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MAURIZIA CALUSIO IL PARADISO DEGLI AMICI Per un’analisi della poetica di Boris Poplavskij Milano 2009 In copertina: Pablo Picasso, Automobile et oiseau, disegno-acquerello, 10x13,6 cm © 2009 EDUCatt Ente per il Diritto allo Studio Universitario dell’Università Cattolica Largo Gemelli 1, 20123 Milano - tel. 02.72342235 - fax 02.80.53.215 e-mail: [email protected] (produzione); [email protected] (distribuzione) web: www.unicatt.it/librario ISBN: 978-88-8311-696-4 Nuova edizione aggiornata Questa ricerca e la sua pubblicazione sono state finanziate integralmente dall’Universita Cattolica nell’ambito dei suoi programmi di promozione e diffusione della ricerca scientifica. Indice Introduzione 7 1. L’apprendistato e l’esordio come poeta 15 2. Tra Parigi e Berlino: la scuola della «sinistra» émigrée 71 3. La lezione dei pittori 95 4. L’ultima avanguardia 139 Bibliografia 173 Indice dei nomi 185 Эмиграция есть трагический нищий рай для поэтов… B. POPLAVSKIJ Introduzione Как лирическиий поэт, Поплавский, несомненно, был одним из самых талантливых в эмиграции, пожалуий – даже самый талантливый. V. CHODASEVIČ Unanimemente riconosciuto dai contemporanei russi in esilio come il più dotato tra i poeti che esordirono nell’emigrazione, Boris Julianovič Poplavskij (19031935) fu un eccentrico e scandaloso protagonista della vita artistica parigina, sulla cui scena a partire dagli anni Venti rinnovò la tradizione dei Poètes maudits, anticipando di qualche decennio (lo osservava Vladimir Nabokov) esistenzialisti e beatnik. Indiscusso carevič della Montparnasse russa (secondo la fortunata definizione di Nikolaj Ocup), autore di liriche celebri tra il pubblico dei caffè e degli atelier, come fra i lettori delle riviste émigrée, riuscì a pubblicare un solo libro, Flagi (Bandiere, 1931), quattro anni prima della sua tragica morte, lasciando inedita larga parte della propria opera. Coltissimo, Poplavskij compose poesia e prosa, si occupò di pittura, critica d’arte. Una profonda inquietudine religiosa lo spinse sin dagli anni giovanili a studiare testi mistici (da Jakob Böhme alla Qabbalah) e a condurre ricerche («esperimenti», li definì Nikolaj Berdjaev) che lo portarono anche ad avvicinarsi ai teosofi; tuttavia non rinnegò mai la fede cristiana. Schierato per lunghi anni all’estrema sinistra tra i russi della diaspora, prima di conciliarsi con le posizioni antibolsceviche largamente dominanti tra gli émigrés e abbracciare la linea sostanzialmente apolitica del gruppo di «Čisla» (Numeri), seppe riconoscere con precoce lucidità, e da una distanza geografica che ingannò molti, la vera natura del totalitarismo sovietico. Fu dedito alle droghe sin dagli anni dell’adolescenza, trascorsa tra Mosca e il Sud della Russia, al seguito del padre e dell’Armata bianca, fino alla disastrosa sconfitta e all’esodo a Costantinopoli. Praticò con passione la ginnastica e la boxe. A Boris Julianovič dedicarono non poche pagine saggisti, storici, memorialisti dell’emigrazione, spesso affascinati dalla sua vicenda umana più che dai suoi versi1 – del resto, dopo l’apparizione delle due raccolte postume Snežnyj čas (L’ora della neve, 1936) e V venke iz voska (Con una corona di cera, 1938) per lunghi anni la sua opera fu pressoché dimenticata. Qualche lirica ricominciò ad apparire nelle antologie dedicate all’emigrazione pubblicate a partire dagli anni Cinquanta; nel 1965, trentesimo anniversario della scomparsa, vide la luce a Parigi una nuova raccolta che passò del tutto inosservata (la tiratura contava duecento esemplari): Dirižabl’ neizvestnogo napravlenija (Dirigibile con destinazione ignota). Nella Russia sovietica, dove non solo le opere degli emigrati, ma anche il tema stesso dell’emigrazione per evidenti motivi politici vennero ignorati sino alla fine degli anni Ottanta, il nome di Poplavskij balenò fugacemente in rare pagine memorialistiche,2 mentre qualche sua lirica poté circolare clandestinamente attraverso il samizdat, grazie al tenace lavoro di Natal’ja Stoljarova, la donna di cui il poeta si innamorò nel 1931. Nel 1934, abbandonando la Francia per l’URSS, la giovane lasciò a Parigi gran parte delle lettere che Boris Julianovič le aveva scritto (andarono poi perdute durante la guerra), mentre quelle che egli continuò a spedirle a Mosca le vennero sequestrate, insieme con le poesie che conservava, durante l’arresto (1937) e finirono con ogni probabilità distrutte. Ottenuta la riabilitazione, dopo il lager e il confino, a partire dagli anni Sessanta la Stoljarova, attivissima nel diffondere oltrecortina opere proibite nell’URSS, cercò invano di far pubblicare all’estero poesie e prose di Poplavskij, da lei preparate per la stampa grazie ai contatti con i curatori dell’archivio parigino del poeta.3 1 Osservava Georgij Adamovič alla metà degli anni Cinquanta: «Было за последние двадцать лет сделано немало попыток “объяснить” его [Поплавского], рассказать тем, кто лично его не знал, в чем было очарование этой одареннейшей, странной, безрасчетно-расточительной личности. [...] Однако и до сих пор, даже среди самых страстных и убежденных почитателей Поплавского, нет единодушия, нет ясного понимания, кем и чем, собственно говоря, он был, что в нем их волнует и прельщает. Стихи? Да, он писал прелестные, глубоко музыкальные стихи, такие, которыми нельзя было не заслушаться, даже в его монотонно-певучем чтении. [...] При всем своеобразии стихов Поплавского, они, эти стихи, все-таки едва ли оказались бы лучшим, ценнейшим, что он способен был бы оставить. [...] Его стихи, это не он сам: это рассказ о нем, вернее комментарии к нему, дополнение к его мечтам, мыслям, сомнениям, порывам» (ADAMOVIČ 1955: 275-6). 2 Si veda Istorija odnogo putešestvija (Storia di un viaggo, 1974) di Vadim Andreev, figlio dello scrittore Leonid e amico di Poplavskij negli anni parigini. 3 Natal’ja Stoljarova (1912-1984), «alleata invisibile» di Solženicyn (che di lei scrisse in numerose sue opere, da Arcipelag GULAG [Arcipelago GULAG]) a Nevidimki [Gli invisibili, 1992]), amica e aiutante di Nadežda Mandel’štam, sfuggì solo con la morte, avvenuta per malattia nell’agosto 1984, a un nuovo arresto; uomini del KGB perquisirono il suo apparta8 Un certo interesse intorno all’opera di Boris Julianovič rinacque quando ormai non erano più al mondo non soltanto i rappresentanti della prima generazione degli émigrés, ma anche molti dei loro figli. Fu allora, agli inizi degli anni Ottanta, che lo storico della letteratura russa Simon Karlinsky (Semën Arkad’evič Karlinskij, cresciuto nella Charbin russa degli anni Venti e naturalizzato americano), ripubblicò negli Usa tutte e quattro le raccolte poetiche di Poplavskij divenute ormai introvabili rarità bibliografiche;4 nel 1981 apparve in Francia una tesi di Dottorato che costituisce la prima, pionieristica monografia dedicata a Poplavskij.5 Sul finire del secolo, con la dissoluzione dell’URSS, l’apertura degli archivi e il moltiplicarsi degli studi dedicati all’emigrazione, anche Boris Julianovič ha conosciuto una piccola fortuna: le sue opere sono state ristampate, in Russia come fuori della Russia, parte degli inediti sono stati pubblicati; sono apparsi articoli e saggi sulla sua poetica;6 grande spazio gli viene oggi riservato nelle sempre più numerose antologie dedicate agli autori della diaspora. Storici e studiosi di letteratura russa riconoscono oggi, come già i contemporanei oltre settant’anni fa, che la sua figura fu una delle più originali tra quelle espresse nel suo tempo. Contrariamente a quanto accade per alcuni tra i più significativi poeti della sua generazione,7 colleghi con i quali condivise destini e pratiche letterarie, non disponiamo ancora di un’edizione completa delle liriche di Poplavskij,8 un’edizione che tenga conto dei testi definitivi stabiliti dall’autore (e delle numerose varianti da lui mento e sequestrarono il suo archivio (lo afferma A. Bogoslovskij in POPLAVSKIJ 1996: 72). Tra i materiali di Poplavskij che esso conteneva si salvarono quelli fotocopiati da A. Bogoslovskij (in seguito curatore, con H. Menegaldo, di POPLAVSKIJ 1996; POPLAVSKIJ 1999b; POPLAVSKIJ 2000). 4 POPLAVSKIJ 1980-81. 5 MENEGALDO 1981. Il volume è stato recentemente pubblicato in traduzione russa con il titolo Poetičeskaja vselennaja Borisa Poplavskogo (L’universo poetico di Boris Poplavskij, 2007). 6 Gli interventi di maggiore respiro dedicatigli all’alba del nuovo secolo si devono a A. Čagin (1998) e L. Livak (2000, 2001a, 2001b, 2003). 7 È il caso, in particolare, di Boris Božnev, edito da L. Fleishman (BOŽNEV 1987-89), di Vadim Andreev, pubblicato da I. Ševelenko con introduzione di Fleishman (ANDREEV 1995) e di Dovid Knut, nell’edizione curata da V. Khazan (KNUT 1997-1998). 8 Per quanto riguarda la prosa di Poplavskij, invece, i due romanzi, Apollon Bezobrazov (Apollo il Deforme) e Domoj s nebes (A casa dai cieli) sono stati pubblicati integralmente in due edizioni (POPLAVSKIJ 1993 e POPLAVSKIJ 2000), mentre i saggi di critica letteraria e d’arte sono stati raccolti in un volume che contiene anche pagine edite e inedite dei Diari (POPLAVSKIJ 1996). Una prima, parziale edizione dei Diari era apparsa nel 1938 (POPLAVSKIJ 1938a). 9 conservate) nell’ordinamento da lui stabilito. Delle quattro raccolte sulle quali si è formata e consolidata la conoscenza della sua opera in versi, solo la prima, Flagi, può definirsi propriamente d’autore.9 I tre volumi postumi del 1936, 1938 e 1965 furono invece in diversa misura rimaneggiati da Nikolaj Tatiščev, curatore unico delle opere di Poplavskij.10 Quanto profonde siano state – sul piano testuale – le modifiche introdotte da Tatiščev almeno nella raccolta del 1965, Dirižabl’ neizvestnogo napravlenija, è apparso chiaro dopo la pubblicazione dei due volumi di inediti e varianti Pokušenie s negodnymi sredstvami (Attentato con mezzi impropri, 1997) e Dadafonija (1999).11 A gettare una luce nuova sull’opera in versi di Boris Julianovič hanno contribuito poi in misura decisiva i materiali riscoperti da H. Menegaldo tra il 1998 e il 2000 nell’archivio parigino di Poplavskij.12 Qui sono stati rinvenuti i versi giovanili che si ritenevano perduti, e anche (insieme con 9 In Flagi Poplavskij incluse tra l’altro, dopo averli sottoposti a revisioni, testi che appartenevano a precedenti raccolte inedite. 10 In un testamento redatto negli anni Trenta Poplavskij affidava il proprio lascito al padre e a Dina Šrajbman, amica e musa, che morì nel 1940. Fu così Tatiščev, vedovo della Šrajbman, a occuparsene. 11 Si veda la Bibliografia (rispettivamente POPLAVSKIJ 1997 e POPLAVSKIJ 1999a). 12 Nikolaj Tatiščev conservò intatto per mezzo secolo l’archivio del poeta. Nel 1972 rispondeva alla studiosa americana L. Foster, che avrebbe voluto acquisirlo: «Архив Поплавского не подлежит продаже. В свое время он будет передан в русские университеты, как было завещано автором. Все стихи напечатаны в четырех сборниках» (VIŠNEVSKIJ 2001: 517). Nove anni più tardi Natalja Stoljarova affermava: «В пригороде Парижа [...] находится еще в девственном виде архив Бориса Поплавского. Все работают, всем некогда. Мы пытались найти неопубликованные стихотворения, и меня поразило количество вариантов на каждое» (POPLAVSKIJ 1996: 77). Ai materiali dell’archivio lavorò negli anni Settanta il primogenito di Tatiščev, Stepan Nikolaevič, slavista e attaché culturale all’Ambasciata francese di Mosca. In vista della monografia su Poplavskij che allora preparava, Nikolaj Tatiščev gli affidò una parte delle carte del poeta (prose, poesie, dattiloscritti e manoscritti, bozze corrette e abbozzi, progetti, oltre quaranta quaderni; si veda MENEGALDO 2003: 16). Il progetto restò irrealizzato e, alla prematura morte di Stepan Tatiščev (1985), questi materiali passarono alla vedova Anne, che li conserva tuttora a Parigi. Quanto invece restava dell’archivio Poplavskij custodito da Nikolaj Tatiščev, anch’egli morto nel 1985, passò al secondogenito, Boris Nikolaevič, che nel 1997 lo avrebbe donato al Gosudarstvennyj Literaturnyj Muzej di Mosca. Il lascito del poeta émigré, dunque, si trova oggi diviso tra Russia e Francia. Grazie al lavoro sui materiali conservati a Mosca (che sembrerebbero per lo più risalire agli anni Venti) è apparso il volume di inediti Dadafonija (1999). Sono invece basate sui materiali rinvenuti nell’archivio parigino le tre raccolte Neizdannoe. Dnevniki. Stat’i. Stichi. Pis’ma (Inediti. Diari. Articoli. Versi. Lettere, 1996), Avtomatičeskie stichi (Versi automatici, 1999) e Neizdannye stichi (Versi inediti, 2003). Altri testi di Poplavskij, conservati nell’archivio parigino di Il’ja Zdanevič, sono stati pubblicati in POPLAVSKIJ 1997. 10 l’unica copia staffetta esistente) le bozze corrette del volume Dirižabl’ neizvestnogo napravlenija, datato 1927 (l’opera «dadaista» e «infernale» cui Poplavskij lavorò negli anni di massima consonanza con il futurista zaumnik Il’ja Zdanevič), nonché un’ampia raccolta di poesie risalente ai primi anni Trenta, preparata per la stampa con il titolo di chiara ascendenza surrealista Avtomatičeskie stichi (Versi automatici); di quest’ultima nulla si sapeva fino al 1999.13 Dunque, mentre pubblicava in Flagi le sue poesie più «facili» e abbandonava apparentemente gli estremismi di Dirižabl’ per poter essere accettato dai lettori della diaspora, scendendo così a un compromesso (con il proprio sperimentalismo) evidente nella revisione cui sottopose versi tratti dall’inedito Dirižabl’ per includerli nel volume del 1931,14 Poplavskij continuò a comporre per il cassetto, senza alcuna speranza di renderli noti, testi lontani dal gusto dominante e dalle correnti più autorevoli della letteratura russo-parigina, divenendo così un «emigrato interno dell’emigrazione russa».15 Alle scoperte sin qui elencate, sufficienti già di per sé a modificare sensibilmente la conoscenza che del poeta avevamo, si è aggiunto il ritrovamento del piano per l’edizione completa di tutte le liriche, redatto da Boris Julianovič negli anni Trenta, sulla cui base potranno finalmente essere pubblicate le opere in versi. Purtroppo, annunciato per il 2003 in occasione del centenario della nascita del poeta, l’atteso volume non ha visto finora la luce:16 a più di settant’anni dalla morte, le sventure editoriali di Poplavskij non sembrano avere fine. 13 Comprende oltre trecento testi, secondo quanto scrive la studiosa (MENEGALDO 2003: 21), che in POPLAVSKIJ 1999b ne ha pubblicati centottantacinque. Il primo intervento critico sugli Avtomatičeskie stichi si deve a L. Magarotto, autore del saggio La poesia surrealista di Boris Poplavskij (2006). 14 È il «surrealist compromise of Boris Poplavsky» di cui scrive Leonid Livak (LIVAK 2001b). 15 MENEGALDO 1999: 17. 16 Ci ha informati la curatrice Hélène Menegaldo, che qui ringraziamo, con una lettera del 14 dicembre 2006: «Дело в том, что мною подготовлено к изданию 2 тома, которые должны были дополнить 2-ой том (Проза), изданный издательством “Согласие”. Планируемый первый том – именно и есть поэтическое наследие Поплавского: все его стихи, в том виде и порядке, в котором поэт желал их опубликовать [...]. К сожалению, рукописи так и лежат уже несколько лет в московcком издательстве. В прошлом году появилась надежда продолжить публикацию, я опять взялась за работу, еще раз проверила, дополнила примечания и т.д., но недавно узнала, что денег на издание нет». 11 In queste pagine seguiremo il formarsi della poetica di Boris Poplavskij e le vicende della sua biografia letteraria fino agli esordi nella stampa émigrée (1928). Abbiamo privilegiato questo periodo perché allo stato attuale disponiamo di nuovi materali per l’analisi: in primo luogo, è agli anni Venti che risale la maggior parte degli inediti finora pubblicati; in secondo luogo, siamo oggi in grado di inquadrarli in una prospettiva storico-culturale sufficientemente precisa.17 Del resto, almeno a giudicare da quanto è noto, il nucleo della poetica giovanile di Poplavskij si manterrà pressoché intatto anche nella produzione successiva. Pur tra gli esiti incostanti, con il suo eclettismo, le sue contraddittorie posizioni critico-teoriche, le oscillazioni tra modelli letterari lontanissimi tra loro (da Blok a Rimbaud, da Lermontov a Poe, Lautréamont, Laforgue, Apollinaire, senza dimenticare lo zaumnik Zdanevič e gli amatissimi Dostoevskij e Rozanov), l’ispirazione di Poplavskij sembra privilegiare da subito un certo numero di immagini ricorrenti, presenti sin dalle prime prove e destinate a trasformarsi, concentrarsi, rarefarsi, ma non a scomparire né a perdere rilievo con il passare degli anni. Ci soffermeremo su alcuni motivi dominanti della sua lirica individuabili sin dalle primissime prove. Li analizzeremo nella prospettiva storica del paese in cui Boris Julianovič visse e lavorò, la Francia degli émigrés, e delle due culture (letterarie, ma anche pittoriche e filosofiche) che lo influenzarono profondamente: quella russa e quella francese. Ne osserveremo il permanere anche nelle raccolte di Flagi, Snežnyj čas e Avtomatičeskie stichi. Poplavskij, a nostro avviso, può rientrare pienamente nella categoria cvetaeviana dei «poeti senza storia»: un lirico puro che «vede, sente e sa soltanto ciò che è suo», «vede solo i propri sogni», e attira i lettori «nel cerchio magico del sogno».18 Egli visse due periodi di apprendistato segnati da esperienze e pratiche poetiche molto diverse (tra Mosca e Costantinopoli negli anni 1914-1921; quindi tra Berlino e Parigi, fino alla metà degli anni Venti), prima di approdare alla breve stagione della sua maturità, nella quale compose al contempo liriche «facili» per gli emigrati e liriche «surrealistiche» per il cassetto. Ma, per servirci ancora delle parole di Marina Cvetaeva (che Boris Julianovič poté incontrare a Parigi, dove 17 Insieme con i lavori di M. Marzaduri (1982, 1984, 1990), con i loro più recenti studi R. Gayraud (1997, 1998), V. Khazan (2004) e L. Livak (2005) hanno contribuito a fare luce sul poco indagato periodo «eroico» dei russi a Parigi, ovvero alla prima metà degli anni Venti. 18 Citiamo nella traduzione italiana di Serena Vitale (CVETAEVA 1984: 157). L’originale russo è in CVETAEVA 1994-1995: V, 401. 12 entrambi, pur non legati né da amicizia né da comunanza di principi letterari,19 venivano riconosciuti come rappresentanti poetici della «sinistra artistica» che pubblicava in «Volja Rossii» [La volontà della Russia]), «se talvolta ci sembra che questi poeti si evolvano, mutino – si evolvono e mutano non loro, ma solo il loro lessico, il loro arsenale linguistico».20 La presenza di un considerevole numero di influssi diversi, evidenti nella sua opera, ha indotto non di rado studiosi e critici, così come i confratelli poeti, a tacciare Poplavskij di epigonismo e, talvolta, a rifiutarlo tout-court. Altri invece lo hanno definito una «promessa» poetica cui sarebbe mancato il tempo per maturare appieno e realizzarsi. Eppure Poplavskij visse due anni più di Esenin (cui in parte lo accomuna la tragica biografia e la deliberata teatralizzazione della propria vita) e cinque più di Lermontov, suo idolo. Sia l’eclettismo, l’epigonismo, sia l’incompiutezza, l’«immaturità» di Poplavskij riflettono, a nostro modo di vedere, caratteristiche comuni ai poeti russi della sua generazione, in particolare quelli che a Parigi, nei primi anni Venti – in un clima di assoluta incertezza, economica, sociale, politica – diedero vita al primo raggruppamento poetico dell’emigrazione, fiorito nei caffè di Montparnasse sotto sigle, come Gatarapak e Palata poetov (La camera dei poeti), che ebbero vita breve. In effetti, pressoché nessuno dei giovani rappresentanti di questo movimento, caratterizzato nel suo complesso da molteplici influssi e modelli, riuscì a raggiungere la maturità artistica e, in generale, finirono tutti per abbandonare la poesia nel corso degli anni Trenta. Fu il caso di Dovid Knut, che si diede alla pubblicistica, in francese, su temi relativi all’ebraismo; di Aleksandr Ginger e Boris Božnev che pur continuando, ma raramente, a scrivere versi, si ritirarono dalla scena letteraria; di Vladimir Pozner che lasciò la lingua russa, la poesia e l’ambiente degli emigrati per scrivere in francese ed entrare nel PCF. Quanti fecero ritorno nella patria abbandonata durante l’ado19 Mentre Boris Julianovič annoverava Cvetaeva tra i migliori poeti del tempo (si veda, per esempio, POPLAVSKIJ 1996: 253), Marina Ivanovna espresse su Poplavskij giudizi difformi. Nel 1929 lo definì «Даровитый поэт, но путаный (беспутный) человек» (lettera a A.A. Tesková del 17 marzo 1929; CVETAEVA 1994-1995: VI, 377), mentre sei anni più tardi avrebbe scritto: «Поплавский крал у раннего Блока и всегдашнего Пастернака. Плагиат» (lettera a Ju.P. Ivask dell’11 ottobre 1935; CVETAEVA 1994-1995: VII, 401). Si è conservata la lettera a Boris Julianovič del 30 marzo 1930, nella quale Marina Cvetaeva invitava il più giovane collega a partecipare alla Večer Romantikov (Serata dei Romantici) da lei organizzata alla Salle de Géographie di Parigi. Esortandolo a scegliere in fretta quali poesie leggere, scriveva: «Ваше подойдет более или менее все» (POPLAVSKIJ 1996: 248). 20 CVETAEVA 1984: 160 (l’originale sta in CVETAEVA 1994-1995: V, 403). 13 lescenza finirono per lo più rinchiusi nei lager sovietici, e il silenzio venne loro imposto. Fu questo il caso, per restare tra gli altri amici di Boris Julianovič, di Vladimir Svešnikov-Kemeckij (1902-1938) che continuò a comporre versi nel lager delle Solovki e trovò un lettore appassionato nell’allora giovane studioso, anch’egli detenuto, Dmitrij Lichačëv. Ciò che oggi resta dell’opera poetica di questa generazione passata alla storia come «inosservata»21 – testi per lo più inediti, sparsi in archivi tra loro lontanissimi, recuperati da riviste edite in tirature minime e solo in parte ripubblicati – merita finalmente di entrare nelle storie letterarie russe, e di essere studiato, tradotto anche in Italia. A maggior ragione lo merita Boris Julianovič Poplavskij, che ne fu il massimo rappresentante. 21 Nezamečennoe pokolenie è il titolo delle memorie (1956) di V.S. Varšavskij, coetaneo di Poplavskij, emigrato nel 1920. Nella sua definizione, occorre precisare, Varšavskij includeva tutta la cosiddetta seconda generazione della prima ondata dell’emigrazione russa – un gruppo di autori, poeti, pubblicisti, prosatori, più vasto di quello cui noi qui facciamo riferimento. Sulla definizione di «generazione inosservata» e sulla mitologizzazione postuma dei suoi rappresentanti si vedano LIVAK 2001, LIVAK 2002 e KASPE 2005. 14 1. L’apprendistato e l’esordio come poeta Дом был вроде тюрьмы, и эмиграция была для меня счастьем. 1.1. Boris Julianovič Poplavskij iniziò giovanissimo a scrivere versi. Sulla sua precoce vocazione influì certamente la sorella maggiore Natal’ja, che nel 1917 pubblicò a Mosca Stichi zelenoj damy: 1914-1916 (Versi della signora verde). Ricordava il padre di entrambi, Julian Poplavskij: Когда старшая сестра Бориса Наташа, блестяще образованная и талантливая девушка, выпустила в Москве свой сборник стихов, считаясь молодой авангардной поэтессой, Борис из чувства соревнования, или скорее подражания, тоже начал писать в ученических тетрадях «свои» стихосложения, сопровождавшиеся фантастическими рисунками.1 Negli anni Dieci Natal’ja Poplavskaja incarnava il personaggio della poetessa decadente, «professionista della poesia narcotica», e frequentava il salotto letterario di L.N. Stolica Zolotaja grozd’ (Grappolo d’oro),2 del quale erano assidui, tra gli altri, Sergej Esenin, Nikolaj Kljuev, Sof’ja Parnok, Vladislav Chodasevič. Così, rievocando la serata di poesia femminile organizzata da Valerij Brjusov l’11 dicembre 1920 nella Sala Grande del Museo Politecnico, a Mosca, la avrebbe descritta in Geroj truda (Un eroe del lavoro, 1925) Marina Cvetaeva: 1 POPLAVSKIJ JU. [1935]: 78. Un grappolo d’oro era raffigurato sul cartoncino bianco degli inviti che la Stolica inviava in occasione delle sue serate, durante le quali, ricorda Chodasevič, «пития были зверские, а продолжались они до утра [...]. Порой читались стихи, даже много стихов, подходящих к случаю, – только уже не все способны были их слушать. Бывали и пения хором, и пляски. [...] Перебывала же на Золотой “грозди”, кажется, вся литературная, художественная и театральная Москва» (CHODASEVIČ 1934: 3). 2 Вижу одну, высокую, лихорадочную, сплошь танцующую, – туфелькой, пальцами, кольцами, соболиными хвостиками, жемчугами, зубами, кокаином в зрачках. Она была страшна и очаровательна, тем десятого сорта очарованием, на которое нельзя не льститься, стыдятся льститься, на которое бесстыдно, во всеуслышанье – льщусь. [...] Вообще скажу, что в чуждом мне мире профессионалок наркотической поэзии меня встретили с добротой. Женщины, вообще, добрей. Мужчины ни голодных детей, ни валенок не прощают. Та же П<оплав>ская, убеждена, тотчас же сняла бы с плеч свои соболя, если бы я ей сказала, что у меня голодает ребенок.3 La fama della Poplavskaja non ebbe lunga durata e le sue tracce si perdono ben presto; per certo si sa soltanto che riuscì a lasciare la Russia, e morì prima del 1930, probabilmente intossicata dall’oppio.4 Nei suoi versi, caratterizzati da uno spiccato andamento narrativo, tra limousine, cognac Martell, zibellini e profumi, si consumano per lo più storie di amore clandestino, o non corrisposto. I suoi personaggi rientrano all’alba, perdono intere fortune alle carte, si dicono addio «come nei cinedrammi». Troviamo Pierrot e Arlecchini (mutuati dalla poesia di Blok) in interni lussuosi e in esterni cittadini, resi con un discreto gusto coloristico e reminiscenze pittoriche (come i «quadri di Vrubel’» di una lirica). La lingua è ricca di termini stranieri, calchi e prestiti; del resto, la ricerca dell’«esotismo» e della contaminazione era stato un tratto diffuso nella poesia russa del decadentismo, di cui la poetessa appare per molti aspetti un’epigona. E proprio l’uso spregiudicato dei forestierismi caratterizza la poesia dell’egofuturista Severjanin, così caro alla giovane autrice. I versi della Poplavskaja si rivelano monotoni nella loro melodiosità, con qualche variazione (un sonetto, una ballata su temi tratti da Oscar Wilde...); di Severjanin – se è lui, come viene fatto di pensare, l’Igor’ edinstvennyj (unico) cui la raccolta è dedicata nella lirica che apre il volume – manca la sfrenata musicalità del verso che si ritroverà invece nelle primissime prove di Boris Poplavskij. La nota dominante nei Versi della signora verde è sicuramente à la Vertinskij, e proprio lo chansonnier (al quale è dedicata nel volume Dama v limuzine [La signora in limousine]) avrebbe cantato, rendendoli celebri tra gli emigrati russi e, dopo il suo ritorno in patria, anche nell’Unione Sovietica, i versi di Popugaj Flober (Il pappagallo Flaubert), composti dalla Poplavskaja (non inclusi negli Stichi zelenoj damy): 3 4 CVETAEVA 1994-1995: IV, 40. MENEGALDO 1996: 29. 16 Я помню этот день. Вы плакали, малютка. Из Ваших серых подведенных глаз В бокал вина скатился вдруг алмаз И много, много раз я вспоминал Давным-давно, давным-давно Ушедшую минутку. На креслах в комнате белеют Ваши блузки. Вот Вы ушли, и день так пуст и сер. Грустит в углу Ваш попугай Флобер. Он говорит: «jamais», он все твердит: «Jamais», «jamais», «jamais», «jamais», И плачет по-французски. Il gusto per la musica dei giovani Poplavskij era ereditario: nella loro casa al Krivokolennyj pereulok il padre, Julian Ignat’evič (diplomato al Conservatorio di Mosca e membro dello Imperatorskoe Rossijskoe Muzykal’noe Obščestvo, fu uno degli allievi prediletti di Čajkovskij, sugli ultimi anni del quale lasciò preziose testimonianze5), pur avendo abbandonato l’attività concertistica per darsi – su insistenza della moglie, violinista, – all’imprenditoria, teneva spesso serate musicali. Oltre al russo, i Poplavskij padroneggiavano il francese e l’inglese, probabilmente anche il tedesco. Come era costume in Russia presso le famiglie facoltose, avevano trascorso l’infanzia tra governanti francesi e tedesche, istitutori svizzeri e inglesi.6 Non erano, tuttavia, una famiglia felice; il poeta lo ricorderà nel 1930, in uno dei suoi rarissimi accenni all’infanzia moscovita: Я происхождения сложного: русско-немецко-польско-литовского. Отец мой по образованию дирижер, полурусский, полулитoвский. Занимался промышленными делами. Мать – из дворян. Жили богато, но детей претесняли и мучили, хотя ездили каждый год за границу и т.д. Дом был вроде тюрьмы, и эмиграция была для меня счастьем.7 5 Pubblicate parzialmente in Vospominanija o P.I. Čajkovskom (ed. V.V. Protopopov, Moskva 1962, Leningrad 19804); integralmente, in traduzione, in Alexander Poznansky, Tchaikovsky’s Last Days: A Documentary Study (Clarendon Press, Oxford 1996, pp. 31 e sgg). 6 POPLAVSKIJ JU. [1935]: 78. 7 Lettera a Ju. Ivask del 19 novembre 1930 (POPLAVSKIJ 1996: 241). 17 1.2. Molto del clima delle poesie di Natal’ja Poplavskaja si ritrova nei versi che il quattordicenne Boris Julianovič, all’epoca allievo del Liceo scientifico francese Filippo Neri,8 compose prima di lasciare Mosca verso la metà del 1918. Sei testi che risalgono a questo periodo, rinvenuti nell’archivio parigino, sono stati pubblicati nel 2003.9 Portandole con sé nell’esilio dalla Russia, Poplavskij salvò queste prime prove e le conservò tra le sue carte, trascritte in un grosso quaderno, con la scritta «Černoviki I - 1917» (Minute I – 1917) sul frontespizio «coperto di bizzarri disegni».10 Non era tuttavia intenzionato a pubblicarle, come risulta dal piano editoriale che compilò negli anni Trenta e che si apre con la sezione Pervye stichi (Primi versi), datata 1922-1924.11 Oggi, pur con le loro ingenuità, questi versi di apprendistato rimasti così a lungo inediti presentano più di un motivo di interesse per chi voglia analizzare le origini della poetica di Boris Julianovič. Le prime due poesie del «grosso quaderno», Azbuka e Gimn bol’ševikam, sono apertamente politiche. Azbuka, in particolare, è una dichiarazione di fiducia nell’atamano Kaledin, che nell’autunno del 1917 comandava le forze del Don:12 M 8 Много было совещаний Едак с марта на Руси И от иних от страданий Le notizie sull’infanzia e gli esordi del poeta si devono quasi esclusivamente alla breve nota autobiografica compilata per Ju. Ivask nel 1930 (si veda supra, nota 7) e a quanto scrisse Ju.N. Poplavskij nel necrologio pubblicato nel 1935 in «Nov’» (Il novale). 9 Si tratta di: Azbuka (prodolženie) (Alfabeto [continuazione]), senza data, Gimn bol’ševikam (Inno ai bolscevichi), 17-15 luglio, Uklon v dekadenstvo (Inclinazione al decadentismo), 5 settembre 1917, «Vy smotreli na more» (Voi guardavate il mare), Podražanie koroleviču (A imitazione del principe), senza data, Prostaja vesna (Una semplice primavera), 1917 (POPLAVSKIJ 2003: 25-32). Soltanto Prostaja vesna era già stata pubblicata (POPLAVSKIJ 1996: 353). 10 Così informa H. Menegaldo nelle note di POPLAVSKIJ 2003: 154. 11 MENEGALDO 2003: 21. 12 Eletto atamano dell’Esercito del Don nel giugno (vecchio stile) 1917, il generale A.M. Kaledin (1861-1918) sostenne il fallito tentativo del generale L.G. Kornilov, comandante in capo delle truppe del distretto di Pietrogrado, di assumere il controllo della capitale russa il 25 agosto (7 settembre) del 1917, e sul finire del novembre 1917 formò con i generali M.V. Alekseev e L.G. Kornilov un triumvirato che sancì la nascita dell’Esercito dei Volontari (dicembre 1917), riuscendo a riprendere per breve tempo (sino alla fine del gennaio 1918) il controllo di Rostov e Taganrog, cadute nelle mani dei Rossi. 18 O П C У Х Ни солдат нет, ни муки. [...] Петроград Москву столицу За провинцию считал А теперь бежав позорно Здесь спасения искал. С Терских областей и с Дона Рать казачью позовем И диктатором Корни Лова тотчас ж назовем. [...] Хамоправие в России Утвердилось навсегда И спасет ее от смерти Только власть Каледина.13 L’assenza di punteggiatura e la goffa soluzione del nome di Kornilov, spezzato tra due versi, indicano che Boris Julianovič, oltre al modello decadente della sorella, guardava forse anche, molto ingenuamente, a certe innovazioni di gusto futurista. Dedicata «Con un po’ di pathos a Sua maestà P. Šiškov, social-democratico», Gimn bol’ševikam è una paradossale raccolta, in tetrametri trocaici, di slogan bolscevichi, priva di punteggiatura come la lirica precedente: [...] Завтра мы войну закончим Мир устроим навсегда И солдат пораспределим Грабить церкви и дома И во всех дворцовых зданиях Сделаем рабочий клуб А буржуям за дыхание Таксу в час поставим рубль [...] Всех убьем убив ограбим И разрушим все до дна 13 POPLAVSKIJ 2003: 25. Non sappiamo se di questa continuazione di Alfabeto, che inizia con la lettera M, la prima parte sia mai stata composta, o sia andata smarrita, oppure, ancora, si conservi inedita. 19 Чтобы камушка на камне Не стояло никогда14 Di tutt’altro tono sono gli altri quattro testi, privi di riferimenti politici, scritti nel 1917. L’influsso di Severjanin è evidente nei giambi di Uklon v dekadenstvo (anch’essi peraltro privi di punteggiatura), che appaiono come una consapevole, e nel complesso riuscita, stilizzazione à la Severjanin da parte di Boris Julianovič: Я позвонил к вам по телефону Вы знаете телефон жесток Я услышал звуки грамофона Не матчишь не какой-то кекуок Мой звонок кажется звучал долго и громко Вы рассержанная сказали Алло Кекуок оборвался звонко Следующая пластинка была танго Когда мы разговаривали он рвал мне душу Проникал через нее в мозг Рвал покой выбрасывал через уши как мягкий воск15 Ritroviamo il «безвкусие» (cattivo gusto), massimo difetto, secondo Brjusov,16 di Severjanin, come pure il «безвкусие неологизмов» rilevato nel poeta egofuturista da Sof’ja Parnok,17 e un’analoga, sebbene meno virtuosistica, attenzione alla rima, in questa rievocazione di un’infelice vicenda amorosa (tema costante nei versi della sorella Natal’ja), dove trovano posto le novità tecnologiche dell’epoca (il telefono, il grammofono, il disco), insieme con le nuove danze: l’afroamericano cakewalk, sorta di ragtime in voga in Europa dagli inizi del Novecento (già entrato nella letteratura russa attraverso Kuprin, Annenskij e Belyj, quest’ultimo autore fondamentale, insieme con Rozanov, per il Poplavskij prosatore), il vivace maxixe («tango brasiliano» a due tempi, già citato da Blok in Kometa [Cometa], 1910, da Majakovskij nella tragedia Vladimir Majakovskij, 1913), e infine il tango. Scrive14 POPLAVSKIJ 2003: 28. POPLAVSKIJ 2003: 29. 16 «Перефразируя слова аббата Делиля, можно сказать: все недостатки Игоря Северянина в его безвкусии» scriveva Brjusov nel saggio Igor’ Severjanin, pubblicato in Sbornik kritiki o tvorčestve I. Severjanina (Raccolta della critica sull’opera di I. Severjanin; Moskva 1915). 17 Nel saggio Otmečennye imena (Nomi segnalati), firmato con lo pseudonimo di Andrej Poljanin pubblicato in «Severnye zapiski» (Annali del Nord; aprile 1913). 15 20 va la rivista pietroburghese «Restorannoe Delo» nel 1914: В течение последнего времени, когда публика начала увлекаться, сначала матчишем, кэк-уоком, а теперь танго, многие владельцы лондонских ресторанов для развлечения своих посетителей ввели эти танцы и в свои заведения. «Чаи танго», «ужины матчишь» стали постепенно обычным развлечением людей, посещающих лондонские бары.18 Nell’opera di Poplavskij la musica e il ballo avranno un’importanza capitale, nella prosa come nella lirica. E i rarissimi accenni al passato assumeranno sempre sfumature musicali: Боже мой, как пронзали мне сердце старые довоенные вальсы из немецких опереток, под которые я так тосковал гимназистом на бульварах и катках, совершенно одинокий, слабый, плохо одетый, лишенный знакомых. Вся душа довоенной Европы в последний раз сияла в них вместе с отзвуками Вагнера и Дебюсси [...].19 In un brano del diario (datato 1929), Poplavskij rivelerà come la scrittura stessa possa nascere dalla «magica forza evocativa della musica»: И иногда вгруг слагается первая строка, т.е. с каким-то особенным распевом сами собой располагаются слова, причем они становятся как бы магическим сигналом к воспоминаниям; как иногда в музыкальной фразе запечатлевается целая какая-нибудь мертвая весна, или, для меня, в запахе мандаринной кожуры – целое Рождество в снегах, в России; или же все мое довоенное детство в вальсе из «Веселой вдовы». Так создается мелодия; если поэт умеет ее изолировать и развить, разрастается в стихотворение, т.е. спасти от исчезновения хочет поэт некое ощущение, причем понял он это, может быть, только через музыку, т.е. используя магическую эвокационную силу музыки ибо рассказать ею невозможно [...].20 18 «Restorannoe Delo», 1, 20 gennaio 1914. Così leggiamo nel romanzo Apollon Bezobrazov (POPLAVSKIJ 2000: 171). 20 Poplavskij 1996: 99. Boris Julianovič, naturalmente, conosceva Proust, la Recherche e le pagine sulla «piccola frase di Vinteuil» (non a caso citata da Poplavskij, in un altro passo dei diari dello stesso 1929, a tutt’altro proposito: «Во время разговора вдруг явственно слева откуда-то позвала смерть. Comme la petite frase de Vinteuil»; VIŠNEVSKIJ 2001: 166) che ridesta la memoria involontaria. 19 21 Recensendo nel 1938 la raccolta postuma V venke iz voska, il più severo – e il più geniale – tra i critici della poesia émigrée, Vladislav Chodasevič, coglierà il profondo, particolare legame tra musica e poesia in Poplavskij: [его поэзия] родственна музыке, не в смысле внешнего благозвучия, но в том смысле, что внелогична и до самой своей глубины формальна. Можно было бы сказать, что она управляется не логикой, а чисто эйдологией [...].21 Anche i forestierismi presenti nelle prove giovanili si conserveranno nel Poplavskij maturo, ma ormai con una diversa funzione: riflettere la vita quotidiana parigina. E tra agli oggetti che balenano in Uklon v dekadenstvo due acquisteranno una fondamentale rilevanza nella personale mitologia dell’autore: il grammofono (Grammofon na severnom poljuse avrebbe dovuto essere il titolo di una raccolta di Poplavskij rimasta inedita22) e la cera (V venke iz voska sarà il titolo di una lirica del 1924, e della seconda raccolta apparsa postuma). Composta probabilmente nello stesso 1917, «Vy smotreli na more», rievocazione, come già Uklon, di un infelice incontro amoroso consumato da una «Королева» (Regina) che ben presto si risveglia dall’ebbrezza («Но когда же опьянение прошло возбужденное / Вы его оттолкнули сказали иди»23), offre qualche interesse per l’accenno alla cocaina («Вы смотрели на море, смотрели с улыбкою / Но в глазах отразились кокаин и тоска»24). Oltre che alla letteratura, la sorella Natal’ja aveva iniziato Boris Julianovič anche all’uso degli stupefacenti.25 Di ciò restano tracce evidenti soprattutto nelle poesie composte nel 1918-20, come nel Diario che Poplavskij tenne a Costantinopoli nel 1921 e a Berlino nel 1922. In queste pagine confessa, tra l’altro, di essere stato cocainomane per quattro anni. Rielaborazione ironica («остроумная издевка над пафосом Северянина», scrive la Menegaldo26) su temi e metri di Igor’ Severjanin, autore della raccolta Električeskie stichi (1911), è invece Podražanie koroleviču: Электрическое солнце электрическое небо Электирческие люди электрическое ауто 21 CHODASEVIČ [1938]: 178. Si veda, infra, 4.2: 144. 23 POPLAVSKIJ 2003: 30, vv. 10-11. 24 Ibid., v. 2. 25 LIVAK 2001: 120. 26 POPLAVSKIJ 2003: 154. 22 22 Электирческая кокаинно изъяная греза27 Qui si rivela la matrice ego-futurista di buona parte del lessico di Poplavskij («электрический», «ауто» «фантом», «косметика», «фосфоресцируют»), presente anche nei versi della sorella Natal’ja. In particolare, l’aggettivo «электрический», con valenza soprattutto psicologica, si conserverà nella prosa di Poplavskij fino alle sue ultime prove.28 Quanto al titolo, per H. Menegaldo quel «королевич» rivelerebbe le precoci doti profetiche di Poplavskij, che avrebbe definito «principe» Igor’ Severjanin già nel ’17, prima che egli venisse eletto «король поэтов» (re dei poeti) il 27 febbraio 1918.29 È anche possibile che Boris Julianovič fosse a Mosca almeno fino alla primavera del 1918: avrebbe dunque potuto assistere alla serata dell’«elezione» al Museo Politecnico di Mosca (oppure averne notizia dalla sorella, o dalla stampa) e comporre dopo il 27 febbraio la poesia, trascrivendola poi nel quaderno datato 1917. In questo caso, risulterebbe evidente un intento parodistico (com’è noto, dal canto suo Severjanin prese molto seriamente l’elezione).30 L’ultimo testo edito contenuto nel quaderno di minute del 1917, Prostaja vesna, è dedicato all’antica capitale, della quale il giovanissimo Poplavskij rievoca il Kuzneckij most e i viali intorno al monastero Strastnoj: На бульварах сонного Страстного Улыбаюсь девушке публичной. Все теперь я нахожу приличным, 27 POPLAVSKIJ 2003: 31. Si veda, nel finale del romanzo Domoj s nebes (1934-35): «Если бы революции не случилось, ты был бы сейчас, в тридцать один год, старый, растраченный излюбившийся, исписавшийся человек, и ничего не было бы в тебе напряженного, аскетического, электрического, угодного Богу... Дух, как электрическая туча, вечно не реял бы над твоей пустыней [...]» (POPLAVSKIJ 2000: 429). 29 Così ricordava un testimone della serta: «Часть публики устроила скандал. Футуристы объявили выборы недействительными. Через несколько дней Северянин выпустил сборник, на обложке которого стоял его новый титул. А футуристы устроили вечер под лозунгом “долой всяких королей!”» (SPASSKIJ 1963: 170). 30 Gli attributi di sovrano e principe ricorrono spesso nella lirica di Severjanin, che in Gromokipjaščij kubok (Coppa ribollente di tuoni, 1913) scriveva: «Я царь страны несуществующей». Prima di divenire, per antonomasia, «Принц фиалок», era già stato definito «Принц поэтов» (nel 1913, da A. Čebotarevskaja, moglie di Sologub). Il frequente ricorrere dei sostantivi «принц», «королевна», «король», «королевич», nei Versi della signora verde di Natal’ja Poplavskaja potrebbe dunque derivare direttamente dal maestro Severjanin. 28 23 Все избитое теперь остро и ново. О весенний солнечный Кузнецкий Над твоей раскрашенной толпою Я один, насмешливый и детский, Зло смеюсь теперь моей весною. Я живу без символов и стиля – Ежегодный цикл стихов весенний. Знаю все – от фар автомобиля До задач о трубах и бассейнах.31 Con più matura consapevolezza di strumenti e modi, il tema urbano sarà centrale non soltanto nell’opera in versi e in prosa di Poplavskij, ma anche nelle sue concezioni pittoriche (si pensi all’attenzione che in Francia dedicherà, in veste di critico, alle visioni parigine di artisti come Abram Mintchine). In questa raffigurazione diurna e primaverile di Mosca mancano ancora le luci della città – quei «фонари» (lampioni), ereditati dalla poesia di Blok, che proiettano una luce ossessivamente gialla nelle poesie di Boris Julianovič sin dal 1918, ma c’è già tutto il repertorio del «modernismo» urbano (automobili, fari, grondaie ecc.) di Podražanie koroleviču. Per la prima volta Poplavskij dichiara – su un piano biografico, non ancora letterario («я живу без символов и стилья») – il proprio rifiuto dello stile e dei simboli, scelta a cui si manterrà sempre fedele: «писать без стиля, порозановски, а также наивно-педантично» sarà l’imperativo programmatico trascritto nel Diario l’8 luglio 1933.32 Risuona distintamente in questi versi anche un’eco del Lermontov (uno dei poeti più cari a Poplavskij) di «Vychožu odin ja na dorogu». In effetti, una considerevole presenza di rimandi alla lirica russa classica e contemporanea caratterizza le prime prove di Boris Julianovič: citazioni dirette, indirette, omaggi saranno un tratto costante nell’opera di questo coltissimo autore. 1.3. Personalità pittoresca anche per la Mosca di inizio secolo,33 sino alla rivoluzione 31 POPLAVSKIJ 2003: 32. POPLAVSKIJ 1996: 109. 33 «Поплавcкий [Ю.И.] был человек чрезвычайно одаренный, редко можно было встретить такую, как у него, легкость слова и легкость пера. Говорить он мог на любые темы, и самый серьезный сюжет трактовал иногда в легком тоне. Его манера говорить, а она соответствовала его манере одеваться, – очень раздражала многих, 32 24 del 1917 Julian Poplavskij era stato attivissimo nella vita sociale e pubblica della città – come vice-presidente dell’Associazione degli industriali moscoviti e come giornalista,34 politicamente vicino alle posizioni degli «ottobristi» (sosteneva cioè l’Unione del 17 ottobre, un’organizzazione liberale della borghesia finanziaria e industriale nata nel 1905). Nell’estate del 1918 fu costretto a partire per il Sud della Russia35 con il più piccolo dei figli (la minore, Evgenija, restò con la madre a Mosca, dove morì di tubercolosi nel 1921). Nell’autunno padre e figlio si fermarono a Char’kov (conquistata e sottratta ai Rossi la città era divenuta uno dei baluardi del neonato Esercito dei Volontari), dove Boris Julianovič continuò a comporre poesie. Di esse si sono conservate: Karavany gašiša (Carovane di hashish), Stichi pod gašišem (Versi composti sotto l’effetto dell’hashish), «Vot prošlo, navsegda ja uechal na jug» (È finita, me ne sono andato per sempre al Sud), Oda na smert’ Gosudarja Imperatora (Ode in morte di Sua Maestà l’Imperatore).36 L’Ode, unico testo politico, fu scritta dopo l’assassinio dello zar Nicola II a Ekaterinburg: В истеричном году расстреляли царя, Расстрелял истерический бездарный актер.37 I due testi dedicati all’hashish sono invece fantasticherie indotte dalla droga, esempi quasi programmatici di poesia «narcotica», per usare la definizione cvetaeviana; il primo, Karavany gašiša, dedicato alla sorella Natal’ja, è di ambientazione orientaleggiante: Караваны гашиша в апартаменты принца Приведет через сны подрисованный паж. [...] За окном горевал непоседливый вечер, особенно людей старой складки, [...] и Поплавcкого недолюбивали. Как говорили, его даже «не пускали в биржу»; фактически это было, видимо, верно: его не приглашали [...]. Постепенно к его манерам привыкли, стали приглашать его на совещания при Биржевом комитете [...]. У Поплавского, на Мясницкой, где помещалась его канцелярия, дело было поставлено на широкую ногу, и Обществу [заводчиков и фабрикантов] удалось весьма быстро (оно существовало 12-13 лет) накопить ценный материал» (BURYŠKIN 1990: 256-257). 34 «Когда нужно было набросать какой-нибудь письменный документ, проект обращения, или резюме беседы, он был незаменим, делал это с величайщей легкостью и изяществoм» (BURYŠKIN 1990: 257). 35 Così scriveva nel necrologio del figlio (POPLAVSKIJ JU. [1935]: 78). 36 Date e luoghi di composizione sono indicati in POPLAVSKIJ 1996 e 2003. 37 POPLAVSKIJ 1996: 358. 