Untitled - Rizzoli Libri
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DON GESUALDO Con i contributi di Manlio Sgalambro e Antonio di Grado BOMPIANI ISBN 978-88-452-6586-0 © 2010 RCS Libri S.p.A. Via Mecenate 91 – 20138 Milano I edizione Bompiani settembre 2010 Una combinazione di affetto e dovere mi ha spinto ad accettare la realizzazione di questo docufilm su Gesualdo Bufalino. L’affetto, per me, è il sentimento che più si avvicina alla verità, pur nella sua apparente parzialità. I difetti appartengono alla personalità, e scompaiono appena finiscono i suoi fenomeni, o non appena si oltrepassano i limiti della materia. Mi permetto di salutarvi con una massima (piuttosto simpatica), di un compositore del Seicento abbastanza sconosciuto, di cui non ricordo il nome: “Detrattori, alla larga da me”. Franco Battiato 5 DICERIE Manlio Sgalambro Il pensare “fecale” si nutre di rifiuti. La cultura splende nelle nostre case, libri e quadri eccellenti, dischi di musiche cinesi e cineteche piene di rarità... Ne esala odore di marcio e inizi di combustione. Frughiamo tra questi stracci e mangiamo. Questa è la diceria. Caccia allo stambecco, fasto dello spirito e ghette bianche. Vecchia Europa. Coiti misti a impulsi sociali di tipo spinale. Eiaculatio praecox e regressione al Fato. Lenta agonia di esseri senza verità... Anche questa è la diceria. Tra il tono borghese e il plebeo vi è quello che Kant chiamò “da signori”. In altre parole la diceria. 9 La diceria è fatta di resti. Appartiene di diritto alla nostra epoca. Bufalino avverte la pesantezza di questo concetto, la responsabilità di averlo estratto da emozioni selvagge e di averlo portato alla luce per darlo in pasto, alla fine, a una massa di disperati che ne vogliono fare soltanto “buon” uso... Ma la diceria non perdona. 10 EGLI DANZA... Antonio Di Grado “Tutto, laggiù, è ordine e beltà, / magnificenza, quiete e voluttà”: così sognò Baudelaire, dentro un sogno dell’insonne Bufalino. Era una notte luminosa e profumata, nell’estremo lembo dell’isola in cui il candido professore compitava tous les livres e sognava a occhi aperti, fissi su quel “laggiù” carico di luxe, calme et volupté. Al quale guardava, altrettanto assorto e smemorato, in una notte etnea altrettanto speziata e risonante d’echi, il poeta e musicista Franco Battiato, tra una meditazione sufi e un’icona smagliante come quelle di Andrej Rublëv. E tanto era ammaliato anche lui da quel miraggio, da sognarli entrambi – Baudelaire e Bufalino, lo spleen de Paris e il miele ibleo – in un 13 nuovo sogno. Che si chiamò Fleurs: e culminava in quella stessa Invitation au voyage (“Ti invito al viaggio in quel paese che ti somiglia tanto...”), in quel “laggiù” dove “tutto è ordine e bellezza, calma e voluttà”. Un “altrove” che Franco vagheggia al centro del Sé, laddove possono convergere i treni lenti di Tozeur e il turbinoso roteare dei dervisci, il “mal d’Africa” dei meriggi a Jonia e “la grazia innaturale di Nijinskij”. Ecco cosa si cela, dunque, “laggiù”: una musica, la tenue e segreta melodia che per Bufalino aveva le cadenze nostalgiche di un’arietta parigina di Trenet. Vecchio enfant du paradis, stregato dagli occhi di Arletty e dalla voce dell’Usignolo dei boulevards, a lui i piaceri della memoria schiudevano tesori ben più vasti dei ricordi privati: il basco nero di Michèle Morgan sul quai des brumes, o la vieille photo e i baisers volés di Trenet, gli appartenevano come memorie gelosamente serbate e delibate. Que reste-t-il de nos amours? Restano, di quegli amori, la luce e il lutto di mille e una vita, dissipate tra i lungo-Senna e le foci dell’Irminio. E resta una vecchia traduzione consegnata agli “esercizi” dell’Amaro miele, successivamente ri14