machiavelli espresso 5

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machiavelli espresso 5
Anno I - Numero V - Maggio 2014
Indice
Africa: una storia tutta da scrivere
di IACOPO COTALINI
P. 4
Ruanda: storia di un genocidio
di MATTEO ANASTASIO
P. 6
Nigeria: un paese tormentato
di MATILDE DAL CANTO
P. 8
Gli Europei nel continente nero
di GIOVANNI GIANNINI
P. 10
Earth Day
di MIA MARTINEZ
P. 12
Il Confronto: Sperimentazione sugli animali
di ALICE MELOSI e IACOPO COTALINI
P. 13
Falcone è morto, la mafia no
di ALESSANDRO MARCHETTI
P. 14
Il degrado anche dietro l’angolo: le carceri
di RACHELE PELLEGRINI
P. 16
Eyes wide shut
di SILVIA GIORGETTI
P. 18
Ritratti: Liam Neeson
di DAVIDE INNOCENTE
P. 20
La grande bellezza
di MARCO RIDOLFI
P. 22
Ultime Uscite
P. 24
Lacrima di Luce
Di CHIARA BARTOLI
P. 25
Fantaoroscopo
Di MADAME GIOBERTA
P. 26
Giochi
P. 27
22
12
Attualità
PRIMO PREMIO PER I CONTENUTI
D
opo un lungo periodo di attesa è
uscito anche il
quinto numero del
giornalino scolastico, nonché
l’ultimo di quest’anno. Non
siamo riusciti a rispettare sempre quella cadenza mensile che
ci eravamo prefissi ma cinque
numeri, tutto sommato, non
sono pochi. Non sembra ma
dietro ventotto pagine di carta
stampata c’è dietro la collaborazione non solo di chi contribuisce scrivendo articoli ma
anche di chi, come professori,
li corregge (e talvolta li boccia), di chi, come il tecnico di
laboratorio, aiuta in fase di
impaginazione (e pure ad anda-
re a ritirare un premio), o di
chi, come il bibliotecario,
stampa personalmente le copie
con il ciclostile. Per non parlare poi di quelli che lo leggono,
ci dicono le loro impressioni e
ci supportano (oppure no).
Tanto il tempo impegnato, ma
non è stato, io credo e spero,
tempo perso. Una soddisfazione per noi e per la scuola è
arrivata vincendo il Primo
Premio per i contenuti al concorso nazionale per giornalini
scolastici “Carmine Scianguetta”, a cui avevamo partecipato
inviando un paio di copie del
numero tre. Ardua è stata l’impresa di una parte della Redazione di andare a ritirare il
premio, niente poco di meno
che ad Avellino, e la sorpresa è
stata, se così si può dire, che
sulla coppa sia il nome del
giornalino sia quello della
scuola (per coerenza, ovviamente) è stato scritto con due
“c”. Il Macchiavelli colpisce
ancora. Ma se dovessimo fare
un bilancio di questo primo
anno di pubblicazione, nonostante le difficoltà, noi lo riteniamo più che positivo e speriamo di poter continuare l’anno prossimo. Per ora, ci fermiamo con quest’ultimo numero.
Buona lettura
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Cultura e Società
AFRICA: UNA STORIA
M
algrado l’elevato
livello di civiltà
raggiunto dagli
stati più ricchi
del globo, temo non si possa
definire “civile” una società, la
quale abbandona in estrema
povertà, o addirittura sfrutta a
proprio vantaggio, stati frammentati, reduci da cruente
guerre civili, talvolta finanziate
dalle nazioni benestanti, senza
dare segnali concreti di svolta.
Come risulta, infatti, dalle
ricerche dell’associazione statunitense “Freedom House”,
ben quattro paesi, appartenenti
all’Africa centrale, compaiono
nella lista dei dieci luoghi al
mondo peggiori quanto a rispetto dei diritti umani e delle
libertà civili. Tutti e quattro
hanno vissuto una storia simile,
caratterizzata dal violento predominio dei signori della guer-
4
ra, dalla completa perdita di
qualunque diritto di espressione e di scelta. Tuttavia due di
questi, più precisamente la
Repubblica Centrafricana e
la Somalia, stanno
cercando di attuare, la prima
con la neopresidente
Catherine SambaPanza e
la seconda
con il
moderato Hassan
Sheik Mohamud,
un
processo di rinascita sotto ogni punto di vista.
Entrambi sono, infatti, reduci
da lotte intestine dovute a bro-
gli elettorali e corruzione, attraverso i quali i loro predecessori hanno devastato il proprio
paese, volgendo ogni politica
verso l’arric-
chimento
personale.
Tutt’altra
sorte hanno
vissuto, e vivono tuttora, la
Guinea Equatoriale e l’Eritrea, poiché
sono dominate, da più di
vent’anni,
dagli
stessi
partiti-esercito,
così chiamati per
le dure repressioni
effettuate nei confronti di coloro i
quali osano opporglisi. Addirittura, l’Eritrea, controllata dal
Cultura e Società
A TUTTA DA SCRIVERE
“Fronte Nazionale per la Democrazia e la Giustizia”, vieta
qualunque tipologia di stampa
privata, incarcerandone e giustiziandone gli esponenti. Non
è ovviamente possibile imputare tali situazioni ad un solo
denominatore comune, bensì
appare necessario sottolineare
varie e molteplici cause, spesso riconducibili alle forti
influenze delle nazioni
straniere. Il colonialismo europeo si è
spinto nel continente africano,
poiché
consapevole
delle
infinite risorse
e ricchezze
di cui era
gravido, ponendo sotto il proprio
controllo molti stati,
ai quali è stata, dunque, negata per
diversi secoli la
possibilità di evolvere in qualunque
settore verso più elevati livelli di civiltà.
Nonostante il corso degli
eventi abbia portato alla
formale espulsione dei governi
coloniali, di fatto, questi hanno
continuato a condizionare
pesantemente le neonate forme
di democrazia, dominate, appunto, da cruenti despoti privi
di scrupoli e spesso determina-
ti ad accrescere
il proprio potere
o quello della
propria
tribù.
Benché apparentemente
possa sembrare
una situazione
tragicamente
irrecuperabile,
in realtà sono
presenti importanti segnali di
sviluppo. Infatti,
in molti stati
stanno formandosi
società
cooperative
grazie, soprattutto, alla consapevolezza
di
possedere dei
diritti da parte
dei
cittadini
stessi, che ,
sovente, rientrano nella categoria di coloro i quali hanno
vissuto e lavorato nelle nazioni
estere e sono, poi, tornati nei
propri paesi d’origine. Inoltre,
giova ricordare l’istituzione di
un parlamento panafricano a
capo del quale è stata posta
addirittura una donna, Gertrude Monella, sancendo così,
non solo una ritrovata unità
continentale, ma compiendo
anche un importante primo
passo verso l’uguaglianza tra i
sessi. Analizzando, dunque,
questi dati, ritengo che l’Africa possa crescere in ogni settore, arrivando ad eguagliare ed,
in un ben più roseo futuro,
superare l’elevato livello di
civiltà raggiunto dalle nazioni
straniere benestanti. Come ci
dimostra, infatti, la storia mondiale, è dalla sofferenza, dalle
situazioni disagiate e tutt’altro
che opulente, che il genere
umano rinasce, ardendo di una
rinnovata voglia di rimettersi
in gioco, attraverso la quale
esso potrà risplendere sotto
ogni punto di vista: economico, politico e sociale.
Iacopo Cotalini I A LC
5
Cultura e Società
P
rima dell’arrivo degli
europei il Ruanda era
uno stato centralizzato: vigeva un sistema
feudale che prevedeva una
classe privilegiata, che faceva
riferimento al re, e un’altra (la
maggior parte della popolazione), che reperiva la forza lavoro, principalmente allevatori o
contadini.
A queste due classi sociali
corrispondeva una leggera
sfumatura etnica: la classe
privilegiata era quella dei Tutsi, di quella sottomessa facevano parte gli Hutu. Non bisogna però intendere questa diversificazione come così rigida
e netta: Hutu e Tutsi condividevano la stessa lingua e le
stesse tradizioni, così come
erano accettati i matrimoni
misti. Finché arrivarono prima
i tedeschi, cui il re si arrese
dopo una tenace ma
vana resistenza e
poi, dopo la prima
guerra mondiale, i
belgi.
Appena i belgi
entrarono in contatto con la popolazione ruandese si accorsero di questa
sua organizzazione
e riuscirono immediatamente a volgerla a proprio favore: in linea con le
teorie
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RUANDA: STORIA
scientifiche razziste dell’epoca
attribuirono ai Tutsi una discendenza camitica e li considerarono come loro preziosi
alleati naturali da coinvolgere
nella colonizzazione a discapito degli hutu, gente rozza e
volgare. In questo modo, operando scelte gravide di disastrose conseguenze, inasprirono notevolmente i rapporti tra
le due classi e provvidero a
integrare nel documento d’identificazione di ciascun ruandese un’indicazione che svelasse l’etnia di appartenenza.
