Fondi neri, in cella le talpe di Baita «Pagate per
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Fondi neri, in cella le talpe di Baita «Pagate per
Codice cliente: 5849592 2 VI Primo Piano Mercoledì 4 Settembre 2013 Corriere del Veneto Le inchieste in laguna Le frodi e i soldi per la salvaguardia Il «servizio» Mirko Voltazza, secondo il gip, anticipava a L’intelligence Per il gip, Voltazza si avvaleva di una Baita «eventuali aggressioni da parte di forze dell’ordine e magistratura, concedendo all’azienda i tempi di attivazione dei diversi piani di gestione della crisi» vera e propria «piattaforma di intelligence capace di generare in sicurezza un flusso continuo di informazioni mirate al management dell’azionista» Fondi neri, in cella le talpe di Baita «Pagate per informarlo e difenderlo» Figure chiave un vice questore (ed ex assessore) e un titolare di security Documentato scambio di denaro al Casinò: «C’era un vero contratto» Le indagini L’inizio L’arresto del manager Il 28 febbraio scorso la Finanza ha arrestato Piergiorgio Baita, ex presidente di Mantovani. Secondo l’accusa, Baita aveva organizzato un sistema di false fatture per creare fondi neri. Con lui, finiscono agli arresti anche il suo direttore finanziario Nicolò Buson, l’ad di Adria Infrastrutture Claudia Minutillo e il broker William Colombelli I sospetti Le accuse di frode fiscale Sono accusati di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale. Bmc Brocker, della quale Colombelli era titolare, avrebbe emesso 20 milioni di false fatture al gruppo Mantovani dal 2004 (oltre metà prescritte). La prima a confessare è Minutillo. Poi Colombelli e infine Buson. Solo in seguito è stato messo ai domiciliari anche Piergiorgio Baita I due arrestati I vicequestore e l’imprenditore Ieri è stato arrestato il vice-questore Giovanni Preziosa, secondo la Procura veneta, dietro compenso di denaro avrebbe fornito agli indagati informazioni riservate sullo stato delle indagini e sulle mosse degli inquirenti. Insieme a lui nei guai è finito anche Manuele Marazzi, titolare di un’agenzia attiva nel campo della sicurezza che per gli inquirenti era il tramite tra la Mantovani e Preziosa. Gli appalti Mazzacurati, l’altro scandalo Il 13 luglio scoppia il nuovo caso che stavolta coinvolge l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati. La finanza dà esecuzione a 14 ordinanze di custodia per turbativa d’asta. L’accusa è di aver truccato una gara d’appalto al Porto, e di aver realizzato un sistema di fatture false da oltre sei milioni di euro nelle more dei lavori per il Mose. VENEZIA — L’aveva fatto per tutelarsi, Piergiorgio Baita. Per evitare di finire nuovamente nel mirino della magistratura, esperienza che l’aveva già scottato ai tempi di «Mani pulite». Si era affidato a una società, la Italservice di Mirco Voltazza, affinché gli garantisse un servizio di controspionaggio sufficiente a mettere fuori strada investigatori ed inquirenti. I pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini e il colonnello della finanza Renzo Nisi, titolari dell’inchiesta, avevano capito fin da subito che doveva esserci una talpa all’interno delle forze dell’ordine. Ieri mattina, è stata arrestata: si tratta del vicequestore di Bologna ed ex assessore An della giunta di Giorgio Guazzaloca, Giovanni Preziosa. Stando alle indagini, infatti, tramite l’imprenditore felsineo Manuele Marazzi, avrebbe fornito informazioni riservate in cambio di denaro e una promessa di assunzione come consulente all’interno del colosso delle costruzioni Mantovani Spa. L’accusa per i due bolognesi è di peculato, corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio e accesso abusivo aggravato a sistema informatico. Tra Voltazza e Baita, infatti, c’era un vero e proprio contratto, come scrive nell’ordinanza di custodia cautelare il gip Alberto Scaramuzza, firmato il 27 agosto 2012. Con questo accordo, Baita si assicurava i servigi di Voltazza che aveva il compito di «anticipare eventuali aggressioni da parte di forze dell’ordine e magistratura, concedendo all’azienda i tempi di attivazione dei diversi piani di gestione della crisi con conseguente attività di bonifica ambientale» con l’utilizzo di una vera e propria «piattaforma di intelligence capace di generare in sicurezza un flusso continuo di informazioni mirate al management dell’azionista». Un contratto che avrebbe portato nelle tasche di Voltazza un compenso da un 1,3 milioni di euro. L’imprenditore padovano si era costituito spontaneamente a marzo. Aveva deciso di parlare, e i pm l’avevano ascoltato a lungo nel corso di quaranta ore di interrogatorio. Un lungo racconto in cui Voltazza ha permesso agli inquirenti di stanare anche chi, nel tempo, l’aveva aiutato a organizzare il suo servizio di intelligence. Baita, infatti, con Bologna non aveva mai avuto contatti direttamente. Era il suo collaboratore che si era avvicinato a Manuele Marazzi, imprenditore nel campo della sicurezza e titolare di Eracle Scarl, Ecg Spa e Linkotube Srl. Era stato lui a metterlo in contatto con il vicequestore bolognese. L’avevano comprato con 162 mila euro (lo scambio era avvenuto davanti al casinò di Ca’ Noghera, in assegni, poi cambiati all’interno della casa da gioco), un motore fuoribordo da quasi 9 mila euro e una promessa di assunzione, una Agli arresti Il vicequestore Giovanni Preziosa, arrestato, è stato anche assessore nella giunta Guazzaloca a Bologna volta in pensione, all’interno del gruppo Mantovani con uno stipendio da consulente da 150 mila euro all’anno. In cambio, il commissario di polizia aveva fatto fare a un suo funzionario dei controlli nelle banche dati della polizia sui precedenti penali di un paio di persone tra cui l’ex editore Ezio Manganaro per poi riferirli a Voltazza. Ma non solo. In un’occasione, infatti, durante un pedinamento di un altro degli uomini di Baita, Nicolò Buson, che doveva consegnare una tangente, i finanzieri in borghese lo avevano insospettito. Allora Buson aveva chiamato Voltazza, che con il solito giro di conoscenze, era riuscito a farsi dare informazioni su quell’auto che li stava seguendo dal numero di targa. Non essendo registrata come auto in uso alle forze dell’ordine, l’operazione non era andata in fumo. Il 18 giugno del 2012, invece, stando alle intercettazioni, Voltazza e Marazzi si sarebbero fatti consegnare da Preziosa paletta, distintivo e lampeggiante per fingersi poliziotti e intimidire l’ad di Veneto Strade, Silvano Vernizzi, in maniera da sbloccare una delibera a proposito dei lavori di spostamento delle vasche della San Marco Petroli dall’aerea Alumix di Fusina. Il manager Per convincerlo più potente gli avrebbero detto che «poliPiergiorgio Baita. zia e servizi seL’ex Ad del gruppo greti l’avrebbeMantovani era ro protetto a considerato uno degli condizione che uomini più potenti del la delibera ManVeneto tovani passasse». Vernizzi, però, ha smentito che Mantovani e Veneto Strade avessero degli appalti in ballo in comune e di aver mai ricevuto minacce da qualche sedicente membro delle forze dell’ordine. Davide Tamiello © RIPRODUZIONE RISERVATA L’ORDINANZA E LE INTERCETTAZIONI La promessa di un incarico in Mantovani «La tua poltrona in pelle umana è pronta» VENEZIA — I compensi come «mele». Un linguaggio cifrato ma «chiarissimo», come sottolinea il gip Scaramuzza nell’ordinanza di custodia cautelare. LE MELE Da un poliziotto esperto e navigato come Preziosa, in effetti, ci si poteva aspettare forse qualcosa di più fantasioso. In una intercettazione, infatti, è Marazzi a dirgli che quello che gli spetta è a sua disposizione. M: «Ascolta, stavo riflettendo, che quelle 12 mele che hai maturato fino ad adesso, ma ti servono o le lascio là?» P: «Là dove? Che ne so io, là dove?». M: «Sono in Croazia, t’ho detto la volta scorsa avevi maturato 8 mele e adesso con questa cosa ne hai maturate 12 totale, altri 4». Quattro, ovvero quattromila euro, i soldi che si era guadagnato procurando le informazioni sull’auto della Finanza che stava seguendo Buson. Soldi che si aggiungevano agli 8 mila per le altre due precedenti rivelazioni di informazioni riservate. Compensi che, ovviamente, sono una minima parte di quello che dovrebbe ottenere