Progetto di Ricerca INTERAZIONI IN CLASSE, ENGAGEMENT

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Progetto di Ricerca INTERAZIONI IN CLASSE, ENGAGEMENT
Progetto di Ricerca
INTERAZIONI IN CLASSE, ENGAGEMENT SCOLASTICO, DROPOUT E
COMPORTAMENTI A RISCHIO.
Quali legami?
1. Introduzione
Il coinvolgimento e la partecipazione attiva degli studenti all’interno dei contesti di
istruzione – a cui si può fare più semplicemente riferimento con il termine engagement – è stato
concettualizzato in letteratura come un importante fattore di protezione per l’adattamento scolastico
e sociale dei giovani (Deci e Ryan, 2000; Skinner e Wellborn, 1994; Wang e Fredricks, 2014). Gli
adolescenti disimpegnati sul fronte educativo sono infatti maggiormente a rischio di fallimento
accademico, abbandono ed esiti psico - sociali negativi (Li e Lerner, 2011), e tali relazioni sono
risultate sussistere anche in ricerche che hanno tenuto conto del potenziale effetto confondente di
altre condizioni tradizionalmente associate a esiti di sviluppo negativi, quali un basso status socioeconomico o relazioni familiari insoddisfacenti (Henry, Knight, e Thornberry, 2012). Purtroppo,
tuttavia, la letteratura converge nel definire l’adolescenza come un periodo caratterizzato, da una
parte, da un drastico calo della motivazione e del rendimento, e dall’altra, da un incremento
nell’assunzione di comportamenti a rischio quali ad esempio l’uso di sostanze (Schulenberg, 2006).
Nel nostro paese, la disaffezione e il progressivo disimpegno degli studenti verso la scuola
sono confermati dal dato per cui ad oggi, in Italia, gli Early School Leavers (ESL) – vale a dire la
quota dei giovani dai 18 ai 24 anni di età in possesso della sola licenza media e che sono al di fuori
del sistema nazionale di istruzione e da quello regionale di istruzione e formazione professionale –
corrispondono al 18.2% della popolazione (ISTAT, 2013). Il fenomeno è più diffuso al Sud e nelle
Isole, mentre in Emilia Romagna gli ESL ammontano al 13.9% della popolazione giovanile. Anche
per ciò che concerne la qualità e il successo dei processi scolastici, la situazione italiana risulta
problematica. I risultati dei test internazionali OCSE-PISA sulle competenze letterarie, scientifiche
e matematiche sottolineano che, rispetto agli altri paesi europei, gli studenti italiani si situano nella
“zona bassa” della classifica, nonostante nel 2012 si sia assistito ad un lieve miglioramento rispetto
al 2009.
Riflettendo su tali dati, diversi autori (ed es. Kiemer et al., 2015; Wang e Fredricks, 2014)
hanno suggerito che i fenomeni di insuccesso e abbandono scolastico debbano essere interpretati
come il culmine di un lungo processo di disimpegno che coinvolge gli studenti a partire
dall’inserimento in cicli di istruzione secondaria. Alla base di tale declino è stata invocata la
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difficoltà, da parte del sistema scolastico in generale, e più in specifico degli insegnanti, di motivare
gli adolescenti rispondendo adeguatamente ai loro bisogni (di autonomia, decisione, legittimazione
e responsabilità) (Eccles et al., 1993). L’insuccesso nel compito di coinvolgere e appassionare i
giovani facilitandone un ruolo attivo e partecipativo rispetto ai processi di apprendimento è
testimoniato ad esempio dalle diverse ricerche che hanno messo in luce come quasi la metà degli
studenti mostrino segni di noia, disattenzione e infine demotivazione e distacco rispetto al proprio
percorso formativo (Steinberg, Brown, e Dornbusch, 1996; Yazzie-Mintz, 2007). Ragionando in
un’ottica di prevenzione, diviene quindi di cruciale importanza individuare i primi segnali di rottura
del patto educativo per migliorare e accrescere l’engagement delle nuove generazioni verso la
scuola.
