leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri

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http://www.10righedailibri.it
{ BIBLIOTECA DELL’IMMAGINARIO }
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ISBN: 978-88-7615-549-9
Titolo originale: Adam Bede
Traduzione e cura di Francesca Nizi
I edizione: luglio 2011
© 2011 Alberto Castelvecchi Editore Srl
Via Isonzo, 34
00198 Roma
Tel. 06.8412007 - fax 06.85865742
www.castelvecchieditore.com
[email protected]
Cover: Sandokan Studio
George Eliot
Adam Bede
Traduzione e cura di Francesca Nizi
LIBRO PRIMO
I
La bottega
Con una singola goccia d’inchiostro per specchio, uno stregone egiziano promette di rivelare lontane immagini del passato a chiunque
passi per caso di lì. Questo è quello che ho intenzione di fare io per te,
caro lettore. Con questa goccia d’inchiostro sull’estremità della mia
penna ti mostrerò l’ampia bottega di Jonathan Burge, falegname e muratore del villaggio di Hayslope, come appariva il 18 giugno, nell’anno
del Signore 1799.
Il sole del pomeriggio riscaldava i cinque operai che si trovavano lì,
indaffarati con i telai e i rivestimenti in legno di porte e finestre. Un odore di legno di pino proveniente da un mucchio di assi accatastate a
forma di tenda, fuori la porta aperta, si mescolava con l’odore dei cespugli di sambuco che spargevano i loro fiori estivi fino alla finestra di
fronte, rimasta socchiusa; i raggi del sole filtravano obliqui tra i trucioli trasparenti che svolazzavano davanti alla pialla e illuminavano le sottili venature dei pannelli di quercia appoggiati contro la parete. Su un
mucchio di quei morbidi trucioli, un ispido cane da pastore grigio si era preparato una confortevole cuccia, e stava riposando con il naso tra
le zampe; ogni tanto sollevava la fronte per lanciare un’occhiata al più
alto dei cinque operai, che era intento a incidere uno scudo al centro di
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una mensola di legno per il camino. Era a questo operaio che apparteneva la forte voce da baritono che si udiva più del rumore della pialla e
del martello, mentre cantava:
Svegliati, anima mia, e con il sole
il tuo passo quotidiano della tua corsa al dovere;
scaccia via l’indolente pigrizia…
Ora però bisognava prendere delle misure, operazione che richiedeva maggiore attenzione, e così la voce sonora si affievolì in un debole fischio; ma subito scoppiò di nuovo, con rinnovato vigore:
Fa’ che ogni tua parola sia sincera,
la tua coscienza come il chiaro mezzodì.
Una tale voce poteva provenire solamente da un ampio torace, e
l’ampio torace apparteneva a un uomo robusto e muscoloso, alto circa
un metro e ottanta, con una schiena così dritta e una testa davvero ben
proporzionata che, quando si drizzò in piedi per osservare meglio il suo
lavoro da lontano, aveva l’aria di un soldato in posizione di riposo. Le
maniche tirate su fino al gomito mostravano un braccio che sembrava
fatto apposta per vincere gare di forza; eppure la lunga mano agile, con
le sue dita grandi, sembrava adatta ai lavori di precisione. Alto e robusto, Adam Bede era un sassone degno del suo nome; ma i capelli nero
corvino, resi ancora più evidenti dal contrasto con il cappello di carta
chiaro, e lo sguardo penetrante degli occhi scuri che brillavano sotto le
mobili sopracciglia sporgenti e ben definite, rivelavano un miscuglio di
sangue celtico. Il viso era grande e dai tratti marcati, e nei momenti di
riposo non aveva altra bellezza che quella che deriva da un’espressione
di onesta e amabile intelligenza.
Già alla prima occhiata si capisce che l’operaio che gli è accanto è il
fratello. Alto quasi quanto lui, ha gli stessi lineamenti, lo stesso colore
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di capelli e la stessa carnagione; ma la forza della somiglianza sembra
solo rendere più evidente la notevole differenza di espressione, sia nell’aspetto che nel volto. Le larghe spalle di Seth sono lievemente incurvate in avanti; gli occhi sono grigi, le sopracciglia meno sporgenti e più
ferme di quelle del fratello e lo sguardo, invece di essere penetrante, è fiducioso e benevolo. Ora che si è tolto il berretto di carta potete notare
che i suoi capelli non sono spessi e lisci come quelli di Adam, ma sottili e ondulati, e vi permettono di distinguere l’esatto contorno dell’arcata coronale che domina in modo molto deciso la sua fronte.
I mendicanti sapevano di poter ottenere sempre una monetina da
Seth; mentre raramente si rivolgevano ad Adam.
Il concerto degli attrezzi e della voce di Adam fu alla fine interrotto
da Seth, il quale, sollevando la porta a cui aveva lavorato con precisione, la appoggiò alla parete e disse: «Ecco! Ho finito la mia porta per oggi, finalmente».
Tutti gli operai alzarono lo sguardo; Jim Salt, uomo robusto dai capelli rossi, conosciuto come Jim il biondo, smise di piallare, e Adam
disse a Seth, con uno sguardo acuto di sorpresa: «Cosa? Pensi davvero
di aver finito la porta?».
«Certo», rispose Seth alquanto sorpreso, «che ci manca?».
Al forte scoppio di risa degli altri tre operai, Seth si guardò intorno in
modo confuso. Adam non si unì alle risate, ma c’era un sottile sorriso
sul suo volto quando, in tono più gentile di prima, disse: «Be’, hai scordato i pannelli».
La risata scoppiò di nuovo quando Seth si portò le mani sulla fronte,
che era diventata rossa fino all’attaccatura dei capelli.
«Urrà!», gridò un compagno piccolo e magro, chiamato Ben lo smilzo, correndo avanti e afferrando la porta. «Metteremo sulla porta la
scritta: “Seth Bede il metodista, fece”. Jim, porta qua il vaso della tinta
rossa».
«Scemenze!», disse Adam, «lascia perdere, Ben Cranage. Prima o poi
commetterai anche tu qualche sciocchezza; ride bene chi ride ultimo».
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«Ti aspetto, Adam. Ma sarà sempre prima di quando mi farò imbottire la testa di frottole dai metodisti», disse Ben.
«Eh già, ma l’hai sempre piena d’alcol, che è anche peggio».
Ben, comunque, aveva preso in mano la vernice rossa e stava per iniziare a fare la sua iscrizione, provando a disegnare una S immaginaria
nell’aria.
«Lascia perdere, per piacere», urlò Adam posando i suoi attrezzi, avvicinandosi con decisione a Ben e afferrandogli la spalla destra. «Lascia
perdere o ti rigiro fino a farti uscire l’anima dal corpo».
Ben tremò per la stretta di ferro di Adam ma, da astuto piccolo uomo quale era, non aveva intenzione di arrendersi. Si passò il pennello
dalla mano destra, ormai immobilizzata, alla sinistra, che cominciò a
muovere come se volesse scrivere. In un attimo Adam lo rigirò, gli
bloccò anche l’altra spalla e, spingendolo, lo inchiodò al muro. Ma a
questo punto parlò Seth.
«Lascia stare, Addy, lascia stare. Ben voleva scherzare. In fin dei conti, ha ragione a ridere di me; neanche io posso smettere di ridere di me».
«Non lo lascio finché non giura di non toccare la porta», disse Adam.
«Su Ben, ragazzo», fece Seth con tono convincente, «non litighiamo
per questo. Sai che Adam farà come dice lui. È come se volessi trascinare un carro per un sentiero stretto. Digli che lasci stare la porta, e la
facciamo finita».
«Non ho paura di Adam», disse Ben, «e lascerò perdere solo perché
me l’hai chiesto tu, Seth».
«Bene, questo è saggio da parte tua, Ben», disse Adam ridendo e allentando la presa.
Tutti ripresero il loro lavoro, ma Ben lo smilzo, avendo avuto la peggio nello scontro fisico, voleva rimediare alla sconfitta umiliante vincendo almeno con il sarcasmo.
«A che pensavi, Seth», cominciò, «al bel volto della predicatrice o al
suo sermone, quando ti sei scordato i pannelli?».
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«Vieni a sentirla, Ben», replicò Seth di buonumore, «farà una predica al
Green stasera; può essere che dopo avrai anche tu qualcosa a cui pensare,
invece di quelle canzoni sconce che ti fanno impazzire. Potresti avvicinarti alla religione, e questo sarebbe il miglior guadagno che hai mai fatto».
«C’è tutto il tempo per questo, Seth. Ci penserò quando starò per sistemarmi; gli scapoli non vogliono un così grande guadagno. Può succedere che faccia la corte a una donna e alla religione insieme come fai
tu, Seth; ma di sicuro non vorrai che mi converta e mi metta in mezzo a
te e alla bella predicatrice, per soffiartela».
«Non c’è pericolo che accada, Ben; lei non sarà conquistata né da te
né da me. Vieni solamente ad ascoltarla, e non parlerai più di lei in modo così leggero».
«Va bene, ho una mezza idea di venirla a vedere stasera, se non c’è
buona compagnia all’osteria Holly Bush. Che brano sceglierà come testo di partenza? È meglio che tu me lo dica, se non riuscissi ad arrivare
in tempo. Sarà forse: “Cosa siete venuti a vedere? Una profetessa? Sì, vi
dico, e più che una profetessa, una giovane donna di rara bellezza”».
«Dai, Ben», disse Adam in tono molto serio, «lascia perdere le parole della Bibbia, stai esagerando ora».
«Che? Ti stai ricredendo, Adam? Fino a un minuto fa credevo ce l’avessi a morte con le donne predicatrici, no?».
«No, non mi sto ricredendo. Non ho detto niente sulle donne predicatrici; t’ho solo detto di lasciar stare la Bibbia: hai un altro libro su
cui scherzare, di cui vai fiero e orgoglioso, vero? Tieni le tue manacce
lontano da quello».
«Ah, mi stai diventando un santone come Seth. Comincio a pensare
che andrai alla predica stasera. Dirigerai perfettamente il canto. Ma
non so che penserà il pastore Irwine del suo caro Adam Bede che si fa
metodista».
«Non ti preoccupare per me, Ben. Non ho intenzione di diventare
metodista, non più di quanta ne abbia tu – sebbene sia probabile che tu
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diventerai qualcosa di molto peggio. Padre Irwine ha troppo buonsenso per immischiarsi in quello che la gente fa della sua religione. Quella è una questione tra loro e Dio, come ha detto lui tante volte».
«Sì, sì, ma non è per niente tenero coi dissidenti».
«Può essere; io non sono un appassionato della birra scura di Josh
Tod, ma non ti impedisco mica di rincitrullirtici».
Ci furono delle risate a questa frecciata di Adam, ma Seth disse molto seriamente: «No no, Addy, non devi paragonare la religione di qualcuno con la birra. Tu non ci credi, ma i dissidenti e i metodisti possiedono degli argomenti seri come le persone di Chiesa».
