Champions League, al via i quarti di finale,Addio a

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Champions League, al via i quarti di finale,Addio a
Champions League, al via i
quarti di finale
Barcellona, 5 Aprile 2016
– La Champions League entra
nel vivo con le gare di
andata dei quarti di
finale.
Questa
sera
andranno
in
scena
Barcellona- Atletico Madrid
e Bayern- Benfica, domani
sera PSG- Manchester City e Wolfsburg- Real Madrid. Le partite
del Camp Nou e del Parco dei Principi sulla carta appaiono le
più equilibrate e affascinanti, Bayern e Real hanno senz’altro
un compito più facile contro Benfica e Wolfsburg, che a
livello di organico sembrano le meno attrezzate per accedere
alle semifinali. Data l’assenza di squadre italiane verrà
trasmessa in chiaro la sfida di questa sera tra Barcellona e
Atletico.
Barcellona- Atletico Madrid – I campioni in carica trovano sul
proprio cammino i colchoneros nella riedizione della doppia
sfida che due anni fa ha visto trionfare la squadra di
Simeone. Il Barça parte favorito ma incontra forse il peggior
avversario che gli possa capitare, l’Atletì non ha un gioco
spumeggiante né giocatori con caratteristiche tecniche
all’altezza dei fenomeni in blaugrana, ma grazie a una fase
difensiva praticamente perfetta e a un atteggiamento votato al
sacrificio è diventata negli ultimi anni la bestia nera delle
due grandi di Spagna. Luis Enrique ripropone la stessa
formazione del clasico di sabato, tra i pali il portiere di
coppa Ter Stegen, linea difensiva a 4 con Piqué-Mascherano al
centro, Iniesta-Busquets-Rakitic a innescare la MSN, che
dovrebbe aver smaltito le fatiche dei lunghi viaggi sostenuti
per giocare con le rispettive nazionali, uno dei motivi per
cui sabato non hanno brillato. Simeone deve fare a meno del
centrale difensivo Gimenez, al suo posto Hernandez, che farà
reparto con Diego Godin, il pilastro uruguagio ha qualche
problema fisico ma stringerà i denti per guidare la difesa
colchonera. Gabi e Augusto in mediana, sulle fasce Koke e
Saul, lo spagnolo classe ’94 è forse il giocatore che in
questa stagione ha fatto più progressi, anche nei match di
cartello è diventato un titolarissimo per il Cholo. Davanti
Fernando Torres affiancato da Antoine Griezmann, 26 gol
stagionali per l’ex Real Sociedad.
Bayern- Benfica – La corazzata bavarese ospita il Benfica di
Rui Vitoria, una partita largamente alla portata della
formazione allenata da Guardiola, che sommando titolari e
alternative a disposizione ha un potenziale offensivo
incredibile. Il tecnico catalano dovrebbe puntare su un
4-2-3-1, Xabi Alonso e Vidal in regia, sulla trequarti Douglas
Costa-Muller-Coman a rifornire di cross Lewandowski. Nella
ripresa potrebbe esserci spazio per Gotze, che ha mostrato
lampi di classe nell’ultima uscita con la nazionale tedesca.
Il Benfica arriva a Monaco da sfavorita, ma la squadra
lisboeta gioca un ottimo calcio grazie a interpreti
tecnicamente dotati. La rivelazione della stagione è
sicuramente Renato Sanches, interno di centrocampo, classe ’97
ma gioca con grande personalità, gli occhi dei top club
d’europa saranno puntati su di lui. Sulla sinistra Nico
Gaitan, dalla sua parte arriva la maggior parte degli assist
per Jonas, 63 gol in 2 stagioni con la maglia delle aquile,
l’arma principale per cercare il prezioso gol in trasferta
contro una difesa non sempre irresistibile.
