Migliorano le cure e i comfort per i pazienti affetti da disturbi alimentari

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Migliorano le cure e i comfort per i pazienti affetti da disturbi alimentari
Febbraio - Marzo 2012
ospedaleniguarda.it
Poste Italiane Spa
Sped. abb.post. Dl n. 353/2003
art 1 (comma1) D&B Milano
DISTRIBUZIONE
GRATUITA
Migliorano le cure e i comfort per
i pazienti affetti da disturbi alimentari
I familiari avranno la possibilità di stare accanto ai giovani ammalati
iale
r
o
t
Una scelta
i
Ed
strategica: non siamo
distributori d’esami
Qualche giorno fa la carta stampata in un
articolo apparso dal titolo “Sanità, un anno
per un’ecografia” redatto sulla base di una
“graduatoria” pubblicata da Altro Consumo, ci
ha additati come l’ospedale dalla maglia nera
per i tempi di attesa, in particolare per un esame
specifico, l’ecografia addominale.
Noi riteniamo di avere la maglia rosa in tanti
settori e di dover migliorare in molti altri ma
comunque di non meritare l’ultimo posto in
tema di ecografie come per altri accertamenti
specialistici, siano visite che esami strumentali.
Voglio anche su questo giornale motivare e
precisare la strategia e l’attenzione al bisogno in
base alla quale si organizza il servizio e l’offerta
per i pazienti in quest’area, come in altre.
Corrisponde al vero che in questo momento
abbiamo un’attesa per l’esame di ecografia
addominale, senza indicazione d’urgenza, che
supera i tempi standard regionali, ma voglio dare
una serie di dati su cui riflettere:
- sono state eseguite nel 2011 solo per
i pazienti esterni ambulatoriali 6.497
ecografie addominali, tra prime visite,
bollini verdi e controlli;
- a questi numeri vanno aggiunte 2.420
ecografie addominali effettuate per i
pazienti ricoverati;
- a fronte di questo dato, riferito solo
alle Eco Addominali, il totale di tutte le
tipologie di ecografie eseguite nel 2011
è pari a 55.661.
CONTINUA A PAGINA due
Pasquale Cannatelli
Direttore Generale Niguarda
Customer satisfaction 2011
Anoressia e bulimia - Il Centro si amplia
Da 22 anni in prima linea contro i disturbi
alimentari, dall’anoressia alla bulimia,
dall’obesità morbigena ai binge eating disorders:
Il Centro di Dietetica e Nutrizione Clinica
si è ampliato e si è ammodernato. I letti della
nuova struttura sono 12, 6 destinati ai pazienti e
altrettanti ai genitori a cui è offerta la possibilità
di stare al fianco dei loro figli in questa delicata
Storie
battaglia contro la malattia. “Quando questa
patologia era poco nota e i malati erano spesso
in balia di proposte terapeutiche frequentemente
non basate su presupposti scientifici, noi
abbiamo cominciato a parlare di anoressia come
una malattia vera da curare - spiega Maria
Gabriella Gentile, Direttore del reparto -”.
CONTINUA A PAGINA due
Nuove tecnologie
Ecco le pagelle dei nostri pazienti
La mia casa è alla Ca’ Granda Lokomat: il “robot”
Dopo aver perso le gambe, un
per la riabilitazione
iù di 3.000 questionari. Due volte
all’anno la rilevazione viene
condotta dall’Ufficio Relazioni
con il Pubblico, in collaborazione con
l’Università IULM. Da 1 a 7: la scala di
valutazione, dove il 5 significa “soddisfatto”.
Questa è la Customer Satisfaction. Scopo
dell’indagine è quello di valutare il servizio,
sondando attese e percezioni dei pazienti,
nell’ottica di un continuo miglioramento.
Ecco i dati del 2011, freschi di elaborazione.
a un lato c’è S.C., un uomo di 55 anni,
rumeno, in Italia chissà da quanto e
chissà perché, che aveva fatto della
strada la sua casa. Dall’altro c’è un intero
reparto, i medici e fisioterapisti della Medicina
Riabilitativa e Neuroriabilitazione, supportati
dal prezioso lavoro degli assistenti sociali,
un mediatore culturale e i volontari della
Commissione Visitatrice di Niguarda.
Una strategia apprezzata
P
CONTINUA A PAGINA undici
senzatetto ha vissuto 9 mesi a Niguarda
D
CONTINUA A PAGINA tre
All’Unità Spinale di Niguarda anche
il Progetto “Spazio Vita”
A PAGINA due
APPROFONDIMENTI SUI NUOVI
MODELLI ORGANIZZATIVI
L’INTENSITÀ DI CURE
Medici e infermieri a convegno
A PAGINA 9
Periodico di informazione dell’Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda
Il giornale di Niguarda
Anno 7 - Numero 1
due
Migliorano le cure e i comfort per i disturbi alimentari
SEGUE DALLA PRIMA
I dati
Attualmente vengono seguiti
1.000 pazienti all’anno affetti
dalle varie forme di disturbo
del comportamento alimentare
e da obesità morbigena, con un
25% di pazienti che arrivano
da altre regioni e sono
più di 30.000 le prestazioni
ambulatoriali.
“Per quanto concerne l’anoressia e la bulimia,
l’età prevalente, al 90% femmine, va dai 14 ai
18 anni -spiega Gentile- ma abbiamo un 15% di
casi che riguardano ragazzine di 12 anni”.
Dove si trova
Il centro si trova al padiglione 11. Al primo
piano c’è il reparto che accoglie i casi più gravi.
Qualche piano più in su, al
quarto, c’è il day hospital,
dove ogni giorno le pazienti
si ritrovano: una media di
40 al giorno seguite da un
équipe composta da 30
persone. Medici, psicologi,
psicoterapisti, dietisti e
infermieri specializzati. Più
una schiera di volontari messi
a disposizione dall’associazione Erika, voluta
dai genitori dei pazienti, e che dà sostegno alle
famiglie che chiedono aiuto al Niguarda perché
colpite dal dramma dell’anoressia.
postazione multimediale è stata realizzata grazie
ai fondi ricavati dalla vendita del libro “Caro
papà Natale… ti scrivo” a cura dell’Associazione
culturale Moretti.
“Grazie all’aiuto di educatori messi a
disposizione dall’associazione Erika -spiega
Gentile- questo laboratorio funzionerà come
possibile momento di svago e alleggerimento per
i giovani pazienti che spesso si isolano a causa
della loro malattia”.
Una nuova aula informatica con 4 pc (più
uno che si trova nell’area della degenza) è
a disposizione dei pazienti del centro. La
Email: [email protected]
Telefono: 02 6444.3987 - 340 2575913
Orario: lun: 10.00-12.00/ 14.30-16.30
mart-ven: 14.30-16.30
I numeri
•
•
Multimedialità
Associazione ERIKA
Associazione per la lotta ai disturbi
del comportamento alimentare
•
•
Il reparto si sviluppa su un’area di 600 mq, è dotato di 6 stanze a 2 letti per i pazienti e per
i loro familiari. Ampio spazio è stato dedicato alle attività di relax e le terapie occupazionali.
Ogni anno vengono ricoverati circa 1.000 pazienti affetti da anoressia, bulimia nervosa,
binge eating disorders, obesità morbigena, ed altre patologie.
L’attività ambulatoriale assicura oltre 30.000 prestazioni l’anno.
Il 25% dei malati accolti in regime di ricovero proviene da fuori regione.
Lokomat: il “robot” per la riabilitazione
U
na vera e propria innovazione tecnologica nell’ambito della
riabilitazione motoria delle persone colpite da lesioni al midollo
spinale. Merito di AUS Niguarda Onlus, Associazione di
volontariato che ha contribuito alla realizzazione dell’Unità Spinale
Unipolare di Niguarda (USU) e che dal 2002 è attiva al suo interno.
L’ultima delle iniziative messe in campo e presentate nei giorni scorsi
presso l’Unità Spinale è il “Lokomat”, l’esoscheletro robotizzato,
controllato elettronicamente che consente di aumentare notevolmente
le potenzialità del movimento nel recupero della deambulazione. Si
tratta di un’apparecchiatura robotica diffusa nei più avanzati centri
riabilitativi internazionali; l’Unità Spinale Unipolare di Niguarda
è oggi uno dei pochi Centri in Italia che può avvalersi dell’utilizzo
esclusivo di questo macchinario. Ad arricchire la cerimonia di
inaugurazione, la presenza del Caporal Maggiore degli Alpini, Luca
Barisonzi: rimasto gravemente ferito in Afghanistan in un attentato il
18 gennaio 2011 e riabilitato per diversi mesi presso l’Unità Spinale di
Niguarda. Barisonzi si è impegnato in prima persona per promuovere la
raccolta fondi a favore dell’apparecchiatura “Lokomat”, mobilitando le
organizzazioni degli Alpini e sensibilizzando con la sua testimonianza
numerosissime persone.
“Quando mi sono arruolato – ha spiegato Barisonzi – avevo tra i
miei obiettivi l’occasione di portare il mio aiuto anche in quei paesi
martoriati dalla guerra. Dopo l’attentato ho trascorso le prime
settimane a cercare di capire cosa avrei potuto ancora fare da quel
momento in poi. Arrivato in Unità Spinale sono venuto a conoscenza
dell’iniziativa per il “Lokomat” ed è nata l’idea di fare tutto il possibile
per acquistarlo”. Così, in collaborazione con AUS Niguarda Onlus e
sfruttando la grande risonanza mediatica del suo caso si è a raggiungere
questo importante traguardo.
“Grazie alla generosità di molti sostenitori di tutta Italia e all’impegno
di Luca – ha sottolineato il Direttore dell’Unità Spinale Unipolare
dell’Ospedale Niguarda, Tiziana Redaelli - oggi è disponibile presso
l’USU un apparecchio robotizzato, strumento di grande valenza per
facilitare il recupero neurologico nelle lesioni spinali incomplete”.
Questo risultato è stato, infatti, raggiunto grazie ai donatori che hanno
reso possibile l’acquisto del “Lokomat” e che in numerosi hanno voluto
presenziare all’inaugurazione di questo strumento.
Il Progetto “Spazio Vita”
Da sinistra il Direttore Generale P. Cannatelli, T. Redaelli, Direttore
USU, L. Barisonzi, l’Assessore L. Bresciani e il Colonnello M. Merola
Durante la presentazione del “Lokomat”, è stato lanciato “Spazio
Vita”, ambizioso Progetto che prevede la realizzazione di una nuova
struttura, un Centro polifunzionale collegato all’Unità Spinale
di Niguarda: 500 metri quadri in cui troveranno spazio tutte le
attività socio integrative del percorso di riabilitazione per i
pazienti dell’Unità Spinale.
Il progetto è promosso da AUS Niguarda Onlus e ASBIN,
Associazione Spina Bifida e Idrocefalo Niguarda, le due associazioni
attive presso l’Unità Spinale Unipolare del nostro Ospedale.
Editoriale
SEGUE DALLA PRIMA
La Direzione di un ospedale come il Niguarda, organizzazione dall’offerta
sanitaria complessa non facilmente paragonabile ad altre strutture, già
da alcuni anni ha deciso con i propri professionisti di fare delle scelte, di
adottare delle strategie, individuare delle priorità sull’organizzazione e
nell’erogazione delle cure e dei servizi proprio a partire dai pazienti e dallo
stato di necessità con cui arrivano o sono nel nostro nosocomio; ecco di
seguito i criteri:
1) i pazienti in urgenza che giungono al Pronto Soccorso,
2) i pazienti ricoverati:
a) per un’attenzione al paziente,
b) per mettere l’équipe medica nelle condizioni di poter
valutare il caso in 24 h max 48h e giungere ad una
conclusione diagnostica e quindi indirizzare la terapia,
c) per un efficientamento del sistema: un giorno inutile di
degenza costa al Servizio Sanitario come una giornata in
un albergo a 5 stelle a Milano e nel contempo sottrae ad
un altro paziente il posto letto,
3) i pazienti con bollino verde, perché portatori di una urgenza
indicata dal medico curante o dallo specialista,
4) i pazienti complessi che provengono da altri ospedali o da altre
Istituzioni con richiesta specifica di questo esame,
5) tutte le altre richieste prenotate come prime visite o controlli;
in questi casi viene attivato anche il cosiddetto overbooking,
una volta verificata la disdetta o l’assenza da parte di un
paziente, questo per sfruttare al massimo la capacità operativa
delle apparecchiature e dei professionisti (é questo il caso delle
Ecografie addominali o delle TAC).
Questa necessità di scelte e priorità è dettata anche dalla considerazione
che gli stessi specialisti eseguono oltre alle Eco anche Tac, Risonanze
Magnetiche ed altri esami di diagnostica per immagini per interni ed
esterni. Le politiche e strategie organizzative evidenziate sono espressione
di un impegno dell’organizzazione a far fronte ad una continua richiesta
che, se non governata da tutti gli attori del sistema sanitario con una
indicazione corretta e appropriata, rischia di trovare luoghi e momenti
di collasso. Va comunque ricordato che il Sistema Sanitario lombardo
consente, attraverso il call center regionale, di indirizzare verso la
struttura che offre tempi di attesa adeguati alla propria richiesta e quindi
una possibilità di scelta molto vasta, a volte e per alcune strutture, entro
gli standard regionali. Come dicevo all’inizio non vogliamo difenderci,
abbiamo margini di miglioramento, ma contestiamo una visione del
Servizio ospedaliero considerato solo come erogatore di visite ed esami
in una logica di consumo e non di appropriatezza. Giova comunque
ricordare, per amore del vero, che l’A.O. Niguarda Ca’Granda per il 2011
è stata tra le poche strutture che ha superato abbondantemente gli obiettivi
di attività per la specialistica ambulatoriale, offrendo ad ogni paziente
una risposta al proprio bisogno di salute. Va inoltre precisato che il 90%
dell’ampia gamma delle prestazioni ambulatoriali e diagnostiche per
esterni, offerte dal Niguarda, rientra negli standard regionali, come risulta
dai campionamenti effettuati dalla ASL Città di Milano. Concludendo
non è facile interpretare i complessi numeri di un’azienda ospedaliera di
rilievo nazionale, spiace però constatare che, a volte, non si guardi con
attenzione alle strategie che vengono adottate, al lavoro che viene fatto,
non si considera che non siamo distributori di prestazioni ma offriamo
cura e assistenza attraverso percorsi appropriati e ragionati. Ritengo che
oggi, nel contesto socio economico in cui ci troviamo, il richiamo al rigore
e all’appropriatezza richiedano l’adozione di scelte di governo chiare e
coraggiose, maggior efficienza da parte di chi gestisce le Aziende Sanitarie
ma anche una responsabilità e attenzione nel porre una domanda o nel
segnalare un disagio: un dialogo senza pretesa, senza assegnare maglie, in
una comprensione e rispetto del lavoro reciproco, può aiutare.
Proprio nei giorni scorsi abbiamo avuto un incontro chiarificatore e
costruttivo con l’Associazione Altro Consumo, che avevo contattato, per
precisare quanto vi ho appena comunicato; abbiamo lo stesso obiettivo:
rispondere al bisogno della gente, non siamo controparte.
