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tim parks
il sesso è vietato
Traduzione di Giovanna Granato
ROMANZO
BOMPIANI
Parks, Tim, The Server
Copyright © Tim Parks 2012
Published by arrangement with Marco Vigevani Agenzia Letteraria
First published in Great Britain in 2012 by
Harvill Secker - Random House,
20 Vauxhall Bridge Road, London sw1v 2sa
© 2013 Bompiani / RCS Libri S.p.A.
Via Angelo Rizzoli 8 – 20132 Milano
ISBN 978-88-452-7228-8
Prima edizione Bompiani febbraio 2013
“Basta con le cose mondane! Concentrerò la mente
sulla meditazione, sottraendola ai falsi sentieri.”
Bodhicaryāvatāra
Il sesso è vietato
Il sesso è vietato all’Istituto Dasgupta. Ecco uno dei
grandi vantaggi di lavorare qui. Lavorare si fa per dire,
visto che non mi pagano: sono una volontaria. Una
servitrice, uffcialmente. Servire per più di tre o quattro
ritiri di fla è una rarità, a sentire Harper. Non avrà tutti i
torti. I genitori non ti mandano certo a scuola per vederti
cucinare e pulire gratis a vita. Per te hanno altre ambizioni,
i loro bravi progetti. Come fai a deluderli?
Qui i servitori sono tutti giovani, chi più chi meno, e
comunque in una fase di passaggio. A pensarci bene siamo
sempre tutti in una fase di passaggio, non c’è scampo.
Insomma, ci siamo capiti. Tra scuola e università, tra casa
e lavoro. A volte mi chiedo in quale fase di passaggio sono
io. Quello che ti sei lasciato alle spalle, come sei fnito qui,
eccetera, in teoria è presto detto. In teoria. Casomai è del
futuro che la gente si preoccupa. Ma più sto all’Istituto
Dasgupta, più i miei trascorsi si confondono. I primi
tempi, quando cercavo di meditare, il passato non voleva
schiodarsi dalla testa. Capita a tutti. Ti siedi, chiudi gli
occhi e i pensieri si mettono a latrare come cani impazziti.
Era sempre così, chi se lo scorda. È solo che adesso mi
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domando a che pro. Forse gira che ti rigira i vecchi pensieri
si sono consumati. Il tormento è svanito. Forse la verità
è che al Dasgupta non sono affatto di passaggio. Magari
vivrò qui per sempre oppure, se dovessi andarmene, il Da­
sgupta vivrà con me.
Stamattina avevo una gran facca. Il gong è suonato alle
quattro. I servitori cominciano a preparare la colazione
soltanto alle sei, perciò di solito partecipo alla prima ora
e mezzo di meditazione e me ne vado quando attaccano i
canti. È la parte in assoluto migliore della giornata. Perché?
Vallo a sapere. Niente fa male prima dell’alba. Raggiungi
la sala di meditazione al buio. L’aria del mattino è soffce,
tutto è bagnato di rugiada, silenzioso. Se sei fra i primi,
vedi i conigli nell’erba. Ci sono le stelle, e qui le stelle sono
luminose. Si gela. Le felpe con il cappuccio ci danno un’aria
da monaci o da spettri. Tutto sembra spettrale e sospeso.
Nella sala trovi ad attenderti il cuscino e le coperte. Le luci
sono soffuse. Chiudi gli occhi e senti gli altri entrare, tirare
su col naso, agitarsi, tossire. Ti fa una rabbia. Nella testa ti
parte una voce: “Ehi, scusate tanto, ma mica mi sono alzata
all’alba per sentirvi tossire e scoreggiare. Mi bastano le puzze
di quando pulisco i cessi.” Poi ti accorgi che sono rumori
accoglienti. Ti proteggono. Che strano. Ti dà sui nervi che
una si soff di continuo il naso ma ti fa sentire anche protetta
e umile. Dev’essere un grande sacrifcio per questa persona
venire al Dasgupta e cercare di cambiare vita. Chi sei tu per
criticare tanto? Tutto sommato è bello sentirti umile e dirti:
“Beth Marriot, piantala di fare la lagna se quella poveretta
ha il naso che cola. Che ne sai del periodo di merda o della
fase di passaggio schifosa che sta attraversando.”
