06 editoriale 4-10 - Assistenza Infermieristica e Ricerca

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Alvisa Palese
Università di Udine
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A dieci anni dalla Dichiarazione di Bologna:
alcune riflessioni per la terza riforma
della formazione infermieristica italiana
Summary. Ten years after the Bologna Declaration: reflections for the third reform of nursing education in Italy. After 10 years from Bologna Declaration the
Italian nursing education in undergoing its third major reform to harmonize nursing education: educational objectives, level of competences to be guaranteed at
basic and post basic level. Although there are ample differences across European
Countries, there is a trend toward the continuous elevation of the level of the
nursing education.
Come riportato nell’osservatorio (pag. 198), il tema della formazione
infermieristica è ancora all’ordine del giorno delle problematiche di
interesse pubblico in numerosi Paesi. In Italia, i corsi di laurea in infermieristica (ma non solo, quelli di tutte le professioni sanitarie) stanno affrontando la loro terza riforma: la prima risale all’ingresso in
Università (nel 1992), la seconda alla trasformazione dei Diplomi universitari in laurea, e la terza che si sta sviluppando in questi mesi,
propone l’adeguamento alle direttive del Decreto MIUR 270/2004. Nel
ripensare profondamente alla formazione infermieristica, affinché la
terza riforma abbia la capacità di allinearci ai migliori sistemi formativi, ma anche di risolvere alcuni problemi tipicamente italiani, è
necessario introdurci alla dimensione europea, che a dieci anni dalla dichiarazione di Bologna fa difficoltà a decollare non solo nel nostro paese.
La Dichiarazione di Bologna. Dalla dichiarazione di Sorbona1 le Università europee hanno assunto un ruolo centrale nello sviluppo della ‘cultura europea’. Altri documenti promulgati nelle riunioni biennali dei Ministri dell’Educazione hanno proseguito in questo processo,2 ma è stata
la Dichiarazione di Bologna a promuovere le riforme per creare un sistema educativo compatibile, comparabile, competitivo e attrattivo tra gli
stati membri.3 Nel 1999, la Dichiarazione di Bologna che aveva la finalità di creare l’European Higher Education Area (EHEA) entro ottobre 2010,
ha sostanzialmente iniziato una pacifica rivoluzione nell’alta educazio-
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ne.4 Inizialmente, è stata siglata da 15 membri dell’UE, da 3 membri dell’European Free Trade Association (Islanda, Norvegia, Svizzera) e da 11
candidati dell’UE. Attualmente, 46 paesi vi aderiscono, l’EHEA è ufficialmente nata lo scorso marzo 2010.2 La dichiarazione di Bologna riportava sei linee di lavoro:
1. L’adozione di un sistema formativo comparabile per ciascuna disciplina,
2. L’adozione di un sistema basato su tre cicli: laurea, master e dottorato,
3. Lo sviluppo del sistema dei Crediti, in particolare, l’adozione dell’European Credit Transfer System (ECTS),
4. L’adozione del Diploma Supplement, ovvero di una dichiarazione degli obiettivi di apprendimento raggiunti dallo studente al termine
della sua preparazione, da inserire come certificato allegato al titolo conseguito,
5. La promozione della mobilità intraeuropea di studenti e docenti,
6. La promozione di un sistema di cooperazione tra i paesi e di un sistema di valutazione della qualità della formazione.4
Per l’infermieristica, il principale risultato di questo processo era ed
è la disponibilità di infermieri più preparati, 5 e in grado di migliorare gli esiti sanitari 6 in un contesto che impone molte e nuove sfide
come quella dell’invecchiamento della popolazione, della cronicità, delle difficoltà finanziarie dei sistemi. 7 Questa pacifica rivoluzione avrà
un effetto a lungo termine su circa 6 milioni di infermieri, 8 su più di
499.389.380 cittadini 9 e altri milioni di operatori sanitari (ostetriche,
medici, dentisti) che subiranno nella loro stessa formazione dei cambiamenti o si interfacceranno con infermieri formati diversamente. Questa rivoluzione avrà e vorrebbe avere un effetto anche sui processi
migratori degli infermieri, sulle loro carriere e sulla ricerca infermieristica. 4, 10
L’impatto sulla formazione infermieristica. Malgrado sia stata appena
decretata un’area europea dell’alta formazione,2 il suo impatto sull’infermieristica è modesto: in molti Paesi la formazione è rimasta nelle
scuole tradizionali (Francia e Germania), in altri è stata inserita nelle
Higher Professional Schools (Olanda, Danimarca), o mantenuta a due o
più canali, universitario e non (UK, Irlanda, Norvegia) e solo in alcuni
Paesi è stata definitivamente collocata in Università (Spagna e Italia).
