Biodiversità urbana

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Biodiversità urbana
BIODIVERSITA’ URBANA
Quest’anno è stato dedicato dalla comunità internazionale al tema della biodiversità. Ma
cosa è la biodiversità? In parole facili da comprendere, è l’insieme delle forme di vita, quindi le
piante e gli animali, ma anche gli habitat sotto tutte le forme.
Ai nostri giorni sono in corso due fenomeni, importanti quanto planetari: uno è che, per la
prima volta nella nostra storia, più della metà delle persone risiede in aree urbane. L’altro,
strettamente connesso, è l’intensa espansione urbanistica che sta avvenendo in tutto il mondo. Città
sempre più grandi, insediamenti, costruzioni e infrastrutture che stanno diventando un “ambiente”
in forte aumento. Anzi, la crescita urbana è molto più rapida di quella della popolazione, e questo è
particolarmente evidente nei nostri Paesi “sviluppati”, dove la popolazione è più o meno in crescita
zero, mentre ogni anno migliaia di ettari di terreno vengono coperti da cemento e asfalto.
Biodiversità e urbanizzazione, due temi apparentemente distanti… quali sono le connessioni
tra questi due aspetti che ci circondano? Si può guardare a tutto ciò scoprendo -o studiando- in che
modo gli animali e le piante si stanno avvicinando alle città. Ciò che in gergo tecnico si chiama il
fenomeno dell’inurbamento. D’altro canto, possono essere analizzati gli impatti che le aree urbane
impongono agli habitat “naturali”. Le virgolette sono d’obbligo, perché si potrebbe parlare a lungo
di quanto di realmente naturale vi sia in un campo coltivato, in un pioppeto, ma anche in un
impianto forestale. La realtà è che, in particolare nelle zone abitate dagli esseri umani fin da epoche
storiche, ciò che vediamo oggi è il prodotto della cultura e dell’attività umana, insieme a quello dei
processi naturali. In pratica, ciò che si definisce/percepisce come paesaggio. Per farla breve, gli
scienziati parlano di ecosistemi: alcuni di essi (in verità ormai molto pochi) hanno condizioni di
maggiore naturalità, mentre altri sono condizionati più o meno fortemente dalla nostra azione
trasformatrice. Tra tutti, l’ecosistema urbano è quello più artificiale. Ma si badi bene, guardando più
attentamente, si scopre che in città non ci sono solo palazzi e strade. Esistono giardini e parchi, ma
anche aree verdi più o meno informali. Molte città si affacciano sulla riva del mare o di un lago,
oppure sono attraversate da un fiume. Poi ci sono le aree agricole, soprattutto nelle periferie, gli orti,
gli ampi prati degli aeroporti e le distese di terreno incolto attorno alle zone industriali.
Il primo messaggio, se si vuole parlare di biodiversità urbana, è proprio questo: la città è
composta da una serie di habitat molto diversi, spesso di piccole dimensione e talvolta “effimeri”.
Ma ciascuno di essi offre rifugio a piante e animali selvatici, vale a dire quelle specie che vivono
senza i nostri condizionamenti diretti, e pertanto hanno una situazione diversa dal cane che
condivide la nostra casa, oppure i fiori che piantiamo nei vasi in terrazzo.
Occuparsi di biodiversità urbana ha molte implicazioni e innumerevoli risvolti. Il mondo
dell’educazione ambientale, a partire dal mondo della scuola (ma non solo), ha l’occasione unica di
proporre esperimenti spostandosi di poco, e addirittura nel terreno circostante la sede. Non c’è
quindi bisogno di prenotare un bus e fare un viaggio di ore per raggiungere la natura. Ci sono poi gli
aspetti culturali, perché ciascuno di noi dovrebbe conoscere meglio l’ambiente che ci circonda. Può
essere utile conoscere le marche delle auto, senz’altro è proficuo sapere i nomi delle strade, ed è un
buon segno avere un’idea della storia della nostra città. Ma al tempo stesso sarebbe opportuno
conoscere anche le specie vegetali e faunistiche del nostro ambiente, almeno quelle più comuni. Gli
spazi verdi e aperti sono anche gli stessi che ci occorrono per fare attività sportive e ricreative,
rilassarci, portare i bambini a giocare, incontrare gli amici…. ed il sistema delle “greenways”, con i
suoi percorsi pedonali e ciclabili, aiuta a sviluppare la mobilità alternativa al mezzo motorizzato,
con tanta salute per noi e l’aria che respiriamo. Anche il turismo ne guadagna senz’altro, se
sappiamo valorizzare la natura in città, proponendo percorsi alternativi nei parchi e nelle “oasi
urbane”, che si rivelano senz’altro stimolanti per connazionali e stranieri. Tra le tante specie di
animali che vivono in città, ve ne sono alcune che vengono definite “problematiche”, in quanto
entrano in conflitto con alcuni dei nostri interessi: può essere la conservazione dei monumenti e
degli edifici, la salute pubblica, il decoro urbano, la sicurezza del trasporto aereo, le attività agricole
e zootecniche. Per fortuna il ventaglio di queste specie è limitato, di sicuro tutti noi conosciamo i
colombi (piccioni) che ogni tanto lasciano qualche sgradito “regalino” dove non è davvero gradito.