«Ma Seth, io non sto ridendo di nessuna religione. Lasciamo che ognuno segua la propria coscienza, e basta. Penso solo che sarebbe meglio
se le loro coscienze li lasciassero tranquilli almeno in chiesa. C’è molto
da imparare lì. E c’è una cosa simile all’essere ultraspirituali; dobbiamo
avere qualcosa oltre al Vangelo in questo mondo. Guarda i canali, gli acquedotti, i congegni delle miniere di carbone e i mulini di Arkwright,
là a Cromford; un uomo deve imparare molto oltre al Vangelo per realizzare queste cose. Ma a sentire i loro predicatori, sembra che un uomo
non debba far altro nella vita che serrare gli occhi e guardare cosa succede dentro di lui. Lo so che un uomo deve avere l’amore di Dio nella sua
anima e conoscere la parola divina della Bibbia. Ma cosa dice la Bibbia?
Già, dice che Dio ha posto il suo spirito nell’operaio che stava costruendo il tabernacolo, in modo da fargli compiere le intagliature e tutto il resto con mano gentile. E questo è il mio modo di vedere la vicenda: c’è lo
spirito di Dio in tutte le cose e in tutti i tempi – nei giorni feriali come di
domenica – nelle grandi opere e nelle invenzioni, nel calcolo e nella
meccanica. Dio ci aiuta con la nostra intelligenza e le nostre mani come
con le nostre anime; e se un uomo svolge dei compiti fuori dalle ore lavorative – costruisce un forno per sua moglie per risparmiarle di andare dal fornaio o lavora un pezzo dell’orto per far crescere due patate invece di una – compie maggior bene ed è vicino a Dio, come se pregasse e
si lamentasse dietro a un predicatore».
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«Ben detto, Adam», disse Jim il biondo, che aveva smesso di piallare per spostare le tavole mentre Adam parlava. «Questo è il più bel sermone che abbia sentito da un bel po’ di tempo. Mia moglie la pensa allo stesso modo, mi assilla da un anno per farmi costruire un forno».
«C’è del giusto in ciò che dici, Adam», osservò Seth in modo serio. «Ma
tu sai bene che è ascoltando i predicatori, dei quali tu hai così da ridire,
che molti giovani oziosi hanno cominciato a lavorare. È il predicatore che
svuota le birrerie e, se un uomo trova la religione, lavorerà meglio».
«Peccato che si dimentichi di fissare i pannelli delle porte, qualche
volta, vero Seth?», commentò Ben lo smilzo.
«Ah, Ben, mica vorrai prendermi in giro finché campo! Non è per
colpa della religione che ho commesso un errore; è colpa di Seth Bede,
che è stato sempre un ragazzo che sogna a occhi aperti, e la religione
non lo ha guarito, sfortunatamente».
«Non prendermi sul serio, Seth», disse Ben lo smilzo, «sei un giovane giudizioso e di buon cuore, pannelli o non pannelli; e non ti irriti ad
ogni parola scherzosa come fa qualche tuo parente più furbo».
«Seth, ragazzo mio», aggiunse Adam senza capire il sarcasmo rivolto
verso di lui, «non devi giudicarmi scortese. Non mi riferivo a te in quello che ho detto poco fa. Ognuno ha il proprio modo di vedere le cose».
«No, Addy, non sei stato scortese con me», disse Seth, «ti conosco
bene. Sei come il tuo cane Gyp: qualche volta mi abbai contro, ma dopo mi lecchi sempre la mano».
Tutte le braccia ripresero a lavorare in silenzio per alcuni minuti, finché l’orologio della chiesa scandì le sei. Il primo rintocco non era ancora svanito, che Jim il biondo aveva già lasciato la pialla e si stava allungando per prendere il giubbotto; Ben lo smilzo aveva lasciato una vite
conficcata a metà e gettato il cacciavite nel cesto degli attrezzi; Taft il taciturno che, fedele al suo nome, era stato in silenzio per tutta la conversazione, aveva posato il martello quando questo era già pronto a colpire; e Seth si stava raddrizzando la schiena e allungava la mano verso
il cappello di carta. Solo Adam continuava a lavorare come se niente
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fosse accaduto. Ma quando si accorse che gli altri attrezzi si erano fermati, alzò lo sguardo e disse indignato: «Ma guardateli là! Non sopporto la vista di uomini che buttano via gli attrezzi in quel modo al primo
rintocco dell’orologio, come se non avessero nessuna soddisfazione nel
lavoro e fossero intimoriti di fare un colpo in più».
Seth guardò con attenzione e si fece più lento nei preparativi, ma
Taft il taciturno ruppe il silenzio, e disse: «Sì, sì, Adam, tu parli bene
perché sei giovane. Quando avrai quarantasei anni come me, invece
che ventisei, ne avrai abbastanza di lavorare per niente».
«Sciocchezze», disse Adam ancora arrabbiato, «che c’entra l’età, mi
domando? Non sei un cadavere ancora, mi sembra. Odio vedere le
braccia di un uomo cadere al primo rintocco dell’orologio, come se gli
avessero sparato, come se non avessero mai avuto un poco d’orgoglio e
di soddisfazione nel lavorare. La macina continua a girare anche dopo
che la si lascia andare».
«Calmati, Adam», esclamò Ben lo smilzo, «vuoi lasciare in pace le
persone, per cortesia? Un momento fa ce l’avevi con i predicatori ed ecco che ti metti a predicare. Può essere che tu preferisca il lavoro al divertimento, ma a me piace di più il divertimento che il lavoro. Ma dato
che ti piace, accomodati, ti lascio un po’ di più da fare».
Con questa battuta finale, che considerava d’effetto, Ben lo smilzo si
buttò sulle spalle la sacca e lasciò la bottega, subito seguito da Taft il taciturno e da Jim il biondo. Seth guardava Adam con aria malinconica,
aspettando che dicesse qualcosa.
«Passi da casa prima di andare alla predica?», chiese Adam alzando
gli occhi.
«No, ho lasciato il cappello e le mie cose da Will Maskery. Non tornerò a casa prima delle dieci. Accompagnerò Dinah Morris a casa, se
vorrà. Non c’è nessuno dei Poyser che l’accompagna, lo sai».
«Allora dirò a mamma di non aspettarti», disse Adam.
«Tu non vai dai Poyser stasera?», domandò alquanto timidamente
Seth, voltandosi mentre lasciava la bottega.
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«No, vado alla scuola».
Gyp se ne stava nella sua comoda cuccia, e ogni tanto sollevava il
muso e guardava Adam più da vicino, mentre osservava gli altri operai
andar via. Ma quando Adam si mise in tasca il righello e cominciò a slegarsi il grembiule dalla vita, Gyp corse avanti e guardò in alto verso il
suo padrone, in paziente attesa. Se Gyp avesse avuto una coda l’avrebbe di sicuro agitata, ma essendo stato privato di quel mezzo per trasmettere le sue emozioni, si trovava nelle condizioni di molti altri illustri personaggi, costretti ad apparire più flemmatici di quanto non siano in realtà.
«Sei già pronto per il cesto, eh, Gyp?», disse Adam, con lo stesso gentile tono di voce di quando parlava a Seth.
Gyp saltellò ed emise un leggero guaito, come per dire: «Certo». Povera bestia, non aveva una vasta gamma di espressioni.
Il cesto era quello che nei giorni lavorativi conteneva il pranzo di Adam e Seth; nessun ufficiale, sfilando in parata, avrebbe guardato in
modo più risoluto di Gyp che, ignaro di tutti, trotterellava con quel cesto ai calcagni del suo padrone.
Prima di lasciare la bottega, Adam chiuse la porta, tirò fuori le chiavi e
le portò nella casa dall’altra parte del cortile. Era una casa modesta, dal tetto di paglia grigia, liscio, e pareti di un giallo scuro, che la luce del tramonto faceva apparire accogliente e calda. Le finestre con vetrate a piombo erano luminose e linde, e il gradino della porta era pulito come una
roccia bianca nella bassa marea. Sul gradino c’era una candida donna anziana, in una veste di lino scuro a strisce, un fazzoletto rosso e un berretto di lino, che parlava ad alcuni polli chiazzati che sembravano esser stati
attirati verso di lei dall’illusoria speranza di patate fredde o di orzo. La vista della vecchia donna sembrava essere debole, poiché non riconobbe Adam finché le disse: «Ecco la chiave, Dolly. Posala per me a casa, va bene?».
«Sì certo, ma non entra, Adam? La signorina Mary è in casa e mastro Burge tornerà a momenti; sarebbe felice di avervi a cena, glielo assicuro».
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«No, Dolly, grazie, vado a casa. Buona serata».
Adam si allontanò con passo veloce, con Gyp al seguito, fuori dal
cortile e lungo la strada maestra che dal paese conduce giù alla vallata.
Quando raggiunse la fine del pendio, un uomo attempato a cavallo,
che teneva un bagaglio legato dietro di sé, fermò il destriero appena Adam lo superò, e si girò per gettare un altro lungo sguardo a quel fedele operaio col cappello di carta, braghe di pelle e calze di lana pettinata
blu scuro.
Adam, ignaro dell’ammirazione che stava destando, subito dopo attraversò i campi, ed esplose nel motivo che durante tutto il giorno gli era girato per la testa:
Fa’ che ogni tua parola sia sincera,
la tua coscienza come il chiaro mezzodì;
perché l’occhio di Dio che tutto vede, sorveglia
i tuoi pensieri segreti, le tue fatiche e i tuoi passi.
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II
Il sermone
Verso le sette di sera c’era un’insolita aria di agitazione nel villaggio di
Hayslope e per tutta la lunghezza della stretta strada che dalla locanda
Donnithorne conduce al cancello del cimitero: gli abitanti avevano evidentemente lasciato le loro case per qualcosa di più del piacere di starsene sdraiati al sole del pomeriggio. La locanda Donnithorne si trovava
all’entrata del villaggio, e la fiancheggiavano una piccola aia e un fienile,
che indicavano la vicinanza di un bell’appezzamento di terra. Questa vista dava al viaggiatore la speranza di un pasto caldo per lui e per il suo cavallo, pasto che l’avrebbe consolato dall’impossibilità di decifrare l’insegna, rovinata dalle intemperie, con le araldiche influenze di quell’antica
famiglia, i Donnithorne. Il signor Casson, il proprietario, stava già da
un po’ in piedi sull’uscio con le mani in tasca, dondolandosi sui talloni e
sulle punte, e guardava verso un terreno non recintato con un acero al
centro, che sapeva essere l’ambita destinazione di alcuni uomini e donne dall’aspetto serio che aveva notato passare di tanto in tanto.
