Istituto Antonio Provolo Via Angelo Berardi 9 37139 Verona Docente

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Istituto Antonio Provolo Via Angelo Berardi 9 37139 Verona Docente
Rimappatura
centraline
Istituto Antonio Provolo
Via Angelo Berardi 9
37139 Verona
Docente Maurizo Avesani
Centralina
E' il gruppo preposto al controllo di uno o piu' sistemi o dispositivi (accensione, alimentazione, elementi delle
sospensioni, cambio automatico). Di norma si impiegano centraline elettroniche in grado di intervenire in
base a una serie di informazioni ad esse fornite da svariati sensori; queste ultime vengono opportunamente
"interpretate" ed elaborate secondo, una ben determinata logica e secondo, una serie di "direttive"
opportunamente memorizzate ( mappature)
Schema del sistema di ignezione-accensione elettronica singlepoint Weber-Marelli:
1) centralina elettronica;
2) sensore pressione assoluta;
3) computer di bordo;
4) connettore autodiagnosi;
5) bobina;
6) distributore di accensione;
7) sensore giri motore e Punto Morto Superiore;
8) potenziometro farfalla;
9) attuatore controllo minimo;
10) sensore di battito.
CENTRALINE DI ACCENSIONE
I motori a ciclo otto sono detti anche ad "accensione per scintilla" perche' in essi la miscela aria-benzina
dopo essere stata portata a considerevole pressione,( pressione è una forza divisa per una superficie, nelle
vecchie unita' di misura si indicava in kg/cm2 o in atmosfere, mentre nelle uniti di misura unificate si indica
usualmente in bar ) viene fatta bruciare, con grande rapidita', da una scintilla che scocca tra i due elettrodi
della candela. I motori in questione vengono per questo motivo anche detti "ad accensione comandata" per
distinguerli dai diesel che sono "ad accensione spontanea" (ossia ad "accensione per compressione").
La scintilla deve scoccare sensibilmente prima che il pistone abbia raggiunto il punto morto superiore (PMS
con questo termine si indica ciascuno dei due punti estremi raggiunti dal pistone nel suo movimento
rettilineo, e alternato all'interno del cilindro. Quando arriva a un punto morto il pistone si arresta
momentaneamente per invertire il suo moto. II punto morto superiore e' quello in corrispondenza del quale il
pistone e' piu' lontano dall'albero a gomiti (o, se vogliamo, piu' vicino alla. testata); il punto morto inferiore i
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quello opposto ) di fine fase di compressione. Questo anticipo di accensione, che viene espresso di norma in
gradi di rotazione dell'albero a gomiti (rispetto al PMS) o piu' raramente in millimetri di corsa dei pistone, e'
necessario perche' la combustione non e' istantanea ma richiede un certo tempo per svolgersi. Nei motori
diesel, invece, nel cilindro viene compressa solo aria e, quando comincia l'iniezione, il combustibile mano a
mano che vaporizza e si miscela con l'aria inizia a bruciare spontaneamente.
Pistone (1) con spinotto (2) e biella (3).
ANTICIPO DI ACCENSIONE
E' la distanza (espressa in gradi di rotazione dell'albero a gomiti o in millimetri di corsa dei pistone) che
separa il punto in cui scocca la scintilla tra gli elettrodi della candela dal punto morto superiore di fine corsa di
compressione. L'anticipo di accensione deve aumentare al crescere del regime di rotazione in modo da
compensare il minor tempo disponibile per la combustione. Per consentire un adeguamento dell'anticipo si
impiegavano nei sistemi di accensione tradizionali dispositivi a masse centrifughe coadiuvati da capsule
pneumatiche. Queste ultime permettevano di aumentare l'anticipo alle aperture parziali della valvola dei gas
(quando nei cilindri entra una miscela aria-benzina meno densa, nella quale la combustione si propaga piu'
lentamente). Nelle moderne accensioni elettroniche si ricorre assai spesso ad anticipi variabili in funzione sia
dei regime di rotazione che dei carico motore, controllati da una centralina a microprocessore in cui e'
memorizzata una mappa tridimensionale che consente di avere la fasatura di accensione ottimale in
qualunque condizione di funzionamento
COMBUSTIONE
Dal punto di vista chimico si tratta di un rapido processo di ossidazione che avviene con considerevole
sviluppo di energia termica. Nei motori a ciclo Otto ha luogo in seguito all'accensione della miscela ariacarburante precedentemente aspirata e quindi compressa nei cilindri. Nei motori diesel ha luogo allorche'
l'iniettore introduce il combustibile finemente polverizzato nell'aria ad elevata temperatura presente nella
camera verso la fine della fase di compressione (il combustibile vaporizza mano a mano the si miscela con
l'aria e inizia a bruciare con grande rapidita'). La fase di combustione si svolge in tempi estremamente brevi
ma in maniera progressiva. Inizia svariati gradi (intesi come rotazione dell'albero) prima del PMS e si
completa quando gia' il pistone ha iniziato da tempo il suo spostamento verso il PML. Il "picco" di pressione,
in genere, viene raggiunto 10-15° dopo il PMS. Nei motori a ciclo Otto di elevate prestazioni (non
sovralimentati) si hanno, valori massimi dell'ordine di 80 bar mentre nei diesel turbo si possono anche
superare i 120 : 130 bar. La temperatura massima del ciclo e' dell'ordine di 2.000 - 2500°C. Nei motori a ciclo
Otto dalla candela parte un fronte di fiamma che attraversa tutta la camera di combustione facendo bruciare,
in progressione, la miscela aria-carburante presente nei vari punti della camera stessa.
CAMERA DI COMBUSTIONE
E' il vano a disposizione dei gas presenti nel cilindro allorche' il pistone si trova al Punto Morto Superiore. Di
norma la camera di combustione e' ricavata interamente nella testata; in non pochi motori moderni pero' essa
i ricavata parzialmente anche nel cielo del pistone. Non mancano esempi (oggi non molto numerosi per la
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verita') di camere ricavate interamente in una cavita' praticata nel cielo del pistone (camere di combustione
Heron). La conformazione del cielo del pistone ha una grande importanza anche per le camere ricavate
interamente nella testata in quanto esso costituisce sempre la parete mobile della camera stessa.
Quest'ultima per offrire il miglior rendimento deve essere compatta e avere un rapporto superficie/volume il
piu' basso possibile. Camere raccolte e di conformazione razionale consentono di adottare rapporti di
compressione elevati (assai vantaggiosi dal punto di vista del rendimento termico) senza il rischio che si
verifichi una detonazione. Le camere di combustione piu' comunemente impiegate nei motori automobilistici
moderni sono quelle a "scatola di sardine", a cuneo (spesso si adottano conformazioni intermedie tra queste
due), emisferiche, polisferiche e a tetto. Queste ultime sono utilizzate in pratica universalmente nei motori a
quattro valvole per cilindro e sono, unitamente alle emisferiche, quelle che forniscono i rendimenti pia alti.
Nel disegno la camera di combustione e' evidenziata in colore rosa (motore Alfa Romeo).
COMPRESSIONE
E' la fase del ciclo di funzionamento del motore durante la quale la miscela aria-benzina (nei diesel soltanto
aria) precedentemente aspirata nel cilindro viene portata a considerevole pressione e ad elevata
temperatura per essere poi accesa dalla scintilla che scocca tra gli elettrodi della candela (nei diesel invece
la combustione inizia subito dopo, che e' cominciata l'iniezione del gasolio). Al termine di questa fase la
pressione della miscela aria-carburante nei motori a ciclo Otto puo' raggiungere valori dell'ordine di 12-20 bar
e la temperatura risulta di circa 300 - 480 °C. Nei motori diesel al termine della compressione l'aria viene
portata a pressioni di 35-50 bar e a temperature di 430 - 600 °C. La fase di compressione inizia quando il
pistone sale verso il PMS e la valvola di aspirazione si chiude. Durante il suo svolgimento la miscela ariabenzina (o l'aria, nei diesel) inizialmente riceve calore dalle pareti del cilindro ma successivamente i essa
stessa a cederlo. La fase teoricamente dovrebbe terminare allorche' il pistone raggiunge il PMS ma in effetti
finisce sensibilmente prima dato che la scintilla tra gli elettrodi
RAPPORTO DI COMPRESSIONE
Valore che indica la relazione tra il volume a disposizione dei gas quando all'interno del cilindro il pistone e'
al punto morto inferiore e il volume che i gas possono occupare quando il pistone e' al punto morto
superiore. In altre parole si tratta del rapporto esistente tra la cilindrata unitaria (volume generato del pistone
nel suo spostamento dal PMS al PMI sommata al volume della camera di combustione e il solo volume di
quest'ultima. Al crescere del rapporto di compressione migliora il rendimento termico del motore. Per ciascun
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motore a ciclo Otto pero' esiste un determinato rapporto di compressione limite al disopra del quale non si
puo' andare senza che insorga la detonazione. Nei motori diesel questo problema non esiste e quindi si
adottano rapporti di compressione molto piu' alti, necessari del resto per portare l'aria a una temperature
molto elevata e ottenere quindi una rapida vaporizzazione e una agevole combustione del gasolio.
DETONAZIONE
Viene cosi' chiamata la combustione di tipo esplosivo di parte della miscela aria-carburante che ha luogo
prima che essa sia raggiunta dal fronte della fiamma. In seguito alla detonazione si crea una serie di onde di
pressione che attraversano la camera di combustione andando a urtare con violenza contro le pareti
metalliche. La detonazione avviene quando all'interno delta camera si superano determinati valori critici di
temperatura e di pressione (che possono variare anche considerevolmente da motore a motore). Essa quindi
si verifica tipicamente quando il pedale dell'acceleratore i premuto in misura considerevole. Quando ha luogo
ai regimi medio-bassi spesso causa una tipica. rumorosita' metallica, chiaramente avvertibile, conosciuta
come "battito in testa". La detonazione e' un fenomeno che se di entita' rilevante puo' avere effetti
disastrosi per l'integrita' di organi meccanici come il pistone (sfondamento del cielo).
La detonazione si verifica di norma quando l'anticipo di accensione e' eccessivo, quando si impiega un
carburante con numero di ottano troppo basso (il potere antidetonante di un carburante viene appunto
indicato dal suo numero di ottano) o, nei motori sovralimentati, quando la pressione di
sovralimentazione e' troppo alta. Nei motori da corsa (o in quelli elaborati) si verifica quando il rapporto
di compressione adattato e' troppo alto (nei motori di serie non ci sono rischi di questo genere,
ovviamente).
RENDIMENTO MECCANICO
Viene definito come il rapporto tra la potenza disponibile e prelevabile dell’albero a gomiti (Albero motore) e
quella disponibile all’interno del cilindro. Teniamo in considerazione che l’energia meccanica che si sviluppa
internamente ai cilindri non può essere completamente trasferita agli organi di trasmissione primaria e
secondaria, a causa degli attriti generati da tutte le componenti e gli organi in movimento di un motore,
queste perdite per attrito, purtroppo crescono in misura sempre più grande man mano che il motore aumenta
il suo regime di rotazione ed è molto importante e difficile nello stesso tempo ridurle specialmente nei motori
ad elevate prestazioni, con elevati regimi di rotazione. Descrivo brevemente la tipologia delle perdite in un
motore, a cui esse sono dovute:
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Perdite di pompaggio, che si generano durante le fasi di aspirazione e di scarico, queste perdite sono
principalmente dovute al gruppo pistone-segmenti;
Perdite dovute ad i cuscinetti di biella e di banco.
Perdite dovute all’azionamento di tutto il gruppo distribuzione, del cambio e della trasmissione
primaria e secondaria.
Perdite dovute a pompa acqua, pompa olio, generatore di corrente.
Perdite dovute allo sbattimento dell’olio.
In particolare in un motore si analizzano le “perdite di pompaggio” perché queste tendono ad aumentare al
crescere del regime di rotazione del motore, infatti possono anche raggiungere coefficienti molto elevati,
contribuendo negativamente sulle prestazioni di un motore specialmente in quelli ad alte prestazioni. Per
ovviare e ridurre questo inconveniente, vengono effettuati accurati e precisi studi per il dimensionamento dei
condotti di aspirazione e di scarico, ottimizzando i flussi e le risonanze generati in queste fasi, a tutto
vantaggio delle capacità respiratorie di un motore. In pratica, si evince che la perdita di un certo valore di
potenza è inevitabile, dovuta dagli attriti di tutti i componenti e gli organi di un motore, che assorbono una
determinata quantità di energia, e questo spiega perché la potenza disponibile all’albero motore non sarà
mai uguale alla potenza disponibile alla ruota. A questo possiamo aggiungere che la tecnologia moderna ha
contribuito in maniera determinante, migliorando notevolmente le prestazioni di un motore, grazie anche agli
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studi fatti sui lubrificanti
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RENDIMENTO TERMICO
Il rapporto tra il calore trasformato in energia meccanica ed il calore sviluppato dalla combustione, infatti
migliore sarà il rendimento termico di un motore, tanto maggiore sarà la sua efficienza, riuscendo ad sfruttare
al meglio l’energia disponibile
I fattori da cui dipende il rendimento termico di un motore sono:
• Il disegno della camera di scoppio.
• La dosatura della miscela (carburazione).
• La fase di anticipo accensione.
Lo studio dei motori è rivolto sempre più in maniera scrupolosa all’ottenere dei motori con il rendimento
termico più elevato possibile, approfondendo e concentrando tali studi sui fattori da cui esso dipende, in
particolare:
1. lo studio sui disegni delle camere di combustione (da cui dipende la rapidità con la quale si svolge la
combustione)
2. un “rapporto di compressione” alto, perché da tale fattore dipende il miglioramento di un motore.
Purtroppo nei motori a benzina esiste l’inconveniente di non poter adottare alti rapporti di compressione a
causa della “detonazione”, fenomeno che insorge appunto con valori di rapporto di compressione elevati. Da
quanto detto si deduce che migliorare il rendimento di un motore, vuol dire aumentare la potenza erogata a
parità di consumo, o fare diminuire il consumo a parità di potenza erogata.
RENDIMENTO VOLUMETRICO
E’ costituito dalla quantità di miscela (aria benzina) aspirata ad ogni ciclo, e quella corrispondente al volume
generato dal pistone (Cilindrata) durante la corsa dal PMS al PMI, e da questo rapporto ne dipendono
l’efficienza di un motore e la sua capacità di respirazione, a cui è legata la potenza che il motore e in grado di
erogare.
Anche il valore del rendimento volumetrico è soggetto a peggioramento al variare del regime di rotazione del
motore, in quanto entrano in gioco dei fattori molto importanti, tra cui il ridottissimo tempo a disposizione
durante la fase di aspirazione oltre che alle perdite di carico generate dagli attriti dei gas con le pareti dei
condotti. Per ottenere dei buoni rendimenti volumetrici, specialmente nei motori con elevati regimi di
rotazione, si interviene tramite la fasatura della distribuzione, giostrando sull’anticipo e sul tempo di apertura
(Ritardo di chiusura) delle valvole, impiegando anche l’utilizzo di quattro o cinque valvole per cilindro, oltre
che alle grandi dimensioni dei condotti, evitando che i gas raggiungano elevate velocità.
DETONAZIONE
Viene cosi' chiamata la combustione di tipo esplosivo di parte della miscela aria-carburante che ha luogo
prima che essa sia raggiunta dal fronte della fiamma. In seguito alla detonazione si crea una serie di onde di
pressione che attraversano la camera di combustione andando a urtare con violenza contro le pareti
metalliche. La detonazione avviene quando all'interno delta camera si superano determinati valori critici di
temperatura e di pressione (che possono variare anche considerevolmente da motore a motore). Essa quindi
si verifica tipicamente quando il pedale dell'acceleratore i premuto in misura considerevole. Quando ha luogo
ai regimi medio-bassi spesso causa una tipica. rumorosita' metallica, chiaramente avvertibile, conosciuta
come "battito in testa". La detonazione e' un fenomeno che se di entita' rilevante puo' avere effetti
disastrosi per l'integrita' di organi meccanici come il pistone (sfondamento del cielo).
La detonazione si verifica di norma quando l'anticipo di accensione e' eccessivo, quando si impiega un
carburante con numero di ottano troppo basso (il potere antidetonante di un carburante viene appunto
indicato dal suo numero di ottano) o, nei motori sovralimentati, quando la pressione di
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sovralimentazione e' troppo alta. Nei motori da corsa (o in quelli elaborati) si verifica quando il rapporto
di compressione
DIAGRAMMA DELLA DISTRIBUZIONE
E’ possibile ottenere incrementi di potenza in un motore che ne variano la curva di erogazione attraverso la
“Fasatura della distribuzione” che viene indicata in gradi di rotazione dell’albero motore in riferimento ad i
punti morti (PMI e PMS) e indicata anche attraverso i “Diagrammi di distribuzione”, infatti questi diagrammi
permetteranno questi incrementi di potenza a seconda dei diversi ritardi ed anticipi di apertura delle valvole.
Accenno in breve cosa succede per quanto sopra detto, gli alberi camme hanno la funzione di comandare
l’apertura e la chiusura delle valvole, per trovarsi ben aperte ed avere così una sezione di passaggio del
condotto massima, e perciò è necessario che comincino ad aprirsi con un certo anticipo ed inizino ha
chiudersi con un certo ritardo rispetto sempre ad i punti morti.
In pratica avviene che la valvola di aspirazione inizierà ad aprirsi prima che il pistone abbia iniziato la corsa di
aspirazione e quindi prima che il pistone abbia raggiunto il PMS, concludendo la sua chiusura dopo che il
pistone abbia raggiunto il PMI. Per quanto riguarda l’analisi del ciclo della valvola di scarico, è analogo al
precedente e cioè inizierà ad aprirsi prima che il pistone abbia effettuato la fase di espansione e raggiunto il
PMI, terminando la sua chiusura quando il pistone a già raggiunto il PMS e iniziato la corsa di aspirazione.
Durante questo ciclo si verifica un periodo in cui le valvole di aspirazione e di scarico rimangono per qualche
istante contemporaneamente aperte, e questa fase è denominata “Fase di Incrocio”. La fase di incrocio è
una fase molto importante, in quanto in questo brevissimo istante viene favorita la completa espulsione dei
gas combusti dalle camere di scoppio, in quanto lasciare aperte le valvole contemporaneamente permette di
sfruttare l’inerzia dei flussi dei gas combusti espulsi, che faciliteranno l’immissione dei gas freschi aspirati,
inoltre l’inerzia del flusso che si genera nei condotti dei gas freschi in aspirazione spingerà completamente
anche i residui dei gas combusti, liberando completamente le camere di scoppio dai residui di combustione,
ottenendo il completo riempimento con gas freschi.
Dal diagramma della distribuzione, viene definito il profilo degli eccentrici degli alberi a camme che ne
influenzano le prestazioni di un motore, quindi da un albero a camme con diagramma più spinto otteniamo
prestazioni più elevate, grazie al diverso profilo degli eccentrici (camme) che permettono di anticipare l'inizio
dell'apertura ed il ritardo in chiusura rispetto ad i punti morti, sfruttando le inerzia delle colonne gassose
migliorandone le turbolenze a favore di un migliore riempimento delle camere di scoppio e da ciò ottenere
una potenza più elevata, deducendo anche di aver ottimizzato le capacità respiratorie del motore.
Ad ogni diversa “fasatura della distribuzione” corrisponderà un campo del regime di giri in cui il riempimento
delle camere di scoppio risulterà migliore, pertanto se le velocità di rotazione risulteranno superiori al regime
ottimale, gli anticipi di apertura ed i ritardi di chiusura saranno insufficienti ad ottenere un migliore rendimento
volumetrico in
quanto non otterremo il migliore riempimento delle camere di scoppio.
Considerando anche la situazione a regimi di rotazione più bassi, gli anticipi di apertura ed i ritardi in
chiusura risulteranno eccessivi e anche per questo avremo un impedimento del miglior rendimento del
motore in quanto una parte dei gas freschi che sono già entrati nelle camere di combustione sarà respinta
indietro dai condotti di aspirazione dalla risalita del pistone dal PMI ovviamente per l'insufficiente inerzia della
colonna gassosa.
Da ciò dedurremo che a seconda dei diagrammi più o meno spinti, avremo erogazione di potenza diversa, di
fatto nei motori sportivi o in caso di elaborazione vengono adottati diagrammi di distribuzione molto spinti, a
cui corrispondono valori di potenza erogata elevati grazie al miglior riempimento delle camere di
combustione ad regimi di rotazione elevati, ma con una diminuzione della spinta ad i regimi medio-bassi in
quanto il motore avrà una minore elasticità, ed analogamente il contrario avviene per le motorizzazioni di tipo
turistico.
VARIATORE DI FASE
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Consente, nei motori con distribuzione a fasatura variabile, di modificare il posizionamento angolare di un
albero a camme rispetto alla ruota dentata di comando (oppure il posizionamento rispetto all'altro albero a
camme) in modo da cambiare il diagramma della distribuzione stessa. In alcuni casi si impiegano invece
dispositivi che agiscono sui bilancieri o che fanno scorrere assialmente un albero a camme con eccentrici a
geometria complessa
Il variatore di fase che caratterizza i motori 1.8 e 2.0 Twin Spark dell'Alfa Romeo 155: l'attuatore (sotto, nei
disegni, i particolari) consente all'albero a camme di assumere due differenti posizioni angolari, grazie a una
elettrovalvola (disegno di sopra, in colore bronzo) di comando.
