STRESS DA LAVORO

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STRESS DA LAVORO
Slides dell’incontro del 29 aprile 2010
– avv. Fabrizio Daverio –
Studio Legale Daverio & Florio
STRESS DA LAVORO
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1.- Il quadro normativo:
La fondamentale norma dell’art. 28 del Decreto Legislativo 9 Aprile 2008, n. 81:
Valutazione dei rischi
Art. 28.
1. La valutazione di cui all‘articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle
sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonche' nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i
rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi
particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8
ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo
26 marzo 2001, n. 151, nonche' quelli connessi alle differenze di genere, all'età', alla provenienza da altri Paesi e
quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro (1).
1-bis. La valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui
all’articolo 6, comma 8, lettera m-quater), e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e
comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010 (2).
(1) Comma modificato dall‘articolo 18, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 109.
(2) Comma inserito dall‘articolo 18, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 109.
- Segue -
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Segue.
Il documento sulla valutazione dei rischi deve contenere:
a)una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attivita' lavorativa,
nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del
documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità,
in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli
interventi aziendali e di prevenzione (1);
b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali
adottati, a seguito della valutazione di cui all‘articolo 17, comma 1, lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di
sicurezza;
d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonche' dei ruoli
dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente
soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla
valutazione del rischio;
f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono
una riconosciuta capacita' professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
(1) Lettera modificata dall'18, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 109.
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2.- La commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul
lavoro (art. 6 decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81):
Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro
Art. 6.
1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e' istituita la Commissione consultiva permanente per la
salute e sicurezza sul lavoro. La Commissione e' composta da:
a) un rappresentante del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali che la presiede (1);
b) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le pari opportunità (2);
c) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
d) un rappresentante del Ministero dell'interno;
e) un rappresentante del Ministero della difesa;
f) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (3);
g) un rappresentante del Ministero dei trasporti;
h) un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
i) un rappresentante del Ministero della solidarieta' sociale;
l) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica;
m) dieci rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, designati dalla Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
n) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative
a livello nazionale;
o) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell'artigianato e della
piccola e media impresa, comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale.
(1) Lettera sostituita dall‘articolo 6, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 3 agosto 2009, 106.
(2) Lettera sostituita dall‘articolo 6, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 3 agosto 2009, 106.
(3) Lettera modificata dall‘1, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 3 agosto 2009, 106.
- Segue -
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La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha il compito di:
m-quater) elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress
lavoro correlato
(1)
Lettera
inserita
dall‘articolo
6,
comma
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del
D.Lgs.
3
agosto
2009,
106.
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3.- L’ACCORDO EUROPEO DELL’8 OTTOBRE 2004 E L’ACCORDO INTERCONFEDERALE PER IL
RECEPIMENTO DELL’ACCORDO QUADRO EUROPEO SULLO STRESS LAVORO-CORRELATO CONCLUSO L’8
OTTOBRE 2004 TRA UNICE/UEAPME, CEEP, CES
Art. 3 Descrizione dello stress e dello stress da lavoro. Lo stress è uno stato, che si accompagna a malessere e
disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali e che consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i
gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti. L’individuo è capace di reagire alle pressioni a cui è
sottoposto nel breve termine, e queste possono essere considerate positive (per lo sviluppo dell’individuo stesso –ndt),
ma di fronte ad una esposizione prolungata a forti pressioni egli avverte grosse difficoltà di reazione. Inoltre, persone
diverse possono reagire in modo diverso a situazioni simili e una stessa persona può, in momenti diversi della propria
vita, reagire in maniera diversa a situazioni simili. Lo stress non è una malattia ma una esposizione prolungata allo
stress può ridurre l’efficienza sul lavoro e causare problemi di salute. Lo stress indotto da fattori esterni all’ambiente di
lavoro può condurre a cambiamenti nel comportamento e ridurre l’efficienza sul lavoro. Tutte le manifestazioni di
stress sul lavoro non vanno considerate causate dal lavoro stesso. Lo stress da lavoro può essere causato da vari
fattori quali il contenuto e l’organizzazione del lavoro, l’ambiente di lavoro, una comunicazione “povera”, ecc.