Il signor Casson non era affatto quel tipo di persona che può passare
inosservata. Visto di fronte, sembrava fatto principalmente da due sfere, in relazione l’una con l’altra come la terra e la luna: vale a dire che la
sfera più bassa poteva essere, orientativamente, tredici volte più grande
di quella superiore, che eseguiva la funzione di mero satellite e tributa17
rio. Ma la somiglianza terminava qui, perché la testa del signor Casson
non era affatto un satellite dall’aspetto malinconico, né un «globo coperto di macchie», come Milton ha irriverentemente definito la luna; al
contrario, nessuna testa e nessuna faccia poteva apparire più paffuta e
sana, e la sua espressione, confinata principalmente a due guance rotonde e rubiconde, interrotte solo dalla protuberanza del naso e dagli
occhi a malapena accennati, era di gioiosa soddisfazione, temprata solo
da quel senso di dignità personale che solitamente lo contraddistingueva nel suo comportamento e nella sua condotta. Questo senso di dignità
poteva difficilmente essere considerato eccessivo in un uomo che era
stato maggiordomo per quindici anni presso «i signori» e che, nella sua
attuale posizione altolocata, era inevitabilmente a stretto contatto con
i suoi subalterni. Conciliare la sua dignità con la voglia di curiosare, incamminandosi verso il Green, era il problema che passava per la testa del
signor Casson da ormai cinque minuti; ma quando lo aveva in parte risolto, tirando fuori le mani dalle tasche e infilandole nei taschini del
panciotto, inclinando la testa da una parte e dandosi un’aria di sdegnosa indifferenza per tutto ciò che potesse cadere sotto la sua attenzione, i
suoi pensieri vennero distratti dall’avvicinarsi di un cavaliere, che prima
avevamo visto fermarsi per dare un’occhiata al nostro amico Adam, e
che ora si era fermato alla porta della locanda dei Donnithorne.
«Togli il morso e fallo bere, stalliere», disse il viaggiatore al giovane vestito con un camiciotto, che era uscito sul cortile sentendo gli zoccoli.
«Ehi, che sta succedendo nel tuo bel villaggio, oste?», continuò,
scendendo da cavallo. «Sembra esserci una grande confusione».
«C’è una predica metodista, signore. Si dice che una giovane donna
terrà un sermone al Green», rispose il signor Casson con voce stridula e
affannata, in tono leggermente lezioso. «Perché non entra a prendere
qualcosa, signore?».
«No, devo andare a Rosseter. Voglio solo dell’acqua per il mio cavallo. E che cosa dice il vostro pastore, mi chiedo, a una giovane donna che
gli predica proprio sotto il naso?».
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«Padre Irwine, signore, non abita qui; vive a Broxton, su quella collina là. La casa parrocchiale qui è ridotta male, signore, non è adatta a
un gentiluomo. Viene soltanto per la predica la domenica pomeriggio,
signore, e lascia il cavallo. È un cavallo da sella grigio, signore, e gli mette sempre molto fieno. Lo lascia sempre qui, signore, da prima che venissi io alla locanda. Io non sono di queste parti, come avrà capito dal
mio accento, signore. Hanno un dialetto curioso in questo paese, signore; la gente perbene fa una gran fatica a capirli. Io sono cresciuto tra
la gente perbene, signore, e ho imparato a parlare come loro da bambino. Come pensate che la gente di qui dica “non hai?”. La gente perbene, si sa, dice “non hai?”. Be’, la gente di qui dice “non tieni?”. È quello che loro chiamano il dialetto di queste parti, signore. Questo è quello che ho sentito dire molte volte dal cavaliere Donnithorne; è il dialetto, dice lui».
«Sì, sì», disse il forestiero, sorridendo, «lo so molto bene. Ma sicuramente non avrete tanti metodisti qui, in questo posto di campagna.
Non avrei mai immaginato di trovare qualcosa come un metodista,
qui. Voi siete tutti contadini, no? I metodisti difficilmente riescono ad
avere molta presa su di loro».
«Eh, signore, ci sono molti operai qua intorno, signore. C’è il signor
Burge, il proprietario della falegnameria laggiù, che si occupa di un bel
po’ di costruzioni e di riparazioni. E c’è una cava non distante da qui.
C’è molto lavoro da queste parti, signore. E c’è un eccellente gruppo di
metodisti a Treddleston – la città dove c’è il mercato a circa tre miglia
da qui – probabilmente ci sarà passato, signore. Ce ne staranno una
ventina adesso al Green che vengono da là. È da loro che la nostra gente ha appreso il metodismo, sebbene adesso in tutta Hayslope ce ne siano solo due: si tratta di Will Maskery, il carraio, e Seth Bede, un giovanotto che lavora alla falegnameria».
«Allora la predicatrice viene da Treddleston?».
«No, signore, viene dallo Stonyshire, che è a quasi trenta miglia da
qui. Ma è in visita ed è ospite presso il signor Poyser a Hall Farm – quei
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fienili e quei grandi noci, sulla sinistra, signore. È nipote della moglie
di Poyser e loro sono brave persone, ma non tollerano che la nipote si
renda ridicola in quel modo. Ho sentito che non c’è niente che possa
trattenere questi metodisti quando si mettono un’idea in testa: molti di
loro stanno diventando matti per la religione. Però questa giovane donna è abbastanza tranquilla a vederla, da quanto so; ma io non l’ho mai
vista di persona».
«Be’, mi piacerebbe avere tempo per rimanere a vederla, ma devo proseguire. Ho fatto una deviazione di venti minuti per dare un’occhiata a
quel posto nella vallata. È del capitano Donnithorne, suppongo».
«Sì, signore. Chase* è la tenuta dei Donnithorne. Belle querce lì, vero signore? Me ne intendo, signore, perché ci sono stato quindici anni
come maggiordomo. È il capitano Donnithorne l’erede, signore, nipote del cavaliere Donnithorne. Raggiungerà la maggiore età la prossima mietitura, signore, e promette davvero bene. Possiede tutta la terra
qui intorno, signore, intendo il capitano Donnithorne».
«Be’, è un bell’appezzamento, di chiunque sia», fece il viaggiatore
montando a cavallo, «e si incontrano anche dei bei giovani aitanti da queste parti. Ho incontrato un bel giovanotto come non ne ho mai visti in vita mia, circa mezzora fa, prima che salissi la collina – un falegname, un ragazzo alto, dalle spalle larghe, con i capelli scuri e occhi neri, marciava come un soldato. Ci occorrono ragazzi come lui per battere i francesi».
«Sì, signore, è Adam Bede, ci scommetto – il figlio di Thias Bede – lo
conoscono tutti da queste parti. È un ragazzo fuori dal comune e
straordinariamente forte. Dio vi benedica, signore – se mi perdonerà
per quello che sto per dire – può camminare per più di quaranta miglia
in un solo giorno ed è capace di sollevare qualcosa come quattrocento
chili. La gente perbene ha una strana simpatia per lui, signore; il capitano Donnithorne e padre Irwine non fanno che parlare di lui. Ma in
verità è un po’ altezzoso e irascibile».
* Chase da questo momento viene tradotto con ‘tenuta’, ndt.
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«Be’, buona serata a voi, oste; devo proseguire».
«Al suo servizio, signore; buona serata».
Il viaggiatore lanciò il cavallo al galoppo verso il villaggio ma, quando
si avvicinò al Green, la bellezza del paesaggio che si presentava alla sua destra, il singolare contrasto tra i gruppi dei contadini e quello dei metodisti vicino all’acero, e forse ancor più la curiosità di vedere la giovane predicatrice, misero alla prova la sua fretta di finire il viaggio, così si fermò.
Il Green si trovava all’estremità del villaggio; da lì la strada si biforcava: un sentiero conduceva alla collina passando per la chiesa, e l’altro
scendeva dolcemente verso la vallata. Dal lato del Green che portava alla chiesa, la linea irregolare delle case dai tetti di paglia proseguiva quasi fino al cancello d’entrata del cimitero; mentre sul lato opposto, a nordovest, non c’era nulla che ostruisse la vista di prati dolcemente rigonfi, della valle coperta di boschi e delle sagome scure delle colline lontane. Il ricco e ondulato distretto del Loamshire, dove sorge Hayslope,
confina con le terre desolate dello Stonyshire, dominate dalle sue aride colline, come una bella e florida ragazza che cammini sottobraccio a
un fratello robusto, alto e scuro; in due o tre ore di cavalcata il viaggiatore potrebbe passare da una desolata regione senza alberi, attraversata da pietre fredde e grigie, a una regione dove la strada si snoda tra la
foresta, elevandosi di tanto in tanto su colline degradanti, coperte di
siepi, erba alta e folto grano; e ad ogni svolta ci si imbatte in dimore di
campagna antiche ed eleganti nascoste nella vallata o ai bordi del pendio, in qualche casolare tra pagliai e balle di fieno dorate, o in una specie di campanile grigio che si erge da una piacevole confusione di alberi, tetti di paglia e tegole rosso cupo. Era esattamente un’immagine del
genere quella che la chiesa di Hayslope aveva procurato al viaggiatore
quando cominciò a salire sul dolce pendio che conduceva all’altopiano,
e dalla sua posizione vicino al Green aveva davanti a sé, in un unico panorama, tutte le altre tipiche caratteristiche di questa bella regione. Alte contro l’orizzonte si stagliavano le immense cime a forma di cono
delle colline, come giganteschi terrapieni posti a protezione del grano e
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dell’erba dai pungenti e avidi venti del nord; non erano abbastanza distanti dall’apparire vestiti del purpureo mistero ma, con i fianchi verde scuro visibilmente macchiati dalle greggi, il cui movimento era rivelato solo dalla memoria e non percepito dalla vista – corteggiati di
giorno in giorno dallo scorrere del tempo – non reagivano ad alcun
cambiamento, rimanevano sempre tetri e cupi dopo il rossore del mattino, i bagliori alati del pomeriggio d’aprile, lo splendore rosso finale
del tramonto d’estate. E proprio sotto di essi l’occhio si imbatteva in una linea più avanzata di boschi, interrotti qua e là da radure chiare di
pascoli e di campi arati, e ancora privi dell’uniforme coltre fogliosa caratteristica dell’estate inoltrata, mostrando ancora le calde tinte della
giovane quercia e il tenero verde del frassino e del tiglio. Poi c’era la vallata, dove il bosco era più folto, come se fosse rotolato giù in modo frettoloso dalle zone del pendio rimaste lisce, in modo da proteggere meglio l’alta costruzione che innalzava i suoi parapetti ed emanava la sua
foschia azzurra tra di essi. Senza dubbio di fronte a quella costruzione
c’erano un vasto parco e un ampio stagno vitreo, ma il pendio verdeggiante non permetteva al nostro viaggiatore di distinguerli dalla vegetazione del villaggio. Vide invece una facciata anch’essa incantevole: la
calma luce del sole inondava come oro trasparente i fili leggermente
curvati dell’erba appena spigata e dell’alto sauro rosso, e i bianchi ombrelli delle cicute aggrappate alle folti siepi di cespugli. Si era in quel periodo dell’estate in cui il suono della falce ben affilata ci fa indugiare
con lo sguardo sulle chiome fiorite e colorate nei prati.