25 И на башне, в лесах, говорили часы, Проходили фантомы, улыбались предтечи Через дым на свету фонарей полосы. У лохматого перса ассирийское имя, Он готовит мне трубку, железный чубук [...]38 nell’altra, Stichi pod gašišem, l’ambientazione è pastorale: «Вы купите себе буколику, Мне сказал поваренок из рамки, Подзвоните волшебника к столику, Не пугайтесь его шарманки. [...] закажите себе буколику, Оживите постель пастушью, Рассыпая гашиш по столику Поцелуйте ладони удушью».39 Con immagini e soluzioni ancora tutte da affinare, Poplavskij affronta qui un altro tema che dominerà in futuro la sua poetica, quello delle visioni oniriche (indotte o meno dalle droghe), mentre si arricchisce il tessuto fonetico.40 Intrecciato con quello della droga e del sogno, nei versi del 1918 torna il motivo della capitale, la città abbandonata per sempre e ricordata con nostalgia. In «Vot prošlo, navsegda ja uechal» vengono rievocate le chiese e le fumerie d’oppio, accostate nel deliberato intento di épater il lettore, e con un uso ormai straniato di stereotipi; il decadentismo vi appare esplicitamente come attributo di edifici–tane a cento piani che sorridono crudeli: Мы ходили с тобой кокаиниться в церкви, Улыбались икон расписные глаза, Перед нами огни то горели, то меркли, А, бывало, видений пройдет полоса. Это было в Москвe, где большие соборы, Где в подвалах курильни гашиша и опия, 38 POPLAVSKIJ 1996: 354. POPLAVSKIJ 1996: 357. 40 Si noti come, nella terza quartina, si ripeta il suono š di gašiš, anticipato in pastuš’ju e ripreso in uduš’ju; mentre l’accostamento paronomastico postel’-pastuš’ju è rafforzato al verso successivo da po stoliku, e riecheggiato infine da pocelujte (v. 12). 39 26 Где в виденьях моих кривили улыбки жестокие Стоэтажных домов декадентские норы. [...] 41 Analoghe intonazioni risuonano nella lirica «Vot teper’ kogda net ni gašiša ni opija» (Ecco, ora che non ho né hashish né oppio): Вот теперь когда нет ни гашиша ни опия Я с тоской вспоминаю о дыме мятущемся Переулки курилен столицы далекие Где бродили предтечи с лорнетом смеющемся [...] Там служились в домах панихиды Христу При забытых дверях и потушенных свечах [...]42 e in «I snova osen’ju toskuju o stolice» (E di nuovo in autunno ho nostalgia della capitale): И снова осeнью тоскую о столице, Где над иконами горят, Где проходили привидений вереницы, Где повторялись в исступленье небылицы, Где торговали кокаином доктора [...]43 Il motivo della lontananza, delle «вереницы» (file, teorie) di visioni e l’ambientazione autunnale dominano anche in «Ja vam pišu iz golubogo Simferopolja» (scritta, se il riferimento a Simferopol’ è da intendere alla lettera, in Crimea, dunque dopo che i Poplavskij avevano lasciato Char’kov, sulla via di Costantinopoli, raggiunta nel marzo 1919): Я вам пишу из голубого Симферополя, Потому что теперь никогда не увижу. Осыпаются листья картонных тополей На аллеях сознанья изорванных книжек.44 Mancano in questo testo espliciti riferimenti all’hashish o all’oppio (sempre indissolubilmente connessi con Mosca), mancano anche ricordo e nostalgia (nel Poplavskij maturo, caso pressoché unico tra gli autori emigrati, il ricordo della patria 41 POPLAVSKIJ 1996: 355. Il testo, pubblicato per la prima volta in POPLAVSKIJ 2003: 39, segue «Vot prošlo». 43 POPLAVSKIJ 1996: 362. 44 POPLAVSKIJ 1996: 356. 42 27 perduta è del tutto assente), ma osserviamo uno sviluppo quasi espressionista del motivo del sorriso, già elaborato nelle due liriche precedenti: Когда на фоне дребезжащей темноты Зажгутся полoсы бессмысленных видений, Галлуцинации разкинутые рты Заулыбаются на каждом блике тени. [...]45 Quest’ultima quartina rivela un altro tratto che resterà costante in Poplavskij: l’attenzione alle luci e alle ombre, colte con l’occhio sensibile del pittore (fino al 1922 il giovane Boris Julianovič fu incerto se dedicarsi alle arti visive o alla poesia; in seguito continuò a coltivare il disegno). Il tema religioso, sfiorato nelle liriche precedenti e destinato a divenire centrale per Poplavskij,46 è dominante in Moi stichi o Vodosvjatii (I miei versi sulla Benedizione delle acque), di cui ignoriamo la data di composizione, ma che possiamo verosimilmente attribuire al gennaio 1919.47 In essi fa la sua prima comparsa la figura dell’Anticristo. Secondo il rito della Benedizione delle acque, celebrato alla vigilia o lo stesso giorno del Battesimo di Cristo, il sacerdote immerge una croce in un grande buco, tagliato a forma di croce nel ghiaccio del fiume e chiamato Giordano (come il fiume in cui venne battezzato Cristo). Quindi l’officiante lascia scivolare nel Giordano la croce, mentre i fedeli in processione pregano prima di riportare nelle loro case vasi di acqua benedetta. Prima della rivoluzione, a Pietroburgo lo zar partecipava alla cerimonia affacciato sulla Neva dalla scalinata detta appunto del Giordano, al Palazzo d’Inverno. Poplavskij rievoca con precisione il rito cui, evidentemente, aveva avuto occasione di assistere: Вот сегодня я вспомнил, что завтра крещенье, Но меня надоедливо душат сомнения. 45 Ibid. «С детcвтва интересовался мистикой, был страшно религиозен и остался» scriveva in una lettera del novembre 1930; e un mese dopo: «я в настоящее время колеблюсь – не бросить ли все, не посвятить себя исключительно религиозной философии» (POPLAVSKIJ 1996: 241-242). Scrive Magarotto (2006: 240): «La profonda religiosità di Poplavskij è ampiamente documentata dai suoi diari, da alcuni suoi articoli, dalle lettere, e dalle testimonianze dei contemporanei. In un suo libro recente Leonid Livak mette in dubbio la devozione poplavskiana ascrivendola piuttosto all’assunzione di droghe […], tuttavia ci pare difficile contestare quanto Poplavskij ha scritto nei suoi diari […]». 47 Il Battesimo di Cristo viene festeggiato dalla Cristianità ortodossa nel giorno in cui i cattolici celebrano l’Epifania, il 6 gennaio (secondo il vecchio stile, 19 gennaio secondo il calendario riformato). 46 28 Здесь, где кресточек опустят в поток, Неужели в сугробах устроят каток, Неужели, как прeжде, как в дивную старь, Пронесут золоченый огромный фонарь: И неcчетных церквей восковая дань Осветит на руках дьяконов Иордань? А когда-то над войском святого царя Пролетят огневые слова тропаря. А когда в топорами прорубленный крест Патриарх в облаченье опустит крест, Понесут по домам кувшины с водой, От мороза покрытые тонкой слюдой, Понесут вот не те ли, кто в цервки святой? В медальоне Антихриста голову вставили, А над ней херувимов лампаду вставили, И штыком начирикали: «Здесь Служите молебны мне».48 Ritorna la cera («восковая дань») e, per la prima volta, si affaccia l’immagine degli angeli («херувимов лампаду»), destinata a diventare un motivo centrale nell’opera di Poplavskij. Quanto all’apparizione dell’Anticristo nei versi finali, chiaramente connessa al tema della guerra (la baionetta, «штык» del v. 18), essa non risulta del tutto inattesa, anticipata com’è dalla rima «крещенье» (Battesimo) – «сомнения» (dubbi), vv. 1-2, e dalla rima interna paronomastica «тропаря» (tropario: nella liturgia ortodossa, inno monostrofico) – «топорами» (asce), vv. 10-11. Agli Stichi si richiama, per il tema dichiaratamente religioso e il tono di mesta disillusione che li ispira, Večernij blagovest (La campana del vespro), che ha per sottototitolo Stichi na molu (Versi composti sul molo): Вечерний благовест рассеянно услышал, Вздохнул о том, что новый день прошел, Что Бог усталый утром с лампой вышел И снова вечером, обидевшись, ушел. [...] Вечерний благовест замолкнул недовольно, Апостол Страсти надоедливый прошел, 48 POPLAVSKIJ 1996: 359. 29 И так я радуюсь, печально и невольно, Что с лампой Бог, обидевшись, ушел.49 La lirica fu probabilmente composta non molto tempo prima o dopo gli Stichi o Vodosvjatii; sembra confermarlo, oltre alle analogie tematiche, la ripresa dell’avverbio «надоедливо» (in modo importuno; «Но меня надоедливо душат сомнения»; Stichi o Vodosvjatii, v. 2) in Večernij blagovest: «Апостол Страсти надоедливый прошел» (v. 14). Nella seconda quartina della lirica, poi, è presente un rimando agli Stichi pod gašišem, composti nell’autunno del ’18 a Char’kov: Ну, написал бездарную буколику О голубых фарфорных пастушках50 Andando ben al di là dei toni dell’insoddisfazione adolescenziale, la riflessione in versi sul lavoro del poeta avrà un ruolo di primo piano nell’opera successiva di Poplavskij. Né mancano i riferimenti ad altri autori. In Večernij blagovest se ne osservano almeno due – uno esplicito, a Oscar Wilde, l’altro implicito, quanto decisivo: Мне хочется простого, как мычанья, И надоело мне метаться, исступленному, от инея свинцового молчанья К уайльдовской истерике влюбленности.51 Se l’isterismo amoroso di Wilde (motivo in parte derivato dalla lirica della sorella Natal’ja) è il modello da rifuggire, Majakovskij, evocato con il titolo della sua prima raccolta del 1916, Prostoe kak myčanie (Semplice come un muggito), appare ora quello da imitare. 1.4. Lasciata Char’kov, i Poplavskij avevano seguito l’Esercito dei Volontari in Crimea, dove nell’inverno, ricorda il padre, Boris Julianovič aveva debuttato come poeta leggendo alcuni suoi versi al Circolo letterario čechoviano di Jalta. Nel marzo 1919 ripararono a Costantinopoli: Там он целыми днями бродил по базарам, мечетям и кладбищам 49 POPLAVSKIJ 1996: 361. Ibid. 51 Ibid. 50 30 Стамбула. Упивался мечтательной красотой Золотого Рога; пропадал на Галатских пристанях. Часто переправлялся на малоазиатский берег, избороздив на «шаркетах» Босфор вдоль и поперек.52 Nel luglio 1919 le rinnovate speranze di successo dei Bianchi indussero padre e figlio a ritornare nelle terre dell’ex Impero russo: И опять Борису Поплавскому пришлось в тягостных условиях гражданской войны пережить памятные этапы: Новороссийск– Екатеринодар–Ростов-на-Дону.53 A Rostov Boris Julianovič partecipò ai Nikitinskie subbotniki (I sabati della Nikitina), serate letterarie organizzate da Evdoksija Nikitina.54 A questi incontri, come ricorda Nina Berberova, si ritrovava il fiore dell’emigrazione bianca dei tempi di Denikin.55 Poplavskij vi conobbe tra gli altri Georgij Štorm, all’epoca studente della facoltà di Lettere e Storia presso l’Università del Don e autore di versi (nel 1921 avrebbe pubblicato un poema intitolato Karma ioga; in seguito fu noto in Unione Sovietica come narratore e storico della letteratura). Boris Julianovič gli dedicò alcune poesie;56 Štorm, dal canto suo, ricorderà che trascorrevano insieme molto tempo nella biblioteca dell’Istituto nautico cittadino.57 Il fatto che nei mesi della guerra civile il giovane Poplavskij si dedicasse con totale abnegazione alla lettura – unica costante occupazione di Boris Julianovič anche a Parigi58 – trova conferma nelle memorie del padre59 e in un passaggio apertamente autobiografico 52 POPLAVSKIJ JU. [1935]: 78. Ibid. 54 E.F. Nikitina (1895-1973), letterata, autrice di una raccolta di poesie pubblicata a Rostov nel 1919, Rozy rassvetnye (Le rose dell’alba), era moglie dell’avvocato moscovita A.M. Nikitin, ministro menscevico del Governo Provvisorio, fucilato dai bolscevichi probabilmente nel 1920. A Mosca, dove erano stati organizzati per la prima volta (1914) e dove ripresero dopo il 1920, i «sabati» di E. Nikitina avrebbero goduto di larga fama per almeno due decenni. 55 BERBEROVA 1997: 183-184. 56 Si tratta di «Nebo uže obvalilos’ mestami» (dedicata a Štorm, fu pubblicata in «Radio» insieme con «Ja segodnja dumal o prošedšem», con il titolo Gerbertu Uellesu [A Herbert Wells]), e di Isterika isterik, testo del 1919 a tutt’oggi inedito, come informa H. Menegaldo (POPLAVSKIJ 2003: 155). Nel 1932 Boris Julianovič, in un momento di sconforto, compilò un testamento dove elencò, tra i nomi degli amici più cari, anche Georgij Štorm (si veda POPLAVSKIJ 1996: 67). 57 ČERTKOV 1986: 375. 58 «Он отказывался нe от работы, а от службы, хотел быть свободным для работы в библиотеках, для писания» ricorda la Stoljarova (POPLAVSKIJ 1996: 75). 59 «В Ростове-на-Дону Борис Поплавский все свое время посвящал чтению» 53 31 di Domoj s nebes: – [...] что ты, например, делал во время гражданской войны? – Никогда ни в чем не учавствовал, среди смятения отступления читал, открывал Ницше в Новороссийске, в козьем полушубке, был на луне и этим горжусь - всегда жил вне истории [...].60 Il «viaggio sulla luna» qui evocato ha un’origine letteraria e richiama il nome di un altro autore decisivo (con Nietzsche) nella formazione di Poplavskij: H.G. Wells. Lo lesse a Rostov,61 e a lui intitolò «Ja segodnja dumal o prošedšem» (Oggi pensavo al passato) e «Nebo uže obvalilos’ mestami» (Qua e là il cielo è già franato), i suoi primi versi editi, apparsi nell’almanacco «Radio» (Radio), pubblicato a Simferopol’ da Vladimir I. Sidorov,62 probabilmente nel 1920.63 Con lo pseudonimo di Vadim Bajan quest’ultimo appariva nelle stesse pagine come autore del «cosmopoema» Vselennaja na plache (L’universo sul patibolo), nonché nella riproduzione di un suo ritratto, opera di Majakovskij. Completava «Radio» un articolo, Avangard mirovogo ducha (L’avanguardia dello spirito universale), firmato da Marija Kalmykova, sorella di Bajan. L. Čertkov, cui si deve la prima pubblicazione di «Ja segodnja dumal o prošedšem», riferisce un’affermazione dello stesso Bajan, secondo il quale Boris Julianovič gli sarebbe stato raccomandato come «uno dei teppisti che gravitano intorno a Majakovskij».64 Con la sola eccezione di O bol’ševikach (Sui bolscevichi, 17 novembre 1920), su cui ci soffermeremo più avanti, in tutti e sei i testi di Poplavskij composti tra la primavera del ’19 e la fine del ’2065 finora noti è assente la punteggiatura; tre di essi, (POPLAVSKIJ JU. [1935]: 78). 60 POPLAVSKIJ 2000: 353. 61 Secondo la testimonianza di Štorm, riportata da Čertkov. 62 Grande estimatore prima di Severjanin e poi di Majakovskij, V.I. Sidorov (1880-1966), che viveva a Simferopol’ dal 1908, era proprietario di una tipografia, poeta in proprio e mecenate dei futuristi russi; fu tra l’altro l’organizzatore della tourneé poetica (cui parteciparono anche Severjanin e Majakovskij) nota come «Olimpiadi del futurismo russo», che tra il dicembre 1913 e il marzo 1914 toccò alcune città della Crimea. Negli anni della guerra civile continuò a partecipare attivamente alla vita letteraria, dando vita a una associazione letteraria e aiutando giovani poeti. 63 Si vedano ČERTKOV 1986: 376; POPLAVSKIJ 1996: 466-467; POPLAVSKIJ 2003: 155. L’almanacco non è datato. 64 ČERTKOV 1986: 377. 65 Vospominanija o serdce, Poema o revoljucii, «Ja segodnja dumal o prošedšem», «Nebo uže obvalilos’ mestami», «Drednouty v kil’vaternoj kolonne», «Segodnja ja poju prošedšuju veselost’». 32 inoltre, non seguono forme metrico-strofiche canoniche e non presentano rime.66 In due casi il giovane poeta dichiara nel sottotitolo il genere sperimentale al quale i suoi versi si apparentano: composta a Rostov agli inizi dell’agosto 1919, Vospominanija o serdce (Ricordi del cuore) viene indicata nel sottotitolo come Imažionističeskaja tragedija (Tragedia imagista), mentre Poema o revoljucii (Poema sulla rivoluzione), composto tra Costantinopoli e Novorossijsk, datato aprile 1919 – gennaio 1920,67 viene definito Kubosimvolističeskij solnden’ (Giornosole cubosimbolista). La «tragedia imagista»68 è incentrata sul tema amoroso, affrontato con toni già molto lontani dalla «уайльдовская истерикa влюбленности», e vicini invece a Majakovskij o David Burljuk: Из пепла осеней томительно печалных Недораcстрелянных недель восходит день Уж клики радостей мерещатся причальных «Накрашенный лицо свое раздень» Еще чеканят пулеметы серебром И хохотом ритмованы разрывы Петляют похоти таинственные взврывы Прибив пропеллером Адамово ребро Еще приходит бронированная ложь Стирать с подошв об радугу убитых Еще с предсердий не стащил калош Его величество Упитанный.69 66 Vospominanija o serdce, Poema o revoljucii, «Segodnja ja poju prošedšuju veselost’». Poplavskij rimase a Rostov, probabilmente, fino al dicembre 1919. Dopo la riconquista bolscevica della città, nel gennaio 1920, raggiunse col padre Novorossijsk e quindi seguì l’Esercito dei Volontari nella ritirata sino alla Crimea. Di lì sarebbero stati imbarcati alla volta di Costantinopoli sul finire dell’anno. 68 Nella definizione si può cogliere un’eco di Tragedija velikolepnogo otčajanija (La tragedia di una sontuosa disperazione), sottotitolo della raccolta poetica Večnyj žid (L’ebreo errante, 1916) di V.G. Šeršenevič, il cui nome sulla copertina era preceduto dalla qualifica di «имажинист». Si noti che Poplavskij usa qui l’aggettivo «имажионистический» come in Zelenaja ulica (La via verde, 1916) Šeršenevič, il quale teorizzava l’uso in poesia dell’immagine (come anche della forma e della parola) fine a se stessa, anticipando le future teorizzazioni poetiche del gruppo immaginista (di Esenin, Mariengof ecc.) sulla «словообраз», la «parola-immagine». 69 POPLAVSKIJ 2003: 33. 67 33 Sin dalle prime strofe Poplavskij mostra di avere assimilato la lezione cubofuturista: le immagini non appaiono più piegate a un uso descrittivo-metaforicoevocativo, ma si susseguono nel testo liberate dai nessi logici, costituendone esse stesse il tessuto narrativo. Il procedimento, ovviamente, è ancora scoperto, palese l’influsso diretto dei maestri.70 Non solo alcune immagini (come l’«Упитанный» del v. 12, affine ai pasciuti filistei che popolano i versi di Majakovskij), ma anche alcune intonazioni e metafore ricordano indubbiamente, sin dall’incipit («Недораcстрелянных недель восходит день»), il primo Majakovskij: Гладило извилины мозга мозолями Веки мои зокололо булавкой сказав «отдохни», А сам заорало назойливо «Эх, человек, вeки свои распахни» [...] Бога за мантию потяните» [...] Все Чтоб услышать Краткое «Поэт раздень твой лик» Поцеловав последний блик Сердце раздавил пяткою...71 Dal canto suo, l’aggettivo «imažionističeskij» nel sottotitolo del poema riporta alle eclettiche dichiarazioni di Vadim Šeršenevič che già nel 1916, in Zelenaja ulica (La strada verde), scriveva: Я по преимуществу имажионист, т.е. образы прежде всего. А так как теория футуризма наиболее соответствует моим взглядaм на образ, то я охотно надеваю, как сандвич, вывеску футуризма.72 Si richiama direttamente al cubofuturismo, come annotavamo più sopra, Poema o revoljucii. Cubofuturista è l’annuncio rivoluzionario dei primi versi («Знаете 70 Un altro testo (ancora inedito perché non completamente decifrato) composto da Poplavskij in questo periodo si intitola Isterika isterik. Opyt kuboimažionističeskoj rospisi futurističeskogo štandarta. È dedicato a G. Štorm, e contiene citazioni da Also spracht Zarathustra e da Kručenych (Si veda la nota al testo in POPLAVSKIJ 2003: 155). 71 POPLAVSKIJ 2003: 33-34. 72 ŠERŠENEVIČ 1916: 7. 34 сегодня революция / Сегодня Джек Лондон на улице / [...] Сегодня знаете, из зори молотом / Архангелов куют из топота», vv. 1-8), così come l’appello a «forgiare» il mondo nuovo («Куйте завтра веселее / Ту революцию/ Которая не будет потерянным зовом в тумане столетий», vv. 45-47), e come la contrapposizione di un soggetto lirico collettivo, «noi», a un «voi» nemico: Метнется к сoлнцу терпкий дух Аж зачихают с кровью Залпов Довольно роз без злых шипов не потому что вы творцы a потому что из бумаги завтра другие маги В ваши войдут дворцы [...] Знаете завтра В барабанной дроби расстрелов Начнемте новый завет Пожаром таким Чтобы солнце перед ним посерело и тень кинуло [...] Куйте завтра веселее ту революцию Которая не будет потерянным зовом в тумане столетий Которого назвали ругательством В логике ваших ...73 Nel Poema, in cui non mancano riferimenti religiosi (gli arcangeli al v. 7, «маги» al v. 25, e il «новый завет» al v. 35, che di nuovo riecheggia Majakovskij74), compaiono per la prima volta le bandiere: «Дышать учитесь скорбью зорь / Позор ночей пойдет на флаги» (vv. 9-10). Flagi sarà il titolo di una lirica del 1928, inclusa nell’unica raccolta edita in vita, intitolata anch’essa Flagi (1931): [...] Трубный голос шамкал над бульваром, На больших шестах мечтали флаги. 73 POPLAVSKIJ 2003: 35-36. Per un’analisi approfondita del tema religioso in Majakovskij si rimanda a DE MICHELIS 1975. 74 35 Им казалось море близко где-то, И по ним волна жары бежала, Воздух спал, не видя снов как Лета, Всех нас флагов осеняла жалость. [...] Первым блещет флаг над горизонтом И под вспышки пушек бодро вьется И последним тонет средь обломков И еще крылом о воду бьется. Как душа, что покидает тело, Как любовь моя к Тебе. Ответь! Сколько раз Ты в летний день хотела Завернуться в флаг и умереть.75 Immagini di bandiere torneranno costantemente nei versi di Poplavskij, da Duch muzyki (Lo spirito della musica), apparsa in «Volja Rossii», con la data 1929 (poi in Flagi, datata 1930): [...] На зовы труб, над пропастью авгурной, С крылами ярких флагов на плечах, Прошли танцоры поступью бравурной, Как блеск ракет блуждающих в ночах. Они смеялись, плакали, грустили.76 a Flagi spuskajutsja (Si abbassano le bandiere, 1931; inclusa nella raccolta postuma Snežnyj čas, 1936), dove l’immagine della bandiera si fonde con quella dell’angelo: [...] Под дождем промокший, ангел флагов Продолжал склонятся над толпой. [...] Спи. Забудь. Все было так прекрасно. Скоро, скоро над Твоим ночлегом 75 76 POPLAVSKIJ 1999: 62-63. POPLAVSKIJ 1999: 84. 36 Новый ангел сине-бело-красный Радостно взлетит к лазури неба. 77 Nel lungo capitolo del suo Raskolotaja lira (La lira in frantumi)78 dedicato alla poesia di Poplavskij, Aleksej Čagin suggerisce che il motivo della «bandieraanima», dominante in Flagi, possa derivare da un verso di Majakovskij: «Это я / сердце флагом поднял» (Čelovek, L’uomo, 1916-17). È più che plausibile che Poplavskij conoscesse già il poema ai tempi di Kubosimvolističeskij solnden’, nel suo periodo di massima vicinanza a Majakovskij.79 Ma all’elaborazione del motivo concorrono, come è stato osservato, almeno altri due poeti decisivi per la formazione di Boris Julianovič, ovvero il Blok di Vzmor’e (Il litorale, 1904) e il Rimbaud di Barbare (uno dei più misteriosi poemi in prosa delle Illuminations, 1874). Più in generale, nella prosa come nei versi l’immagine della bandiera ricorrerà soprattutto in rievocazioni di feste popolari estive («лето, лето, самое метафизическое время»80), come quella del 14 luglio.81 Ed è nel romanzo Apollon Bezobrazov che la bandiera verrà esplicitamente indicata come modello ideale di una esistenza immobile, massimo segno della nobiltà d’animo: Сохранение неподвижности [...] было особой мистической модой тех лет – созданная Аполлоном Безобразовым и усвоенная всеми нами [...]. Аполлон Безобразов удивительно умел говорить о ней, он любил ее и считал самым важным признаком душевного благородства. Но не о полной неподвижности и небытии, а о иной, подобной жизни флагов на башнях, во время которой медленно зреет и повторяется какой-то глубинный и золотой процесс.82 77 POPLAVSKIJ 1999: 145-146. ČAGIN 1998: 171. 79 Per consolidare la propria ipotesi, Čagin cita l’autodefinizione di Poplavskij «Долгое время был резким футуристом» (riferita agli anni parigini tra il 1922 al 1927, si veda infra, 4.2 e sgg.), attribuendola al periodo precedente l’emigrazione. 80 Apollon Bezobrazov (POPLAVSKIJ 2000: 65). 81 L’angelo-bandiera di Flagi spuskajutsja, con i suoi colori, blu, bianco e rosso, evoca tanto la bandiera francese esposta durante la festa nazionale, quanto i colori della bandiera (norvegese, secondo alcuni interpreti, francese secondo altri) evocata da Rimbaud in Barbare: «Le pavillon en viande saignante sur la soie des mers et des fleurs arctiques» (RIMBAUD 1973: 350). 82 POPLAVSKIJ 2000: 141-142. 78 37 Ne parlaremo più avanti, e ritorneremo anche sulla fondamentale figura dell’angelo;83 per ora fermiamoci ancora sui versi d’esordio di Poema o revoljucii per sottolinearvi l’esplicito richiamo alla tradizione rivoluzionaria: Знайте сегодня революция Сегодня Джек Лондон на улице Jack London fu molto amato in Russia all’inizio del Novecento, soprattutto dai rivoluzionari; tra gli altri, Trockij, Lenin, Lunačarskij giudicavano una delle più alte opere della letteratura socialista Iron Heel (1907, apparso in traduzione russa nel 1912), romanzo antiutopico ispirato dal fallimento della rivoluzione russa del 1905 e dalla sua repressione. Nel marzo 1918, dal romanzo Martin Eden Majakovskij trasse la sceneggiatura del film Ne dlja deneg rodivšijsja (Nato non per il danaro),84 nel quale recitò con D. Burljuk e V. Kamenskij. È lo stesso Martin Eden che (con Pečorin e Byron) appare come una figura ideale di riferimento nel diario berlinese di Poplavskij (1922). Il pioniere del romanzo fantascientifico che avrà la sua consacrazione nell’orwelliano 1984 non è l’unico rappresentante di questo genere letterario a essere citato dal giovane Poplavskij. Oltre a quello di London, troviamo infatti (nella già ricordata Karavany gašiša del 1918) il nome di Francis Bacon, il filosofo inglese autore della Nuova Atlantide, primo esempio di testo utopico (nella variante tecnico-scientifica), capostipite del filone che avrà in H.G. Wells il suo massimo rappresentante. Quanto allo stesso Wells, come già dicevamo, Boris Julianovič poté leggerlo a Rostov, e ne rimase così colpito da dedicargli i suoi versi. Non si trattò di un influsso temporaneo: immagini, figure e termini dei romanzi di Wells ritorneranno nell’opera di Poplavskij. È il caso, in primo luogo, del motivo del viaggio interstellare che, affacciatosi nei testi del 1919, si manterrà costante in 83 Si veda infra, 3.4. e sgg. Come ricorda V.A. Manujlov (1984), «С 12 февраля по начало мая 1918 года Новочеркасск находился в руках красных войск. Сообщение с Москвой и Петроградом было очень затруднено, но все же мы не были совсем отрезаны от центра. Видимо, в эти месяцы мне посчастливилось впервые увидеть Маяковского... на экране. В кинематографе “Пате” демонстрировалась каким-то образом попавшая в Новочеркасск картина “Не для денег родившийся”, только что снятая по сценарию Маяковского фирмой “Нептун”. Маяковский играл в этом фильме главную роль поэта Ивана Нова. Впрочем, не исключено, что эту картину показывали позднее, уже при белых, которые к Маяковскому относились резко отрицательно, но могли недоглядеть, и его фильм как-то проскочил на экраны “Всевеликого войска Донского”. [...] Как гласил один из заглавных титров, это была инсценировка романа Джека Лондона “Мартин Иден” “в понимании Маяковского”». 84 38 tutta la sua produzione poetica. L’amore per l’autore della Guerra dei mondi è uno degli elementi che legano il giovane poeta ai futuristi russi: com’è noto, il budetljanin Chlebnikov, «Velimir I re del tempo», aveva cooptato Wells tra i sette marziani (Chlebnikov stesso e altri giovani budetljane) del proclama Truba marsian (La tromba dei marziani, 1916): Мы зовeм в страну, где говорят деревья, где научные союзы похожи на волны, где весенние войска любви, где ВРЕМЯ ЦВЕТЕТ КАК ЧЕРЕМУХА и двигает как поршень, где зачеловек в переднике плотника пилит времена на доски и как токарь обращается с своим завтра. [...] Мы идем туда юноши и вдруг кто-то мертвый [...] мешает нам вылинять из перьев дурацкого СЕГОДНЯ. Разве это хорошо? Государство молодежи, ставь крылатые паруса времени; перед тобой второе похищение пламени приобретателей.85 Rinvenuta manoscritta a Mosca da L. Čertkov, che la pubblicò nel 1986,86 e quindi riedita da H. Menegaldo in due varianti,87 «Ja segodnja dumal o prošedšem»88 mostra alcuni elementi più «tradizionali» rispetto al Poema cubosimbolista e alla Tragedia immagista: la scansione strofica, la rima, la struttura circolare (il v. 1 della I strofa si ripete senza variazioni all’inizio della V strofa). Dal futurismo, oltre all’«aerobus» del v. 4, o gli stessi «marziani» del v. 19, viene il tenace gusto blasfemo. Ai vv. 2-3, «И казалось что нет исхода / Что становится Бог сумашедшим» (riecheggiati nell’ultima strofa ai vv. 18-19: «Так что же для нас сумашедших / Из книжек Уэллеса вылезут новые марсияне») il sostantivo «Бог» venne sostituito con «мир» dallo stesso Bajan nel suo almanacco, per evitare problemi con la censura dei Bianchi.89 Ma la sintassi regolare rende difficile concordare appieno con Čertkov là dove afferma che nel poema sia sensibile l’influsso del primo Majakovskij:90 Я сегодня думал о прошедшем 85 CHLEBNIKOV 2004: 151. Come precisa Čertkov, «Мне удалось обнаружить в Москве первый короткий рукописный вариант этого обширного стихотворения, украшенный характерными для Поплавского тех лет фантастическими рисунками» (1986: 376). 87 Rispettivamente in POPLAVSKIJ 1996: 364 e POPLAVSKIJ 2003: 40. 88 Pur priva di punteggiatura nella versione pubblicata dalla Menegaldo nel 2003. 89 Si veda ČERTKOV 1986: 376. 90 ČERTKOV 1986: 375-376. Va tuttavia ricordato che lo studioso disponeva di un’altra variante del testo. 86 39 И казалось что нет исхода Что становится Бог сумаcшедшим С каждым аэробусом и теплоходом [...] Стройтельной горести истерика Изчезновенье в лесах кукушек Так знайте ж теперь в Америке Больше не строят пушек Я сегодня думал о прошедшем Но его потускнело сиянье Так что же для нас сумашедших Из книжек Уэллеса вылезут новые марсияне91 Nella seconda strofa, ad esempio, forse più di Majakovskij risuonano ancora echi della poesia della sorella Natal’ja: Жизни вино примелькается В похоти сыщете ль нового Чтоб истерически каяться В песнях безумья багрового92 Notiamo qui, per inciso, come il sostantivo più ricorrente nelle liriche di Poplavskij tra la fine del 1918 e il 1919 – comparabile, forse non a caso, con il «кокаин» del gruppo di liriche precedenti, composte a Mosca e Char’kov, – sia «истерика» con i suoi derivati: qui troviamo «истерически» al v. 7, «истерика» al v. 13; nella già citata Oda na smert’ Gosudarja Imperatora, «в истеричном году», v. 7, «истеричный», v. 8; in Večernij blagovest, «истерика», v. 12. Anche in «Nebo uže obvalilos’ mestami», troviamo «истерика», v. 14, oltre ai semanticamente vicini «безумье», vv. 12 e 32 (cfr. «сумашедший», ai vv. 3 e 19 di «Ja segodnja dumal») e «конвульсии», v. 9. Un tratto commune caratterizza tutte queste prime prove: il migrare da un testo all’altro di alcuni motivi. Lo abbiamo visto nel «ciclo» di Mosca e delle droghe, poi nei poemi «cubofuturisti»; Poplavskij non teme la ripetizione, si autocita e appare già concentrato su un nucleo costante di immagini dalla particolare concretezza visionaria. Nella IV strofa di «Nebo uže obvalilos’», per esempio, si ripetono verbi, sostantivi e, in genere, l’ambientazione stessa della II strofa di «Vospo91 92 POPLAVSKIJ 2003: 40. Ibid. 40 minanie o serdce», da cui vengono «взрывы» e «петляют» (v. 7); nella III, invece, ricompaiono motivi di Poema o revoljucii: si confronti «в саване копоти» (v. 13) con «в облаке кoпоти» (v. 4 del Poema), e se in quest’ultimo c’è il martello degli arcangeli («из зори молотом / Архангелов куют», v. 7), si ritrovano invece casette di angeli («aнгелов домики») in «Nebo uže obvalilos’ mestami». Soffermiamoci ancora su «Nebo uže obvalilos’ mestami». In questi versi, dedicati originariamente all’amico Štorm, l’influsso di Majakovskij è certamente notevole nelle immagini (molte delle quali di ispirazione wellsiana) e, qua e là, nell’intonazione, nell’andamento sintattico: От взрывов в воздухе петляли подъемники Грохоты с ревами дрались мостами Разорванные трубы чугунными устами Плевали для пламени бесконечные объемы А мы на ступенях столетий столпившись В брошенных ложах небеснаго притча В рупоры залов и в трубы фабричныя Выли и были сердцем толпы Будем швырятся веками картонными Бога отыщем в рефлектор идей По тучам проложим дорогу пантонную93 К солнцу свезем на моторе людей [...] Это вы заставляете душу за шиворот Ручищей безумья хватать.94 Ancora più evidente appare – nei motivi della rivolta delle cose, della rovina della civiltà – l’influsso di Chlebnikov. Čagin accosta, in particolare, i versi di «Nebo uže obvalilos’ mestami» a quelli dello «сверхпоэма» di Chlebnikov Azy iz Uzy, che tuttavia sarebbe stato elaborato nella primavera–estate del 1920 a Char’kov, 93 Qui, probabilmente, per «пoнтонную», nel significato di «ponte (via) galleggiante», «ponte di barche». Scrive in proposito L. Livak: «The poem fuses symbolist and futurist esthetics. The image of a celestial path recalls Vladimir Solov’ev’s and Nikolai Fedorov ideas, ineritated by the symbolists. Both believed in the creation of a real bridge (pontifex) between heaven and earth and in the resurrection of human nature» (LIVAK 2003: 48). 94 POPLAVSKIJ 2003: 41-42. 41 quando Poplavskij aveva già pubblicato il suo testo.95 Rimane, in ogni caso, una notevole contiguità tematica. Accanto a quello di Chlebnikov e Majakovskij si avverte un altro possibile influsso, non futurista: quello di Aleksandr Blok. Nella lirica che stiamo esaminando segnaliamo, in particolare, l’aggettivo «картонный» (di cartone, riferito a veki [secoli]), che ricorre anche in «Ja vam pišu iz golubogo Simferopolja» (riferito ai pioppi, v. 3) e nella variante pubblicata da Čertkov di «Ja segodnja dumal o prošedšem» (come attributo di «игрушка», v. 12, sostituito da «железный» nella variante pubblicata nel 2003): una citazione, non sappiamo quanto deliberata, del Balagančik blokiano, trasportata nel mondo dell’utopia futuristica. In «Drednouty v kil’vaternoj kolonne» (Le corazzate in linea di fila96) è ancora più esplicito il richiamo al Blok autore di «Ty pomniš’? V našej buchte sonnoj» (Ricordi? Nella nostra sonnolenta baia, 1911), del quale Poplavskij cita i versi: «Когда кильватерной колонной / Вошли военные суда».97 E dalla stessa lirica del grande simbolista (in particolare dai vv. 19-20: «Случайно на ноже карманном / найди пылинку дальних стран») derivano le immagini di terre lontane evocate in questa poesia da Poplavskij («Я с ними сердце отсылаю в Гаити / [...] А может быть от моряков в Триесте / Оно сумеет танцевать макао / Кажется взять человека с улицы / На моране свезти в Гваделупу, vv. 3-10). A evocare un clima esotico contribuiscono i molti forestierismi («дредноуты», forma russificata nella grafia di dreadnought, v. 1, «макао», v. 6, in rima con «какао», «кабриолет» v. 16, «коньяк», v. 22, «баркаролла», v. 32), già lontani da quelli impiegati da Boris Julianovič, sotto l’influsso della sorella e di Severjanin,98 nelle sue primissime liriche: qui, infatti, non vengono impiegate per evocare ambientazioni mondane, qui incombe la guerra, come nei versi di Blok: Вчера Новороссийск подвальная квартира Сторожевое щупальце мола Сегодня скатерть черноморя мола 95 «Тексты, вошедшие в эту “сверхпоэму”, написаны в Харькове, в основном весной и летом 1920 г. Тогда же возникла идея их объединения: назв. “Азы из Узы” зафиксировано в рукописи лета 1920 г.» (CHLEBNIKOV 1986: 695). 96 In POPLAVSKIJ 2003 il testo è datato «primavera 1919». 97 BLOK 1997: III, 96. 98 Pur prendendo sempre più le distanze da Severjanin, Poplavskij non cesserà mai di ammirarne il talento. Scriverà nel 1931 (in O smerti i žalosti v «Čislach» [Sulla morte e la pietà in «Čisla»]: «как хорошо, что вокруг нас нет уже восторженных оптимистов, вроде Северянина, хотя и жалко, что чрезвычайно мало и таких дарований» (POPLAVSKIJ 1996: 264). 42 Вместить Галлиполи утыканный мортирами А лунный камень мраморнаго моря Слепая палуба неслышно расколола [...]99 Non mancano infine, in questo testo così rappresentativo dell’apprendistato di Boris Julianovič, impegnato ad assimilare e conciliare molteplici suggestioni poetiche, dall’ego al cubofuturismo, da Blok alla sorella Natal’ja, immagini fortemente provocatorie e di chiara ispirazione cubofuturista («О если б вы не растеряли взглядов / Слюну в плевательницах интeресных лиц», vv. 17-18). Nella chiusa l’omaggio a Majakovskij è esplicito: А когда нарумяненный сердца закатом Через праздники вечера поеду в ночь Кровавое небо размажу плакатом [...] а я лучи причесав на пробор перелезу где нибудь через горизонта стену.100 Considerate le circostanze storiche in cui il poeta viveva e componeva, «под грoзою катасроф»,101 non sorprende che i temi dominanti, in «Drednouty v kil’vaternoj kolonne» come in pressoché tutte le prime prove, siano il viaggio e la guerra. Già sottesi nelle due liriche ispirate a H.G. Wells, essi ritornano anche nelle ultime poesie edite risalenti a questi anni: in «Segodnja ja poju prošedšuju veselost’» (Oggi io canto la passata allegria) Сегодня я пою прошедшую веселость Архипелаг надежд у горизонта лет И неба синий зонт что нес июль отлет Сегодня а потом зубцами батерей Иззубрю край холмов по чертежу окопов И рокот родостный прославит плачь и хохот Колеса пушек как колеса лотерей Уйду услышав пулумета барабан Качнусь за облако перешагну за гору [...]102 99 POPLASVKIJ 2003: 44. Ibid. 101 «Segodnja ja poju prošedšuju veselost’», v. 18 (POPLAVSKIJ 2003: 45). 102 POPLAVSKIJ 2003: 45. 100 43 e in O bol’ševikach: Но серые тучи насилия На небо ползут городов. Самые горем сильные Будут средь первых рядов. [...] А просто вы сказали: «Мы живем на громадном вокзале». ... Вы сволочь и есть.103 1.5. Nella capitale dell’Impero ottomano i Poplavskij erano già stati dal marzo al luglio del 1919. Tornarono nella Istanbul occupata dagli alleati nel novembre del 1920, dopo la definitiva vittoria dell’Armata Rossa, quando vennero evacuati dalla Crimea insieme con ciò che restava dell’Esercito dei Volontari. Alle ondate di profughi civili che arrivavano via mare a Costantinopoli-Istanbul dalla Russia si aggiunsero allora oltre 120.000 persone,104 in larga maggioranza militari con le famiglie. In attesa che si decidesse la loro sorte,105 i soldati di Vrangel’ vennero internati nei campi allestiti dai francesi a Gallipoli, nelle caserme dell’isola di Lemno (controllate dagli inglesi), nelle Isole dei Principi; i civili restarono invece in città, dove si diedero da fare con ogni mezzo (vendendo ciò che avevano portato con sé nella fuga, insegnando lingue, aprendo locali, svolgendo anche mansioni umili o dedicandosi a meno lecite ma più lucrose attività) per ottenere il visto che avrebbe permesso loro di raggiungere i paesi europei. Il centro della vita dei profughi, che ben presto si guadagnarono fama di corruttori dei costumi («agenti del vizio e della dissolutezza [...] più pericolosi e distruttivi della sifilide e dell’alcol»106) si trovava nella vivace Grande Rue, affollata di caffé e ristoranti russi, a Pera, il quartiere cosmopolita di Costantinopoli. Lì aveva sede l’ambasciata russa, e lì si insediò il governo dei Bianchi in esilio. Poplavskij ne rievoca il clima da «balletto 103 Con la data 17 novembre 1920, la lirica è pubblicata in POPLAVSKIJ 1996: 360. I dati del Comando russo indicano al 5 aprile 1921 la cifra di 120.388 persone (si veda IPPOLITOV–NEDBAEVSKIJ–RUDENCOVA 1999: 11). 105 Per Vrangel’ e il suo esercito si sarebbe dovuto trattare di una pausa in vista della riorganizzazione, prima di tornare a combattere contro i Rossi; il governo francese, invece, considerava conclusa ogni alleanza con il Generale e il suo governo. 106 Da una petizione al governatore di Costantinopoli del 1923, cit. in MANSEL 2003: 377. 104 44 di folli»,107 insieme dissoluto e disperato, danse macabre di volti imbellettati che competono col carminio della sera, nei versi di Pera, composta probabilmente sul finire del 1920: За столиком кафе накрашенные лица Безмолвный смех и шопот ярких губ А здесь прощается усталая столица С кармином вечера за частоколом труб Мне нравятся ноябрьские тени Огни кафе на мокрой мостовой Где как цветок заокеанскаго растения Качается фонарь в автомобильном вое И чьих то глаз накрашенная наглость И чьих то губ кричащая тоска A город стелется как колоссальный атлас Рекламных грез и завитринных сказок Я прилетел из бешенной страны Где на бульварах пушечный лафет Но в ликах улицы я слышу быстрый бег Растущих волн грядущих наводнений [...] Неужто будут здесь как в брошенных столицах Не внемля рокоту им непонятных строф До самой двери сумаcшедших катастроф За столиком шептать накрашенные лица.108 Nel febbraio del 1921 il giovane poeta avrebbe letto questa poesia, insieme con la già ricordata «Nebo uže... », nel corso di un recital organizzato al Russkij majak (Faro russo).109 Tra le organizzazioni prerivoluzionarie, come lo Zemsojuz (Unione dei rappresentanti degli zemstva e dell’Unione delle città), che si erano ricostituite in un primo tempo presso l’Esercito dei Volontari e quindi all’estero, per prestare aiuto alle migliaia di profughi che nell’esodo avevano perduto tutto, agli inizi del ’20 era stata riorganizzata anche la filiale russa della YMCA (Young Men Christian Association) di Pietrogrado, che a Costantinopoli conservò il nome rus- 107 La definizione è dello scrittore G. Theotokas, greco di Costantinopoli (MANSEL 2003: 376). 108 POPLAVSKIJ 2003: 47-8. 109 Dal Diario di Costantinopoli (POPLAVSKIJ 1996: 127). 45 so «Маяк».110 Qui alle famiglie dei profughi venivano offerti aiuto medico, vestiti e generi alimentari di prima necessità, per i bambini e i ragazzi erano organizzati corsi scolastici, biblioteche, concerti serali, una mensa, gruppi scout.111 Al Majak – «нечто вроде литературного-просветительского русского клуба, открытого русскими беженцами на улицы Бруссы, где собиралась вся беженская молодежь и белая интеллигенция, ее военные круги преимущественно»,112 – il diciassettenne Boris Poplavskij trascorse molto del suo tempo leggendo, ascoltando conferenze e concerti, entrando a far parte di un gruppo scout (ne avrebbe orgogliosamente indossato la divisa anche a Parigi), come registrò nel diario che tenne a Costantinopoli113 e del quale si sono salvati in maniera fortunosa, come del resto gran parte di quanto scrisse, alcuni frammenti.114 1.6. Per tutta la sua breve vita Poplavskij avrebbe tenuto diari, anche più d’uno contemporaneamente. Di questi solo una piccola parte – riflessioni sulla natura dell’arte, sulla filosofia e la religione, datate 1928-35 – venne pubblicata nel 1938 da Tatiščev;115 nel 1996 e nel 2001 sono apparsi in volume altri brani, relativamente ampi ma tutt’altro che esaustivi, datati 1921-1935 e con un’interruzione tra 110 GUS’KOV 1999. Così GUS’KOV 1999. A.V. Okorokov (2000: 36-37) afferma invece che gruppi scout sarebbero stati finanziati da YMCA solo a Charbin, mentre a Costantinopoli, e in particolare nelle Isole dei Principi, l’Organizzazione degli scout russi all’estero sarebbe nata nel 1920 per iniziativa del colonnello O.I. Pantjuchov dell’Esercito dei Volontari, dal 1919 dirigente della Vserossijskaja organizacija skoutov (Organizzazione panrussa degli scout). 112 ILIAZD 2005, p. 158-159. 113 Pubblicato in POPLAVSKIJ 1996: 124 e sgg. 114 Si veda la nota al Diario di Costantinopoli, in POPLAVSKIJ 1996: 437 e sgg. 115 Nella recensione che ne diede (in «Sovremennye zapiski», 68, 1939), Nikolaj Berdjaev giudicava i Diari un libro «очень замечательна и очень поучительна. Это книга не о духовной жизни, а о психологии духовной жизни». Osservava inoltre il filosofo: «Б.П., который был настоящий страдалец, в значительной степени есть жертва стремления к святости, к ложно понятой максималистической святости. Святость для него была прежде всего необыкновенностью, она должна была увести его от реальности [...]. Он хотел бы достигнуть экстаза. Не достигая экстаза, он бежит от Бога и потом опять возвращается к Богу». E a proposito del saggio di Boris Julianovič O substancial’nosti ličnosti (Sulla sostanzialità della personalità), pubblicato insieme con i diari nel 1938, Berdjaev affermava: «Статья эта имеет большие формальные недостатки, в ней нет конструкции, это не написанная статья. Но она свидетельствует о философской одаренности Поплавского, в ней есть тонкие мысли» (Berdjaev [1939]: 150 e passim). 111 46 il 1923 e il 1927.116 Grazie a queste due ultime edizioni si può cogliere il carattere composito dei diari, nei quali Poplavskij annotava gli impegni professionali (lezioni da seguire all’università, letture da tenere, testi da consegnare a giornali e riviste, talvolta commentandoli: «вчера искалечили “Лунный дирижабль” в “Последних новостях”. Сволочи, 36 франков – и сколько горя. Ничего, внутри все золотое»),117 il lavoro sui testi poetici («целый день с Диной стихи переписывал, наслаждаясь домом и холодом за окном [...]118) e in prosa, ma anche vicende quotidiane (liti con la madre, sporadici tentativi di trovare una occupazione), incontri con amici, donne, altri poeti e scrittori dell’emigrazione, visite ai musei, serate nei caffè. Sempre attenta alle luci del paesaggio parigino («выходя из “Селекта”, прямо физически поцеловал зарю, которая, к сожалению, была очень краткой»119), scandita in frasi brevi, anche la prosa diaristica di Poplavskij restituisce l’immediatezza della percezione. Dai diari scopriamo i turbamenti amorosi che agitano il giovane poeta, i vizi ai quali indulge (le droghe, talvolta l’alcol), l’inquietudine, la disperazione («Et encore une fois je fais connaissance avec le désespoir, je devrais déjà y être habitué»120) l’angoscia («le terreur persistante, l’angoisse sans cause, le noir ennui»121) che lo prostra per giorni interi rendendolo incapace di lavorare («страшный пустой день»;122 «целый день то спал, то просыпался, вечером болен совсем от этого»;123 «Утром плохо работал, делал глупое стихотворение и переписывал театральный журнал»124), la «nevrosi, nevrosi e nevrosi»125 che lo affligge (costringendolo, tra l’altro, a portare sempre occhiali scuri per nascondere gli occhi126), i buoni propositi che difficilmente riesce a rispettare («Рождество расцветает над лоном печали. Но нет, мне не будет грустно, я больше не хочу грусти, мне грустно от грусти и стыдно 116 In POPLAVSKIJ 1996 e VIŠNEVSKIJ 2001. VIŠNEVSKIJ 2001: 161. 118 VIŠNEVSKIJ 2001: 179. 119 VIŠNEVSKIJ 2001: 193. 120 POPLAVSKIJ 1938: 49. 121 Ibid. 122 VIŠNEVSKIJ 2001: 222. 123 VIŠNEVSKIJ 2001: 179. 124 VIŠNEVSKIJ 2001: 193. 125 POPLAVSKIJ 1938: 51. 126 Scriveva Poplavskij in un abbozzo di autoritratto, composto nell’aprile 1928: «Особые мои приметы: невроз, не позволяющий смотреть в глаза людям» (POPLAVSKIJ 1996: 68). 117 47 грустить»127), la ricerca di conforto nella preghiera («остается только молитьcя о благодати»),128 nella lettura e nella meditazione («вчера читал Малларме и изумительно медитировал. Решил, что надо писать о религии»129). Non mancano riflessioni sulla politica, la Russia, la vita sociale e letteraria dell'emigrazione parigina; ampio spazio è dato alle considerazioni sulla natura dell’arte e alle riflessioni sulla propria arte. Il tono di queste ultime è in genere sconsolato («Как грустно, только что написал и уже сомневаюсь: хорошо ли, не словесно ли очень, не слишком ли понятно, не слишком ли мало, и сумерки уже ползут вместе с треском мотоциклета, писком часов, шепотом за стеной»130), raramente baldanzoso: «Читал Мореллу», scrive nel febbraio 1930 riferendosi a una delle sue liriche più famose tra i lettori della diaspora, «чуть не плакал, думал, что с ней я могу надеяться быть великим поэтом. Еще тридцать Морелл – и можно спать».131 «Тосковал, не смог написать никаких стихов. Зато “Аполлон Безобразов” – ничего себе»132 annotava qualche mese più tardi a proposito del suo primo romanzo, cui lavorava dal 1926 e che avrebbe concluso nel 1932. E ancora troviamo giudizi letterari, citazioni dagli autori amati (Rozanov, Dostoevskij, Blok, Belyj, Rimbaud, Lautréamont, Céline, Proust), di amici e colleghi. Al pari della sua prosa e non raramente della sua poesia, anche i diari di Poplavskij hanno un marcato andamento dialogico. Come è stato osservato: Важная особенность творческого метода Поплавского – постоянно возникающий в его произведениях внутренний диалог, при котором может присутствовать случайный собеседник, чья роль всегда пассивна; он – лишь эхо, отражающее речь поэта [...]