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Art. 4. Individuazione dei problemi di stress da lavoro. Data la complessità del fenomeno stress, questo accordo
non intende fornire una lista esaustiva dei potenziali indicatori di stress. Tuttavia, un alto assenteismo o un’elevata
rotazione del personale, conflitti interpersonali o lamentele frequenti da parte dei lavoratori sono alcuni dei sintomi che
possono rivelare la presenza di stress da lavoro. L’individuazione di un problema di stress da lavoro può avvenire
attraverso un’analisi di fattori quali l’organizzazione e i processi di lavoro (pianificazione dell’orario di lavoro, grado di
autonomia, grado di coincidenza tra esigenze imposte dal lavoro e capacità/conoscenze dei lavoratori, carico di lavoro,
ecc.), le condizioni e l’ambiente di lavoro (esposizione ad un comportamento illecito, al rumore, al calore, a sostanze
pericolose, ecc.), la comunicazione (incertezza circa le aspettative riguardo al lavoro, prospettive di occupazione, un
futuro cambiamento, ecc.) e i fattori soggettivi ( pressioni emotive e sociali, sensazione di non poter far fronte alla
situazione, percezione di una mancanza di aiuto, ecc.): Se il problema di stress da lavoro è identificato, bisogna agire
per prevenirlo, eliminarlo o ridurlo. La responsabilità di stabilire le misure adeguate da adottare spetta al datore di
lavoro. Queste misure saranno attuate con la partecipazione e la collaborazione dei lavoratori e/o dei loro
rappresentanti.
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Art. 5. Responsabilità dei datori di lavoro e dei lavoratori. In base alla direttiva quadro 89/391 (quella che ha
originato la 626- ndt), tutti i datori di lavoro sono obbligati per legge a tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Questo dovere riguarda anche i problemi di stress da lavoro in quanto costituiscono un rischio per la salute e la
sicurezza. Tutti i lavoratori hanno il dovere generale di rispettare le misure di protezione decise dal datore di lavoro. I
problemi associati allo stress possono essere affrontati nel quadro del processo di valutazione di tutti rischi,
programmando una politica aziendale specifica in materia di stress e/o attraverso misure specifiche mirate per ogni
fattore di stress individuato.
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4.- Collegamenti con il DECRETO LEGISLATIVO 8 giugno 2001, n. 231 - Disciplina della responsabilità
amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità
giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.
Responsabilità dell'ente
Art. 5
1.
L'ente
è
responsabile
per
i
reati
commessi
nel
suo
interesse
o
a
suo
vantaggio:
a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità
organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la
gestione
e
il
controllo
dello
stesso;
b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
2. L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
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5.- LA FONDAMENTALE NORMA DELL’ART. 2087 DEL CODICE CIVILE:
Tutela delle condizioni di lavoro.
L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità
del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale
dei prestatori di lavoro.
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6.- Caratteristiche dell’impianto normativo
Estrema attenzione al problema
Difficile individuazione delle situazioni concrete
Difficoltà, pertanto, di applicazione
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7.- L’eccesso quantitativo di lavoro
Il lavoro straordinario
Personale direttivo
Restante personale
La tutela giudiziale
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8.- Gli obbiettivi e la retribuzione premiale
Obbiettivi eccessivamente sfidanti
Obbiettivi non assegnati
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9.- La carenza di comunicazione
Isolamento e dequalificazione
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10.- L’incertezza sulla posizione lavorativa
La legislazione sui licenziamenti
Il licenziamento dei dirigenti: tematiche relative
Il licenziamento del personale non dirigenziale
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11.Lo
Mobbing
stress
lavoro
e
correlato
stress
è
una
lavoro
conseguenza
correlato
dell’attività
aziendale
Il mobbing è una conseguenza di un’azione impropria di persone facenti parte della
comunità
aziendale
La grande distinzione è dunque quella della diversa finalità delle due causali: aziendale la
prima,
personale
la
seconda
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12.- Definizione normativa di mobbing?
Il mobbing in Italia non ha trovato organica ed autonoma disciplina;
Ciò a differenza di altri passi (In Francia, ad esempio, è stata approvata nel 2000 una legge (civile e
penale) specifica sul mobbing (insieme di azioni ripetute di violenza morale volta a degradare le
condizioni di lavoro);
Le norme di legge del nostro ordinamento cui ricondurre l’ipotesi del mobbing sono quelle che
riguardano:
le discriminazioni;
la sicurezza sul lavoro (D. Lgs 81/1981);
la tutela della salute del lavoratore e le condizioni di lavoro (art. 2087 c.c.; Costituzione);
- il risarcimento dei danno (art. 2043 c.c.)
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Segue
COSTITUZIONE
Costituzione art. 32 tutela salute:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettività,
e
garantisce
cure
gratuite
agli
indigenti”.
Costituzione art. 35 tutela lavoro:
“La
Repubblica
tutela
il
lavoro
in
tutte
le
sue
forme
ed
applicazioni”.
