Il pianista nano Anteprima
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Il pianista nano Anteprima
Luca Palumbo IL PIANISTA NANO racconti www.0111edizioni.com www.0111edizioni.com www.ilclubdeilettori.com IL PIANISTA NANO Copyright © 2011 Zerounoundici Edizioni Luca Palumbo ISBN: 978-88-6578-015-2 In copertina: immagine Shutterstock.com Prodotto da Shaliboo su licenza 0111edizioni A Irene, senza esitazione. 5 IL PRATO IN MEZZO AL MARE PRIMA PARTE La musica suonava alta e imperiosa, sovrastando trionfalmente i milioni di clacson che strombazzavano con ferocia nel traffico apocalittico della città. Le ariose e scozzesi chitarre dei Mogwai occupavano soavemente lo spazio del salotto, s'alzavano come maree e sfioravano il soffitto, poi si riabbassavano, dopo si rialzavano ancora. Carmelo nuotava estasiato in questo oceano di suoni elettrici, o almeno ci provava. Quando pareva essere assorbito dalle calde e calme note basse, schizzava impazzito dal sofà e cominciava a gironzolare per la stanza con ampie e nervose falcate. Teneva le 6 mani giunte dietro il fondoschiena, poi se le portava al volto, infine se le sfregava. Borbottava freneticamente sottovoce, lanciava bizzarri gridolini, la faccia cambiava espressioni, saltellava di tanto in tanto. Evidentemente la musica non riusciva a calmarlo del tutto. Il suo cuore palpitava con veemenza e lo si poteva sentire nitidamente quando le chitarre scozzesi decidevano di dialogare con un armonico bisbiglio. Prendeva oggetti dai mobili: libri, giornali, souvenir, e li guardava col sangue agli occhi dopodiché li riponeva accuratamente dove li aveva presi, giocando di precisione. A tratti si portava una mano al petto e credeva di non poter respirare: boccheggiava, agitava l'altra mano, strabuzzava gli occhi. Carmelo, insegnante d'italiano alle scuole medie, era nevrotico ipocondriaco paranoico apprensivo a tratti ossessivo, ma tutto si vestiva di apparente tranquillità. Abbassò il volume della musica, sospirando profondamente; s'avvicinò al 7 tavolo e prese una foto. Se la portò al petto, poi la baciò con delicatezza. Un nuovo sospiro. Si tranquillizzò per un po', un sorriso si sciolse sulle labbra e un vago senso di fanciullesca libertà lo invase in tutto il corpo. Si sentì beato. Tuttavia la dolce beatitudine durò soltanto qualche secondo; sprofondò in una caverna di tristezza, una tristezza comunque scossa da gesti frenetici. Si lamentò, pianse qualche schizofrenica lacrima, batté un piede a terra, poi si tuffò di nuovo sulla foto. Oh che visino delicato, che graziosa boccuccia, che occhi vispi e intelligenti, che testolina piena di brio! Io ti amo piccola mia e perdonami se ti ho rubato questa meravigliosa foto! Quando viene domani? Quante ore mancano? Quanto dovrò soffrire e smaniare ancora? Quanti tranquillanti dovrò buttar giù? Quante morti dovrò sfiorare? Carmelo portò la foto a una parete, come volesse attaccarla. La teneva appiccicata con le mani contro la parete mentre con lo sguardo cercava 8 intorno a sé, forse dell'adesivo o delle puntine. Poi lasciò perdere, vinto da uno straziante pensiero. Ma no, ma che ho in mente di fare? Non posso farlo, non posso attaccarti alla parete e stare tutto il giorno a guardarti! Questa é anche la casa della mia compagna. Dove metterla ora? Cucita nella stoffa delle mie scarpe? Schiacciata sotto la notevole pila dei miei romanzi dell’ottocento? Persa nei milioni di pagine dei lavori più impegnativi di Dostoevskij? La scoprirebbe anche se la nascondessi in un angolo angusto della mia anima più recondita. | Carmelo riprese a camminare nervosamente per il salotto con la foto tra le mani. I suoi lunghi piedi s'abbattevano violentemente sul pavimento, il suo respiro s'affrettava. Sembrava che ora stesse pensando a qualcosa, forse a una soluzione. Forse devo confidarlo a qualcuno, non posso perdere del tutto la testa senza che nessuno lo sappia. 