. [...] поэт постоянно беседует с самим собой, обращается к любимой женщине или взывает к Богу.133 Questa forma esplicita di dialogo interiore si rivela con particolare evidenza nelle sezioni dei diari dedicate alle due giovani donne che, insieme con Dina Šrajbman 127 VIŠNEVSKIJ 2001: 335-336. POPLAVSKIJ 1938: 33. 129 VIŠNEVSKIJ 2001: 188. 130 POPLAVSKIJ 1996. 95. 131 VIŠNEVSKIJ 2001: 192. 132 VIŠNEVSKIJ 2001: 217. 133 POPLAVSKIJ 1996: 449-550. 128 48 (e a sua sorella, la pittrice Ida Karskaya134), ebbero grande importanza nella breve vita di Boris Julianovič. Si tratta di Tat’jana Šapiro, «бедная буржуазная девочка» che gli appare ora come «божественный ребeнок» ora nelle vesti di «прекрасная дама», e per la quale scrisse Dnevnik T. (Il Diario di T., ottobre 1927-gennaio 1928135), e di Natalija Stoljarova («не девочка, а сущий кентавр, чистый зверь-дух»136). Conosciuta nel 1931, quest’ultima gli fu vicina fino a quando scelse di partire per l’URSS, nel dicembre 1934; a lei sono dedicati il quaderno O svobode (La libertà) e il ciclo lirico Nad solnečnoju muzykoj vody (Sulla solare musica dell’acqua). Nemmeno l’inappagato bisogno di autointerrogarsi basta, tuttavia, a spiegare la mole di appunti diaristici, ai confini con la grafomania, prodotta da Poplavskij: la minuziosa autocontemplazione va ben oltre l’esibizione di sé quasi sempre implicita nel journal intime. Perché il giovane annota tutto, anche le cose più terribili e meno edificanti? Interrogato da Tatiščev risponderà: «Pour pouvoir contempler toute ma laideur».137 In effetti, Poplavskij coltivò consapevolmente il diario come particolare genere letterario (caratterizzato dall’informità, dalla deliberata assenza di controllo nei contenuti e nello stile) rivolto anch’esso a dei lettori, a un pubblico: Перечитывал [дневник] сегодня за закрытыми ставнями. Много моего все-таки здесь, но слишком все невнимательно написано, но что это такое? Дневник для читателя, но для этого надо быть знаменитым.138 Tuttavia egli non era famoso, né poteva sperare di divenirlo: per quanti colti lettori contasse «в центре микроскопического кипения парижской литературной России»,139 negli angusti confini della Russia-out-of-Russia,140 essi erano sempre infinitamente pochi rispetto al pubblico perduto per sempre, da lui come da tutti 134 Così firmava le sue opere Ida Šrajbman (1905-1990): con il cognome del marito (l’amico di Poplavskij Sergej Karskij, che negli anni Trenta abbandonò la pittura per darsi al giornalismo) traslitterato alla francese. 135 La Šapiro tornò in URSS con la famiglia pochi mesi più tardi. 136 POPLAVSKIJ 1996: 201. 137 TATIŠČEV [1938]: 97. 138 POPLAVSKIJ 1996: 111. 139 Con queste parole Poplavskij definiva Montaparnasse nel maggio 1934 (VIŠNEVSKIJ 2001: 378). 140 Così suonava il titolo di uno dei primi studi dedicati al fenomeno dell’emigrazione russa: The Homesick Million. Russia-out-of-Russia, di W.H. Huntington (Boston 1933). 49 gli scrittori e poeti in esilio: […] эмиграция есть разлука с любимой, а жена – публика – аудитория в России, то есть сама Россия – жена разошедшая со своим мужем, разлучница, изменившая с талантливым проходимцем, но все же любимая.141 L’ipertrofia della scrittura diaristica ha probabilmente condizionato alcune interpretazioni che di Poplavskij sono state date: «Все то, что писал он, почти дневник. Но дневник все-таки для себя» affermava Tatiščev nel 1938.142 Crediamo che, in generale, non sia corretto leggere come «diario di un’anima» la poesia, e in particolare la poesia e la prosa di Poplavskij.143 Non fosse altro perché coltivò in modi profondamente diversi i diversi generi letterari: non rielaborava il diario – e infatti alla rilettura spesso lo trovava informe, non rifinito – mentre sottoponeva a continue revisioni e correzioni i testi letterari. La deliberata inclusione di materiali autobiografici nelle prose e il ricorso al modello del diario nei romanzi rientrano in una precisa strategia di stilizzazione letteraria, peraltro non rara negli anni Venti e Trenta anche tra gli scrittori émigrés. Ma la distinzione tra i generi è sempre chiaramente fissata in Poplavskij. Nel febbraio 1928, mentre lavorava al suo primo romanzo, scriveva a Il’ja Zdanevič: Все думаю о том, что литература должна быть, в сущности, под едва заметным прикритием – фактом жизни, так что не принятая миром <дoлжна> остаться необыкновенно трогательным отклонением жизни вроде дневников (если бы Ты писал дневник, это было бы что<-то> вроде Марии Башкирцевой в поэзии, то есть величественное и милое бесконечно). А жизнь делать так, чтобы она, не давши счастья, была хоть явлением литературы, то есть материалом осуществления всяких милых выдумок.144 Quanto ai diari veri e propri, essi si rivelano preziosi per illuminare la formazione di Poplavskij, la sua poetica, a patto di non volervi cercare un pensiero logico e coerentemente sviluppato. 141 Così scriveva nel saggio Vokrug «Čisel» (Intorno a «Čisla», 1933; POPLAVSKIJ 1996: 301). 142 TATIŠČEV [1938]: 97. 143 Per un’analisi della prosa diaristica di Poplavskij nelle sue affinità e differenze con la sua prosa narrativa si rimanda a MAGAROTTO 1999 e KASPE 2001. 144 POPLAVSKIJ 1997: 104. 50 1.7. Poplavskij portò con sé a Parigi il diario tenuto a Costantinopoli, lo conservò tra le proprie carte per tornare a leggerlo a distanza di anni: Перечитал несколько строк этого днeвника. Мило все-таки и так глупо, что бьет в цель, то есть не жуликовато. Замечаю, что и у меня завелось прошлое – в общем с 1918, но, в сущности, по приезде в 1923 году из Берлина.145 In effetti, in tutta la sua opera Poplavskij non accenna mai agli anni che precedettero la guerra civile; la memoria, tema chiave del Novecento, in particolare russo, non è mai memoria infantile per Boris Julianovič. E dunque non esistono immagini della sua infanzia e adolescenza russe, a esclusione delle liriche ricordate nei paragrafi precedenti e di brevissimi accenni nei diari: perlopiù fugaci impressioni legate alla neve, a motivi musicali. Questa assenza della Russia è una delle ragioni per le quali Poplavskij veniva giudicato da molti suoi contemporanei della diaspora un poeta non russo. Per altri invece ciò costituiva un sicuro segno di originalità: «Это первый эмигрантский писатель, живущий не воспоминанием о России» (Dmitrij Svjatopolk-Mirskij).146 Non a caso, dunque, Boris Julianovič fissa l’inizio del proprio passato al periodo della Guerra civile e al tempo in cui iniziò a registrare le proprie vicende, la propria vita interiore ed esteriore, nel diario. Rileggendole dopo molti anni, troverà bellissime le pagine scritte a Costantinopoli: Перелистывал чудный константинопольский дневник, где на каждом шагу: «молился», «говорил о теософии» и т.д.147 Come già notavamo, l’interesse per l’esoterismo e la letteratura mistica è costante in Poplavskij, che spesso pensò di dedicarsi esclusivamente a questi studi.148 Scriveva ad esempio nel 1929: В настоящее время погружен в изучение мистических наук, например 145 VIŠNEVSKIJ 2001: 165 (nota del 1929). SVJATOPOLK-MIRSKIJ 2002: 6. 147 VIŠNEVSKIJ 2001: 188 (nota del gennaio 1930). 148 Ricordava N. Stoljarova: «В поэзии, которую я считаю самой сильной его стороной, он был необычно неэспансивен и скромен. Главным была философия, жизнь духа, религиозность, каббала и т.д. и т.д. А между тем потомки будут знать о нем в основном по стихам» (POPLAVSKIJ 1996: 77). 146 51 каббалы и т.д. Учу в университете историю религии, думаю часто – не в этом ли мое призвание.149 La «vocazione» si manifestò a Costantinopoli. Qui, tra il gennaio e il maggio 1921 (lo testimonia il diario), Poplavskij lesse Jakob Böhme, dapprima con grande difficoltà («Ничего не понимал», 2 gennaio150), poi con maggiore soddisfazione («Утром читал Якоба Бейме и впервые, во Славу Божьию и его Великую Милость, начал понимать что-то», 14 febbraio151). Oltre al mistico tedesco, lesse anche Put’ k posvjaščeniju i soveršenstvovanie čeloveka (La via verso l’iniziazione e il perfezionamento dell’uomo; 8 febbraio), traduzione russa di cinque lezioni tenute da Annie Besant a Londra nel 1912,152 oltre a testi di C.W. Leadbeater, il «gemello teosofico» della Besant153 (9 aprile), e di Rudolf Steiner (5 maggio). Non si trattava di argomenti completamente nuovi per Poplavskij: sua madre, Sof’ja Kochmanskaja, era una lontana parente di E.P. Blavatskaja (fondatrice nel 1875 della Società teosofica) e si interessava lei stessa di occultismo.154 Indicando nell’immanentismo la via per riconciliare fede e scienza, la teosofia elaborava temi e dottrine del misticismo medievale, del pensiero nietzscheano, delle filosofie e delle pratiche meditative dell’Oriente. Si era diffusa come una delle risposte alla crisi spirituale che tra Ottocento e Novecento attraversò tutto l’Occidente, e fu avvertita con particolare intensità in Russia. Scrive N.A. Bogomolov, che proprio all’occulto nella letteratura russa del primo Novecento ha di recente dedicato una cospicua monografia: Русская действительность конца XIX века и самого начала XX века заставляла человека, серьезно и сознательно относищегося к религиозным проблемам, искать какого-то выхода, который не мог быть одинаковым для всех. [...] Не очень сложно понять, что теософия как сумма «тайных наук» должна была отвечать интересам 149 POPLAVSKIJ 1996: 242. Nel diario del gennaio 1930 leggiamo: «Решил, что нужно писать о религии, потому что эти способности больше даже поэтических» (VIŠNEVSKIJ 2001: 188). 150 POPLAVSKIJ 1996: 124. 151 POPLAVSKIJ 1996: 126. 152 E raccolte nel volume A. Besant, Initiation: the Perfecting of Man (Theosophical Pub. Society, London 1912). 153 Charles W. Leadbeater, ex sacerdote anglicano, formò con la Besant la seconda coppia di «gemelli teosofici» dopo i fondatori Blavatskaja-Olcott. Ebbe un ruolo decisivo nella scoperta di Krishnamurti, ma successivamente venne sospeso dalla Società teosofica in seguito ad accuse di immoralità. 154 MENEGALDO 1996: 27. 52 многих ищущих. Особое значение приобретало стремление ее стать тем квазирелигиoнозым образованием, которое должно примирить все существующие религии и, соответственно, позволить выбирать из каждого то, что в данный момент данному человеку найболее близко.155 Tra i russi, com’è noto, Andrej Belyj fu assiduo seguace dell’antroposofo Rudolf Steiner; anche Maksimilian Vološin ne subì il fascino, mentre Skrjabin studiò i testi della Blavatskaja. Pur non divenendo un vero e proprio iniziato, Vasilij Kandinskij trasse ispirazione dalle «forme-pensieri» della Blavatskaja, ovvero dalla sua teoria secondo la quale i pensieri umani possono essere percepiti come aure colorate. Nel 1925, alla ricerca dei «fenomeni al limite del percepibile», avrebbe aderito all’Antroposofia di Steiner, sulla scorta di Belyj, anche uno tra i rappresentanti più attivi dell’avanguardia russa a Parigi come Serge Charchoune (Sergej Šaršun), amico di Boris Julianovič.156 Il giovane Poplavskij rappresentò dunque un caso tutt’altro che isolato di artista attratto dal fascino dello «pseudoorientalisme théosophiste dont la propagande inonde actuellement l’Occident», e che rappresentava «pour l’intelligence une menace de déliquescence et de corruption radicale», come scriveva non senza preoccupazione Jacques Maritain («La Revue Universelle», 15 luglio 1921). Prima di accostarsi alla teosofia, Poplavskij aveva attraversato una profonda crisi ed era riuscito a vincere la dipendenza dalla droga e l’attrazione nichilistica verso il non essere grazie alla fede religiosa. Lo testimonia una serie di annotazioni nel diario del 1921, rivelando gli sforzi compiuti dal giovane per ritornare in seno all’ortodossia («Сегодня целый день молился. Слушал литургию и вечерню»; «Утром был в церкви»; «Долго спал. Встал, ибо вчера позорно заснул, не молился, печально»157) e per liberarsi dal vizio della droga («Днем в моей жизни совершилось чудо. Я исповедовался священнику. Он отпустил мои грехи. Кок<аин>. Я ему сказал об этом»; «Главное событие этого месяца – это говение»158). Nel diario berlinese del 1922 scriverà di questa riscoperta del Vangelo: Когда-то я был кокаинистом [...] И после четырех лет беспрерывной нервной судороги, здоровый и нормальный сын человеческий был как 155 BOGOMOLOV 2000: 12. ŠARŠUN 1996: 66. Secondo H. Menegaldo (2000: 252), l’interesse del pittore per la teosofia sarebbe stato destato dallo stesso Boris Julianovič. 157 POPLAVSKIJ 1996: 129. 158 POPLAVSKIJ 1996: 129. 156 53 [sic] веселым мертвецом. Всем было страшно смотреть на меня. Нeделями не спавшиий, не евший и не раздевавшийся. Я уже видел себя оставленным в лодке. Парoход жизни быстро удалялся. Напротив меня сидели, скорчившись, умопомешательство и смерть. Но что могло спасти меня? Мое поколение не родилось любить жизнь из-за похотливого прозябания тысячей, и я, переживший старых богов, танцуя, дошел до самого края символической пропасти. Сбывалось великое пророчество Ницше: лучшие мои, вам должно становиться все хуже и тяжелее, все большие и лучшие из вас должны погибнуть ибо так превозмогает человек себя. [...] Но вот из безумной черной напряженности сверкнула молния Евангелия – и я должен еще жить! [...] В один день я бросил то, что питало радость разрушения в течение четырех лет, и приносил домой и вытряхивал в окно керамические баночки. [...] Мой возврат в Константинополь был возврат к жизни воскресшего. И с тех пор начался тот неистово-блаженный период непрестанного бдения, который привел к второму большому кризису моей жизни в Константинополе. Я познакомился с теософическим учением.159 La teosofia gli apparve allora «раньше всего упорное воспитание интеллекта и чувства через сосредoточенное мышление и молитву».160 Nelle sue poesie e nelle sue prose si conserveranno echi teosofici, spesso determinandone l’«oscurità», l’«incomprensibilità» rilevate in più d’una occasione dai critici negli anni Venti e Trenta, o venendo interpretati come motivi surrealistici in tempi più recenti. Nel 1921, al Majak di Costantinopoli Boris Julianovič aveva frequentato le lezioni di Pëtr Dem’janovič Uspenskij,161 allievo di George Gurdjeff, il celebre matematico e filosofo che voleva conciliare esoterismo, filosofie indiane, teosofia e idee nietzscheane. Deciso a metterne in pratica gli insegnamenti, il giovane poeta era diventato vegetariano («Я перестал есть убойну [...] Володе и мне дали сосисок, но я геройчески не ел»162), e lo sarebbe rimasto per tutta la vita. Nel 1912 Uspenskij aveva pubblicato a Pietroburgo Simvoly taro. Filosofija Ok159 POPLAVSKIJ 1996: 137-138. Ibid. 161 «Проводил Успенского. Милый, но странный человек»; «Успенский был очень интересен. Говорил о этажах личности» (POPLAVSKIJ 1996: 129). 162 POPLAVSKIJ 1996: 127. 160 54 kul’tizma v risunkach i čislach (I simboli dei tarocchi. La filosofia dell’Occultismo in disegni e numeri), e dunque non a caso Boris Julianovič a Costantinopoli si procurò dei tarocchi – gli stessi che ritroveremo molti anni più tardi nel romanzo Apollon Bezobrazov. Già nel febbraio 1921 si era avvicinato a esponenti di Zvezda na Vostoke (Stella in Oriente; «Сегодня утром помог Смыслову написать воззвание Звезды на Востоке», «Писал на машинке воззвание Звезды на Вoстоке»163), ovvero dell’Ordine fondato nel 1911 e guidato dal giovane indiano Jiddu Krishnamurti con il fine di riunire quanti credevano nel prossimo avvento del «Maestro Mondiale», e per preparare il mondo al suo arrivo. A sostenere Krishnamurti erano Leadbeater e la Besant, dal 1907 presidentessa della Società teosofica, nota per le sue attività umanitarie e sociali, oltre che per il suo sostegno alla causa dell’indipendenza indiana (così come per i trascorsi di femminista e socialista). La Besant si considerava «protettrice degli scout di tutti i paesi del mondo», e ciò spiega perché in Poplavskij l’interesse per lo scoutismo e quello per la teosofia siano contemporanei, e come mai proprio al Majak si fosse avvicinato alla teosofia. Al fascino di Krishnamurti, il «bel ragazzo indiano timido e spaventato» che la stampa del tempo definiva «divinità in calzoni alla zuava», già allora soggiacevano le signore della buona società – in gran parte nobildonne che, sempre più spesso a partire dal 1921, avrebbero affollato le sue conferenze (nelle città americane o in Europa, a Taormina come a Biarritz o a Gstaad) – ma anche personalità pubbliche, scrittori, artisti (George Bernard Shaw lo definì «il più bell’essere umano che abbia mai visto»; lo scultore Antoine Bourdelle, profondamente affascinato dal «messia in abito sportivo», lo raffigurò in due busti). Così, in un fortunato libro del 1935 dedicato ai Modern Mystics, Masters and Teachers, Rom Landau narrava del successo di Krishnamurti in Francia: Krishnamurti’s greatest following was in England, but it was interesting to note the impression he made on the French [...]. Nowhere have there appeared so many valuable books and articles about Krishnamurti as in France. Frenchmen of an artistic disposition were the first to whom his personality appealed, quite apart from his fame or his supposed mission in the world. The blend of a beautiful appearance and a sensitive personality was bound to impress people [...]. Krishnamurti’s exotic personality was no 163 POPLAVSKIJ 1996: 126. L’Ordine (sciolto da Krishnamurti nel 1929) suona in inglese Star in the East. 55 doubt an added attraction in the eyes of his French admirers.164 Intorno alla figura di Krishnamurti nei primi anni Dieci erano sorti, all’interno della Società teosofica, dissensi che avevano portato all’allontanamento di Rudolf Steiner, il quale aveva dato vita alla Società Antroposofica. È poco probabile che Poplavskij parteggiasse per l’una o l’altra fazione. A interessarlo dovettero essere invece, al di là delle divisioni ideologiche interne, gli ideali genericamente proclamati dai teosofi, ovvero la costituzione di un nucleo di fratellanza universale dell’umanità, senza distinzioni di razza, credo, sesso; l’incoraggiamento allo studio comparato di tutte le religioni, le filosofie e le scienze; lo studio approfondito delle leggi segrete della natura e dei poteri umani. Il poeta sarebbe stato iniziato alla teosofia in quello stesso 1921, a Parigi: Дико зарыдал, затрясся от счастия, что они, Анни Безант и Кришнамурти, здесь. Меня повели в сад, успокоили, приняли в члены, написали членский билет. Пел русский хор, чудно он говорил, долго. Перевели. Опять пели. Пошел, пожал ему руку. Он посмотрел в глаза. Сидел на улице и плакал.165 Tuttavia nella capitale francese, tra i nuovi amici, l’inclinazione mistica di Boris Julianovič lo avrebbe reso estraneo agli occhi di molti coetanei émigrés, se non era soltanto un’impressione personale quella riportata da Jakov Cvibach, giornalista e memorialista con lo pseudonimo di Andrej Sedych, in Dalekie, blizkie (Vicini, lontani): Нам казалось, что Поплавский стеснялся своей поэзией, как чего-то недостойно. Зато о спорте он говорил много и горячо – любил показывать свои бицепсы, и над кроватью его висела пара боксерских перчаток. Жил он больше по ночам, а днем лежал в своей комнате на кровати, лицом к стене. Когда я приходил и спрашивал, почему он валяется без дела, Борис в стенку отвечал: – Не мешай! Я – молюсь! [...] Жил он в абсолютной духовной изолированности, в атмосфере постоянного душевног смятения и «непросветленного хаоса». [...] В 1938-м году, после смерти Поплавского, вышли отдельной брошюрой выдержки из его дневников. Их было тяжело читать: вдруг стало понятно это лежание на постели, его молитвы 164 Rom Landau (autore di God is My Adventure: A Book on Modern Mystiscs, Masters and Teachers, London 1935, New York 19362, da cui è tratta la citazione), viaggiatore, scultore e giornalista, in seguito storico del Marocco. 165 POPLAVSKIJ 1996: 132. 56 и «медитации» - все это, над чем мы так невинно посмеивались на улице Гобленов...166 Negli anni Trenta, il misticismo di Poplavskij attingerà (oltre che, fuori del cristianesimo, alla Qabbalah) da un lato alla gnosi, dall’altro alla tradizione ortodossa e alla figura e all’opera di Dostoevskij, letta in chiave religiosa.167 Nei saggi di argomento letterario pubblicati in «Čisla» (Numeri), egli affermerà di riconoscere il «veleno della mistica» in tutta la «generazione cristiana» sua coetanea (le definizioni sono dello stesso Boris Julianovič): «все без исключения молодые поэты и писатели в той или иной мере затронуты “ядом” мистики».168 Non solo nei testi teorici, ma anche in prosa e in poesia, egli elaborerà una personalissima concezione di «pietà» mistica, da lui riconosciuta come tratto distintivo di tutti i giovani émigrés (da Nabokov-Sirin a Gazdanov): […] cлишком долго русская литература говорила о жалости – от Достoевского до Чехова, и, может быть, вот, наконец, родилось христианское поколение. Может быть, даже чисто метафизическая проблема отошла для него на второй план. Мистическая жалость к человеку – вот его новая нота. [...] Но почему мистическая? – спросят меня. – Потому, что абсолютная. И это единственное свое ощущение, которое «эмигрантский молодой человек» законно противопоставляет большевистской жестокости.169 Tra gli elementi gnostici che confluiscono (insieme a suggestioni nietzscheane) nella complessa concezione di questa mistica žalost’ vi è certamente la dottrina del 166 SEDYCH 2003: 242. In un albergo di infima categoria di rue des Gobelins abitarono, nei primissimi tempi dell’esilio, Cvibach, il pittore Konstantin Tereškovič, lo scultore Izdebskij e Poplavskij. Come Cvibach-Sedych affermerà in un’intervista molti anni più tardi, non era in buoni rapporti con Boris Julianovič. Vladimir Sosinskij, che conobbe Poplavskij e Cvibach verso la metà del decennio, scrisse: «Поплавский был одним из лучших знатоков старого Парижа. На нем сделал себе карьеру один дотошный писатель. Я говорю о Якове Цвибаке, чьи книги о Париже выходили не только по-русски […] А Цвибак знал просто стенографию, ходил с нами, когда мы гуляли по Парижу, и записывал все, что рассказывал Поплавский» (SOSINSKIJ 1991:189). 167 «Il me semble que Dostoïevski serait vraiment un Christ pas militant, un Christ immédiatament opposé au Christ héroïque, au Christ imperial. Il me semble que ce serait un messager tout à fait special de l’Eglise d’Orient» affermerà nel dicembre 1929 (LE STUDIO FRANCO-RUSSE 2005: 115). 168 Così scriveva in O smerti i žalosti v «Čislach» (POPLAVSKIJ 1996: 262). 169 POPLAVSKIJ 1996: 263. 57 Gesù patibilis.170 Notava Berdjaev nel già ricordato saggio del 1939: Он ищет Исуса униженного, слабого, обливающегося слезами. Ему близко лишь уничижение Христа. Его кенотипический образ. И совершенно чужд царственный образ Христа [...] Это очень напоминает Л. Блуа, который определил Бога как «одинокого и непонятного страдальца». Напоминает и Марселя Жуандо, самого мистического и метафизического писателя современной Франции, для которого Бог сам мучится в аду, так как не может вынести адских мучений человека, своего любимого.171 L’idea di una salvifica compassione universale (che nasce dalla consapevolezza: «не раз только, в конце, смерть настигает жизнь, а вся ткань ее насквозь пронизана исчезновением»172), unica via d’uscita dall’impossibilità umana di realizzare amore e felicità sulla terra, informerà l’opera del poeta (si pensi a liriche come Žalost’, Flagi, Žalost’ k Evrope, Duch muzyki).173 E in una lettera a Jurij Ivask (18 maggio 1930) egli ne darà la formulazione forse più suggestiva: По-моему, именно удивлением жив писущий, то есть, вскорее, восхищением и жалостью, ибо восхищением, может быть, познается форма мира, а жалостью – его трагическое содержание. Восхитительная жалость (или удивительнdая жалость) – вот чем мне кажется настоящее искусство. Корабль со звездным креном, да, но именно склоняющийся, наклоненный к чему-то, а не благополучный, гордый высотами над водою жизни.174 170 Per il pensiero manicheo Gesù è «la personificazione di tutta la Luce mescolata alla materia; ossia, egli è la forma sofferente dell’Uomo Primordiale. Questa interpretazione originale e profonda della figura di Cristo era un articolo importante della fede manichea ed è conosciuta come dottrina del Gesù “patibilis”, del Gesù patibile, il quale […] ogni giorno nasce, soffre e muore» (JONAS 2002: 245). 171 BERDJAEV [1939]: 153. 172 In O smerti i žalosti v «Čislach» (POPLAVSKIJ 1996: 264). 173 E si rifletterà anche nella biografia. Ricordava la Stoljarova: «Дина [Шрайбман], видимо, любила Б. Поплавского, а он ее «жалел», считая, что любви на свете нет, есть взаймная жалость. Эта жалость я называла проституцией» (POPLAVSKIJ 1996: 74). 174 POPLAVSKIJ 1996: 239. L’immagine della nave è probabilmente di derivazione nietzscheana; si veda l’aforisma 279 ne La gaia scienza: «Noi siamo due navi, ognuna delle quali ha la sua meta e la sua rotta; possiamo benissimo incrociarci e celebrare una festa tra noi, – come abbiamo fatto – allora i due bravi vascelli se ne stavano così placidamente all’àncora in uno stesso porto e sotto uno stesso sole che avevano tutta l’aria di essere già alla meta, una meta che era stata la stessa per tutti e due. [...] Esiste vero58 Incarnazione poetica della žalost’ appariva a Poplavskij la lirica di Aleksandr Blok. Scriveva nel 1929, confrontando i due autori a lui più cari: Рембо и Блок – гений Формы и Жалости. […] Поэтому Рембо – гений, но можно его и не читать, ибо он не писал о самом главном, в то время как позор не читать Блока, и это невозможно.175 1.8. Julian Poplavskij spiegava il profondo senso mistico maturato dal figlio a Costantinopoli cercando di ricondurlo interamente nell’alveo dell’ortodossia: В эту эпоху Борис Поплавский сильно возмужал и проникся необычайной религиозностью, каждодневно посещал церковные службы, а также увлекся скаутизмом. Тесное общение Б.П. с низам обездоленной русской эмиграции в Константинополе совершенно его переродило. Поэзия была заброшена, ее сменила глубокая мистика. [...] Б.П. посещал подготовительные курсы на аттестат зрелости, охотно рисовал с натуры, много читал, иногда брался за случайную работу [...] Но все это Борис проделивал, смотря на жизнь свою сквозь покров глубокой мистики, как бы чувствуя дыхание истоков Византии, породившей православную веру, которой он отдался беззаветно.176 Tuttavia, a differenza di quanto afferma il padre, mentre maturava la sua crescita spirituale, Poplavskij (per sopravvivere dava lezioni di francese ad acrobati del circo e a giovinette; anche in futuro, a Parigi, avrebbe svolto piccoli lavori, come ritrarre gatti a pagamento, rifiutando anche la stessa idea di un impiego che lo distraesse dal suo vero lavoro), non abbandonò la poesia, e si dedicò con costanza al disegno («Утром рисовaл на холме», «Целый день рисовал акварелью до глубокой ночи»177). Annotava allora nel Diario: similmente un'immensa invisibile curva e orbita siderale, in cui le nostre diverse vie e mete potrebbero essere intese quali esigui tratti di strada, innalziamoci a questo pensiero! Ma la nostra vita è troppo breve, troppo scarsa la nostra facoltà visiva per poter essere qualcosa di più che amici nel senso di quell’elevata possibilità. – E così vogliamo credere alla nostra amicizia stellare, anche se dovessimo essere terrestri nemici l’un l’altro» (NIETZSCHE 1995). 175 POPLAVSKIJ 1996: 253. 176 POPLAVSKIJ Ju. 1935: 424. 177 POPLAVSKIJ 1996: 125. 59 Мне семнадцать лет. Написал вступление к сонетам «Январь» и «Февраль»... Как сладко и больно быть поэтом субъекта. (2 gennaio) Кажется, написал что-то. (10 gennaio) Написал «Июнь», «Июль» и «Август» - последнее плохо. (13 gennaio). Утром написал пять сонетов, довольно удачно... Вечером написал еще три сонета. Кончил венок. (14 gennaio) Написал сонет из цикла «Венка». (15 febbraio) Кончил сонeт. Утром написал «Пустыри» ... (17 febbraio) Утром написал «Золотой рог» [...] Потом написал «Мраморное море». [...] Дома напишу вступительный к «Стамбулу». (18 febbraio) Написал три сонета: «Рынок», «Вступительный» и «Заключительный». (20 febbraio) Дома написал «Ремесло». Начал «Ваяние». (26 febbraio) Надумал сонет о Ялте и Ростове. ([4-5] marzo) Начал сонет «Турчанке». (6 marzo) Написал «Проститутки» (1 и 2). (23 marzo)178 Nel febbraio 1921, come già ricordavamo, lesse in pubblico alcune poesie: «Читал на концерте “Небо уже...” и “За столиком”. Очень хлопали».179 H. Menegaldo fa osservare come non vi siano in queste pagine riflessioni sulla poesia e in generale sulla letteratura. In effetti, gli unici libri citati da Poplavskij sono di argomento mistico-religioso, e mancano le riflessioni di poetica che caratterizzeranno in futuro i diari del poeta. Fu tuttavia l’esperienza artistica, insieme con il riscoperto senso religioso, a permettergli di sopravvivere «alla catastrofe». Come apprendiamo dai Diari, a Costantinopoli Poplavskij compose almeno una ventina di poesie. Nell’archivio Tatiščev di Parigi sono conservati due cicli di versi risalenti a questo periodo: l’autore li portò in Francia e li conservò sotto i titoli, rispettivamente, di Propaža (Sparizione), e Venok sonetov «Konstantinopol’» (Costantinopoli. Corona di sonetti).180 Risale sempre al 1921 il ciclo Goroda moej žizni (Le città della mia vita, 1921) che include la già citata Pera e anche Marsel’ (Marsiglia), composta verosimilmente dopo la partenza dalla Turchia. Oltre a queste due ultime, nel 2003 sono state pubblicate: «Arlekin my davno ne vstrečalis’ s toboj» (Da molto tempo non ci vedevamo, Arlecchino), Konditery (Pasticcieri), Ob ich remeslach (I loro mestieri). 178 POPLAVSKIJ 1996: 124 e passim. POPLAVSKIJ 1996: 127. 180 POPLAVSKIJ 2003: 157. 179 60 Venok sonetov «Konstantinopol’», informa la Menegaldo, comprende 13 testi. Nella tradizione occidentale la ghirlanda di sonetti è formata da 15 testi di argomento affine, 14 dei quali riprendono l’ultimo verso del sonetto precedente, mentre a formare il quindicesimo sono i 14 versi finali di tutti i 14 sonetti. Non sappiamo se Poplavskij variasse consapevolmente questa tradizione, il cui primo esempio nella poesia russa risale al 1889,181 né se nell’archivio parigino siano conservati altri sonetti inediti.182 Non è neppure possibile giudicare se Poplavskij rispettasse lo schema di ripetizione dei versi. In generale, nelle poesie finora edite si possono notare due temi ricorrenti: quello della maschera (Arlecchino «размалеванный бес», il carnevale, i volti imbellettati), e quello dei mestieri (evidente già dai titoli: Ob ich remeslach, Konditery). Quanto alla realizzazione strofica, la scelta di cimentarsi con il sonetto rivela, ancora una volta, come Poplavskij fosse attento a ciò che di nuovo avveniva nella poesia russa. Proprio negli anni Dieci, infatti, il sonetto conobbe il suo momento di grande fortuna in Russia. Oltre a Severjanin, vi si cimentarono, tra gli altri, Bunin, Brjusov, Ivanov, Vološin. In particolare, tra il 1910 e il 1917 gli ultimi tre poeti crearono ghirlande di sonetti.183 A Costantinopoli, del resto, Poplavskij non era l’unico giovane poeta del Majak a comporre sonetti. Come lui – lo ricordava Il’ja Zdanevič nel 1929 – scriveva «отличные сонеты» il coetaneo Vladimir Svešnikov,184 «поэт, и поэт во всех отношениях, [...] называвший себя мистическим марксистом, лохматый фантаст, бедняга, болезненный».185 Le soluzioni metrico-ritmiche di Poplavskij (che varia dal dattilo al più classico giambo) non appaiono qui particolarmente felici: la forma rigida del sonetto ren181 GASPAROV 1984: 253. Non va però dimenticato che, almeno nella tradizione italiana recente, le corone (o collane) contano, per esempio in Carducci, 12 sonetti (Ça ira, 1883, nelle Rime nuove); in D’Annunzio 9 (La corona di Glauco, in Alcyone, 1904) o 12 (Le adultere, in Intermezzo 1894) o addirittura 56 (Le città del silenzio, in Elettra, 1904) (ORLANDO 1993: 233). 182 Nel diario del 1921 Poplavskij cita i titoli delle poesie da lui composte in febbraio: tre indicate come sonetti – Rynok (Mercato), Vstupitel’nyj (Introduttivo) Zaključitel’nyj (Conclusivo) – le altre senza precisazioni: Pustyri (Campi abbandonati), Zolotoj rog (Corno d’oro), Stambul, Mramornoe more (Mar di Marmara), Vajane, Remeslo (Mestiere). 183 GASPAROV 1984: 253. 184 È possibile che Vladimir Svešnikov (1902-1938; firmava le sue poesie con il cognome materno, Kemeckij) e Boris Julianovič si conoscessero già a Costantinopoli (coetanei, figli di emigrati bianchi, frequentavano entrambi il Majak). In ogni caso, divennero amici a Parigi, dove furono vicini alla sinistra émigrée e all’avanguardia russa. Poplavskij, in particolare, dedicò più di una lirica a Svešnikov-Kemeckij. 185 ILIAZD 2005: 159. 61 deva evidentemente arduo il lavoro di versificazione rispetto alle precedenti, più libere prove «futuriste». Restano come sempre molto marcate sul piano del significato le posizioni di rima, dove si incontrano «карнавал» – «провал» (Konditery), «небес» – «бес» («Arlekin my davno...»), «строф» – «катастроф» (Pera). Quattro anni più tardi, ormai stabilitosi a Parigi, in un sonetto dedicato a Il’ja Zdanevič (egli stesso autore di sonetti) e intitolato Pokušenie s negodnymi sredstvami (Attentato con mezzi impropri, 1925), Poplavskij tornerà sul tema, rivelando apertamente come per lui la portata salvifica della poesia risiedesse essenzialmente nella sua elaborazione formale: Венок сонетов мне поможет жить, Тотчас пишу, но не верна подмога, Как быстро оползает берег лога. От локтя дрожь на писчий лист бежит. [...] Лишь пять шагов оставлено для бега, Пять ямбов, слов мучительная нега Не забывал свободу зверь дабы.186 Di fronte al tormento del difforme,187 dell’informe – che Boris Julianovič scopre dolorosamente nel mondo esterno ma anche dentro di sé, come mostrano i Diari, e persino nel processo della creazione letteraria, come mostrano le liriche – la poesia compiuta, nel suo ordine e nella sua armonia imposte dallo schema (metrico, ritmico ecc.), apparirà come unico conforto per il poeta Poplavskij. 1.9. Nel diario del 1921 non resta alcuna traccia delle frequentazioni letterarie che Poplavskij poté avere nella capitale ottomana. Eppure proprio qui nacque la sua fama di poeta «mettiscandali», che non lo avrebbe più abbandonato.188 Lo ricor186 POPLAVSKIJ 1999: 32. Si veda nel diario del 1932: «я чувствую себя до дико<сти> difforme [in francese nel testo] искалеченным, пере- и недоразвитым» (Poplavskij 1996: 184). 188 Sulla condotta «scandalosa» di Poplavskij i contemporanei hanno lasciato non poche testimonianze. Si veda, tra gli altri, GUL’ 2001: II, 170. Come nota E.V. Ermilova (1999: 238), «Р. Гуль, описывая безобразную сцену в берлинском кафе [...] называет это одной из его “ставрогинских” выходок. Тема “ставрогинства” для самого Поплавского была очень существенной» (e sarà centrale almeno nell’elaborazione della figura di Apollon Bezobrazov, protagonista dell'omonimo romanzo). «Любовь к скандалу, 187 62 derà in un ritratto in versi il compositore Vladimir Dukel’skij (in seguito celebre negli USA con il nome di Vernon Duke), che all’epoca suonava il piano nei caffè di Pera e di Boris Julianovič era coetaneo e amico: Я знал его в Константинополе, На Бруссе, в «Русском Маяке», Где беженцы прилежно хлопали Певцу в облезлом парике [...] Однажды я в гостиной вечером Увидел гнувшегося вбок Молодчика широкоплечего – Не то атлет, не то дьячок. [...] Потом прочел он сладкострунные Гнусавым голосом стихи. Стихи нелепые, неровные – Из них сочился странный яд; Стихи беспомощно-любовные, Как пенье грешных ангелят. Но было что-то в них чудесное, Волшебный запах шел от них; [...] Был некрасив, зато силен; Любил Рембо, футбол и улицу, Всегда в кого-то был влюблен. Уже тогда умел скандалами Взъерошить скучное житье; Бесцеремонен с генералами, Пленял галатское жулье.189 Lo stesso Dukel’skij ricordava di avere fondato con Poplavskij a Costantinopoli, nel 1920, uno Cech poetov (Gilda dei poeti), ispirato con ogni probabilità alla gilda acmeista.190 Quello stesso anno, Nikolaj Gumilëv, già sindaco con Sergej которая была не только у его героя [Oleg, protagonista di Domoj s nebes], но и у него самого, есть надежда пережить экстаз, освобождение от всего и всех» osservò in proposito Berdjaev ([1939]: 152). 189 POPLAVSKIJ 1996: 87. 190 «In 1920 Boris Poplavsky and I organized a Poets’ Guild in Constantinople» afferma 63 Gorodeckij del primo Cech poetov (1911-1914), diede vita, a Pietrogrado, al terzo Cech, cui presero parte, tra gli altri, N.A. Ocup, I.V. Odoevceva, G. Ivanov, G. Adamovič.191 Di certo Dukel’skij doveva amare l’opera di Gumilëv giacché, arrivato a New York nell’autunno del 1921, vi compose nel 1922 l’ouverture per la piéce Gondla, pubblicata dal poeta acmeista nel gennaio 1917 in «Russkaja mysl’»,192 e messa in scena per la prima volta nell’agosto 1920 a Rostov-naDonu,193 nuovamente occupata dai bolscevichi. Se è difficile supporre che i giovani profughi di Costantinopoli avessero notizie dirette (o quantomeno aggiornate) su quanto avveniva a Pietrogrado, è verosimile che invece fossero a conoscenza di quanto accadeva sulla vivacissima scena artistico-letteraria di Tiflis, capitale della Georgia allora menscevica, uno dei pochissimi stati al mondo ad avere rapporti diplomatici con la nuova Russia sovietica [...] e, al contempo, ad avere relazioni se pur non ufficiali, con la Russia bianca di Vrangel’; [...] per passare dall’una all’altra Russia si doveva venire a Tiflis, e a Tiflis si doveva venire anche per andarsene dalle Russie.194 A Tiflis, nell’aprile 1918, Sergej Gorodeckij aveva creato un’organizzazione di giovani poeti sul modello dello Cech, i quali pubblicarono la rivista «Ars» e anche un’antologia poetica intitolata Akme.195 Inizialmente questa gilda aveva riunito poeti dei molti gli indirizzi presenti nella capitale della Repubblica Georgiana, ma ben presto acmeisti e futuristi si separarono. Tra i membri di questo primo Cech georgiano Gorodeckij ricorderà anche A. Kručënych, il quale a Tiflis, nel gennaio 1918, con i fratelli Zdanevič e altri, aveva dato vita al Sindikat futuristov (Sindacato dei futuristi).196 Dukel’skij (KARLINSKY 1973: 322). 191 Già organizzatori della Seconda gilda del 1917, ne avrebbero proseguito l’attività anche dopo aver lasciato la Russia sovietica, prima a Berlino, nel 1922, e poi a Parigi, nel 1923. 192 La prima edizione in volume del dramma di Gumilëv uscì soltanto nel 1936 a Berlino. 193 Lo ricorda Ju. Annenkov (1991: 108, I). 194 MARZADURI 1982: 102. 195 MARZADURI 1982: 104. Il più aggiornato studio sulla Tiflis post-rivoluzionaria si deve a T. Nikol’skaja (2000). 196 «Поэтические “среды” в тифлисском “Цехе поэтов” были очень многолюдны. Кроме членов “Цеха поэтов”, которых было около тридцати человек, сюда часто приходили и грузинские поэты символистического литературного объединения “Голубые роги”. [...] Бывали на наших “средах” и музыканты, и художники, и артисты. Особенно зачастили они к нам, когда мы из “Артистериума” перешли в помещение музыкальной студии Бендицкого на улице Грибоедова. В трех небольших 64 Nell’agosto 1918, il poeta e «grande imprenditore culturale» (Marzaduri) Jurij Degen fondò nella capitale georgiana un altro Cech poetov, Kolčug (Il giaco), del quale entrarono a far parte kuzminiani e futuristi del Sindikat (ad eccezione di Kručënych, Il’ja Zdanevič e Igor’ Terent’ev che fondarono un nuovo gruppo, destinato a divenire celebre come Universitet 410). Se i poeti della Corporazione di Gorodeckij cantarono in corone di sonetti temi amorosi, i poeti del Giaco, che annoveravano tra i loro maestri anche Severjanin e Wilde, privilegiarono triolet, quartine e sonetti, nei quali si mostrava il loro «amore per l’artificioso e l’esotico, per il trucco e l’arredo, [...] la teatralità».197 L’attenzione al tema del «mestiere», caratteristico dell’acmeismo, e soprattutto la pratica del sonetto, cui Poplavskij si applicò con costanza almeno fino al marzo 1921, potrebbero dunque trovare nei modelli poetici delle due gilde una diretta fonte ispiratrice. Di uno Cech poetov fondato a Costantinopoli dà notizia (senza nominare né Poplavskij né Dukel’skij) O.V. Bystrova, riportando un brano del programma della corporazione pubblicato tuttavia nel 1922, dunque dopo che Poplavskij e Dukel’skij avevano lasciato la città (il primo nel maggio 1921, il secondo nell’autunno dello stesso anno): К черту кривлянье и хулиганскую истерику – простота! Будем просты (в своем сложности), как царьгрaдские фрески. Долой школу (акмеистов, имажинистов и проч.), ибо революция утвердила личность!198 Questo programma non appare del tutto estraneo al giovane Poplavskij, per il quale la condanna della «истерика» e la ricerca della semplicità risalivano almeno ai versi di Večernij blagovest. Non sappiamo se Boris Julianovič fosse tra gli estensori del proclama, o se abbia avuto con loro contatti; si può in ogni caso affermare che la ricerca della semplicità, perseguita non senza contrasti interiori a partire dalla fine degli anni Venti, aveva origini più remote di quelle della Nota parigina (che peraltro affondava anch’essa le proprie radici nell’esperienza acmeista). Quanto al tema del rapporto tra personalità individuale e rivoluzione комнатах, где разместилась студия, все стены были расписаны в футуристическом духе художником Кириллом Зданевичем. Со стен смотрели на нас фиолетовооранжевые циклопы, безрукие, безногие чудовища, изображающие “человека” двадцатого века» (POGOSJAN 1964). 197 MARZADURI 1982: 104-105. 198 «Novaja russkaja kniga», IX, 1922, p. 34 (LERZ 2000: s.v. «Konstantinopol’skie izdatel’stva»). 65 d’ottobre, sarebbe stato al centro delle riflessioni di Poplavskij, e in un modo sicuramente originale rispetto al pensiero dominante tra gli emigrati. Oltre a Dukel’skij, a Costantinopoli il giovane Poplavskij poté forse incontrare anche il suo futuro maestro parigino, Il’ja Zdanevič. Ad avanzare l’ipotesi è Règis Gayraud,199 contraddetto dalla Menegaldo, che si però si basa esclusivamente sull’assenza di notizie in merito nel Diario del 1921. Ma Poplavskij, per quanto ne sappiamo, non prese nota dei contatti che ebbe con Dukel’skij né scrisse dello Cech poetov, eppure di queste esperienze – oltre alla testimonianza del lontano amico musicista – resta più di una traccia nei suoi versi. Zdanevič fu nell’antica capitale ottomana dall’ottobre 1920 all’ottobre 1921, in attesa del visto per la Francia. Vi arrivava da Tiflis, come avrebbe fatto ben presto anche Gurdjieff, alle cui lezioni e spettacoli di danza Zdanevič aveva assistito in Georgia. Pur non frequentando abitualmente il Majak, «где собралась вся беженская молодежь и белая интеллигенция, ее военные круги преимущественно, и где классовые и антисемитские чувства были [...] сильные»,200 come ricorda nelle sue Pis’ma Morganu Filipsu Prajsu (Lettere a Morgan Philips Price, 1929), Zdanevič ebbe modo di conoscere alcuni dei giovani che lo frequentavano assiduamente. Insieme con il padre, invitato a Parigi al Congresso dei rappresentanti dell’industria e del commercio russi,201 Boris Julianovič lasciò infine Costantinopoli il 20 199 GAYRAUD 1997: 11. ILIAZD 2005: 158 e passim. 201 Per elaborare una politica di sviluppo dell’imprenditoria russa costretta fuori della Russia, decidere quale atteggiamento mantenere nei confronti della Russia sovietica e stabilire come utilizzare i fondi statali ancora disponibili all’estero, nel maggio 1921 venne indetto a Parigi il Congresso del Commercio e dell’Industria, cui furono invitati i delegati delle organizzazioni commerciali e industriali sparse nei vari centri dell’emigrazione. Dei 205 delegati invitati al Congresso, solo 147 riuscirono a presenziare. Julian Poplavskij, prima della guerra vice-presidente della Obščestvo zavodčikov i fabrikantov (Associazione degli industriali e manifatturieri) di Mosca, aveva evidentemente mantenuto un incarico pubblico anche a Costantinopoli, e ciò gli permise di essere invitato nella capitale francese. A Parigi prese parte attiva alla vita culturale dell’emigrazione, tornando all’antica professsione di musicista. Lavorò infatti come pianista, accordatore e accompagnatore con S. Lifar all’Opera, fece parte del Russkoe Muzykal’noe Obščestvo Za granicej (Associazione musicale russa all’estero, RMOZ), erede dello IRMO (Imperatorskoe Russkoe Muzykal’noe obščestvo, Imperiale associazione musicale russa), liquidato dopo la rivoluzione, e fu segretario del Conservatorio russo di Parigi intitolato a Rachmaninov (KORABEL’NIKOVA 1999: 45), fondato nel 1931 (sin dal 1924 era esistito come scuola musicale presso l’Università popolare russa della capitale francese, Russkij Narodnyj Universitet v Pariže). Julian 200 66 maggio 1921. Dal 20 al 25 maggio il diario del 1921 registra le impressioni del viaggio, un incontro quasi amoroso, conversazioni teosofiche, politiche e letterarie, nuovi versi: Заинтересовался какой-то армянкой и опять заболел позой. Завтраки, обеды, я еще не вошел в колею. Вечером познакомился с барышней из «Маяка», а ночью на палубе заговорил с матросом на арго. С «ней» произошла безобразная сцена. Она назвала меня пьяным на прощание. Нашлись еще знакомые. [...] Потом поговорил о Гурдиеве [sic] с Португаловой. Вечером на полубе фокстрот и вальс. С Тамарой еще в контрах, хотя поклонилась у лестницы. Написал «Лота». [...] Говорил с сержантом о большевиках. [...] На палубе заговорил с Зелюком.202 Потом с Татьяной много говорили. Я сумел оправдаться перед нею. Какая она милая. [...] Вечером на палубе со стариками.203 Qua e là balenano anche visioni del paesaggio, osservato dal mare: На пароходе пытался запечатлеть в памяти уходящий Стамбул. [...] Утром проходили Италию. Громадные горы и деревни, как замки. Потом ночью вулканы. Смотрели в биноколи, а вечером смотрели закат, как огненный диск над бесцветной водой. [...] Закат и облако, горящее на горизонте. [...] Серое утро до восхода солнца. Пароход вошел в порт. Восхитительное зрелище фантaстического мира – приближение города. И вот он на горизонте.204 Alla città francese dove approdò il 25 maggio 1921 Poplavskij dedicò la lirica Marsel’ (Marsiglia): vi ritroviamo, tra echi majakovskiani (evidenti nelle immagini antropomorfizzate della città), i marziani di Wells, cantati questa volta nella tetrapodia giambica: Poplavskij diresse inoltre la rivista «Teatr i žizn’» (Teatro e vita) e il Russkoe informacionnoe bjuro (Ufficio d’informazione russo; NEZABYTYE MOGILY 2004: s.v. «Poplavskij Julian»). 202 O.P. Zeljuk (1888-1951), giornalista, editore, collaboratore di «Kievskaja mysl’» (Il pensiero di Kiev) e «Odesskie novosti» (Notizie di Odessa), era riparato a Costantinopoli nel 1920, da dove emigrò in Francia. A Parigi avrebbe diretto la casa editrice Frankorusskaja pečat’, fondata nel luglio 1921. 203 POPLAVSKIJ 1996: 130. 