Pasquale Cannatelli
Direttore Generale Niguarda
Cos’è
Il Lokomat
è un esoscheletro
per la deambulazione
robotizzata controllata
elettronicamente e
rappresenta una delle
tecniche più avanzate
nell’ambito
della neuro-riabilitazione.
Smaltimento rifiuti
Una rete all’avanguardia
Nei nuovi blocchi i percorsi
dello sporco saranno automatizzati
S
e l’attività di un ospedale si giudica anche dalla
mole dei rifiuti prodotti, la sfida di Niguarda
è sicuramente impegnativa, ma superata a
pieni voti. Alla Ca’ Granda, infatti, si è creata e resa
operativa una rete di spostamenti asso­
lutamente
all’avanguar­dia. Dalla movimentazione delle merci
alla bian¬cheria, con percorsi separati, tutto è gestito da
una centrale logistica che, attraverso carrelli e busso­
lotti garantisce ad ogni pa­diglione consegne e spedi­
zioni più rapide e sicure.
Arterie vitali che collegano i vari padiglioni del nostro
Ospedale e che giocano un ruolo decisivo anche
per il corretto trasferimento dei rifiuti. “Nessuno ci
tore Medico
pensa - fa notare Gaetano Elli, Diret­
di Presidio- ­ma i percorsi dello sporco, così come
del pulito, sono fondamentali, sono la seconda cosa
a cui si pensa nella costruzione di un ospedale” .
Al Niguarda, ogni anno ven­gono prodotti 800mila
chilogrammi di rifiuti po­tenzialmente infetti per
il cui smaltimento l’Ospedale segue alla lettera una
procedura stabilita dalla legge. Al giorno, si parla di
qualcosa come 2mila con­tenitori, all’interno dei
quali gli scarti vengono confezionati e sigillati dal
personale infermieristico. Se fino a qualche anno
fa, i rifiuti, speciali e non, prima di partire alla volta
dell’inceneritore, veniva­
no custoditi nei sotterra­
nei,
“dal 2009 - spiega Salvatore Scaffidi, Responsabile
zioni sono
dei Servizi Alberghieri - tutte le opera­
state portate in superficie, in modo da ga­rantire più
efficienza e maggiore controllo”.
La gestione dei rifiuti è stata organizzata attraverso
le cosiddette “iso-box”: piccoli punti di raccolta,
rigorosamente chiusi a chiave, in dotazione a ogni
padiglione. Qui gli addetti alle pulizie trasportano i
contenitori sigillati dal personale medico; da questi
punti i rifiuti “partono” alla volta dell’area di raccolta
principale, ultima tappa prima di essere caricati sui
camion e portati all’inceneritore. Nei due nuovi
blocchi dell’Ospedale, il Blocco Sud (già operativo)
e il Blocco Nord (in costruzione), questo sistema sarà
ulteriormente migliorato grazie allo sviluppo di una
rete completamente automatizzata. Il personale
dell’Ospedale chiuderà i rifiuti speciali nei contenitori
ad hoc, come già avviene, ma li consegnerà direttamente
al nastro meccanico che li porterà a destinazione senza
bisogno del trasporto a mano degli addetti alle pulizie.
tre
Chi visita la Ca’ Granda
News dalla ricerca
AVIS e Niguarda
Due nefrologi su Nature
C
arolyne Mermon, responsabile sanitario per i consolati americani
in Europa ha visitato nei giorni scorsi il nostro Ospedale. Il medico
statunitense accompagnata da alcuni esponenti dell’Avis Milano,
ha visitato, con particolare interesse, il nostro Servizio di Immunologia e
Medicina Trasfusionale diretto da Luigi Mancini.
Per diventare donatori di sangue
Dottor Mancini donare il sangue è un gesto importante che ha tanti
significati…
Si, sicuramente ne ha tanti, la cosa più importante è che il sangue va
donato perché non c’è modo di produrlo. Se non c’è un’altra persona
che lo dona non c’è sangue, e questa è la cosa più importante. Su
questo poi ci possiamo aggiungere tutti i discorsi che sono comunque
importanti: un gesto di solidarietà, un dono, ma la donazione libera e
gratuita del sangue è l’unico modo che si ha oggi per avere del sangue
a disposizione dei nostri malati.
stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica, Nature, uno studio che
vede tra gli autori due medici della Nefrologia del Niguarda: Giacomo
Colussi, Direttore del reparto e Maria Elisabetta De Ferrari.
La ricerca ha consentito di scoprire due nuovi geni che contribuiscono ad una rara
forma di ipertensione familiare denominata Sindrome di Gordon. L’ipertensione
arteriosa è sotto la lente della ricerca da moltissimi anni. È stata individuata
un’influenza familiare, ma i geni fin qui descritti che possano dimostrare l’effettiva
trasmissione a livello genetico sono pochi. “In queste forme patologiche - spiega
Colussi- il gene (o i geni) che subiscono le mutazioni descritte codificano delle
proteine che regolano alcuni meccanismi di trasporto degli elettroliti (sodio, cloro, potassio) da parte di alcune
cellule del tubulo renale”. È questo il caso dei pazienti descritti nell’articolo di Nature che oltre ad ipertensione
arteriosa presentano potassio elevato nel sangue ed acidosi. “La sindrome - dice De Ferrari - pur essendo una
malattia rara, può essere causata da mutazioni in ben 5 geni diversi finora identificati: gli ultimi 2 sono stati,
appunto, descritti nell’articolo della rivista a cui abbiamo collaborato”. Spiega ancora Colussi: “I risultati di
questo studio sono assolutamente innovativi, perché mentre erano noti da tempo i trasportatori renali deputati al
riassorbimento di sodio e cloro, era assolutamente sconosciuto come la loro funzione venisse regolata”.
È
Finanziamento per una rara malattia
del metabolismo lipidico
Qui al Niguarda cosa dobbiamo fare se vogliamo diventare
donatori?
Rivolgerci al nostro centro
trasfusionale che funziona tutti
i giorni dal lunedì al venerdì
dalle 8.00 alle 11.30 e che è
collocato al primo piano del
padiglione 3, oppure ci si può
rivolgere all’associazione AVIS
comunale di Milano, che è in
via Bassini Largo Volontari del
Sangue, che ha disponibilità di
orari più ampia.
Il Centro per le Dislipidemie sta seguendo un importante progetto. Si tratta
dello studio di una malattia genetica del metabolismo lipidico, il “deficit di
LCAT”, una patologia caratterizzata da un’alterazione del quadro lipidico
e da un’insufficienza renale che colpisce il portatore nella terza-quarta
decade di vita, richiedendo dialisi e trapianto di rene.
Per questo progetto c’è stato, tra l’altro, recentemente, un finanziamento
importante della Fondazione Cariplo. “Per lo studio- precisano i ricercatori
del Centro, diretto da Cesare Sirtori- abbiamo già identificato 26 famiglie
italiane portatrici di questa patologia. Il nostro studio contribuirà a
caratterizzare la patologia con lo scopo di identificare terapie per una
malattia per la quale al momento non ne esistono”.
La mia casa è alla Ca’ Granda
SEGUE DALLA PRIMA
In mezzo una storia densa di umanità, cartolina di una
medicina che non solo sa curare ma anche prendersi cura.
È il febbraio 2011, una notte gelida, fuori sembra di stare
in un freezer. Per chi non ha una casa la morsa del gelo se
non è fatale può segnare a vita. E così è per S.C.. Molto
probabilmente sono dei volontari a trovarlo. Prima viene
portato all’ospedale Sacco, da qui, poi, la corsa in ambulanza
al Niguarda. Le sue condizioni non promettono bene, gli
accertamenti lo confermano. La sindrome da congelamento
ha colpito entrambe le sue gambe, per cui non rimane
alternativa: bisogna amputare tutti e due gli arti inferiori
all’altezza del ginocchio.
La guarigione dei monconi e un altro intervento per
correggere un problema insorto alla testa dell’anca, poi
per S.C. inizia la riabilitazione. “È stato un percorso
pensato per il recupero della propria autonomia- ci spiega
Giovanna Beretta, Direttore della Medicina Riabilitativa e
Neuroriabilitazione-. Abbiamo iniziato con un addestramento
all’uso della carrozzina affiancato da un lavoro quotidiano
di riabilitazione. Il paziente ha risposto bene e si è adattato
presto alla nuova situazione”.
Per il recupero clinico ci vogliono un paio di mesi, molto di
più per fare fronte alla situazione complicata, per cui scendono
in campo gli assistenti sociali di Niguarda. “Siamo in 6 in
Ospedale e copriamo tutti i reparti tranne la Psichiatriadice Valentina Dal Moro, l’assistente sociale che ha seguito
il caso-. A volte sono i medici o le caposala che ci forniscono
le segnalazioni, in altre situazioni può capitare che siano i
familiari dei pazienti a rivolgersi a noi”.
È stato chiaro fin da subito che il caso di S.C. sarebbe
stato impegnativo, ma nessuno s’immaginava quanto. Sul
territorio, infatti, non si trovano strutture disposte ad ospitarlo,
lui non ha una dimora così Niguarda diventa la sua casa.
I giorni passano e si inizia a perseguire- di comune accordo
con l’interessato- l’unica soluzione disponibile: il rimpatrio
e l’accoglienza in una struttura dedicata in Romania.
Ma anche su questa via non bisogna attendere molto prima
dell’arrivo dei primi ostacoli. L’uomo, infatti, non dispone di
alcun documento d’identità e senza di questo il ritorno alla
terra d’origine è praticamente impossibile. Iniziano così i
contatti con il consolato rumeno per ottenere quel prezioso
pezzo di carta.
Un mese, due mesi, tre mesi… la proverbiale lungaggine
della burocrazia non si smentisce, ma l’assistente sociale
Dal Moro non demorde e continua a bussare alla porta del
consolato.
Fortunatamente la chiave di volta è in quello che può
apparire come una barriera: l’incompatibilità linguistica.
S.C., infatti, non sa l’italiano. Per la riabilitazione basta
il linguaggio universale dei gesti, ma per i colloqui con i
medici e l’assistente sociale serve un mediatore culturale.
“Ci siamo avvalsi di una mediatrice che faceva parte di
una cooperativa che collabora con l’Ospedale- spiega Dal
Moro-. I suoi contatti sono stati molto utili per segnalare il
caso ai servizi sociali rumeni che si sono attivati e hanno
rintracciato una casa di riposo, in Romania, disposta
all’accoglienza”. L’attivazione oltreconfine sblocca anche la
pratica del consolato. Di mesi, comunque, ne sono passati: è
fine ottobre quando, finalmente, il timbro tanto atteso arriva
sui documenti. S.C. l’uomo gentile, che in molti si ricordano
di aver incontrato per le corsie e i viali dell’Ospedale, è
pronto a partire. Ma c’è ancora un nodo da sciogliere: il
biglietto aereo costa e qualcuno deve farsi carico della spesa.
Si fanno avanti i volontari della Commissione Visitatrice di
Niguarda, che insieme al loro cuore aprono il portafoglio per
regalare a S.C. il ritorno- a novembre- in Romania, non senza
aver salutato la Ca’ Granda che per oltre 9 mesi è stata la sua
grande casa.
La Commissione visitatrice
125 anni in aiuto dei malati
ra il 1887 quando l’amministrazione
della
Ca’ Granda
(l’antico
ospedale di Milano che aveva sede
nell’edificio che oggi ospita l’Università
Statale in via Festa del Perdono) deliberò la
creazione delle Commissione Visitatrice,
formata da “caritatevoli nobildonne e
signori”, con il compito di tenere alta
la reputazione dell’ospedale, svolgendo
controlli alle strutture e stabilendo un
rapporto di amicizia e aiuto con i malati.
Oggi la Commissione Visitatrice esiste
ancora, l’ufficio centrale è al Policlinico, ci
sono, poi, diversi “distaccamenti” in altri
ospedali di Milano, tra cui il Niguarda.
“La Commissione Visitatrice assiste
i malati, provvedendo ai loro bisogni
economici- ci spiega Rudi Lorenzina
Piazza, Responsabile della Commissione
del Niguarda-. Lavoriamo a stretto contatto
E
con i servizi sociali che ci segnalano i
casi per cui è richiesto il nostro aiuto. Ad
esempio quando un malato viene dimesso,
può capitare che non abbia denaro
sufficiente per tornare a casa. In quel caso
provvediamo noi al suo rientro. Spesso
abbiamo a che fare con extracomunitari
senza documenti”.
Il contributo può essere utile anche per
l’acquisto di una carrozzina, di protesi
o tutori ortopedici. “Una volta abbiamo
finanziato un intervento per un malato
che aveva bisogno di un innesto di pelleaggiunge Rudi-”.
La Commissione opera all’interno
dell’Ospedale ma non riceve alcun
finanziamento pubblico. “Siamo un gruppo
di volontari- spiega Rudi-, il denaro arriva
dalla nostra auto-tassazione. Ci sono
poi le donazioni e le raccolte fondi che
organizziamo. Ma sarebbe necessario
aumentare le entrate, soprattutto in questo
periodo”.
“Scienza e carità” di Pablo Picasso
Sede Niguarda:
Area Centro - Padiglione 12, 2° piano
Email: [email protected]
Recapito telefonico: 02 6444.2472
Orario: mar/gio: 10.00-12.00
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cinque
Antidepressivi
Si usano di più, ma siamo più depressi?
Aumentano le prescrizioni ma non sono tutte per il “male oscuro”
taliani e antidepressivi, un tema
caldo, che si ripropone e su cui si
ritorna periodicamente a volte con
toni po’ troppo allarmistici. I mezzi
d’informazione non perdono l’occasione
di interrogarsi: “Quando questi farmaci
devono essere utilizzati? Sono realmente
efficaci?”.
I
E molto spesso sentenziano, magari con
troppa facilità: “È boom di prescrizioni!”.
L’ultimo
rapporto
proviene
dall’Osservatorio nazionale Osmed
(La relazione sull’uso dei farmaci
in Italia nei primi 9 mesi del 2011)
e ha fatto il giro dei media, giornali,
internet e tv, che hanno messo
in evidenza come il consumo di
antidepressivi in Italia sia cresciuto
vertiginosamente (si parla di dosi
raddoppiate negli ultimi 10 anni).
Abbiamo sottoposto i dati a Mariano
Bassi, Direttore della Psichiatria 2 e
Presidente della Società Italiana di
Psichiatria.
Intervista - Qualche domanda allo psichiatra
Cosa emerge dall’analisi del rapporto?
Sfogliando la relazione si evidenza come tra il 2010 e il 2011 ci sia stato
un leggero incremento della spesa e dei consumi degli antidepressivi. In
particolare per i farmaci di ultima generazione, la spesa è cresciuta dello 0,7%
e il consumo dell’1,8%. Variazioni molto modeste, tanto è vero che nella
“classifica” dei primi 30 principi attivi per spesa territoriale compare un solo
farmaco antidepressivo, l’escitalopram, al 16° posto.
Cosa dire dei consumi che sembrano essere raddoppiati negli ultimi 10
anni?
