piemonte - Centro di formazione ASLTO4

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 PIEMONTE
Identità e genere:
istruzioni per l'uso
opuscolo informativo sul transessualismo
Nel 1998 è stato fondato in Italia l’Osservatorio Nazionale sull’Identità di
Genere (ONIG), una associazione che raccoglie le figure (professionisti,
rappresentanti di associazioni ecc.) a vario titolo interessate ai temi del
transgenderismo e del transessualismo.
L'Osservatorio, in collegamento con l’Harry Benjamin International Gender
Dysphoria Association inc. (HBIGDA), attualmente WPATH (World
Professionals Association for Transgender Health), per statuto “si propone di
favorire il confronto e la collaborazione di tutte le realtà interessate ai temi del
transgenderismo e del transessualismo al fine di approfondire la conoscenza di
questa realtà a livello scientifico e sociale e promuovere aperture culturali
verso la libertà di espressione delle persone transessuali e transgender in tutti
i loro aspetti”, nell'ottica di un miglioramento della salute psico-emotiva, intesa in
accordo con l'indicazione della Organizzazione Mondiale della Sanità (Ginevra
1974): “La salute sessuale è l'integrazione degli aspetti somatici, affettivi,
intellettuali e sociali dell'essere sessuato, in modo da pervenire ad un
arricchimento della personalità umana, della comunicazione e dell'amore”.
L’Associazione si propone di approfondire la conoscenza di queste realtà a
livello scientifico e sociale, e di definire linee guida di intervento medico,
chirurgico, psicologico e legale, nell'interesse e a garanzia della qualità
dell’assistenza alle persone che intraprendono percorsi di adeguamento e dei
professionisti coinvolti.
Come prevede il Regolamento dell'associazione, in Piemonte si è costituita una
Sezione Regionale che raccoglie numerosi iscritti e che contribuisce
attivamente alla rete di relazioni e iniziative sul territorio insieme ad istituzioni e
associazioni locali.
La Sezione O.N.I.G. Piemonte si riunisce regolarmente presso la Fondazione
Carlo Molo, in via Della Rocca 24 bis, 10123 Torino. Tel/Fax 011-8171483
O.N.I.G. Piemonte offre supervisione ai professionisti che si trovano a
confrontarsi per la prima volta con le tematiche transgender.
Presso la sede sezionale sono disponibili i recapiti dei professionisti esperti che
si occupano di quest'area sul territorio della Regione.
Il transessualismo
Una persona transessuale sente di appartenere al genere opposto a quello in cui è
nata.
Si rende conto che il suo corpo la contraddice, e ha bisogno di adeguare la realtà
esterna al suo vissuto interno, indiscutibile.
Il termine si declina al femminile (“la” transessuale) per indicare persone
transessuali di sesso anatomico maschile che sentono di essere femmine (MtF Male to Female) e al maschile (“il” transessuale) per indicare persone di sesso
anatomico femminile che sentono di essere maschi (FtM - Female to Male).
Entrambi desiderano poter vivere la loro vita nella dimensione sociale e affettiva a
cui sentono di appartenere, desiderano poter avere un corpo che corrisponda il più
possibile al proprio vissuto psicologico, e dei documenti anagrafici che si accordino
con l'identità di genere alla quale sentono di appartenere.
Quando parliamo di persone transessuali, quindi, parliamo di identità di genere:
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Il sesso indica la differenza tra le persone basata sul corredo
cromosomico, sulla produzione ormonale, sulla presenza di gonadi maschili
(testicoli) o femminili (ovaie), e sulla conformazione dei genital(e)i esterni
(scroto, pene/vulva, vagina).
•
L'identità di genere, o, brevemente, genere, designa invece il “sentimento
di appartenenza” all'uno o all'altro genere, permettendo alla maggior parte
di noi di dire: “Io sono un uomo, io sono una donna”, indipendentemente dal
sesso anatomico di nascita.
Alcune persone, inoltre, non sentono di appartenere in maniera così rigida né
all'uno né all'altro genere, e si “riconoscono” come transgender.
Le persone transessuali, quindi, si sentono uomini in un corpo anatomicamente
femminile o donne in un corpo anatomicamente maschile.
E' questa una situazione che procura una profonda confusione: generalmente ci si
aspetta che il corpo maschile “contenga” un uomo, ed il corpo femminile “contenga”
una donna.
La persona transessuale vive una condizione di profondo disagio perché in questo
meccanismo di “associazione automatica” qualcosa non torna, fatica a capirlo, e,
una volta che lo ha compreso, fa ancora più fatica a spiegarlo agli altri.
Quando riesce a superare la confusione e la paura, intraprende un percorso di
transizione verso il genere desiderato, che in alcuni casi può giungere alla
trasformazione chirurgica delle caratteristiche anatomiche sessuali.
La condizione transessuale è abbastanza rara: riguarda meno dello 0.005% della
popolazione mondiale. Questo vuol dire che in Italia vivono alcune migliaia di
transessuali.
Sulla sua origine esistono diverse ipotesi: alcune di queste privilegiano una
“causalità” puramente biologica, legata ai processi evolutivi che avvengono nel feto
durante particolari fasi della gestazione, mentre altre sostengono che l'influenza
dell'ambiente socio-affettivo nei primi anni di vita ne sia responsabile. In realtà, la
maggior parte degli studi clinici in questo campo concordano sul fatto che il
transessualismo sia il risultato di una combinazione complessa di fattori psicosocio-biologici. E' importante ricordare, infatti, che il processo di acquisizione
dell'identità di genere di ogni individuo, transessuale o meno, si sviluppa nel
contesto dei rapporti affettivamente significativi e dell'ambiente socio-educativo, in
base a caratteristiche biologiche predisponenti.
La personalità è il complesso risultato di un insieme di elementi costituzionali
predisponenti, che si possono sviluppare o meno nel corso della vita a seconda
delle esperienze e degli stimoli: i processi risultanti non hanno pertanto una
struttura rigidamente deterministica.