Successivamente, intorno al
1960, sulla scia dei movimenti
indipendentisti africani, il
Ruanda cominciò a rivendicare la propria autonomia statale
e gli Hutu la loro libertà, e
questo portò alla cosiddetta
“rivoluzione sociale”, che
coincide con la ribellione degli
hutu, l’uccisione e l’emigrazione di moltissimi Tutsi, la caduta della monarchia, l’indipendenza (1962) e l’instaurazione
di un regime dittatoriale hutu
capeggiato, a partire dal 1972,
da Juvénal Habyarimana.
Di conseguenza la situazione si
stabilizzò relativamente per
circa una ventina d’anni, finché
negli anni novanta del secolo
scorso il regime cominciò ad
accusare i primi colpi, con
l’avvento a livello politico
dell’FPR (Fronte patriottico
ruandese), partito prevalentemente sostenuto da esuli tutsi.
Nello stesso momento (1990),
il presidente francese Mitterrand annuncia che gli aiuti
economici francesi all’Africa
saranno indirizzati a quei paesi
che promuoveranno un pluralismo politico. Allora Habyarimana, conscio dell’importanza
dei sussidi, consente la nascita
Attualità
DI UN GENOCIDIO
di nuovi partiti, ma allo stesso
tempo richiede sostegno militare francese per fronteggiare
l’incombente
minaccia
dell’FPR.
Ma nel frattempo i partiti di
opposizione si sono velocemente affermati in Ruanda e
sull’MRND (Mouvement révolutionnaire national pour le
développement, la coalizione
del dittatore), non più protetto
dalla censura, piovono pesanti
critiche che costringono il
presidente ad andare alla ricerca di nuovi consensi che si
riesce a trovare deviando tutta
l’insoddisfazione
popolare,
volta in odio, contro l’FPR e la
minoranza tutsi. Allora il fronte inizia una guerra di logoramento che induce Habyarimana, nel 1993, a firmare gli
accordi di Arusha, che impongono la possibilità d’intervento
tutsi nel governo del Ruanda.
Mentre però Habyarimana è di
ritorno da un colloquio di pace,
il 6 aprile 1994, l'aereo che lo
sta trasportando viene colpito
da missili e abbattuto, e immediatamente tutti i rancori covati
dagli estremisti hutu trovano
sfogo nel genocidio di moltissimi Tutsi e migliaia di Hutu
moderati.
Per 100 giorni vengono uccise
cinque persone al minuto, per
un totale di 800.000 vittime,
nell’indifferenza dei media
internazionali.
Su
“Internazionale", si riporta uno
studio dell'Unicef del 1995
secondo cui "il 100% dei bambini ruandesi aveva assistito a
violenze, l’88% aveva visto
cadaveri o membra umane, e il
62% era stato minacciato di
morte. Nove su 10 avevano
pensato che sarebbero morti”.
E questo accadeva mentre i
giornali tutto il mondo festeggiavano la fine dell’Apartheid
in Sudafrica, perciò sottovalutarono vergognosamente le
scarse notizie che arrivavano
dal Ruanda, credendo si trattasse ancora una volta di una
“guerra tribale”.
E pure l’ONU che secondo gli
accordi di Arusha avrebbe
dovuto vigilare sul delicato
passaggio da un regime autoritario a una democrazia ignorò i
ripetuti allarmi di Dallaire,
capo del contingente in Ruanda, che con insistenza denunciò quelli che erano gli evidenti segnali di una tragedia annunciata.
La fine del genocidio coincise
con l’intervento di un contingente francese supportato
dall’ONU che impedì, avendo
il fronte conquistato il Ruanda,
che si consumasse un’altra
sanguinosa vendetta.
Da allora fino ad oggi il fronte
è rimasto al potere e attualmente alla sua guida presiede
Paul Kagame, al momento
dell'insediamento
ministro
della difesa.
Sotto la sua guida il Ruanda è
cresciuto dell'8% negli ultimi
cinque anni, è riuscito a dimezzare la mortalità infantile e
oggi in parlamento ruandese
vanta la percentuale di donne
più alta al mondo (64%): a uno
sguardo distratto sembra che
tutto vada a gonfie vele, ma
pare che lo stesso presidente,
amato dagli occidentali perché
testimone dei risultati che si
possono ottenere in Africa
grazie agli aiuti internazionali,
non si faccia scrupoli nel reprimere con forza ogni tipo di
dissenso e nell’eliminare i
propri avversari politici o
chiunque dissenta dalla sua
linea.
Tutto ciò potrebbe portare ad
un nuovo inasprimento dei
conflitti razziali in un paese
sovrappopolato, dove la tensione nuovamente troppo a lungo
repressa potrebbe sfociare in
altre terribili violenze e, mentre noi continuiamo a essere
all'oscuro di tutto questo (a
distanza di vent’anni l’interesse mediatico sull’Africa, almeno in Italia, non sembra essersi
poi così tanto incrementato) la
Repubblica Centrafricana precipita nel caos…
Vent’anni dopo, di fronte a
vittime ruandesi che sono definite “prigionieri della memoria" noi, liberi di ricordare o
ignorare tutto quanto, sapremo
scegliere?
Matteo
Anastasio
I C LC
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Attualità
NIGERIA: UN PAESE
N
elle ultime settimane il rapimento di
oltre 200 studentesse, fra i 15 e i
18 anni, quasi tutte cristiane,
avvenuto in aprile in una scuola femminile di Chibok, nel
nord-est della Nigeria, ad opera
del gruppo estremista islamico
Boko Haram, ha portato all’attenzione del mondo la realtà di
questo paese. La Nigeria è una
federazione di 36 stati e 250
gruppi etnici, con circa 160
milioni di abitanti divisi quasi
a metà fra cristiani che vivono
nel Sud, più ricco ed evoluto e
musulmani che vivono nel
Nord, più povero e arretrato.
E’
il paese più popoloso
dell’Africa e, secondo gli ultimi dati, anche
la prima economia del continente: infatti,
nel 2013 il suo
PIL ha superato di gran lunga
quello del Sudafrica. E’ il
maggiore produttore continentale di petrolio, ma è
anche il paese
dove oltre il
60% della popolazione vive
con meno di 2
dollari al giorno. E’ un paese
che
presenta
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molte contraddizioni e dove la
miseria, la povertà, l’insicurezza sono ancora ampiamente
diffuse e unite alla fragilità
delle istituzioni politiche favoriscono la nascita di
movimenti estremisti, come il gruppo islamico Boko Haram, attivo da oltre un decennio nel
nord-est, la parte più povera
della Nigeria, e che da oltre un
decennio semina morte e terrore. In particolare dal 2009 il
gruppo sta conducendo una
sorta di “ guerra santa”, contro
il governo centrale per ottenere
la secessione e imporre nel
paese la “sharia”, la legge islamica integralista. Le ragazze
rapite, come ha affermato in un
primo video il leader del grup-
po, saranno vendute come
schiave
oppure saranno
“sposate a forza”. Alcune voci
non ufficiali sostengono che
alcune sono già state vendute
come spose per 12 dollari in
Ciad e in Camerun. Il gruppo
vuole impedire alle ragazze di
studiare, di emanciparsi; infatti
il leader del gruppo nel video
sopra citato ha affermato che le
donne sono fatte per diventare
mogli - a 12 o anche a 9 anni –
e non per studiare. Sembra che
la colpa di queste giovani, sia
stata appunto quella di studiare
e di seguire corsi di lingua
inglese, legame con la cultura
occidentale, con la quale non
deve esserci nessun contatto. Il
nome stesso del gruppo estre-
Cultura e Società
TORMENTATO
mista Boko Haram
significa
“l’educazione occidentale è proibita”.
Il presidente nigeriano,
accusato
dall’opinione pubblica di avere reagito con estrema
lentezza di fronte al
sequestro, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale, in particolare
agli Stati Uniti, per
riportare le ragazze
a casa; oggi, nelle
ricerche sono impegnati
esperti
dell’intelligence
americana, britannica, francese e cinese.
Si è creata una mobilitazione generale e Malala,
la studentessa pakistana
aggredita dai talebani
che le volevano impedire di andare a scuola e
diventata simbolo del
diritto all’istruzione, ha
dato il via a una campagna twitter con l’hastag
#BringBackOurGirls,
sostenuta da tantissimi
personaggi del mondo
della politica, dell’arte e
della cultura, nella speranza di riuscire ad esercitare una maggiore
pressione sulle autorità
nigeriane, affinché le
ragazze vengano restituite alle loro famiglie.