Io non ho avuto modo di verificare questi dati, comunque che questi farmaci si
usino di più non è una novità e non deve allarmare. Gli antidepressivi, infatti,
negli ultimi anni hanno avuto un progressivo allargamento delle indicazioni
terapeutiche.
Cioè con questi farmaci non si cura più solo la depressione?
Sì, vengono utilizzati anche per altre patologie diverse dalla depressione
maggiore. Ad esempio oggi a chi soffre di un disturbo ossessivo compulsivo
o di un disturbo d’ansia è più facile che venga prescritto un antidepressivo,
perché più efficace, piuttosto che un ansiolitico. A ciò si deve aggiungere un
altro fattore non trascurabile.
Di cosa si tratta?
Di una maggiore attenzione per questa patologia da parte dei medici di
medicina generale che ha spinto sempre più pazienti a cercare la giusta cura e
ad essere trattati sempre più precocemente. Oggi le tecniche di diagnosi sono
migliorate e si colgono sul nascere patologie sfumate che un tempo sfuggivano.
In sostanza nell’aumento delle prescrizioni si può leggere una cura più
tempestiva ed efficace più che un abuso. Una chiave di lettura da non
trascurare visto che continuamente si sottolinea come la depressione
colpisca sempre più persone…
I risultati delle ricerche confermano in tutto il mondo un aumento della
depressione, soprattutto nei Paesi sviluppati e nelle grandi città. Secondo
l’Organizzazione Mondiale della Sanità il trend di diffusione dei disturbi
depressivi nella popolazione generale purtroppo proseguirà, tanto che nel 2020
la depressione sarà la seconda malattia invalidante nel mondo e la prima per
diffusione.
Qual è la situazione in Italia e nel mondo?
La probabilità di ammalarsi di depressione maggiore, nel nostro Paese resta
bassa: la più bassa d’Europa. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità,
in Italia, circa il 10 per cento degli adulti è vittima, almeno una volta nella vita,
della depressione maggiore. In Francia e in Olanda, ad esempio, i valori sono
doppi. Persino in Spagna, Paese latino, la depressione ha un’incidenza più alta
che da noi.
“Sulla soglia dell’eternità”
di Vincent van Gogh
“Il male di vivere”
Più le donne che i maschi
I sintomi
Negli uomini la prevalenza della depressione
maggiore è intorno al 3-4%, mentre nelle
donne aumenta molto ed è collocabile in un
range che va dal 5 al 9%.
Umore depresso per la maggior parte del tempo, forte
diminuzione di interesse o piacere per quasi tutte le
attività, insonnia o ipersonnia, ma anche sentimenti di
autosvalutazione e sensi di colpa.
Genetica medica
Intervenire prima della malattia
Dagli alberi genealogici alla ricerca: la task force contro le malattie genetiche
G
uardare nei geni perché la risposta è nel
DNA. No, non è il finale di una puntata
di CSI, è quello che ogni giorno viene
fatto dagli specialisti della Genetica Medica, il
laboratorio, diretto da Giovanni Gesu, che ogni
anno effettua oltre 3000 test diagnostici per più
di 30 patologie.
Macchinari per l’analisi del genoma,
microscopi, provette, entrando nel laboratorio
ci si aspetta di trovare tutto questo (ci sono
e c’è stato modo di vederli), ma quello che
colpisce di più è “sorprendere” alcuni di questi
professionisti delle indagini molecolari chini
su fogli di carta a disegnare ramificazioni che
si intersecano, si fermano, si sdoppiano. “Ma
cosa sono?”. Chiediamo incuriositi a Silvana
Penco, che insieme alle altre due specialiste
in genetica medica, Emanuela Manfredini
e Paola Primignani, i tecnici, i borsiti e gli
specializzandi, forma l’équipe del laboratorio.
“Alberi genealogici- risponde la genetista-. È di
fondamentale importanza per il nostro lavoro
ricostruire insieme con la storia clinica del
paziente quella familiare, per individuare parenti
o antenati che possono essere dei precedenti casi
di malattia e che ci aiutano a capire come questa
si trasmette. Oltre ad essere uno snodo essenziale
per la diagnosi del paziente, queste informazioni
sono cruciali per comprendere se esiste ed è
quantificabile un rischio per i figli. A ben pensarci
questa è l’essenza più profonda della diagnosi
genetica: permette, infatti, al medico di scoprire
la malattia intervenendo con percorsi terapeutici
specifici ancor prima che questa si manifesti”.
Sordità, angioma cavernoso, spina bifida,
poliposi del colon, neoplasie endocrine
multiple, fibrosi cistica, febbre familiare
mediterranea, oltre a forme sindromiche e
alla farmacogenetica, sono solo alcune delle
sfide per cui gli specialisti “scendono in campo”,
muovendosi sui due fronti distinti ma congiunti:
quello delle analisi e quello del colloquio
informativo col paziente. “Quest’ultimoprosegue Penco- serve per spiegare che tipo
di malattia si sospetta, che cosa comporterà
l’eventuale diagnosi e la valutazione della
possibile trasmissione della patologia ai figli
già nati o il rischio riproduttivo per i nascituri.
Come si può capire si tratta di colloqui dal
contenuto molto delicato per cui lavoriamo in
team multidisciplinari, avvalendoci, in alcuni
casi, anche della presenza dello psicologo”.
Sapere di avere una malattia che ha le radici nei
tuoi geni e che, per quanto possa essere trattata
non potrà mai essere curata completamente, è un
macigno che pesa e può fare male. Ma è anche
per questo che a Niguarda si lavora duramente
per far avanzare la ricerca e per poter disegnare
percorsi diagnostici a misura del paziente. Il
laboratorio è, infatti, un centro di riferimento
per 14 malattie rare e dal 2009 è l’unica struttura
accreditata in Italia ad offrire un iter diagnostico
completo per l’albinismo. L’oculista, il
dermatologo, l’otorino e il genetista: in un solo
giorno si incontrano tutti gli specialisti coinvolti
nel trattamento di questa patologia per poter
avere una diagnosi ed un follow up corretti. Un
percorso attivo da due anni che ha reso Niguarda
centro di riferimento nazionale per questa
malattia rara; come dimostra la provenienza (da
tutto il Paese) dei casi trattati.
Sul versante della ricerca non mancano gli studi
attivi sia con il Centro Dislipidemie sia con
il Centro Clinico NEMO per lotta alla SLA
(sclerosi laterale amiotrofica). “Insieme con
quest’ultimo centro facciamo parte del consorzio
ITALSGEN che ha contribuito alla recente
scoperta del gene C9ORF72. Lo studio è stato
pubblicato sulla prestigiosa rivista Neuronconclude Penco-”.
In primo piano il sequenziatore
automatico del laboratorio
Tecnologia
Il laboratorio è dotato di completa automazione. La tecnologia in dotazione comprende
un sequenziatore automatico a 48 capillari, software di analisi altamente specializzati,
strumentazione automatizzata per l’identificazione di mutazioni note e l’estrazione di DNA.
È attivo, inoltre, un sistema robotizzato che segue il percorso della provetta originaria di
sangue “dall’ingresso in laboratorio” fino alla sequenza di DNA.
Ricerca e Oncologia
I più citati
Lo studio pubblicato su
Lancet Oncology del 2005,
che ha visto la collaborazione
dell’IRCC (Istituto per la
Ricerca e la Cura del Cancro)
Candiolo con l’Oncologia
Falck di Niguarda, aprendo
nuove frontiere nella terapia
del tumore al colon-retto, ha
superato in questi giorni il
traguardo delle 600 citazioni.
In materia di pubblicazioni scientifiche si può dire che più una scoperta è importante
più verrà utilizzata, e quindi citata, da altri ricercatori sia per l’attività clinica sia come
punto di partenza per lo sviluppo di nuovi studi.
sei
SPECIALE TRAPIANTI
Donazioni
La grande casa dei trapianti
D
ecidere di donare i propri organi e tessuti
dopo la morte è un gesto di grande generosità.
Così facendo si dona ad un paziente, in molti
casi in fin di vita, la possibilità di guarire e riprendere
una vita normale.
La normalità che si riacquista da gesti straordinari
a Niguarda è di casa. Il nostro Ospedale, infatti, ha raggiunto il
traguardo dei 5.500 trapianti ed è uno dei pochi centri in Lombardia
ad effettuarli per quasi tutti gli organi (cuore, polmone, pancreas,
rene, fegato; gli unici interventi a non essere effettuati sono i
trapianti d’intestino), senza dimenticare i trapianti di tessuti e
cellule. In Ospedale hanno sede un Centro Trapianti
Midollo, in possesso dei più altri accreditamenti
del settore, e una Banca della Pelle, laboratorio
specializzato nell’ingegnerizzazione di cute e cartilagine
per interventi ricostruttivi. Una vera e propria “banca”
dei tessuti in grado di sostenere il fabbisogno interno e
rifornire altre strutture nazionali ed internazionali. Tecnologie di
ultima generazione (tra cui la robotica applicata all’area trapianti)
e i laboratori accreditati secondo standard internazionali, ma anche
il lavoro quotidiano di équipe mediche e chirurgiche specialistiche
muovono una cultura di vita, che cresce, si amplia, si espande.
Come si può donare
Organi
Vengono normalmente trapiantati i reni, il cuore, il fegato, i polmoni, il pancreas e l’intestino.
Di questi il trapianto di cuore, fegato e polmone costituiscono degli interventi salvavita, mentre il
trapianto di rene rappresenta una alternativa terapeutica fondamentale per malati in emodialisi o in
dialisi peritoneale: questi ultimi sono trattamenti efficaci ma capaci di interferire in modo rilevante
con il quotidiano, richiedendo diverse sedute settimanali di 3-4 ore ciascuna.
Tessuti
I tessuti che possono essere prelevati a scopo di trapianto sono:
• elementi ossei (es. testa di femore) o muscolo-scheletrici (cartilagini, tendini),
• tessuti cardiovascolari (arterie, vasi, valvole cardiache),
• tessuto oculare (cornea),
• tessuto cutaneo, membrana amniotica.
Cellule
Per cellule “da donare” a scopo di trapianto si intendono le cellule staminali ematopoietiche o
emopoietiche (sono sinonimi), le cui fonti sono il midollo osseo, il sangue del cordone ombelicale
e il sangue periferico. Differentemente dalla donazione di organi e tessuti, che avviene dopo la morte,
quella delle cellule staminali ematopoietiche avviene da vivi.
Come donare organi e tessuti
Decidere di donare gli organi dopo la propria morte è un gesto di grande generosità che può salvare
la vita anche a più di una persona.
Sia che si decida a favore o contro la donazione è importante formarsi un’idea ben precisa e
comunicarla ai familiari e al tempo stesso mettere “nero su bianco” così da essere sicuri che la propria
volontà a riguardo verrà rispettata.
Un intervento, tanti professionisti
I
l trapianto di organi solidi costituisce uno degli esempi migliori di integrazione multidisciplinare in campo medico. Se il chirurgo è il “protagonista” del gesto operatorio, fondamentale è la collaborazione prima e dopo l’intervento con gli specialisti della patologia
dell’organo malato (cardiologi, epatologi, nefrologi, pneumologi, diabetologi).
Il contributo degli anestesisti rianimatori al trapianto è fondamentale sia per il mantenimento
delle condizioni vitali durante l’intervento che per il trattamento intensivo nelle prime fasi (che
Attualmente le modalità per esprimere la volontà sono le seguenti:
•
la compilazione del tesserino blu del Ministero della Salute che deve essere
conservato insieme ai documenti personali. È possibile compilare on line la
dichiarazione di volontà e stampare il proprio tesserino sul sito della Campagna di
informazione “Dai valore alla vita”;
•
la registrazione della propria volontà presso la ASL di riferimento o il medico di
famiglia;
•
una dichiarazione scritta che il cittadino porta con sé con i propri documenti. A questo
proposito il Decreto legislativo 8 aprile 2000 ha stabilito che qualunque nota scritta
che contenga nome, cognome, data di nascita, dichiarazione di volontà (positiva o
negativa), data e firma, è considerata valida ai fini della dichiarazione;
•
l’atto olografo dell’AIDO (Associazione Italiana per la Donazione di Organi, tessuti e
cellule) o di una delle altre associazioni di settore.
Come donare le cellule
Per donare il midollo bisogna iscriversi nei registri dei donatori di midollo osseo, si verrà poi
successivamente ricontattati per ulteriori accertamenti e analisi approfondite che dovranno essere
svolte prima del prelievo. Per ridurre il più possibile il rischio di rigetto, da parte del paziente
trapiantato, l’ideale sarebbe poter disporre del midollo osseo di un consanguineo, fatto che si verifica
troppo raramente rispetto al numero di pazienti affetti da gravi malattie ematologiche. Così, per
aumentare la probabilità di reperire un donatore compatibile, sono sorti in tutto il mondo dei Registri
Nazionali, veri e propri archivi collegati tra di loro nei quali figurano le caratteristiche dei potenziali
donatori. Il Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (internazionalmente noto come Italian
Bone Marrow Donor Registry o IBMDR) è costituito dall’insieme dei Registri Regionali.
possono durare anche giorni) del postoperatorio. La Radiologia Interventistica, la Microbiologia, il Laboratorio di Analisi, l’Anatomia Patologica insieme agli infettivologi garantiscono
il fondamentale supporto diagnostico e terapeutico sia prima che durante e dopo il trapianto.
Il personale infermieristico, di sala operatoria, di terapia intensiva, di unità di trapianto ed i fisioterapisti concorrono al completamento del risultato con una assistenza ai bisogni della persona
trapiantata che richiede un’altissima specializzazione, specifica competenza e porta a grande
coinvolgimento.
I Centri di Niguarda - Organi
Cuore
Il trapianto cardiaco è la migliore terapia per
i pazienti con cardiopatia molto avanzata,
giudicata non trattabile adeguatamente con le
altre terapie disponibili. Nella maggior parte
dei casi il trapianto permette ai pazienti una
buona qualità di vita, con possibilità di svolgere le normali
attività della vita quotidiana.
Dati: Niguarda è Centro di riferimento regionale e nazionale per
il trapianto cardiaco. Dal 1985 sono stati eseguiti circa 1.000
trapianti cardiaci e dal 1988 sono stati impiantati circa 200
cuori artificiali a funzionamento pulsatile o a flusso continuo,
un intervento-ponte in attesa del trapianto vero e proprio.
Équipe: Cardiochirurgia, Cardiologia 2- Insufficienza
Cardiaca e Trapianti, Anestesia e Rianimazione 3.
Primato: questo ospedale è leader nazionale nell’impiego di
sistemi di assistenza circolatoria (i cosiddetti “cuori artificiali”)
come ponte o alternativa al trapianto. L’attività degli ultimi
6 anni (2006-2011) mostra una sopravvivenza a 1 anno
dall’intervento simile a quella di pazienti sottoposti a trapianto
o a impianto di un sistema di assistenza. Attualmente si segue
il follow-up di più di 20 pazienti portatori di “cuore artificiale”.
Polmone
Le indicazioni al trapianto possono includere
le malattie respiratorie in stadio terminale,
non suscettibili di trattamento medico efficace
in pazienti con aspettativa di vita inferiore
ai 24 mesi. Attualmente la procedura più
frequentemente eseguita è il trapianto di
polmone singolo per le patologie restrittive ed il trapianto
bilaterale sequenziale per le patologie ostruttive, suppurative
o vascolari polmonari. Solo in casi estremamente selezionati
viene ancora eseguito il trapianto di cuore-polmoni in blocco.