Altri esempi sono lo storno ed il gabbiano reale. Per gestire queste presenze e migliorare la
convivenza tra esseri umani ed “altri” animali, occorrono studi conoscitivi e strategie opportune.
“Farli fuori”, come spesso pensa qualcuno, non serve a niente, infatti molti ci hanno provato senza
alcun successo. Quindi le strade da cercare sono altre, riguardano in primo luogo una migliore
conoscenza del fenomeno, e poi l’implementazione di misure strutturali, che vanno al fondo ed
all’origine dei problemi, e non si limitano ad una sbrigativa quanto improbabile cura degli effetti.
Studiare la biodiversità urbana ha inoltre un interesse scientifico, che oggi sta emergendo
con una bibliografia poderosa e sempre più strutturata. Se la città è l’ultimo ecosistema apparso
nella storia dell’evoluzione, ed è anche quello che si trasforma continuamente e molto rapidamente,
gli scienziati hanno a disposizione un enorme “esperimento naturale a cielo aperto”. Vale a dire si
può studiare come gli animali si adattano (o soccombono) all’ambiente ed a fattori di pressione
quali l’inquinamento atmosferico, il rumore causato dalle strade o dalle fabbriche, alla stessa
presenza delle persone e degli animali domestici.
Ma esiste un motivo che, tra tutti, ci deve spingere a valorizzare la biodiversità urbana: non
rispetteremo mai e non ameremo ciò che non conosciamo. Se la natura è qualcosa di “distante” da
noi, se la vediamo al massimo soltanto nei documentari televisivi, che tipo di percezione e di
considerazione ci possiamo aspettare? La natura deve essere sperimentata nel quotidiano, e visto
che ormai la maggior parte di noi vive in città, tale contatto giornaliero può essere mantenuto solo
con la biodiversità urbana.
Mosso da questi presupposti, considerando che la natura cittadina è stata il mio “pallino” fin
da giovane, e che oggi è il tema del mio impegno professionale, ho scritto da poco un libro che si
chiama proprio “Biodiversità urbana”. In circa 300 pagine si è cercato di condensare i principi che
stanno alla base degli ecosistemi urbani, il fenomeno dell’inurbamento, gli habitat urbani, ma anche
come si è svolto il percorso in ambito scientifico, politico e normativo. La visione spazia dal
nazionale allo scenario internazionale, e sono molti i riferimenti a convegni, pubblicazioni, eventi.
Viene descritto poi il valore delle aree urbane per la conservazione della biodiversità, infatti non
sono poche le specie rare e minacciate che hanno eletto la città come habitat. Basti pensare che un
piccolo rapace diurno, il grillaio, che nidifica sui tetti delle case in Puglia e Basilicata, è una specie
minacciata globalmente. Si passa poi alla descrizione dei principali filoni di ricerca, tra cui spiccano
temi quali gli “indicatori ambientali” e la “percezione dei cittadini”. La sezione successiva è di tipo
gestionale, e quindi la biodiversità urbana viene analizzata rispetto alla trasformazione del territorio,
alla pianificazione urbanistica, al paesaggio. Qui predominano argomenti quali la frammentazione
ambientale, l’impatto delle infrastrutture di trasporto, le “trappole ecologiche” rappresentate da cavi
elettrici, vetri. Ma vi sono elementi di indirizzo, ad esempio rispetto alla progettazione delle reti
ecologiche e delle aree verdi, così come per la manutenzione degli alberi e per la realizzazione di
“giardini naturali”. Si conclude tracciando una panoramica delle prospettive per il futuro e dei
principali metodi di studio.
L’auspicio è che, conoscendo meglio il nostro habitat, si diffonda una cultura, un senso
civico e un’attenzione migliore in genere. Senza dubbio, gli animali e le piante che ci circondano,
che lo sappiamo notare o meno, ci dicono molto sullo stato di salute del nostro ambiente, ed in
fondo anche sul nostro benessere. In fondo se vogliamo lo sviluppo sostenibile si dovrebbe partire
proprio da qui.
Marco Dinetti
www.ecologia-urbana.com