituto missionario di San Calocero1 nei suoi primi 41 1 Ricordiamo che il Seminario Lombardo per le Estere Missioni ha avuto inizio il 30 luglio 1850 a Saronno, nella casa del Fondatore, mons. Angelo Ramazzotti, ed è stato eretto formalmente dai vescovi lombardi il 1° dicembre dello stesso anno. Nel 1851 un decreto dell’arcivescovo di Milano gli concedeva una sede in città, a San Calocero, da cui il nome derivato all’Istituto. Solo con l’unione, nel 1926, al Pontificio Seminario dei SS. AA. Pietro e Paolo per le Missioni Estere, di Roma, prese la denominazione di Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME). Vedere in proposito il volume PIME Documenti di fondazione, a cura di D. Colombo. 9 anni di vita (1850-1891): dedizione paterna, illuminata e forte, rispettosa ed amorosa, e sempre orientata al bene dei missionari e delle missioni. In pratica è lui che lo ha plasmato e gli ha dato configurazione concreta e tempra, mettendolo in grado di superare le gravi difficoltà di un’esperienza del tutto nuova in Italia e portarlo a quello sviluppo che gli ha permesso di assolvere il suo compito con frutti abbondanti maturati attraverso sacrifici e sangue. Perciò era per noi scontato che, dopo aver pubblicato una selezione delle lettere del Fondatore, mons. Angelo Ramazzotti, nominato vescovo di Pavia ancor prima che il Seminario Lombardo per le Estere Missioni venisse eretto formalmente dai vescovi della Lombardia, passassimo a far conoscere quelle di Marinoni, costituito Direttore della nascente istituzione, formata da sacerdoti diocesani e laici catechisti per l’evangelizzazione delle genti che ignorano Cristo. In questi scritti infatti si manifesta e si tutela nella concretezza delle situazioni, spesso scabrose, il carisma originario dell’Istituto: il suo fine esclusivamente missionario, la sua caratteristica ecclesiale in quanto nato da chiese locali per far sorgere altre chiese locali, la sua costituzione “non religiosa” ma secolare, la sua unità e solidità interna quale famiglia di apostoli. Leggerli è rifare il cammino per cui un ideale è divenuto realtà, e misurare in qualche modo il prezzo che ciò ha richiesto. Prima, però, di entrare nei particolari dell’epistolario qui raccolto, occorre dir qualcosa dell’autore. Mons. Giuseppe Marinoni è una figura di alto rilievo del clero dell’Ottocento. Basti dire che ne fanno menzione non solo i dizionari ecclesiastici, ma anche quelli a carattere più universale, come la Treccani. Nasce a Milano nel 1810 da famiglia antica e nobile, sia da parte del padre che della madre. I Marinoni sono tra le illustri e secolari stirpi milanesi, che contano tra i loro membri ecclesiastici di fama, compresi beati e santi. In particolare si fa menzione del beato Giovanni Marinoni, discepolo prediletto di S. Gaetano Thiene, di cui don Giuseppe conservava l’iscrizione di una lapide commemorativa, rimasta nei documenti d’archivio. Pure di 10 discendenza aristocratica e ricca la madre, Teresa Calchi de’ Novati, nella cui parentela si annovera qualche ecclesiastico e tra gli antenati anche un vescovo. Ma il nostro non è affatto attaccato ai fasti del passato o a titoli e distinzioni; quasi mai nelle lettere si firma “Monsignore”. Rievoca piuttosto il clima di serenità e di affetto della sua famiglia, di cui sono un segno l’uso di chiamarsi tra i componenti, compresi i genitori, col diminutivo. E sappiamo pure la preoccupazione della mamma di avviare i piccoli alla recita quotidiana delle preghiere mattutine e serali. Degli anni giovanili di “Pepino” conosciamo abbastanza poco, come si può vedere dai dati cronologici in appendice, a cui rimandiamo. Le prime lettere che ci rimangono di lui sono tardive e non abbondano di reminiscenze. Nel tempo degli studi rivela presto un’intelligenza precoce, avida di sapere e più ancora un carattere equilibrato e docile, portato all’obbedienza e alla correttezza, all’amicizia sincera e alla pietà sentita. Doti che si manifesteranno sempre di più nella vita seminaristica, in preparazione al sacerdozio a cui si sente portato quasi istintivamente. Il giorno dell’ordinazione presbiterale, ricevuta il 24 maggio 1834, è e resterà memorabile per lui, tutto pervaso dal desiderio, come scrive alla sorella Margherita il 6 dello stesso mese raccomandandole di pregare Maria Santissima, che “io non rappresenti del tutto indegnamente il suo divin Figlio”. E subito dopo lo attende un lungo periodo d’incertezza “vocazionale”, che si associa alla tendenza verso gli scrupoli e alla debolezza di salute che già aveva sperimentato e che lo accompagnerà con malattie periodiche per tutta la vita. Nominato docente al seminario diocesano di San Pietro per l’anno scolastico 1835-36, deve sospendere dopo qualche mese l’insegnamento per un grave malanno al petto, che lo costringe a prendersi un po’ di riposo. È allora che matura la decisione di dedicarsi ad un’esistenza più contemplativa e pensa di farsi gesuita. Accolto in prova nel noviziato di S. Andrea al Quirinale, a Roma, viene poi dimesso per l’incompatibilità tra la sua ricerca di solitudine e il ministero proprio dei gesuiti. Dopo vari tentativi altro11 ve, finisce per mettersi con don Vincenzo Pallotti, attratto dal suo zelo apostolico e dalla sua intenzione di fondare un istituto per le missioni estere, con un ramo attivo e un altro contemplativo. Don Giuseppe veramente sta passando un tempo di oscurità circa il suo futuro, durante il quale però cresce in lui l’interesse per la propagazione della fede. Ma prima che questo impulso abbia uno sbocco passerà ancora un decennio. Nel 1841, infatti, Marinoni lascia il Pallotti, che non si decide ad avviare l’istituto missionario sognato, e si trasferisce all’Ospizio di San Michele a Ripa, dove rimane prima come viceparroco e poi come parroco fino al maggio del 1850. Al tempo della ricerca segue ora quello del silenzio. Di lui, tutto impegnato nella guida di una parrocchia sui generis per dieci anni, non si hanno notizie, se si eccettua qualche lettera scritta alla sorella Margherita, ma priva di informazioni concrete. Come mai? Un silenzio impostosi o dettato da altre ragioni? Guardando a quanto succede dopo, è difficile non vedere un disegno della Provvidenza che sta preparando don Giuseppe alla missione della sua vita. Quando questi torna a Milano nel maggio del 1850 è per ragioni di salute, e non sa ancora cosa l’attende. È mons. Ramazzotti, andato a Roma nel giugno successivo per ricevere la consacrazione episcopale, a richiedere ed ottenere con molta fatica che il card. Tosti, da cui dipende l’Ospizio, lasci libero Marinoni, che il Fondatore, d’intesa con l’arcivescovo di Milano mons. Romilli, pensa di mettere alla direzione del nascente Seminario Lombardo per le Estere Missioni. E Marinoni è pronto, come se da tempo stesse aspettando questo momento del Signore per decidere definitivamente di sé secondo la chiara volontà di Dio. A questo punto torniamo all’epistolario offerto in questo volume. Esso raccoglie 195 lettere, compresi alcuni pochi documenti sempre a firma di Marinoni. Una selezione quantitativamente molto ridotta, quando si pensa che del primo Direttore dell’Istituto abbiamo in archivio oltre 1.500 lettere. Essa però vuole essere abbastanza rappresentativa della vita e soprattutto 12 dell’attività del Marinoni, specialmente, ma non esclusivamente, del suo compito di dirigere e di plasmare concretamente la nuova fondazione. Uno sguardo ai destinatari e ai contenuti riassunti nell’intestazione redazionale di ogni lettera può confermare questo intento, che crediamo di aver raggiunto in buona misura, tenuto conto dei limiti richiesti per un volume di sintesi. La corrispondenza indirizzata ai familiari, in particolare le numerose lettere alla sorella Margherita, fa luce sulle qualità umane e spirituali di Marinoni, sul suo modo di sentire e vivere i legami di parentela, su taluni lati del suo carattere affettuoso, sereno, scherzoso ed anche su certuni aspetti della sua cultura umanistica, in sintonia con le doti e le tendenze della sorella, Dama della Guastalla, donna colta, amante della poesia e versata nelle lingue, desiderosa di perfezione spirituale. Due anime gemelle. Del resto Pepino partecipa a Ghettina il suo amore per le missioni e, in certa misura, le gioie e le preoccupazioni del suo compito di Direttore, ma soprattutto i suoi malanni corporali e le aspirazioni della sua anima. Parecchie lettere riguardano la vicenda di Marinoni come fondatore e scrittore de “L’Osservatore Cattolico” prima, e poi membro della “Commissione di vigilanza” su questo giornale, passato ad altre mani, e su “Lo Spettatore”. Non è nostro scopo trattarne in modo esauriente, ma quanto è detto basta a comprendere il ruolo importante e difficile che don Giuseppe si assume e porta avanti con chiarezza e coraggio in un’epoca di sconvolgimenti politici che si ripercuotono nella Chiesa. Nello stesso contesto si pongono le sue riflessioni sulla situazione sociale ed ecclesiale del tempo (ne dà notizia anche ai suoi missionari) e le lettere di ossequio e sostegno a Pio IX vilipeso e perseguitato, da cui appare che la sua difesa del potere temporale del Papa scaturisce non tanto da visioni politiche, quanto dai soprusi di ogni genere fatti alla Chiesa e al suo capo. Tuttavia non è questo il solo impegno che distingue Marinoni. Uomo di grande virtù e dottrina, egli riscuote larga stima e vene13 razione nella Chiesa, specialmente milanese; è un predicatore, confessore e consigliere ricercato, donde le sue molteplici attività e relazioni testimoniate dalla copiosa e multiforme corrispondenza. Ma di tutto ciò le lettere qui raccolte dicono poco, avendo voluto noi concentrarci sulla sua opera principale riguardante l’Istituto missionario. Va però notato che ciò non riduce l’interesse per la sua figura e azione, bensì ne costituisce la miglior valorizzazione. È proprio il compito di Direttore, come da lui inteso e svolto, che gli permette di avere contatti ed influssi di ampie proporzioni. E la selezione epistolare fatta lo mostra chiaramente. A motivo dell’Istituto, Marinoni tratta coi vescovi e non solo quelli della Lombardia, detti “istitutori”, ma anche del Veneto e di altre regioni italiane. Le relazioni con Propaganda, da cui l’Istituto dipende per l’assegnazione delle missioni e l’invio dei missionari, sono continue e tutt’altro che facili. Proprio agli inizi nasce la spinosa questione con Roma sulla natura del seminario missionario, che ha il suo apice nel 1853: tema oggetto già d’uno speciale studio (v. Bibliografia, COGNOLI), ma che abbiamo ripreso per la parte che riguarda direttamente il punto di vista di Marinoni. Pure in seguito difficoltà e incomprensioni segneranno non di raro i contatti con Propaganda, che il Direttore cercherà di riportare il più possibile nella serenità e nell’intesa, pronto in ogni caso all’obbedienza. Un argomento cruciale continuamente emergente è quello delle vocazioni, sempre insufficienti e che i vescovi, compresi quelli istitutori, con poche eccezioni, si mostrano restii a concedere. Marinoni deve moltiplicare appelli, visite, viaggi, scrivere lettere rispettose ma forti per ricordare che l’evangelizzazione dei non cristiani spetta anzitutto ai successori degli apostoli, che essi devono inculcare nel clero e nei fedeli l’Opera per la propagazione della fede. Egli ha di mira non solo i bisogni del proprio Istituto, ma la causa generale delle missioni. Per sé arriva ad elemosinare singoli candidati. Poi, per risolvere il problema almeno parzialmente, dovrà far ricorso ad altre vie, come l’ordinazione “titulo missionis”, la concessione pontificia di accogliere un cer14 to numero di vocazioni, a determinate condizioni, prescindendo dal permesso del vescovo, e l’accoglienza di candidati provenienti da altre istituzioni, con cui invano però cerca di realizzare una formula d’unione. Ma il nocciolo dell’impegno del Direttore, nella visione di Marinoni, è di provvedere le missioni di sacerdoti e catechisti ben formati, seguirli sul campo del lavoro, assicurare loro le condizioni per una dedizione apostolica generosa e perseverante, in un clima di fraterna unione tra i missionari sul posto e tra essi e la sede centrale, in pratica il Direttore stesso. Per questo egli scrive instancabilmente anche se spesso brevemente ai figli lontani. Informa, esorta, ammonisce, fa vibrare tutte le corde della sua mente illuminata e del suo cuore di padre. È un lavoro enorme e sfibrante, quando si pensa che sotto di lui si attueranno 40 invii per un numero complessivo di 133 missionari (118 sacerdoti e 15 catechisti) in sette disparate aree: Oceania-Borneo, India, Bengala, Colombia, Hong Kong, Birmania, Honan sud e nord, e quando si ricordano i frequenti e talora gravi malanni che deve sopportare. Dalla corrispondenza riportata in quest’opera emergono parecchi punti chiave su cui il Direttore torna con insistenza perché tutto si compia in modo corretto ed efficace, avendo sempre di mira il bene dei missionari e delle missioni. Ecco i principali: – La missione è affidata dalla S. Congregazione di Propaganda Fide all’Istituto (siamo in regime di “commissione”), non ai missionari né al superiore ecclesiastico (semplice superiore, o prefetto, o vescovo vicario apostolico), e perciò il Direttore deve essere informato e coinvolto in situazioni e questioni di importanza, come il trattamento dei missionari, gli eventuali spostamenti, le richieste di sussidi. Tutto perché ci sia concordia e unità tra la direzione centrale e le missioni. – La formazione dei missionari richiede tempo e il loro invio esige denaro; se i superiori vogliono buoni missionari devono lasciare al Direttore tempo per discernere, provare, formare le 15 vocazioni, e aver pazienza che si ottengano le risorse finanziarie necessarie. – I missionari sul campo hanno bisogno di sostegno, comprensione, unione tra loro e col superiore per svolgere un apostolato credibile e fruttuoso, e non mettere a rischio la loro perseveranza; questo spirito di famiglia va alimentato di continuo, specialmente nei momenti difficili, col contributo di tutti e la particolare responsabilità del superiore locale. – Superiori e singoli missionari si tengano in rapporto epistolare col Direttore, e non dimentichino di dar loro notizie anche alle rispettive famiglie; non sono rari i lamenti di Marinoni perché si trascura questo dovere. – I missionari non devono lasciare la missione per tornare in patria o trasferirsi in un’altra, neppur per ragioni di salute; la propria destinazione è quella avuta tramite Propaganda e l’Istituto ed occorre esservi fedeli perché a questo è legata la promessa dell’aiuto divino; rare eccezioni vanno considerate dai responsabili. – Si deve tentare ogni mezzo per non perdere missionari, e gli stessi missionari devono riflettere seriamente sulla fedeltà alla loro chiamata; le vocazioni sono un dono grande e non ci si può permettere di sprecarlo. Marinoni è il primo a mettersi in moto per salvare ad ogni costo missionari in crisi. Ovviamente questi ed altri punti non si trovano così formulati nelle lettere, ma vi sono contenuti e ribaditi nella sostanza e il loro insieme offre la visione e la prassi missionaria di Marinoni. Essi in fondo attingono alla magna charta di fondazione, la cosiddetta “Proposta”, ma maturano con l’esperienza sul campo missionario e saranno poi sanciti nelle prime Regole e Costituzioni del 1886, preparate da Marinoni con il contributo delle osservazioni dei missionari. In questo senso le lettere sono assai preziose, perché riflettono i molti casi concreti che il Direttore affronta per salvaguardare e sviluppare il carisma dell’Istituto. Al tempo stesso, in questo impegno, Marinoni ha modo di rivelare il suo animo e il suo stile paterno. Egli non è il superiore che opera a colpi di bacchetta per far osservare delle norme, 16 ma agisce sempre con avvedutezza, rispetto e carità, senza però temere di essere chiaro e franco quando occorre, e ciò con tutti, compresi i confratelli vescovi per i quali ha grande riverenza e amore. Tutti i missionari gli danno atto di questo, e, se nasce qualche malinteso, in seguito si ricredono. Un’occasione per mostrare al Direttore in modo corale i loro sentimenti di affetto e riconoscenza si presenta per la ricorrenza del suo giubileo sacerdotale, il 24 maggio del 1884. Per la circostanza viene pubblicato un volume speciale, plurilingue, con le voci delle diverse missioni, che nella dedica dice tra l’altro: “ Al… Primo Direttore e Vero Padre – dal dì memorabile dell’Istituzione… – con sapiente affettuosa sollecitudine – formato e fatto fiorire… – con un cuor solo un’anima sola – questo lieve segno d’affettuosa esultanza – di tenerissimo amore – offre l’Istituto”. Non si dovrà aspettare la morte per cogliere la grandezza e la santità di Marinoni; anche questo ridotto epistolario lo rivela al lettore attento. Resta da aggiungere che ancora si aspetta chi ne scriva una biografia accurata e integrale. L’avrebbe voluto fare lo storico illustre del Pime, p. G. B. Tragella, convinto com’era che Marinoni è il più insigne missionario dell’Istituto e meritevole della gloria degli altari. P. DOMENICO COLOMBO Roma, 19 marzo 2005 Un grazie riconoscente a don Virginio Cognoli e al dott. Paolo Labate, ai quali il curatore deve molto per la pubblicazione di questo volume. Don Virginio ha lavorato per anni sulle lettere di e a mons. Marinoni, preparando la selezione qui offerta e un insieme prezioso di scritti e note riguardanti tutto l’epistolario. Paolo, che fa parte dello staff dell’Ufficio Storico, ha dato un valido e appassionato contributo, sia per l’elaborazione informatica, sia per la ricerca laboriosa di dati raccolti nelle appendici, in particolare quelli relativi alla parentela di mons. Marinoni. 17 AVVERTENZE 1. Le lettere di mons. Marinoni sono conservate nell’Archivio Generale del PIME a Roma sotto la sigla AGPIME (Archivio Generale Pontificio Istituto Missioni Estere) che comprende la sezione AME (Archivio Missioni Estere). Alla sigla seguono i numeri indicanti la collocazione e le pagine d’inizio e fine del documento. Molte Lettere mancano della firma e/o dell’indirizzo, e a volte risultano troncate, perché si tratta in genere di minute; fanno eccezione quelle indirizzate alla sorella Margherita, di cui si conservano quasi tutti gli originali. 2. I testi originali sono stati ritoccati per la punteggiatura e qualche parola od espressione obsoleta, quando è sembrato necessario per la comprensione del lettore di oggi. 3. Le citazioni bibliche latine originali sono seguite dalla traduzione italiana, messa tra parentesi quadre e attinta solitamente al testo della CEI, unendo i riferimenti del caso allorché mancavano nell’originale latino. 4. Le note sono volutamente sobrie: forniscono quanto basta per inquadrare la lettera in generale, chiarire eventi e precisare nel limite del possibile e sufficiente persone e luoghi di cui parla. Si è cercato pure di sottolineare brevemente aspetti che fanno luce sulla figura e lo stile d’agire del Direttore. 5. Il richiamo bibliografico delle note rimanda alla bibliografia messa in appendice, comprende il nome dell’autore o curatore, e, in corsivo, la prima parola significativa del titolo quando l’autore o il curatore ha più opere nell’elenco bibliografico, oltre al riferimento delle pagine pertinenti. 18 6. Abbiamo lasciato le abbreviazioni originali del testo quando – è il caso più frequente – il loro senso risulta ovvio; le abbiamo invece completate o chiarite se è parso necessario. Notiamo che M. sta per Marinoni mons. Giuseppe. 7. Segnaliamo ancora le diverse appendici che hanno lo scopo di integrare l’informazione e rendere più facile la consultazione e la ricerca. In sostanza, si è voluto rendere la lettura largamente accessibile, perché siamo convinti che il volume possa interessare una larga cerchia di persone, oltre ai membri del PIME. 19 1. ALLA SORELLA MARGHERITA 1 ottobre 1832 per un ricamo d’altare Carissima Sorella1 Il dì 1 8bre 1832 Da Cuggiono Mi hai fatto la più grata delle sorprese con quel tuo bellissimo ricamo: solo l’altare era degno di un sì egregio lavoro, quand’anche l’indole stessa del soggetto, che ti proponesti di ricamare, non glielo avesse naturalmente aggiudicato. Se tu hai così ben ritratti nel cuore gli strumenti e le insegne della Passione e della Morte del Redentore, come li hai ritratti su questo tessuto, poco ti manca ad esser Santa. Mi piacque pure assai il vedere adombrato nelle spighe e nei grappoli d’uva il SS.mo Sacramento dell’Eucaristia: in una parola, buonissima è la scelta del disegno, felicissima l’esecuzione. Prosegui pure ad abbellire con le opere delle tue mani gli altari del Signore e ad imitazione di tante Vergini e Matrone illustri per fama di santità che in ciò ti precedettero con i loro esempi, assieme al lavoro consacra a Dio le lodi 1 In AME 05, pp. 147-150. Margherita, chiamata anche Ghittina, maggiore di un anno di Giuseppe, era tra i familiari la sua prediletta. A lei M. indirizzò moltissime lettere, che rivelano affetto, stima, familiarità, consonanza spirituale. A questa corrispondenza di sentimenti e di scritti, p. Geraldo Brambilla nella biografia di Marinoni dedica un intero capitolo (XXI, pp. 344-367), e don Virgilio Cognoli una “Nota estesa A 1” che ne descrive alcuni contenuti di maggior rilievo: considerazioni spirituali, tono amabilmente scherzoso, aiuto in suppellettili e denaro, visite alla sorella, amore alla cultura, riflessioni sul “risorgimento italiano”. Piuttosto riservato nel parlare del suo intimo, Marinoni si apre volentieri con Ghittina che comprende e corrisponde. 21 che mai te ne venissero. Quanto più umile sarà la mano che li offre, tanto più caro a Dio sarà il dono. Ti prego di avermi presente nelle tue orazioni. La Carolina ti saluta. Ti prego dei mei rispetti alle tue Sig.re Colleghe che mi conoscono. Il Tuo Aff.mo Fratello Ch. Giuseppe Mi viene in mente un altro pensiero e tu lo udrai volentieri. Qual contentezza avrebbe provata la povera Mammina2, se avesse avuto la sorte di vedere un lavoro così compito! Ella che non sapeva finir di compiacersi, quando aveva sott’occhio qualsiasi anche piccolo tuo travaglio. Ah son già sette settimane da che fu assalita dal terribile male, son 45 giorni da che il suo corpo è sotterra. Non dimentichiamoci mai di una madre che ci portava tanto amore. Alla Pregiatissima Signora La Sig.ra D. Margherita Marinoni Dama nell’ I. R. Collegio della Guastalla in Milano3 La mamma, Teresa Calchi de’ Novati, moriva il 15 agosto 1832. Il vezzeggiativo con cui Giuseppe la ricorda alla sorella non è un’eccezione per la circostanza, ma un uso abituale tra i membri della famiglia Marinoni nei riguardi l’uno dell’altro, un modo spontaneo di esprimere il vicendevole tenero affetto. 3 Margherita era entrata, nell’inverno 1831, nel Collegio della Guastalla a Milano, ricevendovi la vestizione il 29 febbraio dell’anno seguente. L’istituzione, creata dalla contessa di Guastalla Ludovica Torelli (1500-1569 ?), già fondatrice delle Suore Angeliche, e inaugurata nel 1557, aveva lo scopo di educare le fanciulle milanesi di nobile origine ma decadute; esse si trattenevano nel Collegio dai 10 ai 22 anni, quando sceglievano la vita religiosa o il matrimonio. Incaricate dell’educazione delle giovani erano delle Signore (Dame), in genere originarie da famiglie nobili, che facevano il voto di castità. Il collegio era situato tra Porta Romana e Porta Tosa, presso il convento di S. Barnaba. 2 22 Conobbe varie vicende lungo i secoli, tra cui una soppressione nel 1785 e, dopo la rinascita come Imperial Regio Collegio, l’incameramento da parte dello Stato italiano nel 1888, con lo scioglimento della comunità, in seguito al quale Margherita si riunì con altre consorelle in forma privata a Palazzolo Milanese (AME 07, pp. 903-905), dove morì il 6 gennaio 1891. Il Collegio ricostituito venne trasferito a Monza negli anni ’40 del secolo scorso (tra le fonti d’informazione sul Collegio, Dizionario, vol. III, pp. 1540-1541). 23 2. ALLA SORELLA MARGHERITA 15 novembre 1832 osservazioni a due bellissime poesie Carissima Sorella1 a dì 15 9bre 1832 Dal Seminario di Milano Se i tuoi scritti mi furono sempre graditi, questa volta mi furono graditissimi. Tu m’hai procurata la bella sorte di leggere due bellissimi componimenti poetici in questi giorni in cui l’apparato delle scienze Teologiche spiegandosi innanzi ai miei sguardi per poco non m’abbatte l’animo col presentimento delle difficoltà e delle noie che mi restano da superare. Né mi sono appagato di leggerli, ma vi ho aggiunto ancora dietro il tuo invito un po’ d’inchiostro tagliando qua e là, variando, accrescendo qualche espressione, ove mi parve che il metro lo richiedesse. Ben mi rincresce che la mia mano già da gran tempo non avvezza a suonar di cetra o per dir meglio inesperta finora, avrà guastati i gentili concetti e le voci gentili per ridurle ai numeri poetici, ma questa è meno mia colpa, che di coloro che me ne diedero l’incarico. Questo so di certo che s’io ho usato tutta la libertà nel recidere, ritoccare e introdurre quanto mi parve più opportuno, ho 1 In AME 05, pp. 155-158. Uomo dall’ingegno versatile, M. si trovava a suo agio nei vari rami della cultura umanistica, oltre a quella religiosa. Questa disquisizione mostra la sua competenza e il suo gusto nel campo della poesia, né la sorella era da meno stando agli elogi che riceve, pur insieme alle correzioni. Un testo interessante anche per il clima di familiarità che lo pervade, nonostante l’argomento serio e impegnativo. Del resto, M. riceveva spesso da esaminare le composizioni delle ragazze del Collegio della Guastalla, che Margherita istruiva ed educava. 24 adempito in questo i precetti di Orazio e usato di quei diritti che mi furono spontaneamente concessi. Ricevi dunque uniti ai due fogli che m’hai spediti due altri fogli in cui ho trascritti con le variazioni ch’io credetti convenienti i due componimenti. Nei due primi fogli da te mandatimi ho notato accanto ad ogni verso imperfetto l’eccesso o il difetto delle sillabe, o la collocazione impropria dell’accento. Nei due fogli da me ricopiati ho notato con una lineetta tutti i versi in qualche maniera da me maltrattati. Soggiungerò qui un paio di osservazioncelle sui versi tronchi e sulla collocazione dell’accento sopra la settima sillaba. Il verso tronco di cui vedo in questi componimenti farsi un uso frequentissimo per quel ch’io ho appreso nella lettura dei buoni verseggiatori Italiani, rarissime volte interviene nei versi Endecasillabi e allora solo si adopera, quando si deve esprimere l’improvviso arrestarsi di un movimento o di un’azione qualunque: fuori di questo caso o di qualche altro per indole a lui somigliante, il verso tronco è una pietra d’inciampo che interrompe il corso piano ed uguale del poetico ritmo. Un orecchio ben costrutto sente subito la dissonanza che apporta con sé questo concorso di versi tronchi e piani: parimenti si deve fuggire come contrario all’eufonia, così nei versi, come nelle prose, l’uso di troncare le voci davanti a una parola che incomincia da vocale come in questo verso: “Penetrommi del cor, e al dolce invito” o in quest’altro: “Mia prece e dei divi favor il fonte”. Quanto suona più dolce il verso se dirai: “Penetrommi del core, e al dolce invito”... “Mia prece e dei divi favori il fonte”... quantunque quest’ultimo verso non può piacere all’orecchio perché manca d’un accento sulla quarta, la quale essendo un articolo (dei) non può riceverlo. L’altra osservazioncella sulla collocazione dell’accento sopra la settima sillaba è questa che i poeti usano talvolta, per notare lentezza d’azione, quiete ed altre idee di tal sorta, ritardare il corso del verso coll’accentuare la settima sillaba invece dell’ottava: i 25 latini in questa occasione facevano uso del verso Spondaico ossia di un verso terminante in quattro sillabe lunghe. Dante però fa uso spesso di versi accentuati sulla settima, senza avere alcun motivo per la natura delle cose di cui parla, né si può negare che questa sorta di versi aggiungano assai gravità al componimento; ma dobbiamo esser parchi nell’inserirli nelle nostre poesie specialmente ove l’argomento o tenero od allegro richieda scorrevolezza di suoni. Io ne ho innestati due nel componimento fatto per il giorno della tua vestizione: eccoli: “Purpuree rose e modeste viole”... “Stupor la mente, ritrosa la cetra”... l’epiteto modeste mi parve sì bello da non doversi a qualunque costo sopprimere; d’altra parte il verso voleva essere raggiustato: ho pensato adunque che un verso coll’accento sulla settima avrebbe salvata e la felicità dell’espressione e l’armonia del metro, e che al tempo stesso sarebbe conforme alla gravità della persona che lo dice, ed all’indole stessa della cosa di cui si tratta. Quanto all’altra la relazione è più facile a colpirsi e salta all’occhio da sé medesima. Aggiungo per ultimo che le voci: soave, viole etc. quiete nel verso non si possono considerare come due sillabe, ma ne formano tre. Finisco col rendere i dovuti elogi e alle leggiadre fantasie e al nobilissimo stile che brillano in questi componimenti, e confesso sinceramente che fu per me di non poca meraviglia il vedere in mezzo allo splendore di quelle poetiche doti, che sono le più difficili da acquistarsi, ed a pochi ingegni concesse, mancare la ferma cognizione di poetici numeri, dote agevolissima da ottenersi e comune anche a coloro che non ebbero giammai vocazione a salir le vette del Parnaso qual son io. Mi raccomando alle tue orazioni. Addio Il Tuo Aff.mo Fratello Ch. Giuseppe 26 3. ALLA SORELLA MARGHERITA 28 novembre 1836 l’amore del patire Carissima Sorella1 Tu attendi con impazienza il compimento delle mie promesse, e anche ti lamenti con me della fede violata: calmati che son galantuomo: sol mi dispiace che non ho di che interessarti. Che vuoi ch’io ti scriva? Ringraziamenti per i tanti favori dei quali mi hai colmato? Io te li devo certamente vivissimi, ma tu generosa non vuoi che si ricordino i tuoi benefici. Scriverò sante ammonizioni, e salutari eccitamenti? ne ho io innanzi a tutti bisogno e vado a Roma per sentirmeli ogni giorno inculcare. Notizie del mio viaggio? Avrai udito dal Papà le belle accoglienze che mi fecero i PP. 1 In AME 05, pp. 189-192. Ordinato sacerdote dall’arcivescovo di Milano card. Gaisruck il 24 maggio 1834, dopo un periodo d’insegnamento al seminario di Castello sopra Lecco e a S. Pietro Martire, segnato da malattie e anche scrupoli, M. entra in una fase di ricerca della perfezione attraverso la vita “religiosa”. Di qui il viaggio iniziato nel novembre 1836, di cui parla questa lettera alla sorella, dopo mesi di silenzio (BRAMBILLA, pp. 16 ss.). Visita i gesuiti a Piacenza, si ferma a Parma tra i cappuccini, poi a Reggio ancora tra i gesuiti e finalmente a Roma, nel noviziato gesuita di S. Andrea. A proposito dell’impatto del sacerdozio su M., egli a fine maggio 1834, pochissimi giorni dopo l’ordinazione, così risponde ad una lettera di Margherita: “M’è caro intendere l’alta idea che tu hai del mio novello stato, come io non vi ho dentro un minimo del mio; così, quanto più tu lo esalti e lo magnifichi, mi è forza di riconoscermi tanto più carico di debiti, e non che correre pericolo di vanagloria, mi s’affaccia più viva la mia indegnità, la mia miseria, il mio nulla. Che abbia il potere di insegnare l’Evangelo, di battezzare, di legare e di sciogliere, di sacrificare le carni dell’Agnello immacolato che ci fu tratto per somma bontà dalla massa di perdizione, chi nacque e fu mille volte figlio d’ira e di vendetta, sono queste meraviglie tutte divine, e misteri trascendenti la forza d’ogni umano pensare” (AME 05, p. 175). 27 Gesuiti stabilitisi di fresco a Piacenza, e il mio avventuroso incontro col P. Dubuisson2. Non avrei che da aggiungere le notizie del mio soggiorno qui in Parma presso i RR. PP. Cappuccini. Oh che esempi di mortificazione e di penitenza ho io sott’occhio! Hanno indosso una ruvida tonaca, hanno scalzi i piedi, si levano a mezzanotte per il Mattutino e l’orazione mentale, ritornano a letto alle due e alle sei sono di nuovo in Chiesa. Oltre la Quaresima comune a tutti hanno due altre quaresime, l’una dall’Epifania al 16 di Febbraio chiamata la benedetta, l’altra dalla Festa d’Ognissanti alla Festa del SS. Natale detta dell’Avvento, e questa sì rigorosa che alla cena non hanno che un po’ di pane ed un bicchiere di vino. Usano la disciplina tre volte la settimana, mangiano pane accattato di porta in porta, che stanca i denti al primo boccone; dormono sopra un pagliericcio, hanno alle cellette le impannate ad uso dei poveri contadini. Vedi che bel vivere in mezzo a queste barbe venerande, che a noi Milanesi sembrano cose dell’altro mondo. Dio mi ha certamente qui condotto per farmi arrossire della vita che ho condotto finora, e per propormi i veri modelli della vita Cristiana e penitente. Nel dì del Giudizio questi frati confonderanno la mollezza dei nostri costumi e ci faranno convinti che le austerità non sono privilegi esclusivi di alcuni tempi o di alcuni luoghi e che ai primi secoli della Chiesa egualmente che alla nostra età, ai deserti della Tebaide egualmente che alle nostre contrade convengono i rigori della penitenza; uno stesso essendo il Vangelo che si professa, uno stesso quel Dio a cui si serve, uno stesso il premio che ci attende; avendosi finalmente da combattere gli stessi nemici: Mondo, Demonio, carne. Certo che la diversità dei tempi e dei luoghi potrà modificare in parte il genere di penitenza, ma lo spirito deve essere sempre 2 Non abbiamo questa lettera al papà. Quanto all’incontro con p. Dubuisson, ne parla pure in una lettera (28 nov. 1836, AME 05, p. 193) a d. Luigi Biraghi (v. Lettera seguente): cappuccino, missionario in America, condivise con M. la stanza, e gli diede molti santi consigli. Da sottolineare l’impressione che riceve dai cappuccini di Parma, tra cui rimane alcuni giorni. Ma il suo spirito continua ad essere dominato dalle “voci interiori” che lo spingono verso la Compagnia di Gesù. Tutto lo scritto rivela la sua ansia di sapere quello che Dio vuole da lui. 28 lo stesso immutabile in ogni occasione: l’amor del patire ci porterà sempre a cose che il senso abborre, che il Mondo rifugge, et haec est victoria quae vincit Mundum [e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo, 1 Gv 5,4]. Non ti immaginare però che io mi lasci trasportare da questo amore di patimenti: ho scritto queste cose per vedere di eccitarlo in me, per impegnarmi a sentirne il dovere, essendo ottimo mezzo, secondo l’avviso di S. Francesco di Sales, per imparare, l’insegnare ad altri. Dirai in famiglia che la Sig.ra Antonia Salerio giunse felicemente a Parma il giorno stesso che partì da Milano, che si trova bene in casa del figlio e della nuora, che fa mille rispetti e ringraziamenti alla casa nostra ed al Sig. Arciprete. Domani parto per Reggio, e vi udrò quella sentenza che confermerà, come spero nella bontà di Dio, quelle voci interiori che mi hanno tolto dal seno della famiglia per farmi figliuolo di S. Ignazio, fratello di S. Luigi Gonzaga. Nel Sacro Cuore di Gesù, come mi promettesti nelle ultime parole che m’hai scritto, vieni a ritrovarmi e se per mia sventura non mi trovi prega quel cuore amabilissimo che mi protegga dai miei errori e mi tragga a sé con i vincoli di un vittorioso amore. Ti prego di un Pater a S. Francesco Saverio per me, e di una Salve Regina alla nostra SS. Madre, e di un Angele Dei all’Angelo mio Custode, che si degni scortarmi nel viaggio, benché indegnissimo, come l’Arcangelo S. Rafaele fu scorta al giovinetto Tobia. Il Signore ci benedica, cara Sorella e benedica insieme il Papà, i fratelli, la Carolina, la Teresina e tutti i nostri parenti ed amici. I miei rispetti alle Signore della Guastalla. L’Aff.mo Fratello P.te Giuseppe Marinoni Parma. 28 9bre 1836. Dal Convento dei PP. Cappuccini. Alla Pregiatissima Signora La Sig.ra Dama Margherita Marinoni Nell’I. R. Collegio della Guastalla Milano 29 4. A D. LUIGI BIRAGHI 1837 (?) “non ho più altro da pensare che ad amar Dio” Al Molto Rev.do Sig. Il Sig. D. Luigi Biraghi Degnissimo Direttore Spirituale nel Seminario di Milano Carissimo Sig. Biraghi1 Le sono gratissimo della premura che si è preso per me, e della prudente condotta che ha tenuto a mio riguardo. I Santi Luigi e Stanislao mi hanno ottenuto la grazia sospirata della vestizione2, e spero che mi otterranno pur quella di una felice per- In AME 05, p. 197. Luigi Biraghi (1801-1879) fu professore e direttore spirituale nel seminario maggiore di Milano. Nel 1838 fondò le suore di Santa Marcellina per l’educazione delle giovani. Scrittore fecondo, collaborò pure ai giornali “L’Amico Cattolico”, “Il Conciliatore”, che abbandonò dopo la condanna di Pio IX, e “L’Osservatore Cattolico”. Per simpatia verso il movimento risorgimentale fu malvisto dagli austriaci. Nel 1873 venne nominato prelato domestico di Sua Santità. Uomo di grande spiritualità e cultura, gli si deve forse anche un vero progetto di seminario per le missioni. Fu padre spirituale del chierico M., che mantenne rapporti filiali con lui anche in seguito. Nel 1971 prese avvio il processo per la sua beatificazione (Dizionario, vol. I, pp. 437-438; TRAGELLA, I, pp. 17-18 e passim da indice onomastico). 2 M. entra nel noviziato dei gesuiti di S. Andrea al Quirinale l’1 gennaio 1837, iniziando la prima probazione che comporta la Vestizione. Egli si sente a suo agio nel noviziato ed è tutto preso dal desiderio di amar Dio. Scrivendo alla sorella il 23 marzo 1837 (AME 05, p. 199), le comunica che dopo Pasqua inizierà il mese dei Santi Esercizi, che di fatto cominciano la sera del 5 aprile per terminare il 5 maggio. Ed è in essi che matura la decisione di una maggior solitudine, inconciliabile però con la vita attiva dei gesuiti, come gli fa osservare il 1 30 manenza: io non ho più altro da pensare che ad amar Dio, a far la sua santa volontà, a predicare l’augusto suo nome, a chiamare i prossimi ad adorarlo; non ho da sapere più altro nisi Dominum Jesum et hunc crucifixum [se non il Signore Gesù e questi crocifisso, 1 Cor 2,2]. I giorni mi passano velocissimi, e la pace ed il metodo mi giovano non meno al corpo che all’anima. Ne sia mille volte benedetto il Signore: appena io credo a me stesso di trovarmi in uno stato di tanta fortuna. Del Biotti non so dirle nulla fuor che arrivò a Roma Martedì, e Mercoledì al Noviziato. Lo vidi la mattina e la sera, dopo non lo vidi più non essendovi relazione tra quelli che stanno in prima probazione ed i novizi. Le Messe, delle quali m’ha offerta l’elemosina, saranno adempiute, ma la prego a permettermi di procurarne l’adempimento per mezzo di altri Sacerdoti e con comodo. La commissione, della quale m’ha incaricato, riguardante le conferenze private con gli eretici, non m’è possibile disimpegnarla, non avendo io alcuna relazione con persone della Curia Romana, e richiedendosi a ciò informazioni, lettere commendatizie ecc. Mi perdoni pertanto se sono capace solo di chiedere dei favori, ma non di ricambiarli, non procedendo ciò dal cuore, ma dal braccio che non è pari al buon volere. Mi tenga raccomandato ai SS. Cuori di Gesù e di Maria, specialmente nel Santo Sacrificio dell’Altare: mi faccia la finezza di riverirmi i degnissimi suoi colleghi, ed accolga cortesemente le espressioni della mia riconoscenza e del mio ossequio, per cui mi protesto Obb.mo ed aff.mo in Christo P. Giuseppe Marinoni Novizio S. I. Direttore degli Esercizi, e così lascia il noviziato il 13 maggio seguente (BRAMBILLA, p. 21; v. anche Lettera 8. Intanto, per compiere col maggior impegno possibile il mese di ritiro, dice a don Biraghi che provvederà alle Messe richiestegli come e quando potrà, e declina l’incarico della commissione per le conferenze “con gli eretici”. 31 P.S. Il Biotti m’ha portato in isbaglio le Regole della Compagnia favoritemi in prestito dal P. Longoni. Se questa estate verrà qualcuno di Milano a Roma saranno riconsegnate. La prego di fargliene mille scuse. 32 5. ALLA SORELLA MARGHERITA S. Girolamo 1837 amor naturale e amor di Dio Amiamo Gesù, amiamo Maria Carissima Sorella1 È già da gran tempo che io desidero di scrivere così a te come alla sorella Carolina per ringraziarvi della viva memoria che conservate di me, quantunque io non abbia mai saputo far altro che darvi incommodi, spese, afflizioni. Ben mi consola il pensiero che più che l’amor naturale e terreno vi spinge ad essere così caritatevoli con me l’amore di quel Dio che non pago di colmarmi di favori di mano propria usa a mio vantaggio la mano dei miei congiunti, amici e prossimi e ispira nei vostri cuori parte di quei sentimenti pietosi di cui arse il suo cuore divino verso di me dal primo istante dell’Incarnazione fino a quest’ora. Quel divin Cuore saprà ben rendervi una mercede degna della sua generosità, saprà compensare a mille doppi le mie perpetue ingratitudini. 1 In AME 05, pp. 201-202. È la prima lettera che ci rimane dopo l’uscita di M. dal noviziato dei gesuiti; S. Gerolamo si festeggia il 30 settembre. Nel frattempo egli ha battuto alla porta dei certosini di Santa Maria degli Angeli a Roma (TRAGELLA, I, pp. 48-49) e di altre comunità di solitari, senza approdare a nulla. Ma lo stesso giorno che lascia Sant’Andrea, entra nella vicina chiesa dello Spirito Santo dei Napoletani, di cui era rettore Vincenzo Pallotti (1795-1850), fondatore della Società dell’Apostolato Cattolico, sacerdote ben noto per la sua santità e lo zelo delle opere, e che ideava una istituzione per le missioni estere; M. lo prese come guida spirituale. Questa lettera risente ancora del suo stato d’animo in pena e travaglio per una definitiva scelta di vita mentre era pure tormentato da forti scrupoli, ma anche di gratitudine a Dio e alle sorelle e del desiderio che il loro aiuto finisse pure “nelle parti degli infedeli che ne sono in estremo bisogno”. 33 Il flagello di Dio2, sebbene non ancora del tutto cessato, s’è però mitigato di modo che sopra ogni labbro risuonano cantici di ringraziamento alla protettrice di questa Santa Città, la Vergine Immacolata: perché da lei sola deriva l’essersi il Cielo placato, da lei sola si spera la totale estinzione del morbo micidiale. Fra una settimana o poco più, se le cose continuano bene, si canterà il Te Deum, e si renderà pubblico tributo d’esequie ai defunti che da alcuni si fanno ascendere a 12mila e più. Quanto alla graziosa offerta che mi fai né io l’accetto, né la ricuso: ben sarebbe stato mio desiderio di professare la più stretta povertà, ma chi mi conduce in nome di Dio non mi trova atto a tanto sacrificio: perciò fa quello che Dio ti ispira. Un’offerta però che io accetterei di tutto cuore sarebbe quella di abitini, corone, libretti, etc. ed anche denari da spedirsi nelle parti degli infedeli che ne sono in estremo bisogno: anzi dirò che per riguardo agli abitini, alle corone etc. più volte ho dovuto dolermi di non poter soddisfare nemmeno qui in Roma le brame dei devoti, dai quali avrei potuto promettermi non piccolo frutto specialmente negli ospedali3 ... Son domandato giù in Chiesa. Addio: salutami Papà, i fratelli, le tue Signore Colleghe. Il Tuo Fratello Giuseppe Girolamo Roma 1837 nel giorno di S. Girolamo Alla Pregiatissima Signora La Sig.ra Dama Margherita Marinoni Nell’I. R. Collegio della Guastalla Milano Si tratta del colera, che aveva già mietuto molte vittime in Lombardia. Alla comunità del Pallotti era stata affidata l’assistenza spirituale dell’Ospedale di Santo Spirito in Sassia, poco distante dalla chiesa ove risiedeva il Marinoni. I sacerdoti prestavano la loro opera anche in altri nosocomi della città. 2 3 34 6. ALLA SORELLA MARGHERITA 30 giugno 1838 “Quanto è mai bella la morte dei giusti” 1838 - Da Roma - 30 Giugno Carissima Sorella1 La tua lettera mi fu di grandissima consolazione così per la viva attesa in cui stavo di saper notizie di casa essendone da tanto tempo privo, come assai più per le cose in essa contenute. Sia mille volte benedetto quello spirito di carità e di misericordia che muove i vostri cuori a ricordarvi delle mie necessità, ed a farle presenti a quel Dio che pone tutta la sua gloria nel beneficarci, e nel condurci per le vie più soavi alla pace, alla libertà, alla luce, al Paradiso, alla pienezza d’ogni godimento. Egli saprà ben rendervi quella ricompensa che il suo cuor generoso ha promesso a tutti quelli che useranno pietà con i più bisognosi: vi sovvenga di quel suo clementisimo detto: Quando tu inviti a pranzo qualcuno (e questo vale di qualsiasi beneficio che facciamo ai nostri fratelli) non eleggerai quelli che possono contraccambiarti, ma scegli coloro che sono in altissima povertà e sarai beato perché non hanno con che renderti il contraccambio: lo renderà a mille doppi più largo il Padre delle misericordie, quel Dio a cui sono a cuore i più miserabili, anzi i nemici suoi, più che la pupilla dell’occhio. In AME 05, pp. 213-216. Nei mesi precedenti M. aveva scritto altre volte alla sorella prediletta per ringraziarla, chiederle preghiere, dirle di scusarlo presso il papà e altri familiari per il suo ritardo nel dar notizie di sé, motivando ciò con una certa incapacità di farlo. Don Giuseppe vive una lunga prova interiore, che però non lo distoglie, bensì lo immerge sempre più nel pensiero e nell’amore di Dio, e nella riconoscenza per chi prega per lui. È lo stesso tenore di questa lettera. 1 35 Vi dico questo non per scusare la mia ingratitudine, la freddezza, l’indolenza con cui ho finora corrisposto alle vostre premure; ma perché poniate la fiducia del premio della carità vostra in quello soltanto che può, vuole, ed ha promesso di rimunerare anche un bicchiere d’acqua fresca offerto per amor suo ad un sitibondo. A Dama Costanzina in particolare esprimerai la più viva riconoscenza per la pietà distintissima che mi usa: fra le grazie che domanderò con le più calde istanze al Signore ci sarà sempre quella di un cuore grato, e di una santa corrispondenza a tutti quelli che per amor suo mi fanno del bene: se farò una nota di quelle persone che la giustizia e la carità mi raccomandano singolarmente, non mancherò di compiere con lei un dovere sì benignamente impostomi. Quanto è mai bella la morte dei giusti! quanto consolante il patrocinio della Madonna Santissima! Non ho potuto leggere quanto mi scrivevi di quell’anima angelica che passò all’altra vita lasciando di sé alle compagne ed alle superiore così liete speranze senza provare la più tenera commozione2. Questi sono i fanciulli che ne sanno mille volte più dei vecchi; ecco le semplici colombe che innamorano il cuore di Dio, ignorano la vana sapienza del mondo, ma hanno pieno l’intelletto di una scienza assai più sublime, non conoscono altro che il celeste loro Sposo. Per una relazione forse non così stretta, ma pur cara, esse mi fanno sovvenire di quelle nostre due sorelline che morirono nell’infanzia, l’una prima del nostro nascere, l’altra sei o sette anni dopo, angeli di paradiso, create da Dio e donate alla nostra famiglia per farci certi dell’infinito suo amore, ed assicurarci che noi pure siamo fatti per il Cielo dal momento che vi teniamo lassù certamente due pegni così preziosi. Anime belle di Paola e Merita ricordatevi della madre vostra, ricordatevi del vostro fratello Cesare; benedite dal Cielo il padre vostro, benedite tutta la fami- 2 Il caso di questa bambina del Collegio della Guastalla fa ricordare a M. la sorte delle sue due sorelline morte in tenera età, Paola e Merita, e ne coglie l’occasione per ricordare gli altri defunti della famiglia, la mamma e il fratello Cesare, con animo pieno di affetto e di fede cristiana. 36 glia. Cara sorella, nelle sante Comunioni ringraziamo sempre il Signore che le abbia create, santificate, assunte alla gloria. La Serva di Dio Suor Maria Luisa Maurizi di cui t’ho in altra mia spedito l’immagine, ha fatto ultimamente un prodigio che attesta al tempo stesso e quanto cara sia ella a Dio e quanto pronta a beneficare chi a lei con fiducia umile ricorre. La Sig.ra Maria Piergentili era già da due anni afflitta da un’ulcera cancrenosa alla gola che aveva resistito a tutte le industrie dell’arte medica: avendo incontrato per strada D. Vincenzo Pallotti gli si raccomandò caldamente perché si degnasse di porgere per lei preghiere al Signore. Egli le suggerì che facesse una novena alla SS.ma Trinità ed alla Vergine Addolorata in rendimento di grazie dei favori e dei privilegi accordati alla Serva di Dio Suor Lucia Maria Maurizi. Essendosi la devota posta di buon animo ad eseguire quanto gli era stato ingiunto, cominciò sin dai primi giorni a sentire un notevole miglioramento e in capo ad otto dì fu perfettamente guarita da quella piaga che, come ella stessa mi disse, (giacché io l’ho udito raccontare di sua bocca propria essendo ella venuta a questa Chiesa sin dai primi giorni per informare D. Vincenzo del lieto successo) le impediva di sorbire liberamente anche le bevande, sicché le uscivano per le narici prima che le passassero allo stomaco per la gola. Il Chirurgo Massimi fece l’autentica deposizione e la rilasciò in mano di Mons. Grati, Generale dell’Ordine dei Servi di Maria (essendo Suor Lucia Maria Maurizi stata Vicaria dell’Ordine delle Mantellate fondato da S. Giuliana Falconieri sotto gli auspici di S. Filippo Benizi, Fondatore dell’Ordine dei Servi di Maria). Ne renderai grazie al Signore così mirabile in ogni tempo nei suoi Santi e così clemente verso gli afflitti3. 3 Di Maria Luisa Maurizi (1770-1831), religiosa dei Servi di Maria e fondatrice del monastero romano delle Mantellate, fu introdotta la causa di beatificazione nel 1895, ma la postulazione dell’Ordine, dopo un primo periodo di intenso lavoro, si dedicò ad altre cause ritenute più urgenti, per cui la Maurizi è tuttora semplicemente venerabile (Bibliotheca, vol. IX, coll. 191-193). Di essa nota M. in una lettera a Margherita (AME 05, p. 207) che “fu prima diretta nello spirito da Mons. Strambi [il passionista Maria Vincenzo, canonizzato], poi dal mio Santo Confessore e Padre D. Vincenzo Pallotti” [pure canonizzato]. 37 Al Papà, al Pierino (dai quali ho ricevuta una graziosissima lettera), alla sorella, allo zio, zia, cugini e parenti tutti ed amici mille saluti. Al Fratello Giovanni Battista del cui santo domani si compie l’ottava dirai che se sempre mi ricordo di lui, particolarmente in questi giorni l’ho fatto, memore dei tanti favori da lui ricevuti. Raccomandami ai SS.mi Cuori di Gesù, di Giuseppe e di Maria e alla tua Santa Patrona. Alla Pregiatissima Signora La Sig.ra Dama Margherita Marinoni Nell’I. R. Collegio della Guastalla Milano 38 7. ALLA SORELLA MARGHERITA 30 dicembre 1838 la vera umiltà 30 Xbre 1838, Roma Carissima sorella1 Viva Gesù, Giuseppe e Maria Le tue lettere non mi sono, no, importune, ma oltremodo gradite perché respirano tutte la pietà e la devozione. Aiutiamoci, cara sorella, alla meglio, alla buona l’un l’altro, perché si tratta di Paradiso, di eternità, di un Dio: sopratutto poniamo ogni nostro studio nell’acquisto d’una soda e profonda umiltà riconoscendo volontariamente fino a gloriarcene coll’Apostolo S. Paolo le nostre miserie ut inhabitet in nobis virtus Xti [perché dimori in noi la potenza di Cristo, 2 Cor 12,9] (…). Si leggano le vite dei Santi (...): essi dicevano il vero perché non si giudicavano con bilance false, con i giudizi ingannevoli degli uomini, ma si pesavano col peso del Santuario, si misuravano con quella norma che non può ingannare. (...) 1 In AME 05, pp. 217-218. Lo scritto dimostra, se ce ne fosse ancor bisogno, l’intenso legame spirituale che univa M. a Margherita, per aiutarsi senza pretese, “alla meglio, alla buona”, nel cammino a Dio, al Paradiso. E in consonanza a ciò, segue una lezione concreta più che teorica sull’umiltà “soda e profonda”, e la richiesta di preghiere per ottenere “il dono di questa virtù tanto necessaria per chi deve attendere al ministero Evangelico”. Direttore del Seminario Lombardo per le Missioni Estere, M. sperimenterà quanto gli sarà indispensabile per il suo compito. 39 Un’altra prevenzione contro l’umiltà è che comporti tristezza e malinconia: mentre al contrario reca un continuo gaudio non meravigliandosi di qualsivoglia cattivo trattamento, e adattandosi a tutti gli umori, a tutte le circostanze. S. Francesco Borgia ad uno che si meravigliava come si potesse tollerare con pazienza i disagi di un cattivo albergo, rispose che egli mandava sempre innanzi uno staffiere a preparargli l’alloggio in modo che ne rimaneva sempre contentissimo: questo (staffiere) è, soggiunse, il pensiero che io dovrei stare all’inferno, e finché non trovo un’osteria così brutta mi rallegro della mia sorte e ringrazio Dio della buona sorte che m’é toccata. Oh se noi paragonassimo le nostre stanze con quella prigione orrenda, le antipatie e le imperfezioni dei compagni nostri con la rabbia dei Demoni, la fame, la sete, le vigilie, il freddo, il caldo di questo mondo con quelle dell’abisso, saremmo sempre in giubilo. L’umiltà è appunto quella che rammentandoci i nostri meriti ci conduce a far questo paragone. L’umiltà non richiede studio, ma buona volontà, trovandosi più facilmente negli zotici che nei dotti: l’umiltà non richiede mezzi di fortuna, non trova impedimento da parte di alcuno, prende le correzioni e i biasimi come regali, piglia le lodi come burle: l’umiltà ci fa similissimi a Gesù Cristo, giacché egli l’ha portata dal Cielo sconosciuta affatto ai Gentili. Cara sorella, ottienimi con le orazioni tue e delle tue ottime colleghe, alla memoria delle quali io sono obbligatissimo, il dono di questa virtù tanto necessaria per chi deve attendere al ministero Evangelico. Fa che io me ne innamori per innamorarne gli altri. Sopratutto raccomandami a S. Giuseppe modello perfettissimo di questa virtù, e alla Madonna Santissima, di cui N. S. disse a S. Brigida in una visione in cui le diede da vedere due dame, una tutta fasto e vanità la quale era la superbia: Quest’altra poi che vedi con la testa dimessa, ossequiosa con tutti e con Dio solo in mente e che si stima da niente, quest’è l’umiltà e si chiama Maria. I miei rispetti al Papà, i saluti alla Carolina, al Giovannino, al Pierino. Perdona il ritardo, la povertà del foglio, gli spropositi etc. Viva Gesù, Giuseppe e Maria. L’ho compita nel giorno del40 lo Sposalizio di S. Giuseppe e della Madonna, cioè il 23 gennaio del 1839. Aff.mo Tuo Fratello Giuseppe Alla Pregiatissima Signora La Sig.ra Dama Margherita Marinoni Nell’I. R. Collegio della Guastalla Milano 41 8. AI FAMILIARI 13 maggio 1839 effusioni spirituali Roma 13 maggio 1839 Carissimo Papà1 I.M.I. Sono oggi due anni dacché sono uscito dalla Venerabile Compagnia di Gesù: oh quante grazie ho io ricevuto dal Signore nel giro di questi due anni! Quella però di cui gli devo essere più grato, secondo il mio debole pensare, è l’avermi provveduto di una guida fedele ed espertissima, di una guida amorosissima che mi raccogliesse nel mezzo della via dove io mi trovavo derelitto, In AME 05, pp. 223-226. Con questi diversi scritti ai suoi, il papà, le sorelle Carolina e Ghittina (o Margherita), la cugina Teresina che abitava in famiglia, il fratello Giovannino, M. vuol forse riparare a qualche trascuratezza epistolare del passato? È interessante che egli esorta ognuno nel cammino spirituale includendo sempre se stesso, senza temere di accusare i propri difetti, e scoprendo per tutti il momento attuale come un tempo di grazia. Ecco in sintesi qualche punto di maggior rilievo. Al papà Cesare, M. dice di dover ringraziare Dio perché gli ha dato “una guida amorosissima”, il Pallotti, e gli ha fatto comprendere che non è la solitudine che salva ma la sua grazia. Esorta Carolina, in occasione della canonizzazione di cinque santi, a unirsi a lui nel ringraziare il Signore e correre verso la santità. Allo stesso modo stimola Teresina: “Diamo un calcio al mondo ..., solo Dio contenta il cuore”. Parla a Ghittina della novena allo Spirito Santo ormai prossima, affinché assieme si uniscano a Maria e invochino Lei che lo chiamò dal cielo “per rinnovare lo spirito degli Apostoli”. Ringrazia Giovannino per i tanti favori che gli ha fatto e chiede perdono per la sua condotta non sempre esemplare. Sono scritti, però, da leggersi per intero, perché vibranti di amor di Dio, devozione a Maria, anelito di santità. (Sulla stima del Pallotti per M. vedi TODISCO, p. 369, nota 34) 1 42 e mi proteggesse contro gli assalti dei miei nemici, e mi traesse anche a ritroso là dove il Signore mi chiamava. Io dovrei dire adesso a mio Padre, come già disse il giovinetto Tobia al suo: Qual mercede daremo noi a questo impareggiabil condottiero, che ci ha colmato di tali favori? Caro Papà, non tema perché non mi vede addetto a verun ordine religioso: non è questa la volontà del Signore sopra di me: le basti sapere che io sono governato non da me, ma da chi tiene le veci di Dio sulla terra, e preghi perché io stesso deponga quella pusillanimità e timidezza, che mi ha fatto finora combattere inutilmente e con gran danno dell’anima mia per ritirarmi dal mondo in mezzo al quale devo rimanere perché io capisca che non sono le mura, né la solitudine che mi salvano, ma la grazia onnipotente di Dio e il patrocinio della sua SS.ma Madre che ce l’ottiene. Non rogo ut tollas eos de mundo sed ut serves eos a malo [Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno, Gv 17,15].Questa è la preghiera che ha fatto Gesù Cristo per i suoi discepoli, e questa desidero che chiunque mi ama faccia per me, perché come non si salva chi sta nel secolo se Dio lo chiama alla solitudine, così non si salva chi corre alla solitudine quando Dio lo vuole nel secolo. Carissima Carolina Non posso mai ricordarmi di te senza arrossire della mia negligenza: tu mi auguri la Santa perseveranza, ed io te ne ringrazio assai di cuore e prego la Madonna SS.ma che ce la conceda a tutti, perché senza di questa i più bei principi valgono niente. A Roma adesso v’è concorso di gente per la Canonizzazione dei cinque Santi2. Oh quanti uomini grandi per santità son qui raccolti! La Chiesa militante raduna davvero qui i più illustri tra i suoi figli per celebrare le glorie di quelli che la colmarono di Questi cinque santi sono: Alfonso Maria de’ Liguori, Francesco De Geronimo, Giovanni della Croce, Pacifico da San Severino, Veronica Giuliani. 2 43 tante consolazioni. Uniamoci anche noi, giacché il Signore ci ha nella grandezza delle sue misericordie risparmiato l’inferno, e conservati per essere partecipi dei meriti e dell’intercessione di tante anime così elette; uniamoci a magnificare dal profondo abisso delle nostre miserie il Signore per aver sublimati a tanta altezza questi cinque Eroi della Chiesa e speriamo che nel mezzo della lor gloria non si dimenticheranno di noi quantunque indegnissimi di averli, non dirò già come fratelli, ma anche come patroni, indegnissimi di mangiare le briciole che cadono dalla loro mensa. Domandiamo sopra tutto al B. Liguori una divozione sincera, ardente, costante alla Passione del N. S. G. C., al SS.mo Sacramento ed alla SS.ma Vergina Maria. Carissima Teresina Mi giunse inaspettata affatto la notizia della morte della povera Rosina: ma quando penso a quella misericordia infinita, che ci colma ogni giorno di tante grazie, a quell’amore immenso che obbligò un Dio offeso nella maniera più irriconoscente e proterva a discendere dal Cielo in terra per venire a liberarci, quando mi vedo nelle mani il suo corpo ed il suo sangue che dovrebbe gridar vendetta divenuto il sigillo d’un eterno testamento d’amore, di fratellanza, di perdono; quando volgo gli occhi alla Madre delle misericordie Maria SS.ma, il cui solo nome basta ad accendere il cuore di gratitudine, io non posso avere pensieri di tristezza, e benedico quella mano che l’ha percossa per trarla da una valle di guai e di pericoli nel porto della salute. Oh santa Fede! Diamo un calcio al mondo ed alle sue concupiscenze: v’è un regno eterno, un’infinità di godimenti e di gloria promessaci da Dio, il mondo passa, il mondo tradisce, il mondo affligge, solo Dio contenta il cuore, e Dio ci ama, Dio ci obbliga a sperare tutto da lui, Dio non è lontano, ma ci avvolge, ci penetra, ci colma ad ogni istante di favori. 44 Carissima Ghittina Siamo alla novena dello Spirito Santo: compio oggi i due anni da quando venni in questa Chiesa allo Spirito Santo dedicata: quanto dovrebbe essere il mio fervore, le mie speranze, il mio gaudio! Questa è quella novena che fu istituita proprio fin dal principio della Chiesa, novena fatta dagli Apostoli e dalla nostra gran madre Maria SS.ma, la quale dopo aver chiamato dal Cielo in terra la seconda persona della SS.ma Trinità, dopo aver sacrificato la vita dell’Unigenito suo Figlio per la salute degli uomini che così male corrispondono ai tanti suoi meriti, chiamò dal Cielo in terra la terza persona della SS.ma Trinità per rinnovare lo spirito degli Apostoli, e gettare e confermare i fondamenti della Santa Chiesa, affinché si vedesse chiaro che il corpo mistico di Gesù Cristo non ha altra madre che la madre stessa di G. C., e finché ci imprimessimo nella mente e nel cuore che, se vogliamo che la seconda e la terza persona della SS.ma Trinità siano mandate a noi dal Padre delle misericordie, dal Dio di tutte le consolazioni, dobbiamo unirci a Maria, ricorrere alla sua intercessione affatto necessaria: non vien giorno se prima non va avanti l’aurora, non si entra nei Cieli se non si apre la porta, Janua Coeli. Fortunati però noi, che quella in cui stanno riposte tutte le nostre speranze, è la più liberale, la più benefica, la più clemente, la più generosa di tutte le Creature. Il Signore le ha dato un segno caratteristico perché tutti la riconoscessero per sua Madre, e questa è la carità, la bontà, l’amore, la misericordia. Adeamus ergo cum fiducia ante thronum gratiae ut misericordiam inveniamus in tempore opportuno. Accostiamoci con fiducia al trono della grazia, alla piena di grazia, alla sposa purissima dello Spirito Santo per ottenere misericordia in tempo opportuno. Dei libri che mi cerchi ti manderò quelli che mi sarà dato di ritrovare. Carissimo Giovannino Mi perdonerai se mi prendo la libertà di dirigerti due righe in questo foglio consacrato all’unione ed all’amore di tutta la fami45 glia. Io tengo presenti i tanti favori che tu mi hai fatti fin dall’età mia più tenera, e i tanti disturbi che ti ho dati sia trovandomi a Cuggiono, sia a Milano, sia a Parabiago, sia in Seminario. Vorrei potertene rendere ad ogni momento col fatto le più vive grazie, ma io non ho mezzi di farlo; se ti posso servire in qualche cosa dimmelo, che io stimerò un gran favore il compierla. Ben mi dispiace assai di avere in famiglia condotto una vita che non poteva troppo innamorarti della pietà e della devozione. Se io fossi stato sempre amorevole, sciolto, ubbidiente, attento ad adempire i doveri di figlio di famiglia ti avrei lasciato ben impresso nella mente e nel cuore quella gran sentenza di S. Paolo: Che la pietà è utile a tutto, sta bene da per tutto, Promissionem habens vitae quae nunc est et futura [Portando con sé la promessa della vita presente come di quella futura, 1 Tim 4,8], servendo a meraviglia a renderci più tollerabili per mezzo della pazienza i mali di questa vita, preparandoci un’infinità di beni eterni. Oh se tu sapessi quanto ricompensa Iddio anche in questa vita chi si dà a servirlo! Né ci vuol gran cosa: ci vuole solo un po’ di buona volontà e un po’ di preghiera: raccomandati alla Madonna SS.ma per l’intercessione di S. Giovanni Battista che si può ben dire il suo primogenito adottivo, perché fu per lei santificato nel seno di sua Madre. 46 9. A D. LUIGI BIRAGHI 6 giugno 1839 l’attrattiva per le missioni estere Mese di Maria 18. Da Roma 1839 Carissimo mio Padre in Cristo1, Ella può ben immaginarsi quanto grata mi dovesse riuscire la gentilissima sua lettera. Il lungo silenzio che aveva finora tenuto con me, certamente per giustissime ragioni, mi dava non poca angustia: ma è questo pure uno dei tanti ammirabili modi ed invenzioni con cui la divina Provvidenza ci va avvezzando alla pazienza ed all’annientamento di noi stessi. Compio adesso i due anni da quando sono uscito dalla Venenerabile Compagnia di Gesù credendo di essere chiamato a vita puramente contemplativa. Il Signore mi ha in mille maniere fatto vedere che tutti i miei pensieri di solitudine erano troppo materiali credendo di assicurarmi con la solitudine esteriore, mentre ogni mio studio doveva essere posto nel cingermi di una viva fiducia ed abitare in adjutorio Altissimi [al riparo dell’Altissimo, Sal 90,1] ossia riposarmi nella misericordia divina e nel patrocinio di Maria SS.ma, 1 In AME 05, pp. 227-230. Nella lettera del 18 maggio M. descrive la sua situazione e le prospettive che si presentano. Uscito da due anni dai gesuiti, guidato spiritualmente dal Pallotti, ha tante occasioni di esercitare il ministero, ma vorrebbe pure dedicarsi alla “grande impresa della Propagazione della Fede”. Le due cose sembrano trovare una felice occasione a Roma, dove si sta concertando di erigere un ritiro per sacerdoti che vogliono darsi, liberi dai legami con la famiglia, all’apostolato tra i cattolici, ed inoltre un collegio sempre di clero secolare per le Missioni Estere, iniziativa poi abbandonata (TODISCO, p. 411). Lo scritto ha qualche punto oscuro, riferendosi a progetti ancora vaghi, ma M. ne parla a Biraghi per dare informazione e ricevere consiglio. 47 lasciando ogni pensiero di me ai Superiori ossia ai vicari di Dio e della Madonna. Il disegno ch’egli ha per la mente non è cosa di cui io possa giudicare. Se io posso tuttavia dire quel che mi vien suggerito, in tanto bisogno in cui stanno le Missioni estere di operai evangelici, con tante e sì propizie occasioni che il Signore presenta di esercitare fruttuosamente il Santo ministero, mi parrebbe ottima cosa il consacrarsi nel ritiro, nell’orazione e nello studio a questa grande impresa della Propagazione della Fede. Parvuli petierunt panem et non fuit qui frangeret eis [I piccoli chiesero il pane e non ci fu chi lo spezzasse loro, Lam 4,4]. Specialmente ove si rifletta all’attitudine grande che ha lei così per i lunghi pellegrinaggi, come per il farsi tutto a tutti e communicare i doni della mente e del cuore ricevuti da Dio. Quando tale fosse il suo pensiero, ne troverebbe forse qui preparata la via, poiché si sta concertando l’erezione di un ritiro per gli Ecclesiastici che vogliono consacrarsi lungi dagli impicci di famiglia al ministero Apostolico nelle parti Cattoliche, ed un collegio di Missioni per quelli che amassero di portare in paesi esteri la S. Fede. Il bisogno così dell’una cosa come dell’altra ne è grandissimo, e mi pare che qualche volta mi accennasse questa necessità di offrire al Clero Secolare un ritiro libero da voti dove prepararsi ad esercitarsi nelle funzioni del proprio ministero, specialmente considerando l’avversione che gli ultimi tempi hanno introdotta anche negli spiriti ben impressionati a favore della religione contro le strettezze dei chiostri, avversione certo irragionevolissima, e che per la misericordia di Dio va scemando di giorno in giorno; finché però sia tolta almeno in generale, perché totalmente non credo che si dileguerà, quanto sarebbe opportuno che il Clero Secolare il quale non urta con la società né per diversità di abito affatto lontano dal comune, né per rigidezza di vita esteriore, si formasse in modo da insinuarsi come sale prezioso per ogni angolo del mondo a salvare dalla corruzione i figli di Dio che vi stanno dispersi! Spesso non si ascolta la parola di Dio né il suo inviato per frivolezza, ma per un timor panico di frateria etc. Quanto è mai bello il farsi tutto a tutti di S. Paolo, Giudeo con i Giudei, Gentile con i Gentili, infermo con gli infermi, etc. 48 Le mando un libretto del mese di maggio per gli Ecclesiastici, che mi sembra attissimo ad essere ristampato, e perciò desidererei che ne prendesse l’impegno, nel qual caso gliene manderei qualche altro; gliene mando pure un altro per le Religiose che potrebbe servire per quel Chiostro di Vergini che ha eretto in Cernusco2. 26 maggio3 Stamattina mi son recato verso S. Pietro a vedere la magnifica Processione in onore dei nuovi santi che in questo giorno vennero dal Sommo Pontefice canonizzati. C’erano circa 100 Vescovi, c’erano i discendenti di tutti e cinque i Santi, tra i quali un nipote di S. Alfonso Maria de’ Liguori in età d’anni 72. Sono entrato in S. Pietro splendidamente adornato e illuminato; davvero che il Signore onora quelli che si sono per amor suo umiliati sotto ai piedi di tutti. S. Veronica ha fatto venerdì scorso nuovi e luminosi prodigi. C’erano due Monache, l’una qui in Roma a S. Onofrio, l’altra a Gubbio, le quali erano state accusate di santità falsa e come tali condannate. La prima sono diciotto mesi dacché giaceva a letto paralitica anzi morta per metà del corpo con piaghe ed una costa slogata. Mons. Ferretti vescovo di Fermo, della cui diocesi ella era, trovandosi per la canonizzazio- 2 Nel 1832 il Pallotti celebrò lo Sposalizio Spirituale con la Vergine Maria. Risale a questo periodo la stesura del Mese di Maggio, scritto in tre versioni: per i Religiosi, per gli Ecclesiastici e per i Fedeli. Si tratta di una serie di meditazioni, ispirate dalla Madonna, che hanno come scopo il rinnovamento della Chiesa proprio attraverso queste tre componenti. 3 Nella lettera del 26 maggio M. racconta della canonizzazione di nuovi cinque Santi, di cui aveva parlato anche in precedenza (Lettera 8, nota 2), e si sofferma su alcuni miracoli attribuiti all’intercessione di Santa Veronica Giuliani. Marinoni, preso com’era dall’impegno per la santità, si sentiva attratto dalle figure dei santi, dalle loro virtù e opere. Da notare l’accenno finale al defunto canonico Bufalo, ovvero a Gaspare del Bufalo (1786-1837), coetaneo e amico del Pallotti, fondatore della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, canonizzato nel 1954 (Bibliotheca, vol. VI, coll. 40-43). 49 ne qui in Roma andò a visitarla ed avendola esortata a confidare nei meriti e nell’intercessione di S. Veronica le fece per prova un comando mentale, ed ecco che l’ammalata gli prende e gli bacia la Croce pettorale (ché tale era il comando). Il fratello del Card. Bernetti mandò in quella stessa circostanza all’inferma l’immagine in gesso della Santa ricavata dalla maschera messagli sul volto appena morta. Avendo Mons. Ferretti eccitato l’inferma a crescere di confidenza nella Santa e a cercarle la guarigione, l’inferma si mostrò pronta a compiacerlo, e di lì ad un istante, ricevuto dal vescovo il: Surge et ambula [alzati e cammina, At 3,6], si levò a sedere e scese dal letto pienamente guarita. Il Mercoledì seguente, mentre Mons. Ferretti sta raccontando al Card. Pacca il fatto prodigioso, arriva qui il vescovo di Gubbio dove stava l’altra Monaca accusata e condannata di falsa santità. Questi racconta come nel partire da Gubbio fu fatto chiamare dalla detta monaca la quale nell’augurargli felice il viaggio di Roma gli disse che, giunto a Roma avrebbe udito di un gran prodigio fatto per intercessione di Santa Veronica Giuliani nella persona della sua compagna accusata come essa e condannata: ciò che ella non poteva sapere se non per mezzo di rivelazione, dal momento che non erano passati tre giorni dall’avvenimento, né alcuno ne aveva ancor notizia fuori di Roma. Voglio soggiungere anche un bel fatto succeduto a S. Giovanni in Laterano4. Una donna idropica doveva subire l’operazione: io voglio, diss’ella, intendermi prima col medico di casa. Vengono i chirurghi la mattina appresso e la trovano perfettamente guarita. Il medico di casa di questa buona donna era la Madonna SS.ma. Il fatto è succeduto poche settimane fa. Mi raccomandi al Signore come una pecorella smarritasi dal suo ovile, ma pure all’ovile tuttora affezionata. Le bacio con affetto le mani, pregandolo a disporre di me come più le piace. 4 Si tratta dell’ospedale adiacente all’omonima basilica romana. Del miracolo M. ne parla anche in una lettera indirizzata a Margherita, datata 13 maggio 1839 (AME 05, pp. 219-222). 50 Se trovasse opportuno diffondere pure questi libretti per la propagazione della Fede Cattolica, lo faccia per la gloria di Dio. Le aggiungo questi elogi funebri del Canonico Bufalo gran Missionario, che il Signore si compiace di onorare direi quasi ogni giorno con segni non dubbi della sua mano onnipotente Suo aff.mo ed obb.mo figlio in G. C. Sac. Giuseppe Marinoni 6 Giugno 1839 - Roma Al Molto Reverendo Sacerdote Il Sig. D. Luigi Biraghi Degnissimo Direttore del Venerabile Seminario di Milano 51 10. A D. LUIGI BIRAGHI 16 gennaio 1841 una vocazione ancora in sospeso A. M. D. G. Ave Maria Dei Genitrix Al Molto Reverendo Sacerdote1 Il Sig. D. Luigi Biraghi Degno Direttore Spirituale del Venerabile Seminario di Milano Veneratissimo Mio Padre in Gesù Cristo Il Collegio per le Missioni Estere, di cui Le ho parlato in altra mia, non s’è ancora aperto, e la mia attesa non ha avuto ancora altro effetto che di affliggermi con la dilazione e con l’incertezza dell’esito. 1 In AME 05, pp. 235-237. La fondazione per le Missioni Estere prospettata da Pallotti tarda a venire (né si realizzerà), M. tenta di rientrare nella Compagnia di Gesù ma ottiene una risposta negativa, che fare? Prega don Biraghi di aiutarlo, se crede, a rientrare a Milano, ipotizzando varie possibilità di servizi. In attesa che la volontà di Dio si manifesti, resta nella chiesa dello Spirito Santo dei Napolitani. E proprio da qui parte una svolta inattesa. Con Pallotti c’è pure don Giovanni Fratiglioni: desideroso anch’egli di entrare nel futuro istituto missionario, ma che, stanco di aspettare, nei primi mesi del 1841 passa alla parrocchia di S. Michele alla Ripa, di cui fu prima vice-parroco e poi parroco fino a quando morì, il 19 settembre 1844. Il M., dopo essersi consigliato, lo segue e percorre lo stesso cammino, succedendogli come parroco, incarico che tenne dal settembre 1844 fino al maggio 1850. 52 Vedendo dunque scorrere i giorni senza stringer nulla, col consiglio di chi mi dirige ho fatto gli esercizi a S. Eusebio per vedere se mi conveniva attendere ancora, o se fosse meglio appigliarmi ad altro partito. La decisione fu io ritentassi di essere riammesso nella Compagnia di Gesù (da cui ero uscito per soverchio timore dei pericoli della vita attiva, e soverchio amore della vita solitaria e contemplativa); in caso negativo pensassi di ritornare in patria, non sembrando opportuno l’aspettare più oltre, né meno dedicarmi, inesperto come sono del mondo e bisognoso di direzione, ad una vita Apostolica in paesi infedeli. Ho dunque fatto nuovi passi per ritornare in seno alla Compagnia, ma inutilmente, rispondendomi il P. Rettore ed il P. Provinciale che non per mia colpa, ma perché non mi credono fatto per l’Istituto, non possono riammettermi. Altro non mi resta che rivolgermi al suo cuore paterno perché mi aiuti a ritornare in patria, quando però le paia che ciò San Michele era una parrocchia particolare, comprendente solo l’Ospizio omonimo: un grandioso fabbricato, ideato nel Settecento e finito un secolo dopo, destinato in origine a raccogliere ragazzi abbandonati e vagabondi, ma poi aperto a molteplici scopi: ricovero di persone anziane, casa di correzione per delinquenti e donne traviate, scuola di arti e mestieri che acquistò grande fama; l’istituzione era posta sotto la protezione di altri prelati. Quando M. vi entrò, l’Ospizio dipendeva dal card. Antonio Tosti (1776-1866), si presentava rinnovato e ben organizzato e poteva contare in tutto 750 persone (v. appunti di TRAGELLA, AGPIME II, 1, pp. 475-485). Senza dubbio Marinoni si applicò con tutto il suo zelo e l’energia dei suoi trent’anni al ministero sacerdotale nell’Ospizio, coadiuvato da altri sacerdoti, e curò, attraverso i vari incaricati di settore, l’educazione umana e professionale dei ricoverati. Ciò era insito nel suo temperamento e nella sua formazione. Tuttavia, su tutta la sua attività in questo decennio non sappiamo nulla di particolare. Invia da San Michele a Ripa alcune lettere a Margherita, di carattere spirituale e missionario, ma che non contengono nulla sul suo lavoro pastorale. Un lungo e assoluto silenzio da parte sua. Soltanto possiamo riferire la testimonianza del sacerdote prof. Luigi Lisi, che stette con lui nel 1844 e scrive: “... lo conobbi operaio instancabile, attivo, e tutto a tutti, nello spirituale e temporale. Io stesso partecipai del suo zelo tanto per la istruzione che mi compartiva nel ministero, quanto per benefici temporali. Altre particolari notizie non ne ho, ma in una parola dico: egli era veramente uomo di Dio” (AGPIME II, 1, p. 471). 53 possa contribuire alla maggior gloria di Dio e al miglior impiego di quei talenti che da Dio ho ricevuti. Ella mi conosce, conosce le mie circostanze e conosce quel che si pensa di me a Milano. Se crede opportuno di offrire un’altra volta i miei servizi all’Em. Cardinale Arcivescovo, il quale nel congedarmi mi predisse che io avrei di nuovo implorata la sua clemenza, io sono prontissimo a quanto di me disporrà: ovvero se credesse Ella opportuno che io, previo sempre l’assenso dell’Arcivescovo, domandassi ai PP. Missionari di Rho la grazia di convivere con essi almeno in qualità di Sacerdote dell’ultima Messa, o se questo pure non fosse possibile, che domandassi ai PP. Barnabiti di essere accolto tra loro; o altro posto specialmente di studi o filosofici, o teologici, o di erudizione Ecclesiastica, fosse pur povero il provento, eccomi preparato a tutto. Desidererei che ella mi rispondesse in proposito, perché non voglio muovermi se prima non vedo che la cosa possa riuscire con esito felice; perciò le raccomando ancora il più alto segreto, se non quanto è necessario romperlo per preparare gli animi o per vedere se sono preparati ad accogliermi. Soprattutto mi raccomando perché porga ferventi suppliche per me al Signore e all’Avvocata nostra Maria SS.ma e al mio Santo Patrono Giuseppe affinché si degnino dirigere pedes meos in viam pacis [dirigere i miei passi sulla via della pace, Lc 1,79],e darmi un consiglio stabile e fermo che duri fino alla morte e che fruttifichi ad vitam aeternam [per la vita eterna]. Che se ella non stimasse opportuno il mio ritorno, la prego a significarmelo affinché io possa col consiglio dei miei Direttori appigliarmi a quel partito che si giudicherà più conducente ad majus Dei obsequium [alla maggior gloria di Dio]. Indegno in G. C. Servo S. Giuseppe Marinoni 16 Gennaio 1841 Roma Venerabile Chiesa dello Spirito Santo dei Napolitani 54 11. A P. ANGELO TAGLIORETTI 4 settembre 1850 M. prepara la lettera accompagnatoria dei documenti ai vescovi per l’erezione dell’Istituto Carissimo Taglioretti1 Saronno li 4 7bre 1850 Ti mando la lettera accompagnatoria dei documenti ai Vescovi perché tu la corregga, la raffazzoni e le dia l’ultima forma, ed anche perché vi sono accennate le parti che tu devi formare e che ancora ci mancano. Vedi di scrivermi subito perché non c’è più tempo da ritardare, i documenti da parte del Tosti già sono venuti, non si fa aspettare altro che un certo P. Taglioretti a cui si può perdonare un po’ di lentezza perché è storpiato bene. Aggiungi che dovendosi mettere a momenti sull’Amico Cattolico2 un arti- 1 In AME 05, pp. 305-306. Dopo quanto si è detto nella nota della precedente lettera, è spiegabile il salto “epistolare” dal 1841 al 1850, l’anno in cui nasce il Seminario lombardo per le Estere Missioni. Per le vicende di questa fondazione rimandiamo ai Documenti del volume relativo (COLOMBO). Ricordiamo che Marinoni fu ripescato con fatica dal fondatore Ramazzotti; il card. Tosti non voleva lasciarlo partire dal suo San Michele, ma poi cedette anche perché M. aveva bisogno di “rinfrancarsi in salute” (COLOMBO, op. cit., pp. 93, 111-115). M. resta a Milano e dall’arcivescovo Romilli viene nominato Direttore del “convitto” missionario erigendo, il 27 luglio del 1850 (op. cit., pp. 121122). Il Seminario missionario si inizia a Saronno il 30 luglio, ma viene formalmente eretto dai vescovi lombardi il 1 dicembre 1850. M. prepara la lettera che accompagnerà i documenti da dare ai vescovi, però prima la invia all’oblato del Collegio di Rho, Angelo Taglioretti (1811-1899), che ebbe gran parte nel sorgere e nello sviluppo dell’Istituto, tanto da essere anche chiamato “coistitutore” (COLOMBO, op. cit. passim; COGNOLi, Biografia, Nota estesa A 3). 2 “L’Amico Cattolico” viene fondato nel 1841 con l’approvazione dell’arcivescovo di Milano, card. Gaisruck e poi di Romilli. Nato bimensile, diventa dal 1849 settimanale. Scopo del periodico: offrire una solida istruzione e una sicu- 55 colo relativo all’Istituto, sarebbe gran vergogna che i Vescovi Istitutori sapessero prima dai giornali che da noi le notizie relative alla nostra casa; questa ragione ha fatto tanta impressione a Mons. Ramazzotti, che mi ha inculcato nei modi più energici di sbrigarci. Intanto io metto subito mano a scrivere l’articolo suddetto; se però mi volessi toglier la mano, farò io lo storpiato e tu il sano. Almeno se tu potessi farmi una visituccia domani anche solo dopo pranzo, ti potrei mandare io la carrozza e si combinerebbe tutto alla meglio. Ti unisco ancora le norme principali da seguirsi nell’accettazione dei soggetti che pure vorrei mettere fra gli altri documenti. Tu li peserai sulla bilancia con quel tuo giudizio che tutti dicono non essere ancora in te storpiato e che hai il taglio retto. Non so cosa dirti, d’altronde non mi manca che la sottopetizione, con una preghiera di ricordarti davanti al Signore dell’amanuense e del Tuo aff.mo Marinoni Ti mando una lettera diretta dal Sac. Albonico al Tacconi3 L’Avignoni ha preso tutto l’interesse per l’opera nostra e mi ha suggerito che sarebbe bene ottenere una dichiarazione dai Vescovi, che gli anni spesi dai Missionari nel servizio delle Missioni, quando essi ritornino per giusta causa col consenso dei loro superiori, siano loro contati come anni di ministero spesi nelle Diocesi, sicché il Vescovo possa provvederli di qualche posto senza carico per la nostra casa. Questo suggerimento è pia- ra informazione religiosa. Sospende la pubblicazione nel dicembre del 1856 (Dizionario, vol. I, pp. 137-138). 3 Albonico è un aspirante missionario non accettato. Pietro Tacconi è il direttore spirituale del seminario di Milano e poi prevosto a Vimercate. Avignoni è il segretario di mons. Giovanni Corti, vescovo di Mantova; da notare l’interessante proposta che suggerisce, in linea con la natura di un Istituto di preti secolari ed eretto dai vescovi diocesani lombardi, ma già si pensa al Veneto. 56 ciuto assai a Mons. Corti Vescovo di Mantova, riflettendo che tanto il tempo impiegato in questa casa quanto quello impiegato nelle Missioni riuscirà, piuttosto che a scapito, a vantaggio dei sacerdoti medesimi e della Chiesa. Bramerei sapere da te se ti pare prudente il farne un cenno nella mia lettera accompagnatoria, appoggiandomi anche all’autorità di Mons. Vescovo di Mantova: ma prima mi pare necessario sentire il parere di Sua Eccellenza R.ma a cui l’Avignoni medesimo mi ha promesso di parlarne. Lo stesso Avignoni mi ha pur detto che, quantunque la Diocesi di Mantova poco ci dia a sperare sia in oboli, sia in milizia ecclesiastica, tuttavia mi scriverà le più esatte informazioni sui soggetti che se mai potessero presentarsi, asserendomi che il Vescovo di Mantova farebbe in ciò qualunque sacrificio. Egli mi ha pure promesso di darmi esatte informazioni sui soggetti che si presentassero da parte della Diocesi di Verona confinante con Mantova e mi ha prevenuto che hanno un po’ di furia francese, pronti all’assalto e pronti a stancarsi, onde mi raccomandava di andare a passi di tartaruga. Mi ha detto ancora che sarebbe facile e convenientissimo fare un invito anche a tutta la parte Veneta. Spero di aver terminato; voglio far presto a chiudere il foglio, altrimenti mi resterà in mano la lettera. Rispondimi subito. 57 12. ALLA SORELLA MARGHERITA 21 ottobre 1850 suppellettile per il seminario missionario Carissima Sorella1 Saronno li 21 8bre 1850 Io devo cominciare tutte le mie lettere con dir Grazie. Grazie per i bellissimi camici, grazie per i corporali, grazie per gli amitti, purificatoi, quadro, etc. Ieri ti ho celebrata la messa per Dama Momina, e mi fu carissimo il ricordarmi di quella santissima Signora. Vorrei sapere se era parente di D. Giovanni Vimercati. Oggi è stato qui il Pierino a trovarmi: mi ha portato un altro quadro; l’ho veduto con piacere perché temevo che stesse ancora a letto per quel foruncolo, ma è pienamente ristabilito. Ne siano vive grazie a Dio. È una vera benedizione per noi la bella unione che ci stringe di sì dolci nodi, e il sapere che Dio l’ha formata e Dio vuole che stia salda. La biancheria, che ci occorre, sono camici e tovaglie per l’altare, e un po’ di tutto il rimanente, perché ne abbiamo solo quanto basta alla prima necessità. Forse ti farò fare dei palliottini per l’altare, giacché non abbiamo che il bianco ed il rosso; sono piccoli, ma per ora non ci sono quattrini. Ci manca pure il conopeo al Tabernacolo del SS. Sacramento, anche quello si farà in seguito. Chiudo perché è tardi. Fatti rimborsare dal Pierino di tutto quello che spendi per me: ricordati di riverirmi tanto tutte le benefattrici e la Sig.ra Madonna specialmente. Un’Ave Maria per il Tuo vecchio Fratello Prete Giuseppe. 1 In AME 05, pp. 339-340. M. comincia a chiedere per il seminario e continuerà a farlo, ma sempre con riconoscenza, grazia e coraggio. Giovanni Vimercati è un nobile milanese che aiuterà finanziariamente l’Istituto. 58 13. ALLA SORELLA MARGHERITA 1° novembre 1850 altre richieste per l’altare e per sé Carissima sorella1 Non ho potuto scriverti subito a motivo che sono stato assente da Saronno per due giorni, ed ho avuto da fare negli altri. La misura dell’altare è di sei braccia e 1/2 computando i due lati, perché la tovaglia deve scendere fino a terra da una parte e dall’altra. Per il palliottino ti manderò il telaio: la Croce in mezzo vi sta benissimo. Le messe di Donna Nortburga sono state celebrate, e la ringrazierai. Se i denari ti servissero per un po’ di palliottini, falli pure. Io avrei bisogno che mi facessi dei pedalini di lana ossia mezze calzette da tener la notte perché stento a prender sonno per il freddo: e bramerei ancora un berrettino di lana pure per la notte, ma che fosse a maglia assai rada e leggera, altrimenti mi infuoca la testa. Preghiamo per i nostri poveri morti, e ricordiamoci che un giorno ci sarà reso quel tanto che noi faremo per gli altri. Riveriscimi le degnissime tue Superiore e Compagne e prega per Saronno li 1 9bre 1850 1 In AME 05, pp. 353-356. Le richieste di M. sono sempre precise e dettagliate perché tutto sia fatto bene, ma anche rispettose e accompagnate da nobili sentimenti. 59 P.S. Il colore dei palliottini che ci mancano è il verde, il violaceo ed il nero. Ma quest’ultimo può essere supplito dal violaceo, onde basterebbe il verde ed il violaceo, oppure si può farne uno nero, ed uno verde-violaceo. La misura è di 13 once e 1/2 di altezza, 25 1/2 di lunghezza. Tuo aff.mo Frat. P.te Giuseppe Alla Preg.ma Signora La Sig.ra Dama Margherita Marinoni Nel Collegio della Guastalla Milano 60 14. A P. ANGELO TAGLIORETTI 1° aprile 1851 un’offerta generosa e la nuova sede Viva G. G. e M. Carissimo Taglioretti1 Due parole di fretta. Il Sig. Curato Lavelli mi ha consegnato un libretto della Cassa di Risparmio del valore di 6900 Lire Austriache nette da ogni peso. Te ne dirò poi la provenienza, ma per ora silenzio. Scrivimi precisamente ciò che tu hai in mano per parte di D. Angelo Molteni. Io vado a veder la casa con Mons. Caccia. Addio. Raccomanda al Signore Il Tuo aff.mo Marinoni 1° Aprile 1851 Al M. R.do Missionario Il P. Angelo Taglioretti Rho 1 In AME 05, pp. 381-384. Continuano i doni anche generosi, e già si pensa alla sede in Milano, a S. Calocero, che M. va a visitare con mons. Carlo Caccia Dominioni (1802-1866), ausiliare dell’arcivescovo Romilli e vicario generale dell’arcivescovo Ballerini (sulle sue vicende, Dizionario, I, pp. 543-545). Don Angelo Molteni è un sacerdote oblato di Rho. 61 15. ALLA FABBRICERIA DI S. AMBROGIO 6 aprile 1851 richiesta del nulla osta per S. Calocero Illustrissimi Signori1 Sua Eccellenza R.ma Mons. Arcivescovo di Milano avrebbe in animo di trasferire in questa città il nuovo Seminario per le estere missioni istituito dalla medesima Sua Ecc.za e da tutti i R.mi suoi Suffraganei con sommo gradimento del Santo Padre non solo, ma anche del Governo di Sua Maestà I. R. A. A tal fine gli concederebbe il Santuario di S. Calocero per celebrarvi liberamente le funzioni ecclesiastiche staccandolo dalla giurisdizione Parrocchiale dell’Insigne Basilica Collegiale di S. Ambrogio sufficientemente provveduta di altre succursali. Prima però di recare ad effetto questa sua determinazione, per quella bontà e prudenza con cui suol procedere in ogni sua operazione, ha desiderato che le sue intenzioni fossero per mezzo del sottoscritto In AME 05, pp.385-386. Come si vede, la lettera di M. è molto ossequiente e fiduciosa, ma le pratiche andranno per le lunghe. Il 26 aprile del 1851, l’arcivescovo già emana un decreto che distacca S. Calocero, santuario della Madonna (Dizionario, I, p. 570), dalla basilica di Sant’Ambrogio e lo passa all’Istituto delle Missioni Estere, ma l’autorità governativa pone ostacoli, essendo la parrocchia di Sant’Ambrogio di regio patronato ed avendo la basilica il titolo di “imperiale”, e per di più ritorna sulla questione della legalità dell’Istituto stesso. Poi, dopo non pochi interventi, l’affare si sbroglia verso la fine dell’anno e il seminario missionario può trasferirsi a Milano, anche se il riconoscimento governativo del passaggio verrà solo nel 1855 (TRAGELLA, I, pp. 74-77). Resta però il problema delle proprietà annesse al santuario e l’esigenza di altro terreno e di un fabbricato nuovo, e questo richiederà ancora tempo per essere risolto. La casa di Saronno, culla dell’Istituto, sarà lasciata definitivamente solo nel 1856 (GHEDDO, PIME, p. 47, nota 30; COGNOLI, Biografia ..., Nota estesa A 4). 1 62 comunicate a codesta Veneranda Fabbriceria allo scopo di prevenire e rimuovere qualsiasi collisione di diritti o di interessi potesse aver luogo in forza di un tal cambiamento. Io prego adunque gli Ill.mi e R.mi Signori Fabbricieri di dichiarare se nulla osta per parte dell’amministrazione loro affidata alla sovraccennata separazione. Lusingandomi di un favorevole riscontro, passo ancora a domandare un altro favore, se cioè sarebbero pronti all’alienazione della Casa attigua al Santuario di S. Calocero, sia per la parte che loro spetta in ragione di proprietà, sia per la parte che loro spetta in ragione di prelazione. Io vorrei sperare che l’Insigne Basilica di S. Ambrogio non avrà a dolersi di aver concorso allo sviluppo di un Istituto che non ha altro scopo che di dilatare il regno SS. di Gesù Cristo, e mi pare che altrove non si potesse meglio collocare che vicino alle spoglie venerabili di un tanto Dottore. Gradiscano l’espressione sincera di quell’ossequio profondo e di quella verace stima con cui mi professo Delle LL. Sig. Ill.me U.mo, D.mo, Obb.mo Servitore Giuseppe P.te Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni Milano il 6 Apr. 1851 Alla Ven.da Fabbriceria Dell’Insigne Basilica Collegiata di S. Ambrogio in Milano 63 16. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 30 luglio 1851 M. invia a Roma Reina e Salerio per istruzioni circa la missione d’Oceania Eminenza1 Il venerato foglio dell’Eminenza Vostra in data del 19 corrente N.1 mi giungeva l’altro giorno, quasi pegno di celeste benedizione sul progetto che di piena intesa con S. E. R.ma Mons. Arcivescovo di Milano, e con l’Ill.mo Mons. Ramazzotti Vescovo di Pavia io stavo maturando. Ella desidera il momento di vedere i primi frutti di questa nostra Casa, onde possa eseguirsi il desiato invio dei Missionari alle abbandonate regioni della Micronesia. Ora eccole due alunni del nostro Seminario che vengono ai piedi dell’Eminenza Vostra per protestarle il loro ossequio e la loro obbedienza, a nome di tutti i loro colleghi, ed esibirsi pronti con altri quattro compagni quando Vostra Eminenza lo crederà a far 1 In AME 05, pp. 423-425. L’Oceania è il sogno dei nostri primi missionari, come terra lontana, difficile e “vergine” per annunciarvi il Vangelo e la Congregazione di Propaganda dà le sue assicurazioni fin dall’inizio, rispondendo ai vescovi lombardi dopo l’erezione dell’Istituto (COLOMBO, PIME, pp. 215218). Nell’agosto del 1851, M. manda a Roma due dei suoi sacerdoti pronti a partire, Reina (1825-1861) e Salerio (1827-1870), con questa lettera che spira entusiasmo per l’impresa, fervore di preparativi e disponibilità a ricevere “lumi e direzione”. È ben lontano dall’immaginare che ai due inviati Pio IX, più che di missioni tra gli infedeli, parlerà delle miserie morali e spirituali dell’isola di Corfù, come a dire che ci sono anche terre vicine bisognose di evangelizzazione. A che mirava il Papa? I due provano un certo stupore di cui si faranno eco, ma nulla più, anche perché il Pontefice si dilunga con altri discorsi (TRAGELLA, I, pp. 78-79). E il loro viaggio prosegue come stabilito dal superiore e approvato dal card. Fransoni, sempre in vista della missione in Oceania. 64 vela per l’Oceania. Volge ormai al suo termine il primo anno della loro iscrizione in questo Collegio, e va ogni dì crescendo il numero di quelli che desiderano far parte del novello istituto. Persone savie e sperimentate hanno giudicato non doversi più ritardare ad offrire alla Sacra Congregazione di Propaganda almeno sei tra i primi soggetti per compiere la santa impresa loro destinata. Sono freschi è vero di età, e nuovi alla carriera ardua delle Missioni, ma la loro soda e schietta pietà, il loro ingegno e la dottrina congiunta a un retto criterio naturale supplirà sicuramente agli anni e li renderà atti a disimpegnare lodevolmente il loro ufficio. Noi abbiamo riflettuto che per le Missioni si richiede molta energia, prontezza al patire e all’agire, zelo e sincero impegno per la conversione delle anime, e ci sembra, grazie a Dio, di trovarle queste doti nei sei che si accingerebbero a partire. L’Eminenza Vostra favorirà di comunicarmi per mezzo dei due Sacerdoti D. Paolo Reina e D. Carlo Salerio, che le porgeranno questa mia, tutte quelle istruzioni che alla felice riuscita di questa prima spedizione potranno giovarci. Ella si degnerà di determinarci il tempo, il modo, le avvertenze necessarie all’intento. Ai Consigli Centrali dell’Opera Pia della Propagazione della Fede noi abbiamo scritto che ci prevarremo dell’assegno fattoci all’atto della partenza dei nostri Missionari, e ciò per ovviare qualunque sinistra impressione, e non togliere neppure un baiocco ai bisogni più urgenti delle missioni. Vostra Eminenza ci suggerirà pure se dobbiamo metterci in comunicazione con la Società Oceanica, e con quali avvertenze. Noi brameremmo pure di essere edotti di quel regolamento, che la S. Cong. di Propaganda giudicherà più opportuno per mantenere il più stretto vincolo tra questa nostra Casa e i Missionari per il bene della Missione medesima e perché sia vivo in tutta questa provincia l’impegno di concorrervi come a comune impresa. Al tempo stesso non vorremmo imprudentemente interporre un’azione che inceppasse il libero ordinamento della Missione medesima. Ci si perdoni se inesperti domandiamo sinceramente lumi e direzione a Chi siede con tanta saviezza al governo di tutte le Missioni del Mondo Cattolico. Il Signore si degni di colmare l’Eminenza Vostra di tutte le sue benedizioni, e di guadagnarle per mezzo degli umili sforzi dei 65 nostri Missionari nuove genti da sottomettere al soave giogo del Nostro S. G. C. Mi permetta di baciarle il lembo della Sacra porpora e di protestarmi con sincero ossequio e venerazione Di Vostra Eminenza R.ma U.mo, D.mo, Obb.mo Servitore Giuseppe Sac. Marinoni Milano. Presso il Santuario di S. Calocero Li 30 Luglio 1851 A Sua Eminenza R.ma Il Sig. Card. Fransoni, Prefetto di Propaganda 66 17. A P. COLIN 10 settembre 1851 invia Reina e Salerio dal superiore dei maristi per intese sulla missione d’Oceania Milano, 10 7bre 1851 Lettera al Sig. Colin Superiore dei Maristi a Lione Signor Superiore1 La S. Congregazione di Propaganda le invia due alunni del nostro piccolo Seminario delle Missioni Estere per prendere le intese necessarie relative alle Missioni dell’Oceania, di cui la sua Santa Congregazione non può continuare a tenere da sola l’incarico. Non ho la preoccupazione di raccomandare alla sua benevolenza, Signor Superiore, questi figli carissimi, perché, oltre a conoscere la nobiltà dei suoi sentimenti e la squisita bontà del suo cuore, la buona sorte ci mette nella felice necessità di allacciare d’ora in avanti con Lei i legami della più dolce amicizia. 1 In AME 05, pp. 429-432, originale francese, brutta copia di lettera incompleta e con correzioni. Padre Jean-Claude Colin (1790-1875), fondatore della Società di Maria (maristi), data l’esperienza della sua congregazione in Oceania, da cui i nostri devono ricevere il campo di lavoro apostolico, è il secondo importante destinatario dell’invio di Reina e Salerio da parte di M. Da Roma essi vanno direttamente in Francia, prima a Lione per incontrare Colin, e quindi a Parigi per visitare l’antico e glorioso Istituto delle Missioni Estere. Le richieste a p. Colin sono molto precise; inoltre M. assicura la piena disponibilità dei suoi missionari a lasciarsi guidare sul campo dai maristi, creando tra i membri delle due istituzioni perfetta concordia e carità. L’unione tra i missionari è un punto chiave per Marinoni. 67 Le intese da prendere vertono principalmente su due punti: 1° Il campo della missione per gli alunni del nostro piccolo Seminario; 2° Il tempo e le condizioni del tirocinio dei nostri missionari sotto la guida dei Maristi, se lo si ritiene necessario, o almeno molto utile per la felice riuscita della Missione. Lei ha avuto la bontà, Signor Superiore, di suggerirmi l’isola dell’Ascensione, o di Poynipet (?), in quanto essa aveva chiesto qualche tempo fa dei Missionari Cattolici; il Cardinal Fransoni ha suggerito pure quest’isola; i nostri membri la desiderano, perché è situata molto vicino all’isola d’Ualan e a tante altre isole, che sembrano presentare grande opportunità alla speranza di una messe abbondante. Così si troverebbero riuniti in un sol pensiero i voti della S. Congregazione, i suoi, i nostri. Mi ricordo di quanto lei diceva, che cioè non si riusciva a capire perché Mons. Épalle2 non aveva aperto il suo cammino Apostolico da questa parte. Che il sangue di questo martire ci ottenga la grazia di compiere ciò che non ha potuto fare lui stesso. Per quanto riguarda il tempo e le condizioni dell’aiuto che ci darà la sua Santa Congregazione, e la nostra sottomissione alla guida dei suoi Missionari, la prego, Signor Superiore, che, con quella saggezza ed esperienza delle Missioni che la distinguono, e con quello spirito di carità e di zelo che ha per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, determini le cose prima, in modo da impedire ogni dissenso che si potesse creare tra le due Congregazioni, che devono amarsi sempre come sorelle e lavorare l’una a fianco dell’altra, godendo a vicenda del frutto del loro lavoro. La prego pure, Signor Superiore, di dare ai nostri due Missionari tutti i consigli, le istruzioni, le informazioni che giudicherà convenienti, sia per il miglior regolamento della nostra Casa, sia per il viaggio e il regolamento della Missione. Lei colmerà con ciò i suoi meriti per la grande opera della conversione dei popoli infedeli, e avrà un diritto perpetuo alla riconoscenza dei nostri Missionari, ma soprattutto di colui che ha l’onore di essere suo… Mons. Jean-Baptiste Épalle (1808-1845), marista, fu il primo vicario apostolico della Melanesia e Micronesia. 2 68 18. AI VESCOVI LOMBARDI 1851 comunica l’apertura a S. Calocero e raccomanda di favorire le vocazioni1 Fu certamente santa e generosa ispirazione quella che mosse i Vescovi di Lombardia ad istituire nel passato anno un Seminario per la conversione di quei popoli infelici che giacciono tuttora nelle tenebre del Gentilesimo, e non è a dire quale consolazione ne provasse e quali speranze ne concepisse il Vicario di G. C. che vedeva in essi gli eredi e i successori come dell’autorità così dello spirito e dello zelo dei SS. Apostoli per il doppio scopo, non solo di reggere le Chiese particolarmente da loro dipendenti, ma anche di dilatare fino agli ultimi confini della terra il regno SS. di G. C. Ma l’impresa così felicemente iniziata non potrebbe raggiungere quella solidità e quell’ampiezza che le conviene, ove le venisse a mancare il vigoroso impulso di quella mano, che ne gettava fra gli applausi di tutti i buoni il fondamento. Poiché, se è lodevole il principio delle grandi cose, lo è solo a condizione che come sono con coraggio intraprese, così vengano con energia e con costanza sostenute e al loro termine condotte. Persuaso di questa necessità S. E. R.ma Mons. Arcivescovo di Milano, quasi raccogliendo in sé solo l’affetto e le premure di tut- 1 In AME 05, pp. 471-473, brutta copia di circolare, senza data precisa. M. comunica ai vescovi fondatori il passaggio del seminario da Saronno a Milano (v. Lettera 15) dandone le ragioni, ed esprime la sua riconoscenza all’arcivescovo Romilli e a mons. Ramazzotti, che si era personalmente occupato della faccenda. Li esorta pure a far conoscere l’Istituto e le sue norme, e compiere generosamente il sacrificio di qualche sacerdote per le missioni. Un richiamo che diventerà sempre più frequente e forte. 69 ti i suoi R.mi Suffraganei, non risparmiava cosa alcuna che all’incremento del piccolo Istituto possa tornar vantaggiosa. E pegno appunto di sua paterna sollecitudine è stato in questi giorni il trasferire sulla proposta dell’Ill.mo e R.mo Mons. Ramazzotti, a cui quest’opera sta tanto a cuore, la nascente casa di Missioni dal ritiro caro bensì, ma troppo eccentrico della campagna, al soggiorno di questa città affidandole il devoto Santuario di S. Calocero, e mettendola così in tal posizione da poter prevalersi di tutti i vantaggi della città senza perdere la pace e la solitudine di un sito remoto dai civici rumori. Anzi ha voluto sin da questi primi momenti darci un pubblico attestato di singolare benevolenza con replicate visite, con parole di grande affetto, e coll’impartire solennemente in questa nostra Chiesa la Benedizione coll’Augustissimo Sacramento. Di che se noi gli saremo perpetuamente grati non è necessario il ridirlo. Il nostro nuovo soggiorno è angusto, è vero, ed incomodo, ma ad uomini che dovranno partire fra poco per inospite regioni, ed affrontare tutti i disagi inseparabili della vita apostolica in paesi barbari e selvaggi, ciò non genera la minima inquietudine. Quello che ci sta a cuore e di cui preghiamo continuamente il Signore, è ciò che egli stesso ci ha raccomandato così caldamente di chiedergli, allorché sentendosi struggere di tenerezza nel vedere tanta moltitudine di suoi figli erranti come pecore senza Pastore: la messe è molta, diceva, ma gli operai sono pochi, pregate il Padrone della messe che mandi gli operai nella messe sua. Monsignore, saremo noi troppo arditi se la pregheremo di voler far conoscere al suo Clero l’opera da Lei e dai suoi R.mi colleghi iniziata, onde se alcuno fosse da Dio chiamato ad annunziare la parola della salute a quelle genti infelici sappia di aver dei compagni che lo aspettano, degli amici desiderosi di cooperare al suo zelo, di congiungere con lui le fatiche, i sudori, e se sarà necessario anche il sangue per una causa sì nobile, sì interessante? Saremo troppo arditi se la pregheremo di far conoscere le regole di questo istituto dirette al triplice scopo di maturar bene le prove della divina vocazione e sceverare l’ispirazione celeste dagli effimeri movimenti di una fantasia riscaldata, di coltivare le 70 disposizioni richieste a sì arduo ministero, di assistere con ogni sorta di aiuti il Missionario nell’adempimento dei suoi voti generosi? Dio non lascerà certo senza ricompensa, e ricompensa degna di lui che ha promesso il cento per uno, il sacrificio generoso che forse converrà fare di qualche abile ministro del Santuario, e se il sangue dei martiri, secondo l’energica ma verissima sentenza di Tertulliano, era seme di martiri, l’esempio di un uomo apostolico susciterà una nobil gara di zelo in tanti altri Sacerdoti, che forse rimarrebbero torpidi e inoperosi senza la scossa potente di una santa emulazione. Se mai vi fu tempo in cui il Clero abbia provata la necessità di elevarsi a tutta l’altezza degna del suo grado, e di nutrire in cuore sentimenti nobili e grandi, lo è appunto adesso: in mezzo a tante tenebre di errori e di massime perverse si sente di più il bisogno di coloro che sono la luce del mondo, in mezzo a tanta corruzione di costumi si sente di più la necessità di coloro che sono il sale della terra. 71 19. ALLA SORELLA MARGHERITA 19 febbraio 1852 informa sulla sua salute1 Sia benedetto Dio che la tempesta del male finalmente è passata, e la sanità mi viene incontro passo passo, serena e festosa, ridestando l’appetito, rinvigorendo le forze, e invitandomi a uscire dal letto e dalla camera per gustare aria più pura, e rientrare fra il crocchio degli amici. Sia benedetta ancora la Beatissima Vergine a cui insieme alle Signore della Guastalla hai fatte tante preghiere e devozioni e fatte fare da altre contro ogni mio merito. Avrei bramato di celebrare oggi la Santa Messa, ma i tre incomodi inseparabili dalla celebrazione cioè il freddo del mattino, il digiuno anche dal bere da mezzanotte in poi (e io bevo assai e spesso) e il parlar forte, mi persuadono col consiglio del medico ad aspettare fino a Domenica e così nel giorno in cui compirete la novena per me, io celebrerò la messa di ringraziamento per la ricuperata guarigione. Ma qual’è stato il farmaco salutare adoperato dal Medico Egregio Sig. Giambattista Scotti per guarirmi? Dopo due salassi e due purghe per arrestare l’infiammazione, le signore zucche sono entrate in campo ed hanno operato meraviglie. Esse hanno In AME 05, pp. 493-496. M. andò spesso soggetto a disturbi di salute e malattie, l’abbiamo visto e lo vedremo. Ciò per alcune debolezze di costituzione e troppo lavoro. Così nell’inverno del 1852, occupatissimo com’era per i preparativi della spedizione in Oceania, si ammala seriamente, tanto che il dott. Scotti, medico di S. Calocero, gli impone di ritirarsi in una stanza e di non curarsi personalmente degli affari. Ma come poteva? Comunque, in questa lettera può informare la sorella di essere in via di guarigione, solo gli dispiace di rimandare ancora la celebrazione della Santa Messa. Però, di tutto ringrazia Dio, e chiede a Margherita che preghi ancor più per essere liberato “dalle tante infermità dell’anima”. 