Negli ultimi giorni è stato
inviato un secondo video in cui
si vedono un centinaio di ragazze, che dovrebbero essere
le studentesse, vestite con
lunghe tuniche scure, con il
solo volto scoperto, sedute per
terra a pregare e a leggere il
primo capitolo del Corano; due
di loro con occhi inespressivi
raccontano di essersi convertite all’Islamismo. Il leader del
gruppo poi afferma che le
ragazze saranno liberate in
cambio del rilascio dei prigionieri del gruppo. Il governo
sembra pronto ad avviare le
trattative; inoltre il presidente
nigeriano ha chiesto al Parlamento di votare il prolungamento di 6 mesi dello stato di
emergenza ( in vigore dal mag-
gio 2013) nel nord-est , regione dove sono state rapite le
liceali e dove più intensa è
l’azione terroristica del gruppo
Boko Haram che sembra che
dall’inizio dell’anno abbia
causato la morte di circa 2000
persone. E’ una situazione
drammatica che il rapimento
delle studentesse ha posto
all’attenzione internazionale.
Matilde Dal Canto IV A LC
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Cultura e Società
I
GLI EUROPEI
NEL CO
perfidi aguzzini o
mmenso. Solo questo aggettivo può
descrivere efficacemente il peso che la
presenza e il dominio
degli europei hanno avuto
sulla storia africana. Inutile dire che ci vorrebbero
interi trattati per enumerare le conseguenze causate
dal colonialismo occidentale nel continente nero.
Ma può essere utile e
interessante
analizzare
alcuni aspetti fondamentali di questo lungo processo storico, attraverso varie no poco curandosi delle esidomande e le relative risposte. genze degli indigeni. Le attuali
nazioni africane non sono altro
Quali sono state le conse- che il risultato di quella spartiguenze negative del coloniali- zione imposta e non spontanea,
causa di numerose guerre civismo?
Gli europei iniziarono a pren- li. Un caso emblematico è
dere possesso dei territori quello del Ruanda. Territorio
dell'area subsahariana in un inizialmente tedesco, in seguito
momento
importantissimo
nella storia degli autoctoni.
Infatti, le numerose tribù che
fino ad allora si erano fatte
vicendevolmente guerra stavano cominciando a riunirsi in
grandi monarchie nazionali,
proprio come era accaduto nel
Vecchio Continente durante il
Medioevo. Le varie stirpi nomadi avevano iniziato a fondare villaggi stanziali e, per la
raccolta di nuove risorse, a
preferire il commercio e l'agricoltura alla guerra. Tutto ciò
venne spazzato via dai Paesi
nostrani, che si spartirono il
territorio africa-
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belga, in Ruanda furono
costrette a convivere
due popolazioni rivali, i
Tutsi e gli Hutu, che
ormai da due decenni
sono impegnate in un
conflitto che ha raggiunto picchi di violenza disumani. Ma si
potrebbero citare decine
di situazioni simili.
L'impossibilità, da parte
degli africani, di sviluppare una sensibilità
culturale moderna, è
probabilmente una delle
conseguenze più durature
dell'imperialismo nostrano.
Ci sono state conseguenze
positive del colonialismo? Se
sì, quali?
Nel corso della storia ci sono
stati vari difensori del colonialismo, che hanno portato vari
Cultura e Società
ONTINENTE
NERO
portatori di civiltà?
argomenti a favore dello stes- come il tabacco. Procedimenti rebbe stato meglio se il coloso. Gli europei avrebbero po- simili vengono seguiti anche nialismo non ci fosse mai stasto fine alle varie dilanianti per le miniere e la fabbriche, to. Tutto ciò che accade nella
guerre intestine, portando
Storia è necesla pace. Costruirono inolsario, nel senso
tre strade e ospedali, tutt'oche non poteva
ra utilizzati dai governi
accadere quallocali, incapaci di creare
cosa di diverso
nuove infrastrutture. Un
da ciò che
altro contributo positivo è
accaduto,
e
stato sicuramente l'istruquesto
con
zione: la creazione di unitutte le conseversità e la demistificazioguenze, positine (riuscita, in realtà, solo
ve e negative,
nelle classi più agiate)
che un avvenidelle antiche pratiche sumento si porta
perstiziose
barbariche
dietro. Ciò che
sono state fondamentali, in
possiamo fare è
Africa, per lo sviluppo di
chiederci qual
un desiderio di indipenè l'attuale sidenza e di riscatto culturatuazione e, in
le, sorto nel XX secolo.
caso,
cosa
poter fare per
migliorarla. E'
Il colonialismo è davvero
arrivato il mofinito?
La risposta a questa
mento di svidomanda è piuttosto
luppare
una
complessa, poiché samaggiore corebbe più corretto dire
scienza umana
che si è trasformato. Ne è un dove spesso lavorano minoren- e mondiale, e cercare di capire
esempio il fenomeno del ni. Spesso gli sfruttatori stra- cosa accade veramente nel
land grabbing (“arraffando nieri sono aiutati dalle corrotte resto del mondo, o possiamo
la terra”), tanto caro a varie autorità locali, o anche da vari continuare vivere le nostre
multinazionali. In pratica, imprenditori e corporazioni vite, curando solo il nostro
gli imprenditori comprano criminali del posto. Il colonia- piccolo giardino?
un appezzamento di terreno, lismo occidentale non è quindi
dove fanno lavorare gli realmente finito, ma piuttosto Giovanni Giannini II C LC
abitanti locali, pagandoli si è evoluto, adattandosi all'atuna miseria e imponendo tuale situazione internazionale.
loro un regime di monocoltura, spesso riguardante un ...conclusioni?
prodotto non alimentare e Da un punto di vista storico, ha
facilmente
smerciabile, poco senso affermare che sa-
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11
Attualità
"
EARTH DAY
una questione di sopravvivenza
" utte le persone, a preT
scindere dall'etnia, dal
sesso, dal proprio reddito o provenienza geografica, hanno diritto ad un ambiente sano, equilibrato e sostenibile."
22 aprile 1970. Mossi da questo
principio, milioni di americani,
da New York al Texas, si mobilitarono per manifestare a difesa
della Terra. Dall'unione e collaborazione di studenti, ecologisti,
scienziati, imprenditori e singoli
cittadini, nacque un evento che
da più di 40 anni coinvolge 175
paesi, la "Giornata della Terra",
in
inglese
"Earth
Day".
Nato come un'occasione per
discutere delle tematiche ambientali e valutare le problematiche del pianeta, questo evento
vuole sensibilizzare e portare
all'attenzione dell'opinione pubblica e del mondo politico le
questioni legate all'ambiente,
quali l'inquinamento di aria,
acqua e suolo, la distruzione
degli ecosistemi, le migliaia di
piante e specie animali che
scompaiono e l'esaurimento
delle risorse non rinnovabili.
Uno dei compiti prefissati è
quello, inoltre, di scovare nuovi
sistemi per la tutela dell'ambiente e del nostro ecosistema, ogni
giorno sempre più minacciato
dalle incessanti attività dell'uomo; il riciclo dei materiali, la
conservazione delle risorse naturali come il petrolio e i gas
fossili, il divieto di utilizzare
prodotti chimici
dannosi, la ces-
12
sazione della distruzione di
habitat fondamentali come i
boschi umidi e la protezione
delle specie minacciate sono i
metodi principali, protagonisti
di dibattiti e conferenze.
Condividendo gli stessi ideali,
40 anni fa come ora, milioni di
persone, di qualsivoglia paese e
provenienza geografica, lottano
e progettano un mondo migliore
per tutti; persone stanche del
degrado ambientale in cui verte
il nostro pianeta, che non si
lasciano fermare dalle distanze
kilometriche e che uniscono le
proprie forze, consapevoli ora
più che mai di non essere cittadini di un singolo Paese, ma del
mondo intero. Con l'avvento di
Internet, la partecipazione a
livello globale all'Earth Day è
aumentata notevolmente, tanto
che in molti hanno definito le
ultime generazioni le "Green
Generations". In questa giornata, vengono organizzati eventi
che variano da paese a paese:
quest'anno ad esempio negli Usa
sono stati organizzati giochi,
conferenze e animazioni per
coinvolgere individui di ogni
età; in India l'attenzione all'ambiente è stata protagonista di
una fiera del libro; in Moldavia
sono stati organizzati corsi per
costruire nidi; a Dublino sono
stati fatti dei campi-scuola dedicati ai ragazzi; in Italia, che
come ogni anno utilizza il linguaggio dell'arte per moltiplicare la sensibilità nei confronti di
questo tema, ci sono stati concerti in molte città. A Roma, è
stata inaugurata al MAXXI la
mostra fotografica "Cambiamo
Clima! ”, in cui Shoot4Change
svela le immagini degli "Eroi
Della Terra" immortalati dai più
famosi fotografi nazionali e
internazionali. I protagonisti
sono tutti quegli individui, famosi o meno, che hanno dedicato la loro vita alla protezione
dell’ambiente, da artisti a semplici cittadini. Sempre nella
capitale, c'è stata la “Maratona a
Km 0 “, nella Riserva Naturale
Valle dell’Aniene, una corsa
aperta a tutti, pensata per promuovere il verde nelle città, la
fruizione dei parchi e il consumo di prodotti locali, così da
ridurre l’impatto dell’emissione
di gas serra dovuto al trasporto
degli alimenti.
