Jugoslavia Gennaio 2013.pub

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Jugoslavia Gennaio 2013.pub
La VOCE
del Comitato per la Jugoslavia G.A.MA.DI.
e del Coordinamento per la Jugoslavia
G.A.MA.DI.
Responsabile Andrea Martocchia
La VOCE ANNO XIV N° 5
GENNAIO 2013
2012
PAGINA I
Ospitalità studenti serbi in Italia - un ponte per domani!
“un ponte per domani!” è un’iniziativa che CNJ-onlus promuove insieme all’associazione “Un Ponte per...”.
Nata da un’idea e dall’impegno di alcune volontarie e volontari, che da oltre dieci anni operano in Serbia, in
particolare a Kraljevo, città di circa centoventimila abitanti (u.cens. 2009) situata a 200 km a sud di Belgrado, con iniziative di solidarietà e supporto, di conoscenza reciproca e di scambio culturale, con famiglie residenti o profughe dal Kosovo e Metohija in seguito ai bombardamenti della NATO del ’99 sulla Jugoslavia.
Tutto ciò ha fatto nascere e crescere nel tempo legami spontanei di amicizia e di fiducia reciproca, con il
piacere e l’impegno di portare avanti e guardare a piccoli, grandi obiettivi comuni, nell’interesse e nell’intento soprattutto di non dimenticare quelle verità che la storia, spesso ingiustamente, non ha restituito.
La lingua, la cultura, costituiscono da sempre, oltre che uno strumento di espressione delle emozioni e
“ponte” della memoria (in tal caso quella che lega l’Italia alla Jugoslavia), anche una prospettiva professionale per molti giovani, da sviluppare nel proprio paese. La Municipalità di Kraljevo, distante circa un’ora di
macchina dalla città di Kragujevac ben più nota ultimamente agli Italiani per la risonanza della questione
“FIAT nei Balcani”, vive una realtà industriale altrettanto difficile e di grave stato di disoccupazione. Eppure
a Kraljevo, ci sono oggi ben 6 scuole pubbliche che hanno adottato come seconda lingua straniera nel programma di studio, la lingua italiana.
Per questo, in collaborazione con la Scuola “Jovan Ducic” di Kraljevo, realtà locale rappresentativa di altre in
cui si studia la nostra lingua, sia per legame e ragioni storiche, che per un obiettivo di valore sociale, intendiamo favorire e realizzare opportunità di scambi culturali, tra i giovani della comunità di Kraljevo (Serbia),
con l’Italia e opportunità di soggiorni di studio e di conoscenza culturale reciproca, ospitando gruppi di studenti.
Questi ragazzi, provenienti da famiglie che vivono in condizioni economiche a volte disagiate, non hanno la
possibilità di fare alcune utili esperienze al di fuori della loro comunità, per sviluppare capacità, per ricevere
stimoli alla ricercazione e anche per il semplice divertimento. Per altri, c’è una difficoltà data dal contesto
socio-economico della comunità in cui vivono, impegnata a ricostruirsi dopo la guerra da troppo tempo, isolata, sconosciuta e distante talvolta per il solo non essere parte politicamente dell’Unione Europea. Pur essendo di fatto, una realtà molto vicina alla nostra.
L’iniziativa viene condivisa e promossa dal Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus in collaborazione con l’Associazione Un ponte per…, con l’auspicio della partecipazione di altre associazioni.
Per sostenere l’iniziativa attraverso CNJ-onlus:
CONTO BANCOPOSTA n. 88411681 intestato a JUGOCOORD ONLUS, Roma
(IBAN: IT 40 U 07601 03200 000088411681)
causale: un ponte per domani!
Per maggiori informazioni:
Samantha Mengarelli, e-mail: smengarelli @ tiscali.it
La VOCE ANNO XIV N° 5
GENNAIO
2013
PAGINA II
SINTESI DELL’ INIZIATIVA DA REALIZZARE
PROGRAMMA
Si vuole realizzare per un gruppo di 10 ragazzi con 2 accompagnatori della scuola “Jovan Ducic”di Kraljevo,
un soggiorno settimanale di studio e di visita culturale a Roma, nel periodo fine aprile 2013.