Preziosa dalla sua collaborazione con Mantovani. Quello che gli interessa di più, chiaramente, è il contratto con la Mantovani una volta in pensione. Ed è sempre Marazzi a dargli la notizia che, ormai, è tutto pronto. M: «Da settembre è già pronto il tuo posto, dobbiamo studiare». P: «Ah bene». M: «Un contratto di consulenza...e c’è già il tuo uf- ficio presidenziale qua pronto». P: «Di pelle umana?». M: (ride) «Sedie di pelle umana quindi ...fai te...va ben?». «Va bene». Sembra anche piuttosto importante la questione relativa a quel motore fuoribordo da 9 mila euro. Preziosa ci tiene, ma non vuole tirare troppo la corda. P: «Ma figurati non è mica quella la cosa importante, se devo essere a debito con lui il motore se lo tiene». M: «No no ha capito perfettamente com’è la sto- ria, il motore è già pronto ha detto te lo vieni a prendere te». L’ERRORE Non fila sempre tutto liscio. Si corre sul filo del rasoio, e Preziosa lo sa. E quando Voltazza sbaglia il numero di targa dell’auto da controllare, il commissario chiama Marazzi e va su tutte le furie, sottolineando che lui, in questa partita, sta rischiando grosso. P: «Quello lì (Voltazza, ndr) ha sbagliato lui la targa. Ha sbagliato il tipo di macchina, ha sbagliato tutto!». M: «Mi ha detto "Ah i numeri erano 081" ho detto no, tu mi hai detto, mi hai scritto 031. "Allora mi sono sbagliato"». P: «Adesso cazzialo da parte mia e digli che poi ti chiama Giovanni, dici, perchè per fare una cosa del genere, uno fa un reato e non è che uno può fare un reato perché lui ha sbagliato numero sennò lo mando a cagare sul serio». M: «Esatto, esattamente glie- la dico quando...». P: «Gliela dici proprio testualmente: "Guarda Govanni ti prende e ti spacca il culo". Ma che cazzo è, rischio di essere denunciato perchè tu hai sbagliato?». M: «Comunque lo cazzio...» P: «Digli che gli costerà caro». M: «L’importante è che guadagniamo...». LE INTIMIDAZIONI Uno dei compiti di Preziosa è intimidire un personaggio che, per qualche motivo, sarebbe diventato scomodo L’incursione a Veneto Strade «Siamo dei Servizi, sblocca la delibera» Ma Vernizzi smentisce: «Mai incontrati» VENEZIA — L’avevano chiamata «Operazione drago». L’obiettivo era intimidire Silvano Vernizzi, amministratore delegato di Veneto Strade, per convincerlo a far approvare una delibera altrimenti non avrebbe goduto della protezione «della polizia e dei servizi segreti». Il materiale era stato fornito da Preziosa: distintivi, paletta e lampeggiante. Voltazza e Marazzi, dopo aver noleggiato una Lancia Delta all’aeroporto Marco Polo, si sono diretti a Veneto Strade con il lampeggiante acceso. L’auto alle 16 del 18 giugno 2012 parte dall’aeroporto. La paletta e le insegne della polizia sono quelle del reparto scorte. L’appuntamento con l’Ad di Veneto Strade è alle 17.30. In un’intercettazione, Voltazza dice a un suo collaboratore che la sceneggiata ha sortito un certo effetto, tanto che avrebbe sentito il personale di Veneto Strade uscire, guardare l’auto con il lampeggiante acceso e mormorare: «Guarda, arrestano Vernizzi!». Alle 18.57, è lo stesso Piergiorgio Baita a chiamare Voltazza per sapere come fosse andato l’incontro. «Tutto bene insomma dai — avrebbe risposto l’imprenditore padovano — va bene insomma l’ho convinto». Baita, soddisfatto, risponde: «Bene bene quindi abbiamo il SAL finale». Marazzi, invece, racconta l’incontro al solito Preziosa, curioso di sapere com’è andata. «Con paletta e secchiello, con paletta...ragazzi si è impressionato quando l’ha vista. E comunque domani ti relaziono bene che ci facciamo due risate». L’ad di Veneto Strade, Silvano Vernizzi, in una nota smentisce di aver incontrato i due emissari di Baita. «L'impresa Mantovani non ha mai sottoscritto contratti di appalti con Veneto Strade, di conseguenza la Mantovani non ha mai vinto nessuna gara». «L'amministratore delegato, Silvano Vernizzi - secondo la nota non ha mai ricevuto minacce di indagini personali, né riguardanti la società Veneto Strade e che se le avesse ricevute si sarebbe rivolto immediatamente alle autorità competenti». D.Tam. © RIPRODUZIONE RISERVATA