FASATURA VARIABILE
Una delle piu' interessanti proposte tecniche di recente apparse anche su automobili di serie e' costituita
dalle distribuzioni a fasatura variabile, che consentono di modificare il diagramma di distribuzione
ovverosia gli anticipi di apertura e i ritardi di chiusura delle valvole, durante il funzionamento del motore. In
questo modo e' possibile ottenere, unitamente a una potenza specifica elevata, anche un campo di
utilizzazione motto ampio con vigoroso tiro ai medi e ai bassi regimi (perche' si puo' venire a disporre della
fasatura piu' vantaggiosa nelle differenti situazioni). Facendo ricorso ai sistemi di fasatura variabile e' anche
possibile ottenere sensibili miglioramenti per quanto riguarda l'emissione di sostanze nocive allo scarico.
CURVE CARATTERISTICHE
Sono quelle che indicano la potenza, la coppia e il consumo specifico di un motore in funzione della
velocita' di rotazione. Vengono ottenute al banco prova facendo funzionare il motore con la valvola del gas
completamente spalancata, ovverosia con l'acceleratore premuto a fondo (la velocita' di rotazione viene
variata agendo sul freno del banco), L'esame delle curve consente di ottenere interessanti informazioni in
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merito al. carattere del motore. La curva di coppia sale fino a raggiungere un certo valore massimo ad un
determinato regime di rotazione, superato il quale scende progressivamente. La potenza prodotta dal motore
pero' continua ad aumentare perche' il prodotto tra la coppia motrice e il regime di rotazione (che
determina appunto la potenza) cresce. Quando si supera il regime di potenza massima tale prodotto inizia a
diminuire e la potenza decresce.
LA COPPIA E LA POTENZA
La potenza si esprime in CV oppure in kW, mentre la coppia è calcolata in Nm o in kgm. Usualmente, le
schede tecniche delle automobili riportano la potenza in CV e la coppia in Nm. Si può comunque
agevolmente passare da una unità di misura all’altra: un kW corrisponde a 1,36 CV, mentre un kgm equivale
a 9,81 Nm.
La coppia è la “mamma” della potenza, cerchiamo di capirne il significato aiutandoci con un paragone
“ciclistico”. Prendiamo in considerazione, appunto, una bicicletta: per avanzare è necessario che il ciclista
eserciti attraverso le gambe un forza (muscolare) sulle pedivelle. Analogamente, in un motore, la spinta
esercitata dai gas di combustione sul pistone si scarica attraverso la biella (la gamba del ciclista) sulla
manovella dell’albero motore (la pedivella) e lo mette in rotazione. Ebbene, la coppia non è altro che la
capacità dei gas di combustione presenti nel cilindro di far ruotare l’albero motore, ovvero di produrre una
spinta (che in questo caso servirà a muovere l’auto). Tanto più la coppia sarà elevata, tanto più facilmente e
rapidamente il motore sarà messo in rotazione, con tutti i suoi organi collegati, con evidenti benefici effetti
sulla qualità e sulla piacevolezza della guida.Ci siamo certamente resi conto che andando in bicicletta non
applichiamo sempre la stessa forza sui pedali, anzi essa sarà massima con la pedivella orizzontale e nulla
con la pedivella verticale. La stessa cosa si verifica nel manovellismo pistone-biella-albero motore, per cui la
coppia varia continuamente durante un ciclo di funzionamento: il valore che si prende in considerazione è
quello medio.
Ma come si misura la coppia? Il motore viene posizionato su un banco-prova e fatto funzionare con
l’acceleratore rigorosamente tutto premuto; modulando un apposito freno applicato all’albero motore, è
possibile variarne la velocità di rotazione, e misurando i valori di coppia per un certo numero di giri-motore, si
ottiene la ben nota curva di coppia. Essa ha un andamento prima crescente con il numero di giri, poi un tratto
quasi costante all’interno del quale raggiunge il valore massimo, ed infine un tratto decrescente: il valore di
coppia riportato nelle schede tecniche dei motori, corrisponde al picco della curva ed è generalmente situato
circa a metà del campo di utilizzo di un motore. L’importanza di questa curva, come vedremo, risiede nel
fatto che essa determina il carattere di un motore.
Abbiamo detto all’inizio che la coppia è la “mamma” della potenza, perché? Perché quest’ultima si ottiene,
semplicemente, moltiplicando punto per punto il valore della coppia misurato al banco per il suo
corrispondente regime di rotazione. Cimentandoci con la matematica, basta moltiplicare la coppia espressa
in Nm con la velocità di rotazione espressa in giri/minuto e poi dividere il tutto per 9550, per ottenere la
potenza del motore (espressa in kW) a quel determinato regime.
Dal punto di vista fisico, quindi, la potenza è una misura della quantità di lavoro prodotta nell’unità di tempo:
per come è definita, è una grandezza strettamente dipendente dalla presenza di uno spostamento (o di una
rotazione, come nel caso dei motori).
Per comprendere meglio questi concetti, torniamo al paragone ciclistico e supponiamo di dover affrontare
prima una salita e poi un tratto in pianura: a parità di forza impressa sui pedali (che, come visto, genera
coppia), in salita ci muoveremo lentamente perché dobbiamo vincere, oltre agli attriti, anche la forza di
gravità che tende a trascinarci all’indietro, mentre in pianura la nostra spinta non dovrà preoccuparsi della
forza di gravità. E’ evidente che nella seconda situazione riusciremo a pedalare più speditamente pur
applicando la stessa forza, producendo, in definitiva, più lavoro nello stesso lasso di tempo e quindi più
potenza. Un altro esempio: supponiamo che la nostra bicicletta sia legata con una robusta catena ad un
palo, per quanta forza noi possiamo imprimere sui pedali, generando certamente una coppia motrice,
resteremo fermi, non produrremo alcun lavoro né erogheremo una potenza. E’ ancora una volta evidente
come si possa parlare di potenza solo se è presente uno spostamento.
La curva di potenza ha una caratteristica forma ad “uncino”: essa risulta sempre crescente poiché, anche se
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da un certo punto in poi la coppia cominciare a diminuire, il suo prodotto per il regime di rotazione del motore
continua a crescere, fino al regime di potenza massima (che non è lo stesso della coppia massima, ma è
spostato un po’ più avanti ed è quello indicato nelle schede tecniche); oltre questo punto, il calo della coppia
non è più compensato dall’incremento del regime di rotazione, e la curva presenta un breve tratto
discendente in cui c’è una diminuzione della potenza erogata.
Impariamo ora a leggere ed interpretare le curve di coppia e potenza, aiutandoci con delle figure.
Una coppia ben distribuita e costante lungo un ampio arco di utilizzo, con un valore relativamente elevato già
disponibile sin dai regimi più bassi (detta anche “piatta”, vedi le Figg. A e C), a prescindere dal suo valore
massimo, indicherà un motore capace di fornire una spinta omogenea e senza brusche variazioni in una
ampia fascia di funzionamento: sono questi i motori molto elastici, tipicamente Diesel e i benzina
sovralimentati, che garantiscono una buona dose di potenza già a bassi regimi.
Figura A - Curve di coppia e potenza di un
motore turbodiesel
Figura C - Curve di coppia e potenza di un
motore benzina sovralimentato
Se, invece, il massimo della coppia si trova nella fascia alta di regimi e la curva ha una forma “appuntita”
(Fig. B), saremo di fronte ad un motore capace di erogare sì una buona potenza, ma concentrata nelle zone
alte del contagiri e pertanto un po’ pigro in basso: è il caso, ad esempio, dei motori a benzina aspirati e un
po’ “tirati”. Quindi, il solo valore di potenza massima non dice tutto sulle possibilità e sul “carattere” di un
motore: se confrontiamo le curve delle Figg. A e B, possiamo notare che a fronte di una potenza massima
praticamente uguale (circa 100 kW), abbiamo dei valori di coppia massima molto diversi (300 e 185 Nm,
rispettivamente), oltretutto erogati, nel primo caso, a partire da un regime di rotazione nettamente inferiore
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Figura A - Curve di coppia e potenza di un
motore turbodiesel
Figura B- curve di coppia e potenza di un
motore benzina aspirato
Succede così che propulsori capaci di erogare potenza elevate siano surclassati in fase di ripresa da altri,
meno potenti in valore assoluto ma più dotati di coppia in basso; al contrario, nelle prove di accelerazione, in
cui il motore è fatto lavorare a regimi molto alti, diventa dominante il valore di potenza massima. Ma non
trascuriamo, però, l’influenza esercitata da fattori esterni al motore, primi fra tutti la massa del veicolo e la
rapportatura del cambio, sulle prestazioni e il piacere di guida ottenibili da un’automobile.
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La sovralimentazione
Un motore aspirato lavora con la pressione di una atmosfera (che è appunto quella atmosferica e che
corrisponde a circa 1 bar), mentre con la sovralimentazione si possono ottenere pressioni superiori. Il valore
che viene indicato per stabilire l'entità della modifica è la "sovrapressione" di alimentazione. Quest'ultima va
ad aggiungersi a quella già esistente e, nel caso di una sovrapressione di 1 bar, vuol dire che il propulsore
opera con una pressione assoluta di circa 2 bar (che corrisponde all'incirca al doppio di un aspirato di
identica
cilindrata).
Introdurre più aria significa anche immettere più ossigeno, e quindi si può bruciare più benzina.
La potenza e la coppia di un motore dipendono essenzialmente dalla massa di aria introdotta nel cilindro
durante l’aspirazione. Tale quantitativo è indicato come rendimento volumetrico o grado di riempimento.
Il rendimento volumetrico indica il rapporto fra il quantitativo di aria effettivamente introdotta nel
cilindro e il quantitativo teorico ( riferito alla cilindrata ) durante il ciclo di lavoro
Il rendimento volumetrico può essere aumentato mediante l’utilizzo di sistemi di sovralimentazione. Tali
sistemi incrementano notevolmente il riempimento dei cilindri permettendo di conseguenza la combustione di
una maggiore quantità di carburante. I vantaggi rispetto a motori non sovralimentati sono:
• Miglior rendimento effettivo
• Riduzione del consumo specifico di carburante
• Riduzione delle emissioni nocive
• Aumento della potenza del motore e della coppia
•
I sistemi di sovralimentazione si distinguono in:
•
•
•
sovralimentazione dinamica, ottenuta tramite la particolare progettazione dei collettori d'aspirazione,
capaci di sfruttare al meglio l'inerzia della colonna d'aria nei condotti;
sovralimentazione meccanica, ottenuta attraverso la compressione dell'aria all'interno del collettore
d'aspirazione;
sovralimentazione chimica ottenuta attraverso la miscela dell'aria d'aspirazione con opportune
sostanze chimiche.
Sovralimentazione forzata
Durante la fase di aspirazione un compressore invia nei cilindri la maggiore quantità pos- sibile di aria “
fresca”. Inoltre la miscela carburante-aria, o solo aria nei motori diesel, è precompressa all’esterno del
cilindro.
Ci sono:
•
•
•
Compressori senza azionamento meccanico, esempio il turbo compressore a gas di scarico,
Compressori ad azionamento meccanico, per esempio compressore roots
Compressori con scambio di pressione , per esempio il comprex
11
Il turbocompressore
I piccoli o piccolissimi turbocompressori per impiego automobilistico sono apparsi negli anni '60, per iniziativa di alcuni
costruttori di componenti (Garrett, KKK, Hitachi), che si sono cimentati nella loro costruzione, intuendo le potenzialità
da essi rappresentate. Gli studi e le ricerche di nuove soluzioni costruttive, sia in termini di progetto che di materiali,
sono poi continuate senza interruzione e proseguono ancora oggi, dopo aver raggiunto la massima intensità ed i più
sorprendenti risultati negli anni '80, con la larga adozione dei turbocompressori nelle competizioni automobilistiche.
l turbo compressore è composto da un corpo centrale
di sostegno, da un alberino e due chiocciole: una in
cui confluiranno i gas di scarico, l'altra in cui passerà
l'aria. Nella chiocciola lato scarico è contenuta una
girante che azionata dai gas di scarico (turbina),
trasmette il suo movimento tramite un alberino
(rotore) alla girante racchiusa nella chiocciola
opposta,
che
comprimerà
l'aria
risucchiata
funzionando così da compressore. Soltanto da regimi
medi alti si ottiene un rilevante effetto di
sovralimentazione. In più questi compressori
reagiscono con un leggero ritardo ai rapidi
cambiamenti della posizione dell’acceleratore.
A causa della loro inerzia, infatti, i gas di scarico non
possono seguire i rapidi cambiamenti di carico. I compressori lavorano pressoché senza perdite, poiché non
necessitano di nessun trascinamento da parte del motore.
Schema di un motore con un turbocompressore a gas di scarico
I gas di scarico del motore mettono in moto la girante della turbina, la quale a sua volta aziona, tramite
l’albero, la girante del compressore. Il compressore aspira l’aria fresca e la fornisce al motore in
sovrapressione.Grazie alla precompressione, l’aria di alimentazione si riscalda, raggiungendo temperature
all’ordine di 180 °C.
Questa alta temperatura annulla in parte l'effetto della compressione perché i gas caldi sono più rarefatti,
inoltre l’alta temperatura. può innescare fenomeni di detonazione e preaccensione nel motore. Quindi per
evitare questo, si ricorre, appunto, all'intercooler che non altro che uno scambiatore di calore aria-aria, è in
12
pratica come il normale radiatore dell'auto, ma invece di avere al suo interno acqua, ha l'aria appena
compressa.
L’utilizzo di un intercooler presenta i seguenti vantaggi:
•
•
•
•
Una riduzione della temperatura nei cilindri sottoposti a dure condizioni di carico, che riduce lo stress
termico, e prolunga la vita dei componenti meccanici
Con l’aumento della densità di carica si può riempire ogni cilindro ,durante ciascuna fase di
aspirazione, con maggiore efficienza, aumentando di conseguenza la potenza del motore.
La riduzione della temperatura riduce la formazione degli ossidi d’azoto (NOx) durante la fase di
combustione.
Nei motori diesel, si ottiene una riduzione della fumosità allo scarico;
Test hanno dimostrato che un buon intercooling aumenta la potenza del motore del 3%, ogni 10° C di
riduzione della temperatura.La pressione di sovralimentazione non deve superare i valori stabiliti dal
costruttore, onde evitare rotture meccaniche del motore (0,9-1 bar).
Regolazione della pressione di sovralimentazione
Oltre a tener conto del pericolo di distruzione del motore a causa di pressioni di sovralimentazioni troppo
elevate, le dimensioni del turbocompressore sono determinate in maniera tale da ottenere un effetto di
sovralimentazione anche a regimi medi, nonostante la ridotta inerzia dei gas di scarico.
Di conseguenza,
in condizioni di regimi elevati e quindi di grande quantità di gas di scarico, la pressione del turbo
compressore potrebbero superare determinati valori limite e, inoltre la girante della turbina raggiungerebbe
regimi di rotazione troppo elevati. Per tale motivo è necessario regolare la pressione di sovralimentazione. Si
distingue:
•
•
•
La regolazione pneumo-meccanica della pressione di sovralimentazione
La regolazione elettronica della pressione di sovralimentazione
La regolazione della pressione di sovralimentazione con palette statoriche orientabili (geometria
variabile)
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Regolazione pneumo-meccanica della pressione di sovralimentazione
Una membrana collegata alla valvola regolatrice della pressione di sovralimentazione è prevaricata mediante
una molla elicoidale e alimentata, dal lato opposto, con la pressione di sovralimentazione. Non appena la
pressione supera la forza della molla, la valvola si apre. I gas di scaricano by-passano la turbina e vanno
verso il tubo di scarico. Il controllo del passaggio dei gas di scarico è svolto da una valvola detta di
“Wastegate”.
Regolazione elettronica della pressione di alimentazione
Un dispositivo di regolazione della pressione elabora il valore ottimale della pressione in funzione della
posizione della valvola a farfalla e della tendenza al battito in testa. Servono da grandezze di correzione, la
temperatura dell’aria aspirata, la temperatura del motore e il regime di rotazione.Un sensore di pressione
rileva la pressione di sovralimentazione e il dispositivo di regolazione aziona un’elettrovalvola sequenziale.
L'overboost
E’ un dispositivo che consente, in alcune vetture munite di turbocompressore, di innalzare
momentaneamente la pressione di sovralimentazione al disopra del valore massimo impiegato nel
funzionamento continuativo. Si viene così a disporre, quando si preme velocemente, e a fondo il pedale
acceleratore (kick-down), di una vera a propria "superpotenza", anche se per periodi di breve durata (in
genere la durata del funzionamento con overboost è controllata da una centralina elettronica), che può
essere di grande utilità ad esempio nei sorpassi e in altre situazioni. Per ottenere questa pressione di
sovralimentazione piu' elevata, vi e' un attuatore, collegato alla centralina, che agisce sulla wastegate.
Regolazione della pressione di sovralimentazione con turbina a geometria variabile
Un problema del turbo è dato dalla velocità di rotazione della turbina che varia in funzione dei giri del motore,
perché con i giri varia la portata dei gas di scarico prodotti. Se il motore gira piano, produce pochi gas e la
turbina non riesce più a prendere energia, sia perché appunto l'energia disponibile è poca sia perché la
turbina lavora in condizioni estremamente lontane da quelle ottimali cioè con un rendimento bassissimo. Il
fatto è che, l'effetto positivo del turbo inizia a funzionare solo ad un determinato numero di giri, Circa 3000
giri, mentre al disotto di questo il turbo è addirittura un freno. Così si ha che all'inizio, in fase di accelerazione
il motore stenta a salire di giri e quando il turbo "entra", sembra che il motore raddoppi improvvisamente di
potenza, dando per un' istante una fortissima accelerazione. Nelle moto poi questo problema è ancor più
sensibile, così che i modelli di moto turbocompresse, da quando esistono le moto, praticamente si contano
sulle punta delle dita.
Per migliorare queste problematiche, sono state inventate le turbine a geometria variabile, nelle quali le
alette all'ingresso della turbina cambiano d 'incidenza, cioè ruotano su se stesse, in modo che a bassi giri, i
gas abbiano un angolo d'entrata che migliori il funzionamento dalla turbina, cioè il suo rendimento e quindi di
tutto il turbo-compressore
Per sfruttare a pieno le geometrie variabili e per compensare i problemi residui, oggi si ricorre ad un
massiccio uso della elettronica che fa in automatico quello che farebbe un bravo pilota, permettendo a
chiunque di guidare un turbo anche di notevole potenza senza grossi problemi, però peggiorandone, di fatto,
l'efficacia, e spesso annullando il fascino di questa soluzione tecnica.
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La centralina controllo motore
La centralina di gestione del motore è responsabile dell'intera gestione del motore e controlla, comanda e
regola tutte le principali funzioni del motore, prendendo in considerazione il rispettivo stato di carico
relativamente ad ogni parametro d'ambiente come ad es. la temperatura esterna e la densità atmosferica o
la temperatura di motore, refrigerante ed olio, etc. Ciò è possibile grazie all'acquisizione dei dati di
funzionamento e spostamento con l'ausilio di elementi sensibili e sensori i quali rilevano con estrema
precisione pressioni, temperature, numeri di giri, velocità e masse d'aria. La centralina di gestione del motore
rielabora così la banca dati, memorizzata in uno speciale chip, eprom, insieme con i diagrammi caratteristici
e linee caratteristiche tutti preimpostati per iniezione, accensione, pressione di alimentazione e lambda. In tal
modo vengono ad esempio calcolati di continuo e indipendentemente dallo stato di carico e dai parametri
d'ambiente il punto d'accensione ottimale ed il carburante necessario in relazione alla fasatura d'iniezione
corretta ed alla rispettiva pressione d'alimentazione.
2. Compiti della centralina di gestione del motore
A) Comando dell'accensione
Per poter sfruttare al meglio il carburante risparmiando energia, è necessario poter calcolare in qualsiasi
momento il punto di accensione giusto - nei motori diesel la fasatura d'iniezione ideale in rapporto al numero
di giri, al carico, alla temperatura ed ad altri parametri di controllo.
B) Controllo dell'angolo di chiusura
A seconda del numero di giri cambia l'intervallo di tempo fra i segnali di comando del sistema d'accensione.
Per ottenere un'energia di accensione costante è tuttavia necessaria un'apposita corrente primaria per la
quale è a sua volta indispensabile un determinato tempo di chiusura che non viene sempre raggiunto nel
caso di un elevato numero di giri. Ne consegue che possono verificarsi delle mancate accensioni ad alti
numeri di giri.
C) Regolazione del battito in testa
Nei motori moderni a basso consumo l'obiettivo è quello di realizzare un rapporto di compressione elevato
per poter conseguentemente ottenere una coppia elevata e quindi un consumo specifico basso. Aumentando
la compressione aumenta tuttavia il pericolo dell'autoaccensione incontrollata che provoca una combustione
'a battiti'. Tramite i segnali del sensore delle oscillazioni situato sul blocco motore, la centralina di gestione
del motore comanda un'accensione leggermente ritardata.
D) Iniezione del carburante
Indipendentemente dai segnali dei sensori per massa d'aria, numero di giri, carico, ed altri fattori di
correzione, l'elettronica calcola il tempo d'iniezione necessario e la quantità d'iniezione per soddisfare
esigenze quali: il calo dei consumi, la riduzione delle emissioni nocive contenute nei gas di scarico e
l'incremento delle prestazioni specifiche del motore.
