Ci lascia, lontano dai riflettori, il sociologo Ulrich Beck

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Ci lascia, lontano dai riflettori, il sociologo Ulrich Beck
5/12/2015
Ci lascia, lontano dai riflettori, il sociologo Ulrich Beck | Il Domani d'Italia
CI LASCIA, LONTANO DAI
RIFLETTORI, IL SOCIOLOGO ULRICH
BECK
GEN
04
Autore/i: Maria Pia Di Nonno
2015
Si spegne, stroncato da un infarto il giorno di Capodanno, uno dei più grandi sociologi
contemporanei.
Il suo testamento intellettuale, assai corposo, presenta una lunga lista di pubblicazioni tra
cui spiccano: La società del rischio. Verso una seconda modernità; Il manifesto
cosmopolitico; I rischi della libertà. L’individuo nell’epoca della globalizzazione; Libertà o
Capitalismo?; Che cos’è la globalizzazione? Rischi e prospettive della società planetaria;
Sull’orlo di una crisi. Vivere nel capitalismo globale; L’Europa cosmopolita; Conditio
Humana. Il rischio nell’età globale. Una serie di riflessioni volte a scomporre le
problematiche della società moderna e a scovarne gli anfratti più nascosti. Beck è un
sociologo e per natura capace di cogliere la realtà delle cose, anche se coperte da un
manto di finzione, e di rendere le sue scoperte accessibili e comprensibili. L’espressione
che meglio ne sintetizza il pensiero, e che certamente resterà alla storia, è
La società del rischio. Espressione che comparve per la prima volta nel 1986 come titolo
ad un suo libro. Idea che lo scrittore analizza in maniera puntualedistinguendo i due volti
del rischio: l’opportunità e il pericolo. Evidenziava, infatti, nelle prime pagine di Conditio
Humana: il rischio nell’età globale come in realtà il “rischio non è sinonimo di catastrofe.
Rischio significa l’anticipazione della catastrofe”.
Il rischio, dunque, se gestito correttamente può diventare anche opportunità, slancio e
progresso. Ma qual è il rischio principale che minaccia la nostra società? E’ come
affermato da Beck, dopo aver dato una definizione di rischio, lo spingere le persone verso
se stesse, nella loro immunitas e solitudine, o meglio “lo sradicamento senza radicamento
– è la formula, ironica e tragica al contempo, che descrive questa dimensione di
individualizzazione nella società mondiale del rischio”. E se questo è il rischio quale
potrebbe essere invece l’opportunità? E’ l’Unione Europea. Ulrich Beck aveva già lanciato
un appello nel 2012 che, riprendendo un noto slogan kennediano, diceva: non chiedetevi
che può fare per voi l'Europa, ma che cosa potete fare voi per l'Europa, facendo l'Europa!
Appello che aveva rinnovato, in concomitanza delle recenti elezioni europee evidenziando
che molti europei, e soprattutto i giovani, hanno spesso la sensazione che Bruxelles più
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che lavorare per il loro futuro, lavori per assecondare le proprie logiche burocratiche.
Vogliamo che il rischio si tramuti in catastrofe o in un’opportunità? Vogliamo che l’Europa
sia una catastrofe o un’opportunità? Vogliamo come disse anche Alcide De Gasperi in un
suo discorso, che si riporta qui di seguito, un mito di guerra o un mito di pace? “Qualcuno
ha detto che la Federazione europea è un mito.
È vero, è un mito (…) E se volete che un mito ci sia, ditemi un po’ quale mito dobbiamo
dare alla nostra gioventù per quanto riguarda i rapporti di Stato e Stato, l’avvenire della
nostra Europa, l’avvenire del mondo, la sicurezza, la pace, se non questo sforzo verso
l’Unione? Volete il mito della dittatura, il mito della forza, il mito della propria bandiera, sia
pure accompagnato dell’eroismo? Ma noi allora creeremo di nuovo quel conflitto che porta
fatalmente alla guerra. Io vi dico che questo mito è mito di pace; questa è la pace, e
questa è la strada che dobbiamo seguire”. Ed è con questa domanda che ci lascia,
all’inizio del nuovo anno, Ulrich Beck. Vogliamo una catastrofe o vogliamo un’opportunità?
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