Untitled - Gruppo Carige

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Arte e Cultura
Sergio Fedriani,
funambolo della fantasia
di Ferruccio Giromini
Il suo stile è riconoscibilissimo: acquerelli
dalle tinte intense – tutte le sfumature di blu
cobalto, verdi brillanti, aranciati luminosi,
e qualche dettaglio splendente di rosso
scarlatto – ambientati in panorami
di preferenza marini...
...ma sempre sotto grandi cieli aperti, e di norma percorsi da omini baffuti, occhialuti e abbigliati con paltò lobbia
e sciarpa svolazzante. È il mondo arioso di Sergio Fedriani, un artista che ha improntato diversi decenni di vita genovese con le sue rasserenanti visioni, spesso utilizzate anche nella grafica di comunicazione e dagli stessi enti pubblici locali. Oggi i suoi acquerelli, incisioni, serigrafie, manifesti si ritrovano sulle pareti di innumerevoli abitazioni e
uffici genovesi, nei salotti come nelle camere da letto, nei
corridoi come nelle cucine, nelle biblioteche come nelle
sale d’aspetto e persino nei bagni, trovando ovunque una
naturale ragion d’essere, in quanto visioni semplici solo in
apparenza ma miracolosamente mai stancanti, e riconfortanti a ogni nuovo sguardo, anno dopo anno, quasi dolce
medicina subliminale per lenire con una carezza di tranquillità i fatali malesseri quotidiani.
L’opera di Sergio Fedriani è indubbiamente, e singolarmente, molto amata, non meno di quanto fu amato lui stesso in
vita: persona deliziosa, colta, beneducata, sempre sorridente, che alla sua precoce scomparsa ha distribuito lancinanti ferite di nostalgia non ancora guarite tra parenti, amici, conoscenti, ammiratori. Nella sua città era davvero molto conosciuto, e tuttora resta vivo il ricordo delle sue affollatissime e toccanti esequie celebratesi nel 2006, in forma laica,
presso l’Oratorio di San Filippo di via Lomellini per interessamento diretto della stessa Amministrazione Comunale.
Genova è stata la culla e il palcoscenico della sua esistenza e di quasi tutta la sua carriera artistica, che pure ha segnato tappe importanti altrove in Italia e all’estero. A Genova era nato nel 1949; cresciuto in centro (la sua famiglia
gestiva la Pensione Astro in via XX Settembre, frequentata
anche da gente di spettacolo), aveva studiato al Liceo Classico Colombo e poi si era laureato in Architettura, eserciIn alto Un ricordo di Sergio Fedriani nel suo studio.
A fianco Il tavolo da lavoro.
A fronte Sergio Fedriani, Viaggio nella pittura, acquerello su carta.
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tando per qualche anno la professione in condivisione con gli amici e colleghi del Gruppo Sei. Ma i suoi interessi più vitali guardavano altrove.
Dal 1977 decise infatti, tra coraggio e
incoscienza, di tuffarsi senza rete nei
territori più liberi dell’arte, accettando
inizi tutt’altro che facili. Le prime esposizioni di acqueforti e acquetinte, alle
Gallerie Ferro di vico Falamonica e Il Vicolo di piazza Pollaiuoli, cominciarono
a metterlo in evidenza tra gli estimatori dell’arte incisoria, per il momento a
livello locale. I suoi segni incisi – pur evidenziando influenze ora picassiane e
ora, nei tratteggi fittamente incrociati,
dei più contemporanei Edward Gorey
e Roland Topor – manifestavano fin da
subito una qualità piuttosto originale nella maniera di proporre i soggetti: ogni lastra proponeva la rappresentazione di un’idea sognante, di sicuro poco realistica
e a volte con un sottotono complice quasi umoristico. Il che
risultava piuttosto sconcertante negli ambienti tradizionali e
tradizionalisti dell’incisione calcografica.
L’occasione per identificare meglio la propria strada gli venne dalle prime collaborazioni alle riviste di fumetto, illustrazione e umorismo allora presenti sulla piazza genovese; da
“La Bancarella” di Schiaffino al “Sgt. Kirk” di Ivaldi, Bertieri e Pratt e a “Imagocritica” di Giromini e Marchisio, finalmente Fedriani ebbe molteplici occasioni per cimentarsi in
quella che sarebbe stata la sua futura strada maestra, per il
momento a tre corsie: quella principale del disegno al tratto, con pennino a china, soprattutto nella grande tradizione
dell’umorismo visivo senza parole; quella di sorpasso occasionale riservata all’illustrazione, che lo portava a esercitare
l’uso del pennello per le mezzetinte; e quella d’emergenza
del fumetto, praticata in casi limitati per approfondire la sintassi della narrazione figurata. Fu l’inizio della fioritura e dell’espansione della fama a livello nazionale – ma con il ricorrere di un curioso incidente su cui il buon Fedriani s’indignava tuttavia ridendone: il suo cognome veniva stampato
più regolarmente come “Frediani” che in modo corretto, una
piccola maledizione durata a lungo…
La sua firma prese a circolare per molte testate, alcune decisamente autorevoli: “Linus”, “Andersen”, “NBN-NewBookNews”, “L’Espresso”, “La Riviera Ligure”, “Capital”, “Il Sole 24
Ore”, “Il Secolo XIX”, “Wimbledon”, “Telèma”, “Vivi Milano”.