1 72 liberata la testa dai suoi dolori e dalle sue pesantezze, hanno leniti gli ardori del petto e saldate le scalfitture dei bronchi, hanno disacerbato ed addolcito il sangue, hanno scossa l’inerzia degli intestini avviandoli a fare il loro dovere senza bisogno di purghe, hanno ripulita la lingua e reso sano l’alito etc. etc. Vedi se la providenza scherza davvero su questa terra e sparge i suoi doni sulle creature più vili e spregiate. Ringrazia di nuovo per me la bontà del Signore e come sei impegnata per ottenermi la salute del corpo, prega assai più perché sia libero una volta dalle tante infermità dell’anima. Ti saluto di cuore e mi dico Tuo aff.mo Fratello P.te Giuseppe Da casa li 19 Febb. 1852 Alla Pregiatissima Signora La Sig.ra Dama Margherita Marinoni Nel Collegio della Guastalla Milano 73 20. AI VESCOVI LOMBARDI 3 marzo 1852 ragguaglia sulla prima spedizione e il Seminario; raccomanda l’Opera della Propagazione della Fede1 Sono alfine giunte le ultime e precise determinazioni della S. Congregazione di Propaganda, e il momento è venuto che questo piccolo Seminario delle Estere Missioni produca i suoi primi frutti. Il Sacerdote D. Paolo Reina è destinato Prefetto Apostolico della Melanesia e della Micronesia, oppure del vasto ed importante Arcipelago di Fidji (Figi, ndr) nell’Oceania Centrale, secondo che si troverà conveniente di scegliere l’una o l’altra missione, arrivati che siano i nostri Missionari sul posto. I Sacerdoti D. Carlo Salerio, D. Giovanni Mazzucconi, D. Timoleone Raimondi e D. Angelo Ambrosoli, nominati Missionari Apostolici per la conversione degli infedeli di quelle regioni, con i due catechisti Luigi Tacchini e Giuseppe Corti, partiranno insieme. Ad evitare tutti i pericoli della inesperienza, ed ammaestrare i nostri Missionari nelle lingue, nei costumi e nella cognizione del modo di trattare con quei popoli selvaggi, la S. Congregazione con amorevolissima sollecitudine ci ha raccomandati alla saviezza, alla carità, allo zelo dei benemeriti Padri Maristi, che già coltiva- In AME 05, pp. 505-512. Circolare ai vescovi in occasione del primo invio, con una chiusura speciale per quello di Bergamo. Marinoni indica il nome dei partenti con a capo Reina, in qualità di Prefetto Apostolico; l’impegno che Propaganda ha dato ai maristi di aiutarli fino a quando non potranno fare da sé; le spese necessarie e chi vi provvede. Raccomanda pure ai vescovi di sostenere l’Opera della Propagazione della Fede, cogliendo l’occasione dal Giubileo in corso, sull’esempio di Romilli e Ramazzotti. Parla infine dei problemi che ha ancora il seminario a S. Calocero. Un’informazione completa e dettagliata per coloro che devono considerare l’Istituto come proprio, un sentimento che M. cercherà di tener vivo in ogni modo. 1 74 no con tanto successo varie di quelle barbare regioni, ed hanno cambiate molte di quelle popolazioni contaminate pure dal vizio orrendo dell’antropofagia in fiorentissime e cristiane comunità. Così viene a compiersi il voto già da noi espresso nel Cap. 3 § I di quella Proposta di Norme e Massime per il miglior ordinamento di questo Istituto, che ha riportato l’unanime approvazione dei Rev.mi Vescovi della Lombardia, e in seguito il Suffragio della S. Congregazione di Propaganda. Quando i nostri avranno appreso sotto così felice scorta il difficile ministero delle Missioni, allora agiranno da sé, e costituiranno un Vicariato Apostolico a parte. L’annesso foglio latino le spiegherà meglio quanto ho accennato. Quanto ai mezzi pecuniari per sostenere le spese di questa prima spedizione, che secondo il calcolo da me presentato alla S. Congregazione potrebbero computarsi di quaranta mila Franchi, e secondo il giudizio più sicuro del R.mo P. Colin Superiore Generale dei Maristi, potrebbero pur ascendere a Franchi 60.000, noi finora non abbiamo potuto raccogliere che circa 30.000 Franchi, i quali ci sono stati somministrati parte dall’Opera della Propagazione della Fede, cioè circa 12.500 Franchi, e il rimanente dalla S. Congregazione di Propaganda, includendovi un legato del Sacerdote defunto D. Luigi Bernardoni di questa nostra Diocesi lasciato alla Propaganda e da essa a noi benignamente aggiudicato. Sua Eminenza il Cardinale Franzoni, dopo averci detto che la S. Congregazione ci ha dato tutto quanto per essa era disponibile nel momento, ci esorta ad interessare lo zelo di pietosi benefattori e specialmente dei R.mi Vescovi Istitutori. Io ben conosco quanta benevolenza Ella, Monsignore, ha per noi, e crederei di mancare a quel profondo ossequio che le devo, se per un’opera di tanta pietà quanta è l’estendere i frutti preziosi della Redenzione a migliaia d’anime sventurate, che si perdono perché non hanno uomo che le soccorra e faccia splendere loro sugli occhi la luce viva del Santo Vangelo, aggiungessi parola di raccomandazione, massime dopo le recentissime prove della sua generosità. Il cuore dei Pastori delle anime è troppo sensibile alla infelicità di coloro che non conoscono il nostro Divin Salvatore, per aver bisogno di alcuno stimolo ed impe75 gnarsi per la loro salvezza, e quel poco di zelo che noi nella nostra bassezza proviamo, non è che una scintilla emanata da quel fuoco che arde nel petto di Chi ha ricevuto la pienezza del Sacerdozio. Mi permetta però, Monsignore, perché la riconoscenza imperiosamente me lo comanda, di porgerle un’umile preghiera in favore dell’Opera Pia della Propagazione della Fede onde Ella si degni di promuoverne nella sua Diocesi, quando lo zelo glielo suggerirà, la diffusione. Il Consiglio centrale di Lione nel darci la notizia dell’assegno di due mila Franchi, che aggiunge ai due mila Scudi Romani già accordatici, ripete a buon diritto le istanze perché noi siamo grati a chi ci soccorre, promovendo per quanto è da noi in queste parti l’incremento di un’opera così salutare. Non si può più dire che i denari vanno all’estero, quando rifluiscono largamente a nutrire gli Istituti patri, e noi coll’accettare gli offerti sussidi, siamo entrati in un certo obbligo di giustizia di corrispondere dal nostro lato con altrettanto impegno per la prosperità dell’opera benefattrice. Ora io non saprei chi sia più nella condizione di promuovere quella santa associazione, quanto i R.mi Vescovi, in nome dei quali come Istitutori ha ricevuto il menzionato soccorso questo istituto. Occasione opportunissima mi pare glien’abbia offerta il S. Padre nel presente Giubileo, e a quello mirano pure le insinuazioni del Nunzio Apostolico di Vienna esponendo i bisogni specialmente delle Missioni dell’Oceania. L’ottimo nostro Mons. Arcivescovo ne ha fatto menzione così nell’annunzio del Giubileo come nella Pastorale di Quaresima diramando ancora ai Parroci un Manifesto sull’Opera Pia della Propagazione della Fede stampato in Lione, su le Notizie sulla Propagazione della Fede, impresse pure a Lione, per diffonderle fra il popolo, e fargli sentire il pregio di una sì vantaggiosa aggregazione. L’Ill.mo e R.mo Mons. Ramazzotti Vescovo di Pavia l’ha pure raccomandata al suo popolo. Io mi permetto di unirle qui alcune copie di un breve Prospetto sulla detta Aggregazione mandatomi or ora dal Consiglio Centrale di Lione; forse potrà tornare opportuno per la sua concisione e per l’enumerazione precisa delle S. Indulgenze ultimamente concesse dal Vicario di Gesù Cristo. 76 Io non aggiungerò suppliche affinché si compiaccia, Mgr. mio Ill.mo e R.mo, di raccomandare nelle sue fervide preghiere questi giovani missionari che si spingono per così dire la prima volta fuori dal nido e tentano un volo così ardito, abbandonando patria, parenti, amici, riposo, commodi e anche speranze di onori, e offrendosi vittime mansuete al furore ed alla barbarie di genti selvagge per guadagnarle a Cristo. Martedì 16 del mese corrente è il giorno determinato per la loro partenza. La grandezza del loro sacrificio, la gravità dei travagli, dei pericoli, delle tribolazioni a cui vanno incontro, perora troppo per essi presso ogni cuore pietoso, e invoca altamente il concorso di tutti i buoni, ma specialmente di Coloro, la cui conversazione è sempre nei Cieli, di Quelli che sono loro amantissimi Padri. Se Iddio, esaudendo i voti comuni, purificherà le loro labbra e ispirerà loro parole infuocate di vita eterna, quanto sarà il gaudio di quei Pastori vedendoli un giorno condurre a Cristo nuove genti conquistate! Resta ancora da dire una parola dei progressi che va facendo il sorgente Seminario. Lungi dall’estenuarsi per il distacco di quelli che partono, il numero dei Missionari sarà maggiore quest’anno dell’anno passato; e quantunque si proceda col maggior riserbo nell’ammettere chi anela ad una carriera che ha tanto di straordinario e di arduo, tuttavia questa nostra povera casuccia, che non ha che un solo dormitorio per nove alunni ed un’altra stanza per altri due, non sarà certo capace per la fine dell’anno di alloggiare i sopravvenuti, onde incalza davvero il bisogno di ampliare i locali; tanto più che non c’è né un portico, né una sala un po’ grande dove in tempo di pioggia e nei rigori dell’inverno possano gli alunni fare due passi, cosa tanto giovevole alla salute e così conforme alla vita attiva del Missionario. Appena avremo ottenuto, come speriamo in breve tempo, dall’autorità civile la domandata giuridica e non più precaria traslocazione da Saronno in Milano, e insieme ci verrà data la libera amministrazione dei beni temporali di questa Chiesa di S. Calocero, sarà necessario pensare alla compera della casa, in cui finora abitiamo a pigione, la quale, secondo una perizia presentata all’I. R. Delegazione, verrebbe a costare dodici mila lire Austriache, indi ci accingeremo alle spese di fabbrica che abbiamo detto assoluta77 mente necessarie; e continuando nel metodo di cui abbiamo parlato altra volta, e che ha riportato la piena approvazione dei R.mi Vescovi Istitutori, vedrà bene, Monsignore, se ci sarà necessità di generosi benefattori. Ma la cosa che più incalza al momento è quanto abbiamo esposto sulla prima spedizione. Sua Eccellenza Mgr. Arcivescovo di Milano e l’Ill.mo e R.mo Mgr. Ramazzotti Vescovo di Pavia ci vanno appoggiando alla meglio, e noi attribuiamo alle infelici circostanze del tempo, se altri cuori certamente generosi non possono ancora soccorrerci. Quanto agli studi, noi ci siamo prefissi di prescindere assolutamente dalle questioni che agitano al presente le scuole teologiche e filosofiche, come sono interdetti in questo nostro istituto tutti i giornali e i discorsi di materie politiche, onde le menti siano occupate di ciò che più mira al sublimissimo scopo delle Missioni, e gli animi siano congiunti in un sentimento unico di carità e di zelo. Mi torna sempre grata ogni circostanza che mi porta a scriverle, Monsignore Rev.mo, perché mi serve a stringere sempre più una relazione carissima al mio cuore con Chi amo, venero, ed onoro con sincerissimo affetto ed ossequio. Bergamo2 Non posso terminare questa lettera senza chiederle una grazia, che io spero non mi sarà negata dalla bontà del suo cuore. Questi miei carissimi figli, che sono alla vigilia della loro parten- 2 Il vescovo di Bergamo, mons. Carlo Gritti-Morlacchi, non aveva sottoscritto, il 1° dicembre 1850, il documento di erezione del seminario per le Missioni Estere, di cui non vedeva la convenienza, e vi diede il suo assenso solo il 12 marzo del ’52 in una comunicazione all’arcivescovo Romilli (COLOMBO, PIME, p. 209, nota 2). La richiesta di M. di andarlo a visitare con p. Reina ed avere l’auspicio della sua benedizione per tutti i partenti è un bel gesto di rispetto e amore. Del resto seguiva ad altri incontri suoi e di Ramazzotti con lo stesso vescovo, che in un primo tempo, a quanto afferma qui M., s’era mostrato favorevole alla proposta di creare l’Istituto. 78 za, bramano di avere anche da lei Monsignore un pegno della sua paterna benevolenza, la pastorale benedizione. Io verrei, se Ella non me lo vieta, l’altro Giovedì o pure in quel giorno che a Lei sarà più gradito, col Sacerdote D. Paolo Reina nominato Prefetto Apostolico per rendere una visita a V. S. Ill.ma e R.ma, e aver la consolazione di riportare questa caparra del suo paterno affetto per me e per tutti questi miei dilettissimi allievi. Questa grazia, Monsignore, non me la deve proprio negare: sono i figli che ricorrono al Padre, partono per sì remoti paesi, per una causa sì santa, affrontano tanti travagli e pericoli, li conforti in ogni istante della loro ardua carriera la potente benedizione dei loro amatissimi Pastori. Ella, Monsignore, accolse con tanta benignità la prima proposta che le fece dell’Istituto il R.mo Mons. Ramazzotti, lo assicurò che avrebbe veduto con vero piacere e con vivo interesse sorgere un’opera di tanta misericordia per gli sventurati infedeli, compia il nostro gaudio dandoci l’abbraccio di un tenero Padre. Noi ci prostriamo innanzi a Lei, e in nome di tutti con più profondo ossequio ed affetto io mi pregio di rassegnarmi Di V. S. Ill.ma e R.ma (Giuseppe Sac. Marinoni) Lettera ai Vescovi Marzo 1852 79 21. ALLA DUCHESSA VISCONTI 13 marzo 1852 supplica per ottenere sussidi Eccellenza1 Ascriva alla generosità ben nota dell’animo suo, alla santità della causa per cui peroro, e alla strettezza somma in cui si trovano questi Missionari di cui è imminente la partenza per l’Oceania, se ritorno a presentarmi all’Ecc.za Vostra implorando un benigno soccorso. I sussidi che ci ha offerti l’Opera Pia della Propagazione della Fede con la quale siamo in pienissima relazione, e quelli che ci ha donati la Sacra Congregazione di Propaganda non bastano a raggiungere la somma indicatami dal R.mo P. Colin per le spese di questa spedizione, e l’E.mo Card. Fransoni mi esorta a rivolgermi alla pietà di quei generosi benefattori, che tanto onorano questa nostra dilettissima patria. La nobilissima Casa Visconti-Modroni e Vostra Eccellenza principalmente non è di certo seconda ad alcuno nella liberalità del sovvenire. Io spero adunque che Ella vorrà graziosamente accogliere questa mia supplica dettata unicamente dal desiderio della maggior gloria di Dio e del maggior bene delle anime, e che la riconoscenza di quelle povere genti che saranno convertite a Cri- 1 In AME 05. pp. 543-546. Questa richiesta alla duchessa Aurelia Visconti (1768-1857) avviene tre giorni prima della partenza dei missionari per l’Oceania. M. è attento a tutto pur in mezzo al gran lavoro dei preparativi, e da persona concreta non dimentica che bisogna colmare la somma di denaro necessaria alle spese della spedizione. Notiamo che i Visconti Modrone già avevano lasciato un legato a beneficio dei missionari partenti per l’Oceania e che Margherita Visconti nel 1809 tenne a battesimo la sorella di M., Margherita. 80 sto chiameranno nuove benedizioni sopra l’Ecc.za Vostra e sopra l’Illustrissima sua Casa. Gradisca il sincero attestato etc. Milano il 13 Marzo 1852 Supplica per sussidi alla Duchessa Visconti 81 22. AI MISSIONARI DI MILANO 10 aprile 1852 (?) descrive da Londra il commiato dai partenti Carissimo D. Alessandro e Colleghi!1 Finora io ho taciuto lasciando che scrivessero i nostri cari missionari, ed interessandomi intanto di ciò che poteva giovare all’Istituto, ma ora eccomi di ritorno a Londra da Gravesend ove li ho affidati alla divina Provvidenza che domina i mari come la terra. Li ho abbracciati sul bastimento, abbiamo pregato ed anche pianto un momento insieme senza però perdere la serenità dello spirito, ne ho ricevuto gli ultimi saluti per i parenti, per gli amici, per i compagni, e segnatamente per Mons. Arcivescovo e Mons. Ramazzotti, e poi essi verso l’Oceania per apportare la più grande novella, io verso questa città per ritornare di volo a Milano fra gli altri miei cari e confortarli ad imitare l’esempio di questi generosi. Essi partirono calmi e confidenti nella santità della causa e nella bontà di quel Dio che a tanto ministero li ha eletti. Ieri Venerdì Santo ci giunsero opportune assieme alla lettera di D. 1 In AME 05, pp. 577-580. M. scrive a d. Ripamonti Alessandro e agli altri rimasti a S. Calocero, al termine del viaggio dei missionari, che accompagna da Milano a Londra (sui particolari TRAGELLA, I, pp. 101-105). E racconta gli ultimi momenti passati assieme. Il venerdì santo, 8 aprile: conversazioni sull’Istituto, molte preghiere, lettura dei brani più commoventi del discorso dell’ultima cena di Gesù. Il sabato santo: comunione assieme nella cappella francese, poi in battello a Gravesend, dove li attende il bastimento “Tartaro” col capitano Davies, e qui abbracci, preghiera, qualche lacrima e consegna degli ultimi saluti, ma sempre in clima di serenità. Pasqua, 10 aprile: Marinoni pensa ai figli partiti e spera che possano celebrare in mare la più grande solennità dell’anno. 82 Giovanni Rossari2 e di D. Giuseppe Prada quella del Tacconi e del P. Taglioretti, che noi abbiamo mandato a levare alla Posta. Queste lettere parve che avessero tardato a pervenirci alle mani per farcene sentire più viva e più profonda l’impressione negli ultimi istanti. Dopo averle lette, e dopo aver parlato insieme delle cose che più interessano il bene dell’Istituto, dicemmo insieme per l’ultima volta le orazioni composte dal Mazzucconi, e temendo di non poterci riunire insieme alla sera per le tante cose che ancor restavano da farsi, recitammo l’usata dedica di noi stessi al Signore e le litanie della B. Vergine mettendoci tutti particolarmente sotto il suo patrocinio. Ma innanzi di porci a letto ci venne dato di adunarci di nuovo per la recita del S. Rosario e per il solito esame di coscienza. Indi preso in mano il S. Vangelo ripassammo insieme l’ultimo discorso di N. S. Gesù Cristo ai suoi amati discepoli la notte prima di dividersi da loro, discorso pieno di tanto affetto, di sì preziosi ricordi, ottimi per tutti, ma specialmente per gli uomini Apostolici, discorso che può considerarsi come il Testamento del nostro divin Redentore e la più tenera espressione della sua ultima volontà. Noi abbiamo avuto stamattina la consolazione di poter fare la SS. Comunione insieme nella Cappella Francese, e spero che domani pure i nostri Missionari potranno sul mare celebrare il Santo Sacrificio, e festeggiare in mezzo alle onde la più grande fra tutte le Solennità dell’anno, la Pasqua. Il tempo è bellissimo e promette perseveranza perché il barometro monta. Da circa sei mesi, mi si dice che non si è veduto qui giorno più sereno e più tranquillo. Il bastimento è uno dei migliori fabbricato nei cantieri di Londra, e per affrettare il suo viaggio e uscire più presto dal Tamigi in alto mare, ove potrà meglio spiegare le vele ai venti, ha noleggiato un battello a vapore che ve lo accompagni. Il Capitano Davies è uno scozzese di modi franchi e risoluti, ma insieme gentili, ci ha accolti cortesemente, e, avendogli io raccomandati i miei Missionari, mi rispose che obbligava la sua paro- Don Giovanni Rossari (1813-1892), assistente della chiesa di S. Calocero, poi alunno e missionario dell’Istituto. 2 83 la e il suo onore, ricorressero a lui in ogni lor bisogno e sarebbero all’istante appagati. Le tre stanzette in cui sono collocati sono sufficientemente grandi, e fornite di tutti quei comodi che potevano conciliarsi con la natura del viaggio. Il buon Salomone3, giovane di un cuore sensibilissimo (è quel Wallisiano, che il R.mo P. Colin affida ai nostri Missionari) mi ha abbracciato con la più gran tenerezza negli ultimi istanti, e mi ha lasciato una lettera per i Missionari di Milano che io porterò con me. Oh quanto dobbiamo benedire insieme la divina Provvidenza che ci ha fatto sentire così evidentemente la sua materna protezione nel condurre fino a questo punto le cose in un modo che supera affatto la nostra aspettativa! quanti benefizi ne abbiamo noi ricevuti solamente in questo viaggio! Io non finisco di rivolgere indietro lo sguardo per riandare tante belle circostanze che hanno accompagnato questa partenza, ed animarmi di una sempre più viva fiducia nella potenza di quel Dio, che avendo incominciato una sì grande impresa scegliendo i più deboli strumenti per la sua gloria, non vorrà certamente lasciare a mezzo l’opera sua! A lui dunque lodi e grazie, a noi confusione. L’aff.mo Marinoni Salomone, delle isole Wallis, presso Futuna, dove fu martirizzato il protomartire dell’Oceania, San Pierre-Louis-Marie Chanel (1803-1841). 3 84 23. A D. CARLO BOLIS 21 luglio 1852 gli propone di stabilirsi a Milano Mio Carissimo Sig. Bolis1 La lettera ch’Ella mi ha scritto mi ha commosso vivamente, ma io son ben lungi dall’accogliere il secondo partito che mi propone, quello cioè di rimanere a Oggiono. Venga pure, e io le darò le due mila lire che ritiene necessarie per la sua ottima madre. Son momenti penosi questi per l’Istituto, ma il Signore per la cui gloria ci siamo riuniti dietro l’invito del suo Vicario sulla terra, e coll’autorità dei nostri Venerabili Pastori di Lombardia, avrà riguardo alla nostra penuria e ci consolerà. Vi sono persone d’ottimo cuore e di molti mezzi in Milano, che non lasceranno di soccorrerci. Ella ritorni pure col cuore quietissimo a Milano e non dubiti che sarà provveduto di tutto. L’amore allo studio, e le belle qualità di mente e di cuore che la distinguono, faranno sempre che sia prezioso l’acquisto da noi fatto benché ci costi dei sacrifici, e questi la impegneranno a essere sempre più utile ad una causa che non è se non la causa di Dio e delle anime da lui a sì gran prezzo redente. Mi riverisca distintamente la 1 In AME 05, pp. 629-630. Don Carlo Bolis (1819-1892), nativo di Lecco, diocesi di Milano, avuto l’assenso dell’arcivescovo, era disponibile a prestare servizio nel seminario di S. Calocero, ma, dovendo provvedere alla vecchia madre, preferiva restare parroco ad Oggiono e da qui andare e tornare da Milano, anche perché non voleva pesare sull’Istituto. M. con questa lettera risolve il tutto con magnanimità, fiducioso nella Provvidenza. Ai missionari don Carlo insegnerà teologia e lingue (non sappiamo spiegarci perché TRAGELLA, I, pp. 116-117, parli di Cuggiono anziché di Oggiono, come è scritto nella lettera). 85 sua buona madre, e conservi pure questa mia lettera come un testimonio di obbligazione che io vengo a contrarre con lei, e che ho già manifestato anche al Segretario di S. E. Mons. per sua maggior tranquillità. Mi creda con sincerissimo ossequio ed affetto. Suo D.mo Servitore ed amico P.te Giuseppe Marinoni Milano il 21 Luglio 1852 86 24. ALLA PROPAGAZIONE DELLA FEDE 9 dicembre 1852 previsione di spese per la seconda spedizione Ai Signori Presidenti e Membri dei Consigli Centrali dell’Opera della Propagazione della Fede nei due mondi, a Parigi e Lione1 Signori Milano, 9 dic. 1852 dal Seminario delle Missioni Estere Voi desiderate conoscere il momento preciso della partenza dei nostri Missionari e un dettaglio ben motivato delle spese necessarie per questa spedizione. Partiranno, salvo imprevisti, verso la fine di febbraio 1853, in numero di sei Sacerdoti e due Catechisti, come ho già avuto l’onore di annunciarvi. Le spese pure saranno le stesse che ho già espresso nel bilancio presentato nello stesso tempo ai due Consiglieri nel mio ritorno da Londra, e che soltanto per assicurare meglio l’affare, vi ripeto 1 In AME 05, pp. 675-678, originale francese. M. pensa già a preparare la seconda spedizione per l’Oceania, ma questa non ci sarà, come vedremo. Intanto manda ai Consigli della Propagazione della Fede una nota sulla spesa del primo invio e su quella prevista per il secondo. Nel brano omesso tra [ ] Marinoni scende ai dettagli: spese del viaggio Milano, Londra, Sydney, piccole spese in nave, spese per farmacia e qualche ricreazione durante i cinque mesi di navigazione, per il soggiorno a Sydney, l’affitto di una nave per raggiungere la missione, per oggetti di culto, abbigliamento, libri, viveri, imprevisti, con un totale di franchi 54.600. Tutto calcolato sulla base dell’esperienza e di consultazioni. 87 qui. Vorrei approfittare del tempo che resta per preparare gli indumenti necessari col maggior risparmio possibile. Ma non posso trattenermi dal raccomandarvi queste povere Missioni. Come potranno i nostri Missionari intraprendere il viaggio con 20.000 franchi soltanto? Come portare gli aiuti indispensabili ai primi partiti? Se non vi è permesso di assegnarmi niente di più per l’esercizio finanziario di quest’anno, ormai trascorso, vi prego di darmi ciò che è assolutamente necessario mettendolo sull’esercizio dell’anno prossimo, come avete avuto la bontà di fare recentemente. Non moltiplico le preghiere sapendo a chi ho l’onore di parlare e per chi parlo. I nostri Missionari sono pronti a dare il sangue e la vita, ma non c’è che la pietà del mondo cattolico e della Francia in particolare, che possa dar loro il denaro necessario. Ecco il bilancio. Missioni dell’Oceania affidate al Seminario delle Missioni Estere di Milano: deficit da colmare per le spese della prima spedizione Fr. 20.000. Seconda spedizione di sei Sacerdoti e due Catechisti: […] occorrerebbero dunque 54.000 franchi. Io cerco di ridurre, e voi, Signori, potete ben ridurre di nuovo, come meglio giudicherete, benché la poca esperienza che ho avuto finora mi ha sempre insegnato che nelle previsioni ci si inganna in ragione del più che bisogna spendere nei viaggi. Vorrei che i miei Missionari mi avessero già scritto sulla quantità di denaro che avranno usato per le spese inevitabili, e allora avrei potuto darvi un estratto di bilancio preciso sul libro dei conti, ma sapete bene, Signori, che quanto vi dico, ve lo dico fedelmente dopo aver consultato persone rispettabilissime, sia per la dedizione alla causa della fede che per consumata esperienza nell’opera delle Missioni. Metterò fine alle mie parole augurandovi tutte le celesti Benedizioni, che ci ha portato sulla terra questo Bambino divino 88 di cui stiamo per celebrare la beata nascita. Che tutti i popoli lo possano conoscere. Questo grande Salvatore del Mondo, che tutti lo lodino sulla terra per lodarlo sempre con noi nei Cieli. Con i sentimenti del più profondo rispetto sono Vostro Umilissimo e Obedientissimo Servitore Giuseppe Marinoni Superiore del Seminario delle M. E. 89 25. AL VESCOVO DI TRENTO 12 dicembre 1852 chiede di poter accogliere D. Luigi Limana Mons. Ill.mo e R.mo1 Gratissima mi giunge la notizia di un Sacerdote della Diocesi di Trento, che aspirerebbe a entrare in questa nostra Casa di Estere Missioni. Gli attestati che rende di lui il M. R.do Sig. D. Enrico Rizzoli non possono essere migliori, onde se S. A. Mons. Vescovo di Trento annuisce e conferma quanto è stato esposto a V. S. Ill.ma e R.ma sarà per noi un vero dono del Cielo l’entrata di un novello operaio e diremo con gaudio: Benedictus qui venit in nomine Domini [Benedetto colui che viene nel nome del Signore, Mc 11,10]. Quantunque questa Casa sia povera ed abbia continuo bisogno della beneficenza di cuori generosi, come V. S. Ill.ma e R.ma ben conosce, tuttavia non impone alcuna condizione agli aspiranti. Ordinariamente portano con sé il letto, un comò etc., ma con tanta distanza di luoghi non sarebbe cosa da pensarci affatto. Se il detto Sacerdote fosse fornito di qualche beneficio semplice che gli potesse somministrare oltre l’elemosina della Messa qualche altro mezzo di sostentamento, specialmente allora che In AME 05, pp. 679-680. M. si è interessato presto di avere missionari anche dal Veneto, Luigi Limana (1824-1870) è il primo frutto. Nato a Borgo Valsugana (Trento), entra a S. Calocero nel 1853, parte per il Bengala Centrale due anni dopo e ne sarà superiore dal 1864 al 1870; lo ritroveremo. Vescovo di Trento era Sua Altezza mons. Tschiderer von Gleifheim (1777-1860), e don Enrico Rizzoli era probabilmente il rettore del seminario diocesano. Da notare che come corredo quel che conta per M. è soprattutto lo spirito apostolico. 1 90 trovandosi nelle Missioni non potrà trovare Messe da applicare, questo sarebbe il miglior corredo che potrebbe portare con sé. Del resto ciò che veramente importa è che abbia lo spirito apostolico, e Dio provvederà facilmente ai mezzi temporali. Io pregherei pertanto V. S. Ill.ma e R.ma di assicurare il M. R.do Sig. Rizzoli dell’ammissione del Sacerdote D. Luigi Limana, e di affrettarne la venuta, perché quantunque non sarà possibile inviarlo con la prima spedizione, tuttavia è bene che conosca i compagni che partono, e occupi i posti che rimangono liberi, onde la piccola casa mantenga un conveniente numero di soggetti formati con lo stesso spirito. Gradisca, Monsignore, il sincero sentimento di affetto e di ossequio che in nome ancora di tutti questi suoi figliuoli le protesta baciandole rispettosamente la mano e chiedendole la pastorale Benedizione. Il suo U.mo e D.mo Servitore P.te Giuseppe Marinoni Dirett. del Sem. delle Estere Missioni Milano il giorno 12 Xbre 1852 Dalla Chiesa di S. Calocero 91 26. ALLA SORELLA MARGHERITA 31 gennaio 1853 spiega perché non la può visitare più spesso Carissima Sorella1 Giacché vedo che stando lontano tu mi mandi a chiamare in sì gentile maniera, ho determinato di farmi vedere di rado, e rendermi sempre più prezioso. Vedi come cortesemente so corrispondere ai tuoi dolci inviti. Il vero motivo dell’assenza sono le occupazioni ed anche un po’ di gonfiore ad una guancia, che va però dileguandosi. Forse il giorno di Maria SS.ma che presenta al Tempio il suo Santo Bambino, spero di vederti. Ti offro i rispetti e ringraziamenti presunti dei miei Missionari, i quali a quest’ora sono alla scuola d’Inglese. Qualcuno verrà presto alla Guastalla, specialmente D. Angelo Curti. Ti prego dei nostri ringraziamenti sinceri all’ottima Dama Giulia Porta, e la prima Ave Maria che dici sia per il Tuo aff.mo Fratello P.te Giuseppe S. Calocero li 31 Gennaio 1853 Alla Pregiatissima Signora La Sig.ra Dama Margherita Marinoni Nell’Almo Collegio della Guastalla 1 In AME 05, pp. 709-712. Un po’ scherzando M. spiega alla sorella perché si fa vedere raramente: impegni e qualche malanno; ma qualcuno verrà presto a trovarla. E nomina d. Angelo Curti, il primo aspirante non di Milano, ma proveniente dalla diocesi di Lodi. Entrato a S. Calocero nell’agosto del 1851, sarà missionario ad Agra, poi nel Bengala Centrale e a Calcutta. Purtroppo darà non pochi guai a M. e tornerà definitivamente in Italia nel 1880 (TRAGELLA, I, p. 354). 92 27. A D. DOMENICO BARBERO 4 aprile 1853 risponde alla richiesta d’ammissione Molto Rev.do Signore, 1 Con vera consolazione ricevo la graziosissima sua del 29 Marzo scorso in cui Ella mi espone il suo desiderio di entrare in questa Casa nascente di Missioni all’estero. Già avevo udito di Lei le più favorevoli relazioni in Roma nel passato mese da parte di Mons. Buratti, primo minutante della S. Congregazione di Propaganda, e pochi giorni fa mi giunse apposita lettera dell’E.mo Card. Fransoni, in cui mi previene di averle scritto invitandola a rivolgersi a questo nostro Istituto per compiere il suo santo desiderio di dedicarsi alla conversione degli infedeli. Sia benedetto il Signore che moltiplica gli operai per la sua vigna e manda delle anime generose a scuotere dal loro letargo i più abbandonati tra i suoi figliuoli. Io le offro al tempo stesso le vive congratulazioni di tutti questi Missionari che vengono ad acquistare nella sua persona un dolcissimo fratello, un valoroso cooperatore nell’apostolico ministero. Ella troverà in questa nostra casa, è vero, molta povertà, molta ristrettezza, non essendovi ancora un loca- In AME 05, pp. 717-720. Domenico Barbero (1820-1881), della diocesi di Ivrea, già prete dal 1846 e vice-parroco della cattedrale, entra nell’Istituto nel 1853, parte per l’India (Hyderabad) nel 1855, superiore della missone dal ’64 e vescovo vicario apostolico dal 1870. M. è sempre entusiasta per ogni ingresso e ne ringrazia il Signore. Comunica all’aspirante cosa troverà entrando in seminario e cosa deve o è utile portare: l’assenso del vescovo, nel caso mons. Luigi Moreno (1800-1878), è indispensabile, e le doti spirituali contano più dei beni materiali. Invita Barbero, potendo, ad unirsi alla comunità per la fine dei prossimi santi Esercizi, in cui sarà forse presente mons. Ramazzotti. Tutta la lettera ispira fiducia e gioia. 1 93 le conveniente all’istituto, ma servirà questo di prova a quello spirito di perfetta abnegazione che forma il principale carattere del Missionario disposto a tutte le privazioni per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Quanto alle cose che Ella deve portare, l’unica necessaria è l’assenso del suo Ven. Vescovo dal quale implorerà la benedizione, pegno della protezione divina. Del resto povera essendo questa nostra Casa, tutto quello che Ella potrà aver con sé senza grave incomodo in biancheria, panni etc. ed anche libri, sarà un acquisto per noi, dispensandoci dal provvederla a carico dell’Istituto. Così, se oltre l’elemosina della Messa avesse qualche rendita beneficiaria, lo pregheremmo di ritenerla per prevalersene a suo profitto. L’Istituto però appoggiandosi con fiducia nella divina Provvidenza non domanda nulla e si tiene per fortunato potendo aumentare il numero dei buoni soggetti. Dunque il pensiero principale sia volto alle doti dell’animo. I libri più opportuni sono i Dogmatici (noi adottiamo per testo il Perrone, ma ci gioviamo anche d’altri), i moralisti (il testo è S. Alfonso M. de’ Liguori), qualche Canonista, il S. Concilio di Trento, il Catechismo Romano, il rituale, il Pontificale, la S. Scrittura in piccolo volume, etc. Grammatiche e Dizionari Francese ed Inglese con qualche operetta per esercizio, essendo le due sole lingue che qui si studiano. Se avesse qualche opera apologetica della Religione, qualche trattato polemico contro i Protestanti, gioveranno pur questi assai. Domenica ventura noi entriamo nei SS. Esercizi. Non ardisco di invitarla in tanta strettezza di tempo, ma sarebbe un vero favore se lo potessimo avere almeno per la fine dei medesimi Esercizi che si terranno a Saronno nella Casa dell’Ill.mo e R.mo Mons. Ramazzotti Vescovo di Pavia, primo Istitutore del nostro Seminario, il quale mi ha dato speranza di favorirci in persona. Nella dolce speranza di presto abbracciarla fra i nostri mi raccomando alle sue fervorose orazioni e sacrifici protestandomi di cuore U.mo e D.mo Servo P.te Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni 94 Milano Nella festa della SS. Annunziata li 4 Apr. 1853 Casa presso S. Calocero Al Molto Reverendo Sacerdote Il Sig. D. Giovanni Domenico Barbero Vice Parroco nella Cattedrale di Ivrea 95 28. A MONS. RAMAZZOTTI 6 aprile 1853 la questione con Roma sulla natura dell’Istituto Monsignore Ill.mo e R.mo1 Ho felicemente adempito le commissioni datemi da parte del Sig. Ragioniere De Luca, così potessi dire lo stesso dell’altra che ci ha tenuto in tanta pena tutti questi giorni! Io devo ringraziarla ben di cuore della bontà con cui si è prestato a stendere di suo pugno una sì bella supplica al S. Padre2, 1 In AME 05, pp. 721-724. Questa lettera giunge nel mezzo di una tempesta, la dolorosa e penosa questione tra S. Calocero e Propaganda con Pio IX circa la natura e finalità dell’Istituto. La discussione non si svolge tanto sul piano teorico, ma pratico. Le prime avvisaglie risalgono al cenno che il Papa aveva fatto a Reina e Salerio circa Corfù (Lettera 16), a cui al momento non si era dato importanza. Il Pontefice vedeva S. Calocero come un seminario al quale poter attingere per ogni necessità della Chiesa, anche non in terre di infedeli. Era una sua cara e antica idea la creazione di un Istituto “generale” per provvedere a tutti i bisogni della Chiesa. La difficoltà di S. Calocero ad entrare in questa visione sembrava un atteggiamento di disobbedienza. E di fronte a questo sospetto le reazioni di superiori ed alunni, oltre che di persone vicine all’Istituto, erano diverse. Nessuno voleva disobbedire al Papa, che del resto non faceva chiare richieste, ma l’Istituto era nato per le Missioni Estere e la missione d’Oceania, voluta e approvata da ambo le parti, ne era una chiara prova. Bisognava ora cambiare? La questione scoppia nel 1853 ed avrà risvolti anche oltre. Noi non dobbiamo trattarla qui e rimandiamo a chi ne ha scritto esplicitamente ed ampiamente (TRAGELLA, I, pp. 125-149; monografia di COGNOLI, Il drammatico). Ci basta far conoscere pensieri e sentimenti di Marinoni da alcune lettere importanti. 2 La supplica era un atto di sottomissione piena al Papa, che M. ritiene prematura dato il dissenso “ancor troppo generale” dei missionari. Il “Breve” del Sommo Pontefice ricordato subito dopo è del 10 luglio 1852; in esso Pio IX benedice i membri partiti per l’Oceania e si augura il proseguimento dell’“auspicatissimo principio”. 96 ma non ho potuto prevalermene, e dovetti persuadere ancora S. E. R.ma a non far questo passo. Il dissenso di questi Missionari era troppo generale, né alcuno avrebbe saputo convincerli dell’assoluta necessità di mettersi alla piena disposizione del S. Padre, trattandosi di un’offerta spontanea che essi fanno di sé medesimi alla conversione dei poveri Oceanesi. Or fare una protesta (la quale, come ben rifletteva V. S. R.ma, per essere sincera deve invocare una prova) e farla mentre coloro che la devono eseguire non sono disposti a questa abnegazione, mi parve contrario alle regole della prudenza e della sincerità. D’altra parte ho pensato che la protesta già fatta da S. E. R.ma e il Breve interessantissimo del Sommo Pontefice, come osservò pure Vostra Signoria R.ma, ci possono assicurare, e che l’E.mo Card. Fransoni, al quale ho scritto che io aspetto ancora qualche parola di conforto nella mia afflizione, non mancherà di farlo. Il nostro Seminario deve certamente col tempo fornire dei missionari che siano interamente nelle mani della S. Congregazione di Propaganda per spedirli dovunque, ma ora è riconosciuto in Roma stessa il bisogno di attenersi ad una sola Missione. Questo però non toglie che io non senta fortemente la necessità di raccomandare la cosa a Dio, perché reputo questa tempesta la maggiore che potesse accadere all’Istituto, sia perché si tratta di esser certi di avere Iddio con noi, sia perché si tratta della norma fondamentale che deve seguirsi. Il Sig. Confessore Tacconi suggerirebbe di scrivere una supplica in cui si esponessero con molta evidenza i motivi, per cui sarebbe da preferirsi una particolare Missione alla generalità del ministero: collimerebbe questo pensiero col sentimento del P. Taglioretti3, ma... V. S. R.ma l’ha già ventilato abbastanza. Mi pare perciò più prudente il rimetterci ai fatti che avverranno senza parlare. Noi siamo nelle mani dei Superiori, aspettiamo i loro ordini, se comanderanno 3 Taglioretti prende parte attiva alla questione con scritti, colloqui, incontri, talora in maniera forte e con interpretazioni differenti. Marinoni vuol dar tempo al tempo, far evitare ogni provocazione, pur interrogandosi se si è nel giusto e mantenendo una piena disponibilità ad obbedire agli ordini dei superiori. 97 anche di portare altrove la Missione, si vada senza la minima resistenza. Solo asteniamoci dal provocare una decisione o per l’una o per l’altra parte. Ma siamo noi al presente in una posizione legittima, siamo sulla retta via? Se qualche colpa vi può essere stata, si è già cercato di ripararla, e crederei che la bontà di Dio non vorrà castigare quei Missionari o già in campo o prossimi a partire, che, non persuasi di disubbidire, ma appoggiati a ragioni certo non piccole, credono di essere pienamente al sicuro, dedicandosi ad una Missione che per alcuni di essi è stata uno dei principali motivi di farsi Missionari. Perdoni, Monsignore, se io moltiplico le riflessioni nel desiderio di levarmi una spina dal cuore che tanto mi ha trafitto; nella ventura settimana non lasci, se può, la preghiamo istantemente di consolarci a Saronno con la sua presenza e con qualche fervida esortazione. Alla prima occasione propizia manderò le ricevute del Sig. De Luca aspettate assieme con l’avanzo del denaro riscosso. Il Sig. Ponti non volle alcun rimborso per lettere od altro tenendosi onorato di averle potuto rendere questo servizio. Gradisca, Monsignore, il sincero attestato di chi le si dichiara di cuore e pieno della dovuta venerazione U.mo e D.mo Servo e Figlio P.te Giuseppe Marinoni Milano li 6 Apr. 1853 All’Ill.mo e R.mo Monsignore Monsignor Angelo Ramazzotti Vescovo di Pavia 98 29. A MONS. RAMAZZOTTI 27 aprile 1853 disparità di opinioni sulla questione con Roma 27 Aprile 53 Monsignore Ill.mo e R.mo1 Ho il piacere di presentarle un tratto della lettera, che or ora ho ricevuto dall’E.mo Card. Fransoni in risposta ad una mia del sei corrente, in cui lo pregavo di una parola di conforto per le gravi parole udite dal S. Padre. Mi pare che non si possano desiderare più precise spiegazioni della mente del Vicario di Gesù Cristo, e ne godo per la consolazione che spero ne proverà V. S. Ill.ma e R.ma, il cui cuore amorevolissimo deve avere non poco sofferto nei passati giorni. Ben può immaginare quale ne sia il gaudio di questi alunni, ai quali però non sarà certo infruttuosa 1 In AME 05, pp. 643-646. M. è tutto felice della lettera del card. Fransoni, datata 23 aprile 1853, e la fa conoscere agli altri, ma che diceva? Il documento non si trova più in archivio, però ne riporta un buon brano p. Tragella (I, pp. 133-134). “... mi è grato poterla assicurare e tranquillizzare sulle benevoli e paterne disposizioni del Santo Padre, ed a riguardo del Seminario ed allievi già spediti in Oceania, e verso ancora la di Lei persona. La Santità Sua, cui umiliai il contenuto del foglio su tal particolare, mi soggiunse di farLe conoscere che, sebbene alla spedizione degli allievi all’Oceania avrebbe, come pure le accennò, divisato conveniente premettere l’invio di essi ad una scabrosa e più vicina missione, qual sarebbe stata la bisognosa Chiesa di Corfù od altra simile, con tutto ciò non ha inteso disapprovare la citata spedizione e negare ai missionari inviati ed allo stabilimento stesso [l’Istituto] le più copiose benedizioni, che di nuovo loro amorevolmente comparte. Può quindi deporre dal Suo animo il concepito timore, bramando anzi la Santità Sua che, con tutto il suo zelo, prosegua a promuovere il progresso di uno stabilimento che Gli è sommamente a cuore, e dal quale attende i maggiori soccorsi per la propagazione della Cattolica Religione”. 99 la visita fatta da V. S. Ill.ma e R.ma in Saronno, e le sante istruzioni dal suo labbro raccolte, come mi hanno assicurato taluni di essi. Ne ho scritto ancora a D. Carlo Candiani2, cui ero intento a rispondere nell’atto che mi giunse la lettera di Roma: né mi poteva giungere questa più opportuna, perché il medesimo D. Carlo mi annunziava essere S. E. R.ma non del tutto soddisfatto che gli alunni del nostro Seminario non convenissero a pieni voti nell’idea di un nuovo atto di sommissione al S. Padre, e mi pregava a dirgli se la cosa era stata comunicata a V. S. R.ma. Io gli rispondevo che s’era presa in serio esame la causa, e che Mons. Vescovo di Pavia se l’aveva posta così a cuore da venire egli medesimo a Saronno; che però si stava ancora maturando quale sarebbe il miglior partito, essendosi ancora sentiti il Sig. D. Angelo Molteni e i Padri Ravizza e Taglioretti. Senza cancellare le cose dette, gli ho unito lo squarcio di lettera sopraccennato, e spero che anche S. E. R.ma si tranquillizzi interamente3. Il Sig. D. Carlo Candiani mi incarica di offrirgli i suoi sinceri ossequi. Scrive esser giunto in Vienna il Vescovo di Concordia sostituito all’infermo Patriarca di Venezia nelle trattative del Concordato; si studia intanto il punto del Matrimonio, c’è da sperare, c’è da temere, più il primo che il secondo. Si raccomanda alle orazioni di tutti, ed io con lui rinnovo a V. S. Ill.ma e R.ma insieme all’attestato di una sincerissima devozione la preghiera medesima, onde nelle sue sante orazioni e sacrifici abbia presente Il Suo Aff.mo, ed Obb.mo Figlio P.te Giuseppe Marinoni Milano li 27 Apr. 1853 Segretario di mons. Romilli, arcivescovo di Milano Ma le parole del Papa, non prive di qualche richiamo amaro, non soddisfano tutti e del tutto, come si può capire da quanto dice don Carlo Candiani, segretario dell’arcivescovo Romilli, e dall’accenno dello stesso M. ad una nuova considerazione su ciò che sia meglio fare, dopo aver sentito anche i tre oblati del Collegio di Rho nominati nella lettera. La questione non è ancora risolta. 2 3 100 All’amabilissimo Suo Segretario tanti saluti e rispetti da parte di tutti. All’Ill.mo e R.mo Monsignore Monsignor Angelo Ramazzotti Degnissimo Vescovo di Pavia 101 30. A P. COLIN 15 maggio 1853 M. chiede consigli sulla missione d’Oceania mirando ad una seconda spedizione Reverendissimo Padre1 Voglio ben sperare che la sua salute sia ora perfettamente ristabilita, e che i suoi amabili figli gioiranno di vedere il loro Padre ripieno un’altra volta di quel vigore e di quella vivacità per cui è l’anima di tutta la santa Società di Maria. Vogliamo proprio condividere la loro gioia, perché noi pure siamo bambini novelli, che la Provvidenza le ha dato da allevare e dirigere con la sua bontà e saggezza. Abbiamo ricevuto in questi giorni notizie molto consolanti dall’Oceania. Quanto siamo debitori ai suoi eccellenti Missionari di tutto ciò che fanno per i nostri! Ora, è a lei, mio Padre, che rimettono la decisione per l’avvenire. Riceverò con piacere tutto ciò che crederà bene di determinare al riguardo, pregandola di darmi tutti quei consigli e quei lumi che le sembreranno condurre al bene di quelle povere missioni. Mi scrivono che sarebbe meglio stabilire i Missionari in parecchie isole; perché fanno notare che, essendo quei popoli all’infimo gradino di abbrutimento, non c’è da credere che la conversione d’un’isola trascini la conversione delle altre, ma pensano 1 In AME 05, pp. 739-740, originale francese. M. trasmette al superiore dei maristi notizie ricevute dall’Oceania, alcune proposte dei missionari per l’opera di evangelizzazione e il suggerimento del marista Thomassin circa una nuova spedizione, su cui Marinoni domanda consiglio. Egli ancora non ha dubbi su un secondo invio e dice di aver già interpellato al riguardo Propaganda. In verità alle ragioni e rinnovate sollecitazioni di M., Propaganda risponde sempre che non è opportuno finché non si è sicuri che la missione d’Oceania è ben avviata e fa intendere pure che occorre prima chiarire del tutto la questione sulla natura dell’Istituto. 102 che sarà necessario fare in ogni paese la stessa fatica, gli stessi esercizi per dissodare il terreno, e che per questo è molto importante affrettarsi a prendere posti diversi, distribuendo i Missionari in piccoli gruppi che nel medesimo tempo lavorino per civilizzare e convertire i popoli. Il P. Thomassin suggeriva di tentare, se si farà la nuova spedizione dei Missionari, le isole Massimmes2 (oppure la Nuova Georgia, dove c’è molto da sperare per le disposizioni degli abitanti). Ma aspetto il suo consiglio. Ho scritto alla Congregazione di Propaganda per interpellarla sull’opportunità d’inviare subito dei Missionari, che potrebbero ancora arrivare a Sydney in settembre e partire nella stessa stagione dei Missionari dell’anno scorso. Si degni pure di dirmi il suo pensiero a questo riguardo. La prego di gradire l’assicurazione del profondo rispetto con cui ho l’onore di essere, mio Padre Reverendissimo, Suo umilissimo e obedientissimo Servitore Giuseppe Marinoni Superiore del Seminario delle M. E. Milano il 15 maggio 1853 2 Corrisponde all’area culturale denominata in inglese Massim, che abbraccia l’arcipelago situato ad est della Papua Nuova Guinea comprendente anche le isole di Woodlark e Rook. Il nome trae origine dall’isola Misima, diventata famosa ai primi dell’Ottocento per la scoperta di molti filoni auriferi. 103 31. A MONS. RAMAZZOTTI 21 maggio 1853 lo prega di dire una buona parola agli alunni disorientati per la questione con Roma Monsignore Ill.mo e R.mo1 La fermezza, con cui la Signoria Vostra Ill.ma e R.ma persevera nel ritenere come irregolare la posizione dei nostri Missionari in faccia a Roma, anche dopo le ultime dichiarazioni del S. Padre comunicatemi per mezzo dell’E.mo Card. Fransoni, commuove vivamente me e tutti questi alunni. Nessuno vuol partire per le Missioni se non con le benedizioni sincere e spontanee dei Superiori e con i ben fondati presagi dell’assistenza celeste. Ho perciò creduto opportuno raccogliere distintamente i loro sentimenti per trasmetterli e sottoporli alla saviezza di V. S. R.ma, 1 In AME 05, pp. 741-742. Fin dalle prime parole questa lettera rivela che si è giunti a un punto cruciale. Il fondatore Ramazzotti non mette in dubbio la legittimità dell’Istituto e della prima missione, ma vede negli alunni e in Marinoni stesso una certa resistenza all’idea di cambiare la fisionomia del seminario assecondando il Papa, mentre M. pensa che alcune espressioni del S. Padre al riguardo restano vaghe e isolate e non significano una precisa volontà, tanto più che Pio IX conosce bene la natura e lo scopo dell’istituzione lombarda (TRAGELLA, I, p. 135). Certo, tutti e due vogliono ubbidire al Pontefice, e così gli alunni con qualche distinguo nella valutazione del problema, avendo presente pure la specifica vocazione che li ha portati a S. Calocero. Quanto poi stessero a cuore ad ambedue queste vocazioni, lo si può dedurre dal caso del coscritto Ceriani riferito dopo; questi potrebbe evitare il servizio militare se si trovasse il denaro necessario per pagare chi lo sostituisca, ciò che la legge ammetteva. Così per Ripamonti. I due potrebbero ricavare i soldi per il sostituto lavorando nell’orfanotrofio: ma che ne direbbero i parenti dei giovani? Ad ogni modo, Marinoni è in pena e si affida a Monsignore supplicandolo di rompere il suo silenzio. 104 ond’Ella, conosciuto appieno lo stato degli animi, si degni nella sua alta prudenza e bontà indicare il miglior mezzo per cavarli da così penose incertezze e assicurarli del divino favore. Non li abbandoni, Monsignore, in tanto bisogno, e riguardi con occhio benigno l’arduo sacrificio che dietro l’impulso lor dato da Vostra Sig.a R.ma stanno per compiere per la maggior gloria di Dio e per la salvezza dei più abbandonati tra i loro fratelli. Io ho già partecipato a Roma le ultime notizie dell’Oceania ed ho interpellato la S. Congregazione di Propaganda sull’opportunità di una prossima spedizione. Importa assaissimo di giungere in tempo ad ottenere più ampie e tranquillizzanti dichiarazioni. Quanto al Coscritto Ceriani, ho creduto bene di fargli contrarre un mutuo di 1700 Lire Austriache che unite ai soccorsi di pii benefattori salderanno l’importo di un supplente. Egli si metterà al servizio graziosamente offertogli da V. S. Ill.ma, e spero che presto compenserà il suo debito. Il Sig. Ripamonti non crede opportuno di approfittare dell’opera dei giovani dell’Oratorio, che non si potrebbe prestare senza malcontento dei congiunti. Io vorrei pregare V. S. R.ma di fare un attestato di raccomandazione al detto giovane da potersi unire alla supplica da presentarsi al Generale Commando Militare di Verona. Anzi se V. S. R.ma volesse scrivere pure a me una lettera commendatizia, in cui mi esprimesse quanto caro gli sarebbe che io trovassi modo di esimere dal servizio il detto Coscritto per il bene che può fare, per la rara pietà che lo distingue etc., e come Ella gli offre perciò mezzo di poter lavorare, sorvegliare gli orfanelli etc. finché abbia compensato il suo debito, questa mi riuscirebbe utilissima con qualche persona. Quest’inverno il taglio dei boschi, se V. S. R.ma lo crederà, sarà pure una bella via di guadagno e credo che allora non vi sarà difficoltà anche da parte dei giovani dell’Oratorio. Io aspettavo in questi giorni qualche risposta ad una mia, perché quantunque il buon P. Taglioretti si sia adoperato e non senza frutto per calmarmi nelle mie angustie, il silenzio di Monsignore mi pesa assai. Io rimetto pertanto la causa mia e di tutto l’Istituto nelle mani di Lei e attendo con fiducia le sue disposizioni. Invochi la prego sopra questa piccola comunità da Lei stes105 so adunata le grazie dello Spirito Santo, ma specialmente su chi ne prova più di tutti la necessità, sul Suo Obb.mo ed Aff.mo Figlio P.te Giuseppe Marinoni Milano li 21 Maggio 1853 106 32. A MONS. RAMAZZOTTI 23 maggio 1853 i vescovi istitutori hanno il diritto di far dell’Istituto ciò che credono più opportuno Monsignore Ill.mo e R.mo!1 Se nell’ultima mia non ho fatto cenno di D. Francesco Pozzi, è a causa della sua assenza. Lo scritto, a cui allude il Robbioni era fatto in nome di tre alunni cioè il medesimo Robbioni, il Pozzi, il De Conti. Non l’ho alla mano al presente. Mi prendo la libertà di includerle questa lettera di D. Alessandro, solo per presentarle meglio lo stato degli animi, come ancora le unisco la lettera del P. Taglioretti a cui allude il Sig. Ripamonti. Sul giovane di cui parla qui D. Alessandro, il Ceriani le dirà qualche cosa, e io appurerò meglio i fatti per mezzo di D. Alessandro medesimo. Non sarebbe possibile, Monsignore, che Ella anticipasse al Ceriani2 una parte almeno della somma, perché non trovo al momento chi me la presti, e sarei costretto a ricorrere alla nostra Cassa di cui le ho già esposto il genuino stato? Se Ella mi desse almeno un 500 Lire Austriache, altre cinque o seicento saranno trovate in elemosine, e altre mille lire si prenderanno in mutuo. Le unisco queste lettere, che spero le torneranno care. Io le confesso con sincerità, non faccio che pregare la bontà di Dio ad aver pietà delle nostre tribulazioni. Il Sig. Tacconi anch’egli sti1 In AME 05, pp. 743-744. M., che nella precedente lettera ha riferito “distintamente”a Ramazzotti i pensieri degli alunni sulla questione tra l’Istituto e Roma, fa alcune precisazioni in merito, e trasmette per ulteriore conoscenza le lettere di Alessandro Ripamonti, economo di S. Calocero, e di Taglioretti, nonché, più avanti, il parere del direttore spirituale del seminario diocesano di Milano, Tacconi. Tutti aspettano un intervento del Fondatore e dei vescovi istitutori. E ancora una volta Marinoni spiega quale sia il timore vero degli alunni. Lo scritto richiede un’attenta lettura per evitare fraintendimenti. 2 Vedere Lettera precedente. 107 ma necessaria, indispensabile una parola di assicurazione agli alunni. Nel caso che V. S. R.ma voglia trattare le cose con Roma, mi pare che senza ricorrere ad una protesta degli alunni per non introdurre tra di essi divisione, sia in tutto diritto dei Vescovi Istitutori di far dell’Istituto ciò che stimano più opportuno solo prevenendo poi gli alunni di quanto verrà determinato, onde ciascuno in seguito o vi si conformi, oppure conosca di non essere chiamato a farvi parte. Questo è riconosciuto da tutti, anche da quelli che sono i più contrari. L’unico loro timore è per la loro sorte individuale; ma per l’Istituto, benché credano un gran danno il farlo, confessano che questa decisione non appartiene ad essi, che è in pieno potere dei Vescovi i quali lo hanno creato e lo reggono, di dargli quella forma, che sembra loro più conveniente. Le accludo ancora il progetto, che si era fatto col P. Taglioretti prima che venissero le dichiarazioni di Roma, onde meglio si veda la delicatezza, con cui andrebbe trattato questo punto. Certo che importa assai non solo per adesso, ma per sempre, di determinare la linea di condotta, ovviare i turbamenti di spirito, essere in pieno accordo con Roma. Gradisca l’attestato del mio profondo rispetto e mi creda qual mi protesto nel chiedergli con affetto la sua pastorale benedizione Di V. S. Ill.ma e R.ma U.mo e D.mo Servo e Figlio P.te Giuseppe Marinoni Milano li 23 Maggio 1853 108 33. A MONS. RAMAZZOTTI 25 maggio 1853 la questione con Roma esige ormai una sollecita risoluzione Monsignore Ill.mo e R.mo1 Essendo da una parte troppo penosa la presente situazione degli alunni, specialmente di quelli che sono più prossimi alla partenza, e non apparendo dall’altra alcun dubbio sulle intenzioni di S. E. R.ma Mons. Arcivescovo di Milano pienamente conformi a quelle di V. S. R.ma, tutti questi Missionari, nell’atto di ringraziarla per la bontà con cui Ella si offre pronto a far tutto in favor loro e dell’Istituto, la pregherebbero a non metter ritardo alcuno per ottenere la più sollecita risoluzione delle presenti incertezze; tanto più che l’arrivo di S. E. R.ma sarà differito fin verso la metà del mese venturo e forse ancor più. Si raccomanderebbero pertanto che per via di lettera umiliata a S. Beatitudine da S. E. R.ma e da V. S. la cosa fosse nel più breve termine definita a tranquillità delle coscienze ed assicurazione delle celesti benedizioni. Quanto all’altro punto relativo al sottoscritto, mentre la ringrazio dei conforti che mi porge specialmente coll’assicurarmi della divina vocazione, la prego però a farne argomento di mature considerazioni e fervorose preghiere, perché io possa corrispondere agli obblighi assunti, e l’Istituto non abbia a risentire In AME 05, p. 747. M. sollecita l’intervento di mons. Ramazzotti e, per affrettare i tempi, suggerisce l’invio al Santo Padre di una lettera a firma dell’arcivescovo di Milano e sua. Il punto relativo al Marinoni stesso, di cui parla nel secondo paragafro, sta nel fatto che M., senza voler dare le dimissioni, aveva messo “la sua persona e il seminario a piena disposizione del Fondatore” (TRAGELLA, I, p. 135): un atteggiamento che mantiene anche dopo la risposta rassicurante di Ramazzotti. 1 109 nocumento dalla mancanza di quei provvedimenti che anche senza mutare la persona potrebbero essere trovati necessari al retto procedere delle cose. Le invio le 20 copie da V. S. R.ma desiderate domandandole perdono di non avergliene mandate di più da me stesso, perché mi trovo veramente agli ultimi avanzi, tanta è stata la ricerca. Riguardo al Ceriani2 bramerei che il Sig. De Luca facesse un calcolo approssimativo di ciò che egli potrà guadagnare all’anno col favore di V. S. R.ma, onde regolarmi nel tempo che deve durare il mutuo. Col cuore di un figlio verso un Padre amoroso le chiedo umilmente la sua Santa benedizione pregandola a perdonarmi mille spropositi e a ritenermi qual mi protesto U.mo e D.mo Servitore P.te Giuseppe Marinoni Milano li 25 Maggio 1853 2 110 Per questo caso si vedano le due Lettere precedenti. 34. A MONS. RAMAZZOTTI giugno 1853 Taglioretti sta preparando un’esposizione della questione da discutere in un incontro Monsignore Ill.mo e R.mo1 Inerendo alle parole da lei ripetute che è piuttosto un dovere che un diritto degli inferiori presentare ai Superiori tutto quello che essi credono possa servire di illustrazione sopra un punto di cui si aspetta ossequiosamente la decisione, il P. Taglioretti pregato da noi starebbe preparando una semplice ma completa esposizione di quanto riguarda la questione ora pendente con Roma; terminata la quale esposizione, se V. S. Ill.ma e R.ma lo credesse opportuno, verremmo io e il medesimo P. Taglioretti a Pavia in quel giorno che a Lei sembrerà più conveniente per trattarne di proposito, e finire questo stato di sospensione penosa. La pregherei perciò a volerci indicare se approva il pensiero di questa nostra gita, e in qual giorno potremmo trovare meno occupata la Signoria V. R.ma, o almeno in qual parte del giorno medesimo ci potrebbe ascoltare con più grazia. Il Missionario D. Francesco Pozzi dietro mio invito le scrive questa lettera, che le accludo. Troverà pure acclusa una lettera del P. Colin. 1 In AME 05, p. 751. Taglioretti aveva già tenuto a S. Calocero, il 18 maggio, una riunione degli alunni, che si era conclusa con la risoluzione di aderire al pensiero di mons. Ramazzotti. Ora, su richiesta di Marinoni, prepara una relazione completa sulla questione con Roma, in vista di presentarla al vescovo assieme a M. stesso. Si noti, in fondo alla lettera, l’informazione sulla disponibilità di Limana e Barbero. 111 Perdoni i tanti disturbi che le vado rinnovando, e benedica da Padre chi le si protesta con profonda venerazione U.mo e D.mo Figlio P.te Giuseppe Marinoni I novizi D. Luigi Limana e D. Domenico Barbero sono disposti ad andare dovunque in Missione a beneplacito dei Superiori. 112 35. SINTESI DI MARINONI giugno 1853 punti emersi nella riunione del 2 giugno a Rho Articoli risultati dalle Conferenze del giorno 2 Giugno 18531 1° La piena dipendenza che il Seminario delle Estere Missioni deve avere per mezzo dei Vescovi suoi Istitutori dal Sommo Pontefice viene dichiarata a pag. 14 della Proposta: Ordinamento e dipendenze esterne dell’Istituto. N. 1. “L’Istituto dipende in primo luogo e di sua natura deve essere interamente ed assolutamente subordinato al Sommo Pontefice ed alla S. Congregazione di Propaganda; di là ha ricevuto e riceverà le facoltà opportune, di là aspetta l’ultima e definitiva sanzione di un regolamento, di là la designazione di una particolare missione, e la patente per ciascuno dei Missionari”. 1 In AME 03, p. 401. Il 2 giugno 1853, presso il Collegio degli oblati di Rho, si tiene una riunione decisiva sulla questione con Roma, con la partecipazione di mons. Ramazzotti, Marinoni, Bolis e i tre padri di Rho, Fornaroli, Ravizza e Taglioretti. Si esaminano carte e documenti riguardanti la nascita e il cammino dell’Istituto e si raggiungono alcune conclusioni, di cui M. dà qui una sua sintesi. Una lettura attenta convince che i punti elencati costituiscono una base chiara e solida per pervenire alla soluzione della questione. L’Istituto ha identità e finalità proprie, ma resta aperto al volere del Sommo Pontefice, che spetta ai vescovi istitutori verificare e manifestare; eventuali mutamenti devono tener conto degli alunni entrati con diverse convinzioni. Curioso osservare che una comunicazione sui risultati della riunione fatta da Ramazzotti all’arcivescovo Romilli (TRAGELLA, I, pp. 138-139) sia un po’ diversa e metta di più l’accento sulla conferma di Roma della natura dell’Istituto e della scelta della missione dell’Oceania. Ad ogni modo, tutti ora intendono affrettare i passi necessari per arrivare ad una definitiva autorevole soluzione. 113 N. 2. “Ma tutte queste relazioni col Sommo Pontefice e con la S. Congregazione di Propaganda la nostra Casa delle Missioni le manterrà, come finora ha fatto, per mezzo dell’Arcivescovo di Milano e dei suoi Suffraganei da lui rappresentati”. 2° Il detto Seminario (come risulta dalla Proposta subordinata però sempre alla sovrana sanzione del Sommo Pontefice) si propone per suo principale ufficio non solo di provare la vocazione degli alunni, e coltivarne le disposizioni, ma anche di prestar loro perpetua assistenza coll’ottener loro la designazione di una o più speciali missioni, in cui godano i vantaggi dell’unione tra di essi e con la Casa Madre. 3° Le ultime parole del S. Padre hanno sollevato un dubbio su questo ultimo punto, dubbio che toccando un punto cardinale (sempre però a norma e con le limitazioni della suddetta Proposta) dell’Istituto non può essere risolto se non da parte dei R.mi Vescovi Istitutori, ai quali spetta l’esplorare e manifestare agli alunni la mente e il volere del Sommo Pontefice. 4° Le conseguenze di questa interpellazione, potendo importare una notevole mutazione nelle norme finora seguite, si dovranno usare con tutti i riguardi a quegli alunni che fossero entrati con diverse convinzioni. 5° L’ossequiosa interpellazione della volontà del Sommo Pontefice, essendo di tanta importanza per l’Istituto, sarebbe da desiderare che fosse fatta non per lettera ma a voce da persona con autorità, con cognizione, con affetto per l’Istituto. 6° Gli alunni sia per la pace delle loro coscienze, sia per il bene dell’istituto dovrebbero pregare istantemente l’Ill.mo e R.mo Mons. Ramazzotti Vescovo di Pavia di promuove- 114 re prima presso S. E. R.ma Mons. Arcivescovo di Milano, e gli altri R.mi Vescovi Comprovinciali, poi presso il Sommo Pontefice, la risoluzione di questo dubbio. 7° Il R.mo Prelato per quell’amore che porta all’Istituto sarebbe pronto a recarsi quanto prima a Roma non senza suo notevole incomodo, onde por termine a queste penose incertezze, tranquillizzare i cuori e assicurare le celesti benedizioni su tutta la Casa e le sue intraprese. 115 36. A MONS. RAMAZZOTTI 6 giugno 1853 M. trasmette una lettera di Propaganda che dice di attendere per un altro invio Monsignore Ill.mo e R.mo1 Arrivo in questo momento a casa e trovo la lettera dell’Em. Card. Fransoni, di cui eccole copia. “M. R.do Signore. La sua dell’11 decorso Maggio e l’acclusa del buon P. Reina mi furono graditissime, recandomi consolanti notizie dell’arrivo in Rook dell’encomiato Prefetto e suoi collaboratori, nonchè le disposizioni che d’accordo e coll’assistenza di quei PP. Maristi andavano a prendere per il primo impianto della Missione. Avendo, non è molto, dato altro riscontro al ricordato Prefetto, mi favorirà Ella assicurarlo in mio nome del ricevimento e gradimento della suddetta sua lettera, partecipandogli in pari tempo la fiducia che nutro nel Signore di avere ben presto ulteriori notizie della loro sistemazione positiva nei divisati luoghi centrali stabiliti, e che sono già in grado d’incominciare da per sé le operazioni, onde possa esser tranquillo sul felice esito della seconda spedizione, della quale potrà trattarsi al giungere di questi rassicuranti ragguagli. Intanto rilevo con piacere che il Seminario abbia fatto acquisto di altri degni e ben zelanti Sacerdoti, a qualcuno dei quali prudentemente e per età e per 1 In AME 05, p. 753. M. invia copia d’una lettera ricevuta da Propaganda, aggiungendo di non voler fare commenti, ma certo gli deve pesare che si debbano attendere ulteriori notizie dall’Oceania per fare una seconda spedizione, come Propaganda ha già detto altre volte (cfr. Lettera 30). Quanto al giovane di cui parla senza nominarlo, si veda la lettera seguente. Salvioni (1824-1859) è segretario di mons. Ramazzotti (COLOMBO, Un Pastore ... Lettere, cfr. indice dei nomi). 116 saggezza Ella propone di affidare a suo tempo la direzione del citato secondo drappello. Debbo infine renderle affettuose grazie per l’interesse che prese nell’udire la mia infermità, da cui piacque al Signore liberarmi, ed attendendo i successivi già sopra ricordati rapporti della diletta missione prego il Signore che le conceda ogni bene. Roma dalla Propaganda li 2 Giugno 1853 Al piacere di V. S. G. F. Card. Fransoni Prefetto Alessandro Barnabò Segretario” Ho domandato del giovane di cui le preme aver notizie, so che abita ai Tre Re, ma nessuno dei Missionari lo ha conosciuto se non nell’atto che venne qui per parlar con V. S. Ill.ma e R.ma. Io andrò dal Prevosto di S. Satiro a domandare con tutta cautela le richieste informazioni. Non aggiungo commenti alla lettera dell’Em. Card. Fransoni per non perder tempo e inviarle subito questa mia con i più affettuosi ossequi e ringraziamenti, pregandola di riverirmi il carissimo Salvioni e l’ottimo Sig. De Luca Di V. S. Ill.ma e R.ma U.mo e D.mo Figlio P.te G. Marinoni Milano il 6 Giugno 1853 117 37. A MONS. RAMAZZOTTI 9 giugno 1853 manda una dichiarazione di fedeltà e disponibilità al Papa firmata dagli alunni Monsignore Ill.mo e R.mo1 Ho creduto bene di stendere io stesso la dichiarazione, che V. S. R.ma desiderava dagli aspiranti alle Missioni, la lessi loro, la gradirono e tutti concordemente la sottoscrissero. La troverà qui unita assieme alla lettera di D. Francesco Pozzi, che supplirà con questa alla sua assenza. La lettera dell’E.mo Card. Fransoni e specialmente le parole relative alla seconda spedizione "della quale potrà trattarsi" parole sovraposte ad altre cancellate “la quale avrà luogo”, danno a temere un ben lungo ritardo o fanno supporre nella S. Congregazione l’intenzione di prevalersi dei Missionari già pronti per altre Missioni. Nell’uno e nell’altro caso ci sembra importante l’uscire dalle incertezze per poter avere una norma nel modo di comportarsi con i numerosi aspiranti che già domandano l’ammissione, nel modo pure di accettare e preparare i Catechisti, nel rispondere alle continue domande del quando avrà luogo la spedizione, domande che non appagate fanno sospettare molto, appagate pure suscitano il desiderio di penetrare le ragioni del ritardo. Il Prevosto di S. Satiro mi ha promesso pronte e coscienziose informazioni sul giovane De Giorgi abitante in Via dei Tre Alber1 In AME 05, p. 755. La dichiarazione composta da M., firmata dagli alunni e inviata a Ramazzotti è un primo necessario passo; in forma definitiva sarà consegnata al Papa in settembre (Lettera 44). Francesco Pozzi (1828-1905) sarà missionario in India (Hyderabad, 1855), poi Prefetto Apostolico del Bengala Centrale (1879) e primo vescovo di Krishnagar (1887). Per Ceriani si veda la Lettera 31 e seguenti. Non sfugga la frase finale sulla preghiera. 118 ghi N. 4091 3° piano verso strada, impiegato nel Negozio Binda. Appena le avrò ottenute mi darò premura di trasmettergliele. Troverà qui la lettera e le osservazioni del P. Taglioretti. Vorrei pregarla a mandarmi per mezzo di D. Federico Salvioni copia della lettera da lei preparata per l’Arcivescovo. Servirà moltissimo a conciliarle tutti i cuori e a dissipare ogni vago timore. Se mai Ella desiderasse che la dichiarazione degli alunni fosse fatta in modo da esser presentata a S. E. R.ma Mons. Arcivescovo e agli altri Vescovi con termini più generali, non ha che a significarmelo, ma mi pare che questo, ove non le apparisca necessario, sia meglio risparmiarlo per non rifriggere un argomento già tanto discusso. Spero nuovi soccorsi per il buon Ceriani ... In questo momento giunge D. Francesco Pozzi, onde anch’egli si firma con gli altri: tuttavia le unisco ancora la lettera, perché esprime meglio il sentimento di quelli, che senza mancare per nulla all’obbedienza, conoscono di fare un gran sacrificio. Ogni giorno vado sempre più accorgendomi del bisogno di fare orazione e farla fare per me e per tutti questi carissimi figliuoli, che le si raccomandano insieme al Suo U.mo e D.mo Figlio P.te Giuseppe Marinoni Milano li 9 Giugno 1853 119 38. A MONS. RAMAZZOTTI 13 giugno 1853 parla delle reazioni positive alla supplica Monsignore Ill.mo e R.mo1 Scrissi al Sig. Ripamonti in proposito dell’affitto di Saronno: ecco quant’egli presenterebbe a Vostra Eccellenza Ill.ma e R.ma, come progetto del detto affitto. Pare che siano prevedute ed eliminate le più gravi difficoltà, che si offrivano per parte degli orfanelli, della conservazione degli arnesi etc. Riguardo alla supplica che io le ho mandata sottoscritta dai nostri Missionari, il P. Taglioretti l’ha molto approvata; il Sig. Ripamonti mi scrive: “Approvo interamente la supplica per Monsignore, siamo in buone mani, io che lo conosco posso assicurare che non vuole esser legato nelle cose, ma che poi fa molto di più di quello che sembra promettere”. Il Sig. Tacconi mi ha scritto l’accluso biglietto. Le unisco pure il giudizio dell’ottimo Direttore spirituale del Seminario di Lodi D. Domenico Gelmini, al quale fu comunicata la cosa a mia insaputa, e che mi scrive come se io stesso gli avessi domandato il suo sentimento. Ieri 1 In AME 05, p. 759. M. gode di poter dire che la dichiarazione o supplica, di cui alla lettera precedente, raccoglie consensi autorevoli; che Bertinelli, canonico e vicerettore della Sapienza di Roma, trasmette buone impressioni da parte del card. Fransoni sui missionari dell’Oceania; ma è spiacente che non si possa riscuotere, per ostacoli dell’autorità governative, il legato della Dama della Guastalla Nortburga Meda, nonostante che si siano adempiute tutte le condizioni stabilite dalla legge, e pensa di parlarne all’arcivescovo di Vienna di passaggio e sentire il parere di d. Luigi Speroni (1804-1855), fondatore del Buon Pastore a Milano (Dizionario, VI, pp. 3514-3515). Tuttavia, il grand’affare del momento resta sempre la composizione della vertenza con Roma, circa la quale M. riferisce pure il pensiero di Tacconi, il direttore spirituale del seminario arcivescovile. 120 il Sig. D. Giuseppe Prada mi lesse un tratto di lettera direttagli dal Sig. Canonico Bertinelli in data 7 Giugno corrente ed è il seguente: “Vi prego di salutarmi tanto il Sig. D. G. Marinoni, e dirgli che il Cardinale (Fransoni) prima delle lettere, che furono stampate, dei suoi Missionari, aveva già ricevuto assai buone notizie, e che si spera che i Milanesi raccoglieranno copiosi frutti da quella che fu finora ingrata Missione. Il Cardinale ne ha tutto l’impegno ed ascolta con molta consolazione le belle lettere degli Apostoli Milanesi”. Il Canonico Bertinelli frequenta la conversazione dell’E.mo Fransoni assaissimo, e suole leggergli egli stesso le lettere delle diverse Missioni. Quanto al legato di Dama Nortburga Meda, mi spiace della risposta poco, ossia per nulla soddisfacente. Non saprei se tornerebbe conto approffittare della presenza di S. E. R.ma Mons. Arcivescovo di Vienna e presentare quanto sia cosa sconveniente che, dopo aver pagate le tasse come legatari (le ha pagate Dama Giulia Porta per noi), non si abbia modo di ottenere il legato. Chi prende, ha obbligo ancora di proteggere la proprietà donde prende. Sentirò ancora il parere di D. Luigi Speroni appena ritornerà a Milano. La prego di voler partecipare i nostri ossequi al Sig. Segretario e al Sig. De Luca, a cui devo dire che il Sig. Baj non si è ancora presentato (vuol venire egli stesso da me), onde non posso ancora mandargli la ricevuta degli interessi scaduti. Implori e diffonda la Benedizione del Cielo su tutti questi suoi devotissimi figli e specialmente sull’ultimo di essi L’Aff.mo ed Obb.mo P.te Giuseppe Marinoni Milano, il 13 Giugno 1853. P. S. Per non accrescere il volume, trascrivo il biglietto del Sig. Tacconi a me diretto. Carissimo. L’acclusa supplica raccoglie e compendia i veri voti espressi sempre dai buoni Missionari. Io spero che questa 121 varrà la pace e la fiduciosa aspettativa dell’esito di tante trattative. Mi consolo e sento, come non dubito sentiranno tutti, che non resta se non il bisogno di unanime orazione e la disposizione generosa al Fiat voluntas tua. Addio di cuore. Tuo Aff.mo Tacconi Dal Seminario 10 Giugno 1853 122 39. A D. CARLO CANDIANI giugno 1853(?) si rammarica perché gli sembra che manchi ancora un’intesa completa Carissimo e Rev.mo mio D. Carlo1 Nell’atto in cui mi metto a rispondere alla gentilissima tua del 16 corrente mi sopraggiunge l’altra del 18, che mi mortifica, a dir il vero, un poco per una colpa non mia (l’inciso della lettera a te relativo essendo seguito da molti saluti a varie ragguardevoli persone, alle quali pur conveniva comunicarli, è stato levato da chi credette, e pur v’era una ragione grande d’eccezione, di ometterli tutti e non suscitare la gelosia di alcuno), e mi lascia ancora in cuore una spina ben acuta, un resto di sinistra impressione nell’animo di S. E. R.ma, come v’è parimenti in quello del R.mo Mons. Ramazzotti. Io prego Dio, e faccio pregar da tutti perché si degni consolarci con una piena abnegazione da parte degli alunni ed una piena approvazione da parte dei Superiori. Il Signore per quella sua bontà senza limiti avrà, io spero, pietà di noi, ascolterà il nostro gemito, e ci assicurerà della sua 1 In AME 05, p. 763. Questa lettera al segretario di mons. Romilli, che non porta data, è stata collocata qui seguendo l’ordine di disposizione dei documenti nel volume relativo dell’archivio, ma dal contenuto dovrebbe forse venir prima della riunione del 2 giugno di cui al n. 35. M. è amareggiato dalle posizioni negative dell’arcivescovo Romilli e di mons. Ramazzotti anche dopo le lettere di Propaganda che prendono atto delle buone notizie giunte dall’Oceania (v. Lettere 36 e 38), benché non autorizzino una seconda spedizione, e dopo le espressioni di Pio IX sull’Istituto e la sua prima missione (Lettera 29, nota 1). Sembra che si torni al clima dell’aprile precedente (Lettere 28 e 29), mentre dopo l’incontro del 2 giugno si va delineando una via di soluzione soddisfacente per tutti. Ad ogni modo viene in evidenza ancora una volta la complessità e spinosità della questione, con la conseguente difficoltà di conciliare i diversi punti di vista. 123 paterna assistenza. Qui me misit mecum est [Colui che mi ha mandato è con me], possano dire tutti i Missionari, et non relinquet me solum, quia ego quæ placita sunt ei facio semper [e non mi ha lasciato solo, poiché io faccio sempre le cose che gli sono gradite, Gv 8,39]. Quanto a me in particolare avrei creduto che le ultime dichiarazioni di Roma potessero bastare, ma vedendo S. E. R.ma e Mons. Ramazzotti non appieno persuasi, e d’altra parte riconoscendo che qualcuno ancora degli alunni non crede di fare una intera offerta di sé al Vicario di G. C. per qualsiasi Missione parendogli che ciò cambi l’indole dell’Istituto e che le attitudini richieste in un Missionario per l’Oceania non bastano ad esporre un soggetto all’eventualità di qualunque missione, non so che dire: vorrei poter indurre ad un olocausto perfetto, ma trovando una resistenza di ragioni e di autorità rispettabili, né potendo provare un obbligo deciso ed evidente, me ne trattengo. 124 40. A MONS. RAMAZZOTTI 22 giugno 1853 gli alunni apprezzano molto le lettere dei vescovi istitutori Monsignore Ill.mo e R.mo!1 Nel renderle coi dovuti ringraziamenti queste bellissime lettere dei R.mi Vescovi di Lombardia, che sono state da me lette ai nostri buoni Missionari subito dopo il mio arrivo, con quelle osservazioni che V. S. Ill.ma e R.ma desiderava, torno ad assicurarla della piena disposizione di tutta la Comunità a sottomettersi senza riserva alcuna ai desideri del Vicario di Gesù Cristo, chiara manifestazione della volontà di Dio e pegni della celeste benedizione. Se essi già erano pronti, ora lo sono più che mai per il concorde sentimento dei loro venerabili Istitutori. La prego di riverirmi distintamente il gentilissimo Ingegnere suo fratello e l’ottimo Segretario nell’atto che penetrato dalla più sincera venerazione domando la sua paterna benedizione per questi alunni e per Il Suo U.mo, D.mo, Ob.mo Servo P.te G. Marinoni Milano li 22 Giugno 1853 All’Ill.mo e R.mo Monsignor Vescovo di Pavia 1 In AME 05, p. 765. Dopo le conclusioni della riunione del 2 giugno, mons. Ramazzotti se ne fa portavoce presso i vescovi lombardi, chiedendo loro se hanno osservazioni da fare e ritengono conveniente che egli vada a Roma per una chiarificazione definitiva. I vescovi approvano e scrivono agli alunni, i quali apprezzano tanto le loro lettere che M. può assicurare Ramazzotti “della piena disposizione di tutta la Comunità a sottomettersi senza riserva alcuna ai desideri del Vicario di Gesù Cristo”. 125 41. APPUNTI DI MARINONI - I settembre 1853 sul viaggio a Roma di mons. Ramazzotti1 I motivi dell’andata dell’Ill.mo e R.mo Mons. Ramazzotti a Roma, considerata in rapporto all’Istituto delle Estere Missioni di cui graziosamente assumerebbe la causa, sembrano essere i seguenti. 1° Togliere dall’animo del S. Padre qualsiasi sinistra prevenzione sul conto dei Missionari già partiti e degli altri che si dispongono a partire assicurandolo della loro piena sottommissione. 2° Dimostrare la somma convenienza di continuare nella via già abbracciata per ciò che riguarda la designazione della Missione. 1 In AME 03, p. 365 ss. In attesa del viaggio di Ramazzotti a Roma, M. riflette per iscritto sui motivi e gli obiettivi che raggruppa in quattro punti. È una prova di quanto e come egli segue la vicenda e della visione che ne ha. Appunti sì, ma preziosi per capire la serietà e l’amore con cui prendeva a cuore il seminario e le persone ad esso legate. Qualche osservazione ai vari punti. I: nel periodo conclusivo M. sottolinea con forza la vera ragione per cui esiste l’Istituto. II: il filo rosso che unisce le varie affermazioni è la “Missione unita”, “dove i Missionari sono congiunti fra di loro e con la Casa donde partono, in vincolo di famiglia”; da questo derivano tutti i frutti della missione, come vengono i grandi danni dall’abbandonare la missione incominciata. III: i desideri del Papa saranno meglio adempiuti conservando all’Istituto la sua indole, pur concedendo missionari per bisogni particolari di altri luoghi, come di fatto avverrà per Cartagena; ma M. osserva che per questo aiuto basterebbe un cenno del Santo Padre ai vescovi più forniti di clero (un anticipo dell’idea dei preti Fidei donum). IV: il risultato della missione a Roma di Ramazzotti è di chiarire il caso perché non si ripeta e si affermi la convinzione che tra Propaganda e i missionari di S. Calocero c’è “la più perfetta intesa”. 126 3° Suggerire quale sembri essere il miglior mezzo per assecondare le brame del S. Padre relative ai bisogni di altre Missioni. 4° Ottenere delle norme stabili per l’avvenire. I Togliere dall’animo del S. Padre ogni sinistra prevenzione sui Missionari in esercizio e in casa. A ciò gioveranno: 1° Le lettere originali di D. Paolo Reina e di D. Carlo Salerio scritte nel momento a persone di loro piena confidenza; 2° L’esposizione genuina del fatto. La Missione dell’Oceania era già stata formalmente domandata e ottenuta per mezzo dei Vescovi dalla S. Congregazione di Propaganda. I due Missionari erano andati a Roma unicamente per sollecitare la spedizione. Nel giorno stesso dell’udienza da essi avuta presso il S. Padre la Propaganda scriveva lettere ai PP. Maristi per invitarli a trattare con i nostri Missionari della spedizione. Essi partirono per Lione con le lettere commendatizie e con la piena assicurazione da parte della S. Congregazione; 3° La lettera di Mons. Arcivescovo di Milano in risposta al Breve di Sua Santità dell’Agosto 1851, in cui mette il nostro Seminario alla piena disposizione del S. Padre; 4° Il Breve di congratulazione per la partenza dei Missionari diretti all’Oceania; 5° La rinnovazione dell’intera offerta da parte dei Missionari presenti. II Somma convenienza di continuare nella via abbracciata di una Missione per gli infedeli, Missione unita, Missione d’Oceania. 127 L’Istituto fiorirà di più, quanto sarà più interessante lo scopo a cui mira, più conducenti i mezzi che impiega. Il vero motivo che induce il Missionario a lasciar la patria, dove non manca campo al suo zelo, è la miseria e l’abbandono estremo degli infedeli. Sono privi di ogni principio di salvezza, non hanno chi pensi ad essi, vanno a perire infallibilmente se non si accorre. Un Istituto che pensa agli infedeli riunisce pertanto i voti di tutti i buoni, difficilmente v’è anima Cristiana che non lo favorisca. Tutti concorrono con le elemosine, con le preghiere, con i mezzi possibili in aiuto di tanta sventura. I Santi furono i più ardenti promotori d’un’opera così pietosa, riguardarono come una grazia suprema l’essere destinati a questo ministero. Non possono perciò mancare soggetti all’Istituto se si attiene ad uno scopo così interessante. Questo è ciò che ha mosso i Vescovi ad istituirlo (vedi l’atto di erezione), questo ha dato le norme per le regole da osservarsi in esso, questo è ciò a cui si dedicano i Missionari con la protesta che fanno nell’atto di entrare nell’Istituto e che ripetono nei momenti più solenni dei sacri ritiri, degli esercizi spirituali, nell’atto della partenza. Togliete il pensiero della conversione degli infedeli, e rimane tolta l’idea che da anni ed anni ha maturato nel cuore dei Missionari la generosa risoluzione di abbandonare la famiglia e tutto, per correre in aiuto dei più infelici tra i loro fratelli. Questo è ciò che gli rende cari i disagi, i pericoli, la morte stessa incontrata per salvare anime, che vanno a certa perdizione. I mezzi conducenti Una Missione unita dove i Missionari siano congiunti fra di loro e con la Casa donde partono, in vincolo di famiglia, sembra il mezzo più conducente. 1° - Una Missione unita anima gli aspiranti e calma i parenti. L’uniformità dello spirito, la comunanza di patria, di educazione, di costumi, influisce sommamente ad unire tra di loro i Missionari, a rendere più efficaci i loro sforzi, a toglier per sem128 pre l’idea terribile di un isolamento. Il Missionario che parte va a mettersi in compagnia e sotto l’esperimentata direzione di persone note, lascia in patria chi pensa continuamente per lui e per le sue necessità, conosce il campo ove deve recarsi, paragona le proprie forze con le difficoltà dell’impegno. I parenti stessi diminuiscono di molto la ripugnanza a lasciarlo partire, vedendolo accompagnato da altri Sacerdoti, che loro ispirano fiducia. 2° - Una Missione unita dà norme pratiche all’Istituto per l’interna disciplina. L’Istituto prende un avvio più regolare e più opportuno sia negli studi, sia nelle discipline, mette a calcolo tutti i lumi che l’esperienza fornisce, chiama alla direzione qualche Missionario provetto, che conosca ottimamente l’indole e i bisogni delle Missioni, a cui l’Istituto è consacrato. Noi non possiamo regolarci specialmente nel pensiero di formare dei Catechisti, se prima non sappiamo se saranno opportuni i Catechisti medesimi, e questo dipende dal conoscere la Missione da coltivarsi. 3° - Una Missione unita attira i soccorsi dei concittadini. Una Missione conosciuta desta l’interesse non solo degli aspiranti al ministero Apostolico, ma di tutti i concittadini: la riguardano come una causa comune, concorrono volontieri con i mezzi che possono, ne leggono con tutto il sentimento le notizie, che producono poi aumento di fede anche nei più freddi 4° - Una Missione unita offre il vantaggio di stabili relazioni, di certi preventivi, etc. Una Missione conosciuta e continuata offre il vantaggio di stabilire relazioni importanti per la prosperità di essa, presenta facilmente un ben motivato preventivo delle spese necessarie, che possono esibirsi ai Consigli Centrali della Propagazione della Fede, o a ricche persone onde muoverle a contribuirvi con soccorsi, fa studiare ed intraprendere con coraggio tutto ciò che 129 può servire a facilitarla. Qual importante sussidio non ha determinato quest’anno la Propagazione della Fede al nostro Seminario dietro un dettaglio delle spese occorrenti? Si aggiunga il vantaggio importante di un regolamento comune ai Missionari nell’esercizio del ministero, di una paterna sorveglianza per parte della Casa donde sono partiti. 5° - Bisogna cancellare la 3ª parte delle Regole togliendo l’unione dei Missionari. Tutte queste cose sono state prevedute fin dal primo impianto dell’Istituto, mossero appunto i Vescovi a domandare una particolare Missione, formano tutto l’argomento del terzo e più importante ufficio dell’Istituto come si può vedere nella Proposta delle Regole. Danni dell’abbandono della Missione incominciata Quanto poi alla Missione già incominciata, l’abbandonarla sarebbe un opporsi direttamente ai voti di tutti i buoni che vi hanno già preso tanto amore, toglierebbe il buon nome ai Missionari partiti accreditando la voce sparsa da taluni, che in forza di cattive dottrine da loro insegnate non si prosegue l’avviata Missione, sarebbe una grave ferita al cuore dei Missionari medesimi, e ne snerverebbe il coraggio vedendosi abbandonati da coloro da cui si aspettavano con ogni ragione di essere validamente confortati, toglierebbe il credito al nascente Istituto, che ha molti avversari, i quali hanno interesse di farlo passare per un’opera di fantasia riscaldata, un’impresa da fanciulli (parlo non di congetture, ma di fatti); snerva il coraggio di quelli che stanno per partire; testimonio ne sono le angustie di questi ultimi giorni. N’è testimonio un Sacerdote che pregato di entrare come Professore rispose: “Voi non siete sicuri di esistere domani”. 130 III Saranno meglio assecondati i desideri del S. Padre col mantenere all’Istituto la sua indole e il suo avviamento Assicurata la prosperità dell’Istituto non mancheranno mai soggetti di cui possa il S. Padre prevalersi per i bisogni di altre Missioni. Il Superiore dell’Istituto, conoscendo i desideri del Vicario di G. C. e trovando nella Casa Missionari opportuni all’intento, si recherà a dovere di presentarglieli, e così si compiranno le belle speranze espresse nel Breve di S. Santità nell’Agosto 1851, che il Seminario di Milano possa offrire un giorno Missionari non solo per le regioni barbare, ma anche per altre Missioni. Per soccorrere temporaneamente le Missioni Cattoliche, basterebbe forse un semplice cenno del S. Padre ai Vescovi che sono meglio forniti di Clero, concedendo all’estrema necessità dei popoli infedeli quei pochi che sono disposti ad evangelizzarli. Del resto, trattandosi di Missioni Cattoliche, non sarà difficile che si trovino anche altri Sacerdoti, che vi accorrano almeno temporaneamente, non richiedendosi tanto sacrificio. IV Il frutto adunque di tutte queste considerazioni, qualora si trovino ben fondate, sarebbe di stabilire delle norme che impediscano per l’avvenire il ritorno di momenti estremamente penosi, rendendo piana e sicura la via da seguire; e mettendo nella più intima relazione questo Seminario con Roma, in modo che tutti siano persuasi che passa la più perfetta intesa tra la S. Congregazione di Propaganda e i nostri Missionari, i quali ne adempiscono fedelmente le disposizioni. 131 42. APPUNTI DI MARINONI – II settembre 1853 sul viaggio a Roma di mons. Ramazzotti1 1 Mons. Ramazzotti si reca a Roma per distruggere nell’animo del S. Padre ogni sinistra prevenzione sul conto di D. Paolo Reina e di D. Carlo Salerio. A ciò varranno le loro lettere originali. Sono presso il P. Taglioretti. Varrà ancora presentare come i Vescovi avevano già domandata ed ottenuta la Missione dell’Oceania, e come la Propaganda medesima in data di quel giorno 21 Agosto 1851 aveva già scritte le lettere per l’Oceania: non si trattava più di una Missione tra gli Infedeli etc. Gioverà ancora la risposta dell’Arcivescovo di Milano in cui offre al S. Padre la Casa e tutti i Missionari. Gioverà appellare alla conosciuta, intimamente conosciuta, filiale devozione dei medesimi. 2 A distruggere qualsiasi prevenzione contro i Missionari presenti e a lasciar pienamente libero il S. Padre nelle sue disposizioni gioverebbe forse una protesta di tutti i Missionari i quali si mettono nelle mani di Sua Santità pronti ad ogni suo cenno. 1 In AME 03, pp. 373 ss. Questa seconda versione di appunti che M. stende in vista del viaggio a Roma di mons. Ramazzotti non differisce dalla prima per la sostanza dei contenuti. Segue una diversa impostazione, che accentua la necessità di far cadere ogni prevenzione, dar peso ai fatti, conservare alla missione tra gli infedeli la sua particolare finalità. Essa testimonia che M. riflette a fondo non solo per risolvere un caso increscioso, ma per comprendere e far comprendere sempre meglio il senso della missione tra i non cristiani e le conseguenze che ne derivano. Questi Appunti, I e II versione, potranno servire di “pro-memoria” a mons. Ramazzotti, non certo per ricordargli quanto egli ben conosce, ma per riassumere gli elementi base per la soluzione della vertenza attuale e per il futuro dell’Istituto. 132 3 A presentare come sembra il più opportuno mezzo per far fiorire l’Istituto, mantenergli la sua indole e il suo avviamento particolare, gioverà riflettere come il sentimento profondissimo di pietà che desta da se stessa la condizione dei poveri infedeli è quello che veramente muove il Missionario a lasciar la Diocesi, la patria, etc. ove non mancherebbe certo un ampio esercizio alla sua carità e al suo zelo. Nessun altro motivo lo indurrebbe a far tanti sacrifici, a esporsi a tanti disagi. È questo quel motivo che induce anche i cristiani di tutto il Mondo a unire le loro elemosine per la Propagazione della Fede. Questo sentimento fu vivissimo nei Santi, e molti di essi sospirarono di poter recare ai poveri infedeli la notizia della salvezza, pregarono singolarmente per essi, riguardarono come la più sublime delle grazie l’esser chiamati a tal ministero. Basta interrogare gli aspiranti per convincersi di questo: togliete questa attrattiva ed essi si fermeranno subito nelle loro Diocesi. Per le Diocesi Cattoliche forse potrebbe facilmente provvedere il S. Padre in un caso di necessità, facendone invito ai Vescovi di mandarvi dei soggetti anche provvisoriamente. 4 A raccomandare la continuazione della Missione avviata basta riflettere quanto amore vi hanno portato i Missionari prima di andarvi, l’hanno sospirata da vari anni, l’hanno chiesta con varie istanze, l’hanno ottenuta come un gran favore: questo amore è stato suscitato in essi da quei primi che li esortarono all’Apostolato, è stato accresciuto dall’idea di un martire Milanese, il P. Cantova2 morto in quelle regioni, è acceso dalla vista della miseria estrema di quei popoli. I Missionari che devono partire hanno già colà i loro compagni con i quali sono uniti col vincolo di un’antica e stretta amicizia; i parenti dei Missionari così dei partiti, come dei prossimi a partire vedono con piacere che i loro figli siano insieme congiunti; tutti i buoni di queste provincie considerano già l’Oceania 2 Su questo martire si veda COLOMBO, PIME, p. 445. 133 con un affetto di predilezione; noi l’avevamo preveduto nelle nostre regole, le elemosine, i sussidi abbondano appunto nell’intento di sollevare quei poveri Oceanesi che cominciano ad essere riguardati quasi come concittadini. Non si può credere il dispiacere provato da molti alla sola incerta diceria che quelle Missioni potessero essere lasciate da parte. Il punto però più interessante per la felice riuscita dell’Istituto ci sembra quello di assegnare ai Missionari delle Missioni unite, ove continuino ad essere una sola famiglia tra di essi e col Collegio donde partono. Questa provvida disposizione fa svanire le più gravi difficoltà, che arrestano i Sacerdoti desiderosi di recar soccorso ai poveri infedeli. Il sapere che vanno a raggiungere dei cari compagni, che giunti alla Missione troveranno Sacerdoti della loro patria, che li attendono come fratelli amatissimi; il sapere che verranno appresso di loro di anno in anno dal loro paese altri cari fratelli; il sapere che la Casa di Milano pensa continuamente per essi, li mantiene di tratto in tratto in relazione con le loro famiglie, si interessa per loro in ogni cosa, prende parte alle loro gioie ed alle loro afflizioni, prega e fa pregare per il buon esito delle loro fatiche, è un gran conforto al cuore di un Missionario. Non gli par quasi di essersi staccato di Casa, lavora indefessamente per procurare anche ai suoi concittadini la più degna di tutte le consolazioni, quella di vedere un popolo sottratto con i comuni sforzi agli orrori della barbarie e della superstizione. Una Missione determinata dà un corso più regolare agli studi e alle discipline preparatorie sia per i Missionari, sia per i Catechisti; rende preziosi tutti i lumi che l’esperienza fornisce, agevola le necessarie provvidenze nei tempi, nei luoghi, nelle circostanze opportune. Allora si possono contrarre delle utili relazioni, allora si può fondare una casa per i Catechisti scegliendo i più atti a far fiorire la Missione, allora si può occuparsi di uno studio più esatto di quelle lingue, costumi etc. che serviranno al Missionario per l’esercizio del suo ministero. I Missionari che ritorneranno (secondo l’insinuazione della Sacra Congregazione) saranno ottimi direttori, conoscendo appieno il campo dove devono travagliare i loro allievi. 134 Assicurato per tal modo un florido avvenire all’Istituto è facile vedere come nel numero degli aspiranti sempre se ne troveranno, specialmente fra quelli di estere Diocesi, di quelli che saranno pronti a prestarsi ancora per i bisogni di altre Missioni. I motivi dell’andata dell’Ill.mo e R.mo Mons. Ramazzotti a Roma considerata in rapporto all’Istituto delle Estere Missioni, di cui graziosamente assume la causa, sembrano essere i seguenti: Primo Distruggere nell’animo del S. Padre e dei Membri della S. Congregazione di Propaganda ogni sinistra prevenzione sul conto dei Missionari già partiti, o dei prossimi a partire. Secondo Dimostrare la somma convenienza: 1° di assegnarci delle Missioni per gli Infedeli dove i membri siano uniti fra di essi e con la Casa donde partono, 2° di continuare la Missione avviata. Terzo3 Dimostrare come dal promuovere col 2° punto la prosperità dell’Istituto saranno al meglio possibile assecondate le giuste brame del S. Padre per provvedere ai bisogni d’altre Missioni. Quarto Ottenere delle norme stabili per l’avvenire che non compromettano, come adesso, il buon concetto dell’Istituto. 3 Intercalata all’inizio delle prime tre righe di questo punto, risulta la seguente nota: 1° Forza del motivo; 2° Avviamento di fatto; 3° Impegno. 135 Per ottenere il primo intento gioveranno Distruggere ogni sinistra prevenzione. 1° Le lettere originali di D. Paolo Reina e D. Carlo Salerio. 2° L’esposizione genuina del fatto. La Missione era stata già formalmente domandata dai Vescovi, ed ottenuta. Si trattava solo dell’esecuzione. La Propaganda nel giorno stesso dell’udienza avuta dai detti Sacerdoti presso il Sommo Pontefice scrisse la lettera al P. Colin per iniziare le trattative della Missione di Oceania. I due Sacerdoti partirono di Roma con le più ampie assicurazioni da parte della Propaganda che li inviava a Lione. 3° La lettera di Mons. Arcivescovo di Milano in risposta al Breve di Sua Santità, in cui l’Arcivescovo mette alla piena disposizione del Vicario di G. C. il Collegio. 4° Il Breve di congratulazione per la partenza dei Missionari diretti all’Oceania. 5° La rinnovazione dell’intera offerta da parte degli alunni fatta al presente. Somma convenienza di continuare nella via abbracciata, se si brama che l’Istituto fiorisca. Un Istituto fiorisce quanto più è interessante lo scopo a cui mira, e quanto più sono conducenti i mezzi che adopera per conseguirlo. Lo scopo interessante - Una Missione per gli Infedeli. Il vero motivo che induce i Sacerdoti ad abbandonare la patria, dove potrebbero far tanto bene anche spirituale, è la 136 miseria e l’abbandono estremo dei popoli infedeli. Privi di fede sono privi di ogni principio di salvezza, sono degradati quasi al livello dei bruti, vanno infallibilmente a perire. Un istituto adunque che mira alla conversione degli infedeli, ha lo scopo più interessante che mai si possa immaginare. Riunisce i voti di tutti i buoni; difficilmente v’è anima Cristiana che non si senta commossa a pietà. Tutti concorrono con elemosine, col favore, con le preghiere, con i servizi ad un intento così caro. I Santi furono i più ardenti nel promuovere quest’opera e riguardarono come una somma grazia l’esser destinati ad annunziare il Vangelo ai Gentili. Mihi omnium Sanctorum minimo etc, [A me che sono l’infimo fra tutti i santi, Ef 3,8]. Non possono pertanto mancare anime generose, che si dedichino a questo ministero, se l’Istituto mantiene la sua prima direzione. Così l’hanno concepito i Vescovi nell’atto di erezione, così l’hanno concepito quelli che stesero la Proposta di un regolamento, così si dice nella protesta che i Missionari fanno nell’atto di entrare, e che ripetono nei momenti più interessanti come nei ritiri spirituali e nel momento della partenza. Togliete il pensiero della conversione degli Infedeli e voi togliete l’idea che da anni ed anni va maturando nel Missionario il distacco dalla famiglia, da tutto per correre in aiuto di tanta sventura. Le difficoltà, i disagi, i pericoli non servono che a rendere più meritorio e quindi più sospirato il sacrificio della carità verso quegli infelici. 137 43. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 17 settembre 1853 lo invita a rasserenare l’animo di Sua Santità Eminenza Reverendissima1 Sebbene l’E. V. annuendo alle mie umili istanze abbia già deposto ai piedi di Sua Beatitudine il profondo dolore, di cui fui compreso per le gravi parole da me udite nell’ultima mia venuta a Roma, e ne abbia dalla benignità del Vicario SS. di Gesù Cristo ottenuta risposta di sommo conforto per me e per i miei Missionari, pure il solo remotissimo dubbio che i desideri di Sua Santità non siano pienamente da noi adempiti ha talmente afflitto insieme con noi tutti i Venerabili Vescovi di Lombardia, che non possono restarsene dall’esprimere il più vivo rammarico. Ed è perciò che l’Ill.mo e R.mo Mons. Vescovo di Pavia in nome ancora di S. E. R.ma Mons. Arcivescovo di Milano e di tutti i Vescovi di questa Provincia si reca a Roma per versare nel cuore paterno di S. S. la grave pena per ciò provata ed umiliargli i sentimenti della più sincera filiale devozione di tutti questi Missionari, rinnovando l’intera offerta del nascente Seminario nelle mani del Successore di S. Pietro perché ne disponga liberamente secondo il suo sovrano beneplacito. Si degni pure l’Eminenza Vostra che tanto si è preso a cuore il bene di questo minimo Istituto aggiungere le sue benevole cure ed uffici, onde si dilegui 1 In AME 05, p. 771. Per la felice riuscita della missione di Ramazzotti, M. vuole anche indirizzare al card. Fransoni un invito a prestare “le sue benevole cure ed uffici” per togliere dall’animo del Papa ogni impressione sfavorevole sui missionari di S. Calocero. Il solo dubbio di non soddisfare pienamente i desideri del Santo Padre reca tanta afflizione che deve scomparire. Su questo punto, le parole di M. sono quanto mai commoventi. 138 dall’animo di Sua Santità ogni meno favorevole impressione, e possiamo essere sicuri con la sua benevolenza delle celesti benedizioni. Col più profondo ossequio, e con la più sentita riconoscenza assieme a tutti questi alunni mi prostro al bacio della Sacra Porpora dicendomi Di Vostra Eminenza R.ma U.mo, D.mo, Obb.mo Servo e Figlio P.te Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni Milano il 17 7bre 1853 139 44. A SUA SANTITÀ PIO IX settembre 1853 “protesta” di piena sottomissione e disponibilità1 Santità! Il Sacerdote Don Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni che già da tre anni fu stabilito in Milano per cura dell’Episcopato Lombardo, reduce da Roma dove ebbe l’o1 In AME 03, p. 409, minuta rimasta in archivio, senza firma. Ed ecco la famosa “protesta”, che si pensa sia stata completata e perfezionata per chiarire i mittenti. Mons. Ramazzotti viene ricevuto da Pio IX il 29 settembre e, come scrive subito dopo il suo segretario Salvioni a Marinoni: “... Sua Santità mostrò la più aperta e piena compiacenza al solo sentirsi nominare da mons. Vescovo il seminario di San Calocero ed accolse con amore la offerta che i missionari, per bocca di monsignore, gli fecero della loro piena e intera devozione per qualunque missione” (TRAGELLA, I, p. 142). E dopo i vari colloqui di Ramazzotti con Fransoni, come scrive di nuovo Salvioni a Marinoni: “Resta assicurata e constatata sia la devozione dei missionari alla Santa Sede, sia la benevolenza e la protezione di questa verso di loro; che la missione dell’Oceania sarà conservata e favorita, e per riguardo alla spedizione, si vogliono attendere prima notizie dall’Oceania, onde regolare e dirigere la seconda spedizione dietro i lumi che può fornire la prima” (TRAGELLA, I, p. 143). Tutto dunque finisce bene? Sì per la sostanza: il rapporto tra S. Calocero e Roma si rasserena; la natura propria dell’Istituto sarà di fatto rispettata, come se Roma si fosse accontentata della semplice offerta di disponibilità per ogni missione; la seconda spedizione dell’Oceania viene però ancora rimandata e in realtà non avverrà ma per altri motivi. Tuttavia, la vertenza lascia strascichi per anni (COGNOLI, Il drammatico, pp. 79-83) e i contrasti per questioni varie ricompariranno ogni tanto. Su ciascuno dei maggiori protagonisti della vicenda si potrà leggere un “tentativo di valutazione” (COGNOLI, Il drammatico, pp. 85-89), di cui riportiamo la sintesi espressa nella prima frase del brano relativo a M.: “Il comportamento di Marinoni, uomo per sua natura pronto all’obbedienza al Papa a qualsiasi costo, fu lineare sia di fronte alla propria coscienza, sia di fronte al regolamento scritto ed approvato della “Proposta”, sia di fronte agli alunni”(ivi, p. 87). 140 nore di un colloquio con la Santità Vostra, si affrettò a deporre nel nostro seno l’umiliazione e l’afflizione dell’animo suo per alcune parole di lamento e quasi di disapprovazione udite dalla Vostra bocca dalle quali parrebbe che Vostra Beatitudine si tenesse meno sicura dell’obbedienza e devozione dei Missionari che egli dirige. Beatissimo Padre! Se mai da parte di detti Missionari un’insistenza troppo viva nel manifestare le loro idee o un atto di leggera renitenza alle Vostre insinuazioni avesse loro meritato un Vostro rimprovero, valga ad ammenda il profondo dolore che tutti li affligge, e quel pentimento di cui per mezzo nostro umiliamo l’espressione vivissima ai Vostri piedi. Ma questo non basta. Troppo preme a loro e non meno ai Vescovi da cui essi dipendono, che consti a Vostra Santità della piena e assoluta loro sottomissione e devozione alla Sede Apostolica; e perciò i due Vescovi che per le antecedenze e per la vicinanza del luogo possono più facilmente rappresentare il Seminario Lombardo delle Estere Missioni, credono loro dovere di offrire nuovamente e semplicemente detto Seminario a piena e assoluta disposizione del Vicario di Gesù Cristo. E potrebbe essere altrimenti? Potremmo noi sperare la benedizione di Dio su un’opera che ci sta tanto a cuore, se le mancasse la Vostra? Non possiamo pertanto che ripetere, Beatissimo Padre, quello che fino dal 12 Novembre 1851 avevamo l’onore di scriverVi; che cioè questi nostri Missionari non stavano aspettando che un cenno della Santità Vostra per recarsi dovunque Le piacesse mandarli; che anzi pregavano il Signore di avverare le speranze che il Breve Apostolico ci lasciava intravvedere che V. Beatitudine cioè potesse valersi del nostro Seminario anche per regioni non molto remote, alle cui spirituali necessità importava di porre riparo; mettendo a tal fine nelle mani della Santità Vostra tutta la casa delle Estere Missioni e pregandola a disporre interamente secondo il suo sovrano beneplacito. Dell’accettazione poi di questa nostra protesta ci fu pegno consolantissimo il Breve del 10 Luglio 1852 in cui era ampiamente benedetta la prima spedizione dei nostri Missionari per l’Oceania, e ne venivano espresse a noi sottoscritti preziose congratulazioni. 