Perciò ignoro colpi di tosse e nasi colanti. Li accetto,
come un prurito o un crampo, o come i corvi che raspano
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sul tetto del prefabbricato. Ne fanno di casino, quei corvi.
Amo la seduta mattutina. È la migliore. Oggi però mi
sentivo facca. Quand’è suonato il gong non mi sono alzata.
Starà cambiando qualcosa. Anicca. Senti il cambiamento.
Ahniiciaaa, ahniiciaaaa, ahniiciaaaa. Amo come Mi Nu
pronuncia quella parola con la sua cantilena asiatica. Senti
il battito ai polsi, Beth, senti il formicolio alle guance.
Cambiamento. Anicca. Magari è lo stesso cambiamento che
mi ha fatto prendere in mano la penna. Oggi, d’impulso,
ho preso in mano una penna. Scrivere è un’altra delle cose
vietate all’Istituto Dasgupta. Scrivere e il sesso.
Devo dire che il divieto di scrivere non è mai stato un
ostacolo. L’unica regola che mi urtava davvero quando sono
arrivata al Dasgupta era il Nobile Silenzio. Non si parla. Non
si canta. A me in certi momenti viene naturale dire a voce
alta: “Buongiorno a tutti! Mi passi la brocca dell’acqua?
Ehi, hai dimenticato di toglierti le scarpe!” Oppure in altri
momenti devo cantare a squarciagola: “When the working
day is done, Girls just wanna have fun.” Devo ancheggiare,
dimenarmi, pestare i piedi. Perciò il silenzio mi pesava.
Anzi, il bello di essere un servitore è che un po’ puoi
parlare, almeno in cucina. No, se vuoi combinare qualcosa
devi parlare. Mai, però, con i meditatori del corso. Loro non
vanno disturbati.
Anzi no, non è vero. Anche la regola di non fumare
mi ha mandato fuori di testa. Avevo portato tre pacchetti
per superare i dieci giorni e li ho fumati tra i cespugli in
fondo al campo. Mi sa che gli altri mi hanno visto. Ma
non li ho mai fniti. A otto mesi di distanza ho ancora
mezzo pacchetto. Impresa non da poco, mi direte, aver
smesso di fumare. Quante volte ci avevo provato Dio
solo lo sa, con Carl a darmi il tormento. Ora però non mi
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ricordo nemmeno quando è successo. Questo grazie alla
meditazione. Viviamo in uno stato di trance al Dasgupta.
Un infnito jhāna. Quanto mi piace questa parola. Un bel
giorno ho scoperto che non fumavo. Un bel giorno mi sono
accorta che avevo smesso di pensare, a papà, a mamma, a
Jonathan, a Carl, a Zoë. Avevo smesso di pensare ai Pocus,
avevo smesso di pensare al futuro. Prova che la tecnica del
Dasgupta funziona. Ero cresciuta nel Dhamma. Solo che
ora tutt’a un tratto mi ritrovo a scrivere queste cose. Io, che
in passato ho scritto soltanto canzoni. La regola che vieta
di scrivere non è un ostacolo, anzi. Cioè, fumare anche se
non dovevo mi è sempre piaciuto. La regola non me l’ha
impedito. E ora mi piace scrivere sapendo che non dovrei.
Stamattina mi ha dato una sensazione molto intensa. Mi
ha fatto sentire intensamente Beth. Forse da servitrice
modello sto per trasformarmi in una ribelle scapestrata
che infrange tutte le regole. Così mi sbatteranno fuori e
scoprirò in quale fase di passaggio sono stata per tutto
questo tempo.
Uno dei servitori ha il BlackBerry. Vederlo mi ha
fatto arrabbiare non poco. Ralph. È tedesco. I servitori
si ritrovano intorno persone dell’altro sesso quando
cucinano. La cucina è una e prepariamo la stessa roba
per tutti, maschi e femmine, studenti vecchi e nuovi,
anche se quelli vecchi dovrebbero rinunciare a certe
cose, tipo i dolci e la frutta pomeridiana. Arrivando con
qualche minuto di anticipo per il turno della colazione
ho trovato Ralph seduto a un bancone chino sul piccolo
schermo. Ralph è fero di fare il servitore. La devozione
gli spiana i tratti del bel faccino. Gli piace pensare che
fa del bene. Senza di noi i meditatori non avrebbero
la libertà di vivere nel silenzio, non riuscirebbero a
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scaricare il karma e i sankhara negativi per cominciare
a purifcarsi. Lì per lì ha cercato di fccarselo nella tasca
del grembiule poi, quando ha visto che avevo visto
cosa combinava, mi ha chiesto se volevo controllare la
mia posta elettronica. Cercava di rendermi complice
del misfatto. Ci è mancato poco che andassi a riferirlo.