Durante il soggiorno, i ragazzi potranno svolgere un corso di approfondimento di italiano quotidiano, tenuto
da insegnanti qualificati, offerto dall’Ente Bilaterale Commercio e Servizi di Roma e Provincia- EBiT Roma.
Potranno altresì svolgere un programma di visita e conoscenza della cultura della città, supportate dal Coordinamento Nazionale della Jugoslavia e da altre azioni volontarie, nonché incontrare e svolgere qualche attività e/o momenti di confronto storico, in comune con scuole di Roma e altre Istituzioni locali che vorranno
disponibili ad ospitare l’iniziativa.
Il soggiorno del gruppo è previsto in una struttura idonea e dovrà essere garantita la copertura dei relativi
costi, per l’alloggio, il vitto e il trasporto locale.
Verranno richiesti ingressi gratuiti o ridotti per il gruppo in visita agli enti di gestione dei siti artistici e culturali della città.
Verranno organizzati eventi con famiglie italiane, con studenti, per ospitare il gruppo.
COSTI PREVISTI
• viaggio (pullman trasferimento Kraljevo-Belgrado A/R, aereo A/R (Belgrado-Roma), trasf. Aeroporto
Fiumicino/Roma città) = 2.000,00 Euro
• sistemazione in mezza pensione (struttura servita da mezzi pubblici): 2.940,00 Euro
• pranzo e uso mezzi pubblici: 700 euro
totale costo stimato: 5.640, 00 Euro
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Gli operai serbi bombardati dalla NATO si ribellano allo sfruttamento del loro lavoro da parte dei padroni imperialisti italiani
La direzione di Fiat Serbia e il sindacato hanno raggiunto un accordo per un aumento salariale del 13% a
favore dei 2.500 operai impiegati nello stabilimento di Kragujevac, dove si produce la nuova 500L.
Livelli salariali e orario di lavoro sono i due punti sui quali i 2.500 lavoratori hanno espresso insoddisfazione
alla dirigenza del gruppo. Sulle paghe - che oscillano fra i 32 mila e i 34 mila dinari (pari a 280-300 euro al
mese), un livello che per il sindacato serbo è di cinque volte inferiore a quello degli operai Fiat in Italia, e di
tre volte più basso rispetto ai loro colleghi polacchi - è stato rapidamente raggiunta un’intesa per un aumento del 13%.
L’accordo, valido a partire da ottobre, prevede anche il pagamento di una 13/ma mensilità e di un bonus
una tantum in due rate per complessivi 36 mila dinari (circa 320 euro). Nessun accordo ancora, invece, sull’orario di lavoro introdotto nei mesi scorsi e che prevede quattro giorni di attività con turni di dieci ore, che
spesso diventano 12 e più con straordinari al venerdì.
La direzione lo scorso luglio aveva motivato tale orario di lavoro con la necessità di garantire una maggiore
produttività e una migliore flessibilità nell’organizzazione del lavoro, oltre a garantire il massimo utilizzo e
fruttamento dei nuovi maccinati installati.
Ma il presidente del sindacato Zoran Mihajlovic ha detto che i lavoratori sono del tutto insoddisfatti di tale
sistema di orario e turnazione, definito “insopportabile”, e chiedono di tornare al regine di cinque giorni di
lavoro con turni di otto ore. Su questo punto la trattativa con la direzione prosegue.
(fonte: La Stampa 11/11/2012)
La VOCE ANNO XIV N° 5
GENNAIO
2013
PAGINA III
Stevan Mirkovic
I Karadjordjevic
Belgrado, 6 ottobre 2012
Ripensando ai serbi in questi giorni, ai loro aspetti, quelli positivi e quelli negativi, constato che prevalgono i
secondi. (Altrimenti, come sarebbero sopravvissuti alle tante Scilla e Cariddi della loro storia?).
Ancor più il pensiero va ai nostri “liberi e democratici” media, al Governo, al Presidente, al SPC, che in questi tempi difficili per i serbi fanno di tutto per mettere in evidenza la loro parte negativa nascondendo quella
positiva, seguendo così la strategia politica delle grandi potenze occidentali. Perchè l’obiettivo dell’Occidente
è di ammassarci, rinchiuderci tutti nel “Beogradski pašaluk “, cioè nel Distretto belgradese di una volta.