141 Metteteci dunque alla prova, Beatissimo Padre. Nella Vostra approvazione e nelle Vostre benedizioni abbiamo tanta fede, che, sebbene ci si presenti il pensiero che aprendo alle Missioni dei nostri alunni un campo indeterminato, questo possa rendere più difficile la scelta dei soggetti e più scarso il loro numero, piuttosto però che ai nostri calcoli, vogliamo affidare al merito dell’obbedienza ed al favore della Sede Apostolica l’avvenire del nostro caro Istituto. Sul quale implorando la Vostra Benedizione e insieme su di noi e sulle nostre Diocesi, abbiamo l’onore di sottoscriverci: della Santità Vostra 142 45. A MONS. RAMAZZOTTI 29 settembre 1853 visite all’Istituto di vescovi lombardi Monsignore Ill.mo e R.mo!1 Spero che Ella sarà giunta con ottimo viaggio alla Santa Città con l’ottimo suo Sig. Fratello e col degno suo Segretario, e Le anticipo assieme alle mie le congratulazioni di tutti questi suoi Figliuoli. Forse a quest’ora V. S. R.ma ha già umiliati i nostri voti ai piedi del Santo Padre e ne ha riportate nuove e più solenni assicurazioni della sua paterna benevolenza, e norme precise di direzione per questo Istituto. Ben può immaginarsi se noi attendiamo con vivo desiderio il risultato di una cosa così interessante, disposti però ad accoglierlo qualunque esso sia, come una chiara manifestazione della divina volontà, unico sospiro del Missionario. Sua Eccellenza R.ma Mons. Arcivescovo appena ristabilito in salute da una passeggera indisposizione che diede sul principio a temere, ma presto si dileguò, volle favorirci di una sua graziosissima visita, diresse agli alunni parole di somma benevolenza e di conforto all’eroico sacrificio che stanno per compiere, si recò poi in Chiesa davanti al SS. Sacramento e all’Immagine prodigiosa della B.ma Vergine del Pianto che si venera in S. Calocero, e dopo avervi per notevole tempo pregato volle fare un giro nell’attiguo giardino trattenendosi con somma affabilità sugli inte- 1 In AME 05, pp. 777-779. Mentre pensa a Ramazzotti e alla sua missione in Roma, M. gli annuncia la visita fatta a S. Calocero dall’arcivescovo Romilli, dai vescovi di Crema e Mantova, e i colloqui svoltisi tra Taglioretti e il vescovo di Como, Romanò. Visite confortanti nella speciale circostanza anche per le parole rivolte agli alunni, che pure sono in pensiero per l’esito che avrà l’ambasciata di mons. Ramazzotti a Roma. 143 ressi e necessità di una modesta sì, ma conveniente fabbrica per assegnare agli alunni almeno una stanza per ciascuno, e per dare il più regolare avviamento alla Comunità. "Se io avessi i mezzi, concluse, non esiterei a dirvi di cominciare la fabbrica domani". Volle fare un giro nel giardino attiguo trattenendosi con somma affabilità sulla convenienza o no dell’accingersi ad una fabbrica, sul quale argomento esporrò meglio le cose al ritorno di V. S. Ill.ma e R.ma. Abbiamo pure avute in questi giorni due altre preziose visite, l’una del R.mo Mons. Sanguettola Vescovo di Crema, che volle ancora far sentire la generosità del suo cuore verso questo Istituto, e l’altra del R.mo Mons. Corti Vescovo di Mantova, che tanto ci ama. Quest’ultimo rivolse agli allievi di tratto in tratto, mentre visitava la piccola casa, esortazioni di tanta grazia e dolcezza ad un tempo e di tanta efficacia ed opportunità, che fecero in tutti la più viva impressione. Il buon P. Taglioretti intanto parlava di noi col R.mo Mons. Vescovo di Como e con esito molto felice. Egli stesso le avrebbe scritto, ma per non moltiplicare le lettere mi comunica appunto con qual successo egli abbia trattato questa causa. Essendo caduto il discorso sul viaggio di V. S. R.ma a Roma, Mons. Romanò disse che veramente Egli avrebbe suggerito a V. S. R.ma di esplorare prima l’animo del S. Padre per non esporsi ad un passo di equivoca riuscita, ma che non aveva su di ciò più notizia alcuna. Allora il P. Taglioretti soggiunse che le assicurazioni da parte di Roma già c’erano e ne arrecò in prova le lettere autografe del Cardinal Fransoni a me dirette, in cui mi accerta delle benigne intenzioni del S. Padre, e delle vere cause della ritardata spedizione. Le lesse con molta soddisfazione e approvò pienamente il consiglio di V. S. R.ma, il che confermò ancora discorrendo con altri in assenza del P. Taglioretti. Noi la preghiamo caldamente a non dimenticarsi di noi allorché si reca a venerare la tomba dei Principi degli Apostoli, ottenendoci l’obbedienza più perfetta a S. Pietro nella persona dei suoi Venerati Successori, e lo zelo infaticabile di S. Paolo. 144 Ci degni della sua pastorale Benedizione, e accolga l’ossequio e l’affetto dell’ U.mo e D.mo Suo Figlio P.te Giuseppe Marinoni Milano li 29 7bre 1853 145 46. A MONS. RAMAZZOTTI 19 aprile 1854 perché persuada il cav. Vimercati a non parlar male dell’Istituto a Propaganda Monsignore Ill.mo e R.mo!1 Mi viene detto che l’Ill.mo Sig. Cavaliere Vimercati stia per andare a Roma. Quanto ci avrebbe potuto giovare questo ottimo Signore se avesse conservato per noi quei sentimenti da cui era animato al principio! Ora conviene che io le confessi, l’idea d’un viaggio del Sig. Vimercati a Roma mi si presenta come una delle prove, a cui mi mette la divina Provvidenza per vedere se la nostra fiducia è riposta totalmente in Domino et in potentia virtutis eius [nel Signore e nella potenza della sua forza]. Le impressioni sinistre, che le passate accuse devono aver lasciate nell’animo dei Superiori a Roma, potrebbero tutte risvegliarsi, in un momento così critico per noi qual è la vicinanza della spedizione, supposto che presto arrivino le notizie dell’Oceania. Io non ho bisogno di effondermi su questo punto, perché V. S. R.ma ne saprà assai più di me, e prevedrà meglio di me le tristi conse- In AME 05, p. 791. Il cav. Giovanni Vimercati, nobile milanese, prese a cuore ed aiutò l’Istituto in un primo tempo; in seguito, però, cambiò parere, pare come conseguenza della controversia con Roma e delle voci negative corse nel 1853 nei riguardi di alcuni dei primi alunni di S. Calocero accusati di essere contro il governo austriaco, di voler andare all’estero per liberarsene, e addirittura di aver militato nelle fila di Garibaldi. Di qui il timore espresso da M. che Vimercati, andando a Roma, sparli dell’Istituto, e il ricorso a Ramazzotti e Taglioretti affinché intervengano per scongiurare questo pericolo. Già prima del Natale del 1853, dopo un colloquio con gli aspiranti missionari, Ramazzotti in una lunga lettera a Propaganda (AME 04, p. 115) con copia a Marinoni aveva sfatato le dicerie suddette. Ma lo scritto di M. non si ferma qui; gli preme far sapere a monsignore che “lo spirito della Comunità è eccellente” e Propaganda ne deve essere assicurata. 1 146 guenze che ne potrebbero venire. Quello che io posso dire per la pura verità e che mi conforta a ben sperare, è che lo spirito della Comunità è eccellente, che i Missionari attendono con vero impegno all’orazione, allo studio, all’esercizio del loro ministero. Sono stato a Saronno in queste Feste di Pasqua: v’era un’inondazione di gente a confessarsi: alla sera si sarebbe potuto continuare fino a mezza notte. I Missionari dopo aver confessato tutta la mattina cominciavano alle due del dopo pranzo e non uscivano che passate le otto. Ieri abbiamo celebrato insieme la Festa di S. Calocero ed oggi sono già tutti a Saronno ai loro consueti Esercizi, senza che si spenda un soldo per vetture. Forse V. S. R.ma potrebbe consegnare al Sig. Cavaliere Vimercati una lettera per l’E.mo Card. Fransoni, in cui l’assicurasse che l’Istituto continua bene. L’altra Domenica ci recheremo tutti a Rho per i SS. Esercizi onde meglio disporre gli animi a compiere i disegni che la Provvidenza ha sopra di noi. Io non aggiungerò altro se non che il P. Taglioretti pure è del sentimento che converrebbe preparar l’animo del Cav. Vimercati a parlare di noi non sfavorevolmente a Roma. Perdoni, Monsignore, i tanti disturbi che le reca chi venera in Lei un Padre amorosissimo e chi si protesta con profondo ossequio e con sincerissimo affetto Di V. Signoria Ill.ma e R.ma U.mo, D.mo, Obb.mo Figlio P.te Giuseppe Marinoni Milano il 19 Apr. 1854 147 47. AI VESCOVI LOMBARDI 28 aprile 1854 M. dà notizie sulla missione d’Oceania Monsignore Ill.mo e R.mo1 Sono alfine giunte le tanto sospirate lettere dell'Oceania, delle quali ne stamperemo ben tosto alcune per soddisfare la comune attesa, e ancor più perché sono davvero edificanti. Non vi sono finora successi da raccontare, essendo troppo breve il tempo che i Missionari hanno passato nell'isola di Rook per averne potuto ben apprendere la lingua ed entrare in una stretta relazione con gli indigeni; la Missione poi di Woodlark, dove già da cinque anni soggiornavano i Padri Maristi, presenta ancora la solita difficoltà nel carattere doppio degli abitanti. Con tutto ciò il leggere come, ad onta della superstizione e della barbarie, quegli isolani non lasciano di rispettare la vita dei nostri, ed anche di ascoltarli di tratto in tratto, invita a sperar bene per l'avvenire. Quello che edifica è l'udire come in mezzo alle febbri, alle piaghe, alle privazioni i nostri Missionari hanno sempre conservata la calma, la serenità, l'allegrezza, considerando come una condizione indispensabile dell'apostolato i patimenti, e credendo con viva fede che così si preparano meglio ad ottenere la diffusione delle divine misericordie su quei popoli infelici. Appena saranno stampate, io mi darò tutta la premura di trasmettergliele. Intanto io la prego di raccomandare caldamente a Dio non solo i Missionari 1 In AME 05, pp. 793-794, lettera circolare. M., comunicando ai vescovi le notizie giunte dall’Oceania, mette in evidenza lo spirito apostolico dei missionari, a dispetto di tante difficoltà e sofferenze, sia fisiche che morali. È proprio questo che fa sperare nei frutti futuri ed è già un successo in sé. Sono lettere che Marinoni vuol diffondere per il bene che faranno. 148 partiti, ma quelli pure che già si dispongono a correre sulle orme dei primi, a recarsi in qualsiasi altra parte dove il Vicario di Gesù Cristo si degnerà di inviarli. Dieci ve ne sono, che sarebbero già pronti alla partenza e non aspettano che un cenno di Roma. In nome di tutti questi a me carissimi colleghi le chiedo prostrato la pastorale benedizione, e con profonda venerazione e sincerissimo affetto mi dico Di Vostra Signoria Ill.ma e R.ma U.mo e D.mo Figlio Direttore del Seminario delle Est. Miss. Pavia li 28 Apr. 1854 149 48. A MONS. RAMAZZOTTI 8 maggio 1854 lasciar perdere ogni discorso sul Ceylon Monsignore Ill.mo e R.mo1 Le offro dieci copie delle lettere testé giunte dall’Oceania (...). Oggi parto per Saronno ove troverò il P. Cassinelli, che vi viene col P. Taglioretti. Ho rilevato in tutti gli allievi il desiderio di stare precisamente alle disposizioni di Roma, senza che si motivi minimamente la Missione di Ceylan. Temono che la S. Congregazione sospetti che siamo noi stessi che muoviamo il P. Cassinelli a cercarla. Questo timore era pure quello di V. S. R.ma, onde io stasera pregherò il P. Cassinelli a non farne cenno nello scrivere a Roma. 1 In AME 05, pp. 795-796. Forse è pure questa una lettera circolare. Ad ogni modo, va ricordato che il discorso sul Ceylon, come possibile missione dei nostri, appare fin dagli inizi con quello dell’Oceania. Tra l’altro si trattava di una terra più vicina e già evangelizzata e quindi più facile per una prima esperienza di missione. Ma proprio per questo si presentava meno desiderabile per chi voleva un campo di apostolato lontano e “vergine”. Salerio scrisse nel 1850 un’infuocata “Memoria” rivolta a M. e ai vescovi lombardi in favore dell’Oceania da preferire al Ceylon (AME 11, pp. 1383-1391; GHEDDO, Carlo, pp. 4347). Ora, don Vincenzo Cassinelli, prete lodigiano che aveva fatto parte del gruppo di aspiranti alle missioni che frequentava p. Taddeo Supriès (COLOMBO, PIME, passim, v. indice dei nomi), era missionario nel Ceylon e segretario di mons. Orazio Bettacchini (1810-1857), oratoriano, vicario apostolico di Jaffna, ed ambedue avrebbero voluto attirare i nostri nella loro isola, ma M. temeva ogni interferenza con le disposizioni di Propaganda, a cui lui e tutti gli alunni volevano stare. E ne scrive a Ramazzotti come per tranquilizzarlo, mentre sta per incontrare Cassinelli. Anche la notizia circa gli Esercizi spirituali, predicati agli alunni da Taglioretti, è un altro elemento che mostra a mons. Ramazzotti che la comunità procede bene. 150 I SS. Esercizi sono stati fatti con fervore sotto la direzione dell’eloquentissimo P. Taglioretti, che cercò di insinuare il metodo prezioso portato dall’orario medesimo fatto anticamente dei SS. Esercizi, quello cioè di ricevere i punti e recarsi in camera a meditarli. Ben è vero che per quanto fosse risoluto di moderarsi arrivava quasi sempre ai cinque quarti d’ora, non lasciando che breve spazio al meditare. Ma il suo dire era tale che forzava, direi così, la mente a lavorare e discutere anche nell’atto stesso dell’udire non lasciandola in uno stato passivo. Domani, a Dio piacendo, scriverò all’Em. Card. Fransoni procurando di conformarmi ai desideri di V. S. Ill.ma e R.ma. Pregandola di tenermi raccomandato caldamente a Dio e di impartirmi la sua pastorale Benedizione mi dichiaro con vero affetto e venerazione Di V. S. Ill.ma e R.ma U.mo e D.mo Figlio P.te Giuseppe Marinoni Milano li 8 Maggio 1854 P. S. Al M. R.do P. Mazzucconi ne ho portate copie sei a S. Alessandro2 2 È Michele Mazzucconi, fratello maggiore del Beato, religioso dei barnabiti che tuttora hanno la cura della chiesa di S. Alessandro a Milano (cfr. pure COLOMBO, Un Pastore ... Lettere, p. 225). 151 49. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 17 maggio 1854 notizie dell’Oceania e di 10 missionari pronti a partire Eminenza Reverendissima1 Le rendo vive grazie della benignità con la quale si è degnata di mandarmi per mezzo dell’Ottimo Padre Cassinelli Missionario Apostolico nel Ceylan i suoi venerati saluti dimostrandomi con questo come ci tien cari e serba viva memoria di noi. Nulla di più caro ai figliuoli che la benevolenza del Padre. Vi è aggiunta al tempo stesso la consolazione delle lettere dell’Oceania. Oh il cuore tremava davvero mentre la mano le apriva; che in mezzo a gente così barbara e sotto un cielo così ardente non sarebbe stata meraviglia se qualcuno dei nostri cari compagni fosse perito. Ma il Signore per sua somma bontà ce li ha conservati tutti, non senza patimenti è vero, ma infondendo loro contemporaneamente tanto di calma e di pazienza, che quelle lettere non si possono legger senza una dolce commozione. Il primo anno di missione non poteva di certo offrir frutti da raccogliere: in un terreno così sterile e inselvatichito è assai se si è potuto gettar qualche buona semente. Le speranze sono fondate principalmente sui ragazzi, perché i vecchi già da lunga serie d’anni accostumati ad ogni sorta di vizi trovano sempre difficile sottoporsi alle sante e severe massime del Vangelo. Dio però può far tutto, e i patimenti stessi sofferti dai nostri missionari ci creano in cuo- 1 In AME 05, p. 801. M. parla di Cassinelli (v. Lettera 48), dà confortanti notizie dei nostri in Oceania e presenta 10 alunni pronti a partire per la missione che verrà loro assegnata, secondo la “protesta” fatta al Santo Padre (Lettera 44). Ritroveremo più avanti questi missionari nel loro posto di lavoro e ne daremo i dati più importanti. 152 re una viva fiducia, che Egli voglia al fine consolarli col toccare salutarmente gli animi di quei popoli sventurati. Quanto ai Sacerdoti che si vanno in questa casa disponendo all’Apostolico ministero, posso accertare l’E. V. che lo spirito ne è veramente buono, che attendono assiduamente allo studio e all’orazione, e nelle feste a catechizzare e a confessare, tenendosi nella solitudine campestre di Saronno lontani da ogni divagazione, e dalle relazioni stesse più innocenti di famiglia. La notizia dei patimenti sopportati dai loro colleghi non che disanimarli ha acceso in essi più ardente il desiderio di emularne la costanza in quel campo qualunque che il Vicario SS. di G. C. si degnerà di assegnare ai loro travagli, disposti pienamente a compierne dovunque i desideri. In questo essi intendono ripetere la protesta fatta da parte loro dal Rev.mo Monsignor Ramazzotti Vescovo di Pavia, e di condividere interamente i sentimenti di Don Paolo Reina, unicamente mirando a far la SS. volontà di Dio in quella dei Superiori. Dieci fra di essi sarebbero già pronti a partire per quella missione che verrà loro destinata. Eccole i nomi: D. Albino Parietti, Don Francesco Pozzi, Don Antonio Marietti, Don Antonio Riva, Don Ignazio Borgazzi, Don Luigi De Conti, Don Costantino Robbioni, tutti della diocesi di Milano, Don Angelo Curti di Lodi, Don Luigi Limana di Trento, Don Domenico Barbero di Ivrea: quest’ultimo fu mandato a noi dall’E. V. medesima, e sul finire del passato anno ebbe la consolazione di ottenere dal Rev.mo Suo Ordinario l’assicurazione dell’assenso, cosa da lui tanto, e giustamente, desiderata. Essi si mettono dunque nelle mani dell’E. V. pregandola di umiliare i loro ossequi a Sua Beatitudine e di disporre liberamente di essi. Avrà, io spero, l’E. V. ricevute le lettere dei nostri Missionari che sono state stampate per soddisfare le comuni richieste, e da esse potrà meglio rilevare lo stato delle missioni di Rook e di Woodlark. Si degni, Eminentissimo, di congiungere le Sue potenti preghiere a favore di quei popoli infelici, e di ottenere ad essi l’abbondanza delle divine misericordie. Non dimentichi pure nei Suoi santi Sacrifici questi infimi Suoi figli, e specialmente chi si protesta con profonda venerazione e sincero affetto 153 Dell’Em. V. Reverendissima Umiliss. Devotiss. Figlio P.te Giuseppe Marinoni Li 17 Maggio 1854 La prego dei nostri più cordiali ossequi al degnissimo Suo Segretario anche in nome del Rev. P. Alfieri qui giunto di fresco2. 2 Segretario di Propaganda è Alessandro Barnabò, che succederà a Filippo Fransoni come Prefetto. Giovanni Maria Alfieri (1807-1888) nasce a Milano e studia nel seminario diocesano fino al diaconato, quando entra nell’ordine dei Fatebenefratelli, in cui ricopre svariate cariche fino a diventare Superiore Generale, dal 1862 alla morte. Amicissimo di Marinoni dagli anni di seminario, coltiverà con lui un rapporto confidenziale, quale risulta dalla corrispondenza inviatagli che occupa un completo volume (AME 10) di 1232 pagine. Farà da procuratore di S. Calocero a Roma, ufficialmente dal 1854 alla morte, ad eccezione del periodo in cui è priore dell’ospedale di Verona, 1856-1861 (DONEGANA, p. 97, nota 33; TRAGELLA, I, p. 125 e passim; COGNOLI, Biografia, Nota estesa A 2). 154 50. A MONS. RAMAZZOTTI 12 giugno 1854 Propaganda apre all’Istituto la via per l’India Monsignore Ill.mo e R.mo1 Ben può immaginarsi quanto gradita riuscisse prima a S. E. R.ma Mgr. Arcivescovo di Milano e poi a tutti questi alunni la lettera a lei diretta dall’E.mo Card. Fransoni, lettera dettata con disposizioni così favorevoli, che non potevamo certamente desiderar di meglio. Noi la preghiamo pertanto di esprimere al medesimo E.mo Cardinale tutta la nostra riconoscenza e ad assicurarlo che faremo di tutto per assecondare alla meglio secondo la nostra debolezza le intenzioni della Sacra Congregazione di Propaganda. Resterebbe ora da fare la scelta dei soggetti, e da designare il Superiore a norma del desiderio espresso da S. E. Quanto a tal punto desidererei un momento di tempo per potermi abboccare con V. S. R.ma e parlarne di proposito. Il P. Taglioretti troverebbe opportuno pregare la S. Congregazione di Propaganda di accordarci per Superiore il M. R. P. Cassinelli. Questo togliereb- 1 In AME 05, p. 811. La lettera di Fransoni a Ramazzotti, tanto gradita all’arcivescovo Romilli e agli alunni, di cui parla M., mentre ribadisce di rimandare una seconda spedizione in Melanesia all’arrivo di notizie più rassicuranti, propone un’altra missione “meno difficile e perigliosa” nelle Indie orientali (AME 01, p. 129). Bisogna ora scegliere i soggetti, e per questo Marinoni vuol incontrarsi con Ramazzotti. Taglioretti pensa a Cassinelli (Lettere 48 e 49) per superiore, anche per attirare i sacerdoti Cesare Mola e Giovanni Vistarini, lodigiani e missionari in Ceylon come lui. Comunque, ciò che ora conta e fa felici è che Propaganda ha aperto una nuova via per S. Calocero: un gran sollievo per M., instancabile ma sempre debole di salute. L’accenno al “mio povero fratello” si riferisce a don Pietro, morto il 24 maggio 1854. 155 be ogni motivo di preferenza fra i nostri, ci metterebbe in mano di una persona savia, esperta, già nota e cara alla S. Congregazione, servirebbe a conciliare credito all’Istituto qui fra noi e là nelle Indie, ci guadagnerebbe facilmente i Missionari Mola e Vistarini riunendo in un solo ceto tutti i Missionari di queste parti, cosa utilissima per l’influenza morale ed anche per i mezzi della carità dei benefattori. Sento pure con piacere che V. S. R.ma abbia eletto ad arbitro amichevole per l’acquisto della Casa il M. R.do P. Taglioretti e spero che la cosa abbia a riuscire con vicendevole soddisfazione. La prego di tenermi raccomandato al Signore nei suoi SS. Sacrifici e le ricordo pure l’anima cara del mio povero fratello. Le chiedo la Pastorale Benedizione insieme con tutti questi Missionari unito ai quali mi protesto con profonda venerazione e filiale affetto Di V. S.a R.ma U.mo e D.mo Figlio P.te Giuseppe Marinoni Saronno il 12 Giugno 1854 La prego di tanti ossequi al degnissimo suo Segretario e all’ottimo Sig. De Luca. 156 51. AL PROCURATORE DEI MARISTI 30 luglio 1854 informazioni circa l’Oceania e le Indie orientali Reverendo Padre Procuratore1 Milano, 30 Luglio 1854 Ho ricevuto la sua lettera del 24 maggio scorso e rispondo subito, senza finire un’altra lettera che avevo incominciato, pure diretta a lei per inviarle il denaro necessario alle nostre missioni di Woodlark e di Rook. Lei si meraviglia del mio ritardo: la causa è stata la speranza di mandare con le provviste qualche altro missionario, ma la S. Congregazione di Propaganda ha creduto meglio di attendere notizie più rassicuranti sul successo delle nostre missioni d’Oceania, prima di esporre al rischio di tante sofferenze quasi inutili altri soggetti. Così le invio soltanto provviste di abiti, libri, oggetti, etc. e denaro. Le casse che contengono queste provviste partiranno entro pochi giorni. Troverà qui incluse due cambiali: una di 700 sterline, l’altri di 400. Spero che ciò basterà per quest’anno: l’anno prossimo, se si dovranno continuare le missioni, le invierò più prontamente quanto occorre. La Sacra Congregazione di Propaganda ha destinato altri nostri alunni alle missioni di Calcutta e Hyderabad assai vicino a 1 In AME 05, pp. 817-818, originale francese. M. scrive al procuratore dei maristi in Australia, p. Rocher, spiega il ritardo nel rispondere, informa sull’invio di provviste e soldi e comunica che Propaganda, mentre lascia in sospeso l’eventuale seconda spedizione dei nostri in Oceania, ha aperto loro due fronti nell’India, Calcutta e Hyderabad. 157 Madras, per assecondare le richieste di due vicari Apostolici di queste Province2. La prego di darmi tutte le informazioni che potrà, mio Reverendo Padre, sulle comunicazioni che si potrebbero stabilire tra le Indie Orientali e le missioni d’Oceania. Chissà che la Procura possa venir trasferita nelle Indie diminuendo forse le spese? Intanto come potrei ringraziarla abbastanza per tutte le cure che ha per i nostri missionari? Dio solo che è ricco di misericordia può ricompensarla. Solo lui può dirle: Ego ero merces tua magna nimis [Io sarò la tua ricompensa molto grande]. È a lui solo che eleviamo le nostre umili preghiere, affinché paghi i nostri debiti. Voglia gradire, Signor Procuratore, l’assicurazione del profondo rispetto e della viva riconoscenza con cui ho l’onore di essere Vostro umilissimo e obedientissimo Servitore I destinati a Calcutta sono: i sacerdoti Albino Parietti (1818-1864), il più anziano e scelto come capogruppo, Antonio Marietti (1827-1892), Luigi Limana (1824-1870) e il catechista laico Giovanni Sesana (1828-1867). Ad Hyderabad vengono destinati: i sacerdoti Francesco Pozzi (1828-1905) e Giovanni Domenico Barbero (1820-1881). Tutti appartengono alla diocesi di Milano, ad eccezione di Limana (dioc. di Trento) e Barbero (dioc. di Ivrea). Partiranno nel febbraio del 1855 (v. Lettera 56). 2 158 52. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 17 settembre 1854 ringraziare il Papa e presentare le difficoltà economiche Eminenza Reverendissima1 Il Sommo Pontefice si è degnato di dirigere al R.mo Mgr. Vescovo di Pavia un graziosissimo Breve nel quale Egli esprime come grati gli riescono i sentimenti di filiale devozione, che i nostri Missionari di Oceania e quelli di Milano gli professano, e la speranza che nutre di prevalersi quanto prima di questi alunni per guadagnare anime a Dio. Ne sia benedetto Iddio, e le grazie più sincere e più vive siano rese al Vicario SS. di Gesù Cristo per la paterna benevolenza che sempre ci dimostra. Possano sempre i suoi voti essere da noi pienamente compiuti col divino favore che con tanto cuore Egli dal cielo ci implora. Io prego insistentemente l’E.ma Vostra a voler umiliare ai piedi di sua Santità il sincero attestato della nostra riconoscenza. Il R.mo Monsignor Vescovo di Pavia mi fa sapere che il fu D. Luigi Bosisio, Arciprete degnissimo di quella Cattedrale, con suo 1 In AME 05, pp. 829-832. Il Breve di Pio IX, di cui parla M. all’inizio, è una lettera che porta la data del 29 luglio 1854, giorno in cui il Papa spedisce pure un simile scritto a Reina, in Oceania (testi in COGNOLI, Il drammatico, pp. 118119, rispettivamente in AME 08, p. 965 e ivi p. 969), e M. vuole ringraziare il Pontefice per le sue espressioni di benevolenza e fiducia. Fa quindi presente al card. Fransoni le difficoltà economiche che l’Istituto deve affrontare per sostenere i missionari d’Oceania e i preparativi per la spedizione in India, cui si aggiungono le spese per un nuovo “modesto fabbricato” a San Calocero. Marinoni ha fiducia nella Provvidenza, ma non tralascia di fare con zelo e cortesia la sua parte. D’altra parte vuol dipendere in tutto da Propaganda più che mai, dopo gli eventi del ’53, e si direbbe che il suo modo di parlare al Prefetto risente fortemente di questa preoccupazione, specialmente per ciò che riguarda l’invio nell’India, richiesto da Roma ma tuttora non ben definito. 159 Testamento del 1° settembre 1853 fra gli altri Legati fece il seguente: “Lascio di dare per una volta tanto alla Propaganda Fede austriache lire mille da consegnarsi nelle mani di Monsignor Vescovo” le quali lire mille, dedottene le spese di tassa e carta bollata per la quietanza, ora si riducono a Lire 917.46 cioè a circa 145 scudi. Mi fa sapere pure il medesimo R.mo Mgr. Vescovo che aveva ragione di credere che il testatore volesse favorire il Seminario delle Missioni Estere di Milano; ma ad ogni modo giudica necessario che io ne scriva alla S. Congregazione di Propaganda Fede per sentire il giudizio, il che io adempio con questa mia all’Eminenza Vostra R.ma. Noi abbiamo mandato ai Missionari di Oceania, parte in provigioni parte in danari, quanto ci rimaneva dei soccorsi ricevuti l’anno scorso dall’Opera Pia della Propagazione della Fede; il solo bastimento che conviene noleggiare da Sydney alle isole delle Missioni costa, così mi scrive il P. Rocher, dalle 200 alle 250 Lire sterline al mese, cioè dai mille ai mille duecento scudi: di ordinario la durata è di tre mesi, sono dunque dai 3000 ai tre mille e cinquecento scudi. Una metà circa in provigioni e denaro mandai l’anno scorso. Ora pregherei l’Eminenza Vostra di un suo consiglio. A Lione due anni fa mi prevennero che era necessario dare la nota approssimativa delle spese occorrenti l’anno prima, onde ricevere in tempo i soccorsi. Crede l’Em.a Vostra ch’io mi rivolga fin d’ora per l’anno venturo ai Consigli Centrali per raccomandare quella Missione non avendo io più nulla per essa? Si aggiunga anche la nuova spedizione di Calcutta e di Hyderabad alle quali io spero che la S. Congregazione provvederà interamente così per il viaggio come per i preparativi e poi per la permanenza colà. Io confesso schiettamente che riposo su questa speranza non avendo nulla per ora di cui disporre. Col previo consenso di S. E. R.ma Mgr. Arcivescovo di Milano e del R.mo Mgr. Ramazzotti Vescovo di Pavia, vista la necessità estrema in cui eravamo di locali, ho dovuto accingermi ad un modesto fabbricato, che offre appena il sufficiente per accogliere in una stanza separata gli alunni del Seminario. L’Eminenza Vostra può ben accorgersi se l’edificare sia una preoccupazione dovendo raggranellare qui e là i mezzi per tirar avanti e trovan160 domi ancora carico del pensiero di mantenere giornalmente in tanta penuria di vita una numerosa comunità. Vi sarebbero altri aspiranti, e in particolare un ottimo sacerdote della Diocesi d’Ivrea, compagno del Reverendo D. Domenico Barbero, inviatoci da codesta S. Congregazione. Questi ha già ottenuto l’assenso del suo R.mo Vescovo, onde spero a giorni di averlo tra i nostri. Io le vengo davanti, Eminenza R.ma, con la confidenza di un figlio: l’opera è tutta diretta alla gloria di Dio ed al bene delle anime, io la ripongo nelle mani di V. E. anzi di Sua Beatitudine, a cui se ne deve il primo pensiero, il primo impulso. Forte di tanto appoggio, ammiro come la divina Providenza va di mano in mano consolidando e svolgendo questo tenero arboscello e pregandolo di rendere il suo frutto nonostante tutti i nostri demeriti. Si degni Eminenza R.ma di implorare ognor più le benedizioni del cielo sull’opera, e di impegnare quella gran Vergine Immacolata che ne è la principal Patrona. Oh la Vergine cui si prepara in quest’anno2 un così ammirabile trionfo compia quella preghiera che ogni giorno si fa. “Dignare me laudare te, Virgo Sacrata” [Degnami di lodarti, o Santa Vergine], dia parole di vita ai Missionari e ponga sulle loro labbra le proprie lodi, affinché gli idolatri conoscano una madre così sublime, così tenera, così potente. Col più profondo rispetto e con la più viva affezione mi prostro ai piedi dell’Eminenza Vostra e baciandole la sacra porpora mi protesto Di Vostra Eminenza R.ma Milano il 17 7bre 1854 U.mo, D.mo, Obb.mo Figlio P.te Giuseppe Marinoni Dirett. del Sem. delle Miss. Estere 2 M. fa riferimento alla proclamazione del dogma dell’Immacolata. 161 53. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 9 dicembre 1854 prospettiva di una missione che serva pure a tenere i rapporti con quella dell’Oceania A S. E. il Card. Fransoni Eminenza Reverendissima1 Milano li 9 Dic. 1854 La ringrazio ben di cuore dell’ultima sua ossequientissima in nome pure di tutti questi alunni che vedono con gioia avvicinarsi il giorno di faticare nella vigna del Signore. Il R.mo Mgr. Ramazzotti Vescovo di Pavia, che si degnò di onorarci della sua presenza nella Festa di S. Francesco Saverio celebrandola pontificalmente in questa nostra Chiesa di S. Calocero, ringrazia egli pure l’Eminenza Vostra della premura paterna che ha per noi, e ha inteso con sommo piacere che si pensi ad erigere una Missione in posizione opportuna a mantenere le comunicazioni col Pre- 1 In AME 05, p. 839. Scritto breve ma importante. Fa riferimento all’apertura di una missione che possa essere anche di collegamento e di aiuto ai missionari d’Oceania, e di due missionari già designati. Si tratta di una missione in Borneo con i sacerdoti Ignazio Borgazzi (1829-1878) e Antonio Riva (18231862), e con a capo don Carlos Cuarteron (Cadice,1816-1880), ex capitano di mare passato alla causa missionaria, con una grande esperienza degli arcipelaghi indonesiani, per la cui evangelizzazione attira l’interesse di Propaganda. Il progetto matura tra lentezze e difficoltà, e solo nell’agosto 1855 si giunge all’erezione formale di una prefettura apostolica di Labuan e Borneo (TRAGELLA, I, pp. 189-194; GHEDDO, PIME, pp. 464-468). M. parla di “una nuova grazia”, ma non si nasconde gli interrogativi che comporta, anche se qui non lo dice esplicitamente. Che significa questo inatteso impegno missionario in rapporto a quello dell’Oceania e delle Indie? Un aiuto o un ostacolo? Gioverà o no a quella unità dei nostri sul campo missionario da lui sempre strenuamente difesa? 162 fetto Apostolico D. Paolo Reina e con i suoi Compagni in Oceania. È questa pure una nuova grazia che fa S. Francesco Saverio e la Vergine Immacolata, cui è sacro il nostro piccolo Istituto. Ho scritto subito a Lione e Parigi ai due Consigli della Pia Opera della Propagazione della Fede per i mezzi necessari e ne spero buon esito. Sento che v’è in Roma l’Arcivescovo di Sydney e prego l’Eminenza Vostra a raccomandare a lui pure la nostra Missione di Oceania, onde se mai gli si porgesse occasione o di far visitare quelle isole, o di accogliere Missionari nell’andata o nel ritorno, non ci neghi questo favore2. I due Missionari per la nuova Missione spero che corrisponderanno ai voti dell’Eminenza Vostra e di quel distinto Ecclesiastico che la vuol erigere. Prego la Madre di tutte le grazie che ricolmi l’Eminenza Vostra delle sue benedizioni, e baciandole ossequiosamente la Sacra Porpora ho l’onore di professarmi … 2 M. prega il cardinal Fransoni di raccomandare all’arcivescovo di Sydney, mons. Giovanni Beda Polding (1794-1877), di passaggio a Roma, “la nostra missione d’Oceania”: come mai? Non è una frase scontata, di uso. Si sa che l’arcivescovo era del parere che i missionari di San Calocero lasciassero Woodlark e Rook e passassero nella sua diocesi, dove avrebbe offerto loro un ampio territorio da evangelizzare. Non era certo questo il pensiero di M., che pur aveva forse suscitato queste parole col chiedere, forse per eccessiva deferenza, se si doveva o no richiamare i missionari di Oceania; ora cerca di riparare l’eventuale sbaglio (cfr. COGNOLI, Il drammatico, pp. 77-78). 163 54. ALL’IMPERATRICE D’AUSTRIA 3 gennaio 1855 M. informa sull’Istituto e chiede aiuti1 S. E. R.ma Monsignor Arcivescovo di Milano assieme con gli Ill.mi e R.mi Vescovi di Lombardia, corrispondendo volonterosi ai vivi ed espressi desideri dell’immortale Pontefice felicemente regnante, istituirono sul finir dell’anno 1850 in questa città di Milano un Seminario per le Estere Missioni, al cui progetto aveva già applaudito l’Eccelso Ministero (allegato A) di Vienna, interprete fedele dei sentimenti piissimi del Nostro Augusto Sovrano. Il Signore si degnò di benedire i primordi del nuovo Istituto, e già dodici Missionari e tre Catechisti partirono di qui per evangelizzare barbare regioni, ed altri sette sono pure vicini alla partenza, onorati della particolare benevolenza e fiducia della Sacra Congregazione di Propaganda e di Sua Santità. La carità di privati benefattori insieme alle generose elargizioni del venerato nostro Pastore e di altri Vescovi, specialmente del R.mo Mgr. Ramazzotti Vescovo di Pavia, ha fatto fronte finora ai più urgenti bisogni dell’Istituto nascente, obbligato non solo a mantenere in tempi di tanto costo dei viveri un numero vistoso di alunni, ma ancora a comprarsi una località dove erige- 1 In AME 05, pp. 845-847. Destinataria è l’imperatrice madre, Maria Anna Pia (v. Lettera 64), cui M. parla dell’Istituto e dei suoi bisogni, e invia pure “il libretto delle nostre Regole”, cioè la “Proposta”, e “un Fascicolo di notizie” sugli eventi del medesimo, forse le “Memorie Cronologiche alla Casa delle Estere Missioni” (COLOMBO, PIME, p. 123), completate per l’occasione. Il tutto viene inoltrato per mezzo di mons. Daniele Canal (1791-1884), canonico veneziano, fondatore di istituzioni religiose e di opere di carità (COLOMBO, Un Pastore ... Lettere, passim, v. indice nomi di persone). 164 re, come attualmente si fa, un modesto edificio per accogliere gli aspiranti alle Missioni in stanze separate. La Sacra Congregazione di Propaganda ha pur diretto un invito (allegato B) a S. E. R.ma Mgr. Patriarca di Venezia e ai suoi R.mi Suffraganei perché vogliano concorrere anch’essi ad un’opera che tanto interessa la Santa Fede Cattolica. L’umilissimo sottoscritto Diocesano Milanese e già Parroco in Roma, essendo stato (per graziosa elezione dei R.mi Vescovi di Lombardia confermata dalla S. Congregazione di Propaganda) incaricato della direzione del nascente Istituto, si trova nel dovere di invocare nelle gravi strettezze dell’Istituto medesimo la pietà di Coloro cui Iddio largiva cuore generoso e mezzi competenti a beneficio dei fratelli indigenti. Il nome della Maestà Vostra risuona talmente associato a quanto si opera di bene per la gloria di Dio e la salvezza delle anime in questo vasto impero e anche fuori, che io crederei mancare ad un mio debito ove non sottoponessi anche la povera nostra Casa ai suoi Benigni Sguardi. Forse questi sguardi così santamente attenti agli interessi della pietà e della Fede hanno già scorto anche da lungi questa piccola Istituzione, di cui parlarono talvolta gli Annali della Propagazione della Fede e qualche religioso giornale. All’intento però di offrire alla Maestà Vostra una più esatta cognizione del Collegio, mi permetto di porgerle con la presente ossequiosa supplica il libretto delle nostre Regole, e un Fascicolo di notizie riguardanti gli eventi dell’Istituto. Lo zelantissimo e così benemerito Sig. Abb.e Cav. Canal, che nel suo rapido passaggio per Milano si è offerto graziosamente di umiliare in persona questa istanza alla Maestà Vostra, potrà attestarle ancora la viva sollecitudine del nostro amantissimo Arcivescovo per il bene di questo Istituto e fare le debite scuse se la brevità del tempo non ci ha concesso di rendere meno impropria la forma dell’annesso fascicolo e del libretto. Confidando che le nostre preghiere possano essere dalla Maestà Vostra esaudite, noi le anticipiamo le più sincere azioni di grazie, invocando con tutto il cuore sopra la Maestà Vostra, sul Suo Augusto Consorte e già nostro amatissimo Sovrano, sul suo degno Nipote l’Imperatore gloriosamente regnante e su tutta 165 l’Augusta Casa d’Austria le più copiose benedizioni del Cielo. Prostrato al Trono della Maestà Vostra ho l’onore di protestarmi con i sensi della più profonda venerazione Di Vostra I. R. Apostolica Maestà … Milano il 3 Genn. 1855 166 55. AL SIG. TERRET – PROPAGAZIONE DELLA FEDE 3 febbraio 1855 richiesta di sussidi per i missionari d’Oceania1 Milano 3 Febbraio 1855 Al Sig. Terret, Presidente del Consiglio Centrale di Lione Signor Presidente Le offro i più vivi ringraziamenti a nome di tutti i nostri missionari per la somma che i Consigli di Lione e di Parigi hanno assegnato (...) e le siamo sinceramente debitori per lo sforzo da lei fatto e l’eccezione concessa per questo Seminario (...). Nello stesso tempo che ricevevo la sua lettera, ho ricevuto lettere da Sydney del 24 ottobre e del 20 novembre in due giorni consecutivi, nelle quali il Reverendo Padre Rocher della Società di Maria, nostro benevolo Procuratore, ci informa che ha inviato provvigioni di viveri per sei mesi ai nostri Missionari di Woodlark e di Rook, ciò che assieme alla spesa per la goletta del trasporto gli è costato la somma di lire sterline 731; la prossima primavera, deve inviare provvigioni per un anno intero, il che costerà la somma di circa mille lire sterline: 500 per la goletta e il resto per le provvigioni, che a Sydney costano molto a causa delle miniere d’oro ivi gestite. 1 In AME 05, pp. 859-860, originale francese. Lettera di ringraziamento sincero e di richiesta appassionata. M. sente come sue le gravi e continue malattie e privazioni dei missionari d’Oceania. 167 Questi poveri Missionari di Woodlark e di Rook sono veramente degni della sua pietà: sono stati ammalati quasi per un anno e mezzo, e quando abbiamo ricevuto le loro ultime lettere, non erano ancora guariti, tanto terribile è il clima. Allorché sono state portate loro le cose che avevamo inviate dall’Europa, non avevano quasi vestiti né biancheria se non in cattivo stato. Erano obbligati ad asciugare al sole tutti i giorni i panni del letto bagnati da sudore abbondante a causa delle violenti febbri. Mi faccia il favore di chiedere altri aiuti, mentre la devo ringraziare per quanto già mi dà, ma è la pura necessità che mi costringe ad esporle questo nuovo bisogno. La prego di gradire ecc. 168 56. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 4 febbraio 1855 annuncia l’andata a Roma dei partenti per l’India Milano il 4 Febb. 1855 Eminenza Reverendissima1 Sono finalmente giunti i sussidi di Lione per la spedizione dei cinque nostri allievi alle Indie Orientali. Ben è vero che invece di 1 In AME 05, pp. 863-864. La lettera contiene importanti eventi, anche se espressi con brevità e in tono piuttosto dimesso; esige pure alcuni chiarimenti per evitare malintesi. Anzitutto si parla dei partenti per l’India (Calcutta e Hyderabad): sono i sei già menzionati (Lettera 51), 5 sacerdoti e 1 laico catechista, che ormai hanno via libera per la missione; poi dei due sacerdoti legati al Cuarteron (Lettera 53), destinati alla missione in vicinanza e aiuto alla Melanesia, ma al momento ancora da precisare. Però tutti e otto ricevono il crocifisso da M. il 19 febbraio 1855, durante la medesima funzione celebrata nella chiesetta di San Calocero e presieduta dall’arcivescovo di Milano. Assieme fanno a tappe il viaggio fino a Roma, dove giungono il 23 febbraio, accolti dal p. Alfieri. Qui i due gruppi si dividono in alloggi diversi e percorrono un differente cammino. Per quelli dell’India, Propaganda mette a punto il progetto, sia per il Bengala (Calcutta) che per Hyderabad, e il 21 marzo i destinati possono partire per la missione, dopo l’incontro col S. Padre il giorno 14. I sacerdoti del secondo gruppo dovranno attendere più a lungo per la precisazione del campo di lavoro e lasceranno Roma nel novembre 1855, diretti in Spagna (Cadice) e poi a Manila, dove giungeranno il 16 giugno 1856 e attenderanno i reduci dell’Oceania destinati al Borneo (Reina, Raimondi, Tacchini), e assieme salperanno per Labuan solo il 12 marzo 1857 (BRAMBILLA, pp. 135-146; TRAGELLA, I, pp. 187-194; GHEDDO, PIME, pp. 463-466). M. tratta quindi di problemi finanziari e infine prega il cardinale Prefetto di fare buona accoglienza ai partenti, ottenendo loro pure un’udienza col Papa. In questa parte della lettera appare chiaro uno stile accentuato di umiltà, si direbbe quasi di timore. M. vuol mostrare la piena sottomissione sua e dei membri dell’Istituto a Propaganda e al Santo Padre, e far dimenticare ogni eventuale residuo di contrasto per le vicende del ’53. 169 20.000 franchi i due Consigli non ci hanno assegnato se non 12.000; ma la benigna promessa fattaci da Vostra Eminenza, e tuttociò che ci sforzeremo di aggiungere noi e di risparmiare sulle spese, ci fanno tentare senza imprudenza l’invio. Perciò aderendo ai desideri già espressi dall’Eminenza Vostra con sua ossequiatissima lettera del 22 novembre 1854 n. 3, io do tutte le disposizioni per la partenza dei detti cinque Missionari, a cui aggiungo un solo Catechista. Si avrà anche un risparmio di spesa notevole se per la benigna interposizione dell’Eminenza Vostra si potranno ottenere i posti gratuiti fino ad Alessandria. Sarebbe nostro desiderio mandare a Roma insieme con i Missionari suddetti i due Sacerdoti destinati ad accompagnare il Sig. Quarteron, sui quali aspetto a momenti, come mi fa sperare il P. Alfieri, le determinazioni venerate dell’Eminenza Vostra. Troverà qui annessa una copia della lettera scrittami da Lione, onde l’Eminenza Vostra possa meglio conoscere i sentimenti degli Amministratori dell’Opera Pia della Propagazione della Fede, ai quali la pregherei umilmente di significare, se lo crederà nella sua saviezza, il suo venerato gradimento per il sussidio eccezionalmente accordatoci, tanto più che a momenti mi converrà sollecitare nuovi soccorsi per le Missioni di Rook e di Woodlark sui bisogni delle quali ho ricevuto lettera dal P. Rocher Procuratore a Sydney, in questi giorni medesimi. Il detto Padre ha loro mandati in Ottobre i viveri per sei mesi, contraendo un debito di 400 Lire Sterline. In Maggio deve fare una nuova provvigione per essi; ora avendogli io mandato 1100 Lire Sterline, non gli restano che 700 Lire in mano, le quali non bastano per le sovvenzioni di un anno, quale deve essere la spedizione che in maggio si farà (...). Non è necessario che io supplichi l’Eminenza Vostra di accogliere con amorevolezza i nostri allievi; la bontà ben nota del suo cuore paterno mi dispensa da tutto. Essi verranno accompagnati con lettere di S. Ecc.za Mgr. Arcivescovo di Milano e del R.mo Mgr. Vescovo di Pavia, e l’Eminenza Vostra si degnerà di ottenere che possano baciare i piedi al Vicario SS. di Gesù Cristo, nelle cui mani interamente si mettono. Quello che posso con tutta certezza affermare di essi è che hanno una sincerissima devo170 zione verso il Sommo Pontefice, e un gran desiderio di salvare quelle anime che costano tanto sangue al Divin Salvatore. Non hanno gran dottrina, ed è necessario ancora molto esercizio per parlare con speditezza l’Inglese e il Francese; ma hanno tutti un buon volere e l’amore all’applicazione, al travaglio, ai sacrifici. 171 57. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 24 maggio 1855 scrive del suo viaggio in Veneto per vocazioni Milano, Maggio 24, 1855 Eminenza Reverendissima1 In adempimento del grazioso incarico datomi dall’Eminenza Vostra con ossequiato foglio del 24 Marzo scorso di invitare le Diocesi Venete ed altre ad inviare quei Sacerdoti che si sentissero chiamati al ministero Apostolico, a questo nostro nascente Seminario di Estere Missioni, mi sono recato a Piacenza, Parma, Verona, Vicenza, Mantova, Venezia, Udine; parlai con i R.mi Vescovi di Ceneda e di Chioggia, e dappertutto trovai le più favorevoli accoglienze, e potei in vari Seminari far conoscere agli allievi del Santuario il novello Istituto, e l’importanza di un’Opera così cara alla S. Congregazione di Propaganda. La lettera dell’Eminenza Vostra fece ovunque la più grata impressione, e spero che produrrà ben presto i suoi frutti. S. E. R.ma Mons. Patriarca di Venezia aveva già con apposita sua Circolare notifi- 1 In AME 05, pp. 873-875. Un viaggio in Veneto per “propaganda” missionaria e vocazionale da tempo occupava la mente di M.; con le nuove spedizioni e dopo l’invito espresso di Propaganda egli rompe ogni indugio. Il giro dura circa un mese, dalla fine di aprile alla fine di maggio, e lo porta in varie diocesi venete. Per Marinoni sarà l’occasione per visitare pure alcuni vescovi e seminari lombardi. Dovunque accoglienza cordiale, aperta, promettente (v. Lettera 58); ma quanto fruttuosa? Il 4 agosto seguente M. sentirà il bisogno di inviare una lettera circolare ai vescovi del Veneto e dell’Emilia per chiedere sostegno con vocazioni ed offerte (testo in BUBANI, pp. 36-37, AME 05, p. 867). 172 cato ai Vescovi della sua Provincia e raccomandato loro la medesima cosa. Mons. Trevisanato Arcivescovo di Udine ebbe la bontà di accompagnarmi egli stesso in Seminario e di presentarmi egli stesso ai Chierici Studenti di Teologia. Prevalendomi della stessa felice congiuntura visitai i R.mi Vescovi di Cremona, di Mantova, di Brescia già associati a questo Istituto, e parlai nei loro Seminari sull’estrema miseria dei popoli infedeli e sul desiderio del Vicario SS. di Gesù Cristo, che le Missioni Estere siano amate e promosse. Si degni Dio di benedire il grano di senape che vi è gettato. Dietro insinuazione del R.mo Mons. Vescovo di Pavia non mancai nel tempo medesimo di rappresentare, dove se ne offrisse opportuna occasione, le gravi strettezze economiche dell’Istituto, il quale non ha altro appoggio che la privata beneficenza, ed ha dovuto subire forti dispendi per l’acquisto del locale, per la costruzione iniziata di un sufficiente edificio, per la compera pur necessaria di un pezzo dell’orto non essendoci luogo per muovere due passi, e desiderandosi ancora dai buoni che vi sia qui un oratorio festivo per l’istruzione dei poveri fanciulli in questo quartiere della città poco o nulla curati, mentre in altri abbonda l’opera d’educazione. A questo proposito debbo essere molto obbligato alla gentilezza di un ottimo Signore di Padova che forse non sarà ignoto all’Eminenza Vostra, il Sig. Giacomo Moschini, per consiglio del quale mi presentai dal Sig. Silvestro Camerini, Commendatore e Gonfaloniere nominato della città di Ferrara, ricchissimo Signore, e molto propenso a favorire l’opera delle Missioni. Lessi al detto Sig. Camerini la bellissima lettera dell’Eminenza Vostra, ed egli (dopo varie dichiarazioni da me fornitegli nell’intento di fargli meglio conoscere con quanta benevolenza ci riguardi la S. Congregazione e il S. Padre particolarmente) ebbe la bontà di offrirmi 40 napoleoni d’oro, facendomi intravedere che non sarebbe forse contrario a qualche altro sussidio in avvenire. Il Sig. Moschini mi afferma che se il Sig. Camerini venisse con lettera da Roma assicurato del gradimento della S. Congregazione e specialmente del Supremo Gerarca, e gli si lasciasse scorgere la speranza di quelle onorevoli distinzioni, che si sogliono talvolta accordare alle persone benemerite del173 la Religione, il nostro Istituto sarebbe sicuro quanto ai mezzi temporali per il suo avvenire, e si convertirebbe a favore delle Missioni una buona parte di un’immensa sostanza che forse non ha ancora alcuna determinazione. Mi ha perciò raccomandato il medesimo Sig. Moschini di far presente ciò all’Eminenza Vostra, troppo premendogli che la cosa, così felicemente coll’autorità del suo ossequiato foglio incominciata, abbia il suo pieno compimento. Potrebbero così fissarsi gli appuntamenti per i necessari Professori, ed assegnarsi delle pensioni per gli alunni ad imitazione dell’Istituto Brignole-Sale di Genova. Io sottometto interamente la cosa alla sua alta saviezza, esigendo il maneggio di un sì geloso affare tutta la delicatezza e la maturità2. In questi giorni ho avuto la sorte di conoscere il R.mo Arcivescovo di Sydney: egli mi parlò di una Missione che potrebbe stabilirsi a Porto Curtis, circa 400 leghe da Sydney, dove si avrebbe anche comodità di una procura per le Missioni di Oceania. Ma siccome non offriva i mezzi necessari, né aveva prese le necessarie intese coll’Eminenza Vostra, da cui noi interissimamente dipendiamo, mi sono accontentato di domandare tutti quei dettagli, che in avvenire potrebbero al caso servirmi di lume. Del resto so che l’Eminenza Vostra in attenzione alle lettere dei nostri Missionari di Oceania stima immatura ogni risoluzione, e mi pare che nessuno mancherebbe di lodare questo consiglio3. Debbo renderle ancora vive grazie per tanti favori impartiti ai nostri Missionari, e per le efficaci commendatizie loro fornite, le quali valsero loro i buoni uffici del Console Austriaco presso la direzione dei Vapori Inglesi e ottennero ottimi patti per la navi- La richiesta di aiuti finanziari è pure lo scopo di questo viaggio. E anche in questo M. si mostra ardito come sempre; ne è una prova il suo contatto coi signori Moschini e Camerini e i frutti che se ne ripromette con un intervento di Propaganda. Ma su questa vicenda non abbiamo ulteriori dati. 3 L’arcivescovo di Sydney non è nuovo a proposte del genere talvolta generose ma anche interessate (v. Lettera 53) e M. ha troppe ragioni per mantenere le sue riserve. 2 174 gazione alle Indie, come mi scrissero da Suez in data del 21 Aprile scorso. Accolga gli ossequi di tutta questa sua devota famigliuola, e specialmente di chi si sottoscrive con venerazione ed affetto il più sincero Dell’Eminenza Vostra Reverendissima Umilissimo ed Ubbidientissimo Figlio e Servitore Prete Giuseppe M. 175 58. A D. ALBINO PARIETTI 24 giugno 1855 chiede e dà molte notizie sulle missioni e l’Istituto Milano il 24 Giugno 1855 Carissimo e Riveritissimo D. Albino1 Le sono debitore di molte lettere da Malta, da Suez, dal Ceylan e prima ancora da Roma, nelle quali mi ha di mano in mano informato pienamente di tutte le circostanze del viaggio. Sia benedetto Iddio che li ha condotti, come spero, sani e salvi alla meta: a giorni aspetto appunto lettere da Calcutta che mi partecipino il loro arrivo e le accoglienze ricevute dall’Ottimo Mgr. Carew Vicario Apostolico, al quale la prego di offrire i nostri profondi ossequi. La pregherò ancora a darmi un’esatta nota delle spese occorse nel viaggio perché ci serva di norma, benché possiamo quasi rilevarla intera da ciò che già è stato scritto. Abbiamo avuto lettera pure da Bombay dove sono giunti felicemente il 10 Maggio i nostri cari Missionari Pozzi e Barbero. Qui a Milano ho parlato col Sig. Casella Console Sardo, il quale mi ha promesso tutto l’appoggio da parte sua in ogni cosa che occorresse. Forse sarà bene mettersi in relazione con Lui per la trasmissione di qualsiasi cosa abbisognasse. In AME 08, p. 15 ss. Ricordiamo che Parietti è il capogruppo dei quattro inviati nel Bengala occidentale (v. Lettera 51). Essi sbarcano a Calcutta all’inizio di giugno 1855 e il 17 dello stesso mese arrivano a Berhampur (o Berhampore), dove li manda il vicario apostolico di Calcutta, mons. Patrizio Giuseppe Carew (1800-1855), da cui dipendono. Marinoni si mostra vivamente interessato a dare e chiedere le maggior informazioni possibili. Fa parte del suo criterio di governo: tenere i missionari vicini a sé, a San Calocero e tra di loro con lo scambio di notizie (per nomi e fatti qui ricordati vedere Lettere 50, 51, 56, 57). 1 176 La S. Congregazione di Propaganda mi ha animato a fare un viaggio nel Veneto e a Parma e Piacenza per indurre quei Vescovi in suo nome ad inviare soggetti al nostro Istituto; mi sono recato fino a Udine, e dappertutto ho incontrato le più favorevoli accoglienze: ho parlato nei Seminari di Cremona, di Mantova, di Venezia, di Udine, di Brescia, di Bergamo, di Pavia, spero con frutto, perché i Seminaristi mi udivano con molta attenzione e compiacenza. La fabbrica prosegue alacremente; preghiamo ut quod temporalibus proficit spatiis, spiritualibus amplificetur augmentis [affinché col progredire dello spazio materiale, si allarghi pure quello spirituale]. I due Missionari di Roma non si sono ancor mossi: forse aspettano lettere dall’Oceania, le quali a dir il vero non sono ancor venute, ma dovrebbero giungere fra poco, perché se l’anno scorso giunsero il 23 di Aprile, il bastimento però da Sydney per le isole era partito 2 mesi prima, cioè il 20 Agosto e non il 19 ottobre come l’anno passato, in pari saremmo adesso nel tempo di ricevere le sospirate notizie. Noi aspettiamo con ansietà notizie del clima di Calcutta, dell’indole degli abitanti, delle speranze, dei timori, delle difficoltà; di quello che importerebbe sapere, ma convien andare adagio nel pronunziare, e pesare bene e intender bene le cose, prima di discorrere, ciò che mi prometto senz’altro dalla sua saviezza e dal suo criterio. Io ho ricevuto pure una carissima lettera da D. Antonio Marietti e un’altra da D. Luigi Limana: sono gratissimo per la delicatezza e i sentimenti che esprimono, ed è un pegno ben dolce di un felice esito questa bella strettissima unione di cuore che passa tra noi. Non passa giorno che io non li raccomandi, come devo, a Dio, e adesso sento viva la devozione quando al mezzogiorno si dice: forse a quest’ora i nostri fratelli dispersi fra i pericoli e le fatiche si raccolgono in segreto a parlare con Dio, raccogliamoci anche noi. Ieri abbiamo fatto il S. Ritiro, e com’era naturale, i nostri cari Missionari ebbero la loro menzione. Qui è ritornato il Missionario Mola dal Ceylan; egli ha ottenuto di rimanere per qualche tempo, e si è recato a Pavia a stu177 diare chirurgia con dispensa della S. Congregazione di Propaganda. Si dice che egli e Vistarini sarebbero pronti ad associarsi con noi, e che Mgr. Bravi, Vescovo Coadiutore di Colombo nel Vicariato Meridionale del Ceylan, abbia intenzione di recarsi in Europa per concludere qualche cosa con la S. Congregazione, ma finora sono voci e non più e potrebbero finire come le cose che si dicevano dell’Arcivescovo di Sydney, il quale è stato qui in Milano e ci ha proposto la Missione di Porto Curtis sopra Sydney, senza però avere alcuna istruzione di Propaganda e senza presentare i mezzi per sostenere la Missione. S. E. R.ma mi incarica di offrire loro i suoi saluti: egli ci ha aperto la sua villeggiatura di Senago per passarvi il Luglio e l’Agosto; non poteva essere più opportuno il luogo, essendo anche fornita la casa di ogni cosa. Tutti gli amici, i conoscenti, salutano caramente e accompagnano con mille auguri i nostri buoni Missionari. Ricordiamoci che l’impresa è grande e bellissima, è iniziata dal Figlio di Dio, è continuata dai suoi S. Apostoli, da S. Tommaso in specie e dall’ammirabile S. Francesco Saverio: siamo con essi: nostra conversatio in coelis sit [la nostra conversazione sia nei cieli, Fil 3,20]. Il mondo, ricordiamoci, è stato salvato più con i patimenti, con i travagli e col sangue che con le parole. S. Giovanni Battista di cui oggi ricorre la solennità meditò e fece penitenza per 30 anni prima di predicare per due anni e mezzo. Per animare alla penitenza esibì se stesso esemplare perfetto di tale virtù, miei carissimi D. Albino, D. Antonio, D. Luigi, mio caro Sesana salvato così mirabilmente da tanto pericolo, sit nobis cor unum in Deo et anima una [abbiamo in Dio un cuor solo e un’anima sola, cf. At 4,32]. Quanto si vede attenta la mano di Dio nel fatto del nostro buon Catechista! Me lo saluti tanto: tutti ci congratuliamo con lui e ci rallegriamo della sua salvezza: io ne ho ricevuto un caro biglietto da Roma a cui risponderò in seguito, come scriverò ai sigg. Marietti e Limana2. 2 M. termina con una elevazione spirituale ed accenna ad un grave pericolo da cui il catechista Sesana si sarebbe salvato per un miracolo. Questi, durante la navigazione, scivolò sulla tolda della nave e per poco non cadde in mare; 178 Intanto la pace, il gaudio, la comunicazione dello Spirito di Gesù Cristo sia sempre con essi loro, come con chi pieno di cuore si dice Aff.mo in Cristo P.te G. Marinoni Tacconi, Taglioretti, Maggioni offrono tanti saluti. Appena riceveremo le altre lettere, riscriveremo: il suo fratello Giovanni sta bene e scriverà a momenti. rimasto penzoloni sulle acque e sorreggendosi ad una corda con una sola mano, fu soccorso in tempo dai marinai. 179 59. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 4 agosto 1855 invia lettere dell’Oceania e notizie dell’India Eminenza Reverendissima1 Milano li 4 Agosto 1855 Siano rese infinite grazie al Signore: ci sono giunte alfine le sospirate notizie dei nostri Missionari di Oceania, che ci davano tanto motivo di temere sul loro conto. La mano tremava nell’aprire quelle lettere che potevano annunciare la morte di uno o più dei nostri cari compagni. Iddio ce li ha tutti conservati: solo uno dei buoni e bravi catechisti si trova ridotto agli estremi dalle febbri e dalla gonfiezza. Seguendo il consiglio del R.mo Mgr. Ramazzotti Vescovo di Pavia, io le mando le copie genuine delle lettere venute, onde l’Emin.za Vostra rilevi senza commenti il vero stato delle cose e proceda a quelle determinazioni che nella sua saviezza crederà più opportuno. V’è una lettera diretta all’Eminenza Vostra, vi sono tre lettere a me dirette, l’una da D. Paolo Reina, l’altra dal P. Salerio, la 3a del P. Mazzucconi, il quale come vedrà domanda da me una pronta risposta che io tutta rimetto nelle mani dell’Eminenza Vostra. Vi aggiungo un estratto di varie lettere, perché meglio appaia la vera posizione dei Missionari. 1 In AME 05, pp. 883-884. M. si affretta a comunicare al cardinale Fransoni le notizie arrivate dall’Oceania, poco confortanti, come già si sapeva. Il catechista ridotto agli estremi è Giuseppe Corti, che muore il 17 marzo del 1855, a 38 anni. Proseguendo, M. tratta della necessità urgente di mandare altro denaro, ma senza porsi il problema di un eventuale ritiro dei nostri, data la situazione, mentre da un certo tempo già i missionari sul posto ne stavano discutendo. 180 I Missionari a quest’ora avranno ormai consumato quasi tutto il denaro loro inviato: io raccomando questa partita alla S. Congregazione perché vi metta il più sollecito riparo, non potendo io chiedere nulla a Lione senza un preventivo che mi è sempre impossibile finché non conosco la destinazione per l’avvenire. L’anno passato ho pur ritardato a mandar loro soccorsi per quest’unico motivo. Anzi vorrei pregare l’Eminenza Vostra ossequiosamente a provvedere a questo punto in modo che io ne resti sgravato, perché i Missionari, come vedrà, domandano denaro, non solo per l’occorrente ma anche di scorta per ovviare al pericolo già corso di restar sprovveduti al momento, e il P. Rocher mi scrive che, non ricevendo a tempo i soccorsi, un’altra volta egli sarebbe costretto a lasciare i nostri Missionari alla discrezione degli indigeni naturali. Ora avevano in mano 700 lire sterline: 500 di esse per lo meno dovranno servire per il noleggio del bastimento che deve andare a visitarli e trasportarli probabilmente a Sydney, dove già a quest’ora saranno giunti. Le altre 200 saranno esaurite dalla loro dimora in questa città dove tutto è caro, carissimo. Importa perciò assai di inviar loro un pronto soccorso, perché ci vogliono tre o quattro mesi solo per il viaggio. La perdita pure del denaro nei cambi (credo undici lire sterline), le spese straordinarie che saranno occorse nel viaggio e il mantenimento dei Missionari a bordo etc. tutto va computato. Io scriverei subito a Lione, ma, ripeto, non sarei ascoltato, se non presento qualche cosa di concreto e di autorizzato da codesta S. Congregazione, alle cui disposizioni pienamente mi abbandono esponendo, solo per dovere di coscienza e ad evitare gravissimi inconvenienti, le difficoltà della mia situazione. Ho pure ricevuto notizie dalle Indie Orientali; sono eccellenti così per la Missione di Calcutta come per quella di Hyderabad. I tre di Calcutta sono inviati a Berampoor, il R.do D. Domenico Barbero a Masulipatam sulla costa del mare Indiano, D. Francesco Pozzi resta a quel che pare col R.mo Vicario Apostolico2. Per i quattro missionari di Calcutta si veda la lettera precedente; dopo il periodo iniziale passato insieme a Berhampur per ambientarsi e apprendere un 2 181 Troverà pure unita una lettera del Prefetto Apostolico D. Paolo Reina al R.mo Mgr. Ramazzotti, in cui espone il suo parere che, per la conversione di quegli isolani, il miglior mezzo sarebbe la colonizzazione; parla anche del progetto di evangelizzare la Nuova Guinea. Ho voluto aggiungere anche questa a maggior completezza, benché si tratti di cose più teoretiche che pratiche al momento! Spero che l’Eminenza Vostra, che ha tanto a cuore quelle povere Missioni e tanto amore per i nostri missionari, accoglierà benignamente questa mia rispettosa lettera che io chiuderò esprimendole tutto l’ossequio e l’affetto di chi si pregia veramente di essere Dell’Eminenza Vostra Rev.ma … po’ le lingue, si stabiliscono in tre località diverse: il superiore Parietti resta allo stesso posto, Limana va a Krishnagar e a lui si unisce il fratel Sesana dopo essere stato un po’ di tempo con Parietti e Marietti a Jessore. I due di Hyderabad, Francesco Pozzi e Giovanni Domenico Barbero, arrivano in missione nel giugno del 1855, accolti dal vicario apostolico mons. Daniele Murphy (1815-1907): il primo rimane a Secunderabad, sobborgo di Hyderabad, con Murphy, mentre il secondo va a Masulipatam. 182 60. A P. GIOVANNI MAZZUCCONI 7 agosto 1855 trasmette le domande a Propaganda dà e chiede informazioni Milano il 7 Agosto 1855 Carissimo mio Padre Mazzucconi1 Rispondo a Lei solo, benché sia persuaso che questa lettera troverà tutti i nostri amati Missionari riuniti in Sydney coll’ottimo Prefetto Apostolico. Quanto sospirate ci giunsero le notizie di Oceania! La mano tremava nell’aprir quelle lettere nunzie di vita o di morte dei nostri dolcissimi colleghi. Sia benedetto Iddio che ce li ha tutti conservati, se pure il buon Catechista Corti ha potuto superare la forza del morbo che lo aveva già ridotto agli estremi; se no: sia pace a quell’anima santa che noi non dimenticheremo mai nelle nostre deboli orazioni. Ma quanti patimenti, o miei cari, quante afflizioni di corpo e di spirito! a quali dure prove non ha il Signore sottoposta la loro costanza! Sia di nuovo ringraziata quella bontà che ha dato loro tanta forza, tanta calma, tanta rassegnazione. 1 In AME 05, pp. 885-886, minuta incompleta. Del catechista Corti già s’è detto che era morto il 17 marzo 1855. Quanto alle “domande” di Mazzucconi che M. invia a Propaganda (v. anche Lettera precedente), pare si trattasse della questione del ritiro dei missionari a Sydney, in attesa di disposizioni superiori, circa la quale il futuro martire andava sempre più riflettendo, specialmente nell’ultimo periodo passato a Sydney, 19 aprile-18 agosto 1855 (TRAGELLA, I, p. 170-171). Il Diario di Mazzucconi, di cui parla poi M., era un lavoro prezioso, con notizie particolareggiate sulle isole dell’area, raccolte nel viaggio da Rook a Sydney passando per la Nuova Bretannia, in vista di un’eventuale scelta di campi missionari più facili; purtroppo andò perduto con la sua morte. Ritroveremo in seguito i missionari De Conti e Robbioni. 183 Alle sue domande, sentito ancora il consiglio del R.mo Mgr. Ramazzotti, non posso risponder nulla: ho subito scritto alla S. Congregazione esponendo il genuino stato delle cose, e implorando una sollecita decisione. La Provvidenza ha disposto che vi sia ancora in Roma un ottimo missionario Spagnuolo, il Sig. D. Carlos Cuarteron, già Capitano di mare e ricco proprietario di bastimento, il quale avendo nei suoi viaggi alle Isole Celebi trovato non pochi Gentili ben disposti a ricevere la dottrina evangelica, avendone anzi battezzati alcuni, ritornando in Europa si fece sacerdote e Missionario e ora, associandosi i nostri due alunni D. Antonio Riva e D. Ignazio Borgazzi, si prepara a ritornare colà per compiere l’opera così felicemente col divino aiuto incominciata. Con esso io credo, la S. Congregazione concerterà i più opportuni provvedimenti anche per i nostri Missionari di Oceania. Intanto io li prego ad espormi subito i loro bisogni pecuniari: quanto prima spedirò loro l’elemosina delle Messe, così delle prime cioè n. 1289, come delle ultime cioè n. 1540. È anche bene che essi scrivano all’Opera Pia di Lione esponendo le proprie necessità: mandino però a me la lettera, perché io la trasmetta. Crederei poi opportunissimo che ella mi trasmettesse le notizie sulle varie isole di codesto Vicariato e sue vicinanze da lei raccolte nel suo Diario: ma stimerei bene che non si privasse del Diario medesimo, perché le potrebbe tornare utile in qualche circostanza. Anzi vorrei pregarla a fare una memoria alquanto ragionata da presentarsi all’Opera Pia della Propagazione della Fede a Lione per tenere a noi affezionati quegli eccellenti amministratori. Il bravo Baron di Jessé è morto e gli è succeduto M. Terret; così pure è morto il Tesoriere M. de Choiselat a Parigi e gli è succeduto il figlio. A Lione forse invierò la memoria scritta dal nostro amato Prefetto Apostolico al R.mo Mgr. Ramazzotti. Qui abbiamo il colera e ci siamo offerti per l’assistenza: a momenti forse dovrò recarmi a Parabiaco dove infierisce assai. D. Luigi De Conti è a Merate, D. Costantino Robbioni a Saronno per lo stesso fine, gli altri sono a Senago nella villa dell’Arcivescovo, pronti però essi pure ad ogni richiesta. Le loro famiglie grazie a Dio stanno tutte bene: solo il padre di D. Timoleone, come già avranno rilevato dalle lettere chiuse nelle tre casse, è passato a miglior vita nel passato … 184 61. A GIACOMO SCURATI 13 settembre 1855 consigli circa la sua vocazione Milano il 13 7bre 1855 Mio Carissimo e Degnissimo Sig. Scurati1 Rispondo un po’ tardi alla graziosissima sua, perché meritavano tutta la mia considerazione le cose in essa esposte, e la decisione che ella bramerebbe. Tutto ponderato, ho concluso che ella ha bisogno non solo di una decisione, ma una decisione autorevole sia in riguardo a Lei per calmare le incertezze del suo spirito, sia a riguardo degli altri e specialmente dei Superiori, perché non sia presa, come un capriccio; ma le sia data quell’importanza che merita al cospetto di quel Dio, che, mentre da sua parte cum magna reverentia disponit nos [con grande riverenza dispone di noi, Sap 12,18], ci fa pur sentire dall’altra quanto anche noi con riverenza e amore dobbiamo a più forte diritto contribuire in una determinazione che tocca le ragioni di Dio, il quale dichiara che nemo assumit sibi honorem, sed qui vocatur a Deo tamquam Aaron [nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne, Eb 5,4]. Posto questo, mi sono domandato se la mia decisione potesse esser tale, e la risposta fu agevole. 1 In AME 05, pp. 899-900. Un esempio di come si muove Marinoni di fronte a vocazioni ancora incerte. Pur bisognoso di personale missionario, egli è ben lontano dal premere sugli indecisi. Così, con molta delicatezza, consiglia al ventiquattrenne Scurati (1831-1901), di rivolgersi al barnabita Francesco Vandoni, prevosto di S. Alessandro a Milano, per un colloquio chiarificatore. E pensare che questo giovane non doveva mancare di doti se un giorno sarebbe stato il successore di Marinoni nella direzione dell’Istituto (su Scurati v. GHEDDO, PIME, pp. 106-114; BUBANI, pp. 59 ss). 185 Pensai dunque esser mio dovere di intendere tacito nomine auctoris [taciuto il nome dell’autore] un giudizio di persona grave e disinteressata in questo affare: mi recai dall’ottimo P. Vandoni, gli esposi il caso, gli lessi qualche brano della sua lettera. La sua risposta mi parve sensatissima; lo interrogai: se mai piacesse all’anonimo di aprirgli il proprio cuore, e di rimettere a Lei questa decisione, sarebbe Ella disposta ad accoglierlo? Mi rispose di sì. Ecco, dunque, mio carissimo Sig. Scurati, a qual punto la cosa è giunta. Ella risolva, e se il partito che le propongo, di recarsi dal P. Vandoni, non le è sgradito, mi scriva una riga in proposito. Intanto unendomi di tutto cuore con Lei nel ricorrere alla Madre del Buon Consiglio, alla Foriera della vera Luce, a Colei, cui la Chiesa applica le grandi parole della Sapienza: meum est consilium et aequitas, mea est prudentia, mea est fortitudo [a me appartiene il consiglio e il buon senso, la prudenza e la fortezza, Prv 8,14], spero che il Signore ci esaudirà e che la determinazione che si prenderà, riconosciuta come un vero dono del Cielo, servirà a stimolarci ognor più all’amore di quel Dio, per cui solo deve sospirare il cuor nostro. Mi creda davvero Tutto Suo in Gesù C. P.te Giuseppe Marinoni 186 62. AI PP. PARIETTI - MARIETTI - LIMANA 25 settembre 1855 attende loro notizie e ne comunica altre Miei Carissimi e Degnissimi Missionari Parietti, Marietti, Limana1. Noi stiamo in gran pena non sapendo più notizia alcuna di loro dal giorno in cui giunsero a Calcutta, cioè dal 17 Maggio scorso. Solo D. Domenico Barbero ci scrisse che essi s’avviavano a Berampoor. I giornali ci portano nuove di movimenti politici nel Bengala. Sarebbero mai questi la causa di un sì lungo silenzio? Per carità ci tolgano una sì grave incertezza, ci diano notizie consolanti di sé. Io spero che avranno ricevute le nostre lettere dell’8 Agosto scorso in cui le davamo notizie dei compagni dell’Oceania, che hanno sofferto molto, che forse a quest’ora sono a Sydney tutti, avendoli quivi preceduti il P. Mazzucconi che era molto rovinato in salute. Roma approva che si ritirino a Sydney e quivi aspettino nuove disposizioni per riunirsi col R.do Missionario Quarteron, istituendo una Procura comune in Ternate, e stabilendosi in varie isole con due prefetti Apostolici. Il nostro Seminario ha acquistato vari soggetti: è venuto il Prof. D. Cesare Cattaneo da Crema, D. Pietro Caprotti verrà per S. Carlo, e così pure D. Gioacchino Olivares. Anche D. Giacomo Scurati vuol essere dei nostri, e se potrà superare i contrasti in famiglia, faremo questo prezioso acquisto. Abbiamo pure avuto qualche nuovo sussidio per la casa, e la fabbrica si continua 1 In AME 08, pp. 27-28. M. non vuol perdere i contatti coi missionari sul campo. Di qui l’appello accorato e frequente perché lo tengano informato sulla loro situazione e attività, mentre da parte sua non manca di dar notizie dell’Istituto e confratelli, anche se per brevi cenni, avendo sempre molto da fare. Questo sia per conservare l’unione interna, sia per far conoscere alla gente 187 anche dal lato di tramontana. I Missionari sono stati in questi ultimi due mesi sparsi qua e là per assistere i colerosi, e ora si sono riuniti di nuovo. Ieri abbiamo fatto il giorno di ritiro e oggi si è ricominciato il sistema consueto. I compagni di Roma non sono ancor partiti, ma lo faranno in breve. Non mando lettere né dei parenti né degli amici loro perché sono assenti, chi a Bosco, chi a Bolzano. Raccomandiamoci di cuore a Dio più che possiamo. Ci mandino pure le notizie più dettagliate possibili, perché quelle interessano, i missionari sono utili a far conoscere l’indole della Missione, servono a togliere quella specie di nube che avvolge queste lontane spedizioni. Uniamoci nei SS. Cuori di Gesù e di Maria, amiamoci molto anche da lontano: al sacro altare ricordiamoci della nostra strettissima fratellanza, facciamo proprio causa comune, e sia la sola gara tra noi a chi ama più Iddio, a chi ama più i prossimi. Ho ricevuto in questo momento nuove lettere da Sydney da parte dell’ottimo d. Mazzucconi: è quasi del tutto ristabilito e si prepara a ritornare a Rook per ripigliarvi i compagni. Egli saluta caramente tutti e dice: i compagni dove saranno? a Calcutta, a Madras? Sembra un indovino. Le nostre lettere a lui e ai compagni dirette nel passato anno sono andate smarrite col Brick che le portava. Dio sia con essi, e li assista la gran Vergine e il grande Apostolo delle Indie S. Francesco Saverio. Sono di tutto cuore Dev.mo in Cristo P.te Giuseppe Marinoni Milano li 25 7bre 1855 Ai deg.mi Missionari Apostolici D. Albino Parietti, D. Antonio Marietti, D. Luigi Limana Calcutta per Berampoor 188 63. A P. GIOVANNI M. ALFIERI 4 gennaio 1856 il Papa vuole due missionari per l’America meridionale Milano il 4 del 1856 Carissimo mio P. Alfieri1 Ricevo la graziosissima tua del 29 scorso dicembre e ti rispondo a volo. Io non ho ricevuto dalla S. Congregazione di Propaganda che un invito a proporre i nomi di due Sacerdoti desiderati dal S. Padre, ma non una riga di riscontro che significhi il gradimento e inviti alla partenza, onde non posso mandare i due Missionari, come farebbe supporre il tuo foglio. Eccoti le parole dell’E.mo Card. Fransoni: "Avendomi ordinato il S. Padre di comunicarle essere sua volontà di spedire due di codesti medesimi Sacerdoti ad un’altra importante Missione nell’America 1 In AME 06, p. 1. M. vuole tener buoni rapporti con Propaganda ed essere pienamente disponibile alla volontà del S. Padre, ma desidera pure che si tenga conto di certe esigenze di chiarezza e convenienza nei modi; è un richiamo al procuratore dell’Istituto a Roma, che già conosciamo. Importante, comunque, la richiesta del Papa, trasmessa da Propaganda il 1° dicembre 1855: due missionari per l’America meridionale. Si tratta precisamente della diocesi di Cartagena in Colombia, un paese cattolico di nome, ma con clero insufficiente, in qualche caso di cattivo esempio, e una politica antireligiosa. La risposta al desiderio di Pio IX matura in fretta. M. destina i sacerdoti Eugenio Biffi (1829-1896) e Costantino Robbioni (1828-1858), che dopo la funzione di partenza, 17 febbraio 1856, sono ricevuti in udienza dal Papa, e a metà aprile già sono in Colombia a Bogotà; qui stanno alcuni mesi per lo studio della lingua, e il 7 dicembre arrivano a Cartagena, col vescovo di fresca consacrazione, mons. Bernardino Medina y Moreno. Robbioni morirà presto di febbri (19 agosto 1858), e Biffi andrà in Bimania nel 1867 per ritornare a Cartagena come vescovo nel 1882 (GHEDDO, PIME, pp. 669-673). 189 Meridionale, è necessario che al più presto Ella mi accenni quali fra i cinque che sono disponibili; potrebbero essere indicati alla Santità Sua, onde ne disponga come più le piaccia. In attesa di sua risposta in proposito, prego il Signore che Le conceda ogni bene. Roma dalla Propaganda 1 Dicembre 1855”. Ora la partenza di due Missionari senza alcun invito non può da me effettuarsi, tanto più che le loro famiglie sentono così vivo il distacco, che ho proprio bisogno di mostrar loro un foglio di Roma in cui siano espressamente chiamati, per compiere le cose pacificamente. Questa è anche una soddisfazione per tutti, ed è il motivo per cui ti scrivevo in un’altra mia, che dove si tratta di cose importanti ti pregherei di farmi scrivere da Propaganda, o almeno di scrivermi proprio in nome di Lei una lettera che si possa far vedere a S. E. R.ma, ai Vescovi, a chicchesia. (...) 190 64. ALL’ILL.MO SIGNORE 23 febbraio 1856 M. ringrazia per la somma inviata dai sovrani Milano il 23 Febbraio 1856 Ill.mo Signore1 Ricevo in questo momento la somma cospicua che il Cuor Generoso dell’Augustissimo Imperatore Ferdinando e della Sua Piissima Consorte Maria Anna Pia si sono degnati di largire a questo nostro Istituto di Estere Missioni, cioè Fiorini due mila in moneta sonante, come V. S. Ill.ma si degnava di annunziarmi con suo graziosissimo foglio del 12 corrente. Quantunque io abbia umiliate al Trono di Sua Maestà le dovute grazie con foglio di ieri, prego la S. V. Ill.ma a rinnovare agli Insigni e Magnanimi Benefattori il sincero attestato della mia più viva riconoscenza, e ad offrire Loro i voti di un cuore tutto penetrato della grandezza del beneficio ricevuto. Gradisca, Ill.mo Signore, l’ossequio distinto di chi si protesta U.mo e D.mo Servo P.te Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni 1 In AME 06, p. 21. M. chiede ma sa essere anche riconoscente verso i benefattori. Dopo aver ringraziato direttamente per iscritto i generosi sovrani d’Austria, fa giungere il suo grazie pure per mezzo del funzionario imperiale preposto al disbrigo della pratica. 191 65. ALLA SORELLA MARGHERITA 27 luglio 1856 rapporto di servizi e preghiere Da S. Calocero il 27 Luglio 1856 Carissima Sorella1 L’Abbè Migne mi scrive da Parigi ringraziandomi assai della traduzione Francese a lui inviata. Così vanno le cose a questo mondo. Uno fatica e l’altro riceve i ringraziamenti. Se non fosse che troppo abusi della tua pazienza, vorrei pregarti di farmene un’altra copia da mandare all’Opera Pia della Propagazione della Fede, perché sono debitore di molto a quegli Eccellenti Amministratori. Vedi un altro vantaggio che si ha a questo mondo quando si fanno le cose bene: la fatica vien raddoppiata, e invece di una sola copia se ne fanno due. Voglio però in questi giorni essere uomo di un po’ di coscienza. Abbiamo le SS. 40 ore che terminano domani: pregherò assai per te. Nostro Signore, tu lo sai, è ottimo rimuneratore e saprà ricompensarti da par suo. L’altro ieri la degnissima Superiora delle Salesiane, tua amica e compagna, mi ha procurato il vantaggio di essere ascritto nel- 1 In AME 06, pp. 53-54. Sia don Giuseppe che Margherita eccellevano nel campo della cultura e conoscevano bene, tra l’altro, il francese e il latino, spesso aiutandosi a vicenda. M. ringrazia parecchie volte la sorella per le prestazioni in lavori in cui lui s’era impegnato. Qui si tratta di una traduzione francese, non ulteriormente specificata, per l’abbé Migne (Jacques-Paul, 1800-1875), il noto autore delle serie di Patrologia latina e greca. Don Giuseppe ricompensa amabilmente la collaboratrice promettendo preghiere e chiedendo altri servizi. Ricorda pure di succedere al fratello Pietro sacerdote, morto due anni prima, nell’Associazione di S. Francesco di Sales. 192 l’Associazione di S. Francesco di Sales succedendo al nostro amatissimo Fratello Pietro. Mi ha pure donata una bellissima reliquia di S. Francesco di Sales e di S. Giovanna Francesca di Chantal. È pure una bella sorte divenire membro di sì santa Associazione; prega perché vi corrisponda. Ti prego di offrire i miei ossequi alla degnissima tua Superiora e alle sante tue Compagne. L’Aff.mo tuo Fratello P.te Giuseppe 193 66. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 1° agosto 1856 al momento non ha soggetti per la missione Lettera all’E.mo Card. Barnabò Prefetto di Propaganda1 Milano il 1 Agosto 1856 Eminenza R.ma Mi permetta di rinnovarle nella sincerità del cuore le più vive felicitazioni per la sua esaltazione alla Sacra Porpora e alla Prefettura della S. Congregazione di Propaganda, e di offrire anche al Nuovo Segretario, il R.mo Mons. Bedini, l’attestato dovuto del mio ossequio ed una calda preghiera per raccomandare anche alla sua benevolenza questo nostro Istituto sorto e cresciuto sotto gli occhi e le paterne amorevolezze dell’Eminenza Vostra. Ho tardato finora a rispondere al venerato suo foglio dell’otto scorso Luglio nel vivo desiderio e nella speranza di poterne assecondare i voti. Mi consigliai perciò anche col R.mo Mgr. Ramazzotti Vescovo di Pavia, e con S. E. R.ma Mgr. Arcivescovo di Milano: ma per quanto mi stesse a cuore di corrispondere al grazioso invito dell’Eminenza Vostra, invito che è una nuova prova del- 1 In AME 06, pp. 57-59. Il card. Alessandro Barnabò successe a Pietro Fransoni come Prefetto di Propaganda il 20 giugno 1856. Con lui M. pare che si senta più a suo agio. Difatti può dire liberamente, sempre dopo essersi consigliato con persone autorevoli, di non aver al momento soggetti pronti per la missione, per i motivi che adduce; il cardinale chiedeva di rafforzare la presenza ad Hyderabad, costituita da due missionari soltanto. In realtà, Caprotti e Bigi andranno nella missione di Hyderabad nell’aprile del 1857. Inoltre ricorda a Barnabò di attendere un rimborso promesso da Fransoni “di santa memoria”. 194 la sua sollecitudine per noi, offrendoci una missione ben cara, sotto un ottimo Vicario Apostolico soddisfattissimo degli altri due nostri alunni, nell’intento di una durevole sistemazione, al presente non troverei soggetti disponibili per quella Missione. I tre soggetti accennati all’Eminenza Vostra sono i R.di Sacerdoti D. Giacomo Scurati, D. Pietro Caprotti, D. Valentino Bigi. I primi due entrarono nel passato Novembre, l’altro sul principio dello scorso Maggio. Ora quest’ultimo è troppo novizio né sa nulla ancora d’inglese, per essere presto mandato in Missione. D. Giacomo Scurati per circostanze imperiose di famiglia (che furono considerate fin dalla sua ammissione in modo da doversi promettere espressamente ai parenti di non mandarlo in Missione prima di avere sufficientemente provveduto alle necessità non solo fisiche ma anche morali della sua famiglia) non potrebbe al momento assentarsi. D. Pietro Caprotti sarebbe l’unico disponibile (e nel caso di assoluta necessità lo offrirei all’Eminenza Vostra), ma troverei immatura la partenza massime per gli studi, e crederei che una più lunga dimora in questo Collegio lo renderebbe operaio assai più proficuo nella Missione. Io le espongo candidamente lo stato delle cose sottomettendo il tutto alla saviezza dell’Eminenza Vostra. Ieri ricevemmo lettere da Suez in data del 7 scorso Luglio, per parte dei compagni ultimamente partiti da Roma: essi erano in atto d’imbarcarsi per le Indie2. Abbiamo ricevute buone notizie 2 M. si riferisce alla quarta partenza di ben sei missionari di S. Calocero: i sacerdoti Luigi De Conti (1826-1887, uscirà dall’Istituto nel 1878), Luigi Brioschi (1829-1866), Angelo Curti (1827-1888), Cesare Cattaneo (1822-1857) capo del gruppo, e i fratelli Paolo Mauri (1828-1866) e Giuseppe Beltrami (18231857), diretti ad Agra (India). La spedizione, voluta da Propaganda, accolta da Marinoni per obbedienza e poco sentita dai nostri per il suo isolamento, si effettua regolarmente con funzione di partenza e udienza dal Santo Padre; poi lunghe attese e traversie di viaggio, finché i missionari giungono ad Agra il 19 novembre 1956. Qui, la rivolta dei sepoys (i soldati indigeni dell’esercito coloniale), la politica pastorale del vicario apostolico, mons. Ignazio Persico (18231895), la morte precoce di Beltrami e Cattaneo spingono M. a insistere presso Propaganda perché quelli di Agra si uniscano ai missionari del Bengala, come di fatto avverrà nel 1859, ad eccezione di Curti che rimane come cappellano 195 parimenti dagli altri compagni di Berhampoor e di Hyderabad. Da Sydney ci scrive il Prefetto Apostolico D. Paolo Reina, che aveva inviato il 14 Aprile il Missionario Raimondi in traccia del Mazzucconi partito il 18 Agosto del passato anno per l’isola di Woodlark senza che se ne sappia più nulla. La Propagazione della Fede ci ha aggiunto per le spese di quella Missione 15.000 fr. Non erano però ancora giunte in Sydney le lettere del Prefetto Apostolico di Labuan D. Carlo Cuarteron, che in nome della S. C. di Propaganda li invita a recarsi a Manila. Io non posso lasciare di ripetere all’Eminenza Vostra una viva supplica, perché si degni accordarmi se non in tutto, almeno in parte, un compenso per i 450 scudi da me sborsati in occasione della partenza degli ultimi Missionari. Non saprei davvero come far fronte ad un dispendio da me fatto dietro la promessa dell’E.mo Card. Fransoni di santa memoria di averne a suo tempo il rimborso. Non insisterei davvero in questo punto se la necessità non mi costringesse mio malgrado. Gradisca etc. dei militari di sua iniziativa e infine uscirà dall’Istituto (v. Lettera 86, nota). Il seminario lombardo ha sempre cercato missioni “proprie” allo scopo di tener uniti i missionari, e M. si fa paladino di questo indirizzo (sulla missione di Agra: TRAGELLA, I, pp. 207-209, 329-332; GHEDDO, PIME, pp. 386-388). 196 67. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 14 settembre 1856 raccomanda un sacerdote che non ottiene dal vicario capitolare il permesso per le missioni Milano dal Seminario delle Estere Missioni 14 7bre 1856 Eminenza Reverendissima1 Le accludo la supplica di un Parroco della Diocesi di Como di anni 28, del quale ho sentito parlare molto bene, e che mi sembra soggetto attissimo per le Missioni per il suo spirito di mortificazione, per la sua docilità, per il suo zelo. Io gli ho suggerito di rivolgersi all’Eminenza Vostra, come in simile occasione fece pure il R.do D. Domenico Barbero d’Ivrea, perché il R.mo Mons. Vicario Capitolare della Diocesi di Como, attesa la scarsezza di Clero, non accorderebbe certamente al suddetto la licenza di recarsi alle Missioni, e lo impegnerebbe ad aspettare l’elezione del nuovo Vescovo, che forse si farà attendere assai. Né il nuovo Vescovo, credo io, gradirà la proposta. Il R.mo Mons. Romanò, Vescovo ultimo di Como, mi scrisse nei primi giorni del nostro Istituto che, se qualche vocazione consimile si sarebbe manifestata, egli non si sarebbe opposto nonostante la scarsezza del suo Clero, ma essendosi poi dato un caso dimostrò di avere molto a male la Supplica da me portatagli per impetrare tal grazia. Io ho dunque consigliato il R.do D. Luigi Negri a indirizzarsi diretta- 1 In AME 06, pp. 73-74. M. fa il possibile per non perdere le vocazioni, ricorrendo a mezzi convenienti e alla preghiera. Nel caso, il cardinale scrive al vicario capitolare della diocesi di Como, ma questi risponde che Negri, l’aspirante, è affetto da malattia polmonare, e allora si ritiene opportuno non insistere oltre. 197 mente all’Eminenza Vostra esponendo il suo santo desiderio, le consultazioni praticate anche presso i R.R. Padri Gesuiti in occasione dei S.S. Esercizii, e le difficoltà esistenti presso l’Ordinario. L’Eminenza Vostra che ben sa quanta penuria di Missionari vi sia tra gli Infedeli, e qual fame tremenda della divina parola ivi si patisca, potrà meglio decidere se qui sia il caso di favorire la Diocesi o le Missioni. Noi intanto porgeremo preghiere a Dio perché si degni illuminare l’Eminenza Vostra. Una Sua parola al R.mo Mons. Vicario scioglierebbe certamente e nel modo più soave la questione, prima che il Supplicante abbia ricevuta una risposta negativa, che renderebbe più arduo il caso. Gradisca l’ossequio ed affettuoso omaggio del Suo D.mo ed Obb.mo Servo 198 68. A D. GIACOMO SCURATI 22 settembre 1856 sui contrasti della famiglia alla sua vocazione Milano il 22 7bre 1856 Carissimo e Degnissimo mio Sig. Scurati1 Le accludo lettera del P. Taglioretti, in cui mi avvisa dei contrasti che la famiglia intende fare alla sua risoluzione. La cosa non è per nulla nuova né imprevedibile: inimici hominis domestici eius. Non intelligebant quae dicebantur [i nemici dell’uomo saranno quelli di casa sua, Mt 10,36. Non compresero le sue parole, Lc 2,50]. Si ricordi che questi sono i primi passi del Missionario, che dopo aver vissuto una vita tutta di sacrifici si dispone ad immolare per ultimo anche se stesso sulla Croce del suo divino Maestro. Però crederei che ella farebbe bene a scrivere al Sig. Prevosto pregandolo di tranquillizzare la famiglia e rimettere questa decisione a persone di autorità e di prudenza. Prenda un po’ di tempo, e lasci calmare questi primi bollori; intanto raccomandiamo a Dio la cosa più che possiamo. Ci assista la gran Vergine. Quanto alle due ragioni, ella sa che vi erano pure l’anno scorso, eppure non furono questi i motivi che la determinarono ad entrare in Seminario. Non so quale soccorso ella avrebbe dato alla famiglia facendosi Oblato: si potrebbe ancora per ogni emergenza pregare il P. Bertani od altro parente a porgere una mano. 1 In AME 06, pp. 77-78. Se M. non vuol perdere vocazioni, agisce però sempre con pazienza e prudenza, come appare da questi consigli che dà all’aspirante Scurati, il quale, già si è visto, trovava opposizioni nella famiglia per diventare missionario. P. Bertani era un oblato di Rho. 199 Quanto alla salute scrivono i Missionari dalle Indie che il clima è temperato, che il paese è ameno e fresco e scrivono in Luglio. Dio l’assista, mio carissimo, a trionfare di questi ostacoli, la cui vittoria, si vede dalle vite dei santi, è stato il primo passo alla santità. Mi creda di cuore, benché di tutta fretta Suo aff.mo Marinoni 200 69. AI MEMBRI DELL’OPERA PER LA P.F. 25 settembre 1856 esprime i suoi sentimenti per la morte di Mazzucconi Dal Seminario delle Missioni Estere di Milano il 25 7bre1856 Agli Onorevoli Membri dei Consigli Centrali dell’Opera della Propagazione della Fede di Parigi e Lione1 Signori Avete già saputo certamente della dolorosa notizia della morte del nostro buon P. Giovanni Mazzucconi. Egli era uno di quei cinque primi Missionari, che nel 1852 andarono in Oceania: io stesso li ho accompagnati allora fino a Londra, e passando per Lione e Parigi abbiamo avuto la fortuna di conoscere parecchi degli eccellenti amministratori della vostra grande Opera, e di riceverne 1 In AME 06, pp. 81-82. M. e tutto l’Istituto restano profondamente addolorati dell’uccisione di Mazzucconi (settembre 1855), e il Direttore, appena saputolo, informa le personalità ecclesiastiche ed altre interessate. Così invia una circolare in data 21 luglio 1856 ai Vescovi del Lombardo-Veneto con una relazione sulla morte del missionario e raccomandando l’invio di vocazioni (testo in AME 06, p. 75, riportato in BUBANI, pp. 39-40). Lo stesso fa con questa lettera ai Consigli della Propagazione della Fede di Parigi e Lione, cui unisce altro materiale sulle circostanze dell’uccisione ed estratti di due lettere di Mazzucconi; da notare la testimonianza del p. Poupinel, procuratore dei maristi a Lione. Ne darà ampia informazione anche alla stampa cui era solito inviare lettere e relazioni dei missionari. Il doloroso evento diventa un’occasione per rinsaldare i vincoli tra San Calocero e gli amici e sostenitori, e per rinnovare gli appelli in favore delle vocazioni. 201 le più rassicuranti testimonianze del vivo interesse che prendevate per le difficili Missioni che andavano a intraprendere sotto gli auspici e la benevola direzione dei Padri della Società di Maria. Le virtù, i talenti, la dolcezza del P. Mazzucconi gli conferivano un fascino straordinario che lo rendevano quasi sempre estremamente amabile a quelli che l’avvicinavano, perfino ai protestanti, e la sua morte è stata rimpianta da tutti. Vi invio il commovente racconto, che il Missionario Timoleone Raimondi, suo compagno, ne ha ricavato dalle rivelazioni fatte da uno dei testimoni del massacro, rivelazioni accompagnate da tali circostanze che purtroppo non lasciano alcun dubbio sulla verità dell’accaduto. Vi aggiungo gli estratti di due lettere che il buon Missionario scriveva a Milano, una appena che la sua salute sembrava ristabilirsi, l’altra alla vigilia stessa della sua partenza per le isole della Missione, affinché si possa vedere chiaramente quali erano i sentimenti che questo diletto figlio aveva recandosi al campo dei suoi lavori apostolici, sentimenti che ci danno sicuro fondamento di ritenerlo come un vero martire di Gesù Cristo. Amo riprodurre qui alcune righe che i RR. Padri della Società di Maria si sono degnati di scrivermi il 15 del corrente mese sull’argomento... «Questa morte, mi dice il Rev. Padre Poupinel, che, è vero, è tanta dolorosa per la nostra natura, recherà pure a lei, signor Superiore, e a tutta la sua Comunità consolazioni molto solide, speranze molto dolci. La morte del Padre Chanel, massacrato a Futuna, è stata la causa della conversione improvvisa di questa isola. Occorre il sangue per disarmare la collera di Dio e fecondare queste terre incolte; felici coloro che il Signore vuol proprio scegliere per questo nobile ministero! Sì, veramente, è una benedizione che Gesù accorda al vostro Seminario nascente, scegliendo uno dei vostri più santi Preti per cementare con l’effusione del suo sangue le prime pietre dell’edificio che elevate per la gloria di Dio e la salvezza degli infedeli». Vogliate gradire, Signori, la mia rinnovata assicurazione dell’affettuoso rispetto col quale ho l’onore di essere Vostro umilissimo e obbedientissimo Servo G. Marinoni, Superiore 202 70. ALLA SORELLA MARGHERITA 4 dicembre 1856 una lieta festa in onore di S. Francesco Saverio Da S. Calocero il 4 Dic. 1856 Carissima Sorella1 Non saprei come ringraziarti della tua graziosissima lettera, e del gentilissimo dono con cui coronasti opportunamente il nostro parco pranzo, e fu gradito assai da S. E. R.ma e dai due R.mi Vescovi che onorarono la nostra festa. Il giorno fu passato con vera soddisfazione, celebrandosi le glorie del Santo nostro Patrono con molta devozione di popolo e clero. Voglio sperare che contribuisca efficacemente al fervore dello spirito che solo deve cercarsi in queste occasioni in una Casa di Missionari, e Casa nascente, sorta solo da un sentimento vivo di pietà verso i più infelici tra i nostri fratelli. La presenza dei Superiori Ecclesiastici che l’hanno fondata, la presenza di un compagno tornato dall’Oceania, una stanza dove si vedono le armi dei barbari che hanno ucciso il buon Mazzucconi, tutto serviva di stimolo. Prega con le ottime Signore del tuo Collegio e specialmente con la degnissima Sua Superiora, prega con le tue 1 In AME 06, p. 89. Da questa letterina alla sorella amata appare come M. intenda le celebrazioni in onore dei patroni dell’Istituto: tutto deve concorrere a far crescere il “fervore dello spirito”. Senza dubbio in questa occasione il ricordo ancor fresco dell’uccisione del “buon Mazzucconi” ha dato un tono spiccatamente spirituale e missionario alla festa. Il missionario dell’Oceania è p. Salerio tornato nel 1856. Quanto alla nota in fondo, va riferita ad una visita al Collegio della Guastalla dei sovrani imperiali, Francesco Giuseppe e la moglie Elisabetta, che vennero in Italia nel novembre 1856 e visitarono Venezia, Verona e Milano, quest’ultima dal 15 gennaio al 2 febbraio 1857, e in questo periodo si può supporre che andarono al Collegio della Guastalla. Caprotti era noto per il suo afflato poetico spontaneo. 203 brave allieve, e con le pie converse per questi Missionari presenti e lontani, prega per chi li deve assistere cioè per il Tuo aff.mo Fratello P.te Giuseppe Ti unisco l’inno fatto da D. Pietro Caprotti per la circostanza della venuta delle LL. Maestà I. R. Apostoliche 204 71. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 3 giugno 1857 nessun missionario disponibile per il Bengala Milano il 3 giugno 1857 Eminenza R.ma1 In riscontro all’ossequito foglio dell’E. V. in data del 19 maggio mi trovo costretto a dichiarare di non avere per il momento pronto alcun Missionario per corrispondere ai desideri di D. Albino Parietti Superiore della Missione del Bengala Centrale: li avrò alla ventura primavera, come spero. I Missionari che al presente sono nell’Istituto sono quattro, tre altri verranno col futuro S. Carlo; forse vi saranno pure due Sacerdoti Spagnoli della Provincia di Saragozza. Noi aspettiamo ancora che le diocesi di Lombardia e Venezia concorrano a inviarci dei soggetti. Le ultime notizie avute dalle Indie sono buone assai; quelli di Manila sono alfine partiti per Labuan2: ci mancano da molto tempo le notizie di Cartagena; i giornali dicono che vi sia guerra tra gli Stati Uniti e la Nuova Granata, e che l’Inghilterra abbia messo il blocco alla detta città. 1 In AME 06, p. 135. M., in risposta alla richiesta del cardinale di Propaganda, presenta in tutta schiettezza la situazione del personale missionario di San Calocero. Nessuno è pronto a partire al momento, mancando ancora di preparazione. Altri sono attesi, forse anche dalla Spagna. Le diocesi di Lombardia e Venezia tardano a inviare soggetti. Bisogna ricordare che ogni partenza vuotava il seminario e M. si preoccupava di assicurare la continuità non solo nelle missioni, ma anche nell’Istituto e per questo aveva costruito un edificio nuovo. 2 Cuarteron con Riva e Borgazzi in attesa a Manila (v. Lettera 56) vengono raggiunti dai reduci dell’Oceania destinati al Borneo, Reina, Raimondi, Tacchi- 205 Prostrato al bacio della Sacra Porpora ho l’onore di protestarmi dell’Eminenza Vostra R.ma U.mo e D.mo Servitore Offro i più profondi ossequi al R.mo Sig. Segretario3 A Sua Eminenza Reverendissima Il Sig. Card. Alessandro Barnabò Degnissimo Prefetto della S. Congregazione di Propaganda Roma ni il 3 settembre 1856, e il 12 marzo del 1857 tutti partono per Labuan, dove arrivano il 14 aprile. Non dobbiamo qui seguire le loro vicende (TRAGELLA, I, pp. 232-255; GHEDDO, PIME, pp. 466-468) che si protraggono per 5 anni. Per ordine di Propaganda, i tre dell’Oceania passano ad Hong Kong nel 1858, seguiti nel 1860 da Riva e Borgazzi, mentre Cuarteron resta senza i nostri e invano ne chiederà altri a M., che non vuol disperdere i suoi missionari; nel 1879 darà le dimissioni da prefetto apostolico del Borneo. 3 Bedini Gaetano, che tiene questo incarico dal 19 giugno 1856 al 30 marzo 1861. 206 72. A D. ALBINO PARIETTI 25 luglio 1857 regole e qualità dei catechisti Carissimo e Degnissimo mio Sig. Parietti1 Milano il 25 Luglio 1857 Il Missionario Limana mi ha partecipato la sua afflizione sul conto del Catechista Sesana: sono rimasto veramente sorpreso, gli scrivo nel modo più forte che per me si possa, e vorrei spera- 1 In AME 08, pp. 29-32, lettera rovinata in diverse parti, qui tralasciate o ricostruite secondo il senso più probabile dal contesto. M. non dice quali siano le lamentele di Limana riguardo al catechista Sesana, ma la sua meraviglia è giustificata perché questo fratello agli inizi si mostra pio, laborioso, diligente negli impegni di scuola e catechismo ai ragazzi a lui affidati, applicato anche nello studio della lingua (cfr. SCURATI, Memoria del pio Catechista Giovanni Stefano Sesana, AME 35,04, pp. 61-78). Ma poco dopo dà segni di attraversare una forte crisi, se il Parietti scrive a Marinoni, il 14 giugno del 1857: “Avrà sentito da Limana che Giovanni Sesana non fa più bene, anzi fa malissimo. È divenuto superbo, incontentabile, borbottone, diffidente, arrogante in modo sconvenientissimo ... merita che sia scacciato ... Io non ho più speranze d’un suo ravvedimento ... Se mi avesse mandato le regole dei catechisti che ci ho cercato e che ella mi promise, avrebbero certamente assai giovato” (AME 13, p. 193). E il 14 luglio gli fa sapere di aver mandato Sesana a Kishnagore (Krishnagar) per un’altra prova, ma di non nutrire quasi più speranza in un suo ravvedimento (ivi, p. 200). ll catechista, invece, supererà molto bene la sua crisi e sarà esemplare fino alla fine (cfr. SCURATI, op. cit.). Ma intanto M. interviene. Con mons. Ramazzotti e Salvioni rivede le regole da lui composte a Saronno e che Parietti già aveva chiesto in una lettera del 10 dicembre 1856 (AME 13, p. 157), e le invia a Parietti, con osservazioni e alcuni pensieri di Reina sui catechisti. Il regolamento, provvisorio, sarà perfezionato in seguito e stampato nel 1872 (Regole e Massime pei Catechisti ossia cooperatori laici del Seminario delle Estere Missioni, Milano 1872). 207 re che la bontà del Signore faccia breccia in quel cuore per mezzo pure delle mie povere parole. Mi spiace di averlo saputo così tardi, e ammiro la sua pazienza e cautela. Ho apposto la parola riservata, ma ella potrà leggerla e farla leggere al Limana se così crede... mi preme di non irritare ma di guadagnare il cuore. Io le unisco le regole dei Catechisti redatte a Pavia insieme al R.mo Mgr. Ramazzotti, e al Degnissimo suo Segretario D. Federico Salvioni, che me le ha scritte di sua mano. Non sono terminate perché in seguito si dovevano aggiungere le arti più utili da esercitarsi dai Catechisti, cioè l’arte del Falegname, del Ferraio, del Sarto, del Cuoco etc. Il vitto era determinato così: a colazione latte o zuppa, a pranzo minestra ed una sola pietanza consistente in carne, o formaggio, o verdura, o frutta, o uova etc. con un bicchiere di vino a cena come a colazione. Il pane o di mistura o di frumento in quantità sufficiente. Il vestito fu prescritto modesto sia nella forma che nella stoffa, come si conviene a persone che fanno professione dell’evangelica povertà. È necessario che il Catechista si tenga in una continua soggezione, non si assida alla tavola dei Missionari, non si eguagli ad essi minimamente, ne in superbiam elatus in judicium incidat Diaboli [perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella condanna del diavolo, 1 Tim 3,6]. Aggiungerò qui due parole sui Catechisti scrittemi da D. Paolo Reina in un bel piano di regolamento, ossia pensieri relativi ad un regolamento per le Missioni. Quattro parole sui Catechisti? Che i Catechisti siano necessari almeno uno per residenza, io lo porrei fuor di dubbio: essi lasciano al Missionario l’opportunità di attendere ad altre occupazioni più direttamente riguardanti il loro ministero e di più vengono ad impedire nei preti quei modi inurbani e triviali nei quali un uomo educato facilmente cade quando è obbligato a lavori bassi. Nei primi giorni pare che l’animo si sublimi, umiliandosi in questi lavori, ma poi si fanno come una cosa abituale e diventano un peso e l’animo diviene rozzo. Qui ove nulla v’è di gentile, qui dove si può camminare a piedi nudi e portare abiti sudici e laceri senza che qualcuno ne sia scandalizzato. Ma i Catechisti ad un buon carattere devono aver congiunto cono208 scenze sufficienti di ascetica, del che in generale sono digiuni per quanto siano scelti fra i giovani più buoni di un paese. Non basta una buona indole; non basta il sentimento della pietà: sono necessarie idee ragionate che li sostengano e rendano loro meritori i patimenti. E per questo bisognerebbe averli vicini a sé per lungo tempo, istruirli, educarli nella pietà, infondere in quelle menti idee ben fondate di fede. E non sarebbe bene fare per loro un piccolo libretto in cui vi siano le meditazioni, ad es. per un mese, sui vari doveri di un catechista? Presenza di Dio, confidenza in Lui, frequenza dei S. Sacramenti, modo di pregare, obbligo di tendere alla perfezione, ubbidienza, pazienza, sacrificio della vita, malattie, ritiratezza, mortificazione degli occhi, lingua, gola, ... più i bisogni della Missione che i propri, frenare i desideri senza essere lodati etc. e tutto questo spiegato minutamente e con chiarezza. Fin qui il Reina. Vorrei sapere se devo formare altri Catechisti o no. D. Limana mi scrive che ne avrebbe di bisogno uno, ma che per nulla è adatto al presente il Sesana. Amo intendere in proposito il loro sentimento… 209 73. A D. ALBINO PARIETTI 26 dicembre 1857 la grande lezione di Gesù Bambino S. Calocero il 26 Dec. 1857 Carissimo e Degnissimo D. Albino1 (...) Mi saluti caramente i Missionari Marietti e Limana, con i quali mi rallegro dello zelo che dimostrano per la gloria di Dio, e dei frutti che riportano. Spero che manterranno sempre il loro buono spirito, e che la mollezza Indiana che li circonda non snerverà quell’amor dei patimenti e della Croce che è venuto a portare in terra Gesù Bambino. La Sapienza, dice Giobbe, non invenitur in terra suaviter viventium [non si trova sulla terra dei viventi nelle comodità, Gb 28,13]. Questa è la grande lezione che ci dà Gesù Bambino: magna cathedra praesepium illud [una grande cattedra quel presepio]. La vita povera, nascosta, disprezzata, laboriosa, tentata, che il Figlio di Dio si è eletta è la sola via che fa frutto e frutto stabile. Implorino essi questo spirito di mortificazione e di sacrificio per me e per tutti questi miei colleghi: sia questo lo spirito di tutto l’Istituto. Absit mihi gloriari nisi in Cruce Domini Nostri Jesu Christi [Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, Gal 6,14]. Mi saluti tanto anche il Sesana, a cui scriverò quanto prima: spero che d’ora in avanti non avrò più occasione di lagnarmi dei suoi svaghi, ma che darà consolazione a Lei, a me, a tutti. 1 In AME 08, p. 35. Un saluto e uno stimolo spirituale, ispirato alla festa del Natale, ai missionari del Bengala centrale, con un pensiero particolare per il catechista Sesana che M. segue con fiducia amorosa (v. Lettera 72). 