Avrebbe potuto vedere altre bellezze del paesaggio se solo si fosse girato un po’ verso est, al di là dei pascoli e del bosco di Jonathan Burge,
verso i verdi campi di grano e i noci di Hall Farm; ma evidentemente
trovava più interessante i gruppi di persone che gli erano vicini. Ogni
generazione del villaggio era là, dal vecchio Taft il taciturno, col suo
berretto da notte di lana marrone, che era quasi piegato in due ma che
sembrava forte abbastanza da star saldo ancora sulle proprie gambe, appoggiato al suo bastone corto, fino ai bambini con le loro testoline ro22
tonde penzolanti incappucciate in cuffiette di lino. Di tanto in tanto
c’era un nuovo arrivo; forse un manovale trasandato che, consumata la
sua cena, usciva a osservare l’insolita scena con uno sguardo stupito e
lento, desideroso di ascoltare cosa aveva da dire la gente sulla faccenda,
ma non abbastanza curioso da porre domande. Tutti, però, erano attenti a non mischiarsi ai metodisti al Green, e a non farsi confondere
col pubblico in attesa, perché nessuno di loro voleva correre il rischio di
essere accusato per aver ascoltato «la donna predicatrice»: erano solo usciti per vedere «cosa stesse succedendo». Gli uomini erano radunati
soprattutto nelle vicinanze della bottega del maniscalco. Ma non immaginateli raccolti in gruppo. I contadini non si raggruppano mai;
non sanno cosa voglia dire chiacchierare e sembrano quasi incapaci di
parlare sottovoce, come le mucche o i cervi. Il vero uomo di campagna
volta le spalle al suo interlocutore, facendogli una domanda, come se
volesse sfuggire alla risposta, e si sposta di un passo o due più in là quando termina l’interesse per l’argomento. Perciò il gruppo nei paraggi
della porta del maniscalco non era fitto, e non era di ostacolo alla visuale di Chad Cranage, il maniscalco stesso, che stava dritto con le
braccia scure incrociate appoggiato allo stipite della porta, e che di tanto in tanto rideva di gran gusto alle sue stesse battute, facendo capire a
tutti che le preferiva al sarcasmo di Ben lo smilzo, il quale aveva rinunciato ai piaceri dell’osteria Holly Bush per il gusto di vedere la vita da
un’altra prospettiva. Ma entrambi i modi di fare spirito vennero disprezzati dal signor Joshua Rann. Il grembiule in pelle del signor Rann
e la sua soffusa sporcizia non lasciava alcun dubbio che si trattasse del
calzolaio del villaggio; lo sporgere del mento e del busto e i pollici ruotati sono indizi più sottili, necessari ai forestieri sprovveduti per l’individuazione dell’inserviente. «Il vecchio Joshway», come viene irriverentemente chiamato dai suoi vicini, è profondamente indignato, ma
non ha ancora aperto bocca se non per pronunciare, in tono basso e risonante, come l’accordo di un violoncello: «Sehon, re degli Amorei:
perché la Sua misericordia duri in eterno; e Og il re di Bashan: perché la
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Sua misericordia duri in eterno» – una citazione che può sembrare poco attinente con la presente circostanza ma che, come in tutte le cose
un po’ anomale, con un’adeguata conoscenza si mostrerà perfettamente attinente. Il signor Rann stava tentando di difendere la dignità della Chiesa di fronte alla scandalosa irruzione del metodismo, e nello
stesso modo in cui quella dignità era collegata alla sonora indignazione
delle sue nenie, la sua argomentazione ripeteva la citazione del salmo
che aveva letto la domenica passata.
La curiosità, più forte nelle donne, le aveva spinte proprio al confine
del Green, da dove potevano esaminare più da vicino il costume da
quacchera e lo stravagante portamento delle metodiste. Sotto l’acero
c’era un carro che era stato portato dal carraio per fungere da pulpito,
e intorno erano state piazzate delle panchine e delle sedie. Alcuni metodisti vi si erano seduti, con gli occhi chiusi, come assorti in preghiera o in meditazione. Altri scelsero di restare in piedi, e di rivolgere i volti verso gli abitanti con uno sguardo di malinconica compassione, che
era davvero divertente per Bessy Cranage, la vivace figlia del maniscalco, nota ai suoi vicini come Bess la figlia di Chad, che si domandava come mai quella gente facesse quelle facce. Bess la figlia di Chad era oggetto di peculiare compassione perché i suoi capelli, tirati indietro sotto il copricapo sistemato in cima alla testa, mettevano in risalto un ornamento di cui andava più fiera delle sue guance rosse, e cioè un paio di
orecchini rotondi con falsi granati, ornamenti condannati non solo dai
metodisti, ma dalla stessa cugina e omonima Bess, la figlia di Timothy
che, visto che voleva bene a sua cugina, spesso si augurava che quegli orecchini potessero almeno servirle a qualcosa di buono.
Bess la figlia di Timothy, sebbene mantenesse il titolo di nubile tra i
suoi familiari, era stata a lungo la moglie di Jim il biondo, e possedeva
una bella collezione di gioielli matronali, fra i quali basti menzionare il
pesante bambino che stava tenendo tra le braccia, e il robusto ragazzetto di cinque anni con i calzoni al ginocchio e le gambe rosse, che aveva
un vecchio barattolo di latta legato al collo a mo’ di tamburo e che ve24
niva evitato con cura dal piccolo terrier di Chad. Questo giovane rampollo, conosciuto col nome di Ben, il figlio di Bess la figlia di Timothy,
essendo di indole curiosa, non trattenuto da alcuna falsa modestia era
avanzato oltre il gruppo delle donne e dei bambini, e stava camminando tra i metodisti, guardando in alto verso i loro volti con la bocca spalancata e battendo con un ramoscello sul barattolo, a mo’ di accompagnamento musicale. Ma mentre una delle donne anziane si chinò per
prenderlo dalle spalle con un’aria di severo rimprovero, Ben, il figlio di
Bess la figlia di Timothy, prima cominciò a scalciare con rabbia, poi
corse via a cercare riparo dietro le gambe del padre.
«Piccolo furfante», disse Jim il biondo con un certo orgoglio paterno, «se non tieni fermo quel bastoncello te lo butto via. Che ti viene in
testa di prendere a calci la gente?».
«Su, portalo da me, Jim», disse Chad Cranage, «lo lego e poi lo ferro come faccio con i cavalli. Bene, ecco mastro Casson», continuò
mentre quel personaggio si aggirava intorno al gruppo di uomini. «Come stai stasera? Sei venuto a gemere? Dicono che la gente si metta sempre a gemere quando ascolta i metodisti, come se si scoprissero tutti
cattivi internamente. Voglio lamentarmi forte come ha fatto la tua vacca l’altra notte, così la predicatrice penserà che sono sulla strada giusta».
«Ti raccomando di non dire troppe scemenze, Chad», disse il signor
Casson mantenendo una certa dignità. «Poyser non gradirebbe sapere
che la nipote della moglie è trattata senza rispetto, sebbene non sia
d’accordo con il fatto che predichi».
«Sì, e lei è anche di bell’aspetto», osservò Ben lo smilzo. «Io sono a favore delle belle donne predicatrici; sono sicuro che mi persuaderebbero molto prima degli uomini brutti. Non mi stupirei se mi facessi metodista prima di stanotte e iniziassi a corteggiare la predicatrice, come
Seth Bede».
«Eh, credo che Seth stia mirando troppo in alto», disse il signor Casson. «Ai parenti di questa donna non andrebbe giù se lei si abbassasse
a un falegname qualunque».
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«Ma va’», disse Ben, con una lunga intonazione acuta, «che c’entrano i familiari? Niente. La moglie di Poyser può storcere il naso e dimenticare il passato, ma questa Dinah Morris, mi hanno detto, è stata
sempre povera; lavora in un cotonificio e fa una gran fatica per mantenersi. Un giovane falegname vigoroso, che è già un metodista come
Seth, non sarebbe un cattivo partito per lei. E i Poyser lodano Adam
Bede come se fosse un loro nipote».
«Chiacchiere. Chiacchiere», intervenne il signor Joshua Rann, «Adam e Seth sono due tipi diversi; non puoi metterli sullo stesso piano».
«Forse», disse Ben lo smilzo, sprezzante, «ma Seth mi piace come ragazzo, anche se fosse metodista il doppio. Ci vado proprio d’accordo, lo
derido fin da quando lavoriamo insieme ma, come un agnello, lui non
mi porta rancore. Ed è pure molto coraggioso, perché quando una notte abbiamo visto il vecchio albero andare a fuoco e le fiamme avvicinarsi ai campi, mentre noi tutti spaventati pensavamo fosse uno spirito
malvagio, Seth non esitò un attimo e ci salì sopra con una prontezza da
gendarme. Ma eccolo, sta uscendo da Will Maskery, e c’è pure Will, che
sembra così mite da non poter far male a una mosca. E c’è la donna predicatrice. Caspita, s’è tolta il berretto, mi avvicino un po’».
Molti uomini seguirono Ben, e il viaggiatore spinse il suo cavallo fino al Green, dato che Dinah camminava davanti ai suoi compagni
piuttosto velocemente verso il carro che stava sotto l’acero. Quando era vicino alla figura alta di Seth sembrava piccola ma, quando salì sul
carro ed era lontana da ogni confronto, sembrava al di sopra dell’altezza media delle donne, sebbene in realtà non la superasse affatto – un effetto dovuto alla sua figura snella e alla linea semplice del suo vestito di
stoffa nero. Il forestiero rimase stupito quando la vide avvicinarsi e salire sul carro – una sorpresa dovuta non tanto alla delicatezza femminile del suo aspetto quanto al fatto che ne era totalmente inconsapevole.
Si aspettava di vederla avanzare con passo lento e di osservare una modesta solennità nell’espressione; era sicuro sarebbe arrossita in volto
con un sorriso di consapevole santità, oppure carico di amara condan26
na. Conosceva solo due tipi di metodisti: gli estatici e i biliosi. Ma Dinah camminava con una tale semplicità che sembrava stesse andando al
mercato, e sembrava inconscia del suo aspetto esteriore come un bambino piccolo; non c’era né rossore né tremito che volesse dire: «So che
pensate sia una bella donna, troppo giovane per predicare». Nessuno
sbattere di palpebre, nessun tremore delle labbra, nessuna posa delle
braccia che volesse significare: «Dovete credere che io sia una santa».