PSG- Manchester City – Si scontrano due squadre che hanno
avuto una storia molto simile negli ultimi anni, gli
investimenti di Mansour e Al Khelaifi hanno permesso ai due
club di competere con le grandi del calcio europeo. Al momento
il Paris sembra avere qualcosa in più rispetto ai citizens,
sia dal punto di vista dell’organico che nell’ organizzazione
di gioco. Blanc deve fare a meno di Verratti in mezzo al
campo, sarà sostituito da Rabiot che insieme a Motta e Matuidi
formerà la cerniera di centrocampo. In avanti el fideo Di
Maria, Ibra e Lucas Moura, anche se in ballottaggio con
Cavani. Il City non potrà contare sul portiere Joe Hart e sul
centrale belga Kompany, Caballero e Mangala non sembrano
sostituti all’altezza dei due infortunati. Torna De
Bruyne sulla trequarti insieme a Silva e Yaya Toure, anche se
l’ivoriano non è al meglio. In avanti el Kun Aguero che se la
dovrà vedere con un brutto cliente, Thiago Silva.
Wolfsburg- Real Madrid – Il Wolfsburg, che in Bundesliga ha
raccolto un solo punto negli ultimi 3 turni, ospita un Real
Madrid galvanizzato dalla vittoria nel clasico. I tedeschi
presentano un 4-2-3-1 con Luiz Gustavo in regia, dietro alla
prima punta Kruse giocheranno Schurrle e Julian Draxler,
sicuramente il giocatore più talentuoso tra i suoi. Zidane ha
trovato l’assetto definitivo con il 4-3-3, Casemiro a caccia
di palloni tra le linee avversarie, ai suoi lati Modric e Toni
Kroos a inventare per la BBC, Bale sta ritrovando la
brillantezza atletica, Benzema continua a viaggiare alla media
di quasi un gol a partita, Ronaldo va alla ricerca del gol
numero 14 in questa edizione della Champions League.
di Andrea Giulianini.
Addio a Johan Cruyff, poesia
in movimento
Barcellona, 25 Marzo 2016 – “Se
nel ’74 fosse stata l’Olanda a
vincere la finale della Coppa
del
Mondo,
forse
nessuno parlerebbe ancora oggi
di
quella
partita,
della
perfezione del calcio che
giocavamo. La leggenda può
trarre
linfa
anche
dalla
sconfitta,
il bel calcio
perdura nella memoria dei tifosi anche quando perdi.” Questa
era la filosofia di Johan Cruyff, il calciatore che più di
ogni altro ha condizionato il football contemporaneo. In
carriera ha segnato quasi 400 gol, ma definirlo un attaccante
è riduttivo, con la maglia dell’Ajax ha conquistato la Coppa
dei Campioni per 3 anni consecutivi ed è stato premiato per 3
volte col Pallone d’oro, numeri impressionanti ma che non
aiutano a descriverlo. L’unico numero importante nella storia
di Cruyff è il 14, quello che portava dietro la maglia, il
numero che è diventato il simbolo della rivoluzione arancione
nel calcio degli anni ’70. Univa a una tecnica sopraffina una
velocità impressionante, usava con la stessa efficacia
entrambi i piedi, era esile ma potente nelle improvvise
accelerazioni, geniale nel cercare il compagno, mortifero nel
dribbling, spietato in area di rigore. Tutti gli appassionati
di calcio si sono innamorati di lui per l’eleganza e la
leggerezza del gesto atletico. Rinus Michels, che lo ha
allenato prima nell’Ajax poi in nazionale, ha trovato in lui
il simbolo e l’interprete ideale del “calcio totale” , un
sistema di gioco caratterizzato da movimenti incessanti,
alternanza nei ruoli, capacità da parte di tutti i giocatori
di difendere ed attaccare. Cruyff ha esportato questo modello
di calcio a Barcellona, prima da giocatore poi da allenatore.
Se oggi i blaugrana incantano le platee di tutto il mondo il
merito è in parte dell’olandese, che arrivato alla guida del
Barça nei primi anni ’90 ha imposto alle squadre del settore
giovanile di utilizzare il 4-3-3 adottato dalla prima squadra,
e ha messo al centro del progetto la valorizzazione di
giocatori con doti tecniche spiccate, in controtendenza con un
calcio che stava diventando sempre più muscolare a discapito
del talento. Iniesta, Messi e Xavi che provengono dalla Masìa,
gli hanno dato ragione sul campo. La squadra catalana ha
recentemente omaggiato il campione olandese con il famoso
rigore a due, in cui il giocatore deputato alla battuta invece
di calciare direttamente, appoggia lateralmente per un
compagno servendogli l’assist per il più facile dei gol.