Pertanto, anche i titoli rilasciati dai diversi Paesi sono molto diversi
(dal certificato, al diploma, al diploma di laurea). La durata della formazione è diversa: da 3 anni (Italia, Slovenia) a 4 anni (Spagna, UK,
Irlanda), che significa impegnare lo studente per 180 o 240 ECTS6 con
un notevole impatto anche sulle competenze raggiunte, sulla qualità di
vita degli studenti, dei docenti, e sui costi. L'unico elemento unificante della formazione infermieristica Europea risiede ancora nelle Direttive Europee promulgate nel lontano 1977 (77/452/EEC, 77/453/EEC and
89/595/EEC) che hanno governato l'armonizzazione dei programmi e il
numero di ore necessarie per diventare infermiere (2300 ore per la teoria, 2300 per la pratica clinica). La difficoltà ad andare oltre a queste
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direttive creando una formazione infermieristica di respiro europeo, armonizzata e che consente libero scambio di curricula, professionisti, e
formatori, offrendo anche l'opportunità di valutare comparativamente
i suoi effetti, limiti o potenzialità sembrano ad oggi risiedere in più
aspetti. Probabilmente la complessità dei sistemi formativi è molto diversa tra i paesi (es. dall'Estonia che ha due Scuole all'UK che ne ha
oltre 500), come pure sono diversi i sistemi regolatori (leggi, ministeri)
che dovrebbero essere rivisti.11 I paesi, inoltre, hanno probabilmente
dato priorità all'armonizzazione della formazione universitaria classica, dedicando sforzi solo marginali a quella più giovane come l'infermieristica. Anche la storia universitaria di ciascun paese va considerata: la capacità di competere o di mantenere lo status quo, la propensione all'innovazione o alla burocratizzazione dei sistemi formativi; la
capacità di ristrutturarsi per accogliere la formazione infermieristica come una nuova ed interessante offerta formativa, o la semplice inclusione dei corsi di infermieristica per un obbligo normativo12 possono
aver giocato un ruolo importante. Infine, il livello di partecipazione
consentito agli ordini professionali e ai cittadini sui temi della formazione infermieristica e sulle sue regole sembrano stati introdotti con
successo in alcuni Paesi (ad esempio Ungheria13) mentre per altri non
se ne ha traccia.
Ripartire dall’Italia. Il processo di Bologna che evoca la più antica università riconosciuta del mondo occidentale, e che ha dato il nome alla
più importante rivoluzione formativa europea, simbolizzando che la lunga storia di tutto uno sforzo nazionale. In questi mesi, con la chiusura
delle banche dati dell’offerta formativa, e quindi con la definizione del
piano degli studi, l’Italia sta affrontando una delle più importanti opportunità che segneranno le generazioni future. È difficile, infatti, ipotizzare che nei prossimi anni, un altro evento (che, di fatto, attendiamo
dal 2004, da quando è stato promulgato il Decreto MIUR 270) ricompaia
di nuovo. Armonizzare i corsi di studio in infermieristica, renderli omogenei nei loro obiettivi formativi (pur nelle specificità del contesto); strutturarli in modo armonizzato, chiedendo un impegno didattico (a studenti e docenti) altrettanto omogeneo; rendere chiari gli esiti di competenza attesi perseguibili al primo livello e quindi creare uno spazio inequivocabile per le competenze attese al secondo ed al terzo livello, costituiscono le scelte a cui siamo chiamati.
Sino ad ora in Italia, l'importante disomogeneità frutto di sperimentazioni locali interessanti ma mai valutate nella loro efficacia (quale ha
dato risultati migliori?), ha limitato lo sguardo verso l'Europa e le sue
importanti opportunità di collaborazione. Con la terza riforma si afferma la presenza della formazione infermieristica italiana in Università
mentre altri paesi-guida dell'infermieristica stanno facendo sforzi importanti per raggiungere o proteggere questo risultato. Nella terza riforma dobbiamo impegnarci a lavorare cooperativamente e all'interno di
un sistema armonizzato internazionale verso cui dobbiamo portare l'infermieristica.
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