machiavelli espresso 5
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Anno I - Numero V - Maggio 2014 Indice Africa: una storia tutta da scrivere di IACOPO COTALINI P. 4 Ruanda: storia di un genocidio di MATTEO ANASTASIO P. 6 Nigeria: un paese tormentato di MATILDE DAL CANTO P. 8 Gli Europei nel continente nero di GIOVANNI GIANNINI P. 10 Earth Day di MIA MARTINEZ P. 12 Il Confronto: Sperimentazione sugli animali di ALICE MELOSI e IACOPO COTALINI P. 13 Falcone è morto, la mafia no di ALESSANDRO MARCHETTI P. 14 Il degrado anche dietro l’angolo: le carceri di RACHELE PELLEGRINI P. 16 Eyes wide shut di SILVIA GIORGETTI P. 18 Ritratti: Liam Neeson di DAVIDE INNOCENTE P. 20 La grande bellezza di MARCO RIDOLFI P. 22 Ultime Uscite P. 24 Lacrima di Luce Di CHIARA BARTOLI P. 25 Fantaoroscopo Di MADAME GIOBERTA P. 26 Giochi P. 27 22 12 Attualità PRIMO PREMIO PER I CONTENUTI D opo un lungo periodo di attesa è uscito anche il quinto numero del giornalino scolastico, nonché l’ultimo di quest’anno. Non siamo riusciti a rispettare sempre quella cadenza mensile che ci eravamo prefissi ma cinque numeri, tutto sommato, non sono pochi. Non sembra ma dietro ventotto pagine di carta stampata c’è dietro la collaborazione non solo di chi contribuisce scrivendo articoli ma anche di chi, come professori, li corregge (e talvolta li boccia), di chi, come il tecnico di laboratorio, aiuta in fase di impaginazione (e pure ad anda- re a ritirare un premio), o di chi, come il bibliotecario, stampa personalmente le copie con il ciclostile. Per non parlare poi di quelli che lo leggono, ci dicono le loro impressioni e ci supportano (oppure no). Tanto il tempo impegnato, ma non è stato, io credo e spero, tempo perso. Una soddisfazione per noi e per la scuola è arrivata vincendo il Primo Premio per i contenuti al concorso nazionale per giornalini scolastici “Carmine Scianguetta”, a cui avevamo partecipato inviando un paio di copie del numero tre. Ardua è stata l’impresa di una parte della Redazione di andare a ritirare il premio, niente poco di meno che ad Avellino, e la sorpresa è stata, se così si può dire, che sulla coppa sia il nome del giornalino sia quello della scuola (per coerenza, ovviamente) è stato scritto con due “c”. Il Macchiavelli colpisce ancora. Ma se dovessimo fare un bilancio di questo primo anno di pubblicazione, nonostante le difficoltà, noi lo riteniamo più che positivo e speriamo di poter continuare l’anno prossimo. Per ora, ci fermiamo con quest’ultimo numero. Buona lettura 133 Cultura e Società AFRICA: UNA STORIA M algrado l’elevato livello di civiltà raggiunto dagli stati più ricchi del globo, temo non si possa definire “civile” una società, la quale abbandona in estrema povertà, o addirittura sfrutta a proprio vantaggio, stati frammentati, reduci da cruente guerre civili, talvolta finanziate dalle nazioni benestanti, senza dare segnali concreti di svolta. Come risulta, infatti, dalle ricerche dell’associazione statunitense “Freedom House”, ben quattro paesi, appartenenti all’Africa centrale, compaiono nella lista dei dieci luoghi al mondo peggiori quanto a rispetto dei diritti umani e delle libertà civili. Tutti e quattro hanno vissuto una storia simile, caratterizzata dal violento predominio dei signori della guer- 4 ra, dalla completa perdita di qualunque diritto di espressione e di scelta. Tuttavia due di questi, più precisamente la Repubblica Centrafricana e la Somalia, stanno cercando di attuare, la prima con la neopresidente Catherine SambaPanza e la seconda con il moderato Hassan Sheik Mohamud, un processo di rinascita sotto ogni punto di vista. Entrambi sono, infatti, reduci da lotte intestine dovute a bro- gli elettorali e corruzione, attraverso i quali i loro predecessori hanno devastato il proprio paese, volgendo ogni politica verso l’arric- chimento personale. Tutt’altra sorte hanno vissuto, e vivono tuttora, la Guinea Equatoriale e l’Eritrea, poiché sono dominate, da più di vent’anni, dagli stessi partiti-esercito, così chiamati per le dure repressioni effettuate nei confronti di coloro i quali osano opporglisi. Addirittura, l’Eritrea, controllata dal Cultura e Società A TUTTA DA SCRIVERE “Fronte Nazionale per la Democrazia e la Giustizia”, vieta qualunque tipologia di stampa privata, incarcerandone e giustiziandone gli esponenti. Non è ovviamente possibile imputare tali situazioni ad un solo denominatore comune, bensì appare necessario sottolineare varie e molteplici cause, spesso riconducibili alle forti influenze delle nazioni straniere. Il colonialismo europeo si è spinto nel continente africano, poiché consapevole delle infinite risorse e ricchezze di cui era gravido, ponendo sotto il proprio controllo molti stati, ai quali è stata, dunque, negata per diversi secoli la possibilità di evolvere in qualunque settore verso più elevati livelli di civiltà. Nonostante il corso degli eventi abbia portato alla formale espulsione dei governi coloniali, di fatto, questi hanno continuato a condizionare pesantemente le neonate forme di democrazia, dominate, appunto, da cruenti despoti privi di scrupoli e spesso determina- ti ad accrescere il proprio potere o quello della propria tribù. Benché apparentemente possa sembrare una situazione tragicamente irrecuperabile, in realtà sono presenti importanti segnali di sviluppo. Infatti, in molti stati stanno formandosi società cooperative grazie, soprattutto, alla consapevolezza di possedere dei diritti da parte dei cittadini stessi, che , sovente, rientrano nella categoria di coloro i quali hanno vissuto e lavorato nelle nazioni estere e sono, poi, tornati nei propri paesi d’origine. Inoltre, giova ricordare l’istituzione di un parlamento panafricano a capo del quale è stata posta addirittura una donna, Gertrude Monella, sancendo così, non solo una ritrovata unità continentale, ma compiendo anche un importante primo passo verso l’uguaglianza tra i sessi. Analizzando, dunque, questi dati, ritengo che l’Africa possa crescere in ogni settore, arrivando ad eguagliare ed, in un ben più roseo futuro, superare l’elevato livello di civiltà raggiunto dalle nazioni straniere benestanti. Come ci dimostra, infatti, la storia mondiale, è dalla sofferenza, dalle situazioni disagiate e tutt’altro che opulente, che il genere umano rinasce, ardendo di una rinnovata voglia di rimettersi in gioco, attraverso la quale esso potrà risplendere sotto ogni punto di vista: economico, politico e sociale. Iacopo Cotalini I A LC 5 Cultura e Società P rima dell’arrivo degli europei il Ruanda era uno stato centralizzato: vigeva un sistema feudale che prevedeva una classe privilegiata, che faceva riferimento al re, e un’altra (la maggior parte della popolazione), che reperiva la forza lavoro, principalmente allevatori o contadini. A queste due classi sociali corrispondeva una leggera sfumatura etnica: la classe privilegiata era quella dei Tutsi, di quella sottomessa facevano parte gli Hutu. Non bisogna però intendere questa diversificazione come così rigida e netta: Hutu e Tutsi condividevano la stessa lingua e le stesse tradizioni, così come erano accettati i matrimoni misti. Finché arrivarono prima i tedeschi, cui il re si arrese dopo una tenace ma vana resistenza e poi, dopo la prima guerra mondiale, i belgi. Appena i belgi entrarono in contatto con la popolazione ruandese si accorsero di questa sua organizzazione e riuscirono immediatamente a volgerla a proprio favore: in linea con le teorie 12 6 RUANDA: STORIA scientifiche razziste dell’epoca attribuirono ai Tutsi una discendenza camitica e li considerarono come loro preziosi alleati naturali da coinvolgere nella colonizzazione a discapito degli hutu, gente rozza e volgare. In questo modo, operando