Équipe: Chirurgia Toracica, Pneumologia, Anestesia e
Rianimazione 3.
Dati: La Chirurgia Toracica di Niguarda è tra i primi posti in
Italia per il numero di trapianti polmonari eseguiti. Sono 117
dal 1992 ad oggi.
Primato: Il primo trapianto bilaterale in Italia è stato eseguito a
Niguarda nel 1992.
Fegato
La maggior parte dei trapianti vengono
effettuati in caso di malattie neoplastiche
a carico del fegato (con indicazioni oggi
ben codificate a livello internazionale), per
patologia epatica cronica (cirrosi) da virus B
e C, in caso di cirrosi di origine etiltossica, in caso di patologia
autoimmune, per patologia colestatica (cirrosi biliare
primitiva e colangite sclerosante). Si eseguono anche trapianti
in caso di danno epatico acuto fulminante (da epatite virale
B, da assunzione di sostanze tossiche quale ecstasi, oppure in
caso di intossicazione per assunzione di dosi elevatissime di
paracetamolo).
Un organo per due: il fegato del donatore può essere diviso
in due parti (“split liver”), utilizzando un solo organo per due
riceventi diversi (nella maggior parte dei casi si tratta di un
ricevente adulto e di un bambino).
Équipe: Chirurgia Generale e dei Trapianti - Trapianti
Addominali, Anestesia e Rianimazione 2.
Dati: Dal 1985 sono circa 1.300 i trapianti di fegato effettuati.
Primato: Nel 2001 è a Niguarda il primo trapianto in Italia
da vivente, eseguito fra l’altro con un’équipe completamente
italiana e tutta dell’Ospedale di Niguarda. Ad oggi sono 80 gli
interventi di questo genere portati a termine.
Rene
Il trapianto di rene rappresenta il trattamento
preferenziale per pazienti affetti da insufficienza
renale cronica. Il trapianto può essere effettuato
da donatore cadavere o da donatore vivente.
Nel caso della donazione di rene da vivente
(comune negli USA, ma ancora ridotta in
Italia), come in pochi altri centri di eccellenza nel mondo, a
Niguarda viene adottata la tecnica robotica per il prelievo.
Questo tipo di intervento permette di avere molta più precisione
nelle manovre chirurgiche e offre indiscussi vantaggi per il
donatore, a cui viene offerta una rapida mobilizzazione, una
riduzione della componente dolorosa postoperatoria ed una
riduzione del periodo di ricovero ospedaliero.
Équipe: Chirurgia Generale e dei Trapianti- Trapianti
Addominali, Anestesia e Rianimazione 2.
Dati: Sono stati eseguiti più di 2.000 trapianti di rene dal
1972, di cui circa 200 da vivente, dal 1980.
Pancreas
Il trapianto di pancreas è indicato solo per
pazienti con diabete mellito tipo I o insulino
dipendente. Anche se il trapianto di pancreas
può migliorare la qualità di vita per molti
pazienti, la sua indicazione deve seguire criteri
molto precisi
Rene e pancreas trapiantati simultaneamente, è la modalità più
comune d’intervento e costituisce circa l’ 85% di tutti i trapianti
di pancreas nel mondo.
Équipe: Chirurgia Generale e dei Trapianti - Trapianti
Addominali, Anestesia e Rianimazione 2.
Dati: Dal 1992 sono stati eseguiti a Niguarda 95 trapianti
combinati di rene e pancreas.
SPECIALE TRAPIANTI
I Centri di Niguarda - Tessuti
Cornee
Il trapianto di cornea è un innesto sulla
superficie dell’occhio di tessuto corneale
sano in sostituzione di quello danneggiato.
A seconda del caso, il trapianto può essere “a
tutto spessore” (cheratoplastica perforante),
o “lamellare” (si trapianta solo la lamella più
superficiale). Quest’ultima tecnica, di più
recente introduzione, è utilizzata dall’équipe
dell’Oculistica Adulti.
Équipe: Oculistica Adulti.
Dati: Dal 2000 sono più di 500 i trapianti di
cornea effettuati.
Banca della Pelle
La Banca della Pelle, con i suoi mille metri
quadrati di laboratori, è il più grande centro
italiano ad alta sicurezza biologica in cui
vengono svolte attività di ingegneria tissutale,
cioè coltivazione di cute e cartilagine e
crioconservazione dei tessuti.
È in questo centro che, nel 1990, sono state
prodotte in Italia le prime cellule staminali
adulte della pelle.
Queste tecniche hanno radicalmente cambiato
la terapia delle ustioni, permettendo di salvare
la vita a centinaia di pazienti con ustioni
riguardanti anche il 90% del corpo.
Riferimento regionale e nazionale, il centro
è l’unico in Italia in grado di intervenire anche
nelle grandi emergenze internazionali.
Cartilagine
Nel 1996 è stato eseguito il primo impianto
italiano di cartilagine coltivata in vitro. Questa
tecnica applicata alla chirurgia del ginocchio
ha consentito di curare anche le lesioni più gravi,
fino a poco tempo prima giudicate inguaribili.
TRAPIANTI
Fegato
Rene
Cuore
Polmone
Pancreas
Rene-Pancreas
Cornee
Midollo
Cute
Totale
Le isole pancreatiche nell’avambraccio
Nel 2009 c’era stato il primo caso al mondo e già allora sembrava fantascienza: diverse équipe di Niguarda in collaborazione con l’Università di
Miami avevano trapiantato le isole pancreatiche nell’avambraccio di una paziente per poter curare il diabete di tipo 1. Nel 2011 poi il caso è stato
presentato a Miami al congresso della Cell Transplant Society. “Incassata” l’ammirazione degli esperti mondiali nei giorni scorsi si è replicato,
protagonista ancora una volta una donna. L’intervento è perfettamente riuscito e oltre all’area Trapianti (il Dipartimento dedicato e la Chirurgia
Generale e dei Trapianti) ha coinvolto anche la Diabetologia, la Terapia Tissutale e l’Anestesia e Rianimazione 3.
Nord Italia Trasplant Program
In Italia l’attività è articolata sui quattro livelli della Rete
Nazionale Trapianti (RNT), rappresentati, rispettivamente, dal
Centro Nazionale Trapianti (CNT), dai Centri Interregionali di
Riferimento (CIR), dai Centri Regionali per i Trapianti (CRT) e
dai Coordinamenti Locali.
Inoltre su scala nazionale sono 3 le reti che organizzano a livello
sopraregionale le attività di trapianto:
1. il Nord Italia Transplant program (NITp): serve un’area di poco
più di 18 milioni di abitanti in 5 regioni: Lombardia, Veneto, FriuliVenezia Giulia, Liguria, Marche e nella provincia autonoma di Trento.
2. l’Associazione InterRegionale Trapianti (AIRT): è
un programma collaborativo tra Piemonte, Valle d’Aosta,
Emilia Romagna, Toscana, Puglia e provincia autonoma
di Bolzano. Copre un’area di 16,5 milioni di abitanti.
3. l’Organizzazione Centro Sud Trapianti (OCST): è al servizio
delle regioni centro-meridionali, della Sardegna e della Sicilia. Per
un totale di quasi 23 milioni di abitanti.
NITp
Nato nel 1972, il Nord Italia Transplant program (NITp) è
storicamente la prima organizzazione italiana nel campo dei
trapianti. 5 regioni e una provincia autonoma fanno capo al
programma che comprende: 129 Unità che procurano donatori;
43 Unità di Trapianto (15 di rene, 5 di rene-pancreas, 9 di fegato,
6 di cuore, 2 di cuore-polmoni, 5 di polmoni e 1 di intestino) in
16 ospedali; 5 Coordinamenti Regionali e uno della provincia
autonoma di Trento (CRR); 1 Centro Interregionale di
Riferimento (CIR), che si trova a Milano, presso la Fondazione
IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.
L’intervista
Abbiamo incontrato
Giuseppe Piccolo
Direttore del Centro
Interregionale
di
Riferimento (CIR).
Dottor
Piccolo
ci aiuti a capire
qual è l’effettivo percorso che unisce il
donatore al ricevente: si è appena reso
disponibile il cuore, il fegato o il rene
tanto atteso, come si attiva la rete che
porta al trapianto?
La “rete” si attiva quando la rianimazione
di un ospedale segnala al CIR un potenziale
donatore di organi, cioè un soggetto
deceduto con lesioni cerebrali e sottoposto
ad accertamento di morte con criteri
neurologici. La donazione per realizzarsi
richiede due condizioni: il consenso al
prelievo dei familiari e la valutazione
medica di idoneità. La segnalazione viene
fatta al CIR telefonicamente ma la maggior
parte dei dati del donatore viene propagata
ai nodi della rete per via informatica,
tramite un programma denominato “Donor
Manager”. I centri trapianto vengono
allertati direttamente dal CIR, previa
stesura del piano di assegnazione degli
organi. Contestualmente alla segnalazione
di un donatore in Lombardia il CIR
allerta il sistema dei trasporti delle équipe
chirurgiche di prelievo.
Come viene valutato il donatore per
garantire la sicurezza del ricevente ?
La valutazione del donatore viene eseguita
applicando le linee-guida nazionali.
L’anamnesi approfondita, l’esame obiettivo
fisico e strumentale, gli esami del sangue
costituiscono la fase “pre-operatoria”. Le
procedure di controllo proseguono quindi
in sala operatoria con una scrupolosa
valutazione degli organi. Spesso sono
necessarie valutazioni approfondite di
laboratorio, per escludere specifici agenti
infettivi o tumorali, o di anatomia patologica,
che richiedono il coinvolgimento 24 ore su
24 di specialisti di più ospedali.
Molto spesso quando si parla di trapianti
si parla di una lotta contro il tempo,
quando l’attesa si prolunga è possibile
ottenere un trapianto all’estero?
2010
70
68
26
3
1
0
45
109
173
495
2011
78
59
23
1
0
2
47
88
112
410
Il legamento artificiale ha, inoltre, permesso
di non sacrificare più parti sane per ricostruire,
rendendo l’intervento meno traumatizzante e il
recupero più rapido.
Ricerca: Tra i vari studi condotti in laboratorio,
vi è quello in collaborazione con il Diabetes
Reserch Institute di Miami, la Stazione
Sperimentale per la Seta di Milano, la Facoltà
di Farmacia di Pavia, la Neurochirurgia
dell’Istituto Clinico Humanitas e la Facoltà
di Veterinaria di Milano, per la produzione di
tessuto ingegnerizzato dalla seta.
Dati: Dal 2001 sono stati effettuati oltre 430
trapianti di cute; ogni anno vengono prodotti
oltre 100.000 cm2 di cute ingegnerizzata.
Le ultime dall’area trapianti
Così in Italia
sette
I Centri di Niguarda
Cellule
Centro Trapianti
Midollo
L’attività
del
Centro
Trapianti
Midollo è iniziata nel 1986 e ha ormai
raggiunto gli 80/90 trapianti annui.
La struttura è costituita da 6 camere
di degenza dedicate ai trapianti; in
particolare si tratta di camere ad aria
filtrata a pressione positiva con elevati
ricambi d’aria e gestite in regime di
sterilità. Vengono eseguiti trapianti sia
autologhi che allogenici, sia da donatore
consanguineo che non consanguineo.
Oltre alla degenza, la Struttura dispone
anche di un settore out-patient
(Ambulatorio e Day Hospital) dedicato
alla valutazione pre-trapianto dei
pazienti e dei donatori, e ai trattamenti
dopo il trapianto.
La struttura opera anche come Centro
Prelievi Midollo in caso di donatori non
consanguinei richiesti da Centri Italiani
ed Esteri.
Per i casi urgenti il trapianto si rende
disponibile in Italia prima che all’estero,
grazie ai programmi nazionali ed ad un
livello di reperimento piuttosto efficiente
(l’Italia è terza in Europa per numero di
donazioni). L’accesso all’estero è offerto ai
cittadini italiani dal SSN dopo un preciso
periodo di attesa in lista in Italia, tramite
l’ASL di competenza. Si tratta comunque
di un’eventualità rara: poche decine di casi
l’anno (non più di una decina in Lombardia
su circa 600 trapianti annui).
Accreditamenti:
• Il Centro è accreditato secondo
gli standard internazionali
dei trapianti JACIE (Joint
Accreditation Commitee ISCTEBMT).
• Il Centro è membro del
GITMO (Gruppo Italiano
Trapianti Midollo Osseo) ed è
accreditato EBMT (European
Bone Marrow Transplantation
Group) per tutti i tipi di
trapianto.
Quali sono i dati per la donazione
nell’area NITp per il 2011?
Il 2011 ha fatto registrare nel NITp una
diminuzione del numero di donatori
segnalati che è passato, rispetto all’anno
precedente, da 772 a 717, mentre è
aumentato il numero di donatori utilizzati
che sono passati da 441 a 462. L’attività
di prelievo ha visto, rispetto al 2010, un
miglioramento in quasi tutte le Regioni
NITp. Il dato negativo, come sempre,
riguarda le liste d’attesa, che sono ancora
lunghe, con tempi d’attesa che si avvicinano
ai 2 anni per il trapianto di rene.
Laboratorio di terapia cellulare:
Si tratta di un laboratorio, con annessa
Banca di Cellule Staminali Emopoietiche
(CSE), dedicato alla manipolazione
dei
progenitori
emopoietici
in
ambienti a contaminazione controllata,
conservazione e distribuzione delle
cellule staminali emopoietiche per
trapianto di midollo osseo, anche per
Centri esterni in regime di convenzione;
possiede la Certificazione ISO9001,
l’Accreditamento JACIE e la
Certificazione del Centro Nazionale
Trapianti.
otto
Nuovo niguarda
Chi visita Niguarda
Dal Brasile
Blocco Nord: terra in vista
P
I
lavori per il Blocco Nord, cuore della
Fase 2, proseguono a pieno ritmo e
sebbene leggermente rallentati dal
maltempo (neve e ghiaccio) rispettano in
pieno le scadenze previste.
Il cantiere è un brulicare di tecnici
all’opera e si caratterizza per il flusso
continuo di camion-betoniera che portano
il calcestruzzo necessario per i pilastri.
Dall’alto dei padiglioni vicini si delineano
già nettamente le strutture portanti dei
diversi fabbricati che compongono il
Blocco.
Allo stato attuale è stato realizzato il
25% dei lavori; il piano -2 è interamente
completato e il piano -1 si avvia
anch’esso al completamento. Nell’area
dell’ex padiglione Pizzamiglio sono già
a buon punto i lavori impiantistici con la
realizzazione dei bagni prefabbricati.
Infine in questi giorni è stato collocato
il quarto (e ultimo) generatore che va a
completare la centrale di cogenerazione
del Polo Tecnologico. Da questa centrale di
ultima generazione il nostro Ospedale è in
grado di produrre tutta l’energia necessaria
al suo funzionamento.