204 Ibid. 67 И вот они на горизонте Промышленные города В разводах радужных вода И параходов мастодонты Земной сутулый человек Что в море вынес сушу мола Вместил свою мечту тяжелую У кранов в умной голове Они как марсияне Уэллса Руками шарят склада труп А в небесах повисили рельсы Расчесанных о гребень труб А ночью загорится газ И рельсы осветит поток Стучит о оси молоток И красен семафорный глаз205 Anche qui non mancano immagini metapoetiche: Но вот налево побежали Ряды зеленых фонарей Колеса выбили хорей И дактиль станции смешали206 Queste si fondono con gli altri temi (la violenza dell’urbanizzazione, l’orrore per la Macchina disumana) nei versi finali: Яль воспою тебя аршином Своей чахоточной души Твоих каналов палаши И теологию Машины.207 Sbarcato nel porto francese, Boris Julianovič raggiunse immediatamente in treno la capitale, dove sarebbe vissuto – e maturato come poeta, diventando la voce più 205 POPLAVSKIJ 2003: 50 Ibid. 207 POPLAVSKIJ 2003: 51. 206 68 alta e amata della sua generazione – fino alla sua tragica morte,208 la notte dell’8 ottobre 1935: В вагоне говорили. Я не спал, все время смотрел в окно и восторгался скоростью. После тяжелой ночи утром села и огороды – и Париж.209 208 Tra le molte pagine dedicate alla fine di Boris Poplavskij, le più penetranti appartengono ancora una volta a Vladislav Chodasevič: «Борис Поплавский умер случайно: от слишком большой дозы недоброкачественного наркотического вещества. [...] Но совсем не случайно то, что оно вообще произошло в молодой литературной среде, в среде эмигрантского Монпарнаса. Чего-то в этом роде, какой-то вообще катастрофы не только можно, но и нужно было ждать. [...] Прискорбнее всего то, что не было нужды ни в какой дальновидности для того, чтобы говорить о воздухе распада и катастрофы, которым дышит, отчасти, и даже упивается, молодая наша словесность. [...] Отсутствие веры в жизнь, в себя, в самое творчество (и не только в это) лишь отчасти составляет собственную вину молодежи. В неменьшей а, может быть, и в еще большей степени на путь безверии и отчаяния толкают ее силы внешние, лежащие за пределами Монпарнаса. Я разумею то поразительное равнодушие, которое проявляет эмиграция к своей молодой словесности» (CHODASEVIČ [1935]: 142-143). 209 POPLAVSKIJ 1996: 131. 69 2. Tra Parigi e Berlino: la scuola della «sinistra» émigrée Долго стоял у Монпарнаса, смотрел закат. 2.1. Come abbiamo sin qui osservato, nel primo Poplavskij c’è già molto del poeta maturo: l’inquietudine esistenziale e religiosa, la voracità con cui egli fa proprie esperienze poetiche distanti tra loro in versi caratterizzati da una voce già riconoscibile. In particolare, abbiamo notato come nelle sue poesie di apprendistato appaiano già molti motivi poetici che diventeranno poi dominanti (angeli, bandiere, paesaggi siderali). Il periodo della formazione, tuttavia, nel 1921 non è ancora concluso: con l’arrivo a Parigi e il successivo viaggio a Berlino, tappa decisiva nella Bildung del giovane profugo, nuove e decisive esperienze attendono il futuro cantore di Morella. Su questa seconda, determinante fase della sua formazione di poeta ci soffermeremo nelle pagine che seguono. Quando Poplavskij vi arrivò, nel maggio 1921, Parigi era già il centro politico dell’emigrazione,1 ma non rappresentava ancora la capitale culturale dei fuoriusciti e 1 Molte sono le ragioni per cui Parigi si affermò immediatamente come capitale politica. Tra esse, ricordiamo almeno l’appoggio fornito all’Esercito dei Volontari dal governo francese, l’unico che ancora nel luglio 1920, quando alla disfatta dei Bianchi mancavano pochi mesi, aveva riconosciuto il governo del generale Vrangel’. A Parigi si stabilirono, tra il 1919 e il 1921, le più importanti istituzioni russe antibolsceviche e si ricostituirono molte organizzazioni prerivoluzionarie. Qui, tra il 1918 e il 1920, fu attiva la Russkoe političeskoe soveščanie (Conferenza politica russa), presieduta dal principe Grigorij L’vov, già Primo ministro del Governo Provvisorio a Pietrogrado dal marzo al luglio 1917. Durante la guerra L’vov era stato presidente del Vserossijskij zemskij sojuz (Unione panrussa degli Zemstva) e uno dei due presidenti dello Zemgor, che riuniva Zemskij sojuz e Sojuz gorodov (Unione delle città) e, dal gennaio 1921, continuò la sua attività a Parigi con il nome di Russkij zemskogorodskij komitet pomošči rossijskim graždanam za granicej (Comitato russo degli dei profughi. Sulle rive della Senna esisteva una piccola colonia russa, formatasi tra il finire del secolo XIX e gli inizi del nuovo, composta in larga maggioranza da cittadini ebrei che avevano lasciato l’Impero zarista a causa delle limitazioni civili loro imposte e delle persecuzioni, e che si erano per lo più stabiliti nel quartiere del Marais, dove lavoravano come commercianti e artigiani.2 Dopo la fine della guerra, inoltre, avevano cominciato a tornare a Parigi – dal Sud della Francia, dall’ex Impero russo, dal Corpo di spedizione russo in Francia – anche molti artisti russi dell’Ecole de Paris che, prima della guerra, frequentavano le accademie e gli atelier di Montmartre e Montparnasse. Erano invece in gran parte già rimpatriati nella nuova Russia i rivoluzionari evasi dalle carceri zariste e riparati a Parigi dopo la fallita rivoluzione del 1905.3 Soltanto verso la metà degli anni Venti, richiamata dalla richiesta di manodopera nelle industrie del paese, e spinta dalla disoccupazione che continuava a crescere in Europa, la maggioranza dei russi all’estero4 si sarebbe stabilita in Francia, in Zemstva e delle municipalità per il soccorso ai cittadini russi all’estero). Sempre a Parigi venne fondato, il 27 febbraio 1920, il Rossijskij torgovo-promyšlennyj i finansovyj sojuz (Unione russa per il commercio, l’industria e la finanza) con lo scopo di riorganizzare l’economia russa in previsione della caduta dei bolscevichi. Insediatosi nella sede dell’Ambasciata russa il giorno della caduta di Kerenskij (non poté pertanto essere ufficialmente accreditato come ambasciatore, anche se come tale venne trattato), Vasilij Maklakov, uno dei leader del partito Costituzional-democratico russo, sarebbe rimasto l’influente e ascoltato portavoce della Russia in esilio sino al riconoscimento dell’URSS da parte francese (sul finire del 1924). 2 MENEGALDO 2001a: 25-26. 3 Complessivamente, prima del 1920 la comunità degli emigrati russi in Francia comprendeva circa 20.000 persone, che vivevano per lo più a Parigi (AMAR–MILZA 1990: 275). Secondo la Menegaldo (2001: 24), in tutta la Francia alla vigilia della Prima guerra mondiale se ne contavano 35.000, per il settanta per cento commercianti e artigiani ebrei. All’1 gennaio 1922, il numero dei russi in Francia oscillava, secondo le fonti, tra i 67.000 e i 75.000; alla fine del decennio sarebbero raddoppiati o, addirittura triplicati: all’1 gennaio 1930 erano infatti tra i 150.000 e i 200.000 (RAEFF 1994: 261). 4 Grazie ai fondi stanziati dai governi della Repubblica cecoslovacca e del Regno di Serbi, Croati e Sloveni, fu in questi paesi slavi che agli inizi degli anni Venti si erano ben presto formate comunità russe, favorite dalle affinità linguistiche, culturali e religiose tra popoli slavi: così Praga divenne il centro dell’intensa attività scientifica e della vivace vita accademica degli emigrati, mentre a Belgrado si stabilirono Vrangel’ con ciò che restava del suo esercito e gli esponenti del clero ortodosso più conservatore. La grande massa dei profughi che, al seguito del Generale, aveva lasciato Costantinopoli per i Balcani, di lì a qualche anno si sarebbe vista costretta a emigrare nuovamente, nell’impossibilità di trovare mezzi di sussistenza a causa della crisi economica attraversata dal Regno di Serbi, Croati e Sloveni. 72 particolare nella capitale e nei suoi sobborghi. Questi nuovi émigrés, dichiaratamente antisovietici, non avrebbero intrattenuto rapporti né cercato alcuna integrazione con le colonie di connazionali già insediate a Parigi. Non le avrebbero frequentate neppure i molti scrittori, filosofi e intellettuali antibolscevichi che, proprio a partire dalla metà del decennio, diedero vita nella capitale francese alla grande fioritura letteraria5 di quella che viene comunemente definita la Prima ondata dell’emigrazione russa. Boris Poplavskij e i giovani profughi cui subito si legò trovarono invece maestri e sostenitori nei «veterani» della colonia russofrancese, negli artisti, in particolare i pittori che, secondo l’uso del tempo, erano arrivati nella capitale per completare la propria formazione e avevano finito col rimanervi. Alcuni erano già figure di primo piano nell’arte europea, come Michail Larionov e Natal’ja Gončarova, altri erano destinati a rimanere «minori» o a essere tardivamente riscoperti nella seconda metà del secolo. Gli uni e gli altri, riuniti nel Sojuz Russkich Chudožnikov (Unione degli artisti russi), fondato nel maggio 1921 alla Closerie des Lilas, sostenevano un’arte d’avanguardia e non 5 Nel 1921 il Respublikansko-Demokratičeskoe Ob’edinenie (Unione repubblicano-democratica), guidato da Pavel Miljukov, già ministro degli Esteri nel Governo Provvisorio, aveva come proprio organo di stampa «Poslednie novosti» (Ultime notizie, 1920-1940), destinato a divenire in breve tempo il più importante quotidiano dell’emigrazione antibolscevica, ma di orientamento non conservatore, a differenza del concorrente «Obščee delo» (La causa comune, 1918-1922) e del più tardo «Vozroždenie» (La Rinascita, 1925-1940). Con «Sovremennye zapiski» (Annali contemporanei, 1920-1940), la più autorevole rivista culturale dei russi all’estero, e numerose altre, più o meno effimere pubblicazioni, «Poslednie novosti» avrebbe garantito la sopravvivenza ai molti scrittori e giornalisti russi di primo piano che dopo la fine della guerra civile erano riusciti a riparare in Francia (tra i quali Ivan Bunin, D.S. Merežkovskij e Zinaida Gippius, Aleksandr Kuprin, Mark Aldanov, Konstantin Bal’mont), riuniti nel Sojuz russkich pisatelej i žurnalistov (Unione degli scrittori e dei giornalisti russi), fondato a Parigi nel luglio 1920 con il nome di Sojuz russkich literatov i žurnalistov (Unione dei letterati e giornalisti russi) e presieduto, dal 1921, dallo stesso Miljukov. Nel 1925 si costituì anche il Sojuz molodych poetov i pisatelej (Unione dei giovani poeti e scrittori), del quale entrarono a far parte i rappresentanti della cosiddetta Seconda generazione émigrée. Particolarmente attivo nel sostenere scrittori e letterati era il Komitet pomošči russkim pisateljam i učenym vo Francii, Comité de secours aux écrivans et aux savants russes en France (Aleksej Tolstoj ne venne espulso il 22 maggio 1922 per avere iniziato a collaborare con il giornale filosovietico «Nakanune»). Ne furono membri tra gli altri Aldanov, Bunin, Fondaminskij, Cetlin. Presidente onorario era il francese Eduard Herriot. Fu il Comitato, tra le sue prime iniziative, a raccogliere abiti per i profughi e a inviarli loro a Costantinopoli. Al Comitato Poplavskij si sarebbe rivolto in più di un’occasione, nel 1921, 1924 e 1929, come risulta dai materiali custoditi nel fondo F delta rés 832 (1-10) conservato presso la Bibliothèque de documentation internationale contemporaine, Université de Paris X Nanterre. 73 mostravano alcuna ostilità verso l’«esperimento sovietico»: Gusto per la bohème, ostinata e appassionata ricerca di nuove forme artistiche, utopia di un’arte che partecipasse alla trasformazione della vita, disprezzo per il borghese, atteggiamento di aperta adesione o comunque di benevola attesa verso la rivoluzione sovietica erano gli ideali che accomunavano i russi di Montparnasse e li distinguevano dagli «émigrés» bianchi.6 Dieci giorni dopo l’arrivo a Parigi, Poplavskij fu per la prima volta alla Grande Chaumière, una delle più note scuole d’arte parigine. Era stata fondata nel 1902 nella via da cui prende il nome, nel cuore di Montparnasse, a pochi passi dalla Ecole des Beaux-Arts (al cui accademismo intendeva opporsi) e a breve distanza dalla più antica Académie Colarossi (vi aveva insegnato Rodin, e nel primo decennio del secolo vi aveva studiato Modigliani). Come l’Académie Colarossi, anche la Grande Chaumière era frequentata per lo più da stranieri – tra gli altri, Alberto Giacometti, Mirò (dal 1920), Balthus (dal 1924), Calder (dal 1925). Alla Grande Chaumière, scrive Jean-Paul Crespelle, storico dell’arte e di Montparnasse on pouvait également venir y faire des croquis de vingt minutes ou d’une heure. Ses prix, sur lequels s’alignaient les autres académies, étaient modestes: cinquante centimes pour une séance de vingt minutes.7 Probabilmente i prezzi erano aumentati, nei primi anni Venti, o erano comunque inaccessibili per le sue tasche: in ogni caso, Poplavskij non si iscrisse. Ma la frequentava quando riusciva a entrare grazie al tesserino che gli prestavano gli amici: Утром пошел в Академию. Первый раз. Сел рисовать обнаженную натуру. Неприятно. Шел обратно. (6 giugno) Утром: молоко, молитва, академия. Приехал поздно. Рисовал мало и спокойнее. Под конец меня раздражала одна натурщица.8 Завтра перехожу на мужскую натуру. (11 giugno) В академию пришел поздно [...]. (23 giugno) [...] в пять пошел в Grande Chaumière, рисовал очень легко и очень хорошо [...]. (3 agosto) 6 MARZADURI 1984: 18. CRESPELLE 1976: 72. 8 Non sappiamo nulla dell’episodio in questione, ma esso pare confermare il carattere infiammabile del poeta, così come lo ricordano molti di coloro che lo conobbero. 7 74 Утром молился, потом пошел к Френкелю, он лепил девушку, дал билет в Гранд Шомьер, рисовал легко красавицу карандашом. (4 agosto) В Grande Chaumière рисовал вяло [...]. (6 agosto)9 Molti artisti russi della Ecole de Paris passarono dalla Grande Chaumière. Dei giovani con i quali Boris Julianovič la frequentò – come lui russi, profughi, attratti dall’avanguardia – alcuni sarebbero diventati famosi di lì a poco, altri sarebbero tornati nell’URSS, altri ancora avrebbero abbandonato la pittura. Tra i primi erano Konstantin Tereškovič (Constantin Téréchkovitch, nella grafia adottata in Occidente, 1902-1978), uno dei più cari amici di Poplavskij, e Andrej Lanskoj (Andrè Lanskoy 1902-1976), forse il più celebre tra i giovani pittori émigrés.10 Poplavskij era a Parigi da meno di un mese quando, nel giugno 1921, alla galleria La Boëtie venne inaugurata una mostra di pittori del Mir iskusstva che avevano lasciato la Russia sovietica. Era la prima uscita pubblica di Le Monde Artiste, il gruppo fondato nel marzo 1921 dal principe Alexandre Shervashidze e da Georgij Lukomskij, in cui erano entrati dapprima soltanto membri dell’originario Mir iskusstva, e quindi anche altri artisti «previously inconnected with the World of Art».11 Nelle opere esposte a La Boëtie dominavano scene di genere, paesaggi (russi e no), nature morte, ritratti (della celebre Anna Pavlova, tra gli altri), mentre era del tutto assente il tema della Russia perduta: ancora non si parlava di emigrazione, i profughi stavano «seduti sulle valigie», secondo un’espressione allora diffusa, confidando in un prossimo ritorno nella patria liberata dai bolscevichi. Per la sua storia e per l’età dei suoi esponenti, Mir iskusstva (che nella capitale francese avrebbe tenuto una seconda mostra collettiva nel 1927) era destinato a rappresentare la continuità con la migliore tradizione dell’Età d’argento. In quello stesso 1921, sulle pagine di «Sovremennye zapiski», alla cui linea editoriale erano estranee le sperimentazioni dell’avanguardia, il critico d’arte Andrej Levinson, giudicando l’esposizione «alquanto povera ed eclettica», sottolineava il conservatorismo degli organizzatori, che non erano riusciti a riunire i migliori artisti russi all’estero, né ad affermare qualcosa di nuovo nel nuovo paese e nel nuovo quadro storico.12 Dopo che la stessa mostra venne riproposta, al Salon 9 POPLAVSKIJ 1996: 131 e sgg. Di tutti gli artisti ai quali fu legato (Soutine, Chagall, Larionov ecc.) Poplavskij conservò quadri, disegni e schizzi; con la vendita di queste opere venne finanziata, nel 1936, la pubblicazione della sua prima raccolta postuma di poesie (POPLAVSKIJ 1996: 417). 11 BOWLT 1981: 219. 12 TOLSTOJ 2005: 147-8. 10 75 d’automne (nella sezione «Groupe des artistes russes, membres et exposants de la societé Mir iskousstva»),13 durante la riunione del 4 dicembre del neonato gruppo letterario-artistico Gatarapak14 Konstantin Tereškovič espresse un giudizio ben più severo leggendo una relazione intitolata Pozor russkogo iskusstva (Russkie v «Osennem Salone») (La vergogna dell’arte russa [I russi al Salone d’autunno]), nella quale accusava di artificiosità i pittori di Mir Iskusstva, deformando il nome del gruppo in Mir iskusstvennosti (Mondo dell’artificiosità).15 Tereškovič non era solo in questa condanna: la condivideva con il Sojuz russkich chudožnikov. Lontana dal conservatorismo che dominava nelle associazioni fondate dai profughi, l’Unione era infatti formata dai rappresentanti delle tendenze più radicali, quelle della cosiddetta sinistra artistica dell’emigrazione.16 Oltre a frequentare l’Académie de la Grande Chaumière, Poplavskij visitava il Louvre; si interrogava sul proprio talento («Неужели буду настоящим художником?»17); seguiva le più nuove correnti pittoriche («пишу супрематистическую композицию маслом “Сферы и ангелы”»18); disegnava, all’aperto, per strada, nei luoghi della città più ricchi di storia («В Клюни много рисовал с Терешк<овичем>»19). Nel volgere di due anni avrebbe abbandonato la pittura per dedicarsi alla poesia; tuttavia avrebbe continuato a vivere esclusivamente nell’ambiente dei pittori fino al 1928. E fu frequentando i pittori che completò la sua formazione di poeta: anche per questo molte delle sue teorizzazioni sull’arte, lo vedremo, traggono origine dalla riflessione sulla pittura (fin dalla prima recensione, scritta a Berlino nel 1922). Come avrebbe ricordato Il’ja Zdanevič, proprio il rapporto con la pittura e l’ambiente dei pittori (Poplavskij visse tra artisti di prima grandezza: da Soutine a 13 Ibid. LIVAK 2005: 230. 15 La relazione venne pubblicata nel primo numero (febbraio 1922) della rivista «Udar» (si veda MENEGALDO 2000: 254). 16 Dopo la rivoluzione del febbraio 1917 i rappresentanti dell’avanguardia cubofuturista, per i quali il futurismo aveva assunto un significato rivoluzionario non solo sul piano estetico, ma anche sociale e politico, cominciarono a definirsi «di sinistra» («левые»). L’Unione degli artisti e dei pittori diede vita (aprile 1917) alla Molodaja federacija chudožnikov levogo napravlenija (Giovane federazione degli artisti di sinistra). Alla loro pratica si ricollegò la sinistra artistica dell’emigrazione russa, che non si riconosceva politicamente nella massa dei profughi («беженцы») antisovietici. 17 POPLAVSKIJ 1996: 135. 18 Ibid. 19 POPLAVSKIJ 1996: 133. 14 76 Chagall, da Larionov alla Gončarova20) formò e, per così dire, salvò i poeti della generazione di Boris Julianovič emigrati in Francia: Примечательным было стремление этой молодежи выйти из беженства, решимость детей порвать с родителями, отмежеваться от их убеждений и поступок. [...] Для художников вопрос решался сравнительно просто, в силу самой природы их искусства: они стали парижскими художниками [...]. Драматическим было положение пишущих! Беженская печать была неприемлема [...]. Прежде вопроса, где же печататься, возник вопрос о среде. Отсюда тяга Поплавского, Гингера, Свежникова, Божнева к художникам, к Монтпарнасу, возникновение группы «Через», литературной секции при Союзе Русских художников, собрания в исчезнувшей кофейне Парнас. Среди художников мы провели безвыходно пять лет, писали для художников, читали для художников, увлекались живописью больше, чем поэзией, ходили на выставки, не в библиотеки. Жили же мы стихами Поплавского.21 2.2. Annotava Poplavskij il 27 maggio, il giorno dopo l’arrivo nella capitale francese: Утром оделся, пошел гулять по Парижу. Оделся в скаутскую форму, пошел искать штаб. Молился. Папа и все пошли на Монтмартр. Видели художников в плохих костюмах, идущих на бал.22 La comunità cosmopolita degli artisti si divideva tra Montmartre e Montparnasse: se nelle prime note del Diario parigino di Boris Julianovič ricorre il nome di Montmartre, il destino lo avrebbe in seguito legato a Montparnasse, il quartiere di Soutine, Zadkine, Picasso, Paul Fort, Max Jacob, Hemingway, Cocteau, Fitzgerald, Miró, Fujita (per limitare l’elenco agli anni Venti), dei già leggendari caffè dove si discuteva di pittura e poesia, dove nascevano gruppi e correnti destinati a mutare radicalmente l’arte del secolo. Agli inizi del Novecento, era toccato ai poeti di inaugurare la fama del quartiere, in particolare ai simbolisti del gruppo riunito intorno alla rivista «Verses et prose», che frequentavano la Closerie 20 Tra gli artisti «близкиe друзья» di Poplavskij, Vladimir Sosinskij ricordava Larionov, Soutine, Fujita, Mane-Katz, Mintchine e Tzara (SOSINSKIJ 1991: 176). 21 ZDANEVIČ 1997: 113. 22 POPLAVSKIJ 1996: 131. 77 des Lilas; ma dal decennio successivo avevano preso il sopravvento i pittori habitué de La Rotonde,23 cuore della Ecole de Paris, mentre al Dôme, altro storico locale, si stabilirono negli «anni folli» i tedeschi, gli scandinavi e gli americani di Parigi.24 Così Crespelle descrive il clima che si respirava in questi caffè all’epoca in cui il giovane Poplavskij li frequentò: L’atmosphère de La Rotonde, jusqu’en 1924, fut celle d’un foyer où l’on venait retrouver les copains, où il faisait chaud l’hiver. Ce qui n’empêchait pas des discussions violentes de s’élever entre les clients, sur des sujets artistiques ou politiques. [...] Les ivrognes, eux-mêmes, étaient rares et se rencontraient plus souvent au Dôme qu’à La Rotonde. [...] C’est seulement après [dopo il 1924] que La Rotonde devint, durant les années 20, avec Le Jockey, le grand centre de la drogue de Montparnasse.25 E così, con mesta tenerezza, rievocava i tempi di quella poverissima gioventù il già ricordato Jakov Cvibach, arrivato a Parigi nel 1920: Мы бродили целыми днями по Парижу в поисках работы, а по вечерам собирались в «Ротонде», тогда еще грязном, полутемном и дешевом кафе. «Ротонда» была нашим убежищем, клубом и калейдоскопом. Весь мир проходил мимо, и мир этот можно было рассматривать, спокойно размешивая в стакане двадцатисентовое кофе с молоком. [...] Что векло нас в «Ротонду» в длинные зимние вечера? Свет, жарко натопленная печь, какой-то уют, которого не хватало в наших жалких отельных комнaтах, встречи с новыми людьми, женщины. Мы сидели часами у чашки давно выпитого кофе, не смея уйти, - может быть, потому, что за кофе нечем было заплатить, а может быть, просто содрогаясь при мысли, что 23 Il patron appendeva ai muri le opere dei clienti, era abbonato a giornali tedeschi, russi, svedesi, e accoglieva volentieri gli artisti squattrinati, nella convinzione, rivelatasi fondata, che «ce sont des types que l’on remarque et ils finiront par rendre mon café célèbre» (si veda CRESPELLE 1976: 97). 24 In Vita da geni (1934), rievocando i primi anni Venti, lo scrittore ed editore statunitense Robert McAlmon scriveva: «stranieri di varie nazionalità si radunavano ogni giorno nei dintorni della Rotonde, che gli americani evitavano perché il patron [...] pretendeva che le signore non fumassero e non si presentassero sulla terrasse del suo locale senza cappello. Gli habitué inglesi e americani si erano immediatamente spostati dall’altra parte della strada, al Dôme, che poi divenne il loro ritrovo preferito. Da allora La Rotonde è rimasta territorio della borghesia francese o dello straniero che sta per ore davanti a una tazza di caffè o a un bicchiere di birra» (MCALMON 1997: 37-38). 25 CRESPELLE 1976: 98. 78 нужно будет выйти на улицу, в сырость, туман, белесоватую мглу, в которой шипели газовые фонари.26 Come apprendiamo dal diario, Poplavskij nel 1921 frequentò assiduamente La Rotonde e il Caméléon.27 Qui il 23 giugno 1921 partecipò per la prima volta a una serata di Gatarapak (sigla nata su imitazione di Dada, o forse come acronimo dei nomi dei fondatori; l’origine resta a tutt’oggi oscura28). Sfuggendo all’«ermetico isolamento»29 nel quale vivevano, un gruppo di giovani poeti profughi – tra i quali Aleksandr Ginger,30 Vladimir Pozner,31 David Fiksman ovvero Dovid Knut,32 26 SEDYCH 2003: 239; 246-247. Al Caméléon la squattrinata colonia russa si spostò definitivamente (per poco: anche questo piccolo e misero locale sarebbe stato trasformato nel più elegante Jockey) quando La Rotonde, nel gennaio 1923, divenne un american bar e caffè danzante. 28 LIVAK 2005: 145. 29 D. Knut, Russkij Monparnass [1927] (KNUT 1997-98: II, 552). «Эти люди собирали силы для трудного дела: им предстояло пробить толстую стену человеческой косности, равнодушия и, в лучшем случае, недоверия, чтобы выбиться из кислой духоты и дыма кабацкого небытия на свежий, говоря мeта-форами, воздух печатной литературой» (ibid.) 30 A.S. Ginger (Pietroburgo 1897 – Parigi 1965), figlio di un medico ebreo, emigrò a Parigi nel 1921; pubblicò la sua prima raccolta poetica, Svora vernych (Il branco dei fedeli), nel 1922, seguita da Predannost’ [Devozione] nel 1925. L’anno successivo sposò la poetessa A. Prismanova. Tornò a pubblicare solo nel 1939 (Žaloba i tvorčestvo [Il lamento e l’arte]) e dopo la guerra (Vest’ [La notizia], 1956; Serdce [Il cuore], 1965). A Ginger, che chiamava affettuosamente Šurik, Poplavskij fu molto legato, e lo ritrasse in parte nel protagonista di Apollon Bezobrazov (scriveva nel 1928 a Zdanevič: «Много в этом романе также Твоего прямого влияния и особенно Шурикова»; POPLAVSKIJ 1997: 106). 31 Figlio di Solomov Pozner, giornalista, storico dell’ebraismo russo e memorialista, emigrato agli inizi del Novecento in Francia e tornato a Pietroburgo negli anni Dieci, V. Pozner (Parigi 1905-1992), entrò nel 1921 nel gruppo dei Fratelli di Serapione. In quello stesso anno lasciò per sempre la Russia con la famiglia e si stabilì a Parigi (dove, tra il 1924 e il 1933, il padre fu segretario del Komitet pomošči russkim pisateljam i učenym vo Francii). Pubblicò il suo unico volume di liriche, Stichi na slučaj (Versi d’occasione) nel ’28. Nel 1932 entrò nel Partito comunista francese e smise di scrivere in russo. In francese tradusse Tolstoj, Dostoevskij, Šklovskij, compose una storia della letteratura russa (1929), romanzi (quattro dei quali recentemente ripubblicati da Actes Sud), memorie, sceneggiature per il cinema (a Hollywood, durante la Seconda guerra mondiale). 32 Dovid (pseudonimo di David Mironovič) Knut (Kišinev 1900 – Tel Aviv 1955) arrivò a Parigi nel 1920. Pubblicò nel 1925 la sua prima raccolta, Moich tysjačeletij (Dei miei millenni), cui fecero seguito Vtoraja kniga stichov (Secondo libro di poesie, 1928), Satir (Il satiro, 1929), Parižskie noči (Le notti di Parigi, 1932), Nasuščnaja ljubov’ (Amore vitale, 1938), Izbrannye stichi (Versi scelti, 1949). 27 79 oltre al già ricordato Cvibach – si ritrovava al Caméléon per leggere versi propri, di poeti contemporanei rimasti nella Russia sovietica (Gumilëv, Anna Achmatova), di Puškin (il poema Gavriliada, pubblicato per la prima volta nella versione integrale tra il 1918 e il 1922). Alle serate di Gatarapak intervenivano anche pittori ormai da tempo attivi a Parigi come Soutine,33 Viktor Bart,34 Lado Gudiašvili,35 altri arrivati da poco, come il georgiano David Kakabadze,36 e i giovani amici di Poplavskij: Konstantin Tereškovič, Sergej Karskij e Frenkel’. Partecipavano anche alcuni rappresentanti, di poco più anziani, della vecchia colonia parigina, come Valentin Parnach37 e Serge Charchoune;38 con quest’ultimo Poplavskij strinse un’amicizia destinata a durare a lungo. In seguito, nei ricordi dei memorialisti dell’emigrazione, l’attività di Gatarapak si sarebbe parzialmente confusa con quella di Palata Poetov (La camera dei Poeti), la cui prima serata si tenne, sempre al Caméléon, il 7 agosto 1921. Fondata da Par- 33 Nato da una modesta famiglia ebrea, Čaim Sutin (Chaïm Soutine, 1893/4-1943), esponente di spicco della scuola russo-ebreo-parigina, compì i primi studi a Minsk e dal 1913 fu a Parigi. Visse fino alla morte in Francia, dove cominciò a ottenere riconoscimenti e successo dai primi anni Venti. 34 Viktor S. Bart (1887-1954), pittore e grafico, fu tra gli organizzatori, a Mosca, delle mostre Bubnovyj valet (Il fante di quadri, 1910-11) e Oslinyj chvost (La coda dell’asino, 1912). Dal 1918 visse e lavorò a Parigi, dove prese parte all’organizzazione di molte iniziative della sinistra artistica. Tornò nell’URSS nel 1936. 35 Lado (Vladimir Davidovič) Gudiašvili (1896-1980), grafico e pittore georgiano, visse a Parigi tra il 1919 e il 1926, prima di tornare nell’URSS. 36 Il pittore georgiano David N. Kakabadze (1889-1952), fautore, con Filonov, dell’Arte analitica (il cui manifesto apparve nel 1914) visse e lavorò a Parigi tra il 1919 e il 1927, anno in cui fece ritorno in patria. 37 Eccentrico poeta e ballerino, Parnach (1891-1951; il vero cognome, che la sorella poetessa mutò in Parnok, era Parnoch) lasciò la Russia nel 1915, per viaggiare tra Arabia, Palestina, Egitto e Spagna, sulle tracce degli ebrei vittime dell’Inquisizione. A Parigi, nel 1922, avrebbe pubblicato le prime raccolte poetiche di ispirazione futurista (ma aveva esordito nell’acmeismo: era infatti stato amico di Osip Mandel’štam, che lo rievocò in Egipetskaja marka, Il francobollo egiziano), illustrate da Larionov e dalla Gončarova. In URSS, dove tornò dapprima nel 1922 e, definitivamente, nel 1931, avrebbe fatto conoscere la musica jazz e le danze afroamericane. 38 Il «pittore grafomane», secondo l’autodefinizione, Sergej Šaršun (Serge Charchoune, 1888-1975), a Parigi dal 1912, salvo una breve parentesi (1917-1919) nel Corpo di spedizione russo, era estraneo tanto agli ambienti francesi quanto a quelli della nuova emigrazione, vero «campione di cosmopolitismo» (così caratterizzava il protagonista in larga parte autobiografico del suo romanzo Dolgolikov [Faccialunga]). Poplavskij ne fu amico e ne ammirò anche l’opera in prosa (nel 1933, in «Čisla», lo indicava come primo rappresentante della nuova prosa propugnata dalla rivista). 80 nach e Charchoune, con i poeti Mark Talov,39 Ginger e Georgij Evangulov,40 cui si unì anche Michail Struve,41 Palata, a differenza di Gatarapak, intendeva rivolgersi a tutto il pubblico russo di Parigi, ma era più selettiva nell’accogliere i membri: Poplavskij, che avrebbe voluto farne parte, non venne accolto42 (analoga sorte toccò a Knut, Pozner, Boris Božnev,43 Anatolij Julius44). Così, nelle sue memorie, Vladimir Janovskij ricordava quei primi, fervidi tempi dell’arte e della poesia russe a Parigi: На тех, доисторических вечерах гремели звезды раннего периода: Евангулов, Божнев, Гингер (Зданевич, Шаршун). В подвале кафе на столике во весь рост стоял жизнерадостный Евангулов и выкрикивал стихи на манер Маяковского. Когда в подвал спускалась дама в мехах, он прерывал строфу и говорил очень почтительно: «Сюда, графиня, сюда, пожалуйста!».45 Il «programma ideologico» di Palata, avrebbe dal suo canto ricordato Knut, «заключалась в отсутствии всякой программы: это был винегрет всяких 39 Mark (Mark-Marija-Ljudovik, dopo la conversione alla fede cattolica) V. Talov (18921969), ebreo di Odessa (dove aveva pubblicato il suo primo libro di versi nel 1912), arrivò a Parigi nel 1913 e vi rimase fino al 1922, quando tornò nell’URSS. A Parigi strinse amicizia con Modigliani (questi gli fece conoscere l’opera di Mallarmé; Talov lo tradusse in russo, un lavoro che vide la luce solo postumo, nel 1990) e pubblicò due raccolte poetiche, Ljubov’ i golod (L’amore e la fame, 1920) e Dvojnoe bytie (Doppia esistenza, 1922). 40 Georgij S. Evangulov (1894 -1967), georgiano, aveva già pubblicato due libri di poesia e un romanzo breve, quando arrivò a Parigi nel 1921 e, con Palata Poetov, diede alle stampe Belyj duchan (La taverna bianca). Fu anche prosatore (Neobyknovennye priklučenija Pavla Pavloviča Pupkova v SSSR i v emigracii, Le straordinarie avventure di Pavel Pavel Pavlovič Pupkov in URSS e nell’emigrazione, 1946). 41 Michail A. Struve (1890-1948) pubblicò a Pietrogrado nel 1915 la sua prima raccolta di versi, apprezzata da Gumilëv. Partecipò quindi al secondo Cech poetov. Emigrato nel 1920 si stabilì a Parigi. Preparò due edizioni di versi, che però non videro la luce. 42 POPLAVSKIJ 1996: 134; LIVAK 2005: 151. 43 Boris B. Božnev (1898-1969) arrivò a Parigi nel 1919 per completare gli studi, ma fu presto costretto a trovarsi un impiego. Si legò in particolare ai pittori Tereškovič e Soutine, oltre che a Ginger e Poplavskij. Debuttò come poeta con la raccolta Russkaja lirika (Lirica russa, Sofia 1920, in collaborazione con K. Parčevskij), partecipò a Gatarapak, frequentò Palata Poetov e contribuì alla nascita di Čerez. Pubblicò Bor’ba za nesuščestvovanie (Lotta per l’inesistenza) nel 1925, Fontan (Fontana) nel 1927, e quindi altre raccolte, tutte in tirature minime, tra il 1930 e il 1949. 44 Anatolij M. Julius (Odessa 1897-Parigi 1977), poeta e prosatore, nel 1925 fu il primo segretario del Sojuz molodych poetov i pisatelej. 45 JANOVSKIJ 1993: 218. 81 “измов”».46 La domenica, al Caméléon si leggevano «versi inediti di poeti della Russia sovietica» (il 27 ottobre il programma prevedeva Achmatova, Gumilëv, Pasternak, Erenburg e Marina Cvetaeva, all’epoca ancora in patria) e nuove liriche dei poeti che vivevano nella capitale francese, si ascoltavano relazioni sull’arte (come quella di Bart sui «Pittori russi parigini», 27 agosto), se ne discuteva (quella stessa sera, per esempio, parteciparono al dibattito la Gončarova, Larionov, Sudejkin). Con Larionov e Parnach, Charchoune animò «serate di letture poetiche e danze che nascevano dall’osservazione dei movimenti degli animali».47 Il 21 dicembre la serata del gruppo (che si risolse in un fiasco: un abisso estetico e ideologico, come scrive Livak,48 divideva i membri di Palata dall’uditorio émigré) fu dedicata al dadaismo, che viveva allora la sua ultima stagione a Parigi (vi parteciparono Ribemont-Dessaignes, Aragon, Eluard, Breton, Soupault), e con il quale Charchoune, amico di Tristan Tzara, aveva stretti contatti. Fu nel corso di questi incontri che ebbe modo di formarsi la nuova generazione letteraria russa a Parigi.49 Ricorda ancora Knut: Влияние этих регулярных встреч на развитие писателей было огромным. Дружеские споры на деле обернулись литературной студией, которой не было аналогов.50 Tanto Parnach quanto Charchoune, come in generale i veterani della colonia russa da lungo tempo lontani dalla patria, non condividevano allora lo spirito antisovietico che caratterizzava l’emigrazione. Avevano conosciuto non gli orrori della guerra civile, ma le morti di massa del primo conflitto mondiale, ed erano per lo più anarchicamente ostili alla politica, come i confratelli dadaisti, o guardavano con interesse (ma spesso scarse cognizioni teoriche e ideologiche) all’«esperimen46 «Карамазовское “все дозволено” господствовало здесь, открывая пути тесному соседству эпигонов Блока и конструктивистов, нарочито косноязычных адептов “надинтеллектуализма” и, скажем, поэзии, славящей онанизм. Однако этот декаданс никак не отменял проявлений душевного здоровья другой части столь пестрого сообщества» (D. Knut, Opyt «Gatarapaka»; KNUT 1997: 263). 47 DI MILIA 1996: 9. 48 LIVAK 2005: 154. 49 Alcuni suoi rappresentanti riuscirono anche a dare alle stampe le proprie prime opere tra il ’21 e il ’22. Fu allora che singoli volumetti di Charchoune, Ginger, Evangulov, Parnach e Talov vennero pubblicati dalla Franko-russkaja pečat’ diretta da Orest Zeljuk, sotto l’egida di Palata poetov. Boris Julianovič, che con Zeljuk aveva navigato da Costantinopoli a Marsiglia (si veda supra 1.9: 67), il 6 agosto 1921 aveva annotato nel Diario: «Зелюк издает мою книгу» (POPLAVSKIJ 1996: 134); il progetto rimase irrealizzato. 50 KNUT 1997: I, 265. 82 to» sovietico, come avrebbero fatto di lì a poco i surrealisti. Proprio tra le fila di questi artisti, tutti vicini alle posizioni del Sojuz Chudožnikov, si registrarono le prime partenze per l’URSS: intorno al 1922, agli inizi del periodo convulso della NEP (fu il caso di Talov e di Parnach, che nel 1926 tornò a Parigi per ripartire definitivamente nel 1931), e successivamente intorno al 1927, quando l’esperienza parigina dell’avanguardia russa si era ormai definitivamente conclusa (fu il caso, tra gli altri, dell’editore e critico d’arte Sergej Romov51). L’ultimo frutto della collaborazione tra artisti russi a Parigi e governo sovietico fu la mostra Sovremennoe francuzskoe iskusstvo (L’arte francese contemporanea), organizzata a Mosca nel 1928. In rappresentanza della sezione «russa», curata da Viktor Bart, vennero invitati esponenti del Sojuz Chudožnikov, tra i quali Larionov, Gončarova, Bart, Chagall, Annenkov, Puni, Tereškovič, Mintchine. 2.3. Poplavskij, che pure in alcune delle sue prime liriche si era scagliato contro il potere bolscevico, condivise con i nuovi amici e maestri l’orientamento filosovietico. La sua scelta era determinata in larga misura da considerazioni di natura artistica:52 fino alla metà del decennio per l’Ecole de Paris e i poeti russi che vi 51 Sergej Romov (Serge Romoff, 1887-1939) fu uno dei rappresentanti più attivi dell’avanguardia russo-parigina, organizzatore di mostre, editore, traduttore. L’8 aprile 1921 inaugurò al Parnasse, per la prima volta nella storia dei caffé parigini, una esposizione di quadri di artisti russi, Vystavka 47. A lui si deve la versione del poema di Blok Dvenadcat’ in una edizione illustrata da Larionov (Les Douze, Edition d’Art La Cible, 1920). Secondo G. Nivat (1993: 435), a Parigi «Romoff disposait sans doute de fonds soviétiques car il faisait partie de l’antenne parisienne du Narkompros (Commissariat Populaire à l'Instruction) dont le chef était Malkin». In seguito, come ricorda il figlio adottivo Anatolij Romov (ROMOV 2005): «В 1929 году Сергей Ромов, идеалист, понятия не имеющий о том, что происходит в большевистской России, оставив в Париже семью, приехал в СССР, сменил французское гражданство на советское и стал работать в журнале “30 дней”. В 1936 году он был арестован, два с половиной года его допрашивали и пытали на Лубянке, в конце 1938 года его, превратившегося в тень бывшего Serge Romoff, выпустили, затем снова забрали и в 1939 расстреляли. Он похоронен в Москве». Parzialmente diversa la ricostruzione dei fatti fornita in GAYRAUD 2009: «В 1927 г. Ромов, бывший в свое время членом партии меньше-виков и живший в Париже уже два десятилетия, поехал в СССР, рассчитывая скоро вернуться в Париж, где оставил жену и больного туберкулезом сына, однако вернуться уже не смог. […] В СССР Ромов некоторое время работал в «Литературной газете», затем был арестован и умер вскоре после освобождения». 52 All’epoca Boris Julianovič (nato nel 1903) era ancora, giova ricordarlo, un ragazzo. Così, nel diario, accanto a osservazioni sul costruttivismo, registrava di avere giocato a 83 erano legati avanguardia e Russia sovietica coincisero. In una breve nota biografica composta nel 1930 su richiesta di Jurij Ivask, rievocando questi anni Poplavskij avrebbe laconicamente affermato: «Долгое время был резким футуристом и нигде не печатался».53 Altri fattori, certo, contribuirono a determinare questa scelta di campo: primi tra tutti il rifiuto della condizione di profugo, l’opposizione al mondo dei padri e ai loro valori.54 D’altro canto, la decisione di schierarsi in favore dell’Unione Sovietica (sulla cui reale situazione, a causa della distanza geografica così come delle contrapposizioni ideologiche, fu impossibile avere notizie almeno fino a quando non arrivarono le prime informazioni dirette di quanti vi avevano fatto ritorno, le prime testimonianze sui campi delle Solovki) era anche generata da un’invincibile nostalgia della Russia, o perlomeno da un legame – culturale e linguistico prima che nazionale, se non altro per i poeti – difficile da spezzare: Дело в том, что вся русская культура, кроме символизма, почти исключительно моральное явлениe. Все русские писатели, кроме, может быть, Пушкина, моралисты, доброискатели. Русская рево- palle di neve in rue de Rennes, e di aver modellato con la neve un busto di Marx in avenue du Maine (testo russo inedito, cit. in MENEGALDO 2000: 252). 53 Lettera a Ju. Ivask del 19 novembre 1930 (POPLAVSKIJ 1996: 242). 54 Nel saggio Geroičeskie vremena molodoj zarubežnoj poezii (I tempi eroici della giovane poesia fuori della Russia, LIVAK 2005: 158), documentatissima ricostruzione del periodo «leggendario» dei russi a Parigi (1920-1926), L. Livak vede nell’orientamento filosovietico dei poeti della cerchia di Poplavskij il ripetersi del classico scontro generazionale: i «figli» profughi non condividevano le posizioni dei «padri» per naturale spirito di contraddizione. Se i padri fossero stati comunisti, scrive Livak, i figli sarebbero stati democratici convinti. Lo studioso tuttavia non spiega come mai, in tutta la prima «ondata» dell’emigrazione, soltanto questi figli (artisticamente vicini all’avanguardia francese, e ai «veterani» russi di Parigi) riproponessero in termini politici questo conflitto. Nell’opera di Poplavskij, in particolare, lo scontro con il padre assume carattere esplicitamente letterario: se nei suoi versi dei primi anni Venti l’eroe lirico indossa la maschera di Don Carlos, l’eroe schilleriano vittima della tirannide paterna (si veda «Я Шиллера читать задумал перед сном»; infra, 4.2.), nella vita quotidiana (lo testimoniano i diari, l’epistolario, le memorie degli amici), Boris Julianovič nutrì sempre per il padre un forte, tenero affetto. Quanto alla «легкость, с которой большинство молодых поэтов через несколько лет забросили крайне “левую” идеологию», di cui Livak scrive nelle pagine sopra ricordate, essa non è in alcun modo attribuibile a Poplavskij. Questi nel 1933 definirà il conflitto generazionale del tempo in termini dostoevskiani, chiamando quella dei padri «“поколение преступления” (то есть потери России)» e la propria «“поколение наказания” (то есть сформировавшeеся в железном веке расплаты за неудачу – вину отцов)» (POPLAVSKIJ 1996: 300). 84 люция и послереволюционная советская литература – законное продолжение этого действенного морализования, и попытка современного марксизма основать социальную драму на механической борьбе интересов есть, по крайней мере для России, отрицание листьями своего ствола.55 In ogni caso, ancora negli anni Trenta Poplavskij avrebbe almeno in parte condiviso le proprie convinzioni giovanili. Scriveva infatti a Jurij Ivask (nel 1932): Меня тoлько христианство [la sottolineatura è nell’originale] удерживает от чистого коммунизма, ибо я всею душой ненавижу деньги и их мораль. Мы здесь живем острым чувством приближения европейского апокалипсиса, и все коммунисты в душе, в сердце, но все же через «девочку Достоевского»56 мы никогда не перешагнем и останемся вне гибели мира, в катакомбах и в подполье. Однако я признаю, что готовящаяся мировая война есть прямое нападение на рабочий класс, и он только защищается, идя в революцию. Однако христианство мне лично запрещает защищаться.57 Riconoscendo nell’ideale di una «социальнaя, социалистическaя жалость» una fase passeggera attraversata da Poplavskij nella sua incessante attenzione al tema della felicità dell’uomo, Jurij Fel’zen scriveva nel 1936: Ненадолго возникло у него увлечение научным марксизмом, навязчиво пристрастные разговоры о России, о счастье человечества. По ним 55 POPLAVSKIJ 1996: 92 (annotazione nel diario del 21 dicembre 1928). Nel 1929 Boris Julianovič affermava: «Эпоха и революция, несомненно, сложнее марксизма и глубже теории борьбы за выгоды, ранше всего потому, что русский социализм – душа русской литературы, нечто глубоко мистическое» (POPLAVSKIJ 1996: 255). 56 Poplavskij sembra alludere qui sia all’episodo di Stavrogin e della piccola Matreša, nei Demoni, sia alla replica di Aleša Karamazov («Нет, не согласился бы») alla domanda del fratello Ivan («[…] представь, что это ты сам возводишь здание судьбы человеческой с целью в финале осчастливить людей, дать им, наконец, мир и покой; но для этого необходимо и неминуемо предстояло бы замучить всего лишь только крохотное созданьице, вот того самого ребеночка, бившего себя кулачком в грудь, и на неотмщенных слезках его основать это здание, согласился ли бы ты быть архитектором на этих условиях, скажи и не лги!»; DOSTOEVSKIJ 1991: IX, 276). Nel 1931 il poeta aveva più esplicimente scritto: «Христианство говорит [...], что пусть даже замедлится намного пришествие всеобщего благополучия на земле, если для этого следует до конца унизить и замучить хотя бы единого только человекa (девочку Достоевского)» (O smerti i žalosti v Čislach; POPLAVSKIJ 1996: 263). 57 Lettera a Ju. Ivask del 30 luglio 1932 (POPLAVSKIJ 1996: 245). 85 судить о подлинном Поплавском, попрекать его «человечеством» было бы столь же близоруко и бессмысленно, как попрекать и «кокаинными видениями». […] От социальной, социалистической жалости был естественный, новый, последний период – к личному, доброму, милому вниманию, к осязательной братской любви.58 Ma la condanna del bolscevismo (negli anni Trenta, per lo meno) fu netta e recisa da parte di Poplavskij, pur nella convinzione che «идейная борьба с большевиками бесполезна».59 Nel 1933, in Vokrug «Čisel», definiva il bolscevismo «una grandiosa malattia dello spirito russo» но не новой болезнью, а вечной болезнью русской диалектики ценности личности, ибо для меня истинные вдохновители пятилетки не Молотов и Каганович, а ненавистные Розанову Иван Грозный и Писарев с Добролюбовым.60 Boris Julianovič cercò quindi di dissuadere con ogni mezzo Natal’ja Stoliarova dal lasciare la Francia per l’URSS («отговаривал меня, предсказывал с удивительной точностью мою судьбу», ricorderà la donna61). Spesso, nei diari degli anni Trenta, nazismo e comunismo vengono accumunati; Poplavskij li considera un ritorno a una condizione pre-storica nella quale gli individui rinunciano liberamente alla propria individualità, felici di «войти в ряды и больше не быть одинокой личностью»: «В сущности, фашизм и коммунизм есть возвращение России и Германии к природе».62 Secondo Poplavskij, infatti, la libertà non è una condizione naturale, ma una conquista delle antiche civiltà ebraica e greca. Si ripropone, in termini politici, la dialettica tra individualità e «соборность» (tema peraltro non nuovo nel pensiero russo, non solo émigré), centrale nella riflessione di Boris Julianovič: Так род тоскует по личности, тщится к ней, а личность тоскует по соборной жизни, и здесь останавливается печально диалектика демократии, понимая, как мертвое одиночество в большом городе и 58 FEL’ZEN [1936]: 141. Natal’ja Stoljarova ricordava così le posizioni politiche di Boris Julianovič negli anni in cui furono legati: «Был ближе к правой эмиграции, думаю, не по принципиальным, а по чисто личным соображениям» (POPLAVSKIJ 1996: 77). 