gli Onza, un popolo che ignora la malattia

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gli Onza, un popolo che ignora la malattia
Dr. Albert I. Mosséri
“La nuova scienza di guarire”
pag. 53 e seg.
GLI ONZA,
UN POPOLO CHE IGNORA
LA MALATTIA
“Questo è il titolo di un'opera di Ralph Bircher, pubblicata dall'editore V. Attinger
Neuchatel, Svizzera. I passaggi che seguono sono estratti testualmente da
quell’impareggiabile volume.
Vi parleremo qui di un popolo, molto lontano da noi, che al giorno d'oggi merita la
nostra più viva attenzione: gli Onza, popolo il più sano della terra, che vive al nord
del Cachemir, regione occidentale al Tibet. Fu il dotto Mc Carrison che affrontò la
ricerca dell'etiologia della buona salute di questo popolo.
Ne fece un esame il più approfondito possibile, con uno spirito critico preciso e
stabilì che si trattava effettivamente di un popolo in perfetta salute, il tipo ideale del
“soggetto-controllo”, certo il più sano della terra; infatti, finora non si sono potuti
ottenere simili risultati con alcun'altra razza vivente. Essa era esente da qualunque
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malattia cronica, e opponeva alle infezioni una potente forza di reazione e di difesa. A
parte qualche raro accesso di febbre, di breve durata, non si potevano registrare altre
malattie; qui gli studi di patologia non avevano nessuna ragione di essere: le pretese
“malattie di vecchiaia” non esistevano nemmeno, il che dimostrava che esse erano
dunque evitabili.
L'età non recava alcun indebolimento agli organi: il cuore conservava la giovanilità,
l'elasticità; nessuna diminuzione della vista e dell'udito, e i denti mordevano sempre,
vigorosi e brillanti. La vita si spegneva solo in età molto avanzata come una
fiammella che si estingue dolcemente.
Vi sono tre qualità che caratterizzano questo stato di buona salute, e che, per quanto
singolare possa sembrare a prima vista, ne fanno parte integrante. Esse si chiamano:
la capacità di resistenza, la gaiezza del carattere e la pazienza.
Capacità di resistenza
Essa colpisce a prima vista, negli Onza, tanto nel lavoro che nello sport e nella danza.
Camminano in modo speciale, il loro incedere ha qualcosa di alato! Quando, in una
ascensione, ci si deve arrampicare su rocce a lastre sdrucciolevoli, con pesanti
fardelli, i loro portatori sorpassano tutti quelli dell'Asia centrale. Là dove molti
uomini da fatica, stremati e senza più forze, chiamerebbero aiuto, gli Onza
conservano costantemente la loro calma, tranquillità, lo spirito di cameratismo, e
l'allegra premura di rendersi utili. Si direbbe che la stanchezza e la paura non abbiano
presa su di essi. Per quanto siano pericolose le salite non strappano loro un lagno, nè
accettano rinforzi.
Sotto i pesanti fardelli si arrampicano come agili pantere lungo le pareti a picco.
Percorrere il più sollecitamente possibile 100 (cento) chilometri attraverso le gole che
separano Baltit, il capoluogo del paese degli Onza, da Gilgit, il più vicino dei porti
britannici, per una commissione; poi rifare lo stesso cammino in senso inverso,
correre in tutta fretta a Taschkourghao, nel Tibet, lontana ben 230 kilometri, ritornare
in una sola tappa attraverso gl'impervi sentieri e gli alti colli alpestri, e tornare infine
a casa, calmi e ben disposti, come quando sono partiti, queste prodezze per gli Onza
sono di ordinario andamento.
Giovialità del carattere
Sono sempre di buon umore e propensi all'allegria. Perfino quando soffrono la fame,
il freddo e le privazioni, gli Onza sono sempre pronti, da un momento all'altro, alla
radiosa gaiezza di un giorno festivo.
Pazienza
Sopportare con calma i rumori, i dolori ecc, pur avendo la percezione istantanea dei
minimi piccoli movimenti e cambiamenti che avvengono intorno a loro, sono questi
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indizi di un sistema nervoso e di una sensibilità sopraffina. Nervi resistenti come
gomene, delicati e sottili come corde di violino.
In essi non si notano mai segni d'irritabilità, di suscettibilità, nessuna ansia, nè
impazienza, al contrario longanimità e spirito conciliante.
Seggono sempre in posizione all'orientale, sulle gambe incrociate, il che è per essi
l'atteggiamento di riposo.
Si comportano in modo correttissimo, con molti riguardi fra loro, e sono di una
scrupolosa pulizia.