E) Regolazione Lambda
La miscela aria-carburante viene regolata per mezzo del microcontrollore in rapporto alla composizione dei
gas di scarico (misurata tramite la sonda lambda) su un valore ideale (lambda=1), in modo da conseguire un
elevato rendimento del catalizzatore e di conseguenza un basso contenuto di sostanze nocive. La sonda
lambda misura quindi prima del catalizzatore la concentrazione di ossigeno residua nei gas di scarico. Questi
valori di misurazione vengono trasmessi ininterrottamente alla centralina di gestione del motore la quale
include poi suddetti dati di misurazione nei calcoli in corso.
F) Regolazione minimo di giri - alimentazione
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Le differenti temperature del motore con i connessi coefficenti di aderenza, nonché le corse di aspirazione
non perfettamente pulite e molti altri fattori determinano un numero di giri al minimo differente ad uguale
sezione-bypass. Regolando il numero di giri al minimo, l'alimentazione viene modificata in modo tale che il
numero di giri acquisito tramite il sensore del numero di giri (sensore Hall) rimanga su un valore costante
predefinito. Allo stesso modo vengono calcolati anche i parametri per l'avviamento a caldo - a freddo.
G) Regolazione della pressione di alimentazione
Negli autoveicoli dotati di turbocompressore con l'ausilio della centralina vengono altresì calcolati l'altezza
della pressione di carico ed il volume di carico necessari, i quali vengono poi regolati sul valore nominale per
mezzo di appositi sensori.
H) Riciclo dei gas combusti
Per migliorare la qualità dei gas di scarico, all'aria pulita aspirata, i gas di scarico vengono addizionati in
quantità misurata.
I) Servizio e funzioni di sicurezza
- Controllo della plausibilità dei valori impostati al fine di evitare malfunzionamento.
- Controllo severo dei sistemi "Drive by wire" installati ormai in tutti i veicoli moderni come Ega.
- Riconoscimento dei difetti nei sensori ed attuatori con memorizzazione nel sistema diagnostico.
Sensori
Il sensore di "giri e PMS" (Punto Morto Superiore) ha il compito di rilevare la velocità di rotazione (rpm) del
motore e il PMS di due dei quattro cilindri (nella classica configurazione dell’albero motore i quattro pistoni si
muovono a due a due, quando due, il 1° e il 4°, sono al PMS gli altri due, il 2° e il 3°, sono al PMI, Punto
Morto Inferiore, dei primi due uno è in fase di compressione e l’altro è in fase di scarico). Nella maggior parte
delle applicazioni questo sensore è di tipo induttivo. La lettura del segnale dei giri è effettuata con un sensore
magnetico su ruota fonica 60 denti meno due (58 tacche ). Posizionato sull’albero motore o su una puleggia
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ad esso collegata.Quando l’albero motore gira si verifica una variazione della distanza tra il nucleo esterno
del sensore e i denti La variazione di campo magnetico, provocato dai denti del volano calettato sull’albero
motore, genera ai due terminali dell’avvolgimento interno al sensore una tensione sinusoidale la cui
frequenza permette alla centralina di determinare la velocità di rotazione. È inoltre presente un riferimento
(due denti mancanti sul volano) che informa la centralina riguardo alla posizione del PMS.
Per conoscere quale dei due pistoni al PMS è quello in
compressione la centralina necessita dell’informazione
del "sensore di fase", posto su un albero a camme.
Questo sensore, solitamente ad effetto Hall, è costituito
da una sottile piastrina di silicio che assicura la
conduzione quando è sottoposta a un campo magnetico.
Se infatti si sottopone la piastrina perpendicolarmente a
un campo magnetico, le cariche all’interno della stessa
sono deviate verso questo campo, e si misura una
differenza di potenziale chiamata tensione Hall tra due
dei tre terminali elettrici collegati in centralina. A riposo,
la piastrina non è sottoposta a un campo magnetico, non
esiste quindi una ddp tra i terminali, il dispositivo è
bloccato. La rotazione dell’albero a camme copre e
scopre, alternativamente una calamita che crea il
segnale (potenziale). Quando la centralina rileva la ddp
del sensore sa che il 1° cilindro è in compressione e l’altro in scarico. Con queste informazioni (giri, PMS e
fase) la centralina è in grado di sapere quale candela e quale iniettore comandare (quale è il cilindro in fase
di combustione)
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Altro sensore fondamentale è quello che rileva il carico a cui è
sottoposto il motore. Per questa funzione ci sono due differenti sensori
che possono essere utilizzati indifferentemente: il "sensore di pressione
assoluta" e il "misuratore massa aria". Il primo, grazie ad un materiale
piezoresistente (la cui resistenza elettrica varia con la pressione) misura
la pressione all’interno del collettore di aspirazione e da qui la centralina
si calcola la massa di aria aspirata dal motore (che rappresenta il
carico).
Il secondo misura direttamente la massa d’aria, Il
misuratore della massa d’aria aspirata è posizionato nel
condotto di aspirazione tra il filtro dell’aria e il collettore
di aspirazione . Si tratta di un sensore di flusso a film
caldo a lettura diretta. Il sensore contiene due sonde:una
sonda fredda che misura la temperatura dell’aria
ambiente e una sonda calda alimentata da un circuito
elettronico che la mantiene a una temperatura di 120°
superiore
a
quella
ambiente.
Mentre il flusso d’aria entrante tende a raffreddare e
quindi diminuire la resistenza della sonda calda, il circuito
di controllo elettronico, per reazione, la incrementa
aumentando la corrente passante. Le variazioni di
corrente generate dal circuito di controllo sono proporzionali al flusso d’aria che attraversa il
condotto del flussometro e quindi inviate sotto forma di segnale in uscita a tensione variabile alla
centralina. Un termistore NTC trasmette alla centralina anche un segnale di temperatura separato
da quello della massa dell’aria
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La sonda lambda
La sonda lambda è il sensore che informa la centralina di quale è la concentrazione di ossigeno nei
gas di scarico. Con tale segnale, la centralina corregge il dosaggio di benzina in termini di rapporto
stechiometrico riducendo quindi le emissioni inquinanti permettendo alla (eventuale) marmitta catalitica
di lavorare con maggiore efficienza. La sonda quindi è una retroazione per il sistema.
In è riportato lo schema della sonda lambda. La sonda, che è inserita nel condotto da dove escono
immediatamente i gas di scarico, è costituita da due elettrodi di platino separati da uno strato di
zirconio, della forma di tubo ma con una sola estremità chiusa. L’estremità aperta consente all’aria
atmosferica di entrare e venire a contatto con l’elettrodo interno. L’elettrodo esterno è rivestito
completamente
di
ceramica,
che
è
a
contatto
dei
gas
di
scarico.
Figura 13 - Schema elementare di una Figura 14 - Andamento della tensione ai capi della
sonda lambda
sonda lambda al variare della conce-ntrazione di
ossigeno nei gas di scarico
Quando lo strato ceramico raggiunge una temperatura di circa 350°C, diventa poroso consentendo
all’ossigeno molecolare dei gas di scarico di raggiungere l’elettrodo interno. Se le pressioni parziali
dell’ossigeno presente rispettivamente nell’aria e nei gas di scarico sono diverse, l’ossigeno O2 con
maggiore pressione parziale (quindi sicuramente quello dell’aria atmosferica), a contatto con l’elettrodo
di platino, si riduce in ioni O-- che attraversano lo strato di zirconio, per cui tra gli elettrodi si stabilisce
una ddp che è funzione inversa della pressione parziale di ossigeno presente nei gas di scarico.
Se i gas di scarico sono poveri di ossigeno, per effetto di una miscela troppo ricca, c’è il rischio che si
formi monossido di carbonio, che è altamente tossico, allora la centralina reagisce riducendo la durata
di iniezione ottenendo una miscela più povera. I tempi di risposta sono di circa 50ms. In è riportato
l’andamento della tensione ai capi della sonda lambda in funzione della concentrazione di ossigeno.
I sistemi omologati Euro3 prevedono anche l’uso di una seconda sonda lambda, a valle del catalizzatore, con
lo scopo di controllare l’efficienza di quest’ultimo. Misurando, infatti, quello che entra nella marmitta catalitica
(sonda lambda a monte) e quello che esce, la centralina conosce l’efficienza di conversione degli inquinanti.
19
Per rilevare la temperatura del motore e quella dell’aria aspirata
la centralina ha a disposizione due "sensori NTC" (a
Coefficiente Termico Negativo), la cui resistenza elettrica
diminuisce all’aumentare della temperatura. Il parametro
temperatura motore permette alla centralina di arricchire la
miscela nelle partenze a freddo (starter automatico), di azionare
la ventola di raffreddamento e di regolare il minimo. La
temperatura aria è invece importante per regolare l’anticipo
d’accensione.
Infine, per gestire i transitori, si ha un "potenziometro" montato sulla valvola a farfalla, che ne rileva la
posizione tramite un segnale in tensione.
Attuatori
L’Iniettore - Tra gli attuatori, uno dei più importanti è sicuramente "l’iniettore" (uno per ogni cilindro) che ha il
compito, al comando della centralina, di aprire il passaggio della benzina nei collettori di aspirazione. E’
composto da un avvolgimento che, quando è percorso da corrente, attira un nucleo magnetico la cui punta si
stacca dalla sede aprendo il foro d’iniezione, il carburante sotto pressione può allora passare. Quando si
interrompe il comando, la molla respinge la punta nella sede e il carburante viene bloccato. La benzina arriva
agli iniettori tramite una pompa elettrica che genera una pressione di circa 3 bar e va a riempire la "rampa di
iniezione" che costituisce un serbatoio per la benzina a pressione e sulla quale sono collegati gli iniettori.
Altro attuatore fondamentale è sicuramente la bobina (negli ultimi impianti, ce ne è una per ogni candela) che
serve a trasformare la bassa tensione (12V) in alta tensione (circa 22kV). Nel momento in cui la centralina (o,
nei vecchi motori, lo spinterogeno) chiude il circuito, il primario bobina viene percorso da corrente che genera
un campo magnetico, questo campo magnetico genera sul secondario una tensione indotta che sarà tanto
più alta quanto più alto è il rapporto tra il numero delle spire del secondario e il numero delle spire del
primario. Nel momento in cui viene aperto il circuito scocca la scintilla tra gli elettrodi della candela. La
scintilla deve, però, scoccare prima che il pistone raggiunga il PMS affinché si compensi il tempo di
combustione della miscela.
Infatti la miscela aria-benzina non brucia istantaneamente, ma viene innescata dalla scintilla per poi
propagarsi in tutta la camera di combustione impiegando un certo tempo. L’anticipo di accensione (in gradi di
rotazione dell’albero motore prima che il pistone arrivi al PMS) è calcolato in modo tale che quando il pistone
si trova al PMS tutta la miscela viene completamente bruciata. L’anticipo deve variare in funzione del numero
di giri, della temperatura e del carico motore.
Nei sistemi di ultimissima generazione la farfalla viene gestita non solo al minimo ma durante tutte la fasi.
Infatti non è più presente il cavo acceleratore (che collega il pedale alla valvola a farfalla); il conducente,
agendo sul pedale fa variare un potenziometro che informa la centralina della volontà di accelerare. La
centralina tramite un motorino elettrico apre e chiude la farfalla (il sistema viene anche chiamato:
acceleratore elettronico).
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Sistemi di iniezione motori a ciclo ottobre
1. Sistema di iniezione indiretta
2. Sistema di iniezione diretta
Iniezione indiretta si divide in:
1. iniezione single point ( SPI )
2. Iniezione multipoint (MPI )
Iniezione SPI (Fig.1)
È detta anche iniezione nel corpo farfallato, questo
tipo di impianto prevede l’iniezione prima della
farfalla dell’acceleratore e al centro del corpo
sfarfallato. La miscela aria carburante è resa
migliore grazie alla polverizzazione che si genere in
prossimità della valvola a farfalle e all’effetto di
evaporazione generato dalle pareti calde del
collettore di aspirazione.
Due sono gli svantaggi rispetto agli impianti di
iniezione multipoint: la distribuzione non omogenea
della miscela aria carburante, causata calla diversa
lunghezza dei collettori di aspirazione e alla
formazione di vortici in prossimità della giunzione
dei condotti del collettore, inoltre possono verificarsi condensazioni poco vantaggiose sulle pareti interne che
possono rendere disomogenea la miscela aria carburante.
Iniezione MPI (Fig. 2)
Nei sistemi di iniezione multipoint ogni cilindro dispone
del proprio iniettore. Gli iniettori sono disposti nel
collettore o nel condotto di aspirazione immediatamente
prima della o delle rispettive valvole . In questo odo tutti i
cilindri usufruiranno di percorsi di trasporto di uguale
lunghezza e di una distribuzione uniforme della miscela.
Nell’iniezione multipoint si possono distinguere :
1. Iniezione simultanea
2. Iniezione a gruppi (a gruppi di cilindri)
3. Iniezione sequenziale fasata
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Iniezione a gruppi Gli iniettori dei cilindri 1 e 3 e,
rispettivamente, 2 e 4 sono attivati una volta
ogni ciclo di lavoro. L’iniezione dell’intera
quantità di carburante avviene davanti alle
valvole di aspirazione chiuse. Il tempo a
disposizione dell’evaporazione di carburante
risulta comunque non uguale per tutti i cilindri.
Iniezione sequenziale fasata
Gli iniettori iniettano uno dopo l’altro, nell’ordine di
accensione e immediatamente prima della fase di
aspirazione, l’intera quantità di carbuarante. Ne
risulta una preparazione della miscela ariacarburante ottimizzata e un miglior raffredameto
internoo del motore.
Iniezione simultanea Tutti gli iniettori del motore sono
pilotati contemporaneamente, senza riguardo della
fase in atto nei diversi cilindri. Di conseguenza il
tempo di evaporazione del carburante varia
notevolmente da cilindro a cilindro. Al fine di ottenere
comunque una composizione omogenea della miscela
e una buona combustione, si inietta, ad ogni giro
dell’albero motore, metà della quantità necessaria alla
combustione
22
Domande preliminari
La prima domanda che viene posta al docente all'inizio di ogni corso (e quasi tutte le volte dai clienti prima
della "elaborazione" del loro veicolo) è sempre la stessa: per quale motivo può si effettua la "rimappatura" di
una centralina? La risposta in realtà è articolata e riesce a spiegare solo in parte un fenomeno che ormai ha
raggiunto dimensioni e giro di affari dell'ordin e di svariati milioni di euro all'anno. In teoria è necessario
"rimappare" tutte le autovetture destinate ad un uso agonistico è sempre per adeguare i parametri base del
sistema di alimentazione ed accensione alle variazioni meccaniche (modifica dei diagrammi di aspirazione e
scarico, modifica del rapporto di compressione e della pressione turbo, alleggerimento delle masse rotanti
etc.) apportate dal meccanico preparatore.
In realtà è bene non nascondersi dietro questa scusa di comodo ed è necessario ammettere che il fenomeno
è esploso anzitutto nel mondo delle vetture per uso stradale. Una risposta più esaustiva è che ogni
automobilista desidera che la propria vettura sia un po' diversa da quella fornita di serie dalla casa
costruttrice: di conseguenza, entro certi limiti, è disposto a rinunciare ad una piccola percentuale di
affidabilità e consumi per poter ottenere delle prestazioni più brillanti ed un'auto "diversa" dalla media. In
particolare, l'utente di un autoveicolo turbodiesel chiede sempre e solo maggiore coppia motrice rispetto a
quella originale: è quindi compito del preparatore coniugare questa richiesta con i limiti sopportabili dagli
organi meccanici (gruppi frizione-volano, turbine etc.) evitando che un motore troppo "energico" possa
rovinare questi componenti nell'arco di poche migliaia di chilometri.
Un discorso a parte è quello da farsi per gli utenti di veicoli industriali: nonostante gli attuali livelli di potenza
espressi da motori di ultima generazione (un "trattore" IVECO Stralisl3 è attualmente equipaggiato con una
unità motrice 6 cilindri da 13.000cc in grado di erogare fino a 540cv), le aziende di autotrasporto sono
sempre alla ricerca di aumenti di potenza specifica per affrontare al meglio le lunghe tratte autostradali delle
Alpi e degli Appennini. Inoltre, grazie all'utilizzo di cambi plurifrazionati, è possibile utilizzare tali motori
"elaborati" a regimi di rotazione leggermente inferiori rispetto alle condizioni standard previste dal costruttore;
in tali casi, e con opportuni accorgimenti di guida, è possibile ottenere anche leggere riduzioni del consumo
medio del veicolo.
L'ultima domanda che spesso viene posta è quella relativa al rispetto delle normative antinquinamento:
anche in questo caso bisogna distinguere tra il livello di inquinamento complessivo del veicolo ed il rispetto
dei limiti imposti in fase di revisione periodica. Considerando un veicolo a ciclo Otto, è possibile effettuare
operazioni di rimappatura che non modifichino le tabelle di gestione motore nelle condizioni di minimo e
carico parziale: di conseguenza è possibile fare in modo che, durante i test previsti dalla revisione periodica,
il veicolo lavori a rapporto stechiometrico e le emissioni di CO siano inferiori allo 0,3% richiesto dalla
normativa vigente.
Considerando invece un veicolo turbodiesel, caratterizzato da un rapporto aria-carburante costantemente
variabile, poiché la prova di revisione richiede diverse accelerate consecutive a fondo è necessario che il
preparatore non modifichi il meno possibile le porzioni di mappa che gestiscono il motore a bassi carichi, a
tutti i regimi di rotazione del propulsore stesso.
Dal punto di vista invece delle emissioni inquinanti complessive, in termini di CO, CO2 ed HC, è velleitario
pensare che il veicolo, al termine delle operazioni di rimappatura, sia ancora perfettamente conforme alla
normativa per cui esso è stato omologato. A parziale scusante di tutti i preparatori elettronici va comunque
evidenziato che, su di una percentuale molto alta di veicoli con percorrenze superiori ai 100.000km, la deriva
dei parametri motoristici è tale per cui essi non raggiungono mai le potenze per cui sono stati omologati ed in
base alle quali gli utenti pagano le relative tasse di proprietà.
Cosa è la rimappatura di un motore
L'elaborazione delle centraline gestione motore è nata negli anni '80, con l'avvento dei primi calcolatori di
iniezione/accensione digitali. Mentre i grossi team automobilistici potevano già disporre di centraline gestione
motore dedicate, in grado di essere riprogrammate attraverso linee di comunicazione seriale, i preparatori di
autovetture derivate da modelli di serie si trovarono di fronte alla necessità di adeguare i tempi di iniezione e
gli anticipi di accensioni alle modifiche meccaniche effettuate.
23
Con le auto dotate di carburatori e spinterogeno tali operazioni potevano essere svolte con estrema
tranquillità, regolando e modificando a proprio piacere i vari componenti dei carburatori o gli elementi di
compensazione centrifuga e del carico interni agli spinterogeni.
Per le auto ad iniezione elettronica le informazioni erano invece "congelate" all'interno delle memorie delle
centraline di gestione motore, ed i parametri erano quelli implementati dal costruttore per un utilizzo stradale
del veicolo. L'acronimo EPROM, ormai universalmente diffuso, sta per "Electrically Programmable ead Only
Memory" ed indica la tipologia di memoria non volatile (in grado cioè di non perdere l'informazione contenuta
al distacco della tensione di alimentazione) utilizzata per la memorizzazione del programma di gestione
all'interno della centraline gestione motore (Engine Control Unit) : essa può essere rappresentata come una
sequenza monodimensionale di celle di memoria in grado di memorizzare ciascuna una singola informazione
e definite da un indirizzo univoco che permette al microprocessore di andare a recuperare tale informazione.
Per "rimappatura" si intende quindi il complesso di operazioni necessarie alla lettura, decodifica e modifica
delle informazioni relative alla gestione motore contenute in una memoria EPROM.
Nacque quindi la necessità di mettere a punto una metodologia per l'analisi delle informazioni contenute
all'interno delle ECU. L'approccio messo a punto dai preparatori, ed ancora oggi utilizzato, è quello del
"reverse engineering" del contenuto delle EPROM. La metodologia di estrazione delle informazioni relative
alle tabelle di gestione del motore si basa sulle seguenti considerazioni:
•
•
•
•
i file programmati nelle EPROM contengono sia le istruzioni per il microprocessore che le
belle necessarie a gestire correttamente il motore in tutte le condizioni operative;
è sempre possibile utilizzare un software in grado di generare un grafico in cui in ascissa
vengano rappresentati tutti gli indirizzi della EPROM ed in ordinata il valore memorizzato
nella locazione di memoria corrispondente;
dal momento che i motori non possono subire variazioni brusche dei loro parametri di funzionamento,
utilizzando un software grafico del tipo sopra descritto (qualunque sia il tipo di ECU sotto esame), le
zone dati all'interno delle EPROM sono caratterizzate da andamenti regolari dei valori, mentre le zone
contenenti istruzioni hanno un andamento dei valori non intelligibile;
le tabelle ("mappe") di gestione motore sono sempre funzione di almeno due variabili (es. giri e carico
motore, giri e temperatura aria, etc.) e quindi appariranno in grafico come quello sopra descritto come
delle sequenze di curve con andamenti caratteristici per ciascuna tipologia di curva e per ciascuna
tipologia di motore.
Oggi moltissimo è cambiato: le vecchie UV-EPROM sono state rimpiazzate dalle più efficienti memorie
FLASH-EPROM, così come le tecniche di rimappatura ora si basano su rappresentazioni tabellari e su
database in grado di decodificare quasi tutte le tipologie di mappe presenti sui veicoli; l'attività del
preparatore elettronico ha risentito della evoluzione continua ell'elettronica e dell'informatica, ma i principi
base sono rimasti immutati e lo scopo finale è ancora quello di modificare i parametri imposti dal costruttore
per ottenere un incremento delle prestazioni del veicolo.