Giacchè continuando le tradizioni dell’allora RSF di Jugoslavia siamo un ostacolo e una minaccia (e non piccola) ai loro piani sui Balcani e ancor più verso il Sud-est europeo.
Così si spinge al tradimento, alla viltà, alla sudditanza, alla paura del combattimento, della resistenza, alla
diserzione, con la solita solfa: “è il nostro destino”, “la forza non prega Iddio” e così via.
Tutto questo si è potuto notare nel comportamento dei media e del governo, durante la traslazione dei resti
della salma di Pavle dalla Svizzera alla Serbia.
L’evento è stato accompagnato soltanto da un poemetto armoniosamente recitato in coro: “Il Principe è tornato a casa”.
Quale casa?! Non è casa sua questa! Se lo fosse stata, l’avrebbe difesa, insieme ai suoi figli - difesa dal nemico, anziché aprirgli la porta perchè potesse entrare liberamente, per poi svignarsela, infischiandosene di
quel che sarebbe successo con il popolo.
Che faceva il Principe durante la Lotta Popolare di Liberazione 1941-1945? E poi durante la ricostruzione del
Paese distrutto dalla II Guerra mondiale? Se ne stava in giro per la Svizzera e tra le varie Regge europee,
fregandosene anche di questi che oggi, da pappagalli, ripetono: “Il Principe è tornato...”.
Il Principe allora abbracciava Hitler, e questi oggi, da ipocriti, si fanno il segno la croce nella Cattedrale davanti al Patriarca Irinej. La stessa cosa la fanno anche dinanzi alla Merkel e agli altri capipopolo planetari.
La cosa più tragicomica che ho visto è stata quando sullo schermo in prima fila nella Cattedrale è apparso
un politico che conoscevo come comunista, poi socialista e adesso è diventato nazionalista!
D’altronde, due sono le caratteristiche che denotano la dinastia Karadjordjevic: sono stati i primi a svignarsela verso un posto sicuro di fronte al pericolo, respingendo poi ogni suggerimento e richiesta di tornare nel
paese e combattere per la libertà. Sono scappati nel momento della rivolta del Primo Risorgimento serbo,
nella I e nella II Guerra Mondiale.
Dopo i primi insuccessi nella prima rivolta serba, Karadjordje nel 1813 scappò in Austria. Ritornò in Serbia
nel 1917. Venne ucciso il 13 luglio su ordine del condottiero di Serbia Miloš Obrenovic.
Durante la I Guerra Mondiale, l’audace vojvoda Zivojin Misic, alla riunione del Comando supremo dell’Esercito reale serbo a Kosovo Polje, in cui si discuteva di come ritirarsi in Grecia (se lungo il fiume Vardar oppure
attraverso l’Albania), propose invece di attaccare il nemico e nella sua retrovia iniziare la guerriglia. Il voivoda Vuk Popovic (tenente colonnello dell’Esercito serbo, morto poi nello scontro contro i bulgari a Gruniste il
16 novembre 1916) dimostrò la efficacia di questa concezione del combattimento già nel 1912-1916, con
attacchi delle unità cetniche volontarie nelle retrovie turche, austriache, tedesche e bulgare.
L’allora Re Alessandro I respinse invece il suggerimento e ordinò il ritiro attraverso l’Albania, lasciando il popolo in balia di tedeschi, austriaci e bulgari.
In quella guerra perirono oltre un milione di serbi. Ma il culmine della codardia della dinastia Karadjordjevic
si è raggiunto nella II Guerra Mondiale. Il re, il governo, i politici, i generali, scappano dal Paese. Abbiamo
avuto occasione di sapere che il re Pietro II e il principe Tomislav, figlio del principe Paolo, hanno finito la
scuola di pilotaggio in Inghilterra; ma non abbiamo avuto notizie di loro vittorie in azioni belliche... Churchill
ha più volte proposto al giovane Re di paracadutarsi in Jugoslavia, oppure di essere trasportato lì con l’aereo per prendere il comando del suo Esercito jugoslavo in patria (JVuO) - ma “ l’eroe” si è rifiutato. Churchill
allora ha inviato suo figlio al Comando del maresciallo Tito.