210 Io le sono nei SS Cuori di Gesù e di Maria Aff.mo e Dev.mo P.te G. Marinoni All’Amatissimo e Degnissimo D. Albino Parietti Superiore della Missione del Bengala Centrale 211 74. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 15 maggio 1858 movimento su molti fronti missionari Milano 15 Mag. ’58 A Sua Em.a il Card. Barnabò1 Le accludo lettere del Missionario don Paolo Reina, al quale io comunicai prontamente le intenzioni della S. Congregazione di Propaganda, appena mi furono notificate dal P. Barrueco, perché la notizia gli giungesse prima della sua imminente partenza per la N. Guinea. Di fatto la lettera gli giunse in tempo a Singapore e poco tempo dopo avrà poi ricevuta la lettera dell’Emin.za Vostra. Possa il detto Sacerdote corrispondere alla fiducia che a lui dimostra la S. Congregazione e aprire nella Missione di Hong Kong un bel campo ai travagli dei Missionari. Forse sarà già noto all’Eminenza Vostra come il R.do P. Barrueco in seguito alle giustificazioni mandate dai Missionari di In AME 06, pp. 165-166. La lettera tocca situazioni di varie missioni già esistenti o in prospettiva. Anzitutto Hong Kong, dove nel 1842 era stata trasferita la procura di Propaganda per le missioni di Cina, e dal 1855 al 1867 fu procuratore e prefetto apostolico un sacerdote diocesano di Verona, Luigi Ambrosi (1819-1867). Da tempo tra Roma e Milano si facevano pratiche per passare missione e procura a San Calocero, sotto la spinta del p. Diego Barrueco, trinitario spagnolo che successe nel 1856 come procuratore dell’Istituto a p. Alfieri stabilitosi a Verona, essendo stato eletto priore dell’Ospedale dei Fatebenefratelli. L’affare andò in porto alla fine del 1857, e il primo dei nostri ad arrivare ad Hong, il 12 aprile 1858, fu Reina, seguito da Raimondi e Tacchini in maggio. Nel 1860 si aggiungono in vari tempi Simeone Volonteri (1831-1904), Gaetano Favini (1829-1868), Giacomo Scurati (1831-1901), Giuseppe Burghignoli (1833-1892) con le prime sei suore canossiane, Ignazio Borgazzi (1829-1878) e Antonio Riva (1823-1862) provenienti dal Borneo. 1 212 Cartagena, e così benignamente accolte dall’Em.a Vostra ha stimato di doversi ritirare dall’ufficio di Nostro Procuratore. L’Eminenza Vostra sa tutto, e spero che non ci verrà ascritto a colpa quanto s’è fatto e scritto per pura necessità in tale circostanza. Tuttavia raccomando di nuovo assai i carissimi Missionari nostri, perché si tornerà senza dubbio a molestarli con nuove querele2. La S. Congregazione di Propaganda aspettava d’intendere dal R.mo Mgr. Persico Vicario Apostolico d’Agra, se i nostri Missionari in seguito alla vicenda della rivoluzione Indiana, e a causa della morte del Sacerdote Cattaneo, Rettore del Collegio di Agra, potessero ritirarsi nella Missione di Berhampore dove sarebbero desiderati. Sento che il R.do Mons. Persico sta in Roma: bramerei perciò sapere se egli acconsente a questa transizione3. I Missionari di Berhampore lavorano, grazie a Dio, con frutto, e hanno iniziato due orfanotrofi a Kisnagore, l’uno maschile, l’altro femminile, dove hanno già raccolti più di 30 fanciulli, e circa 12 fanciulle. Non mancano anche conversioni di pagani adulti, Musulmani e Protestanti alla spicciolata. Parimenti a Hyderabad i Missionari sono molto occupati e riportano frutto. All’Orfanotrofio di Kisnagore per le fanciulle, orfanotrofio per il quale si sta preparando l’abitazione, e che diverrà assai numeroso, occorrerebbero due religiose, che l’assistessero per insegnare i lavori femminili e le cure principali della vita domestica alle ragazze, e prima di tutto la Dottrina Cristiana onde formarne buone madri di famiglia che sappiano educare santamente la figliuolanza. Mi scrivono che non è possibile averne di quelle disperse per la rivoluzione, perché si sono già riunite in gran parte, e i Vicari Apostolici non le cederebbero facilmente, se non Non si conoscono bene le motivazioni che causarono le dimissioni di Barrueco da procuratore (cfr. TRAGELLA, I, pp. 354-355 e nota 44); dal canto suo M. si comportò correttamente (ivi). 3 Sulle vicende di Agra già s’è detto (v. Lettera 66, nota 2). M. informa poi sugli sviluppi a Berhampur o Berhampore e Kisnagore (Bengala) e i loro problemi. È sua abitudine seguire attentamente le situazioni e darne notizie a Propaganda. 2 213 forse quelle che fossero inadatte. Di più il Missionario Limana riflette che le religiose inglesi non si potrebbero adattare a quella povertà grande di vitto, vestito, d’ogni cosa, che si richiederebbe in tale situazione, dove non si tratta d’educare fanciulle civili, ma orfane Indiane poverissime e d’insegnare loro anche coll’esempio una vita conveniente alla loro condizione. A quest’ufficio sarebbero più opportune le religiose Italiane di quegli Istituti di Carità, che presso di noi abbondano. Non dissimulo però la difficoltà grande di poter combinare qualche cosa con prudenza, massime per la difficoltà del trasporto. Mi sono raccomandato alle figlie della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli, ma mi hanno risposto che non si recano se non dove hanno Missionari della loro Congregazione. Il R.mo Mgr. Arcivescovo di Sydney mi scrive domandando che il Missionario Ambrosoli possa fermarsi colà, dove Egli lo impiega utilmente presso un monastero di Benedettine, e per l’Assistenza agli Italiani emigrati, che colà abbondano, essendo egli il solo Sacerdote italiano domiciliato in Sydney. L’Arcivescovo dice ancora che per la debolezza di sua salute l’Ambrosoli non sarebbe più in grado di sostenere le fatiche delle Missioni, mentre nella posizione in cui si trova sarà un operaio fruttuoso. Benché in massima questo distacco non sia il più opportuno, tuttavia, attesa la particolarità del caso, se la S. Congregazione così stima, potrebbe rimanere colà provvisoriamente a tempo indeterminato4. Pieno d’ossequio e d’affetto verso l’E.V. e baciandole la Sacra porpora, ho l’onore di protestarmi U.mo devotissimo P.te Giuseppe Marinoni Direttore nel Seminario Missioni Di fatto Angelo Ambrosoli (1824-1891), dopo il ritiro dalla Melanesia, rimase a Sydney fino alla morte. 4 214 P.S. Ricevo in questo momento notizie in data del 30 Marzo da Singapore, che D. Paolo Reina partiva per Hong Kong sul vapore francese Catinet. 215 75. ALLA SORELLA MARGHERITA 31 maggio 1858 preghiera a Gesù in croce e devozione a Maria Da S. Calocero il 31 Maggio 1858 Carissima Sorella1 Non so se ti sia nota questa bella orazione mandata da Roma a Donna Angela Citterio dall’Ill.mo Sig. Cav. Vimercati. È fondata sulle sette parole di N. S. G. C. in Croce, e opportunamente adattata alla morte nostra. È bene apprenderla a memoria almeno quanto al senso, perché servirà di gran consolazione nelle tribulazioni e specialmente nel punto di nostra morte. Siamo alla chiusura del Mese di Maria: raccogliamo il frutto di tutto il mese, dedichiamoci a lei interamente. Ecco il modo di diventare ancor meglio fratelli e sorelle, mille volte meglio, perché figli di tanta Madre, fratelli di Gesù, figliuoli al Padre celeste. Dio ti benedica con ogni celeste benedizione come ti augura di tutto cuore Il Tuo aff.mo Fratello P.te Giuseppe 1 In AME 06, p. 169. Alla diletta Margherita M. è sempre avido di comunicare le sue scoperte spirituali, perché assieme ne traggano profitto. L’amore a Gesù crocifisso e alla Madre Maria aiuta a “diventare ancor meglio fratelli e sorelle”. 216 76. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 30 luglio 1858 raccomandare l’Istituto ai vescovi del Veneto Milano li 30 luglio 1858 Eminenza R.ma1 Mi reco a dovere di prevenirla che il 10 del mese venturo si radunano a privata conferenza presso S. E. R.ma Mons. Patriarca di Venezia i Venerabili Vescovi delle Province Venete. Forse l’Eminenza Vostra potrebbe trovare opportuno questo momento per raccomandare allo zelo di quei R.mi Prelati questo nostro Istituto, che ancora non conta tra i suoi allievi alcun Sacerdote delle Venete Province. Ben mi accorgo che una tacita risposta potrebbe essermi fatta dall’E. V. e il tenore dell’ultima sua abbastanza me lo dice. Io non so se le giustificazioni da me addotte avranno avuto la sorte di essere gradite all’E. V., avendo io parlato nel candore dell’animo mio con quella fiducia che la bontà dell’E. V. tante volte da me sperimentata mi ispirava. Il mio unico intento era di levare qualsiasi ombra di sospetto potesse 1 In AME 06, p. 187. M. accenna a due cose che gli stanno molto a cuore. La prima riguarda il suo perenne assillo per le vocazioni, per cui non teme di avvertire il Prefetto di Propaganda di un’occasione propizia per smuovere i vescovi del Veneto, che non hanno ancor dato nessun alunno a San Calocero. La seconda è in difesa della sua opera di superiore: egli inculca ai missionari la massima obbedienza; se qualche individuo in missione fa di testa sua, ciò non può essere imputabile alla formazione ricevuta. In proposito, in una lettera a Propaganda del 6 luglio 1858 cui forse allude qui, ricordando i casi di Agra e di Cartagena, del resto non del tutto chiari, Marinoni afferma che la sola ombra di sospetto che egli non abbia fatto il proprio dovere su questo punto gli suonerebbe “gravissima” e “essere interamente basata sul falso” (AME 06, p. 167). 217 nascere sullo spirito di subordinazione che regna in questa Casa, benché qualche individuo potesse poi nelle Missioni addolorare il cuore dei suoi superiori, e mancare a questo punto importantissimo delle sue obbligazioni. Notizie prospere dalle Indie etc. P.te G. Marinoni 218 77. A D. ALBINO PARIETTI 9 settembre 1858 M. si compiace dell’unione dei missionari Milano il 9 7bre 1858 Degnissimo Sig. Parietti1 (...) La S. Congregazione di Propaganda mi ha chiesto sei Missionari zelanti per ripristinare la Missione di Casan (?) nella Nuova Granata. È una delle antiche Missioni, se non erro, dei PP. Gesuiti tra i selvaggi. Il Delegato della S. Sede in quel regno li chiede istantemente. Qui sono entrati nuovi alunni, uno di Cremona, l’altro di Gallarate; ve ne sarà pure di Crema, Bergamo, Bologna, Lodi. Faccia il Signore che tutti abbiano spirito e virtù veramente apostoliche. Ho messo sulla Bilancia l’ultima sua lettera, che incontra il comune gradimento, e torno a rallegrarmi con Lei, con i bravi suoi colleghi e col buon Sesana vedendoli tutti con un solo cuore ed un’anima sola intenti al bene delle anime. Si ricordi di quelle belle parole che ella nel partire aveva preparate scegliendole 1 In AME 08, p. 54. Nuova richiesta da Propaganda e nuovi alunni. La richiesta, che riguarda un’altra missione in Colombia (Nuova Granata), è lasciata cadere. Quanto agli alunni appena entrati o previsti, M. chiede solo al Signore che abbiano spirito apostolico. Si congratula con Parietti dell’unione tra i suoi missionari, Sesana compreso: una testimonianza che giudica molto preziosa per l’apostolato. Gioisce delle reliquie del beato Pietro Claver (1580-1654, canonizzato nel 1888), l’apostolo degli schiavi e dei neri a Cartagena, donate da mons. Medina. E termina lodando il Signore perché i missionari di San Calocero, pur pochi, sono sparsi ormai dall’Oriente all’Occidente. 219 dal Kempis: Eja fratres pergamus simul etc. [Su dunque, fratelli, procediamo insieme]. Sono magnifiche, sono proprio parole scritte per i Missionari: se le scrivano altamente nel cuore, le traducano nelle opere, ne risentano la virtù nascosta i poveri idolatri che li circondano, e specialmente ne provino il beneficio quei cari ragazzi che si vendono costì così a buon mercato, mentre sono così preziosi agli occhi della Fede. Abbiamo ricevuto da Cartagena le venerande Reliquie del Beato Pietro Claver, con una Croce in filigrana d’oro e ametista per il nostro Ottimo Arcivescovo (tuttora infermo, benché con qualche miglioramento); abbiamo pure ricevuti uccelli di varie specie piccoli e grandi, con piume curiosissime. I nostri Missionari ormai, benché così pochi di numero, sono diffusi in remotissime parti e dal sorgere del Sole fino al tramonto lodano il nome del Signore. Siano umili, fervorosi, immacolati, come per loro desidera e prega l’aff.mo P.te G. Marinoni Tanti saluti affettuosissimi da parte di tutti i Compagni. 220 78. ALLA SORELLA MARGHERITA 7 giugno 1859 i danni della guerra Milano preservata Da S. Calocero il 7 Giugno 1859 Carissima Sorella1 Sia ringraziato il Signore e la Beatissima Vergine, che hanno preservato Milano da quei gravi disastri che le sovrastavano. Bisogna proprio dire che sia cara al Signore questa città, perché Egli la riguarda con tanta amorevolezza. I mali però che la guerra ha operati ed opera chi li può enumerare? Oh quanti morti! oh quanti feriti! I nostri buoni Missionari vanno nei vari ospedali a prestar loro assistenza e vedono con gli occhi loro uno spettacolo della più gran tenerezza: ferite larghe, profonde, mortali. Si nota però nei soldati in generale gran rassegnazione: benché si vedano per la gran moltitudine e per l’improvviso stato delle cose mancanti delle necessarie assistenze, sono calmi, tranquilli, gradiscono tutto ciò che si fa per essi: v’è proprio da imparare dappertutto. Scrivimi due righe, anche di Giovannino se ne sai qualche cosa e di Donna Costanza e Donna Matilde. 1 In AME 06, pp. 277-280. Il 1859 è l’anno della II guerra d’indipendenza dal dominio austriaco, che inizia il 27 aprile e mette in subbuglio mezza Italia. Il 4 giugno segna una svolta decisiva con la battaglia di Magenta; gli austriaci sconfitti devono lasciare in fretta Milano. M. scrive alla sorella della Guastalla proprio in questi giorni, esprimendo dolore per tanti morti e feriti e ringraziando il Signore che la città sia stata risparmiata. E mentre loda i missionari che si prodigano per i soldati negli ospedali, sa cogliere pure l’esempio che questi danno: “v’è proprio da imparare dappertutto”. 221 Riverisci la degnissima Superiora e le altre Signore e credimi Tuo aff.mo Fratello P.te Giuseppe Alla Pregiatissima Signora La Signora Dama Margherita Marinoni nel Collegio della Guastalla 222 79. A D. ALBINO PARIETTI 15 e 23 giugno 1859 i rivolgimenti politici e i nostri missionari Milano 15 Giugno 1859 Mio Carissimo e Degnissimo Sig. Parietti1 Quante cose sono avvenute in questi ultimi mesi! Ora regna S. M. il Re Vittorio Emanuele II. In pochi giorni di operazioni militari Napoleone ha messo in libertà il Piemonte, e la Lombardia fino in vicinanza delle fortezze, dove sarà il punto decisivo. Toscana, Modena, Parma e ancor più Bologna si sono dichiarate per il Governo Sardo. Staremo a vedere come si comporranno le cose. Sembra che l’intento di Napoleone sia non di togliere ai Sovrani gli Stati, ma di introdurvi tutto quello che i tempi trop- 1 In AME 08, pp. 75-78. Lettera scritta in due tempi con uno sguardo alle vicende d’Italia e a quelle delle missioni. Circa le prime, M. informa sulla liberazione del Piemonte e della Lombardia dagli austriaci, il ripiegamento di costoro verso le fortezze (il noto quadrilatero di Peschiera, Mantova, Verona e Legnago), le prese di posizione di diversi stati. Egli mostra di aver fiducia in Napoleone III e spera che anche il Papa troverà una via di composizione tra le richieste di indipendenza nazionale e il suo potere temporale; soprattutto invita alla preghiera perché cessi la guerra e si affermi una pace duratura e feconda di bene. Ma aggiunge che le cose andranno per le lunghe. Intanto bisogna ritardare la spedizione dei missionari e delle suore che si stanno impegnando assai per l’assistenza ai colpiti dalla guerra. Quanto alle missioni, gode che dopo qualche attesa i missionari di Agra abbiano potuto unirsi a quelli del Bengala (v. Lettera 66 e nota 2), ma gli dispiace che il lavoro di Limana e Marietti per le conversioni sia ostacolato; ciò era dovuto ad ostilità dei protestanti (TRAGELLA, I, pp. 322-326), ma M. cercherà di dare tutto l’aiuto possibile per sbloccare la situazione. Egli non solo segue da vicino problemi ed avvenimenti, fa anche quanto può per aiutare concretamente. 223 po cambiati da quelli di una volta rendono assolutamente necessario. La Duchessa di Parma ha avuto la delicatezza di sciogliere le sue truppe dal giuramento e ritirarsi in paese neutrale non volendo, ella dice, né opporsi alla causa nazionale, né mancare alle Convenzioni che Essa trovò già fatte al suo salire al Trono. Io credo che anche il Sommo Pontefice stretto dalla forza delle circostanze aspetti dalla lealtà, dalla prudenza, e dall’autorità grande dell’Imperatore Napoleone un nuovo componimento di cose, che soddisfi la nazionalità, e salvi al possibile il suo potere temporale. Due cose noi dobbiamo cercare di ottenere con umili e fervorose preghiere dalla misericordia del Signore: 1° che cessi al più presto l’orrendo flagello della guerra; 2° che si stabilisca una pace durevole e di comune soddisfazione, affinché calmati gli animi possano fiorire la pietà, la religione, le virtù Cristiane. Intanto la nostra spedizione non si può fare ancora non solo per le strade intercettate, ma anche per il gran numero di feriti che vi sono in Milano accolti in 21 Case di ricovero. Le Suore della Carità ne hanno più di 600 all’Ospedale Maggiore e un numero pur grande a S. Teresa, così che appena possono respirare. I nostri Missionari sono continuamente al letto degli infermi a confessare, ad amministrare Viatico e olio santo ai feriti. La sola battaglia di Magenta quanto sangue ha sparso, quanti morti, quanti feriti ha lasciato sul campo, di Austriaci e di Francesi! Io ho ricevuto il 17 Maggio la sua lettera n° 53 del 6 Aprile. Mi spiace assai, come ne penano tutti i Colleghi, di vedere così prorogata l’unione dei Missionari di Agra con quelli di Berhampore: sia però fatta la ss. volontà di Dio. Quanto al suo beneficio, se ella crede davanti a Dio di avere un titolo sufficiente per domandare la dispensa delle Messe, scriva una supplica di suo pugno al S. Padre, e me la mandi che io le darò corso: quanto a me non vorrei privare le anime sante del Purgatorio del suffragio delle Messe, ove non vi sia una precisa necessità e credo le ho fatto scrivere che applicasse le messe in proporzione della elemosina che le viene data con quella di 30 soldi, perché mi pare che la manutenzione in codesti posti possa dare un titolo sufficiente a quel piccolo aumento. 224 23 Giugno, Corpus Domini Ho sospeso questa lettera sperando darle qualche notizia dell’esito delle cose politiche, ma temo che vadano assai per le lunghe, perché ora si sta vicino al famoso quadrilatero di Mantova, Verona, Perschiera, Legnago e vi sarà da fare assai, prima di venire a qualche conclusione, almeno così sembra. Intanto io ho ricevuto la sua carissima del 26 Aprile n° 54, che ci ha consolato assai con la notizia della venuta dei Missionari di Agra per associarsi ai compagni, e con le altre due notizie delle conversioni sperate, benché ancora impedite, dal Limana e dal Marietti, oltre alle conversioni non così numerose, ma sempre continuate che Vostra Signoria va facendo. Sia benedetto il sacrificio dei nostri Missionari, e benedetto il Signore che a Vostra Signoria ha reso prima la salute così da lungo tempo rovinata. Il Sig. Angelo Marietti arrivò l’altro giorno sano e salvo, e si rallegrò sentendo che Lei sta bene. Ci ha detto tante cose ma assai di fretta promettendo di fare un più esatto ragguaglio in seguito. Intanto la spedizione delle Monache non può aver luogo per ora essendo occupatissime intorno ai feriti, conoscendo due di esse il tedesco e il francese, il che giova moltissimo. Il cambiar soggetti presenta altre gravi difficoltà e per il momento è davvero impossibile, perché sopravvengono feriti ad ogni ora e in Milano vi sono 24 case: si sono chiamate anche 24 Suore della Carità di Francia in aiuto, e si prestano tutti gli ordini Religiosi anche di quelli che non hanno per statuto la cura degli infermi. I Missionari pure furono occupatissimi nei giorni passati, ma ora, essendo più regolare l’assistenza, si respira. Preghiamo Gesù che si è eletto la sua dimora in mezzo a noi di illustrare questo Giorno e questa sua Ottava col volgere gli animi alla pace, affinché si riconosca che da lui ci viene. Le sono di cuore, pregandola dei più affettuosi saluti ai presenti e venienti Missionari e Catechisti, Aff.mo in Cristo P. G. Marinoni 225 80. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 2 novembre 1859 Hong Kong chiede religiose italiane una disgrazia perdere due missionari del Bengala Venezia 2 9bre 1859 A S. E. il Card. Prefetto di Propaganda1 Le scrivo da questa città perché mi trovo qui da circa un mese presso S. E. M. Patriarca in occasione del Sinodo Provinciale, che si sta celebrando, ma che ora è vicino al suo termine. Il R.mo Sig. Prefetto Apostolico di Hong Kong D. Luigi Ambrosi mi scrive che io veda in ogni modo di mandargli nel più breve spazio di tempo sei brave Religiose Italiane in sostituzione di altre Francesi che si ritirano, e mi dice che avrebbe al tempo stesso domandato all’E. V. un nuovo Missionario sia per accompagnare le Monache in sì lungo viaggio, sia per accrescere gli operai di quella sua missione che ne ha gran bisogno nonostante l’ultimo invio. Io proporrei nel caso a V. E. il Sacerdote D. Giuseppe Burghignoli di Bologna, ottimo soggetto donatoci dall’E.mo Sig. Card. Arcivescovo Prelà, atto assai ad apprendere lingue straniere, il che colà tornerà molto vantaggioso, come V. E. stessa mi diceva non molto tempo fa2. 1 In AME 06, p. 293. Il Sinodo (o Concilio) Provinciale del Veneto, il primo del genere, fu celebrato dal Patriarca Angelo Ramazzotti dal 18 ottobre al 1° novembre 1859 (COLOMBO, Un Pastore ... Lettere, pp. 400-410 e passim). 2 Di fatto, Giuseppe Burghignoli (1833-1892), dato dal card. Michele Viale Prelà (1798-1860), arriverà ad Hong Kong il 12 aprile 1860 con le prime suore canossiane. Il 7 febbraio precedente erano giunti alla stessa missione tre nuovi calogeriani: Simeone Volonteri (1831-1904), Gaetano Favini (1829-1868) e Giacomo Scurati (1831-1901). Sulle vicende dell’invio in missione delle canos- 226 Raccomando ancora caldamente alla bontà di V. E. la Missione del Bengala Centrale, la quale s’avvia molto bene e promette frutti copiosi col divino favore. V. E. si è degnata graziosamente di esprimerne al R.do Superiore Parietti la sua soddisfazione. Ora mi si scrive di là che il R.mo Provicario di Calcutta vorrebbe levarne due Operai, cioè il Missionario D. Angelo Curti per rimandarlo in Agra e il Missionario D. Luigi De Conti per ritenerlo presso di sé. Sarebbe una vera disgrazia per quella Missione il privarla dei suoi collaboratori nel momento più opportuno dopo averli tanto sospirati, e questo ritarderebbe certamente quello sviluppo di operazioni, da cui potrebbero aspettarsi risultati così confortanti. L’E. V. disponga però secondo il suo venerato beneplacito. Ecc. ecc.3 P. G. Marinoni siane, richieste in un primo tempo per il Bengala dove furono sostituite dalla suore di Maria Bambina perché occorreva prima modificare le loro regole che non prevedevano l’attività missionaria, si veda COLOMBO, Un Pastore ... Lettere passim; BASSAN, pp. 163-169, 172-173. La cosa merita d’essere ricordata poiché M. ebbe una gran parte in questa operazione. 3 M. fa presente a Propaganda gli inconvenienti che deriverebbero da alcuni mutamenti prospettati dal provicario di Calcutta, sottomesso alle decisioni dall’alto, ma sempre vigile per far conoscere in tempo il suo punto di vista. 227 81. A SUA SANTITÀ PIO IX 18 gennaio 1860 ossequio e devozione dell’Istituto al Papa oltraggiato Beatissimo Padre1 In questo bel giorno, sacro alla Cattedra del glorioso Principe degli Apostoli S. Pietro, quanto mi è dolce che mi si presenti propizia l’occasione di umiliare ai piedi della Santità Vostra l’attestato sincero di quel profondo ossequio e di quella inalterabile devozione che questo minimo Istituto di Estere Missioni professa al Vicario di Gesù Cristo così indegnamente ai nostri giorni oltraggiato! Il giornale di Roma ci ha avvertito di quanto conforto riescano all’animo afflitto di Vostra Beatitudine le molteplici proteste di riverenza e di affetto figliale, che ogni giorno da ogni ordine di persone Essa va ricevendo, e noi saremmo ben fortunati, se potessimo aggiungere anche una sola stilla di balsamo a mitigare l’acerbità dei suoi dolori. Il sottoscritto specialmente che ebbe già la sorte di conoscere di presenza la Santità Vostra, e di ammirarne dappresso gli esimi pregi così nei giorni dei suoi più lieti trionfi, come nei momenti in cui il secolo vano e incostante convertiva gli osanna in bestemmie, con qual vivo interesse accompagna le gravissime vicende, che ora si vanno di mano in mano svolgendo negli Stati Romani! Ah, Beatissimo Padre, voi difendete la più giusta, la In AME 06, pp. 307-309. La lettera porta la data della celebrazione liturgica della Cattedra di San Pietro in Antiochia (oggi abolita) ed esprime, a nome di tutto il Seminario delle Missioni Estere, “profondo ossequio e inalterabile devozione” al Vicario di Cristo offeso con parole ed atti. Un attestato che, a insaputa di M., giunge quanto mai opportuno, poiché il giorno dopo Pio IX emana un’enciclica (Nullis certe verbis) – e non era la prima – in risposta agli avversari del potere temporale del Papa. 1 228 più santa delle cause, difendete la causa della libertà di tutta la Chiesa Cattolica, la causa temporale ed eterna dei vostri sudditi, che sarebbero altrimenti abbandonati in braccio al disordine, difendete il più antico e più bel monumento della pietà dei Sovrani e dei popoli, difendete l’eredità a voi trasmessa per il corso di dieci e più secoli da tanti insigni Pontefici, che copersero di gloria il trono su cui siete assiso, il più nobile trono dell’Universo, quel trono donde si diffonde la luce delle eterne verità a dissipare le tenebre dell’ignoranza e dell’errore, onde il mondo è coperto. Con che faccia osano dire i tristi incapace di governare le cose temporali il Padre e il Maestro di tutte le genti? Non potreste Voi ripeter loro con l’Apostolo: An nescitis quoniam Angelos judicabimus? Quanto magis saecularia? [Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più le cose di questa vita!, 1 Cor 6,3]. Dove troveranno un Principe elevato al soglio da un Collegio di Elettori di tanta saviezza ed integrità, dopo il più accorato e coscienzioso esame sulle doti della mente e del cuore corrispondenti all’altezza del Supremo Pontificato? Se il mondo volesse dir davvero l’ultima sua parola, direbbe che nella persona del suo Vicario rigetta Colui, di cui sta scritto: Cives autem eius oderant eum et miserunt legationem post eum dicentes: Nolumus hunc regnare super nos. [Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un’ambasceria a dire : Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi, Lc 19,14]. Si vuol pensare, parlare, scrivere, operare senza freno alcuna di autorità Religiosa, senza ascoltare più il Cristo. Ma il Signore saprà ben sventare gli intrighi dei malvagi a gloria sua, a vantaggio della Chiesa, a salvezza dei malvagi medesimi. Quella Vergine potentissima, di cui proclamaste con infallibile oracolo l’Immacolata Concezione, non priverà della sua consueta protezione la Chiesa e il suo Capo. Il glorioso Apostolo Pietro col suo indivisibile Collega non abbandonerà Roma in tante strettezze. Pregate, Beatissimo Padre, e tutti i vostri figli preghino con voi. Dio ci esaudirà e rinnoverà le antiche meraviglie. Innova signa et immuta mirabilia. Glorifica manum et brachium dexterum [Rinnova i segni e compi altri prodigi, glorifica la tua mano e il tuo braccio destro, Sir 229 36,5]. Sono questi i voti ardenti, che prostrato ai vostri SS. Piedi depone in nome anche di tutti i suoi Colleghi nell’atto di domandare l’Apostolica Benedizione Il Vostro U.mo, Ubb.mo, D.mo Figlio P.te G. Marinoni Milano il 18 Gennaio 1860 230 82. ALLA SORELLA MARGHERITA 19 marzo 1860 pensieri del Grisostomo su S. Giuseppe Da S. Calocero il 19 marzo 1860 Carissima Sorella1 Ho celebrato la Messa in canto in onore di S. Giuseppe, e tornando al mio studio ritrovo i tuoi doni e la tua gentilissima lettera. Nulla di più consolante in giorni così tempestosi come la preghiera di cuori uniti in Dio, la protezione dei santi, la memoria di quello che hanno essi patito e del gaudio che ora ne provano. S. Giovanni Grisostomo, Dottore di S. Chiesa, (Boccadoro, così vuol dire in Lingua Greca Grisostomo) parlando di S. Giuseppe dice che si vede in questo Santo come la vita dei giusti è tessuta di un continuo avvicendarsi di dolori e di gioie: teme di prender Maria in sposa e poi conosce esser ella Madre di Dio, 1 In AME 06, pp. 325-326. La ricorrenza di S. Giuseppe provoca uno scambio d’affetto tra M. e Margherita. Il fratello prende lo spunto per le sue parole dai “giorni così tempestosi” che si stanno vivendo. Allusione chiara al proseguire degli eventi dolorosi per il Papa e la Chiesa con riflessi anche su San Calocero. Infatti il 16 marzo 1860, le autorità milanesi ordinano un’illuminazione generale della città, chiese ed edifici sacri compresi, per celebrare l’annessione della Toscana e dell’Emilia al regno dei Savoia; ma duomo e San Calocero rimangono volutamente all’oscuro, attirandosi le ire degli antipapalini (in un caso analogo, nel settembre del 1859, San Calocero s’era buscato una sassaiola; cfr. su questi eventi TRAGELLA, I, pp. 367-372). M. non fa qui un riferimento esplicito al fatto, ma certo l’ha presente. La sua riflessione sulle orme del Grisostomo è a più largo respiro: la vita dei giusti, come quella di S. Giuseppe, è un alternarsi di dolori e gioie, “ma – conclude Marinoni – per un’anima che ama Dio il dolore e l’obbrobrio sono una cosa divina anche nel momento che li sta soffrendo”. 231 non trova alloggio in Betlemme ed è costretto a ritirarsi in una stalla, e quella stalla vien celebrata dai canti dei cori Angelici, sparge il sangue di Gesù nella Circoncisione e pure gli impone il più gran nome, il nome di Salvatore, si rallegra vedendo Simeone che stringe con tanto gaudio al petto il Bambino e poi ode predirsi le pene sue e di Maria, fugge in Egitto e poi ritorna, perde Gesù e poi lo ritrova. Seguiamo noi pure la via che il Signore ci segna e non ci contristiamo: verrà a suo tempo la gioia, ma per un’anima che ama Dio il dolore e l’obbrobrio sono una cosa divina anche nel momento che li sta soffrendo. Ricambia di cuore gli ossequi, i voti delle ottime Signore da te nominate, e continua con esse a pregare per il Tuo aff.mo Fratello Prete Giuseppe 232 83. A D. ALBINO PARIETTI 24 ottobre 1860 “accogliere amorevolmente quanto si scrive” Milano il 24 8bre 1860 Carissimo e degnissimo D. Albino1 Ella si è messa in gran pena per il Signor Pratolongo, ma quel graziosissimo Signore ha scritto a D. A. Ripamonti che continui pure a mandare il denaro per le Missioni, che si presterà sempre volentieri (ndr.: a trasmetterlo ai Missionari). Mi spiace assai del disturbo che si è preso pure l’Ottimo Sig. Cav. Casella ma noi non potevamo prevedere una tal cosa, e credevamo che tornasse comodo lo scambio delle monete, cioè il ricevere qui e pagare alle Indie. Quanto poi al Padre Cappuccino Fondatore di un Orfanotrofio in Patna, ci era stato raccomandato dalla S. Infan- 1 In AME 08, p. 103. Le missioni sono lontane da San Calocero, la corrispondenza richiede tempo e alle volte i messaggi delle due parti s’incrociano: tutto ciò causa impazienza e malintesi. Ecco lo sfondo su cui considerare questa lettera. Sembra che Parietti si lamenti per il denaro che tarda a venire o non segue i nuovi percorsi da lui suggeriti, e M. cerca di spiegare. L’economo Alessandro Ripamonti si comporta come dice Pratolongo; l’avvertimento dell’ambasciatore Casella è arrivato tardi. Circa le suore richieste occorre sceglierle che vadano bene per le necessità del posto, è l’idea di Limana e dello stesso Parietti. M. ha dato dei suggerimenti, ma solo a titolo di consiglio. In ogni caso, e qui sta in nocciolo del discorso, non bisogna perdersi in troppe interpretazioni su quel che si scrive, ma accoglierlo con l’amore con cui è stato dettato. Per i disturbi di salute di Parietti, M. gli invia il parere del medico di San Calocero, dott. G.B. Scotti, ed ha interessato anche il dott. Vannetti. Padre Enrico Longa (1832-1886) è il missionario che aveva accompagnato in Bengala le prime cinque suore di Maria Bambina, giunte a Krishnagar il 17 marzo del 1860. 233 zia con quella semplice indicazione e col suo cognome Padre Schechtl. Del resto bisogna che lei rifletta che le sue lettere ci arrivano un mese e mezzo circa dopo la data, e perciò non è possibile eseguir subito ciò che ella scrive, e può avvenire benissimo che per due o tre corrieri ordinari si continui a fare una cosa, per cui già è in corso una lettera di divieto, ma non ancora pervenuta, il che è proprio avvenuto in questa circostanza. Io la prego di fare le mie scuse presso il Sig. Cav. Casella, il quale, vorrei sperare, le accoglierà benignamente per quella bontà che lo distingue, e per quell’impegno che ha sempre dimostrato per il bene delle Missioni. Quanto alle Suore e a D. Luigi Limana, se ho dati dei suggerimenti sono in via di consiglio, ma chi è del luogo deve aver la testa sulle spalle e regolarsi secondo le circostanze. Né D. Carlo Salerio ebbe mai la minima intenzione di descrivere D. Luigi Limana come meno atto, anzi ne ha tutta la stima. Io la prego di accogliere amorevolmente quanto si scrive, perché se facciamo mille interpretazioni non finiamo mai di trovare lati reprensibili. Il fratello maggiore del figliuol prodigo trovò a riprendere come eccessiva la bontà del Padre, ed era un figlio buono. Se dobbiamo sbagliare è meglio che sbagliamo pensando troppo bene, che abbandonandoci a sinistre interpretazioni. Queste stesse mie parole possono offendere, se Lei non mira al cuore affettuoso con cui le dico, ed è ciò di cui appunto la prego. Mi è stato di gran consolazione leggere il sussidio che mandano al S. Padre i Cattolici di Berhampore: Dio benedica la loro fede e pietà figliale. Includo un bigliettino del Dott. Scotti: ma non ho ancora risposta dal Dott. Vannetti; mi spiace assai di intendere che all’inverno ella si trova sempre in pericolo di incorrere nella dissenteria. Voglio sperare che il metodo suggerito dal Dott. Scotti di promuovere più che si può i sudori, e adattare il vitto al clima, sia salutare. Noi pregheremo perché il Signore gli conservi una salute tanto preziosa a codesti poveri Indiani. D. Enrico Longa avrà già, io credo, fatto e steso in scritto il suo giuramento. Qui mi hanno detto e credo di averlo scritto, che, se non si poteva, od era di troppo incomodo, basterebbe un 234 atto semplice sottoscritto da testimoni conosciuti per la loro probità. Spero che il detto atto arrivi prima di S. Martino. Ella saprà della morte del buon Padre D. Luigi Brioschi, a cui so che scrisse il fratello poco dopo la disgrazia. Oh quanti sono già passati all’altra vita tra i parenti dei Missionari. Mi saluti tutti ben di cuore. D. Paolo Reina non migliora né peggiora. Il male è serio, e la stagione che si avanza non è la più propizia. Preghiamo anche per lui. Tutti le fanno mille saluti, e più di tutti Il Suo aff.mo Marinoni 235 84. A D. ALBINO PARIETTI 25 giugno 1861 M. tentato di dimettersi per malintesi e difficoltà Milano il 25 Giugno 1861 Carissimo e Degnissimo mio D. Albino1 Le mando un foglio a lei diretto dalla S. Infanzia che me lo raccomanda. In questi giorni ho ricevuto da D. Gaetano Fumagalli franchi 1734, che le saranno mandati nel prossimo ordinario. Ne manderemo forse 2000 per far numero tondo, se pure non vi sono conti arretrati da saldare. Comunicai al buon Taglioretti il mio pensiero di rinunziare, ma non lo approva, né lo approva Mgr. Vescovo Caccia, a cui lo rivelava il P. Taglioretti nei giorni passati. Tuttavia mi pare che potrebbe esservi l’occasione, in cui fosse necessario un tal passo anche indipendentemente dalla nostra volontà per le attuali vicende politiche in cui con tutto il buon volere non è possibile talvolta non compromettersi facendo il proprio dovere, e sostenendo la causa della giustizia e del dovuto rispetto ai Superiori. Però tenga per sé questa mia idea, che non è nota neppure in comunità. 1 In AME 08, pp. 127-130. La lettera contiene una notizia che può sorprendere: M. pensa di dimettersi da Direttore, a causa dei malintesi amministrativi con Parietti e per le situazioni politiche confuse che gli rendono difficile agire con coscienza; ma l’idea non ha seguito. Fa poi un grande elogio di Biffi, missionario a Cartagena, e chiede notizie dei missionari bengalesi, che da molto non scrivono, esprimendo nei confronti di Antonio Marietti la sua convinzione che non cederà alle pressioni dei parenti che vorrebbero tornasse. Invita alla fine a pregare per il Papa e la situazione della Chiesa in Italia. La visione di M. è sempre molto ampia e ne fa partecipi i suoi figli sul campo. 236 Abbiamo lettere da Roma che riguardano la Nuova Granata e dicono meraviglie del Missionario Biffi. È tanta la stima e l’amore che il popolo gli porta, che gli è riuscito di salvare il suo Vescovo che si voleva espellere, ma protestando il Biffi che sarebbe partito assieme col Vescovo stesso, per non perdere il Biffi, il popolo si calmò anche col Pastore. Dicono colà che dopo il B. Pietro Claver non si è conosciuto Sacerdote così zelante e così amorevole con tutti. Consolazione ed esempio per noi. Desidero notizie della sua salute e della salute di tutti i Missionari Bengalesi e delle ottime Suore. Sento che il Missionario Curti si ferma nel Vicariato di Agra, ma vorrei sapere le cose più chiaramente. I Signori Marietti sembra che abbiano speranza del ritorno di D. Antonio. Io non lo credo: D. Antonio è fermo nelle sue risoluzioni, e quantunque i parenti gli scrivano di ritornare, terrà avanti agli occhi il Nemo mittens manum ad aratrum etc. [Nessuno che ha messo mano all’aratro ecc., Lc 9,62], né darà ai suoi compagni l’esempio funestissimo di un animo che si stanca. Me lo saluti affettuosamente. È un pezzo che io non ricevo notizie e lettere dei Missionari del Bengala: terrebbero essi il broncio col loro Superiore e non sarebbero disposti a qualunque sacrificio per il bene della pace e della concordia, che è la vera vita di ogni congregazione, e specialmente di Missionari chiamati all’esercizio di una carità non comune, ma eroica? Preghiamo assai per il S. Padre, per la Chiesa, per la Diocesi. I tempi corrono difficili, e il Clero stesso è messo in una tentazione, che è la più tremenda per uno spirito educato a sensi nobili, all’amor di patria, della libertà etc. La questione Romana è uno dei nodi più complicati, che si presentino alla diplomazia. Il Conte Casati, Massimo d’Azeglio, il Balbo etc. benché italianissimi, pure hanno scritto che non si deve eleggere Roma per capitale, che è necessaria lasciarla al Papa: solo una confederazione può conservare l’unità, la giustizia, e l’indipendenza del potere supremo spirituale. Ma le menti sono tutte piene dell’unità Piemontese. Preghiamo Iddio che vi ponga mano. 237 Mi creda nei SS. Cuori Suo aff.mo e d.mo P.te G. Marinoni À Monsieur M. l’Abbé Parietti Supérieur de la Mission du Bengale Centrale 238 85. ALLA SORELLA MARGHERITA 22 settembre 1861 “abbiamo gustato il paradiso ad Annecy” Li 22 7bre 1861 Carissima Sorella1 Verso quest’ora ordinariamente io facevo a mia sorella una visita alla Domenica: faccia la penna quel che non posso compiere di persona, e dia notizia di me a chi già si lamenta, son certo, di sì lungo ritardo. Ma i viaggiatori, tu lo sai, pensano più a sé che ai lontani, e sono tutti intenti alle varie scene che loro si vanno successivamente spiegando innanzi, più che non alle loro amicizie. Torino, il Cenisio, S. Jean Maurienne, Chambéry, Annecy, Ginevra, Mâcon ci hanno di mano in mano trattenuto con più o meno di interesse. Ma dove veramente abbiamo gustato il Paradiso è stato a Annecy: là celebrai dinanzi alla tomba di quel Santo così amabile, S. Francesco di Sales, e potei rimirarne con gli occhi miei le venerande reliquie e il Sacro cranio in particolare che si vede qual’è, mentre il resto del corpo è avvolto in splendide vesti, e la faccia è coperta da un viso d’argento. Abbiamo pure venerate le sacre Spoglie della sua degna e generosa discepola S. Giovanna Francesca di Chantal. Poi dall’ottima Superio- In AME 06, pp. 393-396. M. fa un viaggio di svago e devozione in Francia, come mai? Il motivo di fondo è chiarire un malinteso tra Parietti, superiore del Bengala, e la Propagazione della Fede circa un assegno (v. Lettera seguente). E M. coglie l’occasione di questo giro-pellegrinaggio con amici non sprovvisti di soldi, il prevosto di Alzate don Antonio Staurenghi e il canonico di Monza Giovanni Battista Ponti, per scriverne a Margherita in modo amabile e un po’ scherzoso. 1 239 ra Suor N. N. Maugny fummo graziati col farci chiamare al Parlatorio la giovine Colombat, che ci raccontò ella stessa tutto il fatto della sua prodigiosa guarigione avvenuta il 2 Settembre dell’anno scorso. Abbiamo potuto fargli tutte quelle interrogazioni che il cuore ci suggeriva, e ne fummo veramente incantati per la ingenuità e per la umiltà che traspare in ogni suo tratto. Oggi abbiamo avuto un graziosissimo invito da un bravo Canonico di Autun M. Taboureau, che ci ha voluto con sé a un déjeuner molto splendido. Egli è aumônier presso les Dames des SS. Angels, congregazione religiosa che attende all’educazione delle giovani figlie. Tu vedi che io tendo a unire il Paradiso di qua e il Paradiso di là, prega che almeno i favori del Signore mi riempiano di riconoscenza e di amore, giacché non mi trova forte abbastanza da impormi le Croci e le tribulazioni. Riveriscimi tanto l’ottima Superiora, e le tue degne compagne, fammi raccomandare dalle tue brave allieve specialmente quando fanno la S. Comunione: il Sig. Prevosto Staurenghi e il Sig. Canonico Ponti ti salutano, e io con essi. Credimi Tuo aff.mo fratello P.te Giuseppe Se vedi Giovannino e la cognata Donna Costanza e quando scrivi a Carolina comunica loro quello che credi bene del mio viaggio. Salutameli caramente. 240 86. A D. ALBINO PARIETTI 9 ottobre 1861 M. vuol essere tutto a servizio dei missionari Milano il 9 8bre 1861 N. 60 Amatissimo e Degnissimo Sig. Parietti1 Sono ritornato ieri a Milano dalla Francia, dove sono stato col Sig. Prevosto Staurenghi e il Sig. Canonico Ponti per il corso di tre settimane visitando successivamente Chambéry, Annecy, Ginevra, Lione, Grenoble, la SS. Vergine della Salette, etc. Però non 1 In AME 08, pp. 131-134. M. ragguaglia Parietti sui suoi colloqui col personale dei Consigli della Propagazione della Fede di Lione e Parigi (Lettera 85): sembra in sostanza che Parietti, tenendosi sicuro di un aumento dell’assegno annuale, avesse fatto spese urgenti prima di ricevere la quota stabilita; c’erano poi note di debiti da sistemare. Inoltre Marinoni assicura che la Propagazione della Fede non trascurerà il Bengala, e al tempo stesso insiste che Parietti invii pure a lui il prospetto dei bilanci e le richieste che manda ai Consigli di Lione e Parigi. Da parte sua, promette di voler assecondare il più possibile i desideri dei missionari, non avendo altra ambizione: di ciò essi devono essere persuasi sulla base dei fatti. Insomma M. vuole che regni d’ora innanzi più fiducia, amore, unione. Questo brano mette in evidenza la passione e l’umiltà con cui il Direttore di San Calocero sa intervenire negli inevitabili contrasti o malintesi tra lui e i missionari, addossandosi qualche colpa ma difendendo al tempo stesso la sua decisa volontà di essere sempre e tutto a servizio dei suoi figli. Seguono alcune notizie. Come abbiamo già notato, il cav. Casella è l’ambasciatore italiano in Bengala. Marietti s’era preso un po’ di riposo. Di Curti già accennammo nella Lettera 66: Parietti e Marinoni fecero di tutto perché si riunisse con gli altri missionari e per un po’ ubbidì, ma poi riprese il suo vagabondaggio, tornando in Italia nel 1862, e quindi ancora in India nel ’72, finché rimpatriò definitivamente nell’80 e lasciò l’Istituto. Sulla morte di Ramazzotti rimandiamo ai volumi delle Lettere e delle Testimonianze. 241 accettai di far questo viaggio se non perché, oltre a non spender nulla da parte mia, mi presentava la più bella occasione di parlare presso la Propagazione della Fede, come di fatto ho eseguito nel miglior modo che a me è stato possibile. Essendo assenti tanto a Lione, come a Parigi, la maggior parte dei membri del Consiglio, non potei parlare se non con M. Certes, Tesoriere a Parigi, e con uno dei Segretari a Lione, ma inculcai assai vivamente il disastro dei 15.000 franchi, e la necessità di ripararvi. Feci correggere la nota dei due orfanotrofi, e feci rimarcare che oltre ai 15.000 fr. esisteva già un debito a carico della Missione del Bengala di 3.000 fr, avendomi D. Alessandro Ripamonti scritto queste due annotazioni ricavate dalla sua lettera N° 79, 21 Agosto, che ho letta or ora con la più viva commozione. M. Certes, con cui parlai a lungo, mi disse che l’assegno di quest’anno per il Bengala era già stato determinato in 15.000 fr., e ciò atteso appunto l’errore, che si vorrebbe a poco a poco riparare. Tornai a dire come Lei si lamentò fortemente con me per il tenue assegno di 12.000 che io chiedevo invece di 9.000, limitandomi ad assicurare almeno questo aumento che pur si voleva togliere. Mi rispose che si trovano nell’impossibilità, che dovevano diminuire proporzionalmente il soldo delle Missioni, ma che non avrebbero dimenticato tuttavia, quanto si poteva, i bisogni del Bengala. Mi dissero ancora a Lione che il nuovo anno si mette molto male quanto agli incassi della Pia Opera, e che ne sono spaventati. Io credo che Lei avrà mandato quel prospetto stampato all’Opera Pia con le cifre precise, e, a dire il vero, un prospetto chiaro, netto, preciso e conforme a quello che avrà presentato all’Opera Pia lo desidero io pure. Io non cesserò dall’esporre le sue angustie ai due Consigli, e spero che le nostre istanze non riusciranno inutili. Certo che sia a Parigi come a Lione mi hanno ascoltato con tutto l’interesse. Non ho potuto parlare con M. Girardin Direttore dell’Opera Pia della S. Infanzia, perché era assente: anche da questo lato desidero che ella mi metta pienamente in situazione di potere con nuove istanze ottenere quanto ci è possibile. Mio amatissimo Sig. Parietti, io la ringrazio di cuore di quanto mi ha scritto nell’effusione dell’animo suo, e l’assicuro che 242 farò di tutto per conformarmi a quanto Ella desidera da me, e a quanto con Lei desiderano tutti i suoi carissimi colleghi: sarà questa una grazia che mi fa la B. V. de la Salette, di conoscere meglio i miei doveri, e di disimpegnarli con diligenza e con perseveranza innanzi a tutto. Io non voglio giustificarmi per nulla, ma vorrei piuttosto essere talmente consacrato al pensiero e ai servizi delle Missioni, che nulla affatto me ne rimovesse, e che i Missionari si persuadessero non alle mie parole, ma ai fatti, che io sono costantemente con loro, per loro, e tutto ai loro servizi. Mi raccomando caldamente alle loro orazioni, affinché mi ottengano la grazia di adempiere quanto propongo con tutta la sincerità del cuore, e mi raccomando vivamente alla loro indulgenza, perché da questo momento sia tra noi pienamente ristabilita la fiducia, l’unione, l’amore congiugendoci proprio col sentimento più affettuoso nei SS. Cuori di Gesù e di Maria, e aiutandoci l’un l’altro a compiere meglio che possiamo le parti che Iddio ci ha confidato. D. Alessandro è assente, ma D. Carlo Bolis mi assicura che ha già mandato i fascicoli inglesi della Propagazione della Fede, che ella desidera, e le avrà già risposto quanto ai dipinti a olio. D. Carlo Bolis le risponderà pure quanto al S. Bernardo e agli altri libri che le mancano, e quando vi sarà una propizia occasione faremo il possibile per compiere i suoi desideri mandando altri libri. Il Sig. Cav. Casella fu qui da me, mi parlò con molta bontà, e mi espose i gravi bisogni della Missione: quanto a me non saprei che cosa fare per soccorrervi, e sono disposto a tentare altri mezzi, se pur ve ne sono, per ripararvi. La prego di salutarmi tutti ad uno ad uno gli ottimi suoi e miei confratelli. Spero che a quest’ora D. Antonio Marietti sia tornato, rinnovato interamente e ristorato di corpo, ed anche confortato nello spirito. Si ricordino che la loro vita è già immolata al Signore, e ripetano spesso quelle grandi parole: Dio sempre per fine, Gesù sempre per modello, Maria SS. sempre in aiuto, ed io sempre in Croce, sempre in sacrificio. Quanto al Missionario Curti approvo ciò che ella ha fatto, e solo prego che tutti lo raccomandiamo caldamente a Dio. 243 Avrà già inteso da D. Alessandro la morte dell’amatissimo e veneratissimo Mons. patriarca Ramazzotti il 24 settembre scorso subita da lui dopo lunga malattia, in cui diede l’esempio della più invitta rassegnazione e pazienza. Lo attendeva sulla terra l’onore della Sacra Porpora, ma egli preferì la corona non peritura dei Cieli. A S. Calocero, mentre io era assente, fu celebrato un Triduo allorché il morbo si fece più grave, e tutti applicarono la S. Messa appena intesa la notizia della sua morte. Ma l’Ufficio e la Messa solenne l’hanno ritardato fino al mio arrivo e perciò lo celebreremo nel primo giorno semidoppio, e cioè il giorno 16 corrente. Oh quanto ci deve commuovere questa morte, e quanto impegnare a corrispondere alle sante intenzioni di un tanto Istitutore! In unione del SS. Cuori di Gesù e di Maria mi dico Suo Devotissimo in Cristo P.te Giuseppe Marinoni P. S. Se mai il numero della lettera fosse sbagliato, la prego di avvisarmi per maggior esattezza. 244 87. ALLA SORELLA MARGHERITA 20 novembre 1861 si mostra paziente e scherzoso nei suoi malanni Da S. Calocero il 20 Nov. 1861 Carissima Sorella1 Ieri sono disceso per la prima volta in Chiesa, e stetti abbasso nel mio salottino per 4 o 5 ore, ma la coscia è ancora ribelle, ed ha elementi rivoluzionari nelle vene, nei tendini, nelle cartilagini e che so io. Il Signore si degni liberarci da tutte le rivoluzioni e fissarci nell’ordine e nell’obbedienza, e noi esclameremo: Omnia ossa dicent: Domine quis similis tibi? [Tutte le mie ossa dicono: «Signore, chi è simile a te? », Sal 34,10]. In questi giorni ho inteso bene il senso della parola pezzente e credo di esserlo in grado distinto: ho sempre bisogno di pezze, però al momento mi pare di poter bastare. I pezzenti sono un po’ sfacciati nel domandare elemosina, e non di rado invece di soccorso riportano dei buoni rabbuffi. Può essere che tocchi anche a me questa fortuna, e che taluno dica tra i denti: È proprio incontentabile. Vuol farsi santo con tutti i suoi comodi, e con l’incomodo degli altri. 1 In AME 06, pp. 405. M. va spesso soggetto a malanni, ma questa volta si tratta di un incidente. Subito dopo le solenni esequie per il Fondatore tenutesi a San Calocero il 16 ottobre, cade e si produce una seria contusione al femore, che lo obbliga a restare in camera per alcuni mesi, senza per questo trascurare gli affari dell’Istituto. Sui disturbi e i sentimenti che prova informa in questa lettera, tra il serio e il faceto, la sua confidente Margherita. La guarigione si fa attendere, nonostante le amorose cure del dottor Andrea Verga, già suo compagno di scuola, e del medico di casa Scotti. Marinoni spera di poter celebrare la Messa il giorno dell’Immacolata e invece... (v. Lettera seguente). 245 Basta: domani è la Presentazione di Maria SS.: tu farai la SS. Comunione, e Maria SS. ti darà a carezzare il suo Divin Figlio: ricordati allora del tuo pezzente Aff.mo Frat. Prete Giuseppe Salutami tanto Giovannino, Donna Costanza, Donna Matilde, Carolina etc. 246 88. ALLA SORELLA MARGHERITA 8 dicembre 1861 non era nei disegni di Dio celebrare all’Immacolata Da S. Calocero il giorno di Maria SS. Immacolata 1861 Carissima Sorella1 L’uomo propone e Dio dispone: era nei disegni del mio ottimo medico Sig. G. B. Scotti, e nei disegni miei, che oggi in onore di Maria SS. avessi a celebrare; mancava una sola cosa, ed era la principale, non era nei disegni di Dio, che non mi vede ancora ravveduto, come è necessario: tuttavia questo buon Signore si è degnato di venire egli stesso a visitarmi, e ad aspettare dal canto suo la mia spirituale guarigione. Farò giudizio questa volta? Desideria occidunt pigrum, dice il Signore: il pigro muore affogato dai suoi desideri che non giungono mai a produrre nulla [cf. Prv 21,25]. Voglio però sperare che la Madre delle grazie oggi mi interceda di far qualche miracolo e di camminar speditamente nelle vie dello spirito, se non mi è concesso di muovermi col corpo: perché al Paradiso, dice S. Francesco di Sales, si corre meglio con le gambe rotte, che con le sane. Mia sorella maggiore di un anno si è messa in sussiego, perché io le volevo dettar leggi sull’orario da darsi al medico: benché mi costi assai, ricevo la mortificazione! Ma sarò sempre l’aff.mo Fratello Prete G. 1 In AME 06, p. 411. M. deve restare a letto, nonostante le previsioni del medico. Si augura che la Vergine gli faccia la grazia “di camminar speditamente nelle vie dello spirito”. A don Giuseppe non mancano la fede e l’umorismo. 247 89. ALLA SORELLA MARGHERITA 22 dicembre 1861 la vuole ricompensare con una stilla d’amor divino Milano il 22 Xbre 1861 Da S. Calocero Carissima Sorella1 Ti accludo la lettera per Carolina. Oggi darò a D. Gaetano Fumagalli la tua bella traduzione, e speriamo che la B.ma Vergine de la Salette ricompensi la traduttrice, come fanno i Sovrani con molta munificenza. Basterebbe una stilla di quel liquore che solo da Maria si dispensa, come dice l’innamorato S. Alfonso M. dei Liguori, una stilla d’amor divino, a patto ben inteso che ne abbia a gustare un poco anche Il Tuo Aff.mo Frat. Prete Giuseppe 1 In AME 06, p. 423. Carolina è la sorella uterina. Don Gaetano Fumagalli è il direttore dell’Opera della Propagazione della Fede a Milano, per il quale Margherita ha tradotto un testo in francese. Ma la gamba non era ancor guarita, se il 12 gennaio 1862 M. si decide a chiedere a Roma il permesso di celebrare nella sua camera su un altare allestito “con decoro” (TRAGELLA, II, p. 3). 248 90. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 13 marzo 1862 per favorire le vocazioni e l’unione con Brignole-Sale Milano il 13 Marzo 1862 Eminenza Reverendissima1 Sapendo io quanto sta a cuore all’E. V. la prosperità e l’ampliamento di questo Seminario, e come sarebbe benigna intenzione della S. C. di Propaganda, secondo che altra volta si degnava di manifestarmi con lettera del 24 Marzo 1855, di trarre da questo Istituto più frequenti e copiosi rinforzi di operai evangelici per quelle imprese e quelle Missioni che la medesima S. Congregazione si compiacerebbe affidargli, mi reco a dovere di cogliere ogni occasione che mi si offra propizia per adempire questo voto della medesima Congregazione. Prevalendomi peraltro della favorevole congiuntura, che si trova momentaneamente in mezzo di noi l’amatissimo nostro collega D. Timoleone Raimondi, Vice-Prefetto Apostolico di Hong-Kong, inteso il sentimento dei miei confratelli, stimerei opportuno che prima della sua prossima partenza per la Cina, se V. E. lo permettesse, egli celebrasse con i R.mi Vescovi di queste parti e, dando loro relazione a voce dello stato e dei successi delle nostre Missioni, rin- 1 In AME 06, pp. 429-432. Nel 1855 era stato lo stesso Marinoni a fare un giro di propaganda vocazionale (v. Lettera 57), ora chiede a Propaganda di permettere a Raimondi di visitare, prima di tornare ad Hong Kong, i vescovi “di queste parti” per informarli sulle nostre missioni e sollecitare vocazioni. Purtroppo la risposta sarà negativa. Il card. Barnabò addurrà ragioni d’inopportunità: gli sconvolgimenti che turbano l’Italia, la difficoltà di scegliere e inviare soggetti adatti in tali frangenti, il bisogno che di costoro hanno le diocesi nei tempi burrascosi che corrono (v. Lettera del 2 aprile 1862, AME 01, p. 271). 249 novasse loro l’invito già altre volte fatto, in nome ancora di codesta Sacra Congregazione, di inviare al nostro Seminario quegli individui del rispettivo Clero che mostrassero dietro opportuni loro eccitamenti ed esortazioni vocazione al ministero apostolico. Perciò porgerei ossequiosa supplica a V. E. di permettergli questa visita, munendolo anche di una sua graziosa commendatizia del tenore di quella che già l’E.mo Card. Fransoni, di sempre cara e venerata memoria, accordava a me stesso il 24 Marzo 1855 sopraccennato. Devo pure partecipare a V. E. come al medesimo intento di favorire un più ampio sviluppo di questo Seminario, abbiamo preso in considerazione il desiderio già altre volte manifestato e ultimamente al ritorno di D. T. Raimondi ripetuto dal Degnissimo Superiore del Collegio Brignole-Sale in Genova2, che gli alunni di quella Casa fossero aggregati a quelle Missioni, dove si trovano i nostri Missionari, così per la rassomiglianza dei due collegi come per il fatto che il Seminario di Genova non può assistere i suoi allievi sul campo dei loro travagli, come è regola del Seminario nostro, il quale incoraggia per tal modo i giovani aspiranti alla vita apostolica col sapere che hanno sempre una casa che pensa a loro, e che li può accogliere in caso di malattia e di 2 Il Collegio Brignole-Sale fu fondato dal marchese omonimo (1786-1863) e dalla moglie con una convenzione stipulata col superiore generale dei lazzaristi nel 1852 e aperto tre anni dopo. Suo scopo era la formazione di preti secolari per le missioni, che emettevano solo una promessa di perseveranza nel servizio missionario. Non aveva missioni proprie e gli alunni si mettevano a disposizione di Propaganda per le destinazioni. Nella lettera di M. si tratta del primo progetto di unificazione (non fusione), già proposto altre volte dal superiore del Collegio, Francesco Dassano, ma occorreva l’approvazione di Propaganda e l’autorizzazione del Prefetto. Questi però si oppose per gli stessi motivi già detti circa la visita di Raimondi ai vescovi. Bisogna aggiungere che l’iniziativa non era matura da parte dei responsabili del Collegio e pare fosse caldeggiata solo dal Dassano. Quando, infatti, venne riproposta negli anni 18701871 i superiori del Collegio rifiutarono, preferendo conservare all’opera la sua fisionomia originaria e la sua autonomia. Né mancarono obiezioni da parte di San Calocero circa la formazione e la convivenza degli alunni del Collegio con i nostri. Tuttavia, a livello di individui si ebbero buoni frutti, perché parecchi “brignolini” entrarono a San Calocero (cfr. DONEGANA, pp. 222-232). 250 vecchiaia. Ci parrebbe opportuno di stabilire che il Collegio di Genova servisse da studentato, da cui, compiuti i loro studi e divenuti Sacerdoti gli alunni passassero poi al Seminario di Milano, e di qua dopo una conveniente prova sotto la dipendenza e direzione della S. C. mandati alle Missioni loro determinate, come si è praticato finora con i nostri alunni. In tal caso noi invieremmo a Genova tutti quegli aspiranti che ci si presentassero, e non avessero ancora compiuto il corso degli studi teologici, il che concorrerebbe a moltiplicare gli alunni di quel collegio, e ad associare in un solo intento gli sforzi delle due case: d’altra parte i RR. PP. Lazzaristi di Genova sarebbero esonerati da ogni cura per l’invio degli alunni alle Missioni. Qualora la S. Congregazione approvasse queste determinazioni, non resterebbe se non che l’Eminenza Vostra autorizzasse il suddetto Superiore del Seminario di Genova, secondo il desiderio da lui nuovamente espresso, ad inviare al nostro Seminario quegli alunni che già avessero terminato il loro corso scolastico. Realizzandosi questo progetto noi avremmo Missionari bastanti per accettare qualche altra Missione che la S. Congregazione si degnasse affidarci, e questo Seminario andrebbe lieto di poter offrire a V. E. un maggior numero di soggetti e di avere un’occasione di mostrare sempre più la sua sottomissione ed ubbidienza a codesta Sacra Congregazione di Propaganda. Non posso chiudere questa mia lettera, senza pregare l’E. V. che ci conosce, di umiliare ai piedi di Sua Santità l’attestato più sincero di figliale profonda devozione e del dolore acerbissimo che proviamo, tutti dal primo fino all’ultimo, vedendola fatta segno di tante ingiustissime contraddizioni. Noi, unendoci di vero cuore con tutti i buoni e aderendo pienamente ai sentimenti così nobilmente e così unanimemente espressi dall’Episcopato Cattolico, supplichiamo umilmente Sua Beatitudine a volerci accordare la sua Apostolica Benedizione che faccia fiorire questo Istituto secondo lo Spirito del Signore e gli amorosi disegni della sua Divina Provvidenza3. Marinoni termina rinnovando a S. Santità l’attaccamento filiale suo e dei missionari, “tutti dal primo all’ultimo”, e invocandone la benedizione 3 251 Accolga, Eminenza R.ma, l’espressione della nostra profonda venerazione e mi creda Suo Dev.mo Servo Prete G. M. perché l’Istituto fiorisca “secondo gli amorosi disegni della sua Divina Provvidenza”. 252 91. A D. ALBINO PARIETTI 1° aprile 1862 sull’erezione del vicariato e i catechisti Milano il 1° Apr. 1862 Degnissimo Sig. Parietti1 (...) La ringrazio del prospetto, che con un colpo d’occhio mi dà un’idea precisa della Missione, dei frutti raccolti, delle opere che sono in corso. Sull’erigere codesta Missione piuttosto in Vicariato che in Prefettura Apostolica ho inteso anche il parere dei colleghi e tra gli altri dell’ottimo D. Timoleone Vice-Prefetto Apostolico di Hong Kong, e tutti convengono che in un argomento così delicato è necessario rimettersi interamente alla decisione della S. C. di Propaganda: perché il solo entrare in questo argomento può offendere le convenienze, specialmente se si indicasse propensione al Vicariato, dove naturalmente inclinano i più dei voti. Vedremo di trovare due buoni Catechisti, com’Ella desidera. Se potremo avere due artisti, tanto meglio, ma dal suo biglietto, dove si dice che l’ufficio loro sarà di attendere agli orfanotrofi perché gli orfani siano in mano sicura e sott’occhio vigilante, altrimenti si metterebbe zizzania sopra zizzania, si rileva che ciò non è assolutamente necessario, e basta che siano persone di criterio, e di cuore, della cui vigilanza ci si possa fidare. 1 In AME 08, pp. 148-150. M. raccomanda prudenza massima anche sul semplice discorrere dell’elevazione della missione a vicariato apostolico, materia di competenza di Propaganda. Promette che cercherà i due catechisti adatti secondo la richiesta di Parietti. E insiste di nuovo sull’unione tra il superiore e i missionari, ricordando con parole penetranti la carità di Cristo. 253 Non posso chiudere questa lettera senza raccomandarmi di nuovo a Lei e a tutti gli amatissimi Missionari; facciamo di tutto per congiungerci ognor più in tanta unione, compatendoci a vicenda, e verificando in noi prima ancora che negli altri le meraviglie della carità di Cristo, che è giunto a dar la sua vita in mezzo a sì crudeli e sì obbrobriosi tormenti per noi suoi ingratissimi figliuoli. Col più sincero affetto mi dico Suo Dev.mo in Cristo P.te G. Marinoni P. S. La Cappellania Baldina dà per elemosina in quest’anno Fr. 222.94 Unisco questi due biglietti per i Missionari Marietti e De Conti, ed uno per lei, di D. Carlo Bolis. Alessandria, Suez, Calcutta Al R.mo Missionario D. Albino Parietti Degnissimo Superiore della Missione del Bengala Centrale Berhampoor 254 92. A D. ALBINO PARIETTI 23 maggio 1862 problema dei missionari impazienti di partire Milano il 23 Maggio 1862 Mio Carissimo e Degnissimo D. Albino1 Ella ben sa quanto gli alunni di S. Calocero sentano penoso starsene qui in una continua indeterminazione del quando dovranno partire. Coll’occasione che si trovava tra noi il Missionario Raimondi, Vice-Prefetto Apostolico di Hong Kong, abbiamo invitato anche il P. Taglioretti ad una conferenza, in cui si trattasse tra gli altri questo punto, e si era pensato di promuovere la nostra unione col Collegio Brignole di Genova in modo che quello servisse per gli aspiranti, i quali dovessero compiere anco- 1 In AME 08, pp. 151-154. Lunga lettera, ma l’idea centrale è una sola: i missionari vogliono partire e non si può trattenerli senza motivi. La ragione è che Parietti non voleva che gli si mandassero nuovi sacerdoti, essendo la missione poverissima. Ma a San Calocero vi erano alunni destinati che fremevano per andare in missione, al punto che uno, Ferdinando Giannini di Prato, per avere la sua destinazione va da Propaganda, recando un gran dolore a Marinoni e turbamento ai confratelli; finirà poi per tornare alla sua Toscana. Gli altri pazientano finché giunge la loro ora di partire: Paride Bertoldi (1836-1906) per il Bengala nel giugno 1862, Remigio Pezzotti (1834-1917) pure per il Bengala nel marzo ’63 (ambedue usciti poi dall’Istituto) e Andrea Fenaroli (1840-1863) per Hong Kong nello stesso anno, ma che vi muore presto, il 10 settembre del ’63. Nel seguito dello scritto M. fa capire a Parietti che si ha cura dello sviluppo della missione, avendo presente anche la questione finanziaria, e che egli accolga i nuovi con amorevolezza. Dà poi notizie varie. Questa lettera non sarà gradita a Parietti e farà rinascere la tensione tra lui e M., che sopporterà con pazienza e forza d’animo (per l’unione col Collegio Brignole vedere Lettera 90, nota 2). 255 ra i loro studi, e il nostro accogliesse tutti i Sacerdoti, compresi anche quelli formati nel Collegio suddetto; e così si avesse un titolo presso la S. C. di Propaganda per chiedere qualche speciale Missione nella Cina, dove inviare man mano i soggetti già maturi senza farli attendere a lungo a causa delle incerte occasioni. La S. Congregazione ha risposto che i cambiamenti non sono più opportuni, e che si prosegua alla meglio coll’antico costume. La nostra conferenza aveva luogo sul principio di Quaresima, e vi erano allora in questa Casa 4 alunni destinati alle Missioni, cioè D. Paride Bertoldi Tirolese, D. Andrea Fenaroli di Bergamo, non ancora Sacerdote ma in Sacris, D. Remigio Pezzotti pure Bergamasco e D. Ferdinando Giannini di Prato, che celebrò poi la prima Messa nel giorno di S. Giuseppe. Quest’ultimo ci era giunto l’otto gennaio dal Seminario delle Missioni Straniere di Parigi. Or ecco che la Domenica delle Palme, D. Ferdinando Giannini mi fa sapere per mezzo di D. Carlo Salerio che il giorno dopo egli conta di partire per Roma per aver già preso intese con un suo fratello secolare e voler recarsi a Propaganda per ottenere di essere inviato ad una missione di selvaggi, perché gli è troppo duro dover restare qui qualche anno ad attendere il momento dell’invio, momento chiuso in un avvenire oscuro. Può ben immaginarsi che ferita al mio cuore, e quale impressione la sua partenza doveva fare anche sugli altri compagni. Partì dunque per Roma, ma l’effetto durava nei colleghi. Pochi giorni fa D. Andrea Fenaroli mi apre il suo cuore e mi dice che egli si era inteso con D. Ferdinando Giannini di avviarsi con lui a quella Missione che la S. C. di Propaganda gli avesse destinata, ma che Propaganda gli ha suggerito di rivolgersi a qualcuno dei tanti Vescovi di oltremare che ora affluiranno a Roma. Però D. Andrea Fenaroli per il debito di riconoscenza e di affetto che ha verso l’Istituto ha assicurato che partirebbe per una delle nostre Missioni, dove lo credessimo più atto, offrendosi egli stesso a far le spese del suo viaggio. Ho dunque di nuovo raccolti i colleghi, e ne ho sentito il parere. Essi adunque, ed io con loro, abbiamo riconosciuto la necessità che per il bene di questo Istituto facciamo ogni sforzo 256 per affrettare la partenza di quegli alunni, che presentano già prove sufficienti della loro vocazione, altrimenti nessuno verrebbe più a questa casa. Ora noi abbiamo qui per primo D. Paride Bertoldi, ottimo Sacerdote, studioso, esatto nell’adempimento dei suoi doveri, docile ai suoi superiori, e sereno nei suoi santi propositi. D. Enrico Longa lo conosce e potrà ora darne testimonianza. Egli ci è venuto da tre anni circa e sospira quant’altri mai l’ora della partenza, e ne ha ben ragione. Quindi noi di comune consenso abbiamo opinato che non convenisse più aspettare, e che si cogliesse l’occasione della prossima partenza di D. Timoleone Raimondi per associarlo a lui, e risparmiare molto sulle spese di viaggio che sarà fatto a spese della Casa, e con mezzi forniti dai Benefattori. E siccome D. Timoleone Raimondi dietro nostro suggerimento presenterà al R.mo Prefetto Ambrosi D. Andrea Fenaroli, il quale partirà per la Cina poco dopo che avrà celebrata la sua prima Messa, cioè in agosto, così noi presentiamo a Lei D. Paride Bertoldi, che è molto più adatto per la Missione delle Indie, bramando una vita piuttosto severa che no, mentre D. Andrea Fenaroli avvezzo un poco più agli agi della casa paterna riuscirà meglio in Hong Kong, dove il vivere presenta maggiori comodità. D. Paride stesso ne consultò tempo fa il suo Direttore Spirituale del Tirolo, il quale lo animò a preferire la Missione del Bengala per questo motivo, sempre che i suoi superiori non lo destinassero altrove. Però quanto allo spirito, l’uno e l’altro alunno porge ogni fondamento a sperarne ottima riuscita. Io le ho voluto tessere da capo tutta la storia dei fatti che ci hanno condotto a questa conclusione, affinché Ella, che cerca con i suoi compagni senza dubbio l’incremento di questo nostro Istituto, veda la nostra posizione, e unendosi, come ritengo, con noi in un concorde sentimento accolga questo Missionario, che noi le inviamo, riferendoci anche ad un passo di una precedente sua lettera, dove, parlando del nuovo invio di Suore della Carità che si progettava dalla Superiora Generale, ci esponeva che avrebbe trovato facilmente una posizione per il Missionario che le avrebbe accompagnate. L’aumento anche del sussidio fatto dalla Propagazione della Fede, e dalla S. Infanzia, e i due Cate257 chisti che ci ha raccomandato di venir preparando per nuove opere di zelo, ci fanno sicuri che D. Paride Bertoldi sarà il benvenuto in codesta Missione, e che la Provvidenza gli avrà già assegnato sotto la sua savia direzione il suo posto ove spargere con frutto il seme della divina parola. Ella dunque lo accolga dalle mani di noi tutti coll’usata sua amorevolezza, e aumenti così il numero della sua benemerita famiglia. Ho scritto a Roma per aver la patente e spero che mi arriverà, perché altrimenti l’invio non potrebbe aver luogo. D. Angelo Curti è arrivato a Lodi, venne un momento a Milano per ritrovarmi, e poi ritornò a Lodi: è alloggiato in Seminario, al quale ha portato molte cose interessanti dalle Indie: parrebbe disposto a ritornare in qualche Missione. Il medico però dice che ci vorranno due anni per rimettersi pienamente in salute. Il fratello del nostro buon Paolo Mauri è venuto da me pregandomi di continuare con lui il sussidio che già si passava ai suoi vecchi genitori: gli ho detto che i benefattori l’avevano promesso solo in vista dell’avanzata età dei parenti, e gli ho fatto però una lettera per il Marchese Cesare Serponti raccomandandoglielo, data la sua numerosa famiglia. Gli ho anche date 11 Lire Austriache che l’ottimo Ingegnere Brioschi mi ha portato secondo il consueto, benché io gli abbia annunziato la cessazione del suo obbligo. Una lettera del nostro Catechista al Sig. Marchese suo padrone potrebbe giovare assai al fratello e ai nipoti. La ringrazio ben di cuore delle notizie datemi con le due lettere di D. E. Longa e D. L. Brioschi. Sono molto confortanti e ci fanno vedere che l’opera di Dio va crescendo e sviluppandosi ognor meglio, e che i nostri Missionari davvero e faticano e soffrono per amor di Dio: il Signore li conforti e prosperi l’opera sua. La ringrazio ancora delle altre notizie che mi porge e mi rallegro che il Segretario del Governatore Generale sia un ottimo Cattolico, e senza rispetti umani. Col cuore di tutti i colleghi abbraccio Lei e tutti i Missionari nel Signore dicendomi Suo dev.mo in Cristo Prete G. Marinoni 258 93. A D. ALBINO PARIETTI 25 novembre 1862 curare la salute ma non lasciare la missione Milano 25 9bre 1862 Carissimo e Degnissimo D. Albino1 Rispondo alla gratissima sua N° 85 in data 7 ottobre scorso, in cui mi parla a lungo dell’infermità dell’ottimo D. Antonio Marietti. Io ne sono dolentissimo, e per lui, e per la Missione, ma spero che il Signore vorrà risparmiarci questo colpo ben duro e conservare al Bengala un soggetto così prezioso. Intanto non posso che lodare la sollecitudine fraterna e la prudenza insieme di Vostra Signoria che, mentre nulla omette di quello che può sollevare un così degno collega e gli propone vari partiti lasciando scegliere a Lui quel che più gli gradisce, tien però fermo il punto di non permettere il ritorno in patria se non è legittimato da una vera necessità. Io compatisco il Missionario che si trova in tali frangenti, ma devo insistere perché ciascuno consulti il suo cuor generoso, memore di non essere più suo, ma uomo di Dio, uomo dei sacrifici, uomo venduto al bene dei fratelli. Capisco che quanto è facile suggerire, altrettanto è difficile eseguire, ma 1 In AME 08, pp. 165-167. M. loda la sollecitudine di Parietti per la salute scossa di Marietti e la sua prudenza perché lo lascia libero di scegliere dove curarsi ma tenendo duro sul principio “di non permettere il ritorno in patria se non è legittimato da una vera necessità”: Marietti andrà di fatto al nord, presso l’Himalaia. Lo ringrazia pure dell’accoglienza fatta a don Paride, e dice di star pensando ad un sistema finanziario più adatto ai bisogni della missione. Come si vede anche dal resto della lettera, M. è sempre gentile ed equanime, e non si lascia condizionare da malintesi e contrasti, cercando solo il bene dei missionari e delle missioni. 259 non esito affatto a indicare il da farsi, e mi consolo che Vostra Signoria si trova ancora in posizione di precedere coll’esempio e di avvalorare col fatto proprio le sue parole. Quanto al denaro, D. A. Ripamonti si incarica di risponderle, ma io vedrò se è possibile di stabilire per l’anno venturo un sistema più conforme ai veri interessi della Missione. Sento con piacere le ottime accoglienze fatte a D. Paride, a cui la prego di consegnare l’acclusa lettera, e sono ben contento che si trovi a Kishnagore con quelle Sante Suore della Carità. Spero di udir migliori notizie dell’ottimo D. Luigi Limana, a cui scrissi subito nel senso che risposi a Lei, e vorrei sperare che si sia calmato, come spero si sarà calmato il buon Mauri. Aggiungerò qui un bigliettino per D. Antonio Marietti. Intanto prego Lei a voler accogliere i nostri più sinceri auguri per le Feste Natalizie e per il buon Capo d’anno. S. Francesco Saverio di cui abbiamo già incominciata la novena li colmi tutti di grazie e ottenga loro la comunicazione del suo spirito apostolico. Mi saluti tutti ad uno ad uno i carissimi colleghi, e il Mauri e il Sesana, ed ella si abbia gran cura della sua salute e me ne dia notizia, perché se la salute di tutti è preziosa, la salute del Superiore della Missione lo è in special modo. Troverà nei fogli la relazione dei patimenti di D. E. Biffi: si comporta veramente come un Angelo. Con vera stima, ed affezione Il Suo aff.mo Marinoni 260 94. A D. ALBINO PARIETTI 10 gennaio 1864 fondazione e invio de “L’Osservatore Cattolico” Milano 10 gen. 1864 Degnissimo D. Albino1 Rispondo alla sua lettera in data 9 novembre da Calcutta, a cui scrivo il numero 94. Mi spiace assai della sua infermità, da cui speravo davvero che fosse perfettamente guarito dopo l’andata a Patna. Divido però con lei la nuova speranza che il ripo- 1 In AME 08, pp. 183-184, lettera dattiloscritta. M. inizia toccando il tema della salute, un vero handicap per i missionari del Bengala. Passa poi a parlare della fondazione de L’Osservatore Cattolico, per dire a Parietti che d’ora innanzi riceverà questo giornale invece de L’Armonia di Torino, che M. era solito inviare alle missioni con altri di stampo cattolico e fedeltà al Papa, come L’Osservatore Lombardo di Brescia, morto nel 1863, e La Civiltà Cattolica. Il nuovo giornale nasce per iniziativa di mons. Carlo Caccia Dominioni, il vescovo successo a Romilli nel 1859, tra contrasti e opposizioni di autorità civili e clero, diviso tra fautori e contrari al potere temporale del Papa (sulle vicende di Caccia v. Dizionario, I, pp. 543-545). Il Papa stesso ne nomina direttori Marinoni e Vittadini, redattore fisso Scurati e parecchi collaboratori tra cui Carlo Bolis di San Calocero. Il nuovo giornale incontra grandi difficoltà, e non solo da Il Carroccio qui ricordato. M. è schierato apertamente, ma sempre con equilibrio e rispetto degli altri, dalla parte del Sommo Pontefice e della legittima autorità ecclesiastica di Milano. L’Osservatore Cattolico tiene un ruolo di primo piano nelle vicende politico-ecclesiastiche del tempo e M. ne usa anche per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle missioni, prendere contatti con persone illustri e influenti, estendere la sua collaborazione religiosa e pastorale in diocesi. Di riflesso San Calocero diviene un centro di attrazione del mondo ecclesiastico. M. e Vittadini lasceranno il giornale nel 1872 (su L’Osservatore Cattolico vedere: SBERNA; Dizionario, IV, pp. 2618-2620; per quanto tocca anche M., TRAGELLA, II, p. 15ss. e passim). 261 so di Calcutta abbia a guarirla e a rimetterla in forze. Potrebbe anche tentare l’aria di Masulipatam dove vedo che lo accoglierebbero a braccia aperte i compagni. Abbiamo avuto buone notizie delle suore di Kishnagore e ci siamo consolati per la buona Suor Carolina, che ci aveva messo in tanta apprensione. D. Enrico ha vinto bene l’itterizia e Marietti è forte e snello secondo i suoi e nostri voti? D’ora innanzi invece dell’Armonia riceverà l’Osservatore Cattolico, foglio quotidiano che siamo riusciti con indescrivibile difficoltà a fondare qui a Milano. Così conoscerà meglio le cose nostre e prenderà una parte più viva alle nostre tribolazioni. Sarà questo io spero un ottimo mezzo per aiutare le missioni. Se i missionari scriveranno cose un po’ interessanti, anche notizie politiche purché non compromettenti, ci faranno un favore. Importa sopra tutto che sia conosciuto quanto bene si potrebbe fare, se vi fossero mezzi maggiori. Ora con la fine dell’anno attendo un prospetto, che mi metta sott’occhio il bene fatto in esso e lo stato attuale; almeno aggiunga nuove cifre al passato. Mia sorella Margherita ha pagato questa copia dell’Osservatore per le missioni e si raccomanda alle sue orazioni. D. Giacomo Scurati è il principale redattore del Foglio, vi coopera Vittadini D. Felice Prof. del Seminario, D. Giuseppe Spreafico Vice-rettore per l’Amministrazione, vi cooperiamo io e Bolis, e molti altri. Vi sono ancora tanti Nicodemi che si presteranno sottovia. Oggi si deve portare in Parlamento la Questione di Mgr. Caccia, e già si sa che ha avuto intimazione dal Prefetto Villamarina di recarsi a C.... entro 18 ore. È dunque risolta la rimozione: che avverrà della povera Chiesa di Milano? Noi abbiamo contro di noi un giornale intitolato Il Carroccio di cui sono direttori Loga, D. Luigi Vitali, Avignone, Brioschi, cooperatori Merini, Paresi. Se vuol sapere a che punto si giunga, ecco come fa l’elogio del clero liberale di Milano: una rappresentanza illustre di questo clero (che proclama l’Italia una e indipendente, ed affretta ... il cammino ... di siffatta causa perenne di mali incalcolabili all’Italia e al mondo) è nel clero milanese. Il Papa scomunica, ma esso è fermo; il Vescovo perseguita, ma esso è fermo; i giornali deri262 dono ma esso è fermo; il governo oscilla e lo abbandona, ma esso è fermo, etc. Veda mio D. Albino a che punto siamo. Il governo, è vero, tentenna, ma non per mancanza di volontà di sostenere la ribellione del Clero, ma perché la cosa è troppo flagrante e non saprebbe come discolparsi. Tuttavia or siamo venuti anche al punto di fare aperta persecuzione e condannare all’esilio Mgr. Caccia o alla reclusione. Preghiamo, mio carissimo, preghiamo assai. Ricevo di buon cuore i suoi schiarimenti sui rapporti con l’Opera Pia della Propaganda e della S. Infanzia: spero che ora le cose correranno regolarmente per mezzo del Sig. Conte De Sousa. Temo che la S. Infanzia non intenda troppo bene la nostra scrittura e perciò le raccomando di mettere ben chiare le parole. Mille voti. il suo aff.mo Marinoni Rev.mo Parietti Lo saluto di cuore, guarisca per amore di Dio. A. Ripamonti 263 95. A UN MONSIGNORE 30 luglio 1864 il nuovo giornale è gradito al Papa ma non è facile perseguirne lo scopo 30 Luglio 1864 Illustrissimo e R.mo Monsignore1 La venerata Lettera di V. S. Ill.ma e R.ma, in data 23 corrente Luglio, con la quale mi partecipa i benevoli sentimenti del Vicario SS.mo di Gesù Cristo, e come torni a Lui di sommo gradimento l’opera che noi facciamo nell’Osservatore Cattolico di difendere i sani principi e specialmente la devozione dovuta alla Chiesa e al Successore di S. Pietro, di cui teniamo nel Foglio stesso la professione dettataci da S. Ambrogio: Ubi Petrus, ibi Ecclesia [Dove c’è Pietro, là c’è la Chiesa], mi ha riempito della più viva consolazione. Lo creda, Monsignore Reverendissimo, Ella ci ha messi tutti in festa: oggi è stato per noi un giorno di estrema letizia. Quelle congratulazioni, quegli eccitamenti, quell’Apostolica Benedizione ci staranno sempre impresse nel cuore, e ci animeranno ognor più ad adempire con tutto l’ardore un compito, che riesce così accetto al Santissimo Padre. Potessimo versare una stilla di balsamo sulle tante ferite che fanno all’anima grande del più tenero dei Padri tanti figli snaturati. In AME 06, pp. 529-532. Il destinatario della lettera non è nominato, ma sembra sia mons. Mercurelli, segretario alle Lettere Latine pontificie, autore dello scritto in latino in data 23 luglio 1864 (cfr. TRAGELLA, II, p. 23) menzionato all’inizio di questa lettera. Ora M. ringrazia e manifesta tutta la sua gratitudine, e quella dei collaboratori, per i “benevoli sentimenti” di Pio IX nei riguardi de L’Osservatore Cattolico (v. Lettera 94), ricordandone anche lo scopo e le difficoltà. 1 264 Ben conosciamo di non meritare sì graziose attenzioni del Vicario di Cristo, quali V. S. Ill.ma e R.ma ci ha espresse, ed io in ispecie, che per molti motivi da Lei benignamente rilevati, non posso dare al Foglio se non incerti ritagli di tempo. Ragioni di prudenza facili a comprendersi non mi hanno permesso di manifestare al pubblico a Chi fosse diretto l’ossequiato di Lei Foglio: ma più ancora ciò esigevano da me ragioni di giusta modestia, perché se in quel Foglio vi ho qualche merito, tutto, dirò così, se lo rivendicano, insieme ad alcuni dei miei rispettabili colleghi di S. Calocero, gli egregi Professori del Seminario nostro Diocesano, oltre ad altri Sacerdoti e Laici distinti che tratto tratto vi pongono mano. Le difficoltà però non sono piccole, e non è così facile combattere sempre, con felice successo, scaltriti avversari, né l’appagare le esigenze e i voti di tutti. Per certo noi non abbiamo giammai avuta altra intenzione, col divino aiuto, se non di spezzare anche noi una lancia in difesa della verità combattuta, di promuovere in tutti la riverenza e l’amore alla Chiesa, al Pontefice, al Superiore Diocesano, di cui tutti conoscono le gravi tribolazioni; in una parola, di premunire i semplici contro gli errori e la corruttela che inondano da ogni parte, impedire alla meglio lo scisma che tenta introdursi nel Clero di S. Carlo, e condur tutti alla concordia e all’amore del bene. Siamo ben lungi dal poter raggiungere sì nobile scopo, ma l’intenzione è colà diretta. Offra pertanto, Monsignore R.mo, io la supplico in nome ancora di tutti i miei collaboratori, al Beatissimo Padre le più umili, le più vive, le più affettuose grazie, e implori di nuovo per noi l’Apostolica Benedizione. Ella poi gradisca l’attestato sincero di quell’altissima stima, e di quell’ossequio profondo, con cui ho l’onore di firmarmi Di Vostra Signoria Ill.ma e R.ma Um.o e D.mo Servo P.te Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni 265 96. A D. LUIGI LIMANA 19 febbraio 1865 raccogliere documenti e memorie di Parietti Milano il 19 Febb. 1865 Carissimo e Degnissimo D. Luigi Limana1 La prego di raccogliere tutti i documenti e le memorie, che si riferiscono alla giurisdizione spirituale, ed accennarmele almeno nelle date e nel loro valore sostanziale. So che D. Albino mi ha scritto varie volte su questo argomento e che aveva cominciato a mandarmi i documenti di tutto ciò che riguarda le relazioni con Propaganda, la giurisdizione, e i possedimenti della Missione, ma si arrestò a non so qual epoca. Vedrò le carte, ma non posso tardare essendo imminente la partenza della posta. Un affettuosissimo abbraccio a lei e a tutti i carissimi Missionari da parte del Suo aff.mo Marinoni 1 In AME 08, p. 197. Albino Parietti, superiore della missione del Bengala, muore il 30 novembre 1864, ad appena 9 anni dal suo arrivo e 46 di età, prima vittima del clima insalubre della regione. Si spegne a Ban-kipoore, ospite dei cappuccini, che testimoniarono la sua edificante accettazione della volontà di Dio. Gli succede p. Limana, capo del distretto di Krishnagar, cui M. dà l’incarico di raccogliere documenti e memorie del defunto. 266 97. A D. GIACOMO BROY 15 maggio 1865 consigli per prepararsi alla missione Milano il 15 Maggio 1865 Degnissimo Mio D. Jacopo1 Il divin Redentore dice ai suoi Apostoli inviandoli ai loro ministeri: Neminem per viam salutaveritis [Non salutate nessuno lungo la strada, Lc 10,4], che corrisponde all’antico adagio: Age quod agis [Fa (bene) quello che stai facendo]. Ottima cosa il mese mariano, ottima la predicazione, l’amministrazione dei Sacramenti, l’ufficio parrocchiale, ma ella si ricordi che è entrato in un seminario destinato alle Estere Missioni, che questo è luogo di studio, di ritiro, di preparazione all’apostolato, che la disciplina di questa Casa rimane avvantaggiata dalla vicendevole ed unanime cospirazione di tutti i suoi membri, i quali devono fondersi insieme, assimilarsi, diventare anche per abitudine, per confidenza un cuor solo ed un’anima sola, concorrere alla mutua santificazione. Anche qui avrebbe potuto occuparsi a fare in qualche chiesa, da cui ricevemmo invito, il Mese di Maria. Io torno a ripeterle: Conviene che ella tronchi il più presto possibile ogni relazione non necessaria con la patria, ogni relazione estra- 1 In AME 06, pp. 541-542. Il tempo in attesa della destinazione va passato a San Calocero nella vita di comunità per prepararsi all’apostolato futuro, è ciò che M. raccomanda a Giacomo Broy (1833-1900), entrato nel 1864 e partito per il Bengala nel 1866. Perciò egli deve troncare ogni relazione con la patria non necessaria ed estranea alle missioni, ministero compreso. E M. conclude pregando il candidato di “non differire il ritorno (in seminario) di un giorno, salvi i doveri di assoluta convenienza”. Il Direttore vuole che la formazione missionaria degli alunni anche già sacerdoti sia fatta nell’ambiente a ciò destinato. 267 nea alle Missioni: altrimenti non possiamo aver fiducia che ella un giorno o l’altro non abbandoni il suo posto, anche quando sarà arrivato, e invece di seguire la voce dell’obbedienza, si faccia guida a se stesso, e si porti colà dove meglio le sembra. Quanto poi all’obbligazione di lasciare l’elemosina delle messe alla sorella, io non devo che permetterle di rilasciare la detta elemosina alla sorella stessa: l’obbligo deve assumerselo V. S. promettendo che, tranne un’assoluta necessità, darà a quella lo stipendio suddetto. La prevengo però che, essendo così gravi le angustie delle Missioni, ella farà bene a non vincolare che la metà delle Messe, o due terzi al più in favore della sorella. La prevengo ancora che, stando in Venezia o come pure in Pontelungo, dovrebbe cercare se vi è qualche legato da adempire, e col permesso della S. Sede potrà soddisfare gli obblighi in Missione, lasciando in patria il danaro senz’incommodo di alcuno. Credo che S. E. R.ma il Sig. Cardinale Patriarca le vorrà fare questo favore. Concludo raccomandandomi caldamente alle sue orazioni e pregandola a non differire di un giorno il ritorno, salvi i doveri di assoluta convenienza. Con vera affezione e rispetto Il Suo D.mo Servo P.te Giuseppe Marinoni 268 98. A D. LUIGI LIMANA 12 settembre 1866 dolore per la morte di Brioschi e la carestia Milano 12 7bre 1866 Amatissimo e Degnissimo D. Luigi1 la notizia che ella mi porgeva col suo foglio del 30 Luglio, e di cui mi dà i dettagli col 5 Agosto, non poteva essere più dolorosa: è un Missionario, attivissimo, che si perde nel maggior bisogno, ma il Signore lo ha trovato maturo per il cielo, e lo ha voluto chiamare in breve ora al premio ben meritato. Ci consolano le sue virtù, ci consola la santa morte che ha fatto tra le braccia dell’ottimo D. Remigio, e coll’assistenza di quella fervorosa Suora della Carità, che fece quanto si poteva per salvarlo; sia benedetto Iddio in tutto. Partecipai subito alla sorella religiosa in S. Prassede ed allo zio Ingegnere la grave perdita e noi gli applicammo i consueti suffragi, e ieri gli celebrammo Ufficio e Messa assistendovi anche i parenti. Adesso mi recherò dalla sorella per leggerle la relazione dell’ottima Suor Lucia. Trovai l’attestato doppio della morte: ha fatto bene a mandarmelo, perché i parenti ne avranno bisogno. Vorrei sapere se 1 In AME 08, pp. 229-230. Don Luigi Brioschi muore di colera a Bhoborpara (Bengala), missione da lui fondata, il 27 luglio 1866, all’età di 37 anni, dopo 10 anni di apostolato, di cui 3 in Agra e 7 nel Bengala centrale a Krishnagar. Altro caso di morte precoce nel clima micidiale bengalese. M. ne prova viva sofferenza, ma si conforta al pensiero delle sue virtù. Lo tiene in ansia pure la grave carestia che al momento colpisce la regione e stimola Limana a chiedere aiuti e a comunicare chiaramente se vuole nuovi soggetti. Angelo Galimberti (1844-1907) è un catechista che lavorò a Krishnagar per 41 anni. 269 tra le carte di D. Luigi si trovasse mai qualche disposizione testamentaria, o qualsiasi memoria che possa interessare i parenti: la prego a far esaminare tutto con diligenza, ed anche a darmene un ragguaglio, che possa servire a nostra giustificazione. Trovai pure l’attestato delle Messe, che D. Alessandro Ripamonti stava aspettando per mettersi in regola con la Curia. Mi stracciano poi vivamente il cuore le notizie della grave carestia, che costì infierisce: mi pare che ella farebbe bene a dirigersi subito alla Propagazione della Fede per un sussidio straordinario: me lo mandi ed io vi aggiungerò le più calde istanze. Se mai poi fosse necessario che noi per il momento Le prestassimo qualche somma, ci sforzeremo di farlo e senza alcun interesse, per far fronte a tanta miseria. Quanto poi al bisogno spirituale di codesta Missione, se ella crede di chiamare altri soggetti, e se brama anche qualche catechista, è bene che mi scriva chiaramente, e noi vedremo di far tutto il possibile per soddisfare le sue brame. È vero che già si è detto qualche cosa in proposito, ma ella sa che quando si viene a dichiarazioni più esplicite, ne seguono anche provvedimenti più efficaci. Mi spiace che il buon Angelo Galimberti non sia riuscito qual si desiderava, ma staremo più attenti un’altra volta, benché sia molto difficile trovar soggetti che riuniscano tutte le qualità che si vorrebbero. Mi riverisca tutti i Missionari e mi creda Tutto suo in Domino Prete Giuseppe Marinoni 270 99. A SUA SANTITÀ PIO IX 8 dicembre 1866 sentimenti de “L’Osservatore Cattolico” per il Papa Beatissimo Padre1 Incaricati da mille e mille fedeli a Voi devoti di deporre ai piedi della Santità Vostra le umili offerte che loro ispirava la pietà vivissima che risentono delle vostre sublimi strettezze, i sottoscritti Direttori dell’ Osservatore Cattolico vi esprimono in nome di tutti i sensi più sinceri di riverenza, di amore, di inalterabile attaccamento. Quanto più la rivoluzione, rovesciata ogni diga, rigonfia intorno a Voi gli spumanti suoi flutti e minaccia d’ora in ora di travolgere il vostro trono nei suoi vortici profondi, tanto più cresce nel cuore dei vostri figliale tenerezza per il Padre comune, e la fiducia che il cielo non permetterà che si consumi un sì enorme attentato contro di Voi e contro la Sposa SS. di Gesù Cristo. La vostra incrollabile fermezza, o Padre Santo, ci è arra di infallibile trionfo: poiché la causa che difendete non è che la causa di Dio e della sua Chiesa, la causa del diritto e dell’onore, la causa della verità e della giustizia. La vittoria non può 1 In AME 06, p. 587. Facendo eco ai sentimenti espressi dal Santo Padre nei riguardi de L’Osservatore Cattolico (Lettera 95), i direttori del giornale, Marinoni e Vittadini, quasi impersonando l’animo della moltitudine di fedeli che si sentono uniti alle sofferenze di Pio IX, gli dicono tutto il loro rispetto, amore, attaccamento. Gli assicurano poi che porteranno avanti la battaglia che da tre anni vanno sostenendo contro i suoi avversari, con coraggio e sacrificio. E qui ricordano mons. Caccia, che, vittima di tanti soprusi, morì per crisi cardiaca a Cornate, il 5 ottobre 1866. Confessano infine di aver bisogno che Pio IX li sostenga con la sua parola e benedizione e lo acclamano quale Pontefice dell’Immacolata. La lettera porta la data di questa solennità. 271 tardare e tutto il mondo cattolico l’aspetta da Colei, di cui proclamaste tant’alto le glorie, dalla Vergine Immacolata. L’Osservatore Cattolico già da tre anni combatte alacremente sotto il vessillo: Ubi Petrus ibi Ecclesia [Dove c’è Pietro, là c’è la Chiesa], e forte della paterna vostra benedizione, guerreggia ogni dì contro i nemici vostri, nessun’altra guida seguendo se non Voi pastore e Maestro universale dei principi e dei popoli. Si è ben tentato in ogni modo di fiaccarci l’ardire, e l’uno di noi rimaneva testé con altri suoi colleghi vittima della devozione indissimulata che lo stringe a Voi, e lo stringeva all’invitto Mgr. Vescovo Caccia di benedetta e gloriosa memoria, di cui compiva obbediente i comandi, scrivendo in un foglio che solo in tutta la Lombardia tra densissima falange di giornali perversi innalzava la sua voce a difesa della Cattolica fede. Ma che sono poi, Padre Santissimo, i nostri travagli a confronto dei vostri, e come ci lamenteremo delle nostre afflizioni, vedendo il Supremo Condottiero procederci avanti carico di una Croce sì pesante? Eppure ve lo confessiamo ingenuamente, noi abbiamo bisogno che una vostra parola, la parola del Padre, scenda sino a noi e ci conforti nel penoso e difficile combattimento. Vi degnate di pronunziarla, e nel tempo stesso sollevate al cielo quelle mani venerande e use a dischiudere i tesori ed a provocarne larga abbondanza di grazie e di favori. Qual balsamo ci sarà nei nostri affanni un vostro detto! Come ci compenserà ampiamente di ogni più aspra contradizione l’autorità di Colui dal cui labbro piovono parole di verità e di vita! Permetteteci, Padre Beatissimo, di acclamarvi con tutto il mondo cattolico: Viva il Pontefice dell’Immacolata! questo è il nome glorioso, che i secoli vi tengono riservato e che la Chiesa di Cristo registrerà nei suoi fasti immortali. Milano, 8 dicembre 1866 Devot.mi Obb.mi Servi e Figli Sac. Giuseppe Marinoni Sac. Felice Vittadini 272 100. A D. SIMEONE VOLONTERI 12 dicembre 1866 guardare in alto per notizie buone e tristi Milano 12 Dic. 1866 Mio amatissimo D. Simeone1 Rispondo alla carissima sua dell’undici ottobre, giorno mio natalizio, e la ringrazio delle consolanti notizie che mi dà, e del racconto interessante del modo meraviglioso con cui la Provvidenza lo liberò da quel tifone spaventoso, che gli distrusse la cappella. Vedo che i SS. Esercizi l’hanno rimesso in calma, e manifestandole più chiaramente le ricchezze nascoste nel divin Cuore di Gesù l’hanno riempito di lena e vigore. Dio si compiaccia di prosperare il tanto che Lei con i suoi santi colleghi fanno e soffrono per amor di Lui e delle anime. Qui noi siamo in continue afflizioni, perché la rivoluzione continua alacremente le sue distruzioni: tutti gli ordini religiosi sono in soqquadro, e il S. Padre congedando l’altro giorno il Generale di Montebello gli disse: Vous me laissez en face des barbares [Lei mi lascia davanti ai barbari]. Ma solleviamo gli occhi al Cielo, a quei monti unde 1 In AGPIME 17,3, p. 3. Volonteri (1831-1904) è nell’isola di Hong Kong dal febbraio del 1860, ma non molto dopo già lavora all’interno, da solo, “evangelizzando ed esplorando in lungo e in largo tutto il distretto civile del Sun On, al duplice intento di preparare il terreno per una più ordinata evangelizzazione e di disegnare una carta topografica del medesino territorio” (TRAGELLA, II, pp. 85-90). Raggiunto da Giuseppe Burghignoli (1833-1892) e Gaetano Origo (1835-1868), diviene il capo di questo piccolo manipolo di evangelizzatori in terraferma che, con altri fattori, influiranno sull’idea che San Calocero prenda un’altra missione in Cina, come si vedrà. Intanto M. incoraggia Volonteri e colleghi a lavorare e soffrire per amor di Gesù e delle anime. 273 veniet auxilium mihi [da dove mi viene l’aiuto, cf. Sal 120,1]: di là avremo più assai di quello che sappiam chiedere e sperare. Il suo ottimo zio è a Milano, Professore di Morale, Direttore dell’Istituto di Perfezionamento. Sta bene. Tutto suo in Domino Prete G. Marinoni 274 101. A SUA SANTITÀ PIO IX 12 gennaio 1867 i direttori de “L’Osservatore Cattolico” ringraziano per le onorificenze ricevute Beatissimo Padre1 I sottoscritti Direttori dell’Osservatore Cattolico di Milano, umilissimi servi della Santità Vostra, non trovano espressioni che bastino a renderLe le dovute grazie per la degnazione estrema con cui Vostra Beatitudine ha voluto onorarli di un Breve consolantissimo e di una magnifica medaglia d’oro. Le parole della Santità Vostra sono state un vero balsamo ai nostri cuori, sono la più autorevole giustificazione del nostro operato in faccia ai molti e potenti avversari, sono validissimo sprone a perseverare costantemente nel combattimento a noi assegnato. E quel nobilissimo esemplare che ci vien proposto nell’invitto martire S. Lorenzo, così geloso custode delle cose sacre, non poteva riuscire più opportuno all’intento. Noi dunque le offriamo i più vivi ringraziamenti in nome ancora di tutti i Colleghi, che cooperano alla Redazione del Giornale, e Gliene serberemo tutti perpetua e sentitissima riconoscenza. 1 In AME 06, p. 589. Lo scritto di Pio IX ai firmatari di questa lettera di ringraziamento veniva in un momento di particolare travaglio per L’Osservatore Cattolico. Vittadini, uno dei direttori del giornale e prefetto degli studi e professore di dogmatica nel seminario diocesano, era stato allontanato con altri professori dall’insegnamento, e lui anche dalla carica di direttore, da mons. Filippo Carcano, vicario capitolare nel periodo tra la morte del vescovo Caccia e la nomina del nuovo arcivescovo di Milano, mons. Luigi Nazari di Calabiana, e ciò per far piacere al governo, che non gradiva le idee politiche di questi docenti sostenitori de L’Osservatore Cattolico; al posto di Vittadini nel giornale subentrò Taglioretti. In queste circostanze, giungeva più che mai gradito e consolante il testo di Pio IX, in data 29 dicembre 1866 (AME 08, pp. 983-988). 275 Con la più profonda venerazione e con l’affetto più intenso ci prostriamo davanti al Trono della Santità Vostra, chiedendole l’Apostolica Benedizione, e dicendoci Di Vostra Beatitudine U.mi, Ossequiosissimi Dev.mi Servi e Figli I Direttori dell’Osservatore Cattolico Sac. Felice Vittadini Sac. Giuseppe Marinoni Milano, 12 Gennaio 1867 276 102. A D. TIMOLEONE RAIMONDI 28 gennaio 1867 chiede una relazione sul viaggio a Manila e vuol sapere di un missionario che non gli scrive Milano il 28 Genn. 1867 Carissimo e Degnissimo D. Timoleone1 Le mando una lettera del R.mo P. Alfieri; chi l’ha ricevuta doveva consegnarla assai prima d’ora, ma se n’è dimenticato, quantunque mi assicuri di averla tenuta a bella posta sul tavolino di studio sotto il calcalettere tutto questo tempo. Pazienza! Voglio sperare, che non ne sarà venuto danno alcuno. Intanto questo mi procura un’occasione di scriverle due righe, e di rammentarmi di Lei. Mio amatissimo D. Timoleone, io la prego di darmi relazione sul suo viaggio a Manila, sui motivi, sull’esito della sua andata, 1 In AME 06, p. 591. Gli anni dal 1862 al 1870 segnano per Hong Kong un periodo di forte sviluppo ed organizzazione (TRAGELLA, II, pp. 77-86), con la creazione di scuole per europei e cinesi e in particolare del Collegio, di cui parla la lettera, alla cui direzione Raimondi pone Ignazio Borgazzi. Di qui i frequenti viaggi di Raimondi alle Filippine, in cerca di aiuti finanziari e talora anche di riposo. Di tutto questo M. vuol essere tenuto al corrente dettagliatamente. Però a lui stanno a cuore anche i singoli missionari. Perciò chiede informazioni di Giovanni Valentini, missionario ad Hong Kong dal 1865, che da tempo non gli scrive, e M. teme che sia a causa di qualche risentimento per richiami fattigli (v. Lettera seguente); Valentini, tornato in Italia nel 1869, successivamente lascerà l’Istituto ed andrà in America. Sarà parroco di S. Leandro in California. Al tempo stesso M. manifesta la sua gioia per gli altri missionari che si fanno vivi con la corrispondenza epistolare, e cita come esempio Bernardo Viganò (1837-1901), compagno di partenza di Valentini. Egli ci tiene molto agli scambi di comunicazioni al di là di ogni eventuale divergenza, si sente padre e prova grande dolore quando i figli lontani non gli scrivono. 277 sul frutto che ne avrà il Collegio di Hong Kong. Spero che D. Ignazio porterà tutte le notizie desiderate, tuttavia la prego di non lasciarmi digiuno delle sue lettere. Mi dica qualche cosa anche di D. Giovanni Valentini, che non so proprio con qual principio di ragione e di coscienza voglia persistere nel darmi il vivissimo dolore di non scrivermi una linea. Se anche l’avessi offeso a morte, mi pare che un missionario almeno dovrebbe perdonare. Se io dovessi scrivere a Propaganda, che non posso aver da due anni notizie di lui, si avrebbe pena a credermi. E pur mi proferiva tanto amore e rispetto! Io non so spiegarmi questo fenomeno morale. D. Bernardo Viganò mi scrisse un’affettuosa lettera per le feste natalizie, gli altri tutti di tratto in tratto mi scrivono, e io gradisco assai queste care comunicazioni perché mantengono tra di noi la più bella unione, e servono a informarmi di ciò che mi interessa per il bene dell’istituto. Mi perdoni questo sfogo, mio carissimo Sig. Raimondi, e cerchi ella di persuaderlo. Quale che sia tra noi la divergenza delle opinioni, originata il più delle volte dal non conoscere troppo bene con tanta lontananza i fatti e le loro circostanze, la carità di Cristo urget nos [ci spinge, 2 Cor 5,14], e ci congiunge, e ci concilia in una stessa aspirazione. Me lo saluti, e lo preghi che prostrato davanti al Crocefisso pensi se può recare un sì grave dolore a chi in mezzo a tutti i suoi difetti è pur ancora sotto qualche aspetto suo Padre. Tutto suo in G. C. P.te G. Marinoni 278 103. A D. TIMOLEONE RAIMONDI 26 febbraio 1867 vietare ai missionari l’invio di cose di valore Milano il 26 Febb. 1867 Degnissimo Sig. Prefetto Apostolico1 La prego di leggere e poi staccar del tutto questa pagina che scrivo a D. Giovanni Valentini2. Per amor di Dio io mi raccomando a Lei, che non permetta che i Missionari mandino in patria cose che possano arricchire i parenti. Altro è qualche dono, altro è cose di valore e destinate ad essere vendute e far denaro per casa propria. Non vi sia più giammai questo scandalo, che io dovrei tosto notificare a Propaganda, se si ripetesse. Legga pure la lettera unita, in cui si tratta di questo punto; chi scrive è l’ottimo Vice-Rettore del Seminario di Como. 1 In AME 06, p. 591/A. M. chiama Raimondi prefetto apostolico, in realtà alla data della lettera era ancora vice-prefetto; mons. Luigi Ambrosi morirà il 10 marzo 1867, ma da tempo la sua salute andava sempre più peggiorando. Ufficialmente, Raimondi veniva nominato pro-prefetto con una lettera e un decreto di Propaganda del 17 novembre 1867, con cui gli si affidava non solo la direzione della missione, ma anche la sistemazione della “procura” di Propaganda per la Cina con sede ad Hong Kong, lasciata dal defunto prefetto e procuratore in condizioni molto precarie. Il fatto nuovo era che il duplice incarico veniva affidato a un membro dell’Istituto; la nomina ufficiale a prefetto sarà comunicata con lettera e decreto relativo il 30 dicembre del ’68, ma in concreto già ne erano dati poteri e incombenze (TRAGELLA, pp. 92-96; BRAMBILLA, Il Pontificio, V, pp. 101-105). 2 Ma in queste poche righe M. è ancora una volta interessato a Giovanni Valentini per una raccomandazione che riguarda tutti i missionari e che Raimondi è chiamato a far osservare: dalla missione nessun dono di valore per parenti e nessun commercio. 279 Le offro i miei più sinceri ossequi e mi dico di cuore Suo D.mo in Cristo P.te Giuseppe Marinoni Tanti saluti a tutti i Missionari 280 104. A MONS. LUIGI NAZARI 18 aprile 1867 devoti ossequi al nuovo arcivescovo di Milano Milano il 18 aprile 1867 Eccellenza Reverendissima1 Benché mi trovi a letto, non voglio tardare, essendo fuori di Milano il mio collega D. Felice Vittadini, ad esprimerle anche a nome di lui la nostra riconoscenza per la graziosissima lettera, di cui ci ha onorati in risposta all’ossequiosa nostra, con cui adempimmo il dovere che ci incombe verso il novello Pastore che il Signore ci ha dato. Noi speriamo di aver finora, per quanto la umana debolezza lo permette, tenuto avanti agli occhi la sapientissima massima, che l’E. V. R.ma si è degnata ricordarci: tuttavia invochiamo di nuovo la benedizione del Successore di S. Car- 1 In AME 06, p. 599, copia di mano di Scurati. Luigi Nazari di Calabiana (1808-1893) fu consacrato vescovo nel 1847 e per 20 anni diresse la diocesi di Casale Monferrato, quando venne nominato arcivescovo di Milano, dove fece l’ingresso il 23 giugno 1867 e rimase fino alla morte. San Calocero per primo inviò a Casale il suo ossequio al nuovo arcivescovo. Poi anche la direzione de L’Osservatore Cattolico, a cui il prelato rispose elogiando “coloro, i quali adoperano il loro ingegno e la loro penna per il trionfo della verità e della giustizia”, sicuro che esso “sarà per compiere santamente la sua nobile missione”, e ricordava poi la massima di S. Agostino “in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus autem charitas” (l’unità nelle cose necessarie, la libertà in quelle dubbie, ma in tutte la carità). È a questa lettera del 14 marzo 1867 (AME 27, p. 597) che risponde quella del 18 aprile di M., da qualche giorno ammalato e sottoposto a frequenti salassi. Bisogna dire però che i rapporti tra l’arcivescovo e il giornale andarono peggiorando con l’ingresso in redazione di don Davide Albertario e altri, dimentichi dell’equilibrio e carità di M. (sugli sviluppi della vicenda v. SBERNA; TRAGELLA, II, pp. 68-70; per mons. Nazari di Calabiana, Dizionario, I, pp. 557-563). 