Inutile dire che non è sufficiente una giornata sola in un anno
per salvare il mondo; esattamente come per il Natale, non basta
sorridere ed essere gentili col
prossimo solo per 24 ore per
essere tutti più buoni. È una
lotta costante, incessante, che
deve coinvolgere il mondo intero, giorno dopo giorno, anche
con i piccoli gesti come la raccolta differenziata, o scegliere di
fare una passeggiata per le brevi
distanze, anziché fare i pigri e
prendere la macchina. Siamo
noi padroni del mondo, e siamo
noi che dobbiamo occuparcene.
"Every day is Earth Day!"
Mia Martinez II B LC
Il Confronto
SPERIMENTAZIONE SUGLI ANIMALI
S
PRO
e nei Paesi occidentali la vita media è
passata dai 50 agli 80 anni in poco più
di mezzo secolo, ciò si deve in gran
parte alla ricerca scientifica, che ha
saputo produrre farmaci sempre più efficaci proteggendo così la salute dell’uomo.
Un farmaco deve da una parte essere efficace nei
confronti di una certa malattia, dall'altra danneggiare il meno possibile l'organismo umano in cui
viene introdotto.
Per brevettare un farmaco però gli scienziati
devono attenersi a procedure complesse e rigidamente controllate: il fine è la salvaguardia della
salute di chi dovrà assumere i farmaci. Ed è proprio qui che entra in gioco la sperimentazione
sugli animali, tappa fondamentale dell’iter per lo
sviluppo di un farmaco.
Infatti è anche grazie a questa se molte scoperte
rivoluzionarie in campo medico (la chemioterapia anti-tumorale, il trapianto di cuore, farmaci
antidolorifici, pace maker e molte altre) sono
state fatte e applicate al malato. Senza l’utilizzo
di animali nei laboratori, la cavia diventerebbe
l’uomo: gli effetti collaterali non testati prima
potrebbero causare al malato gravi danni, fino
alla morte. La sperimentazione animale è quindi
indispensabile per la salute dell’uomo. E chi
sostiene che esistano metodi alternativi alla sperimentazione animale non sa che i ricercatori
sfruttano già questi metodi, come i test in vitro o
la simulazione al computer: ma si tratta di metodi
complementari, non sostitutivi.
Gli animali non vengono mai vivisezionati né
maltrattati: esiste una legislazione precisa che li
tutela. E comunque quanti lottano contro la sperimentazione animale ritenendo che gli animali
abbiano gli stessi diritti dell’uomo dovrebbero,
come dice il professor Silvio Garattini, vivere
coerentemente con questa posizione, ed evitare
cibi, farmaci, prodotti che abbiano comportato
più o meno direttamente la sofferenza o il sacrificio di animali.
Alice Melosi II C LC
E
CONTRO
tica o progresso? Entrambi i concetti
hanno un notevole peso nello sviluppo
scientifico a livello mondiale. Tuttavia l’etica è alla base di ogni nostro
comportamento ed è essenziale tenerne sempre
conto. Nel battersi, infatti, contro la sperimentazione, acclamata come la più sicura forma di progresso, è necessario porre come punto principale
della protesta il basso livello etico raggiunto dai
ricercatori. Non vi è alcun tipo di etica nel compiere scempi e maltrattamenti nei confronti di
poveri ed indifesi animali! Essi vengono selezionati per la loro docilità, come i Beagle, o per la
rapida capacità di riprodursi, come i topi. Scevri di
difese, questi docili esemplari vengono sottoposti
ad atroci sofferenze, che, spesso, non ottengono
risultato alcuno. Se questi esperimenti non portano, dunque, a niente di concreto, perché continuiamo ad effettuarli? Non è possibile, infatti, che
da una simile ingiustizia possa nascere qualcosa di
positivo per la specie umana. Ma esiste un’alternativa alla sperimentazione animale? Non possiamo,
certo, effettuare tali esperimenti sull’essere umano! E non possiamo nemmeno esimerci dallo sperimentare, poiché esso è alla base del metodo
scientifico. Recentemente la ricerca ha portato
buoni risultati nell’utilizzo di sperimentazioni in
vitro, dove le cavie sono insiemi di cellule create
in laboratorio e poi sottoposte a determinati trattamenti. Tuttavia al fine di rendere una ricerca valida a tutti gli effetti, è necessario il riscontro con
sperimentazioni in vivo. In questo modo però si
ridurrebbe il numero di animali utilizzati e sarebbe
già un importante successo. Potenziando, quindi,
tali ricerche potremmo, in un prossimo futuro,
allontanarci definitivamente dallo sfruttamento
iniquo e doloroso di indifesi
esseri viventi.
Iacopo Cotalini I A LC
13
Attualità
FALCONE E’ MOR
C
hissà cosa avrebbe
detto Giovanni Falcone se avesse assistito alla finale di
Coppa Italia giocata il 3 maggio, e caratterizzata da numerosi episodi che niente hanno
avuto a che fare con il mondo
dello sport? Chissà cosa avrebbe pensato nel vedere Genny a’
Carogna, personaggio notoriamente legato agli ambienti
camorristici, che trattava con i
calciatori e, in sostanza, decideva se era giusto o meno giocare la partita? Chissà come
sarebbe saltato sulla sedia nel
sapere che Genny, oggi tanto
demonizzato, nel 2012 era
insieme ai calciatori del Napoli
a festeggiare la vittoria in Coppa Italia? Non lo sappiamo e
non potremo mai saperlo: sono
ormai ventiquattr’anni che
Giovanni Falcone è stato assassinato. Possiamo perciò solo
immaginare il suo dolore nel
vedere quanto la criminalità
organizzata sia rimasta viva e
presente nella nostra società, a
tal punto da avere potenti infiltrazioni anche nel mondo del
calcio. Si chiederebbe se questi
quasi venticinque anni trascorsi
da quel maledetto 23 maggio
1992 non siano andati sprecati.
E la tentazione di dare una
risposta affermativa è molto
forte: i casi del senatore Marcello Dell’Utri, condannato per
concorso esterno in associazione mafiosa, o dell’ex ministro
Scajola, arrestato
12
14
per aver favorito la fuga del
latitante Amedeo Matacena,
sono emblematici di come la
classe politica e il sistema mafioso continuino a collaborare
strettamente. Eppure noi vorremmo, anzi vogliamo, rispondere di no: questi vent’anni
non sono stati inutili, né tantomeno è stato vano il sacrificio
di Giovanni Falcone e del suo
collega Giovanni Borsellino,
ucciso due mesi dopo, il 19
luglio 1992. Falcone è infatti
divenuto il simbolo della lotta
alla criminalità organizzata,
una speranza per tanti, soprattutto giovani, che vedono un
futuro libero da Cosa Nostra,
corruzione e delinquenza. La
maniera scelta dalla mafia per
ucciderlo, piazzando quintali di
tritolo sotto un’autostrada, ha
dimostrato che non aveva interesse del numero di vittime che
un simile attentato poteva provocare: quella doveva essere la
loro grande e definitiva vittoria. E invece ha fatto di Falcone un martire, un simbolo. Una
speranza a cui molti si aggrappano. Da allora sono nate molte realtà che fanno della lotta
alla criminalità organizzata il
loro unico scopo: ne sono un
esempio “Libera. Associazioni,
nomi e numeri contro le mafie”, istituita da don Luigi Ciotti, la “Fondazione Antonino
Caponnetto”, creata dalla moglie del magistrato che chiamò
a collaborare al pool antimafia
proprio Falcone e Borsellino, il
comitato “Addiopizzo” nato
per aiutare i commercianti
vittime di estorsioni. Certamente, l’impressione è che
manchi, come spesso accade,
un “aiuto dall’alto”: se a capo
della Commissione Parlamentare Antimafia, la prima che
dovrebbe vigilare sui rapporti
tra mafia e politica, viene messa Rosy Bindi, grande donna
che però con il tema non c’entra proprio niente, è evidente
che la lotta alla criminalità
organizzata non è tra le priorità
del governo. Forse non c’è
neppure tutto questo grande
interesse, visto lo stretto legame tra Stato e mafia, oggetto di
una trattativa di cui ancor oggi
si sa troppo poco, oggetto delle
attenzioni di Giovanni Falcone
e, perché no, causa della sua
morte. Ma, ormai lo si è imparato, non si può
pretendere che
lo Stato intervenga in tutto e
per tutto: e così
rimaniamo noi a
dover onorare la
memoria di un
grande,
non
tanto con opportuni e passeggeri
ricordi o fiaccolate.