Costituzione art. 41 vieta attività economica se lede sicurezza e libertà umana:
“L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale
o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
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Segue
CODICE PENALE
• Non esiste norma tipica: necessità ricorrere al reato di violenza privata, molestie,
lesioni, maltrattamenti, diffamazione, abuso d’ufficio, ecc. …
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13.- Definizione giurisprudenziale
• In mancanza di definizioni unitarie legislative è intervenuta la giurisprudenza:
Tribunale Monza, sez. lav., 27 luglio 2009, n. 443:”La sistematica condotta del
datore di lavoro protratta nel tempo e concretantesi nel compimento di una pluralità
di atti, giuridici o meramente materiali, diretti alla persecuzione, ovvero all'
emarginazione del dipendente, il quale veda lesa, in tutte le sue espressioni e in
violazione dell' obbligo di sicurezza posto a carico dello stesso datore dal disposto
ex art. 2087 c.c., la propria sfera professionale o personale, integra una ipotesi di
mobbing. Tale fattispecie si realizza, invero, per mezzo una condotta libera,
unicamente connotabile in base ai suoi effetti, quali la coartazione, diretta o
indiretta, della libertà psichica del lavoratore, tale da costringerlo a una certa
azione, tolleranza od omissione. In siffatta prospettiva l'esistenza di un danno deve
necessariamente essere oggetto di prova da parte di colui che intende adire le vie
giudiziali, non potendo essere suscettibile di risarcimento e di valutazione anche
equitativa ex art. 1226 c.c.”,
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•Cassazione civile , sez. lav., 17 febbraio 2009, n. 3785:”Per mobbing si intende
comunemente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e
protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si
risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di
prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione
morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico
e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del
datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti: a) la molteplicità di comportamenti di carattere
persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in
essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento
vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso
eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità
psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento
persecutorio”.
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•Cassazione civile sez. lav., 6 marzo 2010, n. 7382:”In tema di mobbing e risarcimento
del danno, affinché risultino violate le disposizioni ex art. 2087 c.c. è necessario l'effetto
lesivo sull'equilibrio psico-fisico del dipendente, che dunque deve riuscire a dimostrare
l'intento persecutorio sotteso a una serie di vessazioni, poste in essere in modo
sistematico e prolungato, e la relazione causale fra la condotta e il pregiudizio alla sua
integrità (l'apprezzamento spetta alla fase di merito ed è incensurabile in sede di
legittimità se ben motivato)”.
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14.- Tipologie di mobbing e soggetti responsabili
•Verticale: posto in essere dal datore di lavoro o superiore gerarchico (bossing);
•Orizzontale: posto in essere da collega.
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15.- ESCLUSIONE MOBBING
• Singoli episodi illeciti già integranti una diversa fattispecie: licenziamento illegittimo,
trasferimento illegittimo, sanzione illegittima, demansionamento, molestie sessuali,
omessa rispetto norme di sicurezza, ecc..
• Singoli episodi leciti o comunque non riconducibili ad altra fattispecie: un conflitto
interpersonale con colleghi, una cattiva organizzazione aziendale, una gestione aziendale
autoritaria.
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Segue
• Tribunale di Trani, Sez. Lavoro, 7 luglio 2009:”Il mobbing non è ravvisabile in una
singola azione - consistente, ad esempio, in un unico demansionamento, in un
trasferimento gravoso, in un ordine di servizio umiliante, nell'assegnazione ad una
postazione di lavoro scomoda ed ergonomicamente scorretta - essendo piuttosto
l'espressione di una strategia, un attacco continuato, ripetuto, duraturo, con il fine
specifico di isolare o espellere il lavoratore”.
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• Cassazione civile , sez. lav., 21 aprile 2009, n. 9477:”Non si configura la fattispecie di
mobbing e nemmeno la possibilità di un risarcimento danni se i conflitti in ufficio sono
una conseguenza del pessimo carattere del dipendente. Il clima di scontro che capi e
colleghi instaurano nei confronti di un lavoratore che ha difficoltà caratteriali non è
idoneo ad integrare quegli episodi di vessazione tipici del fenomeno in oggetto (nella
specie, la Corte ha confermato un verdetto d'appello che aveva respinto una richiesta di
risarcimento presentata da un'infermiera contro la struttura sanitaria presso la quale
lavorava. In particolare, la donna aveva affermato che per sei anni era stata vittima sul
posto di lavoro di continue vessazioni da parte di colleghi e superiori fino ad essere
trasferita in un altro reparto e demansionata. La Corte ha dato continuità alla decisione
dei giudici del merito che, pur riconoscendo l'esistenza di conflitti ricorrenti, avevano
attribuito tale conflittualità a problemi caratteriali della dipendente e, in particolare, ad un
suo disagio esistenziale)”.
