le pmi e la sfida della internazionalizzazione
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LE PMI E LA SFIDA DELLA INTERNAZIONALIZZAZIONE Analisi e proposte di policy A cura del Centro Studi CNA Il rapporto nasce da una collaborazione tra il Centro Studi CNA e il Centro TeDIS VIU (Venice International University). Coordinamento del Rapporto Claudio Giovine (CNA), Stefano Micelli (Università Ca’ Foscari, TeDIS VIU) Gruppo di ricerca Marina Chiarvesio (TeDIS VIU), Luca De Pietro (TeDIS VIU), Antonio Murzi (Centro Studi CNA) INDICE Prefazione CAPITOLO 1 Un riesame del contributo alle esportazioni da parte delle PMI e l’impatto della crisi del 2009 1 Sommario 3 1. Introduzione 4 2. Struttura e competitività delle imprese esportatrici prima della crisi 4 3. Un’analisi settoriale 7 4. Le imprese esportatrici dopo la crisi 9 5. Il contributo dei settori dei servizi alle esportazioni e i mercati di sbocco 14 6. Le PMI guidano il recupero delle esportazioni nel 2010 7. Indicazioni di policy 15 16 CAPITOLO 2 L’apertura internazionale e i fattori di competitività delle PMI Sommario 19 21 1. L’apertura commerciale: export e canali distributivi 2. La produzione internazionale 22 25 3. La segmentazione delle imprese in base alla apertura internazionale 28 Appendice metodologica 31 CAPITOLO 3 Politiche a sostegno dell’internazionalizzazione delle PMI 35 1. Introduzione 37 2. Politiche a sostegno dei fattori abilitanti ai processi di internazionalizzazione 3. Nuove forme di promozione del Made in Italy 39 42 4. Consolidamento della crescita internazionale Delle PMI 5. Principi guida e implementazione delle politiche 44 46 Prefazione Il ruolo delle PMI sui mercati esteri è stato spesso sottostimato sia in termini di contributo all’export nazionale sia per quanto concerne l’effettivo radicamento a livello internazionale. In realtà le PMI italiane esprimono oggi una forte proiezione internazionale e non si sottraggono alle sfide competitive imposte dalla globalizzazione. Questo percorso ha preso forma negli ultimi anni anche senza poter contare pienamente su di un efficiente sistema di accompagnamento del soggetto pubblico. Siamo convinti che l’uscita dell’economia italiana dalla crisi in atto passerà anche attraverso l’accrescimento del numero di piccole e medie imprese presenti sui mercati internazionali e del fatturato realizzato all’estero. La ricerca che presentiamo, realizzata dal Centro Studi CNA in collaborazione con il Centro TeDIS VIU, nasce con l’intento di accrescere la consapevolezza circa il potenziale ancora inespresso delle PMI sui mercati esteri. Si tratta di una iniziativa che, speriamo, possa orientare le scelte della politica nella fase di rivisitazione del nuovo sistema di promozione e di accompagnamento delle imprese all’estero. L’obiettivo è il rafforzamento della posizione competitiva delle imprese attraverso strumenti innovativi adeguati alle effettive necessità dei processi di internazionalizzazione. PMI e Internazionalizzazione CAPITOLO 1 Un riesame del contributo alle esportazioni da parte delle PMI e l’impatto della crisi del 2009 Centro Studi CNA 1 PMI e Internazionalizzazione 2 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione Sommario Nel dibattito sul declino economico dell’Italia sono stati analizzati ampiamente i vantaggi e gli svantaggi della piccola dimensione delle imprese esportatrici. Secondo l’opinione prevalente sembrerebbe che i secondi tendano a prevalere e le piccole imprese, preponderanti nel nostro sistema produttivo, risulterebbero le meno attrezzate a fronteggiare le sfide dell’internazionalizzazione e della competizione globale. L’analisi qui presentata fa emergere un quadro diverso. Nel 2008, prima che la più grave recessione dal secondo dopoguerra colpisse l’economia globale determinando una caduta verticale dell’interscambio commerciale, il contributo alle esportazioni proveniente dalle imprese piccole e medie era pari al cinquanta percento del totale e, nonostante la limitata incidenza delle esportazioni rispetto al fatturato totale, le PMI presentavano una proiezione internazionale (misurata in termini di quote di imprese esportatrici e di esportazioni all’interno delle classi dimensionali di appartenenza) che, soprattutto nel caso delle imprese con almeno dieci dipendenti, appare notevole. Anche la distanza geografica dei mercati di sbocco non sembra costituire un vincolo insuperabile per le PMI. Queste, infatti, prima e dopo la crisi, si trovano ad operare anche in mercati extra-europei con quote di export simili a quelle realizzate dalle imprese medio-grandi (è il caso dell’Oceania) e talvolta maggiori (paesi europei non Ue, Asia orientale, Medio Oriente, Africa). Infine i dati Istat segnalano che tra le imprese esportatrici, quelle più piccole hanno pagato il prezzo più alto alla recessione globale del 2009. Basti dire che tra il 2008 e 2009 il numero di micro-imprese esportatrici si è ridotto di quasi 30 punti percentuali, una variazione che equivale a una riduzione di oltre 13mila unità. Le micro-imprese che hanno resistito alla crisi (e che hanno continuato quindi ad operare sui mercati esteri) sono però quelle che meglio delle altre hanno contenuto la caduta delle esportazioni. I dati sembrano indicare che proprio la piccola dimensione ha permesso loro una maggiore flessibilità, intesa come abilità nell’inseguire i mutamenti della composizione geografica della domanda mondiale. Infatti, le microimprese sono quelle che, pur avendo patito in maniera più accentuata gli effetti della crisi del biennio 2008-2009, successivamente hanno saputo approfittare al meglio della ripresa del commercio mondiale e, a fine 2010, hanno recuperato per prime i livelli di export pre-crisi. Centro Studi CNA 3 PMI e Internazionalizzazione 1. Introduzione Quando si esamina l’andamento della quota di export dell’Italia, diminuita negli ultimi anni anche a causa dell’ingresso sulla scena mondiale di nuove potenze economiche capaci di competere con significativi vantaggi di costo nei settori produttivi in cui il nostro paese è maggiormente specializzato, emergono ciclicamente dubbi sulla possibilità delle PMI di sostenere le sfide della concorrenza internazionale. Nel dibattito sul declino economico dell’Italia, tanto in voga negli ultimi anni, sono stati analizzati ampiamente i vantaggi e gli svantaggi della piccola dimensione delle imprese esportatrici. Tra i vantaggi della piccola dimensione vi è sicuramente la flessibilità, intesa come abilità nell’inseguire i mutamenti della composizione geografica della domanda mondiale. Tra gli svantaggi vi è invece la scarsa capacità a insediarsi stabilmente sui mercati, accentuata dal fatto che solo negli ultimi anni le PMI hanno intrapreso strategie di internazionalizzazione più mature che prevedono anche la presenza diretta sui mercati con proprie attività produttive e reti distributive. Secondo l’opinione prevalente sembrerebbe che, pesando i vantaggi e gli svantaggi della piccola dimensione, i secondi tendano a prevalere: le piccole imprese, preponderanti nel nostro sistema produttivo, appaiono le meno attrezzate a fronteggiare le sfide dell’internazionalizzazione. In realtà il contributo delle PMI all’export è sottovalutato e la loro capacità di operare nei mercati esteri è tutt’altro che trascurabile come emerge dalle elaborazioni commentate nei paragrafi che seguono. 2. Struttura e competitività delle imprese esportatici manifatturiere prima della crisi. Normalmente, la capacità delle piccole imprese di competere sui mercati internazionali è misurata considerando la quota delle esportazioni sul fatturato 4 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione totale. Questo indicatore, calcolato sulla totalità delle imprese (imprese esportatrici e non), era pari ad appena l’7,7% nel 2009 per le micro-imprese (che sono l’83,3% dell’intero sistema produttivo manifatturiero) e cresce con la dimensione delle imprese (tavola 1). Solo le imprese di dimensione media e grande (ovvero con almeno 50 addetti) realizzano quote di export sul fatturato totale superiori alla media. Si tratta di una evidenza che da sola dimostrerebbe l’inadeguatezza delle imprese minori a competere sui mercati esteri. Tav. 1 - Alcuni aggregati e indicatori economici delle imprese manifatturiere esportatrici e non esportatrici di beni, per classe di addetti - Anno 2008 (*) TIPO DI IMPRESA CLASSI DI ADDETTI Imprese esportatrici 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale Imprese non esportatrici 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale Dimensione media dell'impresa (a) Imprese Addetti . Fatturato (mln Euro) Quota delle esportazioni sul fatturato (valori percentuali) 44.805 23.144 16.014 8.671 1.346 93.980 4,5 13,7 30,8 98,1 729,9 30,3 201.242 317.374 492.526 850.941 982.473 2.844.556 36.666 63.891 109.015 244.746 378.924 833.242 20,5 24,6 29,4 36,8 38,4 34,9 329.127 27.252 8.237 1.082 50 365.748 2,6 13,2 28,6 86,1 416,4 4,3 853.728 359.552 235.410 93.182 20.819 1.562.691 60.401 36.053 28.595 16.155 4.645 145.849 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Totale 0-9 373.932 2,8 1.054.970 97.067 10-19 50.396 13,4 676.926 99.945 20-49 24.251 30,0 727.936 137.610 50-249 9.753 96,8 944.123 260.900 250 e oltre 1.396 718,7 1.003.292 383.569 Totale 459.728 9,6 4.407.247 979.091 (*) Elaborazione effettuata combinando i dati strutturali sulle imprese con i dati del commercio estero sull'esportazione di beni (a) Rapporto tra numero di addetti e numero di imprese. 