2. Engagement scolastico, drop out e comportamenti a rischio
L’engagement scolastico si configura come un costrutto multifattoriale che include
componenti comportamentali, emotive e cognitive (Fredricks, Blumenfeld, e Paris, 2004; Jimerson,
Campos e Greif, 2003; Pianta, Hamre e Allen, 2012) tra loro interconnesse e interdipendenti. A
livello comportamentale, l’engagement può essere definito come la partecipazione attiva degli
studenti ai compiti e alle pratiche quotidiane scolastiche. A livello emotivo, esso corrisponde al
grado in cui gli studenti sperimentano relazioni di vicinanza e affetto con adulti e coetanei in classe
e valutano positivamente il tempo trascorso in aula. Infine, il livello cognitivo, che si presenta come
la componente più debole e sfuggente del costrutto (Wang e Fredricks, 2014), consiste nella
capacità di auto-regolare i propri processi di apprendimento.
Nonostante la maggior parte della letteratura si sia focalizzata sulle associazioni positive tra
engagement e risultati accademici, tale costrutto rappresenta un nodo centrale anche per molte delle
teorie che hanno tentato di spiegare, legandoli tra loro, i processi di fallimento e abbandono
scolastico, la propensione ad assumere comportamenti a rischio e la manifestazione di segnali
psicologici e sociali di disagio (Finn, 1989). Gli studi condotti in questo ambito sono stati ispirati
principalmente al modello Self-System – a sua volta inserito nel più ampio framework teorico della
teoria dell’auto - determinazione (Deci e Ryan, 2000; Skinner et al., 2009) – che postula che il
grado in cui gli adolescenti sono coinvolti nel contesto scolastico influenzi la motivazione ad
affrontare positivamente le difficoltà, le sfide e gli ostacoli sia educativi, sia extra scolastici, che si
presentano nella vita del giovane (Skinner et al., 2009; Skinner e Pitzer, 2012). Tale modello
suggerisce altresì che gli studenti siano più motivati ad apprendere quando gli adulti sostengono il
loro naturale bisogno di sentirsi competenti, autonomi e positivamente legati agli altri (Berti,
Molinari e Speltini, 2010; Dalbert e Stoeber, 2005; Resh, 2009).
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Collocandosi all’interno di tale quadro teorico, i risultati della recente ricerca scientifica
focalizzata sul costrutto di engagement hanno presentato risultati incoraggianti (Li e Lerner, 2011;
Wang e Fredricks, 2014). Numerosi studi anche di carattere longitudinale hanno mostrato ad
esempio come un aumento del coinvolgimento scolastico si leghi, in termini correlazionali, a una
riduzione di comportamenti a rischio quali l’uso di alcol o droghe (Dornbusch et al., 2001; Loukas,
Ripperger- Suhler e Horton, 2009; Resnick et al., 1997). Li e collaboratori (Li et al., 2011), ad
esempio, hanno esaminato su un ampio campione di adolescenti in che misura l’engagement - nelle
sue componenti comportamentali ed emotive - influenza l’uso precoce di sostanze e altri
comportamenti delinquenziali durante l’adolescenza. I risultati dello studio suggeriscono che sia
l’impegno comportamentale sia l’attaccamento emotivo al contesto scolastico sono inversamente
associati all’età di esordio di tali comportamenti a rischio, mentre un livello basso di engagement
predice un rischio più elevato. Tale ricerca supporta quindi l’ipotesi per cui gli adolescenti hanno
maggiori probabilità di rimanere distanti da comportamenti problematici quando frequentano
regolarmente le lezioni, si curano del loro andamento scolastico e provano sentimenti di vicinanza
emotiva verso gli insegnanti e i compagni. Altre ricerche hanno confermato come la partecipazione
in classe e il tempo speso per i compiti a casa rappresentino gli indicatori con maggior potere
predittivo negativo rispetto all’assunzione di comportamenti a rischio (Barnes et al., 2007; Morrison
et al., 2002; Wong, 2005).