Ennesima dimostrazione di quanto la fantasia e la sfrontatezza
del 14 siano ancora oggi presenti nell’ immaginario dei
migliori talenti del mondo. Ieri si è spento un grande
campione, ma da Amsterdam a Barcellona ci sarà sempre qualcuno
che proverà a imitare i suoi dribbling.
di Andrea Giulianini.
Champions League: JuventusBayern e Arsenal-Barcellona
Torino, 22 Febbraio 2016 – Dopo il mezzo passo falso di
venerdì allo stadio Dall’Ara la Juventus ha subito rivolto
l’attenzione alla gara contro il Bayern Monaco. La squadra di
Allegri ha recuperato due pedine fondamentali come Khedira e
Mandzukic, ancora da verificare le condizioni di Chiellini.
L’assenza di quest’ultimo porterebbe il tecnico livornese
a optare per una difesa a 4 con Evra e Lichtsteiner sulle
fasce e la coppia centrale formata da Bonucci e Barzagli. A
centrocampo in questo caso giocherebbero Marchisio in regia,
affiancato da Khedira, Cuadrado sulla destra e Pogba sulla
sinistra, in una linea mediana come quella presentata nella
gara contro il Napoli. In attacco la “Joya” Dybala sarà
affiancato molto probabilmente da Mandzukic, il croato è in
vantaggio su Morata perchè può dare alla Juventus un
vantaggio nel gioco aereo. In casa Bayern, Guardiola deve fare
i conti con le numerose defezioni nel reparto arretrato, non
potrà contare infatti su Boateng, Badstuber e Javi Martinez.
Si prospetta così una linea difensiva formata da Kimmich e
Alaba al centro, Lahm sulla destra e Bernat sulla sinistra. A
centrocampo tutti disponibili, Xabi Alonso e Vidal dietro al
rombo delle meraviglie formato da Robben, Douglas Costa,
Muller e Lewandowski. Il potenziale offensivo del Bayern fa
paura ma la Juventus domani potrà fare affidamento come sempre
sulla solidità difensiva e sul vantaggio di centimetri nelle
situazioni di calcio da fermo, oltre ovviamente sul calore dei
propri sostenitori allo Stadium.
Nell’altra gara di martedì l’ Arsenal ospita il Barcellona. La
squadra di Wenger si presenta al big match in buone condizioni
fisiche e psicologiche, ha infatti battuto la capolista
Leicester avvicinandosi alla vetta della Premier League e ha
recuperato Welbeck come alternativa in avanti. Sotto i
riflettori Alexis Sanchez e Ozil (17 assist in campionato per
il tedesco) a sostegno di Olivier Giroud. Il Barça si
presenterà all’Emirates in formazione tipo con Iniesta e
Rakitic a innescare il tridente “illegale” formato
da Messi, Suarez e Neymar. La squadra di Luis Enrique sembra
inarrestabile nella corsa verso la finale di San Siro, i
Gunners hanno però un ottimo rendimento casalingo e nel girone
di qualificazione hanno battuto la corazzata Bayern tra le
mura amiche.
Le partite di mercoledì saranno Psv – Atletico Madrid e Dinamo
Kiev – Manchester City. Le due squadre ospiti hanno il favore
dei pronostici. I colchoneros possono contare sulla solita
determinazione trasmessagli da mister Simeone che in questa
stagione ha puntato su una rosa più giovane e tecnica,
attenzione alla velocità e alla capacità realizzativa di
Griezmann e Vietto. I citizens invece si presenteranno con la
formazione tipo, che si è quasi interamente riposata
nella partita di FA Cup persa contro il Chelsea per 5-1, in
cui il tecnico Pellegrini ha dato spazio ai giocatori della
primavera.
di Andrea Giulianini
Catalogna
indipendente,
Spagna al bivio
Barcellona, 22 novembre 2015 –
In questi giorni convulsi è
passato alquanto in sordina un
avvenimento che rischia di
creare una crisi istituzionale
all’interno dell’UE e che
potrebbe
stravolgere
molti
equilibri: il 27 settembre
infatti, si sono tenute le elezioni anticipate del parlamento
catalano, che hanno confermato al potere la coalizione
separatista di Artur Mas (Ciu) con 72 seggi su 135. La
vittoria con conferma di Artur Mas apre così una frattura tra
il governo centrale di Madrid e la Generalitat de Catalunya,
la quale ha annunciato che entro diciotto mesi, la Catalogna
concluderà il percorso che la porterà ad essere uno Stato
indipendente e sovrano.
Ecco la questione catalana a confronto dei nostri due analisti
Iacopetti e Di Nino:
“Catalogna indipendente, primo
verso una nuova idea di Europa”
passo
di Nicola Iacopetti
Partirò da un presupposto “antipatico”: L’arresto di Andreu
Viloca, tesoriere del partito di Mas accusato di tangenti, che
segue di un paio di anni le accuse a Jordi Pujol, padre
dell’indipendentismo catalano, sul possesso di svariate
centinaia di milioni di euro depositati su conti offshore, a
pochi giorni dal voto sulla “desconnexiò democràtica” nel
parlamento catalano, deve far riflettere sulla puntualità di
una magistratura che come in Italia siamo abituati a vedere,
arriva sempre con precisione svizzera nel cercare metodi
“alternativi” per gettare discredito sui partiti che mirano in
qualche modo a destabilizzare lo status quo. Stavolta però
l’effetto non è stato di quelli sperati, e con 72 voti
favorevoli e 63 contrari, il processo di transizione può
iniziare.
Oltre
a
ragioni
prettamente
storiche,
l’indipendentismo catalano ha radici che affondano nel tessuto
socio economico dell’intera Spagna. Da sola, produce 1/5 della
ricchezza nazionale, mentre il PIL pro capite è superiore al
resto del paese iberico, in linea con quello di regioni
italiane dalla forte spinta autonomistica come il Piemonte.
Insomma, una Regione ricca, che ha avuto la sfortuna di
trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. La crisi
economica infatti, oltre a travolgere l’intera economia
spagnola, ha avuto grandi ripercussioni anche all’ombra dei
Pirenei, dove la disoccupazione è salita al 19,7 % (sempre
meno che nel resto del paese dove adesso è attestata al 22,4
%) e per mantenere in piedi struttura ed investimenti, Mas ha
chiesto (forse in maniera provocatoria) 5 miliardi di euro al
Governo centrale. Possiamo comunque definire l’assetto
istituzionale spagnolo come un “regionalismo asimmetrico”,
dove non tutte le comunità autonome godono di eguali
prerogative. Se lo Statuto del 2006 (che ha sostituito quello
del ’79, dopo gli anni di oppressione centralista franchista)
ha aumentato la sfera di competenze catalane, non ha però
soddisfatto le aspettative di chi si attendeva un nuovo patto
fiscale modellato sul sistema dei fueros basco-navarresi. Ai
catalani non è andato giù il comportamento dei socialisti di
Zapatero, i quali, prima approvarono la richiesta di
referendum per l’indipendenza, poi, travolti dalla crisi
economica, iniziarono un’opera di allontanamento dalle spinte
centrifughe, culminato con il ricorso del PP (allora
all’opposizione) alla Corte Costituzionale (a maggioranza di
membri di nomina socialista) che di fatto, ha rigettato ogni
velleità di separarsi dalla Spagna, né ora, né mai. Ad oggi,
le minacce del Premier Rajoy, leader del PP, sull’eventuale
sospensione del Fondo de liquidez autonòmica che bloccherebbe
di fatto ogni trasferimento a Barcellona, bloccando stipendi
statali e forniture, così come il ricorrere all’art.155 della
Costituzione che prevede, in casi estremi, la sospensione di
ogni autonomia, l’invio dell’esercito ed il passaggio della
polizia regionale (Mossos d’Esquadra) sotto controllo del
Ministero degli Interni, compreso il ricorrere alle accuse di
reato di disobbedienza civile, dimostrano quanto sia grande il
timore della Spagna. Certo, con l’indipendenza catalana si
aprirebbero scenari economici forse disastrosi per il popolo
castigliano e per l’intera zona euro, e probabilmente si
aprirebbe un contenzioso sull’ingresso in UE del nuovo Stato
(dev’essere avvallato da tutti gli Stati membri, tra cui anche
Madrid) così come per ciò che riguarda la qualifica di membro
di altre organizzazione internazionali tra cui la Nato, ma la
domanda che mi sorge è questa: è mai possibile che ad oggi, un
popolo d’Europa (culla della “democrazia”), non abbia il
diritto di scegliere con chi e dove stare? Prigionieri di
Costituzioni figlie di antiche congiunture storiche,
sottomessi a ricatti economici dai governi centralisti,
risorse risucchiate nei vari calderoni per affrontare sfide e
crisi impreviste, omogeneizzazione culturale, enorme bacino
elettorale da cui attingere voti (proprio come fecero i
socialisti con le loro false promesse referendarie in
Catalogna). Nel nuovo scacchiere globale post sovietico,
l’Europa dovrebbe trovare la sua missione, il proprio ruolo
guida dell’Occidente in ottica di “Grandi Spazi”, di
Grossraum, superando così la crisi del modello westfaliano e
dello jus publicum europaeum, partendo proprio dalla
disgregazione inevitabile dello Stato ‘moderno’ e da una
riorganizzazione per aree omogenee economicamente e
culturalmente, da un riassetto federale dell’Europa in grado
di dare risposte più convincenti alle varie sfide del Nuovo
Millennio. La Catalogna potrà diventare così il primo
tassello, verso un’Europa libera, federale, forte e
consapevole di sé stessa, della propria identità e delle
proprie radici, oggi più che mai messe a rischio della
modernità e dalla sua “figliastra”: la globalizzazione.
“Il lato oscuro dell’indipendentismo”
di Andrea Di Nino
Il progetto del presidente catalano Artur Mas è stato chiaro
fin da subito. Anzi, no. Il partito di cui è leader da più di
dieci anni, Convergència i Unió, ha sempre mantenuto una linea
sì identitaria, sì nazionalista, ma mai secessionista. Al
punto che lo storico leader catalano Jordi Pujol, che con CiU
ha governato la Generalitat dal 1980 al 2003 (!), ha fatto
parte dal 1996 al 2000 della coalizione del premier spagnolo
di centrodestra Aznar, che dell’unità nazionale ha sempre
fatto uno dei fondamenti della sua azione politica e che
proprio in queste settimane tuona contro ogni ipotesi
scissionistica.
Le principali motivazioni addotte da Mas alle sue mire
separatiste -oltre a quelle che culturalmente dividerebbero la
tradizione catalana da quella castigliana e spagnola- sono
soprattutto di stampo economico: la Catalogna è una delle
comunità autonome più ricche, dinamiche e produttive della
Spagna, e si accusa Madrid di essere troppo rigida nel
prelievo fiscale dalle tasche dei catalani. Prelievo fiscale
che poi non fa -a detta di CiU- quasi mai ritorno sul
territorio sotto forma di investimenti pubblici.
I detrattori, molti dei quali tra l’altro catalani, accusano
invece Mas di usare l’indipendenza come fantoccio per
distrarre l’opinione pubblica dall’ondata di scandali e
inchieste che ha travolto la “cupola” catalana, con lui e
proprio la famiglia Pujol in testa, che dovranno
rispondere di numerose accuse di corruzione e peculato.
E’ evidente come la Spagna, a seguito della grave e non ancora
smaltita crisi economica del 2008, risulti oggi un Paese con
spinte centrifughe rispetto ai valori fondanti della propria
democrazia, ovvero il bipartitismo che da sempre la
caratterizza e la stabilità delle istituzioni che risalgono
alla costituzione del 1978. Queste spinte hanno gonfiato
praticamente dal nulla l’impeto di movimenti di protesta
(ricordate gli Indignados?) che mirano a un cambiamento
radicale, mettendo in discussione i dettami costituzionali,
alla cui redazione hanno partecipato i rappresentanti di tutto
il popolo spagnolo e che mediante il voto democratico sono
stati approvati.
In Spagna si parla da anni di crisi della monarchia e di crisi
della forma di stato, un regionalismo asimmetrico che
garantisce ampie libertà di negoziazione bilaterale a tutte le
comunità autonome – e di cui la stessa Catalogna beneficia
ampiamente. La verità è che però l’effettivo minimo comune
multiplo della protesta sono la disoccupazione, il disagio
sociale, la sfiducia nei confronti della politica. In una
parola, il malcontento.
Negli anni ruggenti della Spagna, una quindicina d’anni a
cavallo del 2000, mai infatti si erano messi in discussione i
pilastri su cui poggiava la convivenza del Paese: la
monarchia, il bipartitismo, le realtà autonome locali. Anzi,
lo stesso re Juan Carlos era ritenuto il simbolo di una
nazione finalmente pacificata e che non doveva più guardare i
partner europei dal basso. Un Paese finalmente normale.
Il malcontento, si sa, ha mille sfaccettature, e in virtù del
suo carattere meramente negativo e distruttivo risulta
facilmente manipolabile: Mas è stato astuto a dirottare quello
dei catalani non sulla sua famiglia politica, ma sulle
istutizioni di Madrid. A dimostrazione del fatto che
l’indipendenza non risulti una priorità per i catalani vi sono
i numeri delle ultime elezioni locali, trasformate in un
referendum per l’indipendenza dallo stesso Mas: i
partiti indipendentisti non hanno raggiunto nemmeno il 50%, e
l’attuale presidente in funzione non riesce a trovare una
maggioranza parlamentare tale da ottenere la fiducia
necessaria a governare. E dire che Mas le sta tentando tutte,
liquefando il proprio partito e svendendo posti di potere agli
estremisti di sinistra della CUP, che però al momento non
sembrano acconsentire alla riproposizione della
sua
leadership, lasciando la comunità autonoma in uno stallo
pericoloso, che rischia di riportarla al voto per la quarta
volta negli ultimi cinque anni.
Il risultato è una Catalogna
divisa
socialmente
e
politicamente, incapace di darsi un governo e un presidente.
La prospettiva di una secessione unilaterale dalla Spagna -e
quindi dall’Europa, dall’€uro, dalla Nato e dai restanti
organismi internazionali- spaventa molti catalani; Mas, di
fatto, viola la legge sostenendo di non voler rispettare lo
stop impostogli dal tribunale costituzionale: una situazione
tesa è quanto di meglio possa ottenere per radicalizzare il
dibattito e tentare di portare anche i catalani più moderati
con sé. Ma è quanto di peggio possa ottenere la Catalogna,
che, senza i fondi di Madrid, domani non sarebbe in grado di
pagare autonomamente i propri dipendenti in settori chiave
come l’amministrazione pubblica e la sanità. Di fatto la
Generalitat è in default, e forse le inchieste su Pujol e Mas
sapranno dirci di più in merito.
Di certo, nelle attuali situazioni finanziarie non sembra
realistico aspirare a maggiori spazi
di autonomia, anzi, c’è il rischio che del governo centrale ci
sia ancor
più bisogno. E inoltre: quanto costerebbe ai catalani, in
termini temporali, economici e politici, ristipulare ogni
singolo contratto e trattato internazionale? Soprattutto
considerando che non è affatto scontato -anzi- il
riconoscimento di un nuovo stato catalano da parte di
numerosissimi Paesi che subiscono a loro volta spinte
autonomiste al loro interno. Si pensi -solo per citare esempi
europei- a Francia, Belgio, Germania, Russia, Regno Unito e
alla stessa Italia.
Nell’Europa dell’inclusione e delle opportunità per tutti,
delle differenze e dell’arricchimento reciproco, dell’Erasmus
e della libera circolazione, rivendicazioni autonomiste paiono
forse fuori dal nostro tempo: anche culturalmente, la
diversità altro non può che arricchire quello che è il
variegato ecosistema spagnolo. Le culture devono completarsi e
valorizzarsi in modo armonico, non conflittuale, altrimenti
smettono di essere culture e diventano esasperati etnicismi,
diventano rivendicazioni politiche che non rappresentano
nessuno se non chi le scandisce. Anche perché, a livello
strettamente logico, “c’è sempre qualcuno più puro, che ti
epura”: in politica non si sa mai, un giorno Girona potrebbe
chiedere la separazione da Barcellona. E allora Mas come
potrebbe obiettare?