7,7 15,7 23,3 34,5 37,9 29,7 Fonte: elaborazioni su dati Istat In realtà questa lettura dei dati è superficiale e non esaustiva. Bisogna considerare infatti che per la maggior parte delle micro-imprese (imprese con meno di dieci addetti), che hanno una dimensione media di 2,8 addetti, i Centro Studi CNA 5 PMI e Internazionalizzazione mercati locali rappresentano il naturale sbocco delle loro produzioni. Chiarita questa circostanza, il fatto che nel 2008 il dodici percento delle micro-imprese erano in ogni caso imprese esportatrici e realizzavano sui mercati esteri il 20,5% del loro fatturato complessivo è un dato non trascurabile (tavola 2). Tav. 2 - Alcuni aggregati e indicatori economici delle imprese manifatturiere esportatrici di beni, per classe di addetti - Anno 2008 (*) Imprese TIPO DI IMPRESA Fatturato (mln Euro) CLASSI DI ADDETTI Imprese esportatrici 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale Incidenza imprese esportatricirispetto ai totali di classe 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale Fatturato da esportazioni (mln Euro) 44.805 23.144 16.014 8.671 1.346 93.980 36.666 63.891 109.015 244.746 378.924 833.242 7.522 15.699 32.017 90.121 145.519 290.877 12,0 45,9 66,0 88,9 96,4 20,4 37,8 63,9 79,2 93,8 98,8 85,1 20,5 24,6 29,4 36,8 38,4 34,9 Contributo all'export totale (valori percentuali ) 2,6 5,4 11,0 31,0 50,0 100,0 Incidenza imprese esportatrici rispetto al totale imprese 0-9 9,7 3,7 7,7 10-19 5,0 6,5 15,7 20-49 3,5 11,1 23,3 50-249 1,9 25,0 34,5 250 e oltre 0,3 38,7 37,9 Totale 20,4 85,1 29,7 (*) Elaborazione effettuata combinando i dati strutturali sulle imprese con i dati del commercio estero sull'esportazione di beni Fonte: elaborazioni su dati Istat I risultati appaiono addirittura sorprendenti se l’attenzione viene rivolta alle piccole imprese (imprese con più di 10 addetti): nel segmento tra 10 e 19 addetti quasi il 46 percento opera sui mercati esteri; in quello con un numero di addetti compreso tra le 20 e le 49 unità, esse sono addirittura il 66,0%. E in entrambi i casi, la quota di fatturato realizzato all’estero appare molto 6 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione significativa alla luce della dimensione media delle imprese considerate: essa è pari al 24,6% e al 29,4% rispettivamente per le imprese con un numero di addetti compresi tra le 10 e le 19 unità (dimensione media di impresa 13,2 addetti) e le 20 e le 49 unità (dimensione media di impresa 28,6 addetti). In definitiva la capacità esportativa delle imprese di dimensione ridotta è tutt’altro che trascurabile. Basti dire che il contributo delle PMI (imprese con meno di 249 addetti) all’export complessivo della nostra economia è pari al 50% del totale e si riduce di soli 2,6 punti percentuali se si escludono le microimprese. Si tratta dunque di un sistema (quello delle PMI) fortemente orientato all’esportazioni e che non si è sottratto alle sfide competitive imposte dalla globalizzazione. 3. Un’analisi settoriale Appurato che, complessivamente il contributo delle PMI all’export nazionale è pari al 50%, in molti comparti manifatturieri questa quota supera abbondantemente i sessanta punti percentuali. È il caso della maggior parte dei settori tradizionali (alimentare, tessile, legno e stampa ed editoria) e di altri settori a più alto contenuto tecnologico come la fabbricazione di gomma e materie plastiche (62,3%), fabbricazione di prodotti in metallo (76,8% del totale), la meccanica (57,1%). È interessante osservare che i comparti nei quali, di converso, il peso delle PMI è residuale (fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione di petrolio, farmaceutica, metallurgia, autoveicoli e altri mezzi di trasporto) sono quelli che, per la natura stessa dei processi produttivi, operano in condizioni di concorrenza attenuata o prossime al monopolio naturale. Al netto di questi comparti, il contributo delle PMI all’export complessivo del nostro paese cresce di oltre dieci punti percentuali raggiungendo la quota del 60,8% (tavola 3). Centro Studi CNA 7 PMI e Internazionalizzazione Tav.3 - Imprese esportatrici: fatturato da esportazioni nei comparti manifatturieri e composizione per classi dimensionali - Anno 2008 0-9 10-19 20-49 0-49 50-249 250 e oltre Totale 5,2 4,0 5,9 15,1 14,1 15,4 25,1 34,5 37,7 34,2 37,2 31,3 100,0 100,0 12.946,6 8.433,3 3,1 15,5 9,4 12,5 16,5 17,0 29,0 44,9 24,1 28,6 46,9 26,5 100,0 100,0 12.635,6 12.794,6 16 - Industria del legno e dei prodotti in legno e sughero (esclusi i mobili) 17 - Fabbricazione di carta e di prodotti di carta 18 - Stampa e riproduzione di supporti registrati 19 - Fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio 20 - Fabbricazione di prodotti chimici 5,1 0,7 1,3 0,0 0,8 6,5 4,2 3,7 0,0 2,4 27,0 10,0 35,7 0,4 10,7 38,6 14,9 40,7 0,4 13,9 44,9 36,5 28,1 3,5 40,0 16,5 48,6 31,1 96,1 46,1 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 1.751,8 4.851,3 1.939,8 11.637,1 15.156,7 21 - Fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e di preparati farmaceutici 22 - Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche 0,0 1,9 0,1 3,5 1,1 13,1 1,2 18,5 15,0 43,8 83,7 37,7 100,0 100,0 7.859,8 12.782,0 23 - Fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 24 - Metallurgia 25 - Fabbricazione di prodotti in metallo (esclusi macchinari e attrezzature) 2,7 0,7 1,8 11,0 1,3 8,5 11,3 4,2 17,8 25,0 6,2 28,2 30,6 30,5 48,7 44,4 63,3 23,2 100,0 100,0 100,0 8.425,5 22.030,2 20.994,7 26 - Fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica; apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi 1,3 3,5 10,2 15,0 33,1 51,9 100,0 8.592,8 27 - Fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche 28 - Fabbricazione di macchinari ed apparecchiature nca 29 - Fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi 30 - Fabbricazione di altri mezzi di trasporto 31 - Fabbricazione di mobili 32 - Altre industrie manifatturiere 0,7 2,6 0,3 0,7 3,8 4,7 2,7 5,3 0,5 1,9 11,4 10,0 9,2 12,7 2,8 2,7 17,5 17,6 12,6 20,6 3,5 5,3 32,7 32,3 31,4 36,5 9,5 13,6 39,8 34,1 56,0 42,9 87,0 81,0 27,5 33,5 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 16.245,2 56.737,0 24.611,4 10.297,9 8.131,0 7.129,7 31,5 5,4 7,0 17,2 11,0 14,0 60,4 19,0 24,4 34,2 31,0 36,4 5,4 50,0 39,2 100,0 100,0 100,0 1.505,2 290.877,3 214.440,8 10 - Industrie alimentari 13 - Industrie tessili 14 - Confezione di articoli di abbigliamento; confezione di articoli in pelle e pelliccia 15 - Fabbricazione di articoli in pelle e simili 33 - Riparazione, manutenzione ed installazione di macchine ed apparecchiature Totale attività manifatturiere Attività manifatturiere al netto dei comparti 19,21,24,29,30 11,7 2,6 3,4 Fonte: elaborazioni su dati Istat - Struttura e competitività del sistema delle imprese industriali e dei servizi 8 Fatturato da Esportazioni (Mln di euro) Settore Ateco Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione 4. Le imprese esportatrici dopo la crisi L’analisi fin qui effettuata mostra come fino al 2008 la capacità esportativa delle imprese manifatturiere di dimensione ridotta era tutt’altro che trascurabile. I dati sulla struttura e la competitività delle imprese italiane rilasciati recentemente dall’Istat rendono evidente come nel 2009 sul sistema produttivo manifatturiero italiano, considerato nel suo complesso, abbia agito pesantemente la recessione globale. Questa ha determinato una riduzione sia nel numero delle imprese (-4,5%), sia dell’occupazione (-5,4% degli addetti), sia, ancora, del fatturato (–20,0%). Rispetto ai dati riferiti alla totalità delle imprese manifatturiere, dall’analisi per dimensione di impresa risulta che, nonostante le apparenze, le piccole imprese (e in particolar modo quelle micro) hanno patito in maniera particolar modo l’ondata recessiva e la drastica riduzione degli scambi commerciali. Passata la crisi esse sono però state in grado di riagganciare più prontamente la timida ripresa e, come risulterà chiaro nel seguito della trattazione (vedi paragrafo 6), di recuperare i livelli di export pre-crisi più prontamente delle imprese più strutturate. L’impatto della crisi sulle diverse classi dimensionali non emerge chiaramente da una prima lettura dei dati, dalla quale sembrerebbe infatti che a) le micro-imprese hanno retto meglio l’impatto della crisi registrando diminuzioni che, soprattutto nel caso del fatturato (-12,6%) risultano ampiamente più contenute rispetto a quelle complessive; b) le imprese piccole ma non micro (numero di addetti compreso tra le 10 e le 49 unità) hanno registrato diminuzioni maggiori sia in termini di numero di imprese che di occupazione; c) le imprese esportatrici hanno patito maggiormente la caduta dell’attività economica rispetto alle imprese non esportatrici. d) tra le imprese esportatrici la crisi ha letteralmente falcidiato quelle micro (0-9 addetti) diminuendo il loro numero di circa trenta punti percentuali tra il 2008 e il 2009 Centro Studi CNA 9 PMI e Internazionalizzazione Tav. 4 -L'Impatto della crisi del 2009 sulle imprese manifatturiere italiane (*) Imprese (numero) 2008 Imprese esportatrici 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale Imprese non esportatrici 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale Totale 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale Addetti (numero) 2009 2008 2009 2008 Dimensione media dell'impresa (a) 2009 2008 2009 44.805 23.144 16.014 8.671 1.346 93.980 31.457 19.941 15.173 8.092 1.312 75.975 201.242 317.374 492.526 850.941 982.473 2.844.556 166.539 272.923 468.437 798.886 945.896 2.652.681 36.666 63.891 109.015 244.746 378.924 833.242 28.724 47.979 89.643 191.210 296.408 653.965 4,5 13,7 30,8 98,1 729,9 30,3 5,3 13,7 30,9 98,7 721,0 34,9 329.127 27.252 8.237 1.082 50 365.748 328.315 26.473 7.100 1.215 35 363.138 853.728 359.552 235.410 93.182 20.819 1.562.691 849.630 347.759 200.801 103.388 14.702 1.516.280 60.401 36.053 28.595 16.155 4.645 145.849 56.124 31.771 22.914 16.033 2.632 129.474 2,6 13,2 28,6 86,1 416,4 4,3 2,6 13,1 28,3 85,1 420,1 4,2 373.932 50.396 24.251 9.753 1.396 459.728 359.772 46.414 22.273 9.307 1.347 439.113 1.054.970 676.926 727.936 944.123 1.003.292 4.407.247 1.016.169 620.682 669.238 902.274 960.598 4.168.961 97.067 99.945 137.610 260.900 383.569 979.091 84.849 79.750 112.557 207.243 299.040 783.439 2,8 13,4 30,0 96,8 718,7 9,6 2,8 13,4 30,0 96,9 713,1 9,5 Imprese (variazioni '09/'08) assoluta Imprese esportatrici 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale Imprese non esportatrici 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale Totale 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale Fatturato (mln Euro) % Addetti (variazioni '09/'08) assoluta % Fatturato (variazioni '09/'08) assoluta Dimensione media dell'impresa (var. '09/'08) % -13.348 -3.203 -841 -579 -34 -18.005 -29,8 -13,8 -5,3 -6,7 -2,5 -19,2 -34.703 -44.451 -24.089 -52.055 -36.577 -191.875 -17,2 -14,0 -4,9 -6,1 -3,7 -6,7 -7.942 -15.912 -19.372 -53.536 -82.516 -179.277 -21,7 -24,9 -17,8 -21,9 -21,8 -21,5 0,8 0,0 0,1 0,6 -9,0 4,6 -812 -779 -1.137 133 -15 -2.610 -0,2 -2,9 -13,8 12,3 -30,0 -0,7 -4.098 -11.793 -34.609 10.206 -6.117 -46.411 -0,5 -3,3 -14,7 11,0 -29,4 -3,0 -4.276 -4.282 -5.681 -122 -2.014 -16.375 -7,1 -11,9 -19,9 -0,8 -43,4 -11,2 0,0 -0,1 -0,3 -1,0 3,7 -0,1 -14.160 -3.982 -1.978 -446 -49 -20.615 -3,8 -7,9 -8,2 -4,6 -3,5 -4,5 -38.801 -56.244 -58.698 -41.849 -42.694 -238.286 -3,7 -8,3 -8,1 -4,4 -4,3 -5,4 -12.218 -20.195 -25.052 -53.657 -84.529 -195.652 -12,6 -20,2 -18,2 -20,6 -22,0 -20,0 0,0 -0,1 0,0 0,1 -5,6 -0,1 (*) Elaborazioni effettuata combinando i dati strutturali sulle imprese con i dati del commercio estero sull'esportazioni di beni (a) Rapporto tra numero di addetti e numero di imprese Fonte: elaborazioni su dati Istat 10 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione Riguardo ai quattro punti appena elencati, la realtà dei fatti è, probabilmente, più