scelte gravide di disastrose conseguenze, inasprirono notevolmente i rapporti tra le due classi e provvidero a integrare nel documento d’identificazione di ciascun ruandese un’indicazione che svelasse l’etnia di appartenenza. Successivamente, intorno al 1960, sulla scia dei movimenti indipendentisti africani, il Ruanda cominciò a rivendicare la propria autonomia statale e gli Hutu la loro libertà, e questo portò alla cosiddetta “rivoluzione sociale”, che coincide con la ribellione degli hutu, l’uccisione e l’emigrazione di moltissimi Tutsi, la caduta della monarchia, l’indipendenza (1962) e l’instaurazione di un regime dittatoriale hutu capeggiato, a partire dal 1972, da Juvénal Habyarimana. Di conseguenza la situazione si stabilizzò relativamente per circa una ventina d’anni, finché negli anni novanta del secolo scorso il regime cominciò ad accusare i primi colpi, con l’avvento a livello politico dell’FPR (Fronte patriottico ruandese), partito prevalentemente sostenuto da esuli tutsi. Nello stesso momento (1990), il presidente francese Mitterrand annuncia che gli aiuti economici francesi all’Africa saranno indirizzati a quei paesi che promuoveranno un pluralismo politico. Allora Habyarimana, conscio dell’importanza dei sussidi, consente la nascita Attualità DI UN GENOCIDIO di nuovi partiti, ma allo stesso tempo richiede sostegno militare francese per fronteggiare l’incombente minaccia dell’FPR. Ma nel frattempo i partiti di opposizione si sono velocemente affermati in Ruanda e sull’MRND (Mouvement révolutionnaire national pour le développement, la coalizione del dittatore), non più protetto dalla censura, piovono pesanti critiche che costringono il presidente ad andare alla ricerca di nuovi consensi che si riesce a trovare deviando tutta l’insoddisfazione popolare, volta in odio, contro l’FPR e la minoranza tutsi. Allora il fronte inizia una guerra di logoramento che induce Habyarimana, nel 1993, a firmare gli accordi di Arusha, che impongono la possibilità d’intervento tutsi nel governo del Ruanda. Mentre però Habyarimana è di ritorno da un colloquio di pace, il 6 aprile 1994, l'aereo che lo sta trasportando viene colpito da missili e abbattuto, e immediatamente tutti i rancori covati dagli estremisti hutu trovano sfogo nel genocidio di moltissimi Tutsi e migliaia di Hutu moderati. Per 100 giorni vengono uccise cinque persone al minuto, per un totale di 800.000 vittime, nell’indifferenza dei media internazionali. Su “Internazionale", si riporta uno studio dell'Unicef del 1995 secondo cui "il 100% dei bambini ruandesi aveva assistito a violenze, l’88% aveva visto cadaveri o membra umane, e il 62% era stato minacciato di morte. Nove su 10 avevano pensato che sarebbero morti”. E questo accadeva mentre i giornali tutto il mondo festeggiavano la fine dell’Apartheid in Sudafrica, perciò sottovalutarono vergognosamente le scarse notizie che arrivavano dal Ruanda, credendo si trattasse ancora una volta di una “guerra tribale”. E pure l’ONU che secondo gli accordi di Arusha avrebbe dovuto vigilare sul delicato passaggio da un regime autoritario a una democrazia ignorò i ripetuti allarmi di Dallaire, capo del contingente in Ruanda, che con insistenza denunciò quelli che erano gli evidenti segnali di una tragedia annunciata. La fine del genocidio coincise con l’intervento di un contingente francese supportato dall’ONU che impedì, avendo il fronte conquistato il Ruanda, che si consumasse un’altra sanguinosa vendetta. Da allora fino ad oggi il fronte è rimasto al potere e attualmente alla sua guida presiede Paul Kagame, al momento dell'insediamento ministro della difesa. Sotto la sua guida il Ruanda è cresciuto dell'8% negli ultimi cinque anni, è riuscito a dimezzare la mortalità infantile e oggi in parlamento ruandese vanta la percentuale di donne più alta al mondo (64%): a uno sguardo distratto sembra che tutto vada a gonfie vele, ma pare che lo stesso presidente, amato dagli occidentali perché testimone dei risultati che si possono ottenere in Africa grazie agli aiuti internazionali, non si faccia scrupoli nel reprimere con forza ogni tipo di dissenso e nell’eliminare i propri avversari politici o chiunque dissenta dalla sua linea. Tutto ciò potrebbe portare ad un nuovo inasprimento dei conflitti razziali in un paese sovrappopolato, dove la tensione nuovamente troppo a lungo repressa potrebbe sfociare in altre terribili violenze e, mentre noi continuiamo a essere all'oscuro di tutto questo (a distanza di vent’anni l’interesse mediatico sull’Africa, almeno in Italia, non sembra essersi poi così tanto incrementato) la Repubblica Centrafricana precipita nel caos… Vent’anni dopo, di fronte a vittime ruandesi che sono definite “prigionieri della memoria" noi, liberi di ricordare o ignorare tutto quanto, sapremo scegliere? Matteo Anastasio I C LC 7 13 Attualità NIGERIA: UN PAESE N elle ultime settimane il rapimento di oltre 200 studentesse, fra i 15 e i 18 anni, quasi tutte cristiane, avvenuto in aprile in una scuola femminile di Chibok, nel nord-est della Nigeria, ad opera del gruppo estremista islamico Boko Haram, ha portato all’attenzione del mondo la realtà di questo paese. La Nigeria è una federazione di 36 stati e 250 gruppi etnici, con circa 160 milioni di abitanti divisi quasi a metà fra cristiani che vivono nel Sud, più ricco ed evoluto e musulmani che vivono nel Nord, più povero e arretrato. E’ il paese più popoloso dell’Africa e, secondo gli ultimi dati, anche la prima economia del continente: infatti, nel 2013 il suo PIL ha superato di gran lunga quello del Sudafrica. E’ il maggiore produttore continentale di petrolio, ma è anche il paese dove oltre il 60% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno. E’ un paese che presenta 12 8 molte contraddizioni e dove la miseria, la povertà, l’insicurezza sono ancora ampiamente diffuse e unite alla fragilità delle istituzioni politiche favoriscono la nascita di movimenti estremisti, come il gruppo islamico Boko Haram, attivo da oltre un decennio nel nord-est, la parte più povera della Nigeria, e che da oltre un decennio semina morte e terrore. In particolare dal 2009 il gruppo sta conducendo una sorta di “ guerra santa”, contro il governo centrale per ottenere la secessione e imporre nel paese la “sharia”, la legge islamica integralista. Le ragazze rapite, come ha affermato in un primo video il leader del grup- po, saranno vendute come schiave oppure saranno “sposate a forza”. Alcune voci non ufficiali sostengono che alcune sono già state vendute come spose per 12 dollari in Ciad e in Camerun. Il gruppo vuole impedire alle ragazze di studiare, di emanciparsi; infatti il leader del gruppo nel video sopra citato ha affermato che le donne sono fatte per diventare mogli - a 12 o anche a 9 anni – e non per studiare. Sembra che la colpa di queste giovani, sia stata appunto quella di studiare e di seguire corsi di lingua inglese, legame con la cultura occidentale, con la quale non deve esserci nessun contatto. Il nome stesso del gruppo estre- Cultura e Società TORMENTATO mista Boko Haram significa “l’educazione occidentale è proibita”. Il presidente nigeriano, accusato dall’opinione pubblica di avere reagito con estrema lentezza di fronte al sequestro, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale, in particolare agli Stati Uniti, per riportare le ragazze a casa; oggi, nelle ricerche sono impegnati esperti dell’intelligence americana, britannica, francese e cinese. Si è creata una mobilitazione generale e Malala, la studentessa pakistana aggredita dai talebani che le volevano impedire di andare a scuola e diventata simbolo del diritto all’istruzione, ha dato il via a una campagna twitter con l’hastag #BringBackOurGirls, sostenuta da tantissimi personaggi del mondo della politica, dell’arte e della cultura, nella speranza di riuscire ad esercitare una maggiore pressione sulle autorità nigeriane, affinché le ragazze vengano restituite alle loro famiglie. Negli ultimi giorni è stato inviato un secondo video in cui si vedono un centinaio di ragazze, che dovrebbero essere le studentesse, vestite con lunghe tuniche scure, con il solo volto scoperto, sedute per terra a pregare e a leggere il primo capitolo del Corano; due di loro con occhi inespressivi raccontano di essersi convertite all’Islamismo. Il leader del gruppo poi afferma che le ragazze saranno liberate in cambio del rilascio dei prigionieri del gruppo. Il governo sembra pronto ad avviare le trattative; inoltre il presidente nigeriano ha chiesto al Parlamento di votare il prolungamento di 6 mesi dello stato di emergenza ( in vigore dal mag- gio 2013) nel nord-est , regione dove sono state rapite le liceali e dove più intensa è l’azione terroristica del gruppo Boko Haram che sembra che dall’inizio dell’anno abbia causato la morte di circa 2000 persone. E’ una situazione drammatica che il rapimento delle studentesse ha posto all’attenzione internazionale. Matilde Dal Canto IV A LC 9 13 Cultura e Società I GLI EUROPEI NEL CO perfidi aguzzini o mmenso. Solo questo aggettivo può descrivere efficacemente il peso che la presenza e il dominio degli europei hanno avuto sulla storia africana. Inutile dire che ci vorrebbero interi trattati per enumerare le conseguenze causate dal colonialismo occidentale nel continente nero. Ma può essere utile e interessante analizzare alcuni aspetti fondamentali di questo lungo processo storico, attraverso varie no poco curandosi delle esidomande e le relative risposte. genze degli indigeni. Le attuali nazioni africane non sono altro Quali sono state le conse- che il risultato di quella spartiguenze negative del coloniali- zione imposta e non spontanea, causa di numerose guerre civismo? Gli europei iniziarono a pren- li. Un caso emblematico è dere possesso dei territori quello del Ruanda. Territorio dell'area subsahariana in un inizialmente tedesco, in seguito momento importantissimo nella storia degli autoctoni. Infatti, le numerose tribù che fino ad allora si erano fatte vicendevolmente guerra stavano cominciando a riunirsi in grandi monarchie nazionali, proprio come era accaduto nel Vecchio Continente durante il Medioevo. Le varie stirpi nomadi avevano iniziato a fondare villaggi stanziali e, per la raccolta di nuove risorse, a preferire il commercio e l'agricoltura alla guerra. Tutto ciò venne spazzato via dai Paesi nostrani, che si spartirono il territorio africa- 12 10 belga, in Ruanda furono costrette a convivere due popolazioni rivali, i Tutsi e gli Hutu, che ormai da due decenni sono impegnate in un conflitto che ha raggiunto picchi di violenza disumani. Ma si potrebbero citare decine di situazioni simili. L'impossibilità, da parte degli africani, di sviluppare una sensibilità culturale moderna, è probabilmente una delle conseguenze più durature dell'imperialismo nostrano. Ci sono state conseguenze positive del colonialismo? Se sì, quali? Nel corso della storia ci sono stati vari difensori del colonialismo, che hanno portato vari Cultura e Società ONTINENTE NERO portatori di civiltà? argomenti a favore dello stes- come il tabacco. Procedimenti rebbe stato meglio se il coloso. Gli europei avrebbero po- simili vengono seguiti anche nialismo non ci fosse mai stasto fine alle varie dilanianti per le miniere e la fabbriche, to. Tutto ciò che accade nella guerre intestine, portando Storia è necesla pace. Costruirono inolsario, nel senso tre strade e ospedali, tutt'oche non poteva ra utilizzati dai governi accadere quallocali, incapaci di creare cosa di diverso nuove infrastrutture. Un da ciò che altro contributo positivo è accaduto, e stato sicuramente l'istruquesto con zione: la creazione di unitutte le conseversità e la demistificazioguenze, positine (riuscita, in realtà, solo ve e negative, nelle classi più agiate) che un avvenidelle antiche pratiche sumento si porta perstiziose barbariche dietro. Ciò che sono state fondamentali, in possiamo fare è Africa, per lo sviluppo di chiederci qual un desiderio di indipenè l'attuale sidenza e di riscatto culturatuazione e, in le, sorto nel XX secolo. caso, cosa poter fare per migliorarla. E' Il colonialismo è davvero arrivato il mofinito? La risposta a questa mento di svidomanda è piuttosto luppare una complessa, poiché samaggiore corebbe più corretto dire scienza umana che si è trasformato. Ne è un dove spesso lavorano minoren- e mondiale, e cercare di capire esempio il fenomeno del ni. Spesso gli sfruttatori stra- cosa accade veramente nel land grabbing (“arraffando nieri sono aiutati dalle corrotte resto del mondo, o possiamo la terra”), tanto caro a varie autorità locali, o anche da vari continuare vivere le nostre multinazionali. In pratica, imprenditori e corporazioni vite, curando solo il nostro gli imprenditori comprano criminali del posto. Il colonia- piccolo giardino? un appezzamento di terreno, lismo occidentale non è quindi dove fanno lavorare gli realmente finito, ma piuttosto Giovanni Giannini II C LC abitanti locali, pagandoli si è evoluto, adattandosi all'atuna miseria e imponendo tuale situazione internazionale. loro un regime di monocoltura, spesso riguardante un ...conclusioni? prodotto non alimentare e Da un punto di vista storico, ha facilmente smerciabile, poco senso affermare che sa- 13 11 Attualità " EARTH DAY una questione di sopravvivenza " utte le persone, a preT scindere dall'etnia, dal sesso, dal proprio reddito o provenienza geografica, hanno diritto ad un ambiente sano, equilibrato e sostenibile." 22 aprile 1970. Mossi da questo principio, milioni di americani, da New York al Texas, si mobilitarono per manifestare a difesa della Terra. Dall'unione e collaborazione di studenti, ecologisti, scienziati, imprenditori e singoli cittadini, nacque un evento che da più di 40 anni coinvolge 175 paesi, la "Giornata della Terra", in inglese "Earth Day". Nato come un'occasione per discutere delle tematiche ambientali e valutare le problematiche del pianeta, questo evento vuole sensibilizzare e portare all'attenzione dell'opinione pubblica e del mondo politico le questioni legate all'ambiente, quali l'inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali che scompaiono e l'esaurimento delle risorse non rinnovabili. Uno dei compiti prefissati è quello, inoltre, di scovare nuovi sistemi per la tutela dell'ambiente e del nostro ecosistema, ogni giorno sempre più minacciato dalle incessanti attività dell'uomo; il riciclo dei materiali, la conservazione delle risorse naturali come il petrolio e i gas fossili, il divieto di utilizzare prodotti chimici dannosi, la ces- 12 sazione della distruzione di habitat fondamentali come i boschi umidi e la protezione delle specie minacciate sono i metodi principali, protagonisti di dibattiti e conferenze. Condividendo gli stessi ideali, 40 anni fa come ora, milioni di persone, di qualsivoglia paese e provenienza geografica, lottano e progettano un mondo migliore per tutti; persone stanche del degrado ambientale in cui verte il nostro pianeta, che non si lasciano fermare dalle distanze kilometriche e che uniscono le proprie forze, consapevoli ora più che mai di non essere cittadini di un singolo Paese, ma del mondo intero. Con l'avvento di Internet, la partecipazione a livello globale all'Earth Day è aumentata notevolmente, tanto che in molti hanno definito le ultime generazioni le "Green Generations". In questa giornata, vengono organizzati eventi che variano da paese a paese: quest'anno