Il semi-digiuno primaverile
La giubilazione che provoca il ritorno dell'acqua e del calore si concretizza in una
immensa festa popolare, il Bop Faou, festa con cerimonie di un intimo splendore.
Questa solennità è seguita da tempi durissimi, nei quali gli Onza si nutrono solo con
qualche verdura durante tutta la primavera. E' un lungo semi digiuno che dura quasi
tre mesi e che coincide coi più gravosi lavori campestri.
Al tempo della fioritura degli
albicocchi, proprio alla metà del semidigiuno, abitualmente facevano cuocere
al forno biscotti, su cui preventivamente
erano state praticate cavità con le dita,
cavità che venivano riempite, versandovi
qualche filo d'olio. Ma, coll'andar del
tempo, anche quest'abitudine fu
eliminata col pretesto di un consumo
esagerato e superfluo.
Dopo la festa del Bop-Faou, tutti si
danno un gran da fare, con frenetico
zelo, nei lavori campestri. Gli uomini
arano, zappano, seminano; le donne
portano sui campi il concime accumulato
e conservato con cura estrema, lo
diluiscono e lo stemperano sul terreno.
Esse sono, come sempre, amabili,
naturali e gaie e infinitamente più pulite
di quanto lo sarei io stesso se, facendo un
lavoro come quello che esse fanno, dovessi poi lavarmi senza sapone e in acqua
ghiaccia.
Molte settimane prima che l'orzo, il più precoce dei cereali raccolti, arrivi a
maturazione, il grano comincia a mancare in quasi tutte le case; in alcune perfino 1a
provvista delle albicocche secche e delle patate è finita, quantunque sia stata divisa
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saggiamente a seconda del consumo e dei bisogni familiari. La maggior parte delle
famiglie sono costrette a nutrirsi solo di erbe e di legumi dell'orto non ancora a punto.
La “primavera delle guance incavate” non giunge a termine che a fine giugno
all'incirca. Questo semi-digiuno disintossica completamente gli organismi, e riesce
provvidenziale. Tutti gli abitanti hanno allora i lineamenti magri e angolosi.
Non mangiavano mai alla loro fame. Per di più erano sovraccarichi di lavoro, intenti
dall’alba al tramonto, a zappare, arare, concimare, sarchiare, innaffiare ecc. E’
appunto questo modo di vivere, e particolarmente il semi-digiuno annuale che ha dato
loro questa meravigliosa salute di puro sangue, constatata da tutte le visite mediche, e
dall’immunità da quasi tutte le malattie contemplate nei manuali di patologia.
Le loro credenze
Sono mussulmani. Ogni anno due robusti montanari vanno a portare l'obolo degli
Onza alla loro religione, fino a Bombay, dove risiede l'Aga Khan, il capo spirituale
dei Maulai. È quasi incredibile rivedere questi due uomini - dopo un così massacrante
viaggio a piedi, compiuto scavalcando monti e colline quasi inaccessibili, traversando
deserti e giungle - apparire un bel giorno nel quartiere più moderno e più elegante di
Bombay dove dimora l'Aga Khan, per presentargli il loro omaggio di fedeltà. Se ne
ritornano poi freschi e senza nessun sintomo di stanchezza, ripetiamo, dopo aver
compiuto un così disastroso viaggio a piedi, di parecchie centinaia di chilometri a dir
poco.
La loro religione ha qualche cosa di discreto, quasi di pudico: non preghiere visibili o
udibili, ancor meno pie gesticolazioni; pregano con umile fede nel segreto più
assoluto. Nessun tempio, nè adorazioni di santi o di reliquie, nè pellegrinaggi. In
questo dominio spirituale regna un sorprendente pudore, una tale riservatezza,
riguardo al mondo soprasensibile, che un osservatore superficiale crederebbe trattarsi
di gente completamente incredula, e ciò tanto più che gli Onza, come molte persone
europee illuminate e colte, non credono nè alla magia, nè ai tabù, nè al “malocchio”,
nè ad altre superstizioni, a differenza di tutti i paesi che li circondano e in generale di
tutto l'Oriente, dove gli uomini sono, ad un grado superlativo, preda di credenze
magiche e superstiziose.
In tutto l’Oriente le donne sono prive della libertà e gli uomini ne diffidano, le
obbligano a velarsi, le tengono sempre sotto chiave, impongono loro mille regole e
restrizioni, relegandole, socialmente parlando, in un piano di sottomissione; fra gli
Onza invece le donne vivono in piena libertà, non velate e sono rispettate al pari degli
uomini. Maritate o non, circolano da sole ed hanno rapporti del tutto naturali con
l'altro sesso. Educate in quest'atmosfera di libertà, esse hanno un'andatura, uno
sguardo, gesti e linguaggio così aggraziati che seducono sempre più. Un grande
conoscitore dell'Oriente, rimaneva estasiato e meravigliato e non poteva credere a sè
stesso pel fatto che un Onza, partendo per l'estero, affidasse sua moglie alla
protezione di un altro uomo. Non temeva affatto che costui abusasse della sua fiducia.
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Le giovani spose, in assenza del marito, ricevono e non disdegnano la compagnia dei
loro vicini e conoscenti, ed i mariti ne son felici. Costoro, tanto differenti dagli
Orientali, sono liberi come noi occidentali, da superstizioni paralizzanti, e, per di più,
esenti dalle molte diffidenze che ci tormentano.
Nessuno, nel paese degli Onza, sembra perdersi in riflessioni sull'essenza dell'anima,
sulle questioni riguardanti l'al di là, la predestinazione, il libero arbitrio, ed altri
problemi metafisici. Il loro pensiero si direbbe concentrato solo e interamente sulla
vita pratica di questo basso mondo.
Nella loro tradizione orale non si è
potuto rilevare nessuna leggenda
relativa al Paradiso o a qualche
secolo d'oro.
Se nel dominio della fede, come in
qualunque altro dominio, si giudica
l'albero dai frutti, si può dire che uno
dei più nobili frutti della loro fede qualunque d'altronde ne sia la natura
- è quello indicato da questa frase di
Lòrimer: “Qualunque viso si osservi
qui, esprime riposo, pace, felicità, e
si direbbe che, da un momento
all'altro, si schiuda in un radioso sorriso”. Quando si è vissuto qualche tempo con gli
Onza, ci si accorge, con piacevole sorpresa, che non hanno mai gesti nervosi, nè
sguardi angosciati, e che si dovrebbero trovare proprio in circostanze estremamente
gravi, per proferire parole grosse.
Dalla finestra, vicino alla quale l'autore di questo scritto lavorò per circa un anno,
osservava gli andirivieni indaffarati della popolazione, che passava sotto i suoi occhi,
sulla stretta via principale del villaggio. Uomini, donne, fanciulli, quasi tutti portando
fardelli, ogni passante lo salutava con un sorriso, o quanto meno con un timido,
sguardo di conoscenza. A quindici metri all'incirca dalla sua finestra poteva vedere
una numerosa famiglia sfacchinare tutto l'anno nei lavori campestri, ed eseguire i
propri compiti come una squadra sportiva ben disciplinata: con precisione,
rapidamente, senza sforzi, armoniosamente, senza mai una lagnanza, un sospiro, una
trascuratezza, senza nessuna precipitazione, nè agitazione; lavoravano, se così si può
dire, la mano nella mano, in una sistematica e piacevole divisione della bisogna,
senza pertanto dimostrare nessuna rigidità, aiutandosi l'un l'altro tranquillamente,
qualunque fosse il da farsi, anche nei più spregevoli lavori.
Gli Onza hanno l'abitudine di non alzar mai il tono di voce, e di far in modo che i loro
detti non tradiscano mai nessuna emozione.
E' un popolo che per obbedienza generale praticata dalle più remote generazioni alle
leggi dell'Ordine Naturale, è il più perfettamente sano di spirito, di anima e di corpo.
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Nell’insieme dunque, gli Onza sono gai, aperti, sinceri, intelligenti, pieni di vitalità e
di spirito intraprendente; dotati del senso dell'umorismo e della facezia,
distinguendosi per il carattere tollerante. E' un vero piacere vivere e lavorare con essi.
Nei reciproci rapporti sono sempre pieni di bontà e d'indulgenza, socievoli nei
momenti di svago e allegri, servizievoli, amichevoli nelle ore di lavoro. Amano i
bambini, senza mai viziarli, e sono riguardosi con tutti.
Pensando che non esistono in questo paese forze di polizia, e che le persone più
autorevoli non hanno altri mezzi di coercizione che la influenza personale, per tutto il
tempo del nostro soggiorno, non cessavamo di meravigliarci che non si fosse mai
verificata la più piccola infrazione al saper vivere.
Ripetiamo, gli Onza sono sempre allegri, ed i loro visi letteralmente raggianti di
piacere. Possiamo dire, senza tema di smentita, che non esiste sotto il cielo un popolo
dotato di una tale abilità di apparire ed essere felice.
Le feste
Questo popolo è riuscito a raggiungere e a mantenere una grande perfezione nell'arte
della danza, con un incessante allenamento, malgrado un clima freddo di otto gradi
sotto zero.