complessa di quella che emerge brutalmente dai dati. A dispetto di quanto detto al punto a), è ragionevole pensare che le microimprese hanno patito gli effetti della crisi in misura uguale (o maggiore) delle imprese più grandi. La minore diminuzione percentuale di imprese è stata determinata dall’elevato ricambio, tra le imprese cessate e quelle neonate, che caratterizza questa classe dimensionale. Inoltre, a mitigare la riduzione del numero di imprese micro hanno contribuito anche le forti perdite occupazionali tra le piccole imprese con almeno dieci dipendenti nel 2008 (vedi punto b) che, riducendone la dimensione media, nel 2009 ne ha fatte scivolare molte all’interno del segmento 0-9 addetti Anche tra le imprese esportatrici hanno operato effetti di ricomposizione della struttura produttiva che, se considerati correttamente, fanno emergere uno stato di cose diverso rispetto alle evidenze di cui ai punti c) e d). È sicuramente sbagliato pensare che 18mila imprese che nel 2008 operavano sui mercati internazionali siano state tutte spazzate via dall’ondata recessiva. Gran parte di esse ha continuato a operare ma non all’estero. Prova ne è che la diminuzione del numero delle imprese non esportatrici appare molto contenuta (-0,7% a prescindere dalla dimensione) proprio per l’operare di un effetto ricomposizione della struttura produttiva (passaggio di imprese esportatrici nel 2008 nella classe delle imprese non esportatrici). Le considerazioni appena effettuate appaiono vere soprattutto per le microimprese esportatrici il cui numero si riduce drasticamente tra il 2008 e il 2009. Di fatto, a differenza da quanto sembrerebbe emergere confrontando il dato 2009 con quello dell’anno precedente, la crisi non ha eliminato circa un terzo delle micro-imprese esportatrici riducendo lo stock del 2008 di ben 13.348 unità. Molte micro-imprese hanno chiuso ma molte altre, pur continuando ad operare, si sono solamente ritirate dai mercati esteri. Si tratta con ogni probabilità di quelle imprese la cui attività all’estero già nel 2008 era poco consolidata. A conferma di questa osservazione, giova osservare che tra il 2008 e il 2009 la dimensione media delle micro-imprese esportatrici aumenta (per effetto dell’uscita dai mercati esteri delle micro-imprese meno strutturate) ed è accompagnata sia dall’aumento dell’incidenza delle esportazioni sul fatturato Centro Studi CNA 11 PMI e Internazionalizzazione totale (dal 20,5% al 23,8%) delle micro-imprese che anche nel 2009 hanno esportato, sia dalla crescita del loro contributo all’export complessivo. Tav. 5 - Le imprese manifatturiere esportatrici tra il 2008 e il 2009 Fatturato da esportazioni (mln Euro) Imprese (numero) 2008 Classi dimensionali 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale 44.805 23.144 16.014 8.671 1.346 93.980 2009 31.457 19.941 15.173 8.092 1.312 75.975 Imprese (variazioni) assoluta Classi dimensionali 0-9 10-19 20-49 50-249 250 e oltre Totale -13.348 -3.203 -841 -579 -34 -18.005 % -29,8 -13,8 -5,3 -6,7 -2,5 -19,2 2008 7.522 15.699 32.017 90.121 145.519 290.877 2009 6.848 11.915 26.783 68.339 113.766 227.651 -674 -3.784 -5.233 -21.782 -31.753 -63.226 Contributo all'export totale (valori % ) 2008 2008 2009 20,5 24,6 29,4 36,8 38,4 34,9 23,8 24,8 29,9 35,7 38,4 34,8 2009 2,6 5,4 11,0 31,0 50,0 100,0 3,0 5,2 11,8 30,0 50,0 100,0 Incidenza imprese esportatrici rispetto ai totali di classe (valori %) 2008 2009 12,0 45,9 66,0 88,9 96,4 20,4 8,7 43,0 68,1 86,9 97,4 17,3 Incidenza export su fatturato totale (valori % ) Contributo all'export totale (variazioni ) Incidenza imprese esportatrici rispetto ai totali di classe (variazioni) % % % % -9,0 -24,1 -16,3 -24,2 -21,8 -21,7 3,3 0,3 0,5 -1,1 0,0 -0,1 0,4 -0,2 0,8 -1,0 -0,1 0,0 -3,2 -3,0 2,1 -2,0 1,0 -3,1 Fatturato da esportazioni (variazioni) assoluta Incidenza export su fatturato totale (valori % ) Fonte: elaborazioni su dati Istat Altre interessanti valutazioni sul modo in cui la crisi del 2009 ha colpito il sistema delle imprese esportatrici manifatturiere sono possibili effettuando un’analisi per settori produttivi dalla quale emerge sostanziante che, al netto dei settori che operano in condizioni prossime al monopolio naturale e che vedono protagoniste le grandi imprese, la diminuzione delle vendite all’estero appare più contenuta (-18,8% rispetto a –21,7%) a evidenza del fatto che i settori in cui le PMI sono preponderanti hanno frenato la caduta complessiva dell’export nazionale. E in effetti i settori in cui si riscontrano le contrazioni più marcate delle esportazioni sono la raffinazione di petrolio (-56,8%), la metallurgia (-39,7%) e dell’automotive (-30,6%), ovvero ambiti produttivi nei quali il peso delle grandi imprese non è mai inferiore ai sessanta punti percentuali. 12 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione Tav. 6 - Imprese esportatrici: fatturato da esportazioni nei comparti manifatturieri e composizione per classi dimensionali (Anno 2009) e variazione % 2009-2008 20-49 7,9 8,4 6,3 4,4 3,7 2,4 1,4 0,5 0,0 0,9 0,1 1,1 2,3 0,7 2,8 5,1 8,1 8,6 7,3 9,3 12,3 6,2 4,9 0,2 3,9 0,1 4,9 5,3 1,0 6,0 13,4 19,0 23,5 15,7 24,1 28,9 9,1 7,8 n.d 8,6 1,4 16,8 12,0 6,8 21,8 26,4 35,5 38,4 27,4 37,1 43,5 16,7 13,1 n.d 13,5 1,6 22,8 19,5 8,4 30,6 33,4 37,5 30,4 24,4 31,4 41,4 32,2 50,7 6,8 42,2 13,3 39,5 32,9 30,3 44,8 40,2 26,9 31,2 48,2 31,6 15,0 51,1 36,2 n.d 44,4 85,1 37,7 47,5 61,3 24,6 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 12.786.370 3.536.000 7.050.174 9.383.304 9.191.394 1.283.946 4.452.493 1.314.143 5.031.229 11.691.798 10.237.646 10.195.365 6.269.204 13.276.654 15.554.170 -1,2 n.d -16,4 -25,7 -28,2 -26,7 -8,2 -32,3 -56,8 -22,9 30,3 -20,2 -25,6 -39,7 -25,9 26 - Fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica; apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi 1,7 3,6 8,7 14,0 30,0 56,0 100,0 6.920.520 -19,5 3,1 7,9 1,0 2,5 12,5 7,4 4,6 5,2 6,1 10,5 11,7 2,6 3,3 21,6 10,9 15,5 11,8 12,9 14,8 22,0 4,0 6,5 36,4 42,8 22,7 20,0 22,5 29,7 34,9 10,5 9,8 36,6 27,0 53,6 30,0 32,6 55,5 43,1 85,5 83,7 27,1 30,2 23,7 50,0 44,8 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 13.594.990 44.643.461 17.077.200 10.208.519 6.275.686 6.738.232 928.878 227.651.022 174.220.321 -16,3 -21,3 -30,6 -0,9 -22,8 -5,5 -38,3 -21,7 -18,8 1,2 2,5 0,5 0,6 2,3 24,5 2,6 3,0 3,6 Fonte: elaborazioni su dati Istat - Struttura e competitività delle imprese industriali e dei servizi 28 - Fabbricazione di macchinari ed apparecchiature nca 29 - Fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi 30 - Fabbricazione di altri mezzi di trasporto 31 - Fabbricazione di mobili 32 - Altre industrie manifatturiere 33 - Riparazione, manutenzione ed installazione di macchine ed apparecchiature C - Attività manifatturiere Attività Manifatturiere al netto dei comparti 19, 21, 24, 29, 30 Centro Studi CNA 50-249 250 e oltre Totale var.% 2009-2008 10-19 27 - Fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche 0-49 Fatturato da esportazioni 0-9 Settore Ateco 10 - Industrie alimentari 11 - Industria delle bevande 13 - Industrie tessili 14 - Confezione di articoli di abbigliamento, di articoli in pelle e pelliccia 15 - Fabbricazione di articoli in pelle e simili 16 - Industria del legno e dei prodotti in legno e sughero (esclusi i mobili) 17 - Fabbricazione di carta e di prodotti di carta 18 - Stampa e riproduzione di supporti registrati 19 - Fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio 20 - Fabbricazione di prodotti chimici 21 - Fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici 22 - Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche 23 - Fabbricazione di altri prodotti della lavoraz. di minerali non metalliferi 24 - Metallurgia 25 - Fabbricazione di prodotti in metallo (esclusi macchinari e attrezzature) 13 PMI e Internazionalizzazione 5. Il contributo dei settori dei servizi alle esportazioni e i mercati di sbocco Nei precedenti paragrafi si è parlato solo di manifattura, sia quando si è illustrata la struttura delle esportazioni nel 2008 sia quando si è considerato il cruciale passaggio tra il 2008 e il 2009. Il contributo all’export delle piccole imprese appare ancor più rilevante se si considerano anche quelle dei settori dei servizi (commercio e altri servizi) che svolgono attività di esportazione e che complessivamente rappresentano il 17,6% degli operatori commerciali italiani1. La tavola 7 chiarisce infatti che in questo caso nel 2009, dopo la crisi globale, il contributo delle PMI all’esportazioni complessive era prossimo ai 54%, quattro punti percentuali in più rispetto al caso in cui si considerano solo le imprese manifatturiere. Tav.7 - Esportazioni per classe di addetti e attività economica - Anno 2009 Settore 1-9 Attività manifatturiere 10-19 20-49 50-249 6.369 10.927 25.551 72.704 12.271 6.607 5.534 6.695 1.155 929 1.276 1.948 19.795 18.463 32.361 81.347 7,0 6,6 11,5 28,9 Fonte: elaborazioni su dati Istat - Commercio estero e attività internazionali delle imprese; ediz. 2010 Commercio Altre attività Totale composizione % per classi di addetti 250 e oltre 115.835 6.499 4.558 126.892 45,1 addetti non specificati 623 1.766 218 2.607 0,9 Totale 232.009 39.372 10.084 281.465 composizione % per classi di addetti 82,4 14,0 3,6 100,0 100,0 Altri dati da cui emerge la rilevanza della proiezione internazionale delle PMI riguardano la composizione dei mercati di sbocco. Nella tavola 8, in cui essi vengono ordinati in senso decrescente rispetto alla classe 0-49 addetti, emerge che l’Unione Europea costituisce di gran lunga la principale destinazione delle esportazioni italiane per tutti gli operatori commerciali italiani a prescindere dalla loro dimensione. Ciò che però deve essere 1 Secondo la definizione Istat, l’operatore commerciale (o operatore economico del commercio con l’estero) è il soggetto economico identificato sulla base della partita IVA che risulta avere effettuato almeno una transazione commerciale con l’estero in un periodo considerato. 14 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione evidenziato è che la distanza geografica non sembra costituire un vincolo insuperabile per le PMI. Queste, infatti, nel 2009, si trovavano ad operare anche in mercati extra-europei con quote di export simili a quelle realizzate dalle imprese medio-grandi (è il caso dell’Oceania) e talvolta maggiori (paesi europei non Ue, Asia orientale, Medio Oriente, Africa). Tav.8 - Esportazioni per classi di addetti e area geografica di destinazione delle merci - Anno 2009 1-9 10-19 20-49 0-49 50-249 Unione Europea 54,8 55,8 61,0 57,9 60,6 Paesi europei non Ue 15,8 13,0 10,9 12,8 10,8 Asia orientale 7,0 8,4 6,7 7,2 6,6 Medio Oriente 5,7 4,7 5,4 5,3 5,1 America settentrionale 4,4 5,5 5,4 5,1 6,7 Africa settentrionale 5,4 4,0 3,6 4,2 3,6 America centro-meridionale 2,5 3,1 2,7 2,7 2,8 Altri paesi africani 2,3 3,1 1,8 2,3 1,1 Asia centrale 1,4 1,4 1,4 1,4 1,6 Oceania/altri territori 0,8 1,2 1,1 1,1 1,0 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 250 e oltre 57,4 11,4 7,1 4,9 7,1 3,9 3,5 1,4 1,9 1,3 100,0 Totale 58,5 11,5 3,9 1,5 6,5 3,1 5,0 1,8 7,0 1,2 100,0 Fonte: elaborazioni su dati Istat - Commercio estero e attività internazionali delle imprese; ediz. 2010 6. Le PMI guidano il recupero recupero delle esportazioni nel 2010 Infine alcuni dati di carattere congiunturale mettono in evidenza come, passata le crisi del biennio 2008-2009, nella fase di tiepido recupero dell’attività economica iniziato nel 2010, le imprese di dimensione ridotta sono quelle che maggiormente hanno saputo agganciare il traino della ripresa del commercio mondiale riuscendo a tornare sui livelli di export pre-crisi. A questo proposito, l’Istat rileva infatti che “…l’analisi dei valori esportati per classe dimensionale delle imprese mostra che il recupero nel secondo semestre del 2010 rispetto ai valori del primo semestre 2008 è inversamente proporzionale alla dimensione media delle imprese: le micro-imprese (con 1-9 addetti, che coprono una quota estremamente ridotta dell’export manifatturiero) sperimentano un recupero completo; le grandi (250 e più addetti) si fermano all’87,4 per cento” (cfr. Istat - Rapporto Annuale 2011; pagg. 89-90). Il grafico 1 mostra che la maggiore reattività delle piccole imprese si è verificata nei mercati dell’area UE. Centro Studi CNA 15 PMI e Internazionalizzazione Graf. 1. Esportazioni delle imprese presenti nel panel per mercato di sbocco e classe di addetti - I semestre 2008-II semestre 2010 (indici I semestre 2008=100) 110 100 Area Extra Ue Area Ue 105 102,9 100,7 100,0 100,0 95 89,9 90 85,5 85 83,2 81,0 80 7 71,3 75 70 85,5 78,3 70,7 65 60 I sem. II sem. I sem. 2008 1-9 addetti II sem. 2009 I sem. II sem. 2010 10-49 addetti I sem. II sem. 2008 50-249 addetti I sem. II sem. I sem. II sem. 2009 2010 250 e oltre Totale Fonte: Istat, Registro statistico delle imprese attive; Statistiche del commercio con l'estero 7 Indicazioni di policy Dall’analisi qui effettuata emerge il grande contributo alle esportazioni proveniente dalle imprese di dimensione ridotta. Queste, nonostante la limitata incidenza delle esportazioni rispetto al fatturato totale, presentano una proiezione internazionale (misurata in termini di quote di imprese esportatrici e di esportazioni all’interno delle classi dimensionali di appartenenza) che, soprattutto nel caso delle imprese con almeno dieci dipendenti, appare notevole. Il dato è confermato sia quando si considerano le sole imprese manifatturiere sia quando l’analisi è estesa all’intera platea degli operatori commerciali, che include dunque anche le imprese del commercio e quelle degli altri servizi. La presenza sui mercati internazionali appare minima per le micro-imprese che però sono quelle che meglio hanno saputo approfittare della ripresa del commercio mondiale registrando a fine 2010 livelli di export uguali a quelli pre-crisi. 16 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione In definitiva, il sistema delle PMI è fortemente orientato all’esportazione e non si è sottratto alle sfide competitive della globalizzazione, ma affronta i mercati rischiando in prima persona data l’assenza di un sistema di promozione in grado di accompagnarle verso strategie di internazionalizzazione nel selezionare mercati e interlocutori commerciali. Molto si può fare per valorizzare questo potenziale inespresso, accrescendo ulteriormente il numero delle piccole e medie imprese esportatrici e le quote di fatturato realizzate oggi sui mercati esteri, anche attraverso strumenti come la tassazione agevolata del fatturato incrementale realizzato all’estero per compensare le maggiori spese sostenute dall’impresa per la penetrazione commerciale ed accrescere la profittabilità delle operazioni all’estero. Se è vero che la crisi del 2009 per molte PMI è stata la “crisi del credito” e la “crisi delle esportazioni”; è altrettanto evidente che una rete protettiva è stata stesa solo sul versante del credito. I soggetti preposti a irrobustire quelle piccole imprese esortatrici che fino al 2008 hanno accettato - e vinto - la sfida della globalizzazione hanno invece sottovalutato il loro ruolo e la loro latitanza appare ancor più grave e colpevole nel momento stesso in cui, passata la crisi, i dati Istat ci dicono che le micro-imprese esportatrici superstiti sono state le prime a riguadagnare, nel secondo trimestre 2010, i livelli di esportazione precrisi. Sorge dunque naturale un quesito: quale sarebbe oggi la posizione competitiva delle PMI esportatrici se fosse stato realizzato un adeguato sistema di accompagnamento in grado di rafforzare la loro posizione in termini di promozione, accesso al credito, assicurazione e creazione di adeguati canali distributivi? Centro Studi CNA 17 PMI e Internazionalizzazione 18 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione CAPITOLO 2 L’apertura internazionale e i fattori di competitività delle PMI I risultati di una indagine campionaria Centro Studi CNA 19 PMI e Internazionalizzazione 20 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione Sommario A completamento dell’analisi macroeconomica in questo capitolo viene presentata una analisi puntuale delle strategie di internazionalizzazione delle PMI italiane. Questa analisi, effettuata su un campione di circa 500 imprese ha inteso mettere a fuoco il livello di apertura internazionale della catena del valore e i fattori di competitività che caratterizzano le imprese italiane più dinamiche sui mercati internazionali. I dati confermano nella sostanza il quadro emerso dall’analisi macroeconomica: l'internazionalizzazione commerciale appare sempre più un fenomeno “democratico”, ampiamente diffuso tra le imprese, indipendentemente dalle dimensioni. La proiezione internazionale delle imprese fa leva su reti commerciali in grado di conferire un significativo spessore qualitativo all’attività di esportazione. Inoltre, le imprese, anche quelle di minori dimensioni, hanno iniziato da tempo a considerare i mercati esteri anche come luoghi di produzione. L’internazionalizzazione, l’innovazione e la qualità, emergono come i fattori determinanti per superare la crisi che ha investito il sistema delle imprese a partire dal 2008. Come anche riportato da altri studi e ricerche il quadro che emerge dall’analisi vede le imprese che hanno investito nell’ultimo triennio sui mercati esteri come le più performanti. L’innovazione di processo e di prodotto anche attraverso il ricorso ai brevetti, l’investimento sulla qualità anche di tipo ambientale costituiscono il presupposto per ottenere risultati economici positivi sui mercati internazionali. Centro Studi CNA 21 PMI e Internazionalizzazione 1. L’apertura commerciale: export e canali distributivi L’internazionalizzazione commerciale è un fenomeno ormai consolidato ed esteso tra tutte le imprese, anche quelle di minori dimensioni. Le informazioni raccolte su un campione di 518 società di capitali2 manifatturiere (società di capitali stratificate come da Appendice) confermano sostanzialmente il quadro emerso dall’analisi macroeconomica svolta nel precedente capitolo: quasi il 70% delle imprese realizza all’estero una parte delle vendite, con un’incidenza media dell’export sul fatturato complessivo poco al di sotto del 30% (tavola 1). Un ruolo rilevante è svolto dalle piccole e micro-imprese: metà di queste opera sui mercati esteri, dove vende i propri prodotti/servizi per un valore che mediamente si attesta intorno al 29% del fatturato per la piccola impresa e al 20% per la micro. Tav. 1 – caratteristiche del campione di imprese Numerosità, distribuzione dimensionale, quota di imprese esportatrici e incidenza dell'export Imprese esportatrici Incidenza dell'export sul fatturato totale (% su N. casi) % 166 246 68 17 497 54,8 73,3 79,7 100 69,1 20,4 29,1 34,0 49,2 27,6 70 312 93 12 487 52,9 67,1 83,3 100 68,1 20,4 26,0 35,8 50,7 27,7 N. casi Classi di fatturato micro (1-2 ml euro) piccola (2,1-10 ml euro) media (10,1-50 ml euro) grande (oltre 50 ml euro) Totale Classi di addetti micro (0-9) piccola (10-49) media (50-249) grande (250 e oltre) Totale Fonte: TeDIS 2011 2 La numerosità totale riportata nelle tavole si riferisce ai soli rispondenti. Essa risulta di conseguenza spesso inferiore ai 518 casi analizzati. 22 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione Si tratta di un fenomeno che sta diventando interessante anche in termini qualitativi: il 55% delle imprese (38,5% nelle imprese più piccole) ha strutturato una rete commerciale per distribuire i prodotti all’estero (tavola 2). Tav. 2 – Imprese esportatrici che si avvalgono o meno di una rete distributiva si, per la vendita si, per la vendita dei dei prodotti in Italia prodotti anche all'estero N. Casi no Totale valori % Classi di fatturato micro (1-2 ml euro) piccola (2,1-10 ml euro) media (10,1-50 ml euro) grande (oltre 50 ml euro) Totale 91 181 55 20 347 9,9 9,9 5,5 10,0 9,2 38,5 56,9 69,1 80,0 55,3 51,6 33,1 25,5 10,0 35,4 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 37 210 80 13 340 10,8 10,0 7,5 7,7 9,4 37,8 54,7 61,2 69,2 55,0 51,4 35,2 31,2 23,1 35,6 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Classi di addetti micro (0-9) piccola (10-49) media (50-249) grande (250 e oltre) Totale Fonte: TeDIS 2011 Per quanto riguarda la commercializzazione e la distribuzione, le imprese di maggiori dimensioni si avvalgono di filiali, punti vendita di proprietà o in franchising; per contro le imprese di minori dimensioni operano perlopiù tramite reti di agenti e/o di intermediari che, in nome e per conto del committente, individuano clienti, industriali o commerciali. Questa circostanza rappresenta una novità rilevante per quelle imprese che si sono tradizionalmente affidate a canali lunghi e a modalità indirette di esportazione, basate su buyer, trading companies o importatori, ovvero su soggetti che acquistano i prodotti dai fornitori, per poi rivenderli sui mercati finali. Questa struttura del canale distributivo estero per molto tempo è stata sufficiente a garantire buone Centro Studi CNA performance esportative, sollevando l’impresa dalle 23 PMI e Internazionalizzazione problematiche connesse con la gestione della pluralità dei mercati esteri serviti. Negli anni più recenti questa formula distributiva è tuttavia diventata un punto di debolezza per le PMI italiane, che hanno sofferto l’impossibilità di presidiare il mercato di sbocco. La crescente apertura