Parallelamente, anche l’abbandono scolastico è stato saldamente ancorato al concetto di
engagement. Diversi studi hanno infatti messo in luce che gli studenti più partecipativi durante le
attività in classe e più emotivamente soddisfatti della loro esperienza scolastica manifestano un
basso rischio di dispersione (Alexander, Entwisle e Horsey, 1997; Janosz et al., 2008; Jimerson et
al., 2000; South, Haynie, e Bose, 2007; Townsend, Fischer, e King, 2007). Utilizzando un campione
di quasi 12.000 studenti delle scuole superiori franco-canadesi, Archambault e collaboratori
(Archambault et al., 2009) hanno testato ad esempio il grado in cui le componenti comportamentali,
affettive e cognitive dell’engagement predicono la possibilità di abbandonare precocemente la
scuola. I risultati mostrano che al di là del contributo di importanti fattori di rischio individuali e
familiari, l’engagement globale, e in misura maggiore la sua componente comportamentale,
predicono in modo affidabile la dispersione scolastica. In una ricerca più datata, Brewster e Bowen
(2004) hanno esaminato gli effetti del sostegno sociale elargito dagli insegnanti sull’engagement
scolastico di studenti di scuole medie e superiori identificati come a rischio di fallimento scolastico.
Le analisi di regressione realizzate dagli autori indicano che il sostegno dei docenti, in misura
maggiore rispetto a quello dei genitori, si dimostra un’importante variabile in grado di impattare
positivamente l’impegno scolastico degli studenti a livello sia comportamentale sia emotivo.
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3. Engagement scolastico e processi interattivi in classe
In accordo con il modello Self-System, l’engagement scolastico risente della qualità delle
interazioni che gli adolescenti sperimentano nella loro vita quotidiana in classe, ed è pertanto
positivamente influenzato da un contesto relazionale e interpersonale capace di tener conto dei
bisogni - di giustizia, auto-affermazione, autonomia e competenza - che gli adolescenti mostrano.
Nel contesto scolastico, la soddisfazione di tali bisogni è condizionata alla capacità, da parte degli
insegnanti, di legittimare e favorire il ruolo attivo degli studenti promuovendo così la costruzione di
un clima di classe positivo e motivante (Furrer e Skinner, 2003; Klem e Connell, 2004; Ryan e
Patrick, 2001).
Tenendo conto di tali affermazioni, alcuni studiosi (ad es. Allen e Allen, 2009; Crosnoe,
2000; Dornbusch, Glasgow e Lin, 1996; Eccles, Lord e Midgley, 1991; Pianta, Hamre e Allen,
2012) hanno avanzato l’idea di riconsiderare l’engagement scolastico in qualità di un processo di
tipo relazionale e interattivo prima ancora che di un costrutto di tipo individuale. Se infatti esso
riflette la condizione di studente da un punto di vista comportamentale, emotivo e cognitivo, non si
può sottovalutare come tale condizione si costruisca giorno dopo giorno all’interno delle dinamiche
interpersonali che si attivano nel contesto scolastico.
Se si parla di dinamiche interpersonali in classe, è importante tener conto del fatto che in
letteratura vi è ormai un ampio consenso nell’affermare che le interazioni nei contesti di istruzione
sono mediate prevalentemente dalla comunicazione verbale e risentono fortemente della conduzione
delle lezioni da parte dei docenti (per una rassegna, si veda Mameli, 2011). L’insegnante in classe
esercita infatti un ruolo di guida e potere nell’esercizio di tre funzioni principali (Lyle, 2008;
Myhill, 2006): perseguire gli obiettivi didattici e pedagogici; controllare il grado e le modalità della
partecipazione degli studenti ai discorsi, attribuendo loro il turno di parola e decidendo l’argomento
di discussione; esercitare il ruolo di conoscitore primario, che orienta il discorso in una direzione
pre-determinata e decide ciò che conta oppure non conta come conoscenza. Il modo in cui gli
insegnanti interagiscono con i loro studenti, e la percezione di tali pattern interattivi da parte di
questi ultimi, appare quindi fondamentale per coinvolgere i ragazzi e promuoverne un ruolo attivo,
tanto che, come affermano Pianta, Hamre e Allen (2012, p. 368) “it does not appear to us that the
central problem in school reform is curriculum, school/class size, or outcomes assessment but
rather the extent to which teachers ... interact with students and form relationships with them that
engage them in opportunities to learn and develop”.