Ciò che anche impressiona
nelle loro feste è che esse
non si basano mai su pasti
sontuosi. I pranzi nelle feste
si mantengono quasi sempre
nelle stesse proporzioni di
quelli abituali, usando solo,
per di più, il condimento in
burro, che è ivi rarissimo.
L'atmosfera di benessere, di
allegria della festa, è del
tutto indipendente dal fattore
alimentare, anche nelle
serate più fredde e oscure.
In qualunque tempo e con
spontaneità raggiungono un
diapason di contentezza,
senza bisogno di eccitanti, e
di bibite inebrianti! Questa
bella salute di puro sangue è
una cosa sconosciuta a noi,
moderni Tantali, corrotti
della civiltà.
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Le abitazioni
La famiglia Onza abita in tre specie di ambienti differenti. Nelle case si dorme solo
negli inverni rigidi. Il secondo luogo di abitazione è il cortile, a cielo scoperto. Per
ben tre quarti dell'anno si dorme e si vive nel cortile. Essi si alzano all'alba, e
immediatamente, coltri e lenzuola sono sciorinate all'aria e al sole per l'intera
giornata, e non vi si riscontra la minima traccia di pulci, nè di altri insetti, che
infestano tutte le altre popolazioni orientali. Il terzo luogo di abitazione, ancora più
arieggiato e soprattutto inondato di sole, è il tetto. Vi si accede dal cortile con una
scala, e si porta lassù tutto quanto occorre per il lavoro, per godersi le radiose
giornate. Di lassù si scorgono i vicini occupati anche loro sui propri tetti, a filare e
preparare albicocche per seccarle. Si osservano i passanti nelle vie, si scambiano
amichevoli parole, e si contempla la vista meravigliosa del paesaggio alpestre. Di
fronte all'entrata v'è la porta della stanza da provviste, che ne contiene bastevoli per
un anno: grano, albicocche e more secche, patate, mele, uva, mandorle.
Il locale è così ben aggiustato e praticamente disposto, che difficilmente se ne
potrebbe immaginare un altro più adatto allo scopo.
Quantunque esso non sia molto vasto, c'è posto per tutto, e vi si respira un'aria di
conforto e di benessere. Si è presi allora da una furiosa voglia di correre a casa
propria e fare un sol falò di tutti i mobili, sedie, tavoli, divani ecc. Come siamo male
abituati noi servendoci di sedie, che non ci permettono di riposare confortevolmente
allungati al suolo, o accosciati con le gambe incrociate e il corpo nella posizione del
Budda! Il lavoro mattinale delle donne si riduce a sciorinare al sole le coperte, le
lenzuola, i tappeti sui quali si siedono, spazzare; così in pochi minuti, tutta la casa è
bene a posto e pulita!
La mortalità infantile di cui si discusse un giorno, incidentalmente, si apprese, con
nostra somma meraviglia, che negli ultimi quindici mesi, non si era sentito parlare di
nessun decesso di bambini, e che è un caso rarissimo che qualcuno di essi si ammali e
muoia. Contrariamente sappiamo bene qual'è la spaventevole percentuale di mortalità
infantile presso i nostri civilizzati popoli europei.
Il lato sessuale
Una regola eccellente vuole che si debba aspettare tre o quattro anni fra una nascita e
l'altra. Grazie ad essa le madri non sono mai esaurite da parti troppo ravvicinati.
I villaggi degli Onza sono, se così si può dire, fatti tutti a creste di muri e a fuoruscite
di tetti, che si prestano a facili e pericolose cadute. In tali condizioni quando un
forestiero venuto dall'Europa, vede un mocciosetto di 5 anni, con a cavalluccio una
bambina di due anni, scavalcare alti muri, saltare attraverso rigagnoli, o camminare in
equilibrio sul sottile bordo di un tetto, reprime a stento la paura che non gli accada
disgrazia.
Malgrado ciò non si sente mai una mamma Onza ammonire: “Sta attento che puoi
scivolare”. "Non far così, figlio mio...”
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Mentre la donna forestiera, al contrario, non può trattenersi dal lanciare un grido di
spavento: “Stai in guardia puoi cadere!”. Ciò che è per gli Onza una fonte
d'inesauribile spasso.
Dal che si deduce che gli Onza possiedono una straordinaria sicurezza di movimenti.
I ragazzi sono sempre ben educati, non danno fastidio, nè tanto meno pigliano in giro
nessuno. Spariscono come per incanto, quando si dice loro di andar via, pur essendo
curiosi di vedere ed udire tutto ciò che passa intorno ad essi. E non si potrebbe
immaginare più piacevole e divertente compagnia di parecchi ragazzi Onza.
Le leggi fondamentali della vita sono, sin dall'infanzia, familiari ai giovani Onza, che
sanno quanto concerne la nascita e la procreazione. Ascoltano gli adulti parlare
liberamente, innanzi ad essi, di tutti i soggetti possibili, compresi quelli che
riguardano la generazione; cosicchè, quando si risveglia in essi l'istinto sessuale, non
hanno bisogno di nessuna particolare rivelazione, come avviene in quasi tutte le altre
parti del mondo.
I matrimoni avvengono fra i sedici e i diciotto anni, mai prima.
Dopo la cerimonia matrimoniale, nel circolo delle due famiglie, si assicura agli sposi,
per le prime notti, un granaio appartato, o qualche altro locale in disparte. Non li si
abbandona però alla loro inesperienza, lasciandoli liberi di instaurare felicemente, o
di compromettere completamente le loro relazioni coniugali; ma, secondo un uso
antichissimo, la madre dello sposo li assiste affinchè possano trarre la maggior gioia
possibile da questa nuova esperienza. La sposa, essendo quasi sempre molto giovane
e timida, la madre dello sposo passa la notte con essi per proteggerla, fino a che non
sia pronta e preparata all'atto matrimoniale.
Appena si accorge di essere incinta, la sposa lascia subito il tetto coniugale, e va ad
alloggiare con le altre donne e bambini, mentre lo sposo se ne va con gli altri giovani
celibi. I rapporti coniugali non ripigliano finchè il nascituro non sia divezzato.
L'uomo che reclamasse il diritto maritale, e volesse eludere quest'eccellente usanza,
sarebbe disprezzato da tutti. Tale costume è molto duro tanto più che il periodo
dell'allattamento è lungo, vale a dire normale.
La buona regola stabilisce a tre
anni l'allattamento dei maschi, e a
due quello delle femmine.
Se nascesse un altro figlio da
rapporti prematuri, e che
voracemente, venisse a sottrarre
al primo il latte materno, sarebbe
stigmatizzato, e chiamato con
epiteti ancora più infamanti di
“bastardo”.
Questa separazione forzata e
sana, un sangue purissimo e
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un'alimentazione perfettamente appropriata e regolare, un' immaginazione esente da
ogni sozzura, e, infine, un lavoro fisico intenso, tutto ciò contribuisce indubbiamente
a facilitare un'astinenza coniugale praticata nello spirito di un maltusianismo di buona
lega.
Non è forse questa la condotta ideale predicata da tutti gli Igienisti degni di questo
nome?
L'adulterio ed i rapporti illeciti sono, per così dire, impossibili: in condizioni di vita
così regolata, non sarebbe facile di nascondersi, senza attirare l'attenzione, e, d'altra
parte, non si potrebbe trovare un angolo dove non si sarebbe scoperti.
Nulla ci sorprende più delle relazioni, scrive Lorimer, di amicizia che esistono
naturalmente, fra le donne di una stessa famiglia. Lavorano insieme da mane a sera,
senza la più piccola disputa o incomprensione, senza nessun rimprovero, senza che
qualcuna cerchi di sottrarsi sia pure alla più piccola parte del suo lavoro.
L'alimentazione
Il sistema di vita e l'alimentazione spartana contribuiscono, certamente, alla bella
salute degli Onza.
Non comporta alcuna derrata alimentare; essi non consumano nè zucchero nè tè, nè
spezie. Mangiano la carne di rado e il latte pochissimo. In estate mangiano la carne
una volta ogni trenta giorni, e d'inverno ogni dieci giorni alI'incirca. Il burro, il latte e
il formaggio sono rappresentati in minima quantità, e spesso non del tutto.
Ritorniamo su ciò che abbiamo chiamato il diritto al latte materno, che ci si presenta
sotto un nuovo aspetto. Se il piccolo Onza resta attaccato alla mammella pei primi
due o tre anni, se riceve, durante un lasso di tempo così prolungato, la regolare
razione di latte materno, e se questo nutrimento di provenienza “animale” non gli
viene per nessuna ragione soppresso nel tempo della rapida crescenza, tutto ciò è,
come gli igienisti sanno, un fatto di grandissima importanza in rapporto alla sua
futura salute. Così, per tutto il resto, l'alimentazione degli Onza è limitatissima in
sostanze animali.
Le osservazioni che seguono dimostrano in particolar modo come gli Onza pratichino
l'economia rurale. I pastori piccoli e grandi cercano, per quanto è umanamente
possibile, di non far disperdere sia pure le minime particelle di sterco del bestiame. A
nostra conoscenza non esiste nessun paese così attaccato al recupero dello sterco.
Questa raccolta del concime, rappresenta il semplice e grande simbolo del carattere di
questo popolo eccezionale!
L'alimento base degli Onza è la frutta. Essi sono grandi mangiatori di frutta.
Le donne non vogliono rimanere là dove gli albicocchi scarseggiano.
Le more e le albicocche secche occupano il maggior posto nel locale delle provviste.
Gli Onza danno un grande valore, un valore del tutto particolare al frutto alimento, e
specialmente alle more ed alle albicocche. Le varietà di frutta sono numerose. Si
raccolgono nei diversi tempi le ciliegie, le prugne-ciliegie (un frutto indigeno) le
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pesche, albicocche, le more, le bacche di giuggiole, i melograni, meloni, pere, mele
ed uva.
Questa frutta è sempre mangiata fresca appena matura, e, dato che non matura tutta
allo stesso tempo, per la variazione di temperatura, nei poderi sulle alture ed in quelli
dei paesi del piano, tra le famiglie apparentate di questi diversi luoghi avviene un
continuo scambio di regali, prelevati sull'abbondanza delle raccolte momentanee. Di
tal che dal principio di giugno, epoca delle prime more, fino al principio dell'inverno,
si può consumare una grande varietà di frutta fresca.
Parte delle mele e dell'uva, che maturano in ultimo, viene stesa sulla paglia e
conservata per servire da alimento crudo fino alla primavera seguente.
E’ dalla fine di luglio a metà agosto che si ha la più grande abbondanza di frutta; è la
gloriosa epoca in cui gli alberi sono carichi di frutta rossa e d'oro, di quelle
albicocche meravigliosamente mature, d'un sapore e di una dolcezza squisita, i cui
noccioli racchiudono una mandorla dolce, che si mangia come la noce.
Da questo momento, giorno per giorno, gli occhi si rallegrano allo spettacolo di
migliaia di albicocche spaccate per metà, distese sui muri e sui tetti delle case. Le
ceste dei locali, dove si conservano le provviste, sono piene di deliziose riserve,
sufficienti per tutto l'inverno, e che daranno da mangiare a molte famiglie quando il
grano è finito.
Le albicocche secche, che insieme ai cereali rappresentano il principale alimento di
scorta degli Onza, sono buonissime, nutritive, e in ogni caso migliori e più saporose
di quelle che noi compriamo dagli speziali, quasi sempre indigeste.
Le albicocche secche non si mangiano quasi mai come sono. Si lasciano a mollo
nell'acqua fresca, e si mangiano come un piacevole alimento. Eccezionalmente le
albicocche secche e le more secche, (che rassomigliano all'uva passa) si mischiano ai
cereali, e sono confezionate in forma di pani, mentre le provviste di more si
mangiano in generale sotto forma d'una pasta di frutta.
I cereali, secondo l'opinione comune, non dovrebbero mangiarsi crudi, ma cotti, o
seccati al forno. Gli Onza mangiano volentieri il grano non ancora maturo, e perfino
allo stato lattiginoso. Lo stesso col mais consumato allo stato latteo prima della
maturazione, ed è così che lo preferiscono. Hanno ancora la lodevole abitudine di far
germogliare il grano, in primavera, mettendolo sotto la sabbia umida e calda; poi ne
mangiano i germi come insalata.
Ciò che è molto interessante a sapersi, è la forma abituale e quotidiana che danno al
loro pane, esponendolo al calore per renderlo atto ad essere consumato. In che modo?
É qui la sorpresa. Il loro pane consiste in fette di pasta molto sottile, che si mettono
per un poco sulla graticola, talvolta per un secondo, soltanto perchè si riscaldino e
perdano il gusto della pasta cruda. Gli elementi sani e nutritivi del grano non
potrebbero meglio essere rispettati! Questo rispetto del grano si nota già nel modo di
macinarlo. I cereali sono conservati il più lungamente possibile in granelli, e appena
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sfarinati, vengono consumati al più presto. I grani sono macinati e trasformati in
ottima farina integrale.
Dopo macinata, la donna porta a casa la farina integrale, ne riempie un cassetto, ed
ogni volta ne prende solo tanto quanto basta per il consumo; vi aggiunge l'acqua
occorrente e lo impasta e reimpasta, senza lievito, fino ad ottenere una pasta che, se
non è bella e liscia come quella delle nostre massaie, ha tuttavia la coesione voluta.
Poi prende un matterello, e coi pezzi di pasta, fa sottili gallette, che mette sopra una
calda graticola, girandole e rigirandole rapidamente, e dopo le depone le une sulle
altre in catasta che diventa sempre più alta. Il tutto è eseguito con una sorprendente
abilità ed una sveltezza quasi magica.