281 lo e S. Ambrogio per meglio corrispondervi in avvenire, consci però che un Giornale cattolico in questi giorni non sfuggirà mai alle lamentele di molti. Con somma venerazione Le bacio il sacro anello dicendomi Di V. E. R.ma Umil. D.mo Servo P.te Giuseppe Marinoni Direttore dell’Osservatore Cattolico A Sua Eccellenza R.ma Mgr. Luigi Nazari Conte di Calabiana Arcivescovo di Milano Casale Monferrato 282 105. A D. EUGENIO BIFFI 21 maggio 1867 dalla Colombia alla Birmania: le lodi del Papa informazioni su “L’Osservatore Cattolico” Milano li 21 Maggio 1867 Carissimo D. Eugenio1 Essendo partito D. Carlo Bolis per Oggiono ho aperto il plico a lui diretto, e ho letto ciò che ella mi scrive sull’udienza avuta dal S. Padre; ciò che mi ha recato somma consolazione. Ella ha fatto ottimamente rimettendosi in tutto alle disposizioni di Sua Santità e dell’E.mo Card. Prefetto, e sono ben lieto 1 In AME 06, pp. 601-602. Biffi, richiamato da Cartagena (v. Lettera 63) per far da superiore nella nuova missione della Birmania orientale da tempo proposta da Propaganda, arriva a San Calocero il 19 aprile 1867, e a maggio si reca a Roma per parlare col personale di Propaganda e far visita al Papa. M. si mostra soddisfatto delle notizie che ha inviato a Bolis e delle decisioni riguardanti il territorio da evangelizzare. La funzione per la prima spedizione birmana si terrà nella festa dell’Immacolata con l’intervento del nuovo arcivescovo, mons. Calabiana: partenti con Biffi, Rocco Tornatore (1836-1908), Tancredi Conti (1842-1922), Sebastiano Carbone (1832-1872). Quanto alle altre notizie, M. è interessato soprattutto alle parole di Pio IX su L’Osservatore Cattolico, e a qualche precisazione. Pensa che mons. Alessandro Franchi, allora segretario degli Affari ecclesiastici straordinari, non sia ben al corrente dei fatti; che le vere vittime non sono quelli del partito di Passaglia, bensì gli altri di cui fa alcuni nomi (su Carlo Passaglia, 1812-1887, teologo e scrittore politico-ecclesiastico, e le sue idee sul potere temporale del Papa, v. Enciclopedia Cattolica, IX, coll. 908-909). A proposito dei sentimenti di Pio IX riguardo al giornale, Tragella racconta che durante un’udienza concessa, su sollecitazione di mons. Ballerini, nel luglio del 1867 a un gruppo di redattori de L’Osservatore Cattolico (mancava M. ancora malato) disse: “L’Osservatore l’ho voluto io e lo sosterrò, ad onta che l’arcivescovo l’osteggi” (TRAGELLA, II, pp. 49-50). 283 che il Beatissimo Padre le abbia espresso la sua soddisfazione per ciò che fece in America. Le parole benignissime di Pio IX sull’Osservatore Cattolico sono un vero balsamo per noi, e gliene siamo vivamente riconoscenti. Quanto ai tre Canonici, e quanto al sentimento di Mgr. Franchi scriverò forse un’altra volta. Sappia che le vere vittime non sono già quelli del partito passagliano, come sembra supporre il ven. Prelato Ministro degli Affari Ecclesiastici Straordinari, dicendo che non bisogna per la nota passagliana rendere inutili tanti bravi soggetti: sono essi all’opposto che trionfano, e i Vittadini, gli Origo, i Spreafico, i Grondona, i Rossi, etc. Mgr. Ballerini e tanti altri furono per loro opera messi in disparte. I passagliani si erano in parte ravveduti, seguendo il metodo di Mgr. Caccia che teneva fermo contro i contumaci e perdonava volentieri quando mostravano pentimento; ma ora essi hanno il sopravvento, e l’ottimo Mgr. Franchi non è stato ben informato delle condizioni di questa Diocesi. Riguardo alla Missione Birmana e alla scelta dei luoghi, mi pare che abbia fatto benissimo a domandare un tratto di paese, dove l’aria sia fresca e salubre, e veda di insistere per questo. Al Bengala lo desiderano assai, e attribuiscono a questa mancanza la perdita e l’indebolimento di vari soggetti. Mi spiace che le cose vadano in lungo, ma conviene adattarsi, e compiere l’opera. Presto dovrò scriverle ancora per Hong Kong, per Hyderabad essendo giunto Borgazzi, dal quale mi informerò bene dei bisogni di quelle Missioni. Le raccomando l’ante tempus per il Chierico Bresciano Viani, giacché non c’è tempo da perdere. Ne preghi in mio nome di nuovo l’E.mo Card. Barnabò. Mi dica un Pater a S. Pietro. Riverisca per me l’ottimo D. Achille Müller, e il suo degnissimo compagno. Mi creda Tutto Suo in Domino P.te Giuseppe Marinoni 284 106. A D. TIMOLEONE RAIMONDI 12 giugno 1867 sui missionari e la nomina al successore di Ambrosi Milano il 12 Giugno 1867 Carissimo e Degnissimo D. Timoleone1 Le sono ben grato degli schiarimenti che mi ha dati sulla raccolta di oggetti Cinesi mandati da D. Giovanni Valentini, e ne darò notizia anche a Como a chi si era preoccupato di questa cosa. Spero che D. Giovanni avrà più prudenza in avvenire, providens bona non solum coram Deo, sed etiam coram hominibus [comportandosi bene non soltanto davanti al Signore, ma anche davanti agli uomini, 2 Cor 8,21]. Anche il buon Volonteri me ne ha scritto, e ne sono molto consolato, perché era una ferita ben dolorosa al mio cuore. Mi rallegro vivamente della buona unione che regna tra di loro, e del sommo impegno che tutti prendono a far sì che la missione possa ristorare le sue finanze, e insieme possano fiorire le opere, per cui solo essi hanno fatto e fanno tanto sacrificio di se stessi. A Roma pare che il Card. Barnabò sia propenso a far quello che tutti desideriamo quanto al nominare quel successore a D. L. Ambrosi, che già si trova in funzione, ma Ella sa che conviene agire con molta prudenza per non toccare la suscettibilità somma, che si risveglia quando si vuole suggerire qualche cosa dalle parti interessate. 1 In AME 06, pp. 609-610. Circa la nomina del successore d’Ambrosi già si è detto (Lettera 103), così pure a riguardo di Biffi a Roma (Lettera 105). Per il resto, vediamo M. sempre desideroso di conoscere e dare notizie, di intervenire ad aiutare e favorire la comunione e comunicazione tra i membri. 285 Rispetto alle Figlie della Carità che sarebbero desiderate da Mgr. Zanoli e da Mgr. Luigi di Castellazzo vedremo di esaudire potendo un sì caro desiderio. M. Girardin ha scritto a D. Gaetano Fumagalli che la S. Infanzia con risoluzione dell’otto Maggio scorso ha assegnato £ 8.000 per le Canossiane di Hong Kong. Borgazzi spera che possa essere aumentato l’assegno, non so con qual fondamento. Mi spiace dello stato di salute così cagionevole del buon P. Favini: spero che il Signore si degnerà conservarlo e ristabilirlo in forze. Tocca al R.mo Vice-Prefetto Apostolico provvedere che non si strapazzi. Mi riservo di rispondere nel prossimo invio ordinario alle graditissime lettere dei PP. Volonteri, Origo, Favini, e dell’ottima Madre Cupis2. Intanto non ho voluto perdere la posta di quest’oggi senza dargli un cenno di aver ricevuto queste lettere scritte sul fine di Aprile. D. Ignazio Borgazzi tornerà a giorni fra noi dalla campagna e partirà immediatamente per Roma: a lui, come già a D. Eugenio Biffi, che si trova già a Roma, spetterà di far conoscere il sentimento unanime dei Missionari e nostro sulla scelta del nuovo Prefetto con quelle cautele che sono del caso. Communicatio Sancti Spiritus sit semper cum omnibus vobis [La comunione dello Spirito Santo sia sempre con tutti voi, 2 Cor 13,13]. Ella si ricordi al S. Altare del Suo D.mo e Aff.mo P.te Giuseppe Marinoni 2 286 Superiora delle Canossiane ad Hong Kong. 107. A D. TIMOLEONE RAIMONDI 28 ottobre 1867 sulle trattative a Lione per Hong Kong e Birmania Milano il 28 8bre 1867 R.mo D. Timoleone1 D. Ignazio Borgazzi partiva nella passata settimana per Francia e Inghilterra, e mi scriveva da Lione il 21 di aver parlato con M. Meynis e di aver perorato egregiamente la causa di Hong Kong, in modo che quel bravo Segretario gli disse di stendere una supplica, che sarebbe ben accolta. Staremo perciò a vedere l’esito. Io lo raccomandai caldamente così a Lione, come a Parigi e Londra, e voglio sperare che riuscirà ad ottenere i bramati sussidi. Egli trattò bene anche il punto della Missione Birmana, e riteniamo di poter ottenere nel prossimo mese l’invio di Biffi con i Missionari D. Tancredi Conti, Bergamasco, D. Sebastiano Carbone e D. Rocco Tornatore, Mondoviesi. Ho scritto pure di nuovo a Propaganda per partecipare queste prime trattative di D. Ignazio a Lione, e ne ho colto occasione di raccomandare di nuovo che V. S. R.ma sia sostenuto e coadiuvato nell’arduo 1 In AME 06, pp. 635-636. M. informa sul viaggio di Borgazzi, missionario di Hong Kong, in cerca di sussidi finanziari per questa missione e la nuova missione in Birmania (Lettera 105). Hong Kong, con gli sviluppi dati da Raimondi, ha sempre bisogno di aiuti. C’è poi la questione della “procura” di Propaganda, cui M. si riferisce parlando dell’impegno di “risanare piaghe così cancrenose”, ereditate da Ambrosi (Lettera 103); ma con Propaganda bisogna muoversi con cautela. Per la Birmania si tratta di un avvio e M. sa ormai per lunga esperienza quanto costino le spedizioni di questo genere e come i bisogni si rivelino sempre superiori a quelli previsti, pur calcolati con quella cura che gli è abituale. Da superiore avveduto ed esperto, M. cerca di operare sempre con coraggio e prudenza. 287 assunto di risanare piaghe così cancrenose. Ma con la Propaganda non si può parlare troppo, se no si corre rischio di ottenere l’effetto contrario; e se si vuole sinceramente che gli affari camminino, e che sia promosso il bene della Missione, non bisogna assecondare i moti d’impazienza per quante ragioni possiamo avere. Noti ancora le circostanze criticissime in cui versa Roma in questi giorni, e saprà compatire se non siamo subito ascoltati. Mosé che aveva un carico mille volte più grave del nostro erat mitissimus super omnes qui erant in terra [era molto mansueto, più di chiunque altro sulla terra, Nm 12,3]. Non lo dico a rimprovero, ma a conforto. Quanto alle Religiose per Hong Kong, ora non si può pensarvi. Vedremo se sarà possibile all’epoca del ritorno di D. Ignazio. A quel tempo vedremo ancora se potremo inviargli qualche Missionario e qualche catechista o maestro. Auguro felicissime feste natalizie a Lei, ai suoi colleghi, alle religiose antiche e nuovamente sopravvenute, a tutti. Suo D.mo e Aff.mo P.te G. Marinoni 288 108. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 1° dicembre 1867 richiede per il Bengala una missione più salubre Milano 1 Xbre 1867 Eminenza R.ma1 Ho ricevuto la patente nuova mandatami per il Missionario Biffi assieme alle pagelle richieste per fruire del beneficio dei posti gratuiti sui Vapori del Lloyd Austriaco, e ne rendo vive grazie all’Eminenza Vostra. Rimando l’altra patente inesatta per equivoco, a norma del desiderio espressomi da Vostra Eminenza R.ma Il Missionario Bersani Giuseppe di Lodi giungeva in patria il giorno 27 dello scorso novembre in un pessimo stato di salute e si teme di perderlo. Così la Missione del Bengala ha perduto in pochi anni i Missionari Parietti e Brioschi, con i catechisti Mau1 In AME 06, pp. 645-646. Una calda perorazione per la missione del Bengala, detta “la tomba dell’uomo bianco”, e tanto più dei missionari che non si risparmiavano nelle fatiche ed erano spesso privi delle cose più necessarie. Per stare solo ai nomi che qui Marinoni ricorda: Bersani muore il 22 dicembre 1867, a 25 anni, dopo poco più di un anno di missione; Parietti, il primo superiore, fa solo 9 anni in Bengala dove muore nel 1864; Luigi Brioschi si spegne nel 1866, a 37 anni e 10 di missione; il catechista Paolo Mauri muore nel ’66 a 44 anni con un decennio di missione, e Giovanni Sesana muore nel ’67 a 39 anni dopo 12 di missione (per altri, GHEDDO, PIME, p. 398). Perciò M. chiede un luogo adatto per prendere un po’ di riposo e curarsi in salute. Il caso Fattori, conteso tra Hyderabad e Calcutta, farà discutere per molto tempo; alla fine egli resterà al suo posto, mentre a sostituire Limana, superiore in Bengala, sarà un missionario già in zona dal 1855, Antonio Marietti, che diventerà nel 1870 il primo prefetto apostolico del Bengala Centrale. M. seguirà la vicenda passo passo, pronto a rivedere le prime considerazioni sulla base dei fatti e delle osservazioni di altri missionari (TRAGELLA, II, pp. 142-145). 289 ri e Sesana, rapiti dalla morte; inoltre si sono allontanati per malattia: i Missionari Limana, Curti, De Conti, Longa e ora Bersani. È pur deceduta una delle Suore colà mandate nel 1862, e varie di esse sono in meschinissimo stato di salute. Io ardisco di nuovo supplicare l’Eminenza Vostra a volerci concedere nelle vicine regioni montuose qualche angolo, ove i Missionari e le Suore possano ristorarsi nelle stagioni più insalubri, e nel caso di salute malferma: l’Eminenza Vostra ne aveva già preso benignamente l’impegno. Intanto abbiamo scritto ai nostri Missionari di Hyderabad di mandar colà D. Belisario Fattori a soccorso dei compagni del Bengala che da otto sono ridotti a quattro soli. Quanto prima potrà, la Superiora delle Suore manderà essa pure un rinforzo al Bengala, e invierà altre alla Missione di Hyderabad. Spero che l’Eminenza Vostra approverà la traslazione del suddetto Missionario Fattori e concederà che possa esercitare il suo ministero nel Bengala, essendo un ottimo soggetto, che potrebbe, nel caso che D. Luigi Limana fosse per sempre impedito dal ritornare alle Indie, sostituirlo: egli gode la stima e l’affezione di tutti i suoi compagni di Hyderabad: temo solo che i suoi colleghi di Hyderabd non si arrendano facilmente alle nostre istanze per donarlo al Bengala. Noi qui, mentre si trovava con noi nel passato mese D. Luigi Limana, siamo rimasti tutti d’accordo in questo pensiero, e D. Luigi Limana scrisse a D. Domenico Barbero della Missione di Hyderabad supplicandolo di questo favore. Attenderò su questo punto le determinazioni dell’Eminenza Vostra R.ma per mia norma. Baciando con profondo rispetto la sacra porpora godo di dichiararmi Di Eminenza Vostra R.ma Umil.mo Obbed.mo Servo P.te Giuseppe Marinoni. 290 109. D. TIMOLEONE RAIMONDI 28 dicembre 1867 risponde alle accuse di trascuratezza e inerzia con Propaganda bisogna agire con prudenza Milano il 28 X.bre 1867 Mio Carissimo e degnissimo D. Timoleone1 Rispondo alla sua lettera alquanto brusca dell’11 Novembre scorso in cui mi presenta una requisitoria contro S. Calocero: 1° per non averlo avvertito dell’assegno della S. Infanzia: 2° per l’inerzia riguardo alle Missioni e ad Hong Kong soprattutto. Quanto all’assegno suddetto io non scrissi perché se ne prese cura D. A. Ripamonti, il quale mi assicura di averlo avvisato a suo tempo. Ma deve sapere che noi non accettammo di ricevere il denaro da D. Gaetano Fumagalli, perché non lo avremmo ricevuto che nel venturo Gennaio, e perciò scrivemmo a M. Girar- 1 In AME 06, pp. 649-652. Anche M., primo Direttore dell’Istituto, viene talvolta messo sotto accusa dai suoi missionari, specialmente da superiori di missione. Ricordiamo i difficili rapporti con Marietti. Ora è la volta di Raimondi, che si lamenta per la gestione dei sussidi e la mancanza d’interventi presso Propaganda per le missioni, due questioni abbastanza ricorrenti. M. risponde puntualmente. Per i sussidi si tratta in genere, come nel caso, di malintesi o disguidi non imputabili alla direzione; personalmente egli cerca di essere accurato e sollecito. Quanto ai rapporti con Propaganda, M. si è fatto l’esperienza sulla propria pelle che non bisogna parlare o spingere troppo. A conferma cita quanto gli scrive Limana, superiore della missione del Bengala e passa poi in rassegna alcuni fatti, soffermandosi più a lungo su ciò che tocca Raimondi stesso, per mostrargli dove lui ha mancato o manca, nella speranza che le sue parole “uscite da un cuore che l’ama” portino frutti. Così M. dice con chiarezza ed affetto quanto crede in coscienza di dover dire mirando sempre all’unione delle menti e dei cuori. A questo servono pure le notizie che seguono e le richieste di porgere ringraziamenti ad alcune persone e sollecitare qualche missionario a scrivergli. 291 din che inviasse la somma ad Hong Kong con quel mezzo che soleva per il passato, senza neppur sapere che si sarebbe prelevato la somma dal Seminario di Parigi. Scrivemmo al Payen, banchiere di Lione, che ci serve molto bene per le Missioni del Bengala e di Hyderabad, se avesse relazioni con la Cina: ci rispose negativamente, e per ciò lasciammo andar l’acqua per il suo canale consueto, non trovandone uno migliore. Quanto poi all’inerzia verso le Missioni, credo che si fa quanto si può. Presso Propaganda, se abbiamo perduto alquanto la fiducia, conviene attribuirlo all’aver parlato troppo e manifestato troppo apertamente il desiderio di farci avanti. Senta a proposito del Bengala ciò che mi scrive D. Luigi Limana il 16 corrente: «Credo io pure un’utopia quello che si tema che la nostra Missione venga data ai Gesuiti; poiché prima di tutto è una Missione poverissima per cui dubiterei che i Gesuiti abbiano tanto desiderio di averla; e poi perché il Cardinal Prefetto due anni fa mi scriveva chiaramente che a Propaganda non si è mai pensato di dare la nostra Missione ad altri. Che se posteriormente Sua Eminenza avesse nella sua sapienza creduto bene di cambiar progetto, spetta a Lui manifestarlo. In quanto a noi, finché non abbiamo un avviso ex officio, non dobbiamo muoverci, e continuare come in una missione propria. Guai a noi se senza un previo avviso ufficiale volessimo fare qualche cosa, davanti a Sua Eminenza certamente perderemmo credito. Se Sua Eminenza credesse bene di cambiarci missione, avviserà Egli, e allora faremo i nostri fardelli, e andremo dove ci manda. Ma intanto stiamo quieti, e se sapessimo anche qualcosa di positivo circa tale cambiamento, tuttavia non ci muoveremo finché Egli non parla. Questo è quanto a me pare di dover fare». Fin qui il Limana. D. Domenico Barbero ha le facoltà, e fu un errore dello Scurati pensare diversamente, errore condonabilissimo, perché non si sapevano bene le cose. Però io non mancai di scrivere a Propaganda. Quanto a Biffi egli è Prefetto Apostolico, e l’invio è avvenuto, come si bramava, prestandogli noi le somme di cui aveva bisogno. Ha fatto molto presso i Consigli di Lione e Parigi il Borgazzi, è verissimo, e io gliene sono gratissimo, ma non mancai di 292 appoggiare e presso Roma e presso i Consigli la Missione di Hong Kong, e di mettere in credito più che potei il Borgazzi, affinché riuscisse nelle sue trattative in favore di codesta Missione. Quanto alle lettere scritte sul suo conto al Prefetto Ambrosi vedrà in esse, io spero, tutto il desiderio di calmare il Prefetto, che poteva nuocere a Lei e ai colleghi, e distinguerà quello che si riferisce alla sinistra impressione da lei lasciata in Roma, che noi abbiamo cercato e cerchiamo di guarire, da ciò in cui esprimiamo il nostro sentimento. Se ella avesse la bontà di mandarci gli originali o di trascrivere ciò che più l’ha ferito, io gliene spiegherei senz’altro, ne son sicuro, il senso, in modo da giustificarmi da qualunque mancanza dei debiti riguardi verso un amico e collega carissimo, di cui stimo le ottime qualità, e ricordo i patimenti, le abnegazioni, i sacrifici. Lo stesso dicono i miei colleghi. Se devo dire candidamente il mio pensiero, ella ha fatto male ad offrire la rinunzia all’Eminentissimo Card. Barnabò, perché io so che il Cardinale anche dopo quel che è accaduto, Le conserva stima e con un po’ di pazienza ella vedrà che tutte le cose andranno al suo posto. Spero che queste parole uscite da un cuore che l’ama, saranno accolte in buon terreno e porteranno il suo frutto, frutto di reciproca fiducia ed amore. Operiamo con lena concordemente, e siamo perfetti in eodem sensu et in eadem sententia [nell’unione di pensieri e d’intenti, cf. 1 Cor 1,10]. Devo annunziarle l’immatura morte del Missionario D. Giuseppe Bersani che soccombette al mal di fegato esasperato gravemente dai disagi di un viaggio stentato e disastroso. Moriva il 22 corrente. Lo raccomando vivamente a tutti i colleghi affinché applichino la Messa secondo il costume, e lo suffraghino nelle loro orazioni. Biffi con i compagni Conti, Carbone, Tornatore partiti il 9 da Milano, il 12 corrente da Trieste, giunsero ad Alessandria il 18, dopo un viaggio turbato da tempesta, ma incolumi e vispi. Le Monache partite il 19 di Ottobre da Marsiglia saranno già sane e salve in Hong Kong e ne aspettiamo da là le consolanti notizie, insieme a quelle del R.mo Mons. Zanoli. 293 Ringrazi per me codesta degnissima Superiora, la Madre Lucia Cupis, della lunghissima e interessantissima relazione che mi ha diretta: la mando subito a Genova per essere stampata negli Annali della S. Infanzia. Ringrazi anche D. Bernardo Viganò che mi ha scritto una carissima lettera, a cui risponderò allorché avrò risposta dal Canonico Ortalda di ciò che egli desidera. Aspetto le notizie della Missione dell’ottimo D. Simeone e desidero anche quelle degli altri Missionari, specialmente di D. Gaetano Favini e D. Gaetano Origo, dato lo stato cagionevole della loro salute. Uniamoci ai SS. Cuori di Gesù e di Maria e cominciamo con fiducia il nuovo anno, finché giunga quell’anno beatissimo, che mai non terminerà. Tutto Suo in Domino P.te G. Marinoni 294 110. A D. TIMOLEONE RAIMONDI 12 febbraio 1868 richieste di personale e relazioni col Collegio cinese Milano il 12 Febbraio 1868 R.mo Sig. Raimondi1 Ricevetti la carissima sua del 28 Dicembre con inclusa la lettera per la S. Infanzia, che speriamo farà buona impressione a Parigi. Ella chiede Missionari e Catechisti, ma questa sorta di gente, benché siano disposti a vivere e morir poveri per amor di 1 In AME 06, pp. 657-659. A Raimondi che chiede missionari e catechisti M. fa presente il problema delle spese per inviare personale e i bisogni delle altre missioni. Perché non usufruire del Collegio cinese di Napoli? Aperto nel 1732 dal p. Matteo Ripa (1682-1746), già missionario in Cina, il Collegio formava giovani cinesi aspiranti al sacerdozio, da rimandare poi in patria, sotto la guida di una congregazione di preti secolari, la S. Famiglia di Gesù Cristo, istituita dallo stesso Ripa. San Calocero se ne serviva almeno dal 1867 per inviare posta nelle missioni, tramite il console francese di Napoli di cui usava già il Collegio. Adesso il superiore don Giovanni Falanga si dice disponibile ad accogliere e preparare per Hong Kong giovani studenti cinesi (e indiani per Hyderabad), a proprie spese e rischio, col vantaggio di evitare i decreti di soppressione dell’istituzione accrescendo i suoi alunni, anche senza vocazione ecclesiastica. Una buona occasione! Se non che il progetto richiese tempi lunghi di maturazione. Si parlò di unione o fusione tra il Collegio e San Calocero, si fecero trattative a ripresa, ma tutto finì in nulla anche per il no di Propaganda; si ebbe soltanto qualche sporadico invio di giovani a Hong Kong nel 1871 e nel Honan verso il 1886 (TRAGELLA, II, pp. 158-166; DONEGANA, pp. 232-255). Tra le notizie che seguono da notare l’accenno al breve di Pio IX per L’Osservatore Cattolico, a Valentini che persevera nel silenzio (v. Lettera 102), alle carte geografiche di Volonteri – missionario cartografo molto apprezzato – inviate per la stampa a Lipsia, e nel P.S. all’invito di pignoleria economica a Raimondi perché usi carta sottile nelle lettere quando può, per risparmiare sui costi di spedizione. 295 Gesù Cristo, vogliono denari per mettersi in viaggio e ne vogliono tanti. Aggiunga che Missionari e Catechisti sono richiesti imperiosamente anche al Bengala, Missionari pure chiede la Missione di Hyderabad e bisogna formarli bene prima di inviarli. Intanto Ella sa che il Sig. D. N. Falanga del Collegio Cinese di Napoli desidera vivamente che si mandino fanciulli cinesi a Napoli tutto a spese, pericolo e incomodo del Collegio Napoletano, come già deve avere saputo dai Missionari Volonteri e Favini, a cui scrissero il medesimo Falanga e D. Giacomo Scurati in proposito. A noi qui non dispiace il progetto, e forse ne avremo il vantaggio di stringere relazioni col Collegio Cinese di Napoli, e di approfittare dei mezzi assai più larghi di cui quel Collegio può disporre in favore delle Missioni. La ringrazio degli articoli del Giornale che ci ha mandati: li ho consegnati per il momento a D. C. Salerio, e poi saranno inviati a Borgazzi: se si potrà ne faremo cenno nell’Osservatore Cattolico. A proposito dell’Osservatore Cattolico abbiamo ieri ricevuto un bellissimo Breve del S. Padre, che stamperemo nel foglio di Sabato 16 corrente. Mi spiace di intendere che Origo stia così male, che Viganò pure non stia troppo bene, il quale però mi dà di sé più consolanti notizie. D. Giovanni Valentini ha perduto per mare la lingua e la penna e non si fa più intendere. Il Missionario Origo non potrebbe accompagnare i fanciulli Cinesi che venissero a Napoli? Forse il viaggio di mare gli farebbe bene. Non le parlo di Biffi, perché m’immagino che saranno già in corrispondenza. Aspettiamo ancora da Lipsia le carte geografiche del Missionario Volonteri. Non ho ancora ricevuta risposta per il Missionario Viganò dalla Signora Giuseppa Menzio, ma ritengo che gli avrà scritto direttamente. Il Canonico Ortalda mi disse che gliene avrebbe parlato allorché fosse tornata da Genova, dove si era finora trattenuta. Il nostro Prefetto Marchese di Villamarina se n’è andato, e 296 viene a Milano il Conte Torre, di cui si sente dire generalmente bene. È un gran respiro per questa Diocesi. Preghiamo assai Il Suo Aff.mo e D.mo P.te G. Marinoni P. S. Ho ricevuto nell’ultima posta una lettera che la Madre Cupis dirigeva a Singapore alla Reverenda Suor Matilde del Bambino Gesù con una lettera Cinese che vi stava acclusa. Apertala e veduto che era un atto di ringraziamento per l’accoglienza fatta alle Figlie della Carità nel loro passaggio, vi aggiungo due righe io pure di ringraziamento e la mando con questo corriere ordinario a Singapore. Arriverà un po’ stanca di girare, ma pazienza! Il Sig. Vice-Prefetto è pregato di non aver fretta nell’imbustare le lettere, ed anche lo preghiamo di adoperare carta sottile quando si può. L’ultima volta furono 16 Fr. di posta, l’altra volta nove. 297 111. A D. GAETANO ORIGO 25 aprile 1868 “a ben rivederci in cielo se non lo possiamo più in terra” Milano il 25 Aprile 1868 Carissimo D. Gaetano1 Io spero che questa mia lo trovi ancora vivo e meglio in forze di quello che fosse allorché mi scriveva una commoventissima lettera che mi trasse le lacrime e commosse anche quanti la udirono: si potrebbe dirla il suo testamento, il testamento d’un Missionario che riconosce la grazia della sua sublime vocazione, e si 1 In AME 06, pp. 685-687. Quando M. scrive, Origo è già spirato da un mese, essendo morto il 26 marzo 1868, a 33 anni. La “commoventissima lettera” del missionario di Hong Kong porta la data del 3 marzo. Ecco il testo: “La sentenza del mio vicinissimo trapasso è stata data, ho già ricevuto una volta il SS. Viatico, e sebbene mi alzi e mangi, pure è comune certezza che in brevissimo tempo in domum Domini ibimus [andremo nella casa del Signore]. Grazie al Signore ... Ma prima di partire voglio salutarlo e ringraziarlo d’avermi contro ogni mio merito accettato nel Seminario delle Missioni, d’aver usato ogni cura e sollecitudine per la mia buona riuscita, d’avermi destinato a questa cara Missione, e d’aver con lettere e preghiere confortato e diretto il mio spirito. Ringrazio pure D. Carlo Bolis, D. Alessandro [Ripamonti], D. Carlo Salerio che cooperarono al medesimo fine. A tutti ed a Lei specialmente domando perdono d’ogni offesa, disubbedienza, disgusto che abbia mai recato. O se la Divina Misericordia mi libera dall’inferno e possa andar in Paradiso, pregherò per Lei, Amatissimo e Rev. Padre, pel Seminario, per gli alunni tutti. Saluto per l’ultima volta, gli bacio la mano e mi dico suo obb.mo in Xsto G. Origo” (AME 18, p. 797). Circa il Collegio di Napoli e la carta geografica di d. Simeone Volonteri (P.S.) si veda la precedente lettera. Si notino i saluti di Ripamonti. Veramente tra i sacerdoti residenti in San Calocero e i missionari sparsi nel mondo si manifesta un vincolo di santa e affettuosa comunione. 298 addormenta fiducioso nel bacio del Signore, di cui conosce appieno la bontà e la misericordia. Prego Dio che la confermi in quei santi sentimenti e la conservi ancora a lungo, se così torna a sua gloria e al bene delle anime. Avrei bramato di vederlo tornare da Hong Kong col drappello di giovani Cinesi che sono richiesti dal Collegio di Napoli. L’aria nativa è un gran balsamo e lo stesso viaggio di mare suole in molti casi riuscire di sollievo agli infermi della sua qualità. Ma sia fatta in tutto la santissima volontà di Dio. Scriverei a D. Simeone Volonteri, ma non ho ancora ricevuto da Roma le facoltà che egli desidera per indulgenze etc.; lo farò appena giungano, se pure non le riceverà direttamente come io ne pregavo il Card. Barnabò per risparmiar tempo. Intanto però può benedir corone, medaglie etc. fino al 1870 escluso; e questa facoltà la comunico pure a tutti gli altri amatissimi colleghi, di che la prego di renderne avvertito l’ottimo Pro-Prefetto Apostolico, avendone io l’autorizzazione dalla S. Sede. Addio, mio amatissimo D. Gaetano, a ben rivederci in cielo se non lo possiamo più in terra. L’abbraccio con tutto il cuore e mi dico in unione di sante preghiere Dev.mo e Aff.mo in Cristo P.te Giuseppe Marinoni P. S. La carta geografica di D. Simeone è stata lodata assai dalla Società Geografica Italiana, a cui ne fu offerta in dono una copia: si bramerebbe, se può, darne qualche illustrazione. Aggiungo i miei saluti, auguri, speranze, al più tardi ci rivedremo in Cielo, luogo di comune riunione, e fortunato chi prima arriva. L’aff.mo Ripamonti 299 112. A D. TIMOLEONE RAIMONDI ss. Trinità 1869 accettata la missione del Honan Milano. festa della SS. Trinità 1869 Degnissimo Sig. Prefetto1 Il R.mo Mgr. De La Place, Vicario Apostolico del Thce-Kian, venne a Milano nella passata settimana, e ci diede ottime informazioni sulla Missione del Ho-nan, dopo le quali ci siamo raccolti a consiglio, ed abbiamo concordemente stabilito di accettare la detta Missione offertaci dalla S. C. di Propaganda. Io scrissi pertanto all’Eminentissimo Card. Barnabò a questo scopo e consegnai la lettera allo stesso R.mo Monsignor De La Place, che In AME 06, pp. 791-792. L’idea di avere una missione all’interno della Cina risale al 1863, ma si concretizza cinque-sei anni dopo, in seguito alla decisione dei lazzaristi di lasciare il Honan. Propaganda ne informa Marinoni nel ’68 e chiede se San Calocero è disposto a succedere a loro; M. prende tempo per riflettere e domandare pareri, in particolare a Raimondi; poi, per meglio ragguagliarsi, attende l’occasione del passaggio a Milano di mons. Delaplace, lazzarista, già missionario nel Honan e quindi vicario apostolico del Chekiang. Il colloquio con lui avviene nel maggio del ’69 e il 28 del giugno seguente esce il decreto di Propaganda che affida il vicariato del Honan all’Istituto milanese e ne nomina superiore Volonteri col titolo di pro-vicario. Nella lettera che pubblichiamo M. dà a Raimondi importanti comunicazioni sul personale per la nuova missione e i suoi rapporti con Hong Kong. I quattro missionari pronti a partire sono: Luigi Maria Piazzoli (1845-1904), Angelo Cattaneo (1844-1910), Gabriele Cicalese (1842-1887) e Vito Ospedale Ruvolo (1844-1870); ma il primo resterà ad Hong Kong per compensare Raimondi della perdita di Volonteri. Tutti lasciano Milano il 4 ottobre 1869 e arrivano ad Hong Kong il 12 dicembre, da dove i tre del Honan, con Volonteri, riprenderanno il viaggio l’8 febbraio 1870 e giungeranno a Nanyang il 20 marzo. 1 300 si incaricò di ottenerci il relativo decreto dalla S. Congregazione. Promisi ancora all’E.mo che per la fine dell’anno avrei mandato 4 alunni del nostro Seminario, tre dei quali sotto la direzione di uno dei Missionari veterani di Hong-Kong potrebbero recarsi a quella Missione. Ritenere quella Missione dipendente da HongKong non è possibile, e conviene lasciare alle cose il loro corso naturale, se non vogliamo provocare inutilmente osservazioni di biasimo da parte di Propaganda. Noi vedremo di potere accompagnare ai Missionari anche qualche buon Catechista, che aiuti il Marcello. Quanto ai voti dei Catechisti2 qui si opina contro, perché non essendo i Missionari obbligati a maggior perfezione, non si vede opportuno l’esigerli dai laici. Però, che i catechisti facciano ciascuno da sé promessa a Dio di castità e di obbedienza, si può benissimo accordarlo e promuoverlo. Il voto di castità può essere perpetuo, l’obbedienza sarà meglio prometterla da una ad un’altra solennità. Io chiudo col pregarla di riverirmi tutti i carissimi alunni, e specialmente D. Domenico e D. Vincenzo da cui ho ricevute due graditissime lettere che piacquero molto anche ai colleghi: tutti però abbraccio gli amatissimi Missionari di Hong Kong. Preghi assai per il Suo aff.mo e D.mo in Cristo P.te Giuseppe Marinoni 2 A riguardo dei catechisti, Raimondi scrive a M. il 4 aprile 1869 che nelle due ultime conferenze mensili dei missionari di Hong Kong si è insistito sulla loro formazione e aggiunge: “Noi crediamo conveniente che loro si imponga qualche voto e che si mandino in missione dopo un anno o due di prova a S. Calocero. Formare per così dire una Congregazione di Fratelli per le Missioni” (testo completo in AME 16, pp. 985-987). La risposta di M. è conforme alla natura secolare non “religiosa” dell’Istituto. Le Regole del 1872 per i Catechisti seguono la stessa linea. Oggi essi fanno la “promessa” di osservare la castità perfetta. 301 113. ALLA SORELLA MARGHERITA 4 dicembre 1869 la rassicura sui suoi malanni Il 4 Dicembre 1869 Carissima Sorella1 Grazie della bottiglia di capillaire, che mi hai inviato. Sta quieta sul mio conto. Le cose vanno lente, ma si sa che i mali vengono di galoppo e vanno via a passi di tartaruga. Ti prego di dare un franco al buon cameriere che mi portò ieri il cabaret così vistoso: me ne scordai al momento, te lo ripagherò. Tutti ne dimostrarono vivo gradimento. Io solo carcerato in stanza facevo la guardia alla mia gamba, o ginocchio impiagato, e al petto non ancora del tutto libero. Ma in ogni cosa sia sempre fatta, lodata, amata la santa volontà di Dio. Il Tuo aff.mo Fratello P.te Giuseppe 1 In AME 06, p. 837. M. soffre per due dei suoi frequenti malanni: tosse e piaga al ginocchio, e ringrazia per la bottiglia di “capillarie”, probabilmente uno sciroppo contro la tosse estratto da una felce chiamata capelvenere. Il “cabaret così vistoso” del giorno prima è dovuto alla festa di S. Francesco Saverio. 302 114. A SUA SANTITÀ PIO IX (senza data) solidarietà filiale e difesa del dominio temporale Beatissimo Padre1 Permettete agli ultimi dei vostri figli di unire le loro voci a quelle di tanti venerabili Prelati ed insigni personaggi per esprimervi il vivo dolore da cui sono compresi vedendo la Santità Vostra divenuta segno di tante e sì strane contraddizioni, con le quali si vorrebbe rapire alla S. Sede Apostolica il suo Civile Principato, tanto necessario nel presente ordine di Provvidenza alla libertà ed indipendenza del Supremo Capo della Chiesa. Qual sarebbe la nostra fortuna se potessimo recare qualche conforto al cuore amareggiato di Vostra Beatitudine, assicurandola che non solo tra i Sacerdoti, ma anche tra i Laici in Lombardia non è piccolo il numero di coloro che gemono altamente per uno stato di cose così contrario ai veri interessi e della Religione e della Società! Beatissimo Padre, per quante accuse si mettano in campo, per quante calunnie si inventino, per quanti pretesti si adducano, non riusciranno i tristi ad oscurare in faccia ai suoi ammiratori la giustizia e la santità troppo manifesta della vostra causa. Voi siete il Sovrano più legittimo e più degno che ci sia sulla terra. La 1 In AME 08, pp. 451-453, senza data. La mancanza di data non permette di dire l’occasione precisa dello scritto, se mai ci sia. La sua collocazione tra le lettere del 1870 ricorda la presa di Roma nel settembre dello stesso anno, ma probabilmente è anteriore, dato che non fa menzione dell’evento. M. del resto, come s’è visto, sente spesso il bisogno di esprimere al Pontefice contestato e perseguitato ossequio e solidarietà, a nome pure di San Calocero e de L’Osservatore Cattolico. Il testo per la sua discreta lunghezza può dar largo spazio ai suoi sentimenti e alle ragioni che li sostengono. 303 pietà dei principi e dei popoli hanno eretto il trono su cui vi siete assiso, dieci e più secoli ne hanno dimostrata invincibilmente la solidità e la bontà; la S. Chiesa Cattolica ne ha risentiti ed apprezzati gli inestimabili vantaggi; l’Europa intera non una volta si recò a dovere di combattere gli iniqui invasori; Pontefici sommi anche agli occhi del secolo ne hanno illustrato i fasti con la sapienza del regime, con la grandezza delle opere, con l’opportunità delle istituzioni, con lo splendore delle virtù ed anche con il raggio divino della santità. Chi ardirà di proscrivere come incapace del regno il Padre, il Maestro, il Pastore dei sovrani e delle nazioni? Chi dirà inetto allo scettro il Vicario ed il Rappresentante di Colui che dice: mio è il consiglio e l’equità, mia la prudenza e la fortezza: per me regnano i re, per me i legislatori decretano il giusto? Quale fra i principi pretenderà di conoscere e di rispettare più di voi i veri diritti dei popoli; chi avrà più zelo di voi per la giustizia, più amore per l’ordine, più di sollecitudine per le necessità dei suoi sudditi? Chi sarà meno accessibile all’interesse, all’orgoglio ad alle alte passioni che spesso traviano i più grandi monarchi? Non siete voi, Beatissimo Padre, che questi rigettano, è Dio medesimo che non vorrebbero regnasse su di loro: e ciò che Dio disse a Samuele, lo potrebbe ripetere a voi: non te abjecerunt sed me, ne regnem super eos [non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi, 1 Sam 8,7]. Non vorrebbero più che la Religione, base d’ogni felicità sociale, servisse di norma alle loro azioni, vogliono pensare, parlare, scrivere, agire con una libertà impaziente di ogni freno, e non pensano che l’eccesso della libertà è la più dura di tutte le schiavitù. Ma noi fondati nella potenza del Signore e nella grandezza delle sue misericordie non dubitiamo ch’Egli rinnoverà anche al nostro cospetto le meraviglie della sua destra; né verrà meno alla fedeltà delle sue promesse. Ben altre tempeste furono da Lui sedate e la sua Chiesa al moltiplicarsi delle acque delle tribulazioni a somiglianza dell’arca non fa che elevarsi più in alto: multiplicatae sunt acquae et elevaverunt arcam in sublime [le acque crebbero e sollevarono l’arca che s’innalzò sulla terra, Gn 7,17]. Perciò ci congiungiamo con tutto il cuore alle preghiere di tutti 304 i buoni fedeli per la liberazione di Pietro. Voi però, Beatissimo Padre non cessate come Mosè di tenere le vostre mani alzate, e il popolo di Dio trionferà dei suoi nemici. Benediteci, Padre amantissimo, e invocate sopra di noi la pienezza dei celesti favori; mentre prostrati al bacio dei Vostri SS. Piedi ci protestiamo col più vivo affetto e col più profondo ossequio Della Beatitudine Vostra Umilissimi, Obbedientissimi, Devotissimi Servi e Figli 305 115. A TIMOLEONE RAIMONDI 30 gennaio 1870 notizie e raccomandazioni importanti Milano il 30 Gennaio 1870 R.mo Sig. Prefetto1 Rispondo alla carissima sua del 12 Dicembre scorso in cui mi dà la nuova confortante del felice arrivo dei nostri amatissimi alunni. Grazie mille a Dio che li ha sottratti a così evidente pericolo di naufragio, grazie alla Stella del mare, grazie a S. France- In AME 06, pp. 847-849. Lettera piena di riferimenti che richiedono qualche chiarificazione. M. incoraggia i missionari giunti ad Hong Kong con destinazione Honan (v. Lettera 112), si congratula con Raimondi ormai divenuto prefetto (v. Lettera 103) per il suo viaggio in Cina motivato da questioni inerenti alla “procura” di Propaganda, e dice di comprendere che non voglia staccarsi da Burghignoli. Questi, amicissimo del Volonteri, desiderava andare con lui nel Honan e M. lo appoggiava, ma Raimondi lo riteneva troppo necessario per sé, e non lo volle mai cedere. In un primo tempo sembrava incline a darlo, purché Borgazzi, in patria per salute, tornasse subito ad Hong Kong, ma poi se li tenne tutti e due. Quanto a Domenico Barbero (1820-1881), ha l’onore di essere il primo vescovo e il primo ed unico vicario apostolico di Hyderabad appartenente a San Calocero; fu consacrato vescovo a Roma il 3 aprile 1870 (v. Lettera seguente). M. parla quindi del sacerdote Scarella che veniva dal Collegio Brignole-Sale di Genova: egli è pronto a riceverlo, ma a condizione che passi per le vie normali; e ciò perché vuol essere persuaso della sua preparazione. Anche don Giovanni Battista Ungaro di Monteiasi (1838-?) era stato alunno del Brignole-Sale e poi missionario in Cina coi lazzaristi, ma di lui il Delaplace (v. Lettera 112) dava un giudizio poco favorevole, forse però troppo severo; occorre perciò far ulteriori indagini. Sia Scarella che Ungaro, accolti nell’Istituto, lavoreranno nel Honan: del primo ne riparleremo, il secondo rientra definitivamente nel 1878 per malattia. Lasciato successivamente l’Istituto, nel 1880 è rettore a S. Teresa agli Studi a Napoli. 1 306 sco Saverio. Io spero che i nuovi Missionari sentiranno la sublimità della loro vocazione, e giunti alla meta tanto da loro sospirata si consacreranno con tutta la lena alle ardue fatiche del loro apostolato. D. Luigi, D. Vito, D. Gabriele, D. Angelo confortamini in Domino et in potentia virtutis eius [attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza, Ef 6,10]. Mi rallegro pur di cuore con Lei dell’ottimo successo del suo giro nell’interno dell’Impero Celeste, e spero che la S. Congregazione ratificherà il suo operato, e ne sarà molto soddisfatta. In breve avrò occasione di recarmi a Roma, accompagnando l’ottimo D. Domenico Barbero che deve essere consacrato Vescovo Vicario Apostolico di Hyderabad, e da parte mia può ben immaginarsi se farò tutto quello che può giovare a codesta Prefettura Apostolica di Hong Kong. Io vedo la difficoltà di Vostra Signoria R.ma a distaccare dal suo fianco il bravo D. Giuseppe Burghignoli, e scrissi subito a D. Ignazio Borgazzi, che si trova col suo fratello a Monza presso la Parrocchia S. Biagio (di cui appunto è Parroco D. Carlo Borgazzi): ma D. Ignazio mi risponde che per ora non può e mi dice che ne scriverà direttamente a Vostra Signoria R.ma. Quanto al Sacerdote Scarella, alunno del Collegio di Genova, non vedo difficoltà che sia aggregato agli alunni del nostro Seminario. Amerei però che si stabilisse un certo intervallo di prova, così nell’interesse suo come nel nostro, affinché egli esperimenti noi, e noi viceversa lui e così a ragion veduta ci abbracciamo reciprocamente. La prova non è necessario che sia lunga, avendo noi accolti e mandati alle Missioni dei Sacerdoti dopo sei o sette mesi di tirocinio e convivenza. Il detto Scarella mi faccia regolarmente la sua domanda, e sia accompagnata se si può da qualche attestato dei suoi Superiori, e noi ben di cuore lo faremo membro del nostro Seminario. Infine, M. tratta di soldi: Raimondi non ritardi di saldare il debito contratto con G. B. Scatti (1844-1918, tornato in diocesi di Milano nel 1887) del Bengala, e non permetta a Bernardo Viganò (1837-1901), o altri suoi missionari, d’impicciarsi in affari. M. è drastico in questa materia perché non venga minimamente compromessa l’opera della missione. 307 Raccomando ancora a D. Simeone Volonteri di prendere informazioni sul Missionario Ungaro di Monteiasi, e se giudica opportuno l’ammetterlo me ne scriva, perché io lo inviterò a venire a S. Calocero, e spedirò lui pure. Mgr. De La Place non lo giudicava atto, ma sento che è molto severo, e forse il Sig. Ungaro col maturare negli anni avrà migliorato se stesso: a Napoli so che fa bene, lavora assai, ed ha anche vivo il desiderio delle Missioni. Egli faceva da Procuratore nel Ho-nan e mi ha dato le più esatte informazioni su quel Vicariato, su tutti i mezzi che ha la Missione etc. Io ne fui molto contento. La lettera che ella ha fatto pubblicare sul Museo delle Missioni, chiedendo aiuto per gli orfanelli di Hong Kong mi ha fatto pervenire nelle mani £ 52, 50 di una Signora Antonia Rotondi da Crema. Le ho consegnate al P. Procuratore. Io le raccomando assai di soddisfare il debito col Bengala, perché dopo che l’ottimo D. G. B. Scatti ha dato graziosamente del suo borsino per compiere la somma richiesta, non è giusto ritardargli ciò che gli spetta, né è conforme alla gratitudine che si deve professargli per il favore ricevuto. Né può a tale intento servire un mezzo proposto da Vostra Signoria per quelle ragioni che già esposi, e che non amo ridire. La prego e supplico più vivamente che posso, che non permetta né al Missionario Viganò, né ad alcun altro mai di impacciarsi in affari di sementi dei bachi da seta, o di altre speculazioni commerciali. Non lo si faccia neppure col titolo di mandarne saggi o campioni. Per amor di Dio asteniamoci da tutto ciò che può compromettere il carattere della nostra Missione, che è tutta spirituale. Ab omni specie mali abstinete vos [Astenetevi da ogni specie di male, 1 Ts 5,22]. Guai se si potesse sospettare che ci mescoliamo in cose di lucro: noi abbiamo sofferto a Como e in Brianza delle lamentele, che non potevano riuscire se non di discredito ai Missionari di S. Calocero. Questa cosa la affido interamente al suo zelo, alla sua saviezza e fermezza: vi stia attento anche nel caso doloroso che qualche Missionario dovesse per salute ritornare. Con vera e distinta stima ed affezione, implorando il soccor308 so delle sue fervide preghiere e di quelle di tutti codesti amatissimi confratelli, mi dico Suo Dev.mo Servo in G. C. P.te Giuseppe Marinoni P. S. Quanto al P. Valentini approvo ciò ch’ella mi scrive. 309 116. A D. SIMEONE VOLONTERI 30 aprile 1870 il Papa lieto di vedere il primo vescovo dell’Istituto Roma, Canonica Vaticana 30 Apr. 1870 Carissimo e Degnissimo D. Simeone1 Le scrivo da questa santa città, dove mi trovo già da un mese con l’ottimo Mons. Barbero consacrato Vescovo di Doliche il 3 corrente nella Chiesa ove riposa il corpo venerato di S. Filippo Neri. Abbiamo avuta il 9 udienza cordialissima dal S. Padre che si rallegrò di vedere il primo Vescovo della nostra Società, e ci benedisse con effusione più che paterna, concedendo a tutti i S. Caloceresi Indulgenza plenaria in un giorno a scelta pregando per lui e accostandosi alla S. Eucaristia. Spero che il danaro le sarà stato subito mandato dal Seminario di Parigi, a cui scrissi che si dessero immediatamente i 2400 fr. Ella ha ragione di evitare i danni provenienti dal ritardo del danaro, e quanto a me non voglio minimamente nuocere al bene della Missione. Solo si proporrebbe, come si fa con altre Missioni, che da Lione e da Parigi la cambiale fosse spedita a me, io la firmo al momento e la rimando al Sig. Mailly a Parigi, e ciò non 1 In AGPIME 17,3, p. 15. Sulla figura e l’opera di mons. Barbero, primo vescovo di San Calocero e vicario apostolico di Hyderabad, rimandiamo ai nostri storici (BRAMBILLA, Il Pontificio, II; TRAGELLA, II, pp. 351-370; GHEDDO, PIME, pp. 319-321). M. era a Roma da un pò, anche perché mons. Barbero prendeva parte al Concilio Vaticano I. Circa la questione dei sussidi dell’Opera della Propagazione della Fede M. non manca d’ianche con Raimondi che la relativa cambiale passi da lui, pur lasciandogli libertà d’azione; le norme da stabilire di comune accordo dovranno servire agli interessi della missione e all’unione con la direzione di San Calocero. 310 porterebbe neppure il ritardo di una settimana. Con questo, se non avessimo qualche conto corrente potremmo subito metterci in regola. Tuttavia io le lascio libertà di azione, finché non si siano stabilite di comune accordo delle norme da seguirsi, le quali non pregiudichino gli interessi della Missione, e insieme abbiano il vantaggio di tenerci uniti. Aspetto con ansia altre notizie di lei, di D. Vito, D. Gabriele, D. Angelo Cattaneo. Dica a D. Gabriele che il suo ottimo Arcivescovo di Salerno è qui con me e lo saluta caramente. Mons. Barbero manda mille benedizioni ai Sancaloceresi. Tutto suo in Domino P.te G. Marinoni La risposta si mandi a Milano Mi varrò in seguito per le Corrispondenze di M. Mailly 311 117. A MONS. DOMENICO BARBERO 7 giugno 1870 gli affida una missione presso Propaganda relazione con l’Istituto di p. Villoresi Milano il 7 Giugno 1870 R.mo Monsignor Vescovo1, Ieri ricevetti la carissima sua in cui mi notificava la separazione definitiva della Missione del Bengala da quella di Calcutta, notizia consolante, ma al tempo stesso mi affliggeva il non veder fatta la nomina del Prefetto Apostolico. Vorrei sperare che Vostra Signoria R.ma parlando con l’Eminentissimo Card. Barnabò giunga a dissipare qualsiasi dubbio potesse aversi sulla bontà del P. Marietti, sull’amore alle sane dottrine, sulla sua devozione alla S. Sede. Sarebbe un gran colpo per quella Missione la perdita di un soggetto sì prezioso, e vorrei credere che la divina clemenza ci risparmi questo dolore. Egli però mi ha assicurato che continuerà a promuovere il bene della sua Mis- 1 In AME 06, pp. 871-873. La separazione della missione del Bengala da Calcutta, dopo 15 anni di difficile e duro lavoro dei missionari di San Calocero, era un evento atteso ma non semplice. Per volere di Propaganda ne discussero i vicari apostolici dell’India riuniti a Roma dal 29 marzo al 5 aprile del ’70 e quasi tutti diedero voto positivo; era presente anche mons. Barbero, ma non il vicario apostolico di Calcutta, il gesuita mons. Steins, che inviò il suo parere negativo. Solo il 15 luglio, vinta ogni resistenza, Propaganda emanava il decreto di erezione della nuova Prefettura del Bengala Centrale e il primo agosto nominava p. Antonio Marietti prefetto apostolico. La lettera di Marinoni a Barbero giunge quindi ad operazione già avanzata ma non ultimata: di qui la sua soddisfazione e insieme la sua preoccupazione. Egli cerca di dissipare i dubbi su Marietti, dovuti alla sua salute precaria. E coglie l’occasione per ringraziare il vescovo delle notizie sul Concilio Vaticano I a cui prende parte. 312 sione. Io scriverò subito la terna, e scriverò anche una lettera al Card. Prefetto per supplicarlo di appoggiare presso Sua Santità l’elezione di D. Antonio. Con questa lettera, che invierò aperta a Lei, Monsignore, ella avrà la compiacenza di recarsi dal Card. Barnabò, e di parlargli il più caldamente che potrà in favore del Missionario Marietti. I due soggetti che proporrò saranno D. Enrico Longa, e D. Paride Bertoldi, ma prima voglio consultare tutti insieme i colleghi. La ringrazio delle notizie fornitemi sul Concilio, e la prego a continuarmele sotto ogni riserva. Veda però che le lettere siano ben suggellate, meglio con ostie. Riguardo al Collegio di Napoli2 ho data una negativa recisa, né c’è altro da fare. Perciò se il P. Falanga venisse da Vostra Eccellenza R.ma, gli dica il divieto assoluto ricevuto dall’E.mo Card. Prefetto. Io non ho voluto in una lettera che resterà nell’archivio del Collegio di Napoli dire apertamente la proibizione avuta, ma ho scritto che, inteso anche il voto della superiore autorità ecclesiastica, mi trovo nella necessità di ricusare affatto un carico che oltrepassa la misura delle nostre forze. Ella però a voce può parlar più chiaro. Dica poi per favore all’ottimo D. Ignazio Borgazzi che i miei rispettabili colleghi trovano troppo avanzato in età il Chierico 2 Sulla chiusura delle trattative col Collegio di Napoli già si è detto (Lettera 110). Ora entra in scena l’Istituto San Giuseppe di Monza, fondato dal barnabita p. Luigi M. Villoresi (1814-1883) nel 1862 in aiuto ai seminaristi poveri. M. da tempo conosce e stima p. Villoresi, e con lui parla dei due casi approdati a San Calocero tramite Borgazzi. Né Riezesuski, né Petterson vengono accolti e M. ha parole gravi anche per Borgazzi. Il discorso di usufruire dell’Istituto di Villoresi anche a vantaggio di San Calocero si farà solo nel 1874 e sboccherà perfino a un “Progetto di unione” tra loro, da sottoporre all’approvazione dell’arcivescovo di Milano e di Propaganda. Un inizio promettente che però non arriverà in porto e ci si limiterà solo al passaggio di alunni dell’Istituto di S. Giuseppe a San Calocero, con dispiacere di non pochi dei nostri, tra cui Raimondi sempre favorevole ad ogni iniziativa a favore di una crescita delle vocazioni missionarie, e lo stesso M., anche se questi è più attento alle esigenze di una loro adeguata formazione (TRAGELLA, II, pp. 194-200; DONEGANA, pp. 255-261). 313 Riezesuski (ha 37 anni), e non vedono come la Missione di Hong Kong, che predica continuamente miserie, né vuol pagare allo Scatti il danaro prestato, né vuol Canossiane neppure a spese della Propagazione della Fede e della S. Infanzia per mancanza di quattrini, possa obbligarsi a dar 600 lire ogni anno per tutta la vita a questo Polacco, o Prussiano, o Svedese che sia. Io sono stato oggi a Monza, gli ho parlato, e ho parlato col P. Villoresi. Vedo che è gia maturo assai, e che soffrirebbe per certo in un clima così caldo, come quello di Hong Kong. Quanto all’altro cioè al Petterson egli ha solo 26 anni, sa l’Inglese, è pieno di vita ed è disposto a rinunciare al suo paese per farsi alunno di S. Calocero e Missionario. Noi lo accoglieremo, ma ci riserbiamo di disporne a suo tempo per quella missione, che ne avrà più bisogno. Mi duole di non soddisfare appieno i voti dell’ottimo e carissimo D. Ignazio, ma sono persuaso che riflettendo più attentamente egli troverà ragionevole il nostro comune parere, e vi si adatterà. Il P. Villoresi non ha fatto vedere nessuna urgenza, anzi mi ha fatto capire che, se appena si appianassero in Svezia le difficoltà, quel soggetto sarebbe utilizzato colà. Prego Vostra Signoria R.ma ad aggiungere anche la sua autorità a questa scelta, che conserva la regola finora seguita in S. Calocero, e non ci espone a dissidi, e futuri pentimenti. Scriverei io stesso a D. Ignazio, ma ho troppo da fare e prego Lei a far le mie veci. Gli dica che me lo tengo carissimo, che vedo con grande piacere l’impegno che ha per la Missione, e che mi fa male che se ne vada lontano, mentre forse la sua posizione più bella sarebbe in S. Calocero come maestro di lingua inglese. Però su questo dovrei prima sentire pure il voto dei compagni. Con vero intenso affetto e stima Le bacio il Sacro anello, le chiedo ossequiosamente l’episcopale benedizione e mi dichiaro Di V. S. Ill.ma e R.ma U.mo e D.mo Servo P.te G. Marinoni 314 118. A D. SIMEONE VOLONTERI 26 giugno 1870 problema di personale e soldi nel Honan Milano 26 Giugno 1870 Amatissimo e Degnissimo D. Simeone1 Rispondo alla sua carissima del 3 Aprile, che ci ha confortati con la felice notizia del suo arrivo a Nam-jan-fu: a Roma, dove fui per due mesi e mezzo, avevo ricevuta un’altra sua da Honkow, e prima un’altra da Shangai. Tutte mi giunsero graditissime, e di tutte la ringrazio di nuovo, benché ad alcune abbia già risposto. Ella è tutto in pensiero per avere altri operai per il Ho-nan e mi propone di far qualche convenzione col Collegio di Genova. Veramente anch’io nutrii per qualche tempo la speranza di poter 1 In AGPIME 17,3, pp. 17-20. Pro-prefetto del Honan (v. Lettera 112), Volonteri si preoccupa subito di aver missionari e sussidi. Sulla prima questione propone una convenzione col Collegio Brignole-Sale di Genova e M. gli dice in breve com’è la situazione al riguardo (v. Lettera 90). M. accenna poi ad un’altra prospettiva: Herbert Vaughan (1832-1903), fondatore nel 1866 del Collegio missionario di Mill Hill, pensa di inviare i suoi nel Honan, ma aspira pure ad avervi una missione propria; bisogna quindi pensarci bene se accettare o meno. E difatti, dopo qualche tentennamento, Volonteri deciderà per il no, secondo la linea di San Calocero. Vorrebbe invece che restassero alcuni lazzaristi cinesi e per questo ricorre anche a Propaganda; M. ricorda i termini dell’accordo fatto con mons. Delaplace e soprattutto ribadisce che non vanno turbate le buone relazioni con i lazzaristi. Questo vale anche per ciò che riguarda proprietà e denaro. M. è pronto a perorare la causa dei sussidi, ma Volonteri prepari un prospetto dettagliato sulla situazione e i bisogni della missione. Come si vede, M. si adopera in ogni modo per consigliare e aiutare i suoi, seguendo da vicino ogni problema, sempre però nel rispetto dei principi e delle norme che devono guidare l’Istituto e la sua opera, in conformità al suo fine e al suo spirito. 315 impetrare aiuto da quel Collegio, ma, siccome essi hanno il vincolo di dare i loro soggetti non già ad altre Congregazioni, ma secondo il beneplacito di Propaganda ai Vicari Apostolici, e non si assoggettano a mandare i loro alunni a S. Calocero per qualche tempo di prova, riesce assai difficile il giovarsene. Sul principio di questo mese passò di qui l’ottimo Sig. Herbert Vaughan, Rettore del nuovo Collegio delle Estere Missioni di Londra: egli mi aveva già parlato in Roma di un suo desiderio che poi ha formulato, come troverà nell’unita carta scritta di mano del buon Missionario Scurati. D. Ignazio Borgazzi che in Roma stessa aveva pur trattato di questo punto, mi scriveva che il Sig. Vaughan si accontenterebbe anche di lasciare indefinitamente i suoi Missionari al Ho-nan, ma quando il Sig. Vaughan fu qui a S. Calocero si espresse in modo da far vedere chiaramente che la sua intenzione era di aver per sé quella porzione del Honan di cui parla, per fondarvi una missione propria del Seminario di Londra. Ella esamini bene la proposta e mi scriva netto il suo parere: il Sig. Vaughan potrebbe e bramerebbe mandar subito i suoi Missionari, che sono in numero di tre al presente. Ricevo lettere dal Sig. Mailly e da Mgr. De La Place, che mi fanno temere assai che possa esser rotta quella relazione affettuosa, che ella stessa mi annunziava tra i RR. PP. Lazzaristi e i S. Caloceresi del Ho-nan. Il Sig. Mailly mi scrive che Vostra Signoria ha chiesto ai tre Lazzaristi Cinesi i Sigg. Tadeon (?), Pong e Ly se volessero lasciare la Congregazione della Missione e restare al Ho-nan con Vostra Signoria, e che avendo essi dato un categorico rifiuto (perché attaccati alla loro vocazione, e perché rimasti al Ho-nan solo per non abbandonare senza assistenza i Cristiani fino all’arrivo dei Missionari Milanesi) Vostra Signoria R.ma rispose che provocherebbe dalla Propaganda ordine di restare. Mi scrive pure il medesimo Sig. Mailly che vi sarebbe anche questione di danaro, e di oggetti appartenenti alla Missione tra i Lazzaristi che partono e quelli che subentrano, mentre egli aveva raccomandato che i suoi lasciassero tutto in ordine, e aveva rinunziato al possesso di un terreno, la cui proprietà era dubbia, in una missione vicina, per amor di pace e di concordia. 316 Mi scrive ancora che vi sarebbero un Diacono e un Suddiacono Cinesi già ammessi nella Congregazione, né sa se anche a proposito di essi si solleverà la questione, mentre essi protestano il loro attaccamento alla loro vocazione. Mgr. De La Place scrive nel medesimo senso riguardo ai Sacerdoti e ministri Cinesi. Io ho risposto che l’ottimo Volonteri non mi aveva ancora informato della vertenza; che l’accordo fatto con Mons. De La Place riguardava la sostanza delle cose, cioè che noi accettavamo la Missione che i Lazzaristi abbandonavano, ma riguardo ai dettagli era chiaro che la cosa doveva rimettersi a coloro che sono sui luoghi e conoscono meglio di noi la situazione. Ho però assicurato che nulla sarebbe più contrario alle nostre idee che turbare le buone relazioni che ci uniscono, che ne scriverei subito a Vostra Signoria R.ma e che ritenevo fuor di dubbio che solo l’estrema necessità del personale (di cui Vostra Signoria R.ma mi ha scritto sin dal primo arrivo) sarebbe stata la causa di ritenere al Honan, finché sia provveduto al bene della Missione, i Sacerdoti Cinesi: ho detto che io conosco troppo la prudenza e le virtù del P. Volonteri per dubitare che non si comportasse con tutti i riguardi in materia sì delicata e importante. Aspetto perciò notizie precise e se mai Ella avesse già scritto a Propaganda, mi mandi copia di ciò che ha scritto, o me ne dica solo il contenuto per mia norma. Allo stesso P. Mailly mandai la sua del 3 Aprile, in cui lo autorizza a dare a me quel danaro che gli chiedessi: però scrissi al tempo medesimo che non mi occorreva nulla e che mandasse a Lei tutto quanto avesse riscosso per la Missione. Da Roma io gli aveva mandato £ 15.000, assegno della S. Infanzia per la Missione del Honan, che mi erano state consegnate in biglietti di Banca Romana dal Sig. Abb. Di Girardin: al quale la prego di attestarne la ricevuta e altrettanto la gratitudine. Da Roma pure scrissi al Sig. Tesson, Procuratore del Seminario delle Estere Missioni, per le £ 2400, di cui parlava la lettera di Vostra Signoria scrittami il 15 Febbraio da Shanghai: spero che le saranno state rimesse senz’altro ritardo. Abbiamo qui da alcuni giorni il buon P. Taglioretti suo zio: 317 sta compiendo e stampando un opuscolo (come appendice al suo lavoro sul Criterio dei Dommi) intitolato: S. Ambrogio e l’Infallibilità Pontificia. Farà ottimo effetto, lo spero. Le Orsoline di S. Ambrogio dietro invito del P. Taglioretti hanno ricamato molto bene una berretta sacerdotale sul tipo di quella da lei trasmessami. Le sarà mandata con la prima occasione. La Missione del Bengala Centrale è stata definitivamente staccata da quella di Calcutta: anche la Missione della Birmania Orientale è stata costituita con quei confini che desiderava l’ottimo Prefetto Apostolico D. E. Biffi. Il P. Marietti non è ancora stato nominato Prefetto Apostolico, ma spero che lo sarà tra breve. Ringrazio D. Vito, D. Gabriele, D. Angelo delle loro carissime lettere, a cui risponderei volentieri, se la salute me lo permettesse. Bramo però aver sempre notizie di loro, e li prego che non lascino di scrivermi. Con vivissimo affetto mi dico Suo D.mo Servo in Cristo P.te G. Marinoni P. S. Vedo negli Annali della Propagazione della Fede segnati Fr. 2.400 per il 1869: questi li avrà riscossi interamente, perché 12.000 servirono per il viaggio dei Missionari. Ella procuri di preparar presto un prospetto ben dettagliato dello stato della sua Missione, del personale che gli occorrerebbe, etc. e me lo mandi, perché vedrò se mi riesce di far crescere l’assegno, benché la cifra totale degli incassi quest’anno sia stata minore quasi di 100.000 lire degli anni passati. Di mano in mano che va raccogliendo notizie sulla Missione, mi raccomando che abbia la pazienza di comunicarmele. 318 119. A MONS. SIMEONE VOLONTERI 28 agosto 1870 moderare lo zelo e provare la vocazione di Scarella Milano il 28 Agosto 1870 R.mo Mgr. Provicario1 Ho inteso con piacere da Mgr. Raimondi che le cose si mettono bene costì e lo rilevo ancora dalla carissima sua lettera del 16 Maggio; ma la prego di avere più riguardo alla salute, e non fare coll’ammalarsi un danno gravissimo alla Missione rovinandola senza necessità. Freno allo zelo ed alla soverchia attività. Prenda le cose con calma, una per volta ove si possa e conceda alla macchina troppo debole, che circonda l’angelica farfalla, i suoi sollievi e i suoi dovuti riposi. Le unisco qui l’accettazione del Sig. Scarella, che rimetto in mano sua, perché la consegni o no secondo che vede tornar più utile al bene della Missione e dello stesso Sig. Scarella, come pure del nostro Istituto. Ho detto che mi muovono all’accettazione anche le favorevoli informazioni avute da Vostra Signoria R.ma, perché ella avrà avuto certamente maniera di averne notizia da chi lo conosce. Ma nell’ultima sua sembra affermare che non ne sa nulla. Perciò la prego di assicurarsi, se appena può, coll’assumere le notizie occorrenti, ovvero a provarlo prima un poco, e poi consegnargli, se la prova è soddisfacente, la mia lettera. In AGPIME 17,3, pp. 21-22. Troviamo in questa lettera tre missionari (i primi due già incontrati), Scarella, Ungaro e Teodoro Mouilleron originario di Nantes (1846-1878), che in tempi e vie diverse dal Collegio Brignole-Sale approdano a San Calocero e vengono accolti da Volonteri per lavorare nel Honan. D. Gabriele è il p. Cicalese. 1 319 Quanto all’Ungaro non ne parliamo d’altro. Quanto al Sig. Mouilleron ella vedrà ciò che conduce al bene della Missione, e, se sarà il caso, accoglieremo anche questo Missionario tra i nostri. Il Padre di D. Gabriele è ansioso di aver notizie del figlio. Mi saluti tutti i Missionari, e mi creda Suo Aff.mo e D.mo in Cristo P.te G. Marinoni 320 120. A MONS. TIMOLEONE RAIMONDI 25 settembre 1870 Borgazzi autorizzato ad andare in America per raccogliere soldi Milano 25 7bre 1870 R.mo Mons. Prefetto Apostolico1 Ho ricevuto la carissima sua del 3 Agosto scorso, in cui mi espone lo stato finanziario attuale della Missione di Hong Kong e ne riassume le cause e i processi decorsi. Non v’è più bisogno che si parli di un argomento già esaurito. D. Ignazio Borgazzi fin dal fine di Maggio si recò a Roma presso il R.mo Mgr. Barbero per mettersi in comunicazione con vari Vescovi Americani del Sud, come di fatto compì con felice esito, ed ebbe attestato da Propaganda del bisogno della Missione e della qualità con cui viene inviato. Io stesso gli rilascerò una lettera commendatizia, ed egli partirà per l’America non appena avrà raccolto un po’ di denaro per il viaggio. Egli è ritornato or ora da Ginevra, dove si rifugiò da Lione quando si instaurò la repubblica rossa e si gridò morte ai Gesuiti presso i quali era domiciliato col Vescovo di Rio Grande andatovi al suo ritorno dalle acque di Vichy. Vorrei dare a D. Ignazio le lire 250 da lei 1 In AME 06, p. 921. Hong Kong, sia come missione in forte sviluppo, che come “procura” di Propaganda in guai finanziari, ha più che mai bisogno di uomini e mezzi. Lo stesso Raimondi farà più di 12 viaggi fuori da Hong Kong, in Cina, Singapore, Filippine, Australia, Europa, America del nord e del sud. Questa volta è Borgazzi il questuante e va in America del sud, dopo un incontro fatto con vescovi sudamericani partecipanti al Concilio Vaticano I. Le notizie dolorose di Roma cui accenna poi M. sono legate alla presa della città da parte dei soldati italiani, il 20 settembre. Quanto al Salerio che M. assiste negli ultimi giorni vita, morirà il 29 settembre (v. Lettera seguente). 321 prestate al sig. Luigi Rosuati, ma questi non mi ha restituito finora che £ 45 e stenta assai a darmi il resto. I suoi amici mi avvertono che è uno scialaquatore senza testa e sono dolenti di avermelo raccomandato. Il suo padrigno è uomo assai ricco e infine converrà ricorrere a lui. Qui siamo tutti addolorati delle notizie di Roma. Fino a quali estremi giunge la rivoluzione. Mi saluti caramente i colleghi, mi dia notizie del Ho-nan. Mi creda sempre Suo aff.mo e D.mo in Domino P.te Giuseppe Marinoni D. Carlo Saverio va ormai accostandosi alla sua ultima ora: è rassegnato e sta nelle mani di Dio. Ho rinunciato a recarmi in campagna per non abbandonarlo. Lo raccomandino caldamente a Dio. 322 121. A D. TIMOLEONE RAIMONDI 9 ottobre 1870 annunzia la morte dell’ottimo d. Carlo Salerio Milano il 9 8bre 1870 R.mo D. Timoleone1 Devo annunziarle una ben dolorosa perdita che abbiamo fatto il 29 dello scorso settembre con la morte dell’ottimo D. Carlo Salerio. Lo assistei fino all’ultimo e fece la morte più preziosa, per quanto possiam noi dire, al cospetto del Signore. Già fin dal suo ritorno da Oropa verso la fine di Luglio mi disse: «Eccomi nelle sue mani, in questa stanza moriva l’amatissimo D. Paolo Reina, ora è venuta l’ora mia: ho già disposte le cose mie in modo da non aver d’ora innanzi altro pensiero che per l’anima». Ricevette per ben due volte il S. Viatico, l’ultima sera gli diedi l’Estrema Unzione, poi la notte mi fece chiamare, volle di nuovo riconciliarsi, ricevette la Benedizione in articulo mortis, e poco dopo spirò la sua bell’anima nel bacio del Signore. Ne troverà più dettagliato racconto nell’Osservatore Cattolico del 30 settembre. 1 In AME 06, p. 931. Comunicazione della morte di Salerio, breve ma densa di sentimenti. Raimondi ne era stato compagno a Woodlark, nella missione d’Oceania, guidata da Reina quale prefetto apostolico della Melanesia e Micronesia, che era morto il 14 marzo 1861 a Milano, nella stanza in cui si spegne il p. Salerio. M. collega tutti questi riferimenti pieni di significato per i membri di San Calocero, ricorda gli ultimi momenti edificanti del morente e invita a seguire gli esempi di quelli che sono già giunti alla patria che dobbiamo sospirare. Di Carlo Salerio è in corso la causa di beatificazione (su Carlo Salerio v. GHEDDO). 323 Intanto prego Lei e gli ottimi suoi colleghi a offrire per lui il divin Sacrificio e porgergli gli ordinari suffragi, tanto più che si tratta di un compagno a lei sì stretto, di uno dei primi che apersero la serie delle Missioni. La prego ancora a darne immediato avviso al R.mo P. Volonteri ed ai Missionari del Ho-nan. La morte dei nostri più intimi amici deve essere per noi uno stimolo acuto a seguirne gli esempi, a sospirare quella patria a cui essi son giunti, ad esaminare sottilmente noi stessi e vedere se ci troviamo pronti a comparire innanzi al tribunale di Cristo giudice. Mi creda col più sentito affetto ed ossequio Suo D.mo in Cristo P.te Giuseppe Marinoni 324 122. A D. TIMOLEONE RAIMONDI 7 maggio 1871 lo loda per aver agito in bel modo coi lazzaristi e gli raccomanda di trattare bene le suore Milano il 7 Maggio 1871 R.mo D. Timoleone1 Ella mi ha grandemente consolato con la sua carissima del 21 Marzo che mi giunse qui Domenica scorsa, con la quale mi partecipa di aver ottenuto dal R.do P. Aymeri ciò che desiderava D. Simeone Volonteri sia quanto agli assegni, sia quanto ai Sacerdoti e Ministri Cinesi. La sua lettera non poteva giungere in miglior punto, poiché ella mi significava di aver ottenuto ciò che chiedeva per via di modi calmi e soavi. Non tardai perciò a prevalermene presso l’E.mo Card. Prefetto per dimostrargli come Vostra Signoria sia lungi dal voler attaccar brighe con alcuno, e spero produrrà buon effetto. Non ho ancora ricevuto l’attestato relativo agli Atti dei Martiri da me inviati a Roma, ma spero l’otterrò in breve. Quanto al denaro dovuto al P. Volonteri, conviene aver presenti le due altre somme, che io già le accennai nell’altra mia, cioè 1 In AME 06, pp. 997-999. M. deve più volte raccomandare al superattivo Raimondi di prendere le cose con calma, di saper aspettare; ciò non gli risulta facile per il suo carattere e la lentezza delle comunicazioni. E così per gli assegni della Propagazione della Fede e della Santa Infanzia destinati al Honan attraverso il procuratore dei lazzaristi a Shanghai p. Aymeri che tardano a giungere, come pure per la questione di ottenere per Volonteri alcuni preti e chierici cinesi lazzaristi che fatica a risolversi, Raimondi cade in qualche escandescenza in un primo tempo, ma poi con “modi calmi e soavi” ottiene quanto desidera. E M. coglie l’occasione per lodarlo e mostrare a Propaganda che il prefetto apostolico di Hong Kong non è affatto un attaccabrighe. Poi prosegue facendo luce sul denaro che spetta a Volonteri e che bisogna fargli arrivare. 325 franchi 2400 che il Sig. Tesson mi scrisse nel Maggio 1870 avrebbe mandato a lei per il Volonteri, e £ 9.600 ricevute dal Sig. Mailly dalla Propagazione della Fede per il medesimo P. Volonteri nel Maggio pure 1870: sono 12.000 lire della Propagazione della Fede che si riferiscono all’assegno di £. 24.000 fatto per il Honan, 12 mila delle quali le ricevemmo noi nel Settembre 1869 per il viaggio dei Missionari, le altre non erano ancora state rimesse alla loro destinazione. Raccomando perciò a lei la cosa, affinché con la sua prudenza la Missione del Ho-nan percepisca ciò che le spetta. A quel che ho inteso dalla Superiora Grassi di Pavia, la brava Madre Stella sarebbe assai sofferente in salute: me ne duole assai e non ho certo bisogno di raccomandare caldamente a Lei quelle ottime Suore che tanto fanno per la gloria di Dio2. Veda che siano ben provvedute e confortate e che si adempia fin dove si può il non alligabis os bovi trituranti [non metterai la museruola al bue che trebbia, 1 Cor 9,9], perché se c’è gente meritevole d’ogni riguardo sono codeste spose generose del Salvatore che vinsero la fragilità e timidezza del sesso per dedicarsi interamente a Dio e alla salvezza delle anime. In Autunno verranno, se piacerà a Dio, altre due o tre religiose a sollievo di quelle che portano pondus diei et aestus [il peso della giornata e il caldo, Mt 20,12]. Nel Bengala soffrivano assai da principio le Suore, e si conobbe che avevano bisogno di un nutrimento più sostanzioso e di un po’ di vino propter stomachum et crebras infirmitates [a causa dello stomaco e delle frequenti indisposizioni, 1 Tm 5,23]. D. Timoleone è buon padre, e non ometterà nulla di ciò che può servire a conservare le forze e la salute a codeste santissime figlie dell’amor di Gesù Cristo. Mi riverisca tanto l’ottimo D. Giuseppe Burghignoli, Davan- 2 Altro punto delicato è il buon trattamento delle suore canossiane, che Raimondi talora trascura. M. mette in evidenza i meriti di queste religiose ed esprime la sua convinzione che d. Timoleone, da “buon padre”, saprà avere ogni riguardo e cura per loro. Passa poi ai saluti e alle notizie, e chiede preghiere per sé. M. anche nel far osservazioni procede sempre in modo positivo, cogliendo il lato buono delle persone e degli eventi. 326 zo, Longo, Piazzoli, Marcello, e mi mandi sempre che può le loro notizie. Passò di qui due settimane fa il Sig. Oliver Americano e disse assai bene di D. Giovanni Valentini; attendo anche notizie di D. Bernardo Viganò. Borgazzi non mi ha più scritto dopo la prima lettera da Rio de Janeiro. La prevengo che ho qui da molto tempo sul tavolino le lettere dirette alla S. Infanzia da varie Missioni pervenutemi da costà, ma non le mando finché è calmata Parigi, affinché non si perdano. Si ricordi di me quando dice Memento Domine Famulorum [Ricordati, Signore, dei tuoi servi] etc. o tra i vivi o tra i morti e mi creda sempre Suo aff.mo Marinoni 327 123. A D. TIMOLEONE RAIMONDI 18 giugno 1871 consigli sul progetto di Mill Hill e notizie Milano il 18 Giugno 1871 Carissimo e Degnissimo D. Timoleone1 Mgr. Vaughan mi scrive il 13 corrente che Vostra Signoria ha consigliato P. Volonteri di cedere una porzione della Missione del Ho-nan al Collegio di Mill Hill e che gli ha pur domandato Missionari per Hong-Kong. Il P. Volonteri ha già scritto a noi che a suo parere non conviene il progetto Vaughan (lettera del 16 Gennaio 1871). Quanto a Hong Kong, se resta il P. Burghignoli, può forse Vostra Signoria farne senza, oppure chiamarne uno o due come ausiliari, ma senza aggregarli a noi, e senza alterare il sistema delle nostre missioni. Questo è il nostro parere. Le accludo la lettera del P. Barone, da cui rileverà meglio che non si può far conto di questo soggetto. I parenti di D. Vito Ruvolo insistono per avere la fede di mor- 1 In AME 06, pp. 1013-1014. Già abbiamo accennato alle idee di mons. Vaughan per una presenza dei suoi missionari nel Honan (Lettera 118). Il suo preciso “progetto” era di mandare i suoi primi missionari al Honan per far pratica e magari poi dividere la missione con i caloceriani. M. lo ricorda a Raimondi, dato che Vaughan pensava pure d’inviare i suoi ad Hong Kong, aggiungendo che, restando Burghignoli, si può prendere qualcuno di Mill Hill “ma senza aggregarli a noi, e senza alterare il sistema delle nostre missioni”. Un criterio importante, trattandosi di due Istituti missionari, per cui, se è buona cosa la collaborazione, il passaggio dei membri dall’uno dall’altro non si giustifica e potrebbe comportare effetti negativi. Seguono notizie come usa fare M., che chiede a Raimondi di dar sempre informazioni dei missionari nelle sue lettere, per quello scambio vicendevole a cui egli dà molta importanza. 328 te constatata dall’autorità civile di Hong Kong: veda di non più differire. Mgr. Nardi ha inserito nel Buon Senso (giornale romano ora cessato) un articolo relativo alla premiazione fatta dal Governatore di Hong Kong delle nostre scuole etc. Noi ne metteremo la relazione più tardi, essendovi molto da fare in questi giorni. Ho ricevuto lettera dal P. Aymeri e dal P. Vaudagna; la tempesta del Ho-nan pare scongiurata. Quanto poi alle carte relative al Martirio dei Padri Cinesi portate dal Sig. Conte Marco Zè, io le mandai per posta con plico raccommandato a Roma il 16 Gennaio 1871 e la direzione della Posta di Milano, dopo interpellanza fatta dietro mia istanza a Roma, mi scrisse che il plico fu consegnato il giorno 21 Gennaio stesso al Procuratore del Cardinal Barnabò sig. Mariano Ridolfi. Io con lettera dell’otto corrente ne diedi avviso al Card. Barnabò pregandolo di una ricevuta per il R.mo Prefetto Apostolico di Hong Kong da conservarsi nell’Archivio della Procura, ma finora non ebbi risposta. Io amerei sapere nettamente quali dissidi siano sorti tra Vostra Signoria e qualche Ordine Religioso in Hong Kong per potere, se bisogna, dire una parola appropriata. Mi saluti tutti i carissimi compagni e mi creda Suo Aff.mo in Cristo P.te Giuseppe Marinoni P. S. La prego sempre nelle sue lettere di darmi notizie dei colleghi. 329 124. A D. DOMENICO DAVANZO 27 gennaio 1872 ordine di lasciare la missione Milano 27 gen 1872 Pax Xti Al Molto Rev.do D. Domenico Davanzo Missionario Apostolico1 La risposta che ella mi diede in Novembre alla lettera di richiamo che io le scrissi nel Settembre mi aveva alquanto lenita la pena gravissima che aveva provato il mio cuore nel venire forzato ad una tale determinazione. Aspettavo di ricevere notizie 1 In AME 06, pp. 1079-1080. Un caso che dà filo a torcere a M., che alla fine vincerà riportando la pecora smarrita all’ovile. Ce ne occupiamo in varie lettere seguendo la vicenda. Davanzo (1838-1877) arriva ad Hong Kong nel 1868 e per un paio d’anni fa ottimamente. Poi cominciano i guai. Si lamenta di non aver denaro, e invece ne ha; fa quello che vuole, e Raimondi lo vuole rimandare in Italia, ma Davanzo non vuol partire. Il prefetto prega allora M. d’intimargli il ritorno sotto obbedienza. Questi scrive a Davanzo il 23 settembre ’71 ordinandogli di tornare. “Se ella obbedisce – dice tra l’altro – mi risparmierà molte amarezze, e io vedrò in lei un cuore ancora di un figlio affettuoso e riverente” (AME 06, p. 1057). Davanzo sembra riprendersi rispondendo in novembre a M., ma di fatto non cambia, e il Direttore gli invia un nuovo ordine di ritorno con la presente lettera, in cui il grande dolore non soffoca l’amore e la speranza, ma incalza appellandosi alle verità più sacrosante per un missionario. Davanzo però se la prende con comodo e arriverà a Milano solo a metà luglio del 1872, dietro invio di Raimondi che, per non suscitare sospetti a Roma o a Lione e Parigi, lo motiva con lo scopo di cercare una congregazione di fratelli che vengano a Hong Kong per incaricarsi delle scuole e del Collegio cattolico. Davanzo passa un mese a San Calocero, in settembre va in Francia e si prepara per ripartire per Hong Kong, il 13 ottobre. E qui bisogna passare alla Lettera 126 per il seguito della triste storia. 330 che le buone disposizioni al ravvedimento da lei mostrate a quell’intimazione avessero prodotto il loro frutto e ne benedicevo con tutta l’anima il Signore. Ma dopo circa tre mesi nulla mi riconferma un vero ritorno a quel procedere grave, riservato, alieno da ogni sospetta comunicazione, che la dignità e la santità del nostro carattere assolutamente richiede, e io mi trovo costretto a ripetere, ma senza concessione di nuovi indugi, il comando di rimpatriare: altrimenti sarei costretto a scrivere alla S. C. di Propaganda, e togliere di mezzo chi mi guasta e rovina una Missione di tanta importanza, e, mandato a raccogliere così da lontano le pecorelle comprate con il sangue di Cristo, si converte in laccio d’inciampo, e da pastore diventa lupo. Ah mio amatissimo D. Domenico, non mi aspettavo davvero una tanta afflizione! Si suda, si gira per mare e per terra per trovare un Missionario, i fedeli offrono generosi a Cristo Signor Nostro l’obolo che possono per pagare i dispendiosi viaggi e gli alimenti a quei generosi che, lasciata la patria e i parenti, volano in aiuto delle anime più bisognose e derelitte, e tra questi generosi ecco intromettersi un Sacerdote che, invece di portare alle Genti il buon odore di Cristo, loro porta il tremendo veleno dei mali esempi, e converte in ministero di morte il ministero della vita. Per amor del Cielo ritorni subito, e si tolga da un paese dove rovina se stesso e gli altri. Venga in Italia. Qui per mezzo dei SS. Esercizi, sotto amorevole disciplina, risponderà meglio alla sublimità del suo stato e salverà l’anima sua. Non tardi: obbedisca e si prepari subito al ritorno senza obbligarmi a passi troppo amari, che io però sarò pronto a compiere per salvare le anime che costano il sangue d’un Dio, e non mancare ad un dovere per me sì sacrosanto. Suo D.mo in Cristo P.te Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni 331 125. AD ALESSANDRO MANZONI 22 luglio 1872 invito a prendere le difese di Pio IX Ad Alessandro Manzoni1 Dal Seminario delle Estere Missioni 22 Luglio 1872 All’Autore degli Inni Sacri e delle Osservazioni sulla Morale Cattolica si può con fiducia chiedere qualche cosa che torni a difesa della Chiesa, nostra Madre, ed anche a sollievo del Successore di Colui, quem Dominus elevandus in coelum amoris sui nobis velut vicarium relinquebat [che il Signore prima di essere elevato in cielo ci lasciava come vicario del suo amore] (come dice S. Ambrogio, lib. 10 in Lucam, n° 176). Mi perdoni l’ardire: è da gran tempo che ci penso e non ho mai potuto levarmi di capo il proposito di scriverle una parola più diretta al suo bel cuore di vero figlio della Chiesa che al suo gran genio, una parola di chi l’ama e stima grandemente fin dagli anni più verdi, e bramerebbe che quell’astro luminoso prima di giungere al tramonto vibrasse ancora una volta un lampo di vivissima luce in 1 AGPIME 02, 1, p. 241-243. Un pressante e fiducioso intervento presso il Manzoni (1785-1873) perché faccia sentire la sua stimatissima voce a difesa di Pio IX e della Chiesa contro il coro degli avversari. Già altri illustri cattolici l’hanno fatto e in varie occasioni; alcuni con una pubblica professione della loro fede. Perché non lo dovrebbe fare l’autore degli “Inni Sacri” e delle “Osservazioni sulla Morale Cattolica”?. E M. indica le motivazioni che giustificano e spingono a intervenire e i benefici effetti che questo atto produrrebbe sull’opinione pubblica e i dotti. Come stimolo, cita la “bella professione di fede” fatta da Alessandro Volta (1745-1827) in altra circostanza e ne include il testo nella lettera. L’invito di M. è rispettoso e coraggioso, ma non troviamo che sia stato raccolto. Manzoni muore qualche mese dopo, il 22 maggio del 1873. 332 mezzo alle tenebre di tanti errori, che offuscano le deboli pupille. Cedendo all’impulso sono certo di interpretare il voto di mille cuori, che pur sentono altamente lo stesso desiderio. Al primo adunarsi del Concilio Vaticano molti illustri scienziati cattolici vollero fare anticipata e pubblica professione della loro fede alle future decisioni del Sinodo Ecumenico; anche al Sillabo dei principali errori del nostro Secolo condannati dal Vicario di Cristo, si gloriarono di attestare il loro ossequio non solo i Vescovi e il Clero tutto del Mondo Cattolico, ma anche le intelligenze più distinte del ceto laicale: la necessità specialmente che il Capo della Chiesa di uno stato indipendente per il libero esercizio del suo apostolico ministero (se pur non si vuole collocarlo in una posizione violenta, e in pericolo continuo di martirio ed in sospetto di ossequio servile) è stata sentita e propugnata da molte notabilità pur laicali, e si può dire che ogni sincero cattolico più o meno ha provato l’amarezza di quel calice, di cui la rivoluzione, calpestando ogni riguardo e ogni ragione, ha inebriato il comune Padre e Pastore. Ora lo dirò io candidamente? una voce che pur suonerebbe sì cara e riverita in mezzo a tanto concento, una voce possente che imporrebbe rispetto anche ai nemici stessi della Chiesa e del Papato non fu udita finora; anzi, perché lo tacerò io? se qualche sommesso accento si intese, all’orecchio di chi tornò gradito? Ah perché lasceremo noi più a lungo che il Padre nella sua estrema vecchiezza pur scenda nell’arena e combatta così virilmente le battaglie del Signore e che uno dei più validi campioni si tenga fuor della mischia? Arca Dei, et Israel, et Juda habitant in papilionibus...et ego ingrediar in domum meam? Per salutem tuam et per salutem animae tuae non faciam rem hanc, 2 Reg. 11,11 [L’arca, Israele e Giuda abitano sotto le tende... ed io dovrei entrare in casa mia ? Per la tua vita e per la vita della tua anima , io non farò tal cosa!, 2 Sam 11,11]. Qualcuno forse potrebbe ripetermi: Di mille voci al sonito mista la sua non ha. Il caso però, di cui ivi si parla, è ben diverso. Era certo dettato da vera sapienza il silenzio in quella congiuntura. Ma quan333 do la fede è in pericolo, quando la Chiesa è combattuta, ogni cattolico è soldato, e Alessandro Manzoni conoscerà certo ciò che il Dott. S. Tommaso con la sua precisione teologica diede alla Qu. 3, 2.da 2.dae, art. 2. Le stesse Osservazioni sulla Morale Cattolica sono appunto l’effusione di un’anima profondamente cristiana del dovere di ribattere gli strali che uomini per altro dotti, come il Sismondi, scagliano inconsideratamente contro le dottrine e le pratiche sapientissime della Chiesa. Veda per favore questa bella professione di fede di un altro celebre Alessandro, che mi permetto di accluderle: è un poco antica, ma il Volta è coetaneo a Manzoni ancor giovinetto e i due meritano di essere accoppiati in un atto che li onora. Se io Le ricordo quest’atto in cui si sente tutta l’energia e la soavità di un’anima grande profondamente cattolica, non è già che io pensi che Manzoni abbia bisogno di dire ad alcuno che egli ama la Fede Cattolica. Oggi da lui e dai suoi simili, come ai tempi dell’omousion, si desidera qualche cosa di più esplicito, e connotativo, e il Volta si esprime con tanto candore, che mi pare non avrebbe mancato di esprimere interamente la sua sottomissione a ciò che ai nostri dì si è definito o dichiarato dalla suprema autorità ecclesiastica. Il Padre dei lumi, da cui ogni regalo ottimo ed ogni dono perfetto discende, la colmi dei suoi celesti favori, come di tutto cuore Le desidera e prega Il Suo Devotissimo in Cristo P.te Giuseppe Marinoni 334 126. A D. TIMOLEONE RAIMONDI 5 ottobre 1872 bisogna essere fermi con Davanzo Milano il 5 8bre 1872 R.mo Sig. Prefetto1 D. Domenico Davanzo partiva per il Portogallo il giorno 9 del passato Settembre, mi scrisse il 15 da Madrid, poi non ebbi più notizia. Sono però sicuro che ha scritto ad un amico in Milano che non intende più ritornare a Milano, ma che il giorno 13 del mese corrente si imbarcherà a Marsiglia per Hong Kong. Io gli ho scritto che il suo ritardo oltre le tre settimane di assenza richiesta, senza darmi più informazioni di sé, mi tiene molto in pensiero, e mi risveglia il presentimento sinistro che io avevo di un suo furtivo tragitto dal Portogallo ad Hong Kong, presentimento che non compresi se non dietro l’assicurazione che mi porgeva D. Giacomo Scurati di averne avuta parola che non pensava punto a partire per la Missione, ciò che ripeté pure a me personalmente lo stesso Davanzo. Soggiunsi nella mia lettera che, se mancava alla parola data, era questo un tradimento indegno d’un Sacerdote, d’un Cristiano, d’un uomo onorato qualsiasi. Gli dissi che Hong Kong non era più per lui, che io, inteso anche il voto dei miei rispettabili colleghi, e pienamente edotto dei senti- 1 In AME 06, pp. 1131-1132. Continua l’avventura penosa del missionario Davanzo (v. Lettera 124), che M. racconta nei particolari a Raimondi, aggiungendo che tocca a lui ripetere a d. Domenico il divieto assoluto di tornare in missione e infliggergli la sospensione a divinis, se dovesse disobbedire. Nel frattempo M. continua a seguire le manovre del fuggitivo fino a rintracciarlo e riportarlo a Milano (v. Lettera seguente). 335 menti del R.mo Prefetto Apostolico di Hong Kong, gli proibivo assolutamente in virtù di santa obbedienza di ritornare alla sua missione, e che l’aspettavo a Milano. Mi ha anche aiutato in questa circostanza assai bene il Missionario D. Giambattista Ungaro, il quale scrisse a D. Domenico una lettera, che era ottimamente concepita per distornarlo dall’improvvido suo proponimento. Chi però deve compir l’opera è Vostra Signoria R.ma col ripetere, in tutta la pienezza dell’autorità sua ricevuta dalla S. Sede, a D. Domenico il divieto assoluto di ritornare in Missione. Libero D. Domenico di ricorrere alla S. Sede, se si crede oppresso: ma ella lo sospenda ipso facto a divinis, se contro l’espressa proibizione ricevuta intendesse rimettersi al suo posto. Mi raccomando che non manchi, perché una debolezza in questo momento sarebbe fatale: toglierebbe a me e a Lei ogni mezzo di frenare chi si discosta dalla santa obbedienza. È ben inteso che la parola presa da D. Giambattista Ungaro, essendo a me nota sotto la più alta riserva, non deve essere palesata. Io spero che D. Domenico non ardirà violare il comando di rimanere in Europa. Gli ho fatto le più belle condizioni e se le accoglie sarà ancora operaio utile per le Missioni. Sono passi troppo dolorosi, ma non si deve indietreggiare quando il dovere li esige. Le sono in unione dei SS. Cuori di Gesù e di Maria Devotissimo Servo P.te Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario Estere Missioni 336 127. A D. TIMOLEONE RAIMONDI 12 ottobre 1872 comunica d’aver riportato Davanzo a Milano Pax Xti Marsiglia 12 8bre 1872 Convento dei PP. Cappuccini che porta il nome di S. Giuseppe R.mo Sig. Prefetto1 Sia benedetto Iddio di tutto cuore, la Vergine e S. Giuseppe, innanzi al cui sacro simulacro sto scrivendo. Mercoledì ricevetti la lettera sua e la lettera dell’ottimo P. Burghignoli dello scorso 23 Agosto. Giovedì partii per Genova, ieri Venerdì continuai per Marsiglia, e questa mattina ho trovato qui il P. Davanzo, gli ho fatto sentir tutto, con una lettera pure di D. Carlo Bolis; si è arreso e oggi stesso alle 4 ripartiamo per Milano. Egli doveva partir domani alle 10 della mattina, e aveva già preso il biglietto pagando £ 1.276. Mi sono recato con lui alla Direzione delle Messaggerie Francesi, e mi hanno detto di stendere un ricorso: spero di ricuperare il danaro. Saluti a tutti, specialmente al bravo P. Burghignoli Il Suo Aff.mo Marinoni In AME 06, p. 1137. Poche righe ma scritte con l’animo esultante: la pecora smarrita è stata ritrovata e torna docile alla ovile. M. ne benedice Dio, la Vergine e S. Giuseppe, davanti alla cui statua, nel convento dei cappuccini di Marsiglia che porta lo stesso nome, stende la notizia per Raimondi. L’avventura è chiusa. Davanzo ora resterà con M. fino alla morte, con l’incarico di procuratore generale dell’Istituto. La bontà operosa e perseverante di M., quella di un padre che non vuol perdere il proprio figlio, ha fatto breccia nel suo cuore. 1 337 128. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 11 febbraio 1873 sul Honan meritevole di un vicario apostolico e sul Bengala Milano il giorno 11 Febb. 1873 Eminenza Reverendissima1 Ho il piacere di presentarle una lettera del Missionario D. Simeone Volonteri Provicario Apostolico del Ho-nan col resoconto dello scorso anno. Quella Missione si mette proprio bene e promette frutti ognor più copiosi, grazie specialmente all’intelligenza ed allo zelo di quel Provicario che ha occhio a tutto, ai missionari, al Seminario, alle Chiese, alle Cappelle, al decoro del culto, alle Scuole, all’istruzione dei fedeli e degli infedeli, alla provvida conservazione ed impiego dei redditi della Missione. Egli si era già adoperato con molto impegno nella Missione di Hong Kong, segnatamente nella parte Continentale, di cui ci diede anche un’esatta topografia che fu stampata e gli valse ben meritati elogi. La sua vita poi è specchio ai Missionari precedendoli coll’esempio dello spirito di abnegazione e di sacrificio. Dico questo, perché quando mai la Sacra Congregazione giudicasse venuta l’ora opportuna di appagare il vivo desiderio dei Cristiani di colà, e di provvedere quella Missione come per il passato di un Vicario Apostolico (ciò che renderebbe più agevole e rispet- 1 In AME 06, pp. 1185-1186. M., cogliendo l’occasione dell’invio di una lettera di Volonteri col resoconto della missione, ne presenta al card. Barnabò la figura e l’opera in vista di una possibile nomina a vicario apostolico del Honan; egli, a suo parere, ha tutte le doti richieste, come ha dimostrato sia a Hong Kong prima, che nel Honan poi. Al Direttore preme dire la verità, sempre con discrezione e tatto; poi faccia Propaganda. 338 tato il ministero e conseguentemente più fruttuoso) confiderei che questo buon Missionario, alienissimo però da simile aspirazione ed ignaro affatto di queste mie riflessioni dirette unicamente al bene della Missione, avesse a corrispondere con fedeltà e costanza alle mire dei suoi Superiori. Certo in faccia ai Mandarini, con i quali di tratto in tratto si ha necessariamente a che fare, e in faccia così ai Cristiani come ai pagani, servirebbe molto il rilevare la dignità del Superiore di quella Missione. Prego l’Eminenza Vostra a voler appoggiare, ove lo reputi conveniente, presso l’Ambasciatore Francese di Pechino la causa, per cui D. Simeone Volonteri si è recato alla Capitale2. Potrebbe darsi, è vero, che nell’intervallo la cosa sia già favorevolmente risolta, ma come non è raro il caso di lunghi ritardi nelle trafile di uffici Superiori, la parola dell’E. V. potrebbe forse giungere ancora in tempo, e in ogni caso tornerà sempre utile per cause consimili in avvenire. Le presento al tempo stesso lettera e resoconto del Sacerdote Antonio Marietti, Prefetto Apostolico del Bengala Centrale3. 2 La questione risale molto indietro e riguarda una casa comprata dai lazzaristi a Nanyang, come base, trattandosi di una città importante, con cristiani di vecchia data nei dintorni. Ma quel possesso è oggetto di contesa e quando arriva Volonteri trova la casa occupata da altri. Egli ricorre alle autorità locali e la riottiene, ma poco dopo la cricca del posto se ne impossessa di nuovo. Allora pensa di rivolgersi a Pechino e al ministro di Francia; a questo fa riferimento M. chiedendo l’appoggio di Propaganda. La questione si protrae a lungo e Volonteri corre invano da un’autorità all’altra: la ragione è che la faccenda mette in gioco i contrasti tra poteri cinesi e stranieri. E ciò per anni. Solo nel 1878 il ministro di Francia ottiene dal governo di Pechino ordini per i mandarini di Nanyang di dare ai cristiani un edificio per mettersi al sicuro dai briganti nel tempo della carestia. Questi mandarini però vogliono concedere solo qualche stanza d’una pagoda. Per finirla, Volonteri compra una nuova casa, che dovrà tuttavia ancora difendere dai “letterati” avversari e riuscirà ad avere in sicuro possesso solo nel ’79 (TRAGELLA, II, pp. 409-412, pp. 429-430). 3 La situazione disastrosa del Bengala centrale per la salute dei missionari e la necessità d’un luogo adatto per rimettersi in forze sono un ritornello ricorrente nelle lettere di M., come già s’è detto (v. Lettera 108). Ma il Direttore non si stanca di seguire ogni vicenda e metterne al corrente Propaganda per consigli ed eventuali interventi. 339 Quella Missione mi va distruggendo forze, salute, vite di Missionari e converrà che nel prossimo autunno io veda di inviare qualche rinforzo a soccorrere i combattenti. Voglio sperare che nello Shillong si trovi una stazione più salubre, che serva almeno nella stagione più calda a riparo dei sofferenti. Raccomando all’E. V. caldamente questa Missione, dove, grazie a Dio, si lavora assai per le anime. Le bacio con riverenza ed affetto il lembo della Sacra porpora, e mi onoro di dirmi Dell’Eminenza Vostra Reverendissima U.mo e D.mo Servo P.te Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni 340 129. A MONS. SIMEONE VOLONTERI 5 aprile 1873 consacrare missionari e missione al s. Cuore di Gesù Milano il 5 Apr. 1873 Amatissimo e Degnissimo Sig. Provicario1 Scrivo solo due righe perché sono sofferente in salute: spero però sia breve cosa. Io desidero che Ella (come tutti gli altri Superiori delle nostre Missioni) consacrino se stessi, i loro colleghi, la loro Missione al Sacro Cuore di Gesù nel giorno stesso in cui se ne celebrerà la festa il Venerdì dopo l’Ottava del Corpus Domini, e se l’hanno In AGPIME 17,3, p. 89. Un evento da sottolineare questa consacrazione al Cuore di Gesù da parte di tutto l’Istituto, a San Calocero e nelle cinque missioni. M. ne scrive non solo a Volonteri ma a tutti i Superiori di missione, e l’atto viene compiuto pure nel santuario mariano di San Calocero nella festa del Sacro Cuore, il 20 giugno 1873. Qui interviene l’arcivescovo di Milano Paolo Angelo Ballerini (1814-1897) che espone il Santissimo, mentre Scurati tiene il discorso di circostanza e M. legge l’atto di consacrazione dell’Istituto e delle sue missioni al Cuore di Gesù, probabilmente composto da lui. Recitato a nome di tutti i membri “riuniti in un solo cuore e in un’anima sola”, l’atto dice tra l’altro: “Benedite questo minimo Istituto, sacro unicamente alle vostre glorie, accendete nei cuori dei missionari quel fuoco divino che portaste sulla terra, infondete virtù nella loro parole, addolcitene le sofferenze, sostenetene il coraggio, fecondatene i sudori, moltiplicatene le pacifiche conquiste, e concedete loro la soavissima consolazione di affrettare il bel giorno in cui tutti i popoli, vinti dalla vostra ineffabile dolcezza, trafitti dalle saette potentissime della vostra carità, cadano prostrati davanti a Voi, e si accolgano in un solo ovile sotto d’un solo Pastore” (“Le Missioni Cattoliche”, Anno 1873, p. 309). E termina con un’invocazione alla Madonna. Interessante osservare che M. trae da questa consacrazione un conforto anche corporale, essendo appena uscito da un’ennesima malattia. 1 341 già fatta, la rinnovino, così in quel giorno ci troveremo tutti uniti come ostia d’amore a quel Cuore divino che tanto ci ha amati. Suo Aff.mo in Cristo P.te Giuseppe Marinoni 342 130. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 15 agosto 1873 Volonteri vicario apostolico e lista di partenti Milano, Festa dell’Assunzione di Maria SS. 1873 Eminenza Reverendissima1 Ho ricevuto le Bolle Apostoliche per Mgr. Volonteri, che manderò col prossimo corriere ordinario alla propria destinazione. Io non ho parole per rendere le grazie condegne all’Eminenza Vostra e alla S. C. di Propaganda per questo attestato di fiducia dato al nostro minimo Istituto nella persona di un suo allievo, e prego l’Eminenza Vostra a umiliare ai piedi di sua Santità, che si degnò confermare l’elezione ed elevare alla dignità Vescovile questo nostro carissimo Confratello, l’espressione della più sentita nostra riconoscenza. Si compiaccia il clementissimo Iddio di colmare l’eletto dei suoi doni, e farne un operaio incondibile, uno strumento idoneo ai suoi misericordiosi disegni. 1 In AME 06, pp. 1251-1253. La Bolla di Roma che nomina Volonteri vicario apostolico del Honan e vescovo di Paleopoli porta la data del 22 luglio 1873. Propaganda ha dunque accolto il giudizio altamente positivo sul provicario dato da M. (Lettera 128), che, mentre ringrazia, sollecita l’invio dei libri che è tradizione regalare ai novelli vescovi bisognosi. Annuncia poi la partenza di quattro missionari: Anelli (1850-1924), Adrasti (1848-1925, tornato in diocesi di Milano nel 1884), Luppi (1844-1919, uscito nel ’79), Carlino (18521897), e due laici catechisti: Frangi (1852-1875) e Omati (non risulta la data di nascita e di morte, ma sappiamo che è entrato nel 1873 e uscito nel 1882), chiedendo se non si possa rilasciare a quest’ultimi una pagella di destinazione in premio del loro sacrificio. Pur non mettendo i catechisti a livello dei missionari secondo le concezioni del tempo, M. desidera che sia riconosciuta la loro dedizione all’opera delle missioni. Di tutti i sei partenti è lieto di dare una buona testimonianza. 343 Vorrei pregare l’Eminenza Vostra di accordare a Mgr. Volonteri un Canone, un Pontificale e quegli altri libri che si sogliano concedere ai Vescovi bisognosi. Verso la metà del venturo Settembre, così piacendo a Dio, noi invieremo nel Ho-nan un Missionario, di cui le parlerò qui sotto, e questa sarà opportunissima occasione per trasmettere a Mgr. Volonteri i libri su menzionati. Perciò mi raccomanderei che fossero subito benignamente impartiti gli ordini alla Tipografia di Propaganda di inviare a Milano al sottoscritto ciò che la bontà dell’Eminenza Vostra e del S. Padre vorrà favorire a Mgr. Volonteri. Devo poi prevenire l’Eminenza Vostra che per appagare le vive istanze che mi vengono dalle Missioni nel mese venturo dovrebbero partire quattro Missionari, con due laici catechisti, cioè: 1°. Il Rev.do D. Emilio Anelli, Sacerdote Milanese, per il Honan 2°. Il Rev.do D. Fedele Adrasti, Sacerdote esso pure di Milano, per Toungoo col catechista Martino Frangi 3°. Il Rev.do D. Francesco Luppi, Sacerdote Modenese e 4°. Il Rev.do Pietro Carlino d’Ivrea, che sarà ordinato Suddiacono nelle prossime Tempora di Settembre, ad Hyderabad. Insieme con essi partirà il Catechista laico Giovanni Omati. Tutti questi ecclesiastici sia per costumatezza, sia per soda pietà, sia per attitudine all’esercizio del Sacro Ministero danno a sperare con fondamento un ottimo successo, e perciò io domando la pagella di Missionario Apostolico per tre Sacerdoti, e la destinazione del Rev. Carlino a servizio della Missione di Hyderabad. Se anche i due laici venissero graziati di una pagella di destinazione, l’uno per la Birmania Orientale, l’altro per Hyderabad, questa pagella potrebbe loro giovare assaissimo, e premierebbe il generoso sacrificio ch’essi fanno di sé all’opera Ss.ma delle Missioni. Pregherei infine l’Eminenza Vostra di volermi favorire per questo Seminario di S. Calocero la Storia del Concilio Vaticano, che Sua Santità suole donare ai Vescovi unendola a quella copia che sarà, io spero, donata a Mgr. Volonteri. 344 Prostrato al bacio della Sacra porpora godo protestarmi con vera e viva riverenza ed affezione Dell’Eminenza Vostra R.ma U.mo e D.mo Servo P.te Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni 345 131. A MONS. SIMEONE VOLONTERI 23 agosto 1873 disordini nel Honan preparare la consacrazione episcopale Milano il 23 Agosto 1873 Ill.mo e R.mo Monsignore1 L’altro ieri giungeva da Hong Kong D. Timoleone Raimondi e ci portava notizie affliggenti sullo stato delle cose in codesta Provincia del Ho-nan. Sia fatta la santissima volontà di Dio, che mortificat et vivificat, deducit ad inferos e reducit [fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire, 1 Sam 2,6]. Si ricordi che i Missionari di S. Calocero all’atto della loro partenza dicono di tutto cuore al Signore: Beato quel giorno in cui mi sarà dato di soffrir molto per una causa sì pietosa, e più beato quello in cui mi fosse concesso di dar per essa il sangue e la vita. Ella con i suoi bravi colleghi calca un terreno già bagnato dal sangue dei martiri di Gesù Cristo: invochi da essi la fortezza necessaria in 1 In AGPIME 17,3, p. 99-100. Le tristi notizie sulla situazione nel Honan portate da Raimondi sono una realtà, ma Volonteri ripete spesso nelle sue lettere che il popolo del Honan è di sua natura pacifico e i tentativi dei mandarini di suscitare torbidi e violenze hanno solo un effetto passeggero e non producono danni come in altre province. Da parte loro “i missionari e i cristiani tacciono, fuggono e soffrono, aspettando circostanze migliori, quindi vien tolto ogni pretesto od occasione al popolo d’inasprirsi contro di noi”, così scrive in una lettera del 15 dicembre 1873 (AME 23, p. 241). Comunque M. incoraggia e rivolge l’attenzione a preparare la consacrazione episcopale del vicario apostolico, esprimendo il parere che si faccia ad Hong Kong, come desiderano i missionari di quella missione. Volonteri li ringrazia, ma sceglie di farsi consacrare dal vicario apostolico del Hupeh, mons. Eustachio Zanoli, francescano, a Hankow, ciò che avverrà il 22 febbraio 1874 (sui particolari, LOZZA, pp. 82-84). 346 ogni evento per sé e per i nostri amatissimi confratelli. Ma considerando che, percosso il pastore si disperdono le pecorelle, speriamo che il clementissimo Iddio voglia calmar la tempesta, e accontentarsi, come nel sacrificio di Abramo, del buon volere dei suoi servi fedeli. Intanto conviene pensare alla sua consacrazione. Mgr Raimondi mi dice che i Missionari di Hong Kong lo vogliono colà, e mi parrebbe per verità luogo molto opportuno: tanto più che ella apparteneva prima a quella Missione. Speriamo che arrivi in tempo anche il Missionario D. Emilio Anelli, che partirà da Venezia il prossimo 19 settembre, o il 20 da Ancona, se così piacerà a Dio. Troverà qui unite le Bolle Apostoliche di sua promozione al Vescovado di Paleopoli in partibus infidelium, e al Vicariato Apostolico del Ho-nan con le relative facoltà. Mi favorirà di rilasciarmene formale ricevuta, una per me, una per Propaganda. Spero avrà ricevuto per mezzo del P. Vaudagna il danaro che le abbiamo mandato in cambiale duplicata. D. Giuseppe Negri le ha donato una magnifica Croce con le effigie scolpite di Maria SS., dei SS. Ambrogio e Carlo, e di S. Francesco Saverio: più un anello con una magnifica ametista. Il P. Taglioretti ebbe pure in dono una Croce d’oro che apparteneva al venerando Mgr. Turri e ha raccolto quanto basta per il suo Pastorale. Intanto D. Davanzo sta preparando tutte le provviste che non sono poco: due paramenti in terzo, ecc; ecc; Vorrei scrivere ai nostri carissimii Scarella, Ungaro, Cicalese, Cattaneo, ma non so se arriverò in tempo. Mi ricordi al santo altare e mi creda Suo Aff.mo in Domino P.te Giuseppe Marinoni A D. Gabriele, che mi ha scritto da Pechino notizie piuttosto consolanti, rispondo colà. Scrivo anche a Mgr. De La Place ringraziandolo e pregandolo a perorare la causa del Ho-nan. 347 132. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 29 gennaio 1874 provvedere alla missione del Bengala Centrale dato il clima micidiale Milano il 29 Gennaio 1874 Eminenza Reverendissima1 Ricorro con ossequiosa fiducia alla saviezza dell’Eminenza Vostra e della S. Congregazione per ottenere un provvedimento di somma necessità per la nostra Missione del Bengala Centrale. La S. Congregazione non ignora quante volte il sottoscritto fece presente il bisogno estremo di avere un luogo salubre per quella Missione che letteralmente divora i suoi abitatori e cultori. Abbiamo chiesto Darjeeling, ci fu fatto sperare, e poi le speranze svanirono; abbiamo chiesto Hazareebagh, ci fu data la quasi certezza di averlo e poi fu dato ad altri. Intanto i Missionari 1 In AME 06, pp. 1263-1265. In cerca da sempre di un luogo salubre per i missionari del Bengala Centrale (v. Lettere 128 e 108) senza riuscire ad ottenerlo, M. fa sua l’idea del prefetto apostolico di quella missione, Antonio Marietti, di prendere la missione di Dacca (nel Bengala orientale) rimasta vacante, lasciando un buon numero di distretti e ritenendo solo quelli vicini ad essa, e ne informa Propaganda adducendo altre ragioni a favore della proposta. Ma la cosa non si rivela semplice. I benedettini inglesi non sono indifferenti a Dacca bensì la chiedono e l’ottengono da Propaganda, nonostante gli sforzi di M. di averla per Marietti. Circa Shillong c’è controversia a quale regione appartenga: all’Assam e quindi al Bengala centrale come sostiene M. con Marietti sulla base di una carta geografica, o a Dacca cui è stato attribuito e quindi di spettanza ai benedettini che lo reclamano? Ma forse M. dimentica che non sempre i confini politici combaciano con quelli ecclesiastici. Di fatto non se ne farà nulla per il momento, e quando molto più tardi (1889) l’Assam viene eretto a prefettura apostolica, è affidato ai padri salvatoriani, non avendo San Calocero che pochi missionari a disposizione. 348 s’ammalano e muoiono. Morì Parietti, morì Limana, morì Brioschi, morì Bersani; per malattia si ritirarono De Conti, Curti, Longa; nel Novembre scorso ci giunse a casa D. Antonio Giuliani stremato da una dissenteria a sangue che lo tormenta da un anno e per cui sta ancora in pericolo della vita. Ora D. G. Broy chiede di rimpatriare. Non parlo delle Suore, varie delle quali morirono, altre ritornarono, altre sono inferme. Io non so più che ben fare. Ed ecco che mentre sto considerando se vi è qualche rimedio, mi giunge lettera di D. Antonio Marietti, Prefetto Apostolico di quella Missione (anch’esso costretto pochi anni fa a ricorrere per salute all’aria nativa), in cui mi dice che, avendo inteso essere vacante la Missione di Dacca, egli e tutti i suoi confratelli sarebbero del parere che la chiedessi per S. Calocero, e suggerisce una nuova circoscrizione di territorio, ben inteso allo scopo di non estendere le nostre pertinenze in modo che soverchi le nostre forze. Ho fatto subito redigere dall’ottimo nostro D. Giacomo Scurati una carta che indichi esattamente quali provincie o distretti si potrebbero staccare dalla nostra Missione e cedere ad altri che le accetterebbero volentieri, e quali si dovrebbero a noi congiungere. Il Bengala Centrale rinunzierebbe ai Distretti di Raishaj, Bogra, Malda, Dinagpore, Rungpore, Cooch-Behar, Bootan; si potrebbe anche rinunziare a Berhampore e Moorshedabad desiderato dalla vicina Missione di Calcutta, e invece si unirebbero i distretti di Dacca. Così sarebbe finita anche la questione del Shillet e del Shillong, della quale parlerò più avanti. La S. Congregazione rifletterà che la Missione di Dacca è esclusivamente composta di Cristiani nativi, i quali parlano il Bengalese come nella nostra Missione, e perciò i nostri Missionari, le nostre Suore, i nostri Catechisti sono opportunissimi, né hanno da faticare ad apprendere nuove lingue per evangelizzare quelle popolazioni. Ci si chiederà se io ho soggetti da mandarvi: S. Calocero al momento ha quattro alunni soli, ma spera di poter combinare (ed è già in trattative) con altro Istituto per ottenere una serie non interrotta di chierici Studenti di Teologia per la grand’opera dell’Apostolato. Sarebbe cosa dolorosissima e nociva al maggior successo, se ci dovessimo poi spargere altrove per 349 mancanza di lavoro nelle nostre Missioni, mentre questa unione servirebbe d’incoraggiamento a moltiplicar gli operai. Per i RR. PP. Benedettini riesce del tutto indifferente che la Missione sia piuttosto in un luogo che in un altro, non avendo ancora messe radici in quei luoghi, ma per noi è una questione di somma importanza. Perciò se alla S. Congregazione preme di salvare le forze e la vita ai Missionari di S. Calocero, se trova ragionevole di affidare la Missione di Dacca a chi già perfettamente conosce lingua, costumi, superstizioni etc. di quei popoli, se, come più volte l’Eminenza Vostra per sua bontà ce lo fece conoscere, tiene a cuore che questo Seminario sorto sotto i suoi auspici abbia a raggiungere per mezzo dei suoi conforti lo scopo pietoso a cui mira, veda di esaudire l’umile supplica che io con i miei colleghi di qui e delle Indie Le porgo. Sappia che il Rev.mo Mons. Barbero Vicario Apostolico di Hyderabad spaventato dalla continua moria del Bengala, in un’espansione affettuosa del suo cuore mi scriveva non molto tempo fa se non fosse il caso di ritirare ad Hyderabad, dove stanno sani, tutti i nostri Missionari, ed abbandonare una terra, che li consuma e distrugge. Questo io vorrei sperare che non avverrà mai. Si continui, si soffra, ma la S. Congregazione ci aiuti. Quanto al Shillong io mando una carta, dove l’Eminenza Vostra Rev.ma potrà vedere che a torto quel paese è stato attribuito alla Missione di Dacca, mentre si trova nell’Assam (Provincia di Cossya e Tinthiem -?-) dato interamente al Bengala Centrale col Decreto della Sacra Congregazione. Mi permetta di baciarle il lembo della S. Porpora e di raccomandarle di nuovo caldamente questa cosa pregando la bontà di Sua Beatitudine che voglia darci una speciale benedizione la quale rinnovi il Crescite et multiplicamini [Crescete e moltiplicatevi, Gn 1,22] non per noi, ma per i poveri infedeli che chiedono pane et non erat qui frangeret eis [e non c’era chi lo spezzasse loro, Lam 4,4]. Mi professo con profonda riverenza Dell’Eminenza Vostra Rev.ma Um.mo e Dev.mo Servo 350 133. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 11 febbraio 1875 permesso di ordinare 8 alunni “titulo Missionis” Milano il giorno 11 Feb. 1875 Degnissimo Prefetto della S. C. di Propaganda1 Eminenza R.ma Le rendo vive grazie della bontà con cui ha accolto l’ossequiosa mia istanza del 21 Dicembre scorso e della premura che si è dato di sciogliere le difficoltà concernenti la promozione ai Sacri Ordini dei nostri alunni Attardi e Mellano. Quanto al primo attenderò la risposta del R.mo Mgr. Vescovo di Costantina, ond’è inutile il ritardo, perché ho bisogno di sottoporre a più matura prova un soggetto che è stato prima religioso Domenicano, poi seminarista in Africa, poi novizio Certosino, poi aspirante alle Estere Missioni. Quanto al secondo, valendomi delle istruzioni stampate mandatemi dalla Eminenza Vostra e dal Rescritto Pon- 1 In AME 06, pp. 1325-1327. M. ricorda al prefetto di Propaganda, ora Alessandro Franchi (dal 10 marzo 1874 al 5 marzo ’78), che da quando San Calocero ha deciso di accogliere non solo alunni sacerdoti o vicini al sacerdozio, ma anche studenti per la teologia (il seminario teologico fu inaugurato il 9 settembre 1870, ma già prima M. riceveva aspiranti che non avevano fatto teologia) si era chiesto ed ottenuto da Propaganda un Rescritto in data 13 giugno 1869, che concedeva al Direttore di promuovere agli ordini maggiori otto candidati “titulo missionis”, dopo un giuramento di servizio alle missioni. Adesso M. ringrazia di aver ricevuto le istruzioni stampate da lui chieste, perché col Rescritto menzionato sono servite per presentare all’arcivescovo il candidato al sacerdozio Giovanni Battista Mellano (1852-1908). Quanto al chierico Attardi, ha bisogno ancora di un periodo di prova. 351 tificio, in cui per mezzo di codesta S. C. di Propaganda mi si concede di poter presentare alle sacre ordinazioni otto alunni titulo Missionis, mi presentai ieri a S. E. R.ma Mgr. Arcivescovo nostro, e si è concluso che non occorre altro, fuorché di attenerci conscienziosamente alle savissime norme ivi proposte. Finora non si era presentato il bisogno, perché avevo sempre ottenuto dai Vescovi, alle cui Diocesi appartenevano i singoli alunni ordinandi, le richieste dimissorie, premendomi che non fossero definitivamente staccati dal loro clero diocesano, affinché nel caso che non potessero prestarsi per le nostre missioni, a motivo di malattia o d’altro, potessero ritrovare in patria un congruo collocamento. Ora però che per la scarsezza dei sacerdoti dedicati alle missioni, abbiamo accolto in questa casa un certo numero di Chierici Studenti di teologia, diveniva assolutamente necessaria la facoltà graziosamente accordataci il 13 giugno 1869 di poter presentare ai sacri ordini gli alunni da noi stessi formati, ciò che da principio non avevamo avvertito per la ragione che non si accettavano se non Sacerdoti, o prossimi al Sacerdozio, e di pieno accordo con i loro R.mi Ordinari. Io pertanto, ringrazio di cuore l’Eminenza Vostra di avermi mandato le dette istruzioni stampate, che hanno servito a chiarire a Mgr. Arcivescovo che non occorre altra facoltà che l’Indulto Pontificio a noi benignamente accordato per un certo numero di casi. Quanto alle nostre regole2 mi darò premura di mandarle all’Eminenza Vostra R.ma quanto prima, con le modifiche, che l’esperienza di quasi venticinque anni, da che questa casa di missionari sussiste, ci ha suggerite, e ciò in ossequio ancora a quanto l’E.mo Card. Fransoni di Santa memoria, scriveva il 16 gennaio 1851 all’Arcivescovo di Milano: non è che savissima la determinazione di maturare con la pratica e lunga esperienza di vari anni 2 Dopo la “Proposta” formulata per la fondazione, il Seminario Lombardo per le M. E. non s’era preoccupato di redigere altre regole, seguendo anche il consiglio di Propaganda, che invitava ad attendere la maturazione che sarebbe venuta dalla pratica e dell’esperienza. Ora M. è intenzionato a mettersi con premura al lavoro di revisione, ma la nuova e prima “Regola dell’Istituto Lombardo per le Estere Missioni” uscirà solo nel 1886, come si vedrà. 352 il più adatto regolamento, che poi ad ogni loro richiesta riporterà la suprema sanzione della S. Sede. Questo è appunto ciò che riverentemente richiederemo appena avremo compiuto il lavoro, a cui stiamo attendendo, sull’esempio pure del Seminario delle Missioni Estere di Parigi. Prostrato al bacio della Sacra Porpora, mi onoro di segnarmi con la massima venerazione Dell’Eminenza Vostra R.ma U.mo e D.mo Servo Sacerdote Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario dell’Estere Missioni 353 134. A P. ANGELO TAGLIORETTI 23 giugno 1875 confida alcune prove nel governo dell’Istituto Milano il 23 Giugno 1875 Carissimo e Degnissimo P. Taglioretti1 Ti ringrazio di avermi comunicato la lettera del tuo ottimo nipote Mgr. Volonteri, che amo e venero, che io stesso proposi senza pressione di alcuno all’insigne dignità di cui è rivestito, e che non ho mai cessato di amare e di stimare. Non saprei proprio spiegare in verun modo quelle parole che gli furono scritte, né saprei chi possa averle provocate. Altro è esprimere diversità di giudizi su questo o quel punto di amministrazione, lasciando però a Mgr. Volonteri che è sul posto e perciò più in grado di ogni altro di veder ciò che torna più opportuno al bene della Missione; altro è disgustarsi, rompere il dolcissimo vincolo che ci congiunge, non voler più aver relazione che di preghiere. Quelle parole furono scritte senza testa, senza senso, senza conoscere il gravissimo significato. Quanto ai soggetti Dio voglia che si possano trovare, ma chi per debolezza di salute, chi per mancanza 1 In AGPIME 17,3, p. 141. Parole amare le prime di questa lettera; niente disgusta M. più dei giudizi offensivi, che rompono l’unione e la carità. Confida poi al carissimo e degnissimo Taglioretti la sua pena per la mancanza di soggetti con cui rispondere alle richieste dalle missioni, e per la difficoltà di far fronte alle spese per il primo corso di teologia introdotto quest’anno. Ritorna alla fine su Volonteri: il pensiero che questi possa credere che si sia malcontenti di lui, mentre c’è a San Calocero tanto ammirazione per lui e i suoi missionari, non gli dà pace e vuole che gli si scriva subito per dissipare ogni eventuale nube. Per M., così premuroso e sensibile, questi sono pesi che lo mettono alla prova, e tuttavia non lo bloccano: “Ma tu non hai tempo da perdere ed io mi dico subito”. 354 di attitudine, chi per una ragione, chi per un’altra presentano difficoltà ed io non so come potrò appagare i giustissimi desideri di Mgr. Volonteri, di Mgr. Barbero, di D. E. Biffi che chiedono insistentemente soggetti. Ho aperto il Seminario quest’anno anche a teologi del 1° corso, la spesa è gravosa assai, perché bisogna nutrirli, vestirli, provvederli di ogni cosa per tutto l’anno in tempi di costi tanto elevati. Qualche volta non dormo e chiedo a me stesso se posso in coscienza continuare in ciò che ho cominciato, e se proseguo lo faccio unicamente con la fiducia nella Provvidenza per il bene delle missioni, e poi mi tocca sentire che voglio far divorzio da quelli che formano il mio gaudio, la mia corona e insieme l’oggetto continuo delle mie cure, delle angustie giorno e notte? Il Signore nella sua saviezza e bontà pone anche questo per meglio esercitarci, e per raddoppiarci la gioia quando arriviamo ad intenderci e a riconoscere nei fatti che siamo un solo cuore, un’anima sola. Del resto non dubitare che faremo tutto ciò che si potrà. Non sono molti giorni che io dissi a D. Davanzo: a quel che mi pare Mgr. Volonteri sembra che ci creda malcontenti di lui: mancherebbe solamente questo che, mentre egli e i suoi compagni ci mettono la pelle per amor di Dio, noi fossimo disgustati! Così testualmente, e lo impegnai a scrivere col primo invio postale per togliere ogni malumore. Ora poi capisco da dove veniva il malessere. Ma tu non hai tempo da perdere ed io mi dico subito Tutto Tuo in Domino Sac. Giuseppe Marinoni. P. S. Se credi, porgi i miei più affettuosi ossequi all’ottimo Mgr. Vescovo. 355 135. DOCUMENTO DI MARINONI 22 luglio 1875 la cappella della Grugana può conservare il Santissimo1 A. M. D. G. Grugana. Festa di S. Maria Maddalena dell’anno di N. S. G. C. 1875 Il sottoscritto munito della delega dell’Ill.mo e R.mo Mgr. Francesco Maria Rossi, Vicario Generale della Diocesi di Milano, accordatogli con lettera del 17 corrente Luglio, ha visitato diligentemente la Cappella esistente nella villa detta la Grugana dal lato di Levante e riconobbe che, sia per la situazione del tutto disimpegnata e libera da ogni passaggio, sia per non aver alcun piano superiore, sia per la decenza dell’altare ivi eretto, degli ornati e dei sacri arredi, la detta Cappella offriva tutte le condizioni richieste dai Sacri Riti perché potesse essere addetta al Divin Culto, vi si potesse conservare il SS. Sacramento, e fruire 1 In AME 06, pp. 1347-1348. Villa Grugana, poco lontana dal santuario della Madonna del Bosco (Imbersago, LC), è una eredità lasciata dai nobili Vincenzo e Laura Cavalli, defunti il primo nel febbraio del 1873 e la sorella, Donna Laura, nel marzo del 1874. Interessante ricordare che M. li incontra in treno, un giorno d’autunno del 1872 in cui è in cerca di un luogo stabile per la “villeggiatura” dei figli di San Calocero, e discorrendo con loro del motivo del suo viaggio, riceve l’offerta della loro casa che subito va con essi a visitare. Così la piccola comunità di aspiranti caloceriani già nell’estate del ’74 vi può soggiornare e l’anno seguente M. colloca il Santissimo nella cappella esistente, durante una Messa di suffragio per i generosi benefattori. È la prima casa dell’Istituto fuori Milano, che ha reso molti servizi e ancor oggi esiste rinnovata e ampliata, particolarmente cara perché nel terreno annesso ospita il cimitero dove sono sepolti tanti missionari e sono scritti i nomi di tutti i membri defunti dell’Istituto. 356 di tutti i privilegi competenti alle Comunità Religiose. Dopo aver pertanto fatto sentire agli alunni del Seminario delle Estere Missioni l’inestimabile favore, che la bontà di Dio era per largire loro col degnarsi di eleggere la sua dimora in mezzo a loro, e di abitare sotto un medesimo tetto con essi e per essi, passò a benedirla, e il giorno appresso, celebrato prima in comune l’Officio di suffragio per i benemeriti testatori, che lasciarono a noi questa villa, nella S. Messa, dopo aver comunicati gli alunni, ripose la Sacra Pisside nel Ciborio apposito, e così appagò i voti comuni; di ciò sia gloria e ringraziamento perenne al Cuore amatissimo di Gesù, che ci rinnova la letizia di quel: Verbum caro factum est et habitavit in nobis [il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi, Gv 1,18]. Sacerdote Giuseppe Marinoni Rettore del Seminario delle Estere Missioni 357 136. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 21 novembre 1875 invio di missionari, religiose, catechisti Milano, il 21 di 9bre, 1875 Eminenza!1 ho ricevuto il Suo biglietto, recatomi dal Sig. Raimondo Campo, ed io essendo ammalato, né conoscendo le persone a cui si riferiva, ho dato al medesimo Sig. Raimondo quel migliore indirizzo che ho potuto, e spero con buon esito. Nella seconda metà del prossimo gennaio farò un invio di missionari, religiose e catechisti alle Missioni di Hyderabad, Birmania orientale, Hong Kong e Ho-nan in Cina, così ripartendoli: Il R. Sacerdote Marino Tommaseo della diocesi di Venezia, con tre Suore di S. Anna di Torino ad Hyderabad; il R. Sacerdote Andrea Celanzi della Diocesi di Fermo, col catechista laico Sig. Francesco Gorla, della diocesi di Milano, alla Birmania orientale; tre religiose Canossiane alla Missione di Hong Kong; e i due Missionari 1 In AME 06, pp. 1357-1358. San Calocero attraversa fasi alterne in fatto di soggetti: ora è in secca, ora ne ha, non diciamo a sufficienza, ma almeno quanto basta per far fronte ai bisogni più urgenti. M. in questa lettera è contento di comunicare al prefetto di Propaganda nomi e destinazioni dei prossimi partenti; i sacerdoti Tommaseo (1846-1917, ritornato in diocesi di Venezia nel 1886), Celanzi (1849-1934) e Genini (1850-1925), il suddiacono Mellano (1852-1908); e il catechista Gorla (uscito nel 1884). E, come altre volte, M. chiede a Propaganda che al catechista sia data una “pagella di destinazione”, corrispondente in certo modo alla “Pagella” di missionari apostolici rilasciata ai sacerdoti, che lo qualifichi ufficialmente, servendo come carta di presentazione e testimonianza della dedizione alla causa missionaria. Un’altra richiesta ricorrente, già spesso da noi segnalata, è quella che riguarda la concessione di un luogo salubre per i missionari del Bengala malati o bisognosi di riposo, e M. pensa ancora alle colline del Shillong (v. Lettera 133). 358 Sacerdote Virgilio Genini e R. Giovanni Battista Giuseppe Mellano, Suddiacono dal 18 di Settembre di quest’anno 1875, che verrà ordinato Diacono alle prossime tempora di Natale, in Honan nella Cina. Per tal ragione prego da Lei, Eminenza, che mi voglia accordare le patenti di Missionario Apostolico ai RR. Sac. Marino Tommaseo, Andrea Celanzi, Virgilio Genini e Giambattista Mellano, secondo la nota che qui unisco; dare un foglio che attesti, anche solo in lingua italiana, che il laico Sig. Francesco Gorla è addetto alla Missione della Birmania Orientale in qualità di Catechista; e impetrare per tutti i membri della spedizione: Missionari, religiosi e catechista una particolare benedizione del Santo Padre. Non solendo mandare in Missione giovani non ancora ordinati Sacerdoti, considerato che il R. Giambattista Mellano ha compiuti i 24 anni fin dal passato aprile, che nel lungo viaggio in Honan, dovendosi dopo Aden ed il Ceilan trovare con un solo compagno Sacerdote, può appena arrivato in Missione adoperarsi subito per la Missione, senza spendere tempo per se stesso, invoco la grazia di poterlo far ordinare extra tempora in alcuna delle feste del principio d’anno. Devo inoltre annunziarle il ritorno dalla Missione del Bengala Centrale del Missionario D. Giuseppe Galesi, il quale ha dovuto fermarsi precariamente in Alessandria d’Egitto impedito di continuare il viaggio dalle febbri stesse riportate nel Bengala che lo obbligarono a ritornare in patria, con licenza del suo Superiore, il R.mo D. Antonio Marietti, Prefetto Apostolico. I Missionari di colà, i catechisti e le Suore, poco più, poco meno, sono continuamente obbligati a pagare un triste tributo all’insalubrità del clima; e l’Eminenza Vostra e la Sacra Congregazione mi vorranno perdonare dopo tante e tante prove che costarono a quella missione più sacrifici assai che tutte le altre 4 nostre missioni, se io rinnovo la preghiera che ci siano concesse le colline del Shillong capoluogo dell’Assam, assegnato alla nostra Missione. Posso assicurare l’Eminenza Vostra che gli alunni suddetti, destinati alle menzionate Missioni, sia per la pietà, sia per la costumatezza, sia per la scienza competente, sono stati da noi giudicati idonei al sublime scopo, cui sono destinati. 359 137. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 5 maggio 1876 questione di chiese pubbliche dei religiosi ad Hong Kong Milano 5 Maggio 1876 Eminenza Reverendissima1 Ricorro con viva fiducia alla sua alta saviezza e bontà per un favore che interessa grandemente il bene della Missione di Hong Kong. Mons. Raimondi, Vicario Apostolico di quell’isola, mi scrive in data 22 Marzo scorso manifestandomi le sue gravi inquietudini sulla istanza fatta all’Eminenza Vostra R.ma dagli ottimi Padri Domenicani di Manila, perché conforme a un generale privilegio del loro Ordine anche la Cappella della Procura che tengono in Hong Kong sia dichiarata Oratorio Pubblico, vi si possa adempiere nei giorni festivi il precetto della S. Messa, vi si possano celebrare le funzioni della Confraternita del S. Rosario per Terziari Domenicani etc. Una tal domanda, che a prima vista si presenta ragionevolissima, conducente all’edificazione dei fedeli, opportunissima a soddisfare la comune pietà, ove sia esaminata più maturamente e nelle sue pratiche conseguenze (specialmente in Missione, e in un perimetro così limitato qual è quello di Vittoria, Capoluogo di Hong Kong) verrebbe a portare gli stessi inconvenienti che arreca la divisione in varie sezioni di una piccola Parrocchia. 1 In AME 07, pp. 31-33. La questione sul tappeto riguardante la missione di Hong Kong è delicata, M. lo sa e adduce le possibili giustificazioni a favore della richiesta dei domenicani, ma sono assai di più e di maggior peso le ragioni che porta a sostegno della sua posizione. Non si tratta di accontentare mons. Raimondi, ma di considerare tutti gli aspetti del problema, dal punto di vista sia pastorale che dei missionari e dell’Istituto. 360 La Cappella dei Domenicani si trova in sito centrale, i Cattolici sono 4000 circa, in buona parte preferirebbero Spagnuoli e Portoghesi ad italiani: il ministero dei nostri Missionari si ridurrebbe ad assistere un assai minor numero di soggetti. La S. C. di Propaganda ha sempre protetto per regola generale con singolare vigilanza e predilezione nelle Missioni l’unità di azione, sia perché l’ordine e la disciplina ne guadagnano assai, e in essa ravvisano i pagani stessi e i protestanti la forza caratteristica della S. Chiesa Cattolica in mezzo alle continue variazioni e dissidi dei seguaci dell’errore, sia perché il Missionario che sacrifica tutto, la patria, il riposo, la sanità, la vita per la salvezza di quelle anime che il Supremo Pastore gli affida, trova un conforto soavissimo ed incessante in quel sacro legame che a lui stringe e subordina le anime stesse, ond’è che passa tra loro una vera e stabile relazione di Padri e Figli e viceversa. È questo che mi faceva rimarcare vivamente sin dall’anno 1861 l’ottimo Mons. Dunoyer, Curato in Ginevra, quando passai da quelle parti, quanto cioè avesse servito a promuovere la dilatazione della nostra S. Fede in quella città l’unità della Parrocchia di S. Giacomo, benché poi, essendo cresciuti i fedeli oltre i 40.000, si giudicasse necessario crearne un’altra. Noti, Eminenza Rev.ma, che i Religiosi, di cui si tratta, si trovano accidentalmente in Hong Kong e solo per i giusti interessi delle loro Missioni o Comunità altrove stabilite, ma non sono colà come veri pastori d’anime. Si figuri perciò qual confusione dovrebbe nascere in Hong Kong, dove in brevissimo spazio si trovano riuniti o possono da un momento all’altro ritrovarvisi come lo desiderano, Domenicani, Agostiniani, Francescani, Lazzaristi, Sacerdoti del Seminario di Parigi, Gesuiti, etc., una volta che dai singoli Istituti si aprissero al pubblico varie Cappelle, essendo assai ragionevole che non si neghi ad alcuno di essi ciò che ad altri si concederebbe. Il povero Vescovo consacrato dall’Eminenza Vostra, vedendosi diminuito il già piccolo suo gregge allorché celebrerebbe le sacre funzioni, ripenserebbe a ciò che sta scritto nell’Ecclesiastico “in paucitate plebis ignominia principis (c.14, v.28)” [la scarsità di gente è la rovina del principe, Prv 14,28] e il suo onore cadrebbe in fine sulla Chiesa stessa e sul 361 suo culto. È per questo che l’E.mo Card. Barnabò, e prima di Lui l’E.mo Card. Fransoni, illustri antecessori dell’Eminenza Vostra R.ma, furono sempre fermi su questo punto, e il buon andamento delle Missioni rese sempre ottima testimonianza alla giustezza delle loro vedute. Io spero che l’Eminenza Vostra, di cui è vero figlio Mons. Raimondi, e a lui ella diede tante prove della Sua benevolenza, vorrà consolarlo ed esaudirne le preghiere in cosa che interessa altamente il bene non della Missione di Hong Kong, ma anche delle altre. Non si distragga il gregge già troppo piccolo da coloro che la S. C. di Propaganda ha destinati a pascerlo. I privilegi generali del benemerito ordine Domenicano non vengono lesi da un’eccezione così sensibilmente reclamata dal bene delle Missioni. L’Eminenza Vostra non avrà certo a pentirsi di aver ascoltato il Venerabile Prelato che stando sul luogo ed ammaestrato da lunga esperienza ha ricorso al suo provvido senno e al suo zelo vivissimo per il bene della nostra S. Religione. Le bacio con somma riverenza ed affetto il lembo della Sacra Porpora dicendomi Dell’Eminenza Vostra R.ma Umil.mo e Dev.mo Servo 362 138. AI COLLEGHI E AI MISSIONARI 20 settembre 1876 in difesa dell’ottimo d. Carlo Bolis Milano il 20 7bre 1876 I. M. I. Ai miei Dilettissimi e Veneratissimi Colleghi i Missionari di S. Calocero1 Il Signore ci ha messo ad una prova, la più dolorosa e la più grave che potesse darsi. Si è sollevata in S. Calocero una tempesta contro l’ottimo D. Carlo Bolis come quello che trascinasse il Superiore dove voleva egli, e non avesse riguardo al sentimento dei compagni. In un momento si dimenticarono tutti i meriti di In AME 07, p. 73. Abbiamo qui riunito due scritti: il primo è una lettera con la data e la fonte indicata, che appare interrotta dopo le parole “la proposta di” che abbiamo fatto seguire da puntini; il pezzo che segue fa parte di una lettera precedente (AME 07, p. 69, senza data, brutta copia), pure essa interrotta, ma che aggiunge alla prima altri dati importanti. Ecco in breve la questione oggetto dei due scritti. È in gioco la vendita di un terreno, comperato da San Calocero qualche anno prima, per costruire col ricavo un muro di protezione da nuovi edifici vicini e per trasferire in luogo più adatto la tipografia de Le Missioni Cattoliche, fondata nel 1872. Date le buone condizioni di vendita, si fanno i preliminari per l’acquisto e si ritira la caparra su iniziativa di M. e don Carlo Bolis (v. Lettera 23), ai quali è intestato il terreno per sfuggire alla legge d’incameramento dei possedimenti degli enti religiosi. M. ricorre anche a Propaganda per chiedere una sanatoria dell’atto di vendita, essendosi dimenticato che l’alienazione esigeva il permesso della S. Sede. Ma presto nasce il dissenso su questa azione condotta in segreto o quasi, ma che non può passare inosservata anche perché la vendita avviene un po’ alla volta per pezzi. Nel contrasto M. ricorre all’arcivescovo per spiegargli che non 1 363 un uomo che già da 25 anni presta così preziosi servizi all’Istituto con la scuola, col consiglio, col credito, con la attività ed intelligenza dell’amministrazione, con l’esempio di una vita irreprensibile, con il più nobile disinteresse, poiché dopo la morte della sua buona madre non percepì mai alcuna retribuzione, non chiese mai un sussidio a titolo di vacanza, portava fedelmente al Superiore ciò che gli si dava come professore al Liceo S. Carlo, continuò vari anni a venire a piedi da Saronno a Milano, e ritornarvi per servire alle Feste la Chiesa di S. Calocero. Si disse che non era Missionario e che dovesse attendere solo alla scuola; che rinunciasse all’intestazione degli stabili, ecc. Invano io presentai l’inconvenienza di queste pretese, il danno grave che ne sentirebbe il Seminario per le vendite necessarie a distruggere l’intestazione, la inevitabile uscita di D. Carlo da questa Casa, il credito dell’Istituto fortemente scosso, le beneficenze che sarebbero arrestate ed avviate altrove. Tutto fu inutile. Si continuò a non intendersi da una parte e dall’altra ed ora D. Carlo Bolis vuole assolutamente ritirarsi. Io non saprei esprimere il dolore che mi opprime. Se l’opposizione si fosse limitata alla disapprovazione dei modi aspri ed imperiosi, e non fosse uscita di casa, sarebbe stata ragionevole ed anche vantaggiosa; ma invece di correggere si è moralmente uccisa una persona di tanto merito e così necessaria al bene di questa casa. Si temeva di averlo per Superiore nel caso che io venissi meno; si voleva inaugurare un nuovo metodo di amministrazione; eppure la proposta di ... è più possibile ritirarsi dall’impegno, dopo i passi già fatti. Lo stesso giorno, 23 maggio, l’arcivescovo convoca gli oppositori per persuaderli ad accettare, ma vuole tener conto pure delle loro ragioni; di qui la sua lettera con la stessa data, di cui M. riporta un brano. La conclusione è che Bolis, fatto oggetto di varie accuse, lascia l’Istituto, e che quanto prima, come scrive l’arcivescovo, si dovrà compilare un regolamento con norme per la nomina del Direttore (M. resta però in ufficio a vita), il trapasso della proprietà e la loro amministrazione. I testi che riportiamo mostrano chiaramente la sofferenza di M. per tutta la vicenda, dolorosa e insieme complessa (TRAGELLA, II, pp. 222-225; BUBANI, pp. 43-44). 364 … mi portava perfino a casa la pensione che gli davano gli Oblati al Liceo di S. Carlo per la scuola di filosofia. Gli alunni più anziani possono ricordarsi per quanto tempo D. Carlo continuò a venire a piedi da Saronno a Milano il Sabato per essere a S. Calocero nel giorno festivo ripartendo pure a piedi il Lunedì con gli alunni Sacerdoti animati dal suo esempio. Si disse che non era Missionario. Si sarebbe ricorso all’Arcivescovo onde impedire il contratto, ma non si giunse in tempo essendone già firmati i preliminari con caparra, e avendo io protestato che davo le mie dimissioni se si tentava di rescindere quella obbligazione. L’Arcivescovo mi scrisse in questi termini il 23 maggio: "Il rispetto, l’amore, e la deferenza che hanno tutti i membri di codesto Seminario verso la venerata sua persona, li ha persuasi di doversi acquietare, sebbene loro malgrado, al noto contratto di vendita. Però viene posta la condizione che si debba senza ritardo compilare un regolamento per la nomina del Direttore del Seminario, per il trapasso delle proprietà, nonchè per la loro amministrazione. Resta però inteso che V. S. R.ma rimarrà in ufficio durante la sua vita che Iddio conservi lungamente. Riguardo a D. Carlo si pensò doversi limitare ogni suo ufficio alla scuola e nulla più. Rinunziasse a tutti gli stabili dei quali era intestato, perché talvolta egli si valeva della ragione di essere intestato e perciò responsabile per esigere qualche disposizione economica e simile; non prendesse più parte all’amministrazione. Con queste idee si fece ricorso all’Arcivescovo, il quale mi scrisse di sospendere la vendita sopra menzionata finché i compagni tutti dessero l’assenso: ma io non avevo più il tempo perché ne avevo già firmati i preliminari, e protestai che, se si insisteva nel voler rescissa quella scrittura, davo le mie dimissioni. L’Arcivescovo mi rispose. Per obbedire a questa ingiunzione del Superiore ci radunammo e si stabilirono, senza che D. Carlo vi prendesse la minima parte, i punti seguenti: … 365 139. A MONS. SIMEONE VOLONTERI 13 aprile 1878 offerte per calamità col contributo dei chierici Milano il 13 Apr. 1878 Eccellenza R.ma1 Con la posta d’oggi mando al R.mo P. Vaudagna il duplicato della cambiale di fr 2.931, di cui spedii il primo esemplare 15 giorni sono; vi unisco altra cambiale di fr. 2.000 e più. Quest’ultima risulterà dalle offerte raccolte in questi giorni e specialmente da fr. 1200 ricevuti or ora da Lione con la lettera del tenore seguente: Le Conseil de l’Oeuvre de la propagation de la Foi ayant reçu diverses sommes destinées aux affamés de la Chine, a affecté douze cents francs à ceux qui se trouvent dans la Mission du Honan [Il Consiglio dell’Opera della Propagazione della Fede, avendo ricevuto diverse somme destinate agli affamati della Cina, ha assegnato 200 franchi a quelli che si trovano nella missione del Honan]. Io prego V. E. R.ma a renderne grazie al Consiglio, come anche bramerei che scrivesse una lettera di ringraziamento in generale a tante persone pietose, che si mossero a compassione del Ho-nan, tra le quali meritano special menzione i Chierici Seminaristi di Monza che diedero £ 315; D. M. Mansi 1 In AGPIME 17,3, p. 193. Negli anni 1875-78 il Honan è colpito da una carestia, con conseguente pestilenza, senza precedenti. Gli scarsi raccolti, a causa della siccità, portano presto alla fame che miete milioni di vittime; i cinesi la tramandano alla storia come la fame del terzo anno dell’imperatore Quangsiu (1878). Gli articoli di mons. Volonteri e dei suoi missionari su questa calamità toccarono il cuore, e gli aiuti affluirono abbondanti. M. ricorda con piacere che anche i chierici del seminario di Monza offrono con generosità, e sollecita dal vescovo una lettera di ringraziamento “a tante persone pietose”. 366 che diede £ 200, D. M. Silva che diede £ 300 in oro, il Sig. Prevosto Rotondi che diede £ 100 ecc. Ne troverà il dettaglio nelle Missioni Cattoliche. Non può credere quanto abbiano commossi i cuori quelle relazioni sue e dei Missionari accompagnate dalle fotografie di indigeni famelici, smunti, scarni, disossati, cadaveri viventi. Possano i buoni Missionari salvar molta gente dalla morte temporale e dall’eterna. Io non riterrò che duecento o trecento lire di quanto ho in mano per il Honan, e ciò come piccola riserva per qualsiasi bisogno che sorgesse. Farei anche di più di tutto cuore, ma ho addosso il pagamento di ingenti spese immobiliari, di successione, di rogiti, per cui non posso in nessun modo dar sfogo al mio cuore. Mi benedica, mi saluti tutti codesti buoni Missionari e mi creda sempre Dell’Eccellenza Vostra R.ma U.mo e D.mo e Aff.mo Servo Sac. G. Marinoni 367 140. A MONS. TIMOLEONE RAIMONDI 11 maggio 1878 i domenicani rinuncino alla chiesa pubblica, ma restino disponibili al condono Milano 11 maggio 1878 Eccellenza R.ma1 In risposta al suo ossequioso foglio del 27 marzo scorso, col quale mi partecipa l’offerta fatta dagli ottimi Padri Domenicani di Manila di condonare il debito gravante la Procura di Propaganda in Hong Kong, a condizione però di lasciar loro aprire pubblica cappella in codesta città di Vittoria, dopo aver inteso il parere pure dei miei rispettabili colleghi, mi reco a dovere di significarle che le ragioni, le quali furono anche altre volte esposte alla S. C. di Propaganda, di negare l’assenso per l’apertura della Cappella non sono già attinte a nessun interesse materiale della nostra Missione, ma spettano interamente all’ordine mora1 In AME 07, pp. 157-159. Ritorna una questione già emersa (v. Lettera 137), ma con un’interessante variante. I domenicani di Manila richiedono ancora a mons. Raimondi che permetta loro di aprire una cappella pubblica, in cambio sono disposti a condonare il debito che la procura di Propaganda in Hong Kong ha nei loro confronti. M. mostra che si tratta di due cose diverse che non si possono barattare. I domenicani accordino il condono del debito, date le condizioni della missione cinese, senza per questo pretendere la concessione della chiesa pubblica, che implica motivazioni di tutt’altro genere inerenti al regime ecclesiastico. Si noti poi a inizio e fine lettera che M. si rivolge a mons. Raimondi col titolo di “Eccellenza”: dal 1874 questi era divenuto vescovo vicario apostolico e lo resterà fino alla morte, 27 settembre 1894. Un ventennio d’intenso lavoro e sviluppo della missione, sotto l’impulso della sua direzione, pur fra contrasti e difficoltà, segnato fin dal principio da significative novità, come il primo sinodo diocesano celebrato nel 1875, i cui Atti con alcune aggiunte fornirono una sorta di manuale per la pastorale, intitolato “Monita ad missionarios Vicariatus Hongkonensis”. 368 le, cioè al dovere di conservare inviolata la pace, la concordia, il buon procedimento del regime ecclesiastico in codesto Vicariato, al punto che vi è chi afferma esser meglio in caso estremo cedere del tutto la Missione, piuttosto che gettare improvvidamente in un campo sì limitato ed angusto la semente di inevitabili dissensi e trovarsi poi costretti un giorno o l’altro a ripetere le parole di Abramo al suo nipote: Ne quaeso sit jurgium inter me et te, et inter pastore meos et pastores tuos, fratres enim sumus, recede a me obsecro [Ti prego, non vi sia discordia tra me e te, tra i miei mandriani e i tuoi, perché noi siamo fratelli, allontanati da me, ti supplico, Gn 13, 8-9] etc. Io spero che i generosi figli di S. Domenico non vorranno perciò ritirar l’atto del condono che le condizioni affliggenti di codesta Missione attendono dalla loro pietà e grandezza d’animo, né vorranno da noi esigere un sacrificio che motivi troppo giusti ed elevati ci vietano di accordare. Spero altresì che l’amorevole Provvidenza moltiplichi i soggetti di questo nostro Istituto in modo da poter far fronte ai bisogni del divino servizio in grado soddisfacente. Le bacio con profonda riverenza il Sacro anello e la prego di benedirmi mentre mi protesto di cuore Dell’Eccellenza Vostra R.ma U.mo e D.mo Servo Sacerdote G. Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni A Sua E.nza R.ma Mons. Timoleone Raimondi Degno Vicario Apostolico di H. K. 369 141. A “L’OSSERVATORE CATTOLICO” 9 settembre 1878 non combattere altra stampa cattolica Riservata1 Alla Rispettabile Direzione dell’Osservatore Cattolico Da S. Calocero 9 7bre 1878 L’Eccellentissimo Card. Segretario di Stato di S. Santità con sua venerata Nota del 7 corrente N° 32031 mi scrive che “la nota Commissione (costituita dallo scrivente, dal R.mo Mons. Angelo 1 In AME 07, pp. 163-165. M. e Vittadini cessano di essere direttori de L’Osservatore Cattolico nel 1872, come s’è detto (v. Lettera 94), sette anni dopo la fondazione, essendo il giornale ormai ben avviato ed avendo M. molte altre attività a cui attendere; continuarono tuttavia a seguirlo con amore. Ma ecco che nel 1878 M. deve prendersi cura nuovamente del giornale, il cui spirito battagliero e talora provocatorio suscita conflitti a rischio della sua stessa esistenza. L’arcivescovo di Milano, mons. Calabiana, fa pressione su M. perché intervenga a moderare i redattori. Fallito questo tentativo, interviene la S. Sede, che nel giugno di quell’anno istituisce una “Commissione di vigilanza”, formata per designazione di Pio IX stesso da M., Scurati e mons. Angelo M. Mantegazza, canonico del Duomo. Suo compito è di controllare pure Lo Spettatore, quotidiano di tendenze più conciliative, sorto nel 1876 a Milano, che volentieri però sta al gioco polemico de L’Osservatore Cattolico, e così i due giornali finiscono di combattersi come avversari anziché considerarsi come amici, pur con idee diverse. Il peso maggiore dell’impegno di vigilanza graverà su M., che lo dovrà portare fino alla scomparsa de Lo Spettatore nel 1881, affrontando spesso accuse e colpi da ambedue i giornali, ma senza venir meno al suo dovere esercitato con pazienza e bontà (TRAGELLA, II, pp. 245-263; SBERNA, pp. 160-164; DONEGANA, pp. 61-63). 370 Mantegazza e dal M. R. D. Giacomo Scurati) deve essere subito stabilita e mettersi senza ulteriori ritardi in esercizio e tutto operare a nome della S. Sede. Cura precipua della Commissione sarà di vigilare le redazioni dei due giornali L’Osservatore Cattolico e Lo Spettatore, affinché cessino di attaccarsi palesemente e velatamente ed affinché più non parlino delle passate loro vertenze, né scendano in particolare ad apprezzamenti indecorosi ed inopportuni sul Clero, sulle Diocesi e sull’autorità Diocesana; non occorre ricordare poi, che debbono astenersi dal censurare in verun modo i giornali cattolici, aiutando con la perfetta concordia e compatezza la buona causa della Religione e della S. Sede, che non si ripromette certamente il trionfo da vani litigi e da indecorose personalità, ma dalla fermezza contemperata alla prudenza ed ispirata dalla bene intesa carità cristiana. Mentre si avrà cura da una parte ... non si lascerà dall’altra di imporre all’Osservatore moderazione nel linguaggio, vietandogli segnatamente di censurare in qualsiasi modo il giornale La Défense, e in particolare Mons. Vescovo d’Orléans2. Si intende poi da sé che nessuno dei suddetti giornali dovrà parlare della Commissione, delle sue attribuzioni e delle sue risoluzioni in un senso od in un altro. Che se la Commissione (soggiunge S. Eminenza), di cui Ella fa precipua parte e che non dubito sia per corrispondere alla fiducia di cui fu onerata, incontrasse qualche difficoltà, la prego d’informarmene immediatamente, essendo fermamente risoluto di non tollerare più oltre eccessi di sorta, da qualunque parte dovessero provenire”. Codesta egregia Direzione vedrà in questa sapientissima Nota della S. Sede una prova luminosa del vivo interesse che il Vicario di Gesù Cristo, e l’Eminentissimo Cardinale segretario prendono per il buon successo del Giornale; troverà con la più gran chiarezza indicata la via da tenersi, gli scogli da evitarsi, il modo indubbio di compiere la divina volontà, ed accoglierà, non ne dubito affatto, con profondo ossequio e con filiale obbedienza le Il vescovo di Orléans è mons. Dupanloup (1802-1878), grande pastore ma con tendenze gallicane. 2 371 ingiunzioni del Comun Padre e Maestro dimostrando con i fatti la viva riconoscenza, che sente per questo tratto singolare di paterna bontà. Filii sapientiae ecclesia justorum et natio illorum oboedientia et dilectio (Eccli. 3,1) [I figli della sapienza sono l’assemblea dei giusti e la loro patria l’obbedienza e l’amore]. Né temano gli ottimi Direttori alcun danno seguendo Colui che è costituito dal Cielo guida e maestro a tutte le genti. Abbiamo presente l’avviso del Savio: Cum placuerit Domino viae hominis, inimicos quoque eius convertet ad pacem [Quando il Signore si compiace della condotta di un uomo, riconcilia con lui anche i suoi nemici, Prv 16,7] . Nella dolce fiducia che quel foglio, che tanto inculca la devozione al Beatissimo Padre preceda tutti coll’esempio di una perfetta obbedienza e si attivi ognor più la stima e l’affezione di tutti i ben pensanti, passo a dichiararmi Di Codesta Egregia Direzione aff. Dev. Servo Sac. G. Marinoni 372 142. A D. DAVIDE ALBERTARIO 12 ottobre 1878 moderare gli eccessi nel difendere la santa causa Da S. Calocero 12 Ott. 1878 Carissimo e Degnissimo D. Davide1 Io la posso assicurare che la sua lettera cagionerà il più vivo disgusto all’Eminentissimo Cardinale Nina, il quale certamente non desidera altro se non quello che tutti i buoni desiderano, e i R.mi Vescovi in particolare, cioè che l’Osservatore temperi i suoi modi troppo spesso acri e del resto continui alacremente nella difesa della santa causa. Una pura, semplice, affettuosa obbedienza, ecco ciò che Dio, il Vicario di Cristo, il suo degno ministro richiedono. Per me sono addoloratissimo e questa sera scrivendo al Cardinale in risposta converrà che gli dia anche questo dispiacere se altro non viene dall’Osservatore. Le sono di cuore Aff.mo in Cristo Sac. Giuseppe Marinoni In AME 07, p. 167. Il destinatario di questa lettera è il ben noto redattore Davide Albertario (1846-1902), dal 1873 direttore de L’Osservatore Cattolico, a cui dedicò per 30 anni le sue energie e capacità giornalistiche, spesso però guastate da astiose polemiche. Di qui il richiamo di M., che si appella anche al card. Nina, segretario di Stato, e ai vescovi, ma si rivolge a don Davide con affetto e stima (v. D. Albertario in Dizionario, I, pp. 61-64). 1 373 143. A MONS. TIMOLEONE RAIMONDI 12 ottobre 1878 M. è vicino ai 70 anni, ma guida con zelo e discernimento Milano il 12 Ott. 1878 LXVIII° Compleanno dello scrivente Eccellenza R.ma1 Sono vecchio ormai vicino ai 70, e non mi emendo mai, ma divengo vecchio ognora più: mi raccomandi a Dio perché mi levi presto da questa valle di miserie. La prevengo che con la prossima posta, cioè quindici giorni dopo l’arrivo di questa lettera giungerà, a Dio piacendo, in Hong Kong il M. R. D. Giuseppe Darmanin di Malta, ottimo Sacerdote datoci dal Collegio di Genova. Ma il Rev. Guidotti suo compagno non può venire, essendo giunte a Propaganda sinistre informazioni sul suo conto, mentre da Genova ce lo davano come un regalo. Ho già fatto il biglietto anche per lui dalla Peninsulare, ma spero che mi sarà valutato per un altro invio. Questa è una prova che conviene andare con piede di piombo nell’accettare soggetti. Spero però che il buon Darmanin faccia per due. 1 In AME 07, p. 169. Giuseppe Darmanin, maltese, proviene dal Collegio Brignole-Sale di Genova (uscirà nel 1879) e così don Giuseppe Guidotti; ma quest’ultimo non viene ammesso alla partenza per informazioni negative su di lui, mentre il primo rimarrà ad Hong Kong poco tempo e tornerà poi definitivamente, nonostante le attese di M. E sì che egli si muove “con piede di piombo” nell’accogliere candidati non formati a San Calocero. Intanto, per l’occasione confida a mons. Raimondi di diventare vecchio ma di non emendarsi (di che?); comunque lo aspetta ancora un buon tratto di vita. 374 Mi benedica e mi creda Suo Aff.mo in Cristo Sac. Giuseppe Marinoni Tanti saluti a tutti, specialmente al buon Burghignoli, a cui la prego di consegnare l’inclusa ricevuta. D. A. Tagliabue si presenterà al prossimo concorso per collocarsi in Diocesi in cura d’anime. 375 144. A MONS. SIMEONE VOLONTERI 18 gennaio 1879 sul problema dell’unione con altri Istituti Milano, 18.1.1879 Eccellenza R.ma1 L’Abbé Laverrière direttore des Missions Catholiques mi ha mandato un nuovo soccorso assai rilevante per codesta Missione del Ho-nan, cioè fr. 9.399,25. Essendo la Missione in debito verso S. Calocero di £ 2.336, come vedrà nel resoconto, resterebbero fr. 7.063,25 oltre l’aggio che si deve aggiungere alle Lire Italiane. Ritengo circa 1200 o 1300 Lire e le mando £ 236,14 Sterl. pari a fr. 6.000. L’Abbé Laverrière così intitolava il soccorso: Doni ricevuti per le vittime della carestia del Ho-nan (Cina) Edizione francese fr. 3.737,25 Tedesca " 4.532 Italiana " 1.130 fr. 9.399,25 1 In AGPIME 17,3 p. 235. Dopo una nota finanziaria, M. accenna al missionario Ungaro (v. Lettera 115) sul quale c’è da prendere una decisione, e a Gustavo Gallo (nato nel 1843, lavora nel Honan 2 anni circa ed esce nel 1882), il che gli dà l’occasione di tornare a parlare delle unioni con altre istituzioni, sollecitate vivamente da mons. Raimondi per venir incontro alla scarsità dei missionari di San Calocero. Ma già si è detto che questi tentativi di unione falliscono, solo si ottengono individui singoli dall’una o dall’altra istituzione, un fenomeno però di piuttosto breve durata e che di frequente delude perché parecchi di tali soggetti in seguito lasciano la missione e San Calocero se vi erano entrati (con l’Istituto missionario di Roma si fanno pure alcune partenze abbinate senza passaggio dei missionari a San Calocero). Circa il personale nuovo qui 376 Aggiunge poi in fine una nota, che io Le invio autografa per sua norma. Non essendo accennato il numero delle Messe da celebrarsi con quella piccola elemosina, Vostra Eccellenza sarà generosa e ne farà applicare qualche numero di più comprendendo tutti i benefattori. Il Missionario Ungaro arriverà a giorni in Milano. Il Signore mi illumini, e illumini lui per ben conoscere ciò che sarebbe da farsi. L’averle mandato il P. Gustavo Gallo (che vorrei sperare sia giunto a quest’ora in missione) senza aver prima interpellato Vostra Eccellenza R.ma, fu cagionato da un insieme di circostanze che non ci lasciarono il tempo di far questo passo giustissimo. Ecco come avvenne la cosa. Mgr. Raimondi scrive di tratto in tratto che non ne può più per scarsezza di soggetti, che si faccia l’unione con Genova e con Roma, che è tutto amor di campanile il rifiutarsi, che se non è esaudito si rivolgerà ad altri ordini religiosi, etc., né si accontenta di scrivere a me, scrive nel Belgio, scrive a Propaganda, dunque che fare? Il Bengala pure ha gran bisogno di soggetti, Biffi si raccomanda, Mgr. Barbero ne scrive anche a Lione. Il Honan ha perduto il Mouilleron e il P. Ungaro: qui in casa non vi era che un Prete novello, D. Vincenzo Gorga di Sora. Si è perciò risoluto di accordarci con Genova e con Roma, e l’ottimo D. Belisario Fattori si recò espressamente a Genova e a Roma per prendere le opportune intese. Il Sig. Rettor Pennacchi, Rettore del Collegio delle Estere Missioni di Roma, ci propose il P. Gallo per il Ho-nan, dicendo che questo Sacerdote aveva desiderio di recarsi colà; ci propose altri due per il Bengala, dove il bisogno era estremo per il ritorno di De Conti, di Scatti, etc. Come rifiutarci sul primo momento? Abbiamo perciò concertato un invio di 4 Missionari (compreso Marietti che ritornava in Missione) per il Bengala, 2 per Hong Kong, uno per il Ho-nan. Uno dei due destinati per Hong Kong, del Collegio di Genova, per assunte informazioni si dovette licenziarlo. nominato, per Mouilleron si veda la Lettera 119, quanto a Vincenzo Gorga (1852-1880) lavorerà nel Bengala solo un anno. 377 L’esperienza ci renderà cauti in avvenire nel credere anche ai Superiori degli altri Collegi, e V. Eccellenza ha fatto benissimo a scrivermi a questo proposito il suo modo di vedere, che è sempre stato anche il nostro, e che ci ha trattenuti per 30 anni circa, da quando c’è il nostro Istituto, dall’unirci ad altri. Chiudo, perché ho gran fretta. Mi saluti tutti i Missionari e mi creda con profonda venerazione Suo Aff.mo in Cristo Sac. G. Marinoni P. S. Le unisco qui la lettera per il P. Gustavo Gallo, che ella avrà la bontà di leggere e poi suggellare e consegnare al medesimo. 378 145. A D. FELICE ROTONDI 28 maggio 1879 risponde ad accuse con forza e dignità Milano 28 Maggio 1879 Molto Rev.do Sig. Prevosto1 In risposta alla domanda ch’ella mi fa con la sua pregiata lettera di ieri, mi affretto ad assicurarla di aver sempre proceduto, com’era mio dovere, con la massima lealtà; e respingo con indignazione ogni sospetto di essermi attribuita una parte che non mi competesse. L’unico mio desiderio così allora come adesso era di impedire delle chiassate, che non recano altro frutto se non di esporre il clero alle risa del pubblico, e degradarne l’autorità nel tempo in cui se ne sente così grave il bisogno. Se ella però lo vuole e non sa reprimere l’amor proprio ferito, può valersi delle mie parole o dei miei scritti, come le sembra meglio, perché, sebbene io non li abbia più presenti, non ho timore alcuno che non siano conformi al vero. 1 In AME 07, p. 199. Il prevosto parroco di S. Giorgio al Palazzo fa riferimento a testi apparsi su L’Osservatore Cattolico, e ne parla a M. come membro della Commissione di vigilanza (v. Lettera 141), lamentandosi, a quanto si arguisce dalla risposta di questo, di esserne stato amareggiato. Le parole di M. qui sono chiare e forti, ma rispettose e benevole. Ma forse la motivazione più vera si può ricavare da ciò che M. scriveva al card. Nina, segretario di stato, lo stesso giorno, che cioè il prevosto pretendeva “in iscritto l’assicurazione che io agivo in nome dell’E. V. e come presidente della Commissione nota, affine di mettere in pubblico ciò che la S. Sede ha voluto che si tenesse segreto, e con questa pubblicità convinceva e svergognava L’Osservatore Cattolico quasi colpito da speciale sorveglianza e soggetto d’una apposita Commissione”. 379 Augurandole dallo Spirito del Signore la calma del cuore e il dono del Consiglio e pregandola di accogliere i miei sensi come di chi lo stima e lo ama, mi pregio di dirmi Suo Devotissimo in Cristo Sac. Giuseppe Marinoni Al M. R. D. Felice Rotondi Degnissimo Prevosto Parroco di S. Giorgio in Palazzo 380 146. A MONS. GIUSEPPE PENNACCHI 30 giugno 1879 circa alcuni soggetti dell’Istituto missionario di Roma Milano 30 Giugno 1879 Degnissimo Sig. Rettore1 Le includo la lettera di un bravo giovinetto (il Sig. Conte Vittorio Mapelli) allievo dei Barnabiti, il quale vorrebbe divenir Missionario. Ha fatto due anni di Liceo: veste ancora da secolare, pagherà, se occorre, la pensione durante il tempo che dovrà fare gli studi teologici. Non vuol rimanere a Milano per sottrarsi alle premure dei parenti, che faranno di tutto per smuoverlo dal suo proposito. Veda se può ammetterlo; l’avrei caro io pure, perché mi prometto assai dal colloquio che ho avuto due volte con lui. Vedo un’anima assai bella, un cuore pieno di desiderio di servir Dio e salvar anime. La risposta la mandi a me, perché in casa sua non conoscono ancor nulla. Quanto poi al buon P. Rosignoli, io Le dirò candidamente, che non ho mai mandato in Missione alcun soggetto che avesse bisogno di essere sorvegliato, o sulla cui moralità vi fossero state delle sinistre relazioni tutt’altro che poco fondate. Le nostre Mis1 In AME 07, pp. 205-206. M. offre al seminario missionario di Roma il giovane Vittorio Mapelli, che non vuole restare a Milano per paura di contrasti coi parenti; non giudica opportuno includere almeno tra i partenti prossimi Paolo Ros(s)ignoli, non ancora preparato; ritiene invece che si possa inviare in Birmania Luigi Fabris. Non sappiamo il seguito della vicenda di Mapelli. Rosignoli (18501919) sarà inviato in Africa centrale dall’Istituto missionario romano (GHEDDO, PIME, p. 709), mentre Fabris (1839-1919) partirà per l’Australia nel 1876 e passerà in Birmania tre anni dopo, ma tornerà in Italia per malattia nel 1881. I soggetti di Roma in questa fase dei rapporti con Milano non mancano, anche se in parecchi casi i risultati si rivelano scarsi. M. attinge dove si aprono le porte, sempre però vigilando che le esigenze formative non siano trascurate. 381 sioni sono in paesi molto caldi, in mezzo a popolazioni ignare di pudore. I Missionari sono pochi e per necessità devono stare molte volte lontani e isolati gli uni dagli altri. Io soglio dire ai miei alunni che vi sono due tipi di persone, che si dedicano a Dio, ma non si devono confondere insieme. Vi sono di quelli che fanno ottimamente in comunità, sotto una buona disciplina, sotto l’occhio vigile dei Superiori, sotto la loro guida, e questi sono chiamati a farsi religiosi. Vi sono altri che anche in verde età sono maturi, sono sicuri, sanno governare se stessi e guidare gli altri e salvarli, questi sono buoni Missionari. Ho inteso anche il sentimento dei miei rispettabili colleghi, e tutti insieme abbiamo concluso che non si potrebbe inviare il buon P. Rosignoli alle nostre Missioni, in questo primo invio per lo meno. Il P. Fabris sarebbe opportuno per la Birmania: è un po’ di tempo che non mi scrive. Oggi o domani gli scriverò io. 382 147. A MONS. TIMOLEONE RAIMONDI 18 settembre 1879 altro invio di religiose, ma Raimondi ne ha poca stima Milano 18 7bre 1879 Eccellenza R.ma1 Le do la confortante notizia, che il 24 Ottobre p. v. salperanno da Venezia tre religiose Canossiane destinate ad Hong Kong e tre altre destinate ad Hankow. Sarebbe stato mio vivissimo desiderio di mandarle il Missionario D. Luigi Fabris, ma non si è proprio potuto, perché restava scoperta la Birmania, che ne ha assoluto bisogno, e già da lungo tempo insisteva per averlo. Non è mia colpa se di due, che l’anno passato accettai da Genova (secondo le istanze pressanti di V. E. R.ma), nessuno riuscì felicemente. D’altra parte io devo schiettamente meravigliarmi con l’ottimo Mgr. Vicario Apostolico di Hong Kong, perché conta per nulla il preziosissimo aiuto delle religiose, che noi continuiamo a mandare costì. Non pensava così l’incomparabile Mgr. Ramazzotti, non così D. Paolo Reina, non così D. E. Biffi, non così D. Francesco Pozzi e il suo antecessore D. A. Marietti, non così Mgr. Barbero. Parlar di Monache a Mgr. Raimondi è come parlar di turisti, che non lo interessano per nulla. Non sarà certo così nel suo interno, né sarà così in Hong Kong, ma certo a S. Calocero questa è l’impressione che lasciano le sue lettere. 1 In AME 07, pp. 219-220. Lettera molto schietta, pur scritta con stima e carità per il destinatario vescovo. M. vorrebbe che mons. Raimondi tenesse in maggior considerazione le religiose e la loro opera. Per Fabris v. Lettera 146. 383 Ella conosce quanto lo stimi ed ami, e se mi permetto qualche appunto è sempre a fine di bene. Mi benedica e mi creda sempre Suo E.mo in Cristo Sac. G. Marinoni 384 148. A MONS. TIMOLEONE RAIMONDI 11 ottobre 1879 M. è addolorato perché i missionari lasciano Hong Kong non vedendosi trattati come si meritano Milano il giorno 11 Ottobre 1879 Pax Xsti Eccellenza R.ma1 Il giorno 24 corrente salperanno da Venezia dirette ad Hong Kong sul Vapore Pera della Compagnia Inglese P. and O. tre Religiose Canossiane, cioè le RR. MM. Danelli, Nazeri, Comi. Non ho potuto dar loro un Sacerdote, che le accompagnasse oltre il Ceylan, ma il tratto non è troppo lungo, e potrebbe darsi anche che per via incontrassero qualche Ministro del Signore, che facesse lo stesso cammino verso la Cina. La Missione non soffrirà, ritengo, nessun danno da questo rinforzo di ottime serve di Dio perché al viaggio ha provveduto Lione, ed anche nel resto si cercherà di provvedere per altra via, almeno così spero. In AME 07, pp. 221-223. Continuando sul tono della lettera precedente, M. rimprovera mons. Raimondi per il suo modo di trattare i missionari, con la conseguenza che parecchi lasciano la missione, e non teme di ricorrere alla S. Scrittura per dare forza alle sue parole. Un’altra volta è da ammirare la sua franchezza, unita sempre a rispetto e bontà, nella fiducia che il vescovo gli dia la consolazione di far unità tra i missionari, lasciando da parte lamentele e recriminazioni. Nel P. S. Marinoni ripete un avvertimento che gli sta molto a cuore: tutto va fatto d’intesa con San Calocero, perché il superiore abbia un quadro generale della situazione e si mantenga l’unità tra casa madre e missioni. Quanto ai missionari ricordati, notiamo che Vincenzo Longo (1844-1913), dopo aver lavorato a Hong Kong dal 1868, s’incardina nella diocesi di Catania nel 1880; per Davanzo vedere le Lettere 124, 126, 127, e per Scatti la Lettera 115. 1 385 Io sono profondamente addolorato, Monsignor mio amatissimo e veneratissimo, perché i Missionari di Hong Kong l’uno dopo l’altro se ne vogliono partire di costì, non vedendosi trattati con quel riguardo che meritano coloro che da tanto tempo portano pondus diei et aestus [il peso della giornata e il caldo], hanno corso gravissimi pericoli della vita per amor di Dio e delle anime, ed hanno gran bisogno ancora di conforto nelle loro pene. Ella chiede nuovi aiuti, e chi potrebbe darglieli in coscienza, se Missionari eccellenti si stancano di non trovare un padre affettuoso in mezzo a tanti travagli, che senta i loro dolori, che li sostenga nelle loro lotte, che sia con essi cor unum et anima una [un cuor solo e un’anima sola]! Io temo di vedere in breve Hong Kong deserta e abbandonata se non si ispira fiducia ai Missionari, se non si ascoltano amorevolmente i loro reclami, se non si consultano nella gestione delle cose più rilevanti, se non si procede insomma, quanto si può, di comune accordo. Ella si disturba per l’accettazione del P. Longo a S. Calocero: io tardai molto a far questo passo, ma quando mi sono assicurato che si comportava bene in Roma presso i Fate Bene Fratelli, e vidi che io potevo trarne profitto per S. Calocero, come già mi ero prevalso di D. Davanzo, benché in diverso ufficio, non volli trascurare il dono che mi offriva la Provvidenza in un momento di sommo bisogno dovendo rinviare lo Scatti al Bengala, che pure è in necessità di soggetti veterani. Del resto posso assicurarla che il buon P. Longo non ha mai detto una parola contro Vostra Eccellenza; egli compie il suo dovere in pace, e attende al bene della Comunità. Mi consoli, Monsignore, con il suo cuor generoso, e temprando la foga del suo carattere un po’ duro e sprezzante, congiunga a sé tutti i cuori dei suoi Missionari: non si abbandoni a querele, a recriminazioni, ma piuttosto si ricordi di quel che dice il Profeta: Quod confractum est non alligasti [non avete fasciato le pecore ferite, Ez 34,4], etc. Legga quel capitolo di Ezechiele, che è il 34, e faccia quel che il Signore promette egli stesso di adempire (per mezzo dei suoi Pastori) usando ogni tenerezza a tutti, omnibus omnia [facendosi tutto a tutti, cf. 1 Cor 9,22], e non guardando a noi, ma al bene altrui. Alter alterius onera por386 tate et sic adimplebitis legem Christi [Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo, Gal 6,2]. Mi consoli, amatissimo Monsignore, consoli. Il suo aff.mo Marinoni P. S. Quanto al denaro non potrei accettare che dalle missioni mi venissero cambiali da pagare se non previa intesa. Con questo sistema potrei vedermi in un momento rovinato, se mi giungessero dalle cinque missioni richieste di fondi notevoli. Il metodo che seguiamo è buono, è ragionevole, e serve a congiungere con la casa Madre tutte le Missioni. 387 149. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 16 giugno 1880 pronto ma contrario a lasciare Hyderabad Milano 16 Giugno 1880 Eminenza Reverendissima1 L’Eminenza Vostra può ben immaginare quale profonda e dolorosa impressione dovesse produrre nell’animo mio la venerata sua lettera del 3 corrente, alla quale posso però applicare le parole dirette dal nostro S. Ambrogio al Pontefice S. Siricio: Recognovimus litteris Sanctitatis Tuae boni pastoris excubias, qui pia sollicitudine Christi ovile custodiat [Abbiamo riconosciuto dalla lettera della Tua Santità la cura vigilante del buon pastore, 1 In AME 07, pp. 261-263. Propaganda con una lettera del prefetto Giovanni Simeoni (che detiene questa carica dal 5 marzo 1878 al 14 gennaio 1892), in data 3 giugno 1880, propone a M. che San Calocero lasci una missione, ad esempio Hyderabad, per avere più personale e denaro a vantaggio delle altre. I motivi si spiegano anche meglio leggendo la risposta di M. Egli, dopo aver fatto atto di disponibilità ad obbedire in tutto alla Congregazione e al Santo Padre, mostra che, nel caso, sarebbe meglio ritirarsi dal Bengala Centrale e non da Hyderabad. Ma il suo discorso si allarga per abbracciare l’intera situazione delle cinque missioni affidate all’Istituto. E, fatti e dati alla mano, sostiene che da una parte l’abbandono d’una missione non gioverebbe affatto alle altre, dall’altra San Calocero fa quanto può per le missioni in fatto di aiuti finanziari e di personale: una chiara prova è che esse hanno istituzioni ed opere rispondenti ai bisogni e valide anche per portare avanti il lavoro di evangelizzazione. Certo, sarebbe utile aver più missionari; ma per questo San Calocero non ha lesinato fatica e iniziative; solo che è mancata una corrispondente risposta, a cominciare dai vescovi. Che cosa si dovrebbe fare d’altro per mettere in piedi “un solido sistema di reclutamento”? A M. piacerebbe saperlo. Non vogliamo sintetizzare oltre lo scritto, ma rimandiamo ad una lettura attenta e integrale della lettera per comprendere le ragioni e l’animo di M., il quale alla fine rinnova la sua piena disposizione ad obbedire alle decisioni di Roma. La proposta difatti non avrà seguito. 388 che custodisce con doverosa sollecitudine l’ovile di Cristo]. Dispostissimo con questi miei amabilissimi colleghi a qualunque sacrificio piacerà al Beatissimo Padre di imporci, dichiaro che rispondo solo per quel debito, che mi tocca, di fornire all’Eminenza Vostra tutti quegli schiarimenti che l’esperienza delle nostre Missioni mi suggerisce sull’argomento di cui tratta l’ossequiato suo foglio. La S. Congregazione desiderosa di alleviare le nostre angustie ci propone l’abbandono di una Missione, per es. quella di Hyderabad, per impiegare a favore delle altre le risorse pecuniarie e il personale di questa. Quanto alle risorse pecuniarie convien sapere che tutte le nostre cinque Missioni sono sostenute con il denaro della Propagazione della Fede e della S. Infanzia, con gli stipendi delle Cappellanie militari, con vendite locali, con pie contribuzioni degli Europei o dei nativi colà stanziati, e con sussidi governativi; perché la Casa di S. Calocero appoggiata interamente alla privata beneficenza, in tempi così calamitosi per il caro prezzo dei viveri, per la gravità delle imposte, per il mantenimento di alunni che non pagano alcuna pensione, appena basta a se stessa; ond’è che l’abbandono di una, due, tre o più Missioni non frutterebbe un centesimo di più a vantaggio delle rimanenti. Né per questo si creda che le nostre Missioni non siano state fornite di edifici e di istituzioni corrispondenti al bisogno. In tutti e cinque i Vicariati o Prefetture Apostoliche sono state erette Chiese, Collegi, Orfanotrofi, Scuole quali potevano desiderarsi, e la Missione di Hyderabad in particolare può gareggiare con molte altre Missioni per la solidità, l’ampiezza, la bellezza dei suoi fabbricati, e per l’istruzione fornita all’uno e all’altro sesso, essendovi un Collegio assai stimato anche dal Governo, un Convento di Monache native, un altro di europee e Chiese di nuova erezione. Quanto al personale, l’Eminenza Vostra ben sa che i Missionari provetti non sarebbero più idonei a passare dall’una all’altra Missione affatto diversa per lingua, costumanze, clima, e sarebbe assai se da Hyderabad uno o due degli ultimi colà inviati (i quali, benché molto buoni, sono però assai limitati di talento) si potesse trasferire altrove. In ogni caso mi parrebbe che la Mis389 sione da sacrificarsi per venire in aiuto ai Missionari di S. Calocero dovrebbe essere la più insalubre di tutte cioè quella del Bengala Centrale, che ci ha sciupati più operai che tutte insieme le altre Missioni, essendoci mancati per morte cinque Sacerdoti, due catechisti, varie religiose, avendo dovuto ritirarsi altri otto Sacerdoti per malattia: mentre la Missione di Hyderabad è la più sana di tutte, essendo ancor vivi e operosi tutti i suoi Missionari, tre dei quali si sono bensì ritirati, ma ancora lavorano per la gloria di Dio e la salvezza della anime: speriamo che anche D. Marino Tommaseo, ritornato in questi giorni a Venezia, possa presto ristabilirsi e rendersi ancora utile almeno in parte. Ma intanto, si dice, non si soddisfa alla doppia necessità di custodire le cristianità già formate e di far nuove conquiste. Ebbene prendiamo solo Hyderabad giacché è posta in questione e si afferma che sembra languire più delle altre e che richiede forse maggiori sacrifici. Potrebbe darsi che l’ottimo Mgr. Barbero con le sue frequenti lamentele, ispirate da vivo zelo congiunto però a molta timidezza e apprensione, avesse dato motivo a pensare così. Ma se si confronta il numero di cattolici, che erano 4000 nel 1851, 5200 nel 1858, 8500 nel passato anno; se si considerano collegio, scuole, orfanotrofi, monasteri, Chiese, Cappelle create per nutrire la fede e la pietà di quella gente, con un dispendio di fr 300.000 per la maggior parte frutto di assegni personali ai Missionari; se si riflette che la cura dei nativi è sempre stata così a cuore dei nostri Missionari, che i visitatori apostolici ne diedero loro lode singolare; se si pensa che si mandano ogni anno anche ripetutamente i Missionari a visitare i punti più remoti della Missione; se si avverte che la dimora costante di un Sacerdote in mezzo ai pagani isolato sarebbe non solo pericolosa, ma del tutto inutile, come lo provò lo stesso Mgr. Barbero, che mandato dal suo venerabile antecessore Mgr. Murphy in mezzo ai Bramini, e dimoratovi per nove mesi, dovette essere richiamato senza aver riportato alcun frutto, anzi con rischio di alterazione mentale; si concluderà facilmente che se è desiderabile l’aumento del personale a sollievo dei colleghi, il bisogno però è coperto, né è trasandata la cura sia dei Cristiani, come dei nativi pagani dove possa esservi speranza probabile di guadagnarli. 390 Io pregherei ancora l’Eminenza Vostra a riflettere che, mentre la S. Congregazione deplora la scarsezza di Missionari (ciò che avviene anche altrove in questi tristissimi tempi) e vuol accorrere in aiuto con la soppressione di una Missione, darebbe all’opposto il colpo più grave che mai si possa immaginare, per tutt’altra causa che per l’insalubrità del clima, alla povera Casa di S. Calocero, e le toglierebbe quel poco di credito che pur è necessario per attirare gli aspiranti alla conversione dei poveri infedeli, come avvenne per le nostre Missioni di Oceania, o come quella del Bengala, che l’anno scorso Mgr. Marietti stesso proponeva di cedere ad altra Corporazione, che potesse come i Gesuiti di Calcutta coltivarla e al tempo stesso cambiare di tratto in tratto i soggetti, prima che sentissero i tristi effetti del clima in modo incurabile. Sarebbe anche l’abbandono di Hyderabad un motivo di scoraggiamento a tutti i nostri confratelli delle altre Missioni. Siccome però l’Eminenza Vostra sembra accennare che la scarsezza dei Missionari di S. Calocero possa derivare dal non aver noi un solido sistema di reclutamento, mi sarebbe caro conoscere ciò che si dovrebbe da noi fare per aumentare il numero dei soggetti. Noi ci siamo accontentati finora di far conoscere al pubblico meglio che si poteva l’esistenza e lo scopo di questo Istituto, e di accogliere quei soggetti che la divina Provvidenza ci ha inviati. Ci siamo spesso raccomandati a codesta S. Congregazione e ai R.mi Vescovi perché ci aiutassero con la loro autorità. Ma spesso i R.mi Vescovi non ci hanno voluto concedere i soggetti che bramavano venire da noi. L’Eminenza Vostra si ricorderà la lunga lotta che dovette sostenere con il suo R.mo Ordinario di Ivrea lo stesso Mgr. Barbero, allorché fu da noi accettato tra gli aspiranti alle Missioni. Non so se esista qualche Decreto che favorisca chi vuol dedicarsi alle estere Missioni come vi è per chi vuol farsi religioso. La S. Sede, che protegge il religioso che si sente chiamato alla conversione degli infedeli, avrà forse provveduto al caso di un Sacerdote che non potesse riportare l’assenso del suo R.mo Ordinario, sempre che questi possa far senza di tal Sacerdote e non ne soffrisse pregiudizio rimarchevole la Diocesi. Qualsivoglia suggerimento piaccia all’Eminenza 391 Vostra R.ma di darci, lo accoglieremo con vera riconoscenza. Ripeto poi che quanto ho esposto è stato solo per corrispondere all’interpellanza fattami, ma dichiaro sinceramente (trattandosi di Dio e delle anime per le quali Gesù Cristo ha sparso il suo sangue) che sono pronto a tutto ciò che giudicherà utile l’Eminenza Vostra e il Santo Padre, declinando del tutto ogni responsabilità unitamente ai miei colleghi, per il timore che possano avervi parte con tutta facilità le illusioni dell’amor proprio. 392 150. A MONS. SALVATORE MAGNASCO 23 ottobre 1880 supplica che gli conceda un diacono che vuol farsi missionario Milano 23 Ottobre 1880 Festa del SS. Redentore Eccellenza R.ma1 Mi perdoni se, stretto da grave necessità, io vengo a domandarLe una grazia, che mi preme assai. So di parlare ad uno dei più degni Successori dei Santi Apostoli, a cui starà vivamente a cuore la grand’opera della Propagazione delle Fede tra quelle infelici nazioni che siedono ancora nelle tenebre e nelle ombre di morte. La S. C. di Propaganda, come potrà rilevare dal foglio, che Le comunico autografo dell’E.mo Card. Simeoni Prefetto della medesima, insiste e mi fa grave obbligo di coscienza, che io cerchi soggetti, i quali possano coltivare quel campo che la S. Sede ha benignamente affidato alle cure di questo Seminario. Ora tra gli aspiranti ve ne sarebbe uno, che è suo Diocesano e che sospira di venire, solo che l’Eccellenza Vostra, suo Padre e Benefattore, glielo consenta, perché non vorrebbe in alcun modo offenderLa, benché il distacco, come ben prevede, debba riuscire doloroso all’una e all’altra parte. Ma il bisogno estremo di quei 1 In AME 07, p. 295. Ecco un caso patente di come M. deve elemosinare le vocazioni missionarie. Destinatario della lettera è il vescovo di Genova, mons. Magnasco (1806-1862), il diacono Gustavo Maria è il primo di quella diocesi a far domanda di entrare a San Calocero, le parole di M. non potrebbero essere più coinvolgenti. Di fatto, l’aspirante (1855-1923) entrerà nell’Istituto nel 1881 e, partito per la Birmania, lavorerà 38 anni a Toungoo (Taungngu). 393 popoli merita veramente quel sacrificio che già altre volte fecero per noi i Santi Apostoli stessi, abbandonando la loro terra nativa per recar la luce della verità ai nostri padri. Non mi neghi, Eccellenza R.ma, questa grazia, Ella che porta il nome dolcissimo di Salvatore, in questo giorno sacro appunto alle glorie del Redentore esaudisca la preghiera che Le porge profondamente prostrato chi ha l’onore di dirsi, chiedendoLe il Rev.do Diacono Gustavo Maria che è appunto l’aspirante suddetto, e di cui ho assunte favorevoli informazioni. Dell’Eccellenza Vostra R.ma Umilissimo e Devotissimo Servo Sac. Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni 394 151. A SUA SANTITÀ LEONE XIII 19 dicembre 1880 ringrazia per l’enciclica “Sancta Dei Civitas” Beatissimo Padre1 Benché alla nostra piccolezza si addirebbe forse meglio il silenzio, pur non sappiamo resistere al vivo desiderio di esprimere alla Santità Vostra l’ineffabile consolazione, onde ci ha ricolmati la stupenda Enciclica: Sancta Dei Civitas. Costretti a deplorare ogni giorno la pochezza dei mezzi e la scarsezza degli operai evangelici di fronte a milioni e milioni di infedeli che ignorano ancora la Via, la Verità, la Vita, nulla ci poteva tornare di più soave conforto che la parola possente del Vicario di Cristo diretta a tutti i Pastori d’anime e per essi a tutti i fedeli, di promuovere, quanto loro fosse dato, la dilatazione del regno di Dio in mezzo ai popoli gementi ancora sotto la tirannide incontrastata del Principe delle tenebre. Così, Voi Padre Santissimo, dopo avere in brevissimo tempo edificata la Chiesa e la civile Società con molti e sapientissimi ammaestramenti, spingeste provvido lo sguardo fino agli ultimi confini della terra e memore di tener le veci di Colui, di cui sta scritto: Stetit et mensus est 1 In AME 07, p. 309. L’enciclica “Sancta Dei Civitas” fu pubblicata da Leone XIII (1810-1903) il 3 dicembre 1880. Il pensiero centrale è la cooperazione missionaria di tutti i fedeli, mediante le preghiere e le offerte. Il Pontefice ricorda espressamente l’Opera della Propagazione delle Fede, per il suo contributo al sostentamento delle missioni e dei missionari in quasi 60 anni di vita, l’Opera della Santa Infanzia fondata nel 1843 e l’Opera (delle Scuole) d’Oriente. Si lamenta però per la diminuzione della generosità dei fedeli nell’aiuto a queste Opere e per il piccolo numero dei missionari, causato anche dalle leggi civili contro le congregazioni religiose. M. esprime la sua riconoscenza al Papa per questo intervento e si augura che dia un forte impulso alla causa missionaria e agli Istituti che vi si dedicano. 395 terram, aspexit et dissolvit Gentes (Hab 3,6) [Si arresta e scuote la terra, guarda e fa tremare le genti], tutti chiamaste i credenti a concorrere ai trionfi della Croce sugli errori del Gentilesimo, affinché questo augusto Vessillo copra della sua ombra salutare il mondo intero. Speriamo che le grandi Associazioni da Voi ben giustamente raccommandate provino quanto prima i benefici effetti di sì autorevoli esortazioni e possano fornire mezzi ognor più copiosi ai bisogni sempre crescenti delle estere Missioni; ma sopratutto ci sorride la speranza che ne risentano il valido impulso quelle pietose Istituzioni, che mirano, come l’umile casa di S. Calocero, a raccogliere, disporre, inviare idonei banditori della divina parola fra le genti idolatre o schiave dell’Islamismo e dell’eresia. Gradite, o Gran Padre, l’effusione sincera della riconoscenza e del gaudio degli ultimi tra i vostri figli e accordate l’Apostolica Benedizione a coloro che, prostrati al bacio dei VV. SS. Piedi, sono lieti di potersi dire con somma riverenza della Santità Vostra U.mi, D.mi, Obb.mi Servi e Figli Sac. Giuseppe Marinoni Direttore P.te Giovanni Angelo Rossari Milano 19 Dicembre 1880 396 152. A UN VESCOVO 24 giugno 1881 sulla questione del governo temporale del Papa Milano S. Giovanni Battista 1881 Eccellenza Reverendissima1 Sento al vivo le pene che l’Eccellenza Vostra con tanta condiscendenza mi comunica, né saprei dirLe ciò che farei se mi venisse dato di toglierLe questa spina dal cuore. Ma son certo che se vi ponessi mano, non farei che esacerbare la piaga senza nessun profitto. Secondo il mio povero modo di vedere il miglior consiglio in questi casi è quello del Savio: In multis esto quasi inscius (Eccli 32,12) [In mezzo a molte cose sii come chi le ignora]. Né tema l’Eccellenza Vostra R.ma di perder nulla: le rare doti che l’adornano, e le virtù distintissime, che l’hanno elevato alla sublime dignità, onde l’Eccellenza Vostra è insignita, Le assicurano la 1 In AME 07, p. 329. M. cerca di consolare un vescovo, di cui non fa il nome, che si trova in difficoltà nelle contrastanti posizioni circa il potere temporale del Papa, specialmente dopo la presa di Roma, che dividevano anche l’episcopato; ma non va più in là del condividere la pena del destinatario. Esprime poi l’idea che le parole di mons. Bonomelli (1831-1914), vescovo di Cremona, favorevoli all’occupazione di Roma e alla nuova situazione politica, siano interpretate male. In complesso si può aver l’impressione che M. sia restio a pronunciarsi nettamente. E si può credere che lo sia, dato il suo ruolo in svariati compiti ecclesiali e le sue molteplici relazioni con persone influenti. Naturalmente egli pure ha le sue convinzioni ed opinioni personali, che, se sono rigide su punti da lui ritenuti fondamentali, diventano più flessibili su aspetti di minor importanza. Intanto, proprio nel 1881 viene a cessare la “Commissione di vigilanza” (v. Lettera 141) e M. resta così libero da ogni responsabilità circa L’Osservatore Cattolico. 397 riverenza, la stima, e l’affetto di tutti i buoni, né possono essere offuscate da rumori giornalistici. Quanto all’ottimo Mgr. Bonomelli, direi che certamente contro le sue intenzioni, ma per la scabrosità dell’argomento, i più hanno interpretate le sue parole come una forzata sì, ma rassegnata rinunzia al Governo temporale, ed un accomodarsi della Chiesa alle nuove condizioni a lei create, mentre il Pontefice e quanti gemono sulla calamità dei tempi non cessano di alzare la voce e di richiamare la società traviata a rendere giustizia alla Sposa di Cristo. Io credo che anche a Roma non avrà fatto buon senso la cosa. E mi pare che nessuno dei Giornali Romani abbia tributato elogio alla tesi sostenuta dal Venerabile Prelato, ciò che avrebbero fatto senza dubbio, se la cosa fosse esposta altrimenti. L’Eccellenza Vostra pure avrà riconosciuto che non pochi degli avversari dell’Osservatore Cattolico hanno cercato di cambiare in qualche maniera la fisionomia di quella Festa di famiglia e di convertirla in un trionfo di idee liberali. Se avessi la ventura di poter discorrere a voce potrei chiarire il mio concetto; ma l’Eccellenza Vostra supplirà con la sua comprensione alla mancanza del mio scritto. 398 153. AI VESCOVI D’ITALIA 19 marzo 1882 appello per S. Calocero e le missioni Preghiera Ossequiosa del Rettore del Seminario di S. Calocero in Milano per le Estere Missioni agli illustrissimi e reverendissimi Vescovi d’Italia12. Da Milano, il giorno di S. Giuseppe del 1882 L’Eminentissimo Sig. Cardinale Simeoni, nello scorso mese, mi dirigeva la lettera che, per assecondare le pie intenzioni del Principe di santa Chiesa, stimo opportuno presentare a Vostra Eccellenza, insieme con una breve notizia su questo Seminario di S. Calocero in Milano, a cui la lettera stessa si riferisce. In AME 03, pp. 657-658. Questo appello, proposto all’origine dal cardinale di Propaganda ma la cui prima idea risale ad anni addietro, esce con un orizzonte ampio rivolgendosi a tutti i vescovi d’Italia, ad ognuno dei quali viene inviato in forma di opuscoletto, comprendente anche la lettera di autorizzazione del prefetto del dicastero interessato e una breve informazione sull’Istituto e le sue missioni. M. richiama i passi dell’enciclica “Sancta Dei Civitas” (v. Lettera 151) riguardanti il dovere missionario dei vescovi, porta l’esempio della Francia con i suoi molti missionari, e raccomanda ai Pastori, con parole vibranti di amore e di zelo, l’Istituto e le missioni, mettendo l’accento sulla necessità che essi hanno di vocazioni. I primi vescovi a rispondere, su una ventina in tutto, sono mons. Riboldi (1839-1902) di Pavia, Bonomelli (1831-1914) di Cremona, Scalabrini (1839-1905) di Piacenza, gli ultimi due contrari a L’Osservatore Cattolico, ma molto aperti alle missioni. Tuttavia bisogna dire che i risultati non saranno, purtroppo, apprezzabili (v. Lettera 159). M. ad ogni modo è sempre coerente, e poiché s’era detto pronto ad accogliere suggerimenti atti a creare “un solido sistema di reclutamento” (v. Lettera 149), tenta ogni via utile allo scopo. Da notare anche la data dell’appello: la festa di San Giuseppe, onomastico di M. (TRAGELLA, II, pp. 442-445). 1 399 Nella medesima occasione e per l’identico scopo, sentendo profondamente come si verifichi anche per le cinque Missioni affidate a questo Istituto, il doloroso fatto, accennato dal S. Padre nella sua venerata Enciclica Sancta Dei Civitas del 3 Dicembre 1880, che vere parvuli petunt panem, et non est qui frangat eis; regiones albae sunt ad messem, et haec quidem multa, operarii autem pauci, pauciores forsitan propediem futuri [veramente i piccoli chiedono il pane, e non c’è chi loro lo spezzi; i campi già biondeggiano per la mietitura, e molti in verità, ma gli operai sono pochi, e forse più pochi in un prossimo futuro, Lam 4,4; Gv 4,35; Mt 9,37]; e mosso dal desiderio, non che dall’impulso del Regnante Pontefice Leone XIII, che a Vostra Eccellenza, come a tutti i Vescovi dell’Orbe Cattolico, nella su accennata Enciclica ripeteva: Vos igitur, Venerabiles Fratres, in partes sollicitudinis Nostrae vocatos etiam atque etiam jam hortamur, ut concordibus animis apostolicas missiones sedulo vehementerque adjuvare Nobiscum studeatis, fiducia in Deum erecti, et nulla difficultate deterriti [Voi dunque, Venerabili Fratelli, chiamati a prender parte alla Nostra sollecitudine, vi esortiamo sempre più affinché, con animo concorde, cercate di aiutare assieme a Noi le missioni apostoliche con intensa operosità, ponendo ogni fiducia in Dio e senza spaventarvi per qualsiasi difficoltà]; ardisco di raccomandarle in ispecial modo questo Seminario di san Calocero, perché Ella, nel suo zelo pastorale lo riguardi benevolmente, ed all’incremento di esso, che Le sta sì vicino, applichi in particolare quelle parole della Lettera Pontificia: Si quos ergo noveritis divinae gloriae studiosos et ad sacras expeditiones suscipiendas promptos et idoneos, his addite animos, ut explorata compertaque voluntate Dei, non acquiescant carni et sanguini, sed Spiritus sancti vocibus obtemperare festinent [Perciò a coloro che conoscete come solleciti della gloria divina, pronti e adatti ad intraprendere le sante missioni, fate coraggio, perché, dopo aver esaminata e conosciuta la volontà di Dio, non cedano a richieste umane, ma si affrettino ad obbedire alla voce dello Spirito Santo]. La Francia da sola conta fra i Missionari, che lavorano sotto tutte le latitudini per l’adempimento del Regno di Gesù Cristo, non meno di quattro mila dei suoi valorosi figli; e la terra che 400 possiede le reliquie dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, la terra privilegiata nella quale ha la sua dimora il Capo della Cattolica Religione, il Maestro Infallibile della Verità, non dovrebbe emulare quella Nazione tanto gloriosa della Propagazione della Fede? Ma ohimè! Che illanguidendosi la fede e raffreddandosi la carità, invece d’aumentare, diminuisce qui il numero di quei generosi che sospingono lo sguardo oltre i monti ed oltre i mari, a contemplare l’immensa sciagura di popoli interi che giacciono da secoli sepolti nelle tenebre e nelle ombre di morte, ignari affatto dell’ultimo loro fine e della venuta pietosissima del Figlio di Dio sulla terra. Eppure non si è incarnato, ha patito ed è morto anche per la salute di quelle anime il Redentore? È scritto che chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvo; ma come avverrà che quelle genti l’invochino, se non credono in lui? E come crederanno in Colui di cui non hanno udito parlare se non s’inviano coloro dei quali sta scritto: quanto sono belli i passi dei nunzi della pace, dei nunzi del bene? E chi li invierà se non quelli che hanno la virtù di creare i sacerdoti dell’Altissimo, di educarli alle battaglie del Signore, di infiammarli con la voce e con l’esempio alla conquista delle anime? Perciò, stretto dai gemiti che mi giungono dalle regioni Asiatiche, porgo a Vostra Eccellenza le più vive preghiere perché nell’atto di richiamare all’ottimo suo Clero i desideri ardenti del S. Padre, gli ponga sott’occhio anche il mio Seminario, sicché divenga questo il campo ove la maggior parte degli italiani compia quei voti. Oh! Se ciascuna Diocesi d’Italia mi desse anche un solo Missionario, quale benedizione recherebbe alle nostre Missioni! Quante anime si guadagnerebbero a Cristo! La Regina dei SS. Apostoli e il suo purissimo Sposo S. Giuseppe, a cui è sacro questo giorno, assieme all’Apostolo delle Indie S. Francesco Saverio, Le rechino le più elette grazie del Cuore santissimo di Gesù Cristo, e Le diano di esaudire le mie umili preghiere, a gloria della Redenzione. Frattanto, Vostra Eccellenza, voglia alzare la destra e aprire il suo cuore paterno per benedire me, i Confratelli che mi coadiuvano e le Missioni che ci sono affidate. Poiché se abbiamo bisogno dell’opera dei Vescovi per avere gli operai, abbiamo bisogno 401 del loro consiglio e del sussidio della loro preghiera per educarli a seconda dello spirito forte e soave della Cattolica Chiesa. Con la benedizione, se non Le torna di disturbo, voglia Ella degnarsi d’inviarmi parola che mi assicuri dell’alta protezione di Vostra Eccellenza, alimenti la nostra speranza nella attuale sterilità, e mi metta in posizione di rendere all’eminentissimo Cardinale Simeoni, il conforto della buona novella che desidera, a consolazione anche dell’afflitto Pontefice il quale, assecondando il suo animo grande, vorrebbe associare col ravvedimento dell’Italia, la gloria degli italiani nello sviluppo delle Missioni Estere. Con la più profonda venerazione Le bacio il sacro anello, dicendomi Dell’Eccellenza Vostra Il.ma e R.ma, Ossequientissimo e Obbedientissimo servo Sac. Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni 402 154. A MONS. SIMEONE VOLONTERI 21 aprile 1882 i missionari restino nella missione di destinazione Milano 21 Aprile 1882 Eccellenza Reverendissima1 Ella mi scrisse da Hong Kong il giorno di S. Tommaso, ed io le scrivo nella festa di un altro S. Dottore della Scolastica, S. Anselmo. I due Santi Dottori ci siano di aiuto a ben cogliere il vero e il retto. Io devo rispondere alla proposta che l’Eccellenza Vostra mi ha fatto di mandare secondo il suo desiderio il P. Zulberti in Birmania togliendolo al Ho-nan. Mi spiace assai, ma io trovo della massima importanza il mantenere inviolato il sistema, che la destinazione dei Missionari fatta dalla S. Congregazione di Propaganda dietro la proposta del Direttore del Seminario resti ferma nonostante le difficoltà che possono insorgere. L’Eccellenza Vostra nella sua saviezza può ben calcolare quale disordine nascerebbe, se si dovessero seguire le diverse voglie degli alunni. È condizione indispensabile per il Missionario che sia disposto interamente a recarsi dovunque l’obbedienza lo invia senza scegliere da sé la propria posizione. Io compatisco le sofferenze del P. Zulberti, ma egli deve preferir mille volte il volere di Dio manifestato per mezzo di coloro che l’hanno inviato ad ogni suo pri1 In AGPIME 17,3, p. 307. M. riafferma un altro principio che lo guida nella sua responsabilità di Direttore dell’Istituto: i missionari non devono cambiare di loro iniziativa la destinazione avuta da Propaganda dietro proposta del Direttore, né il superiore della missione deve permetterlo. E, al solito, M. aggiunge i motivi per attenersi a questa norma. Il missionario in questione è il trentino Antonio Zulberti (1853-1924), rientrato in diocesi nel 1884. 403 vato intendimento. Ond’è che io prego e scongiuro l’Eccellenza Vostra R.ma per quell’amore che porta al nostro Istituto di chiamar senza ritardo il P. Zulberti al Ho-nan e abbandonar del tutto ogni idea di trasloco. Procuri finché si è ristabilito di collocarlo in posizione favorevole al suo fisico, ma neppur si pensi un istante a cambiare destinazione. Ne ho scritto al P. Burghignoli e ne scriverò domani al P. Zulberti stesso. Mi fido dell’Eccellenza Vostra, che contro ogni mio merito mi ha sempre ascoltato altre volte, che vorrà consolarmi prontamente anche in questo, scrivendo io dopo aver maturamente meditato il punto e consultati i miei rispettabili colleghi, che sono in pieno accordo con me. Mi dia la sua Santa Benedizione e mi creda Suo Aff.mo e D.mo in Cristo Sac. G. Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni P. S. Devo aggiungere che il P. Zulberti, preso bene, è assai docile e si piegherà a tutto. Bisogna fargli coraggio e persuaderlo che in Birmania, come dice Mgr. Biffi, si troverebbe assai peggio, essendo colà sempre all’ordine del giorno il caldo e l’umido in grado eroico. Ben diretto e animato, il P. Zulberti farà, lo spero, assai bene. 404 155. A D. GIACOMO SCURATI 28 aprile 1882 cerca vocazioni mentre accompagna mons. Biffi I. M. I Torino 28 Ap. 1882 Carissimo e Degnissimo D. Giacomo1 Due sole parole di fretta. L’altro ieri arrivati felicemente a Genova; accolti con somma gentilezza e trattati splendidamente presso le Suore Marcelline; visita a Mgr. Arcivescovo, che si duole di non poterci aiutare, visita a Mgr. Vescovo di Sarzana, a D. Piccardo, al Collegio Brignole; soggetti per ora non si trovano, speranze discrete. Ieri sera giungemmo a Torino; accolti cortesissimamente da questi buoni Padri Salesiani; ora vado a celebrare; domani partiremo, a Dio piacendo, per Lione. Perdoni il 1 In AME 07, p. 343. Eugenio Biffi, richiamato da Cartagena di Colombia nel 1867 per far da superiore alla nuova missione della Birmania Orientale (v. Lettera 105), ne è prefetto apostolico dal 1868 al 1881, quando viene convocato a Roma da Leone XIII, che lo riceve in udienza con M. il 20 gennaio 1882 e gli propone la nomina ad arcivescovo di Cartagena, il suo primo campo di missione. Mons. Biffi riceve la consacrazione episcopale da mons. Ballerini a Milano, nella sua parrocchia di Nostra Signora del Carmine (BRIOSCHI, pp. 333-336), il 19 febbraio 1882 e reggerà la nuova sede per 14 anni, morendo l’8 novembre 1896 in concetto di santità. M. gli concede come aiuto il suddiacono Adamo Brioschi (1860-1943), che gli succederà come vescovo e ne scriverà una voluminosa biografia, e vuole accompagnare i due nel loro viaggio fino a Saint Nazaire, in Francia, dove s’imbarcheranno. La lettera accenna frettolosamente alle tappe compiute, cui bisogna aggiungere Parigi, tutti luoghi scelti per cercare vocazioni e aiuti per le missioni (BRAMBILLA, pp. 233-244). 405 modo telegrafico dello scritto. Saluti a tutti; noi tutti in ottima salute e in ottimo spirito e santa unione. Preghi per L’Aff.mo in Cristo Sac. G. Marinoni 406 156. A MONS. DOMENICO M. GELMINI 19 giugno 1882 chiede e ottiene un chierico per le missioni I. M. I Milano il 19 Giugno 1882 Eccellenza R.ma1 Mi sono consolato nell’intendere che l’Eccellenza Vostra andava rimettendosi dall’infermità, che l’aveva colto non molto tempo fa e spero che la Beatissima Vergine ascolterà le preghiere che da ogni parte si fanno per la conservazione della sua preziosa salute. Ora io vengo a chiederLe una grazia che l’Eccellenza Vostra non mi vorrà certamente negare, così benigna com’è e così zelante della salvezza delle anime più misere ed abbandonate. Uno dei suoi buoni Chierici, il Sig. Vincenzo Bottoni, da lungo tempo aspira a riservarsi per la conversione dei poveri infedeli. L’ottimo Mons. Gelmini, che ha sempre avuto per il Seminario di S. Calocero e per il suo povero Direttore una speciale bontà, come può rigettare la mia preghiera e quella di un tal Chierico? Questa mia le giungerà la Vigilia di S. Luigi Gonzaga o l’antevigilia. S. Luigi accoglierà sotto la sua protezione questa supplica, e otterrà la 1 In AME 07, p. 353. Sempre audace nelle sue richieste, quando si tratta di vocazioni, M. lo è ancor di più se il vescovo in questione è un amico del seminario per le Missioni Estere, come mons. Gelmini, rettore del seminario di Lodi al tempo della fondazione e poi vescovo della stessa diocesi dal 1871 (COLOMBO, PIME, p. 119, nota). Vincenzo Bottoni (1864-1887) parte per la Cina (Nanyang) nel 1886 e purtroppo vi muore l’anno dopo. 407 grazia desiderata. Non è vero? Senza incomodarsi a rispondermi, faccia il favore (se pure non è troppo il mio ardire) di scrivere sotto a questa mia lettera l’annuimus [acconsentiamo] e tutto è compiuto. Io mi prostro al bacio del S. anello e invoco la sua santa Benedizione, confermandomi Dell’Eccellenza Vostra R.ma U.mo e D.mo Servo Sac. G. Marinoni Annuimus Laudae 28 Junii 1882 + Dominicus Maria Episcopus 408 157. AL SUDDIACONO EMMANUELE SAGRADA 13 agosto 1882 un altro generoso dono del vescovo di Lodi I. M. I. Milano il 13 Ag. 1882 Carissimo1 Benedite la SS. Vergine Regina degli Apostoli, e poiché vi sentite chiamato dal Signore alla carriera di Missionario venite in nomine Domini [venite nel nome del Signore], ed io vi accolgo di gran cuore. Portate l’assenso in iscritto del vostro veneratissimo Vescovo, che so già esser disposto a favorirvi, e presentategli i miei più profondi ossequi e più sinceri ringraziamenti. Obsecro vos ut digne ambuletis vocatione qua vocati estis [Vi esorto a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, Ef 4,1], ecco l’unica raccomandazione che vi faccio dicendomi di tutta fretta Vostro aff.mo in Cristo Sac. G. Marinoni 16 In AME 07, p. 363. Come s’è detto nella nota alla lettera precedente, M. è fiducioso nei vescovi che hanno legami con l’Istituto a riguardo delle vocazioni missionarie. Mons. Gelmini dà volentieri il suo assenso per il suddiacono aspirante alle missioni, e questa volta si tratta di un prezioso dono. Don Vittorio Emmanuele Sagrada (1860-1939) lavorerà in Birmania a Toungoo (Taungngu) per 55 anni e ne sarà vescovo vicario apostolico dal 1908 al 1937. 409 Se venite subito trovate qui tutta la Comunità e il giorno dell’Assunta mi farete da Suddiacono, e poi il giorno appresso andrete in campagna con gli altri vostri colleghi fino verso la Madonna di settembre. *** Da parte mia acconsento che il sovrafirmato Mons. G. Marinoni, Direttore Degnissimo del Seminario delle Missioni Estere, riceva nel suo Seminario il mio Chierico Suddiacono Sagrada Emmanuele e ben esaminata la sua Vocazione lo diriga o meno alla sant’opera sicut Domino placuerit [come piacerà al Signore]. Lodi 14 Agosto 1882 + Domenico Maria Vescovo 410 158. A MONS. LAURENZI – UDITORE DI S. SANTITÀ 11 ottobre 1882 implora di poter accogliere liberamente i candidati alle missioni come i religiosi SEMINARIO delle MISSIONI ESTERE Via S. Calocero N. 7 MILANO L’undici Ottobre 1882 Eccellenza R.ma1 Ascriva, Monsignore mio veneratissimo, tutta la colpa del mio ardire alla sua esimia bontà ed alla eminente posizione che occu1 In AME 07, pp. 383-386. La difficoltà ad ottenere che i vescovi diano a San Calocero i loro sacerdoti o chierici che aspirano alle missioni è, lo sappiamo, un ritornello dolente sulla bocca di M.; non bastano sollecitazioni di lettere o appelli per quanto autorevoli, come la “preghiera ossequiosa” del 1882 (v. Lettera 153), bisogna trovare una via nuova d’uscita. E M. la tenta coraggiosamente. L’occasione prossima gli viene dal rifiuto di mons. Gaetano Camillo Guindani (1834-1904), vescovo di Bergamo, che nel 1882 si dice spiacente di non poter concedergli due sacerdoti. Il suggerimento giunge da un minutante di Propaganda, mons. Agliardi, e M. scrive in seguito all’uditore del Pontefice, mons. Carlo Laurenzi, questa lettera in cui avanza la proposta di poter accogliere liberamente gli ecclesiastici che si sentono chiamati alle missioni, come fanno i religiosi, il seminario missionario di Roma, il seminario Pio. A M. non mancano ragioni e calore per persuadere, ma prima di rivolgersi direttamente al Papa, chiede al competente destinatario di sondare se ci siano speranze di venir esauditi. E, dopo che questi l’ha incoraggiato a procedere, scrive la lettera seguente. 411 pa presso il Beatissimo Padre, se nelle mie necessità vengo con fiducia a bussare alle sue porte già tanto assediate da mille altri supplicanti. L’Eccellenza Vostra conosce da tempo l’obbligo ben grave, che mi incombe, di inviare alle Missioni dalla S. Sede affidateci valenti operai per la conversione dei poveri Gentili. Questo piccolo Seminario istituito sin dall’anno 1850 per espresso desiderio del Sommo Pontefice Pio IX, regolato con norme sancite dalla S. C. di Propaganda, svolgendo di man in mano più ampiamente le sue operazioni, ora annovera sei Missioni, tre nelle Indie, tre in Cina, e tutti i Superiori di esse, mentre benedicono il Signore dei loro lieti successi, mi fanno vive e continue istanze, affinché io le provveda di un numero sufficiente di Missionari che rimpiazzino coloro che le malattie, le morti, i trasferimenti mettono fuori combattimento, ed anche aumentino il piccolo drappello in modo corrispondente al crescere della messe evangelica. Io faccio dal canto mio quanto posso e col divino favore sono riuscito a raggranellare un po’ di studenti di teologia in questa Casa, rimasta deserta dopo che Mgr. Biffi si condusse via per suo segretario l’ultimo alunno, che mi era rimasto, in seguito alla spedizione di 4 Missionari alla Cina verso la fine del Dicembre 1881. Attribuisco alla speciale Benedizione del S. Padre e alla benigna premura che la S. C. di Propaganda, interprete fedele del Vicario di Cristo, si prese per raccomandare ai R.mi Vescovi dell’Alta Italia l’umile Casa di S. Calocero, l’esito felice dei miei sforzi. Ma gli alunni entrati sono Missionari ancora in erba, non ho tra essi alcun Sacerdote e la maggior parte incominciano quest’anno gli studi delle scienze sacre. La difficoltà maggiore ad avere quel numero di operai evangelici, che mi sarebbe necessario, devo dirlo, viene dal divieto che gli aspiranti incontrano presso i loro R.mi Ordinari. Non di rado degli ecclesiastici, che volentieri sarebbero venuti a S. Calocero, sono entrati in Congregazioni religiose valendosi del diritto che i Sacri Canoni attribuiscono a chi aspira alla perfezione monastica. Oh se il S. Padre trovasse nella sua alta saviezza e bontà il modo di aiutare questa nostra Casa, ed in vista della nostra intera soggezione alla S. C. di Propaganda, in vista dei frutti conso412 lanti finora raccolti, in vista soprattutto dell’estrema miseria delle nazioni infedeli, e dei milioni e milioni di anime, che periscono perché parvuli petierunt panem et non erat qui frangeret eis [i piccoli chiesero il pane e non c’era chi lo spezzasse loro, Lam 4,4], disponesse che si possano liberamente accogliere quegli Ecclesiastici che si sentono chiamati a volare al soccorso delle Missioni Estere, come le Congregazioni religiose accolgono i postulanti nelle loro Case, qual salutare provvedimento sarebbe questo! Il Santo Padre Pio IX costituendo il Seminario Pio per le Diocesi del suo Stato aveva imposto agli alunni di esso il giuramento di ritornare, compiuti che avessero gli studi, alle loro rispettive Diocesi, salvo il caso che si sentissero chiamati alle Missioni. Nelle stesse Congregazioni religiose, se un soggetto si sente chiamato alle Missioni, i Superiori non possono interdire loro la via. Il Collegio Mastai in Roma accoglie quanti chiedono l’ammissione in esso, se non sono male informato. Se una simile grazia fosse a noi accordata dalla Somma Benignità di Leone XIII!, che dico a noi? è ai poveri infedeli, è a quelle Missioni che il S. Padre con apposita Enciclica, e con reiterate raccomandazioni, ha esortato tutto il mondo Cattolico a soccorrere, è a questa opera caritatevolissima e così cara al Suo Cuore, che la grazia sarebbe fatta. Ma prima di umiliare le mie suppliche al Trono del Vicario di Cristo, ho stimato bene di rivolgermi all’Eccellenza Vostra per esplorare ossequiosamente il pensiero del Supremo Gerarca, se cioè potrei sperare di essere esaudito, disposto a tacere ove la cosa corresse diversamente. L’Eccellenza Vostra mi ha inteso. Mi benedica e mi creda Suo U.mo, E.mo, Obb. Servo Sac. Giuseppe Marinoni 413 159. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 21 novembre 1882 esplicita la supplica che il Papa dia il privilegio di ammettere liberamente gli aspiranti alle M.E. SEMINARIO delle MISSIONI ESTERE Via S. Calocero N. 7 MILANO Il 21 Nov. 1882 Festa della Presentazione di Maria SS. Eminenza Reverendissima1 Affido alla Beatissima Vergine Patrona specialissima di questo Seminario delle Estere Missioni una preghiera, il cui esaudi- 1 In AME 07, pp. 405-407. Lo scritto al card. Simeoni, prefetto di Propaganda, formula la richiesta da presentare a Leone XIII che San Calocero abbia il privilegio concesso alle congregazioni religiose di accogliere liberamente gli aspiranti alle Missioni Estere, riassumendo le ragioni che lo rendono necessario. Tragella osserva che il testo deve aver creato qualche difficoltà al cardinale, ma mons. Agliardi propone di introdurre un emendamento per superare le titubanze di Simeoni, e così la supplica viene accolta dal Santo Padre nell’udienza del 3 dicembre al segretario di Propaganda Domenico Jacobini. La risposta dice che il Papa: “Si è degnato di acconsentire per grazia alla richiesta per un biennio per uno o due sacerdoti per ogni diocesi; con la clausola tuttavia che, se insorgono gravi difficoltà coi vescovi, il direttore del seminario ne riferisca alla Sede Apostolica” (AME 02, p. 163, originale in latino). Agliardi comunicherà poi a M. forse un po’ perplesso per quella clausola: “L’interpretazione del privilegio, veramente straordinario, anzi unico, è questa, 414 mento apporterebbe, non ne dubito, un rimedio efficacissimo alle condizioni penose di questo Istituto per la scarsezza dei suoi alunni, che la S. C. di Propaganda ebbe spesso a rimarcare con dolore, gravando la mia coscienza perché non lasciassi intentata alcuna via di proporzionarne il numero al bisogno delle Missioni a noi dalla medesima benignamente affidate, e porgendomi essa stessa la mano col suggerirmi di indirizzarmi ai R.mi Vescovi dell’Alta Italia e di presentare loro la miseria di tanti milioni di infedeli, che aspettano il pane della vita, né vi è alcuno che loro lo spezzi. Ma le mie istanze non ebbero che un tenuissimo effetto, sebbene oltre ai Vescovi dell’Alta Italia, io scongiurassi tutti i R.mi Ordinari della Penisola. Che fare adunque? Considerando come il Beatissimo Padre tiene così vivamente a cuore l’opera pietosissima delle Estere Missioni, e come la sua grand’anima abbraccia tutti i popoli della terra, a Lui da Cristo affidati, col più intenso amore, ciò che evidentemente dimostrano la sua stupenda Enciclica Sancta Dei Civitas e l’altra dell’ultimo Giubileo (per tacere delle cure assidue con cui si argomenta di richiamare alla Fede i popoli che l’hanno perduta), ho pensato che l’Eminenza Vostra, così sollecita, com’è, del bene delle Missioni, avrebbe la bontà di appoggiare una mia umilissima supplica al Vicario di Gesù Cristo, con cui implorerei che a questo Seminario di S. Calocero, fondato dietro espresso desiderio di Pio IX di santa e cara memoria, dipendente in tutto dalla S. C. di Propaganda, governato con regole da essa approvate, onorato più volte dalla medesima con testimonianze di singolare benevolenza, benedetto dal Cielo con i più consolanti successi, il S. Padre si degnasse accordare, in vista del suo nobilissimo scopo e dell’estrema necessità delle nazioni infedeli, il privilegio che Ella può, invitis Episcopis [pur non volendo i vescovi], rubare loro due chierici per ciascuna diocesi e farli ordinare senza le loro dimissorie ed inviarli nelle missioni; ma non può tenerne contemporaneamente nel suo seminario più di due (...) per non recare loro [ai vescovi] un vero danno e troppo rincrescimento. Ciò non toglie che Ella ne possa avere da Milano anche quattro, purché, però, anche i rubati a Milano in questo biennio non siano più di due conviventi nel seminario” (AME 02, p. 175; TRAGELLA, II, pp. 447-448). 