59 Così scriveva nel saggio del 1933 Čelovek i ego znakomye (L’uomo e i suoi conoscenti; POPLAVSKIJ 1996. 293). 60 POPLAVSKIJ 1996: 303-304. 61 POPLAVSKIJ 1996: 77. 62 POPLAVSKIJ 1996: 222. 86 смерть от голоду среди гор запасов неоходимо связаны с демократической свободой, [...].63 Per risolvere dialetticamente l’opposizione il poeta ipotizzava ancora nel 1934 un teorico «свободно принятый коммунизм»: Скажу прямо, что cвободно принятый коммунизм кажется мне третьей диалектической степенью […]. Но в нем важнее всего точное разделение нерушимой области личного и свободного от столь же нерушимой области обязательного и коллективного. И в этом все, ибо перегнуть в одну сторону – анархия, и перегнуть в другую – деспотия.64 Nello stesso anno, in Vokrug «Čisel», sottolineando il profondo legame tra individuallità, libertà e cristianesimo, condannava senza remore la Russia sovietica – per la negazione dell’individuo e delle sua libertà, nonché del cristianesimo – paragonandola ai regni assiri, proprio negli anni in cui Stalin già aveva avviato, contemporaneamente alle repressioni di massa, faraoniche costruzioni (dal Canale Mar Bianco–Mar Baltico alla metropolitana di Mosca) если Россия все-таки пройдет мимо личности и свободы (то есть мимо христианства – с Богом или без Бога), мы никогда не вернемся в Россию, и вечная любовь к России будет тогда заключаться в вечной ссоре с Россией. Ибо, думаю, что откинув личность и свободу [...] государство [...] достигнет, может быть, грандиозных, вавилонских, масштабов своих технических осушествлений [...] но падение будет так же молниеносно, как падение Ассирийских царств, изобретателей организовонного рабского труда, которых скучно и некому было защищать, ибо некому было любить, не было человека, личностей, кроме мифологических личностей царей.65 2.4. Tutto ciò era ancora di là da venire quando, nel febbraio 1922, apparve il primo numero della rivista «Udar» (Il colpo) – «Chudožestvenno-literaturnaja chronika 63 POPLAVSKIJ 1996: 221. POPLAVSKIJ 1996: 221. Secondo A. Bogoslovskij, che studiò e trascrisse clandestinamente i testi di Poplavskij nell’URSS degli anni Settanta, l’idealistico «comunismo» di Poplavskij deriverebbe più dalla lezione di san Francesco che dalle teorie marxiane, del tutto estranee al poeta (POPLAVSKIJ 1996, p. 452). 65 POPLAVSKIJ 1996: 300. 64 87 Sergeja Romova» (Cronaca letteraria e artistica di S. Romov), come recitava il sottotitolo – che intendeva programmaticamente «se solidariser avec la Russie nouvelle».66 «Udar» fu l’organo dell’avanguardia artistica russo-parigina; ai quattro numeri pubblicati (l’ultimo uscì nell’agosto 1923) collaborarono rappresentanti di Dada, critici francesi e pittori russi (tra cui Ribemont-Dessaignes, Viktor Bart, David Kakabadze e il giovane Tereškovič). Sulle pagine della rivista, accanto alla polemica contro la letteratura «беженская» (dei profughi), ovvero degli emigrati antisovietici (Bunin, Aldanov ecc.), grande spazio era riservato all’arte. Nel primo numero Tereškovič pubblicò il suo attacco a «Mir isskustva», mentre Romov tracciò il programma artistico della rivista, secondo la linea che dall’impressionismo e dal fauvismo, attraverso il cubismo, portava agli esiti ultimi del futurismo e del dadaismo (senza il cui rovesciamento dei valori le nuove teorie si sarebbero trasformate, scriveva Romov, in una nuova accademia67), ignorando il costruttivismo.68 Il forte legame con Dada fu ribadito dalla sinistra artistica russo-parigina in quello stesso mese di febbraio, quando venne pubblicata, firmata tra gli altri da Romov, Zdanevič, Charchoune e Talov, una risoluzione contro André Breton, futuro promotore del movimento surrealista in aperta opposizione a Tzara e ai suoi seguaci.69 Intanto, nel gruppo di artisti vicini a Gatarapak, Palata e «Udar», molti presero la via di Berlino, che all’epoca era ancora l’indiscussa capitale culturale dei russi all’estero. Dalla primavera del 1922, dopo il riconoscimento del governo bolscevico da parte della Repubblica di Weimar, la città era anche punto di passaggio obbligato per chi intendeva fare ritorno in Russia: Parnach, Talov e Charchoune la raggiunsero per procurarsi un passaporto sovietico e rimpatriare (solo Charchoune avrebbe cambiato idea). Tra la fine di marzo e i primi di aprile anche Boris Poplavskij e Konstantin Tereškovič arrivarono a Berlino,70 «город столь погибельный для неустойчивых».71 Nella «matrigna delle città russe» convivevano, frequentando le stesse serate, gli 66 NIVAT 1993: 435. LERZ 2000: s.v. «Udar». 68 Si veda BOWLT 1981: 219: «Sergei Romov’s “Udar” (Blow) of 1922-23 advocates Cubism as the latest artistic development and completely ignored Constructivism and industrial design. Consequentely, its aesthetic orientation was typified by its particular concentration on Braque, Derrain, and Lhote, and by its particular choice of Russian artists, i.e. Jacques Lipchiz (not Gabo), Constantin Terechkovitch (not Kandinsky)». 69 LIVAK 2005: 231. 70 LIVAK 2005: 231. 71 La definizione è di Zinaida Gippius, in una lettera a V.S. Pozner del 20 settembre 1922 (KOROSTELEV 2004: 326). 67 88 stessi luoghi, profughi ostili al nuovo regime e uomini politici, scrittori, giornalisti che ancora si interrogavano sulla scelta da compiere (molti, non solo tra i nakanuncy, sarebbero ritornati nell’URSS, come si ridenominò la Russia dal 30 dicembre 1922). A Berlino arrivavano allora anche i primi, privilegiati cittadini sovietici espatriati legalmente, spesso scrittori in «missione», come Il’ja Erenburg (giunto nell’autunno del 1921 dal Belgio, dove era riparato dopo l’espulsione dalla Francia) o Boris Pil’njak (che nella primavera del 1922 vi propagandò attivamente la nuova letteratura, «c мужицкой своей формой и содержанием»,72 fiorita nella Russia post-rivoluzionaria,). Grazie alle favorevoli condizioni economiche, a Berlino fioriva l’editoria destinata all’emigrazione come alla madrepatria, venivano pubblicati giornali e riviste per lettori emigrati e sovietici; scrittori emigrati e sovietici vivevano, lavoravano e si incontravano nei quartieri russi della città, dando vita a un’irripetibile «osmosi» (secondo la storica definizione di Gleb Struve) tra la letteratura dell’emigrazione e quella sovietica. «В Европе только один современный горoд – это Берлин» sosteneva Erenburg;73 non stupisce dunque che gli isolati rappresentanti dell’avanguardia e della «sinistra» russo-parigina fossero attratti dalla città dove «ничего еще не было решено, и осенью 1922 года я вместе с другими ждал революцию», come lo stesso Erenburg avrebbe ricordato.74 Il Dom Iskusstv (La casa delle arti) organizzava serate, mostre, concerti, lezioni. Tra i suoi animatori erano Belyj, Remizov, Aleksej Tolstoj, Puni; vi passarono Berdjaev, Jakobson, Majakovskij, Pasternak, Archipenko, Gabo. L’associazione non aveva una sede fissa, si riuniva nei caffè, che per un breve periodo furono celebri quanto quelli parigini. Al Léon, «a kind of Berlin Café Rotonde»,75 Belyj lesse frammenti di Kotik Letaev, Remizov delle sue Rozanovy pis’ma (Lettere di Rozanov), Šklovskij di Zoo, ili pis’ma o neljubvi (Zoo o lettere non d’amore), Literatura i kino (La letteratura e il cinema) e Novaja russkaja proza (La nuova prosa russa). Si tennero serate in onore di Majakovskij, Esenin, Pasternak, Cvetaeva, Pil’njak, Charchoune (quest’ultimo voleva realizzare una antologia dadaista che riunisse poeti tedeschi, russi, francesi76). Nel novembre 1922, quando le 72 Cfr. RUSSKIJ BERLIN 1983: 188. «Приезд Пильняка явился катализатором сменовеховских настроений среди литераторов» (ibid.). 73 ERENBURG 1966: VII, 285. 74 ERENBURG 1990: I, 388. 75 BOWLT 1981: 218. 76 Riuscì a pubblicare il volumetto Дадаизм (Dadaismo; Berlino s.d.), «представляющая собой в основном сборку высказываний европейских дадаистов» (GAYRAUD 2009). 89 divisioni politiche all’interno del Dom iskusstv sfociarono in scontro aperto,77 alcuni tra i maggiori esponenti della cultura russa a Berlino (Belyj, Muratov, Remizov, Chodasevič, cui si aggiunsero, tra gli altri, i filosofi Berdjaev e Frank) costituirono il Klub pisatelej, che iniziò a riunirsi al Café Landgraf. Entrambe le associazioni78 avrebbero avuto vita fino all’autunno del 1923. Poplavskij poté dunque completare la propria formazione nel luogo dove più vivace era la vita artistica e culturale russa. Qui abbandonò la pittura, frequentò Pasternak e Šklovskij (che, come scrisse, gli «diedero delle speranze»79), Belyj, Majakovskij (in visita a Berlino tra ottobre e dicembre; Poplavskij lo ritrasse in un disegno a matita che si è conservato), il pittore Ivan Puni;80 conobbe tra gli altri anche Vadim Andreev,81 e il pittore Mintchine,82 con i quali avrebbe stretto rapporti di amicizia a Parigi (a entrambi dedicò liriche in Flagi). A Berlino Poplavskij scrisse, forse pensando di pubblicarlo in «Udar»,83 il suo pri- 77 Causa ultima dello scontro fu la polemica scoppiata quando Ivan Puni lesse la relazione Sovremennoe iskusstvo i vystavka v Berline (L’arte contemporanea e la mostra berlinese), il 3 novembre 1922 al Café Léon; si veda infra, pp. 92. 78 In realtà, «чтобы не вдаваться в объяснения по поводу своих политических пристрастий» (KOROSTELEV 2004: 331), gli aderenti al Klub decisero che la loro organizzazione conservasse un carattere «интимно-дружеский». 79 Lettera a Jurij Ivask del novembre 1930 (POPLAVSKIJ 1996: 241-242). 80 Ivan A. Puni (Jean Pougny, 1894-1956) studiò pittura a Parigi (1909-10), dove tornò nel 1914 per esporre al Salon des Indépendants. Nel 1915 si unì al gruppo dei Suprematisti fondato da Malevič; dal 1919 insegnò a Vitebsk su invito di Chagall. Con la moglie, la pittrice Ksenija Boguslavskaja, lasciò la Russia nell’ottobre del 1920 e si stabilì per qualche tempo a Berlino (dove inaugurò la prima personale nel 1921), quindi a Parigi dal 1924, dove si legò ad artisti come Léger e Ozenfant. Dopo la Russia abbandonò il suprematismo. 81 Vadim L. Andreev (1902-1976), emigrato nel 1920, arrivò nel 1922 a Berlino, dove collaborò alla rivista «Nakanune» e pubblicò il suo primo volume di versi. Nel 1924 si trasferì a Parigi; entrò a fare parte del Sojuz molodych pisatelej i poetov, e successivamente di Kočev’e (Campo di nomadi). Durante la Seconda guerra mondiale partecipò alla Resistenza francese e nel 1946 prese la cittadinanza sovietica. 82 Abram Minčin (Abraham Mintchine nella traslitterazione che adottò in Francia; 18981931), nato a Kiev, fu dal 1923 a Berlino. Qui lavorò come scenografo per il Teatro ebraico e, nel 1925, espose i suoi primi lavori, di ispirazione cubista. Nel 1926 si trasferì a Parigi, dove inaugurò la sua prima personale nel 1929. 83 La circostanza non è confermata. Si sa invece per certo che K. Tereškovič (del quale Romov era allora, con i mezzi limitati di cui disponeva, il mecenate) dirigeva la sezione letteraria di «Udar», ma non aveva invitato Poplavskij a collaborare (POPLAVSKIJ 2005: 555). 90 mo intervento sull’arte (resterà incompiuto e inedito fino al 1974),84 dedicato a Die erste russische Kunstausstellung (La prima mostra d’arte russa), inaugurata il 15 ottobre 1922 alla Galerie van Diemen, nel centralissimo Unter den Linden, il viale dove sorgeva l’Ambasciata russa, ora sovietica. Non senza ironia, il giovane Boris Julianovič constata la «disonestà» degli organizzatori sovietici i quali, dovendo mostrare al pubblico i lavori realizzati «за время полной отчужденности России от всего культурного мира»,85 avevano presentato gli artisti di «destra» nelle sale più buie e infelici, privilegiando invece, per numero di opere e qualità dell’esposizione, quelli di «sinistra», in particolare suprematisti e costruttivisti. L’esposizione berlinese – 237 dipinti, oltre 500 tra opere di grafica, sculture, bozzetti teatrali, porcellane, realizzati da circa 180 artisti provenienti dall’URSS, come El Lisickij, Aleksandr Rodčenko, Vladimir Tatlin, Kazimir Malevič, ma anche da pittori che si trovavano al momento all’estero86 – era stata promossa dal governo sovietico in collaborazione con quello tedesco e con il sostegno del Comitato tedesco per il soccorso alle vittime della carestia in Russia, cui dovevano andare i proventi della vendita dei quadri esposti. Oltre al significato artistico (ampiamente studiato dagli storici dell’arte),87 l’esibizione ebbe anche una certa rilevanza politico-economica (nel quadro dei vivaci rapporti economici tra Germania e Russia, ripresi dopo il Trattato di Rapallo e l’inizio della NEP), nonché propagandistica: si proponeva infatti di dimostrare che l’arte sotto i bolscevichi fioriva. In effetti, come scrive Andrej Tolstoj nella prima monografia russa (2005) dedicata alla pittura dell’emigrazione: Именно благодаря этой экспозиции выяснилось, что русские художники, независимо от европейцев, пришли почти к тем же идеям обновления художественной формы, а в чем-то и предвосхитили западные новации, в том числе и в «дадайстcком» от84 Fu N.D. Tatiščev a conservare, insieme con l’archivio di Boris Julianovič affidatogli da Julian Poplavskij dopo la morte del poeta, le diciotto pagine di questo saggio incompiuto (POPLAVSKIJ 2005: 560). Molti decenni più tardi, S. Karlinsky le pubblicò in traduzione inglese (POPLAVSKIJ 1974), annotate da J.-C. Marcadé. L’originale è andato perduto e soltanto nel 2005 è stato pubblicato il testo russo (POPLAVSKIJ 2005), sulla base della copia fotostatica ritrovata da Marcadé nel proprio archivio. 85 POPLAVSKIJ 2005: 560. 86 Era il caso di Marc Chagall, che aveva da poco lasciato Mosca per Berlino, e dello stesso Charchoune, che alla Mostra espose opere rappresentative del suo «cubismo ornamentale». 87 Si vedano BOWLT 1981: 218; TOLSTOJ 2005: 119. 91 ношении к миру [...].88 La mostra ebbe un notevole successo di pubblico (venne prolungata sino alla fine dell’anno), e di critica: i sovietici privilegiarono le opere costruttiviste esposte, «Žar-ptica» (L’uccello di fuoco), organo di Mir iskusstva, si soffermò invece sulle opere realizzate prime del ’17, mentre i lavori di outsider come Charchoune passarono inosservati. Quando l’esposizione venne inaugurata, nella Berlino russa era in atto una accesa polemica tra Ivan Puni (riparato nella Repubblica di Weimar da due anni, si sarebbe trasferito a Parigi nel 1924) e Il’ja Erenburg, autore del libro-manifesto costruttivista A vse-taki ona vertitsja! (Eppur si muove!), recensito severamente da Puni in «Novaja russkaja kniga» (Il nuovo libro russo). Erenburg dirigeva allora, con Lisickij, «Vešč’» (La cosa), rivista filobolscevica, nelle cui pagine veniva esaltato il costruttivismo sovietico. Rimproverando ai suprematisti Malevič e Lisickij di aver dato vita a un nuovo accademismo, Puni opponeva alla loro concezione dell’arte, un tempo da lui condivisa, una nuova visione irrazionalistica: «Sentimento e intuizione – ecco le fonti dell’arte».89 A suo avviso, il tardo suprematismo e il costruttivismo avrebbero totalmente sottomesso la pittura ai fini utilitaristici della produzione meccanica. Espresse queste sue convinzioni, tra l’altro, al Cafè Léon, nel corso di una seduta del Dom Iskusstv (3 novembre 1922),90 cui Poplavskij assistette («очень остроумный доклад»91) e della quale riportò alcuni passi nel suo abbozzo di saggio: Пуни наглядно с таблицами доказал, что идеи и сущность этих двух течений92 совершенно одинаковы, разница только в том, что одни пишут с линейками и циркулями правильные квадраты и круги, а другие, как я уже говорил раньше, какие-то паутины, провол<о>ки неправильных форм, круги вроде дынь, огурцов и т.д.93 Sostenendo con forza le convinzioni di Puni, Poplavskij rivela al contempo l’appartenenza a una precisa scuola pittorica, ovvero quella russo-parigina che ebbe in 88 TOLSTOJ 2005: 107. Si veda PUNI 1923. 90 Così ricordava la serata Erenburg (1990: I, 391): «На докладе художника Пуни разразилась гроза; спорили друг с другом Архипенко, Альтман, Шкловский, Маяковский, Штеренберг, Габо, Лисицкий, я». 91 POPLAVSKIJ 2005: 565. 92 Ovvero i «suprematisti tedeschi» e Kandinskij, da un lato, quelli russi e Malevič, dall’altro. 93 POPLAVSKIJ 2005: 565. 89 92 Bart, Romov e Puni i propri teorici – una linea alla quale, pur nel mutare delle condizioni storico-artistiche, si manterrà fedele per tutta la vita. Al di là di alcuni perentori giudizi («наши замечательные открыватели живо-писных истин вроде Малевича, крайне одностороннего в своих работах, не имеющих никакого отношения к живописи, бездарнейшего коммерсанта Лисицкого и сравнительно способного, но нагло продающего искусство Н. Альтмана»; «Лентулов, как ребенок, совсем не понимает, что свет и тень нужно хотя бы более или менее держать в руках»94), caratteristici del tempo e anche dell’età dello stesso Boris Julianovič (allora diciannovenne), colpiscono in questo abbozzo di saggio alcuni motivi che ritroveremo nel Poplavskij critico d’arte (al principio degli anni Trenta avrebbe pubblicato numerosi interventi in «Čisla») e in generale nella sua poetica. Del resto, per Boris Julianovič pittura e poesia (così come musica e filosofia) saranno sempre strettamente connesse. Annoterà, per esempio, nel diario del 1929: Может быть, жалость от духа живописи, а трагедия (жертва формой) от духа музыки. Музыка идет через мост, живопись же хочет остановиться, построить белый домик, любить, любовать золотой час. [...] Искусство рождается из разговора музыки с живописью.95 E ancora: Поэзия создается из музыки, философии и живописи. То есть от соединения ритма, символа и образа.96 Non si tratta di considerazioni determinate da suggestioni fugaci o echi di letture. Come è facile notare anche soltanto scorrendo Flagi, l’unica raccolta edita in vita, nella lirica di Poplavskij proprio la pittura e la musica, insieme con l’incessante riflessione in versi sulla poesia stessa e in generale sulla creazione artistica, sono i temi dominanti. Quando, dopo il 1928, Poplavskij iniziò a pubblicare nelle riviste dell’emigrazione, quasi tutti i critici contemporanei sottolinearono gli stretti legami della sua poesia con la pittura e la musica.97 Sarebbe stato Chodasevič, recensendo la rac94 POPLAVSKIJ 2005: 563. POPLAVSKIJ 1996: 96-97. 96 POPLAVSKIJ 1996: 161. 97 Si veda quanto scriveva, tra gli altri, Cetlin: «Это стремление к своей поэтической “фактуре” роднит поэзию Поплавского с современными живописными исканиями, в которых так много творческой энергии уходит за поиски оригинальных приемов. 95 93 colta postuma V venke iz voska, a definire con limpida precisione in che cosa esattamente consistesse la musicalità di Poplavskij: [его поэзия] родственная музыке, не в смысле внешнего благозвучия, но в том смысле, что внелогична и до самой своей глубины формальна. Можно было бы сказать, что она управляется не логикой, а чистой эйдологией (прошу прощения за «страшное слово», некогда перепугавшее Максима Горького: оно означает систематику образов). Поплавский идет не от идеи к идее, но от образа к образу, от словосочетания к словосочетанию.98 Современный живописец прежде всего стремится быть непохожим на других, сразу и легко отличным. Сходство с живописью этим не ограничивается. Поэзия Поплавского часто и по существу более живописна, чем музыкальна» ([1931]: 178). Gleb Struve, primo storico letterario dell’emigrazione, scriveva in Russkaja literatura v izgnanii (Storia della letteratura russa in esilio, 1956): «Что Поплавский в сущности поэт не музыкальный, а живописный, было кем-то из критиков отмечено; наиболее сильное влияние на Поплавского оказала новейшая живопись – кто-то срaвнил его стихи с картинами Шагала» (STRUVE 1984: 339). Nel saggio In Search of Poplavsky: A Collage, S. Karlinsky notava: «a never-resolved dichotomy between poetry and painting […]. Much of his prose and poetry testifies to his never-ending yearning for mastery of the visual arts» (KARLINSKY 1973: 328). 98 CHODASEVIČ [1938]: 178-179. 94 3. La lezione dei pittori ... поддерживало постоянно и питало необычайно серьезное, прямо трагическое, можно было бы сказать, отношение к назначению искусства. 3.1. Scrivendo della Prima mostra russa tenutasi alla Galerie van Diemen, Boris Julianovič sosteneva di non avere alcuna competenza teorica in materia di suprematismo e costruttivismo,1 benché soltanto qualche mese prima avesse annotato nel diario di aver dipinto una «composizione suprematista con angeli e sfere».2 Dunque probabilmente conosceva almeno in parte le teorie formulate da Malevič nei primi anni Dieci (in ogni caso, come già ricordavamo, a Berlino poté assistere alla conferenza di Puni del 3 novembre 1922 dedicata proprio a suprematismo e costruttivismo). Ignorava, tuttavia, in quale stato versasse l’arte di un paese, la Russia, rimasto completamente estraneo «от всего культурного мира»3 a partire dai primi anni del conflitto mondiale, e nel quale proprio queste correnti artistiche sembravano ora dominare (anche se presto sarebbe stato imposto un «ritorno all’ordine»). Ma, per quanto avesse lasciato giovanissimo il proprio paese e nonostante le sue ammissioni d’ignoranza, Poplavskij, non giudicò l’esposizione con gli occhi di uno straniero. Nello scritto incompiuto del 1922, infatti, analizzò le opere degli artisti russi da un punto di vista particolare e nuovo: quello di un russo che frequentava le accademie e gli atelier di Parigi, che partecipava al gruppo 1 «Я бы не решил писать о русской выставке в Берлине, не разузнав предварительно от кого-нибудь из найболее видных представителей ее участников ее основные идеи (и законы) супрематизма и конструктивизма. Я считал себя недостаточно компетентным (по почти полному отсутствию у меня теорeтических знаний в области этих течений) критиковать, якобы, а может быть, и действительно передовых русских художников» (POPLAVSKIJ 2005: 560). 2 Si veda supra, 2.1: 76. 3 POPLAVSKIJ 2005: 560. 95 dell’avanguardia artistica russo-parigina riunito intorno alla rivista «Udar». E russo-parigino si sarebbe orgogliosamente considerato sino alla fine dei suoi giorni. Nel 1922, al centro dell’attenzione dell’ancora giovanissimo poeta sono i rapporti tra artisti russi e artisti attivi in Francia, in particolare gli esponenti di quello che giudicava e avrebbe sempre giudicato come il più importante movimento dell’arte internazionale contemporanea: il cubismo. Ai suoi occhi appariva perciò puramente imitativo, privo di originalità e profondità, il cubismo degli artisti russi4 esposti a Berlino: Русскиe кубисты (т[ак] наз[ываемые]) все без исключения подражают кубистам Франции первого периода, подражают исключительно внешне, фактура у них разрабатывается еще слишком наивно и не принимается во внимание при построении [...].5 In un altro passo, commentando ironicamente un’affermazione di Natan Al’tman, uno degli organizzatori dell’Esposizione berlinese, osservava: «этот факт ясно показал, как всесторонне в России изучают сейчас кубистов». Per Poplavskij il cubismo non fu mai una semplice corrente artistica tra le altre, bensì un movimento di capitale importanza che – dopo l’esaurirsi del suo slancio creativo verso la fine degli anni Venti e l’affermarsi di una nuova generazione di artisti – sarebbe rimasto senza eredi in Europa: высокого, одного чисто художественного стиля (подобием которого одно время казался кубизм для французской живописи) в настоящее время ни в русском, ни в иностранном искусстве нет.6 Ancora nel ’29, caratterizzando lo spirito della pittura russa come «дух конструкции разложения действительности»,7 Poplavskij dimostrerà di essere figlio del pensiero cubista, così come due anni più tardi, quando in Okolo živopisi scriverà di «тоска всех вещей и глухие поиски формы».8 Nel 1931 apprezzerà lo sforzo dei giovani pittori di «Čisla», tutti formatisi alla scuola del cubismo e impegnati a 4 O meglio delle artiste, giacché indica (tra parentesi) i soli nomi di Nadežda Udal’cova e Aleksandra Ekster. 5 POPLAVSKIJ 2005: 563. 6 Annotazione del 21 dicembre 1928 (POPLAVSKIJ 1996: 92). 7 Nella recensione del catalogo Kostia Téréchkovitch (red. F. Fels, Editions Le Triangle, Paris s.d.), apparsa in «Volja Rossii» (V-VI, 1929; cit. da POPLAVSKIJ 1996: 309). 8 POPLAVSKIJ 1996: 329. 96 ritrovare una propria strada dopo la scomparsa definitiva dell’«anima del cubismo»: Не место здесь говорить о душе кубизма, об этих долгих мучительных поисках идеальной «интеллигибельной» формы всех вещей. Но телом кубизма, основным пластическим его приемом был «принцип декорации», отчего большинство молодых художников, сложившихся в 1914-1923 годах, несут яд декоративности в крови. [...] Но следует здесь сделать важное замечание и различение, а именно, что лишь только «молодым» художникам, сформировавшимся после войны, «декорация» – во вред и что несомненно, что Сутин, Кремень, Ларионов и Шагал не страдают от нее нисколько, ибо творчество их законно декоративно – в совершенно ином, высшем аспекте, уже недоступном после пришедшим, и некий тaинственный синтез декоративности и «лирического реализма» составляет их особую правду, нежно оживляющую их творчество [...].9 E recensendo la mostra collettiva del gruppo di «giovani» pittori raccolti intorno a «Čisla» suggerirà come titolo: «В поисках, или на пути к преодoлению принципа декорации».10 Intimamente connessa con la lezione cubista è anche la ricerca di precisione espressiva e semplicità che – espressa per la prima volta nell’abbozzo di saggio del 1922, quasi un decennio prima dei proclami della «Nota parigina»,11 – tornerà costantemente in Poplavskij. Scriveva infatti a proposito dei «cubisti russi» esposti a Berlino: Они, благодаря окубизированию картины, только усложняют и затуманивают картину, вместо того, что[бы] его упрощать и приводить в порядок.12 Proprio in virtù della sua semplicità nel costruire le opere Ivan Puni gli appariva il miglior pittore della mostra: 9 POPLAVSKIJ 1996: 334. La formulazione del concetto di «decorativismo» per il cubismo (come per l’arte delle icone e la pittura egiziana) si trova in Bart (si veda, tra l’altro, Otnositel’nost’ živopisnych vyraženij [Il carattere relativo delle espressioni pittoriche], «Udar» (3, 1922). Si pensi anche a Charchoune e al suo «cubismo ornamentale». 10 POPLAVSKIJ 1996: 334. 11 Si veda infra, 3.2: 100-101. 12 POPLAVSKIJ 2005: 563. 97 Весьма интересен и глубок в простоте своих построений И. Пуни. У него всегда плотная, нескoлько грубоватая живопись. [...] у Пуни большая точность во всем, хорошее понимание композиции. На всей берлинской выставке И. Пуни производит самое благоприятное впечатление.13 3.2. Rilevando con amarezza l’esclusione di Michail Larionov dalla Prima mostra russa, il giovane critico d’arte affermava: Кажется, уж не найти сейчас второго художника, которой посредством живописи был бы ближе к России, чем М. Ларионов.14 Otto anni più tardi sarà Chagall ad apparire a Boris Julianovič come il pittore «più russo» tra i rappresentanti della sua generazione attivi a Parigi: По существу, наиболее русским из них остался Шагал. И его высокое признание во Франции является шедевром тонкости понимания французской критирки, и ее умения отвлекаться от привычного и знакомого.15 Nel 1931, rispondendo a un’inchiesta di «Čisla», Poplavskij preciserà in cosa consistesse questa «russicità», aggiungendo ai nomi di Larionov e Chagall quello di Soutine: Внутри современной парижской школы французской живописи существует ныне хорошо отличимое и резко бросающееся в глаза русское и, скорее, русско-еврейское направление, причем в нем русская народная, несколько любочная, яркость и русский лиризм смешиваются с еврейским трагизмом и религиозной фантастичностью. Таковы Сутин, Шагал, также и Ларионов, хотя он и чисто русского происхождения.16 In generale, negli scritti sull’arte17 Poplavskij fu sempre attentissimo al tema del 13 POPLAVSKIJ 2005: 563-564. POPLAVSKIJ 2005: 562. 15 In Molodaja russkaja živopois’ v Pariže (La giovane pittura russa a Parigi; POPLAVSKIJ 1996: 311). 16 POPLAVSKIJ 1996: 327. 17 Apparsi tra il 1929 e il 1932, furono tutti dedicati ai pittori russi di Parigi – non soltanto ai maestri, ma anche alla generazione dei coetanei; in particolare, Poplavskij indicò in 14 98 rapporto con la Russia per i pittori russi di Montparnasse. Lontano da ogni nazionalismo, particolarismo geografico, rivendicazionismo storico, attraverso la pittura egli da subito sembra indicare nella russicità una categoria, per così dire, dello spirito («как будто русским или негром можно перестать быть» scriverà nel 193318), una appartenenza storico-artistico-filosofica. Ciò contribuisce a spiegare perché, pur educato alla lingua e alla cultura francese sin dagli anni del Liceo francese Filippo Neri, a Mosca, e profondo conoscitore della cultura francese, in particolare della poesia e della filosofia, egli non cercherà la via dell’integrazione nel nuovo paese, né penserà mai di abbandonare la propria lingua.19 Dei saggi sull’arte e la letteratura che Poplavskij progettò di scrivere prima del 1928 nessuno venne pubblicato né, per quanto ne sappiamo, si è conservato;20 fino al 1927, del resto, egli scelse di non collaborare con la stampa e l’editoria émigrée (pur preparando, come oggi sappiamo, almeno due raccolte di liriche,21 e prendendo parte a molti progetti editoriali, rimasti irrealizzati, dell’emigrazione russa filobolscevica). Sappiamo, tuttavia, che contestava anche quanti, per convinzioni politico-ideologiche più che letterarie, ritevano che fuori dell’URSS non esistesse alcuna letteratura in lingua russa degna di nota.22 In ogni caso, quando negli anni Trenta cominciò a pubblicare i suoi saggi, la questione della «russicità» vi apparve nuovamente centrale. Mintchine e Lanskoy gli allievi di Larionov, Soutine e Chagall. 18 Si veda Vokrug «Čisel» (Intorno a Čisla; POPLAVSKIJ 1996: 300). 19 Al contrario di quanto afferma Nina Berberova in Kursiv moj (Il corsivo è mio): «Главной его чертой было отсутствие языка: он говорил по-русски, когда говорил, как-то бледно и тускло, а иногда и неграмотно. В писаниях это чувствуется [...]. Он читал французов, они ему были близки, он любил их и учился у них и, я думаю, он кончил бы тем, что осел бы во французской литературе [...], уйдя из русского языка совсем, если только не замолчал бы через несколько лет, как замолчали столь многие» (BERBEROVA 2001: 316). Sulla questione del bilinguismo di Poplavskij si veda inoltre BEAUJOUR 1989: 14-143. 20 H. Menegaldo ha recentemente pubblicato alcuni saggi inediti di Poplavskij (manoscritti di relazioni lette nel corso di riunioni letterarie): sono tutti successivi al 1929 (si veda POPLAVSKIJ 2008a). 21 Intitolate rispettivamente Grammofon na severnom poljuse e Dirižabl’ neizvestnogo napravlenija (si veda infra, 4.1 e sgg.). 22 Scriveva in una lettera all’amico Vladimir Sosinskij del 1925 [?]: «Должна выйти [...] газета некоторого Спекторa [...]. [...] он зaказал мне статью по философии, две рецензии и взял стихи, которые он считает хорошими, но и не замечателными. Так он относится к всем, ибо сам по себе дурак дураком, для которого литература только в России» (POPLAVSKIJ 1996: 246-247). 99 In Vokrug «Čisel» (1934), Boris Julianovič indica nei poeti e prosatori che come lui appartenevano alla seconda generazione émigrée i rappresentanti della «авангард русского западничества»,23 evidenziando il carattere composito, costitutivamente russo e però arricchito da elementi occidentali, di questa avanguardia, che definiva «не формальное течение, a новое открытие, казательное “метафизики темной русской личности”».24 I giovani russi che vivevano a Parigi («Наша жизнь здесь создалась; она здесь мучается, прозябает, радуется, торжествует, разрушается»25), rappresentanti della nuova letteratura riunitasi all’alba degli anni Trenta nella «новая послевоенная формация»26 di «Čisla», secondo Poplavskij sceglievano di scrivere о России и не по-французски, [...] с западной откровенностью и некой религиозной обреченностью самому себе и своему национальному происхождению. Мы – литература правды о сегодняшнем дне, которая, как вечная музыка голода и счастья, звучит для нас на Монтпарнаском бульваре, как звучила бы на Кузнецком мосту, только что в ней больше религиозных мотивов и меньше легких халтурных денег [...]. «Числa» - [...] это не формальное течение, а новое совместное открытие, касательное метафизики «темной русской личности» [...]. Они авaнгард русского западничества и как таковые имеют за собой долгую культурную традицию [...].27 Qualche anno prima, sempre in «Čisla», Poplavskij aveva definito Parigi «Ноев Ковчег для будущей Россиию. Зерно будущей ее мистической жизни»,28 e aveva affermato che esisteva «одна парижская школа, одна метафизическая нота, все время растущая – торжественная, светлая и безнадежная».29 Molti storici dell’emigrazione hanno riconosciuto in questo passo l’origine della fortunata definizione di «Scuola» o «Nota» di Parigi,30 «l’anemica» corrente lette23 POPLAVSKIJ 1996: 300. Ibid. 25 Ibid. 26 Ibid. 27 Ibid. 28 O mističeskoj atmosfere molodoj literatury v emigracii (L’atmosfera mistica della giovane lettertura dell’emigrazione, 1930) POPLAVSKIJ 1996: 258. 29 POPLAVSKIJ 1996: 259. 30 Anche se, come ha indicato Oleg Korostelev (LERZ 2000: s.v. «Parižskaja nota»), la primogenitura della definizione di «Scuola parigina» spetta a Georgij Adamovič, che la usò per la prima volta in un articolo apparso in «Zveno» (L’anello) nel gennaio 1927, molti 24 100 raria dal «sinistro ron-ron», come l’avrebbe polemicamente rievocata, nell’Introduzione a Poems and Problems (1970), Vladimir Nabokov (dopo averne parodiato modi, toni e clichés già nel suo capolavoro del periodo russo, Dar [Il dono]). Il più influente e ascoltato portavoce della «Nota», Georgij Adamovič, predicava e praticava una poetica «ascetica», nella quale il deliberato rifiuto della maestria versificatoria («Стихотворение бывает прекрасно не несмотря на отсутствие блестящих метафор, а только благодаря отсутствию их»31) e in generale della letterarietà, insieme al costante impiego di un vocabolario esiguo, si accompagnavano con l’esclusiva attenzione al «documento umano», e la predilezione per i toni intimi e diaristici: «Простота в изложении, размышления о самом главном, тоска и порывы Анненского – вот слагаемые парижской ноты Адамовича и его друзей».32 Negli anni tra le due guerre, la Scuola di Parigi (della quale fecero parte, con Adamovič, i poeti Anatolij Štejger e Lidija Červinskaja) esercitò un notevole influsso in campo letterario; tra gli altri, in modi e tempi diversi, le furono vicini i critici Ocup, Ivask, Terapiano, i poeti Georgij Ivanov, Aleksandr Ginger e lo stesso Poplavskij.33 Tuttavia, nella «Scuola di Parigi» – così come la definiva Boris Julianovič nel 1930 – rientrava un ben più ampio gruppo di poeti, che includeva anche il maggiore oppositore di Adamovič, Vladislav Chodasevič, intorno al quale si radunavano i giovani poeti di Perekrestok (Crocevia).34 Scriveva infatti Poplavskij: Совершенно в той же тональности и Владислав Ходасевич, о котором говорят, что он где-то на другой стороне. Это неправильно, существует только одна парижская школа, одна метафизическая нота, все время растущая – торжественная, светлая и безна- memorialisti dell’emigrazione la attribuiscono a Boris Julianovič: forse il giovane poeta l’aveva lanciata, ancora prima di scriverne, nei caffé di Montparnasse, nelle serate in cui erano soliti incontrarsi i rappresentanti di questa corrente (della quale, peraltro, non restano formulazioni scritte, se si escludono i testi poetici). 31 Così scriveva Adamovič in «Zveno» (27 luglio 1925). 32 IVASK 1972: 46. 33 Per una ricostruzione dettagliata delle vicende della Nota si rimanda O.A. Korostelev, uno dei maggiori studiosi dell’opera di Adamovič (LERZ 2000, s.v. «Parižskaja nota»). 34 Una terza corrente poetica, lo Skit poetov (L’eremo dei poeti), guidato a Praga da A.L. Bem, si opponeva tanto alla Nota quanto ai sostenitori di Chodasevič. Bem seguiva con attenzione gli ultimi esiti dell’avanguardia russa negli anni Venti (Esenin, Majakovskij, Pasternak e Marina Cvetaeva), mentre Chodasevič ribadiva il primato del mestiere e della maestria del poeta contro la deliberata trascuratezza della Nota. 101 дежная.35 Non pare improbabile che Boris Julianovič abbia formulato la propria definizione di «Scuola di Parigi» – «не формальное течение, а новое совместное открытие» – proprio pensando ai pittori, e modellandola su quella, assai celebre, di Ecole de Paris, utilizzata per la prima volta nel 1925 dal critico d’arte André Warnod sulle pagine della rivista «Comoedia», per indicare l’eterogenea corrente dei pittori stranieri attivi a Parigi dagli inizi del secolo: non un movimento costituito, né una vera scuola. In ogni caso, non mancano le affinità tra quanto Poplavskij sosteneva a proposito dei pittori russo-parigini e quanto affermava per il gruppo di poeti e prosatori che si raccoglievano intorno a «Čisla».36 Secondo Boris Julianovič, questi ultimi (oltre ad aver assimilato le più recenti creazioni della letteratura europea) avevano appreso un’importante lezione dall’Occidente: Мы на Западе научились уважению, физическому уважению к себе и к своей личной жизни, мы ее смеем описывать точно, откровенно, подробно, серьезно [...].37 Forti di questa esperienza (proprio come i pittori russi dell’Ecole che dall’Occidente avevano accettato di imparare) anche i poeti e i prosatori di «Čisla» cercavano di dare vita a qualcosa di assolutamente inedito e irripetibile, frutto di una esperienza unica: мы пишем о своем, ни на кого не похожем, не русском и не французском, а парижском опыте [...].38 Lo stesso Boris Julianovič, del resto, nel 1929 venne salutato da uno dei critici più attenti alla poesia dell’emigrazione, il principe Svjatopolk-Mirskij, come la prima nuova voce russa all’estero, il primo nuovo scrittore dell’emigrazione: Среди парижан определенно выделился Борис Поплавский. Некоторые из его стихов [...] заставляют думать и с удивлением прислушаться к голосу настоящего и нового поэта. Интересно в Поплавском, однако, то, что он совершенно оторвался от русской 35 POPLAVSKIJ 1996: 259. Al gruppo di «Čisla» partecipavano anche i pittori della corrente russa dell’Ecole de Paris, e la rivista organizzò una mostra di loro opere nel 1931 alla Galerie Epoque (si veda la recensione di Poplavskij alla Gruppovaja vystavka «Čisel»; POPLAVSKIJ 1996: 334-337). 37 POPLAVSKIJ 1996: 304. 38 Ibid. 36 102 поэтической тематики. Это первый эмигрантский писатель, живущий не воспоминанием о России, а заграничной действительностью. Эволюция неизбежная для всей эмиграции...39 3.3. Nel 1931 Poplavskij rileverà come nelle arti visive sia connaturata ai russi la visionarietà, l’elemento fantastico, un ideale che a suo avviso i pittori russi contemporanei devono ricercare costantemente, e privilegiare rispetto alla pura e semplice raffigurazione, nella quale la maestria dei francesi resta un modello: ограниченность французской живописи в том, что она слишком занимается изображением мира и недостаточно его переображением [...] причем это не говорится о современной парижской школе, составленной почти сплошь из иностранцев, а о французском импрессионизме, например, к которому теперь все возвращаются. Следует, может быть, русским, впитывая в себя все изобразительное совершенство французов, обращаться более к своему природному идеалу фантaстиков и визионеров.40 Sempre nel 1931, nel breve, appassionato saggio composto in memoria di Abraham Mintchine, prematuramente scomparso, «пример высокой, чистой и вдохновенной жизни»,41 Poplavskij dichiarerà di ammirare in lui l’unione «eccezionalmente rara» di elementi realistici e fantastici (le stesse parole con cui nel 1930 definiva la pittura di Chagall42), grazie alla quale i suoi quadri risultano «straordinariamente reali»: Посредством необычайно редкого соединения реализма и фантастичности Минчину удавалось писать парижские закаты или нереальные ночные освещения так, что ангелы, изображать которых он так любил, демоны, куклы, арлекины и клоуны сами собою рожда39 SVJATOPOLK-MIRSKIJ 2002: 150. Anche Berdjaev avrebbe riconosciuto il carattere al contempo russo e «internazionale» di Poplavskij. Scriveva infatti nel già ricordato saggio del 1939: «Он очень русский, и в нем есть что-то интернациональное. Вечная тема опрокинута у него в мучительность сегоднявшего дня» (Berdjaev [1939]: 154). 40 Nel già citato Otvet na anketu redakcii «Čisel» o živopisi, POPLAVSKIJ 1996: 327. 41 POPLAVSKIJ 1996: 326. Malato da tempo di tubercolosi, Mintchine morì colpito da infarto nel 1931, poco più che trentenne. 42 La definizione è nel breve annuncio, scritto per «Čisla» nel 1930, di una mostra di acquerelli di Chagall; Poplavskij la cita dal catalogo di presentazione della mostra (POPLAVSKIJ 1996: 318). 103 лись из сияния и движения атмосферы его картин, раньше всего и предже всего необыкновенно реальных.43 Un’analoga coesistenza si ritrova nei versi di Poplavskij,44 con gli stessi tramonti, gli stessi angeli e bambini (in più di un’occasione la critica émigrée giudicò eccessiva la loro presenza nei versi del poeta45), dèmoni e demòni. In generale, proprio questa compresenza di oggetti reali ed elementi fantastici appare come la vera costante di tutta la sua opera: dalle prime prove parigine, negli anni in cui maturò legandosi all’eterogeneo gruppo di Gatarapak e Palata (1922-1924), alla successiva fase «dadaistico-infernale», profondamente influenzata da Il’ja Zdanevič e da ciò che restava dell’esperienza di Dada e della zaum’ (1925-1927); quindi nel periodo del «compromesso» con la letteratura dell’emigrazione, che si riflette in Flagi (1931), fino alla maturità di Snežnyj čas e delle liriche del ciclo dedicato alla Stoljarova, Nad solnečnoju muzykoj vody, contemporanee degli Avtomatičeskie stichi, ultimo, spoglio esito della lirica di Boris Julianovič. Proprio come nelle tele del coetaneo Mintchine, sono gli angeli a occupare uno 43 POPLAVSKIJ 1996: 325-326. Osserva ad esempio Čagin: «К его поэзии вполне могут быть отнесены слова, которые он написал однажды об эмигрантском художнике А. Минчин (а мог бы cказать их и о себе): “Посредством необычaйно редкого соединения реализма и фантастичности Минчину удавалось писать [...].”» (ČAGIN 1998: 160). 45 Notava per esempio Cetlin ([1931]: 179), recensendo Flagi: «Образы, которые не трудно было бы перечислить (дети и ангелы, флаги и башни) [...] И из всего этого, из этой бедной бутафории, почти что из ничего создается очень “декадентская” и очeнь оригинальная поэзия». Ancora prima, nel 1929, Mark Slonim ammoniva Poplavskij, che aveva debuttato proprio in «Volja Rossii»: «Если Поплавский не найдет выхода из своего искусственного мирка с электрическими лунами, кораблями, башнями и детскими аллегориями, он начнет повторяться, слабеть и выдохнеться» (SLONIM [1929]: 174). Quanto a Vladimir Nabokov, che all’epoca firmava ancora con lo pseudonimo di Sirin, stroncando impietosamente Flagi nella più sprezzante delle sue recensioni (un giudizio che rivedrà radicalmente in Speak, Memory e nella successiva versione russa Drugie berega [Altre sponde]), osservava che «все эти сусальные ангелочки Поплавского, голубые мальчики, розовые девочки, зайчики [...] живо напоминают приторную дребедень пресловутых “песенок” о “юнце жантильном” [...]» ([1931]: 168), alludendo chiaramente a Vertinskij. Qualche paragrafo prima, del resto, affermava: «Поплавский дурной поэт, его стихи – нестерпимая смесь Северянина, Вертинского и Пастернака (худшего Пастернака)». Rileviamo qui che, nella raccolta poetica dello stesso Nabokov Gornij put’ (Il cammino celeste, 1923), un’intera sezione – composta sotto l’influsso di Vološin, come è stato osservato – è dedicata agli angeli, evocati nei nove gradi della gerarchia celeste secondo la dottrina di Dionigi Areopagita. Nell’Introduzione a Poems and Problems Nabokov spiegherà che si trattava di una pura stilizzazione letteraria, ispirata all’iconografia bizantina. 44 104 spazio di assoluto rilievo nell’opera di Poplavskij. Già balenati fugacemente nei versi composti in Russia, questi angeli si rivelano perfette incarnazioni dell’ideale composito, visionario-realistico, cui la sua arte mirava. 3.4. Tra le figure angeliche che si incontrano nelle liriche composte da Poplavskij prima del 1928 una ha chiare origini letterarie russe: Peri, l’angelo caduto della mitologia persiana. Leggiamo in Pokušenie s negodnymi sdrestvami (1926): А кругом возмущались стихии И лиловая пери гроза Низвергала потоки лихие Мы качались как стрекоза46 Se l’immagine della libellula («стрекоза») e della tempesta («гроза») rimandano immediatamente al Tjutčev di «V dušnom vozducha molčan’e» (Nel silenzio dell’aria odoroso, <1835>), con «стрекоза» e «гроза» in posizione di rima in entrambe le liriche (composte, tuttavia, in metri differenti),47 l’immagine della Peri ha almeno altri due «padri» nella poesia russa preromantica e romantica. Il primo è Žukovskij, che nel 1821 pubblicò il poema Peri i angel (Peri e l’angelo),48 accompagnandolo con questa definizione, utile a comprendere anche alcuni aspetti della figura dell’angelo in Poplavskij: Пери – воображаемые существа, ниже ангелов, но превосходнее людей, не живут на небе, но в цветах радуги и порхают в бальзамических облаках; питаются одними испарениями роз и жасминов и подвержены общей участи смертных.49 Il secondo «padre» delle Peri è per Poplavskij Lermontov – si pensi alla definizione di Tamara nel Demone, «Как пери спящая мила, она в гробу своем лежала»,50 che si rivelerà decisiva per la creazione dell’immagine di Morella nelle due poesie di Boris Julianovič a lei intitolate (1929). 46 POPLAVSKIJ 1997: 90. Si veda: «В душном воздуха молчанье, / Как предчувствие грозы, / Жарче роз благоуханье, / Резче голос стрекозы... », TJUTČEV 1987: 124. 48 Libera traduzione della seconda parte del poema Lalla Rookh (1817) di T. Moore. 49 ŽUKOVSKIJ 1901: 212. Proprio negli anni Venti, a Žukovskij Poplavskij dedicò un ironico omaggio con Stekljannaja deva. Podražanie Žukovskomu (La fanciulla di vetro. Imitazione di Žukovskij), successivamente inclusa (con alcune varianti) in Flagi. 50 LERMONTOV 1954-1957: IV, 212. 47 105 Una delle prime immagini angeliche in Poplavskij si incontra in «Mal’čik dumaet a ja ostalsja» (Il bambino pensa e io sono rimasto; <1924>): Милый милый от земли до рая Простираются миры зари Острова заката где играют С ангелами мертвые цари.51 Troviamo anche giovani angeli che consumano la propria gioventù in un locale notturno d’infimo ordine («Za uglom v pustynnom mjuzik-cholle», Dietro l’angolo nel deserto music-hall): За углом в пустынном мюзик-холле На копеечку поставили revue Ангелы прогуливались в холле Пропивали молодость свою52 In Dionisus au Pôle Sud. Revue en un acte (pièce in versi ispirata al Peer Gynt di Ibsen, <1926>) – dopo un omaggio alla pittura di Odilon Redon, interprete della tradizione ermetica amato dai simbolisti francesi come dai surrealisti – balena un angelo-autista: Как на холсте Одильона Редона Скачет в карете красотка мадонна. Но опускается занавес снега Загромождает дорогу телега. Ангел шофер поднимись над дорогой (Нерасторопны лакеи у Бога).53 Un altro angelo-autista compare nella quartina finale di Sentimental’naja demonologija (Demonologia sentimentale), composta prima del 1928 e dedicata a quello che, nel 1922, appariva all’autore come il più russo dei pittori russi, Michail Larionov: Пока на грудь, и холодно и душно, Не ляжет смерть, как женщина в пальто, 51 POPLAVSKIJ 1999b: 25. POPLAVSKIJ 1999b: 76. 