Facce da Niguarda
Nuovi Direttori
uovi arrivi nel nostro Ospedale. Roberto
Fumagalli,
Professore
associato
all’Università degli Studi Milano Bicocca,
è il nuovo Direttore Anestesia e Rianimazione 1.
Dal 16 gennaio sono con noi Cristina Giannattasio,
Professore ordinario all’Università degli Studi
Milano Bicocca e arrivata al Niguarda in qualità
di nuovo Direttore della Cardiologia 4 - Diagnostica
e Riabilitativa, e Alberto Giulio Dragonetti, nuovo
Direttore dell’Otorinolaringoiatria.
Dal 1° febbraio Elio Clemente Agostoni è il
nuovo Direttore della Neurologia e Stroke Unit.
Dal 1° marzo Massimiliano Mutignani è il
nuovo Direttore dell’Endoscopia Digestiva e
Interventistica. A tutti il benvenuto a Niguarda e
auguri di buon lavoro.
N
Roberto Fumagalli
Nuovo anno, nuovi incarichi
Ester Maria Pungolino è la Responsabile
Ematologica Ambulatoriale e Day Hospital.
Silvana Penco è il nuovo Responsabile della
Genetica Medica.
Antonio Maria Agrati è il nuovo Responsabile
della Medicina 2C. Buon lavoro ai neo-incaricati;
un saluto e un ringraziamento ad Alfredo Rossi
che è andato in pensione e che per tanti anni ha
diretto l’Endoscopia Digestiva e Interventistica.
Cristina Giannattasio
Silvana
Penco
Alberto Dragonetti
Sì, avete capito bene...una principessa
in carne e ossa! Recentemente Nada
Al Sanfari, la principessa del Sultanato
dell’Oman, in questo periodo in Europa,
ha visitato il nostro Ospedale mostrando
particolare interesse per il Blocco Sud.
La principessa Nada ha effettuato anche
una visita di controllo con Elena Piozzi,
Direttore dell’Oculistica Peditrica.
Elio Agostoni
Massimiliano Mutignani
Per un ospedale senza barriere
D
ai primi giorni del nuovo anno è in funzione un ulteriore accesso per
il Blocco Sud. L’ingresso, realizzato soprattutto in funzione delle
persone disabili, si trova sul lato del Blocco in corrispondenza del
Parcheggio Sud (dove sono stati realizzati 25 posti auto in più per disabili)
ed è facilmente visibile grazie ad una adeguata segnaletica orizzontale. Il
nuovo ingresso è dotato di doppie porte di accesso e di un sistema ad aria
calda che impedisce l’entrata dell’aria fredda dall’esterno.
Il giornale di Niguarda
Una principessa
alla Ca’ Granda!
Giordania
News
Periodico d’informazione dell’Azienda
Ospedaliera - Ospedale Niguarda Ca’ Granda
Direttore Responsabile: Pasquale Cannatelli
Coordinatore Editoriale: Monica Cremonesi
In redazione: Giovanni Mauri, Andrea
Vicentini, Maria Grazia Parrillo
Marketing: Matteo Stocco
Direzione e redazione:
Piazza Ospedale Maggiore 3
20162 - Milano - tel. 02 6444.2562
[email protected]
Foto: Archivio Niguarda copyright
Progetto grafico: REASON WHY
www.reason-why.it
roveniva dalla patria della samba, del
carnevale e del calcio la numerosa
delegazione di medici e tecnici che
di recente ha visitato il nostro Ospedale.
La delegazione “capitanata” da Claudio
Lottenberg
(Presidente
dell’Hospital
Israelita Albert Einstein di San Paolo)
ha mostrato particolare interesse per la
chirurgia mini-invasiva e per le moderne
tecnologie presenti al Blocco Sud. Accolti
da Raffaele Pugliese, Direttore del
Dipartimento Chirurgico Polispecialistico,
hanno, inoltre, visitato l’AIMS Academy,
la scuola di Niguarda dove si insegna la
chirurgia del futuro.
Stampa: Roto 2000 S.p.A.
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n. 326 del 17 maggio 2006
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Pubblicato online sul sito: www.ospedaleniguarda.it
In questi giorni un folto gruppo di medici e
infermieri giordani è nel nostro Ospedale:
per un intero mese conosceranno il Niguarda,
la nostra organizzazione e avranno un
fitto scambio di esperienze con i nostri
professionisti. È il quarto gruppo di medici e
infermieri giordani, provenienti dall’ospedale
Al Bashir di Amman, che raggiunge la Ca’
Granda per intraprendere uno specifico
programma di formazione on the job sulla
chirurgia epatobiliare.
Slovenia
Era composta da 17 operatori sanitari la
delegazione slovena dell’ospedale di Brezice,
guidata da Drazen Levojevic, che nei giorni
scorsi ha visitato il nostro Ospedale. La visita
al Niguarda è stata preceduta dall’incontro della
delegazione con l’Assessore regionale alla
Sanità Luciano Bresciani.
nove
Approfondimenti sui nuovi modelli organizzativi
L’intensità di cure
Medici e infermieri a convegno
I
l 18 gennaio si è tenuto, nella nuova sede regionale,
Palazzo Lombardia, il convegno “Intensità assistenziale
e complessità assistenziale: un progetto di ricerca
della Regione Lombardia”. Si è trattato dell’ultima fase di
un progetto in cui si sono presentati e discussi i risultati di
uno studio multicentrico, condotto con altre sette Aziende
Ospedaliere lombarde di cui l’Azienda Niguarda è stata
capofila, con la guida di Giovanna Bollini, Direttore
Direzione Infermieristica, e Fabrizio Colombo, Direttore
del Dipartimento Medico Polispecialistico, in qualità di
responsabili scientifici.
Abbiamo fatto qualche domanda a Giovanna Bollini per
capire quali sono i dati più importanti emersi dal convegno
che ha radunato oltre 360 partecipanti provenienti da diverse
regioni italiane.
Nell’ambito del nuovo modello per intensità di cure come
si colloca lo studio svolto?
Gli obiettivi dello studio hanno riguardato la definizione
del livello di autonomia e dipendenza dall’assistenza
infermieristica unitamente alla criticità e gravità clinica in un
importante campione di pazienti ricoverati in area medica. Una
modalità intrapresa per approfondire e disporre di appropriati
indicatori e validi strumenti di valutazione delle condizioni
clinico-assistenziali dei pazienti in Aziende Ospedaliere che,
come Niguarda, stanno evolvendo verso un’organizzazione
per livelli a diversa intensità assistenziale e complessità di
cura.
Quali sono le motivazioni che hanno portato allo sviluppo
del progetto?
All’azienda ospedaliera moderna, attraverso questa
innovazione, si chiede di mettere al centro la persona e
le sue necessità, di aprirsi al territorio e di integrarsi con la
comunità sociale. Si tratta di un’esigenza di cambiamento che
nasce dalla complessità delle domande di cura e di assistenza
che richiedono metodi di valutazione multiprofessionale
incentivando l’orientamento ad agire in modo unitario.
Con quali modalità si è portato avanti lo studio?
Il paziente, al momento del ricovero e a distanza di tre
giorni, è stato valutato contemporaneamente, sia dal medico
sia dall’infermiere per definire, con modalità codificate, il
suo stato di complessità clinica e di intensità assistenziale,
all’ingresso in ospedale e dopo l’inizio delle cure.
Due approcci che, condotti in modo integrato, possono
assicurare la continuità assistenziale in ambito ospedaliero e
nel passaggio tra ospedale e servizi territoriali individuando
qual è il livello di intensità di cure e di assistenza adeguato ai
bisogni espressi dai pazienti.
A quali pazienti in particolare il vostro studio si rivolge?
E’ un esempio concreto della visione multidisciplinare che
riesce a dare concretezza all’indirizzo “dalla cura al prendersi
cura” dei crescenti bisogni sociosanitari, in particolare,
delle persone anziane, delle persone con disabilità o non
autosufficienti considerando le esigenze delle loro famiglie.
Quali sono le possibili ripercussioni organizzative e le
ricadute pratiche ?
Si tratta di un’innovazione che ha alla base l’utilizzo di
indicatori e parametri riguardanti la condizioni del paziente
Giovanna Bollini, Direttore Direzione Infermieristica,
e Fabrizio Colombo, Direttore del Dipartimento
Medico Polispecialistico
che dovranno vincolarne l’ingresso nei diversi settori
dell’assistenza, come quelli dedicati all’alta assistenza, alla
media assistenza, alle attività sub-acute recentemente avviate
con nuovi sistemi di inserimento.
Quali altri spunti sono emersi dal convegno?
Lo studio condotto ha consentito di predisporre dati e
proposte riguardanti questo ulteriore aspetto, cogliendo
così in modo puntuale le attese della Regione Lombardia.
Infatti lo strumento di valutazione infermieristica, adottato
per l’inserimento dei pazienti nelle strutture sub-acute, è per
l’appunto la scheda infermieristica utilizzata nello studio
presentato nel Convegno.
Il Convegno regionale è stato inoltre l’occasione per mettere
a confronto le strategie e lo stato di avanzamento delle
Aziende Ospedaliere di Como, Legnano e Niguarda che
stanno realizzando, in base alla sperimentazione regionale,
l’organizzazione per intensità di cure. Il buon livello di
partecipazione ha confermato l’attualità della tematica
affrontata e l’interesse suscitato dal progetto di ricerca
multicentrico realizzato dalla Direzione Infermieristica e dal
Dipartimento Medico Polispecialistico, grazie all’importante
contributo di tutto personale medico ed infermieristico della
Struttura Complessa di Medicina 1, delle Coordinatrici P.
Zampieri e O. Brino.
Dalla parte del paziente
Prenotazioni esami e visite in
farmacia
Ticket: adesso si pagano anche
negli uffici postali
È scattato il via libera al servizio di
prenotazione visite specialistiche
ed esami ospedalieri in farmacia.
Tra le strutture ospedaliere che
hanno aderito al servizio c’è anche
il Niguarda.
La
prenotazione
avviene
presentando la carta regionale dei
servizi e la prescrizione del medico
al farmacista.
Da venerdì 30 dicembre 2011 è
possibile
pagare
il
ticket
delle
prestazioni
ambulatoriali presso
gli sportelli delle Poste Italiane.
In Posta si deve semplicemente consegnare la tessera sanitaria ed indicare la data
dell’appuntamento che si vuole pagare,
qualora ve ne sia attivo più di uno.
Validità della ricetta:
quanto e dove
Di recente la normativa regionale ha esteso
la validità della ricetta per prescrizioni
diagnostiche (analisi mediche, radiografie…)
da 6 mesi ad 1 anno; rimane invariata la
validità di 30 giorni per le prescrizioni dei
medicinali.
Da ricordare che la ricetta ha validità sull’intero
ambito regionale. Ciò significa che sono valide
in farmacia per ottenere un farmaco rimborsato
dal Servizio sanitario nazionale solo le
ricette rilasciate da medici operanti
nella regione in cui ha sede la farmacia,
indipendentemente dalla residenza del
paziente. Se usate in un’altra regione, le
ricette servono ad acquistare il farmaco, ma il
paziente lo deve pagare di tasca propria.
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La Città dell’Arte
Le 12 grandi vetrate nel tamburo della cupola
della chiesa dell’Annunciata
Un’altra tappa in questa grande Città dell’arte che è Niguarda. Ritorniamo nella chiesa dell’Annunciata. In
questo numero prenderemo in esame la vetrata che raffigura il Beato Giuseppe Cottolengo, realizzata da
Raffaele De Grada. La presentazione, come sempre, è affidata al Primario Emerito Enrico Magliano.
BEATO GIUSEPPE COTTOLENGO
Verosimilmente Raffaele De Grada, che aveva da
poco preso parte ad una Mostra al Museo della
Permanente di Milano, acclamato come uno dei grandi
paesaggisti lombardi, accettò con difficoltà la proposta
di partecipare alle decorazioni della “Fabbrica del
Niguarda”, “solamente” con una vetrata nel tamburo
della Chiesa dell’Annunciata ma non volle mancare a
questa eccezionale “collettiva” di artisti famosi.
Gli fu affidato il ritratto del Beato Giuseppe Cottolengo
(nominato Santo in quegli anni) che rappresentava
“un’icona” dell’assistenza Sanitaria ante litteram.
Infatti l’idea di costruire la “Piccola Casa della
Divina Provvidenza (il futuro “Cottolengo”) venne
al fondatore dopo aver assistito una giovane donna
gravida morente che era stata rifiutata dagli ospedali
ostetrici dell’epoca perché affetta da una gravissima
forma di tubercolosi.
De Grada captò il pathos del prelato e lo ritrasse in
preghiera con un sorriso di speranza, sullo sfondo di un
paesaggio con accesi colori, culminante in un grande
edificio ecclesiastico, verosimilmente rappresentante
la trasfigurazione della “Parvae Domus Divinae
Providentiae” come sta scritto alla base della vetrata.
Enrico Magliano
“Beato Giuseppe Cottolengo”
di Raffaele De Grada
Raffaele
De Grada - Una famiglia di pittori, critici d’arte e partigiani
Nacque a Milano nel marzo del 1885; il padre Antonio rinomato decoratore milanese lo tenne “a bottega” per i primi anni.
Dopo aver vissuto in Svizzera si trasferisce in Toscana riscuotendo l’attenzione della critica dell’ambiente fiorentino.
Agli inizi degli anni trenta si reca definitivamente a Milano dove entra in contatto con gli artisti di Novecento e Corrente ed inizia ad esporre alla Permanente e in numerose
Biennali di Venezia.
La famiglia De Grada é conosciuta a Milano anche per il figlio del Maestro (Raffaelino De Grada per distinguerlo dall’omonimo padre) che è stato un famoso partigiano
combattente, esponente del Partito Comunista e che, per decenni, è stato il più autorevole critico d’arte del Corriere della Sera.
Immunologia
Allergia alla polvere? La colpa è degli acari
Piccoli organismi diffusi in tutto il mondo. Esiste un vaccino per “conviverci”
P
aese che vai allergia che trovi. Non sembra essere
così per quella all’acaro della polvere, diffusa molto
“democraticamente” in ogni angolo del globo. Da
Oslo a Città del Capo, da New York a Timbuctu, dietro a
quel “Etciù… salute!” ci potrebbe essere proprio lui. Se della
latitudine l’acaro se ne fa un baffo, l’altitudine, al contrario,
gli è poco amica: sembra infatti che sopra i 1500 m di altezza
questo piccolo “esserino” non riesca a riprodursi. Ma se le vette
non sono la vostra meta preferita e la valigie per la montagna
le fate raramente, ecco che cosa si può fare per migliorare la
convivenza con questo piccolo artropode, per molti un ospite
assai poco gradito.
Come si manifesta - Le vie respiratorie sono il bersaglio
preferito dell’allergia agli acari, che si può presentare con asma
e rinite, meno frequentemente, con congiuntivite o eczema. I
sintomi si presentano soprattutto nel periodo invernale, quando,
per effetto dell’alta temperatura e dell’alto tasso di umidità, si
creano le condizioni ideali per la crescita degli acari.