415 come quello concesso alle Congregazioni Religiose, di ammettere liberamente gli aspiranti alle Estere Missioni e dopo mature prove inviarli alle medesime. Tanto più che negli stessi Ordini Regolari è prescritto che se qualche religioso si sentisse chiamato alle Missioni Infedeli, non si possa interdirgliene la via dai Superiori; e nel giuramento imposto dalla S. C. di Propaganda a coloro che aspirano alle Missioni Estere per abilitarli con questo titolo ai Sacri Ordini, è vietato di abbandonare la Missione per entrare in qualsiasi Congregazione religiosa. Nella dolce fiducia che il Beatissimo Padre voglia esaudire il gemito dell’ultimo dei suoi figli e aprirmi l’adito ad accogliere quel numero di soggetti che Egli stesso e la S. Congregazione desiderano di vedere nell’umile Seminario di S. Calocero, passo a dichiararmi coi sensi della più profonda venerazione Dell’Eminenza Vostra R.ma U.mo, D.mo, Obb. Servo e Figlio Sac. Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario suddetto 416 160. A MONS. SIMEONE VOLONTERI 17 novembre 1883 “Le Missioni sono affidate al Seminario di S. Calocero” I. M. I. Milano 17 Nov. 1883 Eccellenza R.ma1 Non le ho scritto ancora che ebbi una carissima visita dall’ottimo P. De Brest. Egli vorrebbe incaricarsi dell’assegno della S. Infanzia per il Ho-nan. Siccome io ho fatto di tutto perché gli assegni passassero per S. Calocero, giovando ciò estremamente per la più intima unione di tutte le nostre Missioni con la Casa Madre, perciò ho detto al P. Brest, che non mi oppongo che li riscuota, purché mi dia avviso opportuno, e attenda le mie risposte. Non vorrei che ci distaccassimo troppo e che divenissimo forestieri del tutto. Perciò la prego a pensarvi seriamente e a dirmi nettamente il suo pensiero. Le Missioni sono affidate al Seminario di S. Calocero, ed è per conseguenza necessario che tutto si faccia con la più affettuosa e stretta unione di menti e di cuori. L’Eccellenza Vostra ha veduto che al bisogno ho saputo prestarle la somma di 20.000 franchi, ne ho raccolto metà all’epoca della carestia. 19 In AGPIME 17,3, p. 361. Altro principio che M. difende per il suo governo è di essere tenuto al corrente delle offerte, soprattutto degli assegni dell’Opera della Propagazione, che i vescovi o superiori delle missioni ricevono. E ciò per non diventare estranei gli uni agli altri, e conservare l’unione tra San Calocero e le missioni. 417 Stiamo perfettamente uniti in vinculo pacis [nel vincolo della pace]. Mi benedica e mi creda Suo aff.mo e D.mo Servo in Cristo Sac. G. Marinoni 418 161. A MONS. TIMOLEONE RAIMONDI 1° dicembre 1883 se lei esige missionari perfetti mi lasci il tempo necessario per formarli I. M. I. Milano il 1 Dic. 1883 Vigilia di S. Francesco Saverio 3° della Novena dell’Immacolata Eccellenza R.ma1 Rispondo alla venerata sua del 27 settembre rendendole vive grazie delle utilissime osservazioni che mi fa sulle virtù necessarie al Missionario, nelle quali per grazia del Signore dipinge in gran parte il Vicario Apostolico di Hong Kong. Solo bramerei che, come l’Eccellenza Vostra richiede che il Missionario sappia prendersi in pace una risposta un po’ brusca dal suo Superiore R.mo Missionario veterano, così del Missionario veterano possa dirsi: non habemus Pontificem qui non possit compati infirmitatibus nostris [non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, Eb 4,15], ma sia tale qui condolere possit illis, qui ignorant et errant, quoniam et ipse circumdatus est infirmitate [che possa sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza, Eb 5,2]. 1 In AGPIME 02,1, pp. 9-10. M. non solo stima ed ama i suoi missionari e soprattutto i vescovi che hanno un peso più grave da portare, ma valorizza le loro osservazioni. Così assicura a Raimondi che leggerà nelle conferenze agli alunni le sue note sulle virtù che deve avere il missionario. E tuttavia non teme di fare qualche paterno richiamo, come dire a Raimondi che sappia tollerare qualche brusca risposta, compatire le debolezze dei missionari, e, dal momento che li vuole perfetti, lasci a lui maggior tempo per formarli. 419 Vorrei altresì che l’ottimo e amatissimo Mgr. Raimondi, che esige e con ragione Missionari perfetti o almeno prossimi alla perfezione, mi lasciasse il tempo necessario per formarli, perché l’esperienza mi ha insegnato e ripetuto che spedizioni immature contristano chi manda e chi riceve. Non chiedo dilazioni suggerite dall’indolenza, ma ho sempre toccato con mano le sue preziose osservazioni che la disciplina, benché al presente non videtur gaudii sed moeroris, postea autem exercitatis per eam fructum pacatissimum affert jucunditatis [non sembra causa di gioia, ma di tristezza; però dopo arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati, Eb 12,11]. Dunque, Monsignor mio veneratissimo, … io, tacitis tacendis [tacendo quanto va taciuto], leggerò le Sue preziosissime osservazioni nelle conferenze che tengo al Giovedì ai miei carissimi alunni (non al Sabato sera, perché assistono anche i domestici alle riflessioni sul santo Vangelo), e me ne prometto gran frutto. Scriva pure tutto quello che la sua lunga e svariata esperienza Le ha insegnato nei trenta e più anni di ministero apostolico, e io ne farò tesoro per condurre a buon fine il regolamento del nostro Istituto, che mi sta in cima ai pensieri. Le chiedo con profonda riverenza e con vivo affetto la Santa Benedizione baciandole il sacro anello e dicendomi Dell’Eccellenza Vostra R.ma U.mo e D.mo Servo in Cristo Sac. G. Marinoni P. S. Se avesse utili notizie da comunicarmi sulla Missione del Honan ora divisa in due Vicariati, mi saranno graditissime2. 2 La missione del Honan viene divisa in due nell’agosto 1882, con Volonteri nella parte nord e Stefano Scarella (1842-1902) in quella sud, ma per oltre un anno ancora continuano unite sotto l’autorità del vicario apostolico Volonteri, però di fatto, essendo questi assente, dirette in sua vece, dal pro-vicario Scarella. Se non che, per molte svariate ragioni, si dovrà venire ad un cambio di sede tra i due, con Volonteri al sud e Scarella al nord, come si vedrà. 420 Faccio mille auguri a tutti per le Feste di Natale e per il nuovo anno. Dica al P. Burghignoli che ho pagato al Cav. Pietro Marietti il Manuale Pietatis, le Meditationes brevissimae 3 Copie, l’Avancino, Vita di N.S.G.C., e l’importo in £ 8,10. 421 162. A MONS. STEFANO SCARELLA 15 dicembre 1883 per la pacifica sistemazione dei due vicariati I. M. I. Roma 15 Dic. 1883 Ottava di Maria SS. Immacolata Eccellenza R.ma1 Io la ringrazio delle compitissime lettere che ha scritto a me ed anche al R.mo Mgr. Volonteri, nelle quali assieme ai compagni abbiamo (in mezzo alla pena, che ci recava il grave imbarazzo della loro situazione) notato con gran soddisfazione la calma, la saviezza, lo spirito di sacrificio con cui Vostra Eccellenza procedette in difficili congiunture. La ringrazio poi specialmente per essersi rimesso interamente con filiale fiducia a quanto giudicherò necessario proporre alla S. Sede per la pacifica sistemazione dei due Vicariati. Di fatto appena giunte le loro lettere e inteso il consiglio dei miei rispettabili colleghi, volai a Roma ed ho proposto che l’Eccellenza Vostra sia nominata Vicario Apostoli- In AGPIME 02,1, p. 11. Quando M. scrive questa lettera, la questione dei titolari delle parti del Honan può dirsi conclusa da parte di San Calocero e di Propaganda: Scarella andrà vicario apostolico al nord (Weihwei) e Volonteri resterà al sud (Nanyang); si attende solo la sanzione del Papa. Ma Scarella sembra ancor indeciso per la sua accettazione, anche se M. lo saluta già come vescovo del nuovo vicariato. Finalmente dirà il suo sì, e sarà consacrato vescovo il 19 marzo 1884 nella cattedrale di Nanyang, assente Volonteri malato seriamente per gli strapazzi apostolici degli ultimi mesi. Rimane ancora il problema della distribuzione del personale nelle due aree. E M., lo stesso giorno, ne scrive ai missionari (v. Lettera seguente). 1 422 co del Nord, e Mgr. Volonteri del Sud. La proposta ha incontrato il gradimento di Mgr. Segretario di Propaganda e dell’E.mo Card. Prefetto. Domani sera verrà sottoposta alla sanzione del S. Padre, e se l’esito, come tutto porta a sperare, sarà favorevole, Lunedì ne avrò certa notizia, e spero che fra due o tre giorni potrò portar con me a Milano il Rescritto analogo, che manderò subito Sabato venturo al corriere francese per il Ho-nan. Può pensare se prego di cuore che lo Spirito Santo lo ricolmi di tutti i suoi doni, e ne faccia un santo Vescovo. Ho un po’ di amor proprio, perché Gloria Patris est Filius sapiens [la gloria del Padre è il Figlio sapiente], ma il vero Padre a cui solo si deve la gloria è Dio: soli Deo honor et gloria in saecula saeculorum [a Dio solo l’amore e la gloria nei secoli dei secoli, cf. 1Tm 1,17]. Mi abbia sempre per Suo aff.mo e D.mo Servo Sac. G. Marinoni 423 163. AI MISSIONARI DEL HONAN 15 dicembre 1883 raccomanda concordia, sottomissione, preghiera I. M. I. Roma 15 Xbre 1883 Ottava di Maria Immacolata Miei Carissimi Missionari del Honan1 Benché mi trovi da voi lontano, con lo spirito e col cuore sono sempre in mezzo a voi, e prendo il più vivo interesse ai vostri svaghi, alle vostre pene, alle vostre consolazioni, ai frutti del vostro zelo. È grande, o dilettissimi, il fine per cui sulle orme di S. Francesco Saverio vi siete recati in codeste remotissime regioni per essere luce del mondo, sale della terra, e non vi dovete perciò stupire se il Demonio suscita senza posa nuovi imbarazzi alla vostra salutare missione, e se di tratto in tratto vi trovate in difficili circostanze, come sono quelle che vi affliggono al presente. Ma non dubitate che diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum [tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, Rm 8,28]; le tempeste fanno apparire la bravura del pilota e dei marinai. È allora che gli animi si stringono più intimamente in santa unione, è allora che si sente più che mai il bisogno della concordia, dell'azione unanime, della perfetta sottomissione ai Superio1 In AGPIME 17,3, p. 363. Come si può leggere, M. non fa nomi per chi debba restare nell’antico vicariato o passare nel nuovo. Quello che gli preme è che tutto si compia nell’obbedienza e nella concordia tra loro, con i superiori, i fedeli, con tutti. Se aggiunge qualcosa è di affrontare tutto nella preghiera e con spirito di sacrificio. “Siate pronti a recarvi dovunque vi chiama l’obbedienza, a quegli uffici, a quelle occupazioni che Dio per mezzo dei Superiori vi affida”. 424 ri, del ricorso filiale a Dio, alla Vergine nostra Madre, ai Santi Avvocati. Guardate a Gesù Bambino, che viene ad insegnarci ogni sorta di virtù, ma sopratutto l'obbedienza e l'amore; humiliavit semetipsum factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis [umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce, Fil 2,8]. Ricordatevi di quel bel testo che io vorrei imprimere profondissimamente nel cuore di tutti i miei Missionari: Filii sapientiae Ecclesia justorum, et natio illorum obedientia et dilectio. Judicium patris audite filii, et sic facite ut salvi sitis (Eccli 3,1-2a) [I figli della sapienza sono l’assemblea dei giusti e la loro patria l’obbedienza e l’amore. Figli, ascoltatemi, sono vostro padre; agite in modo da essere salvati]. Siate pronti a recarvi dovunque vi chiama l'obbedienza a quegli uffici, a quelle occupazioni che Dio per mezzo dei Superiori vi affida: siate cor unum et anima una [un solo cuore e una sola anima] tra voi, siatelo con i vostri Superiori, siatelo con i fedeli, siatelo con tutti, di modo che si capisca che siete discepoli di Gesù Cristo, la cui scuola è tutta d'amore e di carità. Perdonate al vostro antico Direttore, che sente ringiovanirsi pensando a voi. Ieri ho avuto la fortuna impareggiabile di venerare da vicino nella Cappella di Mgr. Sacrista Marinelli la testa di S. Lorenzo ancora ottimamente conservata; gli occhi fluenti dalle orbite, come gocciole agghiacciate, visibile ancora la fermezza dell'aspetto: piansi e dissi tra me l'orazione: Da nobis vitiorum nostrorum flammas exstinguere, qui B. Laurentio tribuisti tormentorum suorum incendia superare [Dà a noi di estinguere le fiamme dei nostri vizi, tu che hai concesso al B. Lorenzo di superare l’incendio dei suoi tormenti]. Siamo fratelli dei martiri, amiamo il patire: imitari non piget quod celebrare delectat [non rincresce imitare ciò che piace celebrare]. Addio, carissimi, pregate per il Vostro Aff.mo in Cristo Sac. G. Marinoni 425 164. A MONS. SIMEONE VOLONTERI 23 febbraio 1884 cerca di calmarlo in attesa della divisione del Honan Milano il 23 Febb. 1884 Eccellenza R.ma1 Sento vivamente al cuore le angustie dell’animo suo, e prego il Sacro Cuore di Gesù che voglia benignamente acquistarlo, e parteciparle le consolazioni di cui esso è la sorgente perenne. Qui vigilaverint ad illam, complectentur placorem ejus. Qui tenuerint illam vitam hereditabunt et quo introibit benedicet Deus (Eccli 4, 13-14) [Quanti la cercano solleciti saranno ricolmi di gioia. Chi la possiede erediterà la gloria; qualunque cosa intraprenda, il Signore lo benedice, Sir 4,12-13]. Oh quanto sospiro la notizia della consacrazione di Mons. Scarella, della pacifica divisione dei due Vicariati; e come mi preme di conoscere chi si è recato al Nord con Mons. Scarella, e chi è rimasto al Sud coll’Eccellenza Vostra! Mi preme pur di 1 In AGPIME 17,3, p. 371-372. M. aiuta Volonteri a superare le angustie della divisione del Honan confidando nel Cuore di Gesù, e si mostra molto interessato a conoscere la distribuzione dei missionari nei due vicariati. Sappiano che con Scarella ad Weihwei va Angelo Cattaneo (1844-1910), missionario a Nanyang dal 1869, e Cristiano Graffy (1852-1896) partito per la Cina nel 1881, oltre a due preti cinesi, Lorenzo Sin e Giovanni Battista Niu, dei sette di Nanyang; al sud restano sette padri italiani e cinque preti cinesi. Il 22 aprile 1884 avviene il distacco dei due gruppi. Restando nella sua missione Volonteri si sente più libero ma anche più solo e angustiato di fronte alle difficoltà delle situazioni e degli uomini. Pallavicini (1849-1884) muore dopo solo un anno dall’arrivo in Cina e Zulberti (1853-1924) uscirà nel 1884 per far rientro nella diocesi di Trento (sulle vicende dei due vicariati fino alla morte di M. v. TRAGELLA, III, Parte I, capp. X e XI). 426 sapere come vanno le cose in Cina, e come sono quiete le nostre cristianità! Al P. Zulberti scrivo oggi stesso. Ho dato £ 200 per P. Pallavicini alla sua famiglia, come egli mi scrisse il 21 Dicembre scorso Maria Mellano, sorella del P. Giambattista, visto che dimora in Fossano, mi ha fatto domandare l’indirizzo del fratello per mezzo del Segretario di Mgr. Vescovo, perché non ha mai ricevuta una riga dalla Cina. Il 22 del passato mese mandai £ 50 alla madre del P. Mellano per sussidio. Mi spiace assai che l’Eccellenza Vostra abbia mandato i rapporti alla S. Infanzia ed alla Propagazione della Fede senza farli passare per S. Calocero2. Si ricordi che le Missioni sono state affidate al Seminario di S. Calocero, e che il Direttore di questa Casa ha necessità di conoscere bene lo stato delle Missioni; e le Missioni sentiranno sempre vantaggio dal tenersi in piena comunicazione con la Casa Madre. Non mi rompa per carità quella bella unione, che io ho procurato con ogni impegno di stringere fra di noi: non mi divenga estraneo in cosa di tanta importanza per il buon procedimento delle Missioni. Aspetto una copia o almeno un sunto dei due rapporti. Riguardo alle Messe ecco le mie annotazioni 13 Maggio 1882. Ricevuti fr. 600 per elemosine Messe 600 10 Giugno ” Arrivo del R.mo Mgr. Volonteri 13 Giugno ” Mandate a D. GB. Ungaro L. 150 per Messe 150, L. 3 per vaglia etc. a nome di Mgr. Volonteri sulle 600 date al Honan da Lione 2 M. torna ancora sulla questione dei rapporti relativi ai sussidi che non passano per San Calocero, al quale spetta conoscere la situazione in materia, e ne ripete le motivazioni. Gli sta molto a cuore che questo resti una norma da seguire. Si scusa di doverlo ricordare, ma lo fa sempre assicurando la sua stima e il suo amore. Da parte sua, M. è sollecito e scrupoloso nel dare dati e informazioni al riguardo, specialmente per quanto concerne le Messe. 427 17 Giugno 1882 ho dato avviso a Mgr. Scarella dell’assegno di fr. 21m. della S. Infanzia, ma non ho aggiunto menzione delle Messe e mi ricordo bene che ho aspettato l’arrivo di Vostra Eccellenza per intendere da lei ciò che si doveva fare. Ritengo pertanto che l’Eccellenza Vostra avrà avvertito Mons. Scarella delle Messe, che voleva si celebrassero in Missione, e avrà forse ritenuto 50 o per sé o per altri, di modo che 400 si celebrassero in Missione, 150 si celebrassero dal P. Ungaro, e le 50 rimanenti solo l’Eccellenza Vostra può sapere in che modo siano state adempiute. Mi benedica e mi perdoni se per l’amore che Le porto sincerissimo e per l’amore che debbo all’Istituto, che indegnamente dirigo, Le parlo con somma schiettezza, salva sempre la profonda riverenza che devo al mio veneratissimo Vescovo di Paleopoli, nostra gloria e consolazione. Epistola nostra vos estis atramento Dei vivi [Voi siete una lettera composta da noi con l’inchiostro del Dio vivente, 2 Cor 3,3]. Le sono e sarò sempre in Domino Aff.mo e D.mo Sac. G. Marinoni Con pacco raccomandato Le mando le Messe dei Santi del nostro Seminario in formato grande, i decreti di S. S. sul Rosario, Litanie, aggiunte alle Messe. 428 165. ALLA SS.MA TRINITÀ 13 maggio 1884 atto di affidamento a Dio per la morte1 e disposizioni testamentarie2 A. M. D. G. Trovandomi grazie a Dio sano di mente e di corpo, e pensando all’ora della mia morte, che in questa mia età non può essere lontana, raccomando adesso anche per allora l’anima mia a Dio Padre che mi ha creato, a Dio Figlio che mi ha redento, a Dio Spirito Santo che mi ha santificato, ringraziando il Signore specialmente d’avermi fatto nascere nel grembo della S. Chiesa Cattolica, e di avermi elevato al Sacerdozio, di avermi data per Madre Maria SS., per protettore S. Giuseppe. Rho 13 Maggio 1884 Sac. Giuseppe Marinoni del fu Cesare. *** 1 In AME 07, p. 525. In mezzo ad impegni e preoccupazioni senza numero, M. non trascura la sua vita spirituale e tiene realisticamente presente le scadenze inevitabili del tempo. Così, trovandosi a Rho probabilmente per un ritiro nella vicinanza del suo 50° di sacerdozio, stende questo atto di raccomandazione dell’anima a Dio pensando alla sua morte. Poche parole e assai semplici, che si ritrovano nei formulari di preghiera del tempo, ma che vanno alla sostanza delle cose. Non c’è dubbio che egli abbia ripetuto spesso questo genere di orazione, ma stavolta lo mette per iscritto, non per gli altri ma per se stesso, quasi volendo dare maggior forza alla sua disposizione interiore. Da sottolineare che nel dicembre del 1884 M. sarà a letto gravemente ammalato, al punto di far temere la sua fine. 2 In AME 07, p. 523. 429 A. M. D. G. Quest’oggi ho fatto il mio testamento nominando miei eredi universali i miei colleghi D. Giacomo Scurati e D. Belisario Fattori domiciliati in Via S. Calocero N. 7 in Milano. Dichiaro però di non posseder nulla al momento, e vivendo io totalmente a spese del Seminario delle Estere missioni, di cui sono Direttore. Con tutto ciò ho stimato bene di fare il testamento perché se mai mi pervenisse qualche cosa in avvenire, ed avessi dimenticato alcuna, che attualmente mi appartenesse, tutto passi nelle mani dei suddetti miei eredi senza che altri possa pretendere di avervi diritto. In fede Rho 13 maggio 1884 Sac. Giuseppe Marinoni 430 166. A TUTTI I CONFRATELLI 24 maggio 1884 nel 50° di sacerdozio comunica di aver presentato a Propaganda le nuove regole Milano, il 24 maggio 1884, Festa di Maria SS. Ausiliatrice A tutti i nostri amatissimi Confratelli dell’Istituto per le Estere Missioni Estere1 Il cinquantesimo anniversario della mia Sacerdotale Ordinazione, che si compie quest’oggi, e quello della mia prima Messa, che si compie domani, mi richiamano alla mente due grandi doveri che mi incombono: l’uno della più viva riconoscenza ver- 1 In AME 03, p. 697. M. è ordinato sacerdote il 24 maggio 1834, e per il 50° di questo evento pensa di preparare un regolamento vero e proprio dell’Istituto, che, senza dimenticare l’originaria “Proposta”, ma facendo tesoro delle esperienze accumulate in 34 anni di vita e di missione, risponda adeguatamente alle esigenze del suo sviluppo. Il problema si era posto da tempo anche dietro lo stimolo di Propaganda (v. Lettera 133), ma solo di recente, probabilmente nel 1882, il lavoro di revisione ed elaborazione si era avviato per opera di M., Scurati e Belisario Fattori (1831-1890), ricevendo approvazione ed incoraggiamento dal prefetto di Propaganda, Simeoni. Il testo è pronto per il 50° di sacerdozio di M., che in questa circostanza lo presenta all’esame di Propaganda e ne dà notizia ai membri, pregandoli di accoglierlo “come il testamento del Padre”. L’approvazione del regolamento richiede più tempo del previsto, anche perché il prefetto di Propaganda è del parere di attendere, prima che essa si esprima, le osservazioni dei missionari. Queste vengono inviate a San Calocero tramite i vescovi di missione e mandate a Roma con eventuali note dei superiori di Milano. Poi si mette in moto l’esame di Propaganda e finalmente nella seduta plenaria del 2 agosto 1866 si formula un giudizio a favore ma con alcune modifiche e la concessione ad experimentum per sei anni. Il S. Padre appro- 431 so Iddio, che mi ha chiamato al servizio dei suoi altari, mi ha tollerato per il lungo spazio di mezzo secolo e mi fu largo di tante benedizioni; l’altro di un’ardente sollecitudine per le Estere Missioni, che furono il sospiro dei miei anni più verdi, ed a cui ho consacrato la massima parte della mia carriera Sacerdotale. Ben so che all’una e all’altra obbligazione non posso meglio soddisfare che con l’oblazione di quella stessa Vittima Immacolata, che mi è dato di immolare ogni giorno all’Altissimo; ed ogni giorno infatti, al santo altare, prego il clementissimo Iddio che voglia accettare il sacrificio del suo Unigenito Figlio assieme al sacrificio della povera mia vita, per soddisfazione interissima d’ogni mio debito verso sua divina Maestà, e verso quel santo Istituto, a cui per benigna disposizione del Vicario di Cristo da tanti anni, sebbene indegnamente, presiedo. Volendo però lasciare un ricordo perenne della mia riconoscenza al Signore e della mia premura per la causa delle Estere Missioni, e sperando che la letizia e la santità di questo bel giorno renda più cara e venerata a tutti i miei amatissimi figli il detto ricordo, ho pensato di presentare quest’oggi stesso alla S.C. di Propaganda quelle sante regole, che l’esperienza di ormai sette lustri ha suggerite così a me come ai miei rispettabili Colleghi nella direzione di questo Istituto, e delle quali vi mando un esemplare, perché possiate conoscerle e trasmettermi in tempo utile quelle riflessioni, che mai credeste necessarie. Esse furono estese dietro autorevole invito della medesima S. C. la quale, dopo aver approvata una Proposta, che in via di esperimento sin dai va l’8 agosto e il 15 esce il decreto relativo di Propaganda. Esso parla di “Costituzioni e Regole”, mentre il libretto che le raccoglie reca in copertina la scritta: “Regola dell’Istituto Lombardo per le Estere Missioni” (il libretto venne edito nel 1886 dalla Tipografia di S. Giuseppe (propria del Seminario, sita a Milano in via S. Calocero n. 9). Il regolamento resta la fatica prima e più desiderata da M., ma per il suo Giubileo egli riceve molte manifestazioni di stima e di affetto dai suoi figli e dagli amici. Da menzionare un album preparato da Scurati, a insaputa di M., e stampato con cura ed arte dalla tipografia di S. Giuseppe, ricco di testimonianze in varie lingue dei vescovi e missionari dell’Istituto, di suore missionarie e personalità ecclesiastiche (v. bibliografia: Nel giorno felice…). 432 primordi dell’Istituto Le fu umiliata, raccomandava assai il pensiero di aspettare dal tempo quei lumi che in materia di tanto rilievo e per noi del tutto nuova, erano da desiderarsi. “Non è inoltre che savissima”, così scriveva il 16 gennaio 1851 l’Eminenza Card. Franzoni, “la determinazione di maturare con la pratica e lunga esperienza di vari anni il più adatto regolamento; che poi ad ogni loro richiesta riporterà la suprema sanzione della S. Sede”. Accoglietele perciò, come il testamento del Padre a cui il Giubileo Sacerdotale ricorda da sé che l’ultima ora è ormai vicina a scoccare, e che dirà di cuore il Nunc dimittis, se vedrà nei suoi dilettissimi figli un sincero impegno di osservarle. La pace di Dio Padre Onnipotente e del suo Unigenito Figlio, la grazia e la comunicazione del Santo Spirito, siano sempre con tutti noi. 433 167. A MONS. STEFANO SCARELLA 31 maggio 1884 esprime gioia per la consacrazione episcopale e la sua opera e informa sulle nuove regole Al R.mo Mgr. Scarella1 I. M. I. Milano il 31 Maggio 1884 Eccellenza R.ma Oh quanto cara, quanto sospirata, quanto consolante mi è giunta la notizia della sua Consacrazione Episcopale! quanto cara al mio cuore la sua Sacra Benedizione! La Festa di S. Giuseppe mi riuscirà d’ora innanzi ancor più venerata e gradita unendo al mio onomastico un sì bel ricordo. Vedo che il Signore si compiace di congiungere le memorie dei più notevoli avvenimenti, affinché più sentita e più viva sia la riconoscenza a Lui dovuta. Nel mio giubileo sacerdotale, che abbiamo celebrato Domenica 25 corrente, si ricordava il mio primo ingresso nel Santuario, avvenuto nel 1823, la prima Messa di un mio fratello, D. Cesare, ora defunto; e nel 24 pure cor- 1 In AGPIME 02,1, pp. 21-24. M. manifesta la sua grande gioia per la consacrazione episcopale di mons. Scarella avvenuta il 19 marzo precedente (nota alla Lettera 162) e che perciò non potrà dimenticare, essendo quello il giorno del suo onomastico. E questo pensiero lo porta a considerare, con riconoscenza al Signore, alcune coincidenze di ricorrenze religiose nell’ambito della sua famiglia. Parla poi del nuovo regolamento dell’Istituto, che al momento è in mano a Propaganda, e invita mons. Scarella a inviare le sue osservazioni (v. nota alla Lettera 166). 434 rente la mia ordinazione Sacerdotale, l’ordinazione del detto mio fratello e la morte di un altro mio fratello, D. Pietro, che spirò nel bacio del Signore tra le mie mani il 24 Maggio 1884 [svista, anziché 1854] alle 6 e mezza antemeridiane, sicché dal letto del defunto discesi in Chiesa a celebrargli subito la S. Messa, in cui ci riunivano le memorie dei tre fratelli Sacerdoti. Dio sia benedetto in tutto. Gratias Deo super inenarrabili dono eius [Grazie a Dio per il suo dono ineffabile]. Aspettiamo le notizie più dettagliate della sua Consacrazione e speriamo che l’ottimo Mgr. Volonteri abbia potuto ristabilirsi in modo da attendere con la sua consueta energia al suo laborioso ed arduo ministero. Ella vuole la mia benedizione paterna, ed io gliela imparto, benché del tutto indegnamente da parte mia, con tutto il cuore. Riceverà con questa posta sotto fascia raccomandata il fascicolo delle Regole, che non senza gran fatica e riflessioni abbiamo compilate col P. Scurati e col P. Fattori. Io ne ho mandata copia il 24 corrente alla S. C. di Propaganda. L’ottimo Mgr. Agliardi, che ha in mano le cose nostre presso la S. Congregazione, mi scrive: Io farò subito esaminare le Regole da un Consultore per aver presto un voto d’ufficio; se prima della metà d’Ottobre Ella ci comunicherà le osservazioni, che avrà ricevuto dai Missionari (le quali mi sembra che saranno accompagnate col suo parere sulle medesime), credo che col prossimo Novembre potrò presentare la Ponenza agli Eminentissimi Cardinali. L’Eccellenza Vostra adunque, che ha tanta esperienza e che ha cognizione ancora del modo, con cui regolavano le cose i RR. PP. Lazzaristi, faccia quei rimarchi che stima più opportuni e me li mandi. Se il tempo è troppo breve, aspetteremo, perché gli ottimi Vicari Apostolici si prendano a cuore un affare di tanto rilievo, e non lo pongano sotto il moggio, ciò che è certo non farà Mgr. Scarella. Io non ho potuto leggere senza la più viva emozione la sua lettera del 27 Marzo: la rilessi alla mensa a tutti i miei colleghi e alunni, e il P. Emiliano Navi, Priore dei Camaldolesi, che si trovò per puro caso con noi, disse e tutti applaudirono: È proprio degna di un Vescovo, e il Signore ha guidato l’elezione. Ciò a suo 435 e nostro conforto, e unicamente a gloria di Dio. Noi ne abbiamo rese grazie a Dio e alla Beatissima Vergine, perché mi giunse la sera del 23, Vigilia di Maria Ausiliatrice e del mio Giubileo. Mi benedica di nuovo, e mi saluti caramente D. Angelo, D. Antonio, D. Cristiano e il buon Scin. Mi creda sempre Dell’Ecc.za Vostra R.ma U.mo e D.mo Servo e Figlio o Padre Sac. Giuseppe Marinoni P. S. Riceverà poi l’Album stampato del tutto a mia insaputa da quell’infaticabile P. Scurati. 436 168. AGLI AMATISSIMI ALUNNI 25 luglio 1884 loda la loro unione e la loro allegria I. M. I Milano, S. Giacomo Apostolo 1884 Ai nostri amatissimi alunni di S. Calocero1 Potete ben pensare quanta sia stata la mia contentezza Mercoledì nel trovarmi in mezzo a voi, e vedervi così ben uniti, così concordi, così giulivi ed allegri in Domino. Io supplico di tutto cuore il Signore che confermi, consolidi, renda incrollabile nella piccola comunità di S. Calocero questa santa unione di menti e di cuori, come dice il Salmista nel Salmo: Ecce quam bonum etc. Quia illic mandavit Dominus benedictionem et vitam usque in saeculum [Ecco quanto è buono ecc. Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre, Sal 132,1.3]. Il più bello è che nostro Signore stesso si fa uno della comunità e vive e conversa con noi. Ubi fuerint duo vel tres congregati in nomine meo, ibi ego ero in medio eorum [Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro, Mt 18,20]. Che volete di più? Avete la vostra Santa cittadella, il tabernacolo, dove meglio di Mosè, potete entrare ad ogni ora a consultare nostro Signore, sfogare il cuore con Lui, promettergli anche di convertire milioni di infeIn AME 07, p. 533. M. condivide con gli alunni la sua soddisfazione per aver trovato, in una recente visita alla Grugana (v. Lettera 135), la loro comunità unita e lieta nel Signore. E ne trae lo spunto per alcune elevazioni spirituali tanto spontanee quanto utili per suscitare in loro desideri di santità e di zelo apostolico. 1 437 deli e sopratutto i nostri per cui preghiamo ogni giorno. Converte nos Deus salutaris noster [Convertici Dio, nostra salvezza, Sal 84,5]. Ricordatevi di quel tocco così grazioso che ci esprime l’amore immenso di Gesù Cristo verso di noi. Sicut aquila provocat ad volandum pullos suos, et super eos volitans. [Come un’aquila provoca i suoi nati a volare, e svolazza su di loro, cf. Dt 32,11]. Gesù è disceso sulla terra, e sta anche adesso chiuso in quel tabernacolo per insegnarci a volare al Cielo. Dapertutto egli coglie occasione per questo, dall’acqua della Samaritana, dal cibo che perisce, dal tesoro, dalla gemma etc. per sollevarci all’acqua che sale alla vita eterna, al cibo per cui non si muore, al tesoro inestimabile, alla gemma che supera il valore d’ogni bene posseduto. Ricordatevi ancora di quel tratto che si legge in Malachia: Ipse enim quasi conflans, et quasi herba fullonum; et sedebit conflans et emundans argentum, et purgabit filios Levi et colabit eos quasi aurum, et quasi argentum et erunt Domino offerentes sacrificia in justitia [Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’oblazione secondo giustizia, Ml 3,2-3]. Dov’è che Gesù risiede continuamente e tiene accesa la fornace per purgare, per fondere l’oro e l’argento e rendere candidissime, come fa l’erba degli imbiancatori con i panni, le vesti dei suoi prediletti Leviti, dov’è se non nel SS. Sacramento? Perdonatemi, miei cari, non voglio togliere un apice ai vostri divertimenti, ai vostri canti, ai vostri suoni, ai vostri giuochi, ai vostri passeggi. Sed supportate me! Aemulor enim vos Dei aemulatione. Despondi enim vos uni viro, virginem castam exhibere Christo [Ma sopportatemi! Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo, 2 Cor 11,2]. Il Signore vi colmi d’ogni benedizione, come vi desidera Il Vostro Aff.mo in Cristo Sac. Giuseppe Marinoni 438 169. A SUA SANTITÀ LEONE XIII 26 luglio 1884 protesta contro la spoliazione dei beni di Propaganda Beatissimo Padre1 Se da una estremità all’altra della terra risuona concorde un grido di solenne riprovazione contro l’attentato finora inaudito di spogliare la S. C. di Propaganda dei suoi possessi, quanto più ne devono sentire tutta l’indegnità e le funeste conseguenze coloro che si sono dedicati interamente allo scopo medesimo santo e pietoso cui mira la Propaganda, cioè a diffondere in mezzo alle genti il lume salutare della Fede, ed a far conoscere a tutti la Via, la Verità e la Vita. È perciò che questo Seminario di Estere Missioni, facendo eco di cuore a tutte le proteste che l’Episcopato, il Clero, il Laicato cattolico e i personaggi altresì distintissimi tra gli acattolici 1 In AME 08, pp. 463-466: brutta copia, di cui la prima parte scritta da M. A nome dell’Istituto e facendo eco a molte altre voci di vescovi, sacerdoti e fedeli, M. protesta per il tentativo di spogliare la Congregazione di Propaganda dei suoi beni, e ne mostra i danni che ne verrebbero per la missione della Chiesa e la stessa nazione italiana. Si tratta di manovre settarie dei nemici della religione cattolica e si augura che i responsabili del bene pubblico rispettino una istituzione tanto ammirata. In realtà, il tentativo non è nuovo e viene dall’alto. Proprio nel febbraio del 1884 una sentenza della Corte di cassazione impone a Propaganda la conversione di tutti i suoi beni immobili in cartelle del debito pubblico, praticamente un’espropriazione. Leone XIII fa sentire la sua protesta diverse volte e in vari modi, e a lui fanno coro voci da ogni parte del mondo, che L’Osservatore Cattolico raccoglie in una pubblicazione edita lo stesso anno. Ma le autorità governative italiane non prestano ascolto, e Propaganda deve sottostare alla legge della conversione, per cui, in brevissimo tempo, il patrimonio immobiliare della Congregazione, dai molti immobili che possedeva, si riduce ad avere solo il palazzo di Propaganda. 439 stessi hanno emesso sinora, sente il dovere di levar alta esso pure la sua voce e di detestare la sacrilega invasione di quel peculio che la generosa pietà di tutti i fedeli del mondo ha donato a Cristo e alla dilatazione del suo santo regno in ogni parte della terra. Noi protestiamo per il danno immenso che ne verrà alle Missioni ed alla causa stessa della umanità e della civiltà tra le genti più selvagge; protestiamo contro un colpo che attenta alla suprema autorità e indipendenza del Vicario di Cristo tagliandogli i mezzi per esercitarla con libertà e con frutto su tutte le nazioni; protestiamo contro l’onta vergognosissima che si infligge ad una nazione interamente cattolica, qual è l’Italiana, da coloro che, mentre se ne dicono i legittimi rappresentanti, ne combattono a tutta oltranza la fede comune, la pietà, il rispetto alle cose a Dio consacrate. L’Onnipotente si degni di esaudire i nostri voti, di dissipare i tristi disegni delle sette, che hanno giurato guerra a morte alla religione cattolica, di richiamare a ragionevoli sensi i reggitori delle pubbliche cose sicché rispettino questa grandiosissima fra tutte le istituzioni del mondo che imponeva l’ammirazione allo stesso più grande guerriero di questo secolo, il quale divenuto arbitro delle sorti di Roma non ardì stendere la mano rapace su di essa, né confiscare sacrilegamente il patrimonio. Invocando l’Apostolica benedizione ci diciamo con la più profonda riverenza e col più sentito affetto Della Santità Vostra Umilissimi, Devotissimi, Obbligatissimi Servi e Figli Milano, festa di S. Gioacchino, 1884 440 170. A MONS. STEFANO SCARELLA 24 gennaio 1885 resoconto messe, salute e caso Santoni I. M. I. Milano il 24 Gennaio 85 Eccellenza R.ma1 Le mando il resoconto ultimo del 1884. La ringrazio degli schiarimenti datimi sulle Messe e di avermi mandate le lettere mie per ovviare ogni equivoco. Ecco perciò la conclusione. Le 300 Messe di Lione del 9 Giugno 1884 sono state dimenticate nella mia lettera del 14 Giugno, ma registrate nel resoconto della Missione a norma del mio Giornale quotidiano. Devono dunque applicarsi subito. Le 500 Messe da me date a nome di S. Calocero si applichino, come dice l’Eccellenza Vostra, nel 1885, e così ogni cosa è a suo posto. Mi rallegro con l’Eccellenza Vostra della salute recuperata, sappia conservarla. Noi tremiamo per essi in queste condizioni così agitate della guerra tra Francia e Cina, e preghiamo il Signore che li protegga e difenda. In AGPIME 17,3 p. 393. M. interviene per chiarire gli impegni di messe, materia in cui è particolarmente attento, e raccomanda a mons. Scarella di curare la recuperata salute; ma poi dice che egli stesso è convalescente e tuttavia ha scritto almeno 20 lettere lo stesso giorno in cui ha steso la lettera per lui. Lorenzo Santoni (1852-1907) è un caso singolare: entrato nell’Istituto e partito per Nanyang non ancora suddiacono nel 1883, vi sarà ordinato sacerdote nel ’86 e vi lavorerà fino alla morte. 1 441 Mando una lettera per il Rev. Santoni, da cui ho ricevuto pure una lettera affettuosa. Lo ringrazi per me, ma sono convalescente ed oggi avrò scritte almeno 20 lettere. D. Giacomo che mi suppliva, è a letto; spero però per pochi giorni. Il Sig. Santoni sarà ammesso come alunno del nostro Istituto allorché sarà ordinato Sacerdote o almeno Suddiacono titulo missionis, se Vostra Eccellenza col voto dei confratelli lo giudicherà idoneo, altrimenti potrà essere addetto alla Missione, come Vostra Eccellenza stimerà meglio. Mi benedica e creda Suo D.mo e aff.mo P.te Giuseppe Marinoni 442 171. A D. CRISTIANO GRAFFY 21 febbraio 1885 lo incoraggia nello zelo apostolico I. M. I. Milano 21 Febb. 1885 Mio Carissimo Graffy33 Vi ringrazio di cuore della vostra affettuosa lettera del 9 Ottobre 1884, in cui mi esponete la speranza che avete di far molto frutto nel distretto di Vugan a voi affidato da Sua Eccellenza R.ma Mgr. Scarella; il bene che apporta la presenza del Venerabile Prelato dovunque si reca; le due difficoltà che si oppongono alla conversione degli indigeni; la penuria, la guerra e il fermo proposito dal canto vostro di lavorare incessantemente alla salute delle anime sotto la savia direzione di Mgr. Vicario. Ricordatevi sempre l'ardente preghiera dell'Apostolo delle Genti: Obsecro vos ego vinctus in Domino, ut digne ambuletis vocatione qua vocati estis cum omni humilitate et mansuetudine, cum patientia, supportantes invicem in charitate (Ad Eph. 4,1) [Vi esorto dunque io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, Ef 4,1]. 1 In AGPIME 02,1, p. 251. Già si è accennato al missionario Graffy di Weihwei (Lettera 164, nota 1), destinatario di questa lettera. M. risponde sempre, magari brevemente, se non del tutto impossibilitato, a chi gli scrive, anche solo per suggerire una parola che conforti e stimoli. E specialmente negli ultimi anni della sua vita per questo ricorre alla S. Scrittura, a lui tanto familiare. 443 De cetero, fratres, confortamini in Domino et in potentia virtutis eius [Per il resto, fratelli, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza, Ef 6,10], e la veduta della miseria spirituale dei pagani ci renda sempre più grati a Dio, che senza alcun nostro merito ci pose nel grembo della S. Chiesa Cattolica, e ci crebbe in mezzo alla luce sfavillante dei suoi santi insegnamenti. La grazia del Signore sia sopra di lei e sulle anime alla sua cura affidate. Tutto suo nel Signore Sac. G. Marinoni 444 172. A MONS. STEFANO SCARELLA 18 aprile 1885 sul calendario liturgico da usare in missione I. M. I. Milano il giorno 18 Apr. Festa di S. Calocero 1885 Eccellenza Reverendissima1 È la festa titolare della nostra Chiesa: non scriverò che due parole per accusarle la ricevuta di due sue lettere, una italiana, l’altra latina dirette a Sua Eminenza il Sig. Card. Simeoni. Appoggiai presso l’Eminentissimo la domanda di far uso del Calendario di Roma, escluse solo le Feste proprie della Congregazione di S. Lazzaro. Io non intesi mai obbligare le nostre Missioni a far uso del Calendario che vige in questa Casa, ma solo e ottenni che potessero, volendo, usarne. Anzi vedendo che la maggior parte delle nostre Missioni per ragioni speciali devono seguire altro Calendario, ho espresso a Roma il desiderio che a ricordo e segno di unione tra le Missioni e la Casa Madre, si introducessero dai rispettivi Superiori nel Calendario da loro 1 In AGPIME 02, 1, p. 51. Una comunicazione data anche ad altre missioni sul calendario liturgico possibile o raccomandato per l’uso in missione. Salvo il proprio calendario locale, come per le feste dei lazzaristi nel Honan del nord, su richiesta di M. accolta da Propaganda, è possibile, volendo, far uso del Calendario di San Calocero. È raccomandata l’introduzione delle tre feste seguenti: S. Calocero, B. Vergine del Pianto (onorata nel santuario caloceriano), S. Francesco Saverio, come segno di unità tra tutte le missioni e i missionari dell’Istituto. M. non perde l’occasione di creare vincoli di preghiera e d’unione tra i suoi figli, dovunque si trovino. 445 seguito solo le tre Feste di S. Calocero (18 Aprile), della B. V. del Pianto 11 Luglio, e di S. Francesco Saverio con ottava. Ritengo che sarà caro a tutti celebrare nello stesso tempo queste tre Feste affinché il Signore benedica l’Istituto, le Missioni, i Missionari, quorum uno tempore, come si legge in Tobia, sunt orationes in conspectu Domini recitatae [che nello stesso tempo pregano al cospetto del Signore, Tob 3,25]. La prevengo che D. Carlo Graffy, fratello del P. Cristiano, ha aperto una privata sottoscrizione a favore del Honan Settentrionale, e che mi ha consegnate £ 262,50 che io ho registrato a credito di codesta missione. Acquisteremo i libri desiderati da Vostra Eccellenza e alla prima occasione propizia li manderemo. La più parte sono già acquistati. Mi benedica, mi saluti D. Angelo, D. Cristiano, il buon Abele, se lo vede, e mi creda sempre Dell’Ecc.za Vostra R.ma Aff.mo e D.mo in Cristo Sac. G. Marinoni 446 173. AI MISSIONARI IN BIRMANIA 4 luglio 1885 per riportare la pace nella comunità SEMINARIO delle Missioni Estere Via S. Calocero N. 7 Milano Il 4 Luglio 1885 Al R.mo Sig. Prefetto Apostolico e a tutti i nostri amatissimi Missionari della Birmania Orientale1 Gratia vobis et pax a Deo Patre nostro et Domino Jesu Christo [Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo, Rm 1,7]. Non vi stupisca, o dilettissimi, se io scrivo a tutti e a ciascuno di voi insieme questa lettera, indirizzandomi con tutto l’affetto alla mente ed al cuore di ognuno di voi in nome di 35 In AME 07, pp. 591-592. Dopo la partenza di mons. Biffi fatto vescovo di Cartagena in Colombia (v. Lettera 155 e nota), la comunità non accetta volentieri la nomina di Tancredi Conti (1842-1922) a prefetto apostolico della Birmania Orientale, molto zelante, ma di temperamento e mentalità assai diversi da quelli del predecessore. Vi si mescolava la questione tra il centro e la periferia, la pianura e i monti, in quanto i missionari delle due zone si accusano gli uni gli altri di spendere troppo a favore del proprio campo, pur sempre in vista dell’apostolato, e in questo contrasto il prefetto non è l’uomo più adatto a far da paciere per la sua tendenza ad economizzare. È un dissidio che si trascina. 447 quell’amorosissimo Salvatore per la cui gloria tanto faticate e soffrite. Charitas Christi urget nos [L’amore del Signore ci spinge, 2 Cor 5,14]. Premetto che nessuno di voi mi ha suggerito o mosso a questo passo, ma solo il grande amore che vi porto, e il vedere che, sebbene siate animati tutti da ottime intenzioni, tuttavia non regna tra voi quella preziosa concordia che ci ha tanto raccomandato fino all’ultimo respiro il Re dell’amore, sceso in terra per fare di noi tutti un cuor solo, un’anima sola. Obsecro vos, fratres, vi ripeterò con l’Apostolo, per nomen Domini nostri Jesu Christi ut idipsum dicatis omnes et non sint in vobis schismata: sitis autem perfecti in eodem sensu et in eadem sententia (1 Cor 1,10) [Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d’intenti]. Ricordatevi, figliuoli amatissimi, che questa concordia non si acquista, né si conserva, né si compie, se non per mezzo di vicendevoli sacrifici. Siamo sempre i primi a sacrificarci, a preferire il prossimo, a procedere sempre di mutuo accordo, in humilitate superiores sibi invicem arbitrantes [considerando con tutta umiltà gli altri superiori a se stessi, Fil 2,3]. Bisogna esser pronti a sacrificare anche il bene per il momento, quando ciò è necessario per non rompere la concordia fraterna. Leggete il Salmo 132: Ecce quam bonum et quam jucundum habitare fratres in unum [Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme, Sal 132,1], con i bellissimi commenti di Mgr. Martina, e vedrete quanto sia preziosa l’unione affettuosa tra fratelli, e come il Signore la colma di benedizioni nel tempo e nell’eternità: quia Questa lettera di M., non l’unica del genere, tutta tesa a riportare la fraternità per le vie dell’umiltà, obbedienza, spirito di sacrificio, non raggiunge lo scopo. E quando, l’anno seguente col cambiamento della prefettura in vicariato si tratterà di nominare il titolare, si ripiegherà su un altro nome, e mons. Conti si ritirerà a Milano nel novembre del 1886. Fallimento o limiti umani? Il Direttore comunque compie o favorisce quanto gli sembra più doveroso perseguire nelle situazioni concrete. 448 illic mandavit Dominus benedictionem et vitam usque in saeculum [là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre, Sal 132,2]. Questa benedizione è quella che fa prosperare le Missioni più assai che il denaro e l’opera nostra materiale, poiché neque qui plantat est aliquid, neque qui rigat, sed qui incrementum dat Deus [né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere, 1 Cor 3,7]. Se voi mi amate, o carissimi, se rispettate i miei bianchi capelli (e lo so che per vostra bontà mi amate e rispettate), se volete che io muoia contento, implete gaudium meum ut idem sapiatis, eamdem charitatem habentes unanimes, idipsum sentientes, nihil per contentionem (Phil 2,2) [rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti, non fate nulla per spirito di rivalità, Fil 2,2-3]. Per ottenere questa grazia inestimabile dal Signore amate l’obbedienza, la sottomissione, ricorrete continuamente alla preghiera, all’abnegazione di voi stessi. Siano bandite le querele, le mormorazioni: diligite invicem sicut ego dilexi vos [amatevi a vicenda, come io ho amato voi, cf. Gv 15,12], ci dice Gesù Cristo. Per le spese necessarie od opportune intendetevi amichevolmente col Superiore, che non mancherà di ascoltare le vostre riflessioni, di accordarvi tutto ciò che è necessario a far prosperare i vostri lavori, sempre nel limite delle sue forze. Vorrei che foste specchio a tutti di amor fraterno, di concordia indissolubile, e che i Gentili vedendovi ripetessero ciò che si diceva già dei primi seguaci di Cristo: Oh! come si amano tra loro i Cristiani. Io lo spero dai miei amatissimi figli. Consolatemi, e ciascuno di voi mi scriva una parola di risposta che mi conforti. Intanto, mentre questa lettera valica i mari, io pregherò quanto posso per tutti voi, per i catechisti, per le buone religiose, per i neofiti, per gli aspiranti ad entrare nel grembo di Santa Chiesa. E voi non dimenticate avanti a Dio Il Vostro Aff.mo e D.mo in Cristo Sac. Giuseppe Marinoni. 449 174. A MONS. LUIGI NAZARI 13 settembre 1885 chiede e ottiene il chierico Gerardo Brambilla SEMINARIO delle Missioni Estere Via S. Calocero N. 7 Milano Il 13 7bre 1885 Eccellenza Reverendissima1 Le chiedo ossequiosamente di poter ammettere in questo Seminario di Estere Missioni il Rev. Chierico Gerardo Brambilla di Concorezzo, alunno dell’Istituto Villoresi, che mi è stato presentato dal suo stesso ottimo Superiore D. Antonio De Ponti. Egli ha già fatto il primo Corso di Teologia, e mi sembra fornito di quelle doti di mente e di cuore che fanno sperare un buon esito nell’ardua carriera a cui si accinge. Mi prostro umilmente al bacio del sacro anello e imploro la sua Pastorale benedizione, anche per questa piccola Comunità che insieme con me si rallegra dell’ottimo stato di salute che l’Eccellenza Vostra R.ma ha riportato dall’aria nativa e più ancora 1 In AME 07, p. 607. L’arcivescovo di Milano, memore della gran parte avuta dal predecessore Romilli nella fondazione del seminario per le Missioni Estere, è sempre pronto a concedere a San Calocero i suoi sacerdoti o chierici, come in questo caso. Gerardo Brambilla (1866-1943) sarà missionario a Weihwei per 32 anni e poi in Italia dal 1921 svolgerà diversi compiti. È il primo biografo di M. 450 dalla protezione della Madre delle Grazie venerata nel Santuario di Crea. Dell’Ecc.za Vostra R.ma U.mo, D.mo, Obb.mo Servo e Figlio Sac. Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni A Sua Eccellenza R.ma Mons. Luigi Nazari dei Conti di Calabiana Arcivescovo degnissimo di Milano V. Permittimus Mediolani, die 13 mens September 1885 + Aloisius Archiepiscopus. 451 175. AI MISSIONARI IN BIRMANIA 25 dicembre 1885 presentare soggetti meritevoli dell’episcopato Milano, Festa del S. Natale, 1885 Ai Nostri amatissimi Missionari della Birmania Orientale1, Premetto gli auguri più affettuosi di mille Benedizioni dal Celeste Bambino e dalla sua Immacolata Madre per il nuovo anno e vi ripeto di cuore le parole dell’Apostolo: Gratia vobis et pax a Deo Patre et Domino Jesu Christo (Ad Tess. 2. c.I. v.2) [Grazia a voi e pace da Dio e dal Signore Gesù Cristo]. Voi sapete, o carissimi, che la benigna intenzione della S. Sede è sempre stata di erigere le nostre Missioni in altrettanti Vicariati Apostolici, e che le Prefetture Apostoliche non sono che un avviamento precario alla suddetta erezione, come i Vicariati stessi Apostolici preparano la via alla fondazione di stabili Diocesi ove propizie circostanze permettano di istituirle. Ora potendo avvenire che in un tempo più o meno remoto mi venga fatta domanda da Roma di presentare per la Birmania Orientale una terna di soggetti che meritino di essere assunti alla dignità Vescovile e di 1 In AME 07, pp. 615-616. In vista di presentare a Propaganda una terna di nomi per la nomina del vicario apostolico della Birmania Orientale, M. chiede ai missionari interessati che ciascuno gli indichi chi o quali ritiene migliori in coscienza per questo compito, e segnala al tempo stesso norme e criteri da seguire per agire in modo conforme alla ragione e che piaccia a Dio. Tra l’altro, ordina per obbedienza di far tre giorni di ritiro e di orazione per ottenere dal Signore “i lumi necessari”. Aggiunge di aver scritto la lettera dopo aver consultato i colleghi e il vescovo di Cartagena, mons. Biffi. M. vuole mettere tutti nella disposizione di superare il clima di contrasti che ha regnato finora (v. Lettera 173). 452 amministrare la Missione in qualità di Vicari Apostolici, ed essendo cosa in tutto conforme alla retta ragione ed al soave procedere della S. Chiesa Nostra Madre, che si eleggano a governare i fedeli coloro i quali godono la stima e la fiducia delle anime che loro saranno affidate, ho pensato che nessuno potrebbe meglio giudicare il merito dei Missionari che i loro stessi confratelli, e perciò mi rivolgo a ciascuno dei miei dilettissimi figliuoli, che evangelizzano la Birmania Orientale, affinché sotto il più stretto segreto, davanti a Dio, senza comunicare l’uno all’altro i propri giudizi, mi propongano in lettera riservata quelli che stimano più atti a tale sublime ufficio; se non possono tre per il piccolissimo numero dei colleghi, almeno uno; e se anche non giudicassero alcuno idoneo per la grandezza della dignità, indichino almeno il migliore agli occhi loro e quello che gode più stima presso gli altri e che prometterebbe migliore riuscita. A questo fine io prego tutti e ciascuno di loro, anzi in virtù di quella autorità che tengo da Dio per il bene di questo Istituto, mi sento in dovere di comandare loro per santa obbedienza, che ognuno di essi mi scriva su tal proposito, non appena avranno ricevuto questa mia lettera circolare. Vi premettano però tre giorni di ritiro e di orazione per ottenere da Dio in cosa di tanta importanza i lumi necessari. Li abbraccio tutti ad uno ad uno in G. C. dicendomi Loro Affez.mo e D.mo Servo Sac. Giuseppe Marinoni P. S. Unisco due moduli delle qualità che la S. Sede richiede nei promovendi all’Episcopato, così più facilmente potrà ciascuno notare ad ogni numero se il soggetto proposto possiede o no le condizioni ivi accennate. Il R.mo Sig. Prefetto avrà la bontà di rendermi le suddette note stampate, perché mi possono venir di bisogno altre volte. Sarebbe bene che ciascuno ne facesse una copia per suo uso privato. La lettera presente è stata scritta dopo avere consultato assieme ai miei rispettabili Colleghi anche il R.mo Mgr. Vescovo di Cartagena, che l’hanno di comune accordo approvata per il bene di codesta missione. 453 176. A MADRE TEODOLINDA NAZARI 17 febbraio 1886 occorre riparare l’atto inconsiderato della Provinciale del Bengala SEMINARIO delle Missioni Estere Via S. Calocero N. 7 Milano Il 17 Febb. 1886 Reverendissima Madre Generale1 Le notizie molto affliggenti, che mi giungono dal Bengala e che Ella avrà di certo apprese dalle sue figlie e potrà più distin1 In AME 07, pp. 621-625. M. scrive alla Madre Generale delle Suore della Carità (o di Maria Bambina) per intervenire prontamente a riparare l’azione maldestra della provinciale del Bengala, suor Cecilia Uetz, che ha fatto chiudere di sua testa la casa delle suore, la scuola e l’orfanotrofio di Jessore, senza interpellare nessuno, né il prefetto apostolico mons. Francesco Pozzi (18281905), né Antonio Marietti (precedente prefetto apostolico) particolarmente benemerito per il suo lavoro a Jessore, né San Calocero cui si deve di aver chiamato le suore nella missione del Bengala ad esso affidata. Si appella anche alle regole delle suore (che M. qui chiama “Figlie della Carità”, denominazione ufficiale delle canossiane), e a documenti di Leone XIII sui doveri dei vescovi circa l’educazione dei fanciulli. La questione è troppo seria per M., perché sia risolta dalla decisione di una persona sola e in malo modo. Forse la responsabilità di suor Cecilia può trovare una qualche giustificazione nel fatto che il clima di Jessore era particolarmente micidiale, come per i padri così per le suore: si parla di 14 giovani religiose morte in vent’anni; ma Marietti sostiene che la maggioranza di esse erano decedute per altre cause (GHEDDO, PIME, p. 398, nota 19). M., comunque, pur non negando questo fatto, in una lettera successiva ribadisce che si è trascurata la proposta del trasloco e si è compiuta la chiusura in modo unilaterale. 454 tamente rilevare dalla lettera qui annessa del R.mo Sig. Prefetto Apostolico D. Francesco Pozzi, mi obbligano a scriverle e ad interessare il suo zelo e la sua saviezza, affinché provveda con sollecitudine e con efficacia al riparo. Suor Cecilia ha chiusa detto fatto la Casa di Jessore senza dir nulla né ai Missionari, né alle Suore, senza prendere le necessarie intese col R.mo Sig. Prefetto, passando sopra ad ogni riguardo dovuto al R.mo Sig. Marietti e mancando evidentemente alla data parola. Nelle cose di maggior importanza il più elementare buon senso suggerisce di sentir prima il parere di persone savie ed intelligenti, secondo l’avviso dello Spirito Santo: Fili, sine consilio nihil facias et post factum non poenitebis (Eccli 32,24). Figliuolo, non fare nessuna cosa senza consiglio, e non avrai da pentirti dopo il fatto. Né Missionari, né Suore, per quanto ho inteso, hanno saputo nulla della risoluzione presa dalla Provinciale e la notizia dell’accaduto sarà riuscita di certo a tutti di molto dolore. Suor Cecilia aveva messo il dilemma a Mons. Marietti: O trasloco o chiusura. Mgr. Marietti accetta il trasloco; il P. Pozzi ne previene in tempo la Provinciale. Questa all’opposto manda il 6 Gennaio Suor Egidia a raccogliere ogni cosa ed a preparare il definitivo abbandono. Lascio a Lei, ottima Madre, ed alle Degnissime sue Consigliere, il giudicare se un Missionario così benemerito come Mgr. Marietti, che non è attaccato alla stazione di Jessore se non perché vi è del gran bene da operare; un Missionario, che vi ha anche ultimamente (dietro raccomandazione del R.mo Sig. Prefetto e delle Suore colà stabilite) edificata una Casa per le vedove ed altre opere pie, spendendovi circa 15 mila lire del suo denaro; un Missionario che si offriva prontamente a spendere circa altre 4 mila rupie, cioè 10 mila franchi per trasportare l’opera pia nella stagione estiva a Kulna, luogo salubre e non molto distante di là, affinché l’educazione impartita con tanto frutto dalle Suore alle fanciulle di Jessore potesse continuare anche in quel periodo di tempo; un Missionario, infine, che ha le migliori intenzioni e mezzi non piccoli per beneficare quella Missione anche in avvenire, lascio a Lei, ripeto, R.ma Madre, giudicare se questo Missionario meritava un simile sfregio. 455 Ma l’errore principale di Suor Cecilia è di non aver prese in cosa di tanta importanza le necessarie intese col R.mo Sig. Prefetto Apostolico, il quale solo tiene dal Vicario di Gesù Cristo l’autorità di governare secondo la sua saviezza quella Missione, valendosi, se necessario, egli pure negli affari più rilevanti del consiglio dei più maturi ed esperti fra i suoi confratelli. Io ebbi altre volte a rimarcare con dolore che non tutti nel Bengala hanno quel giusto concetto che dovrebbero avere del potere e delle attribuzioni, di cui la S. Sede ha insigniti i R.mi Prefetti Apostolici: Missionari, Suore, Catechisti, Fedeli tutti devono dipendere dal Prefetto Apostolico, tutti devono essere a lui sottomessi, affinché si abbia quella unità di menti, di cuori, di azione, che Gesù Cristo ha tanto raccomandato ai suoi discepoli, e che forma la vera forza delle cattoliche istituzioni. A lui spetta destinare i Missionari alle loro varie mansioni, il rimuoverli, dato il caso, da un luogo e trasferirli ad un altro; spetta a lui l’assegnare per la Direzione Spirituale delle Suore quel Sacerdote che giudica più opportuno, e accordare ad esso la licenza di predicar loro la parola di Dio; a Lui spetta determinare definitivamente la fondazione o la soppressione delle scuole, dei convitti, dei ricoveri, etc. invocando, ove occorra, la sanzione della S. Sede. Le Suore della Carità si trovano di fronte al R.mo Sig. Prefetto nello stesso rapporto in cui tra noi esse si trovano con i R.mi Ordinari delle varie Diocesi in cui sono stabilite le loro Case, sottintese le debite proporzioni. Ond’è che vale per esse ciò che si legge nella loro S. Regola a pag. 138, Degli Uffici Maggiori n. 1: Ovunque si stabiliscono le Figlie della Carità rimangono soggette alla sorveglianza del Vescovo locale. Al num. 8: Il Vescovo concorre a formare le Opere delle Case delle Figlie della Carità nella sua Diocesi. Vorrei che l’ottima Suor Cecilia leggesse attentamente tutto quel paragrafo e vi apprendesse bene il rispetto, la deferenza, la sottomissione, che si deve al Superiore Ecclesiastico anche in ciò che attiene alla vita interna della Comunità. Trattandosi poi delle opere, che concernono la Missione e specialmente delle Scuole dei fanciulli, il Sommo Pontefice Leone XIII felicemente regnante nella sua sapientissima Costituzione Romanos Pontifices, data l’otto Maggio 1881 per norma ai Vescovi e 456 ai Missionari d’Inghilterra e di Scozia, stabilì per massima generale: Nemo non intelligit istam puerorum institutionem in Episcoporum officiis esse ponendam, et scholas de quibus agitur tam in urbibus frequentissimis, quam in pagis exiguis inter opera contineri, quae ad rem diocesanam maxime pertinent. Ognuno facilmente intende che tale ammaestramento dei fanciulli deve annoverarsi fra gli uffici dei Vescovi, e che le scuole, di cui si tratta, entrano nella classe delle opere, che spettano alla cura diocesana, sia che si tengano nelle città più popolose, sia che abbiano luogo nei piccoli paesetti. Devo pure aggiungere che le suore sono state chiamate ed inviate al Bengala dal Seminario di S. Calocero, a cui dalla S. C. di Propaganda è stata affidata quella Missione. Il Seminario pensa a provvedere il Bengala dei soggetti, e dei mezzi necessari sia ai viaggi, sia al mantenimento delle persone, sia alle spese di fondazione e mantenimento delle Scuole, dei convitti, etc.; perciò sul Seminario viene a ricadere in ultima analisi la responsabilità del buon procedimento della Missione, onde ne consegue che nelle questioni di maggior importanza nel caso specialmente di conflitti sia naturale ricorrere alla Casa Madre ed al Superiore di essa, affinché ne tratti con la Degnissima Madre Generale e risolva con essa pacificamente ogni cosa. A questo proposito io non cesserò giammai di raccomandare quello spirito di soavità e di mutua stima, benevolenza e rispetto, che respinge ogni diffidenza, ogni dissimulazione, e tratta tutti gli affari a cuore aperto e col massimo candore. Pertanto, tutto considerato, io prego lei, Degnissima Madre, di riparare più prontamente che si possa il passo inconsiderato, di cui si è sopra detto, che priverebbe Jessore del preziosissimo beneficio, per cui si sono incontrate tante spese, sopportate tante fatiche, subiti tanti sacrifici, e ciò nel momento in cui Monsignor Marietti si offriva ad addossarsi le spese del trasloco. La prego pure a vietare che si apra alcuna casa o scuola senza comune accordo e specialmente senza la dovuta dipendenza dal R.mo Sig. Prefetto e senza quelle amichevoli intese che assicurano il buon esito delle imprese e così bene si addicono ai Missionari ed alle Suore della Carità, essendo in tutto conformi ai sentimenti 457 del Divin Cuore di Gesù e formando il carattere dei veri suoi figli. Invocando l’aiuto delle sue ferventi preghiere e di quelle delle sante sue figlie mi pregio di dirmi Di lei, R.ma Madre Generale D.mo Servo in Gesù Cristo Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni 458 177. A P. ROCCO TORNATORE 10 settembre 1886 perché accetti di governare interinalmente la missione della Birmania orientale I. M. I Milano il 10 7bre 1886 Mio Carissimo e Degnissimo P. Tornatore1 Com’Ella intenderà dal R.mo Sig. Prefetto Apostolico, Sua Eminenza R.ma il Sig. Card. Simeoni, nell’intento di dare un miglior assetto a codesta Missione, reputa conveniente che D. Tancredi Conti venga in Italia e lasci interinalmente Vostra Signoria come Vicario a governare la Missione stessa. Io non dubito che Ella accetterà col ben dovuto ossequio l’incarico, che le impone l’Eminentissimo Card. Prefetto della S. C. di Propaganda, e che ne adempirà con impegno le venerate intenzioni. Mi preme anche di prevenirla, che queste disposizioni non importano la necessità che Ella trasferisca la sua sede in Toungoo: può scegliere liberamente quel luogo che stima più opportuno per il In AME 07, p. 659. M. spinge p. Rocco Tornatore (1836-1908) ad accettare la richiesta di Propaganda di governare interinalmente la missione, dato il rientro di Tancredi Conti per i motivi già detti (v. Lettera 173 e nota). Può svolgere questo compito nel luogo dove crede meglio (egli era in mezzo alle tribù dei monti), affidando ad altri, come a Goffredo Conti (1846-1912), di supplirlo altrove (a Toungoo città). M. si preoccupa che ritorni l’intesa fraterna tra i missionari birmani, in vista anche della creazione del vicariato (v. Lettera 175). Tornatore succederà a Tancredi Conti come prefetto apostolico, e poi sarà primo vescovo vicario apostolico dal 1890, continuando ad abitare fino alla morte nel suo distretto sui monti. 1 459 felice compimento dell’opera di Dio in mezzo a codeste tribù, e incaricare l’ottimo D. Goffredo e gli altri suoi colleghi di supplirne le veci, dove Ella non può arrivare; poiché non c’è da dubitare che premurosi, come sono tutti, del bene della Missione, Le presteranno pronta ed affettuosa obbedienza, affinché tutto proceda ognor più prosperamente. Veda bene di non rifiutarsi a ciò che Iddio per mezzo dei Superiori esige dalla sua saviezza e dal suo zelo, e ritenga che sarebbe falsa umiltà e cagionerebbe grave dispiacere a Sua Eminenza e grave imbarazzo alla Missione il voler sottrarsi ad un ufficio che importa piuttosto spirito di sacrificio che altro, quod si subtraxerit se non placebit animae meae, (Ad Heb 10,38) [ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui]. Consoli anche me, che ormai mi incammino a gran passi verso l’eternità, e nulla tanto mi allieta come il vedere l’affettuosa docilità dei miei figli, che lavorano con tanto ardore alla gloria di Dio e alla salute delle anime nel posto e nelle condizioni loro assegnate. Mi creda sempre Tutto suo in Domino Sac. G. Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni 460 178. A D. GIACOMO SCURATI 15 ottobre 1886 gli raccomanda di curare i suoi malanni I. M. I Milano Festa di S. Teresa 1886 O patire, o morire! Mio Carissimo e Degnissimo D. Giacomo1 Ieri giunse opportuna la sua cara letterina ad impedire il mio viaggio, perché il tempo umido e annebbiato mi mise un forte dolore ai reni, ed ero incerto sul sì e sul no. Mi tolse però il piacere grandissimo di vederla. Il dottore scrisse ieri stesso sull’altro lato di questo foglio le sue raccomandazioni, che si tenga da conto, e usi pillole di cucina e ampolle di cantina. Le mando dell’unguento datomi dal Sig. Prevosto di S. Maria Segreta, che dicono efficacissimo per chiudere le piaghe. Le mando un libro Cariano, di cui ricevemmo sei copie. Ieri pagai i posti per 4 Missionari e sette religiose. Cinque Suore di Torino hanno preso i posti per Calcutta donde per ferrovia si recheranno a Madras. Così saranno accompagnate a Madras dai nostri Missionari che toccano Calcutta. 1 In AME 07, p. 703. La frase di S. Teresa d’Avila messa sotto la data non è senza motivo; adesso sono in due ad essere malati: M. e Scurati, suo braccio destro, ma ambedue continuano a lavorare, non solo nell’attività riguardante direttamente l’Istituto e le missioni, ma anche in quella di scrittori. M. prepara un’introduzione ai libri sapienziali che uscirà nel 1889. Scurati ha appena pubblicato una ricerca dal titolo “Se sia lecito abbruciare i morti” e continua a scrivere poesie a carattere missionario e religioso (su Scurati e la sua attività letteraria, BUBANI, p. 60). 461 Ricevo la sua poesia che leggerò, ma non si occupi troppo. Unisco varie lettere che leggerà o no secondo che vorrà. Preghi per il Suo aff.mo Marinoni Il P. Anelli ritorna. Mgr. Ballerini verrà per la funzione di congedo il 17 Novembre p. v. * * * Molto Reverendo Don Giacomo! La ricostituzione organica della parte offesa avverrà, e meno tardi se l’intero organismo migliorerà nella via plastica. Quindi studiare più il nutrimento che altro. Si tenga anche al caldo, e col corpo bene adagiato. Ecco tutto. Mille rispetti ed auguri Suo affezionato Dott. Scotti 14-X-86 I saluti al Sig. Dottore collega Sala 462 179. A TUTTI I CONFRATELLI 3 dicembre 1886 presenta il nuovo regolamento dell’Istituto A tutti i Nostri amatissimi Confratelli dell’Istituto per le Missioni Estere Salute, Pace e Benedizione1 Milano. Festa di S. Francesco Saverio Nostro Patrono 1886 Ho la consolazione soavissima al mio cuore di presentarvi le Costituzioni e Regole del Nostro Santo Istituto rivedute, modificate ed approvate ad experimentum dalla Sacra Congregazione di Propaganda, che si degnò pure di onorare dei suoi encomi l’Istituto medesimo, al cui voto si compiacque di aggiungere la sua suprema sanzione il Vicario di Gesù Cristo. Queste Costituzioni e Regole, frutto di lunghe esperienze e di molteplici osservazioni, che io fui lieto di trasmettervi in occasione del mio Giubileo Sacerdotale, come atto della più sincera riconoscenza a Dio e del 1 In AME 07, p. 747. Questa lettera è posta all’inizio del libretto contenente la nuova “Regola”, di cui si è detto in precedenza (Lettera 166 e nota). Nell’atto di presentare il testo stampato, M. si rivolge a tutti i confratelli nella festa del grande missionario a patrono dell’Istituto S. Francesco Saverio, per raccomandare l’osservanza costante, fedele e unanime di queste “Costituzioni e Regole del Nostro Santo Istituto”. Il fatto che tutti vi hanno in qualche modo collaborato impegna ancor più a metterle in pratica. Esse vanno viste come un vincolo d’unione con Dio, col Papa e tra tutti i membri, e quale pegno di abbondanti frutti missionari. È un invito a superare gli aspetti esterni di un lavoro umano per coglierne il valore interiore, che ne fa uno strumento sicuro per rispondere alla vocazione missionaria e al fine dell’Istituto. 463 mio vivo amore per l’Istituto dalla sua Provvidenza affidatomi, ora vi tornano innanzi non solo adorne di quelle savie annotazioni, che nella vostra prudenza trovaste opportuno di apporvi, ma anche arricchite dei lumi ed insignite del suffragio autorevole della Santa Sede Apostolica. Resta ora ciò che più di tutto importa, ed è che da noi con unanime impegno siano fedelmente e costantemente osservate, riguardandole come quel vincolo dolcissimo che ci congiunge strettamente a Dio, al Successore di S. Pietro, e tra noi, e come un’arra sicura di quei frutti copiosi, che l’Istituto produrrà tra le nazioni infedeli. Il grande Apostolo delle Indie S. Francesco Saverio, di cui celebriamo la Festa e la gran Vergine Immacolata, di cui è imminente la bella solennità, Maestra e Regina dei Santi Apostoli, ci ottengano dalla divina Bontà una grazia sì preziosa. Vostro Devotissimo Servo in G. C. Sac. Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni 464 180. A UN VESCOVO senza data e firma afflitto di vedersi rifiutate per le missioni le suore fondate da un confratello Eccellenza R.ma1 Mi perdoni se ardisco effondere l’afflizione del mio cuore con Vostra Eccellenza stessa, per la mortificazione del tutto inaspettata, che l’ultima venerata sua lettera mi infligge. Parrebbe quasi che io fossi venuto meno all’ossequio filiale, che Le devo, supplicandola di concedermi per le nostre Missioni l’aiuto di una Congregazione istituita da un Missionario di S. Calocero, anche allo scopo di prestar l’opera sua per le Missioni. Noi non abbiamo denaro, benché non sarebbe male averlo, ma lo chiediamo alle opere benemerite della Propagazione della Fede e della S. Infanzia, che i fedeli commossi dalla orribile condizione dei poveri infedeli nutriscono ogni anno con nuovi sussidi. È poi osservazione antica, che le Congregazioni che danno soggetti alle Missioni non perdono col donare, ma si moltiplicano e crescono in fervore ed in gagliardia di spirito; e non vi è dubbio che anche negando ai poveri infedeli morenti di fame quelle poche briciole che cadono dalla mensa dei ricchi, non per questo cesseranno di esservi degli ignoranti e degli analfabeti in una città e Diocesi 1 In AME 08, pp. 285-286. Il destinatario di questa lettera commovente ed umile non è nominato, ma non ci può essere dubbio che si tratti dell’arcivescovo di Milano Nazari, il quale era contrario a che le Suore della Riparazione (Casa di Nazareth, fondate dal caloceriano Salerio) prendessero anche opere nelle missioni. L’invio, già convenuto tra M. e la superiora della congregazione, potrà essere effettuato solo dopo che il secondo Direttore di San Calocero, Scurati, pregato da mons. Tornatore, riprenderà le trattative col nuovo arcivescovo cardinal Andrea Carlo Ferrari (1850-1921), e precisamente nel 1895, con la partenza per la Birmania di un primo drappello di sei suore. 465 così popolosa come la nostra, dovendosi ciò attribuire alla noncuranza di chi ha il dovere di istruire o di istruirsi. La Pia Casa di Nazaret nell’ascoltare il gemito delle Missioni: Etiam catelli edunt de micis quae cadunt de mensa dominorum suorum [Anche i cagnolini si cibano delle bricole che cadono dalla tavola dei loro padroni, Mt 15, 27], non lascerà di usare le cure più premurose per questi paesi. L’Eccellenza Vostra però accolga con benignità questo mio sfogo diretto principalmente a dimostrarle quanto mi dorrebbe di cagionarle qualsiasi disturbo, quando per il mio ufficio ricorro alla sua saviezza e bontà. 466 181. A SUA SANTITÀ LEONE XIII luglio 1887 (?) rinnovate proteste per i soprusi al Papa Beatissimo Padre43 I sacrileghi oltraggi fatti alla venerata salma del Vostro illustre antecessore Pio IX hanno commosso il mondo intero testimone sì a lungo, ed ammiratore delle sue sublimi virtù e delle sue gesta immortali, ed hanno suscitato in ogni terra, in ogni nazione un grido unanime di riprovazione e di orrore. Eppur la rivoluzione non si arresta, non sente affatto rossore, e avendo giurato guerra mortale al Cristo, alla sua Chiesa, ai suoi altari, al suo Vangelo, sopratutto prende di mira Colui che ne è il Vicario Vivente, e anela a rapirgli anche quell’ultimo riparo, che da principio stimò necessario garantirgli per meglio ingannare i popoli e coprire i suoi perversi disegni. Padre Santo, qual è dei vostri figli che non tremi all’evidente pericolo del Supremo Pastore? chi è che non divida con Voi la pena ineffabile di una sì grave situazione? In AME 08, pp. 455-456, senza data. Abbiamo lasciata questa lettera non datata nell’ordine della catalogazione archivistica, ma senza dubbio deve essere molto anticipata cronologicamente. Si sa che Pio IX morì il 7 febbraio 1878 e la sua salma fu deposta provvisoriamente in Vaticano, fino a quando fu trasferita, secondo le disposizioni dell’augusto defunto, nella basilica di S. Lorenzo fuori le mura, da lui restaurata ed abbellita. Il trasferimento avvenne il 13 luglio 1881, di notte. Un gruppo di anticlericali attacca ripetutamente il grande corteo dei cattolici che attraversa le vie di Roma e minaccia di gettare nel Tevere la salma del Pontefice. Leone XIII solleva un’indignata protesta e accusa il governo di aver ritardato l’intervento della forza pubblica, lasciando che si scatenasse la sceneggiata vergognosa dei nemici di Pio IX e della religione. È in riferimento a questo fattaccio che M. scrive per condividere, a nome di tutto l’Istituto, l’indignazione generale dei fedeli, rinnovare l’ossequio al successore di Pietro e chiamare quanti amano la Chiesa a difendere i diritti della sua persona e del suo ministero. 1 467 Ultimi nella casa di Dio, ma congiunti a Voi col più vivo affetto del cuore, i sottoscritti Dirigenti ed alunni di questo Seminario per le Estere Missioni, se fin dal principio protestarono individualmente contro gli orribili attentati della demagogia dominante, ora ad una voce rinnovano le proteste e proclamano che, se nel mondo v’è ancora ombra di giustizia e di buon senso, non può più tollerarsi l’iniqua condizione che i settari hanno creato al Romano Pontefice e dichiarano esser dovere di chiunque ama sinceramente la Chiesa e la società propugnare altamente il diritto imprescrittibile che ha il Successore di S. Pietro all’indipendenza del suo ministero, alla sicurezza della sua persona, ad una vera e non finta Sovranità. Possano, Beatissimo Padre, queste umili nostre parole spargere una stilla di balsamo nel vostro afflitto Cuore e piaccia a Dio esaudire il caldo voto che deponiamo ai Vostri Piedi, il voto che s’affretti per la Divina Misericordia l’ora tanto sospirata del Vostro trionfo. 468 182. AL PREFETTO DI PROPAGANDA 28 novembre 1887 chiede di poter semplificare il sistema delle offerte per le messe Milano 28 nov. 1887 Eminenza R.ma1 Ricorro alla saviezza e bontà dell’Eminenza Vostra R.ma affinché mi impetri dalla benignità del S. Padre una grazia che ossequiosamente invoco, e di cui sento vivo bisogno. Dovendo io provvedere le applicazioni delle Messe a quasi tutti i nostri Missionari (che sono sopra i quaranta e vanno di mano in mano crescendo), a rendere più semplice, più rapido l’adempimento delle molteplici intenzioni degli offerenti, troverei necessario di adottare il metodo seguito in altre pie Congregazioni, di assegnare cioè una sola elemosina costantemente ai Missionari celebranti, che sarebbe di una lira in moneta sonante, cedendo a vantaggio od anche talora a danno del Seminario di S. Calocero il più o il meno, a cui ammontano le offerte ricevute. Con questo mezzo mi vedrei liberato da molte angustie di coscienza, da imbarazzi di conteggio sovente assai complicati, e, quel che più conta, potrei far applicare al momento nelle Missioni qualsivoglia urgente domanda di messe per defunti o per altri gravi bisogni. I Procuratori poi delle Missioni potrebbero consegnare sen- 1 In AME 07, pp. 835-836. Richiesta a Propaganda di usare un metodo più semplice nel conteggio e distribuzione delle offerte relative alle messe sulla base di una lira ciascuna, ritenendo il più o aggiungendo il meno da parte di San Calocero. M. indica i vantaggi che verrebbero adottando questo sistema già seguito da altre pie istituzioni. In fatto di messe, egli, come si è visto in alcuni resoconti, è sempre stato scrupoloso ed ha trasmesso ai suoi missionari lo stesso spirito. 469 za ritardo ai Missionari le elemosine delle Messe da loro celebrate, ed esigere in seguito il complessivo pagamento dalla Casa di S. Calocero. Avverto che nei primi anni di questo Istituto i Missionari celebravano sempre a favore del Seminario di S. Calocero senza ricevere alcuna elemosina, come fanno i Sacerdoti residenti in questa nostra Casa: ma in seguito si introdusse insensibilmente che ciascuno applicasse l’elemosina delle Messe a proprio vantaggio. Avverto ancora che è sempre libero ai medesimi di trovarsi da sé l’elemosina particolare delle Messe che celebrano. Io spero che l’Eminenza Vostra R.ma riconoscerà nella sua alta saviezza la ragionevolezza di questa misura, che mi proposi di chiedere durante i SS. Esercizi dietro il suggerimento di un Direttore molto savio ed esperimentato, e confido che Ella si degnerà essermi grazioso interprete ed intercessore presso la Clemenza del Beatissimo Padre. Le bacio con profonda venerazione la Sacra destra ed invoco la sua santa Benedizione segnandomi Dell’Eminenza Vostra R.ma U.mo e D.mo Servo Sac. Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni 470 183. A D. GIACOMO SCURATI 14 agosto 1888 ricevute onorificenze e... 4 alunni SEMINARIO delle MISSIONI ESTERE Via S. Calocero N. 7 MILANO I. M. I Il 14-8-88 Vigilia dell’Assunta Mio Carissimo e Degnissimo D. Giacomo1 Sento che la Tipografia di S. Giuseppe è stata onorata con medaglia d’oro all’Esposizione Vaticana e me ne rallegro di cuore: il Seminario nostro ha riportato medaglia d’argento. 45 In AME 07, p. 925. L’Esposizione di cui si parla viene allestita in occasione del 50° di sacerdozio di Leone XIII, si inaugura nella festa dell’Epifania dell’88 e durerà fino al 30 maggio. San Calocero vi partecipa con oggetti significativi fatti venire dalle varie missioni su interessamento di M., mentre la Tipografia caloceriana San Giuseppe presenta un’edizione accurata delle “Lettere Encicliche e Costituzioni di S.S. Leone XIII”, per cui meriterà la medaglia d’oro. Del resto, dopo la mostra, taluni missionari dei nostri riceveranno alcuni dei doni esposti (arredi sacri, un organo per mons. Biffi, ecc.) od offerte, comprese L. 30.000 attinte dal denaro raccolto per il giubileo e destinate alle missioni di San Calocero per disposizione del Papa stesso. Per cui M. esclamerà: “Dio vede e Dio provvede!”. 471 Manda fuori, se il cavallante lo piglierà, un canapè foderato in bulgaro (o cuoio che si dica) che potrà servire sotto il portico. Il Sig. Ingegnere non è potuto venire perché non aveva terminato il disegno da presentare al Municipio, che fu presentato ieri. Verrà fuori Venerdì, se a Dio piacerà e pagherà, disegnerà, etc. etc. Oggi riceviamo 4 alunni2, Cazzulani, Gabardi, Gianni e Macchi. Ma non vi sono più stanze e converrebbe per il momento mettere in libertà la stanzetta che serve da archivio. A buon conto ho fatto preparare l’ultima stanza al num. 26 che mette alla scala: converrà chiudere la porta e far venire gli alunni parte da una scala, parte dall’altra. Il chierico Ballarin viene alla fine del mese. Non scordi all’altare Il suo aff.mo Marinoni P. S. Mando due fotografie del P. Alfieri ottenute dal P. Naro o in prestito, o anche in dono. Il numero degli alunni a San Calocero è molto variabile, pur restando sempre dentro cifre modeste. Ecco qualche dato sui qui nominati: Antonio Cazzulani (1865-1904), per 14 anni a Toungoo; Pietro Gabardi (1866-1919), per 21 anni ad Hong Kong; Gianni (non conosciamo il nome) rimase nell’Istituto fino all’inizio dell’anno 1890 e poi rientrò in diocesi per ragioni di salute; Giuseppe Macchi (1868-1947), in Bengala per 55 anni; Enrico Ballarin restò per qualche tempo nell’Istituto, ma poi uscì. 2 472 184. AL SEMINARISTA GIANNI 2 gennaio 1890 stimola verso la santità apostolica un aspirante trattenuto in patria dalla malattia Pax Christi 2 Gennaio 1890 Mio Carissimo Gianni1 Sento io pure vivo dolore nel dovervi dire che la vostra salute non comporta il carico della vita apostolica. Potete ben immaginarvi se mi sono cari e preziosi quei giovani intrepidi che si consacrano alla conversione dei poveri infedeli; è stata questa la mia aspirazione più ardente negli anni più verdi; ma al Signore piacque di darmi l’ufficio di mandare altri a sì grande impresa, e vi congiunse l’amarezza di dovere distogliere altri che o per salute o per diverse ragioni non si trovassero idonei allo scopo. Non per alcun demerito vostro, ma solo a causa della vostra infermità (la quale speriamo non vi impedirà di rendervi utile in patria, ma non permette alla prudenza di esporvi agli strapazzi delle Missioni) mi è forza oppormi ai vostri desideri. È il Signo- 1 In AME 07, pp. 957-958. Al seminarista Gianni (v. Lettera 183, nota 2), entrato a S. Calocero nell’agosto 1888 e rimastovi sedici mesi desiderando prepararsi nel miglior modo possibile alle missioni, M. è costretto a dire, seppur a malincuore, di non potere destinarvelo per ragioni di salute, in base al giudizio del medico. Aggiunge che Scurati tratterà con mons. Cassina, rettore maggiore dei seminari milanesi, perché possa essere riammesso nei candidati della diocesi. Nello stesso tempo lo incoraggia a camminare verso la santità apostolica, offrendo a Dio il grande sacrificio di dover rinunciare all’evangelizzazione degli infedeli. 473 re stesso che con questi segni manifesti ci fa comprendere che non vi chiama a quella via, ma vuol disporre di voi in altro modo. È il sacrificio di Abramo, lo capisco, per voi, ma Iddio non è egli padrone del nostro amatissimo Gianni? Non può egli dire: Si eum volo manere donec venio [se voglio che egli rimanga finché io venga, Gv 21, 22], chi può dir di no? Né ve la pigliate con me o con altri: sarà sempre meglio avere un buon Prete in patria che non un Missionario Apostolico senza salute e senza forze nelle Indie o in Cina. Anzi vi dirò che dovendo noi per coscienza informare i Superiori delle Missioni intorno ai Missionari che loro mandiamo, non troveremmo alcuno dei 6 Vescovi nostri che vi vorrebbe accogliere. Qui vi unisco per vostra quiete il giudizio del Sig. Dott. Pecorara, che non giudica per nulla compatibile con la vostra salute i travagli delle Missioni. Quanto al Seminario Diocesano, l’ottimo D. Giacomo Scurati parlerà con Mgr. Cassina per la vostra riammissione. Vi prego per amore di Gesù Bambino e della sua SS. Madre di rassegnarvi e di dar questa prova del vostro buon spirito. Vi sono di cuore e vi sarò sempre col divino aiuto Aff.mo in Domino Sac. G. Marinoni 474 185. A MONS. TIMOLEONE RAIMONDI 4 gennaio 1890 “una delle pietre fondamentali di S. Calocero” SEMINARIO delle MISSIONI ESTERE Via S. Calocero N. 7 MILANO Il 4 Gennaio 1890 I. M. I Eccellenza R.ma1 Eccoci al 40° anno da che è stato istituito questo Seminario. Il 30 Luglio 1850 ci siamo riuniti a Saronno nella casa dell’incomparabile Mgr. Ramazzotti per dar principio a questa santa Istituzione. Non mi ricordo bene se Vostra Eccellenza si trovasse col P. Mazzucconi e col P. Salerio in quel giorno o se venisse pochi giorni dopo. Il fatto è che Mgr. Raimondi è una delle pietre fondamentali della nostra casa di S. Calocero. Ne sia bene- 1 In AME 07, p. 961. Nel 40° della fondazione del Seminario Lombardo per le Missioni Estere, M. rivolge a mons. Raimondi parole d’encomio chiamandolo “una delle pietre fondamentali della nostra casa di S. Calocero”, lo esorta a ringraziare Dio e procedere con nuovo ardore nel suo incarico, indicando alcuni punti da tener presenti. Raimondi non era tra gli alunni con cui si diede inizio all’Istituto in Saronno il 30 luglio 1850, vi entrò il 7 ottobre seguente, poi prese parte alla prima spedizione in Oceania, e fu il vero fondatore della missione di Hong Kong, che resse fino alla morte, il 27 settembre 1894, con zelo e perspicacia. Si merita dunque l’elogio di M. 475 detto il Signore di tutto cuore, e sia pur benedetto per averlo conservato finora e felicemente ricondotto ad essa. Ora si metta con nuova lena a promuovere il bene di codesta Missione stringendo sempre più in santa unione i confratelli, ponendo maggior ordine all’Amministrazione temporale, e tutto conducendo di comune accordo, secondo le sapientissime leggi di Propaganda e quelle del nostro Istituto. Benedica, Eccellenza Il Suo aff.mo e D.mo Sac. G. Marinoni Unisco qui il resoconto e una lettera per P. Viganò di D. G. Scurati, ora a letto per indisposizione momentanea. 476 186. A P. EMILIO ANELLI 17 febbraio 1890 gli ordina per le sue vicende di passare dal Honan del sud al Honan del nord I. M. I Il 17.2.1890 Mio Carissimo P. Anelli1 È con vivissimo dolore che fresco ancora di malattia e con mano tremante Le scrivo. Mio amato D. Emilio, non mi sarei mai aspettato di dovere venire a questi passi. L’ottimo Mgr. Volonteri mi scrive essere assolutamente necessario che l’uno di loro due si ritiri da codesta Missione e umilissimo, com’è, mi manda la sua rinunzia al Vicariato Apostolico da trasmettersi a Roma, eleggendo egli per sé di ritirarsi dal Ho-nan. Ma ognuno ben vede qual gravissimo danno sarebbe alla Missione il ritiro di questo Santo Vescovo che ha già tanto operato e tanto opera continuamente per essa, qual dolore cagionerebbe a tutti la sua partenza. 1 In AME 07, pp. 964 bis-tris. La saggezza e insieme la fortezza di M. si rivelano chiaramente in casi come questo: un missionario che si oppone al suo vescovo al punto che questi invia al Direttore la sua rinunzia perché la trasmetta a Propaganda. M. interviene mostrando a p. Anelli che l’unica via ragionevole per salvare la situazione è che egli lasci la missione dell’Honan del sud per passare al nord, dove mons. Scarella è disposto ad accoglierlo. Ed è ciò che gli comanda di fare in virtù di obbedienza il più presto possibile. In verità p. Emilio Anelli (1850-1924) non mancava di doti e di dedizione apostolica. I suoi colpi di testa erano dovuti a un certo squilibrio psichico, manifestatosi in missione, forse anche in seguito a sofferenze e travagli; resta il fatto che diede molte preoccupazioni a M., che in questa circostanza vuole agire con tutta fermezza, e si rivolge pure subito a mons. Scarella (v. Lettera 187) e tornerà alla carica anche più tardi (v. Lettera 191). 477 Non resta adunque se non ch’io mi rivolga a Lei e lo scongiuri per amor di Gesù Cristo di ritirarsi da codesto Vicariato nel più breve tempo possibile. Ma dove ritirarsi? In Europa, no, perché non farebbe buon senso, farebbe concepire ai nostri alunni e a tutti gli aspiranti una cattiva idea delle Missioni, e lo metterebbe in una posizione molto critica, perché il Superiore Ecclesiastico non saprebbe (e lo ha dichiarato) qual posto darle. L’unico rifugio è di ritirarsi presso il R.mo Mgr. Scarella, che si è dichiarato disposto ad accoglierlo, che già lo conosce e sa ogni cosa, e per amor di Mgr. Volonteri e di lei lo impiegherà nella sua Missione. Io pure ne scriverò di cuore a quel degnissimo Prelato. Questo partito è il più conforme alle nostre sante regole approvate da Roma, e il più conforme alla sua santa vocazione, e fa passare del tutto inosservata la mutazione avvenuta. Io dunque con tutta quella autorità, che ho ricevuto dal Vicario di G. C. e dalla S. C. di Propaganda per il bene del nostro santo Istituto, lo prego e lo scongiuro di recarsi più prontamente che può al Ho-Nan Settentrionale. Scriva subito una lettera ossequiosa a Mgr. Scarella annunziando determinatamente com’ella si getta nelle sue braccia, e dicendo il giorno preciso in cui parte da codesta missione. Scriva pure un’altra lettera ossequiosa a Mgr. Volonteri annunziandogli il giorno della sua partenza e chiedendogli la sua santa benedizione. Sopratutto faccia le cose senza il minimo strepito e imiti S. Giuseppe qui de nocte surgens secessit in Aegiptum [che nella notte alzatosi fuggì in Egitto, Mt 2,14]. Veda di non mancare alla santa obbedienza in cosa di tanto rilievo. Si ricordi quel testo così bello dell’Ecclesiastico capo 3°: I figli della Sapienza sono l’accolta dei giusti, e il loro carattere è obbedienza e amore. Udite, o figli, i precetti del padre, e adempiteli se volete essere salvi. Poiché Iddio volle onorato il padre dai figli [cf. Sir 3,1-2]. All’opposto nel I dei Re c. 15, v. 22-23 sta scritto: domanda forse il Signore olocausti e vittime e non piuttosto che si obbedisca alla sua voce? poiché più vale l’obbedienza che le vittime e la docilità più che offrire l’adipe degli arieti. Poiché il disobbedire è come il peccato della divinazione e il non voler assoggettarsi è come il delitto dell’idolatria [cf. I Sam 15, 478 22-23]. L’uomo adora se stesso e il suo giudizio quando lo preferisce al giudizio e alla volontà dei rappresentanti di Dio. Io dunque comando in virtù di santa ubbidienza di ritirarsi assolutamente e più prontamente che può dal Ho-nan meridionale al settentrionale, altrimenti ne scrivo subito alla S. C. di Propaganda provocando di là un ordine assoluto per il bene di codesta missione. Ma non voglio dubitare della sua pronta docilità. Anzi se vuol consolarmi e lenire l’amarezza grande che provo, nel dovere per la prima volta in 40 anni parlar in questo modo, mi telegrafi un sì, ed io pagherò l’importo Tutto suo in Gesù e Maria P.te Giuseppe Marinoni 479 187. A MONS. STEFANO SCARELLA 1° marzo 1890 lo invita ad accogliere p. Anelli per il suo bene I. M. I. Il 1 Marzo 1890 Eccellenza R.ma1 L’ottimo Mons. Volonteri mi scrive che egli non può reggere col P. Anelli e che se non si ritira il detto Padre, io mandi la rinunzia al Vicariato Apostolico in Propaganda, la qual rinunzia mi trasmette. L’Eccellenza Vostra conoscerà già, m’immagino, la cosa: questa risoluzione fu presa col P. Burghignoli, il quale mi scrive che Mgr. Volonteri si reca ad Han-Kow dal P. Vaudagna per aspettare ivi la mia risposta. Il P. Burghignoli mi scrive ancora che l’Eccellenza Vostra, per il momento almeno, al fine di liberare il povero Mgr. Volonteri e impedire il danno gravissimo che colpirebbe la Missione, se si ritirasse, sarebbe disposta ad accogliere il P. Anelli, a cui io scrivo con questo invio postale che lasci nel più breve spazio la sua Missione e implori rifugio presso l’Ec- 1 In AGPIME 02,1, p. 125. M. informa mons. Scarella che la decisione a riguardo di p. Anelli (v. Lettera 186) è stata presa d’accordo con p. Burghignoli, missionario e procuratore ad Hong Kong, il quale l’assicura della disponibilità di S. Eccellenza ad accoglierlo, almeno per il momento; bisogna fare in fretta, perché Volonteri è ad Hankow aspettando una risposta. Lo supplica quindi di far di tutto per riportare Anelli sulla buona strada. A M. preme il bene della missione e quindi della permanenza di mons. Volonteri nella sua sede, e al tempo stesso di salvare un missionario “che ha pur tante belle doti!”, e deve essere aiutato a rinsavire. Di qui il suo intervento sollecito e incalzante, ma la vicenda si trascina (v. Lettera 191). 480 cellenza Vostra umiliandosi e riconoscendo i suoi errori. Potrebbe darsi, e ne supplico di cuore l’infinita bontà di Dio, che questa misura faccia colpo sul suo cuore, e lo rimetta sul buon sentiero, massime con le ammonizioni agrodolci e col contegno grave e paterno dell’Eccellenza Vostra, a cui lo raccomando quanto so e posso: perché se ci deve premere la salute dei poveri infedeli, quanto più ci deve essere a cuore il bene di questo nostro confratello, che ha pur tante belle doti! Che se per disgrazia non rinsavisse, prenderemo di comune accordo quella risoluzione in Domino, che parrà più conveniente. Monsignore mi perdoni, se faccio troppo affidamento sull’Eccellenza Vostra, ma ne ascriva tutta la colpa alla sua bontà che conoscevo anche prima, ma che potei sempre meglio conoscere de visu nella carissima visita che ci ha fatto. Noi stiamo ancora aspettando la notizia del suo arrivo col buon P. Brambilla alla residenza. Mi benedica e mi creda sempre Dell’Eccellenza Vostra R.ma U.mo ed Aff.mo Servo Sac. G. Marinoni 481 188. A MONS. FRANCESCO POZZI 3 luglio 1890 lo prega di agire da padre e amico coi confratelli I. M. I Il 3 Luglio 1890 Eccellenza R.ma1 L’altro ieri ricevetti un telegramma del P. Broy che vorrebbe farsi Gesuita, e insieme D. Giacomo Scurati mi fece vedere lo 1 In AME 07, pp. 1001-1003. A M. ormai avanti negli anni i casi incresciosi delle missioni pesano sempre di più. Questa volta si tratta di p. Jacopo Broy (1833-1900) che vuol farsi gesuita, e di p. Ambrogio Grassi (1863-?), partito nel 1888 per il Bengala Centrale, che ha scritto ad una suora una lettera tanto “arrabbiata” che M. dice di non averne mai viste di uguali. Perciò scrive a mons. Francesco Pozzi (1828-1905), primo vescovo della diocesi di Krishnagar, di far di tutto perché i suoi missionari trovino in lui conforto, consiglio, amicizia, e così superino più facilmente eventuali crisi. Forse il gesto di Grassi, che più tardi lascerà la missione e nel 1892 l’Istituto, fu un episodio passeggero. M. sembra preoccuparsi di più dell’incertezza vocazionale di Broy. Questi, partito per il Bengala nel 1866, vi aveva lavorato bene, e nel 1872 era stato inviato nell’Assam, dove i cattolici erano pochi e dispersi, tanto che scriveva nel 1885 di aver condotto per 14 anni una vita stentata, da solo, a più di 400 km. dal confratello più vicino, e di sentirsi stanco e debole. Vi restò ancora cinque anni, e all’inizio del 1890 chiese di cambiar missione e passare ad Hyderabad, in India, dove era vescovo mons. Pietro Caprotti (1832-1897). Ma, avuto il permesso, scrisse di sentirsi “libero” non avendo fatto voti religiosi e anche perché era morta la sorella a cui doveva pensare; così fece domanda di entrare dai gesuiti. Da notare che alla sorella aveva sempre provveduto la carità di M., che rimase molto male e ricorse a Roma, ma naturalmente senza risultati. Da gesuita Broy lavorò come cappellano nella stazione militare di Barackpore (India) e morì improvvisamente nel marzo del 1900 (v. TRAGELLA, III, p. 123, nota 69; GHEDDO, PIME, pp. 396-397; Lettera 192). 482 scritto del P. Grassi ad una Suora. Le dico il vero, che ho passato quasi tutta la notte senza poter dormire, solo continuando a pregare il Signore che abbia pietà di noi e metta riparo a tante miserie. Sono vecchio, ma non ho mai veduto lettere neppure fra i secolari così arrabbiate come quella del P. Grassi, che pur qui si dimostrava così buono, così mite di cuore. Io gli scrivo, ma prego anche Vostra Eccellenza a far di tutto perché ritorni in sé, rimedi allo scandalo dato e all’offesa fatta al Cuore amorosissimo di Gesù, che lo ha eletto e mandato in codesta Missione a insegnare la carità, la mansuetudine, l’umiltà, non solo con la voce, ma specialmente con l’esempio e col sacrificio di tutto se stesso. Vorrei credere che sia stato lo scoppio improvviso di un’ira malintesa, o fors’anche dell’infermità, a cui pagò il tributo, e che lo trasse fuori di sé, come lo si vide in tanti altri. La prego di esprimere anche a Suor Giuseppina Brambilla il nostro dolore, ma sopratutto col P. Grassi si adoperi con paterna sollecitudine affinché rientri perfettamente in se stesso, si renda padrone delle sue passioni, schiacci l’amor proprio, e sia vero ministro di pace e di amore. Riguardo al P. Broy, non Le pare, Eccellenza, che sia questo un tacito avviso, un dolce rimprovero della Provvidenza per chi congeda, quasi straniero, un confratello d’Istituto, un Missionario di S. Calocero, nominato dalla S. Congregazione di Propaganda Missionario del Bengala Centrale, mentre al tempo stesso la Venerabile Compagnia di Gesù, e l’amatissimo Vescovo Mgr. Caprotti sono pronti ad accoglierlo? Se si va di questo passo, chi rimarrà a coltivare ai fianchi e sotto la direzione di Mgr. Vescovo codesta Missione? Ella è padre ed è appunto in questi casi che deve risplendere il suo amore per i suoi figli, la sua premura per la Missione, per le pecorelle della sua Missione, per quel gregge, che l’apostolo S. Paolo raccomanda con sì gravi parole ai Vescovi dicendo: Attendite vobis et universo gregi, in quo vos Spiritus Sanctus posuit episcopos, regere Ecclesiam Dei, quam acquisivit sanguine suo (Act. 20, 28) [Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue]. 483 Si ricordi che nel cuore del Vescovo devono tutti i fedeli, ma specialmente i suoi cooperatori di ministero, trovare il loro conforto, il loro consigliere ed amico, il loro modello ed esemplare. Innanzi tutto li ami vivamente non verbo, neque lingua [non a parole né con la lingua, 1 Gv 3,18] e se li guadagni in funiculis Adam, in vinculis charitatis [con legami di bontà, con vincoli d’amore, Os 11,4]. Pratichi costantemente ciò che dice l’Apostolo: Per omnia omnibus placeo ut omnes Christo lucrifaciam [In tutto cerco di piacere a tutti per guadagnare a Cristo tutti, cf. 1 Cor 19 ss]. E preghi assiduamente, sopratutto per il Suo Aff.mo e D.mo in Cristo Prete G. Marinoni 484 189. AD EMILIO GHISLANZONI 6 luglio 1890 non può essere accolto per ragioni di salute I. M. I. Il 16 Luglio 1890 Mio Carissimo1 Mi duole assai che la risposta di chi vi ha curato in Seminario non è favorevole né ai vostri, né ai nostri desideri. Adoriamo in tutto la santissima volontà di Dio e se le vostre Indie o la vostra Cina sono in Milano, voi siete già arrivato alla vostra Missione, e dovete pensare alla bella massima di S. Girolamo, che la cosa più importante è non Hierosolymis vixisse, sed Hierosolymis bene vixisse [di essere vissuto a Gerusalemme, ma di essere vissuto bene a Gerusalemme]. Chi sa che più tardi consolidandovi nella salute e nelle forze, e imitando Gesù, che proficiebat sapientia et aetate et gratia apud Deum et homines (Lc 2,52) [cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini] non possiate compiere le vostre sante ispirazioni? Pregate molto, santificatevi ognor più; non sarà in ogni caso tempo perduto: promuovete le opere preziosissime della Propagazione della Fede e della S. Infanzia, e se vi vien la 1 In AGPIME 02,1, p. 261. Sembra ripetersi il caso di Gianni (v. Lettera 184). Emilio Ghislanzoni (1870-1936) non viene accettato al momento per motivi di salute e M. lo incoraggia a proseguire bene, a santificarsi, a promuovere le Opere missionarie, facendogli intravedere la possibilità di star meglio. E difatti Ghislanzoni entrerà nell’Istituto nel 1891 e lavorerà prima a Weihwei e poi ad Hanchung, assommando 42 anni di missione. 485 palla al balzo, destate in altri le vostre aspirazioni. Qui per alium facit per se ipsum facit [Chi opera attraverso un altro, opera mediante se stesso]. Pregate per il Vostro Aff.mo in Cristo Sac. G. Marinoni 486 190. A P. ENRICO CAFFI 24 luglio 1890 lo dissuade accoratamente dal tornare I. M. I. Il 24 Lug. 1890 Mio Carissimo P. Caffi1 Sento con la più dolorosa sorpresa che ella vorrebbe ritornare in patria nel momento in cui il Seminario di S. Calocero e la Missione di Hyderabad hanno ogni ragione di aspettarsi da lei i servizi più preziosi e il ricambio fedele e volenteroso dei sacrifici fatti per formare un Missionario istruito, amante del suo ministero, pieno di zelo per la salvezza degli infedeli. A quest’opera così pietosa, tanto raccomandata dal S. Padre, prendono parte tutte le nazioni, e migliaia e migliaia di poveri si levano di bocca il pane, per soccorrere i Missionari; ed ella, dal primo giorno che mise piede nel Seminario di S. Calocero sino al presente, ha sempre vissuto di queste pie offerte, le quali costituiscono un tacito contratto, contratto però sacrosanto, che non può sciogliersi arbitrariamente, e rende il Missionario dipendente dalla S. Congregazione di Propaganda costituita dal Vicario di 1 In AME 07, pp. 1009-1010. Enrico Caffi (1866-1948), giunto ad Hyderabad all’inizio del 1889, si trova presto in difficoltà, sembra per la sua eccessiva sensibilità stimolata da un colpo di sole, e pensa di tornare in patria; M. usa tutte le armi della sua fede e benevolenza perché superi la tentazione e non faccia questo passo. In questo genere di interventi il Direttore rivela tutta l’importanza e la serietà che attribuisce alla vocazione missionaria e alla preghiera per ottenere da Dio forza e perseveranza. Purtroppo Caffi durerà poco e rientrerà nella diocesi di Bergamo nel 1891. 487 Gesù Cristo a reggere quest’impresa, da cui dipende il bene e la salute eterna di tutti popoli. Immagini Lei che cosa avverrebbe se un bel giorno tutti i Missionari, sparsi sulla faccia della terra, abbandonassero il posto di guardia, che la Provvidenza ha loro assegnato, e se ne andassero come vuol far lei, per i fatti loro. Legga le Sante Regole di questo Istituto e troverà alla 128a: Nessun Missionario può abbandonare la sua Missione prima che ne abbia ottenuto il permesso dal suo Superiore immediato, dal Direttore dell’Istituto e per mezzo di essi, se necessario, dalla S. C. di Propaganda. A questo proposito si richiama l’avvertenza dell’Em. Card. Prefetto così espressa: Stimerei opportuno ch’Ella avvertisse i Missionari dipendenti dal suo Seminario, che essi non possono allontanarsi dalla loro Missione, senza il consenso della S. C. di Propaganda. (Lettera dell’Eminentissimo Sig. Card. Simeoni, 8 Gennaio 1880, diretta al sottoscritto). Io vorrei credere, che questa sua improvvisa determinazione provenga da malessere fisico e da scoraggiamento, e che le varie esortazioni dell’esimio suo Mgr. Vescovo e gli affettuosi consigli dei suoi bravi colleghi varranno a distornarlo dall’improvvisa sua decisione. Rifletta qual sinistra impressione deve creare nella sua patria questa inesplicabile dipartita da una Missione fiorente, qual danno ne deve risentire il Seminario di S. Calocero, e l’opera delle Missioni a cui ella si era interamente dedicata. Pretendere di essere Missionario e non prepararsi a soffrir contraddizioni, patimenti fisici e morali, persecuzioni, etc., mentre vediamo G. C. Apostolum magnum confessionis nostrae [Gesù Cristo, l’apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo, Eb 3,1] fatto bersaglio di tutte le contraddizioni, positus est hic in signum cui contradicetur [egli è posto come segno di contraddizione, cf. Lc 2,34]; mentre vediamo l’Apostolo dei Gentili così oppresso dalla tribulazione ita ut taederet nos etiam vivere. Sed ipsi in nobismetipsis responsum mortis habuimus ut non simus fidentes in nobis sed in Deo qui suscitat mortuos (2 Cor 1, 8-9) [da dubitare anche della vita. Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la sentenza di morte per imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti]. Mio amatissimo D. Enrico, vuol ella essere un soldato che 488 fugge dalla battaglia? Ricorra a Dio, alla Madonna del Buon Consiglio, non siamo fidentes in nobis sed in Deo qui suscitat mortuos [fiduciosi in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti, 2 Cor 1,9]. Non faccia una ferita così grave e sanguinosa a questo povero vecchio che le scrive a gran stento e con le lacrime agli occhi. L’aff.mo Sac. G. Marinoni 489 191. A MONS. STEFANO SCARELLA 14 agosto 1890 consolato per l’accettazione del p. Anelli SEMINARIO delle MISSIONI ESTERE Via S. Calocero N. 7 MILANO La vigilia dell’Assunta 1890 dalla Grugana I. M. I Ecc.za R.ma1 Sono qui soletto vicino a quel caro dormitorio ove riposano le ossa dei nostri amatissimi Missionari e benefattori, e dove spero che riposeranno le mie mentre l’anima sarà consolata dalle preci 1 In AME 07, pp. 1021-1022. La questione di p. Anelli (v. Lettere 186 e 187) perdura, ma sembra trovare una sistemazione a maggio-giugno: mons. Scarella è disposto ad accoglierlo se pur a precise condizioni, Anelli si dice disposto ad obbedire. M. scrive all’uno e all’altro: al primo per raccomandare caldamente l’affare, al secondo perché finalmente obbedisca. Le parole che rivolge ad Anelli sono piene di forza e di speranza assieme. M. non cede mai quando si tratta della fedeltà dei missionari alla vocazione; li richiama ai doveri assunti ed anche alle aspettative di Dio, dei fedeli e dei non cristiani, e tira la conclusione che si aspetta dall’interessato. Di fatto, passata la bufera, Anelli continua a lavorare nel Honan del sud con mons. Volonteri e successori fino alla morte (1924). Da notare che il primo a succedere a Volonteri sarà p. Angelo Cattaneo (vic. ap. del Honan del sud dal 1905 al 1910), passato al nord al tempo della divisione, ma poi ceduto al sud per le insistenze di Volonteri. 