dei mercati internazionali ha reso fondamentale lo sviluppo di politiche di adattamento e personalizzazione del prodotto ai singoli contesti quali l’investimento sulla comunicazione e sul brand e il monitoraggio delle performance dei prodotti e dei punti vendita nei diversi mercati. Se l’importatore-grossista, o figure a esso assimilabili, riduceva o annullava la capacità di comprensione dei mercati finali e lo sviluppo di azioni di differenziazione, la presenza di reti di agenti costituisce una risposta a questo problema consentendo la realizzazione di presidi più efficaci e reattivi sui mercati esteri. Tav. 3 – Imprese esportatrici. Effetti positivi derivanti dalla presenza di una rete distributiva Incidenza dell'export sul fatturato totale (%) Peso del fatturato 1° cliente sul totale (%) Peso del fatturato primi tre clienti sul totale (%) Marchio registrato (%) Innovazione di prodotto ultimi 3 anni (%) struttura R&D (%) P A P A P A P A P A P A 46,3 46,9 40,8 57,3 31,7 30,5 47,3 22,8 26,5 20,9 12,3 25,1 32,6 28,0 36,5 40,0 47,7 32,6 23,9 34,3 50,0 46,5 55,5 70,0 51,4 59,2 73,7 81,2 19,6 29,5 58,8 25,0 77,1 78,6 81,6 100,0 54,4 52,6 64,7 25,0 45,7 65,0 76,3 93,8 26,8 41,0 64,7 25,0 40,4 47,1 47,2 42,4 37,4 28,8 37,2 67,2 20,3 20,9 19,0 17,3 40,9 27,6 32,9 20,0 44,3 34,9 27,3 26,3 47,9 49,0 51,8 50,0 57,1 58,3 69,4 88,9 21,7 24,2 45,2 75,0 71,4 78,3 85,7 100,0 56,5 53,7 51,6 100,0 35,7 60,0 85,7 88,9 17,4 35,8 54,8 100,0 Classi di fatturato micro (1-2 ml euro) piccola (2,1-10 ml euro) media (10,1-50 ml euro) grande (oltre 50 ml euro) Classi di addetti micro (0-9) piccola (10-49) media (50-249) grande (250 e oltre) P: presenza di rete distributiva estera; A: assenza di rete distributiva estera Fonte: TeDIS 2011 La tavola 3 chiarisce gli effetti positivi che le imprese traggono dalla presenza di una rete distributiva propria. Esiste infatti una correlazione positiva tra la presenza di un rete estera e le performance esportative. L’attivazione di una propria rete distributiva, oltre a permette un consolidamento del fatturato all’estero, consente una migliore composizione del portafoglio-clienti misurata in termini di minore concentrazione del fatturato aziendale sul primo e sui primi tre clienti. 24 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione Le imprese maggiormente strutturate dal punto di vista commerciale presentano le caratteristiche di una maggiore solidità competitiva testimoniata dalla presenza di marchi proprietari, dal più frequente ricorso all’innovazione di prodotto, dall’investimento in strutture dedicate alla ricerca e sviluppo. 2. La produzione internazionale La forte apertura internazionale a valle ha portato le imprese a guardare ai mercati esteri anche come luogo ove stabilire attività di produzione. Sono soprattutto le grandi imprese a presentare una elevata propensione a produrre direttamente nei mercati di sbocco. Ciò non di meno emerge il discreto dinamismo anche delle piccole imprese che, pur non disponendo delle stesse risorse umane e finanziarie tipiche delle imprese di maggiori dimensioni, dimostrano una crescente abilità nel consolidare una propria catena del valore su scala internazionale. Se fino a qualche anno fa la geografia delle relazioni produttive e commerciali veniva disegnata esclusivamente dalle medie e grandi imprese, oggi le cifre dimostrano che anche le imprese più piccole sono protagoniste in questa ricomposizione internazionale delle reti del valore. Il 15% delle imprese ha un indotto costituito da almeno un fornitore estero, quota che sale al 25% se consideriamo le sole imprese che hanno esternalizzato almeno parte del processo produttivo (tavola 4). Oltre il 70% delle grandi imprese ormai commissiona all’estero la produzione di alcuni componenti o la fornitura di specifiche lavorazioni (con un portafoglio-fornitori che, mediamente, è per oltre un terzo estero). Questa tendenza caratterizza ormai anche la piccola impresa che affida analoghe attività fuori dai confini nazionali in circa il 25% dei casi analizzati. Il dato sul ricorso a fornitori esteri è completato da quello sugli IDE (Investimenti Diretti Esteri) produttivi (tavola 4). Circa l’8% delle imprese analizzate ha un investimento produttivo all’estero; questo valore sale al 35% nelle grandi imprese, mentre si attesta al 7,0% nelle imprese più piccole. Centro Studi CNA 25 PMI e Internazionalizzazione Tab. 4 – Imprese con fornitori esteri e Investimenti Diretti Esteri (valori assoluti; incidenze % e disaggregazioni per classi di fatturato e di addetti) Totale Imprese con outsourcing Imprese della produzione Imprese con fornitori sul totale Imprese con fornitori esteri Imprese con IDE sul imprese con outsourcing della sul totale imprese totale imprese produzione N. casi N. casi Incidenza % Incidenza % Incidenza % 171 256 70 20 517 92 164 41 15 312 5,8 16,3 20 55 14,9 10,9 25,6 34,1 73,3 24,7 2,9 7 18,6 35 8,3 72 323 99 13 507 40 193 65 10 308 11,1 10,8 26,3 53,8 15 20 18,1 40 70 24,7 5,6 5 16,2 46,2 8,3 Classi di fatturato micro (1-2 ml euro) piccola (2,1-10 ml euro) media (10,1-50 ml euro) grande (oltre 50 ml euro) Totale Classi di addetti micro (0-9) piccola (10-49) media (50-249) grande (250 e oltre) Totale Fonte: TeDIS 2011 Questo ultimo dato se riportato sulla popolazione delle imprese che si collocano in questa fascia dimensionale, indica un numero considerevole di unità produttive estere oggi al servizio, anche solo parziale, di imprese italiane di piccole dimensioni. Le interconnessioni tra relazioni produttive e commerciali sono evidenziate nelle tavole 5 e 6. La prima tavola riporta i dati relativi agli investimenti di natura produttiva finalizzati anche alla creazione di basi commerciali per la distribuzione nei medesimi mercati. Sebbene la numerosità campionaria è molto modesta, emerge con evidenza come le imprese insediano all’estero gli stabilimenti produttivi non solo per spuntare vantaggi in termini di minori costi di produzione, ma anche per presidiare direttamente i mercati di sbocco. Oltre il 60% delle imprese intervistate vende infatti i propri prodotti nei mercati esteri in cui questi vengono fabbricati. Ciò appare particolarmente vero con riferimento alle attività produttive svolte nei paesi delle economie emergenti (attività realizzate in fornitura o con stabilimenti propri o partecipati). Dalla tavola 6 emerge che circa tre quarti delle imprese che opera in questi paesi ha effettivamente ottenuto vantaggi di costo, ma oltre la metà ha scoperto nuovi mercati di sbocco per le proprie produzioni, con percentuali non molto diverse nelle varie classi dimensionali. Al contempo le imprese che hanno ridotto il personale addetto alla produzione a seguito della rilocalizzazione di alcune attività rappresentano una percentuale limitata, talvolta accompagnata da una parziale compensazione attraverso l’incremento 26 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione di personale qualificato dedicato ad attività a maggior valore aggiunto rispetto a quelle di tipo produttivo-esecutivo (come per esempio il design, la comunicazione, la logistica, ricerca e sviluppo). T a v . 5 – Im p re s e c h e re a liz z a n o ID E e c a s i in c u i g li ID E s o n o fin a liz z a ti a lle v e n d ite (v a lo ri a s s u lu ti e in c id e n z e % ) T o ta le Im p re s e N . casi si no to ta le 5 18 13 7 43 6 0 ,0 5 1 ,2 7 6 ,9 1 0 0 ,0 6 4 ,3 4 0 ,0 5 8 ,8 2 3 ,1 0 ,0 3 5 ,7 1 0 0 ,0 1 0 0 ,0 1 0 0 ,0 1 0 0 ,0 1 0 0 ,0 4 16 15 6 42 5 0 ,0 4 3 ,8 7 3 ,3 1 0 0 ,0 6 3 ,4 5 0 ,0 5 6 ,2 2 6 ,7 0 ,0 3 6 ,6 1 0 0 ,0 1 0 0 ,0 1 0 0 ,0 1 0 0 ,0 1 0 0 ,0 % C la s s i d i fa ttu ra to m ic ro (1 -2 m l e u ro ) p ic c o la (2 ,1 -1 0 m l e u ro ) m e d ia (1 0 ,1 -5 0 m l e u ro ) g ra n d e (o ltre 5 0 m l e u ro ) T o ta le C la s s i d i a d d e tti m ic ro (0 -9 ) p ic c o la (1 0 -4 9 ) m e d ia (5 0 -2 4 9 ) g ra n d e (2 5 0 e o ltre ) T o ta le F o n te : T e D IS 2 0 1 1 Tav. 6 – L’impatto prodotto sull’impresa dalle attività produttive nei paesi delle economie emergenti (valori %) riduzione costi di produzione diminuzione personale operario incremento personale qualificato nuove opportunità di mercato Classi di fatturato micro (1-2 ml euro) piccola (2,1-10 ml euro) media (10,1-50 ml euro) grande (oltre 50 ml euro) Totale 66,7 80,6 53,3 100,0 76,2 33,3 16,1 20,0 27,3 20,6 16,7 3,2 6,7 36,6 11,1 66,7 51,6 46,7 54,5 52,4 50,0 83,3 66,7 85,7 75,8 0,0 30,0 9,5 28,6 21,0 0,0 6,7 9,5 42,9 11,3 50,0 43,3 66,7 42,9 51,6 Classi di addetti micro (0-9) piccola (10-49) media (50-249) grande (250 e oltre) Totale Fonte: TeDIS 2011 Centro Studi CNA 27 PMI e Internazionalizzazione 3. Una segmentazione delle imprese in base all’apertura internazionale Le diverse combinazioni dell’attività commerciale e di quella produttiva realizzate direttamente sui mercati di sbocco esteri consente di individuare i tipi di strategie di base che le imprese hanno perseguito sul versante dell’internazionalizzazione. Considerando l’estensione geografica delle attività commerciali e delle attività produttive è possibile mettere individuare tre tipologie di imprese rilevanti ai fini di questo documento: - le imprese locali: locali ovvero quelle imprese che producono e commercializzano i prodotti su base unicamente nazionale (29,7% del campione); - le imprese esportatrici: esportatrici ovvero quelle imprese che producono in Italia e che esportano quota parte del proprio fatturato (51,4% del campione); - le imprese internazionali: internazionali ovvero quelle imprese che hanno costruito reti internazionali di produzione e vendita (18,9% del campione). La tavola 7 riporta la distribuzione dimensionale delle tre tipologie di imprese. E’ scontata la correlazione tra dimensione di impresa e il livello di apertura internazionale: mentre le imprese più grandi sono per lo più internazionalizzate sia a monte che a valle della catena del valore (il 65% delle imprese oltre 50 milioni di euro è internazionale e nessuna è locale), le imprese più piccole tendono a rimanere all’interno del mercato locale in percentuale più elevata (il 44% delle micro-imprese è locale). Ciò non di meno i dati confermano in maniera evidente la proiezione internazionale delle imprese di più piccole dimensioni: colpisce il fatto che il 50% delle imprese micro rientri nei profili di impresa esportatrice e che addirittura il 6% rientri nel profilo di impresa internazionale. Questa proiezione emerge anche in termini di contributi alla composizione delle tre classi considerate: le imprese micro e piccole rappresentano quasi l’84% della classe delle imprese esportatrici (rispettivamente il 32,2% e il 51,6%) e oltre il 64% di quelle internazionali (rispettivamente il 33,1% e il 49,2%). 