Cenni di elettronica dei calcolatori
Anche per un sistema digitale di gestione motore valgono le stesse regole architetturali che caratterizzano un
qualsiasi moderno computer. Le differenze fra un Personal Computer ed una ECU sono da individuarsi
soprattutto nella gestione delle porte di ingresso/uscita e nella robustezza richiesta da una applicazione
“automotive”: una ECU ha necessità di misurare il maggior numero di parametri fisici possibili rilevati dai
sensori (temperature, regimi di rotazione, posizioni angolari, etc.), di pilotare un numero sempre crescente di
attuatori (iniettori, elettrovalvole, bobine, etc.) e garantire il funzionamento del veicolo in condizioni di
temperatura, umidità e tensione continuamente variabili. AI contrario un comune Personal Computer ha
necessità di disporre di una potenza di calcolo molto maggiore ma non necessita di un controllo così
stringente sull'integrità dei dati e delle funzioni. Definite queste differenze applicative, nei prossimi paragrafi
si passa ad una comparazione più approfondita delle due diverse applicazioni.
24
Architettura di un sistema a microprocessore
L'architettura prevalente nelle macchine è ancora quella di Von Neumann, basata sull'idea della memoria
che contiene dati e programmi, sull'esistenza di strutture di controllo e di unità di processo. Questo modello
di macchina ha fortemente influenzato sia le architetture successive sia i linguaggi di programmazione, che
hanno sempre dovuto fare i conti con le macchine che poi dovevano eseguirne i programmi.
Macchina di Von Neumann: ALU, RAM, Memoria Programma, I/O.
Con il termine macchina di Von Neumann (o modelli di Von Neumann) si indica uno schema a blocchi che
descrive il comportamento di un calcolatore come "esecutore sequenziale a programma memorizzato".
Questo modello, ideato dal ricercatore americano di origine tedesca nel corso della seconda guerra mondiale
per la realizzazione dei primi elaboratori, è adatto anche per una descrizione elementare del principio di
funzionamento di tutti i moderni calcolatori.
In realtà i moderni microprocessori (Centrai Processing Unit), pur rispettando in linea di massima questo
principio, aggiungono molte nuove funzionalità che derogano soprattutto al concetto di sequenzialità.
Trascurando questi aspetti, che peraltro sono invisibili per l'utente, il modello di Von Neumann resta ancora
valido per capire come funziona un microprocessore.
Analizziamo con cura la definizione: "esecutore sequenziale a programma memorizzato"
Il termine esecutore sta ad indicare che la CPU compie delle azioni nei confronti degli altri
dispositivi, prendendo o modificando il contenuto della memoria, prendendo informazioni dagli
ingressi o fornendo informazioni in uscita.
•
•
•
Il termine sequenziale significa che le azioni sono svolte dalla CPU una alla volta. Le azioni che
realizzano una funzione nel suo complesso quindi si succedono una dopo l'altra anche se l'utente ha
una percezione di immediatezza e contemporaneità. Ciò è dovuto al fatto che la CPU esegue la
sequenza delle azioni con grande rapidità. La misura della rapidità con cui sono eseguite le azioni è
data dalla frequenza di clock che indica il numero di azioni al secondo eseguite da una CPU (ad
esempio 2 GHz significa due miliardi di azioni al secondo).
Il termine programma indica che la CPU esegue le azioni che sono indicate in una lista di istruzioni
codificate (algoritmo). Questo concetto è legato al concetto di esecutore: un esecutore non sa cosa
deve fare a priori ma esegue una lista di istruzioni.
Il termine memorizzato indica che il programma (cioè la lista di istruzioni) deve essere
memorizzato in memoria centrale sotto forma di numeri binari affinché la CPU possa leggere le
istruzioni ed eseguirle. In memoria centrale oltre alle istruzioni codificate dei programmi in corso di
esecuzione ci sono anche i dati associati a tali programmi. Nel caso delle applicazioni automotive la
memoria centrale è proprio la EPROM ed i dati costituiscono proprio le mappe che vogliamo
modificare.
Questi concetti possono essere descritti da un primo schema a blocchi utile per rappresentare a livello
logicola struttura di qualsiasi centralina:
Note:
• Lo schema a blocchi non descrive la struttura fisica del sistema ma pone invece in evidenza un importante
aspetto funzionale: non c'è una comunicazione diretta tra memoria ed I/O ma invece ogni trasferimento di
informazioni passa attraverso la CPU che per questo motivo è posta in mezzo tra gli altri due blocchi.
• Le frecce rappresentano la possibilità di trasferire informazioni tra blocchi. La punta da entrambe le parti
indica che il trasferimento è bidirezionale mentre il fatto che la freccia sia ampia indica che l'informazione è
complessa (non un solo segnale ma un insieme di segnali) codificata in binario.
• Nel caso delle centraline gestione motore la memoria centrale è quindi la EPROM e tra i dispositivi di I/O
possiamo includere tutti i convertitori analogico/digitali in grado di "leggere" i segnali provenienti dai sensori
ed i comandi per gli attuatori.
25
3.1.2. Architettura di una centralina gestione motore.
Come già riportato, anche le ECU seguono lo schema di base delle macchine di Von Neumann, ma la
particolarità della loro applicazione richiede che alcuni componenti siano leggermente differenti da un
comune PC e sia necessaria la presenza di una sezione dedicata al trattamento di tutti i segnali analogici
provenienti dai sensori e di un'altra dedicata alla generazione di tutti i segnali di pilotaggio per gli attuatori.
Nella tabella seguente è riportato un parallelo fra gli elementi interni ad un moderno computer per uso
domestico ed una centralina gestione motore. Si noti come le analogie spesso si fermino solo agli aspetti
architetturali più generali.
figura 2
26
La figura seguente riassume la struttura a blocchi di un generico calcolatore di iniezione/accensione.
Tutti i nuovi sistemi Bosch EDC16 che equipaggeranno i veicoli nei prossimi anni avranno una architettura
riconducibile a quella sopra riportata in figura 3
Microcontrollore:
Il Microcontrollore o Microcontroller o MCU è un dispositivo elettronico integrato su singolo chip,
nato come evoluzione alternativa al Microprocessore. È progettato per interagire direttamente con
il mondo esterno tramite un programma residente nella propria memoria interna e mediante l'uso
di pin specializzati o configurabili dal programmatore. Sono disponibili in 3 fasce di capacità
elaborativa (ampiezza del bus dati): 8 bit, 16 bit e 32 bit. Nelle centraline delle auto sdi lavora a 8 o
a 16 bit L'ampia gamma di funzioni di comando e controllo disponibili, sia analogiche che digitali,
integrate sullo stesso chip, permette l'impiego delle MCU in sostituzione di schede elettroniche
cablate tradizionali ben più complesse e costose.
Differenze tra Microprocessore e Microcontrollore
Microcontrollore 18F8720 in contenitore 80-pin
27
Quando nell'Aprile del 1972 Intel ha introdotto sul mercato il primo processore a 8 bit - lo 8008 - esso
consisteva di una ALU] (Arithmetic & Logical Unit) per svolgere operazioni logiche e matematiche e di una
elementare CPU (Control Processing Unit) per controllare il flusso di dati e indirizzi tra la ALU e i circuiti
esterni di supporto. Successivamente, l'architettura interna del Microprocessore (in seguito spesso chiamato
semplicemente CPU) si è velocemente evoluta con blocchi interni complessi (numero di bit elaborati e
movimentati) e con capacità e velocità di calcolo crescenti in modo esponenziale. Per quanto potente, il
Microprocessore richiede sempre delle unità esterne - memorie, gestori di segnali e dispositivi periferici per
poter dialogare e interagire con l'esterno.
Il Microcontrollore è invece un sistema completo, che integra il processore, la memoria permanente, la
memoria volatile e i canali (pin) di I/O, oltre ad eventuali altri blocchi specializzati. A differenza dei
microprocessori, adatti per un uso generale (general purpose), è progettato per ottenere la massima
autosufficienza funzionale ed ottimizzare il rapporto prezzo-prestazioni per una specifica applicazione,
Tabella 1: confronto Microprocessore vs. Microcontrollore
Caratteristica
Microcontrollore
Microprocessore
Velocità massima di clock
200Mhz
4GHz
Capacità elaborativa massima
200
5000
Potenza minima dissipata in Watt (in stato di elaborazione
0.001
50
Prezzo minimo per singola unità in USD
0.5
50
Numero di pezzi venduti annualmente (in milioni)
11,000
1,000
In sintesi, il Microcontrollore è molto meno potente del Microprocessore, ma è economico, ha consumi
energetici ridotti e, per la sua versatilità, viene utilizzato in parecchi milioni di prodotti.
DSP
Parallelamente al Microcontrollore, e in continua evoluzione di potenza e di mercato, esistono i DSP (Digital
Signal Processor) che incorporano moduli specializzati nel trattamento in digitale di segnali analogici. I campi
tipici di utilizzo sono nel controllo di azionamenti (motori), di componenti per auto e avionica, di trattamento di
segnali multimediali (codifica/decodifica audio e video, streaming e, campo principe, nella telefonia mobile. Il
DSP ha tipicamente una struttura a 32 bit, e prossimamente a 64 bit.
Componenti del Microcontrollore
L'architettura del Microcontrollore prevede un insieme di moduli fissi, comuni a tutti i modelli, e una serie di
possibili estensioni in funzione del costruttore, del prezzo e della fascia applicativa):
•
Unità di elaborazione (CPU)
28
•
•
•
•
•
Memoria di programma (ROM,EPROM,FLASH)
Memoria dati (RAM e EEPROM)
Oscillatore interno o esterno
Porte di I/O configurabili
Gestione Interrupt
Motivazioni del successo
Il successo e l'enorme crescita del Mercato di questi componenti sono dovuti a questi fattori:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Basso costo (consente di sostituire 1 o più circuiti integrati tradizionali a costo inferiore).
Ampia scalabilità di prestazioni, di complessità (da 8 pin a 144 pin) e velocità (da 1 MHz a 200 MHz).
Vasta gamma di dotazioni in periferiche e moduli specializzati.
Ridotto (al limite = 0) numero di componenti esterni, ovvero semplicità di realizzazione.
Facilità di programmazione dovuta anche ai numerosi tool di sviluppo disponibili.
Ampia (e spesso libera) disponibilità di librerie, codici di esempio e documentazione
Possibilità e facilità di riprogrammazione (in-field e in-system).
Grande flessibilità applicativa .
Brevi tempi di introduzione sul mercato del prodotto finito.
Applicazioni di] impiego
L'enorme volume di pezzi prodotti deriva dall'impiego massiccio di questo componente nei dispositivi
elettronici di consumo e nei prodotti industriali si massa. Difatti, al primo posto in classifica come segmento di
mercato troviamo l'automotive (auto e altri mezzi di trasporto), che utilizza decine, in alcuni casi anche
centinaia, di componenti per singola unità industriale venduta.Segue il segmento della telefonia mobile e
delle telecomunicazioni in genere, quindi vengono i prodotti medicali, i consumer e gli
elettrodomestici.Spesso utilizziamo questi dispositivi senza rendercene conto, come per le smartcard delle
carte di credito o per le cartoline musicali di auguri.
Mercato
Il Microntrollore occupa una posizione rilevante nel mercato complessivo dei semiconduttori, con una stima
di introiti per circa 14 miliardi di USD e 10.8 miliardi di pezzi venduti nel 2008. La stima di crescita prevede un
incremento del 10% fino al 2014, mentre i pezzi venduti saranno di 14 miliardi per la fine 2010.
È comunque un mercato molto frammentato, con più di 40 produttori e più di 50 architetture, nessuna delle
quali detiene più del 5% del mercato. Il segmento delle MCU a 32 bit è quello maggiormente in crescita, con
introiti annui attuali (2009) di circa il 25% del totale.
I principali (in ordine decrescente di volumi di mercato) sono:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Renesas Technology
Freescale Semiconductor
NEC
Fujitsu
Infineon Technologies
Microchip
ST Microelectronics
Texas Instruments
Atmel
29
•
NXP Semiconductors
Il catalogo di molte aziende sopra citate (es. Freescale, ST, Texas, NXP, Atmel) e altri ancora, comprende
prodotti il cui core è una MCU
Cenni storici
Il primo Microcontrollore
Il primo computer on-chip ottimizzato per applicazioni di controllo è stato il modello 8048 di Intel, rilasciato nel
1975, con RAM e ROM sullo stesso chip. Questo componente è stato utilizzato in più di un miliardo di
tastiere per PC e numerose altre applicazioni.Nei primi anni di sviluppo del Microcontrollore, la maggior parte
dei modelli era commercializzata in due varianti. La più economica era dotata di memoria di programma
programmata in fabbrica (ROM) su specifiche del cliente oppure programmabile dall'utente una sola volta
(OTP, One Time Programming). La seconda, più costosa, aveva la memoria di programma cancellabile
EPROM mediante esposizione a luce ultravioletta del chip tramite la finestrella trasparente che lo
sovrastava.Nel 1993, Microchip ha introdotto il modello di MCU PIC16C84, caratterizzato da memoria
programma in EEPROM, ovvero cancellabile elettricamente, che permetteva sia lo sviluppo veloce del
prototipo del prodotto finito, sia la modifica del Firmware a circuito montato (In-System Programming). La
semplificazione del contenitore (package), senza finestrella in quarzo, ha contribuito a ridurre il costo finale
del componente.Nello stesso anno, Atmel[3] ha rilasciato il primo MCU che utilizzava una memoria di tipo
Flash, ancora più semplice e veloce da programmare/modificare, più compatta e con un ciclo di vita
(cancellazioni) molto più elevato. Questo ha segnato l'inizio del massiccio utilizzo del Microcontrollore nelle
più disparate applicazioni.
Architettura di una memoria digitale parallela
E' ora necessario procedere all'analisi della struttura e delle modalità di immagazzinamento delle
informazioni all'interno di una memoria digitale.
Bisogna anzitutto definire quella che è l'unità fondamentale di memoria utilizzata oggi nei calcolatori:
•
•
•
Binary Digit (letteralmente "cifra binaria") o BIT
Il BIT può assumere solo due valori -* O oppure 1
Questa definizione è adeguata al mondo dei calcolatori, dove è sempre possibile ricondurre gli
30
stati logici (0 e 1) a degli analoghi elettrici:
•
•
•
Acceso - Spento
Presenza - Assenza di carica elettrica
Presenza - Assenza di una tensione prefissata.
Ogni memoria digitale può essere rappresentata, dal punto di vista logico, come una sequenza
lunghissima di locazioni di memoria costituite da gruppi di 8/16/32 bit ciascuna: ogni locazione di memoria è
individuata da un proprio indirizzo che permetterà al microprocessore di andare a leggere l'informazione
contenuta in essa. In figura 5 viene riportata una rappresentazione esplicativa dello schema logico di una
memoria 8 bit. In tale figura vengono inoltre utilizzati schemi e simboli dell'aritmetica binaria ed
esadecimale che saranno oggetto della trattazione delle prossime pagine.
ESEMPIO DI MEMORIA CON PARALLELISMO INTERNO 8 BIT
Come si può notare, la figura rappresenta una memoria in cui la singola cella contenente l'informazione
elementare (BIT) è organizzata in blocchi da 8 bit ciascuno. In questo caso si dice che "il parallelismo della
memoria è 8 BIT". Si può quindi immaginare, con un paragone un po' forzato ma efficace, una memoria
digitale come un sequenza stanze di un grattacielo tutte uguali contrassegnate da un numero sulla
porta. Ogni stanza è perfettamente identica alle altre nella stessa via e dispone come le altre solo 8/16/32
vani. La numerazione delle stanze è sempre identica e va dall'identificativo "O" al "7". Le due prossime
figure illustrano invece il caso reale di una memoria EPROM 27C512 con le sue caratteristiche base e
l'allocazione dei suoi terminali ("pin").
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LA MEMORIA EPROM 27C512
L'immagine sopra riportata è tratta dalla pagina iniziale del foglio tecnico ("datasheet") della memoria
EPROM 27C512 nella versione prodotta dalla italiana "ST Microelectronics". Come è possibile notare la
capacità totale del componente è di 512kbit: i costruttori riportano sulle specifiche tecniche il numero totale di
singole celle di memoria disponibili (512) e poi la loro organizzazione interna (64x8).
La stessa figura evidenzia inoltre anche i cosiddetti "package" disponibili: a seconda delle applicazioni sono
disponibili formati "pin-in-hole", in cui i pin del componente vengono saldati su schede in cui la saldatura
avviene sulla parte inferiore della scheda (FDIP28 e PDIP28), oppure "SMD" (Surface Mounting Device) in
cui il componente viene piazzato sulla scheda e saldato ad aria calda (i pin sono pre-stagnati nei formati
PLCC32 e TSOP28).
Nelle figure 7 e 8 sono invece rappresentati lo schema di collegamento dei pin della 27C512 nei formati
DIP28 e PLCC28 pin. E infine da notare che questa allocazione sia univoca per tutte le memorie con questa
sigla, indipendentemente dal costruttore: a differenza del settore automobilistico, in quello elettronico i
costruttori devono conformarsi a degli standard pubblici ed univoci dettati da appositi organismi di
32
standardizzazione. In tal modo l'utente può concentrare il suo sforzo di progettazione solamente sulle
caratteristiche tecniche del dispositivo e non sui vincoli imposti dal costruttore dei dispositivi stessi.
Figura 7
Figura 8
33
ESEMPIO DI MEMORIA CON PARALLELISMO INTERNO 16 BIT
FIgura 9
Nella figura 9 è stato invece rappresentato lo schema di massima di una memoria 16 BIT: in questo caso il
livello di complessità è leggermente maggiore e risulta necessario fare alcune considerazioni e dare alcuni
elementi esplicativi al lettore:
• Per questo tipo oggetti è necessario utilizzare una aritmetica differente da quella correntemente in uso,
basata sulle potenze del numero 10. Tale aritmetica è quella cosiddetta binaria e ci permette di operare su
numeri le cui cifre possono essere solo 0 oppure 1.
• Gli indirizzi delle memorie sono riportati in un formato che è a metà strada fra quello decimale (utilizzato
dagli esseri umani) e quello binario (utilizzato dai calcolatori). Il simbolo "h" sta ad indicare l'utilizzo per la
numerazione di questo particolare sistema. Nei paragrafi seguenti verranno dati elementi utili alla loro
comprensione.
• Una memoria a 16 bit può essere vista come il parallelo fra due memorie ad 8 bit: questa
considerazione di base è stata sfruttata su molte centraline gestione motore prodotte alla fine degli anni '90:
in tal modo il microprocessore "ragionava" a 16bit, ma sulla scheda madre della ECU erano installate due
memorie EPROM da 8 bit in parallelo fra loro.
34
• Una memoria 16 bit ha una capacità molto maggiore di una omologa ad 8 bit. Alla fine dei
prossimi paragrafi si vedrà come il massimo numero memorizzabile in una locazione da 8 bit sia 255,
mentre quello memorizzabile in una da 16 bit sia 65535. Questo fa capire come l'evoluzione della gestione
motore abbia portato anche al passaggio da sistemi ad 8 bit ai più accurati sistemi a 16bit.
3.3.3. Principali tipologie di package per memorie non volatili
• package DIL/DIP -* Dual In-Cine Package Es. DIL28 / DIL32
• package PLCC -* Plastic Leaded Chip Carrier (package a montaggio superficiale con pin già
prestagnati, per saldatura ad aria calda) Es. PLCC32
• package PSOP -* Plastic Small Outline Package (package a montaggio superficiale con pin già
prestagnati, per saldatura ad aria calda) Es. PSOP44
•package SSOP -* S Small Outline Package (package a montaggio superficiale con pin già
prestagnati, per saldatura ad aria calda) Es. SSOP56
EPROM (NON CANCELLABILI)
35
• 27C128 128Kbit DIL 28 = Lancia Delta Integrale prima serie
• 27C256 256Kbit DIL 28 = BMW E36 prime serie; 318tds prime serie
• 27C512 512Kbit DIL 28 = Fiat Punto 55/75...
• 27C512 512Kbit PLCC32 = AR 145 TS 1.4, 1.6
• 27C010 1 Mbit DIL 32 = BMW 325/525TDS (32pin DIL)
• 27C010 1 Mbit PLCC32 = VAG 90/110CV TDI
• 27C020 2 Mbit PLCC32 = Mercedes E/C 250D aspirato e turbo
• E' POSSIBILE SOSTITUIRE AD UNA 27C128DIL UNA 27C256DIL
• E' POSSIBILE SOSTITUIRE AD UNA 27C256DIL UNA 27C512DIL
• E' POSSIBILE SOSTITUIRE AD UNA 27C010PLCC UNA 27C020PLCC
Evoluzione delle memorie non volatili
• FLASH-EPROM O FLASH-EEPROM
Sono memorie a grande capacità, alta velocità cancellabili a blocchi. Sono alla base di tutti i moderni sistemi
di gestione motore riprogrammabili attraverso presa seriale. Esistono due grandi tipologie di memoria
FLASH: quelle riprogrammabili a 12Volt e quelle a 5Volt.