490 pietose dei miei amatissimi figli. La comunità è a Milano per celebrare la festa dell’Assunzione premessovi il Santo Ritiro mensile, e subito dopo ritornerà, a Dio piacendo, a questa amenissima villa. Qui ho ricevuto con mia grande consolazione la venerata Sua del 1° Giugno e quella del buon P. Anelli del 28 Maggio. Benedico Iddio e ringrazio Vostra Eccellenza per l’accettazione del P. Anelli sotto le tre condizioni: che il P. Cattaneo resti al Nord; che Vostra Eccellenza sia immune dalle spese del suo ritorno se mai accadesse; né sia obbligato a ritenerlo se volesse o dovesse partire. Ma Vostra Eccellenza sa quanto mi preme che quel buon Padre metta giù la testa e faccia giudizio e corrisponda alla sua vocazione, obbedisca a Vostra Eccellenza e consoli con i suoi frutti la Missione. È ora che lasci da parte ogni progetto fantastico e si metta ad arare dritto nella linea del solco assegnatogli da Dio. Mi rallegro dell’impegno dei PP. Menicatti e Brambilla; me li saluti affettuosamente. Ho mandato a (...) ed a Firenze le lettere sue, e a momenti manderò a Roma ciò che riguarda la Signora Cariati. Fin dove arriva la mala politica! Legga questo biglietto per il P. Anelli e glielo consegni. Benedica il Suo Umiliss.mo ed Affez.mo P.te G. M. *** L’Assunta 1890 I. M. I. Mio Carissimo P. Anelli2, Ricevo la graditissima sua del 28 Maggio scorso e mi consolo della sua obbedienza, ma a patto che sia stabile, volenterosa, det- 2 In AME 07, pp. 1023-1024. 491 tata dalla Fede. L’obbedienza ci dispensa da ogni discussione, da ogni timore per l’avvenire. Vir obediens loquetur victorias (Prov 21,28). Non ventiles te in omnem ventum (Eccli 5,11). Sta in testamento tuo et in illo colloquere et in opere mandatorum tuorum veterasce. Ne manseris in operibus peccatorum. Confide in Deo et mane in loco tuo (Eccli 11,21-22) [L’uomo obbediente canterà vittoria. Non ventilarti a qualsiasi vento. Sta fermo nel tuo impegno e fanne la tua vita, invecchia compiendo il tuo lavoro. Non rimanere nelle opere dei peccatori. Confida nel Signore e resta al tuo posto]. Mio D. Emilio, è ora di far giudizio, di consolare Iddio, che lo ama tanto e l’ha ricolmato di favori; è ora di consolare i suoi Superiori; è ora di produrre frutti illuminando, edificando, infiammando al bene codesti buoni Cinesi; ella sa la lingua, conosce i costumi, si fece bello in Europa di comparire in abito Cinese: i fedeli di tutto il mondo con l’opera di Lione, ma specialmente in Italia, commossi alle sue esortazioni le hanno date molte mila lire ed ella li delude nella loro aspettativa in tal modo? Oh! quanto sospirò S. Francesco Saverio di evangelizzare i Cinesi! e quante migliaia di fervorosi Sacerdoti non pagherebbero per aver questa sorte? Se ella parte dalla Cina versa un secchio di acqua gelata sull’animo ardente di zelo apostolico dei nostri carissimi alunni che invidiano vivamente la sua destinazione. L’idea di farsi certosino è una vera fantasia in piena contraddizione con le doti e con le attitudini, di cui Iddio l’ha donato. Mi sembra di vedere in lei, mi perdoni la similitudine, ma il Savio dice: argue sapientem et diliget te, doce justum et festinabit accipere. (Prov . c. 9, v. 8-9) [rimprovera il saggio ed egli ti amerà, istruisci il giusto ed egli aumenterà la dottina] … mi sembra di vedere quei ragazzi che sulla sponda del naviglio, invece di camminare per la via piana, per cui cammina ogni buon Cristiano, vogliono camminare sui rialti e cordoni che la costeggiano. Mi consoli una buona volta e si persuada che senza rinnegare se stesso, senza portare la sua croce, senza morire con Cristo, in nessun luogo potrà riuscir bene. Aspetto una risposta limpida, netta: Mi arrendo al voler di Dio manifestato in quello dei miei Superiori. Tutto Suo in Domino P.te G. Marinoni 492 192. A D. GIACOMO SCURATI 18 e 26 agosto 1890 sul caso di p. Broy entrato dai gesuiti I. M. I Il 18 Ag. 1890 Dalla Grugana Mio Carissimo e degno D. Giacomo1 Non so se ella abbia conservato la risposta data per iscritto al telegramma del P. Broy: mi pare che noi dovremmo scrivere subito a Roma ed esporre come dopo tanti anni da che egli è nostro ed è stato aiutato nell’assistere con elemosine la sorella, si è accontentato di avvertirci per telegramma che sperava di entrare nella Venerabile Compagnia di Gesù, e senza aspettare o senza far caso della nostra risposta ha compiuto la sua determinazione, come se non fosse membro di questo Istituto, che al numero 128 delle sue Regole riporta il divieto dell’Em. Card. Prefetto di Propaganda di agire in questo punto senza intesa del Superiore locale, della Direzione Generale e della Propaganda. Il resto glielo dirà D. Belisario. 1 In AME 07, pp. 1025 e 1027. M. ritorna con Scurati sul caso di Broy, ma già si è osservato che il ricorso a Propaganda non è giovato, né poteva giovare; e ripete pure la sua convinzione circa il mancato interesse del vescovo mons. Pozzi (v. Lettera 188 e nota). La pena di M. è accentuata dall’aumento di casi simili: per Caffi v. Lettera 190. Quanto a Paolo Rigamonti (1854-1927), entrò a San Calocero nel 1874, partì per il Bengala nel ’77, fu missionario a Krishnagar per 13 anni e dal 1890 svolse mansioni nell’Istituto in Italia. Di Uboldi, già chierico nel 1888, non risulta quando lasciò San Calocero. 493 Il 26 Ag. 1890 Il permesso di Mgr. Pozzi non basta. Egli stesso (Broy) nel suo telegramma accenna alla speranza che io non ponga ostacolo. Ma quello che più mi preme di far intendere a Roma, è che se i Missionari se ne vanno da sé (Broy, Rigamonti, Caffi), non è possibile mandar avanti le Missioni. La colpa principale è, mi dispiace dirlo, del R.mo Mgr. Pozzi, che ha trattato la cosa con tanta leggerezza, e non fa di tutto per tenere affezionati a sé e alla Missione i suoi confratelli. L’Uboldi ha ancora la febbre, i dolori, molta debolezza: gli sono state ordinate le sanguisughe. Il medico venuto or ora non sa che dire, ma prevede che le cose andranno in lungo. Oremus pro invicem [Preghiamo a vicenda], mio amatissimo Don Giacomo. Tutto suo in Xto P. G. Marinoni 494 193. A MONS. STEFANO SCARELLA 13 settembre 1890 “sarà l’ultima volta che avrò la consolazione di scriverle” I. M. I. Monsignore mio Veneratissimo e Amatissimo1 Il 13 7.bre 1890 Rispondo con brevi parole all’ossequiata sua del 12 Maggio u. s. (ricevuta solo nella scorsa settimana, né so perché così tardi), atteso che siamo nei SS. Esercizi. L’altro ieri sera diedi io stesso la Benedizione col SS. Sacramento in onore del B. Giovanni Gabriele Perboyre, di cui si compiva il 50° anno dal suo glorioso martirio, così orribile al senso, così ammirabile agli occhi della Fede. Faremo ciò che Vostra Eccellenza desidera, e che Mgr Volonteri, come Ella dice, mi chiederà pure2. 1 In AGPIME 02,1, p. 129. M. ha il presentimento che la sua fine non sia lontana, ma, finché può, continua nella sua attività di Direttore e Padre. L’11 settembre 1890 ricorreva il 50° del martirio di Giovanni Gabriele Perboyre, missionario lazzarista che aveva lavorato nell’Honan, e che fu beatificato nel 1889: a lui i nostri si sentivano molto legati, e perciò M. volle dare la benedizione; una festa più solenne si era tenuta il 4 maggio precedente (TRAGELLA, III, p. 50). 2 Per il caso Anelli, cui probabilmente si riferisce questa frase, si noti che la lettera di Scarella, cui risponde M., risale al 12 maggio, quando la faccenda era ancora irrisolta (ma v. Lettera 191 e nota). Interessante quanto raccomanda a Giovanni Menicatti (1866-1943), successore di Scarella dal 1903 al 1919, e a Brambilla (v. Lettera 174), missionari a Weihwei, perché l’uno apprezzi il dono dell’altro; gli altri due sono Angelo Cattaneo e Cristiano Graffy che già conosciamo (v. Lettera 164). 495 Mi rallegro di cuore di quei cari alunni Menicatti e Brambilla; e l’uno ricordi che la scienza è la spada con cui trionfa la pietà sulle menti e sui cuori, e l’altro che la pietà è l’aroma della scienza che la preserva dal corrompersi: scientia inflat, charitas aedificat [La scienza gonfia, la carità edifica, 1 Cor 8,2]. Me li saluti affettuosamente ambedue con i più veterani D. Angelo e D. Cristiano. E il nostro buon Anelli che fa? si metta in mano alla santa obbedienza, e non avrà più fastidi. Ha obbedito Nostro Signore e non obbediremo noi? che cosa predicheremo noi, se non cominciamo prima a fare e poi ad insegnare? Vuoi essere beato? pensa a cambiare il cuore e non lo stato. Me lo saluti tanto e gli dica che prego per lui. Dies resolutionis meae instat [È giunto il momento di sciogliere le vele, 2 Tm 4,6] e probabilmente sarà questa l’ultima volta che ho la consolazione di scriverle. Penserò, non ne dubito, alle 400 lire e le unirò al primo invio di denaro. Mi benedica mentre umilmente prostrato Le bacio in ispirito il sacro anello e mi dico Suo D.mo Servo in Cristo Sac. Giuseppe Marinoni 496 194. A D. GIACOMO SCURATI 13 ottobre 1890 M. lucido e attivo come sempre SEMINARIO delle MISSIONI ESTERE Via S. Calocero N. 7 MILANO Il 13 Ottobre 1890 I. M. I Mio Carissimo e Degnissimo D. Giacomo1 Le mando per mezzo del buon Ambrogio (che ritorna e ci ha servito molto bene) le 300 lire, che mi ha richiesto con la sua gradita di ieri. La ringrazio di cuore dei suoi affettuosi auguri e preghiere. 1 In AME 07, p. 1031. In quest’ultimo autunno della sua vita, M. sta benino, ed è ancora attivo, come appare da questa ed altre lettere del tempo inviate a Scurati che si trova alla Grugana. Si dà da fare per i sussidi di Lione, in vista della partenza di dicembre di missionari e suore. I padri sono sei, compreso Andrea Celanzi (1849-1934) che torna in Birmania. Il 17 ottobre accompagna i partenti da mons. Calabiana, che li intrattiene amabilmente quasi per un’ora. Il 28 ottobre tiene il discorso alla funzione familiare di partenza, riportato, ma con una svista sulla data, nella raccolta di Scurati (Scritti, pp. 254-257), in cui dice tra l’altro: “Non è a dire pertanto se io invidio la vostra nobilissima risoluzione, e se sopratutto in questi momenti, pur vecchio cadente qual sono, mi sento rapire dal desiderio di potervi seguire”. 497 A Lione, dove desiderano la ripartizione esatta del denaro, ho chiesto: Fr. 7500 per le sei religiose Ho-nan meridionale 4400 per Hong Kong 1 Missionario e 4 Canossiane 3500 per Toungoo 3 Missionari 4600 per Hyderabad 1 Missionario e 5 Suore Fr. 20000 Il Loyd mi ha scritto che accetta il nostro invio per il 3 Dicembre (15 persone, compreso il P. Celanzi) e avrà ogni riguardo ai Missionari e alle religiose. Così la Madre Vismara mi ha scritto da Londra, che ella penserà per le sei Suore del Ho-Nan, io pensi alle altre. L’ingegnere domani verrà qua, a Dio piacendo, per parlare con me, ma non ha parlato della Grugana. Se però Lei lo desidera (credo che sarà forse necessario per le mutazioni avvenute nei terreni), vedrò di persuaderlo a venir Mercoledì. Mi spiace delle malattie sopraggiunte nella famiglia Moretti, speriamo che tutto si dilegui per la divina bontà. Un memento al S. Altare per Suo Aff.mo in Cristo Sac. G. Marinoni 498 195. A TUTTI GLI ALUNNI E I MISSIONARI 5 gennaio 1891 lettera di commiato dal letto di morte 1 5 Gennaio 1891 Vigilia dell’Epifania Festa della Vocazione delle Genti A tutti i nostri amatissimi alunni del Seminario di S. Calocero che sono qui in Patria o sparsi nelle Missioni auguro di cuore la Grazia dello Spirito Santo, la pace e la più perfetta concordia, 1 In AME 07, p. 1043. Più volte abbiamo avuto l’occasione di segnalare i ripetuti malanni sofferti da M., ma non quella che fu la malattia più lunga e più grave, nel 1889, dal 15 marzo a fine settembre, tanto che il giorno di S. Giuseppe, dopo aver ascoltato la messa, M. chiese il viatico e l’estrema unzione. Si trattava di un collasso totale di forze che gli creava difficoltà di respiro. Il peggio temuto non accadde, ma per parecchi mesi si fu in ansia per lui, finché in giugno poté andare alla Grugana e ristabilirsi a poco a poco. Dopo di allora, tirò avanti discretamente fino verso la fine del 1890. Ma il 4 gennaio 1891 verso sera, sentendo aumentare i suoi disturbi, M. si pose a letto. E il giorno dopo, ricevuta la comunione durante la messa celebrata da Scurati, dettò al diacono Giovanni Bricco (1868-1943), che l’assisteva a turno con altri compagni, queste righe di commiato, tutte imperniate sulla fede e la carità, la pace e la concordia. Molte volte ai missionari in difficoltà personali o comunitarie aveva suggerito di ravvivare queste virtù cristiane e apostoliche; ora ne fa il suo testamento e il suo augurio (ZOCCARATO, p. 7, vede qui la sintesi del pensiero e della vita di M.). Come non raramente succede, nei giorni seguenti il pericolo di morte sembra allontanarsi, e il malato nei momenti di sollievo gode di sentir leggere la Sacra Scrittura, specialmente il libro di Tobia, insiste che i chierici non fatichino troppo per vegliarlo e dice di essere contento sentendoli giocare. Ma il male riprende presto la sua virulenza e il 25 gennaio M. entra in uno stato di quasi agonia, pur restando abbastanza lucido. Due giorni dopo chiede di confessarsi 499 finché si trovino tutti riuniti in Cielo a lodare e benedire in eterno il nostro Buon Dio. Pertanto, o miei carissimi e desideratissimi, corona mia e gaudio mio, vi dirò con l’Apostolo: Sic state in Domino [Così rimanete fermi nel Signore], perseverate costantemente nell’amore e nella grazia di Lui. Ciò compierete se vi sforzerete in tutta la vostra vita di promuovere in voi e negli altri quella fede che per charitatem operatur [opera per mezzo della carità, Gal 5,6]. La fede è una sola, una fides; e deriva dall’udito, fides ex auditu [Rm 10,17]; è un tesoro comune, inviolabile, intangibile, che viene da Dio; non vi si può aggiungere né togliere cosa alcuna. Sicut audio judico, come io ascolto così giudico, così credo, così ritengo per indubitato. La fede ripeto è dall’udito. Da chi devo udirla? Si quis Ecclesiam non audierit sit tibi sicut etnicus et publicanus [Se qualcuno non ascolterà la Chiesa, sia per te come un pagano e un pubblicano, Mt 18,17]. Chi ha ricevuto da Cristo quella fede che non viene mai meno? Ego pro te rogavi, Petre, ut non deficiat fides tua [Io ho pregato per te, Pietro, perché non venga meno la tua fede, Lc 22,32]. Udiamo Pietro, udiamo la Chiesa e avremo sempre in noi viva, pura, intemerata la vera fede. Ma la fede non basta, se io avrò una fede così viva da trasportare i monti, a nulla mi giova: uniamoci la carità. Siamo indivisi nella fede, siamo indivisi nella carità, la fede unisca le nostre menti, la carità i nostri cuori. E la pace di Dio che supera ogni senso custodisca le nostre intelligenze e i nostri cuori sino all’ultimo respiro. alle 4,15 del mattino, e durante la messa celebrata subito dopo fa la sua ultima comunione, con visibile fervore, rispondendo chiaramente “Amen” alle parole del sacerdote che gli porge l’ostia santa. Terminata la celebrazione, si recitano le preghiere degli agonizzanti e poi altre orazioni in privato. Marinoni spira poco prima delle 11, martedì 27 gennaio 1891. 500 APPENDICI I LA FAMIGLIA DI MONS. MARINONI Mons. Giuseppe Marinoni è il terzogenito di Cesare e Teresa Calchi Novati, sposatasi la seconda volta dopo la morte del primo marito, Giovanni Battista Annoni. Diamo qui il quadro delle due famiglie, partendo dai genitori e passando poi ai figli di ciascuna secondo l’ordine cronologico delle nascite, nella misura dei dati che siamo riusciti a reperire. Teresa Calchi Novati Teresa Maria Michela, figlia di Sigismondo Calchi Novati e Rosa Ronzoni, nasce il 3 settembre 1771 a Passirano (parrocchia di Carnate, Pieve di Vimercate), nella villa paterna dove i genitori, entrambi appartenenti alla nobiltà lombarda, trascorrevano i periodi estivi. Riceve il battesimo il giorno successivo nella chiesa parrocchiale dei SS. Cornelio e Cipriano. Le fa da “compadre” il nob. d. Michele Ronzoni, zio materno e canonico della chiesa prepositurale di S. Stefano in Nosizzia a Milano, alla cerimonia, però, viene sostituito da d. Giuseppe Compagnai della parrocchia di Vimercate. Quando il 18 gennaio 1796 sposa Giovanni Battista Annoni, Teresa già da molti anni risiede a Milano nella parrocchia di S. Maria del Carmine; si trasferisce poi nella parrocchia di San Marco, e qui saranno battezzati tutti i figli ad eccezione dell’ultimogenita. Nell’autunno del 1810 è oramai da qualche tempo a Cuggiono dove i Marinoni hanno vari possedimenti. Vi rimane fino alla morte, avvenuta il 17 agosto 1832. Della sua vita poco traspare dalla corrispondenza del figlio, se 503 non la grave e dolorosa malattia che la portò alla morte. Dai documenti parrocchiali sappiamo che è deceduta in casa, alle ore 10 della mattina, per apoplessia, e che i funerali vennero celebrati l’indomani. Giovanni Battista Annoni Giovanni Battista, primo marito di Teresa, appartiene alla nobile famiglia degli Annoni. Di lui ben poco si sa (neppur quando è nato e morto), se non che ha ricoperto la carica di segretario comunale, come attestano l’atto di matrimonio e il certificato di morte della figlia Carolina, i quali però non riportano il nome della località. Si sa, invece, che gli Annoni avevano dei possedimenti a Cuggiono, tanto che il conte Antonio (morto nel 1825), marito di Ludovica Cicogna, vi fece costruire la propria villa, ora sede del municipio, il cui parco è, per estensione, il secondo in Italia dopo quello di Monza. A Cuggiono Giovanni Battista deve aver trascorso i periodi estivi e stretto una forte amicizia con Cesare Marinoni, al quale chiederà di fare da padrino al secondo figlio, Cesare. Cesare Marinoni Cesare, secondo marito di Teresa, è il terzogenito di Pietro Marinoni. Nasce a Milano nella parrocchia di San Calimero in data sconosciuta; sappiamo che ha due fratelli, Gerolamo e Giuseppe, entrambi deceduti a Cuggiono all’età di 62 anni, rispettivamente l’8 marzo 1806 ed il 2 novembre 1808. Molte delle terre attorno a Cuggiono appartenevano ai Marinoni, ed è qui che molto probabilmente è nata, fin dalla tenera età, l’amicizia di Cesare con Giovanni Battista, primo marito di Teresa Calchi Novati. Anche gli Annoni, difatti, erano tra le nobili famiglie milanesi che nelle loro ville in Cuggiono solevano trascorrere i mesi estivi lontano dalla città. Cesare Marinoni il 23 aprile 1799 tiene a battesimo Cesare 504 Annoni; otto anni più tardi, l’8 maggio 1807 ne sposa la mamma, Teresa Calchi Novati, previa dispensa dall’impedimento ex cognazione spirituale di secondo grado, derivante dall’esser stato padrino. Al matrimonio fanno da testimoni Giovanni Battista Mapelli (della parrocchia degli sposi) ed il fratello di Teresa, Luigi Calchi Novati. Verso la metà degli anni ’40, dopo aver venduto i terreni di Cuggiono si trasferisce ad Arconate, nella parrocchia affidata al figlio Pietro dal 1846, laddove trascorre gli ultimi anni di vita. La data della morte è a tutt’oggi sconosciuta. FIGLI DELLA FAMIGLIA ANNONI 1. Giovanni Battista Annoni (Giovannino) Nasce a Milano il 18 gennaio 1796 nella parrocchia di San Marco, e al battesimo, secondo un’antica tradizione riguardante il primogenito, riceve il nome del padre, che era già stato del nonno. Giovannino, come affettuosamente viene chiamato in famiglia, è l’unico degli Annoni (e anche dei Marinoni) ad essersi sposato. Del suo matrimonio non conosciamo la data, ma sappiamo che sia lui che la moglie Costanza tengono ottimi rapporti con Giuseppe Marinoni. Maggiore di quindici anni, Giovanni Battista sarà sempre per il fratello Giuseppe un punto di riferimento e un aiuto valido, tanto per gli affari di famiglia quanto per quelli del Seminario delle Missioni Estere; egli terrà a battesimo la sorella uterina Degnamerita nel 1816. Giovanni Battista muore a Milano il 3 novembre 1869 all’età di 72 anni, assistito negli ultimi giorni da don Giuseppe. 2. Cesare Annoni (Cesarino) Cesare Gabriele Luigi nasce a Milano il 20 aprile 1799. Tre giorni dopo viene battezzato nella chiesa parrocchiale di San 505 Marco. I genitori scelgono per padrino una persona a loro molto cara, tanto da ricordarla anche nel primo nome dato al figlio: si tratta di Cesare Marinoni del fu Pietro, lo stesso che il destino porterà a sposare, dieci anni dopo, la mamma del battezzato. Gabriele e Luigi sono invece i nomi dei due fratelli maggiori della madre. Iscritto nel clero della parrocchia di Cuggiono già all’inizio del 1814, riceve gli ultimi Ordini Minori nel 1820 ed il 24 giugno 1823 viene ordinato sacerdote dell’arcidiocesi milanese. È a Milano che qualche giorno più tardi, in occasione della solennità dei SS. Pietro e Paolo, celebra la Prima Messa, assistito dal fratello Giuseppe, di cui benedice la veste talare indossata per la prima volta in quest’occasione. Di don Cesare Annoni e delle sue attività in diocesi non vi è alcun accenno nella corrispondenza di Giuseppe Marinoni, tanto meno nella documentazione conservata nell’Archivio della diocesi di Milano. Si sa solamente che attorno al 1835 è impegnato presso il seminario vescovile, dove potrebbe essere rimasto fino alla morte, da supporsi successiva al 1838. Risale al 30 giugno di quell’anno l’ultima lettera di Marinoni in cui viene citato il suo nome. 3. Carolina Annoni Carolina Rosa Margherita Paola Faustina Annoni nasce a Milano il 1° ottobre 1800. Viene battezzata il 3 successivo in San Marco, la chiesa parrocchiale dei genitori. Padrino è Carlo Ronzoni del fu Ignazio, cugino della mamma. Anche in questo caso i nomi imposti sottolineano l’affetto intercorrente tra la mamma Teresa e le persone a lei più care, come ad esempio la sua mamma Rosa, o le sorelle Isabella e Faustina. Carolina, diversamente dal fratello Giovannino, non si sposa. Vive con i genitori, prima a Cuggiono, poi ad Arconate nel periodo in cui don Pierino è alla guida della parrocchia di Sant’Eusebio (1846-1854). Tornata a Cuggiono, vi risiede fino alla morte, avvenuta il 17 agosto 1869. Nello Stato delle Anime di questa 506 Parrocchia, datato 1860, risulta che Carolina abita in piazza San Giorgio con la domestica Antonia Fogliani nella casa di proprietà della famiglia Bray. Ciò denota il suo stile di vita semplice, se si pensa che a Cuggiono gli Annoni erano una delle famiglie più importanti. Aggregata alla Confraternita del Beato Tobia all’Ospedale Maggiore, si dedica ad opere di carità sia a Cuggiono che ad Arconate: nelle sue disposizioni testamentarie vi sono molti legati a favore dei poveri di queste parrocchie e di opere assistenziali come l’Ospedale di Cuggiono. 4. Paola Annoni Paola Antonia Margherita Faustina nasce a Milano, il 1° settembre 1802. Come in uso per gli Annoni e i Marinoni, porta il nome del padrino di battesimo, un certo Paolo Antonio Zappa, della parrocchia di S. Maria del Giardino in Milano. Il sacramento viene amministrato il giorno dopo la nascita nella Chiesa parrocchiale di San Marco. Paola muore a Milano prima della nascita di Giuseppe, e questi la ricorda unitamente all’altra sorellina morta successivamente, scrivendo a Margherita il 30 giugno 1838 (Lettera 6). FIGLI DELLA FAMIGLIA MARINONI 1. Pietro Marinoni (Pierino) Pietro Sigismondo Luigi Giorgio Marinoni vede la luce a Milano il 22 aprile 1808 e riceve il battesimo due giorni dopo nella chiesa di San Marco; fa da padrino Luigi Calchi Novati, il fratello maggiore di Teresa; perciò il neonato porta i nomi dei due nonni (paterno e materno, cioè Pietro e Sigismondo), ai quali seguono il nome del padrino e del Santo cavaliere: di quest’ultimo non si è riusciti a trovare omonimi parentali. Dopo essere stato iscritto nel clero di Cuggiono, come lo fu Cesare e lo sarà Giuseppe, frequenta i seminari milanesi, dove 507 per alcuni anni avrà come compagno di corso anche il fratello minore Peppino. Nel 1830 è ordinato suddiacono col titolo, cappellania di San Cristoforo nella chiesa prepositurale di Bollate, il 23 maggio e diacono il giorno 31. Il 28 maggio 1831 riceve il sacerdozio e l’indomani celebra la Prima Messa. Dal 1832 al 1846 è annesso alla parrocchia di S. Maria alla Porta in Milano, in un primo tempo con l’ufficio di Sagrista. Il 12 marzo 1846 gli viene conferito il beneficio parrocchiale di Arconate, parrocchia vacante dal 3 ottobre 1845 per la morte del precedente titolare. Pietro muore dopo una breve malattia alle 6,30 del 24 maggio 1854, assistito dal fratello Giuseppe. 2. Margherita Marinoni (Ghittina) Maria Margherita Laura Rosa Marinoni nasce il 15 settembre 1809 a Milano, nella parrocchia di San Marco. Due giorni dopo viene tenuta a battesimo da Margherita Visconti, figlia del fu Conte Filippo e vedova di Giorgio Antonio Olivazzi; la nobildonna milanese è la sorella di Lodovica, che sposò Antonio Annoni, zio del primo marito di Teresa. Nonostante che il primo nome della neonata sia Maria, essa verrà sempre chiamata dalle persone più care Margherita, o col vezzeggiativo Ghittina. Nel primi mesi del 1831, Margherita entra nel Collegio delle Dame della Guastalla, istituzione preposta all’istruzione delle giovani appartenenti alle nobili famiglie decadute. Compiuto il rito della vestizione nel febbraio 1832, qualche mese dopo le vengono già affidate le prime ragazze da seguire. Donna colta, amante della poesia e delle lingue straniere, fin dall’inizio sostiene spiritualmente e materialmente il ministero sacerdotale di Giuseppe, coinvolgendo anche le consorelle della Guastalla. Nel 1888 avviene l’incameramento del Collegio da parte del Regno d’Italia, che causa la divisione della comunità in due: alcune Dame si riuniscono a Milano, altre si ritrovano a Palazzolo Milanese e tra loro Margherita, la cui salute già intaccata peggiora sempre più per la precarietà della situazione. Muore nel 508 pomeriggio del 6 gennaio 1891 a Palazzolo Milanese, dove viene sepolta l’indomani, dopo funerali solenni celebrati da dieci sacerdoti e con la partecipazione della Confraternita della parrocchia. Alle esequie non presenzia il fratello Giuseppe, gravemente malato a Milano, dove morirà alla fine di quello stesso mese. 3. Giuseppe Marinoni (Peppino, Pepino) Giuseppe Girolamo Antonio Anastasio Aussanno nasce a Milano l’11 ottobre 1810 e l’indomani viene tenuto a battesimo dalla zia materna Isabella, nella chiesa parrocchiale di San Marco. Dei nomi che gli vengono dati, i primi due sono quelli degli zii paterni, deceduti il primo nel 1806, il secondo nel 1808; il terzo si richiama ad un parente non meglio conosciuto, mentre Anastasio ed Aussano ricordano due personaggi illustri della casata. Sulla vita e l’attività di don Giuseppe, si veda l’appendice “Dati biografici di mons. Giuseppe Marinoni”. 4. Degnamerita Marinoni (Merita) Degnamerita Maria Faustina Isabella nasce a Cuggiono il 23 gennaio 1816, quando il piccolo Giuseppe ha poco più di cinque anni. Viene tenuta a battesimo dal fratello uterino Giovanni, allora ventenne. Per diciotto mesi rallegra la famiglia Marinoni: muore infatti l’8 luglio 1817 per “dissenteria prodotta da dentizione”. I nomi di battesimo sottolineano ancora una volta i forti legami parentali. Degnamerita Brambilla è la moglie dello zio paterno Giuseppe, anch’egli residente in Cuggiono ed ivi deceduto il 2 novembre 1808. Faustina ed Isabella, invece, sono le zie materne. Tra tutta la corrispondenza di mons. Marinoni conservata nell’Archivio generale di Roma, la lettera del 30 giugno 1836 (Lettera 6) è l’unica in cui appaiano entrambi i nomi delle due sorelle morte in tenera età, Paola e Degnamerita, quest’ultima ricordata col diminutivo familiare di Merita. 509 II DATI BIOGRAFICI DI MONS. MARINONI Raccogliamo qui dati personali di M. e, in misura ridotta, quelli relativi alla sua attività e all’opera di Direttore dell’Istituto, per i quali rimandiamo alle lettere e rispettive note. 1810, 11 ottobre: Giuseppe Marinoni (M.) nasce a Milano, nella parrocchia prepositurale di San Marco, in via dei Fiori Oscuri. Il giorno dopo viene battezzato dal parroco don Giuseppe Pesti nella chiesa omonima con i nomi di Giuseppe, Gerolamo, Antonio, Anastasio, Ausonio; madrina è la zia materna Isabella (cfr. Appendice I). 1813, ottobre: riceve la cresima da mons. Gabrio Nava, vescovo di Brescia, nella chiesa parrocchiale di San Giorgio, a Cuggiono, dove vive la sua infanzia e giovinezza nelle tenute paterne; fa da padrino il fratello uterino Giovanni Battista Annoni. Prime istruzioni: mancano dati precisi in proposito. A Cuggiono, M. segue le lezioni dell’abate Piccoli, maestro comunale; viene poi iscritto al collegio di Parabiago, dove rimane fino alla “prima umanità”. 1823, 21 maggio: viene ascritto alla chiesa parrocchiale di Cuggiono, con la facoltà di vestire l’abito talare, che metterà la prima volta il 29 giugno, partecipando a Milano alla prima Messa del fratello uterino don Cesare Annoni. 1824-29: studia belle lettere nel seminario diocesano di S. Pietro. 1829-30: studia filosofia nel seminario di Monza, ottenendo in ogni materia la classifica prima con eminenza. 1830-34: fa teologia nel seminario di Milano, sempre ottenendo nelle varie discipline il massimo dei voti; impara anche il canto, il francese, l’ebraico. In questi anni M. riceve da mons. Zer511 bi, vescovo di Famagosta: la tonsura, il 25 febbraio 1831; i primi due ordini minori, il 27 maggio seguente; i due ultimi ordini minori, il 16 marzo 1832. Nel 1833 l’arcivescovo di Milano card. Gaisruck gli conferisce: il suddiaconato, il 21 settembre; il diaconato, il 21 dicembre; nel 1834, 24 maggio, il presbiterato. M. celebra la prima Messa il giorno dopo nella chiesa del Collegio della Guastalla, dove si trova la sorella Margherita. 1835-36: iscritto all’inizio dell’anno scolastico tra i docenti del seminario di S. Pietro, deve sospendere l’insegnamento il 23 aprile 1836 per una grave malattia di petto, e va a riposare a Cuggiono. Intanto matura la decisione di farsi gesuita e, a fine agosto, riceve l’invito del provinciale dei gesuiti di Roma, p. Spedalieri, di recarsi colà. Ottenuti i permessi ecclesiastici e governativi, oltre al placet del suo direttore spirituale, p. Biraghi, si mette in viaggio. Visita i gesuiti di Piacenza; a fine novembre è a Parma, ospite dei cappuccini; soggiorna poi in dicembre presso i gesuiti di Reggio Emilia; fa tappa a Firenze dove celebra all’altare dell’Annunziata. 1837: dall’1° gennaio al 13 maggio è postulante e poi novizio dai gesuiti di S. Andrea al Quirinale e vi fa il mese ignaziano, ma il direttore degli Esercizi, giudicando inconciliabile il suo desiderio di vita in solitudine con la vocazione gesuita, lo lascia andare. M. si presenta ai certosini presso S. Maria degli Angeli a Roma, ma non viene accolto per motivi di salute. Invano batte alla porta di altre comunità di solitari, quando incontra don Vincenzo Pallotti, rettore della chiesa di Santo Spirito dei Napoletani in via Giulia a Roma, e qui risiede già dal maggio 1837 per parecchi anni, attratto dallo zelo apostolico del Pallotti, che era intenzionato tra l’altro a fondare un istituto per le missioni, dandosi alla cura della propria anima e al ministero sacerdotale. 1841: in gennaio M. si trasferisce all’Ospizio di San Michele a Ripa, come vice parroco. 1844: in settembre succede al defunto parroco dell’Ospizio e vi resta fino al maggio del 1850. 1850: in maggio lascia Roma e torna a Milano per rinfrancarsi in salute. Intanto procedono i preparativi per la fondazione del Seminario Lombardo per le Missioni Estere e Ramazzotti, a Roma 512 per la consacrazione episcopale, ottiene dal card. Tosti, alto responsabile dell’Ospizio, di lasciar libero M. per dirigere il nascente Istituto missionario. Il 27 luglio M. ne viene nominato Direttore dall’arcivescovo Romilli. Il 30 dello stesso mese accoglie a Saronno i primi alunni ed ha inizio il nuovo Istituto. In accordo col Fondatore compie tutti gli atti necessari per l’erezione formale del Seminario da parte dei vescovi lombardi, che avverrà il 1° dicembre dello stesso anno (cfr. COLOMBO, PIME, Documenti di Fondazione). 1851: in giugno si apre la nuova sede dell’Istituto a S. Calocero e M. ne dà comunicazione ai vescovi lombardi raccomandando di favorire le vocazioni; in agosto invia a Roma Reina e Salerio per le intese con Propaganda sulla prima spedizione in Oceania. 1852: in marzo-aprile M. accompagna i primi partenti da Milano a Londra e Gravesend, porto d’imbarco, con tappa a Lione e Parigi. 1853: il 20 febbraio è nominato dal Papa Protonotario Apostolico. Mentre M. pensa già ad un secondo invio di missionari, nasce la questione con Roma sullo scopo dell’Istituto, che si trascina per mesi tra malintesi e amarezze che angustiano fortemente M. e si risolve in settembre con una “protesta” di totale disponibilità ed obbedienza al Santo Padre, ma non senza lasciare strascichi. 1854: M. riceve da Propaganda proposte per invii nelle Indie e in Borneo. Il 10 settembre nomina p. Alfieri dei Fatebenefratelli procuratore dell’Istituto presso la Santa Sede. 1855: in aprile-maggio compie un viaggio di “propaganda” per le missioni e le vocazioni nel Veneto e visita allo stesso scopo alcuni vescovi e seminari lombardi; il 24 maggio riceve dal vicario generale di Milano l’attestato “de vita et moribus” per poter celebrare la Messa in qualsiasi diocesi; il 24 agosto manda ai vescovi del Veneto e dell’Emilia una lettera circolare chiedendo aiuto in vocazioni e offerte; il 20 dicembre propone al patriarca di Venezia lo studio di un atto dell’Episcopato di approvazione e adesione all’Istituto. 1856: su richiesta del Papa, M. invia con funzione di parten513 za del 17 febbraio i missionari Biffi e Robbioni a Cartagena in Colombia; informa autorità ecclesiastiche ed amici dell’uccisione di Mazzucconi. 1857: M. è nominato da Francesco Giuseppe I Cavaliere di II classe dell’I.R. Ordine austriaco della Corona di Ferro; interviene sul caso del catechista Sesana e le regole provvisorie dei catechisti. 1858: arrivano ad Hong Kong i primi missionari, reduci dall’Oceania: Reina in aprile, Raimondi e Tacchini in maggio; in due lettere del mese di luglio a Propaganda, M. difende la sua opera di superiore dell’Istituto. 1859: il 22 settembre, M. rifiuta di illuminare S. Calocero contravvenendo all’ordine del governatore di Milano, che aveva disposto l’illuminazione di tutti gli edifici ecclesiastici per onorare la deputazione delle Romagne venuta ad offrire a Vittorio Emanuele le Legazioni già appartenenti al governo pontificio: fu l’unica eccezione. 1860: 18 gennaio, M. esprime, a nome di tutto l’Istituto, “profondo ossequio e inalterabile devozione” al Papa oltraggiato. 1861: M. scrive in data 25 giugno di provare la tentazione di dimettersi da Direttore per incomprensioni e difficoltà che rendono difficile agire in coscienza; in settembre-ottobre con amici fa un giro in Francia di devozione e per questioni da chiarire con i Consigli della Propagazione della Fede; rientrato, si ammala e solo il 29 dicembre torna a celebrare la Messa. 1864: il 2 gennaio esce il primo numero de “L’Osservatore Cattolico”, diretto da M. con Felice Vittadini. M. firma l’articolo di apertura intitolato “Sia lodato Gesù Cristo”. 1866: il 22 giugno, M. assieme ai sacerdoti Ripamonti, Rossari e Bolis costituisce la “Società privata per reggere il Seminario delle Missioni Estere”, della quale è nominato Amministratore e Direttore Unico. Lo scopo, positivamente raggiunto, è di evitare la soppressione dell’Istituto. 1867: 1° dicembre M. chiede a Propaganda una missione più salubre per il Bengala, richiesta che dovrà essere ripetuta molte volte; 8 dicembre, funzione per la prima spedizione per la nuova missione della Birmania orientale, con a capo Biffi richiamato 514 da Cartagena e presenza del nuovo arcivescovo di Milano, mons. Nazari di Calabiana. 1869: M. scrive a Propaganda, nella festa della Trinità, che col suo consiglio ha deciso di accettare la missione del Honan; ottiene da Propaganda un Rescritto in data 13 giugno che l’autorizza a promuovere agli ordini maggiori i candidati “titulo missionis”; l’8 dicembre si apre il Concilio Vaticano I. 1870: marzo-giugno, M. è a Roma per la consacrazione episcopale (3 aprile) di Barbero, primo vescovo dell’Istituto, e accompagnarlo nei lavori del Concilio come suo teologo. 1872: in aprile dà avvio con Scurati a “Le Missioni Cattoliche”, e in ottobre lascia con Vittadini la direzione de “L’Osservatore Cattolico”; in autunno incontra casualmente i nobili Cavalli che gli promettono di lasciare in eredità a S. Calocero la loro Villa alla Grugana (Calco, Lc). 1873: per desiderio di M. si fa la consacrazione di tutto l’Istituto e delle sue missioni al S. Cuore, a S. Calocero nel giorno preciso della festa (20 giugno), con l’intervento del vescovo Ballerini; il 22 luglio, mons. Volonteri è nominato vescovo vicario apostolico del Honan. 1874: 22 febbraio, consacrazione episcopale di mons. Volonteri ad Hankow con esultanza di M.; nell’estate, primo soggiorno degli alunni a Villa Grugana; M. spiacente di non poter presenziare all’ordinazione episcopale di Raimondi, Roma, 22 novembre. 1875: in febbraio, rispondendo all’invito di Propaganda, M. si dice intenzionato a metter mano alle modifiche della “Proposta” con regole aggiornate. 1876: è profondamente amareggiato per la vicenda di don Carlo Bolis. Nella lettera 138 M. ricorda che il 23 maggio precedente l’arcivescovo di Milano aveva parlato della compilazione di un regolamento per la nomina del Direttore del seminario, salvo restando la nomina di Direttore a vita per mons. Marinoni. 1878: viene nominato dalla S. Sede membro della “Commissione di vigilanza” su “L’Osservatore Cattolico” e “Lo Spettatore”, istituita nel mese di giugno. 515 1880: scrive a Propaganda il 16 giugno di essere contrario a lasciare Hyderabad; il 19 dicembre ringrazia Pio IX per l’enciclica “Sancta Dei Civitas” che inculca la cooperazione missionaria di tutti i fedeli. 1882: il 19 febbraio a Milano partecipa alla consacrazione di mons. Biffi, divenuto vescovo di Cartagena; il 24 febbraio è nominato “Prelato Domestico” di S. Santità; il 19 marzo indirizza un appello ai vescovi d’Italia per le vocazioni, raccomandando l’Istituto e le sue missioni; in aprile-maggio cerca vocazioni, mentre accompagna mons. Biffi in Francia per l’imbarco; il 21 novembre rivolge una supplica al Papa per poter accogliere gli aspiranti prescindendo dai vescovi. 1883: interventi di M. per la divisione del Honan. 1884: 19 marzo, S. Giuseppe, gioia grande di M. per la consacrazione episcopale a Nanyang del vicario apostolico del Honan del nord, mons. Scarella; il 13 maggio M. redige il testamento spirituale e civile; il 24 dello stesso mese, 50° della sua ordinazione sacerdotale, comunica ai confratelli di aver presentato le nuove regole all’esame di Propaganda; il giorno dopo si festeggia a S. Calocero il suo 50° di sacerdozio; per questa occasione Scurati cura un numero speciale commemorativo; il 26 luglio M. partecipa, a nome di tutto l’Istituto, a Leone XIII la sua indignazione per la spoliazione dei beni di Propaganda da parte del governo d’Italia; in dicembre è seriamente ammalato ed ottiene di poter celebrare in camera. 1885: il 4 luglio, scrive ai missionari della Birmania per riportare la concordia. 1886: il 3 dicembre, festa di S. Francesco Saverio, presenta a tutti i confratelli le nuove regole, approvate da Propaganda “ad sexennium” il 16 agosto precedente. 1887: il 27 febbraio, a Calcutta, mons. Francesco Pozzi è consacrato primo vescovo di Krishnagar; iniziano i lavori per il cimitero dell’Istituto alla Grugana. 1888: per interessamento di M., Istituto e missioni prendono parte con oggetti vari all’Esposizione in Vaticano, dall’Epifania al 30 maggio, per il 50° di sacerdozio di Leone XIII; M. riceve dall’arcivescovo la delega per benedire il cimitero della Grugana, 516 dove, l’8 maggio, si reca con padri e alunni per inumare i resti dei pp. Reina e Davanzo. 1889: M. è colto, il 15 marzo, da un grave malanno, asma e prostrazione di forze; il 19 seguente riceve il viatico e l’estrema unzione; la situazione di gravità si prolunga pur attenuandosi, e M. può andare l’8 giugno alla Grugana dove resta fino al 26 settembre ristabilendosi a poco a poco. 1890: la salute di M. si mantiene nel complesso discreta, nonostante qualche ricaduta, tanto che può attendere al suo lavoro fin verso la fine dell’anno; 8 dicembre, consacrazione a Mandalay del primo vescovo della Birmania orientale, mons. Rocco Tornatore. 1891: il 4 gennaio M. deve rimettersi a letto; dopo qualche giorno di ripresa, si aggrava e il 25 dello stesso mese entra in stato comatoso, pur rimanendo abbastanza lucido di mente; spira verso le 11 di mattina del martedì 27 gennaio (altri particolari in nota alla lettera 195). Le esequie si svolgono a S. Calocero, officiate dal vescovo mons. Ballerini, il 29, e il 30 la salma è tumulata alla Grugana. 517 III BIBLIOGRAFIA AA. VV., Catholic Hong Kong, a Hundred Years of Missionary Activity, Catholic Press Bureau, Hong Kong 1958. BASSAN Alfonso, Da avvocato a patriarca, Pontificio Istituto Missioni Estere, Milano 1961. Biblioteca Sanctorum, voll. I-XII, Appendice Prima, Seconda, Istituto Giovanni XXIII della Pontificia Università Lateranense/Città Nuova, Roma 1961-1969, 1987, 2000. BRAMBILLA Gerardo, Mons. Giuseppe Marinoni e l’Istituto Missioni Estere di Milano, Istituto Missioni Estere di Milano, Milano 1926. ID., Il Pontificio Istituto delle Missioni Estere e le sue missioni. Memorie, voll. I-V, Pontificio Istituto delle Missioni Estere, Milano 1940-1942. BRIOSCHI Adamo P., Un Apostolo di due Continenti. Vita di Mons. Eugenio Biffi delle Missioni Estere di Milano, Alfieri & Lacroix, Milano 1912. BUBANI Angelo a cura, Circolari e Lettere collettive dei direttori del Seminario Lombardo per le Estere Missioni 1850 – 1923, Ufficio Storico del PIME, Roma 2004. COGNOLI Virginio, Biografia di Mons. Giuseppe Marinoni, testo al computer inedito. ID., Il drammatico e splendido 1853, Ufficio Storico del PIME, Roma 2003. COLOMBO Domenico a cura, PIME Documenti di Fondazione, EMI, Bologna 2000. ID. a cura, Un Pastore secondo il cuore di Dio. Lettere del Servo di Dio Mons. Angelo Ramazzotti, Vescovo di Pavia e Patriarca di Venezia (1850-1861), EMI, Bologna 2003. ID. a cura, Un Pastore secondo il cuore di Dio. Testimonianze sul 519 Servo di Dio Mons. 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ZOCCARATO Silvano, Il Missionario secondo gli scritti di p. Giuseppe Marinoni, vol. inedito, Milano 1987. 520 IV GLI SCRITTI DI MONS. MARINONI Uomo di grande cultura e dalla penna facile, mons. Marinoni ci ha lasciato molti scritti, alcuni dei quali pubblicati post mortem dallo Scurati. Alle opere editate devono aggiungersi i manoscritti conservati nell’Archivio generale di Roma: testi per omelie, meditazioni, poesie, ecc. Non va altresì dimenticata la produzione giornalistica specialmente per L’Osservatore Cattolico. La conoscenza delle lingue antiche gli permise anche di dilettarsi nella traduzione di opere latine per metterle a disposizione del grande pubblico. 1. Pubblicazioni Le opere del Marinoni furono stampate in gran parte dalla tipografia di S. Giuseppe, propria del Seminario di San Calocero. Altre, poi, lo furono dalla Tipografia e Libreria Arcivescovile Ditta Boniardi-Pogliani di Ermenegildo Besozzi di Milano. 1. 2. Proposta di alcune massime e norme per l’Istituto delle missioni estere, Redaelli, Milano 15 settembre 1851, pp. 104 – (BA1 I, 03, doc. 4) –. Mons. Marinoni ne curò la stampa dopo aver collaborato nel 1850 con mons. Ramazzotti ed altri alla stesura della stessa. Cenni sulle missioni tra gli infedeli e sull’Opera della propa- 1 I libri conservati nella Biblioteca dell’Archivio generale del PIME sono stati segnalati con la sigla BA, seguita dai riferimenti di collocazione. 521 gazione della Fede, Boniardi-Pogliani, Milano 1852, pp. 103 – (BA I, 02, doc. 1) –. Questo saggio apparve anonimo ma, secondo TRAGELLA (I,p. 113), l’autore è certamente il Marinoni. Notizie sull’Istituzione del Seminario delle Missioni Estere eretto dai Rev. Vescovi della Lombardia nel 1850, BoniardiPogliani, Milano 1853, pp. 142+4 – (BA I, 01, doc. 1) –. Discorso letto nell’adunanza generale del Clero il giorno 11 dicembre 1862 dal Sacerdote Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni, Pogliani-Besozzi, Milano 1862, pp. 22 – (BA I, 04, doc. 2) –. Sulla venuta di S. Pietro a Roma, Boniardi-Pogliani, Milano 1863, pp. 14 – (BA I, 04, doc. 10) –. Nella copia conservata presso l’Archivio generale di Roma, un appunto scritto dallo Scurati in terza di copertina, riporta le origini del lavoro: “Questo opuscoletto fu scritto da Mgr Marinoni per compiacere un buon uomo il quale aveva preparato su questo argomento una lettera inopportuna, e la voleva pubblicare per opporsi alla tiritera dei protestanti che predicavano al gentilino2. La scrisse che era molto gramo di salute ed affaccendato e non ebbe neppure la soddisfazione d’averne una copia in ricompensa. La presente fu comperata. L’occasione poi della carità fu il rivedere, come censore ecclesiastico la sopradetta lettera. 5 ottobre 1863. Scurati”. Discorso sull’Opera della Propagazione della Fede - Recitato dal sacerdote Giuseppe Marinoni Direttore delle Estere Missioni il 2 Dicembre 1863 nella chiesa del Santo Sepolcro in Milano celebrandosi solennemente la festa di S. Francesco Saverio Patrono dell’Opera, Boniardi-Pogliani, Milano 1863, pp. 20 – (BA I, 04, doc. 5) –. La Traslazione della Santa Casa da Nazaret a Loreto - Discorso recitato il 16 dicembre 1864 dal Sac. Giuseppe Marinoni Direttore del Seminario delle Estere Missioni nella Ven. Chiesa di S. Maria di Loreto in Milano, Maiocchi, Milano 1865, pp. 16 – (BA I, 04, doc. 11) –. 3. 4. 5. 6. 7. 2 522 Alla gente pagana. 8. Preghiera ossequiosa del Rettore del Seminario di S. Calocero in Milano per le Estere Missioni, agli Illustrissimi e Reverendissimi Vescovi d’Italia, Tip. S. Giuseppe, Milano 1882, pp. 8 – (BA 02/5) –. Marinoni invita i presuli ad inviargli sacerdoti, come sollecitato anche dal Prefetto di Propaganda Fide, il cui scritto è allegato alla lettera. La pubblicazione riporta anche una breve presentazione dell’Istituto missionario. 9. Proverbia, Ecclesiastes [Qoelet], Canticum Canticorum, Sapientia et Ecclesiasticus [Siracide], Tip. S. Giuseppe, Milano 1889, p. 248 – (BA 02/1) –. Marinoni redige in latino, lingua usata per la pubblicazione, l’introduzione all’edizione tascabile dei cinque Libri Sapienziali. Successivamente mons. Eliodoro Campanari così scriveva al riguardo: “Due anni prima della santa sua morte, riavutosi da grave malattia, ha voluto lasciare come testamento ai suoi dilettissimi figli i Libri sapienziali a pascolo del loro spirito in un elegante volumetto tascabile con una stupenda dedica alla Vergine Immacolata, di cui era devotissimo, in forbito latino e con una magnifica lettera, pure latina, diretta agli stessi suoi figli, in cui traspare tutto il suo cuore nel raccomandarne la lettura” (AGPIME 2, pp. 551-552). 10. Il pellegrinaggio di S. Silvia Aquitana ai luoghi santi - Da un codice della Biblioteca di Arezzo scoperto dal Ch. Prof. Giovanni Francesco Gamurrini e volgarizzato dal Sac. G. M., Tip. S. Giuseppe, Milano 1890, pp. 71 – (BA 02/2) –. Si tratta di una traduzione in italiano del testo latino di recente scoperta, ed in precedenza già pubblicata sul periodico Nuovo Giornale Arcadico - Serie III. Oltre alle note al testo, redatte dal Marinoni, il libro riporta anche l’interessante documentazione che il traduttore chiese al Vescovo di Brescia – nella cui città si trova il corpo della santa – prima di iniziare la traduzione. 11. Lettera pastorale dei Vescovi Lombardi del 5 gennaio 1861, pp. 30 – (BA I, 04, doc. 1) –. Il testo, scritto dal Marinoni su invito dei Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Milano, tratta della sacralità del matrimonio. 523 2. Manoscritti pubblicati 1. Scritti varj del defunto mons. Giuseppe Marinoni, primo direttore del Seminario delle Missioni Estere di Milano, raccolti da Giacomo Scurati Sacerdote del medesimo Istituto, Tip. S. Giuseppe, Milano, 1892, pp. 371 – (BA 1, 10, 143) –. Ripartita in tre sezioni, l’opera raccoglie: a) 19 discorsi tenuti in varie occasioni come il triduo di predicazione tenuto ad Arconate nell’ottobre 1853, quando ne era parroco il fratello Pietro; b) 19 conferenze, quasi tutte rivolte agli alunni di San Calocero; 14 discorsi ai missionari in partenza per le missioni (1875-1890); c) lettere ai Pontefici e ai vescovi; cronache dell’Istituto; necrologio del p. Giovanni Maria Alfieri dei Fatebenefratelli (+ 1888) e del p. Belisario Fattori di S. Calocero (+ 1890); documenti già stampati dal Marinoni e preghiere composte per uso del seminario, tra cui da segnalare la Novena a San Francesco Saverio. 3. Manoscritti non pubblicati 1. 2. 3. 4. 524 “Notizie brevi su S. Calogero e S. Secondo d’Asti corredate delle lectiones iv, v e vi ii° notturno, per la recita del breviario” – (AGPIME 2,01, pp. 297-300) –. “Pensieri e Massime spirituali” – (AGPIME 2,01, pp. 325340) – Raccolta di 70 scritti ad uso privato. “Vangeli domenicali. Tracce” – (AGPIME 2,01, pp. 341-376) – Appunti di omelie per il Tempo di Avvento, le domeniche dopo Pentecoste e la Settuagesima. “Temi di composizione” – (AGPIME 2,01, pp. 381- 400; 401434; 435-448) – Appunti per 48 temi omiletici, redatti tra il 1870 ed il 1871. 4. Giornali e Riviste con articoli di Marinoni 1. 2. 3. L’Osservatore Cattolico – Quotidiano milanese fondato da mons. Marinoni e don Vittadini, professore al Seminario di Milano. Il primo numero uscì il 1 gennaio 1864. L’Amico Cattolico – Periodico informativo della diocesi di Milano, voluto nel 1841 dall’arcivescovo di Milano card. Gaisruck. Le Missioni Cattoliche – Rivista nata su iniziativa di mons. Marinoni e padre Scurati nel 1872; dal 1969 ha preso il nome di Mondo e Missione. N.B. Marinoni ha pure scritto articoli per altre pubblicazioni, non raccolti e/o schedati nell’Archivio Generale PIME. 525 V INVII ALLE MISSIONI Nei suoi quarant’anni di Direttore del Seminario di san Calocero, mons. Marinoni organizzò quaranta “invii” in terra di missione, comprendenti sacerdoti, chierici e laici. I loro nominativi sono riportati in questo quadro riepilogativo, realizzato sulla base di un documento dello scorso secolo1, incrementato con i dati provenienti dell’Archivio generale del PIME di Roma2. Alcuni di questi missionari, dopo esser tornati per sempre in Italia (Rientro definitivo), hanno lasciato l’Istituto (Uscita) per far ritorno in diocesi3 o sono entrati in comunità religiose. Si noti che nel documento originario non risultano inseriti i nominativi di altri otto missionari, i cui dati abbiamo riportato in fondo. Per questa ragione i missionari inviati sotto la direzione di M. sono complessivamente 133, di cui 118 tra sacerdoti, chierici ed aspiranti e 15 catechisti laici. Si tratta della tabella “Invii del Seminario alle Missioni” (16.03.1852 – 23.11.1905), contenuta nel numero unico stampato in occasione dell’inaugurazione della nuova sede milanese del Seminario Lombardo delle Missioni Estere in via Monterosa. 2 La mancanza di informazioni relative è contraddistinta dal punto interrogativo. 3 Con l’asterico sono indicate le diocesi la cui attuale denominazione è diversa da quella riportata nell’originaria tabella: Nocera de’ Pagani = Nocera Inferiore-Sarno; Mondovì = Cuneo; Ceneda = Vittorio Veneto; Bassano = Vicenza; Reggio = Reggio Emilia. 1 527 Clero 1 2 3 4 5 Cat.sti Invio 1° Cognome e Nome Diocesi Nascita Ingresso 1 2 Reina Paolo Mazzucconi Giovanni Ambrosoli Angelo Raimondi Timoleone Salerio Carlo Tacchini Luigi Corti Giuseppe Milano Milano Milano Milano Milano Milano Milano 13 gen 25 1 mar 26 11 gen 24 5 mag 27 22 mar 27 1825 7 giu 17 31 ago 50 31 lug 50 27 mag 51 8 ott 50 30 lug 50 gen 1852 1 gen 52 3 Parietti Albino Marietti Antonio Limana Luigi Pozzi Francesco Barbero Domenico Riva Antonio Borgazzi Ignazio Sesana Giovanni Milano Milano Trento Milano Ivrea Milano Milano Milano 26 ott 18 22 set 27 24 ago 24 3 mar 28 14 nov 20 12 dic 23 30 ago 29 26 dic 28 17 apr 53 17 apr 52 2 mag 53 26 nov 51 13 apr 53 11 lug 52 11 lug 52 20 gen 53 3° 13 14 Robbioni Costantino Biffi Eugenio Milano Milano 2 giu 28 22 dic 29 26 dic 52 9 ott 53 4° 15 16 17 18 Cattaneo Cesare Curti Angelo De Conti Luigi F. M. Brioschi Luigi Beltrami Giuseppe Mauri Paolo Crema Lodi Milano Milano Novara Milano 23 set 22 26 gen 27 3 ago 26 15 lug 29 23 dic 23 1828 12 set 55 15 lug 52 11 lug 52 1853 2 gen 56 1854 5° 19 20 Caprotti Pietro Bigi Valentino Milano Reggio 15 mar 32 14 feb 28 3 nov 55 3 mag 56 6° 21 22 23 Scurati Giacomo Volonteri Simeone Favini Gaetano Milano Milano Lodi 25 feb 31 6 giu 31 15 lug 29 3 nov 55 5 nov 55 4 nov 58 7° 24 Longa Enrico Milano 5 nov 32 set 1856 8° 25 Burghignoli Giuseppe Bologna 21 mag 33 19 ott 60 9° 26 Origo Gaetano Milano 7 ago 35 29 ott 58 10° 27 28 Fattori Belisario Tagliabue Antonio Modena Milano 1831 20 gen 36 set 1859 11 ott 60 2° 6 7 8 9 10 11 12 4 5 528 16 mar 52 16 mar 52 16 mar 52 16 mar 52 16 mar 52 16 mar 52 16 mar 52 Melanesia-Rook Melanesia-Rook Melanesia-Rook Melanesia-Woodlark Melanesia-Woodlark Melanesia-Woodlark Melanesia-Rook 19 feb 55 19 feb 55 19 feb 55 19 feb 55 19 feb 55 19 feb 55 19 feb 55 19 feb 55 Bengala centrale Bengala centrale Bengala centrale Hyderabad Hyderabad Labuan (Borneo) Labuan (Borneo) Bengala centrale 17 gen 56 17 gen 56 Colombia Colombia 6 mag 56 6 mag 56 6 mag 56 6 mag 56 6 mag 56 6 mag 56 Agra Agra Agra Agra Agra Agra 23 apr 57 23 apr 57 Hyderabad Hyderabad 15 set 59 15 set 59 15 set 59 Hong Kong Hong Kong Hong Kong 7 feb 60 Bengala centrale 23 feb 60 Hong Kong 26 mar 61 Hong Kong 1 ago 61 9 ago 61 Hyderabad Hyderabad Uscita 20 ago 1860 2 feb 1856 apr 1862 Morte 14 mar 1861 set 1855 11 mag 1891 27 set 1894 29 set 1870 24 mag 1870 17 mar 1855 1 2 3 4 5 Invio Rientro definitivo Cat.sti Missione Clero Partenza 1° 1 2 30 nov 1864 6 27 nov 1892 7 17 mar 1870 8 22 ott 1905 9 18 set 1881 10 27 mag 1862 11 2 ott 1878 12 6 apr 1867 3 2° 19 ago 1858 13 8 nov 1896 14 3° 3 ott 1857 21 set 1888 22 set 1887 27 lug 1866 26 lug 1857 16 gen 1866 15 16 17 18 4° 2 giu 1897 4 gen 1906 19 20 5° 29 nov 1862 31 mag 1901 21 21 dic 1904 22 6 set 1868 23 6° apr 1871 21 dic 1886 24 7° 2 gen 1892 25 8° 26 mar 1868 26 9° 4 nov 1890 27 1900 (?) 21 mag 1907 28 10° mar 1867 3 mag 1862 11 giu 1878 1874 5 mag 1862 ago 1878 4 5 529 Clero Cat.sti Invio Cognome e Nome Diocesi Nascita Ingresso Trento 28 ott 36 8 ott 59 Bergamo Bergamo 22 giu 40 29 ago 34 10 set 61 16 set 61 11° 29 Bertoldi Paride 12° 30 31 Fenaroli Andrea Pezzotti Remigio 13° 32 33 34 35 Tagliabue Camillo Valentini Giovanni Viganò Bernardo Malberti Luigi Milano Como Milano Milano 27 set 40 24 giu 41 27 mag 37 30 lug 35 14 giu 62 6 ago 63 4 nov 63 11 gen 64 14° 36 37 Bersani Dossena Giuseppe Broy Jacopo Galimberti Angelo Lodi Venezia Milano 20 dic 42 1 gen 33 15 mag 44 8 set 64 28 set 64 28 dic 65 Bergamo Mondovì (*) Mondovì (*) 24 mar 42 6 gen 36 20 apr 32 5 ott 65 12 feb 67 18 feb 67 6 15° 38 39 40 Conti Tancredi Tornatore Rocco Carbone Sebastiano 16° 41 42 43 44 Davanzo Domenico Longo Vincenzo Giuliani Ambrogio Scatti Giovanni Battista Molteni Alessandro Pozzi Mosè Puricelli Marcello Ceneda (*) Piazza Armerina Milano Milano Milano Milano Milano 10 mag 38 1844 11 mag 43 27 nov 44 10 ott 46 25 apr 46 ? 25 giu 67 1867 1868 7 ott 68 1868 1868 20 giu 68 17° 45 46 47 48 49 Conti Goffredo Piazzoli Luigi M. Ruvolo-Ospedale Vito Cicalese Gabriele Cattaneo Angelo Bergamo Bergamo Mazzara Nocera (*) Bergamo 6 mar 46 12 mag 45 14 set 44 28 ott 42 28 ago 44 14 ago 68 17 set 68 14 set 68 17 mar 69 7 apr 69 18° 50 Cazzaniga Alberto Milano 11 ott 44 4 nov 69 19° 51 Rossi Roberto (Domenico) Modena 1833 4 ott 70 10 Ungaro Giambattista Nasuelli Pompeo Napoli Milano 19 lug 38 19 mag 50 5 set 72 10 giu 72 11 12 Carlino Pietro (ch) Anelli Emilio Adrasti Fedele Luppi Francesco Omati Giovanni Frangi Martino Ivrea Verona Milano Modena Milano Como 25 giu 52 20 mar 50 20 ott 48 1844 ? 30 nov 52 20 set 70 6 nov 72 2 mar 73 2 apr 73 28 apr 73 14 lug 73 7 8 9 20° 52 21° 53 54 55 56 530 Uscita 10 giu 62 Bengala centrale 1895 16 mar 63 16 mar 63 Hong Kong Bengala centrale giu 1879 1883 25 gen 65 25 gen 65 25 gen 65 25 gen 65 Hyderabad Hong Kong Hong Kong Hyderabad 21 apr 1879 15 ago 1868 1899 ? 1869 7 mar 66 7 mar 66 7 mar 66 Bengala centrale Bengala centrale Bengala centrale 1 dic 1867 9 dic 67 9 dic 67 9 dic 67 Birmania orientale Birmania orientale Birmania orientale 3 nov 1886 9 dic 68 9 dic 68 9 dic 68 9 dic 68 9 dic 68 9 dic 68 9 dic 68 Hong Kong Hong Kong Bengala centrale Bengala centrale Bengala centrale Bengala centrale Hong Kong lug 1872 1877 3 ott 1873 gen 1887 1 feb 1889 1889 14 ott 69 14 ott 69 14 ott 69 14 ott 69 14 ott 69 Birmania orientale Hong Kong Honan del Sud Honan del Sud Honan del Sud 9 nov 70 Bengala centrale 29 gen 71 Hyderabad 20 nov 72 20 nov 72 18 set 73 18 set 73 18 set 73 18 set 73 18 set 73 18 set 73 1890 Morte Invio Rientro definitivo Cat.sti Missione Clero Partenza 22 gen 1906 29 11° 10 set 1863 30 nov 1917 31 12° 17 ott 1905 post 1886 4 lug 1901 12 ago 1908 13° 32 33 34 35 22 dic 1867 36 14° 1 apr 1900 37 27 lug 1907 6 9 ott 1922 38 26 gen 1908 39 13 ott 1872 40 15° 27 set 1877 1 lug 1913 ? 31 mar 1918 17 mar 1889 16 feb 1900 24 mar 1897 41 42 43 44 16° 16 mag 1912 3 ott 1904 20 set 1912 26 dic 1904 19 nov 1870 22 gen 1887 13 dic 1910 45 46 47 48 49 17° 18 mag 1885 30 gen 1924 50 18° 1880 ? ? 1873 7 8 9 24 gen 1873 11 nov 1883 5 set 1893 Honan del Sud Birmania orientale 20 mag 1878 post 1880 52 20° 24 set 1927 10 Hyderabad Honan del Sud Birmania orientale Hyderabad Hyderabad Birmania orientale 4 feb 1897 3 set 1883 nov 1874 1882 ? 1884 1879 1882 20 mar 97 1 dic 1924 1 gen 1925 30 dic 1919 ? 5 lug 1875 51 19° 53 54 55 56 21° 11 12 531 Clero Cat.sti Invio Cognome e Nome Diocesi Nascita Ingresso 22° 57 58 Cullen Guglielmo (ch) Kelly Guglielmo (ch) Irlanda Irlanda ? ? 1874 1874 23° 59 60 Galesi Giuseppe Marzi Giovanni Pietro Piazza Armerina Fermo 29 mar 51 31 mar 49 1873 1 feb 72 24° 61 62 63 64 13 Tommaseo Marino Celanzi Andrea Genini Virgilio Mellano Giambattista Gorla Francesco Venezia Fermo Milano Cuneo Milano 22 set 46 12 apr 49 22 dic 50 4 apr 52 ? 14 apr 75 8 mag 75 1875 4 dic 74 15 apr 76 14 Ciccolungo Giambattista Angelini Giovanni Fermo Milano 10 dic 47 8 dic 54 31 dic 73 15 apr 76 Ventimiglia Basilea Milano 18 feb 53 5 ago 53 5 giu 54 2 nov 75 3 nov 74 3 nov 74 Sora Arezzo Subiaco Genova 17 set 52 26 mar 36 9 set 48 ? 6 set 76 18 mag 75 6 giu 75 1878 25° 65 26° 66 67 68 Sasso Luigi Reidhaar Luigi Rigamonti Paolo 27° 69 70 71 72 Gorga Vincenzo Tanganelli Tarquinio De Romanis Cherubino Darmanin Giuseppe 28° 73 74 75 Salvi Eugenio Fabris Luigi Taveggia Santino Verona Bassano * Milano 1 apr 56 4 lug 39 21 mag 55 6 nov 76 6 gen 76 8 set 78 29° 76 77 Viganò Pietro Uberti Candido Milano Milano 11 mar 58 9 apr 57 8 set 78 8 set 79 30° 78 79 80 81 Zulberti Antonio Graffy Cristiano Gilardi Antonio Maria Gustavo Zambelli Ubaldo Trento Milano Genova Genova Milano 17 gen 53 6 lug 52 25 ago 57 13 gen 55 1857 29 gen 79 ott 1879 7 set 80 ago 1881 1881 31° 82 Pallavicini Giuseppe Milano 7 lug 49 1882 32° 83 84 85 86 87 Peroni Romeo Benetti Antonio Sagrada Vittorio Emanuele Negri Opilio Piatti Giovanni Fano Milano Lodi Piacenza Milano 8 apr 50 8 mag 60 10 lug 60 6 mar 59 22 gen 61 31 lug 83 4 set 82 12 set 82 3 ago 83 11 lug 83 15 532 57 58 22° 1875 ott 1884 28 giu 1878 59 4 dic 1915 60 23° ott 1886 dic 1917 29 mar 1934 3 mag 1925 8 gen 1908 2 ago 1918 24° Uscita 15 gen 74 15 gen 74 Hong Kong Hong Kong ? 1882 ? 14 ott 75 14 ott 75 Bengala centrale Bengala centrale 1875 mar 1882 19 gen 76 19 gen 76 19 gen 76 19 gen 76 19 gen 76 Hyderabad Birmania orientale Honan del Sud Honan del Sud Birmania orientale 10 giu 1880 gen 1908 gen 1894 ago 1894 24 nov 1883 17 gen 77 17 gen 77 Hyderabad Birmania orientale 1 set 1891 24 ott 77 24 ott 77 24 ott 77 Hong Kong Hong Kong Bengala centrale 23 ott 78 23 ott 78 23 ott 78 23 ott 78 Bengala centrale Bengala centrale Bengala centrale Hong Kong 22 ott 79 22 ott 79 22 ott 79 1884 13 18 feb 1895 65 25° 15 apr 1900 14 26 sett 89 66 ? 67 23 set 1927 68 26° 25 mar 1880 18 gen 1902 7 mag 1916 ? 69 70 71 72 27° 15 mar 1940 73 13 nov 1919 74 2 giu 1928 75 28° 20 giu 1917 13 feb 1922 76 03 apr 1884 77 29° ? 17 apr 1879 18 apr 1895 26 mag 1879 post 1897 ? Hyderabad Birmania orientale Bengala centrale 16 apr 1890 10 giu 1881 1881 27 ott 80 27 ott 80 Hyderabad Bengala centrale 1921 27 dic 81 27 dic 81 27 dic 81 27 dic 81 27 dic 81 Honan del Sud Honan del Nord Honan del Sud Birmania orientale Birmania orientale 1884 18 gen 83 Honan del Sud 10 giu 84 10 giu 84 10 giu 84 10 giu 84 10 giu 84 Hong Kong Hong Kong Birmania orientale Hyderabad Hyderabad gen 1908 13 feb 1920 61 62 63 64 1884 1924 9 apr 96 3 nov 1933 21 ott 1923 26 giu 1893 78 79 80 81 19 dic 1912 1896 23 nov 1930 8 ago 1893 8 apr 1928 10 feb 1939 19 mar 1900 20 set 1936 30° 15 27 mag 1884 82 1894 lug 1891 Invio ? ? Missione apr 1884 14 ott 1890 Cat.sti Morte Clero Rientro definitivo Partenza 83 84 85 86 87 31° 32° 533 Clero Cat.sti Invio Cognome e Nome Diocesi Nascita Ingresso Milano Milano Bergamo Vigevano 22 dic 61 12 mag 62 25 mag 56 28 ago 62 10 lug 82 25 giu 84 12 set 83 2 ago 84 33° 88 89 90 91 Pozzoni Domenico Cedri Carlo Nava Giovanni Laboranti Carlo 34° 92 93 94 95 Bottoni Vincenzo Ranzini Albino Baldovini Angelo Cattaneo Gioacchino Lodi Milano Udine Milano 10 apr 64 9 dic 55 9 giu 56 2 nov 63 24 ago 82 3 lug 85 7 set 85 1 lug 85 35° 96 Faini Bassano Milano 16 ott 64 2 lug 86 36° 97 98 99 100 Caffi Enrico Grassi Ambrogio Tornaghi Ernesto De Maria Pietro Bergamo Milano Milano Casale Monferrato 30 giu 66 3 dic 63 10 feb 64 7 feb 86 nov 1884 1 lug 87 18 set 87 18 apr 88 37° 101 Menicatti Giovanni Milano 18 set 66 14 ago 85 38° 102 Brambilla Gerardo Milano 15 dic 66 7 set 85 39° 103 104 105 106 107 Vismara Dionigi Villa Teobaldo Cazzulani Antonio Ruberti Cesare Gabardi Pietro Milano Milano Lodi Cremona Milano 13 mar 67 16 mag 66 19 giu 65 10 nov 63 27 nov 66 9 set 86 20 set 86 14 ago 88 8 gen 90 14 ago 87 40° 108 109 110 Pasquè Angelo Bricco Giovanni Elli Carlo (sudd.) Milano Ivrea Milano 7 nov 67 3 ott 68 6 gen 70 7 set 87 8 gen 89 12 ago 89 Milano Modena Palermo Pesaro Ventimiglia Frascati Milano Ivrea 11 mag 43 1844 1843 10 ago 52 11 ago 42 9 mar 50 7 apr 60 3 ago 68 1868 2 apr 73 7 dic 77 1883 1870 ? 7 set 80 8 gen 89 1 2 3 4 5 6 7 8 534 Giuliani Ambrogio Luppi Francesco Gallo Gustavo Santoni Lorenzo (asp) Scarella Stefano Rosignoli Paolo Brioschi Adamo (sudd) Bricco Giovanni Uscita Morte 20 feb 1924 post 1915 1 set 1923 25 giu 1902 88 89 90 91 33° 05 mag 1887 10 ott 1915 30 apr 1901 8 lug 1934 92 93 94 95 34° Invio Rientro definitivo Cat.sti Missione Clero Partenza 10 nov 85 10 nov 85 10 nov 85 10 nov 85 Hong Kong Bengala centrale Bengala centrale Bengala centrale 18 nov 86 18 nov 86 18 nov 86 18 nov 86 Honan del Sud Honan del Sud Birmania orientale Birmania orientale 5 mag 1899 09 nov 87 Honan del Sud gen 1902 gen 1902 1 set 1918 96 35° 21 nov 88 21 nov 88 21 nov 88 21 nov 88 Hyderabad Bengala centrale Hyderabad Hong Kong 1 set 1890 1892 1907 1915 1891 1892 1907 28 ago 1948 ? 23 apr 1937 28 apr 1923 97 98 99 100 36° 24 gen 89 Honan del Nord nov 1919 23 dic 1943 101 37° 19 set 89 Honan del Nord 1921 17 feb 1943 102 38° 01 dic 90 01 dic 90 01 dic 90 01 dic 90 01 dic 90 Hyderabad Birmania orientale Birmania orientale Birmania orientale Hong Kong 103 104 105 106 107 39° 6 mag 1904 13 ott 1953 04 dic 1899 31 lug1904 05 lug 1893 5 dic 1919 15 ott 91 15 ott 91 15 ott 91 Honan del Sud Honan del Sud Honan del Sud dic 1903 3 giu 1916 ? 1904 1 mar 1947 108 28 nov 1943 109 ? 110 40° 9 dic 68 18 sett 73 23 ott 78 11 mag 83 1864 1880 26 apr 82 15 ott 91 Bengala centrale Hyderabad Honan del Sud Honan del Sud Honan del Nord Africa centrale Colombia Honan meridionale 3 ott 73 nov 74 13 mar 1882 1904 ? 1879 1882 giu 1889 ? giu 1902 1910 giu 1916 1889 3 giu 1916 1902 ? 30 dic 1919 ? 28 dic 1907 21 set 1902 14 mar 1919 13 nov 1943 20 nov 1943 1 2 3 4 5 6 7 8 535 VI INDICE DEI NOMI DI PERSONA Si tratta dei nomi contenuti nelle lettere di M. e nelle note, ad eccezione del suo che ricorre quasi ad ogni pagina; di quelli di santi e di personaggi antichi e/o stranoti, oppure sconosciuti e non identificabili. Anche per i nomi non bisogna dimenticare che questo volume è un epistolario e perciò fa riferimento non solo a persone di un certo rango, ma anche a gente familiare e umile. I numeri rimandano alle pagine del libro. Adrasti Fedele, 343, 344. Agliardi Antonio, 411, 414, 435. Albertario Davide, 281, 373. Albonico, 56. Alfieri Giovanni Maria, 154, 169, 170, 189, 212, 277, 472, 513, 524. Ambrosi Luigi, 212, 226, 257, 279, 285, 287, 293. Ambrosoli Angelo, 74, 214. Anelli Emilio, 343, 344, 347, 462, 477, 480, 490-492, 495, 496. Annoni Carolina, 22, 29, 33, 40, 42, 43, 240, 246, 248, 504, 506. Annoni Cesare (Cesarino), 36, 434, 505, 506, 511. Annoni Costanza, 221, 240, 246, 505. Annoni G. Battista (Giovannino), 38, 40, 42, 45, 221, 240, 246, 505, 506, 509. Annoni G. Battista (padre di Giovannino), 503, 504. Annoni Paola, 36, 507. Attardi Giovanni Battista, 351. Avignone, 262. Avignoni, 56, 57. Aymeri Angel Michel Marie, 325, 329. Baj, 121. Balbo Cesare, 237. Ballarin Enrico, 472. Ballerini Paolo Angelo, 61, 283, 284, 341, 405, 462, 515, 517. Barbero Giovanni Domenico, 93, 95, 111, 112, 153, 158, 161, 176, 181, 182, 187, 197, 290, 291, 301, 306, 307, 310-312, 321, 350, 355, 378, 383, 390, 391, 515. Barnabò Alessandro, 154, 194, 205, 212, 249, 284, 285, 293, 537 299, 300, 311, 312, 329, 338, 362. Barone, 328. Barrueco Diego, 212, 213. Bassan Alfonso, 227. Bedini Gaetano, 194, 206. Beltrami Giuseppe, 195. Bernardoni Luigi, 75. Bernetti Tommaso, 50. Bersani Giuseppe, 289, 290, 293, 349. Bertani Carlo, 199. Bertinelli Raffaele, 120, 121. Bertoldi Paride, 255, 256, 257, 258, 313. Bettacchini Orazio, 150. Biffi Eugenio, 189, 236, 237, 260, 283, 285, 286, 287, 289, 291, 293, 296, 318, 355, 378, 383, 404, 405, 411, 447, 452, 471, 514, 516. Bigi Valentino, 194, 195. Biotti, 31. Biraghi Luigi, 28, 30, 31, 32, 47, 51, 52, 512. Bolis Carlo, 85, 113, 243, 254, 261, 262, 283, 298, 337, 363, 364, 514, 515. Bonomelli Geremia, 397-399. Borgazzi Carlo, 307. Borgazzi Ignazio, 153, 162, 184, 205, 206, 212, 277, 278, 284, 286-288, 293, 296, 306, 307, 313, 314, 316, 321, 337. Bosisio Luigi, 159. Bottoni Vincenzo, 407. Brambilla Gerardo, 21, 27, 169, 279, 310, 450, 491, 495, 496. Brambilla Giuseppina, 483. Bravi Giuseppe Maria, 178. Bricco Giovanni, 499. 538 Brioschi Adamo, 405. Brioschi Luigi, 195, 235, 258, 269, 270, 289, 349. Brioschi (ingegnere), 258. Brioschi (direttore), 262. Broy Giacomo, 267, 349, 482, 483, 493, 494. Bubani Angelo, 172, 185, 201, 364, 365, 461. Bufalo (del) Gaspare, 49, 50. Buratti, 93. Burghignoli Giuseppe, 212, 226, 273, 306, 307, 326, 328, 375, 404, 405, 421, 480. Caccia Dominioni Carlo, 61, 236, 261-263, 271, 272, 275, 284. Caffi Enrico, 487, 488, 493, 494. Calchi de Novati Teresa, 11, 22, 503-505, 507. Camerini Silvestro, 173, 174. Campo Raimondo, 358. Canal Daniele, 164, 165. Candiani Carlo, 100, 123. Cantova Giovanni Antonio, 133. Caprotti Pietro, 187, 194, 195, 203, 204, 482, 483. Carbone Sebastiano, 283, 287, 293. Carcano Filippo, 275. Carew Patrizio Giuseppe, 176. Cariati, 491. Carlino Pietro, 343, 344. Casati Gabrio, 237. Casella, 176, 233, 234, 241, 243. Cassina Carlo, 473, 474. Cassinelli Vincenzo, 150, 152, 155. Cattaneo Angelo, 300, 307, 311, 319, 347, 426, 436, 446, 490, 491, 495, 496. Cattaneo Cesare, 187, 195, 213. Cavalli Laura, 356, 515. Cavalli Vincenzo, 356, 515. Cazzulani Antonio, 472. Celanzi Andrea, 358, 359, 497. Ceriani, 104, 105, 107, 110, 118, 119. Certes, 242. Chanel Pierre-Louis-Marie, 84, 202, . Cicalese Gabriele, 300, 307, 311, 319, 320, 347. Citterio Angela, 216. Claver Pietro, 219, 220, 237. Cognoli Virginio, 14, 17, 21, 55, 62, 96, 140, 154, 159, 163 . Colin Jean-Claude, 67, 75, 80, 84, 102, 111, 136. Colombat, 240. Colombo Domenico, 9, 17, 55, 64, 78, 150, 151, 164, 226, 227, 407, 513. Comi Margherita, 385. Conti Goffredo, 459, 460. Conti Tancredi, 283, 287, 293, 447, 448, 459. Corti Giovanni, 56, 57, 144. Corti Giuseppe, 74, 180, 183. Cuarteron (Quarteron) Carlos, 162, 169, 170, 184, 187, 196, 205, 206. Cupis Lucia, 286, 294, 297. Curti Angelo, 92, 153, 195, 227, 241, 243, 258, 290, 349. Danelli Marianna, 385. Darmanin Giuseppe, 374. Dassano Francesco, 250. Davanzo Domenico, 326, 330, 335-337, 347, 355, 385, 386, 517. Davies, 82, 83. D'Azeglio Massimo, 237. D’Azzi Costanza (Costanzina), 36. De Brest (Brest), 417. De Choiselat, 184. De Conti Luigi, 107, 153, 183, 184, 195, 227, 254, 290, 349, 377. De Giorgi, 118. De Luca, 96, 98, 110, 117, 121, 156. De Ponti Antonio, 450. De Ponti, 98. De Sousa, 263. De La Place (Delaplace) LouiseGabriel, 300, 306, 308, 315317, 347. Di Castellazzo Luigi, 286. Di (De) Girardin Joseph , 317. Donegana Costanzo, 154, 250, 295, 313, 370. Dubuisson, 28. Dunoyer, 361. Dupanloup Felix Antoine Philibert, 371. Elisabetta di Baviera, 203. Épalle Jean-Baptiste, 68. Fabris Luigi, 381-383. Falanga Giovanni, 295, 296, 313. Fattori Belisario, 290, 377, 430, 431, 435, 493, 524. Favini Gaetano, 212, 226, 286, 294, 296. Fenaroli Andrea, 255-257. Ferdinando I, 191. Ferrari Andrea Carlo, 465. Ferretti Gabriele, 49, 50. Fornaroli Giovambattista, 113. 539 Francesco Giuseppe I, 203, 514. Franchi Alessandro, 283, 284, 351. Frangi Martino, 343. Fransoni (Franzoni) Pietro, 64, 66, 68, 75, 80, 93, 97, 99, 104, 116-118, 120, 121, 138, 140, 144, 147, 151, 155, 159, 162, 163, 180, 189, 194, 196, 250, 352, 362, 433. Fratiglioni Giovanni, 52. Fumagalli Franchi Gaetano, 236, 248, 286, 291. Gabardi Pietro, 472. Gaisruck Carlo Gaetano, 27, 55, 512, 525. Galesi Giuseppe, 359. Galimberti Angelo, 269, 270. Gallo Gustavo, 376, 377, 378. Garibaldi Giuseppe, 146. Gelmini Domenico Maria, 120, 407-409, 410. Genini Virgilio, 358, 359 . Gheddo Piero, 62, 150, 162, 169, 184, 189, 196, 206, 289, 310, 323, 381, 454, 482. Ghislanzoni Emilio, 485. Gianni, 472-474, 485. Giannini Ferdinando, 255, 256. Girardin, 242, 286, 291. Giuliani Antonio, 349. Gorga Vincenzo, 377. Gorla Francesco, 358, 359. Graffy Carlo, 446. Graffy Cristiano, 426, 436, 443, 446, 495, 496. Grassi Ambrogio, 482, 483. Grassi Luigia, 326. Grati Luigi Maria, 37. Gritti Morlacchi Carlo, 78. 540 Grondona, 284. Guidotti Giuseppe, 374. Guindani Gaetano Camillo, 411. Jacobini Domenico, 414. Jessé, 184. Laurenzi Carlo, 411. Lavelli, 61. Laverrière Stanislao, 376. Leone XIII, 395, 400, 405, 413, 414, 439, 454, 456, 467, 471, 516. Limana Luigi, 90, , 91, 111, 112, 153, 158, 177, 178, 182, 187, 188, 207-209, 210, 214, 223, 225, 233, 234, 260, 266, 269, 290, 292, 349. Lisi Luigi, 53. Longa Enrico, 233, 234, 257, 258, 260, 262, 290, 313, 349. Longoni Vincenzo, 301, 385, 386. Longoni, 32. Lozza Antonio, 346. Luppi Francesco, 343. Ly, 316. Macchi Giuseppe, 472. Maggioni, 179. Magnasco Salvatore, 393. Mailly, 310, 311, 316, 317, 326. Mansi Marco, 366. Mantegazza Angelo, 370, 371. Manzoni Alessandro, 332, 334. Mapelli Vittorio, 381. Maria Gustavo, 393, 394. Maria Anna Pia d’Austria, 164, 191. Marietti Angelo, 225. Marietti Antonio, 153, 177, 178, 182, 187, 210, 223, 225, 236, 237, 241, 243, 254, 259, 260, 262, 289, 291, 311-313, 318, 339, 348, 349, 359, 377, 391, 454, 455. Marietti Pietro, 421. Marinelli, 425. Marinoni Cesare, 503, 504, 506. Marinoni Degnamerita (Merita), 36, 505, 509. Marinoni Margherita (Ghittina), 11, 12, 13, 21, 22, 24, 27, 29, 33-35, 37-39, 42, 45, 50, 53, 58, 59, 60, 72, 73, 80, 92, 192, 203, 216, 221, 222, 231, 239, 245, 247, 248, 262, 302, 508, 512. Marinoni Pietro (Pierino), 38, 40, 41, 58, 155, 192, 193, 435, 505-508, 524. Martina, 448. Massimi, 37. Matilde del Bambin Gesù, 297. Maugny, 240. Mauri Paolo, 195, 258, 260, 289. Mazzucconi Giovanni Battista, 74, 83, 180, 183, 187, 188, 196, 201-203, 475, 514. Mazzucconi Michele, 151. Meda Nortburga, 59, 120, 121. Medina y Moreno Bernardino, 189, 219. Mellano Giovanni Battista, 351, 358, 359, 427. Mellano Maria, 427. Menicatti Giovanni, 491, 495, 496. Menzio Giuseppa, 296. Mercurelli Francesco, 264. Merini, 262. Meynis, 287. Migne Jacques-Paul, 192. Mola Cesare, 155, 156, 158, 177. Molteni Angelo, 61, 100. Momina, 58. Moreno Luigi, 93. Moschini Giacomo, 173, 174. Mouilleron Teodoro, 319, 320, 377. Müller Achille, 284. Murphy Daniele, 182, 390. Napoleone III, 223, 224. Nardi, 329. Naro, 472. Navi Emiliano, 435. Nazari Luigi Giuseppe di Calabiana, 275, 281-283, 370, 450, 451, 465, 497, 515. Nazari Teodolinda, 454. Nazeri Lucia, 385. Negri Giuseppe, 347. Negri Luigi, 197. Nina Lorenzo, 373, 379. Niu Giovanni Battista, 426. Olivares Gioacchino, 187. Oliver, 327. Omati Giovanni, 343, 344. Origo Gaetano, 273, 284, 286, 294, 296, 298, 299. Ortalda, 294, 296. Pacca Bartolomeo, 50. Pallavicini Giuseppe, 426, 427. Pallotti Vincenzo, 12, 33, 34, 37, 42, 47, 49, 52, 512. Paresi, 262. Parietti Albino, 9, 153, 158, 176, 178, 182, 187, 188, 205, 207, 210, 211, 219, 223, 227, 233, 236, 238, 241, 242, 253-255, 259, 261, 263, 266, 349. 541 Parietti Giovanni, 179. Passaglia Carlo, 283. Payen, 292. Pecorara, 474. Pennacchi Giuseppe, 377, 381. Persico Ignazio, 195, 213. Petterson, 313, 314. Pezzotti Remigio, 255, 256, 269. Piazzoli Luigi Maria, 300, 326. Piccardo, 405. Piergentili Marisa, 37. Pio IX, 13, 64, 96, 104, 123, 140, 159, 189, 228, 264, 271, 275, 283, 284, 289, 295, 303, 332, 370, 412, 413, 415, 467, 516. Polding Giovanni Beda, 163. Pong, 316. Ponti, 98. Ponti Giovanni Battista, 239, 240, 241. Porta Giulia, 92, 121. Poupinel Victor, 201, 202. Pozzi Francesco, 107, 111, 118, 119, 153, 158, 176, 181, 182, 383, 454, 455, 482, 493, 494, 516. Prada Giuseppe, 83, 121. Pratolongo, 233. Puricelli Marcello, 301, 326. Quang-siu, 366. Raimondi Timoleone, 74, 169, 184, 196, 202, 205, 212, 249, 250, 253, 255, 257, 260, 277279, 285, 287, 291, 295, 300, 306, 307, 310, 313, 319, 321, 323, 325, 326, 328, 330, 335, 337, 346, 347, 360, 362, 368, 369, 374, 376, 377, 383, 385, 419, 420, 475, 514, 515. 542 Ramazzotti Angelo, 5, 9, 10, 12, 55, 56, 64, 69, 70, 74, 76, 78, 79, 82, 93, 94, 96, 98, 99, 101, 104, 107, 109, 111, 113, 114, 116, 118, 120, 123-126, 132, 135, 138, 140, 143, 146, 150, 153, 155, 160, 162, 164, 180, 182, 184, 184, 194, 207, 208, 226, 241, 244, 383, 475, 512, 521. Ravizza Gaetano, 100, 113. Reina Paolo, 64, 65, 67, 74, 79, 96, 116, 127, 132, 136, 153, 159, 163, 169, 180, 182, 196, 205, 207, 208, 209, 212, 215, 235, 323, 383, 513, 517. Riboldi Agostino, 399. Ridolfi Mariano, 329. Riezesuski, 313, 314. Rigamonti Paolo, 493, 494. Ripa Matteo, 295. Ripamonti Alessandro, 82, 104, 105, 107, 120, 233, 242-244, 263, 270, 291, 298, 299, 514. Riva Antonio, 153, 162, 184, 205, 206, 212. Rizzoli Enrico, 90, 91. Robbioni Costantino, 107, 153, 160, 183, 184, 189, 514. Rocher Jean Louis, 157, 167, 170, 181. Romanò Carlo, 143, 144, 197. Romilli Carlo Bartolomeo, 12, 61, 69, 74, 100, 113, 123, 143, 155, 261, 450, 513. Rosignoli Paolo, 381, 382. Rossari Giovanni, 83, 396, 514. Rossi Francesco Maria, 284, 356. Rosuati Luigi, 322. Rotondi Antonia, 308. Rotondi Felice, 367. Rotondi Felice, 367, 379, 380. Ruvolo Ospedale Vito, 300, 307, 311, 319, 328. Sagrada Vittorio Emanuele, 409, 410. Sala, 462. Salerio Antonia, 29. Salerio Carlo, 64, 65, 67, 74, 96, 127, 132, 136, 150, 180, 234, 256, 296, 298, 321-323, 465, 475, 513. Salomone, 84. Salvioni Federico, 116, 117, 119, 140, 207, 208. Sanguettola Carlo Giuseppe, 144. Santoni Lorenzo, 441, 442. Sberna Anna Maria, 261, 281, 370. Scalabrini Giovanni Battista, 399. Scarella Stefano, 306, 307, 319, 347, 377, 420, 422, 426, 428, 434, 435, 441, 443, 445, 477, 478, 480, 490, 495, 516. Scatti Carolina, 262. Scattti Giovanni Battista, 307, 308, 314, 385, 386. Schechtl, 234. Scin, 436. Scotti Giovanni Battista, 72, 233, 234, 245, 247, 462. Scurati Giacomo, 185-187, 195, 199, 207, 212, 226, 261, 262, 291, 296, 316, 335, 341, 349, 370, 371, 405, 430-432, 435, 436, 442, 461, 465, 471, 473, 474, 476, 482, 493, 494, 497, 499, 515, 522, 525. Serponti Cesare, 258. Sesana Giovanni Stefano, 158, 178, 182, 207, 210, 219, 260, 289, 290, 514. Silva, 367. Simeoni Giovanni, 388, 393, 399, 414, 445, 459, 488. Sin Lorenzo, 426, 436. Sismondi (Jean-Charles Léonard Simonde de), 334. Speroni Luigi, 120, 121. Spreafico Giuseppe, 262, 284. Staurenghi Antonio, 239, 240, 241. Steins (Stein) Walter, 312. Stella Maria, 326. Strambi Maria Vincenzo, 37. Supriès Taddeo, 150. Taboureau, 240. Tacchini Luigi, 74, 169, 205, 212, 514. Tacconi Pietro, 56, 57, 83, 97, 107, 120, 121, 122, 179, 205. Tadeon, 316. Tagliabue A., 375. Taglioretti Angelo, 55, 61, 83, 97, 100, 105, 107, 108, 111, 113, 119, 120, 132, 143, 144, 146, 147, 150, 151, 155, 156, 179, 236, 255, 275, 318, 347, 354. Taglioretti (zio di Volonteri), 317. Teresina, 29, 42, 44. Terret André, 167, 184. Tesson, 317, 326. Thomassin Giuseppe, 102, , 103. Todisco Francesco, 42, 47. Tommaseo Marino, 358, 359, 390. Tornatore Rocco, 283, 287, 293, 459, 465, 517. Torre Carlo, 297. Tosti Antonio, 12, 53, 55, 513. Tragella Giovanni Battista, 17, 30, 33, 53, 62, 64, 82, 85, 92, 96, 543 99, 104, 109, 113, 140, 154, 162, 169, 173, 196, 206, 213, 223, 231, 248, 261, 264, 273, 277, 279, 281, 283, 289, 295, 310, 313, 339, 364, 370, 399, 414, 426, 482, 495, 522. Trevisanato Giuseppe Luigi, 173. Tschiderer von Gleifheim Giovanni, 90. Turri, 347. Uboldi, 493, 494. Uetz Cecilia, 454, 455, 456. Ungaro di Monteiasi Giovanni Battista, 306, 308, 319, 320, 326, 347, 376, 377, 427. Valentini Giovanni, 277, 278, 279, 285, 296, 309, 327. Vandoni Francesco, 185, 186. Vannetti, 233, 234. Vaudagna Angelo, 329, 347, 366, 480. Vaughan Herbert, 315, 316, 328. Verga Antonio, 245. Viale Prelà Antonio, 226. Viani, 284. Viganò Bernardo, 277-279, 294, 296, 307, 308, 327, 476. 544 Villamarina Salvatore, 262, 296. Villoresi Luigi Maria, 312, 313, 314. Vimercati Giovanni, 58, 146, 147, 216. Visconti Margherita, 80, 508. Visconti Modrone Aurelia, 80, 81. Vismara Paola, 498. Vistarini Giovanni, 155, 156, 178. Vitali Luigi, 262. Vittadini Felice, 261, 262, 271, 272, 275, 276, 281, 284, 370, 514, 515, 525. Vittorio Emanuele II, 223, 514. Volonteri Simeone, 212, 226, 273, 285, 286, 294-296, 298, 299, 300, 306, 308, 310, 315, 317, 319, 324-326, 328, 338, 339, 341, 343, 344, 346, 354, 355, 366, 376, 401, 417, 420, 422, 423, 426, 427, 435, 477, 478, 480, 490, 495, 515. Volta Alessandro, 332, 334. Zanoli Eustacchio, 286, 293, 346. Zè Marco, 329. Zoccarato Silvano, 499. Zulberti Alberto, 403, 404, 426, 427. VII INDICE PER SOGGETTO Segnaliamo argomenti di rilievo di carattere generale, rimandando per quelli personali all’indice dei nomi di persona; i nomi geografici si riferiscono alle missioni di S. Calocero; M. significa Marinoni; il numero indicato rimanda alle lettere e rispettive note. Bengala: 58, 62, 71, 72, 74, 77, 79, 80 83, 84, 86, 91, 92, 93, 96, 98, 108, 109, 117, 118, 128, 132, 136, 176, 188. Birmania Orientale: 105, 107, 118, 173, 175, 177. Borneo, Labuan: 53, 56, 71. Calocero San (edificio): 14, 15, 18, 20, 52, 58, 134. Cartagena (Colombia): 63, 71, 74, 77, 84, 105, 155, 175. Catechisti: 72, 91, 112, 130, 136. Corredo dei candidati: 25, 26. Devozioni di M.: all’angelo custode: 3; a Gesù: 1, 4-8, 22, 24, 62, 73, 75, 86, 163; a Maria SS.ma: 3-10, 12, 19, 22, 26, 52, 61, 62, 73, 75, 81, 86-89, 99, 109, 153, 163, 179; al Sacro Cuore: 3, 4, 100, 109, 129, 158, 164, 188; ai santi: 1-10, 65, 70, 81, 82, 85, 133, 153, 163, 179. Familiari di M.: 3, 5, 6-8, 26, 65, 70, 85, 167 (v. pure indice dei nomi di persona). Gesuiti (M. dai gesuiti): 3, 4, 8, 9, 10. Grugana: 135. Honan: 112, 118, 122, 128, 130, 131, 139, 144, 160164, 186, 187. Hong Kong: 74, 80, 92, 102, 103, 106, 107, 109, 110, 112, 115, 117, 120, 122, 123, 137, 140, 143, 147, 148, 154, 161, 185. Hyderabad: 116, 132, 149. India/e: 50-52, 56, 59, 66, 71, 73, 74, 79. Istituto: questione con la S. Sede sulla sua natura: 28, 29, 31-35, 37- 44; rapporto 545 con le missioni: 41, 44, 86, 133, 134, 160, 164. Italia (sconvolgimenti politici): 78, 79, 84, 100. “L’Osservatore Cattolico”: 94, 95, 99, 101, 104, 105, 110, 141, 142, 145, 152. Malattie di M.: 19, 87, 88, 104, 113, 115, 129, 170, 178, 186. Messa S. (altare, eucaristia): 1, 4, 8, 12, 13, 22, 25, 27, 97, 166, 168, 170, 182, 194 nota. Missionari (loro virtù e obblighi): 58, 76, 86, 92, 93, 100, 102, 103, 115, 131, 154, 163. Nanyang: 161, 162, 164 Oceania: 16, 17, 20-22, 24, 28, 30, 31, 36, 41, 42, 47, 49, 51-53, 55, 57, 59, 60, 62, 66, 69. Opera Propagazione della Fede: 16, 20, 21, 24, 53, 55, 56, 60, 66, 69, 86, 118, 122, 164. Papa (devozione e sostegno): 52, 56, 81, 84, 90, 114, 125, 151, 152, 169, 181 (v. pure “L’Osservatore Cattolico”). Patire (amarlo): 3. 546 Poesia (disquisizione): 2. Regole dell’Istituto: 133, 166, 167, 179. Religiose missionarie: 74, 79, 80, 83, 84, 92, 94, 106-110, 122, 132, 136, 147, 148, 176, 178, 180, 194. Salute dei missionari: 93, 108, 119, 128, 132, 136. Testamento – Commiato: 165, 195. Umiltà: 7. Unione nell’Istituto e in missione: 41, 42, 58, 62, 77, 83, 86, 91, 102, 106, 116, 148, 160, 162, -164, 168, 173, 185. Unione/collaborazione con altri istituti: 90, 92, 110, 117, 118, 123, 144, 146. Vescovi italiani (appello missionario): 153, 159. Vescovi lombardi (relazioni): 11, 18, 20, 32, 40, 45, 47. Vescovi veneti (contatti missionari): 57, 76. Vocazioni: 18, 20, 25, 27, 57, 61, 67, 68, 76, 90, 91, 97, 133, 149, 150, 153, 155159, 174, 184, 189. Weihwei: 162-164, 170-172. INDICE GENERALE Prefazione di p. G. B. Zanchi, Superiore Generale del PIME . Pag. 5 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 9 Avvertenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 18 1. 01/10/1832 2. 15/11/1832 3. 28/11/1836 4. 1837 (?) 5. 30/09/1837 6. 30/06/1838 7. 8. 9. 30/12/1838 13/05/1839 06/06/1839 10. 16/01/1841 11. 04/09/1850 12. 21/10/1850 13. 01/11/1850 Alla sorella Margherita: per un ricamo d’altare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Alla sorella Margherita: osservazioni a due bellissime poesie . . . . . . . . . . . . . . Alla sorella Margherita: l’amore del patire . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . A D. Luigi Biraghi: “non ho più altro da pensare che ad amar Dio” . . . . . . . . . . . Alla sorella Margherita: amor naturale e amor di Dio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Alla sorella Margherita: “Quanto è mai bella la morte dei giusti” . . . . . . . . . . . . Alla sorella Margherita: la vera umiltà . Ai familiari: effusioni spirituali . . . . . . . A D. Luigi Biraghi: l’attrattiva per le missioni estere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . A D. Luigi Biraghi: una vocazione ancora in sospeso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . A P. Angelo Taglioretti: M. prepara la lettera accompagnatoria dei documenti ai Vescovi per l’erezione dell’Istituto . . Alla sorella Margherita: suppellettile per il seminario missionario . . . . . . . . . . . . . Alla sorella Margherita: altre richieste per l’altare e per sé . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21 » 24 » 27 » 30 » 33 » » » 35 39 42 » 47 » 52 » 55 » 58 » 59 547 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 548 01/04/1851 A P. Angelo Taglioretti: un’offerta generosa e la nuova sede . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 06/04/1851 Alla Fabbriceria di San Giorgio: richiesta del nulla osta per S. Calocero . . . . . . . . » 30/07/1851 Al Prefetto di Propaganda: M. invia a Roma Reina e Salerio per istruzioni circa la missione d’Oceania . . . . . . . . . . . . . . » 10/09/1851 A P. Colin: invia Reina e Salerio dal superiore dei maristi per intese sulla missione d’Oceania . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1851 Ai Vescovi lombardi: comunica l’apertura a S. Calocero e raccomanda di favorire le vocazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 19/02/1852 Alla sorella Margherita: informa sulla sua salute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 03/03/1852 Ai Vescovi lombardi: ragguaglia sulla prima spedizione e il Seminario; raccomanda l’Opera della Propagazione della Fede . » 13/03/1852 Alla Duchessa Visconti: supplica per ottenere sussidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 10/04/1852 (?)Ai missionari di Milano: descrive da Londra il commiato dai partenti . . . . . . . . » 21/07/1852 A D. Carlo Bolis: gli propone di stabilirsi a Milano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 09/12/1852 Alla Propagazione della Fede: previsione di spese per la seconda spedizione . . . . » 12/12/1852 Al Vescovo di Trento: chiede di poter accogliere D. Luigi Limana . . . . . . . . . . . » 31/01/1853 Alla sorella Margherita: spiega perché non la può visitare più spesso . . . . . . . . » 04/04/1853 A D. Domenico Barbero: risponde alla richiesta d’ammissione . . . . . . . . . . . . . . » 06/04/1853 A Mons. Ramazzotti: la questione con Roma sulla natura dell’Istituto . . . . . . . » 27/04/1853 A Mons. Ramazzotti: disparità di opinionioni sulla questione con Roma . . . . . . » 15/05/1853 A P. Colin: M. chiede consigli sulla missione d’Oceania mirando ad una seconda spedizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21/05/1853 A Mons. Ramazzotti: lo prega di dire una 61 62 64 67 69 72 74 80 82 85 87 90 92 93 96 99 102 32. 23/05/1853 33. 25/05/1853 34. 06/1853 35. 02/06/1853 36. 06/06/1853 37. 09/06/1853 38. 13/06/1853 39. 06/1853 (?) 40. 22/06/1853 41. 09/1853 42. 09/1853 43. 17/09/1853 44. 09/1853 45. 29/09/1853 46. 19/04/1854 una buona parola agli alunni disorientati per la questione con Roma . . . . . . . Pag. A Mons. Ramazzotti: i vescovi istitutori hanno il diritto di far dell’Istituto ciò che credono più opportuno . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Ramazzotti: la questione con Roma esige ormai una sollecita risoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Ramazzotti: Taglioretti sta preparando un’esposizione della questione da discutere in un incontro . . . . . . . . . . » Sintesi di Marinoni: punti emersi nella riunione del 2 giugno a Rho . . . . . . . . . » A Mons. Ramazzotti: M. trasmette una lettera di Propaganda che dice di attendere per un altro invio . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Ramazzotti: manda una dichiarazione di fedeltà e disponibilità al Papa firmata dagli alunni . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Ramazzotti: parla delle reazioni positive alla supplica . . . . . . . . . . . . . » A D. Carlo Candiani: si rammarica perché gli sembra che manchi ancora un’intesa completa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Ramazzotti: gli alunni apprezzano molto le lettere dei vescovi istitutori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Appunti di Marinoni - I -: sul viaggio a Roma di Mons. Ramazzotti . . . . . . . . . . » Appunti di Marinoni -II-: sul viaggio a Roma di Mons. Ramazzotti . . . . . . . . . . » Al Prefetto di Propaganda: lo invita a rasserenare l’animo di Sua Santità . . . . » A Sua Santità Pio IX: “protesta” di piena sottomissione e disponibilità . . . . . . . . » A Mons. Ramazzotti: visite all’Istituto di vescovi lombardi . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Ramazzotti: perché persuada il cav. Vimercati a non parlar male dell’Istituto a Propaganda . . . . . . . . . . . . . » 104 107 109 111 113 116 118 120 123 125 126 132 138 140 143 146 549 47. 28/04/1854 48. 08/05/1854 49. 17/05/1854 50. 12/06/1854 51. 30/07/1854 52. 17/09/1854 53. 09/12/1854 54. 03/01/1855 55. 03/02/1855 56. 04/02/1855 57. 24/05/1855 58. 24/06/1855 59. 04/08/1855 60. 07/08/1855 61. 13/09/1855 62. 25/09/1855 63. 04/01/1856 550 Ai Vescovi lombardi: M. dà notizie sulla missione d’Oceania . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. A Mons. Ramazzotti: lasciar perdere ogni discorso sul Ceylon . . . . . . . . . . . . . . . . » Al Prefetto di Propaganda: notizie dell’Oceania e di 10 missionari pronti a partire . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Ramazzotti: Propaganda apre all’Istituto la via per l’India . . . . . . . . . . » Al Procuratore dei Maristi: informazioni circa l’Oceania e le Indie orientali . . » Al Prefetto di Propaganda: ringraziare il Papa e presentare le difficoltà economiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Al Prefetto di Propaganda: prospettiva di una missione che serva pure a tenere i rapporti con quella dell’Oceania . . . . » All’Imperatrice d’Austria: M. informa sull’Istituto e chiede aiuti . . . . . . . . . . . » Al Sig. Terret - Propagazione della Fede: richiesta di sussidi per i missionari d’Oceania . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Al Prefetto di Propaganda: annuncia l’andata a Roma dei partenti per l’India » Al Prefetto di Propaganda: scrive del suo viaggio in Veneto per vocazioni . . . . . . » A D. Albino Parietti: chiede e dà molte notizie sulle missioni e l’Istituto . . . . . . » Al Prefetto di Propaganda: invia lettere dell’Oceania e notizie dell’India . . . . . . » A P. Giovanni Mazzucconi: trasmette le domande a Propaganda; dà e chiede informazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Giacomo Scurati: consigli circa la sua vocazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Ai PP. Parietti - Marietti - Limana: attende loro notizie e ne comunica altre . . . . » A P. Giovanni M. Alfieri: il Papa vuole due missionari per l’America meridionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 148 150 152 155 157 159 162 164 167 169 172 176 180 183 185 187 189 64. 23/02/1856 65. 27/07/1856 66. 01/08/1856 67. 14/09/1856 68. 22/09/1856 69. 25/09/1856 70. 04/12/1856 71. 03/06/1857 72. 25/07/1857 73. 26/12/1857 74. 15/05/1858 75. 31/05/1858 76. 30/07/1858 77. 09/09/1858 78. 07/06/1859 79. 80. 15/06/1859 23/06/1859 02/11/1859 81. 18/01/1860 All’Ill.mo Signore: M. ringrazia per la somma inviata dai sovrani . . . . . . . . . . . Alla sorella Margherita: rapporto di servizi e preghiere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Al Prefetto di Propaganda: al momento non ha soggetti per la missione . . . . . . . Al Prefetto di Propaganda: raccomanda un sacerdote che non ottiene dal vicario capitolare il permesso per le missioni . A Giacomo Scurati: sui contrasti della famiglia alla sua vocazione . . . . . . . . . . . . Ai membri dell’Opera per la P.F.: esprime i suoi sentimenti per la morte di Mazzucconi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Alla sorella Margherita: una lieta festa in onore di S. Francesco Saverio . . . . . . . . Al Prefetto di Propaganda: nessun missionario disponibile per il Bengala . . . . A D. Albino Parietti: regole e qualità dei catechisti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . A D. Albino Parietti: la grande lezione di Gesù Bambino . . . . . . . . . . . . . . . . . . Al Prefetto di Propaganda: movimento su molti fronti missionari . . . . . . . . . . . Alla sorella Margherita: preghiera a Gesù in croce e devozione a Maria . . . . . . Al Prefetto di Propaganda: raccomandare l’Istituto ai vescovi del Veneto . . . . . A D. Albino Parietti: M. si compiace dell’unione dei missionari . . . . . . . . . . . . . Alla sorella Margherita: i danni della guerra; Milano preservata . . . . . . . . . . . A D. Albino Parietti: i rivolgimenti politici e i nostri missionari . . . . . . . . . . . . Al Prefetto di Propaganda: Hong Kong chiede religiose italiane; una disgrazia perdere due missionari del Bengala . . . A Sua Santità Pio IX: ossequio e devozione dell’Istituto al Papa oltraggiato . Pag. 191 » 192 » 194 » 197 » 199 » 201 » 203 » 205 » 207 » 210 » 212 » 216 » 217 » 219 » 221 » 223 » 226 » 228 551 82. 19/03/1860 83. 24/10/1860 84. 25/06/1861 85. 22/09/1861 86. 09/10/1861 87. 20/11/1861 88. 08/12/1861 89. 22/12/1861 90. 13/03/1862 91. 01/04/1862 92. 23/05/1862 93. 25/11/1862 94. 10/01/1864 95. 30/07/1864 96. 19/02/1865 97. 15/05/1865 98. 12/09/1866 99. 08/12/1866 100. 12/12/1866 101. 12/01/1867 552 Alla sorella Margherita: pensieri del Grisostomo su S. Giuseppe . . . . . . . . . . . . Pag. A D. Albino Parietti: “accogliere amorevolmente quanto si scrive” . . . . . . . . . . » A D. Albino Parietti: M. tentato di dimettersi per malintesi e difficoltà . . . . . . . . » Alla sorella Margherita: “abbiamo gustato il paradiso ad Annecy” . . . . . . . . . . . » A D. Albino Parietti: M. vuol essere tutto a servizio dei missionari . . . . . . . . . . » Alla sorella Margherita: si mostra paziente e scherzoso nei suoi malanni . . . . . . . » Alla sorella Margherita: non era nei disegni di Dio celebrare all’Immacolata . . . » Alla sorella Margherita: la vuole ricompensare con una stilla d’amor divino . . » Al Prefetto di Propaganda: per favorire le vocazioni e l’unione con Brignole-Sale » A D. Albino Parietti: sull’erezione del vicariato e i catechisti . . . . . . . . . . . . . . » A D. Albino Parietti: problema dei missionari impazienti di partire . . . . . . . . . » A D. Albino Parietti: curare la salute ma non lasciare la missione . . . . . . . . . . . . . » A D. Albino Parietti: fondazione e invio de “L’Osservatore Cattolico” . . . . . . . . » A un Monsignore: il nuovo giornale è gradito al Papa ma non è facile perseguirne lo scopo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A D. Luigi Limana: raccogliere documenti e memorie di Parietti . . . . . . . . . . . . » A D. Giacomo Broy: consigli per prepararsi alla missione . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A D. Luigi Limana: dolore per la morte di Brioschi e la carestia . . . . . . . . . . . . . » A Sua Santità Pio IX: sentimenti de “L’Osservatore Cattolico” per il Papa . . . . . . » A D. Simeone Volonteri: guardare in alto per notizie buone e tristi . . . . . . . . . . . . » A Sua Santità Pio IX: i direttori de “L’Os- 231 233 236 239 241 245 247 248 249 253 255 259 261 264 266 267 269 271 273 102. 103. 104. 105. 106. 107. 108. 109. 110. 111. 112. 113. 114. 115. 116. 117. 118. servatore Cattolico” ringraziano per le onorificenze ricevute . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 28/01/1867 A D. Timoleone Raimondi: chiede una relazione sul viaggio a Manila e vuol sapere di un missionario che non gli scrive » 26/02/1867 A D. Timoleone Raimondi: vietare ai missionari l’invio di cose di valore . . . . . . . » 18/04/1867 A Mons. Luigi Nazari: devoti ossequi al nuovo arcivescovo di Milano . . . . . . . . » 21/05/1867 A D. Eugenio Biffi: dalla Colombia alla Birmania: le lodi del Papa - informazioni su “L’Osservatore Cattolico” . . . . . . » 12/06/1867 A D. Timoleone Raimondi: sui missionari e la nomina al successore di Ambrosi » 28/10/1867 A D. Timoleone Raimondi: sulle trattative a Lione per Hong Kong e Birmania » 01/12/1867 Al Prefetto di Propaganda: richiede per il Bengala una missione più salubre . . . » 28/12/1867 A D. Timoleone Raimondi: risponde alle accuse di trascuratezza e inerzia; con Propaganda bisogna agire con prudenza » 12/02/1868 A D. Timoleone Raimondi: richieste di personale e relazioni col Collegio cinese » 25/04/1868 A D. Gaetano Origo: “a ben rivederci in cielo se non lo possiamo più in terra” » ss. Trinità ’69 A Timoleone Raimondi: accettata la missione del Honan …. . . . . . . . . . . . . . . . . » 04/12/1869 Alla sorella Margherita: la rassicura sui suoi malanni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » senza data A Sua Santità Pio IX: solidarietà filiale e difesa del dominio temporale . . . . . . . . » 30/01/1870 A Timoleone Raimondi: notizie e raccomandazioni importanti . . . . . . . . . . . . . » 30/04/1870 A D. Simeone Volonteri: il Papa lieto di vedere il primo vescovo dell’Istituto . . . » 07/06/1870 A Mons. Domenico Barbero: gli affida una missione presso Propaganda; relazione con l’Istituto di p. Villoresi . . . . . » 26/06/1870 A D. Timoleone Volonteri: problema di personale e soldi nel Honan . . . . . . . . . » 275 277 279 281 283 285 287 289 291 295 298 300 302 303 306 310 312 315 553 119. 28/08/1870 120. 25/09/1870 121. 09/10/1870 122. 07/05/1871 123. 18/06/1871 124. 27/01/1872 125. 22/07/1872 126. 05/10/1872 127. 12/10/1872 128. 11/02/1873 129. 05/04/1873 130. 15/08/1873 131. 23/08/1873 132. 29/01/1874 133. 11/02/1875 134. 23/06/1875 135. 22/07/1875 554 A Mons. Simeone Volonteri: moderare lo zelo e provare la vocazione di Scarella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. A Mons. Timoleone Raimondi: Borgazzi autorizzato ad andare in America per raccogliere soldi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A D. Timoleone Raimondi : annunzia la morte dell’ottimo D. Carlo Salerio . . . » A D. Timoleone Raimondi: lo loda per aver agito in bel modo coi lazzaristi e gli raccomanda di trattare bene le suore » A D. Timoleone Raimondi: consigli sul progetto di Mill Hill e notizie . . . . . . . . » A D. Domenico Davanzo: ordine di lasciare la missione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Ad Alessandro Manzoni: invito a prendere le difese di Pio IX . . . . . . . . . . . . . » A D. Timoleone Raimondi: bisogna essere fermi con Davanzo . . . . . . . . . . . . . » A D. Timoleone Raimondi: comunica d’aver riportato Davanzo a Milano . . . . » Al Prefetto di Propaganda: sul Honan meritevole di un vicario apostolico e sul Bengala . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Simeone Volonteri: consacrare missionari e missione al s. Cuore di Gesù . . . » Al Prefetto di Propaganda: Volonteri vicario apostolico e lista di partenti . . . . . » A Mons. Simeone Volonteri: disordini nel Honan; preparare la consacrazione episcopale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Al Prefetto di Propaganda: provvedere alla missione del Bengala Centrale dato il clima micidiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Al Prefetto di Propaganda: permesso di ordinare 8 alunni “titulo Missionis” . . . » A P. Angelo Taglioretti: confida alcune prove nel governo dell’Istituto . . . . . . . » Documento di Marinoni: la cappella della Grugana può conservare il Santissimo » 319 321 323 325 328 330 332 335 337 338 341 343 346 348 351 354 356 136. 21/11/1875 137. 05/05/1876 138. 20/09/1876 139. 13/04/1878 140. 11/05/1878 141. 09/09/1878 142. 12/10/1878 143. 12/10/1878 144. 18/01/1879 145. 28/05/1879 146. 30/06/1879 147. 18/09/1879 148. 11/10/1879 149. 16/06/1880 150. 23/10/1880 151. 19/12/1880 Al Prefetto di Propaganda: invio di missionari, religiose, catechisti . . . . . . . . . . Pag. Al Prefetto di Propaganda: questione di chiese pubbliche dei religiosi ad Hong Kong . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Ai Colleghi e ai Missionari: in difesa dell’ottimo D. Carlo Bolis . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Simeone Volonteri: offerte per calamità col contributo dei chierici . . . » A Mons. Timoleone Raimondi: i domenicani rinuncino alla chiesa pubblica, ma restino disponibili al condono . . . . . . . » A “L’Osservatore Cattolico”: non combattere altra stampa cattolica . . . . . . . . » A D. Davide Albertario: moderare gli eccessi nel difendere la santa causa . . . . . » A Mons. Timoleone Raimondi: M. è vicino ai 70 anni, ma guida con zelo e discernimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Simeone Volonteri: sul problema dell’unione con altri Istituti . . . . . . » A D. Felice Rotondi: risponde ad accuse con forza e dignità . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Giuseppe Pennacchi: circa alcuni soggetti dell’Istituto missionario di Roma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Timoleone Raimondi: altro invio di religiose, ma Raimondi ne ha poca stima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Timoleone Raimondi: M. è addolorato perché i missionari lasciano HK non vedendosi trattati come si meritano » Al Prefetto di Propaganda: pronto ma contrario a lasciare Hyderabad . . . . . . . » A Mons. Salvatore Magnasco: supplica che gli conceda un diacono che vuol farsi missionario . . . . . . . . . . . . . . . . . . A Sua Santità Leone XIII: ringrazia per l’enciclica “Sancta Dei Civitas” . . . . . . . » 358 360 363 366 368 370 373 374 376 379 381 383 385 388 393 395 555 152. 24/06/1881 153. 19/03/1882 154. 21/04/1882 155. 28/04/1882 156. 19/06/1882 157. 13/08/1882 158. 11/10/1882 159. 21/11/1882 160. 17/11/1883 161. 01/12/1883 162. 15/12/1883 163. 15/12/1883 164. 23/02/1884 165. 13/05/1884 166. 24/05/1884 167. 31/05/1884 556 A un Vescovo: sulla questione del governo temporale del Papa . . . . . . . . . . . . . Ai Vescovi d’Italia: appello per S. Calocero e le missioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . A Mons. Simeone Volonteri: i missionari restino nella missione di destinazione A D. Giacomo Scurati: cerca vocazioni mentre accompagna mons. Biffi . . . . . . A Mons. Domenico M. Gelmini: chiede e ottiene un chierico per le missioni . . . Al suddiacono E. Sagrada: un altro generoso dono del vescovo di Lodi . . . . . . . A Mons. Laurenzi – Uditore di S. Santità: implora di poter accogliere liberamente i candidati alle missioni come i religiosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Al Prefetto di Propaganda: esplicita la supplica che il Papa dia il privilegio di ammettere liberamente gli aspiranti alle M.E. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . A Mons. Simeone Volonteri: “Le Missiosioni sono affidate al Seminario di S. Calocero” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . A Mons. Timoleone Raimondi: se lei esige missionari perfetti mi lasci il tempo necessario per formarli . . . . . . . . . . . . . A Mons. Stefano Scarella: per la pacifica sistemazione dei due vicariati . . . . . . Ai Missionari del Honan: raccomanda concordia, sottomissione, preghiera . . . A Mons. Simeone Volonteri: cerca di calmarlo in attesa della divisione del Honan . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Alla SS. Trinità: atto di affidamento a Dio per la morte e disposizioni testamentarie A tutti i Confratelli: nel 50° di sacerdozio comunica di aver presentato a Propaganda le nuove regole . . . . . . . . . . . . A Mons. Stefano Scarella: esprime gioia Pag. 397 » 399 » 403 » 405 » 407 » 409 » 411 » 414 » 417 » 419 » 422 » 424 » 426 » 429 » 431 168. 25/07/1884 169. 26/07/1884 170. 24/01/1885 171. 21/02/1885 172. 18/04/1885 173. 04/07/1885 174. 13/09/1885 175. 25/12/1885 176. 17/02/1886 177. 10/09/1886 178. 15/10/1886 179. 03/12/1886 180. senza data 181. 07/1887 (?) 182. 28/11/1887 183. 14/08/1888 184. 02/01/1890 per la consacrazione episcopale e la sua opera e informa sulle nuove regole . . . . Pag. Agli amatissimi alunni: loda la loro unione e la loro allegria . . . . . . . . . . . . . . . . » A Sua Santità Leone XIII: protesta contro la spoliazione dei beni di Propaganda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Stefano Scarella: resoconto messe, salute e caso Santoni . . . . . . . . . . . . » A D. Cristiano Graffy: lo incoraggia nello zelo apostolico . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Stefano Scarella: sul calendario liturgico da usare in missione . . . . . . . . » Ai Missionari in Birmania: per riportare la pace nella comunità . . . . . . . . . . . . » A Mons. Luigi Nazari: chiede e ottiene il chierico Gerardo Brambilla . . . . . . . . » Ai Missionari in Birmania: presentare soggetti meritevoli dell’episcopato . . . . » A Madre Teodolinda Nazari: occorre riparare l’atto inconsiderato della Provinciale del Bengala . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A P. Rocco Tornatore: perché accetti di governare interinalmente la missione della Birmania orientale . . . . . . . . . . . . . . » A D. Giacomo Scurati: gli raccomanda di curare i suoi malanni . . . . . . . . . . . . . » A tutti i Confratelli: presenta il nuovo regolamento dell’Istituto . . . . . . . . . . . . . » A un Vescovo: afflitto di vedersi negato per le missioni le suore fondate da un confratello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Sua Santità Leone XIII: rinnovate proteste per i soprusi al Papa . . . . . . . . . . . » Al Prefetto di Propaganda: chiede di poter semplificare il sistema delle offerte per le messe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A D. Giacomo Scurati: ricevute onorificenze e... 4 alunni . . . . . . . . . . . . . . . . . » Al seminarista Gianni: stimola verso la 434 437 439 441 443 445 447 450 452 454 459 461 463 465 467 469 471 557 185. 04/01/1890 186. 17/02/1890 187. 01/03/1890 188. 03/07/1890 189. 6/07/1890 190. 24/07/1890 191. 14/08/1890 192. 18/08/1890 193. 13/09/1890 194. 13/10/1890 195. 05/01/1891 santità apostolica un aspirante trattenuto in patria dalla malattia . . . . . . . . . . . Pag. A Mons. Timoleone Raimondi: “una delle pietre fondamentali di S. Calocero” . » A P. Emilio Anelli: gli ordina per le sue vicende di passare dal Honan del sud al Honan del nord . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Stefano Scarella: lo invita ad accogliere p. Anelli per il suo bene . . . . . » A Mons. Francesco Pozzi: lo prega di agire da padre e amico coi confratelli . . » Ad Emilio Ghislanzoni: non può essere accolto per ragioni di salute . . . . . . . . . » A D. Enrico Caffi: lo dissuade accoratamente dal tornare . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Stefano Scarella: consolato per l’accettazione del p. Anelli . . . . . . . . . . » A D. Giacomo Scurati: sul caso di p. Broy entrato dai gesuiti . . . . . . . . . . . . . . . . . » A Mons. Stefano Scarella: “sarà l’ultima volta che avrò la consolazione di scriverle” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A D. Giacomo Scurati: M. lucido e attivo come sempre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » A tutti gli Alunni e Missionari: lettera di commiato dal letto di morte . . . . . . . . . » 473 475 477 480 482 485 487 490 493 495 497 499 Appendici I II III IV V VI VII La famiglia di Mons. Marinoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Dati biografici di Mons. Marinoni . . . . . . . . . . . . . . . . . Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Gli scritti di Mons. Marinoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Invii alle Missioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice dei nomi di persona . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Indice per soggetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » » » » » » » 503 511 519 521 527 537 545 Indice generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 547 558