Nelle persone transessuali, per motivi non ancora noti e sui quali sono state fatte
ipotesi diverse, la combinazione di questi fattori può condurre all'identità
transessuale.
E' importante sottolineare che quando si parla di “scelta transessuale” ci si riferisce
al momento in cui la persona decide di “manifestare” all'esterno ciò che in realtà
vive dentro di sè da tempo: non attua una “scelta” nel senso intenzionale o
volontario del termine, ma intraprende questa strada perché nessun altra vita
risulta sopportabile.
Il percorso
Poche persone sono a conoscenza del fatto che l’iter di cambiamento di una
persona transessuale (quello che viene comunemente definito “transizione”) è un
percorso molto lungo, e che, nel caso si voglia arrivare alla riassegnazione
chirurgica del sesso, è regolamentato, in Italia, dalla legge (vedi appendice n° 1).
Vogliamo qui fornire un'idea della complessità e della lunghezza di tale percorso,
con l'intenzione di fare capire sia agli utenti che, soprattutto, alle altre persone,
quanto è difficile e faticoso arrivare in fondo, con la speranza che questo serva ad
agevolare tale compito.
Questo non vuole essere inteso come “percorso obbligato”: non per tutti l'iter è lo
stesso, e non tutti sentono come necessaria la strada dell'intervento chirurgico: un
numero sempre maggiore di transessuali non pensano che tale intervento sia “la
soluzione” del loro disagio esistenziale. Inoltre l'intervento risolve solo alcuni degli
aspetti problematici della vita di chi dovrà confrontarsi permanentemente con la
fatica di essere nato in un corpo che non corrisponde al proprio vissuto.
Un possibile percorso (o “iter”) di transizione, che tiene conto delle Linee Guida
O.N.I.G. (vedi appendice n° 2) è il seguente:
• l'introspezione: la persona, a seguito del persistente disagio che
sente col proprio corpo e col ruolo che deve condurre nella
società, comincia a “formulare” delle domande su di sè e la propria
identità, e a sentire il bisogno di un confronto su questi temi
• il contatto coi professionisti: in base a questo bisogno, la persona,
direttamente o attraverso le associazioni di utenti, arriva a
contattare uno specialista, con lo scopo di capire meglio se stessa
o, più decisamente, per ottenere terapie ormonali o chirurgiche.
Tale specialista può essere uno psicologo / psichiatra /
psicoterapeuta o un'altra figura (chirurgo, endocrinologo...), ma in
ogni caso l'utente viene rimandato, in prima istanza, ad un colloquio
di tipo psicologico
• il percorso psicologico: è una delle fasi fondamentali del processo,
anche se spesso viene vissuto come “obbligo”, e pertanto non
adeguatamente sfruttato dalle persone transessuali.
Ha una doppia valenza, diagnostica e terapeutica/supportiva:
● la prima, della durata di almeno sei mesi, ha lo scopo di
escludere la presenza di condizioni di disagio, che non
c'entrano col transessualismo e potrebbero indurre il
soggetto a scelte controproducenti
● la seconda deve servire da “appoggio” alla persona per
aiutarla nei momenti difficili del percorso che l'aspetta.
● Le modalità possono essere molteplici, e dipendono
dall'impostazione teorico-clinica del professionista scelto,
dall’offerta di un lavoro individuale o di gruppo, dalla
lunghezza della lista di attesa, dalla frequenza degli
incontri, dalla disponibilità o meno di un servizio pubblico.
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Escluse problematiche psichiatriche, eventualmente
attraverso visita psichiatrica apposita, il percorso
psicologico continua, accompagnando la persona, a
seconda dei bisogni, fino alla riconversione chirurgica o
anche oltre
la terapia ormonale: al termine della prima fase del percorso
psicologico, se ritenuto opportuno, lo psicologo, autorizza una
terapia ormonale, in accordo con l’endocrinologo.
Lo scopo della terapia è quello di modificare i caratteri sessuali
(femminilizzare l'aspetto nelle MtF e mascolinizzarlo negli FtM), per
quanto possibile, ed inibire manifestazioni fisiche proprie del sesso
biologico di appartenenza (inibire/ridurre erezione ed eiaculazione,
inibire il ciclo mestruale).
La terapia ormonale, o meglio i suoi effetti, sia fisici che psicologici,
hanno anche una forte valenza “auto-diagnostica”, in quanto
(spingere) spingono il soggetto a continuare il percorso, o, al
contrario, (indurre) lo inducono a riconsiderarlo ed eventualmente
interromperlo.
In quest'ottica è stato dimostrato che, se interrotta dopo un
periodo limitato di assunzione (variabile da persona a persona in
modo non garantibile), la terapia è reversibile.
La terapia, con opportuni aggiustamenti e stretto controllo medico,
continuerà poi per tutta la vita, anche dopo l'eventuale
riconversione chirurgica, per garantire un livello sostituivo di
estrogeni/androgeni adeguato ai vari aspetti metabolici.
Ricordiamo che gli effetti della terapia sono assolutamente
soggettivi: stessi dosaggi degli stessi principi attivi possono indurre
modificazion(e)i corporee anche molto diverse tra le varie persone
il “test di vita reale” (RLT, Real Life Test): si definisce con questo
termine il periodo (almeno un anno, secondo le Linee Guida ONIG)
in cui la persona, sempre col supporto psicologico, in genere
contestualmente all'inizio della terapia ormonale, inizia a “vivere”
nel mondo come persona del sesso a cui sente di appartenere,
adottando il ruolo di genere consono in termini di abbigliamento,
comportamento, espressione ecc.
Anche questa fase è fortemente auto-diagnostica, in quanto
attraverso di essa si può verificare se si è in grado di vivere nel
mondo reale nel genere scelto, sperimentandone onori e oneri, e
non solo i “privilegi” stereotipati
l'iter legale: alla conclusione della fasi precedenti, nel caso la
persona interessata voglia giungere alla riconversione chirurgica
del sesso, richiede, ad ognuno dei professionisti che l'hanno
seguita, una relazione (psicologica, psichiatrica, endocrinologica)
che dovrà essere allegata al ricorso per l'autorizzazione
all'intervento chirurgico.