Non reggeva alcun libro tra le mani senza guanti, che aveva lasciato lievemente pendenti incrociati davanti a lei, quando si alzò e rivolse i suoi
occhi grigi alla gente. Non c’era nessun ardore negli occhi, i quali sembravano spargere amore piuttosto che fare osservazioni; avevano quell’aspetto limpido che rivela che la mente è piena di ciò che intende comunicare, invece di essere impressionata dagli oggetti esterni. Stava in
piedi con la mano sinistra verso il sole che tramontava e le fronde dei
rami la riparavano dai raggi; ma in quella luce leggera, il delicato colorito del viso sembrava assumere una serena radiosità, come i fiori alla
sera. Aveva un viso ovale, di un uniforme e trasparente chiarore, con una linea dolce che congiungeva la guancia e il mento, una bocca piena
ma decisa, un naso delicato, e la fronte bassa e perpendicolare, sormontata da un arco in cui le lisce ciocche, di un rossiccio chiaro, si dividevano in due. I capelli erano tirati dietro le orecchie e coperti, a parte qualche centimetro sopra la fronte, da un cappellino da quacchera di
pizzo. Le sopracciglia, dello stesso colore dei capelli, erano perfettamente orizzontali e disegnate in modo deciso; le ciglia, sebbene non
fossero scure, erano lunghe e folte; niente sembrava indistinto e incompleto. Il suo viso era uno di quelli che fanno pensare ai fiori bianchi
con leggeri tocchi di colore sui loro candidi petali. Gli occhi non avevano una bellezza peculiare, a parte la loro espressione; sembravano così naturali, così candidi, così solennemente amorevoli, che ogni sguardo accusatorio, ogni leggero sogghigno svaniva di fronte al suo sguardo. Joshua Rann fece un lungo colpo di tosse, come se stesse schiarendosi la voce per arrivare a una nuova comprensione di sé; Chad Crana27
ge si sollevò il berretto di pelle e si grattò la testa, e Ben lo smilzo si domandava come Seth avesse il coraggio di corteggiarla.
«Una donna deliziosa», disse il forestiero tra sé e sé, «ma sicuramente la natura non l’ha fatta per essere predicatrice».
Forse era uno di quelli che pensano che la natura abbia proprietà teatrali e che, con l’intenzione di facilitare l’arte e la psicologia, «crei» i suoi
personaggi affinché non ci possano essere equivoci tra loro. Ed ecco che
Dinah cominciò a parlare.
«Cari amici», disse in voce chiara ma non alta, «preghiamo per una
benedizione».
Chiuse gli occhi e, abbassando leggermente la testa, continuò con lo
stesso tono moderato, come se si stesse rivolgendo a qualcuno molto
vicino a lei.
«Salvatore dei peccatori! Quando una povera donna, oppressa dai
peccati, uscì per andare ad attingere l’acqua, trovò Te seduto al pozzo.
Non ti conosceva, non ti aveva cercato; la sua mente era buia, la sua vita empia. Ma Tu le parlasti, la istruisti, le mostrasti la sua vita rivelata
dinanzi a Te, e ancora fosti disposto a darle quella benedizione che non
aveva mai cercato. Gesù! Tu sei in mezzo a noi e conosci tutti gli uomini; se c’è qualcuno qui come quella povera donna – se le loro menti sono buie, le loro vite empie – se sono usciti non per cercare Te e non desiderano essere istruiti, allora occupati di loro secondo la libera misericordia che mostrasti a lei. Parlagli, Signore; apri le loro orecchie al mio
messaggio; conduci i loro peccati alle loro menti, e fa’ che siano assetati di quella salvezza che Tu sei disposto a donare. Signore! Tu sei ancora in mezzo al Tuo popolo: essi Ti vedono nelle veglie notturne, e i
loro cuori ardono dentro quando parli loro lungo il cammino. Tu sei
vicino a quelli che non Ti hanno conosciuto: apri loro gli occhi perché
possano vederti; vederti piangere per loro e dire: “Voi non verreste a
me, se non aveste la vita”; vederti appeso alla croce e dire: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”; vederti ritornare nella Tua gloria per giudicarli alla fine del mondo. Amen!».
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Dinah riaprì gli occhi e si fermò, guardando il gruppo dei contadini che in quel momento si era radunato alla sua destra.
«Cari amici», iniziò alzando un po’ la voce, «tutti voi siete stati in
chiesa, e penso che avrete udito il pastore leggere queste parole: “Lo
Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha unto per annunciare il Vangelo ai poveri”. Gesù Cristo pronunciò queste parole; egli disse che era venuto a predicare il Vangelo ai poveri: non so se abbiate mai
riflettuto su queste parole, comunque vi racconterò la prima volta che
ricordo di averle sentite. Era proprio una sera come questa, io ero una
ragazzina e mia zia, in quanto mia educatrice, mi portò ad ascoltare un
buon uomo che predicava all’aperto, proprio come noi qui. Ricordo
bene il suo volto: era un uomo molto anziano dai capelli bianchi e lunghi; la sua voce era delicata e magnifica, diversa da qualunque altra voce avessi sentito fino ad allora. Ero una ragazzina, capivo poco, e quest’anziano mi sembrò così diverso da tutti gli uomini che avevo visto
prima che pensai che per predicare a noi fosse sceso dal cielo, quindi
dissi: “Zia, tornerà in cielo stasera, come si vede nei disegni della Bibbia?”. Quell’uomo di Dio era il signor Wesley, che trascorse tutta la sua
vita facendo ciò che fece Nostro Signore – predicare il Vangelo ai poveri – e ottenne il suo eterno riposo otto anni fa. Venni a sapere più su di
lui anni dopo, ma allora ero una sciocca bambina spensierata, e ricordavo solo una cosa che ci disse durante il suo sermone. Ci disse che
Vangelo significa “buona novella”. Il Vangelo, si sa, è quello che la Bibbia ci racconta di Dio. Pensate a questo, adesso! Gesù Cristo è realmente sceso giù dal cielo, come io, da stupida bambina quale ero, credevo avesse fatto il signor Wesley, e il motivo per cui discese fu raccontare ai poveri la buona novella di Dio. Perché voi e io, cari amici miei,
siamo poveri. Siamo cresciuti in povere case di campagna, siamo stati
allevati con pane d’avena e abbiamo vissuto miseramente; non siamo
stati molto a scuola, né abbiamo letto libri, e non sappiamo niente, a
parte quello che ci succede intorno. Siamo esattamente il tipo di persone che vogliono sentire qualche buona notizia. Perché quelli che so29
no benestanti hanno poco interesse nel sentire ciò che accade in luoghi
lontani; ma un pover’uomo o una povera donna in difficoltà, che lavorano duramente per tirare avanti, sarebbero ben contenti di ricevere una lettera che dica loro che c’è un amico disposto ad aiutarli. Sicuramente noi non possiamo fare a meno di conoscere Dio, anche se non avessimo mai ascoltato il Vangelo, la buona novella che ci ha portato
Nostro Signore. Infatti sappiamo che tutto viene da lui; non dite quasi tutti i giorni: “Succederà questo o quello, se Dio vuole” o “Presto inizieremo a tagliare l’erba, se Dio ci vorrà mandare un po’ più di sole?”.
Sappiamo bene che noi siamo completamente nelle mani di Dio: non
siamo venuti al mondo per merito nostro; non potremmo mantenerci
in vita mentre dormiamo; la luce del giorno, il vento, il grano e le mucche da cui prendiamo il latte: tutto ciò che abbiamo viene da Dio. Ci ha
dato le nostre anime, ha messo l’amore tra genitori e figli, tra marito e
moglie. Ma è questo tutto ciò che vogliamo conoscere di Dio? Noi vediamo quanto è grande e potente, e che può fare ciò che vuole: siamo
persi, come se stessimo combattendo in mare aperto, quando cerchiamo di pensare a lui. Ma forse nelle vostre menti avete dubbi come questo: può Dio avere tanto interesse per la povera gente come noi? Forse
ha creato il mondo solo per i grandi, per gli istruiti e per i ricchi. Non
gli costa poi molto darci la nostra piccola porzione di viveri e di panni;
e come possiamo sapere se lui si prende cura di noi tutti più di quanto
noi ce ne prendiamo delle larve e del giardino, nello stesso modo in cui
noi coltiviamo le carote e le cipolle? Dio si prenderà cura di noi quando
moriremo? E può darci un po’ di conforto quando siamo deboli, malati e senza aiuto? Forse, invece, è arrabbiato con noi; altrimenti come
si spiegano le sventure, i cattivi raccolti, la febbre e ogni tipo di sofferenza e problema? Infatti la nostra vita è piena di problemi, e se Dio ci
manda del bene, a quanto pare ci manda anche del male. Come può essere? Come può essere?».
«Ah! Cari amici, abbiamo un triste bisogno di buone notizie su Dio;
e che significano tutte le altre notizie se non abbiamo appreso quelle?
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Poiché tutte le altre cose finiscono, e quando noi moriamo lasciamo
tutto. Ma Dio rimane anche quando tutte le altre cose sono finite. Cosa faremo allora se non è nostro amico?».
Poi Dinah raccontò come fu portata la buona novella, e come il pensiero di Dio riguardo ai poveri fu reso manifesto nella vita di Gesù, soffermandosi sulla sua umiltà e sui suoi atti di misericordia.
«Vedete, cari amici», continuò, «Gesù trascorse quasi tutto il suo
tempo a fare del bene per la povera gente; predicò all’aria aperta, fece
amicizia con i poveri lavoratori; li istruì e soffrì con loro. Non solo, ma
fece del bene anche ai ricchi, perché era pieno di amore per tutti gli uomini, ma si accorse di come i poveri avessero più bisogno del suo aiuto. Così guarì gli zoppi, gli ammalati e i ciechi, compì miracoli per dar
da mangiare agli affamati perché, diceva, provava compassione per loro; fu premuroso con i bambini piccoli e fu di conforto a coloro che avevano perso gli amici; e parlò in modo molto amorevole ai poveri
peccatori pentiti dei loro peccati. Ah! Non amereste voi un uomo simile se lo vedeste – se fosse qui, in questo villaggio? Che cuore gentile
deve avere! Che amico sarebbe se vi trovaste nei guai! Come deve essere piacevole farsi istruire da lui! Bene cari amici, chi era quest’uomo?
Era solo un uomo buono, un uomo molto buono, e niente di più, come il nostro caro signor Wesley, che ci ha lasciato… Era il Figlio di
Dio, “nell’immagine del Padre”, dice la Bibbia; significa proprio uguale a Dio, che è l’inizio e la fine di tutte le cose – il Dio che noi vogliamo conoscere. Perciò tutto l’amore che Gesù mostrò ai poveri è lo
stesso amore che Dio ha per noi. Noi riusciamo a capire quello che
provò Gesù, perché egli venne in un corpo come il nostro, e pronunciò
parole come quelle che ci scambiamo tra noi. Proviamo paura a pensare cosa fosse prima Dio, il Dio che creò il cielo e la terra, le tenebre e
la luce. Non potremo mai vederlo; possiamo vedere solo le opere che
fece; e alcune furono così terribili che ci fanno tremare quando pensiamo a lui. Ma il nostro santo Salvatore ci ha mostrato ciò che è Dio in
un modo che anche la povera gente ignorante come noi riesce a com31
prendere; ci ha mostrato cos’è il cuore di Dio, quali sono i suoi sentimenti per noi. Ma consideriamo in modo più preciso per quale ragione Gesù venne sulla terra. Una volta disse: “Sono venuto a cercare e a
salvare ciò che era perduto”, e un’altra volta: “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori al pentimento”. Coloro che erano perduti… I peccatori! Ah, cari amici, intendeva forse voi e io?».
