(PDF, Unknown)

Transcript

(PDF, Unknown)
Strategie
P R O TA G O N I S T I
Un tratto
fondamentale
della società
moderna è la
soggettività
delle scelte
individuali
Daniele Tirelli
B
enedetta deve impostare
una tesi di laurea sul comportamento d’acquisto degli
odierni consumatori. Casualmente ho sul tavolo una copia
presa in edicola del celebre saggio di Von Wieser sul “valore
naturale” delle merci. Che c’entra? C’entra,… c’entra… Benedetta è ben preparata sulle
varie teorie enunciate nei saggi
e nei manuali che illustrano le
cause e gli effetti che determinano le scelte delle marche e
dei prodotti, sui loro target e
positioning. Come tutti i bravi
studenti segue gli opinionisti
più in voga nel nostro mondo.
● Domande obbligatorie.
Le chiedo, per iniziare: qual è il
valore dei jeans alla moda, lisi e
sdruciti che indossa? Perché ha
scelto proprio quelli? Risposta:
mi piacciono e non costano
troppo, solo 100 euro. Vero. In
Montenapolenone ce ne sono
di analoghi a 250 euro e più.
Io, invece, ne ho visti in un cash&carry 3 paia (nuovi) in offerta a 15 euro. Benedetta li
comprerebbe? No di sicuro. Le
piacciono i suoi e, anzi, pensa
di aver risparmiato rispetto al
top di gamma. Proseguendo, le
chiedo perché apprezzi i tagli e
i buchi. Sono stati oggetto di
studio per ottenerli tutti uguali? Tutti nella stessa posizione
con un processo industriale?
Oppure sono frutto dell’estro
?
Opinioni Dinamiche del reddito e movimenti simbolici
Pensato e... strappato: così
il jeans ri/veste il valore
sublime di un artista dell’espressionismo astratto? E perché non ha comprato dei jeans
nuovi a 10 euro e non se li è lacerati da sola? Forse che i buchi
da 250 euro sono più belli di
quelli da 100 euro? Tralascio
gli approfondimenti sulla qualità della stoffa, del cucito e
della durata del capo, concludendo che si tratta di un bell’enigma per lei, per me e anche
per chi mi legge.
● Un calcolo elegantemente sbagliato. Se ragionassimo come certi economisti e certi manager non ci meraviglieremmo. Spiegheremmo il tutto partendo dal costo del denim, delle macchine e del taglio e della cucitura, dei magazzini, dei trasporti, del negozio, delle commesse, ecc. Aggiungeremmo
il salario di chi taglia e sfilaccia i jeans; sommeremmo
tutto, dividendo per il numero dei pantaloni vendibili.
Poi applicheremmo un markup percentuale e otterremmo
il prezzo giusto che il consumatore “deve” pagare. Moltiplicheremmo il dato per la
previsione dei capi venduti e
inseriremmo il tutto nei budget aziendali, affibbiando gli
obiettivi ai venditori.
Wieser e la scuola austriaca,
un secolo fa, invece, per primi
ci spiegarono che ragionare
così è elegantemente sbagliato.
Un tratto fondamentale della
Punti su cui
ragionare
■ Anche nel marketing
una contraddizione
può distruggere una teoria
■ La “miseria” ostentata
dalla moda sottintende
il “superfluo”
■ Prima di tutto chiarire
cos’è il “valore”
società moderna è la soggettività insondabile e insindacabile delle scelte individuali. Il
valore delle cose corrisponde
al valore dei bisogni che soddisfano. L’industria e anche la
distribuzione commerciale
nulla possono fare.
Il valore è un’entità astratta
che si materializza attraverso
l’immensa complessità degli
scambi che costituiscono il
mercato. La distribuzione può
solo prenderne atto “a posteriori” e informare chi sta a
monte su come stanno realmente le cose. Bene.
● Simboli in azione. Oggi
siamo abituati a dire che il consumo è sempre più estetizzato,
cioè simbolico. Provate a chiedere a qualcuno: ma perché hai
comprato quella roba lì? Nove
volte su dieci vi risponderanno:.. boh? Mi piace… Ti piace
la facciata del Duomo di Ferra-
ra? Bellissima!… Ma conosci il
significato dei decori e dei bassorilievi? No! Che c’entra. Mi
piace… Ecco come agisce il
simbolo: ci affascina parlando
direttamente al nostro cuore e
salta la parte raziocinante del
cervello. Nel nostro caso determina appunto il valore delle
cose. Parole banali, le mie, ma
quasi mai convincenti.
● Logiche trasversali. In
una conferenza in una regione
del Sud, ancora si parlava della
4° settimana (teoria sulla cui
serietà mi sono già espresso) e
dei consumatori impoveriti attenti solo al richiamo del prezzo e del discount. Non sapevo
più a che santo votarmi. Ho
provato allora a domandare se
anche in quella città furoreggiassero i jeans strappati e i tattoo. Ovviamente è così.
Ne deduciamo allora che se le
dinamiche di reddito cui ci si
appella per spiegare i misteri
dell’attuale congiuntura... che
se i consumatori procedessero
al calcolo del valore “oggettivo”
dei prodotti e fossero insensibili a quello simbolico, allora i
primi segnali negativi ci perverrebbero proprio da questo
genere di spese.
Invece la gente, anche nelle
città meno ricche del Sud, va al
discount con i jeans strappati:
una semplice osservazione che
fa saltare tutte le ingenue teorie
che appassionano i salotti milanesi.
Concludendo...
Per una serie di ragioni complesse, il rapporto tra logica economica
e ragionamenti di marketing appare in crisi e sembra regredire.
Cosa non ha funzionato nell’insegnamento accademico se prevale
ancora un economicismo “fai-da-te”?
La prammatica manageriale sembra a volte ignorare che il dibattito
sul “valore” s’è da tempo concluso con il collasso dell’oggettivismo
marxista e il prevalere del soggettivismo neoclassico.
1 1 o t t o b r e 2 0 0 6
79
GDOWEEK