Questo ricorso deve essere inoltrato al Tribunale competente per
residenza. Alcuni tribunali considerano questa materia come
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“volontaria giurisdizione”, e accettano che la domanda venga
presentata direttamente dall'interessato, mentre altri richiedono la
mediazione di un legale. Secondo la legge il giudice, per decidere se
concedere l'autorizzazione, può basarsi sulle relazioni allegate al
ricorso, oppure richiedere il parere di periti d'ufficio.
Al Tribunale di Torino è ormai una prassi considerare sufficienti le
relazioni dei professionisti ONIG. Si ricorda a questo proposito che
a tutt'oggi non esiste un albo di periti esperti in D.I.G.
Se l'autorizzazione viene concessa, può essere effettuato
l'intervento chirurgico; in seguito, per ottenere la rettifica dei dati
anagrafici, deve essere presentato al Tribunale un secondo
ricorso, col supporto della cartella clinica, o di idonea certificazione,
che attesti l'avvenuto intervento. Una volta ottenuta questa
seconda sentenza, può iniziare la lunga attività di correzione di tutti
i documenti (patente, licenze, titoli di studio, depositi bancari,
bollette, atti di proprietà, ecc.)
la Riconversione Chirurgica di Sesso (RCS, o SRS - Sex
Reassignment Surgery): ottenuta l'autorizzazione all'intervento, la
persona richiede ad uno dei centri chirurgici che effettuano tale
tipo di intervento di essere inserita nella lista d'attesa. L'attesa può
avere una durata variabile da pochi mesi a molti anni, a seconda
del tipo di struttura (pubblica o privata), dell'affluenza di utenza in
quella specifica struttura, del tipo di conversione (MtF o FtM).
In ogni caso la fase chirurgica prevede l'asportazione degli organi
genitali primari e secondari, e la ricostruzione, in gradi diversi, di
strutture fisiche somiglianti il più possibile agli organi sessuali
secondari del sesso desiderato (vulva, clitoride, neo-vagina; scroto,
neo-pene).
Naturalmente non possono essere ricostruiti degli organi
riproduttivi (ovaie e testicoli) funzionanti
il re-inserimento sociale: in generale inizia già all'epoca del Real
Life Test, ma si completa alla conclusione dell'iter legale: si tratta di
riconfigurare la propria vita in tutto e per tutto, da un punto di vista
lavorativo, affettivo, relazionale, in senso lato - appunto “sociale”,
come membro del genere scelto. Lo scopo è quello di riuscire a
conseguire l'affermazione completa del proprio progetto di vita e di
cittadinanza attiva
il “follow-up” (valutazione dei risultati): affinché il benessere della
persona possa realizzarsi in modo compiuto e stabile nel tempo si
ritiene necessario effettuare degli incontri di follow-up, che hanno
la finalità di verificare l'inserimento sociale e le condizioni
psicofisiologiche connesse con gli adeguamenti effettuati. Per
quanto attiene alla terapie ormonali deve effettuarsi, in assenza di
problemi particolari, almeno un controllo annuale per l'intero arco
di vita.
Le Difficoltà Sociali
La condizione transessuale può comportare, per sua natura, problematiche
relazionali e sociali che hanno il loro culmine durante il periodo di transizione.
Il fatto di essere percepiti (a causa di ambiguità fisiche o dei documenti discordi)
come persone di un sesso che si stanno comportando come fossero dell'altro,
induce negli altri uno spettro di reazioni; queste possono variare dalla semplice
perplessità, alla curiosità, fino, all'altro estremo, al disagio e alla violenza, passando
attraverso discriminazione, insulto, irrisione ecc.
Queste reazioni nascono dalla paura che spesso le persone hanno della “Diversità”.
Le persone transessuali propongono un modello di esperienza della vita diverso dal
comune che mette in crisi la norma secondo cui i maschi sono maschi e la
femmine sono femmine.
In aggiunta, il richiamo alla sessualità coinvolge la sfera più intima delle persone che
sono turbate dal richiamo al tema della trasgressione.
Il bisogno di “proteggere” lo status quo e di evitare di mettere in crisi il proprio
equilibrio, a volte induce alcuni soggetti ad assumere atteggiamenti espulsivi e
discriminatori nei confronti di chi “disturba” la norma.
Gli ambiti in cui questa esclusione si può manifestare sono quelli della vita
quotidiana di tutti: lavoro, studio, amicizie, famiglia, ricerca abitativa, vita ricreativa...
Lavoro/ Studio
In Italia non esistono normative esplicitamente discriminatorie, ma nemmeno
norme a tutela delle persone transessuali.
Nella realtà succede frequentemente che i/le transessuali non abbiano di fatto un
“pieno” diritto al lavoro perché la paura, la discriminazione e il rifiuto sociale
impediscono al mercato del lavoro di prendere in considerazione le capacità e le
competenze in possesso della persona transessuale, enfatizzando prevalentemente
la sua condizione di “diversità”. Questa situazione determina una specie di
“cancellazione delle competenze” che rende molto difficile la ricerca del lavoro e
l'inserimento sociale.
Succede quindi che le persone transessuali possano vivere situazioni di:
Non-assunzione: è una situazione molto frequente, che difficilmente si può
contrastare, in quanto è praticamente impossibile dimostrare che la non
assunzione sia avvenuta in ragione della condizione di transessualismo.
● Licenziamento: nel 1996 la Corte Europea per i Diritti Umani ha emesso una
sentenza secondo cui questi licenziamenti costituiscono una negazione degli
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elementari diritti umani in materia di parità tra i sessi (discriminazione contro
transessuale = discriminazione su base sessuale); da allora è molto più raro
che la motivazione del licenziamento sia esplicitamente riferita alla
transessualità, i licenziamenti avvengono ancora, con motivazioni ufficiali
diverse.
Mobbing: situazione molto frequente e complicata, in quanto, come ogni altra
situazione di mobbing, è difficile da dimostrare. Il ricorso legale prevede una
esposizione forzata e spesso non voluta della propria situazione di
transessualità: di fatto è frequente che la persona finisca col licenziarsi
spontaneamente.