Tutte le memorie flash (e non solo) hanno al loro interno delle speciali zone di memoria in cui sono
memorizzati dei codici standard che le identificano univocamente. Grazie a questo meccanismo i
programmatori di eprom sono in grado di riconoscere le varie FLASH e riescono ad applicare i corretti
algoritmi di cancellazione e programmazione (tutto ciò è comunque trasparente all'utente)
Fino a pochissimo tempo fa (non più tardi del 2003) le operazioni di saldatura e dissaldatura delle memorie
EPROM sulle schede delle centraline gestione motore erano un passo obbligato per il preparatore
elettronico.
La perizia artigianale nella dissaldatura di memorie era quindi una discriminante preliminare per la
valutazione delle competenze professionali del personale tecnico che operava sul veicolo. La diffusione
(avvenuta in massima parte nel corso dell'anno 2004) su larga scala delle procedure di riprogrammazione
seriale delle ECU ha diminuito in maniera drastica l'utilizzo di stazioni professionali di saldatura. Il loro utilizzo
è ora comunque indispensabile in alcuni casi:
• Reworking di centraline ECU in cui la procedura di riprogrammazione seriale si sia interrotta per
cause accidentali (cali di tensione, cattivi contatti elettrici, problemi di comunicazione, ecc... )
• Elaborazione elettronica di ECU non dotate di memorie FLASH, programmabili "on-board". A
questa categoria appartengono la quasi totalità dei veicoli antecedenti all'anno 2000.
• Riparazione di ECU
È quindi ancora indispensabile includere nella dotazione base del laboratorio di elaborazione una buona
stazione per il "reworking" di schede elettroniche digitali.
Proprietà chimico-fisiche dei materiali utilizzati per la saldatura
All'interno di questo paragrafo si passerà ad una sommaria descrizione delle proprietà fondamentali dei
36
materiali normalmente utilizzati nelle operazioni di saldatura.
Che cosa è la saldatura
Con la parola « saldatura » si designa in generale l'unione, attraverso un procedimento termico, di due metalli.
Portando a temperatura di fusione lo stagno interposto fra due superfici metalliche, si ottiene l'intima unione
fisica delle parti. E la temperatura di fusione dello stagno è rappresentata da quel valore della scala centigrada
per il quale lo stagno stesso passa dallo stato solida a quello liquido. Esso è di 231,9°C. Ma quello usato per le
saldature non è stagno puro, bensì una lega di stagno e piombo, nella quale le quantità dei due metalli variano,
facendo variare la temperatura di fusione della lega, fra i 190°C e i 280°C.
La saldatura a stagno non offre grande resistenza, ed è quindi utilizzata per unire tra loro parti metalliche
destinate ad essere sottoposte a deboli sollecitazioni metalliche. Ecco perché essa trova largo impiego in quasi
tutti i settori dell'elettronica, dove costituisce la soluzione migliore per ottenere collegamenti elettrici
affidabili.
Non tutti i metalli possono essere sottoposti al processo di saldatura a stagno. L'alluminio, ad esempio, per la
sua natura chimico fisica, non consente la saldatura a stagno, mentre si possono effettuare saldature perfette
sul rame, ferro, argento, che sono i metalli che maggiormente interessano i nostri lettori.
Lo Stagno
Lo stagno è un elemento metallico di simbolo Sn e numero atomico 50 appartenente al gruppo IVA (o 14)
della tavola periodica. Manufatti di stagno sono stati rinvenuti nelle tombe degli antichi egizi che
probabilmente consideravano questo elemento come una diversa forma di piombo. Durante l'impero romano
fu esportato in grandi quantità dalla Cornovaglia e utilizzato in diverse attività artigianali.
Proprietà e diffusione
Allo stato elementare è un metallo bianco-argenteo, duttile e malleabile; alla temperatura di 100 °C può
essere ridotto in fogli sottilissimi. AI di sotto dei 13 °C si trasforma in una forma allotropica, nota come stagno
grigio, che si presenta come una polvere grigiastra di densità relativa 5,75.
La trasformazione si compie molto lentamente, spesso per contatto con particelle di stagno grigio già
formate, ed è detta peste dello stagno. La forma più comune fonde a 232 °C, bolle a circa 2260 °C, ha
densità relativa 7,28 e peso atomico pari a 118,69. Lo stagno è raro e si trova solo in quantità ridotte nella
crosta terrestre; il suo più importante minerale è la cassiterite (o pietra di stagno), SnO2, diffusa in Inghilterra,
Germania, Bolivia, Brasile e Australia. Nel processo di estrazione, il minerale viene ridotto dal carbonio in
forni a riverbero; lo stagno fuso viene quindi raccolto sul fondo e travasato per ottenere piccoli blocchetti
solidi che vengono privati delle impurità attraverso un ulteriore processo di fusione. In alternativa, la
purificazione può essere ottenuta per via elettrolitica.
Composti
Nei composti, lo stagno presenta stati di ossidazione +2 (composti stannosi) e +4 (composti stannici). Se
sciolto a caldo in acido cloridrico forma cloruro stannoso, SnCl2, e per reazione con il cloro produce cloruro
stannico, SnCl4. In soluzioni di idrossido di sodio reagisce producendo idrostannato di sodio, con sviluppo di
idrogeno. In soluzioni molto diluite di acido nitrico, a freddo, si scioglie e produce nitrato di stagno e nitrato di
ammonio; in soluzioni molto concentrate, invece, si forma un diossido di stagno idrato, detto acido
metastannico di formula 3SnO2H2O. Il solfuro stannoso, SnS, di colore bruno, e il solfuro stannico, SnS2,
giallo, si ottengono facendo gorgogliare solfuro di idrogeno in soluzioni di composti rispettivamente di Sn (Il)
e Sn (IV). I due idrossidi di stagno, Sn(OH)2 e Sn(OH)4, si producono perlopiù per reazione dei
corrispondenti cloruri con soluzioni alcaline. L'ossido stannoso, una polvere nera insolubile di formula SnO, si
37
prepara scaldando (in assenza di aria) ossalato di stagno; esposto all'aria si ossida e forma il diossido SnO2,
un solido bianco insolubile.
Il diossido si ottiene anche scaldando il metallo ad alte temperature e in presenza di aria.
Usi
Lo stagno è un metallo molto ricercato e utilizzato in numerosi processi industriali. Sotto forma di latta, viene
usato come sottile rivestimento protettivo per contenitori di rame e per altri metalli con cui si producono
scatole e manufatti simili. E’ importante nella preparazione di leghe molto comuni, quali il bronzo (stagno e
rame), la lega per saldatura (stagno e piombo) e il metallo per cuscinetti (stagno, piombo e antimonio).
Viene anche usato in lega con il titanio nell'industria aerospaziale e come componente di qualche insetticida.
Il solfuro stannico (detto oro musivo) viene utilizzato in polvere per ricoprire materiali in solfato di calcio o
legno.
Il Rame
Il rame è un elemento metallico di colore marrone-rosso, di simbolo Cu e numero atomico 29; appartiene
agli elementi di transizione della tavola periodica. Conosciuto fin dalla preistoria, il rame è stato
probabilmente il primo metallo utilizzato per costruire armi, utensili e attrezzi rudimentali. Oggetti di rame
sono stati trovati tra i resti di molte civiltà antiche (in Egitto, Asia Minore, Europa sud-orientale e Grecia); i
romani, che lo chiamarono cyprum, lo utilizzavano anche per la realizzazione di strumenti adibiti alle pratiche
religiose.
Proprietà ed usi
Il rame fonde a circa 1083 °C, bolle intorno a 2595 °C, ha densità relativa 8,9 e peso atomico 63,546. È
caratterizzato da elevata conducibilità termica ed elettrica, buona resistenza alla corrosione, malleabilità,
duttilità; per il suo aspetto piacevole è anche usato in varie applicazioni decorative. Viene utilizzato
soprattutto per realizzare conduttori elettrici: sottili fili estremamente resistenti sono impiegati come cavi
esterni, negli impianti elettrici domestici, in lampade e in dispositivi quali generatori, relè, elettromagneti o
strumenti per telecomunicazioni.
È sempre stato usato per fabbricare monete e utensili da cucina, contenitori e oggetti ornamentali, e un
tempo anche per rivestire il fondo delle navi di legno, proteggendolo dalle falle. Può essere facilmente
galvanizzato, da solo o come base per altri metalli.
Il trattamento metallurgico del rame prevede diverse fasi. I solfuri, tra i più importanti minerali che
contengono rame, vengono frantumati e concentrati tramite flottazione, quindi fusi in un forno a riverbero,
dove si produce rame metallico grezzo, con grado di purezza del 98% circa. Questo materiale viene
ulteriormente purificato per elettrolisi, fino a ottenere un prodotto puro al 99,9%.
Il rame puro è molto morbido, ma può essere indurito con procedimenti opportuni per poter venire lavorato; al
contrario le leghe di rame sono dure e robuste, hanno elevata resistenza elettrica, e di conseguenza non si
prestano a essere utilizzate come materiale conduttore. Le più importanti leghe sono l'ottone, una lega di
zinco, e il bronzo, una lega di stagno; spesso zinco e rame vengono utilizzati nella medesima lega, e di fatto
non è possibile fare una netta distinzione fra ottone e bronzo. Il rame viene anche utilizzato in lega con oro,
argento e nichel, ed è un importante costituente di leghe come il metallo Monel, il metallo per proiettili e
l'argento tedesco.
Il rame forma due serie di composti chimici: i composti rameosi nei quali presenta stato di ossidazione +1, e
quelli rameici in cui ha stato di ossidazione +2. I primi vengono ossidati facilmente (anche per semplice
esposizione all'aria), trasformandosi in composti rameici, e hanno poca importanza dal punto di vista
industriale; i composti rameici invece sono stabili. Alcune soluzioni di rame hanno la capacità di sciogliere la
cellulosa, e per questo motivo abbondanti quantità di rame vengono utilizzate nei processi di produzione del
rayon. Il rame è inoltre un costituente di diversi pigmenti, insetticidi e fungicidi, anche se recentemente si
tende a sostituirlo con composti sintetici organici.
Abbondanza
38
Il rame si colloca al venticinquesimo posto per abbondanza nelle rocce della crosta terrestre. Spesso si
trova combinato ad altri metalli, come oro, argento, bismuto e piombo, ed è presente soprattutto nelle lave
basaltiche. Le fonti principali di rame sono la calcopirite e la bornite, solfati misti di rame e ferro. Importanti
sono pure la calcosina e la covellite, solfati di rame diffusi in diverse regioni di Stati Uniti e Inghilterra.
L'azzurrite, un carbonato basico, si trova in Francia e Australia, mentre la malachite, anch'esso un
carbonato, è diffusa nella regione degli Urali. La tetraedrite, un solfoantimonuro di rame e altri metalli, e la
crisocolla, un silicato, sono pure molto diffuse. Elevate quantità di cuprite, un ossido, si trovano a Cuba,
mentre I'atacamite, un cloruro basico, è presente soprattutto in Perù. I giacimenti più vasti e importanti dal
punto di vista industriale sono quelli di porfidio di rame nella catena montuosa delle Ande, in Cile.
La saldatura
La saldatura è un processo utilizzato per unire in modo fisso e continuo due o più parti di metallo mediante
riscaldamento, aumento di pressione, oppure per mezzo di una combinazione di entrambi i fattori. La
maggior parte dei processi può essere suddivisa in due categorie principali: saldatura a pressione e
saldatura a caldo; questa ultima è oggi la più usata. Lo sviluppo di nuove tecnologie nella prima metà del XX
secolo ha fatto sì che la saldatura sostituisse la bullonatura e la chiodatura in molti tipi di costruzione, come
ponti, edifici e navi, e si affermasse come processo di base nelle industrie motoristiche e aeree. Il processo
di saldatura richiesto dipende dalle proprietà fisiche dei metalli, dal loro campo di utilizzo e dagli impianti
produttivi a disposizione. Normalmente i tipi di saldatura vengono classificati in funzione delle sorgenti di
calore e pressione utilizzati. La saldatura per bollitura fu il primo processo a pressione; praticato per secoli da
fabbri e altri artigiani, è oggi in disuso. I metalli vengono portati a una temperatura idonea in una fornace e la
saldatura viene realizzata tramite lavorazione al maglio o altri dispositivi a pressione meccanica. I processi di
saldatura a gas, ad arco e a resistenza sono quelli maggiormente utilizzati. Trovano impiego anche le
saldature alla termite, con laser e a fascio elettronico. Si accenna ora alle principali tecniche di saldatura.
Saldatura a stagno
Il tema della saldatura a stagno è da considerarsi di basilare importanza per tutte le tecniche applicative
dell'elettronica. Ed anche se esso è stato da noi altre volte trattato, è necessario riprenderlo, svilupparlo ed
aggiornarlo, soprattutto in considerazione del continuo progresso della componentistica, che ha portato tutti
noi ad effettuare saldature a stagno su elementi nuovi e delicati, come sono, ad esempio, molti di quelli che
appartengono al mondo dell'elettronica digitale. Ma cerchiamo di esporre la materia con ordine, cominciando
col dire che cosa si intende per saldatura.
Saldatura in pratica
39
Questo è il mio angolo di lavoro con sopra
l’occorrente per saldare. Vediamo, tra gli
accessori, un paio di occhiali per miopia da 4°
(da usare SOLO da vicino e servono per
ingrandire fortemente i piccoli circuiti
moderni), un tagliaunghie che uso per tagliare
i terminali dei componenti saldati (và meglio
delle tronchesine per elettronica e costa
molto meno), una “terza mano” per tenere i
componenti da saldare ( a volte serve la
morsa).
La stazione saldante permette di regolare la
temperatura della punta del saldatore dandoci
la possibilità di fare saldature più precise e su
circuiti miniatura.
La spugna che vedete serve per pulire la
punta del saldatore e deve essere umida
durante l’uso, altrimenti si brucia e non
pulisce.
A fianco del saldatore, tengo un barattolino di
pasta salda (flussante)
Lo stagno deve essere quello adatto per
elettronica.
Non andate a comprarlo al negozio di
rubinetteria perché quello proprio non và
bene.
Qui serve una lega 60 % stagno–40 %
piombo con tanto di anima con flussante.
Andate in un negozio di elettronica troverete
lo stagno adatto.
Ci sono vari diametri, a seconda delle
saldature da fare ( 0,5 per componenti SMD,
0,8 per usi normali, 1 mm per saldature un pò
più grosse).
Nota bene:
Il piombo è stato sostituito con l'argento a
seguito delle nuove direttive.
Quindi tenetene conto e nel contempo
tenetevi aggiornati sui nuovi flussanti che
proprio in questi mesi stanno cmbindo
formulazoni per facilitare la stagnatura
all'argento. Una volta acceso il saldatore,
immergo la punta per un attimo nella pasta
40
salda e procedo alla pulizia con la spugna.
La pasta salda và usata soltanto per questo,
e non per saldare i componenti perché lo
stagno già contiene la giusta quantità di
flussante.
In pratica questa operazione serve solo a
disossidare la punta del saldatore. Molti,
invece di immergere la punta nel flussante,
preferiscono
sciogliere
dello
stagno
direttamente sulla punta del saldatore.
Secondo me è la stessa cosa.
Ecco la pulizia del saldatore.
La spugna deve essere ben umida ed il
saldatore deve essere passato più volte fino
ad eliminare ogni traccia di stagno dalla
punta.
Se la punta non è lucida come quant’era
nuova, ripeto l’operazione con la pasta salda.
Quanto la punta rimane di colore bruno,
nonostante la pulizia, è meglio sostituirla.
E’ inutile tentare di pulirla con spazzole
abrasive e lamette varie perché non andrà più
bene come prima.
Ecco come si presenta la punta appena
pulita.
Non ho fatto a tempo a fare la foto che già si
è leggermente imbrunita per il calore
prodotto.
La temperatura del saldatore và regolata in
base alle saldature da fare: alta per saldature
grosse, bassa per saldature piccole e su
componenti delicati. Comunque deve essere
sempre abbastanza alta da permettere di
eseguire velocemente la saldatura.
41
Per le prime saldature, sarà meglio utilizzare
del filo elettrico e, visto che ci siamo, vediamo
come si stagnano questi fili.
La stagnatura del filo elettrico serve a fare in
modo che non possa sfilacciarsi durante il
successivo uso.
Prendiamo un filo elettrico e lo spelliamo con
le forbici da elettricista (oppure con l’apposito
attrezzo per spelare ).
Diamo anche una girata con le dita ai trefoli di
rame.
Se abbiamo difficoltà a tenere fermo il filo da
saldare, possiamo ricorrere all’uso della
“terza mano”.
Poggiamo la punta del saldatore sul filo da
saldare e aspettiamo un attimo per far sì che
il filo si scaldi.
A questo punto poggiamo, dalla parte
opposta, lo stagno e aspettiamo che cominci
a fondere. Mano a mano che lo stagno
fonde, dovremo affondare lo stagno sul filo
fino ad aver dato la giusta quantità.
Se volete, potete immergere il filo nel
flussante prima della saldatura: vi verrà
meglio.
Quando lo stagno fuso avrà ricoperto il rame,
potremo togliere il filo di stagno e continuare
a tenere il saldatore a contatto con il rame.
Dopo un pò, quando il fumo prodotto
diminuisce, potremo togliere anche il
saldatore
e
riporlo
nell’apposito
alloggiamento.
L’intera operazione sembra interminabile, in
realtà sono occorsi circa 5 secondi.
Se si esagera con il saldatore, vedremo la
guaina del filo deformarsi eccessivamente.
(che si deformi un po’ è normale)
42
Possiamo ripetere l’operazione appena
descritta, fino a che non abbiamo acquisito
una certa padronanza, rapidità e, soprattutto,
quel senso di sicurezza che ci serve per fare
il passo successivo.
Se non abbiamo altri fili, possiamo benissimo
tagliare il filo e ricominciare da capo.
A questo punto, possiamo anche unire due fili
appena stagnati con il solo saldatore. Basta
scaldare entrambi i fili e vedremo che si
uniranno praticamente da soli.
Dopo aver preso confidenza con il saldatore,
potremo passare alle saldature su circuito
stampato.
A questo scopo, sarà utile munirsi di una
basetta
millefori
e
qualche
vecchia
resistenza.
Badate che ,sia i terminali delle resistenze
che la basetta, devono essere puliti e non
ossidati.
Eventualmente potete pulirli con carta vetrata
finissima.
Disponete una resistenza come mostrato
nella foto.
Il saldatore, ben caldo e pulito, và messo a
contatto con la pista di rame ed il terminale
da saldare.
Bisogna aspettare un attimo per far sì che il
calore del saldatore si propaghi sul rame e
sul terminale, eventualmente possiamo
bagnare la punta del saldatore con
pochissimo stagno in modo da favorire la
trasmissione del calore.
Dopo questo “attimo”, possiamo poggiare lo
stagno in una zona vicina a dove è poggiato il
saldatore e attendere che lo stagno compia il
suo lavoro.
43
Durante questa fase dovremo regolare la
quantità di stagno da erogare affondando il
filo fino a quanto vediamo che, la parte fusa
di stagno comincia a propagarsi lungo la pista
di rame e sul terminale.
A questo punto togliamo il filo di stagno e
manteniamo il saldatore ancora qualche
istante. (aspettare che il fumo prodotto
diminuisca)
Il saldatore và tolto dopo lo stagno con
movimento brusco lungo il terminale per
evitare che lo stagno fuso, per tensione
superficiale, lo segua formando una punta
che si solidifica raffreddandosi.
Non preoccupatevi se viene una saldatura di
brutto aspetto, è la prima che fate
L’importante è che sia lucida e che, sia il
rame che il terminale, siano ben “bagnati”
dallo stagno.
Se rimane un buco, dovuto al foro troppo
grande rispetto al terminale, potete provare a
ripassare con il saldatore aggiungendo altro
stagno ma, senza esagerare.
L’importante è che ci sia un contatto elettrico
affidabile.
Dopo aver fatto la saldatura occorre tagliare il
terminale in eccesso.
Io uso, da sempre, un tagliaunghie perché ho
notato che la piccola tronchesina che
vendono, costa tanto e si spunta prima.
Uso la tronchesina professionale soltanto per
i lavori che richiedono particolare cura nella
realizzazione.
Il taglio và effettuato in modo che non
rimanga nessuna punta sulla saldatura. E’
noto che le punte provocano una dispersione
di elettroni (vento elettronico) che porta a
malfunzionamenti, soprattutto in circuiti ad
alta frequenza come le radio.
44
Tutto intorno alla saldatura che abbiamo fatto,
si è formato un piccolo strato di flussante.
Esso và eliminato con acetone (diluente per
unghie) o trielina o con l’apposito deflussante
perché è leggermente conduttivo e può
creare malfunzionamenti quanto si hanno
piste particolarmente vicine come i pin degli
integrati.
Elementi base di un sistema di rimappatura
In questo capitolo si entrerà nell'analisi particolareggiata delle interazioni fra i motori ed i loro sistemi di
gestione elettronica: in particolare si esamineranno tutti i gli strumenti software ed hardware necessari alle
operazioni di rimappatura. L'acquisto di un sistema completo di rimappatura dovrà essere il frutto di alcune
analisi preliminari riguardanti la tipologia di veicoli su cui si intende operare ed il grado di precisione che si
intende avere in tale tipo di lavoro. Esaminiamo quindi i vari elementi necessari alla costruzione di un
laboratorio per la rimappatura e le loro funzioni specifiche.