Per scoprirla… - Il primo passo per la giusta terapia è
saperla riconoscere. “Per questo- spiega Elide Pastorello,
Direttore dell’Allergologia e Immunologia- non bisogna
trascurare sintomi come rinite o asma che perdurano per
una buona parte dell’anno e portali all’attenzione del medico
allergologo che avrà la possibilità di effettuare alcuni test per
la diagnosi. Tra questi le prove cutanee (“prick test”) che in
molti casi permettono di scoprire la causa delle manifestazioni
allergiche. In caso di impossibilità ad eseguire i ‘prick test’si può
procedere con un prelievo di sangue che determina la presenza
degli anticorpi specifici per l’allergene sospetto”.
Un vaccino -
Il primo approccio è quello di una
terapia sintomatica, diretta cioè a ridurre i sintomi
dell’allergia utilizzando farmaci antistaminici, cortisonici o
broncodilatatori. Quindi si può prendere in considerazione la
terapia iposensibilizzante, il cosiddetto “vaccino”.
“Fino a qualche anno fa- prosegue l’allergologa- questo tipo di
terapia era somministrata per via sottocutanea e veniva fatta
esclusivamente in ospedale. Negli ultimi tempi si è diffusa sempre
più la modalità sottolinguale, per cui il vaccino può essere preso
dal paziente comodamente a casa sua. Si tratta di gocce da
prendere a digiuno, al mattino, e che vanno somministrate per
almeno 3 anni consecutivi”.
La storia di Mario Melazzini
News
“Io sono qui”, al via
la 2a edizione
Anche i tappi fanno
grandi cose
D
iciclare i tappi di bottiglie,
detersivi, bagnoschiuma
per raccogliere fondi a
favore dell’AMS, Associazione Malattie del Sangue.
Tutto è iniziato 3 anni fa e da allora Eliana Guasconi,
la trentaduenne guarita da una particolare forma di
linfoma, grazie alle cure dell’Ematologia del nostro
Ospedale, raccoglie tappi con instancabile tenacia e
senza farsene scappare neanche uno.
Grazie al tam tam di parenti e conoscenti ha fondato
il gruppo “Gli Amici dei Tappi”; la raccolta va a
gonfie vele e nel 2011 ha fatto registrare il record di
20 mila chili di tappi consegnati alla ditta che ricicla
plastica e accredita ASM. L’associazione, guidata da
Enrica Morra, Direttore dell’Ematologia, ha deciso
di ringraziarla donandole un furgone per il trasporto
di quei tappi che fanno grandi cose e che con il mezzo
giusto saranno ancora di più.
www.ams-onlus.org
opo il successo della prima edizione, con oltre 3.000 copie vendute
libro+dvd, tutto è pronto per la ristampa. “Io sono qui- Sette giorni
di appunti dalla vita di Mario Melazzini, un medico, un malato,
un uomo” è un docu-film diretto dal regista Emmanuel Exitu e dedicato
al Centro Clinico Nemo (NEuro Muscular Omnicentre) di Niguarda e
all’attività dei suoi operatori e del suo fondatore il dottor Mario Melazzini.
Nel documentario (da cui è stato tratto
anche un libro) Melazzini, nella sua
duplice veste di medico e di malato di
Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA),
testimonia come sia possibile, attraverso
la cura, non perdere mai la speranza e
racconta l’attività quotidiana di un centro
che ha l’obiettivo di realizzare un servizio
all’uomo che si ammala, facendosi carico
globalmente della sua condizione fisica
e spirituale.
In libreria: edizioni San Paolo,
libro + dvd
R
I “cugini” di zecche e ragni
Imparentati con ragni e zecche, gli acari sono piccoli
organismi visibili solo al microscopio che vivono nelle
nostre case, dove trovano l’ambiente ideale (proliferano
meglio a temperature superiori a 25 gradi e a umidità
maggiore del 60 per cento) in particolare si annidano
in tappeti, imbottiture d’arredamento e materassi.
Si attaccano, inoltre, ai vestiti e si nutrono di tutto ciò di
organico che trovano nelle case come forfora, peli e squame
della pelle. I disturbi sono causati da una reazione allergica
dopo l’inalazione delle particelle fecali dell’acaro (grandi
non più di pochi milionesimi di millimetro).
Da mettere in pratica
La prevenzione gioca un ruolo
altrettanto importante nella
“battaglia” contro gli acari
della polvere. Ecco le principali
indicazioni
di
bonifica
ambientale
consigliate:
- Nell’ambiente domestico tenere una temperatura
inferiore ai 22 gradi e umidità inferiore al 50 per
cento, quindi aerare frequentemente gli ambienti
chiusi o usare impianti di condizionamento
d’aria,
in
modo
da
ridurre
l’umidità.
- Avvolgere materassi e cuscini in una custodia
di plastica con cerniera o in un’apposita fodera
antiallergica (coprimaterasso e copricuscino “antiacari”). Lavare la biancheria del letto a temperature
superiori ai 60 gradi. Esporre frequentemente
all’aria e al sole materassi, cuscini, federe e lenzuola.
Sostituire i materassi e i cuscini di lana o di piume con
altri, per esempio in derivati sintetici della gomma.
Ancora più affidabili sono i materassi ortopedici
in poliuretano denso che rappresentano un habitat
sfavorevole alla riproduzione e allo sviluppo degli acari.
- Sostituire le coperte di lana (soprattutto di lana Merinos
che contengono alte concentrazioni di acari) con coperte
sintetiche, più facilmente lavabili ad alte temperature.
- Rimuovere accuratamente la polvere dai pavimenti
e dai mobili con aspirapolvere dotato di un particolare
filtro, chiamato HEPA
(High
Efficiency
Particulate Air filter), o
con un panno umido, in
modo da non sollevare
la polvere. Eliminare
moquette
e
tappeti.
Rimuovere
tendaggi
pesanti
e
sostituirli
con tende lavabili o di
materiale sintetico.
undici
Sanità Lombarda
Prevenzione
La vaccinazione è in 8 lingue
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Cos’è il vaccino, per quali
patologie è indicato e come si
somministra. Ancora: quando
va fatto e come fronteggiare
le eventuali controindicazioni.
Un
gruppo
di
lavoro
regionale - costituito da risk
manager e rappresentanti del
Dipartimento di Prevenzione
Medico delle ASL - ha
individuato una serie di testipresentazione del percorso
vaccinale in età pediatrica.
Il materiale è stato tradotto
in 8 lingue straniere- inglese,
francese, spagnolo, romeno,
arabo, urdu, cinese e singaleseed è on line sulla home page di
Sanità Regione Lombardia.
I
l programma offre ogni due anni un test per la rilevazione del sangue
occulto nelle feci a donne e uomini di età compresa fra i 50 ed i 69 anni.
Una lettera personale, inviata dall’ASL di riferimento, invita a ritirare il kit in farmacia. Il
test viene fatto a domicilio e in caso di positività si procederà con una colonscopia. Niguarda
e tra i centri accreditati per questa
valutazione di secondo livello. Se
viene individuata la lesione che ha
prodotto il sanguinamento (ad es.
polipi) spesso è possibile asportarla
già nel corso della colonscopia.
Tutti gli esami sono gratuiti e non
richiedono una prescrizione medica. PER INFORMAZIONI
Per maggiori informazioni è
possibile telefonare al numero
800.255.155 dal lunedì al venerdì
dalle ore 8.30 alle ore 17.00.
La battaglia dimenticata
Hiv: contagiati nel silenzio
Migliorano le cure, ma la guardia è bassa tra gli italiani
“AIDS: se la conosci, la eviti”. Fine
anni ottanta, inizio novanta, in molti si
ricordano bene le parole protagoniste
di campagne d’informazione contro
quella malattia che mieteva vittime a
ripetizione.
Da allora passi in avanti ne sono stati
fatti, progressi che ci hanno portato ad
avere una terapia con cui controllare
l’infezione rendendo la malattia
sempre più cronica. I successi sul
fronte sanitario sembrano, però,
avere portato con sé un inevitabile
abbassamento della guardia: di AIDS si muore meno e
della malattia se ne parla a stento. Nonostante questo,
il numero dei sieropositivi in Italia (ma anche nel
mondo) rimane alto.
Così nel nostro Paese
Secondo le cifre dell’Istituto Superiore di Sanità, il
numero delle persone viventi con infezione da Hiv
(compresi i casi con Aids e le persone che ignorano di
essere infette) è aumentato passando dai 135.000 casi
nel 2000 ai 157.000 del 2010.
I cambiamenti principali dell’ultimo decennio, secondo
l’Istituto Superiore di Sanità, sono l’aumento delle
infezioni acquisite attraverso contatti sessuali, il calo
netto delle infezioni trasmesse attraverso il consumo
di sostanze per via iniettiva, l’aumento dei casi fra i
residenti di origine straniera e l’aumento
dei casi in persone con oltre 50 anni di età.
Un contagio ogni 180 minuti - In Italia
ci sono 3mila nuove infezioni da Hiv in
un anno: un nuovo infetto ogni 3 ore. C’è,
inoltre, una forte variabilità regionale e il
centro nord appare più colpito di sud e isole.
Cambia anche il profilo delle persone che
scoprono di essere Hiv positive: nel 2010
l’uomo ha in media 39 anni, la donna 35.
Nuovi casi: uno su 3 di origine straniera
- Analizzando l’incidenza dei nuovi casi di
Hiv positività (di 4,0 nuovi casi tra italiani
residenti e di 20,0 nuovi casi tra stranieri residenti),
emerge che quasi una diagnosi su 3 riguarda persone di
nazionalità straniera. Proprio gli stranieri e le persone
con età elevata hanno maggiori probabilità di arrivare
in ritardo alla diagnosi.
Sieropositivi e non saperlo - In Italia, come in altri
paesi europei, un sieropositivo su quattro non sa di
esserlo. Il fenomeno dei cosiddetti “late presenter”
(persone che giungono tardivamente alla diagnosi) è in
crescita ed è particolarmente preoccupante.
40.000 vittime italiane - Dall’inizio dell’epidemia nel
1982, in Italia sono stati segnalati circa 64.000 casi di
Aids con quasi 40.000 decessi. I nuovi casi di Aids e
il numero di decessi per anno continuano a diminuire,
principalmente per effetto delle terapie antiretrovirali
combinate (introdotte nel nostro paese nel 1996).
Customer satisfaction 2011. Una strategia apprezzata
SEGUE DALLA PRIMA
I pazienti sono soddisfatti dei servizi
all’interno dell’ospedale: l’indice di
soddisfazione, infatti, si attesta sul 5,81.
Proprio per questo raccomandano, sulla
base della buona permanenza, e segnalano
la Ca’ Granda a famigliari, amici e
conoscenti mediante il famoso passaparola,
con un indice di raccomandabilità pari
a 6,12. Lo stesso score è totalizzato anche
per la risposta alla domanda “ritornerebbe
in quest’ ospedale?”. Sia per brevi o
lunghi ricoveri, la degenza conferma
ancora il trend positivo dell’anno
precedente. I punteggi sono alti, come
sottolineato dagli aspetti di cura/assistenza e
dall’area relazionale/informazione, che
registrano voti abbondantemente sopra il
6 (rispettivamente 6,40 e 6,38). Si attesta a
5,97 invece il giudizio su tutti gli aspetti della
struttura e dell’organizzazione. Le visite
ambulatoriali sono apprezzate, come
confermano le medie al di sopra del valore
5. I pazienti sono contenti delle informazioni
ricevute (5,80), chiare e complete, ma
ancora di più delle attenzioni da parte di
professionisti, medici ed infermieri (5,83).
Questi dati sono incoraggianti anche
perché registrano un sensibile aumento
del gradimento rispetto ai dati del 2010 e
motivano tutti gli operatori a perseguire il
miglioramento dell’offerta di salute.
La casistica del nostro
Ospedale.
Sì ai trapianti
di fegato per i
sieropositivi
A Niguarda nel 2010 sono stati seguiti
1.100 pazienti con infezione da Hiv;
per 962 di questi “è scattata” la terapia antiretovirale. “La
maggior parte dei pazienti in trattamento sono maschi, 690spiega Maria Cristina Moioli delle Malattie Infettive-.
Nella rimanente quota femminile (272 casi) sono 44 le donne
di origine straniera. Una categoria quest’ultima sempre più
coinvolta nei contagi: per 3 di loro, nel 2011, la malattia
è stata diagnosticata al momento del parto. Un dato che
fa riflettere sul bisogno di sensibilizzare queste pazienti
aprendole alla cultura dei controlli in gravidanza, necessari
per la loro salute e per quella del nascituro”.
In Italia nel 2010 sono stati notificati 718 casi di AIDS
(ovvero quando l’immunodeficienza irrompe clinicamente),
di questi 25 sono stati diagnosticati a Niguarda. “Un numero
non trascurabile- ci dice Massimo Puoti, Direttore delle
Malattie Infettive- che ribadisce il triste primato di Milano
come provincia con più casi e della Lombardia come regione
più colpita dall’Hiv”. Dallo scorso novembre Niguarda ha
aderito al programma nazionale per i trapianti di fegato nei
pazienti Hiv-positivi. “Poter dare loro un fegato- continua
Puoti-, nonostante la sieropositività, è un fatto importante e
testimonia come la malattia sia sempre curata meglio ”.
dodici
Sclerosi multipla
Per un mondo libero da SM
In Italia 60.000 persone colpite. La speranza dei nuovi farmaci
U
n attacco inesorabile e continuo che a poco a
poco danneggia la guaina isolante dei “cavi”
sui cui viaggia l’impulso nervoso. Una lenta
erosione che crea malfunzionamenti sempre più gravi del
sistema nervoso centrale. Si chiama sclerosi multipla,
sui meccanismi che la determinano ci sono tante ipotesi e
teorie, ma nessuno conosce ancora la causa effettiva.
Quello che si sa per certo è che colpisce in giovane età, la
finestra tipica d’esordio è tra i 20 e i 40 anni, e ad essere
interessate sono molto più le donne, il rapporto femmine/
Alessandra Protti
maschi è, infatti, di 3 a 1; la malattia può essere di lunga
durata, anche oltre 40 anni, ed è la seconda causa di
disabilità tra i giovani adulti, subito dopo gli incidenti
stradali.
La SM, in passato incurabile, oggi può essere contrastata
da numerosi farmaci che offrono un’aspettativa di vita
(sia in termini di anni che di qualità) sempre maggiore.
“A Niguarda seguiamo oltre 500 pazienti, di questi 1
su 4 proviene da fuori regione- spiega la neurologa
Alessandra Protti-”. L’organizzazione nell’ambito della
Neurologia è articolata in attività ambulatoriali, di ricovero
e day hospital “possiamo inoltre contare su un approccio
interdisciplinare- continua Protti- che offre, ad esempio, la
collaborazione dell’ostetricia per la gravidanza, o degli
specialisti di endocrinologia, immunologia, reumatologia
e neuro-urologia”.
I neurologi del centro spesso si trovano a lavorare a stretto
contatto anche con lo psicologo e lo psichiatra, un aiuto
fondamentale contro la depressione, che purtroppo spesso
si accompagna alla diagnosi della sclerosi multipla.
La patologia è cronica-degenerativa, ma il suo decorso
molto lungo può essere rallentato grazie alle terapie.