ad esempio negli Usa sono stati organizzati giochi, conferenze e animazioni per coinvolgere individui di ogni età; in India l'attenzione all'ambiente è stata protagonista di una fiera del libro; in Moldavia sono stati organizzati corsi per costruire nidi; a Dublino sono stati fatti dei campi-scuola dedicati ai ragazzi; in Italia, che come ogni anno utilizza il linguaggio dell'arte per moltiplicare la sensibilità nei confronti di questo tema, ci sono stati concerti in molte città. A Roma, è stata inaugurata al MAXXI la mostra fotografica "Cambiamo Clima! ”, in cui Shoot4Change svela le immagini degli "Eroi Della Terra" immortalati dai più famosi fotografi nazionali e internazionali. I protagonisti sono tutti quegli individui, famosi o meno, che hanno dedicato la loro vita alla protezione dell’ambiente, da artisti a semplici cittadini. Sempre nella capitale, c'è stata la “Maratona a Km 0 “, nella Riserva Naturale Valle dell’Aniene, una corsa aperta a tutti, pensata per promuovere il verde nelle città, la fruizione dei parchi e il consumo di prodotti locali, così da ridurre l’impatto dell’emissione di gas serra dovuto al trasporto degli alimenti. Inutile dire che non è sufficiente una giornata sola in un anno per salvare il mondo; esattamente come per il Natale, non basta sorridere ed essere gentili col prossimo solo per 24 ore per essere tutti più buoni. È una lotta costante, incessante, che deve coinvolgere il mondo intero, giorno dopo giorno, anche con i piccoli gesti come la raccolta differenziata, o scegliere di fare una passeggiata per le brevi distanze, anziché fare i pigri e prendere la macchina. Siamo noi padroni del mondo, e siamo noi che dobbiamo occuparcene. "Every day is Earth Day!" Mia Martinez II B LC Il Confronto SPERIMENTAZIONE SUGLI ANIMALI S PRO e nei Paesi occidentali la vita media è passata dai 50 agli 80 anni in poco più di mezzo secolo, ciò si deve in gran parte alla ricerca scientifica, che ha saputo produrre farmaci sempre più efficaci proteggendo così la salute dell’uomo. Un farmaco deve da una parte essere efficace nei confronti di una certa malattia, dall'altra danneggiare il meno possibile l'organismo umano in cui viene introdotto. Per brevettare un farmaco però gli scienziati devono attenersi a procedure complesse e rigidamente controllate: il fine è la salvaguardia della salute di chi dovrà assumere i farmaci. Ed è proprio qui che entra in gioco la sperimentazione sugli animali, tappa fondamentale dell’iter per lo sviluppo di un farmaco. Infatti è anche grazie a questa se molte scoperte rivoluzionarie in campo medico (la chemioterapia anti-tumorale, il trapianto di cuore, farmaci antidolorifici, pace maker e molte altre) sono state fatte e applicate al malato. Senza l’utilizzo di animali nei laboratori, la cavia diventerebbe l’uomo: gli effetti collaterali non testati prima potrebbero causare al malato gravi danni, fino alla morte. La sperimentazione animale è quindi indispensabile per la salute dell’uomo. E chi sostiene che esistano metodi alternativi alla sperimentazione animale non sa che i ricercatori sfruttano già questi metodi, come i test in vitro o la simulazione al computer: ma si tratta di metodi complementari, non sostitutivi. Gli animali non vengono mai vivisezionati né maltrattati: esiste una legislazione precisa che li tutela. E comunque quanti lottano contro la sperimentazione animale ritenendo che gli animali abbiano gli stessi diritti dell’uomo dovrebbero, come dice il professor Silvio Garattini, vivere coerentemente con questa posizione, ed evitare cibi, farmaci, prodotti che abbiano comportato più o meno direttamente la sofferenza o il sacrificio di animali. Alice Melosi II C LC E CONTRO tica o progresso? Entrambi i concetti hanno un notevole peso nello sviluppo scientifico a livello mondiale. Tuttavia l’etica è alla base di ogni nostro comportamento ed è essenziale tenerne sempre conto. Nel battersi, infatti, contro la sperimentazione, acclamata come la più sicura forma di progresso, è necessario porre come punto principale della protesta il basso livello etico raggiunto dai ricercatori. Non vi è alcun tipo di etica nel compiere scempi e maltrattamenti nei confronti di poveri ed indifesi animali! Essi vengono selezionati per la loro docilità, come i Beagle, o per la rapida capacità di riprodursi, come i topi. Scevri di difese, questi docili esemplari vengono sottoposti ad atroci sofferenze, che, spesso, non ottengono risultato alcuno. Se questi esperimenti non portano, dunque, a niente di concreto, perché continuiamo ad effettuarli? Non è possibile, infatti, che da una simile ingiustizia possa nascere qualcosa di positivo per la specie umana. Ma esiste un’alternativa alla sperimentazione animale? Non possiamo, certo, effettuare tali esperimenti sull’essere umano! E non possiamo nemmeno esimerci dallo sperimentare, poiché esso è alla base del metodo scientifico. Recentemente la ricerca ha portato buoni risultati nell’utilizzo di sperimentazioni in vitro, dove le cavie sono insiemi di cellule create in laboratorio e poi sottoposte a determinati trattamenti. Tuttavia al fine di rendere una ricerca valida a tutti gli effetti, è necessario il riscontro con sperimentazioni in vivo. In questo modo però si ridurrebbe il numero di animali utilizzati e sarebbe già un importante successo. Potenziando, quindi, tali ricerche potremmo, in un prossimo futuro, allontanarci definitivamente dallo sfruttamento iniquo e doloroso di indifesi esseri viventi. Iacopo Cotalini I A LC 13 Attualità FALCONE E’ MOR C hissà cosa avrebbe detto Giovanni Falcone se avesse assistito alla finale di Coppa Italia giocata il 3 maggio, e caratterizzata da numerosi episodi che niente hanno avuto a che fare con il mondo dello sport? Chissà cosa avrebbe pensato nel vedere Genny a’ Carogna, personaggio notoriamente legato agli ambienti camorristici, che trattava con i calciatori e, in sostanza, decideva se era giusto o meno giocare la partita? Chissà come sarebbe saltato sulla sedia nel sapere che Genny, oggi tanto demonizzato, nel 2012 era insieme ai calciatori del Napoli a festeggiare la vittoria in Coppa Italia? Non lo sappiamo e non potremo mai saperlo: sono ormai ventiquattr’anni che Giovanni Falcone è stato assassinato. Possiamo perciò solo immaginare il suo dolore nel vedere quanto la criminalità organizzata sia rimasta viva e presente nella nostra società, a tal punto da avere potenti infiltrazioni anche nel mondo del calcio. Si chiederebbe se questi quasi venticinque anni trascorsi da quel maledetto 23 maggio 1992 non siano andati sprecati. E la tentazione di dare una risposta affermativa è molto forte: i casi del senatore Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, o dell’ex ministro Scajola, arrestato 12 14 per aver favorito la fuga del latitante Amedeo Matacena, sono emblematici di come la classe politica e il sistema mafioso continuino a collaborare strettamente. Eppure noi vorremmo, anzi vogliamo, rispondere di no: questi vent’anni non sono stati inutili, né tantomeno è stato vano il sacrificio di Giovanni Falcone e del suo collega Giovanni Borsellino, ucciso due mesi dopo, il 19 luglio 1992. Falcone è infatti divenuto il simbolo della lotta alla criminalità organizzata, una speranza per tanti, soprattutto giovani, che vedono un futuro libero da Cosa Nostra, corruzione e delinquenza. La maniera scelta dalla mafia per ucciderlo, piazzando quintali di tritolo sotto un’autostrada, ha dimostrato che non aveva interesse del numero di vittime che un simile attentato poteva provocare: quella doveva essere la loro grande e definitiva vittoria. E invece ha fatto di Falcone un martire, un simbolo. Una speranza a cui molti si aggrappano. Da allora