Stazione di saldatura e dissaldatura professionale
Sebbene le ECU di ultima generazione consentano di essere riprogrammate attraverso le prese di
comunicazione seriale (senza alcuna operazione di smontaggio delle EPROM a bordo), un sistema di
saldatura e dissaldatura è ancora oggi lo strumento principe del laboratorio di rimappatura. Infatti esistono
almeno tre casi che ne rendono indispensabile l'uso:
1. le centraline gestione motore anteriori all'anno 2000 in massima parte non consentono
procedure di riprogrammazione "on-board", per cui la lettura dei dati è possibile solo previo
distacco delle memorie sulla scheda.
2. Le procedure di elaborazione seriale non sono esenti da errori di comunicazione fra computer
ed ECU: esiste quindi la concreta possibilità che la comunicazione stessa si interrompa e la
Flash-Eprom sia programmata solo in parte. In tal caso il veicolo non può più riavviarsi a
meno di procedere alla dissaldatura e riprogrammazione a banco della Flash.
2. Non sempre i software di riprogrammazione seriale in commercio riescono ad operare sulla
totalità delle ECU del parco veicoli. Esempio classico è quello della riprogrammazione delle
nuove Nissan "Primera" con impianto di iniezione Diesel NipponDenso: pur essendo
equipaggiata con una memoria Flash 29F400 non esiste in commercio un opportuno software
di riprogrammazione seriale.
Come già accennato nel capitolo precedente, una stazione di saldatura e dissaldatura di buon livello deve
essere composta da almeno tre parti fondamentali:
• Stazione saldante termoregolata: è l'attrezzo principale della stazione e consente di effettuare saldature a
45
temperature impostabili fra 250° e 500°C. La stazione deve disporre almeno di uno stilo saldante da 50
watt, necessario al reworking di componenti di grosse dimensioni, e di un microstilo da 35 watt
indispensabile sui componenti SMD, ai quali non è possibile trasferire quantità eccessive di calore senza
danneggiarli.
Figura 19
Molto diffuse sono oggi le stazioni saldanti digitali che offrono sicurezza operativa di saldatura anche in
ambiti a tecnologia avanzata nei quali sono indispensabili particolari cure e cautele a livello di microtensioni e
protezione da scariche elettrostatiche ESD.
Stazioni saldanti come quelle riportate in figura 19 sono particolarmente adatte per lavorazioni che
richiedono elevata potenza. Esse garantiscono il mantenimento della temperatura operativa al livello
desiderato in condizioni di elevata frequenza di saldatura. Caratteristiche ed accessori tipici di tali unità di
controllo sono:
o tensioni di alimentazione 220/24V 100W
o Stilo saldante 24V 100W
o Supporto saldatore
3. micro-stilo saldante 35W
4. stilo saldante 24V 50W
5. pinza termica 24V 70W
• Stazione soffiante ad aria calda: la tecnica del soffiaggio di aria calda ( o reflow per convezione) è molto
utile per componenti SMD di piccole dimensioni e ne consente il distacco senza il contatto diretto. Tale
tecnica di saldatura elimina stress e shock termici a circuito e componente ed è ideale per schede
multistrato con notevoli strati di massa e di dissipazione.
Figura 20
46
Stazioni saldanti come quella riportata in figura 20 rappresentano soluzioni di alta gamma a cui bisogna
comunque fare riferimento. Nel caso specifico del modello sopra raffigurato le caratteristiche tecniche
salienti sono:
6. Temperature impostabili da 100°C a 550°C
7. Pompa da 21 litri/min
8. Plug-in design
9. Controllo del flusso d'aria
10. ESD Safe design
11. Display a LED per impostazione temperatura
12. Barra LED per indicazione flusso aria
13. Ugelli intercambiabili
Stazione aspirante: questo terzo componente della stazione consente di utilizzare stilo speciali costituiti da
una estremità riscaldata ed una tubazione a depressione collegata ad un aspiratore interno alla stazione
stessa.
Figura 21
In stazioni come quella rappresentata in figura 21, il vuoto necessario alla dissaldatura è generato da una
pompa rotativa a palette in CC con una portata media di circa 7L/min ed un livello di vuoto di circa 600
mm/Hg. La pompa si aziona mediante un pulsante situato sull'impugnatura dello stilo.
Gli stilo dissaldanti sono dotati di apposite dime delle dimensioni dei vari formati di EPROM: esistono dime
per formati PLCC32, PLCC44, PSOP44 ecc...
Con questo attrezzo è possibile riscaldare in pochissimo tempo tutto il perimetro della memoria SMD e
distaccarlo per aspirazione in pochissimi secondi. La stazione dissaldante viene anche utilizzata per il
reworking dei componenti "pin-in-hole" dove viene solo cambiato la tipologia di stilo che presenta non più
dime rettangolari ma un ugello aspirante delle dimensioni dei pin di una memoria in formato DIL. Queste
strumentazioni sono di solito anche dotate di display a LED per la visualizzazione della temperatura
istantanea della punta dello stilo.
Sono presenti sul mercato anche soluzioni integrate dove un'unica stazione di lavorazione integra tutte le
funzionalità sopra descritte, con possibilità di aggiungere inoltre componenti speciali quali micro-trapano ad
aria compressa, dosatore automatico dello stagno ecc...
47
Figura 22
Manuale pratico dissaldatura e lettura di una eprom
Introduzione
Le eprom maggiormente utilizzate sulle centraline si dividono in tre distinti modelli:
DIL, PLCC, e le ultime nate PSOP. Ad ognuna di esse occorre applicare un processo di lavorazione per la
dissaldatura totalmente differente; ciò è dovuto alle diverse caratteristiche fisiche che presentano, ma
l’obbiettivo finale rimane comune per tutti e tre i modelli: un lavoro preciso, pulito, e veloce.
Con pochi e semplici accorgimenti, è possibile ottenere un buon risultato, anche per chi non ha mai avuto a
che fare con un saldatore e con l’elettronica, occorre un minimo di manualità e di attenzione.
Per tutte e tre le tipologie di EPROM valgono le seguenti regole:
1. Segnare prima di dissaldare l’orientamento della EPROM ponendo attenzione dalla parte da cui
è girato il pin
2. Non inquinare mai la centralina con trucioli o avanzi di stagno o qualsiasi altro oggetto che
potrebbe formare un corto circuito; lavorare quindi su di un piano pulito, e sgombro da altri
oggetti metallici
3. Il Flussante e la pasta salda, sono un valido aiuto per dissaldare ma se utilizzati in dosi
eccessive e, non rimossi accuratamente possono creare malfunzionamenti anche a distanza di
giorni o settimane. Pulire, quindi sempre molto accuratamente tramite un detergente valido
(trielina, o Avio) ed un pennello pulito che servirà ad asportare l’eccesso di flussante dai
componenti, eseguire l’operazione sempre nello stesso senso.
4. Assicuratevi sempre del corretto orientamento dei componenti negli adattatori.
5. Controllate sempre tutti i cavi di connessione del programmatore compresi quelli alla rete
elettrica.
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1. Eprom 32 pin DIL
2. Eprom 28 pin DIL
3. Eprom 44 pin PSOP
4. Eprom 44 pin PLCC
5. Eprom 32 pin PLCC
Le Eprom DIL (Dual In Line)
Inizialmente erano le uniche EPROM presenti
sulle centraline, poi con la necessità di
aggiungere sempre più informazioni, sono state
sostituite da EPROM più capaci, ma sono ancora
presenti su centraline di auto che non devono
gestire un’elettronica molto complessa.
Le EPROM DIL, presentano una forma a
parallelepipedo con disposti sui fianchi più lunghi due file di
pin (Vedi fig. 1)
Si saldano come la maggior parte dei componenti discreti, attraverso un foro passante sulla scheda
e la saldatura viene applicata sulla superficie opposta a quella del componente.
La dissaldatura di questi componenti è abbastanza difficoltosa se non si è in possesso di
attrezzature adatte, ma con un minimo di pazienza possibile per chiunque.
1.
2.
3.
4.
5.
L’attrezzatura base necessaria consiste in:
Saldatore
Stagno
Pompetta dissaldante o stazione dissaldante aspirante
Pinzetta di estrazione memorie DIL
Come prima cosa, identificare i pin che sono collegati a massa e operare su questi per ultimo
(sono collegati, infatti ad una superficie più ampia rispetto ad una piazzola normale, quindi più
difficili da scaldare con il saldatore).
Per i rimanenti la procedura è semplice:
1. Scaldare con il saldatore (350°) la piazzola e portare in fusione lo stagno presente sul pin, e
con la pompetta aspirante asportare lo stagno, avvicinandola più possibile alla punta del
saldatore; Se si è in possesso di una stazione aspirante procedere nella stessa maniera senza il
saldatore, accertandosi solo che lo stagno sia in fusione, prima di attivare la pompa aspirante.
2. Procedere con lo stesso procedimento per tutti i pin, tranne quelli a massa, se non dovesse
venire via tutto lo stagno al primo colpo, non bisogna cercare di scaldare ulteriormente la
piazzola con il rischio di danneggiarla, ma riapplicare dello stagno e ripetere il procedimento
49
nuovamente, magari utilizzando dello stagno a basso punto di fusione.
3. Per i pin che sono collegati a massa, il procedimento è identico eccezion fatta per la
temperatura del saldatore che deve essere leggermente maggiore (380°-400°)
4. Anche qui se la dissaldatura non dovesse riuscire al primo colpo, riapplicare lo stagno e
riprovare.
5. Una volta sicuri di avere asportato tutto lo stagno da tutti i piedini, muovere il componente e
visualizzare quali piedini non si muovono sotto sollecitazione, questi sono ancora saldati per
una minima parte alla piazzola dal lato componenti, perché essendo il reoforo di due ordini
differenti di grandezza va ad appoggiarsi sulla piazzola e rimane attaccato.
6. In questa fase bisogna esser molto cauti, perché si rischia di asportare assieme alla EPROM
anche una parte della piazzola o una pista danneggiando lo stampato irreparabilmente, quindi
con molta cautela con delle pinzette o uno strumento adatto, muovere leggermente il piedino
affinché si stacchi. Quando è un solo piedino ad opporre ancora resistenza lo si può scaldare con il
saldatore e contemporaneamente rimuovere il componente.
7. una volta rimossa, la EPROM va accuratamente pulita da eventuali eccedenze di stagno che
potrebbero falsare la lettura.
8. A questo punto non ci rimane altro che leggere la EPROM tramite un lettore di Eprom seguendo
attentamente tutte le procedure che variano da lettore a lettore. Possiamo solo aggiungere, che molte volte,
la lettura di una EPROM dipende dalla sua pulizia ed integrità, gli errori più comuni sono la presenza di
sbavature di stagno o di flussante sui pin, che
falsano il risultato, o pin che piegati non toccano il contatto dell’adattatore. Quindi leggerla più di una volta,
ed eventualmente togliere e riposizionare il componente, sullo zoccolo per essere certi di aver letto
correttamente i dati contenuti
Le Eprom PLCC
Il secondo formato di EPROM più comune dopo le DIL,
è certamente la PLCC; piccola, capace, e facilmente
riscrivibile nel caso delle Flash.
La PLCC si presenta come un piccolo quadratino, con i
pin disposti su tutti e quattro i lati e ricurvi verso
l’interno. Il suo montaggio su scheda è SMD (Surface
Mounted Device), in altre parole non ha i fori passanti
sulla scheda come le DIL.
Attrezzatura necessaria per la dissaldatura delle PLCC:
Pinze Dissaldanti (stazione ERSA i-CON) con punte adatte
50
Siringa di Flussante
Treccia dissaldante
Trielina
Saldature con punte da 1,8 mm a taglio e punta 0,4mm per risaldare
Morsa da banco
Stagno
Attenzione:
segnare correttamente il verso in cui è girata la EPROM e se in presenza di più PLCC (vedi ECU TDI
e simili) segnare la corretta locazione del componente.
Come procedere con la siringa di flussante:
stendere il prodotto sul perimetro dei pin in maniera uniforme, prestando attenzione a non
depositarne altrove;
1.Con del nastro adesivo (meglio se di carta) contornare la EPROM, affinché il flussante non vada
a infiltrarsi da altre parti al di fuori di quelle interessate (Vedi fig.234)
2. Selezionare le punte delle pinze della stazione dissaldante in base al componente (plcc32,
plcc44, o superiori).
3. Regolare la temperatura giusta in base al componente (vedi Tabella sotto)
4. Quando la pinza è in temperatura, afferrare delicatamente il componente con le estremità delle
punte e premere verso il basso in modo che tutti i pin del componente siano toccati dal
dissaldatore;
5. Muovere le pinzette con dei movimenti rotatori leggeri per permettere alla punte di assestarsi e
cercare di rimuovere il componente dalla piastra, in un tempo ragionevole (15 sec. Max)
evitando quindi di surriscaldarlo e danneggiarlo; Se entro una quindicina di secondi non siete
ancora riusciti, allontanate la pinzette e aspettate pochi attimi e riprovate.
6. Una volta rimossa, appoggiare la PLCC su una superficie resistente al calore e lasciatela
raffreddare qualche minuto, dopodiché prendetela e bloccatela nella morsa senza piegare i
piedini (magari interponendo tra le ganasce un materiale gommoso)
7. Procedere alla pulizia delle piazzole, appoggiando la treccia dissaldante all’isoletta facendo una
lieve pressione con il saldatore caldo. Rimuovere lo stagno eccedente.
8. Pulite le piazzole con un panno pulito imbevuto di trielina.
9. Con il componente bloccato, procedete come per le piazzole: appoggiate la treccia dissaldante
su un pin e facendo una leggera pressione con il saldatore caldo tirate la treccia in modo da
rimuovere completamente ogni traccia di stagno che potrebbe falsare la lettura.
10. Puliti tutti i pin dallo stagno rimuovete con della trielina le tracce di flussante sicuramente
ancora presenti sulla memoria.
11. Leggete tramite il programmatore di EPROM a vostra disposizione (EMP20, ALL-07/-11 o altro)
il contenuto, accertandovi della veridicità del risultato, eseguendo una verifica dopo la lettura.
Se il checksum dovesse cambiare ad ogni lettura, il problema è di un pin che non fa contatto
nella maniera corretta, ricontrollate quindi l’orientamento della PLCC nello zoccolo adattatore, e
che tutti i pin siano correttamente allineati e puliti; Eventualmente ripetete i punti 9 e 10, fino
ad ottenere una lettura sempre uguale anche dopo aver rimosso
e riposizionato il componente
nello zoccolo adattatore più volte.
LE EPROM PSOP
51
Ultime nate nel campo delle memorie,
le eprom PSOP abbinano una gran
capacità di immagazzinamento dati
alle dimensioni ridotte, rendendo
sempre più diffuso questo tipo di
componente.
L’aspetto esterno è simile a quello
delle DIL, un rettangolo con due file di
pin disposte sui fianchi lunghi, ma
molto più piatte e con i pin a
montaggio superficiale (SMD) come le PLCC
Attrezzatura indispensabile:
Pinza dissaldante con punte per PSOP44
Saldature con punta da 1,8 mm a taglio e punta 0,4mm per risaldare
Stagno
Treccia dissaldante
Siringa di Flussante
Trielina o Avio
Morsa da banco
Come procedere:
1. Segnare con un pennarello indelebile dove è posizionato il pin #1
2. Contornare la memoria con del nastro di carta per evitare che il flussante si diffonda nella
centralina
3. Posizionare il flussante sulle due file di pin
4. Selezionare la temperatura adatta alla pinzette (vedi Tab1)
5. Posizionare delicatamente la pinzette lungo le due file di pin e premere leggermente verso il
basso
6. Sollevare la EPROM delicatamente una volta sicuri di aver portato in fusione lo stagno di tutti i
pin
7. Pulire con il saldatore e la punta da 1,8mm i pin sulla superficie di contatto.
8. Pulire con la treccia dissaldante le piazzole della scheda e rimuovere le tracce di flussante con
un panno pulito e della trielina o detergente
La lettura di questa memoria può risultare difficoltosa a causa di molti fattori. Le regole seguenti
servono come una guida alla risoluzione dei problemi:
Definire con sicurezza quale tipo di memoria PSOP si ha tra le mani, in commercio ne esistono
parecchie che differiscono di poco l’una dall’altra, quindi leggere accuratamente la sigla che e
riportata sul componente e associarla ad una delle voci sottostanti:
28F200
29F200 B
29F200 T
29F400 B
29F400 T
29F800 B
29F800 T
52
La parte fondamentale che contraddistingue il tipo di PSOP oltre al modello(28Fxxx, 29Fxxx
etc.) è la dicitura “B” o “T” che può essere espresso sotto forma di due lettere (AB, BB, BC, CB,
AT, BT, CT, TC, XB, XT, etc…) ma la seconda è sempre o “B” o “T”.
Selezionare quindi la memoria in base anche alla caratteristica “B” o “T” nel menù di selezione
delle memorie.
Assicurarsi di avere l’aggiornamento del software, che permette di leggere quel tipo di EPROM,
eventualmente scaricare da Internet dal sito della ditta che produce il vostro programmatore
(trovate l’indirizzo sulla scatola o sulle istruzioni del programmatore).
Controllate sempre più di una volta di aver inserito correttamente, la memoria nell’adattatore e
l’adattatore stesso nello zoccolo del programmatore
Controllate per ultimo che tutti i piedini del componente, siano allineati.
Protocolli di programmazione seriale
L'avvento delle centraline programmabili "on-board" ha rivoluzionato non solo il mondo della diagnostica ma
anche e soprattutto quello delle elaborazioni elettroniche. Si può affermare con certezza che l'introduzione
delle memorie FLASH ha aperto il mondo delle elaborazioni ad una platea molto più vasta di operatori del
settore, fino ad allora spaventati dalla complessità e dalla delicatezza delle operazioni di reworking sulla
scheda ECU.
E’ bene comunque chiarire i motivi che hanno portato le case costruttrici ad utilizzare sui propri veicoli
centraline ECU riprogrammabili "in-field":
•
•
•
•
Un veicolo con ECU riprogrammabile riduce il cosiddetto "time-to-market": eventuali ritocchi e
miglioramenti del software di gestione possono essere introdotti in fase di manutenzione program
mata del veicolo stesso.
La casa costruttrice può ridurre i rischi legati alle fasi di rodaggio del motore, rilasciando il veicolo
nuovo con mappature meno "spinte", che vengono aggiornate e potenziate nel corso dei primi
tagliandi di manutenzione.
Alcuni veicoli vengono commercializzati con più livelli di potenza ma le differenze di fatto risiedono in
massima parte solo in un diverso e più "spinto" software di gestione del motore.
Una centralini con EPROM FLASH può essere messa a magazzino vergine e solo all'atto
dell'installazione sul veicolo essa può essere programmata con la corretta "release" del software di
gestione. Questo riduce il numero di componenti del magazzino ricambi.
Tutte le ECU prodotte a partire dal 1999-2000 sono quindi riprogrammabili via presa seriale. Il mondo
dell'auto è però caratterizzato da un bassissimo grado di standardizzazione, per cui i protocolli utilizzati
differiscono da costruttore a costruttore. Le ragioni di questo sono essenzialmente da ricercarsi nella
protezione delle informazioni legate alla gestione del veicolo ed alla necessità di mantenere alto il prezzo dei
prodotti "aftermarket": un livello di standardizzazione pari a quello esistente oggi nel mondo dei personal
computer comporterebbe un calo enorme dei componenti di ricambio ed una perdita di monopolio delle case
costruttrici.
53
Tralasciando analisi che trascendono lo scopo di questa pubblicazione si può comunque affermare che gli
sviluppatori di software per elaborazioni elettroniche sono in grado di offrire un numero di software di
comunicazione seriale in grado di coprire la quasi totalità del parco veicoli di ultima generazione. In realtà
non sempre si riesce a leggere e scrivere l'intero contenuto della FLASH a bordo della centralina: su alcuni
veicoli è possibile operare letture parziali del contenuto della memoria oppure poter effettuare operazioni di
scrittura. La tabella seguente offre una panoramica delle centraline gestione motore attualmente
riprogrammabili. Questo elenco deve considerarsi indicativo ed aggiornato a settembre 2004: ogni mese
sono disponibili ulteriori protocolli di programmazione seriale, a coprire ulteriormente il parco veicoli
circolanti.
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55
Esempio di procedura di riprogrammazione seriale
La procedura di riprogrammazione seriale può essere divisa in tre fasi fondamentali: l'identificazione della
ECU, la lettura del contenuto della memoria programma ed infine la sua scrittura. In realtà tali procedure
prevedono un protocollo di comunicazione seriale in cui di fatto si richiede al microprocessore l'accesso ad
alcune zone di memorie da esso utilizzate. Di conseguenza, almeno in linea di principio, con lo stesso
meccanismo sarebbe possibile accedere anche alle memorie EEPROM contenenti le protezioni
antiawiamento ecc... Nella pratica le aziende produttrici di software di riprogrammazione si limitano alla
lettura/scrittura della sola FLASH EPROM di bordo: in alcuni casi tale accesso è addirittura ristretto solo ad
alcuni settori, per cui il file ottenuto dalla lettura seriale è di dimensioni minori della memoria FLASH di
bordo (file parziale). Inoltre è da tenere in conto che non sempre è possibile leggere il contenuto della
FLASH di bordo, ma ne è abilitata la sola lettura. Il caso più conosciuto è quello della MCC SMART benzina
Euro3.
Vediamo quindi un caso pratico riferito ad un IVECO DAILY 50C13 con centralina Bosch EDC MS6.3. La
presa diagnostica del camion si trova nel vano motore, Iato conducente (figura 25).