53 POPLAVSKIJ 1999b: 62. 52 106 И не раздавит розовым авто Шофер-архангел гада равнодушно.54 Nell’accostamento «шофер»-«архангел» la realtà quotidiana dell’emigrazione viene deformata in incubo notturno.55 «Ночной человек», «братец», l’autista in Poplavskij apparirà infatti sempre come il «бодрый эмигрантский шофер [...] пролетарий, христианин, мистик, большевик» nella «асфальтовая Россия», «наглая и добродушная, добрая и свирепая, лихая Россия, шоферская, зарубежная […]. Ситроеновская, непобедимая, пролетарско-офицерская» ovvero Parigi, la città dove l’emigrante è un novello Adamo.56 Nel capitolo più felice del romanzo Apollon Bezobrazov, da cui sono tratte queste ultime citazioni, l’auto del tassista-émigré diventerà, in un esplicito omaggio a Gogol’, «эмигрантская кибитка» (la kibitka dell’émigré) e quindi «шоферская тройка» (la trojka dell’autista) che sfreccia tra insidie stradali comparate agli antichi nemici della Rus’: Лети, лети, шоферская тройка, по асфальтовой степи парижской России, где, узко сузив поганые свои гляделки, высматривает тебя печенег-контравансионщик [...], и хамчастник (попадись мне на правую сторону) прет себе, непроспавшись, перед раболепными половцами.57 L’immagine dell’angelo-autista si conserverà nella poesia di Poplavskij fino agli Avtomatičeskie stichi: Философия Шеллинга упразднила газету и библию, и никто не читает ни того, ни другого, ни третьего, сказал ангел. Другой пустил машину в ход – 54 POPLAVSKIJ 1999: 37. Il fratello di Boris Julianovič lavorava come tassista nella Parigi tra le due guerre, e lo stesso Poplavskij annotò nei diari l’intenzione (un progetto cui non diede seguito) di dedicarsi a questa ambita professione. I tassisti russi di Parigi, in larga maggioranza ex ufficiali del disciolto esercito bianco, costituivano una delle categorie professionali più numerose e organizzate (la loro prima associazione ebbe vita nel 1926). Si veda in proposito il capitolo Taksi: mif i real’nost’ (Il tassì: mito e realtà) in MENEGALDO 2001. 56 Nella seconda parte della sua vita, quando, dal 1928, prese infine parte alla vita culturale e letteraria dei russi a Parigi, Poplavskij attribuì un profondo significato etico alla condizione di emigrato, una condizione «provvidenziale» e consapevolmente scelta, nella generale crisi europea, profondamente diversa da quella, passivamente subita, dei primi profughi nel periodo immediatamente successivo al rivolgimento dell’ottobre 1917. 57 POPLAVSKIJ 2000: 90. 55 107 и медленно над миром стал появляться Рассвет.58 Nei versi composti da Boris Julianovič prima del 1928 e rimasti inediti per oltre settant’anni (ma i contemporanei li potevano sentire recitare dall’autore nei caffé di Montparnasse e negli atelier dei pittori) a fianco dei non numerosi angeli troviamo ben più frequentemente diavoli. Nella lirica Pokušenie s negodnymi sdrestvami (1926), in una notte cittadina Всходит фабрик дыхание к зиме Спит бульвар под оранжевым светом59 compaiono un angelo che fa inequivocabili cenni Сквозь туман молодому Розини60 Машет ангел сердец молодых Подожу: в голубом лимузине Вижу даму в мехах голубых 61 un autista addormentato Сон шофера хлестал по лицу и Заметал бездорожье небес e infine un diavolo che impartisce ordini (А на месяце синем гарцуя Отдавал приказания бес) In «Nad statuej» (Sopra la statua il fucile puntato, <1925-26>) un demonio accompagna invece l’anima del poeta infilandosi in un caffè con lei: Над статуей ружье на перевес Держал закат; я наблюдал с бульвара. Навстречу шла, раскланиваясь пара: Душа поэта и, должно быть, бес. Они втекли через окно в кафе, Луна за ними и расселась рядом.62 58 POPLAVSKIJ 1999b: 193. Poplavskij 1997: 90. 60 A giudicare dal «меломаны» che leggiamo sei strofe più sotto, dovrebbe trattarsi di una traslitterazione del nome di Rossini. 61 Poplavskij 1997: 90. 59 108 Questa ambigua doppia presenza, di angeli e diavoli al contempo, è costitutiva dell’opera di Poplavskij. La figura dell’ossimoro sarà centrale nel romanzo Apollon Bezobrazov (1926-1932) dove il mistico narratore Vasilij e il suo doppio, l’atletico, demoniaco Apollon protagonista appaiono non raramente come due aspetti di una singola personalità.63 Quanto al nome Apollon Bezobrazov, si tratta di un ossimoro-pseudonimo che Boris Julianovič aveva ideato per sé nel 1921, e con il quale avrebbe in seguito firmato anche un articolo dedicato alla boxe («Čisla», 1930). Preparando la raccolta che avrebbe poi visto la luce come Flagi (1931) Poplavskij pensò in un primo tempo al titolo di Аngely аdа (Angeli dell’inferno).64 Angeli e diavoli, insieme con scheletri e maschere di cera, popolano il mondo della quotidianità (esterni cittadini, piazze, ponti, parchi, caffé…) trasfigurato da Poplavskij con effetti fantastici e grotteschi. In Zelenyj užas (Orrore verde) la fermata del tram è l’inferno: Да мир в жаре, учащен пульс мгновений. Глянь, все часы болезненно спешат. Мы сели только что в трамвай без направления. И вот уже конец, застава, ад.65 In «Na ikone v zolotych kustach» (Sull’icona tra cespugli dorati, 1926), al contrario, il deposito dei tram può divenire il paradiso, mentre cantano cori di bambini-diavoli: И поют хоры детей-чертей О земле о чудесах страстей О зари лиловых волосах О земных редеющих лесах 62 Poplavskij 2003: 54. Osserva in proposito L. Livak: «The motif of split personalities appeared in Poplavsky’s 1924 poem “Chernyi i belyi” [“Dvoetsarstvie” in Flags], whose narrator describes how the “sword of death” slices in two his head and soul, his past and his future. His brain is pecked out by the “sparrows of dreams” and the two halves of his body are buried in heaven and hell. […] This opposition acquires a more concrete form in the coexistence of the saintly Vasilii and the devilish Apollo» (LIVAK 2001: 105). 64 Annotava Poplavskij nel diario dell’agosto 1930 (2001: 223): «Ищу название для книги, оно должно было бы говорить о жалости и бесконечном: “Солнце судьбы”, “Ангелы ада”...». Angely ada è anche il titolo di una lirica inclusa in Flagi, datata 1926. 65 POPLAVSKIJ 2003: 71. 63 109 И цветут шипы еловых роз Ржанье тонкое рождает паровоз Стойте теплое завидев вдалеке Отраженье электричества в реке И несется налегке трамвай В загородное депо как будто в рай66 Il caffè, eterno rifugio degli artisti a Montparnasse, in Iskusstvo pit’ kofe (L’arte di bere il caffè, 1927) è insieme inferno («Жарко в нем, как в аду») e paradiso («как на небе светло»): Глянь: на мрамор запачканных малых столов Опускается к нам теплый кофе с круасаном. И куда же нас, черт, из кафе понесло? Жарко в нем, как в аду, как на небе светло.67 Spesso nei versi del giovane Poplavskij l’inferno ha pareti di vetro trasparente e somiglia a un acquario. È il caso di Vos’maja sfera (L’ottava sfera, 1925), lirica caratteristica del periodo «infernale» di Poplavskij, nella quale «посещение ада приравнивается поэтическому творчеству» (Fleishman):68 Стеклянный дом, раздавленный клешней Небесной радости, чернильной брызжет кровью. Трещит стекло в безмолвии нoчном И в землю опускается, как брови. И красный зрак пылает дочки вод, Как месяц полный над железнодорожной катастрофой. И я держась, держась от смеха за живот, Ей на ухо нашептываю строфы.69 Significativamente, ritroviamo qui in posizione di rima «стрòфы» e «катастрòфой», che già ricorrevano, come osservavamo, nei versi finali di Pera («Неужто будут здесь как в брошенных столицах / Не внемля рокоту им непонятных строф / До самой двери сумашедших катастроф / За столиком шептать на- 66 POPLAVSKIJ 2008. POPLAVSKIJ 2003: 74. 68 FLEISHMAN 2006: 221. Si veda in proposito anche la dettagliata analisi in ČAGIN 1998: 138 e sgg. 69 POPLAVSKIJ 1999a: 84. 67 110 крашенные лица»),70 e in «Segodnja ja poju prošedšuju veselost’» («Палатки неба под грозою катастроф / В броне грядущего смеясь над бурей строф / Играют в шашки эпидемии и голод»).71 Intimamente connessa alla catastrofe (intesa in ogni senso, anche quello di incidente ferroviario, o automobilistico), la creazione artistica, «cлов мучительная нега» (come viene definita nel già citato sonetto Pokušenie del 1925), nell’allucinato paesaggio cittadino perennemente bagnato dalla pioggia (altra costante in Poplavskij) di Vos’maja sfera assume le forme di uno «стеклянный дом несчастья», teatro di un vero e proprio sabba. E ad aprirne la porta è un angelomaggiordomo: Я подхожу к хрустальному подъезду, Мне открывает ангел с галуном. Дает отчет c дня моего отъезда. Встряхают эльфы в воздухе гардины, Толкуются саламандры у печей [...] Со мной беседует продолговатый гроб И виселица с ртом открытым трапа. [...]72 All’immagine di questa casa di vetro corrisponde – con analoghi esiti metaforici – quella della città di vetro, immersa sul fondo di un fiume,73 della parodistica Ručej, no čej? (Il rivolo, ma di chi?): В воде стоит литературный ад, Открытие и халтурный клад. Там храбро рыбы стерегут солдаты Стеклянный город, где живешь всегда ты.74 70 POPLAVSKIJ 2003: 47-48. POPLAVSKIJ 2003: 45. 72 POPLAVSKIJ 1999a: 83. 73 Conviene notare come all’elaborazione di queste immagini infernali – oltre all’«адище» (infernaccio) cittadino del primo Majakovskij – contribuiscano reminescenze dostoevskiane (il palazzo di cristallo) e del mito tutto russo, di segno contrario, paradisiaco, di Kitež, la città sommersa. Per Livak (2003: 63) si tratterebbe invece di «another surrealist cliché». 74 POPLAVSKIJ 2003: 75-76. Analizzando questo testo, Livak (2003: 63) lo interpreta come una parodia rivolta contro alcuni aspetti della poetica surrealista: «Poplavskii's poem criticizes the surrealist literary model by stressing its clichés (“false treasures”) rather than its 71 111 Anche la città di vetro è popolata da figure infernali, da teschi parenti prossimi dello Yorick shakespeariano (del resto, compare anche Ofelia: «Офелия пошла гуляя в лес, / Но уж у ног ее – ручей подлец»), scheletri, figure di cera: Там черепа воркуют над крылечком И краснй дым ползет змеей из печки. Нырни туда, как воробей в окно. Увидишь: под водой сияют лампы. Поют скелеты под лучами рампы. И кости новые идут на дно. О водяное страшное веселье [...]75 Accanto agli angeli e ai diavoli, figure e temi religiosi vengono riattualizzati nel tragico presente o ribaltati in termini più o meno blasfemi dal giovane Poplavskij. In Dies irae compare una «модная Мадонна» che, è stato osservato,76 corrisponde in buona parte al ritratto di Natal’ja Poplavskaja consegnatoci da Marina Cvetaeva:77 Голубая модная Мадонна Надевает соболя и бусы, Покидает север беспардонный Улетает на аэробусе. [...] Пролетает совершенный голубь, Гидроаэроплан Святого Духа, Над водой лазурною и голой, Как брачующая молодуха.78 La stessa figura di giovane donna in pelliccia ritorna in Pokušenie s negodnymi sredstvami (1926): В этот час белый город точеный Покидает мадонна одна discoveries. The poem shows that Poplavskii did not accept indiscriminately the poetics of the French avant-garde, even though it was the only “left” artistic outlet available to him in the growing polarization of Russian literary life». 75 Ibid. 76 H. Menegaldo in POPLAVSKIJ 2003: 163. 77 Si veda supra 1.1: 16. 78 POPLAVSKIJ 2003: 78. 112 Слышен голос трубы золоченой Из мотора где едет она Сквозь туман молодому Розини Машет ангел сердец молодых Подхожу: в голубом лимузине Вижу даму в мехах голубых79 e squarcia con il suo grido di terrore la penultima quartina: И мадонна кричала от страха80 così come farà la Černaja Madonna (Madonna nera, 1927) di una delle più celebri poesie di Poplavskij, pubblicata in «Volja Rossii» e quindi in Flagi: Вдруг возникнет на устах тромбона Визг шаров, крутящихся во мгле. Дико вскрикнет черная Мадонна Руки разметав в смертельном сне.81 Sono tutte destinate a una fine tragica, nei versi del giovane Boris Julianovič, queste giovani madonne, parenti prossime dell’infelice Ofelia: la loro presenza nei versi preannuncia sempre la morte. Nella già citata Dionisus au Pôle Sud compare invece un ambiguo Gesù-Dioniso coronato di rose, «principe androgyne corrélation du passif et de l’actif», largamente debitore dell’efebico Cristo blokiano82 che appare nei Dodici: В розовом фраке волшебник Христос Там собирает букеты из роз.83 In Poplavskij l’identificazione poetica con la figura del Cristo è mediata da quella di Dioniso. Non soltanto nei versi. Qualche mese prima di morire, nel diario del 1935, egli si autodefinirà «Парижский Дионис в рваных носках».84 Nella sua concezione dell’arte, radicalmente lontana da ogni principio apollineo (e proprio per questo inconciliabilmente in contrasto con Berdjaev), Poplavskij rivela la sua profonda vicinanza a Fëdor Tjutčev (autore chiave non solo per il simbolismo rus79 POPLAVSKIJ 1997: 89-91. POPLAVSKIJ 1997: 91. 81 POPLAVSKIJ 1999: 50. 82 La definizione è in DE MICHELIS 1975: 10. 83 POPLAVSKIJ 1999b: 61. 84 POPLAVSKIJ 1996: 113. 80 113 so; a lui guardò, tra gli altri, lo zaumnik Zdanevič, maestro di Boris Julianovič negli anni Venti), per il quale la poesia nasce dal caos della notte e si contrappone alla ragione diurna. 3.5. Poplavskij incluse in Flagi (1931) alcune delle liriche composte nel suo periodo «infernale», dopo averle rivedute e corrette. Nell’unica raccolta edita in vita, figure di angeli compaiono incessantemente, in ambientazioni cittadine (riconoscibili come parigine anche in assenza di toponimi), in scenari infernali, in squarci siderali. Gli angeli di Flagi sono poveri emigranti che lavorano (spesso dietro un volante), oppure prendono le sembianze di passanti o mendicanti. Nei versi di Poplavskij l’angelo-émigré si presenta spesso nelle vesti di un clochard, vagabondo e affamato. Per esempio in V otdalenii (In lontananza, 1928): Было тихо в мире, было поздно. Грязный ангел забывал свой голод И ложился спать под флагом звездным Постепенно покрывавшим город. [...] Грязный ангел спал в лучах рассвета. И к нему с небес плыла комета.85 Leggiamo ancora in «Voschititel’nyj večer byl polon ulybok i zvukov» (L’incantevole sera era piena di sorrisi e suoni, 1928): Видел я как в таинственной позе любуется адом Путешественник ангел в измятом костюме весны.86 Se sulla terra gli angeli assumono le fattezze di poveri emigrati, negli altri mondi – lunari, stellari, infernali – sono sempre concretamente al lavoro. In Zvezdnyj ad (Inferno stellare, 1926) scendono da un dirigibile, un’immagine quest’ultima che nasce, come abbiamo visto, dalla passione giovanile per H.G. Wells: Чу! подражая соловью поет Безумная звезда над садом сонным. Из дирижабля ангелы на лед Сойдя молчат с улыбкой благосклонной.87 85 86 POPLAVSKIJ 1999: 86. POPLAVSKIJ 1999: 58. 114 Ci sono angeli che costruiscono un palazzo sulla luna in Lunnyj dirižabl’ (Dirigibile lunare, 1928): Строит ангел дворец на луне, Дирижабль отходит во сне. Запевают кресты винтов, Опадают листы цветов. Синий звук рассекает эфир, Приближается мертвый мир. Открывается лунный порт, Улыбается юный черт.88 e in Мističeskoe rondo III (Rondò mistico III): Ангелы кирпич таскают белый Строят дом, А другие спят в лесу без дела Золотом.89 In Salomeja I (Salomé I), invece, un angelo spegne i lampioni: Тихо ангел гасил фонари. Вот еще один там погас.90 sottolineando il passaggio dalla notte, che gli appartiene, al giorno che è invece degli uomini. Analogamente, in Žalost’ (Compassione), compiuto il lavoro notturno gli angeli lasciano la terra prima che arrivi il giorno, mentre facce assonate e arrossate chiudono le porte del paradiso celeste e puliscono la soglia dell’inferno quotidiano: Ангелы прочь отлетали от лона земного Им натрудившимся за ночь пора было спать. Целую ночь они пели у мира иного, Спящие же не спешили и пятились вспять. Раннее утро сияет прохладой Спящие лица румянцем марая Моют и чистят преддверие ада 87 POPLAVSKIJ 1999: 46. POPLAVSKIJ 1999: 58. 89 POPLAVSKIJ 1999: 91. 90 POPLAVSKIJ 1999: 77. 88 115 И ворота закрывают у рая.91 Sono gli angeli a suonare all’alba le loro trombe (altra immagine costante nella poesia di Boris Julianovič sin dagli esordi «futuristi»), trasparenti come l’aria nel primo mattino color smeraldo – in Rozy Graalja (Le rose del Graal): Спала вечность в розовом гробу. А кругом все было тихо странно. В синюю стеклянную трубу, Ангелы трубили про судьбу В изумрудном небе утром ранним.92 O ancora cantano da una torre, come in Мističeskoe rondo II: На высокой ярко-красной башне Ангел пел, А в зеленом небе, детям страшном, Черный дирижабль летел. [...] С башни ангел пел о мертвой Эльзе Голосом отдаленным... О прекрасной смерти в час победы, В час венчанья, О венчанье с солнцем мертвой Эды, О молчанье [...]93 In Маl’čik i angel (Il bambino e l’angelo), un angelo-bambino dagli occhi azzurri agonizza in un lurido vicolo cittadino, sotto i lillà: non è riuscito a volare via sul fare del giorno. L’eterna lotta fra l’angelo e l’onnipresente demonio viene vinta, qui, da quest’ultimo: Под сиренью в грязном переулке Синеглазый ангел умирал. [...] Что вас носит, ангельские дети, Меж сиреней плакать на земле, 91 POPLAVSKIJ 1999: 54. POPLAVSKIJ 1999: 80. 93 POPLAVSKIJ 1999: 65. 92 116 Нужно было рано на рассвете Улететь на маленьком крыле. [...] Розовые звезды равнодушья, Что вас носит в небе в белый день. Только ангел мальчика не слушал, Он смотрел как падает сирень. Каждый крестик мимо пролетая, Пел ему: «Возьми меня с собой» А потом он точно снег растаял. Черт же мальчика унес в кафе домой.94 Come Séraphîta-Séraphîtüs, l’androgino balzachiano cui Poplavskij intitolò due liriche (non datate) incluse in Flagi, questi angeli in transito sulla terra si rivelano creature ambigue, al pari dei demòni loro antagonisti. Inermi e inetti all’azione, sono lacerati tra mondi inconciliabili: «Moi, je suis comme un proscrit, loin du ciel; et comme un monstre, loin de la terre» (Balzac).95 Con Balzac, all’elaborazione dell’immagine dell’angelo in Poplavskij presiede un altro autore decisivo tanto per i poeti maledetti quanto per il simbolismo russo, nonché per l’avanguardia novecentesca francese: Edgar Allan Poe. Da Poe Boris Julianovič riprende infatti un’altra celebre figura, doppia come Séraphîta ma non androgino, bensì madre e figlia al contempo: Morella, «нежная девочкавечность», dedicandole due liriche del novembre 1929, Morella I e Morella II.96 Le giudicava tra le sue opere migliori,97 e la critica contemporanea, incluso il severo Nabokov-Sirin, 98 fu unanime nell’apprezzarle. Nel diario tenuto mentre componeva queste due liriche, Poplavskij notava come l’influsso di Poe avesse permeato la sua stessa vita, riflettendosi nelle sue relazioni 94 POPLAVSKIJ 1999: 73-74. BALZAC 1858: 225. Romanzo mistico e di iniziazione alla filosofia di Swedenborg, Séraphîta (extrait des Etudes philosophiques) fu, tra l’altro, un testo caro ai teosofi. 96 La datazione è indicata in VIŠNEVSKIJ 2001: 184. 97 Si veda supra, 1.6: 48. 98 «Изредка еще соблязняет слух мимолетная интонация, как, например, прекрасный звук следующей – довольно, впрочем, бесмысленной – строки: “О Морелла, усни, как ужасны орлиные жизни...” Пафос, рокот, напряжение... “О Морелла, усни, как ужасны орлиные жизни...” Целый день можно повторять... [...] “О Морелла, усни, как ужасны орлиные жизни...”. Вот звучит это – ничего не поделаешь, звучит – а ведь какая бессмыслица...» (NABOKOV [1931]: 167-168). 95 117 con le sorelle Šrajbman, l’«angelica» Dina, premurosa collaboratrice del poeta, custode designata del suo lascito, e la «demoniaca» Ida (che egli in una lettera definiva «ненаглядная моя Морелла», mia adorata Morella99), artista come Boris Julianovič.100 Le «снежные сестры»101 vivevano entrambe con il poeta una complicata storia d’amore («Ах, в этой истории действительно много от Эдгара По [...]. Пойми меня, Морелла, милая, так страшно странно все это [...]. Спи, дорогая моя доблестная девочка» scriveva il giovane a Ida Šrajbman102) , nella quale arte e vita si rispecchiavano intenzionalmente. Nel diario Poplavskij scriveva (dicembre 1929): Ах, как все-таки я плакал в субботу. И как краска ресниц миросоздания тает в слезах. И ничего не замечал. Кто-то приходил, уходил, пил, тушил свет, утешал меня. Но никого не было. Только ты, ты, Морелла, одна, дорогая, прекрасная. Как красивы все-таки те, кто любим, прямо на небе они. И скoлько слез, слез, слез. Дина все-таки благородный ребенок.103 e nei versi di Morella I (novembre 1929): О, Морелла, вернись, все когда-нибудь будет иначе, Свет смеется над нами, закрой снеговые глаза. Твой орленок страдает, Морелла, он плачет, он плачет, И как краска ресниц, мироздание тает в слезах.104 In questa lirica, l’accostamento di Morella a una Peri («О, Морелла, усни, как ужасны огромные жизни, / Будь, как черные дети, забудь свою родину – Пэри!», vv. 19-20) fornisce un prezioso indizio di lettura per un testo giudicato oscuro (o addirittura privo di senso) dai contemporanei. Nella novella in versi Lalla Rookh del poeta romantico irlandese Moore, infatti, e nella rielaborazione russa datane da Žukovskij, Peri, creatura della mitologia persiana cacciata dal paradiso e precipitata sulla terra, per ottenere il perdono deve cercare un dono 99 VIŠNEVSKIJ 2001: 185. Ida Šrajbman avrebbe iniziato a dipingere, incoraggiata da Soutine, prima della Seconda guerra mondiale, proprio quando Sergej Karskij (il caro amico di Poplavskij da lei sposato nel 1930) abbandonò l’arte per darsi al giornalismo. Avrebbe firmato le sue opere come Ida Karskaya. 101 VIŠNEVSKIJ 2001: 185. 102 VIŠNEVSKIJ 2001: 182. 103 VIŠNEVSKIJ 2001: 185. 104 POPLAVSKIJ 1999: 93. 100 118 gradito ai cieli: lo troverà nell’ultima lacrima di un peccatore pentito. In Poplavskij la figura del peccatore si universalizza, dilatandosi dall’io lirico all’intero universo, quel «мирозданиe» che nei versi finali si scioglie in lacrime di fronte all’irridente, trionfante avanzare del giorno («Свет смеется над нами»), dopo che Morella-Peri è tornata nella sua patria. Risale invece al racconto di Poe la terrifica doppiezza della lirica, nella quale tutto è doppio e si riflette nel proprio doppio: Morella, infatti, vede nello specchio105 «нежную девочку-вечность в гробу» (v. 16), e al verso successivo si rivela essa stessa «нежная вечность»; il mattino sorge sul mondo come maschera di Medusa («Утро маской медузы уже появлялось над миром», v. 5) e Morella, tornata nella propria patria e abbandonato il mondo degli uomini è anch’essa paragonata alla maschera di Medusa («Ты, как маска медузы, на белое время смотрела», v. 19). Quanto all’io lirico, da un lato condivide con Morella la sua natura semiceleste, dall’altro, si fonde nell’universo piangente («твой орленок страдает, Морелла, он плачет, он плачет», v. 27). Ancora: due sono le poesie intitolate a Morella, e in entrambe compare l’immagine dello specchio (Morella II si chiude con l’immagine dello specchio: «И из зеркала в мир чернокрылая сходит судьба»). 3.6. Nelle liriche successive a Flagi, incluse nella prima raccolta postuma, Snežnyj čas (1936), gli elementi caratteristici della poetica di Boris Julianovič appaiono molto semplificati: un processo che raggiungerà i suoi esiti ultimi negli Avtomatičeskie stichi. Tra le immagini continua a dominare la città, qui caratterizzata da passaggi a livello, lampioni, baracche di saltimbanchi di evidente derivazione blokiana (soprattutto in Snežnyj čas). Non vengono più descritte le apocalittiche sarabande dell’inferno, che pure è ancora evocato: «из ада тихо грешники кричали» (1999: 138); «по-чему Вы погибнуть спешили / разве вам лучше в аду ледяном» (1999: 139); «и про адский пламень воск мечтает» 1999: 146). Ritroviamo Amleto, ma è un’ombra («Тень Гамлета. Прохожий без пальто» 1999: 147), mentre la figura del Cristo appare spogliata di ogni connotazione dio105 Tralasciando le evidenti ascendenze del tema nel decadentismo e simbolismo russi e in generale europei, il motivo dello specchio e della trasformazione del soggetto in Poplavskij sembrerebbe originare anche da Zdanevič, che proprio sul tema del doppio e della trasformazione costruiva la propria poetica («Разрешите опять несколько извлечений. Старуха сидит перед зеркалом. В ней видна девушка. Это я. Девушка становится парнем. Это тоже я. Старуха становится мужчиной. Это тоже я»; ZDANEVIČ 2009). 119 nisiaca e «rivoluzionaria»: [...] А дальше в странном небе бледно-синем Стоял раздетый человек с крестом, Его закаты в небо возносили, Но он все вниз указывал перстом, Где черти, подбоченившись, стояли [...]106 Anche la sintassi mostra una notevole semplificazione nelle ultime raccolte. È il dialogo, non più la narrazione fantastico-realistica di Flagi, né tantomeno quella onirico-allucinatoria delle poesie di Dirižabl’, a predominare in Snežnyj čas.107 Numerosi sono i costrutti all’infinito: Спать. Лежать, покрывшись одеялом. Точно в теплый гроб сойти в кровать. Слушать звон трамваев запоздалых. Не обедать, свет не зажигать.108 Играть и спать, судьбы не замечать – 109 Снег идет. Закрыться одеялом, Рано лампу тусклую зажечь, Что-нибудь перечитать устало, Что-нибудь во тьме поесть и лечь. Спать. Уснуть. Как страшно одиноким.110 Зачем вставать? Я думать не умею. Встречать друзей? О чем нам говорить?111 106 POPLAVSKIJ 1999: 138. Diverso è il caso degli Avtomatičeskie stichi, composti secondo un procedimento affine a quello del flusso di coscienza e della scrittura automatica surrealista: in quest’ultima raccolta domina la paratassi, è assente la punteggiatura e non sono rari i salti logico-sintattici. Scrivendo «per il cassetto» Poplavskij non dovette sottostare all’imperativo «“сбавить тону”, сделать себя понятным» (POPLAVSKIJ 2007: 94), che nel 1927 si era autoimposto per poter pubblicare sulla stampa émigrée. 108 «V zimnij den’ na nebe nepodvižnom» (In un giorno d’inverno nel cielo immobile, 1931), POPLAVSKIJ 1999: 104. 109 «Šary stučali na zelenom pole» (Le bocce battevano sul campo verde, 1932), POPLAVSKIJ 1999: 123. 110 Il neige sur la ville (1931), POPLAVSKIJ 1999: 130. 111 Snova v venke iz voska (Di nuovo con una corona di cera, 1931), POPLAVSKIJ 1999: 130. 107 120 mentre l’intonazione caratteristica è data dall’imperativo (nella maggioranza dei casi alla seconda persona singolare; frequentemente anche alla forma negativa): Не смотри на небо, [...]112 Таись, учись скрывать, [...] Молчи и слушай дождь [...]113 Не говори, зажги огонь в печи [...]114 Отдаляйся. Молчи о грядущем, Стань лазурью и временем сам. [...]115 Ты устал, отдохни. Прочитай сноведений страницу Иль в окно посмотри [...]116 Спи, усни, не в силах мира вынесть. Иль поверь, что есть иной исход. Все прими и в поле встретить выйди Рано утром солнечный восход.117 Вечер сияет. Пошли дожди. Голос мечтает. Молчи и жди.118 È evidente l’influsso tjutčeviano (e non solo del Tjutčev di Silentium) in questi dialoghi nei quali l’io lirico si rivolge alla propria anima, alla memoria, a un Tu identificabile con il poeta Boris Poplavskij («Певец Мореллы! Бойся воды, / Скользит в ней белый венец луны»119), nonché alle due uniche figure di angeli che compaiono nella raccolta: il «Друг природы, ангел нелюдимый», incitato a 112 «Ne smotri na nebo» (Non guardare il cielo, 1931), POPLAVSKIJ 1999:116. «Kak strašno ustavat’» (Com’è terribile stancarsi), POPLAVSKIJ 1999:118-119. 114 «V mol’čan’i duši lampy zažigajut» (Nel silenzio dell’anima si accendono le lampade), POPLAVSKIJ 1999:120. 115 «Na pod’eme blestit mostovaja» (Sulla montée risplende il selciato), POPLAVSKIJ 1999:132. 116 «Ty ustal, otdochni» (Sei stanco, riposa, 1931), POPLAVSKIJ 1999: 132. 117 «V zimnij den’ vse kažetsja dalekim» (Nel giorno d’inverno ogni cosa pare lontana), POPLAVSKIJ 1999:137. 118 «Večer sijaet. Prošli doždi» (Splende la sera. Sono passate le piogge, 1931), POPLAVSKIJ 1999: 143. 119 POPLAVSKIJ 1999: 143. 113 121 perdonare e dimenticare le offese («А потом усни и к жизни прежней / С новой силой поутру вернись»120), e l’«Ангел флагов», esortato a dormire e dimenticare: Спи. Забудь. Все было так прекрасно. Скоро, скоро над Твоим ночлегом Новый ангел сине-бело-красный Радостно взлетит к лазури неба. [...] Спи. Усни. Любовь нам только снится, Ты, как счастье, никому не нужен.121 In questa lirica di Snežnyj čas si fondono, infine, due immagini capitali nell’opera di Poplavskij, l’angelo e la bandiera. Come l’angelo, anche la bandiera non prende direttamente parte alla vita degli uomini, non dimora sulla terra, e tuttavia non appartiene soltanto ai cieli: Над рядами серых саркофагов, Где уже горел огонь слепой, Под дождем промокший, ангел флагов Продолжал склоняться над толпой. Улица блестит, огни горят, а выше Ранний мрак смешался с дымом труб, Человек под тонкой черной крышей Медленно идет во тьме к утру. [...] Все темно, спокойно и жестоко, Высоко на небе в яркой ризе Ты сиял, теперь сойди с флагштока, Возвратись к обыкновенной жизни.122 Le bandiere, come già osservavamo, sono un’immagine rimbaudiana, che Poplavskij rielabora e, per così dire, mantiene viva in tutta la sua opera. Ma sono anche un’immagine ricorrente nella pittura di uno degli artisti più vicini al poeta, Konstantin Tereškovič: 120 POPLAVSKIJ 1999: 140. POPLAVSKIJ 1999: 145-146. 122 POPLAVSKIJ 1999: 145. 121 122 Терешкович перенял у него [Larionov] атмосферу вечного народного праздника, полного флагов, под ярко-зелеными деревьями, под яркосинимы небесами.123 Sono le stesse bandiere che incontriamo nella poesia di Poplavskij, private, tuttavia, della gioiosa atmosfera di festa: secondo Boris Julianovič, del resto, nella sua felicità pittorica Tereškovič era lontano dallo spirito russo, profondamente tragico.124 3.7. Nei suoi scritti sulla letteratura Poplavskij non nomina gli angeli; lo fa invece, in due articoli di «Čisla» (entrambi apparsi nel 1931), scrivendo di pittura. Nelle pagine dedicate a Mintchine, prematuramente scomparso, gli angeli sono assimilati a «spiriti bloccati dentro le cose», cui l’artista ridona infine la libertà: Минчин вообще не признавал существования неодушевленных вещей, стулья, лампы, куклы и букеты – все у него движущееся, живое, дышащее, кажется, что он освобождал всех скованных в вещах духов и ангелов.125 In Okolo živopisi (Intorno alla pittura), invece, Poplavskij accosta esplicitamente l’angelo all’artista, fornendoci una chiave di lettura molto precisa della sua stessa poetica: Есть существенное и несущественное в лицах, отсюда – упрощение, схематизация. Есть недоделанность, недобытие в природе, отсюда – деформации. Есть тоска всех вещей и глухие поиски формы. Сюда, наряду с преображением мира, наряду с миром таким, какой он есть, – поиски мира такого, каким он должен быть, живой энтелехией его – художником. Он ангел-помощник всяческой объективизации.126 La concezione dell’angelo come ipostasi dell’artista creatore, «помощник» sospeso tra due mondi, non era originale, negli anni della crisi dell’avanguardia, a Parigi. Se ne trova infatti un’esemplare esposizione in Le Secret professionel di Jean Cocteau, già autore del poema L’ange Heurtebise (1925): 123 POPLAVSKIJ 1996: 309. Ibidem. 125 POPLAVSKIJ 1996: 326. 126 POPLAVSKIJ 1996: 329. 124 123 […] les poètes parlent souvent des anges. Selon eux et selon nous, l’ange se place juste entre l’humain et l’inhumain.. [...] Nous gardons tous une nostalgie des pages qui manquent aux Écritures, relatives à la chute des anges, à la naissance des géants leur progèniture, aux crimes de Lucifer, toute une mythologie chrétienne. […] Désintéres-sement, égoïsme, tendre pitié, creauté, souffrance des contacts, pureté dans la débauche, mélange d’un goût violent pour les plaisirs de la terre et de mépris pour eux, amoralité naïve, ne vous y trompez pas: voilà les signes de ce que nous nommons l’angélisme et que possède tout vrai poète [...] Inutile de dire que cet état rend l’individu suspect à tout le monde. [...] Cet état mixte, difficile à comprendre pour le spectateur, [...] ne va pas sans scandale ni sans désastre. [...] Tantôt ils se suicident, tantôt ils languissent et s’éteignent, tantôt vous les voyez qui sautent dans la bataille comme des gais baigneurs dans la mer. L’au-delà noie les uns et coupe la jambe aux autres.127 Non si ha notizia di rapporti diretti, di amicizia o frequentazione, tra Cocteau e Poplavskij; ma il poeta francese conosceva molti dei russi di Montparnasse (aveva collaborato con i Ballets Russes ed era in buoni rapporti con Il’ja Zdanevič). Non appare improbabile che il giovane poeta russo lo ammirasse: lo cita fugacemente nei suoi diari128 e potrebbe avergli dedicato una poesia nel 1926, celandone il nome dietro la sigla «Ж.К.».129 In ogni caso, al di là di eventuali contatti e influssi diretti, Poplavskij scriveva nel solco di una riflessione artistica comune, che in Francia traeva origine anche dal lavoro dell’avanguardia pittorica e poetica (in particolare dal cubismo, dal dadaismo e dai suoi precursori, Apollinaire e Jarry) e guardava alla tradizione dei Maudits. È appena il caso di ricordare che Poplavskij aveva in Rimbaud, «le type de l’ange sur terre» (la definizione è di Cocteau),130 uno dei suoi modelli poetici, e che l’influsso di Rimbaud si rivela grandissimo sulla sua lirica (i contemporanei lo definivano il «Rimbaud russo»).131 127 COCTEAU 1926: 201 e passim. «Прочел 150 страниц Cocteau “Les enfants terribles”» scriveva nel febbraio 1930 (VIŠNEVSKIJ 2001: 194). 129 E’ stato infatti ipotizzato che la sigla a «Ж. К.», nell’autografo della lirica Pokušenie s negodnymi sredstvami (1926) si riferisca al nome di Jean Cocteau (POPLAVSKIJ 1997: 149). 130 In Poplavskij Rimbaud è esplicitamente accostato all’angelo caduto: «Рембо-люцифер» (POPLAVSKIJ 1996: 224). 131 Insieme con l’immagine dell’angelo, accomuna Cocteau e Poplavskij il personaggio di Orfeo. Agli inizi del Novecento intorno alla figura del mitico poeta di Tracia si era risvegliato grande interesse – ne scrissero, tra gli altri, Apollinaire e Rilke; ma anche nella poe128 124 Sono invece ben noti i legami, di amicizia e di lavoro, tra Poplavskij e il maître dell’avanguardia russa a Parigi Il’ja Zdanevič, il quale nel 1922 affermava Я не буду читать сегодня этой моей неопубликованной и нечитанной еще драмы [лидантЮ фАрам] о том, как я, Орфей, […] сошел в ад. […] Господа, на канонических портретах меня, покойника и святого, пишут с крыльями. Терентьев писал обо мне: ангел небольшого роста и наглый певец. Судейкин говорит: ангел миллиорк. На портрете, который я, конечно, попрошу написать Фотинского, и никого другого, у меня тоже будут крылья. Гончарова тоже написала мой портрет. Это потому, господа, что, еще раз говорю, я давно умер. Был сволочью, а из куколки моей выбился ангел.132 Nel maggio 1922 il giovane Boris era a Berlino quando Zdanevič tenne, alla Université facultè russe 41° chez Hubert, la conferenza da cui è tratto il brano sopra citato. Ma conosceva di certo il pensiero di quello che, dopo il ritorno da Berlino nel 1923, avrebbe considerato il suo maestro.133 Anche lo studio dei testi mistici e religiosi fornisce a Poplavskij suggestioni per l’elaborazione dell’immagine complessa e ambigua dell’angelo. In un breve scritto del 1934 comparso nella rivista «Vstreči» (Incontri), rispondendo a un’inchiesta sul tema «Società e personalità», il poeta citava una delle leggende sugli angeli contenuta nel più importante testo della Qabbalah, Zohar (Splendore), pubblicato nel tredicesimo secolo dal mistico ebreo Moses de Leon. Ricordava che in Zohar gli angeli cercano di opporsi alla decisione divina di creare libero l’uomo, sostenendo che quest’ultimo avrebbe distrutto la simmetria del cielo: Богу было скучно (нежизненно, бессмысленно) среди слишком послушного ангелского воинста, читаю сквоз строки древних текстов, мертво от «безопасности» небесной иерархии, ибо жизнь неотделима от доли непревиденного, нестройного, рискованно и комичного, и поэтому Он создавал «на свою голову» неуравновешенного человека и любит его больше, чем ангелов, этих специаsia russa la sua figura fu ricorrente (in particolare, in Marina Cvetaeva, in Mandel’štam). Cocteau allestì nel 1926 una versione teatrale modernizzata del mito della discesa agli inferi di Orfeo, che colpì profondamente, tra gli altri, lo stesso Rilke e la Woolf. Come in Cocteau, anche in Poplavskij riecheggia inoltre l’operetta Orphée aux enfers di Offenbach. 132 ZDANEVIČ 2009. 133 Si veda infra, 4.2. e sgg. 125 листов по «grands mouvements d’ensemble».134 Altrove egli scrive (diario del febbraio 1934) di «idiozia degli angeli»: [Бог], как умная женщина, любит тех, кто его презирает, и презирает тех, кто его любит, эти всегда сидели дома и с ангельским идиотизмом исполняли домашние работы.135 Non si trattava di riflessioni eccentriche del mistico Poplavskij. Già affrontato da Solov’ëv, il tema della superiorità dell’uomo sugli angeli, per esempio, fu per qualche tempo oggetto di riflessione anche tra i russi di Parigi, in particolare nella cerchia dei Merežkovskij. Chiedeva Adamovič alla Gippius nell’agosto 1926: «Почему “люди лучше ангелов”, по Соловьеву?». E la scrittrice sosteneva in una lettera del 1925 all’allora giovane Jurij Ivask: «Человек в потенции выше ангелов, именно потому, что ему дано все познать и возвыситься через все, а не мимо, стороной, все обойти; ему дано стать собой. (Читали ли вы Пера Гинта Ибсена? ... читали ли вы Соловьева?)».136 3.8. Nei versi di Flagi, così come nell’intera opera di Poplavskij, gli angeli, creature liminari, appaiono sempre mentre il giorno sta per svanire o per nascere, nel buio della notte o alle prime luci dei lampioni che si accendono. In generale, la poesia di Boris Julianovič coglie sempre oggetti, paesaggi e figure proprio nel momento in cui sorge il giorno o scende la notte, quando mutano le luci e ogni cosa sembra cambiare aspetto, prendere nuova forma, trasfigurarsi. In questo suo costante fissare con assoluta precisione il momento in cui l’ora e la stagione si trasformano, Poplavskij appare consapevole erede della grande tradizione di Tjutčev, rielaborata però con un essenziale spostamento. Tjutčev fissa nei suoi versi l’attimo, l’hic et nunc, l’istante unico e irripetibile in cui coglie – nel mutare della luce, nell’avvicendarsi delle stagioni – la sospensione temporale tra «già» e «non ancora»: Уж солнцa раскаленный шар С главы своей земля скатила, И мирный вечера пожар Волна морская поглотила.137 134 POPLAVSKIJ 1996: 306. VIŠNEVSKIJ 2001: 366. 136 BOGOMOLOV 2002: 344. 137 TJUTČEV 1987: 78. 135 126 Еще в полях белеет снег, А воды уж весной шумят138 Сквозь лазурный сумрак ночи Альпы снежные глядят [...] Но Восток лишь заалеет, Чарам гибельным конец – Первый в небе просветлеет Брата старшего венец.139 Il tempo delle «microscopiche odi» tjutčeviane (come le definisce Jurij Tynjanov) viene contratto nell’istante preciso in cui l’osservatore percepisce la trasformazione nel presente: Смотри, как запад разгорелся Вечерним заревом лучей, Восток померкнувший оделся Холодной, сизой чешуей! В врaжде ль они между собою?140 Nei suoi versi, invece, Poplavskij dilata esattamente il momento del passaggio, fuori dal quale nulla può più avvenire. Ecco allora, i lunghi tramonti che dominano nella raccolta Flagi.141 Nella lirica con cui il libro si apre, «Ja pomnju lakovye kryl’ja ekipaža» (Ricordo le ali verniciate della carrozza, 1923): Я помню лаковые крылья экипажа, Молчание и ложь. Лети, закат, лети. Так Христофор Колумб скрывал от экипажа Величину проединенного пути. Была кривая кучера спина Окружена оранжевою славой. Вилась под твердой шляпой седина 138 TJUTČEV 1987: 105. TJUTČEV 1987: 112. 140 TJUTČEV 1987: 143. 141 In un frammento del diario del 1929, Poplavskij rivelava che era stato un pittore, l’amato Mintchine, a insegnargli a vedere con occhi nuovi il tramonto e le sue luci: «Сумерки, как-то желто и странно, а сейчас розово в окне (бегу смотреть). А как фонари горели желто на розовой заре. Минчин научил меня видеть вечер» (VIŠNEVSKIJ 2001: 179). 139 127 А сзади мы, как бы орел двуглавый.142 nella successiva Prevraščenie v kamen’ (Trasformazione in pietra, 1923): Мы вышли. Но весы невольно опускались. О, сумерков холодные весы, Скользили мимо снежные часы Кружились на камнях и исчезали. На острове не двигались дома, И холод плыл торжественно над валом. Была зима. Неверящий Фома Персты держал в ее закате алом. [...]143 o, ancora, nella già citata Маl’čik i angel: Солнце было низко, низко в небе В черном мире между черных туч. В золотом своем великолепье Возвращался в горы мертвый луч. [...]144 Anche il sorgere del sole si prolunga nei versi di Boris Julianovič. Lo vediamo, per esempio, in Duch muzyki (Lo spirito della musica): Там бал погас. Там был рассвет, покой Лишь тонкою железною рукой Наигрывала смерть за упокой Вставало тихо солнце за рекой. [...]145 Qualcosa di analogo avviene nei testi di Avtomatičeskie stichi: Философия Шеллинга упразднила газету и библию, и никто не читает ни того, ни другого, ни третьего, сказал ангел. Другой пустил машину в ход и медленно над миром стал появляться Рассвет.146 Nell’ultima raccolta lirica di Poplavskij la notte che scende occupa tutta una poesia: 142 POPLAVSKIJ 1999: 27. POPLAVSKIJ 1999: 28. 144 POPLAVSKIJ 1999: 73. 145 POPLAVSKIJ 1999: 84. 146 POPLAVSKIJ 1999b: 193. 143 128 Ночь стояла на белой дороге Направляясь к огромному городу Там высокие окна ждали А вдали погасали дали Слишком много кричали трубы Мирозданье уже засыпало Наклоняясь в бездну устало Почему так скоро темнеет? Потому что счастье устало147 come già accadeva in Černaja Madonna (1927): Синевели дни, сиреневели, Темные, прекрасные, пустые. На трамваях люди солoвели. Наклоняли головы святые, Головой счастливою качали. Спал асфальт, где полдень наследил. И казалось, в воздухе, в печали, Поминутно поезд отходил.148 Ritmo e sintassi contribuiscono ad accentuare le prolungate albe e gli interminabili tramonti di Poplavskij, innanzitutto per il predominare dei verbi imperfettivi. Černaja Madonna si presenta in questo senso come esemplare, con i verbi «синевели» e «сиреневели»149 che occupano quasi interamente il primo verso, e si riecheggiano nella loro monotonia fonetica, determinata dall’alternanza di due sole vocali, «и» e «е» (сИнЕвЕлИ, сИрЕнЕвЕлИ), e dalla ripetizione allitterante «синевели» –«сиреневели». Proprio la ripetizione e il rallentamento producono 147 POPLAVSKIJ 1999b: 127. POPLAVSKIJ 1999: 49. 149 I due verbi derivano da altrettanti aggettivi che indicano due colori, «синий» (propriamente «синeватый», bluastro) e «сиреневый» (violetto), molto frequenti nell’opera di Po-plavskij, per lo più associati all’acqua, alla neve, all’aria, alla luce, in particolare quella della sera, del crepuscolo. In Flagi, insieme con il comune «cинеть» – che ritroviamo in Duch muzyki («синела ночь и плыли в вечность годы», POPLAVSKIJ 1999: 84) e in «Kak cholodny obščestvennye vody» («Над крышами синел четвертый час» POPLAVSKIJ 1999: 28.) – ricorre anche, in Hommage à Pablo Picasso, «cиневеть»: «Высоко над домами летел дирижабль зари, / Угасал и хладел синевеющий вечера воздух» (POPLAVSKIJ 1999: 72). 148 129 in Poplavskij quel sorprendente effetto incantatorio cui neppure i più tenaci detrattori, almeno tra i contemporanei, riuscivano a sottrarsi. 3.9. Gli oggetti e le figure che popolano la lirica di Poplavskij sono sempre immersi nella luce (per lo più crepuscolare) e dalla precisione del dettaglio coloristico traggono il loro particolare «realismo». E’ il procedimento che il poeta aveva descritto a proposito della pittura:150 Ошибка натурализма заключалась в том, что он искал только фактической точности передачи вещей, со всеми их подробностями, забывая, что всегда вещь окутана сиянием воздуха, аурой пыли, дыма, бесчисленными отражениями и свечениями окружающего, особенно небо. И, находясь рядом с другими, инако окрашенными и расположенными вещами, вместе с ними движутся, как бы в поле зрения, темнеют и светлеют, меняют свой цвет и поглощаются их соседством.151 Analogo effetto sortisce l’attenzione (che rivela anch’essa una sensibilità e una educazione pittorica) alle stagioni e al tempo atmosferico. Nella lirica di Poplavskij neve e pioggia si incontrano ovunque, fin dai titoli delle poesie e dagli incipit di Flagi e Snežnyj čas: V bor’be so snegom (Lottando con la neve), Dožd’ (Pioggia), «Sneg idet nad goloj esplanadoj» (Nevica sulla nuda Esplanade), «Prežde za znežnoj purgoju» (Prima, oltre la tormenta di neve), Il neige sur la ville, «Večer sijaet. Prošli doždi» (Splende la sera. Sono passate le piogge), «Ne govori mne o molčan’i snega» (Non parlarmi del silenzio della neve). Dagli anni Venti alle poesie «automatiche» degli anni Trenta, la semibuia bellezza dei paesaggi parigini bagnati dalla pioggia (al crepuscolo, o di notte) è costante in 150 Secondo H. Menegaldo, che ha rilevato gli stretti rapporti tra pittura e poesia in Poplavskij, egli raggiungerebbe gli stessi risultati dei pittori suoi amici e maestri servendosi di «аналогичные средства: алогические сочетания не красок, а слов, причудливые метафоры, умелые перебои ритма» (POPLAVSKIJ 1999b: 27). Noi concordiamo con Chodasevič che, nella già citata recensione del 1938, indicava come il procedere della lirica di Poplavskij sia tutt’altro che alogico: «Поплавский идет не от идеи к идее, но от образа к образу, от словосочетания к словосочетаню, – и тут именно, и только тут, проявляется вся стройность его воззрений […]» (CHODASEVIČ [1938]: 179). 151 In Okolo živopisi (POPLAVSKIJ 1996: 330). 130 Boris Julianovič.152 E proprio le descrizioni della città sotto la pioggia sono tra le pagine di prosa più riuscite. Si pensi al lirico finale di Apollon Bezobrazov, che riprende circolarmente l’immagine con cui il romanzo si apre («Шел дождь, не переставая. Он то отдалялся, то вновь приближался к земле»153): Тьма медленно наполняла комнату, и уже углы ее и закопченный потолок тонули в ней. И вдруг дивно знакомый и невыразимо печальный равномерный звук прибавился к ней, и я, не открывая глаз, уже знал, что на улице снова пошел дождь.154 Soltanto nel ciclo di poesie Nad solnečnoju muzykoj vody, che segue Snežnyj čas ed è dedicato a Natal’ja Stoljarova,155 sulla pioggia predominano eccezionalmente, sin dal titolo, immagini solari: Желтый сумрак проходит горами. Вот и солнце, зажмурился сад156 Я снова встал душой из зимней тьмы И здесь в горах за серою агавой, Который раз мне здесь раскрылся мир Мучительной и солнечной забавой.157 e primaverili: Я понял вдруг, что может быть весенний Прекрасный мир и радостен и прав.158 Холодное, румяное от сна, 152 Nel ricorrere della pioggia precise affinità uniscono Poplavskij con l’arte figurativa dell’Ecole de Paris, in particolare con la pittura di Puni (di cui il poeta scriveva con ammirazione nel 1922 come nel 1931): «Нежен очень цветовой мир Пуни, и полны сумрачной прелести его вечные городские пейзажи, где, кажется, постоянно идет дождь» (POPLAVSKIJ 1996: 336). 