Fondi neri, in cella le talpe di Baita «Pagate per

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Fondi neri, in cella le talpe di Baita «Pagate per
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VI
Primo Piano
Mercoledì 4 Settembre 2013 Corriere del Veneto
Le inchieste in laguna
Le frodi
e i soldi per
la salvaguardia
Il «servizio» Mirko Voltazza, secondo il gip, anticipava a
L’intelligence Per il gip, Voltazza si avvaleva di una
Baita «eventuali aggressioni da parte di forze dell’ordine
e magistratura, concedendo all’azienda i tempi di
attivazione dei diversi piani di gestione della crisi»
vera e propria «piattaforma di intelligence capace di
generare in sicurezza un flusso continuo di
informazioni mirate al management dell’azionista»
Fondi neri, in cella le talpe di Baita
«Pagate per informarlo e difenderlo»
Figure chiave un vice questore (ed ex assessore) e un titolare di security
Documentato scambio di denaro al Casinò: «C’era un vero contratto»
Le indagini
L’inizio
L’arresto
del manager
Il 28 febbraio scorso la
Finanza ha arrestato
Piergiorgio Baita, ex
presidente di Mantovani.
Secondo l’accusa, Baita aveva
organizzato un sistema di
false fatture per creare fondi
neri. Con lui, finiscono agli
arresti anche il suo direttore
finanziario Nicolò Buson,
l’ad di Adria Infrastrutture
Claudia Minutillo e il broker
William Colombelli
I sospetti
Le accuse
di frode fiscale
Sono accusati di
associazione a delinquere
finalizzata alla frode fiscale.
Bmc Brocker, della quale
Colombelli era titolare,
avrebbe emesso 20 milioni
di false fatture al gruppo
Mantovani dal 2004 (oltre
metà prescritte). La prima a
confessare è Minutillo. Poi
Colombelli e infine Buson.
Solo in seguito è stato messo
ai domiciliari anche
Piergiorgio Baita
I due arrestati
I vicequestore
e l’imprenditore
Ieri è stato arrestato il
vice-questore Giovanni
Preziosa, secondo la Procura
veneta, dietro compenso di
denaro avrebbe fornito agli
indagati informazioni riservate
sullo stato delle indagini e
sulle mosse degli inquirenti.
Insieme a lui nei guai è finito
anche Manuele Marazzi,
titolare di un’agenzia attiva nel
campo della sicurezza che per
gli inquirenti era il tramite tra
la Mantovani e Preziosa.
Gli appalti
Mazzacurati,
l’altro scandalo
Il 13 luglio scoppia il nuovo
caso che stavolta coinvolge
l’ex presidente del Consorzio
Venezia Nuova, Giovanni
Mazzacurati. La finanza dà
esecuzione a 14 ordinanze di
custodia per turbativa
d’asta. L’accusa è di aver
truccato una gara d’appalto
al Porto, e di aver realizzato
un sistema di fatture false da
oltre sei milioni di euro
nelle more dei lavori per il
Mose.
VENEZIA — L’aveva fatto
per tutelarsi, Piergiorgio Baita. Per evitare di finire nuovamente nel mirino della magistratura, esperienza che l’aveva già scottato ai tempi di
«Mani pulite». Si era affidato
a una società, la Italservice di
Mirco Voltazza, affinché gli
garantisse un servizio di controspionaggio sufficiente a
mettere fuori strada investigatori ed inquirenti. I pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini e il colonnello della finanza
Renzo Nisi, titolari dell’inchiesta, avevano capito fin da subito che doveva esserci una
talpa all’interno delle forze
dell’ordine.
Ieri mattina, è stata arrestata: si tratta del vicequestore di
Bologna ed ex assessore An
della giunta di Giorgio Guazzaloca, Giovanni Preziosa.
Stando alle indagini, infatti,
tramite l’imprenditore felsineo Manuele Marazzi, avrebbe fornito informazioni riservate in cambio di denaro e
una promessa di assunzione
come consulente all’interno
del colosso delle costruzioni
Mantovani Spa.
L’accusa per i due bolognesi è di peculato, corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio e
accesso abusivo aggravato a
sistema informatico.
Tra Voltazza e Baita, infatti,
c’era un vero e proprio contratto, come scrive nell’ordinanza di custodia cautelare il
gip Alberto Scaramuzza, firmato il 27 agosto 2012. Con
questo accordo, Baita si assicurava i servigi di Voltazza
che aveva il compito di «anticipare eventuali aggressioni
da parte di forze dell’ordine e
magistratura, concedendo all’azienda i tempi di attivazione dei diversi piani di gestione della crisi con conseguente attività di bonifica ambientale» con l’utilizzo di una vera
e propria «piattaforma di intelligence capace di generare
in sicurezza un flusso continuo di informazioni mirate al
management dell’azionista».