sono nate molte realtà che fanno della lotta alla criminalità organizzata il loro unico scopo: ne sono un esempio “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, istituita da don Luigi Ciotti, la “Fondazione Antonino Caponnetto”, creata dalla moglie del magistrato che chiamò a collaborare al pool antimafia proprio Falcone e Borsellino, il comitato “Addiopizzo” nato per aiutare i commercianti vittime di estorsioni. Certamente, l’impressione è che manchi, come spesso accade, un “aiuto dall’alto”: se a capo della Commissione Parlamentare Antimafia, la prima che dovrebbe vigilare sui rapporti tra mafia e politica, viene messa Rosy Bindi, grande donna che però con il tema non c’entra proprio niente, è evidente che la lotta alla criminalità organizzata non è tra le priorità del governo. Forse non c’è neppure tutto questo grande interesse, visto lo stretto legame tra Stato e mafia, oggetto di una trattativa di cui ancor oggi si sa troppo poco, oggetto delle attenzioni di Giovanni Falcone e, perché no, causa della sua morte. Ma, ormai lo si è imparato, non si può pretendere che lo Stato intervenga in tutto e per tutto: e così rimaniamo noi a dover onorare la memoria di un grande, non tanto con opportuni e passeggeri ricordi o fiaccolate. Servono azioni concrete, decise. Certo, le fiaccolate sono un’ottima sfida alla camorra, una bellissima Attualità RTO, LA MAFIA NO maniera per dire “io non ho paura”, per far vedere che a lottare non siamo soli; ma se, passata la ricorrenza, tutto torna come prima e il “Don Vito” di turno continua a comandare, allora è stato tutto inutile, dalla più semplice manifestazione sino alla mostruosa morte di Falcone. Se, dopo aver stigmatizzato il “povero” Genny a’ Carogna, i giocatori e la società del Napoli Calcio, così come altre realtà sportive della nostra penisola, torneranno a frequentare i loro tifosi, figli dei boss camorristici, allora tutti i discorsi post-finale di Coppa Italia saranno stati inutili. Ma, dopo aver “caricato” di responsabilità la popolazione di una certa parte d’Italia che, nel nostro immaginario collettivo (ma temiamo non solo in quello) si trova a “combattere la mafia” tutti i giorni, cioè a dover pagare il pizzo, ad aver paura per la propria attività, per la propria famiglia, a dover scegliere tra la povertà e la criminalità, forse dobbiamo porci una domanda: è solo quella la criminalità organizzata? Le mafie sono solo un problema del Sud? Oppure ognuno di noi, anche il più fiero “indipendentista” del Veneto, può trovarsi ad avere a che fare con la criminalità organizzata? Noi propendiamo per la seconda opzione: ogni mazzetta, ogni “favore” fatto all’amico di turno, ogni voto di scambio può essere considerata criminalità organizzata, può dare origine, se alimentata e non combattuta, ad un sistema simil mafioso. Anche la criminalità del Sud Italia non è nata in un giorno, né tantomeno le associazioni di stampo mafioso nate negli Stati Uniti (ecco cosa abbiamo esportato all’estero!): perciò il nostro impegno può essere quello di impedire, imparando dall’esempio di Falcone e Borsellino, che nuove forme, anche le più piccole di criminalità organizzata, si sviluppino intorno a noi. E forse anche solo così potremo dire di aver onorato la memoria di Falcone, che per questa lotta accettò di perdere tutto, nella speranza che altri continuassero sulla sua strada. Per la mafia la morte di Falcone doveva essere la fine, lui si auspicava che invece fosse l’inizio. Ad oggi, la situazione non è molto diversa da allora e forse ci mancano anche delle ancore di salvezza come lo furono Falcone e Borsellino. Ma perché non sperare comunque in un futuro migliore, in un futuro in cui nessuno dovrà rivolgersi alla delinquenza per sopravvivere, in cui i politici renderanno finalmente conto ai propri cittadini, in cui lo sport sarà epurato da personaggi di dubbia moralità? Sperando di non vedere più immagini come quelle della passata finale di Coppa Italia, ai posteri l’ardua sentenza. Alessandro Marchetti II C 15 13 Attualità “ IL DEGRADO ANCHE DIET La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato [cfr. art. 13 c. 4]. Non è ammessa la pena di morte.” Al ventisettesimo articolo della nostra costituzione, riportato e spesso citato anche tra i suoi principi fondamentali, l’Italia sarebbe chiamata a rispondere con pene che tendano e siano finalizzate alla rieducazione del condannato. Certo nessuno di noi potrebbe stupirsi al rendersi conto di come, ancora una volta, il nostro bel paese non tradisca le nostre aspettative venendo meno alle sue prerogative, ma non possono chiederci di non indignarci quando veniamo sapere che i nostri detenuti trascorrono 24 ore al giorno in pochi metri quadrati senza ricambio d’aria o di luce. Una condizione che, rasentando in alcuni casi la “cattività”, toglie ai carcerati ogni possibilità di riscatto e recupero sociale, ma che anzi accentua istinti violenti o stati depressivi e aggrava le malattie dei detenuti. Senza contare che, escluse alcune carceri minori dislocate lungo la penisola, in cui è il volontariato ad operare attraverso l’organizzazione di 16 laboratori pratici e manuali, mancano spesso a questi stessi detenuti percorsi finalizzati al reinserimento sociale o forme di assistenza psicologica. Non è però così semplicemente che si risolve l’opera di violazione della loro dignità. La negligenza delle nostre istituzioni non risparmia infatti neanche le vitali e primarie esigenze di quegli uomini e di quelle donne costretti ad arrangiarsi, per tutto il tempo della loro permanenza in carcere, con la sola piccola saponetta e il solo pacco di rotoli di carta igienica che vengono forniti loro al momento dell’ingresso e una volta terminati i quali spetta alla fantasia del lettore immaginare come essi possano provvedere a supplirne la mancanza. Ma tanto per non lasciare infondato l’elogio dello spiccato “senso di umanità ” dimostrato dal nostro Stato ritengo opportuno menzionare anche che le speranze di riuscire a lavorare durante la detenzione, sia per tenere la mente occupata che per costruirsi un futuro una volta liberi, continuano ad affievolirsi. Per portare alcuni esempi basti pensare che in Lazio solo il 10% dei detenuti della regione lavora attualmente all’interno dell’amministrazione penitenziaria, il 24% in Veneto e il 38% in Lombardia. Mentre le aziende in carcere, finanziate e in sviluppo all’estero, sono praticamente inesistenti in Italia. Ci spieghiamo allora perché il carcere da scuola di seconde opportunità sia diventato luogo di morte, e non metaforicamente: nel corso dell’anno 2013 i detenuti deceduti in carcere non hanno per un soffio superato il centinaio. Tra le cause, 24 decessi per malattia, 47 per suicidio e 28 per motivi che devono ancora essere accertati ma si sospettano violenze o abusi di potere tra le cause. Migliora leggermente, invece, secondo l’osservatorio di Antigone, la situazione dei minorenni in carcere. Negli istituti di pena minorili, infatti, ben l’85,6% dei ragazzi uscirà in seguito all’applicazione di una misura cautelare alternativa. Significativo anche l’andamento dei minorenni che saranno collocati presso le comunità sia ministeriali che private, tra il 2001 e il 2012 (ultimi dati disponibili) che sono passati da 1.339 casi nel 2001 a 2.037 nel 2012. Attualità TRO L’ANGOLO: LE CARCERI Una tendenza che in questi anni ha contribuito a contenere le presenze in carcere. Un discorso molto simile quello della messa in prova ai servizi sociali. Si è passati da 788 provvedimenti nel 1992 a 3.216 nel 2011 con un incremento quasi del 400%. Un accenno infine all’esigenza di contenere le presenze in carcere: quella del sovraffollamento delle strutture