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16.- ONERE DELLA PROVA LAVORATORE
I)
ELEMENTO OGGETTIVO DEL MOBBING
•
•
•
Serie di episodi vessatori
Ripetuti nel tempo
Danni (biologico, esistenziale, morale, professionale)
ELEMENTO SOGGETTIVO DEL MOBBING
•
Disegno criminoso, unicità dell’intento del datore di lavoro
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II) NESSO DI CAUSALITA’ (fra il comportamento illecito ed il danno subito): elevato grado
di probabilità, “probabilità qualificata”:
“Nel caso di malattia a eziologia multifattoriale, il nesso di causalità relativo all'origine
professionale della malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da
ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica
dimostrazione e, se questa può essere data anche in termini di probabilità sulla base della
particolarità della fattispecie (essendo impossibile nella maggior parte dei casi, ottenere la
certezza dell'eziologia), è necessario pur sempre che si tratti di "probabilità qualificata", da
verificarsi attraverso ulteriori elementi (come ad esempio i dati epidemiologici), idonei a
tradurre la conclusione probabilistica, in certezza giudiziale.
III) DANNO:
- biologico, esistenziale, morale, professionale
- patrimoniale
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• In mancanza di prova dell’elemento oggettivo e/o soggettivo diventa irrilevante la
prova del danno e del nesso causale
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17.- ONERE DELLA PROVA DATORE DI LAVORO
• Il datore di lavoro deve provare di aver ottemperato all’obbligo di protezione con
l’adozione di ogni mezzo per tutelare la salute del lavoratore.
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18.- CASI PRATICI
• Corte d’Appello di Napoli, 16 settembre 2009
- rigetto del ricorso della lavoratrice che aveva tentato il suicidio ed aveva fatto causa alla
Farmacia ove lavorava denunciando illegittimità licenziamento, obbligo di firmare le
ricette, sottrazione chiavi cassaforte, rimproveri posti in essere dai nuovi titolari della
Farmacia;
- la Corte ha affermato che il licenziamento era stato ritirato, le chiavi erano state tolte a
tutti i dipendenti, i rimproveri facevano parte della normale dinamica di un rapporto di
lavoro;
- la Corte ha anche affermato che la dipendente aveva dato prova di aver vissuto
personalmente male il cambio della proprietà della Farmacia e le novità introdotte e che
furono detti cambiamenti ad ingenerare la depressione.
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• Cassazione Civile 26 marzo 2010, n. 7382:
-Dipendente aveva fatto causa alla società chiedendo il risarcimento del danno per
mobbing;
- La Cassazione ha confermato le sentenze emesse dal Tribunale e dalla Corte di
Appello affermando che in sede testimoniale erano emerse: insulti, ridicolizzato davanti ai
colleghi, preso di mira dal capo dello stabilimento, adibito ai lavori più gravosi (forni) o
umilianti;
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• Tribunale di Rieti, 17 febbraio 2009, n. 102:
- Lavoratore lamentava continue contestazioni disciplinari per mancato svolgimento
prestazione, per deficienza di cassa visite fiscali pressanti (15 giorni 4 visite);
- Datore di lavoro affermava di aver esercitato propri diritti e che non vi era prova
dell’elemento persecutorio;
- il Tribunale ha rigettato il ricorso dando atto che il comportamento aziendale non era
pretestuoso, episodi esigui e non sistematici, no fine persecutorio.
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• Tribunale Cosenza 23 maggio 2008 (rigetto ricorso perché no prova di una pluralità di
comportamenti vessatori posti in essere con finalità persecutorie).
• Tribunale Udine gennaio 2010 (accolto ricorso in quanto il datore di lavoro non ha
adottato tutti i mezzi necessari per tutelare la salute del dipendente)
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• Tribunale di Trapani 7 luglio 2009:
- dipendente di una AUSL lamentava continui trasferimenti, cambio di mansioni,
privazione di attività, conflitto con il capo ufficio, aggressioni e insulti;
- La Corte ha rigettato il ricorso affermando che non era stato provato il disegno
criminoso, la strategia di attacco continuo ma semplici conflitti e tensioni lavorative;
dubbi su relazione cronologica degli eventi ed il danno.
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Slides dell’incontro del 29 aprile 2010
– avv. Fabrizio Daverio –
Studio Legale Daverio & Florio
Segue
• Cassazione 20 marzo 2009, n. 6907:
- dipendente addetta al centralino lamentava sette provvedimenti disciplinari;
- La Corte ha confermato il mobbing affermando che era stato provato il carattere
strumentale e pretestuoso delle sanzioni e del licenziamento tenuto conto della
successione cronologica
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S.A.F.- SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE