Testo mozione - Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia

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Testo mozione - Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia
XI LEGISLATURA
ATTI AULA
Mozione n. 152
“Attuazione legge regionale n. 6/2008 e regolamenti europei (CE) n.
852/2004 e n. 853/2004”
Dal Zovo, Frattolin, Bianchi, Sergo, Ussai
Il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia,
PREMESSO che nel territorio del Friuli Venezia Giulia nella stagione venatoria 2013/14 sono stati
abbattuti 8.200 ungulati selvatici, per un totale di oltre 261 tonnellate di carne;
PREMESSO che a questo dato vanno aggiunti gli animali abbattuti illegalmente, in una regione dove
il bracconaggio è tutt’altro che scomparso;
VISTI i Regolamenti (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, sull’igiene dei prodotti
alimentari, e n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, che stabilisce norme specifiche in
materia di igiene per gli alimenti di origine animale, nelle parti in cui:
a) definiscono “prodotto primario”, oltre che i prodotti della terra e dell’allevamento, anche ciò
che deriva dalla caccia e dalla pesca;
b) stabiliscono che: “Al fine di assicurare un'adeguata ispezione della selvaggina selvatica oggetto
di attività venatorie immessa nel mercato della Comunità, le carcasse di animali oggetto di detta
attività e relativi visceri sono presentati presso un centro di lavorazione della selvaggina per
un'ispezione post mortem ufficiale. Tuttavia, per conservare talune tradizioni venatorie senza
pregiudicare la sicurezza degli alimenti, e è opportuno prevedere una formazione destinata ai
cacciatori che immettono nel mercato selvaggina selvatica destinata all'alimentazione umana.
Ciò dovrebbe mettere i cacciatori in grado di intraprendere un esame iniziale della selvaggina
selvatica all'atto della cattura. In tali circostanze, ai cacciatori che si sono sottoposti alla
formazione non occorre richiedere di consegnare al centro di lavorazione della selvaggina tutti i
visceri per un esame post mortem, se effettuano questo esame iniziale senza individuare alcuna
anomalia o rischio (…).”;
c) impongono che: “Le persone che cacciano selvaggina selvatica al fine di commercializzarla per il
consumo umano devono disporre di sufficienti nozioni in materia di patologie della selvaggina e
di produzione e trattamento della selvaggina e delle carni di selvaggina dopo la caccia per poter
eseguire un esame preliminare della selvaggina stessa sul posto”;
d) sottraggono parzialmente al più rigido regime generale di igiene la cessione da parte dei
cacciatori di piccoli quantitativi di selvaggina selvatica al consumatore finale o a esercizi
commerciali al dettaglio o di somministrazione a livello locale, che forniscono al consumatore
finale tali carni come carni fresche; tale quantità, anche a seguito dell’accordo Stato-Regioni
2477 del 9 febbraio 2006 è di 1 capo per cacciatore per anno per la selvaggina di grossa
taglia;
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VISTA la legge regionale 6 marzo 2008, n. 6 (Disposizioni per la programmazione faunistica e per
l'esercizio dell'attività venatoria), che all’articolo 9 (Monitoraggio sanitario) così recita:
“1. La Regione predispone e coordina, mediante la Direzione centrale competente in materia di salute
pubblica d'intesa con la Direzione centrale competente in materia di tutela della fauna e avvalendosi
degli Istituti zooprofilattici, delle Aziende per i servizi sanitari e dell'attività del Corpo forestale regionale,
delle Riserve di caccia e delle guardie venatorie provinciali e volontarie, il programma di monitoraggio
delle malattie a carattere diffusivo o infettivo che interessano la fauna selvatica e l'attuazione del
programma medesimo. Il programma di monitoraggio è predisposto entro centoventi giorni dalla
pubblicazione della presente legge sul Bollettino Ufficiale della Regione ed è aggiornato, ogni triennio,
alla situazione epidemiologica regionale.
2. Per l'attuazione del programma di monitoraggio sono predisposti protocolli operativi.
3. Il monitoraggio è effettuato su un campione statisticamente significativo di mammiferi e uccelli che
presentano, vivi o morti, sintomatologie riferibili a quanto previsto dai protocolli operativi e di selvaggina
di grossa taglia rinvenuta morta all'interno dei centri abitati o a distanza inferiore a trecento metri da
stabilimenti zootecnici.