Per tutto quel tempo il viaggiatore era rimasto, quasi contro il suo
volere, incatenato al suo posto dal fascino dei toni melodiosi e intensi
di Dinah, che avevano una varietà di modulazione propria di uno strumento raffinato suonato con l’inconsapevole maestria di un istinto
musicale. Le cose semplici, disse, sembravano una novità, una melodia
che ci colpisce con una nuova emozione quando la sentiamo cantata
dalla voce bianca di un giovane corista; la calma profondità della persuasione con cui parlava sembrava di per sé una prova evidente della veridicità del suo messaggio. La predicatrice aveva completamente catturato i suoi ascoltatori. I contadini si erano avvicinati di più e sui loro
volti si leggeva una profonda attenzione. Lei parlava lentamente, sebbene in modo abbastanza scorrevole, spesso fermandosi dopo una domanda o prima di passare a un altro argomento. Non cambiava mai posizione, né gesticolava; l’effetto del suo discorso era interamente prodotto dal tono della sua voce; e quando arrivò alla domanda: «Dio si
prenderà cura di noi quando moriremo?», la pronunciò con un tono
così supplichevole che le lacrime arrivarono anche agli occhi dei più
duri. Il forestiero aveva smesso di dubitare di lei, come aveva fatto al
primo sguardo: era riuscita a catturare anche l’attenzione degli ascoltatori più difficili, ma lui ancora si domandava se avesse il potere di suscitare le loro più violente emozioni, cosa che doveva essere una dote
necessaria della sua vocazione di predicatrice metodista. Tale dubbio
svanì quando arrivò alle parole: «Smarriti! Peccatori!», momento in cui
ci fu un grande cambiamento nella voce e nell’atteggiamento. Fece una
lunga pausa prima dell’esclamazione, e la pausa sembrò essere piena di
pensieri agitati che le si leggevano nei lineamenti. Il pallore del suo viso
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si accentuò e gli occhi divennero gonfi, come succede prima di scoppiare in lacrime; e il suo sguardo amorevole assunse un’espressione di
attonita pietà, come se avesse improvvisamente percepito un angelo
sterminatore scendere sulle teste della gente. La sua voce si fece profonda e velata, ma ancora non faceva gesti. Dinah era esattamente l’opposto del tipo comune di predicatore. Non predicava come aveva sentito
predicare altri, ma parlava direttamente delle sue emozioni, ispirata
dalla sua semplice fede.
Poi si abbandonò a una nuova corrente di emozioni. I suoi modi divennero meno calmi e le sue parole più rapide e concitate quando cercò
di far sentire alla gente la loro colpa, le loro tenebre ostinate, il loro stato
di disobbedienza a Dio, e quando si dilungò sull’odiosità del peccato,
sulla santità divina e sulle sofferenze del Salvatore, grazie al quale era stata aperta la via per la loro salvezza. Alla fine sembrava come se, nel suo
bramoso desiderio di recuperare la pecora smarrita, non provasse soddisfazione nel rivolgersi ai suoi ascoltatori come a un’unica entità. Si rivolse prima a uno e poi a un altro, supplicandoli con le lacrime agli occhi di
convertirsi a Dio finché erano ancora in tempo; gli descrisse la desolazione delle loro anime perdute nel peccato, che si nutrivano delle bucce di
questo miserabile mondo, lontano da Dio loro Padre; e poi l’amore del
Salvatore, che aspetta e tiene gli occhi aperti in attesa del loro ritorno.
Ci furono molti sospiri e pianti di risposta provenienti dai suoi compagni metodisti, ma le menti dei contadini non si infiammano facilmente, e una lieve e vaga inquietudine che lentamente bruciava, e che
facilmente poteva estinguersi, fu il massimo effetto che la predica di Dinah aveva prodotto in loro. Ancora nessuno se ne era andato, eccetto i
bambini e il vecchio Taft, talmente sordo da non riuscire a capire la maggior parte delle parole, che era ritornato da un po’ di tempo al suo cantuccio vicino al focolare. Ben lo smilzo si sentiva molto a disagio e quasi desiderava non essere mai venuto ad ascoltarla; pensava che quello che
Dinah aveva detto lo avrebbe in qualche modo tormentato. Eppure non
poteva fare a meno di guardarla e ascoltarla, sebbene temesse di trovar33
si i suoi occhi fissi addosso e che si rivolgesse a lui in modo particolare. Si
era già rivolta a Jim il biondo, che adesso stava reggendo il bambino per
far riposare sua moglie e l’omaccione dal cuore tenero si asciugava alcune lacrime con il pugno, con la confusa intenzione di diventare un ragazzo migliore, di andare meno all’osteria Holly Bush, giù alla cava di
pietra, e di lavarsi meglio la domenica.
Di fronte a Jim il biondo c’era Bess la figlia di Chad, che aveva insolitamente mostrato una tranquillità e un’attenzione costante da quando
Dinah aveva cominciato a parlare. Non che l’argomento del discorso l’avesse catturata dall’inizio, infatti si era distratta domandandosi quale
piacere e soddisfazione ci potesse essere nella vita di una giovane donna
che indossa un cappello come quello di Dinah. Rinunciando a trovare una risposta a questa domanda, iniziò a osservare il naso, gli occhi, la bocca e i capelli di Dinah, e si chiedeva se fosse meglio avere un viso pallido
come quello, o piuttosto guance rosse e paffute e occhi neri come i suoi.
Ma un po’ alla volta l’influsso della solennità generale la contagiò, e inizio a seguire ciò che Dinah stava dicendo. I toni gentili e la persuasione
amorevole la lasciarono indifferente ma, quando arrivarono i richiami
più severi, cominciò a spaventarsi. La povera Bessy era sempre stata considerata una ragazza disobbediente, e lei lo sapeva; se fosse stato necessario comportarsi bene, era chiaro che lei era sulla cattiva strada. In chiesa
non riusciva mai a trovare un posto, a differenza di Sally Rann, e spesso
veniva derisa quando «faceva la riverenza» al signor Irwine. Queste lacune religiose erano accompagnate da una trascuratezza simile per quanto
riguarda i princìpi morali minori, in quanto Bessy apparteneva indiscutibilmente a quella classe trasandata e oziosa di personaggi femminili
con cui si può facilmente avere un’avventura di una notte. Era consapevole di tutto ciò, e fino a quel momento non aveva provato molta vergogna a riguardo. Ma adesso cominciò a sentire qualcosa di insolito, come
se un poliziotto fosse venuto a prenderla per portarla al cospetto della
giustizia per qualche reato non specificato. Aveva una terrificante paura
che Dio, a cui aveva sempre pensato come a qualcuno tanto lontano, fos34
se molto vicino a lei, e che Gesù fosse lì accanto a osservarla, sebbene non
riuscisse a vederlo. Infatti Dinah credeva nelle manifestazioni visibili di
Gesù, cosa comune tra i metodisti, e lo comunicava irresistibilmente ai
suoi ascoltatori; gli faceva sentire che lui si trovava fisicamente lì, e che in
qualsiasi momento avrebbe potuto mostrarsi, in un modo che avrebbe
infuso angoscia e pentimento nei loro cuori.
«Guardate!», esclamò voltandosi verso sinistra con gli occhi fissi su
un punto sopra le teste delle persone. «Guardate dov’è il Nostro Signore benedetto piange e tende le sue braccia verso di voi. Ascoltate cosa
dice: “Quante volte ho cercato di raccogliervi, proprio come la chioccia raduna i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!”… E voi
non avete voluto!», ripeté, con un tono di supplichevole rimprovero,
voltando nuovamente gli occhi verso la gente. «Guardate le ferite dei
chiodi nelle sue care mani e nei suoi cari piedi. Sono i vostri peccati che
li hanno provocati. Ah, com’è pallido e sofferente! Ha sopportato la
terribile agonia nell’orto, quando la sua anima era piena di dolore fino
alla morte, e le grandi gocce di sudore cadevano a terra come sangue.
Gli sputarono addosso, lo flagellarono, lo frustarono, lo derisero, e gli
caricarono la pesante croce sulle spalle ferite. Poi lo crocefissero. Ah!
Quanto dolore! Le sue labbra erano bruciate, e loro lo schernirono ancora in questa grande agonia; eppure con quelle stesse labbra assetate
pregò per loro: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Quindi dense tenebre piombarono su di lui, e provò così quello
che i peccatori provano quando rimangono chiusi per sempre fuori
dalla grazia di Dio. Quella fu l’ultima goccia nel calice dell’amarezza.
“Mio Dio, mio Dio!”, gridò, “perché mi hai abbandonato?”. Egli sopportò tutto questo per voi! Per voi – e voi non pensate mai a lui; per voi
– e voi gli voltate le spalle; non importa cosa ha sopportato per voi. Eppure egli non è stanco di faticare per voi: è risorto dalla morte, prega per
voi alla destra di Dio: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello
che fanno”. Ed è anche su questa terra, è tra noi; è lì vicino a voi adesso, vedo il suo corpo ferito e il suo sguardo d’amore!».
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A questo punto Dinah si voltò verso Bessy Cranage, la cui fiorente
giovinezza e l’evidente vanità l’avevano toccata con pietà.
«Ah! Povera bambina, povera bambina! Ti sta implorando, e tu non
l’ascolti. Tu pensi agli orecchini, ai bei vestiti e ai capelli, e non pensi mai
al Salvatore che è morto per salvare la tua preziosa anima. Un giorno le
tue guance saranno raggrinzite, i tuoi capelli saranno grigi, il tuo povero
corpo sarà appassito e vacillante. Allora comincerai a sentire che la tua anima non è salva; allora dovrai stare dinanzi a Dio vestita dei tuoi peccati, del tuo cattivo carattere e dei tuoi frivoli pensieri. E Gesù, pronto
ad aiutarti adesso, non ti aiuterà poi: poiché non l’hai voluto avere come
tuo Salvatore, egli sarà il tuo giudice. Adesso ti guarda con amore e misericordia dicendo: “Vieni a me e avrai vita”, poi distoglierà lo sguardo
da te, dicendo: “Vai via da me, a bruciare nel fuoco eterno!”».
Gli occhi neri spalancati della povera Bessy cominciarono a riempirsi di lacrime, le sue guance rosse e le sue labbra si fecero completamente pallide, e il viso si deformò come quello di un bambino prima di
scoppiare in lacrime.