Ovviamente, esistono differenze notevoli nelle modalità con cui gli insegnanti interagiscono
con i loro studenti. Alcuni di loro possono essere severi, altri più amichevoli, certi ostili, altri più
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empatici. Dal canto loro, gli studenti non rimangono indifferenti di fronte al comportamento dei
loro docenti, e possono dunque manifestare apprezzamento e reagire più positivamente di fronte ad
alcuni modelli interattivi piuttosto che ad altri, anche a seconda delle loro aspettative in merito a ciò
che un bravo insegnante dovrebbe essere e a come dovrebbe comportarsi. Per valutare le percezioni
degli studenti riguardo alle interazioni con i loro insegnanti, Wubbels e Levy (1993) hanno
sviluppato un questionario, il Questionnaire of Teacher Interaction (QTI), che prende vita dal
modello comunicativo dello psicologo clinico Timothy Leary (1957) e che è fondato sull’analisi di
due dimensioni bipolari interconnesse tra loro: l’influenza (da dominanza a sottomissione) e la
prossimità (da cooperazione a opposizione). L’influenza misura il grado in cui l’insegnante riesce
ad esercitare un certo potere sugli studenti o ne è passivamente influenzato, mentre la prossimità
valuta il grado in cui egli è capace di stabilire legami centrati sulla ricerca della cooperazione o al
contrario sul conflitto. Attraverso l’utilizzo del QTI sono state descritti otto pattern di
comportamenti interpersonali che l’insegnante può assumere in interazione coi propri allievi:
direttivo, amichevole, comprensivo, disponibile, incerto, insoddisfatto, punitivo e inflessibile. La
versatilità del QTI ha aperto la strada a numerose indagini che nel tempo hanno sollecitato
riflessioni degne di attenzione circa l’efficacia di differenti metodi di insegnamento. I risultati più
significativi ottenuti in questo ambito sono presentati in due interessanti rassegne (Wubbels e
Brekelman, 2005; Wubbels et al., 2006) che hanno ad esempio messo in evidenza una correlazione
significativa tra i risultati al QTI compilato dagli studenti di scuole superiori, la loro motivazione e i
risultati scolastici, migliori quando l’interazione è caratterizzata da alte componenti di opposizione
e dominanza e livelli medio-bassi di cooperazione e sottomissione.
Coerentemente con tale prospettiva interattiva, diversi studi focalizzati sul punto di vista
degli studenti hanno mostrato che gli adolescenti spesso spiegano la disaffezione e il disimpegno
verso la scuola lamentando, nella propria esperienza, un mancato riconoscimento dei propri bisogni
di partecipazione e autonomia da parte degli insegnanti e una scarsa motivazione rispetto ad attività
proposte giudicate noiose, ripetitive e poco rilevanti (Schussler, 2009).
3. Il progetto di ricerca
I sostenitori di un approccio socio-culturale alla psicologia dell’educazione da anni
evidenziano l’importanza delle interazioni insegnante – studenti come fattori indispensabili nel
promuovere la motivazione e la partecipazione degli alunni alle attività in classe, a loro volta
considerati come pre-requisiti fondamentali per una buona carriera scolastica (Krummheuer, 2011;
Sfard, 2008). Parallelamente, in ambito più psico-sociale, esistono ormai numerosi risalti che
testimoniano come l’engagement sia fondamentale per proteggere i giovani dal pericolo di
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insuccesso accademico e abbandono e per contribuire a scongiurare l’adozione di altri
comportamenti a rischio.