infatti, di come in una cella omologata per due persone ce ne vengano regolarmente ammassate fino a cinque, è una storia che tutti conosciamo o che abbiamo almeno sentito, e che senza paura di esagerare possiamo definire uno dei principali fautori dell’attuale degrado. Per verificarlo non occorre neanche andare tanto lontano, ma basterebbe seguire una di quelle volanti penitenziarie che vediamo sempre passare dalle aule del Machiavelli, una di quelle le cui sirene interrompono le spiegazioni dei professori permettendo ai nostri neuroni di prendere fiato; proprio una di quelle dirette al carcere S.Giorgio di Lucca, che alcune classi della nostra scuola avranno la fortuna di visitare e di vivere, anche se per non più di una mattinata. Un progetto nato e propostoci per andare a toccare con mano la realtà dei nostri detenuti, per aprire gli occhi e compiere un passo di consapevolezza verso quel piccolo mondo a parte, il carcere, spesso ignorato e forse temuto ma che non chiede in realtà altro se non di essere conosciuto, compreso e ascoltato così come le Persone che lo abitano. Rachele Pellegrini II B LC 13 17 Musica EYES WID I l mio articolo, per questo mese, non sarà un articolo pretenzioso, né particolarmente complicato, anzi. Questo articolo sarà una semplice lista di raccomandazioni. Vi presenterò attraverso una breve descrizione alcuni gruppi che A MIO PERSONALE PARERE, in Italia o non sono molto conosciuti, o non viene loro dato, sempre secondo me, il giusto riconoscimento. Senza ulteriori indugi, visto che credo che non servano, essendo probabilmente facile per voi da capire il meccanismo con cui ci muoveremo attraverso questo articolo, cominciano. - Bastille. Il primo gruppo a cui voglio introdurvi vi sarà forse noto per una canzone che fino a questa estate sentivamo girare in ogni radio, ovvero “Pompeii”. Questa canzone dal tono accattivante è appunto cantata dai Bastille. I Bastille sono un gruppo musicale britannico, formatosi a Londra nel 2010. Solo nel 2013 raggiungono il “successo” meritato, o perlomeno, se di successo non vogliamo parlare, la giusta riconoscenza. Il nome del gruppo deriva dal giorno della Presa della Bastglia, il 14 Luglio, giorno in cui è 12 18 nato il loro Frontman, Dan Smith. Il loro genere musicale può essere considerato un mix fra rock alternativo (perché sì, ogni tanto il rock esiste ancora) e Synth Pop. Cosa è il Synth Pop vi starete chiedendo? Questo genere musicale deriva dall'unione di influenze pop, rock e della new wave. Potremmo definirlo in conclusione come un rock più ricercato. Per ora i Bastille hanno all'attivo solo 2 album, ma mi sentirei comunque di scommettere su di loro. Consigliato l'ascolto: Apparte l'immancabile Pompeii, che è comunque una bellissima canzone, consiglierei anche Laura Palmer, Flaws ed Overjoyed. mix fra musica indie e un pochino di elettronica. Le loro canzoni sono state usate per vari spot pubblicitari, lo show televisivo Glee ne ha fatto una cover, e due brani sono stati usati nelle colonne sonore di “Hunger Games: Catching Fire” e “The Perks of Being A Wallflower”. Consigliato l'ascolto: It's Time, On Top of the World, Radioactive, Bleeding Out. -Hurts. Gli Hurts sono un duo britannico formatosi nel 2009 a Manchester. Hanno raggiunto il successo in scala ridotta, solo nel Regno Unito, sebbene credo che avrebbero molto da offrire. Come nel caso dei Bastille il loro genere varia dal Synth Pop, alla musica elettronica, alla New Wave. Sono uno dei pochi gruppi esistenti a praticare ancora questo genere musicale. Hanno pubblicato due album, Happiness del 2010 e Exile del 2013. Oltre a cantare si dilettano anche nel produrre remixes per grandi nomi come Lady Gaga o Mylène Jeanne Gautier, cantautrice francese. Consigliato l'ascolto: Stay, Somebody to die for. - Imagine Dragons. Gli Imagine Dragons sono un gruppo statunitense, fondatosi a Las Vegas per la precisione. In Italia sono famosi per la loro hit “Demons” uscita tuttavia almeno due anni dopo rispetto al resto del mondo. Il loro nome è criptico. Il gruppo ha affermato che il vero significato del loro nome sta in un anagramma, ma non ha mai voluto rivelare quale fosse quello giusto. Le ipotesi più probabili sembrano essere quelle che lo riportano a “Agonising Dream” e Omega and Rising”. Il loro genere musicale si colloca fra - Mumford and Sons. rock alternativo e Indietronica, I Mumford and Sons sono un che sarebbe in parole povere, il gruppo inglese formatosi nel Musica DE SHUT 2007 a Londra. Fra i gruppi che ho citato finora è forse il più conosciuto, specialmente in patria, sebbene il loro genere non sia poi così popolare nel mondo. L'indie folk non è infatti così riconosciuto nelle grandi industrie musicali, sebbene a mio parere sia un genere di tutto rispetto e soprattutto molto gradevole all'ascolto. Le loro influenze confluiscono anche nell'Indie Rock e nel Rock Alternativo. Nelle loro canzoni sono ritrovabili strumenti musicali che non sono così consueti nelle altre band, ovvero l'organo, il banjo o la chitarra resofonica. I Mumford and Sons sono famosi per i loro testi struggenti e poetici, e grazie al loro carisma, sono stati invitati anche ad uno dei festival musicali più importanti al mondo, il Glastonbury Festival. Nel 2013 il loro album “Bebel”, ottiene anche un Grammy come “Miglior Album”. Una cosa da niene direi. Hanno inoltre scritto canzoni per il film Disney Brave (un gioiellino di film), reinterpretate poi da Birdy (se non sapete chi sia, vi consiglio di cercarvi anche lei), e per la versione cinematografica del 2011 di “Cime Tempestose”. Consigliato l'ascolto: I Will cantanti che per ragioni di Wait, I Gave you All, Lover's lunghezza non ho potuto inseEyes, Hopelesse Wanderer. rire. Se avete voglia dateci un'occhiata, meritano! P.s: Nella foto allegata sono presenti nomi di altri gruppi e Silvia Giorgetti II C LC 13 19 Cinema LIAM L ’attore nordirlandese nato nel 1952 è uno dei protagonisti del cinema moderno, in particolare del cinema avvincente e pieno d’azione. Pur non avendo mai vinto niente di significativo ha comunque sempre saputo coinvolgere nel modo più assoluto il pubblico. Lei sue interpretazioni sono sempre state accattivanti e profonde dai ruoli più drammatici a quelli più esilaranti. Nelle varie pellicole ha sempre rappresentato la figura positiva da contraltare a quella dell’antagonista. Per questo lo possiamo definire un uomo (stra) ordinario. Nonostante ormai i suoi lavori non tocchino più il pubblico con scene drammatiche bensì con sparatorie e zuffe il nostro eroe ordinario è stato consacrato al successo con un film di ben altra caratura. Schindler’s List Capolavoro di Spielberg, (forse l’unico dei suoi film a scostarsi dalle sue classiche americanate) ha battezzato Neeson in un mondo monopolizzato da Il Re Leone e da 12 20 Forrest Gump. Ne emerge un cult del cinema drammatico, ambientato nella Germania nazista degli anni ’40. Nei panni di Oskar Schindler, imprenditore tedesco e fedele sostenitore del partito estremista, Neeson ci offre una completa visione del cambiamento secondo una via razionale che ha compromesso la politica nazista. Comincia la sua carriera come gestore di un’impresa di pentole e tegami per l’esercito tedesco utilizzando come manodopera cittadini ebrei. Ben presto la sua impresa, privata dei lavoratori più attivi, sull’orlo del fallimento cambia la produzione passando ad armi e granate, questo per giustificare e assicurare buon guadagno e sicura manodopera. L’allora giovane attore nordirlandese ci mostra bene come agisca la ragione sui suoi veri fini e come prende vita la contraddizione che in seguito lo trasformerà in eroe: infatti se assumere ebrei era a scopo di lucro alla fine del film