Perdita di mercato: anche nel caso di lavoro autonomo, è molto difficile
contrastare l'esclusione dal mercato indotta dal disagio della clientela nei
confronti dei transessuali. è facile inoltre che si produca quella “cancellazione
delle competenze” a cui si è già accennato, per cui la valutazione dell'offerta
viene offuscata dalla reazione al transessualismo.
A Torino esiste un servizio di Inserimento Sociale e Lavorativo Transessuali (ISELT),
che si occupa di queste tematiche, e di cui trovate i riferimenti in appendice n° 4
Scuola
Anche in ambito scolastico/universitario si possono verificare situazioni di
derisione ed esclusione che spingono spesso le persone transessuali all'abbandono
del percorso di studio.
L'effetto che ne consegue è, statisticamente, un basso livello di scolarizzazione che
predispone da una parte ad una sorta di accettazione supina delle discriminazioni,
e dall'altra ad una ridotta capacità di difesa nel mondo del lavoro.
Un’eccezione lodevole è rappresentata dall'Università di Torino che da alcuni anni
ha concesso agli studenti transessuali in transizione l'utilizzo di un libretto
universitario sostitutivo recante il nome scelto anche prima dell'effettiva variazione
anagrafica, in modo da agevolare la vita all'interno dell'istituzione universitaria.
Soluzione abitativa
Un altro ambito che può presentare delle difficoltà è il reperimento e la gestione di
un'abitazione.
In molti casi i padroni di casa si rifiutano di affittare l'appartamento non appena la
condizione di transessualità viene resa nota (anche semplicemente alla
presentazione dei documenti): l'idea - vera o meno - che l'appartamento possa
essere usato per esercitare la prostituzione, crea ovviamente difficoltà al locatore.
E anche quando questo risultasse falso, la preoccupazione della reazione di vicini e
condomini rimane.
In alcuni casi la situazione si sblocca solo se la persona transessuale cede al ricatto
di una maggiorazione consistente del canone di locazione. Anche quando la casa è
di proprietà, comunque, i problemi non mancano perché le critiche, le proteste e
l'ostracismo dei vicini portano spesso a situazioni di grave tensione.
Famiglia
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Famiglia di origine: il rapporto con la famiglia di origine è in genere molto
problematico.
E' difficile “rivelare” ai propri cari ciò che si ha dentro, e quando lo si fa
quasi sempre non si viene capiti, si viene facilmente percepiti come
omosessuali. Scattano nei familiari meccanismi di rifiuto, negazione,
tentativi di coercizione, vergogna, autocolpevolizzazione, rabbia che
possono arrivare a produrre reazioni violente: attacchi verbali, fisici,
espulsione dal contesto familiare.
In passato succedeva spesso che la famiglia, spaventata, si rivolgesse a
medici non competenti della materia, che, per tentare di risolvere la
situazione, somministravano una terapia ormonale di “rinforzo del sesso di
appartentenza”, che, oltre a non avere l'esito desiderato, poteva provocare
danni alla persona transessuale complicandone l'eventuale iter di
adeguamento successivo. All'estremo opposto, può capitare che la famiglia
si chiuda a riccio attorno alla persona transessuale e, iperproteggendola, di
fatto la faccia restare “eternamente” figlia/o
Famiglia costituita prima della transizione: pur verificandosi raramente,
capita che la persona transessuale si sposi e abbia figli prima di
comprendere o di accettare la propria condizione.
La legge 164 prevede che l'intenzione di procedere con l'iter di
riassegnazione venga notificata ufficialmente a coniuge e figli, e che la
riattribuzione anagrafica comporti lo scioglimento del matrimonio.
Nella realtà, la faccenda è molto più complicata: la “comunicazione”, in
famiglia, avviene ben prima, e genera spesso conflitti, incomprensione,
disagio, sofferenza per tutti i componenti; ovviamente la parte più colpita
sono i figli, sia per la difficoltà di elaborare un cambiamento così radicale in
uno dei genitori, sia per ciò che questo comporta nelle relazioni tra pari nei
contesti amicali e scolastici.
In questi casi è auspicabile avvalersi di un aiuto professionale.
Famiglia costituita dopo la transizione: le persone transessuali possono
desiderare di farsi una famiglia, ma soprattutto di avere una vita
sentimentale che corrisponda ai propri desideri.
Uno dei problemi principali è la difficoltà ad incontrare un/a partner che
consideri la persona per quello che lei si sente, e non per quello che era
prima dell'inizio della transizione.
Capita, per esempio, che un uomo possa rifiutare una relazione con una
MtF perché non la considera donna e la vede come ex-uomo. Oppure che la
relazione sia ricercata proprio perché il passato maschile della MtF è
considerato attraente , anche se la persona transessuale ne è in realtà
infastidita.
Ed ancora, relazioni pre-esistenti all'intervento di conversione si possono
rompere dopo la trasformazione anatomica.
In ogni caso ci vuole, da parte del partner, una forte solidità emotiva ed
identitaria, anche solo per sostenere il giudizio del mondo esterno alla
coppia.
Una volta ottenuto l'adeguamento anagrafico, ci si può sposare e,
teoricamente, adottare dei figli, ma la pratica di adozione è spesso
respinta, in base alla presunta inadeguatezza alla genitorialità, senza una
valutazione effettiva, caso per caso, delle caratteristiche e delle condizioni
della persona e della coppia.
Amici/conoscenti/vita ricreativa, ecc
Le difficoltà si possono presentare anche in tutti gli altri ambiti di relazione: amici,
sport, vita ludica, conoscenti, personale di uffici/banche, ecc. con cui bisogna
sbrigare delle pratiche, pubblica sicurezza, aeroporti, alberghi, personale sanitario,
ecc... insomma, in ogni istante della vita quotidiana, per lo meno quando la
condizione di transessualismo è nota (a causa della discrepanza coi documenti) o è
visibile.