Servono
azioni concrete,
decise. Certo, le
fiaccolate sono
un’ottima sfida
alla
camorra,
una bellissima
Attualità
RTO, LA MAFIA NO
maniera per dire “io non ho
paura”, per far vedere che a
lottare non siamo soli; ma se,
passata la ricorrenza, tutto
torna come prima e il “Don
Vito” di turno continua a comandare, allora è stato tutto
inutile, dalla più semplice manifestazione sino alla mostruosa morte di Falcone. Se, dopo
aver stigmatizzato il “povero”
Genny a’ Carogna, i giocatori e
la società del Napoli Calcio,
così come altre realtà sportive
della nostra penisola, torneranno a frequentare i loro tifosi,
figli dei boss camorristici,
allora tutti i discorsi post-finale
di Coppa Italia saranno stati
inutili.
Ma,
dopo
aver
“caricato” di responsabilità la
popolazione di una certa parte
d’Italia che, nel nostro immaginario collettivo (ma temiamo
non solo in quello) si trova a
“combattere la mafia” tutti i
giorni, cioè a dover pagare il
pizzo, ad aver paura per la
propria attività, per la propria
famiglia, a dover scegliere tra
la povertà e la criminalità,
forse dobbiamo porci una domanda: è solo quella la criminalità organizzata? Le mafie
sono solo un problema del
Sud? Oppure ognuno di noi,
anche
il
più
fiero
“indipendentista” del Veneto,
può trovarsi ad avere a che fare
con la criminalità organizzata?
Noi propendiamo per la seconda opzione: ogni mazzetta,
ogni “favore” fatto all’amico di
turno, ogni voto di scambio
può essere considerata criminalità organizzata, può dare origine, se alimentata e non combattuta, ad un sistema simil
mafioso. Anche la criminalità
del Sud Italia non è nata in un
giorno, né tantomeno le associazioni di stampo mafioso
nate negli Stati Uniti (ecco
cosa abbiamo esportato all’estero!): perciò il nostro impegno può essere quello di impedire, imparando dall’esempio
di Falcone e Borsellino, che
nuove forme, anche le più
piccole di criminalità organizzata, si sviluppino intorno a
noi. E forse anche solo così
potremo dire di aver onorato la
memoria di Falcone, che per
questa lotta accettò di perdere
tutto, nella speranza che altri
continuassero sulla sua strada.
Per la mafia la morte di Falcone doveva essere la fine, lui si
auspicava che invece fosse
l’inizio. Ad oggi, la situazione
non è molto diversa da allora e
forse ci mancano anche delle
ancore di salvezza come lo
furono Falcone e Borsellino.
Ma perché non sperare comunque in un futuro migliore, in un
futuro in cui nessuno dovrà
rivolgersi alla delinquenza per
sopravvivere, in cui i politici
renderanno finalmente conto ai
propri cittadini, in cui lo sport
sarà epurato da personaggi di
dubbia moralità? Sperando di
non vedere più immagini come
quelle della passata finale di
Coppa Italia, ai posteri l’ardua
sentenza.
Alessandro
Marchetti II C
15
13
Attualità
“
IL DEGRADO ANCHE DIET
La
responsabilità
penale è personale.
L'imputato non è considerato
colpevole
sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere
in trattamenti contrari al senso
di umanità e devono tendere
alla rieducazione del condannato [cfr. art. 13 c. 4]. Non è
ammessa la pena di morte.”
Al ventisettesimo articolo della
nostra costituzione, riportato e
spesso citato anche tra i suoi
principi fondamentali, l’Italia
sarebbe chiamata a rispondere
con pene che tendano e siano
finalizzate alla rieducazione del
condannato. Certo nessuno di
noi potrebbe stupirsi al rendersi
conto di come, ancora una volta, il nostro bel paese non tradisca le nostre aspettative venendo meno alle sue prerogative,
ma non possono chiederci di
non indignarci quando veniamo
sapere che i nostri detenuti
trascorrono 24 ore al giorno in
pochi metri quadrati senza ricambio d’aria o di luce. Una
condizione che, rasentando in
alcuni casi la “cattività”, toglie
ai carcerati ogni possibilità di
riscatto e recupero sociale, ma
che anzi accentua istinti violenti
o stati depressivi e aggrava le
malattie dei detenuti. Senza
contare che, escluse alcune
carceri minori dislocate lungo
la penisola, in cui è il volontariato ad operare attraverso l’organizzazione di
16
laboratori pratici e manuali,
mancano spesso a questi stessi
detenuti percorsi finalizzati al
reinserimento sociale o forme
di assistenza psicologica.
Non è però così semplicemente
che si risolve l’opera di violazione della loro dignità. La
negligenza delle nostre istituzioni non risparmia infatti neanche le vitali e primarie esigenze
di quegli uomini e di quelle
donne costretti ad arrangiarsi,
per tutto il tempo della loro
permanenza in carcere, con la
sola piccola saponetta e il solo
pacco di rotoli di carta igienica
che vengono forniti loro al
momento dell’ingresso e una
volta terminati i quali spetta
alla fantasia del lettore immaginare come essi possano provvedere a supplirne la mancanza.
Ma tanto per non lasciare infondato l’elogio dello spiccato
“senso di umanità ” dimostrato
dal nostro Stato ritengo opportuno menzionare anche che le
speranze di riuscire a lavorare
durante la detenzione, sia per
tenere la mente occupata che
per costruirsi un futuro una
volta liberi, continuano ad affievolirsi. Per portare alcuni
esempi basti pensare che in
Lazio solo il 10% dei detenuti
della regione lavora attualmente
all’interno dell’amministrazione penitenziaria, il 24% in Veneto e il 38% in Lombardia.
Mentre le aziende in carcere,
finanziate e in sviluppo all’estero, sono praticamente inesistenti in Italia.
Ci spieghiamo allora perché il
carcere da scuola di seconde
opportunità sia diventato luogo
di morte, e non metaforicamente: nel corso dell’anno 2013 i
detenuti deceduti in carcere non
hanno per un soffio superato il
centinaio. Tra le cause, 24 decessi per malattia, 47 per suicidio e 28 per motivi che devono
ancora essere accertati ma si
sospettano violenze o abusi di
potere tra le cause.
Migliora leggermente, invece,
secondo l’osservatorio di Antigone,
la situazione dei
minorenni in carcere. Negli istituti di
pena minorili, infatti, ben l’85,6%
dei ragazzi uscirà
in seguito all’applicazione di una
misura
cautelare
alternativa. Significativo anche l’andamento dei minorenni che saranno
collocati presso le
comunità sia ministeriali che private,
tra il 2001 e il 2012
(ultimi dati disponibili) che sono
passati da 1.339
casi nel 2001 a
2.037 nel 2012.
Attualità
TRO L’ANGOLO: LE CARCERI
Una tendenza che in questi
anni ha contribuito a contenere
le presenze in carcere. Un discorso molto simile quello
della messa in prova ai servizi
sociali. Si è passati da 788
provvedimenti nel 1992 a
3.216 nel 2011 con un incremento quasi del 400%.
Un accenno infine all’esigenza
di contenere le presenze in
carcere: quella del sovraffollamento delle strutture infatti, di
come in una cella omologata
per due persone ce ne vengano
regolarmente ammassate fino a
cinque, è una storia che tutti
conosciamo o che abbiamo
almeno sentito, e che senza
paura di esagerare possiamo
definire uno dei principali fautori dell’attuale degrado. Per
verificarlo non occorre neanche
andare tanto lontano, ma basterebbe seguire una di quelle
volanti penitenziarie che vediamo sempre passare dalle aule
del Machiavelli, una di quelle
le cui sirene interrompono le
spiegazioni dei professori permettendo ai nostri neuroni di
prendere fiato; proprio una di
quelle dirette al carcere
S.Giorgio di Lucca, che alcune
classi della nostra scuola
avranno la fortuna di visitare e
di vivere, anche se per non più
di una mattinata. Un progetto
nato e propostoci per andare a
toccare con mano la realtà dei
nostri detenuti, per aprire gli
occhi e compiere un passo di
consapevolezza verso quel
piccolo mondo a parte, il carcere, spesso ignorato e forse temuto ma che non chiede in
realtà altro se non di essere
conosciuto, compreso e ascoltato così come le Persone che
lo abitano.