«Ah! Povera bambina cieca!», continuò Dinah. «Pensa se dovesse
succedere a te quello che una volta accadde a una serva di Dio nei giorni della sua vanità. Lei pensava ai suoi cappelli di merletto e risparmiava tutto il suo denaro per comprarseli; non si preoccupava di avere un
cuore puro e uno spirito corretto, voleva solo avere merletti più belli
delle altre ragazze. E un giorno, quando provò il suo cappello nuovo,
guardandosi allo specchio vide un volto sanguinante coronato da spine. Quel volto ti sta guardando adesso», e in quel momento Dinah indicò un punto vicino, di fronte a Bessy. «Ah! Strappati di dosso queste
follie! Gettatele via, lontano da voi, come se fossero vipere velenose. Vi
stanno pungendo – stanno avvelenando la vostra anima – vi stanno facendo precipitare in un’oscura fossa senza fine, dove sprofonderete per
l’eternità, sempre più lontano dalla luce e da Dio».
Bessy non riuscì più a trattenersi: fu avvolta da una grande paura e,
strappandosi gli orecchini dalle orecchie, li gettò a terra di fronte a lei,
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singhiozzando rumorosamente. Suo padre Chad ebbe paura di essere
«preso al laccio» come la figlia, dato che l’impressione che scorse nella
ribelle Bess lo colpì come un miracolo, e se ne andò in fretta cominciando a lavorare alla sua incudine, cercando di tranquillizzarsi. «La
gente si deve ferrare come un cavallo, prediche o non prediche. Non
andrò all’inferno per questo», borbotto tra sé e sé.
Ma a quel punto Dinah cominciò a parlare delle gioie che sono in
serbo per chi si pente e a descrivere, nel suo modo semplice, la divina
pace e l’amore che riempie l’anima del credente – come il significato
dell’amore di Dio trasformi la povertà in ricchezza e soddisfi l’anima,
in modo che nessun desiderio sporco la tormenti e nessuna paura la
spaventi: come, infine, la vera tentazione di peccare sia stata eliminata, e il paradiso cominci già sulla terra, perché nessuna nuvola passa tra
l’anima e Dio, che è il suo sole eterno.
«Cari amici», disse alla fine, «fratelli e sorelle, che amo in quanto siete coloro per cui è morto il mio Signore, credetemi, io so cos’è questa
grande beatitudine; e siccome io lo so, voglio che anche voi lo sappiate.
Io sono povera proprio come voi: mi guadagno da vivere con le mie
mani; ma nessun nobile e nessuna nobildonna può essere più felice di
me, se non possiede l’amore di Dio nell’anima. Pensate cosa vuol dire
non odiare niente tranne il peccato, essere pieni di amore per tutte le
creature, non avere paura di niente, avere la certezza che tutte le cose si
trasformeranno in bene; non preoccuparsi della sofferenza, perché è la
volontà del Padre Nostro, sapere che niente – no, anche se la terra prendesse fuoco o le acque ci sommergessero – niente ci può separare dall’amore di Dio, che riempie le nostre anime di pace e di gioia, perché
noi siamo sicuri che ogni suo volere è sacro, giusto e buono. Cari amici, venite e ricevete questa beatitudine, vi viene offerta; è la buona novella che Gesù è venuto a predicare ai poveri. Non è come le ricchezze
di questo mondo, che tanto più uno ha, tanto meno hanno gli altri.
Dio è senza fine; il suo amore è senza fine:
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I suoi torrenti inondano tutto il creato,
così piene sono le riserve;
il necessario per tutti, il necessario per ognuno,
il necessario per l’eternità».
Dinah aveva parlato per almeno un’ora e adesso la luce del tramonto, che cominciava a tingersi di rosso, sembrava conferire maggior enfasi alle sue parole conclusive. Il forestiero, che aveva provato un forte
interesse per tutta la durata del sermone, come se stesse assistendo a
un’opera teatrale – considerato il fascino di tutta quella genuina eloquenza non costruita, che fa scaturire in ognuno il dramma interiore
delle emozioni dell’oratore – girò il cavallo e proseguì il suo viaggio, intanto che Dinah diceva: «Cantiamo qualcosa, cari amici!». E mentre
stava ancora scendendo giù per il pendio, fu raggiunto dalle voci dei
metodisti che si facevano più forti per poi abbassarsi di nuovo, con
quella strana mescolanza di esultanza e di tristezza propria della cadenza di un inno.
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III
Dopo il sermone
Quasi un’ora dopo, Seth stava camminando al fianco di Dinah sul
sentiero cinto dalla siepe di arbusti, tra i pascoli e i verdi campi di grano
che si estendevano tra il villaggio e Hall Farm. Dinah si era tolta di nuovo il cappellino da quacchera e lo teneva in mano, in modo da poter godere più liberamente del fresco del crepuscolo. Seth poteva quindi osservare più chiaramente l’espressione del suo volto e, camminandole
vicino, studiava timidamente le parole da dirle. Era un’espressione di
solennità inconscia e placida, assorta in pensieri che non avevano niente a che fare con quel momento o con la propria personalità: un’espressione che scoraggia fortemente un innamorato. La sua stessa andatura
era scoraggiante: aveva quella scioltezza sicura che non necessitava di
sostegno. Seth lo percepì debolmente, e si disse: «È troppo buona e santa per qualunque uomo, figuriamoci per me», e le parole che aveva appena messo insieme gli svanirono in tutta fretta, prima che potessero
raggiungere la bocca. Ma un altro pensiero gli diede coraggio: «Non c’è
nessun uomo che l’amerebbe meglio di me e che la lascerebbe più libera di seguire l’opera del Signore». Dopo aver finito di parlare di Bessy
Cranage erano rimasti in silenzio per molti minuti; Dinah sembrava
quasi aver dimenticato la presenza di Seth, e il suo passo stava diventando così veloce che il pensiero di essere ormai solo a pochi minuti di
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cammino dal cancello di Hall Farm diede finalmente a Seth il coraggio
di parlare.
«Siete proprio decisa a tornare a Snowfield sabato, Dinah?».
«Sì», rispose Dinah con calma, «sono stata chiamata laggiù. Mentre
meditavo domenica sera ho pensato a quanto sorella Allen, ormai
giunta al tramonto, abbia bisogno di me. La vidi chiaramente, così come vediamo adesso quel pezzo di piccola nuvola bianca, mentre sollevava la sua povera debole mano e mi chiamava. E questa mattina,
quando ho aperto la Bibbia per essere ispirata, le prime parole su cui si
sono posati i miei occhi sono state: “Subito dopo la visione, cercammo
di partire per la Macedonia”. Se non fosse per questo chiaro segno della volontà del Signore, sarei poco decisa a partire, perché il mio cuore
desidera ardentemente rimanere con la zia e i suoi piccoli, e quel povero agnellino smarrito di Hetty Sorrel. Sono stata a lungo in preghiera
per lei ultimamente, e considero questo come un segno che può esserci misericordia per lei».
«Dio lo voglia», disse Seth, «anche se dubito che il cuore di Adam sia
così fermo su di lei da non posarsi mai più su nessun’altra; e tuttavia
non mi piacerebbe se avesse intenzione di sposarla, perché non penso
che lei possa renderlo felice. È un grande mistero il modo in cui il cuore di un uomo si rivolge a una donna trascurando tutte le altre che ha
visto nel mondo, e come per lui sia più facile lavorare sette anni per lei,
come Giacobbe fece per Rachele, piuttosto che avere qualsiasi altra
donna a disposizione. Spesso penso a quelle parole: “Così Giacobbe
servì sette anni per Rachele; e gli sembrarono pochi giorni, tanto era il
suo amore per lei”. So che queste parole sarebbero vere anche per me,
Dinah, se solo voi mi deste la speranza di sposarvi al termine dei sette
anni. So che pensate che un marito vi richiederebbe troppe attenzioni,
perché san Paolo dice: “Colei che è sposata si preoccupa delle cose del
mondo, come fa piacere al marito”; e può darsi mi riteniate troppo
sfacciato a ripetervi queste cose, dopo che sabato scorso mi avete confidato come la pensate. Ma io ci ho ripensato giorno e notte, e ho pre40
gato per non venire accecato dai miei desideri, pensando che ciò che è
bene per me sia bene anche per voi. Inoltre mi sembra che ci siano più
testi a favore del matrimonio di quanti ne possiate trovare a sfavore.
Perché in un’altra parte san Paolo dice, in modo più chiaro possibile:
“Voglio che le più giovani si sposino, abbiano figli, governino la loro
casa e non diano all’avversario nessuna occasione per rimproverarle”,
e ancora: “Meglio esser due insieme che star solo”, e questo concorda
con il matrimonio così come con le altre cose. Perché noi potremmo essere un cuore e un’anima sola, Dinah. Entrambi serviamo lo stesso
Maestro, e stiamo lottando per ottenere gli stessi doni; e io non sarei
mai un marito che vi farebbe richieste che possano interferire con il
compimento dell’opera che Dio vi ha assegnato. Muterei, e baderei a
me stesso sia dentro casa che fuori, per darvi maggiore libertà – più di
quanta ne abbiate adesso, che dovete mantenervi da sola, mentre io sono forte abbastanza da lavorare per entrambi».
Una volta che Seth ebbe iniziato a perorare la sua causa, continuò ardentemente, quasi in fretta, per timore che Dinah lo interrompesse pronunciando qualche parola decisiva prima che avesse tirato fuori tutti gli
argomenti che si era preparato. Mentre andava avanti le sue guance si fecero rosse, i suoi dolci occhi grigi si riempirono di lacrime, e la sua voce
tremò quando pronunciò l’ultima frase. Erano arrivati a uno di quei
passaggi angusti tra due grandi pietre, come si usava nel Loamshire, e lì
Dinah si fermò, si voltò verso Seth e disse, con il suo tono da soprano tenero ma tranquillo: «Seth Bede, vi ringrazio per il vostro amore per me,
e se io riuscissi a pensare a un uomo come più che a un fratello in Cristo
sono sicura che quest’uomo sareste voi. Ma il mio cuore non è libero per
sposarmi. Questo è un bene per le altre donne, ed è una cosa meravigliosa e benedetta essere moglie e madre; ma “come ha detto Dio, come
il Signore ha chiamato ogni uomo, così lasciate che faccia la sua strada”.