Cablaggio universale
Figura 25
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Istruzioni operative generali:
Il caso in esame si riferisce al tool di riprogrammazione seriale incluso nel software RACE2000: in questo
caso viene utilizzata la porta di comunicazione parallela del computer ed un adattatore chiamato "chiave
FLASH" in grado di convertire il flusso dati in modo da renderlo conforme al protocollo di comunicazione
utilizzato dalla ECU. Nella figura seguente sono riportati gli elementi hardware necessari al collegamento
fra computer e centralina.
Figura 26
In generale, quando si effettua una riprogrammazione seriale, è buona norma accertarsi sempre che la
batteria del veicolo sia ben carica. In ogni caso si può collegare un booster o una batteria ausiliaria, in
parallelo. E' MOLTO importante che la tensione della batteria sia almeno 20.5V. Altrimenti potrebbe
essere visualizzato il seguente errore.
Spegnere tutte le utenze non necessarie quali autoradio, ventole climatizzatore, luci interne di cortesia,
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perché un eccessivo calo di tensione potrebbe interferire con la procedura di trasferimento dati. Nel
casoin cui si interrompesse, per qualsiasi motivo, la procedura di lettura, generalmente non ci sono
conseguenze; quando s' interrompe l'operazione mentre si è in fase di scrittura è prevista una
procedura di ripristino
(nel caso l'interruzione sia del collegamento). Qualora, durante la
programmazione, si staccasse il cavo di diagnosi NON SPEGNERE IL QUADRO e seguire le istruzioni
a schermo. Inserire la chiave HW Flash4 in serie alla chiave HW SMARTKEY (in dotazione con il
programma Race) sulla porta parallela del vostro computer.
Utilizzate l'apposito CODOLINO BIANCO RJ45 per collegarvi al CODOLINO ADATTAMENTO LINEA, al
CAVO DIAGNOSTICO ed infine ala presa di diagnosi. Se il collegamento è corretto, il LED rosso posto
sul DISPOSITIVO HWFlash4 lampeggerà. A collegamento attivato il LED rimarrà sempre acceso. Per
maggiore chiarezza, prenderemo in considerazione una riprogrammazione su IVECO DAILY 50C13
con IMPIANTO BOSCH MS6.3 Common Rail.
IDENTIFICAZIONE
Selezionare dal menù TOOLS il protocollo appropriato ed eseguire l' Identificazione Centraline (ID)
Il risultato sarà:
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I dati necessari per selezionare il file di settaggio corretto sono le ultime tre cifre del Numero Hardware e il
Numero Software. Vediamo ora come vengono memorizzati all’interno del Data Base del RACE assieme a
tutta una serie di dati identificativi.
Nell’esempio 0 281 011 258 per l’hardware (l’ECU) e 1 037 368 187 per il software.
Individuato il settaggio corrispondente, selezionarlo e proseguire nella finestra successiva con il tasto
"Avanti"
LETTURA:
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Una volta individuato il settaggio e scaricato dalla banca dati in Internet, procediamo alla lettura,
selezioniamo il settaggio corrispondente e premiamo su “Lettura seriale”.
Verificare i collegamenti, accendere il quadro e selezionare OK. In alcuni protocolli dopo la visualizzazione
dell' ID verrà chiesto di spegnere e riaccendere il quadro
Figura 31
Effettuate le verifiche inizierà la fase di lettura vera e propria
Terminata la lettura, comparirà una finestra dove potere salvare i dati necessari:
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Ora potete eseguire la modifica utilizzando nel modo tradizionale il programma. Quindi chiudere e
riaprire il settaggio. Infine selezionate il file che avete appena modificato.
SCRITTURA:
Selezionare il file modificato da trasferire all'interno della centralina, cliccare su "SCRITTURA SERIALE".
Verificare i collegamenti, accendere il quadro e selezionare OK. Dopo la visualizzazione dell' ID verrà
richiesto di spegnere e riaccendere il quadro (per dar modo al programma di effettuare le opportune
verifiche).
A questo punto per chi possiede la versione a pagamento comparirà l’avviso:
61
Figura 35
Se confermate l'operazione (accendo "Si") verrà chiesto di spegnere il quadro per poi riaccenderlo ed
automaticamente vengono scalati i “punti seriali” relativa, da quanti a disposizione
Figura 36
Cliccato su OK partirà la programmazione della centralina ed è possibile monitorare lo stato di avanzamento
del processo
Figura 38
Durante l'operazione non effettuare nessuna operazione, attenzione a non staccare nessun collegamento e
molto importante che il computer sia impostato per non eseguire nulla (niente screen saver, spegnimento
automatico dello schermo, ecc…)
AI termine verrà visualizzato il messaggio di riprogrammazione effettuata correttamente.
Spegnere il quadro e cliccare su OK. Automaticamente compare una finestra che ci invita ad attendere 13
secondi per dare tempo alla centralina di reimpostarsi.
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Durante l'attesa non effettuare nessuna operazione sul veicolo.
EMULATORI DI EPROM
Programmazione in tempo reale tramite emulatore
L' Emulazione in Tempo Reale è l'evoluzione della classica preparazione su Eprom, e rappresenta il Top di
raffinatezza tecnologica nell'elaborazione elettronica del motore. E' possibile emulare in Tempo Reale la gran
parte delle vetture dotate di Eprom o di Flash Memory (restano escluse quindi le centraline realizzate con
tecnologia Microibrida).L' Emulazione presenta, rispetto alla elaborazione elettronica convenzionale,
numerosi vantaggi, che vengono di seguito descritti.
ELABORAZIONE CONVENZIONALE
Come abbiamo visto in precedenza nella preparazione classica, la Eprom originale presente in centralina
viene sostituita con un'altra dello stesso tipo, contenente il programma elaborato dal preparatore.
Successivamente si testa la vettura, in pista o su banco, e si ricavano, sulla base dei risultati raggiunti, le
ulteriori modifiche da apportare alle mappature della Eprom successiva.Il procedimento viene ripetuto fino al
raggiungimento delle prestazioni desiderate.
Quindi, l'elaborazione classica consiste nella ripetizione dei seguenti passi:
•
modifica delle mappature su computer
•
scrittura su Eprom del programma modificato
•
montaggio della Eprom su centralina e test della vettura
•
analisi delle prestazioni e sviluppo delle modifiche successive.
EMULAZIONE IN TEMPO REALE
Nell' Emulazione in Tempo Reale, invece, non è più necessario provare su vettura una mappatura dopo
l'altra, in quanto la Eprom viene sostituita nella sua operatività dal Personal Computer, attraverso una
speciale apparecchiatura detta appunto Emulatore.
In questo modo, il preparatore:
63
•
•
•
•
controlla in Tempo Reale sullo schermo del PC la gestione dell'elettronica di bordo
analizza le zone del programma che effettivamente lavorano nelle diverse condizioni (ad esempio ai vari regimi
di Giri/Minuto, a diverse posizioni acceleratore, o in condizioni di Sovralimentato / Aspirato)
inserisce le modifiche sulle diverse mappature durante la corsa della vettura (in Tempo Reale), senza
bisogno di spegnere e riavviare il motore, e può valutare immediatamente, insieme al proprietario
dell'auto, il risultato in termini di prestazioni.
Quando infine i risultati ottimali sono raggiunti, si inserisce il programma su una Eprom che viene
quindi istallata in centralina.
VANTAGGI DELL'EMULAZIONE IN TEMPO REALE
I vantaggi dell' Emulazione sono evidenti: nello stesso tempo in cui si cambierebbe una sola Eprom, è
possibile testare numerose modifiche, una dopo l'altra, e valutarne i risultati in corsa, senza tempi morti tra
una prova e la successiva. noltre, grazie alla funzione di Tracciamento, si analizza più a fondo la gestione
dell'elettronica di bordo, e si riesce ad intervenire in maniera più raffinata, nelle zone di mappa che
effettivamente controllano le varie fasi di funzionamento del motore, senza applicare modifiche "a largo
spettro" che ad esempio migliorano alcune condizioni di lavoro (regimi, carichi ecc.) ma a scapito di altre.
Emulando in Tempo Reale, è possibile creare mappature personalizzate, assecondando le aspettative del
pilota, grazie all'immediatezza del riscontro degli interventi effettuati durante la guida della vettura.
Lavorare in tempo reale significa quindi vedere i dati utilizzati dal motore, istante dopo istante,
durante il suo funzionamento. Dopo aver collegato l’emulatore a PC e alla centralina del veicolo, abbiamo
la possibilità di vedere esattamente dove la centralina legge all’interno di ogni mappa. Sulla mappatura
appare infatti una traccia rossa che si muove seguendo i giri e il carico del motore.
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La traccia rossa ci permette di capire dove legge e come si comporta la centralina nelle varie situazioni di
funzionamento. Cambiando i valori delle mappe il motore reagisce istantaneamente. Quindi, sfruttando le
preziose informazioni fornite dal movimento della traccia, il lavoro di messa a punto diventa molto più facile,
preciso e veloce.
Nel dettaglio alcune caratteristiche tecniche:
Doppia bancata di memoria interna da 8 + 8 Mbit (Ram 1 e Ram 2);
Protezione nella commutazione Ram 1 / Ram 2;
Possibilità di gestire più tracce su mappe diverse contemporaneamente;
Aggiornamento firmware direttamente da RACE 2000;
Controllo parametri direttamente da RACE 2000;
Collegamento alla porta parallela del PC per un elevata velocità di emulazione;
Completo isolamento della porta parallela, che permette di utilizzare alimentazioni collegate alla batteria in piena
sicurezza.
Software per l'analisi di file binari
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Il software per l'analisi di file binari è il vero cuore di un moderno sistema di rimappatura. Mentre le procedure
di saldatura e dissaldatura delle memorie sono state mutuate dal mondo delle riparazioni elettroniche e le
procedure di comunicazione seriale sono state messe a punto a partire dalle procedure di diagnosi già
presenti sul veicolo, questi software specifici non hanno riscontri analoghi nelle applicazioni automotive.
L'esigenza di base era quella di operare un "reverse engineering" cioè di ricavare, a partire dal programma di
gestione motore già in formato binario, (e quindi in generale non più leggibile dall'esterno) le informazioni
relative ai principali parametri di funzionamento del veicolo.
È bene a questo punto dare alcuni elementi relativi alla generazione di un software applicativo come quelli
messi a punto per gli autoveicoli. I tecnici delle case automobilistiche che mettono a punto le cosiddette
"mappature" lavorano in maniera profondamente diversa da noi: essi utilizzano procedure di lavoro che
possono essere schematizzate nel diagramma di flusso seguente:
È quindi evidente che il lavoro del preparatore elettronico assomiglia molto a quello di un "hackel" che ricava
informazioni a lui utili lì dove tali informazioni sarebbero ufficialmente non accessibili. La tecnica utilizzata,
come già accennato nell'introduzione, parte da alcune ipotesi di base che andremo ora a riassumere:
• II programma di gestione motore è memorizzato in una memoria EPROM o FLASH esterna o interna
al microprocessore. Se tale memoria è esterna, ne è allora possibile la dissaldatura, altrimenti l'unica
possibilità di lettura/scrittura è quella attraverso la presa di comunicazione seriale.
• All'interno della EPROM sono memorizzate sia le istruzioni per il microprocessore che le tabelle di
riferimento per la gestione del motore.
• Poiché le memorie sono di tipo digitale a 8 o 16bit, i massimi valori memorizzabili al loro interno
saranno rispettivamente 255 e 65535 (vedi capitolo 3).
• Se riportiamo su di un grafico i valori letti a ciascun indirizzo di memoria, troveremo che in generale
solo le zone relative alle tabelle di gestione del motore hanno un andamento regolare e ripetitivo al
crescere degli indirizzi. Con opportuni software di analisi è possibile isolare tali zone e ricostruire le
tabelle di nostro interesse in modo simile a come sono rappresentate dai tecnici della casa madre.
Analisi del contenuto di una EPROM
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Supponendo di aver acquisito il contenuto della memoria EPROM di una centralina ed utilizzando un
programma di analisi grafica come sopra descritto, il risultato è come quello riportato in figura 41. II file
rappresentato è quello di una Lancia Delta 16V Evo: la zona di memoria rappresentata ha un andamento di
fatto non intelleggibile e probabilmente è relativa ad una porzione del programma di gestione.
Figura 41
Ecco la stessa zona visualizzata con un altro programma simile:
Figura 42
Un programma di analisi dispone comunque di molteplici funzioni di ricerca: è possibile ad esempio
effettuare ricerche di valori compresi in un intervallo desiderato oppure ricerche per andamenti crescenti o
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decrescenti. L'utente esperto può quindi anche "marcare" in maniera autonoma alcune zone della EPROM
dove venga riconosciuta la presenza di una mappa nota: di fatto è possibile costruire le proprie "mappe" che
verranno poi verificate in fase di elaborazione.
Come è possibile vedere in figura, in ordinata il fondo scala del grafico è proprio 255 (massimo valore
raggiungibile con 8 bit) mentre gli indirizzi in ascissa sono rappresentati in formato esadecimale. E bene
ricordare che Il software "Race2000" utilizzato in questa trattazione considera sempre di operare su due
banchi di memoria:
In questo modo l'utente ha sempre una copia di riferimento che non è possibile perdere neanche in maniera
accidentale:
questo è fondamentale per quelle ECU in cui le memorie EPROM contengono dati relativi al telaio ecc. Con
la semplice pressione del tasto ESC è possibile in ogni istante passare dalla visualizzazione del banco RAMI
a quella del banco RAM2.
Figura 43
Utilizzando quindi l'ipotesi che un andamento regolare dei valori è presumibilmente legato ad una delle
tabelle di gestione del motore e poiché tutte le tabelle di gestione sono prevalentemente localizzate nella
stessa zona della EPROM (es. alla fine del file), il tecnico elaboratore va ad individuare, anche sulla base
della propria esperienza, tali zone di interesse. In figura 43 è riportato, per la stessa Lancia Delta, il grafico
relativo alla mappa di gestione dell’anticipo.
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E da notare come, ad una prima analisi, nessuna indicazione è possibile riguardo le condizioni di giri e carico
a cui tali "curve"vengono utilizzate.
In generale (ma non è una regola da poter applicare in tutti i casi), ogni singola curva rappresenta
l'evoluzione della grandezza fisica (es. in questo caso l’anticipo) al crescere del giri motore e le curve si
succedono in ordine crescente con l'aumento dei carico motore (non c’è una regola precisa ed univoca).
Risulta quindi evidente che questo approccio, per quanto corretto e sufficiente all'analisi dei file, non
consente modifiche in tempi rapidissimi e non fornisce informazioni approfondite sulle condizioni di
funzionamento del motore.
Rappresentazione in forma tabellare e file di setup
L'idea di fondo dei programmi di analisi più evoluti è quella di rappresentare il contenuto della EPROM in
modo più simile possibile a quello utilizzato dai tecnici della casa costruttrice. A questa idea bisogna poi
aggiungere la considerazione che le informazioni di nostro interesse, data una specifica centralina, sono di
fatto sempre nelle stesse zone della memoria (es. alla fine del file della EPROM)
Alcune aziende hanno quindi costruito vere e proprie banche dati della allocazione delle mappe di gestione
motore e forniscono software in grado di essere "istruiti" tramite appositi 'file di setup" a localizzare in
maniera automatica le principale mappe di interesse ed a rappresentarle in forma tabellare.
L'utente non deve fare altro che leggere il contenuto della EPROM e ricercare in banca dati il file di
"settaggio" relativo alla ECU oggetto della modifica e con checksum corrispondente a quello calcolato con il
programmatore di EPROM.
Figura 44
Il file di setup scaricato da internet non conterrà alcun modificato, ma le istruzioni per la ricerca automatica
delle mappe principali ed un file originale di riferimento. Avendo a disposizione tali informazioni, come
riportato in figura 44, il preparatore deve solo interessarsi alla modifica dei parametri motoristici, scegliendo
nell'elenco quelli di suo maggior interesse.
Grazie a questo approccio, è possibile prescindere dall'effettiva allocazione delle mappe nella memoria
EPROM e si riescono a separare le competenze di carattere più prettamente informatico (delegate
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all'azienda fornitrice di tali file di setup) da quelle propriamente motoristiche, di stretta competenza del
preparatore. I tempi di sviluppo della mappatura si riducono e vengono rese possibili tutte le operazioni di
copia, modifica e confronto tipiche delle tabelle in ambiente Windows.
In figura 45 è riportata la stessa mappa individuata in figura 43 ma con i corretti riferimenti di giri e carico
motore.
È bene comunque chiarire che i numeri riportati non sono mai espressi direttamente nelle grandezze fisiche
di nostro interesse (anticipi, tempi di iniezione, pressioni, duty-cycle ecc.) ma sono in generale proporzionali
ad esse.
Quello che noi vedremo rappresentate nelle tabelle sono sempre e comunque i valori digitali memorizzati
nella EPROM e tradotti dal software di analisi in valori decimali.
Il caso specifico delle mappe di gestione come il turbo per sistemi EDC15 o EDC16 costituisce una
interessante eccezione:
valori riportati sono proprio le pressioni assolute espresse in "mbar" ed utilizzate come valore di riferimento
dalla ECU (in autodiagnosi è quella che viene letta come "pressione di sovralimentazione obiettivo"), oppure
le mappe di anticipo in taluni casi sono i veri gradi espressi in valori decimali o relativi multipli 100=10° di
anticipo.
Figura 45
Il programma è in grado pure di inserire delle formule relativa alla conversione da numeri decimali a gradi
anticipo motore come in figura 46 dove troviamo la stessa mappa della figura 45.
70
Figura 46
In generale le tabelle relative ai parametri di gestione motore possono sempre essere ricondotte allo schema
seguente, il quale è solo un esempio ma non costituisce come detto una regola:
Figura 47
Alla luce di questa tabella appare chiaro al preparatore come le uniche zone di interesse, salvo correzioni di
malfunzionamenti del veicolo, sono quelle nella parte in basso a destra delle mappe. Non ha senso andare a
ritoccare le zone di avviamento perché non hanno alcuna influenza sul miglioramento delle prestazioni. Allo
stesso modo incrementi di carburante nelle zone di carico parziale possono anche portare a seghettamenti
indesiderati del veicolo nella marcia "a filo di gas".
71
Una nota relativa alla zona di "coppia massima": è sempre bene dosare con cautela gli incrementi in tale
settore in quanto, ad un notevole incremento delle prestazioni, possono associarsi indesiderati incrementi
della fumosità e sollecitazioni dannose alla trasmissione.
Check-sum ed algoritmi di ricalcolo dei dati in memoria
Il termine inglese "check-sum" indica letteralmente la parola "somma di controllo" ed è il risultato aritmetico
della somma espressa in esadecimale del contenuto in valore (un numero da 0 a 255 oppure da 0 a 65535)
di ciascuno dei singoli bytes (checksum a 8 bit) o words (checksum a 16bit) all'interno del file stesso. Il
checksum calcolato a 8 o 16 bit (troncato alle ultime quattro cifre esadecimali) viene utilizzato come carta di
identità del file di nostro interesse (es. quello contenuto all'interno della FLASH di un autoveicolo).
E’ da notare come il checksum calcolato a 8 bit non sia uguale a quello calcolato a 16 bit e che una memoria
"vergine" sia per convenzione tutta con "1" nelle proprie celle; si dice altresì che essa sia a "FF". AI fine di
proteggere l'integrità dei propri dati le case automobilistiche utilizzano svariate tecniche per la verifica delle
informazioni interne alla memoria programma. È quindi necessario che il preparatore utilizzi
degli opportuni algoritmi che, alla fine delle operazioni di rimappatura, modifichino secondo formule
aritmetiche identiche a quelle utilizzate dai costruttori il contenuto della EPROM stessa.
A seconda del tipo di software utilizzato, tale operazione viene fatta in maniera continuativa e trasparente per
l'utente (come il caso del RACE2000) oppure il preparatore deve, alla fine della rimappatura, utilizzare un
altro software per "ricalcolare il checksum" della sua modifica.
L'approccio di programmi come il RACE2000 è utile soprattutto durante la cosiddetta "emulazione in tempo
reale". Con tale operazione si estrae la EPROM dalla sua sede e si utilizza una opportuna apparecchiatura
(emulatore di EPROM) collegata ad un PC: con il ricalcolo automatico del checksum, anche se la ECU
procede a controlli del checksum durante il funzionamento del veicolo, non viene rilevato mai alcun
malfunzionamento. Nel caso in cui non si disponga di tali software integrati è sempre possibile che la ECU
riconosca la manomissione, durante la fase di emulazione, e blocchi istantaneamente il veicolo.
72
73
Tecniche di rimappatura di sistemi turbodiesel
Obiettivo fondamentale del preparatore che voglia operare su di un moderno turbodiesel è quello di
aumentare la quantità
di carburante bruciata nel singolo ciclo senza incrementare in modo apprezzabile la fumosità. Questo
obiettivo si può
raggiungere con i seguenti interventi:
•
•
•
•
•
Aumento della quantità di gasolio iniettata nella camera di scoppio;
Aumento della pressione di esercizio nel Rail;
Incremento del riempimento volumetrico tramite modifiche alla gestione turbo
Ottimizzazione della combustione tramite modifica degli anticipi di iniezione
È buona norma ovviamente procedere sempre ad una autodiagnosi preliminare del sistema di gestione
motore, al fine di
eliminare problemi meccanici o elettrici preesistenti che potrebbero inficiare il risultato della rimappatura.
Altra precauzione sempre consigliata è quella di procedere alle operazioni di modifica controllando istante
per istante la pressione di sovralimentazione tramite un manometro e la fumosità con un opacimetro (in
alternativa è necessario un controllo visuale costante).