La casistica anche qui è estremamente variegata: si va da contesti amicali/sociali
molto inclusivi, ad amici che non riescono a reggere il giudizio sociale, o che
rifiutano violentemente la persona; rifiuto di accordare prestiti, o di cambiare
assegni; pubblica esposizione della condizione di transessualità agli sportelli, o ai
seggi elettorali o in ambito sanitario; controlli di polizia non necessari o veri e propri
abusi e vessazioni, esclusione da percorsi sportivi o da altre attività ludiche.
I motivi sono sempre gli stessi: il sospetto, la diffidenza, la paura del giudizio altrui, lo
scompiglio e il conflitto interiore che una persona transessuale crea in molte
persone....
Spesso le conseguenze sono l'isolamento, il crollo dell'autostima, l'autocolpevolizzazione, l'autoesclusione.
Appendice n° 1
LEGGE 14 aprile 1982, n. 164
Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso
La Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA
la seguente legge:
Art. 1
La rettificazione di cui all'articolo 454 del codice civile si fa anche in forza di
sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso
diverso da quello enunciato nell'atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni
dei suoi caratteri sessuali.
Art. 2
La domanda di rettificazione di attribuzione di sesso di cui all'articolo 1 è proposta
con ricorso al tribunale del luogo dove ha residenza l'attore. Il presidente del
tribunale designa il giudice istruttore e fissa con decreto la data per la trattazione
del ricorso e il termine per la notificazione al coniuge e ai figli.
Al giudizio partecipa il pubblico ministero ai sensi dell'articolo 70 del codice di
procedura civile. Quando è necessario, il giudice istruttore dispone con ordinanza
l'acquisizione di consulenza intesa ad accertare le condizioni psico-sessuali
dell'interessato.
Con la sentenza che accoglie la domanda di rettificazione di attribuzione di sesso il
tribunale ordina all'ufficiale di stato civile del comune dove fu compilato l'atto di
nascita di effettuare la rettificazione nel relativo registro.
Art. 3
Il tribunale, quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da
realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, lo autorizza con sentenza.
In tal caso il tribunale, accertata l'effettuazione del trattamento autorizzato, dispone
la rettificazione in camera di consiglio.
Art. 4
La sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso non ha effetto retroattivo. Essa
provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili
conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso. Si
applicano le disposizioni del codice civile e della legge 10 dicembre 1970, n. 898, e
successive modificazioni.
Art. 5
Le attestazioni di stato civile riferite a persona della quale sia stata giudizialmente
rettificata l'attribuzione di sesso sono rilasciate con la sola indicazione del nuovo
sesso e nome.
Art. 6
Nel caso che all'entrata in vigore della presente legge l'attore si sia già sottoposto a
trattamento medico-chirurgico di adeguamento del sesso, il ricorso di cui al primo
comma dell'articolo 2 deve essere proposto entro il termine di un anno dalla data
suddetta.
Si applica la procedura di cui al secondo comma dell'articolo 3.
Art. 7
L'accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso estingue i
reati cui abbia eventualmente dato luogo il trattamento medico-chirurgico di cui
all'articolo precedente.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale
delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Ventimiglia, addì 14 aprile 1982
PERTINI
SPADOLINI - DARIDA - ROGNONI
Visto, il Guardasigilli: DARIDA
Appendice n° 2
Linee Guida ONIG
STANDARD SUI PERCORSI DI ADEGUAMENTO NEL DISTURBO
DELL'IDENTITA' DI GENERE (DIG)
PREMESSE
1. Il transgenderismo e la transessualità sono condizioni esistenziali per le
quali le persone non si riconoscono nel proprio sesso biologico e vivono o
desiderano vivere in conformità con la propria identità di genere.
2. La ricchezza di una cultura si fonda sulle differenze individuali e sul
principio di non discriminazione. Il benessere della comunità non può prescindere
dal diritto della persona di vivere in relazione con il proprio contesto secondo la
propria identità, nè può prescindere dal bisogno di facilitare un'evoluzione culturale
generalizzata e basata sulla conoscenza e il confronto. Le condizioni esistenziali, le
modalità di vivere e di operare scelte individuali trovano il loro nucleo essenziale nel
principio di autodeterminazione e nel rispetto dei diritti e della libertà altrui.
3. La costruzione dell'identità, e dell'identità di genere nello specifico, è un
processo precoce e legato a complessi intrecci tra fattori biologici e fattori
relazionali che, evolvendosi nel tempo, producono una molteplicità di differenze
individuali collocabili lungo un continuum connotato ai due estremi da identità e ruoli
considerati maschili e femminili, secondo parametri che variano da cultura a
cultura.
4. Vivere coerentemente all'identità di genere cui si sente di appartenere
coinvolge sia la realtà intrapsichica che quella interpersonale e sociale. I disagi che
possono emergere nel processo psicofisiologico di costruzione dell'identità
richiedono percorsi terapeutici differenziati, ma basati su criteri di intervento
condivisi che consentano omogeneità di trattamento nei diversi Servizi specialistici
del territorio nazionale, garantendo il rispetto e il benessere del cittadino e un
terreno comune di confronto e ricerca tra professionisti che operano nel campo.
5. Tenuto conto che le terapie ormonali possono produrre effetti
irreversibili e che i cambiamenti somatici ottenuti chirurgicamente sono definitivi, è
da ritenersi essenziale e prioritario un percorso psicologico mirato all'elaborazione
e al sostegno delle varie fasi e dei diversi aspetti dell'iter di adeguamento.
6. I Servizi devono basare la loro attività su un lavoro interdisciplinare di
operatori con una competenza specifica e qualificata in collegamento e secondo
procedure concordate con i servizi territoriali (ASL, Scuole...), le agenzie sociali
(Sindacati, Movimenti, Associazioni...) e altre strutture (Tribunali, Pubblica
Amministrazione...)
7. Ogni relazione tra gli operatori e gli utenti dei servizi deve essere
caratterizzata da una corretta ed esauriente informazione reciproca, nel pieno
rispetto dell'autodeterminazione della persona e della libertà professionale
dell'operatore.