Tra queste c’è la riabilitazione, necessaria quando la
malattia intacca il movimento, ci sono poi i farmaci, quelli
“tradizionali”(come l’interferone e il copolimero) e quelli
di nuova generazione (come il natalizumab e il fingolimod)
su cui si ripongono le speranze della ricerca. “Nell’ambito
LA MALATTIA: la sclerosi multipla è una malattia
neurologica infiammatoria cronica in cui il sistema
immunitario svolge un ruolo patologico determinante.
I SINTOMI: la SM è caratterizzata da sintomi
variabili da paziente a paziente a seconda della parte
di sistema nervoso centrale colpita. I più comuni
sono la diminuzione della forza muscolare ad uno o
entrambi gli arti, specie quelli inferiori; alterazione
della sensibilità come intorpidimento e formicolii;
diminuzione della vista a uno o entrambi gli occhi;
disturbi dell’equilibrio e/o della coordinazione.
LA FORMA PIU’ COMUNE, che riguarda l’85%
dei casi è quella recidivante-remittente, in cui segni
e sintomi compaiono e scompaiono, soprattutto nei
primi anni.
I NUMERI: la SM colpisce nel nostro Paese circa
60.000 persone. La regione con più pazienti è la
Lombardia, in cui si stima ve ne siano 10 mila. Colpiti
3 milioni di persone nel mondo, 450.000 in Europa.
della sclerosi multipla- aggiunge Protti- è in corso una
vera e propria rivoluzione terapeutica e il nostro centro
partecipa ai trial clinici internazionali più promettenti”.
Farmaci, molecole, terapie, ma una mano arriva anche
dall’AISM (l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla) che
ha una sede nel centro del Niguarda. Un aiuto per pazienti
e familiari, una porta a cui bussare e su cui campeggia
il motto dell’associazione: un mondo libero dalla SM.
Speriamo presto.
Niguarda Centro di Riferimento per le Malattie Rare
Il cheratocono
L’occhio cambia forma. Tra le terapie: lenti, trapianto e cross-linking
astidio alla luce, modifica della visione,
difficoltà a percepire il contorno degli
oggetti: spesso si presenta così il
cheratocono, una patologia corneale distrofica/
degenerativa, che di norma esordisce durante il
periodo dell’adolescenza.
Tutto inizia con un lieve astigmatismo,
irregolare e progressivo, o con una miopia; il
cheratocono è caratterizzato dalla deformazione
e l’assottigliamento della porzione centrale della
cornea, (la lente trasparente, che costituisce la
parte anteriore dell’occhio) che sotto la spinta
della pressione oculare interna si modifica,
passando da una forma sferica ad una conica,
con la punta situata in prossimità della zona
visiva centrale.
“Non si sa molto sulla causa che porta l’occhio
a questo progressivo cambiamento di formaspiega Alessandra Del Longo dell’Oculistica
Pediatrica-. Sicuramente si sa che si tratta
di una malattia familiare e recenti studi
F
INTERVISTA
Enea
Diciannove anni, oggi è a Niguarda per
la visita oculistica. Sorvegliato speciale il
cheratocono che ha colpito i suoi occhi, in
particolare più il destro del sinistro.
Ciao Enea, com’è andato il controllo?
Abbastanza bene i medici mi hanno
detto che la situazione è migliorata, il
cheratocono si è stabilizzato.
Che sintomi dà il cheratocono, cos’hanno
i tuoi occhi, senti dolore?
Per adesso non sento dolore. Vedo male sia
da vicino che da lontano.
Quali sono stati i primi segnali?
Incominciavo
a
vedere
sfuocato.
Gradualmente la cosa si è intensificata
sempre di più.
Quando questi primi sintomi e c’è stato
un episodio che ti ha fatto prendere
coscienza della patologia?
I primi sintomi sono insorti circa 7 anni
fa. No, non c’è stato nessun episodio
di genetica ipotizzano che alla base possa
esserci l’alterazione di un gene non ancora
identificato”.
Spesso sono gli occhiali da vista ad “essere
inforcati” come primo rimedio, ma purtroppo
vengono presto messi da parte perché resi
inefficaci dal rapido peggioramento della
patologia; al malato non resta dunque
che passare alle lenti a contatto di tipo
rigido, (RGP) o gemellate in grado di
ricostruire un profilo corneale regolare.
Per la diagnosi precoce del cheratocono è usato
il topografo corneale computerizzato, uno
speciale apparecchio di recente introduzione,
che permette la mappatura della superficie
dell’occhio, consentendo inoltre la costruzione
della lente su misura modellata in modo da
aderire meglio, favorendo comfort, protezione
e buona visione.
Fra le novità in questo campo ci sono anche
le nuove lenti ibride o composite, costituite
“spartiacque”, perché non è una cosa che
succede da un giorno all’altro. Si peggiora
piano piano, non te ne accorgi neanche.
Così sono iniziate le visite oculistiche…
hai dovuto mettere degli occhiali?
No, gli occhiali non mi sarebbero serviti,
ho usato fin da subito le lenti a contatto.
Che tipo di lenti usi?
Quelle rigide.
Si sono accorti subito che si trattava di
cheratocono?
Inizialmente no, ma poi la mia vista
andava peggiorando sempre più. Così mi
hanno consigliato di andare in un centro
specializzato. Mi sono rivolto al Niguarda e
qui mi è stato diagnosticato il cheratocono.
Alla diagnosi che cosa ti hanno detto i
medici?
Che purtroppo si tratta di una malattia che
va peggiorando e che c’era la necessità di
fare dei controlli periodici per monitorarla.
Mi hanno prescritto l’uso delle lenti a
contatto per rallentare il cambiamento di
forma a cui andavano incontro i miei occhi.
Ogni quanto cambi le lenti?
Durano circa 5-6 anni e poi in seguito
cioè, da una parte morbida ed un nucleo rigido
centrale, che promettono ottime performance,
anche se mostrano molti limiti nella costruzione
su misura.
Tuttavia, nonostante la tecnologia avanzi, in una
percentuale intorno al 20/25% dei malati, nel
corso degli anni si può sviluppare un’intolleranza
alle lenti a contatto: queste possono non essere
più in grado di correggere la visione, oppure la
cornea può diventare così sottile da far temere
una perforazione spontanea.
A questo punto diventa indispensabile sottoporsi
ad un trapianto di cornea (o più propriamente
detto innesto corneale), dato che la capacità visiva del malato è quasi sempre ridotta a pochi
decimi e gravemente distorta.
Il trapianto ha successo in un’elevatissima
percentuale di casi, ma il recupero visivo può
essere molto lungo e articolato, in media sono
necessari da 1 a 3 anni prima che sia possibile
rimuovere la sutura.
alle visite e a come procede l’occhio si
decide se cambiarle o mantenerle. Io le
ho cambiate già 2-3 volte da quando la
malattia è insorta.
Quindi con i controlli si tiene sotto
osservazione la forma degli occhi e se le
lenti si adattano ancora?
Sì, esattamente.
Sai che c’è una tecnica relativamente
nuova per rallentare il cheratocono, il
cross-linking?
Sì e mi sono sottoposto ad un trattamento
con questa tecnica, o meglio a due
trattamenti: uno per l’occhio destro e uno
per il sinistro.
E com’è andata?
Mi hanno messo prima un collirio speciale
che mi hanno spiegato contenere delle
vitamine che fanno bene all’occhio. Poi
hanno usato un laser. La seduta è durata
circa 40-45 minuti. I risultati sono stati
buoni: secondo i medici, infatti, è servito
per stabilizzare le condizioni dei miei
occhi.
Grazie per averci portato la tua
testimonianza.
Sul fronte delle terapie, la conquista più grande
sembra essere un trattamento che ha superato
da non molto la fase di sperimentazione:
si basa sull’uso combinato di una vitamina
del gruppo “B”, la riboflavina, e i raggi
UVA. Insieme, questi due elementi, agiscono
sinergicamente rinforzando la struttura corneale.
“Questo trattamento- spiega Elena Piozzi,
Direttore dell’Oculistica Pediatrica- si chiama
cross-linking e anche se non permette la
guarigione è sicuramente in grado di bloccare
l’evoluzione avversa della patologia. Si tratta
di un’opzione terapeutica nuova e importante
nell’approccio a questa malattia”.
La patologia
Il cheratocono è una patologia oculare
caratterizzata da uno sfiancamento
centrale della cornea (ectasia) che colpisce
entrambi gli occhi, anche se con diverso
grado evolutivo, la cui incidenza si attesta
intorno ad 1 caso per 2.000 abitanti.
Il cheratocono:
• non è presente alla nascita
• comincia a manifestarsi verso la
pubertà
• progredisce fino circa a 40 anni.
Il Cross-Linking
Il CCL (corneal collagen cross-linking
riboflavin) è un trattamento non-invasivo
che ha dimostrato di poter rinforzare la
struttura corneale debole in pazienti con
cheratocono. Viene eseguito come un
normale intervento di routine, e consiste
in una seduta di 30 minuti. Durante il
trattamento un collirio di riboflavina, viene
applicato ripetutamente sulla cornea. La
vitamina viene, poi, attivata da una luce
speciale che consiste in una dose di raggi
ultravioletti A (UVA).
tredici
Neuropsicologia
Metti in moto la memoria
L’attività fisica migliora la nostra capacità di ricordare
M
ente sana in
corpo
sano.
L’adagio degli
antichi sembra trovare
conferma in un recente
studio secondo cui subito
dopo aver fatto esercizio
fisico la nostra memoria
“mette il turbo”.
Il
beneficio è da attribuire alla
produzione di una proteina che migliora
la salute delle cellule nervose.
La ricerca
All’indagine, coordinata da un team di
ricercatori irlandesi, ripresa e diffusa dal
New York Times, ha preso parte un gruppo
di studenti universitari sedentari, che prima
hanno dovuto guardare una rapida sequenza
di foto con facce e nomi di estranei. Dopo
una pausa, dovevano cercare di ricordare
i nomi delle persone appena viste quando
le foto gli apparivano nuovamente sullo
schermo del pc. Successivamente metà
degli studenti è salita su una cyclette,
pedalando a un ritmo crescente finché non
erano esausti, mentre gli altri sono rimasti
seduti per 30 minuti. Entrambi i gruppi
hanno rifatto il test di memoria, e quelli
che si erano mossi hanno ottenuto risultati
nettamente migliori rispetto alla prima
volta che avevano fatto il test a riposo,
mentre chi era rimasto in poltrona non è
migliorato.
La proteina
che aiuta a ricordare
La spiegazione è venuta
dalle analisi del sangue: nei
“ciclisti” c’erano in effetti
livelli significativamente più
elevati di una proteina nota
come fattore neurotrofico
derivato, o BDNF, che
è noto per promuovere la salute delle
cellule nervose. I volontari rimasti seduti
tranquillamente non hanno mostrato alcun
cambiamento nei livelli di questo fattore.
Da qualche tempo, gli scienziati sospettano
che il BDNF possa aiutare a spiegare
perché il funzionamento mentale sembra
migliorare con l’esercizio. Tuttavia, non
hanno pienamente compreso quali parti
del cervello siano coinvolte o come sia
influenzato il pensiero. Lo studio irlandese
suggerisce che l’aumento di BDNF indotto
dall’esercizio fisico può avere un ruolo
centrale nel migliorare la memoria e il
ricordo.
INTERVISTA CON LA NEUROPSICOLOGA
Smemorati di tutto il mondo unitevi e iniziate a pedalare… abbiamo incontrato
Gabriella Bottini, Direttore del Centro di Neuropsicologia Cognitiva, per avere un
parere sui risultati dello studio e qualche consiglio per mantenere la nostra mente
allenata.
Come vanno intesi i risultati dello studio?
Lo studio è ben condotto, interessante e va nella direzione di una vasta area di
ricerca – dato il preoccupante aumento della frequenza della malattia di Alzheimer
- focalizzata sull’identificazione di fattori protettivi nei confronti del declino della
memoria. La demenza, infatti, è un problema non solo clinico ma anche familiare
e sociale. L’impatto di questa patologia è molto rilevante per cui diventa necessario
cercare di identificare potenziali interventi preventivi. Tra gli ambiti più esplorati vi
è senz’altro quello delle “abitudini di vita” tra cui l’alimentazione e l’attività fisica.
Una speranza per tutti gli smemorati…
perché anche la memoria si può allenare?
Sicuramente. L’esercizio cognitivo deve essere considerato positivamente sia per
coloro che hanno la fortuna di possedere una memoria del tutto funzionante sia per
coloro nei quali è stato riscontrato un deficit. L’intervento riabilitativo mirato può
rallentare il declino e fornire ai soggetti colpiti dei validi strumenti per sopperire alla
mancanza.
Attività fisica e ginnastica mentale: cosa fare per prevenire
l’invecchiamento del nostro cervello? In generale, quali
consigli seguire?
Anche se non vi sono molti studi che dimostrino una protezione diretta dell’attività
fisica sulle funzioni cerebrali quali la memoria e l’attenzione, tuttavia è invece
ormai noto che abitudini di vita “sane” che prevedano un’alimentazione equilibrata,
evitando il fumo e l’eccesso di alcol, indubbiamente favoriscono quello che viene
comunemente definito graceful aging (N.d.R. invecchiare bene). Queste abitudini,
infatti, limitano i fattori di rischio quali l’ipercolesterolemia, l’ipertensione, ed il
diabete che predispongono al precoce declino cognitivo.
Fotonotizia
Infezioni ospedaliere
Se il batterio è super
Attenzione alla profilassi chirurgica.
In arrivo un vademecum sull’uso dell’antibiotico
E
ntrare in ospedale per curare una
malattia e prendere un’infezione.
Ogni anno succede a circa 10 Italiani
su 100 ricoverati. É l’istantanea scattata
(per il 2011) dal “Progetto Nazionale per la
sorveglianza delle infezioni batteriche gravi
in ambito comunitario e ospedaliero”, uno
studio condotto in 50 centri ospedalieri italiani
e coordinato dall´Istituto Superiore di Sanità,
con la supervisione di un Comitato Scientifico,
che rappresenta la Federazione delle Società
Italiane di Microbiologia.
In ospedale, di queste infezioni non solo ci si
ammala soltanto, ma si può anche morirne.
In Italia circa 500 mila pazienti su 9 milioni
e mezzo di ricoverati l’anno sono colpiti
da un’infezione presa in ospedale. Stiamo
parlando di una percentuale compresa tra il 5
e il 17% dei pazienti ricoverati. E di questi il
3% muore.
Le cifre che arrivano dall’Europa fanno eco
a quelle italiane- il Centro europeo per la
prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC)
parla di 25.000 decessi- dimostrando come
il problema sia trasversale ai sistemi sanitari
più avanzati per cui un uso indiscriminato
dell’alleato più fedele, l’antibiotico, ha finito
per rinforzare le “schiere nemiche” attraverso
l’ormai noto fenomeno delle resistenze.
Più se ne prende, senza un reale bisogno, più
i batteri diventano “super”. Dall’uso all’abuso
il passo è breve e può capitare anche nelle
corsie d’ospedale. “È un fenomeno che non
va sottovalutato- spiega Giuseppe Vighi,
Direttore della Qualità e Sicurezza Clinica- che
è rilevante non solo per l’uso dell’antibiotico
a scopo terapeutico, ma anche quando questo
è impiegato per la profilassi preparatoria
all’intervento chirurgico”.