Veniva apprezzato per la seducente tecnica, che nel frattempo si era impratichita nell’uso del colore, ma soprattutto per
la rara capacità di sintetizzare in un’immagine di folgorante pregnanza qualsiasi situazione, qualsivoglia contenuto. Lo conferma in particolare il fatto che per anni fu chiamato a illustrare regolarmente, dando infinite prove di verve, argomenti abbastanza disabituati a essere interpretati con il disegno quali le malattie, i medicinali, i disagi psichici, la professione
ippocratica, via via per i periodici “Il Corriere Medico”, “La Terapia”, “Medicina
& Psichiatria”, “L’Informatore Farmaceutico”, così rendendosi in breve particolarmente popolare nella vasta platea dei
medici e farmacisti italiani.
In alto
Una veduta di Genova,
tratta da un quaderno di disegni.
A fianco
“Come un bel libro aperto”,
acquerello su carta.
A fronte
“Una valigia è gialla, l’altra blu”.
Acquerello su carta.
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La sua arte nel frattempo si era dunque rafforzata in due
qualità: da un lato l’uso degli inchiostri colorati e degli acquerelli, dall’altro l’impalpabile e onirico sense of humour
delle sue interpretazioni grafiche. Quest’ultima virtù lo portò a prendere parte e imporsi nelle principali rassegne internazionali di umorismo disegnato: a Milano, Marostica,
Foligno, Siena, Forte dei Marmi, Bordighera, Dolo, Tolentino, Teheran, Gabrovo, Strasburgo, Saint-Vincent, Codogno (con l’ultimo, graditissimo, premio intitolato a Giuseppe Novello, il famoso “signore di buona famiglia” cui Fedriani si era sempre sentito molto affine). Di fatto, la capacità di indurre al sorriso era diventata componente essenziale della sua arte, che intanto aveva studiato e reinterpretato autonomamente l’abilità nel dominare i colori
ad acqua di Jean-Michel Folon, altro suo dichiarato Maestro. Sviluppò così uno speciale gusto cromatico, che in
breve lo avrebbe imposto come uno degli ultimi grandi campioni dell’acquerello, tecnica espressiva quanto mai difficile e sempre meno praticata.
Ne approfittarono non solo le case editrici che gli affidarono diversi volumi da illustrare (in particolare Garzanti, anche per Giovanni Arpino), ma spesso i pubblicitari, commissionandogli a partire già dal 1979 calendari e molti manifesti per convegni e iniziative formative. E nel 1996 realizzò pure le estese decorazioni di un autobus per il turismo culturale del Comune di Genova, vettura che ancora
si può vedere circolare per le vie cittadine.
Delle policrome doti scenografiche di Fedriani si avvalsero anche diverse prestigiose motonavi, che portano tuttora in giro sulle rotte mediterranee i suoi grandi pannelli decorativi. E il Teatro dell’Archivolto lo chiamò – siamo
sempre nei primi anni Novanta – a progettare le scene
per due incantevoli spettacoli firmati da Giorgio Gallione: La grammatica della fantasia da Gianni Rodari e Bonaventura e i cavoli a merenda da Sergio Tofano, autori
per l’infanzia con cui restava evidente l’affinità del giocoso mondo poetico di Fedriani.
Si è delineato così il multiforme percorso della creatività fedrianea, snodantesi senza apparente fatica tra le
tecniche incisorie tradizionali (da
tutte quelle calcografiche alla linoleografia), il disegno a china, il cartoon
umoristico, l’illustrazione editoriale e
pubblicitaria, la decorazione d’ambiente, la scenografia teatrale. Resta
ancora da dire della pittura, l’attività
cui si dedicò maggiormente negli ultimi anni e quella per cui è più presente ancora oggi sul mercato dell’arte. Passando dai prediletti acquerelli alle tempere e ai colori acrilici, e
ugualmente dalle carte alle tele, anche in questo campo Sergio Fedria-
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ni non mancò di lasciare il segno, senza peraltro abbandonare le suggestive tematiche dell’intera sua produzione improntata all’invenzione onirica e al calembour visivo. Ma a quelle aggiunse qui una speciale attenzione al
tema marino, declinandolo in tutte le sue possibilità sognanti e distensive: orizzonti calmi, navi a bianche vele
spiegate, cieli diurni serenissimi o notturni stellati e illuminati da una luna benevola, tutte estasi panteistiche intrise di liquida commozione. È in questo ambito che, a
partire dagli anni Novanta, si impose la sua visione confidenziale e lirica, capace di conquistare la fervida empatia di tanti appassionati e collezionisti. E altra riprova
della sua sensibilità contemplativa sbocciava intanto nei
suoi rapidi acquerelli di viaggio, baciati da una felicissima sintesi espressiva.
L’idillio di Sergio Fedriani con la vita si interruppe prematuramente il 10 gennaio 2006 quando, al culmine di una
fulminante malattia, lasciò asciutti i suoi pennelli a soli 56
anni. Si è detto della grande onda di commozione che si
propagò allora in Genova tutta, che capiva di perdere un
protagonista importante della cultura cittadina di fine Novecento. È anche per questo che i famigliari, coadiuvati
dai tanti amici che non volevano dimenticare, decisero di
dar vita immediatamente a una associazione culturale intesa a mantenerne viva la memoria e valorizzarne le opere, curando la realizzazione di mostre e istituendo un premio annuale in suo nome. Ad alcuni anni di distanza, le
attività dell’Associazione culturale “Sergio Fedriani” hanno tenuto fede alle aspettative, sia portando in giro le opere dell’artista, per esempio in Liguria con il MondoMare
Festival o in Versilia al Museo della Satira e della Caricatura, sia allestendo in suo onore mostre come Ex-Libris a
Genova nel Museo di Palazzo Rosso, sia soprattutto organizzando ormai per sette edizioni un Premio per giovani artisti dal titolo particolarmente significativo: La vita è
sogno, proprio come sarebbe piaciuto a lui.
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