Un contratto che avrebbe portato nelle tasche di Voltazza
un compenso da un 1,3 milioni di euro.
L’imprenditore padovano
si era costituito spontaneamente a marzo. Aveva deciso
di parlare, e i pm l’avevano
ascoltato a lungo nel corso di
quaranta ore di interrogatorio. Un lungo racconto in cui
Voltazza ha permesso agli inquirenti di stanare anche chi,
nel tempo, l’aveva aiutato a organizzare il suo servizio di intelligence. Baita, infatti, con
Bologna non aveva mai avuto
contatti direttamente. Era il
suo collaboratore che si era
avvicinato a Manuele Marazzi, imprenditore nel campo
della sicurezza e titolare di
Eracle Scarl, Ecg Spa e Linkotube Srl. Era stato lui a metterlo in contatto con il vicequestore bolognese.
L’avevano comprato con
162 mila euro (lo scambio era
avvenuto davanti al casinò di
Ca’ Noghera, in assegni, poi
cambiati all’interno della casa
da gioco), un motore fuoribordo da quasi 9 mila euro e una
promessa di assunzione, una
Agli arresti
Il vicequestore Giovanni Preziosa,
arrestato, è stato anche assessore
nella giunta Guazzaloca a Bologna
volta in pensione, all’interno
del gruppo Mantovani con
uno stipendio da consulente
da 150 mila euro all’anno.
In cambio, il commissario
di polizia aveva fatto fare a un
suo funzionario dei controlli
nelle banche dati della polizia
sui precedenti penali di un paio di persone tra cui l’ex editore Ezio Manganaro per poi riferirli a Voltazza. Ma non solo. In un’occasione, infatti, durante un pedinamento di un
altro degli uomini di Baita, Nicolò Buson, che doveva consegnare una tangente, i finanzieri in borghese lo avevano insospettito.
Allora Buson aveva chiamato Voltazza, che con il solito
giro di conoscenze, era riuscito a farsi dare informazioni su
quell’auto che li stava seguendo dal numero di targa. Non
essendo registrata come auto
in uso alle forze dell’ordine,
l’operazione non era andata
in fumo.
Il 18 giugno del 2012, invece, stando alle intercettazioni,
Voltazza e Marazzi si sarebbero fatti consegnare da Preziosa paletta, distintivo e lampeggiante per fingersi poliziotti e
intimidire l’ad di Veneto Strade, Silvano Vernizzi, in maniera da sbloccare una delibera a
proposito dei lavori di spostamento delle vasche della San
Marco Petroli
dall’aerea Alumix di Fusina.
Il manager
Per convincerlo
più potente
gli avrebbero
detto che «poliPiergiorgio Baita.
zia e servizi seL’ex Ad del gruppo
greti l’avrebbeMantovani era
ro protetto a
considerato uno degli
condizione che
uomini più potenti del
la delibera ManVeneto
tovani passasse».
Vernizzi, però, ha smentito
che Mantovani e Veneto Strade avessero degli appalti in
ballo in comune e di aver mai
ricevuto minacce da qualche
sedicente membro delle forze
dell’ordine.
Davide Tamiello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’ORDINANZA E LE INTERCETTAZIONI
La promessa di un incarico in Mantovani
«La tua poltrona in pelle umana è pronta»
VENEZIA — I compensi come «mele». Un linguaggio cifrato ma «chiarissimo», come sottolinea il gip Scaramuzza nell’ordinanza di custodia
cautelare.
LE MELE
Da un poliziotto esperto e
navigato come Preziosa, in effetti, ci si poteva aspettare
forse qualcosa di più fantasioso. In una intercettazione, infatti, è Marazzi a dirgli che
quello che gli spetta è a sua
disposizione. M: «Ascolta,
stavo riflettendo, che quelle
12 mele che hai maturato fino ad adesso, ma ti servono o
le lascio là?» P: «Là dove?