Queste gallette vengono preparate al momento del pranzo, dovendo essere mangiate
calde, giacchè fredde sono un po’ insipide e perdono le vitamine.
La sveltezza nel prepararle e cuocerle, danno importanza alla massaia; ciò è oggetto
di divertimento e di facezie tradizionali, soprattutto quando si celebra un matrimonio
in famiglia. I giovani sposi fanno a gara a chi sa meglio e con maggiore sveltezza
prepararle, e il più bravo dei coniugi ha il diritto di dare uno schiaffettino all'altro.
Le massaie in certe occasioni confezionano pure il pane in pagnotte e focacce.
E le fanno sempre con la farina integrale, non adoperando mai e in alcun caso farina
abburattata.
I grassi che gli Onza consumano sono sempre incorporati, cioè invisibili. Le noci, le
mandorle non contengono forse grassi di alto valore biologico? Le mandorle molto
dolci, contenute nei noccioli di albicocche, sono molto apprezzate e si mangiano
sempre crude.
La raccolta di queste mandorle viene conservata in vasi di pietra e costituisce, per
così dire, l'articolo di fondo della dispensa. Questo frutto rappresenta una parte
importante nell'alimentazione degli Onza.
La loro alimentazione è quasi esclusivamente vegetariana, e strettamente limitata in
materie grasse, ma al contrario relativamente ricca in grassi biologici d'un alto valore,
in correlazioni intatte, in fermenti e in combinazioni naturali.
Come verdure, essi mangiano i cavoli e le erbe dei campi; hanno le carote, le zucche,
i cocomeri e le melanzane. Consumano anche patate e pomodori.
I legumi rappresentano, si può dire, la parte più importante dell'alimentazione
quotidiana, dopo la frutta.
E al tempo del semi-digiuno, i legumi rappresentano la parte principale.
Si preparano al fuoco lento in una marmitta ben chiusa, aggiungendovi di tanto in
tanto dell'acqua, ed utilizzando con molta cura quest'acqua della cottura.
Riassumendo i caratteri essenziali dell'alimentazione degli Onza, l'ordinario
quotidiano è di cereali, di frutta, noci, legumi, completato da un po’ di formaggio, di
latte rappreso, e, in rarissime occasioni, da qualche fetta di carne. Questo nutrimento
non contiene quasi sale, nè grassi apparenti.
Non si vedono mai fumare gli Onza, nè bere alcool.
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Il valore dell'esempio che danno gli Onza al mondo civile
Eccoci in presenza di un popolo che si astiene, secondo i criteri che sono stati fino ad
oggi i nostri, da tutto ciò che, nell'alimentazione, noialtri crediamo invece necessario
alla salute, alla capacità di lavoro e alla gioia di vivere; in presenza di un popolo che,
obbligato a nutrirsi sempre con una spartana sobrietà, deve inoltre fare ogni
primavera prolungati digiuni. E questo popolo, ben lungi dal dare, come si avrebbe
ragione di credere, lo spettacolo di una razza debole e malata, ci si presenta come la
razza la più sana, la più fresca, la più vivace conosciuta sulla terra, una razza che
ignora la malattia; che, pur messa a dura prova dal freddo e dal digiuno, è sempre
sorridente, e di maniere affabili e cortesi cosicchè, vale la pena, di studiare il loro
modo di alimentazione e di esaminare il valore in quanto contributo, ad uno stato di
vera salute.
Un altro vantaggio del nutrimento coltivato sul suolo natale, è la possibilità di
consumarlo sempre in tutta la sua freschezza vitale. Gli Onza difatti non consumano
se non quello che offre la loro terra, e pare che rigettino e sdegnino qualunque
prodotto importato.
Va anche notato la povertà di sale del regime degli Onza. E la meravigliosa salute di
quel popolo sta a dimostrare che questo orribile veleno non è necessario.
Il fatto, malgrado tutto, più meraviglioso dell'alimentazione degli Onza, è la frugalità.
In più, come si è visto, questo popolo robusto, affronta ogni anno parecchie settimane
di mezzo digiuno, nei momenti più duri di lavoro.
Un tale regime alimentare riposa sopra un'economia interna, vale a dire sull'economia
dei processi intermediari dell'assimilazione organica; e quest'ultima, a sua volta, si
adagia, così come formula una legge ordinatrice della vita, sugli equilibri vitali
naturali, sui più alti potenziali di tensione, sulle correlazioni biologiche.
Dai calcoli dei fisiologi, l'uomo può, se vuol rispettare la legge su enunciata,
contentarsi di un minimo di nutrimento. È così che i contadini cinesi dello
Chantoung, obbligati a durissimi lavori, sono di un vigore, di una resistenza, di una
allegria e di una sempre uguale vena di buonumore veramente notevoli, quantunque
la loro scarsa nutrizione dia una ben povera media di calorie.