I criteri di seguito riportati devono considerarsi raccomandazioni minime
indispensabili da applicare nelle richieste di riattribuzione ormonale e/o chirurgica
di sesso.
CRITERI DI INTERVENTO
1. ANALISI DELLA DOMANDA E VALUTAZIONE DELL'ELEGGIBILITÀ.
1. I percorsi di adeguamento medico-chirurgico e psico-sociale, nonché il
percorso legale di riattribuzione di sesso secondo la legge n. 164 del 1982, devono
iniziare con una approfondita analisi della domanda del cliente e con una indagine
della personalità e dell'ambiente socio-familiare, al fine di evidenziare le motivazioni,
le aspettative e il contesto che hanno portato la persona alla richiesta di
riattribuzione di sesso, e verificare quanto questa possa inscriversi nel quadro di
una problematica di genere.
2. Ogni professionista (medico di base, endocrinologo, chirurgo, psichiatra,
psicologo...) deve collegarsi con operatori specializzati o inviare il cliente a strutture
specialistiche, per la valutazione della transessualità, al fine di concordare e
pianificare con il cliente stesso e con gli altri professionisti un progetto complessivo,
integrato e individualizzato.
3. Ogni fase del progetto concordato deve ritenersi parte di un più ampio
percorso psicofisiologico e pertanto prevedere un rapporto terapeutico costante
sia sul piano medico-chirurgico che psico-sociale.
4. In presenza di diagnosi di rilievo psichiatrico o di altre problematiche
psicologiche o comportamentali (ad es. tossicodipendenze) la cui risoluzione viene
ritenuta primaria rispetto alla richiesta di riattribuzione medico-chirurgica di sesso,
va data precedenza alle procedure terapeutiche comunemente adottate per tali
condizioni. Nei casi in cui non si riscontrino i criteri di eleggibilità al percorso di
riattribuzione (DSM IV/ICD 10) le persone verranno inviate ad altri Servizi o
professionisti adeguati.
5. Il percorso di adeguamento può essere intrapreso da persone che
abbiano raggiunto la maggiore età, tranne diversa disposizione del Tribunale dei
Minori.
2. ITER DI ADEGUAMENTO
1. L'ingresso nel percorso di riattribuzione medico-chirurgica prevede in fase
preliminare che la persona venga informata circa tutte le procedure e le terapie,
nonché su tutti i rischi che queste comportano e la irreversibilità di alcune di esse,
al fine di far esprimere all'utente un consenso informato scritto, inerente il progetto
di riattribuzione concordato. I Centri, i Servizi e i Professionisti che aderiscono al
protocollo, non si fanno carico di persone che seguono percorsi terapeutici non
concordati con l'équipe.
2. A partire dalla richiesta di riattribuzione, il percorso psicologico, parallelo e
integrato con tutto il percorso di adeguamento medico-chirurgico, si sviluppa
secondo modalità individuate caso per caso, mira alla verifica continua
dell'assunzione di responsabilità nei confronti delle proprie scelte ed ha la finalità di
sostenere e di elaborare le modificazioni ormonali e somatiche, nonché le
esperienze relazionali e sociali del cliente. L'iter psicoterapeutico mira più
specificatamente all'elaborazione del conflitto di identità e dei conflitti cognitivi ed
emozionali che si presentano durante il percorso.
3. In considerazione di alcuni effetti irreversibili e delle implicazioni
psicologiche legate all'assunzione di ormoni, l'inizio della terapia ormonale prevede
che il cliente abbia instaurato e portato avanti, secondo modalità concordate, una
relazione psicoterapeutica di almeno sei mesi. La somministrazione ormonale deve
essere subordinata alla valutazione degli specialisti, sentito il parere dello psicologo
o psicoterapeuta che ha in carico il cliente.
4. “L'esperienza di vita” nel ruolo adeguato al genere prescelto è considerata
parte fondamentale del percorso di preparazione alla riattribuzione chirurgica di
sesso (RCS). Nell'ambito della relazione terapeutica e in accordo con l'équipe, lo
psicoterapeuta e il cliente pianificheranno un tempo congruo, per periodo e durata,
comunque non inferiore ad un anno. Il passaggio alla riattribuzione chirurgica di
sesso avverrà su parere concorde dei diversi operatori.
5. Ottenuta l'autorizzazione del Tribunale, la RCS può effettuarsi su parere
concorde degli operatori che hanno preso in carico la persona e comunque non
prima di due anni dall'inizio dell'iter. In questo periodo devono essere ottemperate le
indicazioni sulla terapia ormonale e sull'esperienza di vita di cui ai punti 3 e 4.
6. Variazioni relative ai criteri e alle procedure d'intervento devono essere
adottate solo in casi specifici, con motivazioni mediche e/o psicologiche
ampiamente documentate.
3. FOLLOW-UP
Perché il benessere della persona possa realizzarsi in modo compiuto e stabile nel
tempo si ritiene necessario effettuare, oltre ai dovuti controlli legati a specifiche
situazioni personali, tre incontri di follow-up generalizzati (a 6 mesi, 1 anno, 2 anni
dalla RCS). Il follow-up ha la finalità di verificare l'inserimento sociale e le condizioni
psicofisiologiche connesse con gli adeguamenti effettuati. Per quanto attiene alle
terapie ormonali deve effettuarsi, in assenza di problemi particolari, almeno un
controllo annuale per l'intero arco di vita.
CONSIDERAZIONI
1. A fine di prevenzione, si ritiene oltremodo rilevante l'istituzione di Servizi
di osservazione per i comportamenti attinenti l'identità di genere in età evolutiva,
nonché la diffusione di un'adeguata formazione-informazione di genitori e insegnanti
a partire dalle scuole materne.
2. Viste le implicazioni sociali relative alla condizione di transessualità, si
ritiene improrogabile una corretta e approfondita formazione-informazione delle
figure professionali e sociali che svolgono funzioni attinenti questo campo
(personale paramedico e della pubblica amministrazione).