Nonostante le evidenze provenienti da più fronti e ambiti di indagine, esistono ancora
numerose lacune in merito ai legami esistenti tra qualità delle interazioni in classe, engagement ed
esiti scolastici e psico-sociali positivi o negativi. In primo luogo, la ricerca empirica ha spesso
analizzato le interazioni in classe e l’engagement degli studenti in maniera separata, mentre sono
stati scarsi gli sforzi tesi a verificare se e come queste due dimensioni siano legate tra loro. Più nello
specifico, rimane ad esempio da chiarire se la percezione che gli studenti hanno delle modalità
interattive adottate dai loro docenti si rifletta sul loro livello di impegno. In secondo luogo, gli studi
incentrati sulle associazioni esistenti tra engagement, da una parte, e motivazione, rischio di
abbandono scolastico e comportamenti a rischio, dall’altro, sono ancora oggi scarsi (Rumberger,
2004; Pianta, Hamre e Allen, 2012; Wang e Fredricks, 2014), specialmente in Italia.
3.1 Obiettivi
A partire dalle premesse precedentemente discusse, questo progetto di ricerca è volto a
esplorare, all’interno di un campione Italiano, il legame tra il costrutto di engagement e alcune
variabili potenzialmente implicate in traiettorie evolutive di rischio quali la scarsa motivazione
scolastica, il desiderio di abbandonare la scuola e altri comportamenti quali l’uso di alcol e sostanze
illegali. E’ inoltre nell’interesse di questo progetto valutare in che misura la percezione che gli
studenti hanno della comunicazione e delle interazioni in classe con i loro insegnanti si riflette sul
livello di engagement, inteso in termini individuali come la percezione del proprio coinvolgimento
scolastico in termini comportamentali, emotivi e cognitivi.
Gli obiettivi della ricerca possono essere riassunti come segue:
(1) Esplorare il modo in cui studenti appartenenti a diverse scuole superiori di secondo
grado percepiscono le interazioni in classe con i loro insegnanti, individuando l’eventuale presenza
di differenze significative a seconda del tipo di scuola frequentata (licei, tecnici, professionali) e del
genere ed età degli studenti.
(2) Verificare la presenza di legami (correlazionali o predittivi) tra la percezione degli
studenti delle interazioni in classe con i propri insegnanti e il loro livello di engagement.
(3) Indagare la presenza di legami tra i livelli di engagement e:
(a) la motivazione
scolastica; (b) l’intenzione di abbandonare la scuola e quindi il rischio di drop out; (c) la presenza di
comportamenti a rischio.
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(4) Verificare se una o più componenti dell’engagement scolastico possono fungere da
variabili mediatrici tra le interazioni in classe con gli insegnanti e: (a) la motivazione scolastica; (b)
l’intenzione di abbandonare la scuola.
3.2 Metodo
Il progetto di ricerca sarà caratterizzato dalle seguenti fasi:
1) Selezione delle scuole partecipanti, possibilmente suddivise equamente tra licei, istituti tecnici
e istituti professionali.
2) Presentazione della ricerca ai dirigenti scolastici e agli insegnanti delle scuole coinvolte.
3) Compilazione, da parte degli studenti appartenenti alle classi delle scuole coinvolte, di
questionari self report volti a valutare le seguenti dimensioni: comunicazione e interazioni in
classe con gli insegnanti; engagement; motivazione scolastica; intenzione di lasciare la scuola e
rischio di drop out; comportamenti a rischio.
Piano delle attività di ricerca che saranno affidate all’assegnista
All’assegnista saranno affidate le seguenti attività:
(a) Analisi bibliografica al fine di analizzare le ricerche condotte sulle medesime dimensioni
indagate nel presente progetto di ricerca;
(b) Messa a punto degli strumenti self report da somministrare agli studenti sulla base di una
precedente analisi della letteratura;
(c) Selezione delle scuole e delle classi partecipanti alla ricerca su base volontaria;
(d) Raccolta dei consensi informati;
(e) Somministrazione dei questionari (anche mediante procedure informatiche su piattaforma on
line appositamente costruita);
(f) Inserimento dei dati all’interno del software statistico SPSS-21;
(g) Analisi dei dati;
(h) Restituzione dei principali risultati alle scuole coinvolte;
(i) Produzione scientifica.
Tali attività si svolgeranno sia presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione
dell’Università di Bologna, sia a nella/e scuole individuate (presumibilmente nelle province di
Modena e/o Bologna).
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