Durante il mezzo digiuno gli Onza divengono magri sparuti, e dai tratti angolosi. I
lavori quotidiani si fanno sempre più penosi, sotto un sole ardente, estenuante; ma
non si è mai sentito dire che un solo di essi si sia scoraggiato e allontanato dal lavoro.
Questa gente sopporta la fame che li attanaglia, ben sapendo che questa sofferenza è
utile e necessaria. Non prendono mai le cose al tragico, ed hanno in se stessi una
speciale fiducia; pensano che quel digiuno non li pregiudicherà affatto, ma che al
contrario ne risentiranno un beneficio meraviglioso. Non sono mai angosciati, ma
sempre vigorosi e gai. I fanciulli suonano allegramente i loro flauti; essi pure sono
coscienti che il digiuno rappresenta una purificazione salutare, donde il corpo e
l'anima escono agguerriti. Solo i più piccoli piangono perchè non capiscono ancora.
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Noi sappiamo che questo mezzo digiuno rappresenta la disintossicazione più benefica
per l'organismo.
Rassomiglia per i suoi effetti ad uno stretto regime di alimenti crudi, e contribuisce al
processo di eliminazione. E’ una cosa meravigliosa, che pochi di noi potrebbe
sopportare con tanto buon umore, pur sapendo che solo così si può ristabilire una
salute precaria ed incerta. Un'abbondanza d'alimenti di protezione e di albumine
vegetali di alto valore, ma ben poche sostanze energetiche e, di più, l'obbligo di un
duro lavoro, ciò deve letteralmente portare all'eliminazione delle scorie, ad una
pulizia di tutti i veleni che si son accumulati nell'organismo durante l'anno. Ecco il
mezzo costituzionale atto a ringiovanire per eccellenza.
Infatti gli Onza sono una razza che resta sempre giovane, e muore in età molto
avanzata.
E' una razza ancora ineguagliata quanto a perfezione del corpo e nell'immunità da
quasi tutte le malattie, un popolo la cui longevità è straordinaria.
Va pure notata la flessibile agilità degli anziani che circolano senza difficoltà
attraverso sentieri impervi e montagnosi.
Quando li si interroga sul tempo che occorre per andare nei luoghi più lontani, ci si
sente rispondere: “Oh! è qui vicino” pur sapendo che vi sono almeno due ore di
cammino disagevole, che nessuno dei nostri vecchi rischierebbe di affrontare. Ma
bisogna credere sulla parola a questi giovanili vegliardi, quando li si vede andare con
passo svelto e scavalcare impavidi muri e canali.
L'origine dell'ottima salute degli Onza
L'igiene integrale è causa dell'ottima salute degli Onza, ed in particolare la loro
alimentazione, di cui ecco i caratteri essenziali :
l° Nutrimento quasi vegetariano.
2° Preponderanza degli alimenti crudi.
3° Preponderanza della frutta.
4° Alimenti naturali, non sfruttati, e preparati in modo da conservarne tutti gli
elementi vitali.
5° Eccitanti e golosità solo in casi eccezionalissimi.
6° Bandito quasi il sale dalla cucina.
7° Alimentazione proveniente dal suolo natale che si trova in perfetto stato di
equilibrio.
8° Alimentazione, nel suo insieme, molto economica, misurata, frugale, cioè a dire in
quantità minime
9° Periodo annuale di mezzo digiuno disintossicante e salutare.
10° Aggiunto a ciò una pratica sessuale perfetta; il minimo di rapporti necessari in
vista della procreazione di un rampollo ogni tre anni, e non più.
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La vita integrale
Gli abitanti dell'Onza si tengono fortemente alla concezione di una vita integrale
superiore, e hanno saputo costruire, su questa base, una civiltà di valori interiori e
spirituali.
Ecco il segreto dell'eterna giovinezza. Il lavoratore Onza è straordinariamente
coscienzioso, contentandosi di poco, intelligente e gaio, sempre pronto a prodigarsi al
servizio altrui, e, appunto per queste sue virtù, ben accolto dappertutto.
Serve bene e serve liberamente; non conosce la stanchezza; ha un grande spirito di
cameratismo, giovialità e buona volontà perfino nei momenti di sforzi più sfibranti, in
cui altri si abbatterebbero, divenendo irritabili ed intrattabili. Non si lagnano mai, non
chiedono mai aiuto. Sotto pesanti fardelli si arrampicano sulle rocce più inaccessibili,
con agilità e sveltezza”.
Mulini di preghiera
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