9 D'improvviso si fermò e si grattò il mento. Rimase così per qualche lungo secondo. S'avvicinò al telefono. Lorenzo. Già, Lorenzo, colui che dovrebbe essere il mio migliore amico. Perché no? Carmelo alzò la cornetta e fece il numero di Lorenzo Spiattella, porno fotografo, suo grande amico da sempre. Cominciò a tremare. Si tastò il polso. “Sììì?” disse una voce alterata al di là della cornetta. “Ciao Lorenzo.” salutò Carmelo. “Non è possibile, non è umanamente possibile che mi chiami sempre quando sono al cesso. La tua è una maledetta congiura.” “Mi dispiace.” “Ora non mi uscirà nemmeno più un quarto di stronzo! Contento?” “Scusami.” “Cos'é successo, hai scoperto un'altra malattia immaginaria?” “Devo confidarti una cosa.” “Spero sia qualcosa di sensazionale, amico mio.” 10 “Se ti dico questa cosa devi promettermi di non giudicarmi.” “Fotografo vagine squartate, cosa vuoi che giudichi? Avanti, parla.” Carmelo trattenne il fiato, chiuse gli occhi, si portò una mano al petto. “Mi sono innamorato di una mia alunna di tredici anni…Anita. Mi chiedo se ho perso la testa, cioè se ho perso il mio equilibrio. Sì, sento di essermi innamorato di lei.” Cinque secondi di silenzio. Carmelo sentì un sospiro paziente dell'amico. “Immagino sia la migliore alunna della scuola.” disse Lorenzo. “La migliore da quando insegno.” Carmelo sentì un sorriso dell'amico. “Scommetto che legge già Dostoevskij.” “Gogol'. E parla francese…come i francesi.” “Ma com'è potuto succedere?” “E' stata lei. Cioè, voglio dire che forse Anita é innamorata di me prima che io lo fossi di lei.” “Sguardi?” 11 “Dovresti vederla quando mi guarda! Mi sento squagliare, svenire, ogni volta. Appoggia il mento sui pugni delle sue manine sul banco e mi guarda e mi ascolta come fossi Gesù Cristo.” “E tu in quei momenti ti senti Gesù Cristo.” “Quando la interrogo é praticamente un supplizio. Non facciamo altro che guardarci. Ho paura che qualcuno se ne accorga.” “Ti dice mai nulla che non riguardi la scuola?” “Sempre. Ogni volta che finisce la lezione mi s'avvicina e mi chiede qual è l’autore dell’ ottocento che preferisco e cosa mi piace fare oltre che insegnare e leggere classici.” “Fantastico. E tu, cosa le dici?” “Al principio balbetto e lei avverte la mia emozione e arrossisce, poi riacquisto il controllo e le parlo come fosse la mia amante da anni. Le parlo di Dostoevskij come se fosse un personaggio di un mio ipotetico romanzo, cioè lo invento, e lei ne resta estasiata. Poi però le parlo anche delle mie 12 passeggiate solitarie sulle rive della ferrovia di tutti i ponti della città. Di questo lei ne è addirittura affascinata.” “E’ grave.” “E' così.” “Come ti senti?” “Sull'orlo di un collasso.” “Ovviamente.” “Il fatto è che non la trovo una cosa così assurda essermi innamorato di lei.” - Non è una cosa assurda, è una cosa...una cosa d'artisti, sì.” “Dici? Sono un artista?” “Non ancora, ma finalmente ora hai fatto qualcosa da grande artista.” “Qualcosa da grande artista? E che vuoi dire? Forse mi stai prendendo in giro.” “No, tutt'altro. Anch'io sarei capace di fare una cosa del genere, sai. Io sono un artista, un grande artista. L'immoralità è dei mediocri.” E rise. Carmelo si portò disperato una mano sulla fronte. Forse aveva sbagliato a chiamare Lorenzo. 