4. Il programma di monitoraggio prevede:
a) l'analisi della situazione epidemiologica della fauna selvatica regionale, con particolare riferimento allo
stato sanitario degli animali ricoverati nei Centri di recupero della fauna selvatica e della selvaggina di
grossa taglia;
b) la percentuale di capi, distinti per specie, che le Riserve di caccia devono far sottoporre ad analisi;
c) la percentuale dei capi, rinvenuti morti o feriti, da sottoporre a monitoraggio;
d) le malattie da ricercare, distinte per ciascuna specie;
e) i protocolli di raccolta, esame e consegna dei campioni destinati all'indagine.
5. Le carni degli animali selvatici abbattuti nel corso dell'attività venatoria sono cedute dal cacciatore al
consumatore, come definito dall'articolo 1, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 27 gennaio 1992,
n. 109 (Attuazione della direttiva 89/395/CEE e della direttiva 89/396/CEE concernenti l'etichettatura,
la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari), e successive modifiche, previa visita sanitaria ai
sensi dell'articolo 67 del regio decreto 3 agosto 1890, n. 7045 (Regolamento speciale per la vigilanza
igienica sugli alimenti, sulle bevande e sugli oggetti di uso domestico), e successive modifiche.”
RILEVATO dunque che la normativa in vigore sull’utilizzo delle carni di selvaggina cacciata prevede
che:
- il cacciatore possa utilizzare esclusivamente per autoconsumo le carni di selvaggina a visita
sanitaria e lavorazione in centro specializzato ed autorizzato;
- il cacciatore possa altresì cedere un capo di grossa selvaggina all’anno al consumatore finale,
a livello regionale, consentendo la completa tracciabilità del capo abbattuto (e comunque
previo esame trichinoscopico per il cinghiale);
- il cacciatore possa commercializzare le carni di selvaggina di grossa taglia eccedenti il
quantitativo di un capo (ove sottoposte al controllo del “cacciatore formato”), solo previo
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invio ad un centro di lavorazione della selvaggina per essere sottoposte ad ispezione
sanitaria e, se riconosciute idonee al consumo, sottoposte a bollatura sanitaria;
- il cacciatore formato consente di non conferire al centro di lavorazioni le viscere dell’animale,
che vengono appunto “sostituite” da un verbale datato e siglato dal cacciatore formato
attestante che non presentano anomalie;
PRESO ATTO che la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia non ha dato alcuna attuazione all’art. 9
della L.R. 6/2008 e ai Regolamenti CE in materia di commercializzazione di carni di selvaggina, non
esistendo in Friuli Venezia Giulia ne’ il cacciatore formato – la cui figura risulta dal Decreto del
Direttore di Servizio di sanità pubblica venatoria del 3 settembre 2014, n. 820/SEVE, ad oggi
inattuata - ne’ alcun Centro Lavorazione Carni di Selvaggina autorizzato;
RILEVATO che comunque in ristoranti e macellerie della Regione risulta sempre più presente la carne
di selvaggina;
RITENUTO che pare difficile, anche da una superficiale analisi dei dati, immaginare che tutti i capi
abbattuti siano stati destinati all’autoconsumo. Si citano a puro titolo di esempio i dati incrociati di
alcune riserve di caccia della Provincia di Trieste relativi all’annata venatoria 2013/14:
- R.C. Basovizza: 33 cacciatori, 34 caprioli e 157 cinghiali, con una media pro/capite di 5,78
ungulati;
- R.C. di Opicina: 22 cacciatori, 27 caprioli e 102 cinghiali, con una media pro/capite di 5,86
ungulati;
- R.C. di Zaule: 20 cacciatori, 40 caprioli e 142 cinghiali, con una media pro/capite di 9,1
ungulati;
CONSIDERATO che, a fronte di una quantità di oltre 250.000 kg di carni di selvaggina abbattuta nel
Friuli Venezia Giulia, l’attuale situazione di assenza di controllo sulla lavorazione e sulla cessione delle
stesse espone la salute pubblica ai rilevanti rischi di gravi zoonosi quali salmonelle, tubercolosi,
brucellosi ed altre;
CONSIDERATO che la mancanza di bollatura sulle carni regolarmente cacciate, sottoposte a
controllo e commercializzate facilita l’immissione nel mercato di carni provenienti da bracconaggio,
incentivando questa pratica illegale già facilitata dalla debolezza del sistema di vigilanza venatoria
regionale;
Tutto ciò premesso;
impegna la Giunta regionale
1) ad attuare con urgenza quanto previsto dalle norme regionali e dai regolamenti comunitari,
in materia di monitoraggio sanitario, lavorazione e controllo delle carni di selvaggina;
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2) ad aumentare la vigilanza sul bracconaggio e sulla commercializzazione illecita di carni di
selvaggina.
Presentata alla Presidenza il 12/10/2015
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