Rachele
Pellegrini
II B LC
13
17
Musica
EYES WID
I
l mio articolo, per questo
mese, non sarà un articolo pretenzioso, né particolarmente complicato,
anzi. Questo articolo sarà una
semplice lista di raccomandazioni. Vi presenterò attraverso
una breve descrizione alcuni
gruppi che A MIO PERSONALE PARERE, in Italia o non
sono molto conosciuti, o non
viene loro dato, sempre secondo me, il giusto riconoscimento.
Senza ulteriori indugi, visto
che credo che non servano,
essendo probabilmente facile
per voi da capire il meccanismo con cui ci muoveremo
attraverso questo articolo, cominciano.
- Bastille.
Il primo gruppo a cui voglio
introdurvi vi sarà forse noto
per una canzone che fino a
questa estate sentivamo girare
in
ogni
radio,
ovvero
“Pompeii”.
Questa canzone dal tono accattivante è appunto cantata dai
Bastille.
I Bastille sono un gruppo musicale britannico, formatosi a
Londra nel 2010. Solo nel
2013
raggiungono
il
“successo” meritato, o perlomeno, se di successo non vogliamo parlare, la giusta riconoscenza. Il nome del gruppo
deriva dal giorno della Presa
della Bastglia, il 14 Luglio,
giorno in cui è
12
18
nato il loro Frontman, Dan
Smith.
Il loro genere musicale può
essere considerato un mix fra
rock alternativo (perché sì,
ogni tanto il rock esiste ancora)
e Synth Pop. Cosa è il Synth
Pop vi starete chiedendo? Questo genere musicale deriva
dall'unione di influenze pop,
rock e della new wave. Potremmo definirlo in conclusione come un rock più ricercato.
Per ora i Bastille hanno all'attivo solo 2 album, ma mi sentirei
comunque di scommettere su
di loro.
Consigliato l'ascolto: Apparte
l'immancabile Pompeii, che è
comunque una bellissima canzone, consiglierei anche Laura
Palmer, Flaws ed Overjoyed.
mix fra musica indie e un pochino di elettronica.
Le loro canzoni sono state
usate per vari spot pubblicitari,
lo show televisivo Glee ne ha
fatto una cover, e due brani
sono stati usati nelle colonne
sonore di “Hunger Games:
Catching Fire” e “The Perks of
Being A Wallflower”.
Consigliato l'ascolto: It's Time, On Top of the World,
Radioactive, Bleeding Out.
-Hurts.
Gli Hurts sono un duo britannico formatosi nel 2009 a Manchester. Hanno raggiunto il
successo in scala ridotta, solo
nel Regno Unito, sebbene credo che avrebbero molto da
offrire. Come nel caso dei
Bastille il loro genere varia dal
Synth Pop, alla musica elettronica, alla New Wave. Sono uno
dei pochi gruppi esistenti a
praticare ancora questo genere
musicale. Hanno pubblicato
due album, Happiness del 2010
e Exile del 2013. Oltre a cantare si dilettano anche nel produrre remixes per grandi nomi
come Lady Gaga o Mylène
Jeanne Gautier, cantautrice
francese.
Consigliato l'ascolto: Stay,
Somebody to die for.
- Imagine Dragons.
Gli Imagine Dragons sono un
gruppo statunitense, fondatosi
a Las Vegas per la precisione.
In Italia sono famosi per la loro
hit “Demons” uscita tuttavia
almeno due anni dopo rispetto
al resto del mondo. Il loro nome è criptico. Il gruppo ha
affermato che il vero significato del loro nome sta in un anagramma, ma non ha mai voluto
rivelare quale fosse quello
giusto. Le ipotesi più probabili
sembrano essere quelle che lo
riportano a “Agonising Dream”
e Omega and Rising”. Il loro
genere musicale si colloca fra - Mumford and Sons.
rock alternativo e Indietronica, I Mumford and Sons sono un
che sarebbe in parole povere, il gruppo inglese formatosi nel
Musica
DE SHUT
2007 a Londra. Fra i gruppi
che ho citato finora è forse il
più conosciuto, specialmente in
patria, sebbene il loro genere
non sia poi così popolare nel
mondo. L'indie folk non è infatti così riconosciuto
nelle grandi industrie
musicali, sebbene a mio
parere sia un genere di
tutto rispetto e soprattutto
molto gradevole all'ascolto. Le loro influenze confluiscono anche nell'Indie
Rock e nel Rock Alternativo. Nelle loro canzoni
sono ritrovabili strumenti
musicali che non sono
così consueti nelle altre
band, ovvero l'organo, il
banjo o la chitarra resofonica. I Mumford and Sons
sono famosi per i loro testi
struggenti e poetici, e
grazie al loro carisma,
sono stati invitati anche ad
uno dei festival musicali
più importanti al mondo,
il Glastonbury Festival.
Nel 2013 il loro album
“Bebel”, ottiene anche un
Grammy come “Miglior
Album”. Una cosa da
niene direi. Hanno inoltre
scritto canzoni per il film
Disney Brave (un gioiellino di film), reinterpretate
poi da Birdy (se non sapete chi sia, vi consiglio di
cercarvi anche lei), e per
la versione cinematografica del 2011 di “Cime
Tempestose”.
Consigliato l'ascolto: I Will cantanti che per ragioni di
Wait, I Gave you All, Lover's lunghezza non ho potuto inseEyes, Hopelesse Wanderer.
rire. Se avete voglia dateci
un'occhiata, meritano!
P.s: Nella foto allegata sono
presenti nomi di altri gruppi e Silvia Giorgetti II C LC
13
19
Cinema
LIAM
L
’attore nordirlandese
nato nel 1952 è uno
dei protagonisti del
cinema moderno, in
particolare del cinema avvincente e pieno d’azione. Pur non
avendo mai vinto niente di
significativo ha comunque
sempre saputo coinvolgere nel
modo più assoluto il pubblico.
Lei sue interpretazioni sono
sempre state accattivanti e
profonde dai ruoli più drammatici a quelli più esilaranti. Nelle
varie pellicole ha sempre rappresentato la figura positiva da
contraltare a quella dell’antagonista. Per questo lo possiamo
definire un uomo (stra)
ordinario. Nonostante ormai i
suoi lavori non tocchino più il
pubblico con scene drammatiche bensì con
sparatorie e zuffe
il nostro eroe ordinario è stato consacrato al successo con un film di
ben altra caratura.
Schindler’s List
Capolavoro
di
Spielberg, (forse
l’unico dei suoi
film a scostarsi
dalle sue classiche
americanate) ha
battezzato Neeson
in un mondo monopolizzato da Il
Re Leone e da
12
20
Forrest Gump. Ne emerge un
cult del cinema drammatico,
ambientato nella Germania
nazista degli anni ’40. Nei
panni di Oskar Schindler, imprenditore tedesco e fedele
sostenitore del partito estremista, Neeson ci offre una completa visione del cambiamento
secondo una via razionale che
ha compromesso la politica
nazista. Comincia la sua carriera come gestore di un’impresa
di pentole e tegami per l’esercito tedesco utilizzando come
manodopera cittadini ebrei.
Ben presto la sua impresa,
privata dei lavoratori più attivi,
sull’orlo del fallimento cambia
la produzione passando ad
armi e granate, questo per giustificare e assicurare buon
guadagno e sicura manodopera. L’allora giovane attore
nordirlandese ci mostra bene
come agisca la ragione sui suoi
veri fini e come prende vita la
contraddizione che in seguito
lo trasformerà in eroe: infatti se
assumere ebrei era a scopo di
lucro alla fine del film diventa
un pretesto per salvare centinaia di semiti. Spielberg, come
ci ha già dimostrato, ha la capacità di colpire lo spettatore in
maniera straordinaria, la scelta
del bianco e nero ne è un esempio. Per mezzo di questa ha
reso più suggestive le scene di
massima importanza quali il
prologo e l’epilogo. Questo in
particolare mostra i veri superstiti all’Olocausto salvati dal
vero Schindler.
Cinema
NEESON
Io Vi Troverò
Bryan sarà quello di salvarle
con l’ausilio non solo delle sue
abilità, ma anche con il lavoro
congiunto dei Servizi Segreti
statunitensi e francesi. Nonostante il titolo italiano sia “Io
Vi Troverò” il ruolo della ragazza amica di Kim è secondario e dunque non ha quell’importanza che ci si dovrebbe
aspettare dalla presentazione.