Antibiotico: assumerlo solo se veramente
è necessario, il più appropriato e solo per il
tempo utile a debellare l’infezione, le linee
guida delle più importanti organizzazioni
sanitarie mondiali e nazionali lo ribadiscono
da anni e non mancano le campagne di
informazione e sensibilizzazione ad hoc.
A Niguarda tra le tante iniziative c’è anche
quella di un vademecum per il corretto uso di
questi farmaci. “Il progetto- continua Vighi-,
coordinato dalle Malattie Infettive, ha visto
la collaborazione trasversale della Direzione
Infermieristica, della Farmacovigilanza, della
Farmacia, degli anestesisti, dei chirurghi
plastici e dalle Medicina Interna. Lo scopo è
quello di realizzare delle schede informative
che raccolgano in maniera sintetica tutto quello
che c’è da sapere su un determinato antibiotico:
dal dosaggio agli usi clinici, dal meccanismo
d’azione fino alle possibili interazioni con altri
farmaci”. Le prime schede sono già pronte, si
intende entro la fine del 2012 produrne una per
ciascun antibiotico tra quelli maggiormente
impiegati in Ospedale. “Un aiuto in più da
portare con sé per un uso più consapevole di
questi farmaci- conclude Vighi-”.
In Pediatria la carica del sorriso
Come è cambiata l’équipe medica della Pediatria! Ma poi, dopo un rapido colpo
d’occhio, ci accorgiamo che i medici in questione non sono i bravi collaboratori
di De Giacomo ma lo staff del Dottor Sorriso.
Da sinistra il dottor “Falispa” (Guido Faglia), la dott.ssa Puà (Giovanna
Guariniello), la dott.ssa Toffetta (Silvia Larghi) e la dott.ssa Ciupa (Lia Gallo)
Niguart
“Al di là del muro”
“Al di là dal muro” è il progetto che, in primavera 2012, vedrà la
realizzazione di un murales sulla costruzione in cemento, creata nel giardino
dell’Hospice, per alloggiare le bombole di ossigeno.
L’iniziativa vedrà la collaborazione del vicino MAPP (Museo d’Arte Paolo
Pini) e gli studenti dell’Accademia di Brera di Milano per la realizzazione di
un soggetto da trasformare in murales.
Per maggiori informazioni
sul Progetto:
Hospice “Il Tulipano”
tel. 02 6444.5122
lun-ven 8.45-16.30
quattordici
News Regione
Referti a portata di click con la tua CRS
razie alla Carta Regionale dei Servizi (CRS)
i referti medici di visite ed esami si possono
consultare anche on line, 24 ore su 24, e 7 giorni
su 7, collegandosi al sito crs.regione.lombardia.it.
G
Per accedere ai servizi on line è necessario:
1) richiedere il codice PIN della CRS (chi ha ricevuto una
carta in sostituzione di quella scaduta deve richiedere un
nuovo PIN)
2) dotarsi di un lettore di smart card da collegare al
computer
3) installare il software CRS scaricabile dal sito crs.regione.
lombardia.it
4) esprimere il consenso al trattamento dei dati personali
Quali sono i referti che puoi consultare on line:
• Referto Visita Specialistica • Referto Laboratorio (escluso Anatomia Patologica,
come per esempio pap test, istologici e citologici)
• Referto di Radiologia
• Verbale di Pronto Soccorso
• Lettera di Dimissione Ospedaliera
È possibile richiedere il PIN ed esprimere il
consenso informato recandosi:
- agli Uffici Scelta e Revoca della ASL
- nelle farmacie del territorio
- nel nostro Ospedale presso il Punto Info del Blocco Sud,
o presso gli Sportelli Accettazione di Villa Marelli (viale
Zara 81) dal lunedi al venerdi: 8.30-15.30.
Ortopedia pediatrica
Diventare grandi “con i piedi
per terra”? Si, ma senza zoppicare
P
er alcuni bimbi crescere sicuri camminando
senza incertezze a volte può essere doloroso.
Sono molte, infatti, le problematiche che
colpiscono i piedi e le gambe dei bambini.
E diagnosticarle non è sempre facile. Un esempio
è quanto accade per i cosiddetti dolori della
crescita. Si tratta di dolori solitamente notturni,
che al mattino svaniscono e possono essere
localizzati in diverse aree degli arti inferiori: il
ginocchio, i muscoli del polpaccio, i muscoli
della coscia e l’inguine. Come ci spiega Marco
Moscati, chirurgo ortopedico pediatrico del
Niguarda “Alla visita ortopedica pediatrica non
vi è alcuna limitazione dei movimenti, il dolore
non è evocabile con la pressione e non vi sono
segni di gonfiore o arrossamento. Persino gli
esami di laboratorio e le radiografie non danno
chiarimenti”. La causa è ancora ignota e la cura
si basa su farmaci analgesici, se prescritti, per
controllare il dolore nel momento della sua
insorgenza.
Fondamentale, per giungere a una corretta
diagnosi, è il monitoraggio costante dell’intensità
e della frequenza del dolore da parte dei genitori.
Una vera e propria emergenza ortopedica è
quella dell’artrosinovite settica, che per fortuna
è invece facilmente individuabile attraverso
esami radiografici e di laboratorio. Si tratta di
un’infezione batterica delle articolazioni, trasmessa
attraverso il sangue o in seguito ad un intervento
chirurgico. Questo disturbo è spesso associato
a febbre, l’arto colpito è dolorante e il bambino
fatica a muoverlo. Fortunatamente l’artrosinovite
settica si può curare: antibiotici e antinfiammatori
sono la terapia principale. A questi si può associare
drenaggio chirurgico se il piccolo paziente non
risponde alla cura con antibiotici.
Altri disturbi piuttosto diffusi che possono causare
zoppicamento nei bimbi sono ad esempio fratture,
artrite infantile o il menisco discoide – una
malformazione per cui il menisco ha una
forma “a disco” che ostacola il fisiologico
movimento del ginocchio.
Un’andatura leggermente claudicante può
essere inoltre conseguenza di una spiccata
dismetria – differente lunghezza - degli
arti inferiori. “Una certa differenza nella
lunghezza degli arti superiori e inferiori è
assolutamente normale nella popolazione
– spiega Moscati - e non deve essere
trattata; il trattamento riguarda, infatti, solo i casi
in cui vi sia una differenza significativa che può
condizionare negativamente la qualità di vita del
bambino”.
La zoppia costante, se associata con dolore a
un’articolazione è un disturbo piuttosto frequente
negli adolescenti: si tratta di osteocondrite
disseccante. Questa patologia colpisce soprattutto
ginocchio, caviglia e anca. Tanto riposo e poco
sport mettono fine al problema, che nei casi
più complessi può essere risolto con intervento
chirurgico. Molto più raro è l’osteoma osteoide,
piccolo tumore benigno responsabile di dolori
che si manifestano soprattutto durante la notte.
Il dolore scompare dopo la somministrazione di
acido acetilsalicilico.
Insomma, sono molti i problemi che si possono
nascondere dietro un sintomo apparentemente
innocuo. Attenzioni e cure sono l’arma vincente
per accompagnare i nostri bimbi a diventare adulti
che stanno in piedi “con le proprie gambe”.
www.ospedaleniguarda.it
Esami di Laboratorio:
esamilaboratorio.ospedaleniguarda.it
Corso di Laurea Infermieristica:
laureainfermieristica.ospedaleniguarda.it
NAG Niguarda Art Gallery:
pagina stampa area medica feb12 def.pdf 1 21/02/2012 9.54.00
artgallery.ospedaleniguarda.it
NUMERO GRATUITO
www.amplifon.it
800 91 08 08
quindici
Parola allo Specialista
Che cos’è l’epistassi?
Lo spiega l’otorinolaringoiatra Gabriella Mantini
A
volte basta poco o addirittura niente
e il sangue inizia a colare dal naso:
si chiama epistassi ed è un disturbo
abbastanza comune, trasversale a tutte l’età,
e che, pertanto, non deve essere vissuto con
allarmismo.
Le cause
La cattiva abitudine di molti bambini di
infilarsi ripetutamente le dita nel naso è la
causa più frequente nell’infanzia mentre
i valori elevati di pressione sanguigna
o l’utilizzo di farmaci antiaggreganti
(aspirina) o anticoagulanti (Coumadin) sono
responsabili delle epistassi negli anziani.
Anche una banale rinite virale e la rinite
allergica, nonché l’esposizione prolungata
ai raggi solari, che provoca secchezza e
vasodilatazione della mucosa nasale, sono in
grado di causare una rinorragia (fuoriuscita di
sangue dal naso).
Più raramente l’epistassi è il sintomo di una
malattia vera e propria che può essere
conseguenza di un trauma facciale o essere
legata ad una poliposi nasale, ad una patologia
della coagulazione del sangue o, in casi molto
rari, ad un corpo estraneo nasale. In queste
situazioni l’epistassi però si accompagna
sempre ad altri sintomi.
Come intervenire
In caso di epistassi è opportuno mantenere la
posizione eretta o seduta reclinando la testa
in avanti, così da evitare che il sangue venga
deglutito.
É utile comprimere con delicatezza le narici
tenendo la punta del naso tra pollice e indice
per circa 10-15 minuti.
Può essere d’aiuto l’utilizzo della borsa del
ghiaccio, posizionata sulla radice del naso, in
virtù di un possibile effetto emostatico per la
vasocostrizione prodotta dal freddo.
É controindicato inserire garze e cotone
emostatico nelle narici in quanto aderirebbero
ai coaguli, che pertanto verrebbero rimossi
insieme al tamponamento con conseguente
ripresa dell’emorragia.
Se il sanguinamento non accenna a fermarsi
entro 20 minuti è opportuno ricorrere alla
consulenza del medico.
Quando indagare
Se gli episodi, benché frequenti, si risolvono
semplicemente tamponando non è necessario
procedere ad ulteriori accertamenti
diagnostici.
Negli adulti è però sempre opportuno
monitorare i valori della pressione e
ridurre l’utilizzo di farmaci a potenziale
azione antiaggregante (come ad esempio i
FANS).
Solo nei casi più ostinati si esegue un
esame del sangue per controllare la buona
funzionalità della coagulazione.
Una visita dall’otorino, inoltre, servirà ad
escludere la presenza di lesioni che possono
dare sanguinamento a livello delle fosse
nasali.
Come curarla
La terapia nei bambini e negli adulti consiste
nell’uso di creme emollienti e solo nei casi più
ostinati nella cauterizzazione dei capillari
con agenti chimici o con una corrente elettrica
in anestesia locale.
Solo nei casi più complessi si dovrà ricorrere
alla chirurgia con la legatura dei vasi per via
endoscopica o alla loro embolizzazione.
Formazione
PER INFO
www.ospedaleniguarda.it
Corsi e convegni di marzo e aprile
9 marzo
PSICOLOGIA
OSPEDALIERA
E PATOLOGIE
COMPLESSE
Il convegno nasce dall’esperienza
di confronto e di riflessione
comune sul percorso psicologico
di adattamento che il paziente e i
suoi familiari devono affrontare in
presenza di patologie complesse.
Il corso è aperto ai medici, psicologi, infermieri,
fisioterapisti, educatori professionali e TERP.
Sede: Aula DEA 1, Area Nord- Blocco DEA
20 marzo
STABILIZZAZIONE
DEL NEONATO CRITICO
Obiettivo del corso è acquisire
le conoscenze e competenze
teorico-pratiche per la corretta
stabilizzazione del neonato critico
nelle prime 48 ore di vita.
Sede: Area Nord, Blocco DEA,
Aula DEA 1-2
20 e 29 marzo
JOB ADVISOR IN DATA MANAGEMENT
La figura del data manager sta assumendo sempre più
importanza nell’ambito delle sperimentazioni cliniche. Il
corso intende formare e aggiornare neolaureati in discipline
scientifiche che sono data manager o study coordinator di
trial clinici in ospedali o istituti di ricerca.
Sede: Aula B, Area Sud- Blocco Sud
6 aprile
CHIRURGIA DELL’EPILESSIA: PERCORSO
DIAGNOSTICO TERAPEUTICO
DALLA SELEZIONE DEL PAZIENTE
ALL’INTERVENTO
CHIRURGICO
La chirurgia delle epilessie
focali sintomatiche si è andata
affermando negli ultimi decenni
come il trattamento più efficace
nei casi farmaco resistenti.
Figure centrali nel percorso
diagnostico-terapeutico
sono
il neurologo e il neurochirurgo
ed è necessario che queste
figure possano acquisire le
competenze indispensabili per la corretta definizione della
strategia chirurgica.
Sede: Area Nord- Blocco DEA
Laurea Infermieristica
Cosa aspetti a scattare? C’è il concorso fotografico
per studenti e docenti
rende il via il concorso di fotografia
aperto a tutti gli studenti iscritti al
Corso di Laurea Infermieristica e
a tutti i docenti che vi insegnano.
Il tema del concorso è: “Nurse in training”.
La data ultima di consegna delle foto è
il 5 aprile; la partecipazione è gratuita.
La premiazione del concorso fotografico
si terrà il 7 maggio in occasione
dell’inizio del tirocinio del primo anno.
16 aprile
EPATITE B CRONICA:
COLLABORAZIONE
OSPEDALE TERRITORIO
Nonostante la disponibilità di
un efficace vaccino, l’infezione
cronica da virus dell’epatite
B (HBV) rimane un problema
sanitario rilevante che affligge
centinaia di milioni di persone
al mondo.
Per garantire una buona gestione del portatore di HBV
(anche quando non è presente una malattia del fegato)
è indispensabile integrare le conoscenze, oggi molto
sviluppate, della biologia del virus e della fisiopatologia
della malattia.
Sede: Aula 1, Area Ingresso- Padiglione 1
16 e 20 aprile
TRAINING ON THE JOB- FORMAZIONE SUL
CAMPO IN ECOCARDIOGRAFIA 2012
L’ecocardiografia ha assunto un ruolo sempre più rilevante
nella diagnostica cardiologica ed è diventata uno strumento
indispensabile nella pratica clinica.
Sempre maggiore è il numero di cardiologi, internisti ed
anestesisti che si avvicinano a questa metodica con lo
scopo di acquisire le conoscenze necessarie alla corretta
esecuzione ed interpretazione dell’esame ecocardiografico.
Sede: Area Sud, Blocco Sud
Fotonotizia
I nostri temerari
P
PER PARTECIPARE
Le foto vanno inviate a:
[email protected]
Domenica 29 gennaio tra i 120 arditi che si sono tuffati nelle
acque gelide del Naviglio Grande a Milano c’erano anche:
Andrea De Gasperi (Direttore Dipartimento Trapianti e Anestesia e Rianimazione
2); Antonio Rampoldi (Direttore Radiologia Interventistica); Ruggero Vercelli
(Medico Radiologia Interventistica); Iacopo Mangoni (Medico Chirurgia
Generale e dei Trapianti); Plamen Mihaylov (Medico Chirurgia Generale e dei
Trapianti).