Dio mi ha chiamato a servire gli altri, non ad avere gioie e dolori per me,
ma a godere alla gioia di chi gioisce, al pianto di chi piange. Mi ha chiamato a diffondere il suo messaggio, e ha generosamente riconosciuto il
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mio lavoro. Solamente un segno molto chiaro potrebbe portarmi a lasciare i fratelli e le sorelle di Snowfield, che sono stati premiati con pochissimi benefici di questo mondo, che vivono dove gli alberi sono così pochi che anche un bambino può contarli, e la vita in inverno è molto
dura per i poveri. Mi è stato offerto di aiutare, confortare e incoraggiare quel piccolo gregge laggiù, e di far entrare molti vagabondi; e la mia anima è colma di queste cose da quando mi alzo a quando vado a letto. La
mia vita è troppo corta e l’opera di Dio è troppo grande per me per pensare di costruire una famiglia in questo mondo. Non sono stata sorda alle vostre parole, Seth, poiché quando ho capito il modo in cui il vostro amore mi era stato offerto ho pensato fosse stata una guida della Provvidenza affinché cambiassi il mio modo di vivere, e che noi saremmo stati collaboratori nell’aiutare le persone; e l’ho chiesto al Signore. Ma
quando cercavo di immaginarmi il matrimonio e la nostra vita insieme,
mi venivano in mente di continuo altri pensieri – i momenti in cui ho
pregato per i malati e i moribondi, le ore felici delle prediche, quando il
mio cuore era colmo d’amore, e la Parola di Dio mi era stata trasmessa in
abbondanza. E quando ho aperto la Bibbia per cercare ispirazione, mi
sono sempre imbattuta in alcune chiare parole che mi hanno rivelato
qual è il mio lavoro. Io credo a quello che dite, Seth, che voi cerchereste
di essere un aiuto e non un ostacolo al mio lavoro, ma io so che il nostro
matrimonio non è la volontà di Dio: egli ha disegnato il mio cuore in
maniera diversa. Desidero vivere e morire senza marito e senza figli.
Sembra non esserci spazio nella mia anima per i miei desideri e le mie
paure, Dio ha voluto riempire totalmente il mio cuore delle esigenze e
delle sofferenze della povera gente».
Seth era incapace di replicare, così continuarono a camminare in silenzio. Alla fine, quando furono quasi all’entrata del cortile, disse: «Bene,
Dinah, devo cercare la forza di sopportarlo e di essere paziente per vedere
colui che è invisibile. Ma adesso sento quanto è debole la mia fede. Credo che quando sarete andata via, non potrò più gioire di niente. Penso
che quello che sento per voi vada oltre l’amore per le donne, perché anche
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se voi non mi sposaste, sarei contento di poter venire a vivere a Snowfield
e stare vicino a voi. Speravo che il forte amore che Dio mi ha donato verso di voi fosse una guida per entrambi; ma pare sia stato un esame per me.
Forse provo più per voi di quanto dovrei provare per qualsiasi altra creatura, perché non posso fare a meno di citarvi le parole dell’inno:
Se lei appare nelle ombre più scure,
è spuntata la mia alba:
lei è la lucente stella del mattino della mia anima,
e il mio sole nascente.
Forse è sbagliata, e io l’avrei dovuta imparare meglio. Ma vi dispiacerebbe stare con me se le cose andassero in modo tale che io potessi lasciare questo paese e venire a vivere a Snowfield?».
«No, Seth; ma vi consiglio di aspettare pazientemente, e di non abbandonare con tale leggerezza il vostro paese e i vostri parenti. Non fate niente senza un chiaro comando del Signore. È un paese freddo e arido là, non come questa regione del Goshen a cui siete abituato. Noi
non dobbiamo avere fretta di progettare e scegliere il nostro destino;
dobbiamo aspettare di essere guidati».
«Ma lascerete che vi scriva almeno una lettera, Dinah, se ci fosse
qualcosa che abbia piacere di comunicarvi?».
«Sì, certo; avvertitemi se siete in difficoltà. Sarete sempre nelle mie
preghiere».
In quel momento avevano raggiunto il cancello del cortile, allora
Seth disse: «Non entro, Dinah, addio». Si fermò ed esitò dopo che lei
gli ebbe dato la mano, poi aggiunse: «Non voglio insistere, ma può darsi che riuscirete a vedere le cose in modo differente fra un po’. Può darsi che ci sarà una nuova guida».
«Lasciamo stare, Seth. È bene vivere momento per momento, come
ho letto in uno dei libri del signor Wesley. Non tocca né a me né a voi
fare piani, non dobbiamo far altro che obbedire e confidare. Addio».
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Dinah gli strinse la mano e nei suoi amorevoli occhi c’era un po’ di
tristezza, poi attraversò il cancello, mentre Seth si allontanava per tornare lentamente verso casa. Ma invece di prendere la strada più breve
scelse il sentiero che passava per i campi, quello che lui e Dinah avevano appena fatto; e immagino che il suo fazzoletto blu di lino dovesse essere già intriso di lacrime molto prima di decidere di prendere seriamente la strada del ritorno. Aveva soltanto ventitré anni e aveva appena
imparato cosa significava amare – amare con quella devozione che un
giovane ragazzo offre a una donna che ritiene essere più nobile e migliore di lui. È difficile distinguere un amore di questo genere dal sentimento religioso. Quanto è profondo e degno quest’amore? Che sia
per una donna, per un bambino, per l’arte o per la musica. Le nostre carezze, le nostre parole dolci, la nostra tranquilla estasi davanti ai tramonti autunnali, i viali di colonne, l’immobilità calma delle statue, le
sinfonie di Beethoven, tutto ciò ci offre la sensazione di non essere altro
che onde e increspature di un oceano di amore e bellezza: la nostra emozione in un momento più intenso lascia posto al silenzio, e il torrente più grosso del nostro amore scorre veloce oltre i suoi oggetti, e si
perde nel sentimento del mistero divino. Questo dono benedetto di amore estasiante è stato concesso a numerosi umili artigiani fin dalle origini dell’umanità, per questo non dobbiamo stupirci che si trovasse
nell’anima di un falegname metodista mezzo secolo fa, quando c’era
ancora un alone residuo dei tempi in cui Wesley e il suo compagno di
lavoro si nutrivano di cinorrodi e di biancospini delle siepi di Cornwall,
con le membra e i polmoni stremati dopo la fatica di aver portato il
messaggio divino ai poveri.
Quell’alone residuo è svanito da molto tempo; e l’immagine del metodismo che ora tendiamo a creare nella nostra mente non è più un anfiteatro di verdi colline, o l’intensa tonalità delle larghe foglie dei platani, sotto i quali una folla di uomini rozzi e donne dal cuore stanco immerse in una fede che era una rudimentale cultura, che univa i loro
pensieri al passato, elevava la loro immaginazione al di sopra degli spor44
chi particolari delle loro dure vite, e infondeva nelle loro anime la sensazione di una Presenza misericordiosa, amorevole, infinita, dolce come l’estate per i poveri senzatetto. È anche possibile che per alcuni dei
miei lettori il metodismo non significhi niente di più di frontoni ricoperti di pece lungo squallide strade, droghieri tirati a lustro, predicatori scrocconi e un gergo ipocrita – elementi che vengono considerati
un’analisi esaustiva del metodismo in molti quartieri eleganti.
Sarebbe un peccato; sebbene non possa pretendere che Seth e Dinah
siano diversi dai metodisti, certamente non sono quei tipi moderni che
leggono riviste trimestrali e frequentano cappelle con colonnati e pilastri; ma di un genere molto all’antica. Credevano ai miracoli reali, nelle conversazioni improvvise, nelle rivelazioni attraverso sogni o visioni,
trascinavano molte persone e andavano in cerca della guida divina aprendo a caso la Bibbia; avevano un modo letterale di interpretare le
Scritture, non del tutto approvato dai commentatori riconosciuti; perciò è impossibile per me illustrare la loro direzione come corretta, o i loro dettami come liberali. Eppure – se ho letto bene la storia della religione – fede, speranza e carità non si trovano mai in proporzione diretta; ed è possibile, grazie al cielo, avere teorie molto sbagliate ma sentimenti molto nobili. La fetta di bacon di cui si priva la povera Molly, togliendola dalle sue già scarse provviste, per «fermare le convulsioni» al
bambino della sua vicina, può essere un rimedio pietosamente inefficace; ma la gentilezza del buon vicinato così generoso e toccante che ha
ispirato il gesto avrà sicuramente un effetto benefico che non andrà
perduto.
Considerando queste cose, difficilmente possiamo pensare a Dinah
e a Seth con comprensione, abituati come siamo a piangere sulle difficoltà più nobili di eroine con stivali satinati e crinolina, e di eroi in
groppa a focosi destrieri, cavalcati con ancora più focose passioni.
Povero Seth! Non era mai montato a cavallo in vita sua, tranne una
volta, quando da bambino il signor Jonathan Burge lo sollevò e se lo
mise dietro, dicendogli di tenersi stretto; e adesso, invece di galoppare
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nella foresta imprecando contro Dio e contro il destino, camminava
verso casa sotto il solenne chiarore delle stelle, pensando a un modo per
reprimere la tristezza, per fare meno di testa sua, e per vivere di più per
gli altri, come faceva Dinah.
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Indice
LIBRO PRIMO
I. La bottega
II. Il sermone
III. Dopo il sermone
IV. La casa e i suoi dispiaceri
V. Il rettore
VI. Hall Farm
VII. La latteria
VIII. Una vocazione
IX. Il mondo di Hetty
X. Dinah va a trovare Lisbeth
XI. In casa
XII. Nel bosco
XIII. Quella sera nel bosco
XIV. Il ritorno a casa
XV. Le due camere da letto
XVI. Legami
5
7
17
39
47
64
83
97
103
112
119
132
141
154
160
170
184
LIBRO SECONDO
XVII. La storia si prende una breve pausa
XVIII. In chiesa
XIX. Adam in un giorno di lavoro
XX. Adam va a Hall Farm
XXI. La scuola serale e il maestro
LIBRO TERZO
XXII. La festa di compleanno
XXIII. Il pranzo
XXIV. Il brindisi
XXV. I giochi
XXVI. Il ballo
LIBRO QUARTO
XXVII. Una crisi
XXVIII. Un dilemma
XXIX. La mattina dopo
XXX. La consegna della lettera
XXXI. Nella camera di Hetty
XXXII. Il parere della signora Poyser
XXXIII. Nuovi legami
XXXIV. Il fidanzamento
XXXV. Il terrore celato
LIBRO QUINTO
XXXVI. Il viaggio della speranza
XXXVII. Il viaggio della disperazione
XXXVIII. La ricerca
XXXIX. Notizie
XL. La propagazione delle acque amare
XLI. La vigilia del processo
199
201
212
237
244
263
279
281
293
299
308
318
331
333
346
355
364
378
389
400
408
414
421
423
433
447
463
471
482
XLII. La mattina del processo
XLIII. Il verdetto
XLIV. Il ritorno di Arthur
XLV. Nella prigione
XLVI. Le ore della trepidazione
XLVII. L’ultimo istante
XLVIII. Un altro incontro nel bosco
488
494
502
510
521
528
530
LIBRO SESTO
XLIX. A Hall Farm
L. In casa
LI. Domenica mattina
LII. Adam e Dinah
LIII. La cena del raccolto
LIV. L’incontro sulla collina
LV. Il matrimonio
541
543
554
566
579
589
604
610
EPILOGO
615
POSTFAZIONE
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