13 “Lorenzo?” Ma Lorenzo non rispose. Altri cinque secondi di silenzio che Carmelo trovò insopportabili. “Lorenzo?” chiamò ancora, quasi implorando. Carmelo sentiva l'amico sospirare pensieroso. “Forse stai pensando che me la voglia scopare?” “Non lo penso affatto, sono un porno fotografo, non un pervertito.” “Giuro che non c'ho mai pensato.” “Ti credo, sei un uomo irreprensibile.” “Cosa dovrei fare secondo te, ora?” Altro silenzio. Carmelo sentì che l'amico stava cercando la risposta. “Goderti per un po' questo colpo di genio.” rispose Lorenzo. “Ma non ce la faccio!” “Stronzate, la scuola è quasi finita, lei andrà alle superiori e non la vedrai più.” “E se non fosse così?” “Hai forse intenzione di sposarla?” 14 “E Alice? O comunque colei che dovrei chiamare “la mia Alice”? Come la mettiamo?” “Semplice, non dirle un cazzo.” “Ma é la mia compagna e convivente! S'accorgerà del mio malessere, dovresti saperlo. Avrò una crisi, potrei perdere ancora di più la testa.” “Magari verrò a trovarti tra qualche giorno e sistemeremo tutto, d'accordo?” “Grazie amico. Ti ospiterò.” “Naturalmente. Sta' tranquillo. E non impazzire.” “Ce la metterò tutta.” “A presto, genio.” “ Sì, a presto.” Carmelo riattaccò. Ed attaccò a piangere istericamente, versando lacrime sulla foto di Anita. Alice rientrò alla solita ora, sbattendo la porta di casa, come al solito, e, come al solito, trascinò con sé il suo odore di vaniglia e un sorriso stanco e soddisfatto. Trovò Carmelo sprofondato nel sofà con le mani che s'aggrappavano disperatamente ai brac- 15 cioli. Gli occhi guardavano impazziti la compagna. Stava tremando. Sembrava quasi sul punto di vomitare, di aprire la bocca e di gettare fuori pezzi di verità nascoste. Era in piena crisi di panico, volava sull'aereo delle sue paranoie fritte e rifritte e su grasse gocce d'ipocondria. S'afferrava ai braccioli del sofà con tutte le sue forze come se il suo aereo stesse tragicamente precipitando. Alice ci era abituata. Buttò la borsetta sul divano, portò le mani ai fianchi e guardò Carmelo, quasi divertita. “Quanti metri mancano? Hai confidato il tuo più grande segreto a qualche passeggero?” Gli parlava quasi sempre in questo modo, cercava di tirarlo su con l'arma dell'ironia e spesso aveva successo. Era stata lei a tirare fuori la storia dell'aereo che precipita, poco dopo le prime crisi. “Stavolta credo di morire sul serio.” disse Carmelo con un fil di voce arrochita. 16 “Non c'è il mare sotto? Se c'è alzati e buttati dall'aereo. C'è un cane che rema una scialuppa che sta arrivando in tuo soccorso. Non lo vedi?” Alice si sedette sul divano, di fronte a Carmelo. S'accese una sigaretta. “No. Stavolta sotto di me vedo una spietata catena montuosa. Sto per sfracellarmi. Preferisco morire stando seduto.” Carmelo sudava. “Dai, schiodati da quella poltrona.” “No, non posso. Il comandante dice di restare seduti.” Alice rise di gusto. “Bene, ora c'è anche un comandante! Dai alzati che andiamo a cucinare qualcosa, su!” Alice s'alzò e s'avvicinò al compagno. Carmelo aprì la bocca in tutta la sua larghezza: “Nnnoooo! Non ora! Non ora! Porca puttana!” Alice sobbalzò, poi rimase di sasso a qualche centimetro da Carmelo. 17 “Va' tu in cucina, ti prego. Voglio prima schiantarmi sulle Ande, poi tutto passa e ti raggiungo, eh?” Alice, senza fiatare e allibita, annuì scuotendo i riccioli neri, girò i tacchi e corse in cucina. Poi si perse nel terremoto del pentolame. Carmelo parve rilassarsi: rifiatò profondamente, allentò la presa sui braccioli, smise di tremare. S'alzò dal sofà molto lentamente, prese la foto di Anita che era stata nascosta sotto il suo culo, e scappò in bagno. Lì vomitò. Porca miseria, che fare? Non ce la farò mai a nascondergli la storia di Anita e questa cazzarola di foto. La mia bocca parlerà senza che io lo voglia, lo so, lo so bene. Se non parlerà io morirò di crepacuore e se parlerà e dirà la verità lei morirà buttandosi dalla finestra. Uno di noi morirà, comunque. Carmelo sputò sullo specchio e uscì dal bagno. Cenò parlando il meno possibile dopodiché propose subito un film da vedere, imperdibile e da vedere senza fiatare. Dopo il film, e dopo 18 un breve commento, lui fu il primo a mettersi a letto. Imbottito di sedativi, sguazzò quasi subito nell'oceano del sonno, non vide neanche Alice sdraiarsi al suo fianco. E la sognò. Lui le cantava i versi d'amore di un poeta cileno e lei lo ascoltava in estasi, con gli occhi chiusi e con un fiorellino azzurro tra le piccole labbra rosa. Erano distesi su un prato circondato dal mare. Terminate le poesie lui s'accostò di più a lei e le accarezzò una guancia. Lei mugolò. Lui pure. Il mare suonava carezze in lontananza e il prato era un'amaca che dondolava sotto i loro corpi leggeri. Lui sussurrò il nome di lei. Anita dormiva, ignara del suo sogno. Erano le sette e tre quarti e aspettava l'autobus alla fermata. Con lui c'erano tre donne che leggiucchiavano un quotidiano, nel senso che una teneva aperto il giornale, le altre due sbirciavano alle sue spalle, cercando di non farsi notare. Carmelo era talmente assorto nei suoi pensieri che non s'ac- 19 corgeva delle tre donne e rischiava di dimenticarsi dell'autobus che attendeva. Se fosse passato in quel momento, lui non l'avrebbe visto. Vedeva solo i suoi pensieri. Pensava ad alcune parole che Lorenzo, il suo amico porno fotografo, gli aveva detto al telefono la sera prima: "finalmente ora hai fatto qualcosa da grande artista". Cos'è fare qualcosa da grande artista? Cos'è fare qualcosa di talentuoso? Cos'è fare una genialata? Ma sì, è arrivare quasi a spezzare il proprio equilibrio, e se si persevera nella genialata, nell'atto talentuoso, si finisce per reciderlo definitivamente, quell'equilibrio. E' questo che io sto facendo? Sto buttando in malora il mio trentennale equilibrio? Ci sto vicino? Pare di sì, perché mi sento di confondermi spesso. Bevo solo un po' il sabato sera, ma giusto un po', perché ho paura dei postumi della sbronza. Ho fumato soltanto uno spinello in vita mia e ho creduto di morire schiacciato dalle paranoie, quindi non fumo spinelli perché credo che poi potrei morire 20 schiacciato dalle paranoie, e potrei ammattirmi. Non vado allo stadio e ai megaconcerti perché se c'è qualche tafferuglio la mia apparente ma importante eterna pacatezza potrebbe frantumarsi in mille pezzi, quindi potrei ammattirmi. Ho letto e leggo tuttora solo letteratura classica e con quella mi sono nutrito e mi nutro ancora adesso, rafforza il mio equilibrio. Una volta che lessi due pagine di Bukowski e due di Fante, mi misi a piangere, perché sentii di aver tradito il mio equilibrio. Ho scelto Alice, l'ho conosciuta col contagocce, mi sono innamorato di lei e la sposerò l'anno prossimo. Ho deciso così, e se non dovesse succedere, potrei impazzire. Ho paura di spezzare il sottile filo dell'equilibrio. Ho paura di diventare matto. Ed ora, invece? Faccio la genialata! Il colpo del grande artista! Mando tutto a cacare, equilibrio compreso, e m'innamoro di una mia alunna di tredici anni. E ora so, se perseverò in questa storia, che diventerò matto. Ho discrete possibilità. 