diventa un pretesto per salvare centinaia di semiti. Spielberg, come ci ha già dimostrato, ha la capacità di colpire lo spettatore in maniera straordinaria, la scelta del bianco e nero ne è un esempio. Per mezzo di questa ha reso più suggestive le scene di massima importanza quali il prologo e l’epilogo. Questo in particolare mostra i veri superstiti all’Olocausto salvati dal vero Schindler. Cinema NEESON Io Vi Troverò Bryan sarà quello di salvarle con l’ausilio non solo delle sue abilità, ma anche con il lavoro congiunto dei Servizi Segreti statunitensi e francesi. Nonostante il titolo italiano sia “Io Vi Troverò” il ruolo della ragazza amica di Kim è secondario e dunque non ha quell’importanza che ci si dovrebbe aspettare dalla presentazione. Questo film apre un ciclo che dal 2008 ad oggi ha caratterizzato il nostro eroe ordinario. Infatti i personaggi delle pellicole successive seguono quasi lo stampo di Bryan Mills sebbene quest’ultimo rispetto agli altri abbia doti fisiche e mentali superiori al personaggio d’azione medio. Stavolta in veste di ex agente della CIA, Bryan Mills ormai in pensione cerca di riprendere i rapporti con la famiglia, alla quale per il peso della sua occupazione non ha mai dato la giusta attenzione. Ma quando crea un minimo contatto con la figlia diciassettenne Kim, quest’ultima decide di partire per Parigi. Nella capitale francese la ragazza insieme ad una sua amica diventa appena atterrata prima bersaglio e poi vittima della mafia albanese: infatti nell’alloggio le due californiane vengo rapite e costrette alla prostituzione con un conseguente consumo di droghe per facilitare i malavitosi a sfruttarle il più possibile. Il ruolo di Davide Innocente V A LC 13 21 Cinema LA GRANDE L a notizia dell’Oscar a Paolo Sorrentino per La Grande Bellezza ha oscurato per un breve periodo tutte le altre vicende nazionali. Poteva essere l’occasione per non parlare di politica una buon volta, ma come prevedibile il film è solo servito per continuare a discutere della nostra classe dirigente. Difatti in molti hanno letto nella pellicola di Sorrentino una metafora dell’Italia, corrotta e alla deriva, con alle spalle la bellezza di un passato splendente. In sostanza un racconto nichilista sulla decadenza di Roma e di una nazione. Ma è un’interpretazione errata: Sorrentino e Toni Servillo (Jep Gambardella) lo hanno ripetuto in più occasioni. La Grande Bellezza è capace di parlare a chiunque proprio perché non tratta di Roma ma, attraverso la sfondo della Città, allarga la sua riflessione al disagio generale dello stare al mondo, alla fatica di vivere, al “dolore del campare”, al rapporto con l’effimero e l’insensatezza, comune a ogni latitudine. È un racconto che procede per ellissi ed associa- 12 22 zioni, che non segue una continuità narrativa. Un linguaggio che turba e affascina, che permette di rendere al meglio quello che è anche un viaggio nella memoria del protagonista. E la riflessione esistenziale parte e si sviluppa proprio intorno alla ricostituzione del ricordo. Jep inizia a interrogarsi, a tirare le fila della propria esistenza, appena compiuti sessantacinque anni, recuperando i momenti della sua infanzia, attraverso un confronto fra maturità e fanciullezza constante per l’intero film. Jep guarda a quello che era, a quello che avrebbe voluto diventare, ed al suo presente. Quando da ragazzo, dalla provincia, arriva a Roma, pensava di conquistarla; aveva scritto un libro, “L’Apparato Umano”, di discreto successo, ma ora si trova in un en passe in cui non ha più le parole per raccontare ciò che lo circonda. Passa le notti agli eventi mondani della città e va a dormire quando gli altri si svegliano. Ma né nei drink né nel sesso Jep trova più piacere. È colui che non vive. Tutto perché non riesce a mettere ordine in una vita costellata di contraddizioni tra bassezza e sublime, tra vita e morte, tra sentimento e vuoto. Un enorme calderone dove convivono “Proust e Ammanniti” , dove ogni cosa si unisce alle altre in un miscuglio impossibile da scindere, in cui non si riesce a trovare un senso. “Guarda 'sta gente, 'sta fauna. – afferma Jep - Questa è la mia vita, non è niente. Flaubert voleva scrivere un romanzo sul niente, non c'è riuscito. Ci posso riuscire io?” Durante una delle feste a cui partecipa, Jep, da scrittore, cita l’incipit di un romanzo di Breton e si domanda: “Chi sono io?” E non sa rispondere. Questo smarrimento dell’identità lo identifica nel momento più basso di ogni festa veramente decadente: il trenino. Una dan- Cinema BELLEZZA za vuota che rappresenta un “mulinello di insensatezza”, dove la non-comunicazione, l’ipocrisia, il gioco di ruolo sono al loro apice. Jep ne è pianamente consapevole e dalle sue parole emerge tutta la sua fragilità. La fragilità di un uomo che sa di assistere a qualcosa che non ha senso. Lo stesso che chiede ad alti prelati consiglio su questioni legate alla spiritualità, alla vita, alla morte, all’esistenza. Queste domande rimangono però inevase. E i trenini corrispondono al desiderio di evadere continuamente questi interrogativi. Jep si sente vuoto, senza motivazioni e obiettivi, sempre più lontano dalla grande bellezza. Ma è proprio la sua fallimentare ricerca del senso della vita la ragione per cui ha perso la capacità di scrivere, per cui dissipa il suo talento sedotto e deresponsabilizzato dal vizio. Dietro di sé lascia una scia di occasioni mancate e coltiva una grande passione per gli sbagli, giustificandosi che tanto è tutto inutile. Ma Jep in realtà si nasconde da quella sua parte sentimentale con cui non ha fatto i conti e che si libera emblematicamente al funerale del figlio di un’amica, dove, contrariamente alle sue stesse regole, Jep piange. Qualcosa di importante esiste: sono il sentimento e le emozioni alla base di tutto, recuperate attraverso il ricordo. Jep capisce che non dimenticare il suo primo amore, riscoprire l’intensità della sua prima volta una notte d’estate gli permette di ritrovare quel senso che ha tanto ricercato. E la Grande Bellezza è proprio questo: il ricordo dell’attimo decisivo. È l’indimenticabile, tutto ciò che rimane impresso nella memoria. Ricostituendosi con esso si assapora l’importanza di un momento passato. Si ritrova il senso “sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore”, svelando “il silenzio e il sentimento. L'emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza.” Perché la vita è perlopiù uno spreco di tempo, i cui momenti decisivi sono tanto brevi da non esistere quasi, ma in realtà sono l’unica cosa che si trattiene e per cui vale la pena di vivere. Jep la definisce un trucco, ossia che nasconde il proprio senso, sembra farlo sparire e non esistere, ma, sotto il velo, c’è. E a questa conclusione arriva soltanto dopo aver riscoperto il suo momento decisivo. Jep ritrova le parole per scrivere, e attraverso di esse può, forse anche illusoriamente, mettere ordine in un mondo che sembra non averlo. accostare la grandezza del passato alla decadenza delle feste, che non sono metafora di un paese in crisi, ma di uno smarrimento interiore dell’uomo; di giocare con la necessità di Jep di riconciliarsi col sublime. Ma a differenza di quella de La Dolce Vita di Fellini, realistica e fissata in un periodo preciso, la Roma di Sorrentino è quasi metafisica, aldilà del tempo, e con una forte dimensione romanzesca. Il vero punto di contatto con Fellini, a cui troppo grossolanamente si è paragonato, consiste semmai nel rappresentare, come ne La Dolce Vita, mondi che suscitano smarrimento per un’esistenza apparentemente priva di obiettivi, eppure che trasuda piacere, erotismo e suadenti promesse. Nel raccontare quell’ambiguo sentimento di attrazione