28 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione Tav. 7 – Modalità di internazionalizzazione e classi dimensionali (valori %) Imprese Imprese locali Imprese esportatrici N. casi Classi di fatturato micro (1-2 ml euro) piccola (2,1-10 ml euro) media (10,1-50 ml euro) grande (oltre 50 ml euro) Totale Classi di addetti 0-9 10-19 50-249 250 e oltre Totale Imprese internazionali Contributi delle Contributi delle Contributi delle Distribuzione delle classi dimensionali Distribuzione delle classi dimensionali classi dimensionali imprese rispetto alla tipologia imprese rispetto alla tipologia alla tipologia alla dimensione alla dimensione Imprese Imprese Imprese locali esportatrici internazionali Distribuzione delle imprese rispetto alla dimensione Totale Contributi delle Distribuzione delle classi imprese rispetto dimensionali alla alla dimensione tipologia 166 247 69 49,0 42,3 8,7 44,0 25,5 18,8 32,2 51,6 13,6 50,0 53,8 50,7 10,5 53,7 22,1 6,0 20,6 30,4 33,1 49,2 13,7 100,0 100,0 100,0 20 502 0,0 100,0 0,0 29,7 2,7 100,0 35,0 51,4 13,7 100,0 65,0 18,9 4,0 100,0 100,0 100,0 70 313 96 13 492 21,2 69,2 9,6 0,0 100,0 44,3 32,3 14,6 0,0 29,7 12,3 67,5 19,0 1,2 100,0 44,3 54,3 50,0 23,1 51,2 8,5 44,7 36,2 10,6 100,0 11,4 13,4 35,4 76,9 19,1 14,2 63,6 19,5 2,6 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Guida alla lettura: i valori in corsivo, da leggere per colonna, identificano il contributo delle classi dimensionali a ogni modalità di internazionalizzazione (leggi: sul totale delle imprese locali il 49 % è micro; il 42,3% è piccola; l'8,7% è media, lo 0% è grande ); i valori in grassetto, da leggere per riga, identificano la distribuzione di ogni classe dimensionale nelle tre modalità di internazionalizzazione (leggi: sul totale delle micro imprese il 44,0% è locale, il 50,0% è esportatrice; il 6,0% è internazionale) Fonte: TeDIS 2011 Centro Studi CNA 29 PMI e Internazionalizzazione La presenza non marginale di imprese di piccole dimensioni che hanno una proiezione internazionale estesa diventa ancor più interessante se messa in relazione alla qualità del rapporto con i mercati esteri. Non si tratta solo di transazioni di mercato (acquisto di materie prime o componenti standard e vendita a grandi distributori), ma di sistemi di relazioni articolate, che vanno dall’organizzazione di reti di fornitura alla gestione di reti di agenti, come emerso dai dati già presentati. La tavola 8 riassume il profilo competitivo e strategico delle diverse strategie di internazionalizzazione. Le differenze non riguardano solamente la scelta o meno di operare sui mercati esteri, ma il posizionamento competitivo, i fattori di successo, la propensione all’innovazione. Dal punto di vista del posizionamento competitivo le imprese internazionali hanno più frequentemente ottenuto una posizione di leadership rispetto ai concorrenti. Nei diversi approcci, la posizione competitiva ottenuta riflette la composizione dei diversi fattori che fondano il vantaggio competitivo di impresa. Come da tradizione la piccola impresa italiana mette in primo piano la qualità dell’offerta. Nel caso delle imprese a maggiore connotazione internazionale emerge inoltre il peso crescente dell’innovazione. I fattori di competitività perseguiti si traducono in strategie aziendali ed investimenti conseguenti. Emerge ad esempio l’importanza di sviluppare politiche di marca per competere sui mercati internazionali: il 70% delle imprese internazionali ha registrato marchi per i propri prodotti, il 40% nel caso delle imprese esportatrici. Una seconda area di differenziazione competitiva è legata all’innovazione di prodotto: l’80% delle imprese internazionali ha innovato il portafoglio-prodotti negli ultimi tre anni, contro il 40% delle imprese locali. Inoltre per attivare una maggiore capacità di innovazioni originali le imprese tendono a strutturare una funzione organizzativa dedicata alla ricerca e sviluppo. L’investimento in tecnologie di rete, completa il quadro, dove emerge soprattutto il ruolo di uno strumento come il gestionale integrato (ERP), da cui difficilmente si può prescindere per gestire processi e sistemi di relazioni complessi come quelli di un’impresa internazionale. 30 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione Tav. 8 – M odalità di internazionalizzazione, vantaggi com petitivi e strategie Im prese Im prese locali Im prese esportatrici Im prese internazionali Totale valori % N . casi Posizione com petitiva di leadership di rilievo m a non di leadership m arginale m ancano le inform azioni necessarie per rispondere Totale 101 266 87 48 11,4 51,7 19,5 17,4 19,4 54,3 19 7,4 35,8 51,6 9,5 3,2 20,1 53 17,3 9,6 502 100 100 100 100 122 166 96 37 29,5 34,9 12,1 8,1 21,5 37,5 18,4 6,2 24,2 18,9 32,6 9,5 24,4 33,2 19,2 7,4 185 10,7 40,3 68,4 36,9 302 227 100 40,3 25,5 4,7 64,3 46,9 21,7 80 71,6 38,9 60,2 45,2 19,9 427 32 232 75 40 78 69,8 3,4 41,9 8,2 3,4 8,8 88,8 6,2 43,7 15,7 7 17,4 98,9 11,6 63,8 24,2 17,9 21,1 85,1 6,4 47 15,1 8 15,6 Prim o fattore vantaggio com petitivo riduzione costi qualità innovazione servizio clienti C om unicazione Presenza m archi registrati Innovazione Innovazione prodotto ultim i 3 anni Struttura R &D Brevetti IC T Sito w eb C om m ercio elettronico ER P SC M SFA CRM Fonte: TeD IS 2011 Centro Studi CNA 31 PMI e Internazionalizzazione Appendice metodologica L’indagine sull’apertura internazionale delle PMI deriva dalla rilevazione periodica sul posizionamento competitivo e sulle strategie di sviluppo delle imprese italiane condotta nell’ambito dell’Osservatorio del centro di ricerca TeDIS. I dati presentati sono stati rilevati nel corso dell’estate 2011 su un campione di imprese appartenente alla popolazione delle società di capitali con fatturato superiore a 1 milione di Euro (nel 2009) contenute nel database AIDA (51.048 imprese totali). Il campione è stato stratificato per dimensione e settore (ATECO 2007). Dal punto di vista dimensionale è stato utilizzato il dato del fatturato, raggruppando le imprese in classi corrispondenti alla micro, piccola, media e grande impresa secondo le definizioni della Commissione Europea; rispetto al settore, è stata considerata la manifattura (escludendo chimica, farmaceutica e siderurgia), con l’aggiunta delle imprese orientate alle nuove attività rientranti nei settori green, quali gestione dell’acqua e attività di smaltimento e riciclaggio dei rifiuti. Il campione target era costituito da 500 imprese; hanno risposto in 518, distribuite come da tavola 9. In quest’ultima tavola abbiamo riportato anche la distribuzione per classi di addetti. Va tuttavia precisato che: a) la stratificazione rispetto alla popalazione è stata condotta sulla base delle classi di fatturato; b) in particolare la classe 0-9 addetti non rappresenta la medesima classe della popolazione di imprese italiane, poiché si tratta di quelle imprese con almeno 1 milione di euro di fatturato e costituite in forma di società di capitali, che hanno un numero di addetti inferiore a 9. 32 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione Tab. 10 – La struttura del campione. Distribuzione dimensionale e settoriale (valori assoluti e composizione %) Classi dimensionali v.a. valori % Settori Fatturato 2009 micro (1-2 ml euro) piccola (2,1-10 ml euro) media (10,1-50 ml euro) grande (oltre 50 ml euro) 171 257 70 20 33,0 49,6 13,5 3,9 Totale 518 100,0 Addetti 0-9 10-19 50-249 250 e oltre Non risponde Totale 72 323 99 13 11 518 13,9 62,4 19,1 2,5 2,1 100,0 v.a. valori % 13. tessile 14. abbigliamento 15. concia e calzature 16. legno 17. carta 35 31 26 17 14 6,8 6,0 5,0 3,3 2,7 22. gomma-plastica 23. prodotti minerali non metalliferi 25. meccanica 26. elettronica 27. apparecchi elettrici 28. macchine 29. auto 30. trasporti 31. mobili 32. altri prodotti manifatturieri 36. acqua 38. smaltimento e riciclaggio Totale 44 39 123 20 26 60 10 7 28 19 3 16 518 8,5 7,5 23,7 3,9 5,0 11,6 1,9 1,4 5,4 3,7 0,6 3,1 100,0 Fonte: TeDIS 2011 Centro Studi CNA 33 PMI e Internazionalizzazione 34 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione CAPITOLO 3 Politiche a sostegno dell’internazionalizzazione delle PMI Centro Studi CNA 35 PMI e Internazionalizzazione 36 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione 1. Introduzione I dati emersi nell’ambito della ricerca mettono in evidenza alcuni fenomeni di carattere strutturale che le politiche pubbliche sono chiamate ad assecondare e sostenere. I tre trend emergenti possono essere sintetizzati come di seguito. 1. Un fenomeno crescente di democratizzazione dell’internaziona- lizzazione sia commerciale che produttiva che riguarda aziende di dimensioni contenute in termini di fatturato e di personale. A fronte di questa nuova tendenza, che completa il percorso avviato dalla media impresa nel corso degli anni 2000, è necessario rinnovare le politiche e gli strumenti in grado di supportare una vasta ed eterogenea platea di interlocutori con esigenze specifiche. 2. Un fenomeno di rapida riorganizzazione geografica del processo di internazionalizzazione a vantaggio delle economie emergenti, in particolare nel mondo asiatico (Medio Oriente e Cina). Questa ridefinizione dei mercati di sbocco e di approvvigionamento richiede nuovi strumenti e modalità di presidio rispetto al tradizionale mondo atlantico, che tengano conto del profilo delle imprese interessate a questi mercati. 