21 Il bello è che, in momenti come questo, non me ne frega proprio niente. O quasi. L'autobus arrivò fortunatamente nell'istante in cui Carmelo smise di pensare. Salì sul mezzo e tentò, a fatica, di incastonarsi nel mosaico di gente che andava a lavorare, o comunque che sembrava che andasse a lavorare. Carmelo stringeva forte i suoi libri di testo come uno scolaro, si guardava attorno ed ascoltava. Parlavano di tante cose, innumerevoli cose; gli argomenti erano parecchi, di tutti i tipi, anche di notevole interesse. Ma nessuno parlava di ciò che era nella testa di Carmelo, e Carmelo sorrise di questo, quasi trionfante. Lui pensava ad Anita, lui ora si sentiva un artista, aveva fatto qualcosa di non comune rispetto agli altri e pensava diversamente dagli altri. E gli si allargò il cuore, perché sicuramente anche Anita era nella sua predisposizione d’animo. Scoppiò quasi a ridere di gioia, avrebbe voluto urlare la sua storia in quell'autobus strapieno e puzzolente, 22 avrebbe voluto dire a tutti che ora stava andando ad ammirare il piccolo volto amato e che avrebbe goduto dell’amore per due ore, quelle di lezione nella classe di Anita. Ad un tratto, repentinamente, tornò serio e grave in volto, il suo equilibrio lo rimproverò in pieno petto, e Carmelo crollò nello sgomento. Per un attimo si sentì osservato dagli altri passeggeri, credendo di stare sul punto di essere linciato. Entrò in classe, uno stanzone perennemente illuminato dal buio dal sapore di vecchio. Entrò con le gambe che gli tremavano e a capo chino. Evitò di guardare i suoi alunni della terza A e, soprattutto, non tentò nemmeno di allungare la coda dell'occhio alla sua destra, appena dopo la soglia della porta, dove, nella prima fila di banchi, sedeva Anita. Sentì il tremore delle sue gambe insopportabile e fece un balzo per accasciarsi il prima possibile sulla sedia dietro la cattedra. Appena fu seduto avvinghiò con le mani i 23 braccioli della sedia e rimase in apnea per diversi secondi. Stava di nuovo precipitando col suo aereo di paranoie e panico. Poi si rilassò e, distrattamente, aprì un libro di testo e lo sfogliò senza leggere. Lo fece per dieci lunghi minuti, contento che gli alunni non gli dessero retta, contento di sentire un continuo borbottìo, parolacce, rutti e persino scoregge. Finalmente si decise di alzare la testa, a girarla lentamente verso destra e, con trepidazione, a guardare Anita. Si sentì squagliare. Anch'ella lo guardava e probabilmente già da diverso tempo. Tuttavia lui non distolse lo sguardo. Il cuore cominciò a martellargli il petto, i polsi, la giugulare e le tempie. Doveva resistere, doveva aggrapparsi al filo del suo equilibrio, altrimenti sarebbe letteralmente ammattito, lì, dietro la cattedra, davanti ai suoi alunni, e tutto sarebbe finito. Lei abbassò lo sguardo e aprì il suo diario, sfogliando con grazia le pagine, quelle pagine che fino al giorno prima avevano racchiuso una foto, una sua istantanea. Chiuse il Fine dell'anteprima Ti è piaciuta? Acquista l'ebook completo oppure guarda la scheda di dettaglio dell'ebook su UltimaBooks.it