3. Pur considerando i percorsi di riattribuzione di sesso una risposta oggi
adeguata al disagio di chi si rivolge agli operatori della salute per ottenere una
congruenza personalmente soddisfacente tra realtà somatica e vissuto di identità
di genere, si ritiene fondamentale approfondire la ricerca scientifica sia sulla genesi
dell'identità che sull'eziopatogenesi dei suoi disturbi, sugli effetti a lungo termine
delle terapie ormonali come sulle possibilità di tecniche chirurgiche ancor più
sofisticate. A questo scopo si ritiene essenziale il contributo dei risultati a distanza
ottenuti attraverso la raccolta di dati nei follow-up.
Appendice n° 3
I centri Italiani
In Italia esistono diversi gruppi di lavoro interdisciplinari, nell'ambito del Servizio
Sanitario Nazionale, che si rifanno alle linee guida dell'Osservatorio Nazionale
sull'Identità di Genere.
Quasi tutti offrono anche la possibilità di effettuare l'intervento chirurgico. Occorre
ricordare che per essere inseriti nelle liste d'attesa chirurgiche è indispensabile
aver ottenuto l'autorizzazione all'intervento da parte del Tribunale di residenza.
Qui di seguito trovate i riferimenti di tali strutture: è possibile rivolgersi a uno
qualunque di questi centri indipendentemente dal luogo di residenza.
●
BARI
U.O. di Psichiatria “G. Tamburro” - Day Hospital per i Disturbi dell'Identità
di Genere dell'Azienda Ospedaliera Consorziale Policlinico di Bari e Centro
Universitario di “Clinica psicosomatica e dei comportamenti sessuali”
Piazza G. Cesare, 11 - 70124 Bari
Orario: lunedì – venerdì, 11.00 -12.30
Tel. 080.5478543 - 5594021 – 5593047
mail: [email protected]
●
BOLOGNA
Consultorio M.I.T.
Via Polese 15 - 40122 Bologna
Orari: lunedì – giovedì, 10.00 - 18.00; venerdì, 10.00 – 14.00
telefono: 051.271666 (segreteria telefonica 24 ore)
●
FIRENZE
Centro Interdipartimentale Assistenza Disturbo Identità di Genere
Responsabile: Prof. Mario Maggi
Sede: Centro Polivalente CUBO, sod di Medicina della Sessualità e
Andrologia
viale Pieraccini, 6 – 50139 Firenze
Prenotazioni: telefono: 055.7949960 (lunedì – venerdì, 11.00-13.30)
sportello: lunedì – venerdì, 9.00 – 18.00
e-mail: [email protected]
web: www.unifi.it/dfandr/CMpro-v-p-49.html
●
NAPOLI
Unità di Psicologia Clinica e Psicoanalisi Applicata
Dipartimento di Neuroscienze
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Università degli Studi di Napoli Federico II
Via S. Pansini 5 – 80131 Napoli
tel. 081.7463458 (appuntamenti: lunedì – venerdì, 9.00 - 15.00
Centro chirurgico
Clinica Urologica - Università Federico II
Via S. Pansini 5 – 80131 Napoli
tel. 081.7462210 (preferibilmente giorni dispari, 10.00 - 13.00)
●
ROMA
S.A.I.F.I.P. Servizio per l'Adeguamento tra l'Identità Fisica e Identità
Psichica
Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, Circ. Gianicolese 87, Roma
[email protected]
Telefono e fax dello Sportello Informativo del SAIFIP (che vale anche per le
liste chirurgiche): 06.58704213 – lunedì, 14.00 - 17.00 e mercoledì,
9.00 - 11.00.
●
TORINO
C.I.D.I.Ge.M. Centro Interdipartimentale Disturbi Identità di Genere
A.S.O. San Giovanni Battista di Torino - Sede Molinette
Corso Bramante 88/90 - Torino.
Sportello Informativo: tel. 011.6334387 – giovedì, 13.30 - 16.30
●
TRIESTE
C.E.D.I.G. Strada di Fiume 447 - Trieste.
Segreteria : 040.3994170, lunedì – venerdì, al mattino.
Appendice n° 4
Indirizzi utili
●
ONIG – Per qualsiasi informazione consultate il sito: www.onig.it

CGIL – Sportello Mobbing – lo sportello è operativo presso la CGIL di
Torino, in via Pedrotti 5, al 4° piano ogni martedì e giovedì, dalle ore 14.30
alle 19.00.
tel.: 011.2442256
fax: 011.2442210
e-mail: [email protected].

GRUPPO TRANSESSUALI LUNA: c/o Circolo GLBT Maurice, Torino
e-mail: [email protected]
web: www.gruppoluna.net

GRUPPO ABELE: corso Trapani, 91b/95 - Torino
e-mail: [email protected]

ASSOCIAZIONE EVADAMO: via Schiapparelli, 16/b – Torino
tel: 011.2974762
e-mail: [email protected]
web: www.evadamo.it

UNIVERSITA' DI TORINO (per il doppio libretto universitario):
Comitato Pari Opportunità
Via S. Ottavio n. 19/b - 10124 Torino
Tel: 011.6703952 - fax: 011.6703954
Cell: 335.7787736
e-mail: [email protected]

SERVIZIO LGBT:
Settore Pari Opportunità e Politiche di Genere
Servizio LGBT per il Superamento delle Discriminazioni
Basate sull'Orientamento Sessuale e sull'Identità di Genere
via Corte d'Appello, 16 - 10122 Torino
Tel. 011.4424040 fax 011.4424039
e-mail: [email protected]
Il Servizio non svolge attività di sportello ma promuove progetti e iniziative a
supporto delle persone transessuali e transgender, in particolare
attraverso attività di formazione rivolta agli operatori dei Servizi del
territorio.
Appendice n° 5
Glossario
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ADEGUAMENTO DEI CARATTERI SESSUALI:
Il Tribunale, quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri
sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, lo autorizza
con sentenza (art. 3 della legge n. 164 del 1982). L’adeguamento
chirurgico dei caratteri sessuali deve essere autorizzato con sentenza in
quanto comporta l’asportazione degli organi della riproduzione, che in
assenza di patologie organiche che la giustifichino, è vietata
dall’ordinamento giuridico italiano perché lesiva dell’integrità della persona.