3. Un fenomeno di crescente interesse da parte della domanda internazionale di prodotti/servizi del Made in Italy - anche di brand meno noti - ma ricchi invece di qualità artigianali, storia e cultura. Un numero importante di imprese dimostra già oggi di saper competere sui mercati internazionali: si tratta però di sostenerle attraverso un sistematico processo di ricostruzione e narrazione dell’immagine del Made in Italy favorendo prima di tutto i quattro storici settori in cui l’export italiano ha saputo conquistare posizioni di eccellenza: automazione meccanica, arredo-casa, abbigliamento-fashion, e agroalimentare. Centro Studi CNA 37 PMI e Internazionalizzazione Per affrontare le tre macro tendenze è utile mettere a punto una varietà di strumenti che abbia una sua specifica coerenza sistemica. Il problema non è di facile soluzione perché le dinamiche registrate in questi ultimi tre anni mettono in evidenza forze divergenti. Da un lato si registra un allargamento significativo del numero delle aziende impegnate in un percorso di internazionalizzazione e si valuta positivamente un ulteriore incremento di questa platea, anche attraverso politiche a sostegno della proiezione internazionale di queste stesse imprese. Dall’altro, è importante sottolineare che l’ammontare delle risorse disponibili per il sostegno della promozione internazionale tende a calare a causa di vincoli di budget sempre più stringenti a livello nazionale così come a livello locale. Il bilanciamento fra queste due spinte divergenti richiede uno sforzo originale di innovazione in termini di politiche per l’internazionalizzazione. Questo sforzo deve andare ben oltre la semplice “miniaturizzazione” dei tradizionali strumenti messi a disposizione della grande impresa internazionale, per interpretare in maniera originale il potenziale e l’effettivo modus operandi con cui la piccola e media impresa si proietta sui mercati esteri. E’ opportuno mettere a fuoco gli elementi essenziali di questa nuova politica per l’internazionalizzazione a partire da uno schema concettuale che identifichi le fasi del processo di apertura internazionale della piccola e media impresa, ovvero: • la costituzione delle premesse per l’internazionalizzazione delle PMI (sviluppo delle competenze professionali, accesso all’informazione; vedi paragrafo 2); • il sostegno alla promozione dell’attività commerciale e produttiva secondo modalità coerenti con l’azione tipica delle PMI (vedi paragrafo 3); • il consolidamento dell’azione delle PMI presso i mercati internazionali una volta che il processo di internazionalizzazione è stato avviato (accesso a servizi reali e finanziari qualificati a sostegno della crescita; vedi paragrafo 4); Per ognuna di queste macro-fasi verranno indicati gli obiettivi e gli strumenti 38 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione di politica industriale più idonei a sviluppare e consolidare un trend già oggi positivo. 2. Politiche a sostegno dei fattori abilitanti ai processi di internazio internazionalizzazione delle PMI Nella fase di costituzione delle premesse al percorso di internazionalizzazione delle PMI, le politiche pubbliche devono concentrarsi sulla qualificazione di un capitale umano in grado di proiettare l’azione delle imprese in modo efficace oltre i confini nazionali. Questo vale sia per chi già opera presso le imprese, imprenditori compresi, così come per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Per quanto concerne la formazione per chi già opera nelle imprese, non mancano le buone pratiche a livello territoriale, ma non vi è stato uno sforzo sistemico per rendere questa offerta diffusa in modo capillare presso l’intero territorio nazionale. Per quanto riguarda i giovani, i curricula messi a punto dall’università italiana per sviluppare profili da destinare alle funzioni di internazionalizzazione delle imprese sono stati ispirati principalmente dalle richieste espresse dalla grande impresa. Questo rende particolarmente impegnativo l’inserimento di giovani qualificati nella piccola impresa per un deficit di operatività di cui l’imprenditore non può, nella maggior parte dei casi, farsi carico. In questa prospettiva è auspicabile operare lungo tre diverse direttrici fra loro complementari. E’ essenziale favorire un incontro fra competenze diverse (tecniche e manageriali, manifatturiere e di marketing internazionale) promuovendo la crescita del bagaglio di saperi che deve caratterizzare chi entra nel mondo del lavoro e chi ne è già parte attiva. Questo sviluppo consente di accrescere non solo la competitività della piccola impresa ma anche, più in generale, la sua capacità di sviluppare l’inserimento di giovani preparati nel mercato del lavoro. Centro Studi CNA 39 PMI e Internazionalizzazione 2.1 Sviluppo dell’offerta informativa e formativa rivolta a imprenditori, manager e quadri di piccole e medie imprese A livello territoriale sono stati avviati diversi progetti di informazione e di formazione sui temi dell’internazionalizzazione destinati a coloro che operano nella piccola e media impresa. L’attenzione crescente verso queste tematiche impone di consolidare i format che hanno ottenuto maggiore successo e di favorire la loro replicazione a livello nazionale anche grazie a una progettazione didattica che utilizzi in modo innovativo le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Una maggiore consapevolezza relativa ai temi dell’internazionalizzazione e una maggiore comprensione delle criticità gestionali relative all’apertura verso i mercati esteri sono fattori che determinano anche una diversa disponibilità verso l’assunzione di nuove risorse professionali. Le piccole e medie imprese, che intraprendono un percorso di formazione di questo tipo, nella maggior parte dei casi finalizzato a specifici obiettivi di internazionalizzazione, acquisiscono una migliore comprensione dei propri fabbisogni riconoscendo il valore di giovani con competenze complementari rispetto a quelle già sedimentate all’interno della propria organizzazione. 2.2 Sviluppo di curricula formativi finalizzati alla qualificazione dei giovani per l’internazionalizzazione della PMI La presente fase di discontinuità richiede una crescente capacità di integrare nuove competenze professionali in grado di svolgere un collegamento attivo con mercati e culture tradizionalmente estranee all’azione delle PMI. Per accelerare questo salto di qualità è necessario scommettere su una nuova leva di profili professionali in grado di rinnovare e completare le conoscenze tipiche delle PMI. In questa prospettiva è necessario rafforzare l’offerta formativa rivolta a giovani che abbiano conseguito lauree triennali e magistrali nuovi grazie a master di primo e di secondo livello pensati specificatamente per le esigenze della piccola e media impresa. Questi pacchetti formativi devono essere il risultato di uno sforzo congiunto di progettazione fra Università e Associazioni di categoria che tenga in effettiva considerazione le 40 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione specifiche esigenze delle imprese riducendo al minimo il tempo necessario all’integrazione dei neoassunti nelle imprese. Particolare attenzione deve essere rivolta alla qualificazione di giovani laureati in lingue orientali (cinese, giapponese, coreano, arabo) e in altre discipline umanistiche (scienza della comunicazione, scienze politiche con indirizzo internazionale). Queste lauree rappresentano potenzialmente una risorsa per la piccola e media impresa chiamata a proporre la sua offerta a scala internazionale a condizione che il percorso dei giovani venga completato con una formazione fortemente orientata alla pratica aziendale. 2.3 Promuovere l’incontro fra competenza manifatturiera e competenze terziarie a scala internazionale Oltre a sviluppare conoscenze e competenze che consentano alla piccola e media impresa di proiettarsi oltre i confini nazionali, è necessario favorire l’incontro con studenti e professional internazionali interessati a lavorare in Italia e con imprese italiane. Esiste nel nostro paese uno straordinario bagaglio di competenze, in particolare legate alla tradizione manifatturiera del paese, che merita di essere valorizzato attraverso la “contaminazione” con nuovi linguaggi e nuove opportunità di tipo tecnologico. Diverse associazioni di categoria e centri di promozione a livello territoriale hanno promosso negli ultimi anni l’incontro fra piccola impresa e talenti creativi provenienti da altre parti del mondo. I risultati sono stati spesso superiori alle aspettative sia per quanto riguarda gli esiti della collaborazione con le imprese, sia per quanto riguarda il processo di apertura degli imprenditori a un nuovo modo di pensare il rapporto con il mercato. I format per la mobilità di studenti e professional che si sono imposti a livello territoriale sono molti, anche se riconducibili a logiche comuni. E’ necessario verificare quali fra questi abbiano raggiunto i risultati più soddisfacenti per diffondere a livello territoriale queste attività con l’obiettivo di rendere continuo e sistematico il processo di coinvolgimento di questi profili nell’ambito delle attività delle piccole e medie imprese italiane. Centro Studi CNA 41 PMI e Internazionalizzazione 3. Nuove forme di promozione del Made in Italy Per quanto concerne l’attività di promozione del Made in Italy nel mondo, l’obiettivo è quello di sviluppare nuove strategie e strumenti per favorire la comunicazione di un’offerta che si configura come somma di nicchie di eccellenza in settori merceologici molto diversi fra loro. Rispetto all’azione tipica finalizzata ai bisogni della grande impresa sfuma la necessità di un forte sostegno politico e istituzionale, mentre si rivela più che mai necessario un supporto per l’identificazione e la valorizzazione di occasioni, eventi, canali di comunicazione (anche digitali) cui la piccola e media impresa può avvicinarsi e diventare parte di business communities di livello internazionale. L’imprenditore che anima la piccola e media impresa ha bisogno di entrare rapidamente in relazione con interlocutori che siano interessati alla sua proposta commerciale, che possano fornirgli spunti per l’insediamento di attività produttive, che gli offrano informazioni affidabili sulle specificità dei mercati verso cui intende proiettarsi. Favorire questo incontro diretto significa innovare relativamente alle occasioni di promozione istituzionale attualmente selezionate e proposte dal soggetto pubblico. 3.1 Nuovi canali di promozione nelle economie emergenti E’ necessario predisporre una selezione di opportunità e di canali di promozione dei mercati coerenti con le specificità dei paesi in cui le piccole e medie imprese intendono giocare un ruolo di crescente importanza. Si tratta di identificare non solo opportunità commerciali in senso stretto, come le fiere di settore, ma anche momenti e contesti di tipo innovativo che consentano al prodotto italiano di essere parte di processi economici e sociali rilevanti. Sul versante del commercio business to consumer, questo sforzo di originalità deve essere finalizzato a esplorare e verificare la percorribilità di nuovi canali promozionali e commerciali che possano valorizzare il prodotto italiano (ad. es le catene alberghiere in Asia) e la possibilità di identificare eventi con potenzialità di impatto sui media e nelle società dei paesi destinatari (ad es. Design Week in varie città del mondo, Maker 42 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione Fairs). A questo proposito, va assegnata particolare rilevanza ai grandi eventi internazionali di carattere culturale in cui l’Italia può giocare un ruolo di particolare visibilità. In questi contesti, l’attività di promozione culturale deve essere arricchita da forme di promozione commerciale, coerenti con lo spirito dei contenuti proposti nelle manifestazioni, favorendo la comunicazione di prodotti specifici di alto contenuto simbolico e culturale. E’ necessario sviluppare e condividere il calendario di eventi a livello internazionale gestendo un processo di riconciliazione con le richieste di istituzioni e di imprese interessate a coprire questo tipo di manifestazioni. Nell’ambito delle attività di promozione di tipo business to business la sfida della promozione è quella di completare il momento fieristico per intercettare i processi di trasformazione che caratterizzano la vita dei principali paesi emergenti e accreditarsi come partner della loro economia. Un canale particolarmente interessante è fornito dai grandi eventi che questi paesi si avviano a promuovere (ad es. le olimpiadi, i campionati del mondo di calcio, i gran premi di automobilismo, etc.). In queste occasioni è possibile veicolare know how, tecnologie e prodotti italiani sviluppando partnership tematiche ad hoc con imprese e soggetti istituzionali stranieri nell’ambito di processi ad alta visibilità mediatica. 