Che ne so io, là dove?». M:
«Sono in Croazia, t’ho detto
la volta scorsa avevi maturato 8 mele e adesso con questa
cosa ne hai maturate 12 totale, altri 4». Quattro, ovvero
quattromila euro, i soldi che
si era guadagnato procurando le informazioni sull’auto
della Finanza che stava seguendo Buson. Soldi che si
aggiungevano agli 8 mila per
le altre due precedenti rivelazioni di informazioni riservate. Compensi che, ovviamente, sono una minima parte di
quello che dovrebbe ottenere
Preziosa dalla sua collaborazione con Mantovani. Quello
che gli interessa di più, chiaramente, è il contratto con la
Mantovani una volta in pensione. Ed è sempre Marazzi a
dargli la notizia che, ormai, è
tutto pronto. M: «Da settembre è già pronto il tuo posto,
dobbiamo studiare». P: «Ah
bene». M: «Un contratto di
consulenza...e c’è già il tuo uf-
ficio presidenziale qua pronto». P: «Di pelle umana?». M:
(ride) «Sedie di pelle umana
quindi ...fai te...va ben?». «Va
bene». Sembra anche piuttosto importante la questione
relativa a quel motore fuoribordo da 9 mila euro. Preziosa ci tiene, ma non vuole tirare troppo la corda. P: «Ma figurati non è mica quella la cosa importante, se devo essere
a debito con lui il motore se
lo tiene». M: «No no ha capito perfettamente com’è la sto-
ria, il motore è già pronto ha
detto te lo vieni a prendere
te».
L’ERRORE
Non fila sempre tutto liscio. Si corre sul filo del rasoio, e Preziosa lo sa. E quando
Voltazza sbaglia il numero di
targa dell’auto da controllare, il commissario chiama Marazzi e va su tutte le furie, sottolineando che lui, in questa
partita, sta rischiando grosso. P: «Quello lì (Voltazza,
ndr) ha sbagliato lui la targa.
Ha sbagliato il tipo di macchina, ha sbagliato tutto!». M:
«Mi ha detto "Ah i numeri
erano 081" ho detto no, tu mi
hai detto, mi hai scritto 031.
"Allora mi sono sbagliato"».
P: «Adesso cazzialo da parte
mia e digli che poi ti chiama
Giovanni, dici, perchè per fare una cosa del genere, uno
fa un reato e non è che uno
può fare un reato perché lui
ha sbagliato numero sennò
lo mando a cagare sul serio».
M: «Esatto, esattamente glie-
la dico quando...». P: «Gliela
dici proprio testualmente:
"Guarda Govanni ti prende e
ti spacca il culo". Ma che cazzo è, rischio di essere denunciato perchè tu hai sbagliato?». M: «Comunque lo cazzio...» P: «Digli che gli costerà caro». M: «L’importante è
che guadagniamo...».
LE INTIMIDAZIONI
Uno dei compiti di Preziosa è intimidire un personaggio che, per qualche motivo,
sarebbe diventato scomodo
L’incursione a Veneto Strade
«Siamo dei Servizi, sblocca la delibera»
Ma Vernizzi smentisce: «Mai incontrati»
VENEZIA — L’avevano chiamata
«Operazione drago». L’obiettivo era
intimidire Silvano Vernizzi,
amministratore delegato di Veneto
Strade, per convincerlo a far approvare
una delibera altrimenti non avrebbe
goduto della protezione «della polizia e
dei servizi segreti». Il materiale era
stato fornito da Preziosa: distintivi,
paletta e lampeggiante. Voltazza e
Marazzi, dopo aver noleggiato una
Lancia Delta all’aeroporto Marco Polo,
si sono diretti a Veneto Strade con il
lampeggiante acceso. L’auto alle 16 del
18 giugno 2012 parte dall’aeroporto. La
paletta e le insegne della polizia sono
quelle del reparto scorte.
L’appuntamento con l’Ad di Veneto
Strade è alle 17.30. In
un’intercettazione, Voltazza dice a un
suo collaboratore che la sceneggiata ha
sortito un certo effetto, tanto che
avrebbe sentito il personale di Veneto
Strade uscire, guardare l’auto con il
lampeggiante acceso e mormorare:
«Guarda, arrestano Vernizzi!». Alle
18.57, è lo stesso Piergiorgio Baita a
chiamare Voltazza per sapere come
fosse andato l’incontro. «Tutto bene
insomma dai — avrebbe risposto
l’imprenditore padovano — va bene
insomma l’ho convinto». Baita,
soddisfatto, risponde: «Bene bene
quindi abbiamo il SAL finale». Marazzi,
invece, racconta l’incontro al solito
Preziosa, curioso di sapere com’è
andata. «Con paletta e secchiello, con
paletta...ragazzi si è impressionato
quando l’ha vista. E comunque domani
ti relaziono bene che ci facciamo due
risate». L’ad di Veneto Strade, Silvano
Vernizzi, in una nota smentisce di aver
incontrato i due emissari di Baita.
«L'impresa Mantovani non ha mai
sottoscritto contratti di appalti con
Veneto Strade, di conseguenza la
Mantovani non ha mai vinto nessuna
gara». «L'amministratore delegato,
Silvano Vernizzi - secondo la nota non ha mai ricevuto minacce di
indagini personali, né riguardanti la
società Veneto Strade e che se le avesse
ricevute si sarebbe rivolto
immediatamente alle autorità
competenti».
D.Tam.
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