Questo film apre un ciclo che
dal 2008 ad oggi ha caratterizzato il nostro eroe ordinario.
Infatti i personaggi delle pellicole successive seguono quasi
lo stampo di Bryan Mills sebbene quest’ultimo rispetto agli
altri abbia doti fisiche e mentali superiori al personaggio
d’azione medio.
Stavolta in veste di ex agente
della CIA, Bryan Mills ormai
in pensione cerca di riprendere
i rapporti con la famiglia, alla
quale per il peso della sua occupazione non ha mai dato la
giusta attenzione. Ma quando
crea un minimo contatto con la
figlia diciassettenne Kim, quest’ultima decide di partire per
Parigi. Nella capitale francese
la ragazza insieme ad una sua
amica diventa appena atterrata
prima bersaglio e poi vittima
della mafia albanese: infatti
nell’alloggio le due californiane vengo rapite e costrette alla
prostituzione con un conseguente consumo di droghe per
facilitare i malavitosi a sfruttarle il più possibile. Il ruolo di Davide Innocente V A LC
13
21
Cinema
LA GRANDE
L
a notizia dell’Oscar a
Paolo Sorrentino per
La Grande Bellezza
ha oscurato per un
breve periodo tutte le altre
vicende nazionali. Poteva essere l’occasione per non parlare
di politica una buon volta, ma
come prevedibile il film è solo
servito per continuare a discutere della nostra classe dirigente. Difatti in molti hanno letto
nella pellicola di Sorrentino
una metafora dell’Italia, corrotta e alla deriva, con alle spalle
la bellezza di un passato splendente. In sostanza un racconto
nichilista sulla decadenza di
Roma e di una nazione. Ma è
un’interpretazione errata: Sorrentino e Toni Servillo (Jep
Gambardella) lo hanno ripetuto
in più occasioni. La Grande
Bellezza è capace di parlare a
chiunque proprio perché non
tratta di Roma ma, attraverso la
sfondo della Città, allarga la
sua riflessione al disagio generale dello stare al mondo, alla
fatica di vivere, al “dolore del
campare”, al
rapporto con
l’effimero e
l’insensatezza, comune a
ogni latitudine.
È un racconto che procede per ellissi
ed associa-
12
22
zioni, che non segue una continuità narrativa. Un linguaggio
che turba e affascina, che permette di rendere al meglio
quello che è anche un viaggio
nella memoria del protagonista. E la riflessione esistenziale
parte e si sviluppa proprio
intorno alla ricostituzione del
ricordo. Jep inizia a interrogarsi, a tirare le fila della propria
esistenza, appena compiuti
sessantacinque anni, recuperando i momenti della sua infanzia, attraverso un confronto
fra maturità e fanciullezza
constante per l’intero film. Jep
guarda a quello che era, a quello che avrebbe voluto diventare, ed al suo presente. Quando
da ragazzo, dalla provincia,
arriva a Roma, pensava di
conquistarla; aveva scritto un
libro, “L’Apparato Umano”, di
discreto successo, ma ora si
trova in un en passe in cui non
ha più le parole per raccontare
ciò che lo circonda. Passa le
notti agli eventi mondani della
città e va a dormire quando gli
altri si svegliano. Ma né nei
drink né nel sesso Jep trova più
piacere. È colui che non vive.
Tutto perché non riesce a mettere ordine in una vita costellata di contraddizioni tra bassezza e sublime, tra vita e morte,
tra sentimento e vuoto. Un
enorme calderone dove convivono “Proust e Ammanniti” ,
dove ogni cosa si unisce alle
altre in un miscuglio impossibile da scindere, in cui non si
riesce a trovare un senso.
“Guarda 'sta gente, 'sta fauna.
– afferma Jep - Questa è la mia
vita, non è niente. Flaubert
voleva scrivere un romanzo sul
niente, non c'è riuscito. Ci
posso riuscire io?”
Durante una delle feste a cui
partecipa, Jep, da scrittore, cita
l’incipit di un romanzo di Breton e si domanda: “Chi sono
io?” E non sa rispondere. Questo smarrimento dell’identità lo
identifica nel momento più
basso di ogni festa veramente
decadente: il trenino. Una dan-
Cinema
BELLEZZA
za vuota che rappresenta un
“mulinello di insensatezza”,
dove la non-comunicazione,
l’ipocrisia, il gioco di ruolo
sono al loro apice. Jep ne è
pianamente consapevole e
dalle sue parole emerge tutta la
sua fragilità. La fragilità di un
uomo che sa di assistere a
qualcosa che non ha senso. Lo
stesso che chiede ad alti prelati
consiglio su questioni legate
alla spiritualità, alla vita, alla
morte, all’esistenza. Queste
domande rimangono però inevase. E i trenini corrispondono
al desiderio di evadere continuamente questi interrogativi.
Jep si sente vuoto, senza motivazioni e obiettivi, sempre più
lontano dalla grande bellezza.
Ma è proprio la sua fallimentare ricerca del senso della vita la
ragione per cui ha perso la
capacità di scrivere, per cui
dissipa il suo talento sedotto e
deresponsabilizzato dal vizio.
Dietro di sé lascia una scia di
occasioni mancate e coltiva
una grande passione
per gli sbagli, giustificandosi che tanto è
tutto inutile. Ma Jep
in realtà si nasconde
da quella sua parte
sentimentale con cui
non ha fatto i conti e
che si libera emblematicamente al funerale del figlio di
un’amica,
dove,
contrariamente alle
sue stesse regole,
Jep piange. Qualcosa di importante esiste: sono il sentimento
e le emozioni alla base di tutto,
recuperate attraverso il ricordo.
Jep capisce che non dimenticare il suo primo amore, riscoprire l’intensità della sua prima
volta una notte d’estate gli
permette di ritrovare quel senso che ha tanto ricercato. E la
Grande Bellezza è proprio
questo: il ricordo dell’attimo
decisivo. È l’indimenticabile,
tutto ciò che rimane impresso
nella memoria. Ricostituendosi
con esso si assapora l’importanza di un momento passato.
Si ritrova il senso “sedimentato
sotto il chiacchiericcio e il
rumore”, svelando “il silenzio
e il sentimento. L'emozione e la
paura. Gli sparuti incostanti
sprazzi di bellezza.” Perché la
vita è perlopiù uno spreco di
tempo, i cui momenti decisivi
sono tanto brevi da non esistere
quasi, ma in realtà sono l’unica
cosa che si trattiene e per cui
vale la pena di vivere. Jep la
definisce un trucco, ossia che
nasconde il proprio senso,
sembra farlo sparire e non
esistere, ma, sotto il velo, c’è.
E a questa conclusione arriva
soltanto dopo aver riscoperto il
suo momento decisivo. Jep
ritrova le parole per scrivere, e
attraverso di esse può, forse
anche illusoriamente, mettere
ordine in un mondo che sembra
non averlo.
accostare la grandezza del
passato alla decadenza delle
feste, che non sono metafora di
un paese in crisi, ma di uno
smarrimento interiore dell’uomo; di giocare con la necessità
di Jep di riconciliarsi col sublime. Ma a differenza di quella
de La Dolce Vita di Fellini,
realistica e fissata in un periodo preciso, la Roma di Sorrentino è quasi metafisica, aldilà
del tempo, e con una forte
dimensione romanzesca. Il
vero punto di contatto con
Fellini, a cui troppo grossolanamente si è paragonato, consiste semmai nel rappresentare,
come ne La Dolce Vita, mondi
che suscitano smarrimento per
un’esistenza apparentemente
priva di obiettivi, eppure che
trasuda piacere, erotismo e
suadenti promesse. Nel raccontare quell’ambiguo sentimento
di attrazione indissolubilmente
legato al rifiuto. E l’arrivare,
come in 8½, a conclusioni
ottimistiche. La Grande Bellezza non è quindi un seguito de
La Dolce Vita, né un remake; è
un film che deve molto a Fellini ma che sa distaccarsene
seguendo una direzione del
tutto personale e che consiste
nell’opera più matura di Sorrentino.