153 POPLAVSKIJ 2000: 7. 154 POPLAVSKIJ 2000: 225. 155 L’amore per la Stoljarova cambiò profondamente Poplavskij. Scriveva nel diario sul finire del 1932, sotto il titolo «Grammofon govorit s Bogom»: «Ты пришла и вокруг тебя все началось уже наше выздоровление, всех – [...], и даже к папе и маме я впервые почувствовал, что я им принадлежу и что я не один, связан, породен с ними. Боже мой, боже мой, дай мне работу, чтобы нагрузиться доверху и жить в таком золотом тепле беспрерывного усилия, учавствовать, наконец» (VIŠNEVSKIJ 2001: 341). 156 POPLAVSKIJ 1999: 156. 157 POPLAVSKIJ 1999: 158. 158 POPLAVSKIJ 1999: 150. 131 Лицо зари склонилось над землею. Ты снова здесь, весна моя, весна, В рассветной тишине одна со мной.159 Ma nelle opere successive160 tornerà a dominare la pioggia. Quanto alla neve, essa ricorre con notevole frequenza già nel primo Poplavskij, dove appare priva di ogni connotazione naturalistica (si veda per esempio: «Глубокий холод окружает нас. / [...] / Снег с потолка. Вся комната полна»; 1997: 53). In seguito, per limitarci al solo Flagi, la parola «снег» si incontra in oltre un terzo delle liriche. Neve bianca che copre un paesaggio bianco: Над белым домом белый снег едва, Едва шуршит иль кажется что белый.161 misteriosa neve rosata che plana nel cielo rosato dell’alba: Странно молчали последние сны на рассвете В воздухе реял таинственный розовый снег.162 neve livida come la luce del crepuscolo: Поздно, поздно возвращайся, детка, День идет с небес, как синий снег.163 Neve come (certamente non nuova né originale) metafora della pagina bianca (da confrontare con il giovanile «на белый снег на белый лист на белый»164): Электрической лампы полуночное солнце Лишь скользит вдоль страницы, белесой как снег.165 e neve esplicitamente connessa all’immagine della morte, di cui è quasi ovunque preannuncio: Прозрачный ветер неумело вторит Словам твоим. А вот и снег. Умри.166 159 POPLAVSKIJ 1999: 166. Con tutte le riserve del caso; lo ricordiamo: non disponiamo di una datazione definitiva delle liriche. 161 POPLAVSKIJ 1999: 33. 162 POPLAVSKIJ 1999: 54. 163 POPLAVSKIJ 1999: 73. 164 POPLAVSKIJ 2003: 97. 165 POPLAVSKIJ 1999: 38. 160 132 Снег покрыл, точно алое знамя, Мертвецов, отошедших в зарю.167 О, Морелла, вернись, все когда-нибудь будет иначе, Свет смеется над нами, закрой снеговые глаза.168 Osserviamo per inciso che una simile, ossessiva e funerea presenza della neve si osserva, tra i poeti russi del Novecento, in Blok169 e in Sergej Esenin, la cui ultima produzione è ugualmente pervasa da presagi di morte imminente.170 Nevica eternamente nei versi di Poplavskij, e l’eternità stessa è assimilata al cadere della neve: Утро зимы начинается заревом снега. Падает вечность бесшумно на теплую руку, Чистая вечность спускается к телу, как нежность. И исчезает припав к воплощенному духу.171 La neve scende da milioni di anni: И сквозь жар, ночной, священный, адный, Сквозь лиловый дым. где пел кларнет, Запорхает белый, беспощадный Снег, идущий миллионы лет.172 Tutto fluisce in Poplavskij: nell’ininterrotto scendere della neve, come nell’incessante cadere della pioggia, tutto viene colto nell’interminabile momento del passaggio, della trasformazione, che è sempre passaggio a un’altra esistenza – 166 POPLAVSKIJ 1999: 30. POPLAVSKIJ 1999: 88. 168 POPLAVSKIJ 1999: 93. 169 Si veda HANSEN-LÖVE 2003: 503: «Мотивы снега и зимы у Блока [...] распространены в таком избытке, что можно говорить прямо-таки о некоем частном мифе. Культ снега и зимы занимает здесь одно из центральных мест в общем апокалиптическом комплексе и, кроме того, связывается с мифопоэтикой “Севера”, объединяющего Скандинавию, романтическую северную Германию и петербургский Север России в некий замкнутый снежный мир». 170 Si pensi a liriche come «Snežnaja ravnina, belaja luna» (La pianura coperta di neve, la luna bianca, 1925), dove il manto nevoso diviene sudario; o a «Ach, metel’ takaja, prosto čert voz’mi» (Ah che razza di tormenta, il diavolo se la porti, 1925), dove i fiocchi di neve diventano chiodi bianchi; o ancora al mesto, mortuario paesaggio di «Sinij tuman. Snegovoe razdol’e» (Nebbia livida. Libero spazio innevato,1925). 171 POPLAVSKIJ 1999: 87. 172 POPLAVSKIJ 1999: 49. 167 133 «снежный час» appare allora come l’ora della morte. Alla neve si riconnette direttamente il «décor arctique» così ricorrente in Poplavskij: ghiaccio, gelo, iceberg, gejser, e in genere paesaggi nordici o polari. Secondo Nabokov-Sirin, Boris Julianovič avrebbe tratto direttamente da Severjanin questi elementi; tuttavia la loro genesi appare più complessa. Essi rivelano infatti anche l’influsso del Rimbaud di Barbare («Oh! le pavillon en viande saignante sur la soie des mers et des fleurs arctiques; [elles n'existent pas.] [...] Et là, les formes, les sueurs, les chevelures et les yeux, flottant. Et les larmes blanches, bouillantes, – ô douceurs! – et la voix féminine arrivée au fond des volcans et des grottes arctiques... »173) e del Balzac di Séraphîta, ambientato tra le nevi e i ghiacci di un villaggio norvegese, durante l’inverno boreale. In parte, riflettono anche l’attenzione di Boris Julianovič per la cronaca del suo tempo (erano quelli gli anni delle prime, celebri spedizioni polari, il naufragio del Titanic risaliva al 1912). In alcuni casi, il riferimento è esplicito, come in Rukopis’, najdennaja v butylke (Manoscritto trovato in una bottiglia, 1928): Мыс Доброй Надежды. Мы с доброй надеждой тебя покидали, Но море чернело, и красный закат холодов Стоял над кормою, где пассажирки рыдали, И призрак Титаника нас провожал среди льдов.174 Così nella fusione di elementi quotidiani e suggestioni letterarie, anche l’ambientazione artica mostra un carattere composito, realistico e insieme fantastico. Il gelo non terrestre (si veda Flagi spuskajutsja), l’inferno di ghiaccio175 che si rivela essere il mondo (come in Il neige sur la ville), il gelo dei cieli disabitati e spogli, infernali e inospitali per l’angelo, appaiono come varianti di un’unica, ossessiva immagine di dilaniamento tra mondi estranei, inconciliabili. Narra l’angelo-io lirico di «Prežde za snežnoj purgoju» (1932) Прежде за снежной пургою, Там, где красное солнце молчит 173 RIMBAUD 1973: 351. POPLAVSKIJ 1999: 60. 175 «Лед» (ghiaccio) е «ад» (inferno) rafforzano in posizione di rima la loro metaforica parentela. Si veda in Mal’čik i angel (Il fanciullo e l’angelo, 1929): «Застывают в зеркале над парком / Отраженья звезд - цветы во льду. / Улыбаясь, разбивает парка / Это зеркало весной в аду» (POPLAVSKIJ 1999: 73-74) 174 134 Мне казалось, что жизнью другою Я смогу незаметно прожить. Слушать дальнего снега рожденье Над землей, в тишинe белизны И следить за снежнинок паденьем Неподвижно сквозь воздух зимы. Почему я склонился над миром, Позабыл о холодных царях? [...] Нет, но ангелы – вечные дети Не поймут и не любят земли, Я теперь самый бедный на свете Загорелый бродяга в пыли176 Non casualmente Agasfero, l’ebreo errante, tradizionale metafora del proscritto, dell’esiliato, danza al Polo già in Dies irae (1927): Над смешным цилиндром Агасфера, Что танцует средь полярных льдов.177 Regna un «freddo assoluto» nei paesi stranieri, scrive Poplavskij in un passo dei diari del 1934:178 come Agasfero, l’emigrato vive in gelide terre.179 176 POPLAVSKIJ 1999: 125. POPLAVSKIJ 2003: 78. Il ridicolo cilindro, qui attributo di Agasfero, compare frequentemente nel primo Poplavskij (nelle liriche e anche nei disegni tratteggiati a margine dei manoscritti). In alcuni versi del 1926, in cilindro viene descritto Gumilëv, pronto a saltare sul predellino di un tram: «И несется налегке трамвай / В загородное депо как будто в рай / И за ним в цилиндре Гумилев / На подножку подскочить готов / С поезда в пальто слезает ночь / К ней бежит носильщик ей помочь» («Na ikone v zolotych kustach», POPLAVSKIJ 2008). 178 Scriveva Poplavskij nel diario del febbraio 1934: «Ах, Русь, Русь. Как мало в тебе силы, могущей сколько угодно лет или поколений носить свое золото в абсолютном холоде чужих краев» (VIŠNEVSKIJ 2001: 367). 179 Analizzando in Vokrug «Čisel» la prosa di Fel’zen e Charchoune, Poplavskij scrive: «в эмиграции Россия есть русская женщина. […] она спасает эмигрантского молодого человека от холодного люциферического ада, который книги только увеличивают» (POPLAVSKIJ 1996: 301). Il motivo del freddo asessuato, che accomuna Poplavskij a Mandel’štam (si veda «Net, ne migren’» [No, non è emicrania], 1931), origina evidentemente da Rozanov. 177 135 3.10. Nell’opera in versi Poplavskij non rinuncia ad alcun elemento che in una certa tradizione decadente e simbolista (non solo russa, letteraria come figurativa: si pensi in primo luogo, oltre al già ricordato Redon, a Gustave Moreau, pittore prediletto, tra l’altro, da Breton) si ritrova nella raffigurazione degli angeli. Tuttavia da questa tradizione, di cui è erede consapevole, egli è ormai distante, e non soltanto perché ben conosce la rielaborazione che ne aveva dato l’avanguardia francese. Come avviene nella pittura dei suoi coetanei russo-ebreo-parigini, dove – dopo la lezione di oggettività e concretezza del cubismo – arlecchini e pierrot hanno solo un lontano rapporto con i loro predecessori simbolisti, nei versi di Boris Julianovič gli angeli, sradicati dall’universo simbolista, riacquistano materialità grazie anche al balenare improvviso di inattesi dettagli realistici: frammenti del paesaggio cittadino, oggetti domestici, dettagli di abiti, strumenti musicali. Concreti, immersi nella luce, gli angeli di Poplavskij non rimandano ad alcuna realtà superiore, ma danno vita a un mondo nuovo, al contempo fantastico e terreno: uno spazio liminare, in continuo divenire. Così gli angeli si rivelano essere non tanto simboli, come è stato ipotizzato da molta critica, ma variazioni poetiche su un unico tema dominante: quello della trasformazione, del mutamento, del «passaggio» – da uno stato all’altro, da un mondo all’altro, dalla vita alla morte, ricercata come via di rinascita:180 Одинокий шептал: «Завтра снова весна на земле Будет снова мгновенно легко засыпать на рассвете. Завтра вечность поет: Не забудь умереть на заре, Из рассвета в закат перейти как небесные дети».181 Proprio l’incessante trasformazione di ogni cosa veniva indicata da Poplavskij come elemento centrale nella sua poetica sin dal primo saggio letterario che pubblicò,182 Zametki o poezii (Note sulla poesia, 1928): 180 Anche questa concezione deriva chiaramente da Nietzsche, il «пророк активного пессимизма». Poplavskij scriveva già nel 1922, nel diario berlinese: «Сбывалось великое пророчество Ницше: лучшие мои, вам должно становится все хуже и тяжелее, все большие и лучшие из вас должны погибнут, ибо так превозмогает человек себя» (POPLAVSKIJ 1996: 137). 181 POPLAVSKIJ 1999: 73. 182 Nella miscellanea Stichotvorenie. Poezija i poetičeskaja kritika II (Versi. La poesia e la critica poetica II), ora in POPLAVSKIJ 1996: 251-252. 136 […] тема стихотворения, его мистический центр, находится вне первоначального постигания, она как бы за окном, она воет в трубе, шумит в деревьях, окружает дом. Этим достигается, создается не произведение, а поэтический документ – ощущение живой, не поддающеюся в руки ткани лирического опыта. Здесь имеет меcто не статическая тема, а динамическое состояние (не аполлоническое, а дионисическое начало), и потому отображение превращается и изменяется, как живая ткань времени. В таком стихотворении все свободно превращается «во все»; построено такое стихотворение бывает не наподобие твердых тел, например статуи, а скорее наподобие разноцветных жидкостей. И так как и сами мистические знаки ни о чем в точности не повествуют, а само магическое становление не прерывает в нем свой поступательный ход, полет или танец, то в нем «все» как бы продолжает свободно возникать из «ничего».183 183 Ibid. 137 4. L’ultima avanguardia Долгое время был резким футуристом и нигде не печатался. 4.1. Soltanto nell’ultimo decennio si è cominciato a fare luce sull’opera e sulla biografia letteraria di Poplavskij tra il 1922 e il 1928, anno del suo esordio sulle pagine di «Volja Rossii» e del suo ingresso nella letteratura dell’emigrazione «regolare».1 Benché continuino a non essere noti saggi,2 diari,3 lettere4 che egli poté scrivere in questi anni, dal 1997 sono state pubblicate le versioni originali di parte delle poesie composte da Boris Julianovič prima del 1928.5 Nel 2003 si è inoltre appreso che il poeta aveva preparato un piano di edizione dell’opera in versi,6 in base al quale le liriche composte negli anni 1922-1927 sarebbero dovute apparire in due volumi, intitolati rispettivamente V venke iz voska. Berlin–Pariž 1922-1924,7 e 1 La rivista, come avrebbe ricordato Mark Slonim (redattore della sezione letteraria), rappresentava una specie di «purgatorio» attraverso il quale i giovani scrittori dovevano passare per arrivare alla consacrazione ufficiale di autori émigrés nell’autorevole «Sovremennye zapiski», dove Poplavskij pubblicò infatti per la prima volta nel 1929. 2 Fa eccezione il già citato testo del 1922 sulla Prima mostra russa a Berlino (POPLAVSKIJ 2005); si veda supra, 2.4: 90 e sgg. 3 Sono state pubblicate soltanto le pagine del Diario berlinese risalenti al 1922 (POPLAVSKIJ 1996: 137-139). 4 Si conoscono sette lettere a Zdanevič (tre delle quali risalgono al 1928, mentre cinque sono senza data, ma sicuramente precedenti) pubblicate in POPLAVSKIJ 1997, nonché una lettera a V.B. Sosinskij del 1925 (POPLAVSKIJ 1996). 5 Quanto alle vicende biografiche di Boris Julianovič in questi anni, conosciamo ben poco: viveva con la famiglia (prima sulla Rive Gauche, poi nei pressi di Place d’Italie), frequentava l’università e le biblioteche, non aveva un’occupazione fissa. 6 MENEGALDO 2003: 21. 7 Secondo quanto scrive H. Menegaldo, che ha rinvenuto gli elenchi nell’archivio parigino conservato da Anne Tatiščev, in V venke «должны были войти “первые” – т.е. уже не учeнические – стихи от 1922 до 1924 года, примерно до “начала русского дада- Dirižabl’ neizvestnogo napravlenija.8 È ancora impossibile confrontare le due raccolte giacché non sono state pubblicate integralmente,9 e tuttavia uno studio della poetica di Poplavskij non può esimersi dal prenderle in considerazione. Sin d’ora, sulla base dei testi editi, nel passaggio dall’una all’altra raccolta possiamo cogliere il modificarsi dell’«arsenale linguistico» del poeta, anche se non dei motivi dominanti (che, lo abbiamo più volte ripetuto, non mutano in questo «poeta senza storia»10). Vi è in effetti una certa differenza di intonazione fra le liriche di V venke e quelle – «dadaistiche», qua e là anche «transmentali» – di Dirižabl’: è il riflesso diretto dell’evoluzione compiuta dall’ancora giovane poeta in questo breve volgere di tempo che, per i rappresentanti della seconda generazione émigrée, coincise con il periodo «eroico» dell’emigrazione11 e il successivo affermarsi, a partire dal 1925, del Sojuz molodych pisatelej i poetov (Unione dei giovani scrittori e poeti), nel quale Poplavskij entrò, come vedremo, soltanto nel 1928. «На иссохшей почве чужбины, в убийственном климате всеобщего одиночества и безучастности» la seconda generazione dei russi fuori della Russia diede vita a un «беспрецедентный литературный эксперимент творения из ничего».12 Fu in questo clima artistico che la personalità poetica di Boris Julianovič maturò definitivamente, ed è a questo periodo decisivo che bisogna guardare per comprendere almeno in parte le ragioni dell’originalità di un poeta a lungo giudicato enigmatico e contraddittorio. Grazie agli studi più recenti, oggi conosciamo meglio le vicende letterarie della Parigi russa nella prima metà degli anni Venti.13 Sappiamo che, prima dell’afferизма”. В списке фигурируют названия 41 стихотворения. Тексты некоторых из них удалось обнаружить в “Дирижабле” 1927-ого года, шесть из них были опубликованы поэтом в “Флагах”, другие были включены Н.Д. Татищевым в посмертные сборники, последние наконец хранились в разных папках» (POPLAVSKIJ 2003: 157). 8 Così si intitolava la raccolta preparata da Poplavskij per la stampa già nel 1927, ma rimasta inedita (si veda MENEGALDO 2003: 21). 9 In effetti, due raccolte postume di Poplavskij apparvero con questi titoli, rispettivamente nel 1938 e nel 1965 (si veda supra, Introduzione: 8), ma non rispettavano la composizione originale, contenevano poesie largamente rimaneggiate dal curatore, e includevano liriche scritte in anni successivi (si veda MENEGALDO 2003: 16). 10 Si veda supra, Introduzione: 12-13. 11 La fortunata definizione ricorre per la prima volta in un articolo di Dovid Knut (Russkij Monparnas, La Montparnasse russa), apparso in «Poslednie novosti» nel 1927 (ora in KNUT 1997-1998). 12 KNUT 1997: 262. 13 Soltanto nell’ultimo decennio – dopo essere stata a lungo ignorata dagli storici, con la meritoria eccezione del gruppo di studiosi italiani riuniti da Marzio Marzaduri e Luigi Ma140 marsi dell’emigrazione «regolare» a partire dal 1925, erano attivissimi i poeti vicini al Sojuz russkich chudožnikov, riuniti nelle associazioni Gatarapak, Palata poetov e, dal novembre 1922, Čerez (Attraverso). Privo o quasi di echi nella stampa, questo breve regno della sinistra artistica godette di scarsa notorietà ed ebbe presto fine: il mutare del quadro politico così come il maturare degli autori portarono alla rapida trasformazione della scena culturale. Prima dunque che la vita letteraria dell’emigrazione si assestasse intorno a due poli, due modi profondamente diversi di intendere l’arte – come magistero formale (Chodasevič) e come ripiegamento intimista-diaristico (Georgij Ivanov e Georgij Adamovič) – continuarono a scrivere poesia in russo, lontano dalla Russia, gli allora giovani rappresentanti (solo i maggiori superavano la trentina) di Gatarapak-Palata-Čerez. Vivevano in una situazione di assoluta incertezza, economica, politica, culturale, in un clima di «поэтическое затворничество»;14 le loro opere nascevano e venivano lette nei caffé, negli atélier dei pittori, nelle stanze d’affitto del Quartiere latino dove abitavano. Queste difficili condizioni spiegano almeno in parte perché nel gruppo si ritrovassero soltanto poeti e non prosatori (dalla metà del decennio Poplavskij e Charchoune avrebbero iniziato a comporre le loro «strane» prose, e lo stesso Zdanevič avrebbe coltivato il romanzo). Ricordava uno degli scrittori più dotati della seconda generazione émigrée, oggi molto apprezzato, Gajto Gazdanov: В том поколении, которое сформировалось в эмиграции было гораздо больше поэтов, чем прозаиков, и были поэты действительно выдающиеся. Это потому, что поэзия – литература в более чистом виде, чем проза, и которая не требует какой-то бытовой базы; поэтому поэтов было больше и они были выше по уровню. А с прозой, конечно, дело обстояло более печально.15 4.2. Poplavskij era ancora a Berlino quando, il 24 novembre 1922, Sergej Romov e Il’ja Zdanevič organizzarono un banchetto in onore di Vladimir Majakovskij, in visita a Parigi, e diedero vita al nuovo gruppo letterario-artistico in cui sarebbero confluiti i giovani poeti vicini a Palata e Gatarapak: Čerez. Tornato a Parigi, vegarotto (si veda la Bibliografia) – la primissima «scuola» poetica cui diedero vita, agli inizi degli anni Venti, i rappresentanti della giovane generazione émigrée schierati su posizioni politiche (e artistiche) di «sinistra» è divenuta finalmente oggetto di studi. 14 ZDANEVIČ 1997: 113. 15 Il passo è citato in ORLOVA 2004: 89). 141 rosimilmente agli inizi del ’23, Poplavskij entrò a farne parte,16 stringendo il legame artistico con quello che avrebbe indicato come il suo maestro: Zdanevič, il «ricercatore sul filo del rasoio dell’arte» che «utilizzava la composizione tipografica come un materiale artistico» (Šklovskij17), amico e collaboratore di Larionov e Gončarova sin dagli anni Dieci (con loro elaborò la teoria dello Vsečestvo, «tuttismo»), quindi esponente di primo piano dello zaumnyj jazyk, a Pietrogrado nel 1916 insieme con Ledentu, e poi a Tiflis, dove Zdanevič era nato e dove, con Kručënych e Terent’ev, diede vita al gruppo «41°». Dopo aver insediato al Caméléon la nuova sede di Universitet 41°, tenendovi conferenze, insieme a Bart (l’amico di lunga data che nel 1911 lo aveva introdotto nell’ambiente dei futuristi pietroburghesi) e Romov aveva iniziato ad animare con le proprie iniziative la Parigi russa e in generale d’avanguardia (fu, con Picasso e altri, nel comitato che organizzò la prima Fête de Nuit a Montparnasse, inaugurando la stagione dei balli del Sojuz chudožnikov), ed entrò in contatto con il gruppo di Tzara.18 Superando antichi dissidi, Zdanevič si alleò con Majakovskij19 per dare vita a un raggruppamento d’avanguardia che andasse oltre le divisioni tra le arti e riunisse francesi e russi: Čerez, «filiale» occidentale del LEF, costituitasi presso il Sojuz Russkich Chudožnikov (di cui Zdanevič era segretario; ne sarebbe divenuto presidente nel 1925). Insieme con i «veterani» Bart e Romov, i pittori, da Puni a Tereškovič e Lanskoj,20 oltre ai dadaisti francesi, all’attività di Čerez parteciparono i poeti della 16 Fu questo il primo gruppo artistico-letterario nel quale egli entrò ufficialmente. In Palata Poetov, infatti, non era stato accolto (si veda supra, 2.2: 81). 17 Citiamo dalla versione italiana di un breve inedito intitolato Il’ja Zdanevič, pubblicato da Marzio Marzaduri (DADA RUSSO 1984: 227). 18 Nella prefazione francese alla pièce di Zdanevič lidantJU fAram (Ledentu le Phare, 1923) Ribemont-Dessaignes definiva il movimento degli zaumniki «la forma russa del dadaismo letterario». 19 Scrive M. Marzaduri riferendosi ai contrasti sorti tra i due già all’indomani della rivoluzione di febbraio: «Причины конфликта между Зданевичем и Маяковским были подлинными и глубокими. В первую очередь они были личными, касавшимися характеров того и другого. Кроме того, они были связаны с борьбой за первенство и руководящую роль в левой группе. […] деятельный демократизм Зданевича, […] его вера в свободное искусство в свободном и демократическом государстве были чужды, во всяком случае далеки, мысли Маяковского и многих других левых поэтов и художников» (RUSSKIJ LITERATURNYJ AVANGARD 1990: 46-47). 20 Ricordando la serata del 29 aprile 1923, dedicata dal gruppo di Čerez a Boris Božnev, Anatolij Julius elencava anche Poplavskij tra i pittori che in quell’occasione avevano esposto i propri lavori e affermava: «В 1923 Борис Поплавский считал себя еще художником и как-то нехотя читал свои стихи» (JULIUS 1966: 89). 142 più giovane generazione: Ginger, Božnev, Knut, Švešnikov-Kemeckij, Evangulov, Pozner, M. Struve, A. Julius, A. Braslavskij21 ecc.22 Čerez non diede alle stampe manifesti né pubblicazioni, se si esclude la già ricordata rivista d’arte «Udar» diretta da Romov;23 altri progetti, come quello di una «Cronaca letteraria» intitolata «Čerez» (1925), rimasero inattuati.24 Rifiutando per ragioni ideologiche di prendere parte alla vita dell’emigrazione antibolscevica, i poeti di Čerez avevano poche speranze di pubblicare e farsi conoscere dal pubblico russo in Francia. Su un piano ideologico, la loro posizione trovava fondamento in Zdanevič, il quale teorizzava l’eroismo del silenzio e del non essere, portando alle estreme conseguenze il tjutčeviano «мысль изреченная есть ложь». Fino al 1927 Poplavskij condivise con il maestro l’ammirazione per il genio «умирающий в неизвестности», e il culto dello «священноe небытиe», il sacro non-essere;25 lo testimonia, oltre alle lettere a Zdanevič, l’epigrafe alla lirica «Tenebr[ar]um mare – more temnoty»: «Небытие – чудесная страна. 1923».26 Continuerà a condividere almeno in parte questa posizione del maestro anche quando diventerà, a cavallo tra un decennio e l’altro, lo carevič di Montparnasse, e pubblicherà regolarmente nella stampa émigrée. Scriverà infatti nel 1930: «самое прекрасное на свете – это “быть гением и умереть в неизвесности”».27 D’altra parte, i giovani poeti di Čerez coltivavano la speranza (impensabile per l’emigrazione antibolscevica) di pubblicare nella Russia sovietica. E poesie di Ginger, Božnev, Svešnikov-Kemeckij e Knut apparvero nel 1924 a Mosca, nella raccolta Nedra. Literaturno-Chudožestvennye sborniki (Le viscere. Raccolte di 21 Aleksandr Braslavskij, poeta e giornalista russo, visse a Parigi. Con lo pseudonimo di Bulkin pubblicò a proprie spese il volume Stichotvorenija (Poesie) nel 1926, sotto l’egida del Sojuz molodych pisatelej. Altre due raccolte dallo stesso titolo seguirono nel 1929 e nel 1937. Vicino per modi e toni alla Nota parigina, fu tra gli amici più cari di Poplavskij. 22 Come scrive Livak (2005: 169), nella nuova formazione letteraria «вошли все поэты из “Гатарапака”, прекратившего свое существование, а также осколки “Палаты поэтов” – Евангулов, Гингер и, годом позже, Шаршун». 23 Veniva stampata nella tipografia Union di Dimitri Snegaroff, storicamente legata ai rivoluzionari russi; Lenin stesso ne era stato a capo tra il 1910 e il 1912, per lasciarla in seguito nelle mani dell’amico Snegaroff, che la diresse fino al 1958. 24 Se ne ha testimonianza nella lettera di Poplavskij a Sosinskij del 1925 (POPLAVSKIJ 1996: 246). 25 POPLAVSKIJ 1997: 94. 26 In POPLAVSKIJ 1997: 45. La lirica è qui pubblicata senza data, mentre è datata 1925 la versione rinvenuta, con alcune varianti, nell’archivio Tatiščev donato al Museo letterario di Mosca, e pubblicata in POPLAVSKIJ 1999a: 92. 27 O mističeskoj atmosfere molodoj literatury v emigracii (POPLAVSKIJ 1997: 259). 143 arte e letteratura):28 «Насколько нам известно, это было первое – и единственное – появление молодых парижских поэтов в метропольной прессе» (Fleishman).29 Zdanevič cercò anche, senza successo, di rinnovare a Parigi l’attività della sua casa editrice «41°». Riuscì soltanto a pubblicarvi, nel 1923, lidantJu fAram; sarebbero dovuti seguire il romanzo Parižač’i, dello stesso Zdanevič, e le raccolte di alcuni giovani poeti, tra cui Ginger e Poplavskij.30 Insieme con il maestro, quest’ultimo preparò infatti per la stampa nel 1925 Grammofon na severnom poljuse, che tuttavia rimase inedito.31 In generale, i rappresentanti di Čerez iniziarono a pubblicare soltanto nel 1925 – un anno che si rivelò «вообще в известном смысле переломным для эмигрантской литературной молодежи, когда журналы и критики-мэтры, по существу впервые, всерьез обратили на нее внимание».32 Nuovi raggruppamenti letterari andavano allora formandosi, e i poeti della seconda generazione émigrée stavano per prendere nuove strade letterarie e politiche. E dunque nel 1925 Božnev ottenne indignate reazioni dalla critica émigrée con il suo Bor’ba za nesušestvovanie (La lotta per la non esistenza),33 mentre solo due anni più tardi si sarebbe visto riconosciuto da Adamovič come «il più esperto ed esigente» tra i «giovani poeti» grazie alle diciotto liriche di Fontan (La fontana, 1927); Ginger, dopo Svora vernych (Il branco dei fedeli, 1922), con il marchio del nuovo, effimero gruppo poetico creato in quello stesso 1925 da Zdanevič, Kanarejka (Il canarino),34 pubblicò Predannost’ (Devozione); Evangulov pubblicò Zolotoj pepel (Cenere dorata), mentre Dovid Knut diede alle stampe, primo poeta del Sojuz 28 I primi tre poeti nel terzo numero della raccolta moscovita (pp. 129-136), Knut nel quarto numero (pp. 262-263). 29 FLEISHMAN 2006: 232. 30 GAYRAUD 1997: 14. 31 Ne dà notizia (in POPLAVSKIJ 1997: 15-16) Régis Gayraud, il quale ha rinvenuto nell’archivio parigino di Iliazd una serie di poesie di Poplavskij, datate tra il 1925 e il 1927, e uno schizzo della copertina dell’edizione, fatto da Zdanevič (nella grafia riformata, adottata dai bolscevichi, ma non dall’emigrazione), dove si leggono, oltre al nome dell’autore (che, per un chiaro refuso, vi compare come «Попавский»), il titolo, «Грамофон на северном полюсе», il sottotitolo «Стихи», il luogo di edizione, «Париж», e la data: 1925. 32 Così scrive V. Khazan (1997: 39). 33 «Выход первой книги Бориса Божнева в 1925 стал одным из наиболее заметных событий тогдашней литературной жизни. В Борьбе за несуществование критиков шокировал демонстративный антиэстетизм автора, тем более скандальный, что в формальном отношении божневкская поэзия казалась традиционной» scrive Fleishman (nell’Introduzione a BOŽNEV 1987: 10). 34 Si veda quanto scrive R. Gayraud in POPLAVSKIJ 1997: 10. 144 molodych pisatelej, la «sublime balbuzie», come la definì Adamovič, di Moich tysjačeletij (Dei miei millenni; tratto dall’ultimo verso della lirica inaugurale del volume: «Блаженный груз моих тысячелетий», «il beato peso dei miei millenni», 1925). Alla presentazione del volume assistette, nel maggio 1925, Vladislav Chodasevič, cui Knut, prese le distanze dall’avanguardia letteraria, avrebbe di lì in poi guardato come al proprio maestro. Sulla base di queste opere, oltre che degli inediti resi noti nell’ultimo decennio, si va formando oggi la conoscenza di questa variegata «scuola» che, nata nelle intenzioni di Zdanevič per collaborare con LEF, nei fatti, come fa osservare A.I. Čagin, «так и не смогла наладить это сотрудничество – ни по идейным основаниям, ни по эстетическим, орентируясь, главным образом, на дооктябрьский опыт русского aвангарда».35 Tra gli autori cui gli esordienti guardavano c’erano invece Blok, Gumilëv, Esenin e Pasternak. Rispetto alle posizioni radicali – distruggere il monopolio del significato delle parole, portarne in primo piano il contenuto «transmentale», liberare la lingua poetica dai vincoli della lingua parlata, seguendo le associazioni sonore e coltivando gli sdvigi verbali – espresse da Universitet 41°, il gruppo da cui originava idealmente, Čerez mostrò un orientamento ben più moderato. Del resto lo stesso Zdanevič a partire dall’estate del 1923 giudicava esaurita la fase zaum’.36 Insieme con l’amore per la dissacrazione, evidente eredità del «дооктябрьский опыт русского aвангарда» nei versi di Ginger, Božnev, Svešnikov-Kemeckij, Poplavskij si osservano un’attenzione costante ai temi «bassi» o extra-letterari (il cinematografo, Charlie Chaplin…37), nonché l’uso ironico-parodistico di alcune metafore.38 I giovani poeti russo-parigini non rimpiangevano malinconicamente il mondo che avevano perduto a causa della rivoluzione, non identificavano la Russia con il suo passato ormai tragicamente condannato, con l’autocrazia e l’ortodossia, ma guardavano al presente (nel quale le loro opere paiono fortemente ra35 LERZ 2000, s.v. «Čerez». Lo si legge in una nota del 1923: «10 лет назад мы начинали, разукрашивая себе лица, организовывая манифестации, печатая каждый день прокламации и книги. Мы бросали вызов, желая перевернуть мир, переделать землю, и превозносили новый дух. […] Сейчас мы знаем, что все осталось на своем месте, что ничего не изменилось; знаем что наша юность прошла бессмысленно […]. Нам не удалось открыть новую истину, не говоря уже о том, что мы напрасно потеряли десять лет» (RUSSKIJ LITERATURNYJ AVANGARD 1990: 50–51). 37 Si veda DADA RUSSO: 179. 38 Si veda KHAZAN 2004: 161. 36 145 dicate), senza nutrire speranze messianiche. Nei loro versi mettevano a nudo lo squallore, la disperazione, la solitudine, l’isolamento di quella che percepivano come la condizione dell’uomo del proprio tempo, non soltanto di chi si era ritrovato tra i profughi russi, la misera quotidianità. Ma vi è indubbiamente, in Poplavskij come in Božnev, in Ginger, in Knut, una notevole tensione metafisica. In «Ja Šillera čitat’ zadumal pered snom» (Volevo leggere Schiller prima di dormire),39 una delle quarantuno liriche che Poplavskij pensava di riunire sotto il titolo V venke iz voska 1922-1924, possiamo riconoscere una caratterizzazione di questo gruppo di poeti russo-parigini. Essi vengono delineati in negativo – per ciò che non possiedono, per ciò che hanno perduto, per la loro netta opposizione a quanti del gruppo non fanno parte: Я Шиллера читать задумал перед сном. Но ночь прошла; я не успел раздеться. Все та же ты на языке ином, Трагедия в садах Аранжуэца. Хоть Карлосу за столиком пустым Уж не дождаться королевы детства, И перейдя за Сенские мосты, Он не увидит лошадей для бегства. Хоть безразличнее к сыновьим слезам Отец наш, чем король Филипп Второй, Хоть мы казненному завидуем порой: Встaвая в саване и с обостренным носом. Чтоб вновь, едва успев переодеться, В кофейне, разукрашенной стеклом, Играть на скудном языке родном 39 Pubblicando la lirica nel 1928, in «Volja Rossii», Poplavskij vi aggiunse una dedica in sigla: «В.К.» (a V.K.). Si tratta, crediamo (contrariamente all’ipotesi formulata dalla Menegaldo in POPLAVSKIJ 2003: 158: «Кто скрывается за этими инициалами, можно только гадать: Василиий Кандинский?»), di Vladimir Svešnikov, che firmava i suoi versi come Vladimir Kemeckij, usando il cognome della madre. All’amico poeta Poplavskij dedicò più di una lirica, indicando indifferemente l’uno o l’altro cognome. 146 Трагедию в садах Аранжуэца.40 Insistente ed essenziale per la comprensione della lirica è il richiamo a Schiller e al suo Don Carlos (1787): derivano dalla tragedia, oltre all’eroe del titolo, l’immagine del re suo padre, Filippo II, i giardini di Aranjuez (residenza primaverile del sovrano spagnolo) dove trascorre felice l’infanzia di Don Carlos, il quale tenterà invano la fuga verso le Fiandre in rivolta contro l’assolutismo di Filippo, e finirà consegnato dal padre al Grande Inquisitore. Tra i poeti di Gatarapak-PalataČerez era ben noto il mito di Don Carlos, lo sfortunato eroe vittima del padre sovrano, insieme con l’amico e mentore Marchese di Posa, sostenitore degli ideali di libertà. Nel saggio che scrisse in morte di Poplavskij, Zdanevič affermava che, nel clima di rottura con le convenzioni e le convinzioni dei padri diffuso tra i giovani artisti russi di Parigi nei primi anni Venti, a Poplavskij era toccato il ruolo di Don Carlos, a Iliazd stesso quello del Marchese di Posa.41 Dunque, nella cerchia di Čerez, i riferimenti al Don Carlos erano tutt’altro che oscuri, e non suonava per nulla aulico il richiamo alla tragedia di Schiller, ma era al contrario familiare, e si conciliava perfettamente con il registro verbale dominante nella lirica, basso e intimo («перед сном», «раздеться», «переодеться», «за столиком пустым», «в кофейне, разукрашенной стеклом», «на скудном языке родном»). Molti sono in questa lirica gli elementi autobiografici espliciti: l’ambientazione parigina (i ponti sulla Senna), l’eterno bar («за столиком пустым», «в кофейнe»), l’isolamento linguistico («на языке ином», «на скудном языке родном»), il conflitto padri-figli, la povertà (l’azione del Don Carlos schilleriano ha luogo nei sontuosi giardini di Aranjuez, la sua rappresentazione «nella povera lingua materna» si svolge in una kofejnja). Sono tutti elementi che accomunavano la pleiade russa di Montparnasse, e il passaggio dalla prima persona singolare, con cui la lirica si apre («Я Шиллера читать задумал», v. 1), alla prima plurale nella terza quartina («отец наш», v. 10, «мы казненному завидуем», v. 11), rivela il carattere collettivo del soggetto lirico, un «noi» che ritorna, con accenti non più trionfalistici, dopo gli esperimenti «futuristi» precedenti l’arrivo a Parigi (si pensi a Poema o revoljucii). Don Carlos è il primo di una serie di personaggi cari al romanticismo, tutti segnati da una fine precoce, che Poplavskij riattualizza nei suoi versi (tra gli altri, Amleto, Ofelia, la Morella di Poe ecc.), facendoli apparire, come in questo caso, dietro il tavolino vuoto di un caffè, o mentre attraversano i ponti sulla Senna. 40 Poplavskij dapprima incluse la lirica nell’edizione inedita di Dirižabl’ neizvestnogo napravlenija (1927); poi la pubblicò, senza data, in «Volja Rossii» (1928: II, 33); infine la incluse tra le poesie di V venke iz voska 1922-1924 (si veda POPLAVSKIJ 2003: 158). 41 ZDANEVIČ 1997: 112. 147 Sin dai suoi esordi parigini, la poesia di Poplavskij si radica profondamente nel nuovo paesaggio, nel nuovo mondo. Quanto all’eroe lirico di Boris Julianovič, esso vi appare da subito con una connotazione che non verrà mai meno: in lacrime («Хоть безразличнее к сыновьим слезам / Отец наш, чем король Филипп Второй», vv. 9-10). Non ancora formulata dall’autore, la teoria della «жалость», la pena verso sé e il mondo, dalla quale nasce la poesia, è già in questi versi.42 4.3. Condivisa e programmatica per Poplavskij, come per i suoi giovani amici, è la rinuncia al bello, l’imperativo «писать без стиля», perseguito accostando toni sublimi e oggetti d’uso quotidiano, strutture metriche tradizionali e dialettalismi, vocaboli infantili o gergali. Lo osserviamo in parte in «Ja Šillera čitat’ zadumal pered snom», e con maggiore evidenza lo osserveremo in altre liriche (da «Prekrasno sočinaeš’ Aleksandr» [Scrivi benissimo, Aleksandr], 1924, a Art poétique). Ciò che il critico E. Znosko-Borovskij rilevava nel 1926 recensendo Predannost’ di Ginger – «он охотно вводит новообразования, воскрешает устарелые или вышедшие из употребения формы и обороты, так как нередко кажется, что имеем дело с коснозычным или ребенком»43 – vale in diversa misura anche per Božnev, Knut e Poplavskij, spesso accusati di conoscere poco e male la lingua russa. Nelle liriche di Boris Julianovič, in particolare, è evidente il consapevole gioco di sperimentazione linguistica, perseguito accostando elementi diversi alla ricerca di un preciso effetto dissonante. Si osservi, per esempio, in «Prekrasno sočinaeš’ Aleksandr» il susseguirsi di arcaismi, dialettismi, parole rare e gergali: Прекрасно сoчиняешь Александр Ты мифы кои красят наши яви Хоть ведомо бесплоден олеандр Литературы и в судьбах бесправен И слов нема как говорит народ Чтоб передать как люба «Свора верных» […] 42 Anche la caratterizzazione temporale della lirica – tra il sonno e la veglia, tra il mancato spogliarsi e il rivestirsi, tra sonno e fantasticheria – sarà costante nel Poplavskij maturo, per il quale il motivo del sonno (sempre strettamente connesso con quello della morte) è dominante. 43 «Volja Rossii», I, 1926. 148 Необорима ласковая порча Она свербит она молчит и ждет Она вина картофельного горше И слаще чем нерукотворный мед44 Citando Ginger – invocato per nome (Aleksandr) al v. 1, e come autore di Svora vernych (1922) al v. 6, – Poplavskij impiega qui termini quali «нема» (forma ucraina per «non c’è») e «люба» (forma antiquata e popolare in funzione di predicato nominale per «мил», «дорог», «приятен», «нравится»; Ušakov), insieme con gli aulici «koi» (per «i quali»),45 e «нерукотворный» (acheropita). I giovani autori di Čerez coltivavano così l’antiletterarietà in liriche profondamente metapoetiche, nelle quali ininterrotto è il dialogo con la lirica russa della tradizione ottocentesca (Lermontov e Tjutčev, innanzitutto), e insieme con quella del nuovo secolo, oltre che con i coetani russo-parigini. Non sorprende dunque che nei testi composti negli anni Venti Poplavskij renda spesso omaggio proprio agli amici della «pleiade» russo-parigina cui apparteneva e i cui nomi sarebbero poi tutti ritornati nel 1931 nella raccolta Flagi: da Zdanevič («от его ученика Б. Поплавского»46) a Ginger, da Romov a Svešnikov-Kemeckij e Drjachlov,47 con Charchoune, Andreev, Sosinskij, Bljum, Mintchine… Egli seguiva allora una prassi comune e diffusa nella sua cerchia. Legati da comune sentire e vita in comune, non da manifesti né da dichiarazioni programmatiche, consapevoli di costituire una élite artistica ma privati di un pubblico di lettori al quale rivolgersi direttamente, i poeti della sinistra émigrée si dedicavano tra loro liriche, si citavano («Приятно пишет Александр Гингер / Достигши лучших чем теперь времен / И Свешников нежнейший миннезингер / И Божнев божий с неба обронен»48) e rispondevano in versi.49 Come scrive Khazan, «there was the no- 44 POPLAVSKIJ 1999a: 20. Si veda KHAZAN 2004: 170. 46 Con questa dedica, datata gennaio 1926, Poplavskij indirizzò a Zdanevič la lirica «Na belye perčatki melkich dnej» (Sui guanti bianchi di giorni meschini, POPLAVSKIJ 1997: 86), raro esempio nella sua produzione di testo non in rima, ricco di neologismi e procedimenti «transmentali», con deviazioni dalle norme della grammatica e dell'ortografia: un chiaro omaggio al maestro. 47 Valerian Drjachlov, a Parigi dai primi anni Venti, pubblicò versi nelle raccolte del Sojuz molodych pisatelej i poetov, in «Čisla». Amico intimo di Poplavskij (che lo definiva affettuosamente «molodoj kommunistik» nella lettera a Sosinskij del 1925; POPLAVSKIJ 1996: 246), come lui si interessò di esoterismo e di antroposofia (di Steiner, in particolare). 48 «Prekrasno sočinaeš’ Aleksandr», POPLAVSKIJ 1999a: 21. 45 149 tion that poetic-linguistic space was taken up mainly by a dialogue rather than a monologue».50 Così, per esempio, pubblicando nel 1922 il suo primo libro di poesie, Svora vernych, Ginger lo dedicava ai compagni con i quali aveva dato vita a Palata Poetov: Evangulov, Parnach, Talov e Charchoune; nella breve raccolta (diciassette liriche in tutto) troviamo un Acrostico, come recita il titolo, che contiene la dedica «Поэту Фиксману» (Al poeta Fiksman51); nella successiva raccolta Predannost’ (Devozione, 1925) vi sono liriche dedicate a Zdanevič, Božnev, Poplavskij… Ha osservato V. Khazan, curatore dell’opera di Knut e del lascito di Ginger, tra i primi studiosi a suggerire di studiare le profonde affinità tra le opere di questi autori:52 if we acknowledge […] that «poetic conventions» were one of the important elements in the creative practice of the poets who were members of the Palata Poetov, then we may state that their poetry acquires the nature of certain coherent text. This text was written by different authors, but with strong sense of «workshop» links and predilections.53 Esemplare per i rimandi alla tradizione poetica russa e alle convenzioni dell’avanguardia russo-parigina appare la lirica «Nad statuej ruž’e na pereves», che Poplavskij avrebbe voluto includere in V venke iz voska 1922-1924: Над статуей ружье на перевес Держал закат; я наблюдал с бульвара. Навстречу шла, раскланиваясь, пара: Душа поэта и, должно быть, бес. 49 Ripetevano così, non sappiamo se deliberatamente, quanto un secolo prima facevano, nella Pietroburgo del secolo precedente, Puškin, Boratynskij, Del’vig e gli altri poeti e artisti della «Pleiade» storica. 50 KHAZAN 2004: 159. 51 Il poeta non aveva allora ancora assunto lo pseudonimo di Dovid Knut. 52 Oltre a Khazan, tra i pionieri in questo campo di indagine non possiamo non ricordare Régis Gayraud, il quale ipotizza che una futura ricerca attribuirà grande significato alla «поэтике неопределенности и онтологической промежуточности»: «При отсутствии у этих молодых поэтов какой бы ни было теоретической или програмной общей речи, приходится отыскивать в самых произведениях то общее, что могло бы соединить эти разные поэтические опыты. […] нам кажется вероятным, что такое исследование выделяло бы важное и более того первостепенное значение поэтике неопределенности и онтологической промежуточности» (GAYRAUD 1998: 198). 53 KHAZAN 2004: 167. 150 Они втекли через окно в кафе, Луна за ними и расселась рядом. На острове, как гласные в строфе, Толпились люди, увлекшись парадом. Луна присела, как солдат в нужде, Но ан заречье уж поднялось к небу. И радуясь, как и всегда, беде, Сейсмографы уже решили ребус. Переломился, как пирог, бульвар. Назад! на запад, конницы небес! Но полно, дети, это просто пар, Чей легче воздуха удельный вес.54 Da un punto di vista metrico e strofico il testo non presenta particolari innovazioni: la lirica si compone infatti di quattro quartine scandite dalla pentapodia giambica. Nelle immagini, invece, si intrecciano motivi ed echi di origine diversa: dallo Esenin di Nebesnyj barabanščik (Il tamburino celeste, 1918) ai poeti di Čerez, a Tjutčev. Manca una precisa localizzazione, ma troviamo un caffè, il lungofiume, l’isola sulla quale la gente si affolla per una parata: tutti elementi di un paesaggio cittadino (parigino) costante in Poplavskij. La rievocazione della festa di piazza in occasione di una parata (motivo caratteristico, in pittura, dell’amico Tereškovič, come lo stesso Poplavskij avrebbe notato), avvia nei versi una serie di trasformazioni delle immagini: dalla statua del v. 1, sopra la quale il tramonto regge un fucile, passando per la volutamente triviale luna–soldato accovacciato del v. 9 (si pensi per analogia al Božnev di «Pišu pri svete pissuara» [Scrivo alla luce del pissoir]55) fino allo scioglimento circolare dei vv. 13-15, dove le cavallerie dei cieli si rivelano essere nuvole, vapore acqueo più leggero dell’aria. La chiusa riprende circolarmente l’avvio; lo si osserva anche nelle parole in posizione di rima, identiche nella prima strofa e nell’ultima: бульвара-пара, vv. 2 e 3, бульвар-пар vv. 13 e 15; перевес-бес, v. 1 e 4, небес-вес, vv. 14 e 16). Molte immagini sono qui direttamente connesse con l’attività poetica. È il caso dell’anima del poeta (resa concreta e personificata, còlta mentre entra nel caffè); delle vocali di una strofa (cui viene paragonata l’indistinta folla sull’Isle), nonché della cavalleria: come ha osservato Khazan, le metafore equine rimandano sempre 54 55 POPLAVSKIJ 1999a: 82. BOŽNEV 1987: 78. 151 alla poesia in Poplavskij, Ginger, Knut…56 L’immagine dell’anima del poeta e del demone che l’accompagna, in particolare, rimanda a un dualismo di chiara ascendenza romantica che può derivare almeno in parte da Tjutčev. Ma, soprattutto, a mostrare una certa consonanza con la lirica tjutčeviana (pensiamo in particolare ai versi di «Ona sidela na polu» [Era seduta per terra, 1858] e a «Nočnoe nebo tak ugrjumo» [Il cielo notturno è così cupo, 1865]) sono le trasformazioni delle immagini cui assistiamo in «Nad statuej ruž’e na pereves». Oltre al ricorrere di anime e demoni («bes» in Poplavskij, «demon» in Tjutčev), identica è la posizione del soggetto lirico che in Poplavskij, come di norma in Tjutčev, si rivela essere un osservatore «a margine» di quanto avviene nei versi (si confronti in Poplavskij «я смотрел с бульвара», con Tjutcev: «Как души смотрят с высоты» e, sempre in «Ona sidela na polu», v. 13: «Стоял я молча в стороне»57). L’impossibile diviene possibile: come demoni sordomuti conversano, in Tjutčev, lontani lampi di fuoco («зарницы огневые»58), mentre in «Nad statuej» gli elementi naturali appaiono umanizzati (il tramonto regge il fucile; la luna siede in un bar, si accovaccia come un soldato; le nuvole–armate di cavalleria obbediscono agli ordini) così come gli oggetti (i sismografi che si rallegrano e risolvono il rebus). Grazie alle metafore, l’inanimato si anima (e viceversa), ogni cosa si trasforma (il viale in torta, l’oltrefiume in notte…). Nella costruzione della lirica di Poplavskij sembra inoltre riflettersi il modello tjutčeviano di Fontan, dove il movimento incessante dell’acqua nella fontana («Лучом, поднявшись к небу, он / Коснулся высоты заветной / И снова пылью огнецветной / Ниспасть на землю осужден»59) viene assimilato allo slancio, destinato al fallimento, del pensiero umano verso il cielo («О, смертной мысли водомет, / О, водомет неистощимый! […] / Как жадно к небу рвешься ты! / Но длань незримо-роковая, / Твой луч упорный преломляя, / Свергает в брызгах с высоты»60). Nel gennaio 1926, per commemorare Sergej Esenin Zdanevič lesse un saggio61 nel quale, in aperta polemica con l’immaginismo, proponeva i tre testi tjutčeviani che più sopra accostavamo alla lirica di Boris Julianovič come esemplari per il trattamento «surrealistico» delle immagini: 56 KHAZAN 2004: 164-165. TJUTČEV 1987: 198. 