Le temperature del liquido di raffreddamento e dell'aria a valle del turbocompressore forniscono infine
informazioni preziose circa le condizioni operative e di rendimento del motore e del sistema di
sovralimentazione.
Tecniche di rimappatura a ciclo Otto aspirati
Per i motori aspirati la rimappatura si limita al solo ritocco degli anticipi dinamici dell'accensione e ad un
limitato arricchimento della miscela a pieno carico o in fase di accelerazione. Si ricordi che il rapporto
aria/carburante deve essere sempre nell'intorno di 1/14,7. Per questa tipologia di motore gli incrementi
dovuti alla sola rimappatura non superano mai il 5-8% in potenza.
• Modifiche per auto ad iniezione benzina
• Gli anticipi di accensione (generalmente) a parità di carico motore aumentano con l'aumentare
delregime di rotazione
• Gli anticipi di accensione (generalmente) a parità di giri motore diminuiscono con l'aumentare
del carico motore
• E' sempre opportuno, in fase di ritocco dei tempi di iniezione a pieno carico, controllare con un
multimetro su strada la variazione del rapporto stechiometrico
• La tensione sonda in genere a piena potenza oscilla fra 800-820mv
• Sulla vettura modificata la tensione sonda salirà intorno a 850mv
Motore a ciclo Otto turbocompresso
Anche in questo caso viene aumentato il riempimento volumetrico del motore. Si procede ad un aumento
della pressione stabile di funzionamento, ad una diminuzione degli anticipi di accensione a pieno carico e
delle escursioni di overboost. A seconda della anzianità di costruzione del veicolo sarà infine necessario
ritoccare o meno i tempi di iniezione a carico parziale o pieno carico.
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In pratica come e quanto....
75
Valori indicativi per motori a benzina
Aspirati e Turbo
MAPPE
ASPIRATI
TURBO
Iniezione parzializzata
DAL 2% AL 10%
DAL 2% AL 10
Iniezione pieno carico
DAL 2% AL 5%
DAL 2% AL 5%
Mappa più importante incrementare
poco o al limite ritardare
Anticipo parzializzato
DA 2° A 15°
Mappa più importante incrementare
poco o al limite ritardare
Anticipo pieno carico
DA 1° A 3°
Valori indicativi per motori turbodiesel
Mappe
Euro2
Euro 3
Euro 4
Iniezione parzializzata
e pieno carico
Overboost
Pressione turbo
Limitatore
Carico aria
Coppia
Fumi
Fase 100=1° anticipo
Pressione
rail
100= 10 bar
400-600
200-300
100-150
No
200-300
300
30%
30%
30%
100 -150
Anticipare l'entrata
della pressione
No
200-200
300
20%-30%
30%
30%
100
Anticipare
l'entrata
della pressione
No
100-200
300
10%-20%
10%-20%
10%-30%
80 - 100
Anticipare
l'entrata
della pressione
Valori indicativi per motori Tdi
Mappe
Euro2
Euro 3
Euro 4
Iniezione
300-500
250-400
150-200
Fase
100-200
No
100-200
No
100
No
Overboost
Tutto il resto
uguale al comon rail
SEMPIO DI MODIFICA IN PERCENTUALE PER TD
76
Uno dei metodi più comuni per incrementare le prestazioni di un motore turbo diesel è la mappatura
percentuale. Il metodo consiste nell'incrementare di un determinato valore percentuale la zona evidenziata
nella mappa dove si vuole eseguire la modifica.
Generalmente questa percentuale va trovata in modo sperimentale partendo da valori bassi tipo 5% per
arrivare fino a valori più elevati.
Questo valore va ricavato verificando il punto nel quale la vettura inizia a fumare dallo scarico, indice di
eccessiva quantità di gasolio e quindi ridurre gradualmente la quantità di gasolio fino alla scomparsa del
fumo stesso, in tutte le condizioni di carico e giri prescelte come zona della modifica.
Come sopra accennato ogni vettura può avere un incremento di iniezione diversa da un'altra e quindi il
valore ottimale va ricavato per via sperimentale, successivamente con l'esperienza acquisita, sarà possibile
individuare con estrema facilità il giusto valore di modifica.
Esempio di mappatura a piramide per TD
In questo esempio viene mostrata la tecnica di mappatura a piramide su di una mappa iniezione parzializzato
di una vettura turbo diesel .
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Evidenziare la zona dove si desidera effettuare la modifica ( nell'esempio zona nera )
Annotare il numero presente nella zona con carico al 50% e 1750 giri (nell'esempio 00905)
Annotare adesso il numero presente nella zona di carico 100% e 4550 giri (nell'esempio 01180)
Per comodità arrotondare le cifre a 900 e 1200
Eseguire la seguente operazione: 1200 - 900 = 300 punti di differenza
Questo risultato ci dà un ordine di idee di incremento sulla mappa
Contare quante colonne sono state evidenziate (sono le verticali nell'esempio 9)
Dividere la differenza dei punti ( 300 ) per il numero di colonne [ 300 : 9 = 33 circa ]
Impostare questo valore nella finestra dei valori assoluti cliccare su invio e poi +
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Rimarcare la zona lasciando libera la prima riga e la prima colonna e premere +
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Ripetere più volte l'operazione della voce 10 fino ad arrivare al fine della mappa
78
A questo punto la mappatura è terminata.
79
N.B. - I VALORI TROVATI POSSONO ESSERE ARROTONDATI A CIFRE INTERE, PER
ESEMPIO 198 SI PUO' ARROTONDARE A 200
Questo esempio di mappatura è puramente indicativo e non vuole avere valore assoluto.
N.B - è possibile partire anche con valori più alti per esempio 100 ed arrivare fino a 300 o più, in base a
come reagisce la vettura.
Esempio di mappatura somma - piano per TD
In questo esempio viene mostrata la tecnica di mappatura somma - piano su di una mappa iniezione
parzializzato di una vettura turbo diesel .
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Evidenziare la zona dove si desidera effettuare la modifica ( nell'esempio zona nera )
Annotare il numero presente nella zona con carico al 50% e 1750 giri (nell'esempio 00905)
Annotare adesso il numero presente nella zona di carico 100% e 4550 giri (nell'esempio 01180)
Per comodità arrotondare le cifre a 900 e 1200
Eseguire la seguente operazione: 1200 - 900 = 300 punti di differenza
Questo risultato ci dà un ordine di idee di incremento sulla mappa
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Attivare la funzione somma piano cliccando sul tasto
Appare la seguente finestra
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Contare quante colonne sono state evidenziate (sono le verticali nell'esempio 9)
Dividere la differenza dei punti ( 300 ) per il numero di colonne [ 300 : 9 = 33 circa ]
Nella casella sinistra alto del somma piano scrivere 33
Nella casella in basso a destra scrivere 300
Adesso sottrarre 300 al valore minimo trovato [ 300 - 33 = 267 ]
Dividere il valore trovato per 4 [ 267 : 4 = 66 circa ]
Nella casella in basso a sinistra scrivere 66
Nella casella in alto a destra scrivere il valore 66 moltiplicato per 3 = 198
Cliccare sul tasto SOMMA
La mappatura è terminata
N.B. - I VALORI TROVATI POSSONO ESSERE ARROTONDATI A CIFRE INTERE, PER
ESEMPIO 198 SI PUO' ARROTONDARE A 200
Questo esempio di mappatura è puramente indicativo e non vuole essere la sicurezza assoluta.
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N.B - è possibile partire anche con valori più alti per esempio 100 ed arrivare fino a 300 o più, in base a
come reagisce la vettura.
Sistemi e relative ECU di iniezione
Msall/12: sistema gestione motore ad architettura 8/16 bit. Es. BMW 325/525tds, FIAT mareal25td, Alfal64td,
Audi 80tdi, Opel Omega TDI, Rover 620tdi. Caratteristica: la ECU, a 55pin, aveva due PCB tra loro
sovrapposti e si apriva a "libro". Eprom utilizzate: 27c256, 27c512, 27c010, 87c257. In questa centralina era
possibile individuare 2 eprom 8bit:
la prima presiedeva alla gestione dell'iniezione. La seconda all'anticipo e, se la turbina era a gestione
elettronica, alla pressione turbo.
2. Msa12: sistema gestione motore ad architettura full 8 M. Es. Vw sharan 90cv, a4 tdi 1996 90cv, golf iii tdi
90cv, caratteristica: la ecu, a 55pin, aveva un solo pcb. Eprom utilizzata: 27c512 dil. Anche in questa
centralina era possibile individuare 2 eprom 8bit (iniezione e turbo).
Figura 48
SALTO GENERAZIONALE: MCU FULL 16BIT
3. MSA15: sistema gestione motore introdotto intorno al 1996/97 ad architettura 16 bit. Es.: audi a4 tdi 1997,
vw sharan tdi, opel vectra 1997, etc.. Caratteristica: centralina 68pin, carcassa metallica o in plastica nera
(vw), che veniva "estratta", sensore di pressione turbo interno alla ecu. Eprom utilizzate: una coppia di
27c010 plcc che lavoravano in parallelo. La eprom vicino al bordo esterno della ecu veniva classificata come
"hhh", riportata anche da una targhetta adesiva bosch. Tale eprom conteneva il byte alto della word.
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Figura 49
4. EDC15V: sistema gestione motore introdotto intorno al 1997/98 ad architettura 16 bit. Es.: audi a4 tdi
1998, vw sharan tdi, opel vectra 1998 (pompa vp44), etc.. Caratteristica: centralina a due spine a 108pin,
coperchio metallico, eprom utilizzate: una coppia di 27c010/29f010 plcc32 che lavoravano in parallelo. La
eprom vicino al bordo esterno della ecu veniva classificata come "hhh", riportata anche da una targhetta
adesiva bosch. Tale eprom conteneva il byte alto della word.
Figura 50
5. EDCI5VM+: sistema gestione motore pompa ve, vp44, introdotto intorno al 2000ad architettura 16 bit. Es.:
audi a4 tdi 110cv e3, audi a4 tdi 150cv e3, vw sharan tdi e3, etc.. Caratteristica: centralina a due spine
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(a4/a6 2.5tdi), ecu riprogrammabile via seriale, conforme a normativa euro3, coperchio metallico in
alluminio. Eprom 29f400 psop44. Nota: per audi a4 tdi 180cv 2003 tiptronic e' necessario ritoccare la flash
del cambio automatico.
Figura 51
6. Edc15p+: sistema gestione motore iniettore pompa, introdotto intorno al 1999 ad architettura 16 bit.
Esempi: Audi a4 TDI 115cv Euro3, Audi a4 TDI 130cv Euro3, VW Sharan TDI 115 e3, ecc.. Caratteristica:
centralina a due spine a 121 pin, ecu riprogrammabile via seriale, conforme a normativa euro3, coperchio
metallico in alluminio. Eprom 29f400 psop44
7.EDC16 VAG: sistema gestione motore iniettore pompa introdotto intorno al 2004 ad archietettura a 16bit.
Es.: motorizzazioni Audi/VW Group 105, 140CV. Caratteristica: centralina a due spine programmabile
serialemente od in BDM (sistema di collegamento tramite piazzole interne all’ECU direttamente collegate al
microprocessore) conforme alle normative Euro3/4, coperchio in alluminio siliconato. Eprom SSOP 29BL802
.
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8. EDC16+ VAG: sistema gestione motore iniettore pompa introdotto intorno al 2004 ad archietettura a 16bit.
Es.: motorizzazioni Audi/VW Group 2.700/3000cc. Caratteristica: centralina a due spine programmabile
serialemente od in BDM (sistema di collegamento tramite piazzole interne all’ECU direttamente collegate al
microprocessore) conforme alle normative Euro3/4, coperchio in alluminio siliconato. Eprom M58BW016DB
PQFP 80 Pin.
9. Edc15c2151617: sistema gestione motore common rail, introdotto intorno al 1998 ad architettura 16 bit.
Es.:
alfa 145jtd, peugeot 2.2hdi, mercedes 220cdi etc.. Caratteristica: centralina a connettori multipli (euro2 e
tutte le BMW) o centralina a due spine a 121 pin (Euro3), ECU riprogrammabile via seriale. Eprom 29f400
psop44 (29f800 per mb). Nota: nel passaggio dalle ecu euro2 a quelle euro3 il tempo di accesso delle
memorie flash si e' abbassato da 90ns a 7Ons.
10. EDC16 Common rail: sistema di iniezione common rail introdotto intorno al 2002 ad architettura a 16bit
es: BMW 320 150CV, Alfa 147 140CV, BMW 530 218CV, ecc. Caratteristica centralina siliconata
parzialmente o totalmente con eprom SSOP 29BL802. Programmabile in alcuni casi per via seriale e tutti in
BDM.
11. EDC16+ Common Rail: sistema di iniezione common rail introdotto intorno al 2004 ad archietettura a
16bit
es: BMW serie 1, Mercedes classe A 180, FIAT Croma, ecc. Eprom ST M58BW016DB PQFP oppure non
contiene eprom ma utilizza la ROM del microprocessore. Programmabile serialmente in alcuni casi oppure
in BDM.
GUIDA ALL’APERTURA DELLE CENTRALINE BOSCH EDC16
(DIESEL) E BOSCH MED9.x (BENZINA).
Per quanto riguarda il gruppo VolksWagen, le centraline EDC16 sono montate su tutte le GolfV TDI (escluso
il GT 170 CV) mentre le MED9.x sono montate su tutte le GolfV con alimentazione a benzina (FSI e GTI
TFSI). Esteticamente, si assomigliano molto. Quella delle seguenti foto è una EDC16.
Riscaldamento dei bordi dell’involucro.
Una volta smontata la centralina dalla vettura e tolte le sei o quattro viti (dipende dalla versione) poste sul
fondo, è meglio riscaldare leggermente tutto il perimetro del contenitore metallico prestando attenzione a non
esagerare in vi cinanza del connettore di plastica.
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Scollamento del fondo della centralina.
Terminata la fase di riscaldamento, si inizia con una spatola, a sollevare il fondo della centralina.
Durante questa operazione, non bisogna penetrare con la spatola troppo all’interno del perimetro
del contenitore metallico; in questo modo si evita di arrecare danni ai componenti elettronici ed al
circuito stampato.
Sollevamento del fondo della centralina.
Quando i quattro lati hanno evidenziato segni di cedimento, si inizia, delicatamente a sollevare il fondo della
centralina dal resto del contenitore metallico.Come si può notare dall’immagine, se non si ha troppa fretta e
si dosa la forza in modo corretto, senza utilizzare cacciaviti di nessun tipo, non si danneggia o deforma
minimamente la struttura che vogliamo asportare. Questo garantirà una perfetta richiusura della centralina ad
operazioni terminate.
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Flash eprom e connettore per lettura/scrittura.
Ora abbiamo la centralina aperta e… vorrei tranquillizzare tutti in merito ad un timore: la flash eprom che una
volta veniva dissaldata, letta, riscritta e risaldata, non viene nemmeno toccata. rimane al suo posto, come
tutti gli altri componenti della centralina. La tecnologia dell’hardware dell’EDC16, permette, a chi possiede
l’attrezzatura adatta, di leggere e riprogrammare la flash eprom (ed altro), semplicemente connettendosi ad
alcune piazzole (cerchiate in rosso) già presenti sul circuito. È sufficiente saldare su queste piazzole un
piccolo connettore che servirà da collegamento con l’attrezzatura per la lettura/scrittura. A rimappatura
terminata, si rimuove il connettore, si ripuliscono le piazzole e tutto torna come prima dell’operazione
Particolare raffigurante il connettore saldato.
Questo è il connettore saldato sulle apposite piazzole. Si tratta dell’unica operazione che si effettua
sull’hardware della centralina.
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Particolare del cavetto per lettura/scrittura collegato alla centralina.
Questo è il cavetto (flat) di collegamento che tramite il connettore appena posizionato, ermette
all’attrezzatura specifica, di leggere e scrivere la flash eprom (ed altro).
Come già spiegato in precedenza, a rimappatura terminata, si rimuove il connettore, si ripuliscono le piazzole
e tutto torna come prima dell’operazione.Si richiude la centralina, la si ripone nel suo alloggiamento
(solitamente all’interno del vano motore), ed il gioco è fatto.
Note.
Bisogna che spieghi perché ho scritto più volte che si può leggere e scrivere la flash eprom “e altro”.
Personalmente, se possibile, preferisco leggere i dati della centralina, aprendola come descritto in questa
guida, piuttosto che dalla presa EOBD. Il perché è semplice… Tramite EOBD, leggo e scrivo senza toccare
nulla, senza sporcarmi le mani, in modo molto veloce… ma leggo solo la flash che contiene le mappature.
Con il metodo diciamo “del connettore saldato”, posso leggere anche il contenuto del microprocessore e
della serial prom. Nel file del processore, risiede parte del software della centralina. Nella serial prom,
risiedono molti dati importanti, come il codice dell’immobilizer, il numero di telaio, un secondo limitatore di
88
velocità ecc. Effettuando una lettura completa di tutto ciò, ho la possibilità, per esempio, se mai ce ne fosse
la necessità, di andare dallo sfascia carrozze, prelevare una centralina EDC16 di un’altra Golf
(probabilmente anche con codici differenti) e “clonarla” con i dati di un’altra. Questa cosa non è realizzabile
con la sola lettura della flash eprom. I limitatori di velocità, negli impianti EDC16 montati su VW, sono
effettivamente due: uno nella mappatura ed uno nella serial prom. Quello all’interno della mappatura, lo si
riprogramma quando si rimappa ma quello all’interno della serial prom, non può (per ora) essere modificato
con una scrittura da EOBD, mentre lo si modifica a piacere con l’altro metodo. Dei due, ha effetto quello
tarato più basso e cioè, fino ad ora, quello nella mappatura (l’altro solitamente è impostato a 300 Km/h !!!)…
ma il giorno che questa impostazione dovesse cambiare…
TERMINI TECNICI DELLE CENTRALINE
APS o MAP
E' uno dei principali sensori per dosare la carburazione. Serve infatti a misurare istantaneamente la
pressione nel condotto di aspirazione.
BREAKPOINT
Suddivisione singola della scala dei giri motore di una mappa.
CARICO MOTORE
Valore percentuale che indica le prestazioni di un motore richieste ed indica lo "sforzo"che compie per
vincere le forze resistenti ed è ricavato dal sensore MAP più la posizione della valvola a farfalla.
CHEC SUM
Codice di controllo dell'eprom, serve per permettere alla ECU di controllare i dati in memoria per impedire
l'avviamento dell'auto in caso di variazioni non congruenti col codice stesso.
DIL ( o DIP) = DUAL IN LINE
Memoria con due file di piedini paralleli saldati passanti rispetto alla scheda della centralina.
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DRIVER
Estensione del software di mappatura che consente di visualizzare all'elaboratore i dati delle mappe che si
possono escludere dalla gestione del motore.
EPROM
Memoria che memorizza i dati cancellabile con gli uvc da una apposita finestrella
EEPROM
Memoria come la eprom ma cancellabile elettricamente
EMULATORE
Tramite pc, finge la presenza dell'eprom in centralina consentendo modifiche in tempo reale per sapere dove
l'ECU stà leggendo.
FLASH EPROM
Memoria non volatile cancellabile elettricamente. Questa centralina adotta uno schema a blocchi ed è
possibile riscrivere solo una parte del programma stesso ma è molto più rapida dell'eprom.
HARDWARE
Insieme di componenti di un circuito elettronico comprendente schede, transistor, connettori, resistenze ecc.
MAF
Sensore di flusso dell'aria aspirata (debimetro): misura l'aria aspirata dal motore.
MAPPA
Uno degli insiemi di dati che regolano la gestione del motore di formato tridimensionale. Regola l'anticipo
d'accensione, l'iniezione o la pressione di boost.
MICROIBRIDA
ECU senza componenti separati piccola e sigillata programmabile solo per via seriale solo conoscendo il
giusto protocollo.
OPEN LOOP e CLOSED LOOP (anello aperto e chiuso)
Gestione del motore in base al suo funzionamento: la ECU in closed loop regola la carburazione in base ai
dati inviategli dalla sonda lambda; in open loop la sonda lambda viene esclusa gestendo il motore con i dati
eprom in fase di accelerazione o quando il motore richiede potenza.
PLCC
Formato di memoria quadrato con piedini sui 4 lati con saldatura superficiale.
PROM
Memoria a programmazione singola non volatile e non cancellabile.
PSOP
Formato a sogliola con due piedini paralleli e saldati superficialmente.
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RESET
Azzeramento dell ECU cancellando i parametri di autoadattatività presenti in memoria senza cancellare la
mappatura impostata.
RECOVERY
Emergenza dell'ECU che permette all'auto di circolare in condizione di potenza ridotta.
SERIALE
Trasferimento dei dati via cavo ed uno di seguito all'altro e permette di aggiornare i dati e le mappe senza
dissaldare la centralina.
SOFTWARE
Insieme dei programmi e dei codici con microprocessore ed è presente anche nelle ECU.
SONDA LAMBDA
Sensore di ossigeno adottato nei motori a benzina in modalità CLOSED LOOP per regolare la carburazione
ottimale nel più breve tempo possibile.
TERMO coppia)
Sensore di temperatura dei gas di scarico per controllare la correzione della pressione del turbo,
dell'anticipo, e della carburazione.
TEMPO REALE
Modo di rimappare che si serve dell'emulatore e del suo software di gestione per visualizzare dove la ECU
legge per effettuare modifiche mentre l'auto è in movimento.
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