Roma è la scenografia perfetta
Marco Ridolfi
che permette a Sorrentino di
II C LC
13
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Ultime Uscite
ULTIME USCITE
MUSICA
LIBRI
FILM
Lana Del Rey, Ultraviolence,
Maggio 2014
Neil Young, A Letter Home,
Maggio 2014
Oasis, Definitely Maybe, Maggio 2014
Paul Weller, Brad New Toy,
02/05
Anastacia, Resurrecition, 06/05
Ben Harper, Childhood Home
– 06/05
Brian Eno/Karl Hyde, Someday World – 06/05
Black Keys, Turn Blue, 13/05
Coldplay, Ghost Stories 19/05
Deep Purple, Made in Japan –
19/05
Billy Joel, A Matter of TrustThe Bridge to Russia: The Music – 20/05
Celine Dion, Celine Une Seule
Festival FOIS/Live 2013 –
20/05
Young the Giant, Mind Over
Matter, 20/05
Tiziano Terzani - Un'idea di
destino, Longanesi, 19,90€
Alice Munro - Uscirne vivi,
Einaudi, 19,50€
Paolo Giordano - Il nero e
l'argento, Einaudi, 15€
Anne Holt - Quale verità, Einaudi, 19€
Joe R. Lansdale - Notizie dalle
tenebre, Einaudi, 19€
Jonathan Franzen - Il progetto
Kraus, Einaudi, 19,50€
Nicolai Lilin - Il serpente di
Dio, Einaudi, 20€
Haruki Murakami L'incolore Tazaki Tsukuru e i
suoi anni di pellegrinaggio,
Einaudi, 20€
Andrea Molesini – Presagio,
Sellerio, 12€
Piergiorgio Odifreddi - Sulle
spalle di un gigante, Longanesi, 16,90€
Andrea Camilleri - Segnali di
fumo, Utet, 14€
Welcome To New York, drammatico, Regia di Abel Ferrara.
Con Gérard Depardieu.
Freda - La segretaria dei
Beatles, documentario, Regia di
Ryan White.
Maleficent, avventura, Regia di
Robert Stromberg. Con Angelina Jolie.
Edge of Tomorrow - Senza
domani, azione, Regia di Doug
Liman. Con Tom Cruise.
Goool!, animazione, Regia di
Juan José Campanella.
Ana Arabia, drammatico,
Regia di Amos Gitai.
Resistenza naturale, documentario, Regia di Jonathan Nossiter.
In ordine di sparizione, azione, Regia di Hans Petter Moland.
Giraffada, drammatico, Regia
di Rani Massalha.
12
24
Eventi
F
LACRIMA DI LUCE
ino al 25 maggio 2014, è stato possibile visitare a Palazzo Fava, a Bologna,
il capolavoro di Johannes Vermeer.
L’opera, realizzata nel 1665, raffigura
una giovane donna posta al centro di una silenziosa oscurità.
Il suo volto è imperturbabile, il suo sguardo
immobile, ma si percepisce comunque un movimento costante, vivido, provocato dal candore
della luce che precipita sull’immagine.
L’espressione emana un senso di stupore, o
forse timore. Gli occhi sono fermi, trapassati da
una lama bianca. Le labbra socchiuse pare vogliano dire tutto e niente. Labbra che ieri si
perdevano tra sorrisi e parole, oggi sono immortalate in un’algida atmosfera di luci e di
ombre. Ed eccola là, intravista ma osservata,
sfuggita ma catturata, luce e ombra.
La Perla, impercettibile ma essenziale, è una
lacrima dolce appartenuta ad una giovinezza
tramontata e irripetibile. Adesso sola, adesso
inutile, ingoiata da un buio presente, consapevolezza di un’innocenza perduta.
Chiara Bartoli V B LC
CINEFORUM EZECHIELE
Giovedì 29 maggio 2014 ore
21.30
Auditorium Fondazione Banca
del Monte di Lucca
IL BRAVO, IL BELLO, IL
CATTIVO
di Pietro Germi – Italia 2009 –
60’Ingresso gratuito per i soci
Martedì 3 giugno 2014 ore
21.30
Cinema Astra – Anteprima
nazionale
THE IMAGO
di Emiliano Galigani – Italia
2014 – 115’
Mercoledì 4 giugno 2014 ore
21.30
Auditorium Fondazione Banca
del Monte di Lucca
L’ANNO SCORSO A MARIENBAD
di Alain Resnais – Francia
1959 – 91’
Ingresso gratuito per i soci
1974 – 120’ con Claude Rich,
Jean-Paul Belmondo
v.o. originale con sottotitoli
italiani
Ingresso gratuito per i soci
Mercoledì 18 giugno 2014 ore
21.30, Auditorium Fondazione
Banca del Monte di Lucca
L’AMOUR À MORT
di Alain Resnais – Francia
Mercoledì 11 giugno 2014 ore
1984 – 92’ con Pierre Arditi,
21.30, Auditorium Fondazione
Fanny Ardant
Banca del Monte di Lucca
v.o. originale con sottotitoli
STAVISKY IL GRANDE
italiani
TRUFFATORE
di Alain Resnais – Francia
Ingresso gratuito per i soci
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13
Oroscopo
IL FANTAOROSCOPO DI
Ariete (21.3/2O.4) = Quest'estate si presenta come un'ottima occasione per comprare un nuovo letto ed entrare a far parte di un'associazione che protegge le lucciole dall'essere imprigionate sotto il bicchiere. Non ti curar di Giove, ma fischietta
e passa!
ranno il tostapane: peccato, non li fanno
più come una volta. In compenso il vostro
frigo vi aiuterà a sopportare il caldo. Marte vi vuole campioni di ping-pong.
Leone (23.7/23.8) = Quest'estate vi scambieranno per il protagonista di un nuovo
film grazie all'influenza di Plutone: penna
Toro (21.4/2O.5) = Quest'estate tenderete nel taschino, preparatevi a estenuanti
a sviluppare una mania per le previsioni
serie di autografi. La vostra maggiore
meteo, una ripulsione per i cibi esotici e
preoccupazione saranno gli involtini priavrete l'opportunità di dimostrarvi ottimi mavera.
ballerini. Saturno tra le scatole: sarà il
caso di trasferirsi?
Vergine (24.8/22.9) = Diamoci una mossa,
sarà un'estate movimentata! Mercurio sta
Gemelli (21.5/21.6) = Quest'estate attenti organizzando un camper di supereroi per
ai rapimenti alieni! Venere vi suggerisce di venirvi a prendere e portarvi sulla luna.
farvi offrire ripetutamente da bere da
Attenti ai crateri, e non dimenticatevi il
ragazze indifese o molto simpatiche.
sale (per la pasta).
Buttate orologio e calendario: carpe diem!
Bilancia (23.9/22.1O) = Quest'estate verCancro (22.6/22.7) = Quest'estate vi rube- rete messi alla prova: Saturno vi investirà
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Oroscopo
MADAME GIOBERTA
con un camion di sorprese, ansie e ali di
ma non disperate. Risolverete la cosa con
pollo piccanti. Per distrarvi fate una giravol- una scorpacciata di orsetti gommosi, sotto
ta, fatela un'altra volta.
consiglio di Venere.
Scorpione (23.1O/22.11) = Quest'estate
sarà all'insegna della libertà cosmica! Darete fuoco a un sacco di cianfrusaglie per scostarvi dal passato, ma salverete la foto
buffa del vostro amico per ricattarlo. Plutone vi spingerà a leggere molto, ma sappiate
che la carta taglia.
Sagittario (23.11/21.12) = Relax, quest'estate vi coglie una sonnolenza inaspettata.
Scuotetevi Urano dalle spalle, bevete tè
indiano e almeno iscrivetevi alla maratona
di quartiere. Un cane vi sbaverà addosso.
Succede…
Acquario (21.1/19.2) = Quest'estate berrete solo frullati di papaya e menta. Com'è
che si dice..? De gustibus. In tivù non c'è
nulla, uscite e andate a farvi del male
(metaforicamente!). Soffrire è vita. Attenzione ai filtri d'amore.
Pesci (2O.2/2O.3) = Quest'estate Mercurio
vi promette un'ondata di passioni e calzini
spaiati. Non fatevi scoraggiare dall'odore di
Autan nell'aria e l'insurrezione dei vostri
nani shintoisti da giardino non vien per
nuocere: si proporranno di ridipingervi la
casa.
Capricorno (22.12/2O.1) = Alt! Risparmiate
le energie per quest'estate: uno sciame di
libellule impazzite investirà la vostra casa,
27
13
Ringraziamenti
Hanno collaborato a questo
numero:
Marco Ridolfi
Alessandro Marchetti
Mia Martinez
Rachele Pellegrini
Giovanni Giannini
Silvia Giorgetti
Alice Melosi
Iacopo Cotalini
Matteo Anastasio
Davide Innocente
Matilde Dal Canto
Chiara Bartoli
Madame Gioberta
Ringraziamenti speciali a
Prof.ssa Visconti Elisabetta
Prof.ssa Batistoni Donatella
Prof. Galletti Paolo
per la correzione delle bozze
Sig. Stefano Giampaoli
per la collaborazione in fase di
impaginazione
Prof. Giorgio Macchiarini
per la stampa del giornalino
Copertina e vignette: Marco Ridolfi
SUDOKU
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