Forse avrei dovuto. “Guarda che è contro lo spirito del
Dasgupta,” ho detto. “Dovresti vergognarti. A che serve
creare quest’atmosfera pura se poi la inquini guardando
i siti porno sul tuo BlackBerry?”
L’ha presa male. C’è stato da ridere. Come mi veniva
in mente che guardasse i siti porno?, ha detto. Ha un forte
accento tedesco. “Perché pensi cvesto?” Mi sono sforzata
di fare la seria. “Tutti i maschi guardano il porno,” gli ho
detto. Che è la cosa più vera del mondo. “Altrimenti perché
avresti cercato di nasconderlo?”
Ma se fossi andata a riferirlo agli Harper o a Mi Nu,
loro sarebbero stati più severi con me per aver svergognato
Ralph che con lui per aver usato il BlackBerry. Al Dasgupta
ognuno deve ubbidire alle regole perché vuole, non per
altro. A patto che non disturbi l’altrui meditazione, chi
le infrange non va rimproverato. Avrei potuto inventarmi
che Ralph disturbava me, ma mi sa che i servitori non
contano. Come vecchio studente, un servitore dovrebbe
essere immune ai disturbi. Altrimenti che l’abbiamo
imparato a fare il metodo? Eppure mi disturba eccome.
Mi dà sui nervi pensare che lui abbia accesso alla Rete,
pensare a come sarebbe aprire di nuovo la mia posta
elettronica. O Facebook. Dio santo. Magari ora che ho
carta e penna potrei scrivere un biglietto anonimo. ralph
ha il blackberry. naviga sui siti porno. Magari ora che mi
sono messa a scrivere mi metterò anche a fumare. Potrei
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fnire quello che è rimasto dell’ultimo pacchetto. Allora
sarebbe Ralph a riferirlo. Mentre raschiamo le carote gli
farei sentire che l’alito mi puzza di fumo. Mi chiederebbero
come mi sono procurata le sigarette, visto che non esco
dalla tenuta da mesi. Dovrei confessare e scusarmi. Con
Mi Nu, magari. Mi Nu Wai. Mi piacerebbe avere una scusa
per confessarle qualcosa. Potrei raccontarle che certe sere
me la sono svignata al pub. Ma non credo proprio che
Ralph andrebbe a riferirlo. Gli piaccio. Dopo pranzo si
presta sempre a togliere gli avanzi dai piatti o le porcherie
dallo scarico del lavandino. Magari mi ha fatto vedere il
BlackBerry di proposito. Gli piaccio, ma è troppo giovane,
troppo dolce, troppo tedesco. Non ho mai avuto un debole
per i ragazzi dolci. Qui devono esserci decine di uomini
più attraenti. E di donne, se è per questo. È un bene che il
sesso sia vietato al Dasgupta. Ci saranno dei buoni motivi
anche per vietare di scrivere.
Non ho continuato a dormire quando sono rimasta a letto.
Le altre si sono alzate con quell’adorabile sottomissione
che abbiamo tutti la mattina. Sono andate a meditazione.
Io invece sono rimasta a letto a pensare. Dopo una decina
di minuti Meredith è tornata a chiedermi se stavo male
ma, siccome anche i servitori sono tenuti a parlare solo
se necessario, non le ho risposto. Meredith è una ragazza
cicciottella, abbastanza carina, direi. Ha un sorriso carino.
A fne estate comincerà a studiare a Cambridge, almeno
così dice. Non ho risposto. Non ho nemmeno scosso la
testa. Ora si starà domandando cos’è successo o se mi ha
fatto qualcosa. Dio santo. Perché sono così cattiva? Non so.
Mi piace. Mi piace essere gentile e mi piace essere cattiva.
Secondo me Meredith un po’ di cattiveria se la merita.
Dovrebbe proprio dimagrire. Io, ammesso che abbia mai
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