3.2 Diffusione e consolidamento dell’utilizzo di piattaforme di commercio elettronico In molti mercati emergenti, gli scambi business to business hanno trovato nelle piattaforme di commercio elettronico il luogo ideale per crescere e aumentare in termini di estensione geografica. Le imprese cinesi, ad esempio, hanno saputo promuovere la loro visibilità e stabilire contatti commerciali sia sul mercato domestico che su quello internazionale anche grazie al successo di una piattaforma come Alibaba.com, oggi leader negli scambi business to business. E’ necessario che le aziende italiane acquisiscano maggiore dimestichezza con queste piattaforme consolidando strumenti linguistici e manageriali coerenti con le necessità imposte da questi nuovi ambienti di scambio e di negoziazione. Nel corso degli ultimi anni, hanno conosciuto uno sviluppo importante Centro Studi CNA 43 PMI e Internazionalizzazione anche piattaforme di commercio elettronico business to consumer rivolte a ottimizzare gli scambi nei settori tipici del Made in Italy, in particolare nella moda, nel design e nell’alimentare. E’ importante che le aziende italiane, anche le più piccole, possano sviluppare una specifica presenza su queste piattaforme in modo da sfruttare le opportunità che si offrono a produttori di nicchia con potenzialità sul mercato globale. I tassi di crescita di alcune fra queste piattaforme (come, ad esempio, Esty.com) confermano un potenziale commerciale per le micro-imprese a condizione che, alla capacità manifatturiera si abbini una nuova competenza nell’ambito della comunicazione e della gestione delle tecnologie di rete. 3.3 Rinnovare il collegamento fra attività della piccola e media impresa del Made in Italy e turismo Fino ad oggi il turismo straniero in Italia non ha sviluppato l’azione di traino del Made in Italy della piccola impresa che era lecito aspettarsi, né in termini di volumi di fatturato, né in termini di immagine. E’ venuto il momento di valorizzare i flussi turistici attraverso politiche di comunicazione mirate. Oltre a verificare l’efficacia delle politiche a sostegno dei marchi di produzione locale, è opportuno investire in nuove forme di comunicazione (produzione di guide specializzate, applicazioni iPhone e iPad, presenza di trasmissioni televisive e documentari sui canali specializzati satellitari) in grado di indirizzare un turismo consapevole verso acquisti selezionati sul territorio. Questo tipo di attività, pur riconoscendo le specificità dei diversi territori, merita un coordinamento nazionale fra i soggetti istituzionali competenti. 4. Consolidamento della crescita internazionale delle PMI Per permettere alla piccola e media impresa italiana di mantenere e accrescere il presidio dei mercati internazionali è opportuno ripensare l’attuale offerta dei servizi in due macro-ambiti: il primo è quello dei servizi reali di accompagnamento allo sviluppo dell’impresa sui mercati esteri (identificazione 44 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione di partner commerciali, costruzione reti di vendita, accesso ai servizi logistici, selezione dei professionisti, etc.); il secondo è quello dei servizi bancari e assicurativi a sostegno delle attività di impresa. 4.1 Network di sostegno alla presenza internazionale delle piccole e medie imprese Per consentire a un numero di piccole e medie imprese sempre più esteso di consolidare la propria presenza internazionale, è necessario prevedere figure nuove a sostegno del processo di internazionalizzazione. L’esperienza dimostra, a questo proposito, che queste attività di consolidamento possono essere svolte, più che da strutture istituzionali, da professional e strutture autonome che operano in una logica di mercato e con un forte radicamento nei paesi di destinazione. Ciò che le politiche per l’internazionalizzazione devono garantire sono processi di accreditamento qualificati in grado di ridurre i rischi e i margini di errore nella scelta dei partner e dei consulenti da parte della piccola e media impresa. Le liste dei soggetti accreditati rappresentano un’opportunità, certamente non vincolante, per gli imprenditori chiamati ad operare scelte delicate nei paesi stranieri. La loro continua alimentazione e verifica, anche grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie di rete, come strumento di monitoraggio dei risultati ottenuti, costituisce uno dei compiti che il soggetto pubblico preposto deve svolgere con la collaborazione con le associazioni di rappresentanza delle imprese. Da un punto di vista dei profili da attivare, il network deve essere in grado di coprire un’ampia varietà di soggetti, da professionisti italiani già radicati in loco fino a includere imprese e professional stranieri con una comprovata competenza e uno specifico interesse per il Made in Italy. 4.2 Strumenti di sostegno finanziario e assicurativo L’imprenditore che opera con l’estero vorrebbe contare su di un operatore finanziario di riferimento deputato allo svolgimento di tutte le operazioni connesse alle transazioni commerciali, alla gestione delle spese promozionali e al finanziamento dei clienti. Un vero e proprio Centro Studi CNA 45 PMI e Internazionalizzazione partner cui delegare la raccolta delle informazioni sulla affidabilità delle controparti, i servizi di consulenza in materia valutaria e di assicurazione dei crediti. In questi ultimi anni alcune banche e assicurazioni hanno rinnovato i propri prodotti pensati al sostegno dell’internazionalizzazione anche della piccola e media impresa. Questo sforzo non ha ancora coinciso con un’immagine della banca come supporto finanziario efficiente e capace di erogare servizi reali. E’ necessario che il processo di rimodulazione dell’offerta si perfezioni e si diffonda tra le banche anche per andare incontro alle specifiche esigenze delle imprese che operano in un contesto internazionale offrendo un concreto supporto strategico nella ricerca dei mercati. 5. Principi guida di implementazione delle politiche L’insieme delle politiche e degli strumenti per l’internazionalizzazione della piccola e media impresa - ora esplicitati - devono rientrare a pieno titolo nell’agenda programmatica della costituenda Agenzia per il Commercio Estero (nuova ICE). Nell’ultimo decennio una pluralità di soggetti istituzionali, soprattutto a livello locale, ha svolto attività di promozione internazionale a supporto del mondo della piccola e media impresa. Oggi è necessario valorizzare queste energie ed esperienze locali sotto un’unica regia nazionale intestata alla “nuova” Agenzia che, tenendo conto delle specificità settoriali e territoriali, attivi le politiche e gli strumenti di policy prima descritti secondo i seguenti principi di governance. 5.1 Focus su una generazione di servizi “low cost” che replichino le migliori esperienze maturate a scala locale o settoriale In Italia e all’estero, soggetti diversi hanno dimostrato di saper sviluppare progettualità ed esperienze di successo capaci di rinnovare le tradizionali formule di promozione del Made in Italy nella prospettiva messa a fuoco 46 Centro Studi CNA PMI e Internazionalizzazione in questo documento. Queste esperienze portate avanti dal mondo associativo, dal sistema camerale, dalle amministrazioni regionali, e da altri soggetti, devono superare la dimensione locale e sperimentale. Si tratta di estendere a scala nazionale queste esperienze facendone dei veri e propri format ad alta replicabilità. La standardizzazione delle logiche progettuali non deve, ovviamente, andare a scapito della possibilità di declinare gli interventi sulle diverse specificità territoriali e settoriali; piuttosto deve contribuire in modo sensibile al contenimento dei costi e al mantenimento di una continuità di intervento nel medio lungo termine. 5.2 Enfasi su processi di comunicazione e di internazionalizzazione di tipo orizzontale. La grande impresa che si radica su nuovi mercati chiede alle istituzioni competenti un supporto nel processo di accreditamento presso i paesi in cui intende operare. La piccola e media impresa, per contro, non ha – nella maggior parte dei casi – questo tipo di necessità, mentre privilegia l’interlocuzione con partner e soggetti suoi pari. Queste priorità e questi modelli di penetrazione richiedono una diversa sensibilità nella gestione delle politiche e una grande attenzione a una varietà di fenomeni sociali e culturali oltre che economici. 5.3 Ricorso al principio di sussidiarietà nella gestione operativa. Per ridurre i costi di intervento e per ottimizzare il portafoglio di competenze già presenti nel Paese, il principio di gestione da seguire per la realizzazione operativa degli obiettivi è quello della sussidiarietà nei livelli di intervento e di partenariato fra pubblico e privato. L’Agenzia non potrà gestire in toto l’operatività a sostegno della piccola impresa. E’ opportuno immaginare fin da subito il riconoscimento delle competenze sviluppate a livello territoriale e settoriale e il coinvolgimento di partner attivi in Italia e all’estero nell’attuazione operativa delle iniziative proposte dall’agenzia. Questi tre punti sono già emersi in modo esplicito nella descrizione analitica delle politiche e degli strumenti a sostegno dell’interna- Centro Studi CNA 47 PMI e Internazionalizzazione zionalizzazione delle piccole e medie imprese nelle pagine precedenti. E’ giusto sottolinearne l’importanza perché la loro applicazione costituisce una garanzia della effettiva applicazione della piattaforma per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese descritta nel documento. La novità delle proposte, identificate per ottenere i risultati dichiarati, richiede criteri di progettazione organizzativa coerenti con le nuove sfide che il nostro Paese deve affrontare. 48 Centro Studi CNA