indissolubilmente legato al rifiuto. E l’arrivare, come in 8½, a conclusioni ottimistiche. La Grande Bellezza non è quindi un seguito de La Dolce Vita, né un remake; è un film che deve molto a Fellini ma che sa distaccarsene seguendo una direzione del tutto personale e che consiste nell’opera più matura di Sorrentino. Roma è la scenografia perfetta Marco Ridolfi che permette a Sorrentino di II C LC 13 23 Ultime Uscite ULTIME USCITE MUSICA LIBRI FILM Lana Del Rey, Ultraviolence, Maggio 2014 Neil Young, A Letter Home, Maggio 2014 Oasis, Definitely Maybe, Maggio 2014 Paul Weller, Brad New Toy, 02/05 Anastacia, Resurrecition, 06/05 Ben Harper, Childhood Home – 06/05 Brian Eno/Karl Hyde, Someday World – 06/05 Black Keys, Turn Blue, 13/05 Coldplay, Ghost Stories 19/05 Deep Purple, Made in Japan – 19/05 Billy Joel, A Matter of TrustThe Bridge to Russia: The Music – 20/05 Celine Dion, Celine Une Seule Festival FOIS/Live 2013 – 20/05 Young the Giant, Mind Over Matter, 20/05 Tiziano Terzani - Un'idea di destino, Longanesi, 19,90€ Alice Munro - Uscirne vivi, Einaudi, 19,50€ Paolo Giordano - Il nero e l'argento, Einaudi, 15€ Anne Holt - Quale verità, Einaudi, 19€ Joe R. Lansdale - Notizie dalle tenebre, Einaudi, 19€ Jonathan Franzen - Il progetto Kraus, Einaudi, 19,50€ Nicolai Lilin - Il serpente di Dio, Einaudi, 20€ Haruki Murakami L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, Einaudi, 20€ Andrea Molesini – Presagio, Sellerio, 12€ Piergiorgio Odifreddi - Sulle spalle di un gigante, Longanesi, 16,90€ Andrea Camilleri - Segnali di fumo, Utet, 14€ Welcome To New York, drammatico, Regia di Abel Ferrara. Con Gérard Depardieu. Freda - La segretaria dei Beatles, documentario, Regia di Ryan White. Maleficent, avventura, Regia di Robert Stromberg. Con Angelina Jolie. Edge of Tomorrow - Senza domani, azione, Regia di Doug Liman. Con Tom Cruise. Goool!, animazione, Regia di Juan José Campanella. Ana Arabia, drammatico, Regia di Amos Gitai. Resistenza naturale, documentario, Regia di Jonathan Nossiter. In ordine di sparizione, azione, Regia di Hans Petter Moland. Giraffada, drammatico, Regia di Rani Massalha. 12 24 Eventi F LACRIMA DI LUCE ino al 25 maggio 2014, è stato possibile visitare a Palazzo Fava, a Bologna, il capolavoro di Johannes Vermeer. L’opera, realizzata nel 1665, raffigura una giovane donna posta al centro di una silenziosa oscurità. Il suo volto è imperturbabile, il suo sguardo immobile, ma si percepisce comunque un movimento costante, vivido, provocato dal candore della luce che precipita sull’immagine. L’espressione emana un senso di stupore, o forse timore. Gli occhi sono fermi, trapassati da una lama bianca. Le labbra socchiuse pare vogliano dire tutto e niente. Labbra che ieri si perdevano tra sorrisi e parole, oggi sono immortalate in un’algida atmosfera di luci e di ombre. Ed eccola là, intravista ma osservata, sfuggita ma catturata, luce e ombra. La Perla, impercettibile ma essenziale, è una lacrima dolce appartenuta ad una giovinezza tramontata e irripetibile. Adesso sola, adesso inutile, ingoiata da un buio presente, consapevolezza di un’innocenza perduta. Chiara Bartoli V B LC CINEFORUM EZECHIELE Giovedì 29 maggio 2014 ore 21.30 Auditorium Fondazione Banca del Monte di Lucca IL BRAVO, IL BELLO, IL CATTIVO di Pietro Germi – Italia 2009 – 60’Ingresso gratuito per i soci Martedì 3 giugno 2014 ore 21.30 Cinema Astra – Anteprima nazionale THE IMAGO di Emiliano Galigani – Italia 2014 – 115’ Mercoledì 4 giugno 2014 ore 21.30 Auditorium Fondazione Banca del Monte di Lucca L’ANNO SCORSO A MARIENBAD di Alain Resnais – Francia 1959 – 91’ Ingresso gratuito per i soci 1974 – 120’ con Claude Rich, Jean-Paul Belmondo v.o. originale con sottotitoli italiani Ingresso gratuito per i soci Mercoledì 18 giugno 2014 ore 21.30, Auditorium Fondazione Banca del Monte di Lucca L’AMOUR À MORT di Alain Resnais – Francia Mercoledì 11 giugno 2014 ore 1984 – 92’ con Pierre Arditi, 21.30, Auditorium Fondazione Fanny Ardant Banca del Monte di Lucca v.o. originale con sottotitoli STAVISKY IL GRANDE italiani TRUFFATORE di Alain Resnais – Francia Ingresso gratuito per i soci 25 13 Oroscopo IL FANTAOROSCOPO DI Ariete (21.3/2O.4) = Quest'estate si presenta come un'ottima occasione per comprare un nuovo letto ed entrare a far parte di un'associazione che protegge le lucciole dall'essere imprigionate sotto il bicchiere. Non ti curar di Giove, ma fischietta e passa! ranno il tostapane: peccato, non li fanno più come una volta. In compenso il vostro frigo vi aiuterà a sopportare il caldo. Marte vi vuole campioni di ping-pong. Leone (23.7/23.8) = Quest'estate vi scambieranno per il protagonista di un nuovo film grazie all'influenza di Plutone: penna Toro (21.4/2O.5) = Quest'estate tenderete nel taschino, preparatevi a estenuanti a sviluppare una mania per le previsioni serie di autografi. La vostra maggiore meteo, una ripulsione per i cibi esotici e preoccupazione saranno gli involtini priavrete l'opportunità di dimostrarvi ottimi mavera. ballerini. Saturno tra le scatole: sarà il caso di trasferirsi? Vergine (24.8/22.9) = Diamoci una mossa, sarà un'estate movimentata! Mercurio sta Gemelli (21.5/21.6) = Quest'estate attenti organizzando un camper di supereroi per ai rapimenti alieni! Venere vi suggerisce di venirvi a prendere e portarvi sulla luna. farvi offrire ripetutamente da bere da Attenti ai crateri, e non dimenticatevi il ragazze indifese o molto simpatiche. sale (per la pasta). Buttate orologio e calendario: carpe diem! Bilancia (23.9/22.1O) = Quest'estate verCancro (22.6/22.7) = Quest'estate vi rube- rete messi alla prova: Saturno vi investirà 12 26 Oroscopo MADAME GIOBERTA con un camion di sorprese, ansie e ali di ma non disperate. Risolverete la cosa con pollo piccanti. Per distrarvi fate una giravol- una scorpacciata di orsetti gommosi, sotto ta, fatela un'altra volta. consiglio di Venere. Scorpione (23.1O/22.11) = Quest'estate sarà all'insegna della libertà cosmica! Darete fuoco a un sacco di cianfrusaglie per scostarvi dal passato, ma salverete la foto buffa del vostro amico per ricattarlo. Plutone vi spingerà a leggere molto, ma sappiate che la carta taglia. Sagittario (23.11/21.12) = Relax, quest'estate vi coglie una sonnolenza inaspettata. Scuotetevi Urano dalle spalle, bevete tè indiano e almeno iscrivetevi alla maratona di quartiere. Un cane vi sbaverà addosso. Succede… Acquario (21.1/19.2) = Quest'estate berrete solo frullati di papaya e menta. Com'è che si dice..? De gustibus. In tivù non c'è nulla, uscite e andate a farvi del male (metaforicamente!). Soffrire è vita. Attenzione ai filtri d'amore. Pesci (2O.2/2O.3) = Quest'estate Mercurio vi promette un'ondata di passioni e calzini spaiati. Non fatevi scoraggiare dall'odore di Autan nell'aria e l'insurrezione dei vostri nani shintoisti da giardino non vien per nuocere: si proporranno di ridipingervi la casa. Capricorno (22.12/2O.1) = Alt! Risparmiate le energie per quest'estate: uno sciame di libellule impazzite investirà la vostra casa, 27 13 Ringraziamenti Hanno collaborato a questo numero: Marco Ridolfi Alessandro Marchetti Mia Martinez Rachele Pellegrini Giovanni Giannini Silvia Giorgetti Alice Melosi Iacopo Cotalini Matteo Anastasio Davide Innocente Matilde Dal Canto Chiara Bartoli Madame Gioberta Ringraziamenti speciali a Prof.ssa Visconti Elisabetta Prof.ssa Batistoni Donatella Prof. Galletti Paolo per la correzione delle bozze Sig. Stefano Giampaoli per la collaborazione in fase di impaginazione Prof. Giorgio Macchiarini per la stampa del giornalino Copertina e vignette: Marco Ridolfi SUDOKU 12 28 LEGGETECI ONLINE SU: studentimachiavelli.wordpress.com Profilo Facebook: Machiavelli Espresso Redazione [email protected]