L’adeguamento dei caratteri sessuali può avvenire, in parte, anche
mediante la terapia endocrinologica (somministrazione di ormoni) per la
quale, come ribadito dal Tribunale Ordinario di Torino (sentenza n. 6673
del 6-10-1997), non è necessaria autorizzazione.
La terapia ormonale deve avvenire secondo le procedure previste dagli
Standards of Care (vedi appendice n° 2), sotto controllo medico.
BISESSUALITA':
Complesso delle caratteristiche personali e dei fenomeni relativi
all'orientamento sessuale di una persona che desidera vivere le proprie
relazioni affettive e di intimità sessuale con partner di entrambi i sessi (vedi
“orientamento sessuale”)
DISTURBO DELL'IDENTITA' DI GENERE (D.I.G.):
Il termine transessualismo continua ad essere utilizzato nel linguaggio
comune, ma già nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disordini Mentali
del 1994, DSM IV, il termine non è più usato e la condizione transessuale è
definita come “Disturbo dell’Identità di Genere “ (D.I.G.).
ETEROSESSUALITA':
Complesso delle caratteristiche personali e dei fenomeni relativi
all'orientamento sessuale di una persona che desidera vivere le proprie
relazioni affettive e di intimità sessuale con partner del sesso opposto al
proprio (inteso nel senso più completo, quindi anche psicologico). (vedi
“orientamento sessuale”)
IDENTITA' DI GENERE:
L’identità è il vissuto personale persistente di esistere nel tempo
continuando ad essere se stessi malgrado i cambiamenti che avvengono
durante l’intero arco della vita. L’identità di genere è invece il vissuto di
appartenenza ad un genere o all’altro. L’identità di genere concorre a
formare l’identità dell’individuo, il senso di se stesso, l’unità e persistenza
della propria individualità sessualmente tipizzata: maschile, femminile o
transgender. Non ha niente a che fare con l’anatomia: è una connotazione
psicologica. In sostanza l’identità di genere è quella condizione che fa dire
ad una persona: io sono maschio, io sono femmina e, in alcuni casi, io sono
transgender.
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OMOSESSUALITA':
Complesso delle caratteristiche personali e dei fenomeni relativi
all'orientamento sessuale di una persona che desidera vivere le proprie
relazioni affettive e di intimità sessuale con partner dello stesso sesso
(inteso nel senso più completo, quindi anche psicologico). (vedi
“orientamento sessuale”)
ORIENTAMENTO SESSUALE:
Definisce in che direzione si indirizza il desiderio sessuale della persona e,
di conseguenza, in che modo vive la sua vita sentimentale ed erotica.
L’orientamento sessuale può essere eterosessuale, omosessuale o
bisessuale, a seconda che l’oggetto di desiderio sia del sesso opposto, dello
stesso sesso o possa essere di entrambi i sessi.
RIATTRIBUZIONE ANAGRAFICA:
Questa espressione indica quanto nella legge n. 164/1982 viene definito
come “rettificazione di attribuzione di sesso” quindi la modificazione dei
dati personali, nome proprio e sesso attribuito alla nascita, nei registri
dell’anagrafe. L’ufficiale di stato civile effettua la rettifica in seguito
all’ordinanza del Tribunale dopo che quest’ultimo ha verificato, tramite la
visione dell’idonea documentazione clinica, l’avvenuto adeguamento
medico-chirurgico dei caratteri sessuali. Tutti i certificati e i documenti
riporteranno i nuovi dati personali, solo l’atto di nascita integrale avrà
traccia della variazione.
RUOLO DI GENERE:
E’ tutto ciò che una persona fa o dice per indicare agli altri e a se stesso la
propria connotazione sessuale: il grado della propria femminilità,
mascolinità o ambivalenza. Il ruolo di genere e la sua espressione sono
fortemente condizionati dall'insieme delle aspettative e dai canoni sociali
che determinano il “come” gli uomini e le donne si debbano comportare in
una data cultura e in un dato periodo storico.
TRANSESSUALE:
Una persona transessuale sente di appartenere al sesso opposto a quello
in cui è nata. Si rende conto che il suo corpo la contraddice, ma spiega che
la sua anima è imprigionata “in un corpo sbagliato” e ha bisogno di
adeguare la realtà esterna al suo vissuto interno, indiscutibile.
Il termine si declina al femminile (“la” transessuale) per indicare persone di
sesso anatomico maschile che sentono di essere donne ( MtF - Male to
Female), e al maschile (“il” transessuale) per indicare persone di sesso
anatomico femminile che sentono di essere uomini (FtM - Female to Male).
Entrambi desiderano poter vivere la loro vita nella dimensione a cui
sentono di appartenere e desiderano poter avere un corpo che
corrisponda il più possibile al proprio vissuto psicologico, nonché un
riconoscimento sociale in accordo ala loro identità.
TRANSESSUALISMO:
termine entrato nell'uso corrente per indicare la condizione esistenziale di
persone con identità di genere non congruente col proprio sesso biologico
(vedi “transessuale”).
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TRANSGENDER:
è un termine introdotto recentemente per indicare le persone che non
sentono di esprimere se stessi e la propria identità in un senso classico e
polarizzato, in senso maschile o femminile tradizionale.
In termini generali questo termine viene usato per riferirsi a tutte le
persone che non vogliono essere costrette a definirsi all'interno di rigide
classificazioni maschili o femminili.
Per estensione, ora è utilizzato come termine “generale” per esprimere
tutte le condizioni di non-congruenza tra l'identità di genere e il sesso
anatomico, includendo pertanto, come sottogruppi, le persone
transessuali, i travestiti, i crossdressers, ecc.
TRAVESTITO:
è una persona che ha, di solito, un'identità di genere congruente col sesso
anatomico, ma sente la necessità di vivere la sua quotidianità relazionale (o
parte di essa) nei panni del sesso opposto.