La VOCE ANNO X1V N° 5
GENNAIO
2013
PAGINA IV
Non c'è allora da meravigliarsi se oggi in pochi credono che il Kosovo si possa liberare soltanto col fucile in
mano, invece del dialogo e degli accordi.
Thaci non è tanto stupido da restituire gratis il regalo fattogli da Clinton e dalla Albright nel 1999.
Il Kosovo lo possiamo soltanto strappare! Perciò, ripeto di aver ragione quando dico: serbi oggi ce ne sono
solamente in Kosovo.
(Stevan Mirkovic, presidente del centro Tito, è generale JNA in pensione)
Cose già viste e drammaticamente sperimentate sulla pelle degli
jugoslavi:
Il Manifesto 30/10/2012
L'ARTE DELLA GUERRA
L'arma del silenzio mediatico
Si dice che il silenzio è d'oro. Lo è indubbiamente, ma non solo nel senso del proverbio. È prezioso soprattutto come strumento di manipolazione dell'opinione pubblica: se sui giornali, nei Tg e nei talk show non si
parla di un atto di guerra, esso non esiste nella mente di chi è stato convinto che esista solo ciò di cui parlano i media. Ad esempio, quanti sanno che una settimana fa è stata bombardata la capitale del Sudan Khartum? L'attacco è stato effettuato da cacciabombardieri, che hanno colpito di notte una fabbrica di munizioni. Quella che, secondo Tel Aviv, rifornirebbe i palestinesi di Gaza.
Solo Israele possiede nella regione aerei capaci di colpire a 1900 km di distanza, di sfuggire ai radar e provocare il blackout delle telecomunicazioni, capaci di lanciare missili e bombe a guida di precisione da decine
di km dall'obiettivo. Foto satellitari mostrano, in un raggio di 700 metri dall'epicentro, sei enormi crateri
aperti da potentissime testate esplosive, che hanno provocato morti e feriti. Il governo israeliano mantiene
il silenzio ufficiale, limitandosi a ribadire che il Sudan è «un pericoloso stato terrorista, sostenuto dall'Iran».
Parlano invece gli analisti di strategia, che danno per scontata la matrice dell'attacco, sottolineando che potrebbe essere una prova di quello agli impianti nucleari iraniani. La richiesta sudanese che l'Onu condanni
l'attacco israeliano e la dichiarazione del Parlamento arabo, che accusa Israele di violazione della sovranità
sudanese e del diritto internazionale, sono state ignorate dai grandi media.
Il bombardamento israeliano di Khartum è così sparito sotto la cappa del silenzio mediatico. Come la strage
di Bani Walid, la città libica attaccata dalle milizie «governative» di Misurata. Video e foto, diffusi via Internet, mostrano impressionanti immagini della strage di civili, bambini compresi. In una drammatica testimonianza video dall'ospedale di Bani Walid sotto assedio, il Dr. Meleshe Shandoly parla dei sintomi che presentano i feriti, tipici degli effetti del fosforo bianco e dei gas asfissianti. Subito dopo è giunta notizia che il medico è stato sgozzato. Vi sono però altre testimonianze, come quella dell'avvocato Afaf Yusef, che molti sono morti senza essere colpiti da proiettili o esplosioni.
Corpi intatti, come mummificati, simili a quelli di Falluja, la città irachena attaccata nel 2004 dalle forze Usa
con proiettili al fosforo bianco e nuove armi all'uranio. Altri testimoni riferiscono di una nave con armi e munizioni, giunta a Misurata poco prima dell'attacco a Bani Walid. Altri ancora parlano di bombardamenti aerei, di assassinii e stupri, di case demolite con i bulldozer. Ma anche le loro voci sono state soffocate sotto la
cappa del silenzio mediatico. Così la notizia che gli Stati uniti, durante l'assedio a Bani Walid, hanno bloccato al Consiglio di sicurezza dell'Onu la proposta russa di risolvere il conflitto con mezzi pacifici. Notizie che
non arrivano, e sempre meno arriveranno, nelle nostre case.
La rete satellitare globale Intelsat, il cui quartier generale è a Washington, ha appena bloccato le trasmissioni iraniane in Europa, e lo stesso ha fatto la rete satellitare europea Eutelsat.
Nell'epoca dell'«informazione globale», dobbiamo ascoltare solo la Voce del Padrone.
Manlio Dinucci