58 TJUTČEV 1987: 223. 59 TJUTČEV 1987: 134. 60 TJUTČEV 1987: 135. 61 Si intitola Sol’ Esenina (Il sale di Esenin; ZDANEVIČ 1995). 57 152 У других поэтов образ есть вторжение другого, второго мира в основную тему описания, другой жизни в эту жизнь. Чем двойственность души резче, тем розмах образа шире, пока образ не становится сюрреальным. Так у Тютчева – И странно так на них глядела, Как души смотрят с высоты На ими брошенное тело или Как демоны глухонемые Ведут беседу меж собой или весь «Фонтан».62 A un procedimento simile a quello descritto da Zdanevič servendosi dei versi di Tjutčev avrebbe pensato Boris Julianovič quando, nel 1930, nel saggio Russkie chudožniki v Salone Tjul’ri (Pittori russi al Salon des Tuileries), avrebbe definito «сюрреальныe» certi accostamenti pittorici di Mintchine («Этот своеобразный художник, видимо, ищет каких-то странных, несколько «сюрреальных» сочетаний»63). Sulla scorta di queste affermazioni, riteniamo che sia possibile scorgere un nesso preciso tra la tradizione di Tjutčev e il «surrealismo» di Poplavskij. Ma la questione dei rapporti di Boris Julianovič con il surrealismo è un tema troppo vasto per essere affrontato qui; ci riproponiamo di tornarvi in futuro.64 62 ZDANEVIČ 1995: 88. Particolarmente significativa è la consonanza con quanto scriveva Pierre Reverdy nel 1918: «L’immagine è pura creazione dello spirito. Non può nascere da un paragone, ma dall’accostamento di due realtà più o meno distanti. Più i rapporti tra le due realtà saranno lontani e giusti, più l’immagine sarà forte ed avrà maggior potenza e maggior realtà poetica» (P. Reverdy, Nord-Sud, marzo 1918, cit. da WALDBERG 1967: 25). Queste stesse parole erano state riprese nel Manifesto surrealista del 1924. 63 POPLAVSKIJ 1996: 310. 64 A sostenere oggi con convinzione la tesi di un Poplavskij surrealista tout-court è Leonid Livak. Sul piano biografico, tuttavia, anch’egli afferma che il giovane poeta, profondamente legato alla Parigi russa, non prese parte alcuna al movimento di Breton, i cui membri erano uniti programmaticamente da una comune pratica di vita e creazione. Accertati sono invece i rapporti di Boris Julianovič con i dadaisti, con cui avevano stretti contatti sia Zdanevič sia Charchoune, entrambi molto vicini a Poplavskij. Sosinskij (1991: 176) afferma che egli fu amico di Tzara. Boris Julianovič incontrò rappresentanti di Dada e futuri surrealisti nelle serate organizzate da Čerez, come quella del 29 aprile 1923, cui intervennero, tra gli altri, C. Arnaud, P. Dermée, Eluard, Reverdy, Soupault, Tzara (tra i russi c’erano invece, oltre a Poplavskij, Božnev, cui la serata era dedicata, Ginger, Pozner, Michail Struve). Non si hanno attualmente altre informazioni sui contatti personali di Poplavskij con dadaisti e surrealisti. 153 4.4. Dopo il riconoscimento dell’URSS da parte del governo francese (ottobre 1924), per quelli che, come Zdanevič, si ritenevano a pieno titolo «compagni di strada»65 sembrarono aprirsi nuove possibilità di collaborazione con la Russia, e dunque si fece ancora più reciso il rifiuto di prendere parte alle iniziative letterario-editoriali promosse dai letterati antibolscevichi. Questi ultimi, dal canto loro, cominciavano ad occupare sempre più la scena letteraria russa nella capitale francese dove, lasciata Berlino, sul finire del 1923 Adamovič, Georgij Ivanov, Odoevceva e Ocup erano tornati a riunire il loro Cech poetov al Cafè La Bolée, invitandovi anche i rappresentanti della nuova generazione. Guardando al simbolista Annenskij, già maestro dei primi acmeisti, la Gilda parigina ricercava una assoluta semplicità espressiva, respingendo quelli che giudicava i manierismi delle scuole «formali», da Majakovskij agli immaginisti. Proprio grazie agli incontri a La Bolée, come è stato osservato, buona parte dei giovani poeti cresciuti nell’emigrazione sarebbero passati dalle posizioni dell’avanguardia, che contestava i vecchi canoni letterari, a quelle della Nota, che rifiutava ogni letterarietà in nome dell’attenzione al documento psicologico, umano.66 Fu durante gli incontri dello Cech che si formò il primo nucleo del Sojuz molodych poetov i pisatelej, cui nel 1925 diedero vita Terapiano, Knut, Ladinskij,67 V. Mamčenko.68 Oltre ad organizzare letture poetiche, serate dedicate a discussioni letterarie su autori contemporanei e classici, il Sojuz (che sopravvisse fino al 1940) pubblicò sei raccolte poetiche (a spese degli autori stessi) tra il 1925 e il 1936. Inizialmente nell’Associazione convivevano le più diverse tendenze liriche, ma ben presto si delinearono come dominanti il richiamo a principi «neoclassici» e il rifiuto dell’arte «di sinistra», ovvero dell’avanguardia filosovietica. Fu allora che i poeti della seconda generazione émigrée cominciarono a dividersi in due campi contrapposti, e Čerez iniziò a sfaldarsi.69 Il gruppo «di sinistra» – Romov e Zdanevič, 65 ZDANEVIČ 1997: 114. Si veda in proposito O. Korostelev in LERZ, s.v. «Parižskaja nota». 67 Antonin Ladinskij (1896-1961) prese parte alla Prima Guerra mondiale; fu in seguito in Crimea, da dove emigrò in Egitto e quindi a Parigi. Iniziò a pubblicare versi nelle pagine delle riviste émigrées nel 1926, e la prima delle sue cinque raccolte poetiche uscì nel 1931. Nel 1946 prese la cittadinanza sovietica, e dal 1955 visse nell’URSS. 68 Viktor Mamčenko (1901-1982) arrivò a Parigi dalla Tunisia nel 1923. Iniziò a pubblicare dopo il 1936; suoi versi compaiono nelle principale raccolte poetiche dell’emigrazione. Fu amico di Poplavskij. 69 LIVAK 2005: 184. 66 154 con Ginger, Božnev, Švešnikov e Poplavskij – diede vita alla sezione letteraria del Sojuz russkich chudožnikov che, spinto da Bart su posizioni rigorosamente filobolsceviche,70 si autopromuoveva come «centro artistico della colonia sovietica di Parigi». Di lì a poco anche Ginger e Božnev entrarono nel Sojuz molodych pisatelj i poetov. Poplavskij continuò invece a seguire l’intransigente linea «di sinistra», con Svešnikov-Kemeckij, Drjachlov, Sosinskij, Pozner. Si riconoscevano nella rivista «Naš Sojuz» (La nostra Unione, 1926) e nel quotidiano «Parižskij vestnik» (Il messaggero di Parigi, 1925-26),71 dichiaratamente fedele all’URSS, cui collaboravano sia Romov sia Bart.72 In nome dell’ortodossia politica Poplavskij aveva abbandonato il Sojuz molodych poetov i pisatelej pochi mesi dopo la sua fondazione, nel maggio 1925 (vi sarebbe rientrato soltanto sul finire del decennio), e fino al 1928 avrebbe rifiutato ogni contatto con la stampa émigrée. Aderì allora esclusivamente alle iniziative promosse da Romov e Zdanevič: Ромов согласился печатать на (свои оболы) литературно-художественную хронику «Через», куда он пригласил для фактического редактирования: меня по стихам, Зданевича по литературе, Свешникова по статейной части, еще там будет такой молодой коммунистик Дряхлов по технической отрасли. […] 5-го в Брюсселе выходит журнал «Благонамеренный». […] Шура Гингер мне прислал письмо, дабы я туда отправил свои сочинения, не указав, как и полагается идиоту, какого политического настроения «тама» держаться.73 Proprio in questo periodo l’intesa artistico-letteraria tra Boris Julianovič e l’autore di lidantJU fAram si fece assoluta. Fu probabilmente allora che egli divenne, come avrebbe in seguito affermato Zdanevič, il poeta più amato negli studi dei pittori di Montparnasse: «Жили же мы стихами Поплaвского».74 E fu allora che, con Iliazd (il più celebre degli eteronimi assunti in Francia dal teorico zaumnik), pre- 70 71 TOLSTOJ 2005: 294. Giocando con il nome del quotidiano, Poplavskij scriverà nella citata lettera a Sosinskij: «Поэт Свешников страдает припадками [нрзб.] лени и безделки – столь сильно, что совершенно перестал писать в “Парижком неизвестнике”» (POPLAVSKIJ 1996: 247). 72 Per ragioni politiche non vi apparivano i nomi dei collaboratori. 73 Lettera a V.B. Sosinskij (1925), POPLAVSKIJ 1996: 246-47. 74 ZDANEVIČ 1997: 113. 155 parò per la stampa Grammofon na severnom poljuse,75 destinata a rimanere inedita, come molti progetti editoriali della sinistra russo-parigina, verosimilmente per mancanza di fondi. 4.5. Compresa cronologicamente tra il 1925 e il 1927, l’ultima fase dell’avanguardia russo-parigina appare più nitidamente caratterizzata di quella che la precede, contraddistinta, come abbiamo visto, da una precisa serie di quelle che Khazan indica come «poetic conventions», ma per il resto estremamente eterogenea.76 Sulla base dei materiali di cui oggi disponiamo, possiamo indicare nel periodo compreso tra la fine del 1925 e i primi mesi del 1926 il suo momento di maggior vitalità. Sotto l’egida dell’associazione Kanerejka, Zdanevič tenne allora almeno tre conferenze. Due di queste nello stesso giorno, il 14 gennaio 1926: la già ricordata Sol’ Esenina, studio dell’immagine come «sale» della poesia di Esenin nonché condanna senza appello dell’immaginismo (che, a giudizio di Iliazd, sarebbe stato l’inizio della fine per il poeta morto suicida nel dicembre 1925), e un testo dedicato a Poplavskij: Pokušenie s negodnymi sredstvami.77 Il testo della seconda conferenza non si è conservato e dunque non possiamo sapere se Iliazd enucleò in quest’occasione i principi dominanti che costituivano il «bagaglio estetico»78 degli ideologi della poesia come «pokušenie s negodnymi sredstvami». Zdanevič vi accennò nuovamente nel saggio composto in morte di Poplavskij.79 Anche per quanto riguarda l’opera di Boris Julianovič, il periodo 1925-1926 appare vivacissimo: a questi anni risalgono infatti molti degli inediti di cui disponiamo, testi che l’autore avrebbe voluto raccogliere in Dirižabl’ neizvestnogo napravlenija. Risalgono, tra gli altri, rispettivamente al 1925 e al 1926 un sonetto e una lirica cui Poplavskij diede lo stesso titolo della conferenza del maestro Ilizad: Pokušenie s negodnymi sredstvami. 75 Come ci ha comunicato H. Menegaldo, di questa raccolta non resta traccia nel piano editoriale redatto da Poplavskij negli anni Trenta: «стихи Поплавский включил в другие сборники». 76 Basti pensare al tradizionalismo formale di Božnev, avulso dagli sperimentalismi metrici dell’avanguardia (si veda Fleishman in BOŽNEV 1987: 10), benché fosse un esponente di primo piano di Čerez. 77 GAYRAUD 1997: 10. 78 Ibid. 79 ZDANEVIČ 1997. 156 Nel 1997, pubblicando per la prima volta la lirica del 1926, Regis Gayraud osservava che «покушение с негодными средствами» doveva ricorrere come «private joke, своеобразное “подмигивание”» in un rituale di amicizia poetica, e costituiva un’allusione giocosa dal significato oggi non sempre chiaro.80 In un articolo apparso nel 2003, Natal’ja Arlauskajte ribatteva polemicamente indicando il ricorrere dell’espressione anche in Nabokov (Korol’, dama, valet, 1928) e Vaginov (Bambočada, 1931), individuandone la fonte comune nel Codice penale zarista del 1903 («Покушение учинить преступное деяние очевидно негодным средством, выбранным по крайнему невежеству или суеверию […]»).81 La Arlauskajte negava quindi che «покушение с негодными средствами» potesse avere valore di private joke tra i giovani profughi a Parigi nei primi anni Venti e concludeva: Под ненаказуемые покушения […] подпадают все комические попытки совершить нечто возвышенно-трагическое. Например, всерьез рассчитывать на славу в потомках за поэтический труд. Именно трагикомический ореол выражения из в высшей степени формализованного жанра и пригодился Поплавскому, Набокову и Вагинову. А также, видимо, многим другим, кто еще помнил стилистику общеизвестного царского документа.82 In effetti, negli anni Dieci e Venti del secolo scorso l’espressione era largamente impiegata proprio nella sua accezione tragicomica, come attesta, tra l’altro, (definendola «letteraria»), il vocabolario di Ušakov. Tra i molti, agli esempi forniti dalla studiosa di Tartu si può aggiungere almeno quello di Šklovskij («l’ispiratore di Zdanevič»83), che in Prostranstvo v živopisi i suprematisty (Lo spazio in pittura e i suprematisti, 1919; ripubblicato a Berlino in Chod konja, La mossa del cavallo, 1922) affermava: Если мы бы и захотели в изобразительном искусстве «подражать природе», то это было бы покушение с негодными средсвтами на негодный объект.84 80 GAYRAUD 1997: 10-11. ARLAUSKAJTE 2003: 63. 82 Ibid. 83 Così lo definisce Charchoune in lettera a Tzara del 10 agosto 1922 (pubblicata in LIVAK 2005: 215). 84 ŠKLOVSKIJ 1990: 95. L’espressione ricorre anche in Marina Cvetaeva, che nel saggio in morte di Brjusov Geroj truda (apparso in «Volja Rossi» nel 1925) scriveva: «Дописанные 81 157 Tuttavia, la diffusione di questo modo di dire ironico e dall’eco giudiziaria non esclude che la ristretta cerchia di Zdanevič e Poplavskij potesse ricorrervi per indicare il proprio particolare modo di considerare la poesia, sicuramente con sottintesi e allusioni più ampi di quanto indichi la Arlauskajte. Giova ricordare che l’idea di un attentato tragicomico compiuto con i mezzi dell’arte si incontra anche tra i rappresentanti dell’avanguardia francese e in particolare in Cocteau, che nel 1921, dedicando a Raymond Radiguet il parodistico Visites à Maurice Barrès scriveva: Nourri dans l’extrême-gauche des lettres, vous la menacez d’une rose, comme d’une bombe. Seul attentat possible contre les fleurs du mal et les machines.85 È possibile che Poplavskij, Zdanevič e i loro sodali vedessero nell’arte l’arma – grottesca e inadeguata, ma unica disponibile – per contrastare una realtà ostile. In ogni caso, l’arte è costantemente al centro della loro riflessione, nei versi e nei saggi. Iliazd si spinse sino ad affermare che non sono gli avvenimenti esterni a influire sul lavoro poetico, ma al contrario è la poesia a determinare il destino del poeta;86 venne schernito dalla critica émigrée che gli rimproverava di aver sostenuto, nel gennaio 1926, che «Есенин погиб в результате хода русской поэзии вообще».87 Poplavskij condivise integralmente le posizioni del maestro; ancora nel 1932, nel saggio Sredi somnenij i očevidnostej (Tra dubbi ed evidenze) affermerà che l’artista non può in alcun modo essere influenzato o condizionato dall’esterno: «жертва непостоянного нрава своего демона», è «обреченный на изображение своих навязчивых тем, непрестанных своих кошмаров».88 Entrambe le poesie di Boris Julianovič intitolate Pokušenie s negodnymi sredstvami sono di palese natura metapoetica. La prima in ordine di composizione è il già citato sonetto del 1925 (pubblicato in Flagi, nel 1931, con una dedica a Zdanevič): Венок сонетов мне поможет жить, Тотчас пишу, но не верна подмога, Брюсовым “Египетскиe ночи”. С годными или негодными средствами покушение – что это вызвало? […] Говорить чисто, все покушение Брюсова на поэзию – покушение с негодными средствами» (CVETAEVA 1994: IV, 16). 85 COCTEAU 1926: 149. 86 ZDANEVIČ 1995: 86. 87 Si veda l’articolo pubblicato in «Dni» il 17 gennaio 1926, a firma «Сторонний». 88 POPLAVSKIJ 1996: 284. 158 Как быстро оползает берег лога. От локтя дрожь на писчий лист бежит. Пуста души медвежая берлога Бутылка в ней, газетный лист лежит. В зверинце городском, как вечный жид Хозяин ходит у прутов острога. Так наша жизнь, на потешенье века, Могуществом превыше человека, Погружена в узилище судьбы. Лишь пять шагов оставлено для бега, Пять ямбов, слов мучительная нега Не забывал свободу зверь дабы.89 Nella lirica del 1926 che porta lo stesso titolo (ed è dedicata a «Ж.К.», forse lo stesso Jean Cocteau, come osservavamo90), le ultime due quartine delle quattordici che la compongono mostrano una notevole e non casuale consonanza di immagini con il sonetto: И Мадонна кричала от страха Но напрасно: мы валимся, мы Головой ударяем о плаху О асфальтные стены тюрьмы Мы в гробах одиночных и точных Где бесцельно воркует дыханье Мы в рубашках смирительных ночью Перестукиваемся стихами.91 Nei due testi appare centrale – sin dal «noi» programmatico già osservato in «Ja Šillera», chiaramente riconoscibile come «noi lirico», voce plurale di poeti («мы валимся», «Мы в гробах», «Мы в рубашках», 1926; «наша жизнь», 1925) – il tema del lavoro poetico, caratterizzato qui come esercizio di tiptologia,92 vano tubare del respiro, tormentoso piacere delle parole, là come corsa di cinque passi89 POPLAVSKI 1999: 32. Si veda supra, 3.7: nota 129. 91 POPLAVSKIJ 1999: 281. 92 Khazan legge in questi versi l’esplicita affermazione di una concezione dialogica della poesia («understanding of the poetic process as a dialogue», 2004: 159). 90 159 giambi. Nell’una come nell’altra lirica la poesia viene indicata apertamente come unica salvezza, per quanto essa stessa dolorosa o vana, nella prigione del destino, del mondo: la prigione evocata nel testo del 1926 («Головой ударяем о плаху / О асфальтные стены тюрьмы»), e gli arcaici «oстрог» (prigione), «узилище» (carcere) del sonetto del 1925. Il motivo della privazione della libertà, dello spazio forzatamente angusto, chiuso, viene inoltre ripetuto e variato: nell’immagine delle tombe e del manicomio nella lirica del ’26, e in quelle del carcere del destino e della breve corsa della belva in gabbia, nel sonetto del ’25. Secondo Leonid Livak, nei due testi Poplavskij polemizzerebbe apertamente con gli avversari dell’avanguardia: Выражение «покушение с негодными средствами» очень удачно определяет состояние русского литературного авангарда, пытавшегося бороться за существование в полном вакууме по обе стороны эстетико-идеологического раздела русской литературы. […] Сонет Поплaвского вполне передает фрустрацию авнгардиста-«подпольщика», задыхающегося в современной литературной атмосфере, которая оставляет ему лишь «пять ямбов» в память о былой безграничной творческой свободе.93 A noi pare riduttivo leggere in chiave polemica un testo pur chiaramente programmatico. In mancanza di altri documenti su cui fondare la ricostruzione di una presunta poetica di gruppo dobbiamo limitarci a osservare che, al di là degli schieramenti letterari, il motivo dell’accerchiamento, della costrizione esistenziale in uno spazio forzatamente circoscritto appare connaturato al pensiero poetico di Poplavskij e non verrà mai meno nella sua opera.94 Nel già citato saggio Sredi somnenij i očevidnostej, in un clima storico e letterario profondamente mutato, egli indicherà come unica possibilità di sopravvivenza per gli artisti russi emigrati, di fronte alla catastrofe storica, la fuga nel «sottosuolo», nelle catacombe, lontano dalla vita attiva: Мы живем здесь не в истории, а в эскатологии […] какой же из этого вывод? Что же следует делать нам – художникам, писателям, скульпторам, компoзиторам? Вывoд прoст: следует нам всеми силами будить […] Европу. […] а если она […] не услышит, не 93 LIVAK 2005: 196-197. Immagini di incarceramente e detenzione forzata ritornano anche in Avtomatičeskie stichi: «закованы ангелы в черные цепи» «в смирительной рубашке» (POPLAVSKIJ 1999b: 107). 94 160 проснется? Тогда […] временно уйдем в свое апокалипсическое искусство. Но будем помнить, что только самые физически сильные, самые образованные, самые стоически-настроенные смогут выжить. Вновь посеять древние семена, возродить сперва тайные союзы, немногочисленные секты […].95 Analoghe espressioni risuonano in una lettera a Ivask composta nello stesso anno (1932): Мы здесь живем острым чувством приближения европейского апокалипса, […] и останемся вне гибели мира, в катакомбах и в подполье.96 Anche l’immagine della prigione si conserverà. L’8 giugno 1935 Boris Julianovič annotava nel Diario: [Я] прошел через весь город, […] и снова под аркой размышлял о тюремной судьбе нейзвестного солдата русской литературы.97 Così, pochi mesi prima della morte, riecheggiando l’«узилище судьбы» dei versi del 1925 l’immagine della detenzione si intreccia per Poplavskij con il motivo del «poeta ignorato», ideale dei suoi eroi lirici, eredità di Zdanevič. 4.6. L’ultima fase dell’avanguardia russo-parigina ebbe ancora più breve durata della prima. Nel 1926 Zdanevič perse il lavoro all’Ambasciata sovietica (dove era stato chiamato come interprete nel 1925) e comprese definitivamente che, anche in Francia, non vi era ormai più spazio per il suo modo di intendere l’arte: Оказалось, что оторванные от действительности, отягощенные нашим эстетическим багажом идеологи поэзии как «покушениня с негодными средствами», мы только воображали себя попутчиками, на деле же ими вовсе, оказывается, не были.98 Bart, Romov e Svešnikov partirono per l’URSS, Zdanevič, invece, continuò a scrivere per il cassetto, trovò (grazie a Djagilev) un impiego come disegnatore di tessuti, e scelse la via del silenzio pubblico assoluto. Quanto a Boris Julianovič, dopo 95 POPLAVSKIJ 1996: 290. POPLAVSKIJ 1996: 245. 97 POPLAVSKIJ 1996: 114. 98 ZDANEVIČ 1997: 114. 96 161 aver inutilmente atteso di vedere pubblicato Dirižabl’ neizvestnogo napravlenija (ne rimangono le bozze di stampa; la partenza del tipografo-editore Romov segnò la fine dell’impresa), nel 1927 si risolse infine ad abbandonare l’ascetico isolamento condiviso con Iliazd per esordire nell’editoria émigrée, seguendo nuove vie «ведущие по ту сторону литературы»:99 Вы меня обвиняйте в том, что я «выхожу на большую дорогу человеков», но смеем ли мы оставаться там на горе на хрустальной дорожке? Вот будете Вы смеяться: «еще одного хритсианство погубило». Да, я христианин […]. Да, я решил сбивать тону, сделать себя понятным (сделаться самому себе противным), потому что «мысль изреченная…» […] я не хочу умереть в неизвестности, потому что сатанинской гордости этого я не приемлю, потому что я христианин (то есть чернь, по-нашему).100 Di lì a poco avrebbe iniziato a pubblicare le proprie liriche in «Volja Rossii», la rivista meno conservatrice, seppure antisovietica, dell’emigrazione, sensibile agli innovatori (Remizov, Cvetaeva e i rappresentanti della nuova generazione cresciuta lontano dalla Russia), attenta alla letteratura della madrepatria. Ma l’amicizia e la stima che nutriva per Zdanevič sarebbero rimaste immutate negli anni. Lo mostrano l’epistolario,101 così come la recensione che Poplavskij scrisse, nel 1931, del romanzo di Iliazd Voschiščenie (Ammirazione), definendolo l’opera più originale della «giovane letteratura dell’emigrazione» e accostandolo a Eva futura di Villiers de l’Isle-Adam, alle opere di Poe. Lavorando al suo primo romanzo, Apollon Bezobrazov, Boris Julianovič avrebbe esplicitamente riconosciuto l’influsso diretto di Iliazd sulla propria opera,102 come leggiamo nella lettera a Zdanevič del 16 marzo 1928: 99 POPLAVSKIJ 1997: 94. Ibid. La parola greca per «cristiano», «christianos», è all’origine del russo «христианин», cristiano, mentre dal latino «christianus» deriva «крестьянин» (uomo battezzato, contadino). 101 Si veda in proposito POPLAVSKIJ 1997: 107-8. 102 Quanto a Zdanevič, avrebbe cercato in ogni modo, senza successo, di trovare fondi per pubblicare Apollon Bezobrazov. 100 162 Я по твоей системе пишу всегда гораздо больше, чем следует, и на каждое место несколько претендентов. Много в этом романе также твоего прямого влияния и особенно Шурикова.103 Abbandonata l’intransigenza del «резкий футурист», Poplavskij si riunirà alla cerchia degli amici di Čerez, ora raccolti intorno a Mark Slonim. Ricorderà Sosinskij: Нас в Париже было множество. Вокруг альманаха «Стихотворение» под редакцией Бориса Борисовичa Божнева и ежемесячника «Воля России», где редактором по поэзии и прозе был Марк Львович Слоним, бушевали Вадим Андреев, Александр Гингер, Анна Присманова, Борис Поплавский, Владимир Познер…104 A partire dal 1928 è dunque possibile seguire l’evolversi della biografia letteraria di Poplavskij: non soltanto perché iniziò a pubblicare (poesie, saggi, in piccola parte anche prose), ma anche perché conosciamo i suoi diari, e perché il suo nome iniziò a comparire regolarmente nelle cronache letterarie e culturali del tempo. Prese parte ai giovedì di Kočev’e, associazione letteraria fondata da Slonim nel 1928 i cui giovani rappresentanti si riunivano per analizzare le opere degli scrittori russo-sovietici, da Zoščenko a Esenin e Pasternak, discutere di letteratura (nel gennaio 1929 Poplavskij intervenne sul tema dell’«anarchismo mistico nell’arte») e in particolare riflettere sui destini della letteratura émigrée. Il gruppo di Kočev’e si ritrovava alla taverna Dumenil, a Montparnasse, mentre al Café La Bolée, nelle serate organizzate dal Sojuz molodych pisatelej i poetov Poplavskij lesse sue liriche, parlò tra l’altro di «Poesia come esperienza mistica» (23 marzo 1929). Fu allora che si guadagnò una fama non soltanto di scandalo nella Parigi russa, e diventò lo carevič di Montparnasse, appellativo con cui sarebbe stato ricordato dai memorialisti dell’emigrazione, per le sue doti di poeta e di «записной импровизатор», maestro dell’«аналитическoe разговорноe эссе».105 103 POPLAVSKIJ 1997: 106. Šurik era il diminutivo con cui veniva chiamato Aleksandr Ginger. 104 SOSINSKIJ 1991: 188. Dell’almanacco Stichotvorenie. Poezija i poetičeskaja kritika apparvero due numeri nel 1928. Nel primo, sedici pagine in tutto, pubblicarono liriche, oltre a Poplavskij, Božnev, Ginger, A. Prismanova, Andreev, Pozner. B. Sosinskij vi pubblicò uno scritto a F. Sologub; A. Černova una recensione a Marina Cvetaeva (Novogodnoe), V. Andreev Zametki o poezii (Note sulla poesia). Con lo stesso titolo, nel numero successivo, pubblicò il suo primo saggio anche Boris Julianovič. 105 Le definizioni sono di V. Khazan (in KNUT 1997: 39). 163 All’attività dell’Unione dei giovani scrittori e poeti prendevano regolarmente parte anche critici e autori della «vecchia» generazione, i più assidui dei quali erano Georgij Adamovič e Georgij Ivanov, cui Poplavskij dovette tra l’altro i rapporti con le redazioni di «Sovremennye zapiski» e «Poslednie novosti»,106 nonché l’introduzione in una delle società letterarie più esclusive: la Zelenaja lampa (Lampada verde) di Dmitrij Merežkovskij e Zinaida Gippius, già animatori della Pietroburgo decadente e simbolista a cavallo tra i due secoli, ora irriducibili antisovietici decisi ad avere un ruolo culturale di primo piano nella Parigi russa. Agli incontri organizzati nel loro salotto per discutere di letteratura, religione e libertà anche con la nuova generazione, Poplavskij partecipò per la prima volta il 3 marzo 1929; si analizzava nell’occasione l’intervento di Adamovič dal titolo «Fine della letteratura». Nel 1928 Adamovič scrisse della lirica di Poplavskij riconoscendone il debito nei confronti di Blok.107 Nel 1929 Mark Slonim salutava il «несомненный подлинный лирический дар» di Poplavskij, definendo il giovane poeta «очень оригинальное явление»: «он соединяет в себе формальные достижения последних лет с необузданной романтикой и острым чувством упадка и ущерба». Ma metteva in guardia il «фантастический поэт, склоняющийся к неясному сюрреализму», immerso in un mondo dove «дирижабли и ангелы проплывают в фиолетовых небесах рядом с литературными призраками и книжными воспоминаниями», contro il rischio di scivolare nel manierismo («у него манера готова перейти в манерность»), di abbandonarsi alla «“наркотическая стихия” – столь хорошо знакомая Сологубу и нашим русским декадентам и ранним символистам».108 Anche il principe Svjatopolk-Mirskij riconobbe subito in Poplavskij, lo ricordavamo, la voce di un «настоящий и новый поэт».109 Per Boris Julianovič, come del resto per tutti gli autori émigrés, ogni recensione ed eco nella stampa rivestiva un’importanza straordinaria. In quegli anni chi scriveva doveva fare dolorosamente i conti con un pubblico che andava sempre più riducendosi, non solo perché, a un decennio dall’esodo, le fila dell’emigrazione si stavano diradando (l’età media era elevata, i matrimoni misti sempre più frequenti, e i nuovi nati si integravano nei paesi ospiti), ma anche perché le speranze di raggiungere i lettori dell’Urss erano definitivamente tramontate. Come avrebbe ricor- 106 Si vedano in proposito le lettere di Adamovič alla Gippius, e relative note, pubblicate in BOGOMOLOV 2002: 503 e sgg. 107 ADAMOVIČ 1928. 108 SLONIM [1929]: 171 e sgg. 109 Si veda supra, 3.2: 102. 164 dato nelle sue memorie Janovskij, le recensioni venivano allora considerate il criterio di misura estremo, giacché mancava l’altra istanza: il lettore.110 La grande vivacità della vita culturale russa in Francia nasceva proprio dalle condizioni di assoluto isolamento degli autori, privati del pubblico e costretti a ricercare i propri interlocutori soltanto nella stampa – tra i recensori, i critici – e nei circoli letterari, tra altri scrittori e poeti, «confratelli» o «nemici». 4.7. Nel 1931 Poplavskij riuscì a pubblicare per la prima volta in volume i suoi versi, apparsi con il titolo di Flagi, sotto l’egida di «Čisla», l’ultimo raggruppamento artistico del quale fece parte.111 E dedicò quasi metà delle settandue liriche che compongono il volume ad artisti, poeti, critici cui era legato da vincoli di amicizia, o da profonda ammirazione.112 È quest’ultimo, in particolare, il caso dei due dedi- 110 JANOVSKIJ 1993: 18. «Čisla» (1930-1934), almanacco di letteratura, arte e filosofia (veniva rifiutata la definizione di rivista) era diretto da Nikolaj Ocup, che gli diede un’accurata veste grafica – chiaro omaggio e richiamo ad «Apollon», storica pubblicazione pietroburghese (19091917), l’ultima grande rivista dell’Età d’argento. Grande spazio era riservato alle arti figurative (in particolare ai pittori russo-parigini raccolti intorno a «Čisla»), assoluto il rifiuto dei temi politici. A caratterizzare l’almanacco, distinguendolo tra le altre pubblicazioni russe all’estero, fu l’attenzione alla letteratura contemporanea europea, e in particolare francese. Segnò l’ultima stagione della vita letteraria degli emigrati: a «Čisla» vennero dedicati incontri e riunioni non solo a Parigi, ma anche a Praga, Tallinn, Shanghai, Charbin. Poeticamente, benché nascesse dall’esperienza dell’ultimo Cech Poetov e, soprattutto, dall’atmosfera della Parižskaja nota (con Ocup c’erano infatti Adamovič, che vi tenne una rubrica fissa, Kommentarii, e Georgij Ivanov), l’almanacco non espresse un orientamento critico univoco. Fu, come nessun’altra rivista russa all’estero, aperta ai poeti e ai prosatori della giovane generazione, con la sola eccezione di Sirin, ovvero Vladimir Nabokov, detestato da Adamovič per divergenze artistiche (l’opera di Sirin era radicalmente distante dalla «semplicità» antiletteraria coltivata dalla Scuola parigina) e odiato da Georgij Ivanov per considerazioni personali. Il Poplavskij critico d’arte e teorico della letteratura pubblicò molta parte dei suoi interventi in «Čisla» (venticinque tra saggi e recensioni, mentre gli altri sei interventi che completano il suo lascito critico a stampa uscirono in altre cinque riviste o almanacchi). Sempre in «Čisla» apparvero estratti dal romanzo Apollon Bezobrazov. Quanto ai suoi versi, pubblicati tra il ’28 e il ’30 in «Volja Rossii», negli anni Trenta videro per lo più la luce tanto in «Čisla» quanto in «Sovremennye zapiski» e nel quotidiano «Poslednie novosti». 112 Accanto ad esse vi sono le dediche alle donne amate e alle amiche più care: Tat’jana Šapiro, Sof’ja Stalinskaja – la futura slavista Sophie Lafitte – Dina e Ida Šrajbman, Ol’ga Kogan (probabilmente anch’essa artista, se è la stessa Kogan che partecipò a serate orga111 165 catari i cui nomi compaiono direttamente nei titoli delle poesie Arturu Rembo (Ad Arthur Rimbaud) e Hommage à Pablo Picasso, i quali furono i riconosciuti maestri di Boris Julianovič nella lirica e nella pittura. Sono gli unici artisti non russi che compaiono nel libro113 e, fra tutti, Rimbaud è anche l’unico non contemporaneo. Oltre a Picasso, tra coloro ai quali Poplavskij indirizza le sue liriche troviamo altri cinque pittori, rappresentanti della sezione russa ed ebreo-russa dell’Ecole de Paris, nonché cari amici: Michail Larionov, Sergej Charchoune e Abraham Mintchine, insieme con Moisej Bljum114 e Aleksej Arapov,115 autori minori ricordati da Boris Julianovič anche nelle recensioni d’arte pubblicate in «Čisla».116 Tra i poeti, invece, insieme con il già menzionato Georgij Štorm, con il quale Poplavskij aveva stretto amicizia a Rostov,117 si incontrano quasi al completo i compagni con i quali visse gli anni dell’avanguardia a Parigi, da Zdanevič a Švešnikov, Andreev, Mamčenko, Drjachlov, Ginger con la moglie Anna Prismanova,118 cara amica di Boris Julianovič, Aleksandr Braslavskij, primo dei dedicatari di Flagi. Vi sono inoltre giovani poeti, come Boris Zakovič119 e Jurij Rogalja-Levickij,120 cui Poplavskij si legò sul finire degli anni Venti, quando si avvicinò a Kočev’e. E nizzate da Čerez, tra il 1923 e il 1924), e a Lidija Pumpjanskaja (la mecenate di Tallin che finanziò la pubblicazione del volume, grazie agli sforzi di Jurij Ivask). 113 Tra i destinatari vi è, peraltro, un nome ancora non identificato: quello di Georg fon Guk (George von Hook?). 114 Ovvero Maurice Blond (pseudonimo di Maurycy [Moshe] Blumenkrantz 1899-1974), aveva lasciato la Polonia, di cui era originario, per Berlino, e si era quindi stabilito a Parigi nel 1924. Fu tra i fondatori di «Čisla». 115 Aleksej Arapov (1904-1948), a Parigi dal 1923, vicino al gruppo di Udar, lasciò la Francia per gli Stati Uniti nel 1930. 116 Con Minčin, Arapov, Bljum, Poplavskij espose alcuni disegni nel 1928 (si veda MENEGALDO 2005: 557). 117 Nelle dediche resta traccia anche di due amici dei tempi dell’esodo dalla Russia: Sergej Kuznecov e Ol’ga Gardenina (ricordati nel Diario di Costantinopoli del 1921). Alla Gardenina Poplavskij aveva dedicato anche la lirica «Segodnja ja poju prošedšuju veselost’», composta a Costantinopoli. 118 Anna Prismanova (1892-1960), nel 1921 entrò nel Sojuz poetov di Pietrogrado, presentata da Gumilëv. Emigrò a Berlino nel 1922, due anni più tardi si stabilì a Parigi, dove nel 1925 sposò A. Ginger. La sua prima raccolta poetica apparve nel 1937. 119 Boris Zakovič (1907-1995), cui Poplavskij dedicò la raccolta Snežnyj čas, esordì in «Čisla», dopo l’esperienza in Kočev’e. Figlio di un dentista, poteva facilmente accedere ai narcotici dei quali riforniva Boris Julianovič. 166 quindi i critici Marc Slonim, Nikolaj Ocup, direttore di «Čisla», Michail Cetlin,121 Jurij Fel’zen.122 Gli omaggi a Georgij Ivanov, Irina Odoevceva e Georgij Adamovič testimoniano infine dell’avvicinamento di Boris Julianovič alla cerchia della Nota parigina. Le dediche contenute in Flagi, preziose per ricostruire la biografia letteraria di Poplavskij fino al 1931,123 documentano anche una precisa concezione della letteratura e della poesia nella quale l’amicizia aveva un ruolo di primissimo piano.124 Poplavskij avrebbe espresso compiutamente questa concezione nei saggi letterari degli anni Trenta, ma aveva avuto modo di maturarla tra i poeti di Palata poetov e Čerez, per i quali, come osservavamo, era prassi comune e diffusa dedicarsi liriche e dialogare tra poeti nei propri versi. Affermerà con decisione in Sredi somnenij i očevidnostej (1932): «Не для себя и не для публики пишут. Пишут для друзей».125 A differenza di quanto avveniva negli anni «eroici» della giovane letteratura émigrée, consumati insieme nei caffè e negli studi dei pittori di Montparnasse, dalla fine degli anni Venti gli amici artisti appaiono isolati, separati. Anche le posizioni estetiche di Boris Julianovič sono mutate: in nome dell’esclusiva attenzione al documento umano ora egli definisce «пошлость», volgarità compiaciuta di sé, l’amore per l’arte. Ora soltanto lettere e diari gli appaiono come degne forme espressive. Leggiamo in O mističeskoj atmosfere molodoj literatury v emigracii (1930): 120 Jurij Rogalja-Levickij diede alle stampe nel 1918, a Mosca, la sua prima raccolta poetica. Nell’emigrazione esordì nel 1929, pubblicando nella seconda antologia del Sojuz molodych pisatelej i poetov. 121 Come poeta Michail Cetlin (1882-1945) adottò lo pseudonimo di Amari. 122 Pseudonimo di Nikolaj Frejdenštejn (1894-1943). 123 Nelle opere successive (non sappiamo se per scelta del poeta o per intervento dei curatori), troveremo un numero assai minore di dedicatari, tra i quali Natal’ja Stoljarova, cui sarà dedicata Nad solnečnoj muzykoj vody, sezione di Snežnyj čas (raccolta dedicata a Boris Zakovič); N. Postnikova («никогда не была “большой” любовью Бориса. Одна из многих истории “молодости”, поиски понимания…» ricorderà L.D. Červinskaja; si veda POPLAVSKIJ 1996: 80). Negli Avtomatičeskie stichi, volume dedicato a Dina Šrajbman, a lungo musa e compagna di vita, e al marito Nikolaj Tatiščev, troviamo anche una dedica a Mamčenko. 124 Nella vita, come affermava nel 1966 l’amico Mamčenko, «покорен был дружбе, а друзей не было, почти не было» (POPLAVSKIJ 1996: 83-84) 125 POPLAVSKIJ 1996: 285. 167 Искусства нет и не нужно. Любовь к искусству: пошлость […] Отсутствие искусства прекраснее его самого. […] в повороте головы, в манере завязывать галстук, в тоне, главное, в тоне, - больше человека, чeм во всех его стихах. […] Существует только документ, только факт духовной жизни. Частное письмо, дневник и психоаналитическая стенограмма – наилучший способ его выражения.126 In questa nuova visione dell’arte, la concezione dell’amicizia si fonde con quella della poesia come «lettera privata»: il lettore è sempre un amico, ma sconosciuto al poeta, dal quale è separato nello spazio e nel tempo: Искусство – это частная переписка между друзьями. Ибо самое большое зло мира – это разлучение. Разлука в пространстве и во времени. Первичное распадение Единого. Искусство это частое письмo, отправленное по неизвестному адресу.127 Scrive Poplavskij in Sredi somnenij i očevidnostej: Искусство есть частное письмо, посылаемое наудачу неведомым друзьям и как бы протест против разлуки любящих в пространстве и во времени. Потому-то так же мало настоящих читатeлей, как мало настоящих друзей. Потому-то каждый настоящий читатель мог бы быть другом и сам бы того хотел. Ибо как часто мечтал я быть другом Тютчева, Рембо или Розанова.128 Notevole è qui la consonanza con il Mandel’štam autore di O sobesednike (L’interlocutore, 1913), e il suo lettore–«interlocutore provvidenziale»: Итак, если отдельные стихотворения (в форме посланий или посвящений) и могут обращаться к конкретным лицам, поэзия как целое, всегда направляется к более или менее далекому, неизвестному адресату, в существовании которого поэт не может сомневаться, не усомнившись в себе. Только реальность может вызвать к жизни другую реальность. Дело обстоит очень просто: если бы у нас не было знакомых, мы не 126 POPLAVSKIJ 1996: 256-257. Ibid. 128 POPLAVSKIJ 1996: 285. Nello stesso saggio (p. 288) leggiamo: «Часто от всех огорчений я ухожу в библиотеку. Ибо уже давно у меня сложилась идея глубокой обязанности относительно умерших писателей всех времен – прочесть их. Ибо, думаю я, они жили не для себя и не для современников, а именно для меня». 127 168 писали бы им писем и не наслаждались бы психологической свежестью и новизной, свойственной этому занятию.129 Una consonanza che potrebbe originare forse anche da una fonte comune: la poesia di Boratynskij (autore caro a Poplavskij) «Moj dar ubog» (Il mio dono è povero, 1828) che, nel saggio del 1913, è al centro della riflessione di Mandel’štam: Мой дар убог, и голос мой не громок, Но я живу, и на земли мое Кому-нибудь любезно бытие: Его найдет далекий мой потомок В моих стихах: как знать? душа моя Окажется с душой его в сношеньи, И как нашел я друга в поколеньи, Читателя найду в потомстве я.130 D’altro canto, la concezione «intima» della letteratura avvicina Mandel’štam come Poplavskij («По-нашему же, поэзия должна быть личным, домашним делом»131) a Rozanov, il cui influsso su entrambi è ben noto.132 Si veda, in proposito, quanto Boris Julianovič affermava nel saggio Čelovek i ego znakomye (L’uomo e i suoi conoscenti, 1933): Все общественные движения есть лишь постфактум, поздний разряд кого-то идейного тепла, которое было скоплено в тесных кружках, рождено с глазу на глаз. И христианство тому пример; ибо в свой героический период это было буквально «Христoс и его знакомые».133 Ancora nel 1933, definendo l’emigrazione «una certa maniera russa di vedere il mondo», Poplavskij sosterrà che essa può esistere soltanto 129 MANDEL’ŠTAM 2001: 443. Boris Julianovič conosceva sicuramente l’opera in versi e in prosa di Mandel’štam, anche se l’unico riferimento diretto si trova nei brogliacci di un saggio del 1929, dedicato alle memorie di G. Ivanov Peterburgskie zimy (Inverni pietroburghesi), pubblicato in POPLAVSKIJ 1996: 253-255. 130 BORATYNSKIJ 2002: 198. 131 Così scriveva nel Diario del 21 dicembre 1928 (POPLAVSKIJ 1996: 94). 132 Di Mandel’štam si veda in particolare, per la lettura di Rozanov, il saggio O prirode slova (La natura della parola, 1922). 133 POPLAVSKIJ 1996: 293. 169 в дружеском кругу, в мало понятной её полурукописной литературе и в особой грусти каждого жеста, каждово слова, каждой улыбки эмигрантского молодово человека.134 Così, nella clandestinità del sottosuolo, l’emigrazione si rivelerà per i poeti un tragico, miserabile paradiso. E le parole di Zdanevič sul genio che muore sconosciuto troveranno nuova eco nel saggio O mističeskoj atmosfere molodoj literatury v emigracii: - Эмиграция есть трагический нищий рай для поэтов […]. Самое прекрасное на свете – это «быть гением и умереть в неизвесности» […]. Одно ясно: только тогда эмиграция спасет и воскресит, если она в каком-то смысле погибнет в смертельном, но сладком горе. Ибо уже Утро восходит над ними.135 4.8. Negli anni Trenta il paradiso degli amici assumerà per il poeta funzione salvifica. Si veda il finale del romanzo Domoj s nebes (1934-1935): - Ну как, удалось путешествие домой с небес? - Нет, не удалось, Аполлон… Земля не приняла меня. - Ну, так, значит, обратно на небо? - Нет, Аполлон, ни неба, ни земли, а великая нищета, полная тишина абсолютной ночи…136[…] - Ну, ладно, ладно… Но, значит, опять друзья… - Да, Аполлон, снова в раю друзей…137 Proprio il «paradiso degli amici» appare a Poplavskij l’agognato luogo ideale nel quale l’individuo non si configura né come monade isolata né come elemento indistinto nella società. Scriverà in una delle ultime pagine dei suoi diari (5 ottobre 1935): 134 Nel saggio Čelovek i ego znakomye (POPLAVSKIJ 1996: 294). POPLAVSKIJ 1996: 259. 136 La «notte assoluta», altrove la «notte buia» («темная ночь») è per Poplavskij la «morte mistica», attraversata la quale l’uomo può arrivare al cristianesimo (si veda Čelovek i ego znakomye, in POPLAVSKIJ 1996: 295). 137 POPLAVSKIJ 2000: 430. 135 170 Только слабый, тонкий слой индивидуален в человеке, ибо не сексуальная, не разумная и не аскетическая жизнь вовсе не индивидуальны, а лишь личная дружеская жизнь. Рай и Царство друзей.138 Nelle prose, nei versi, persino nei diari di Boris Julianovič, forse unico tra gli autori dell’emigrazione, non viene mai rievocata, direttamente o indirettamente, la Russia, paradiso perduto dell’infanzia (Nabokov), mitico luogo scomparso, Atlantite o Kitež (Merežkovskij, Adamovič). Di quella Russia in Poplavskij non resta traccia. Ciò che gli emigrati hanno perduto per Boris Julianovič sono solo gli oggetti lasciati per sempre in patria, dunque nulla di importante per l’ascetico cultore di una povertà francescana: Нo что, собственно, произошло в метафизическом плане от тoго, что у миллиона человек отняли несколько венскийх диванов сомнительного стиля и картин Нидерландской школы малоизвестных авторов, несомненно поддельных, а также перин и пирогов, от которых неудержимо клонит к тяжелому послеобеденному сну, похожему на смерть, от которого человек восстает совершенно опозоpенный.139 Le incessanti riflessioni sulla Russia che troviamo nei suoi saggi riguardano o la condizione presente dei russi in Francia, o la condizione per cosi dire «metafisica», atemporale di «russi»: mai un accenno al passato. Tuttavia è anch’egli segnato, come tutti gli autori dell’emigrazione, da un profondo senso della perdita. Solo che, sorprendentemente, in lui ciò che è perduto, e nella rievocazione appare con i contorni del paradiso, non è la Russia abbandonata negli anni dell’adolescenza, ma l’eroica fase «preistorica» dell’emigrazione stessa, gli anni dell’ultima, disperata avanguardia, vissuta tra gli amici poeti della sinistra artistica. E per questo Poplavskij, così profondamente radicato nella realtà russa dell’emigrazione, fu anche il primo poeta émigré a vivere «non di memorie della Russia, ma della realtà trovata all’estero», «completamente distaccato dalla tematica poetica russa».140 Lontano dal paradiso degli amici nel quale per lui l’arte e la poesia trovavano fondamento, Poplavskij non sopravvisse a lungo. Scriverà Gajto Gazdanov poco dopo la morte di Boris Julianovič: 138 POPLAVSKIJ 1996: 122. Così leggiamo in Apollon Bezobrazov (POPLAVSKIJ 2000: 11). 140 SVJATOPOLK-MIRSKIJ 2002: 150. 139 171 В последние годы он иначе писал, чем ранше, как-то менее уверенно: он чувствовал, как глохнет вокруг него воздух. Это был результат той медленной катастрофы, которая привела к молчанию его ранних и лучших товарищей. […] Все они перестали писать – и вместе с тем каждому из них было что сказать. Но в том диком и глухом пространстве, которое их окружало, их слова не были бы услышаны. И они замолчали. И Поплавский остался один. Своеобразный заговор визионеров в котором он учавствовал, вдруг разорвался и исчез. И его литературная обреченность стала еще очевиднее, еще трагичнее: у него в жизни не было ничего, кроме искусство и холодного, невысказываемого понимания того, что это никому не нужно. Но вне искусства он не мог жить. И когда оно стало окончательно бессмысленно и невозможно, он умер.141 141 GAZDANOV [1936]: 60. 172 Bibliografia I. ПОПЛАВСКИЙ Б.Ю. POPLAVSKIJ 1931: Флаги. 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Bona, testo a fronte, Torino WALDBERG Waldberg P. 1967: Surrealismo, Mazzotta ZDANEVIČ Zdanevič I. 1978: Iliazd, Centre George Pompidou 10 mai – 25 juin 1978, Paris 183 Indice dei nomi Achmatova, A., 80, 82 Adamovič, G., 8n, 64, 100n, 101, 126, 141, 144, 154, 164, 164n, 167, 171 Aldanov, M., 73n, 88 Alekseev, M., 18n Al’tman, N., 92n, 93, 96 Andreev, V., 8n, 9n, 90, 149, 163, 166 Annenkov, J., 64n, 83 Annenskij, I., 20, 154 Apollinaire, G.,12, 124, 125n Aragon, L., 82 Arapov, A., 166 Archipenko, A., 89, 92n Arlauskajte, N., 157-158 Arnaud, C., 153n Bacon, F., 38 Bal’mont, K., 73n Balthus, 74 Balzac, H., 117, 134 Bart, V., 80, 83, 88, 93, 97n, 155-156, 161 Belyj, A., 20, 48, 53, 89, 90 Bem, A., 101n Berberova, N., 31, 99n Berdjaev, N., 7, 46n, 58, 62n, 89, 90, 103n, 113 Besant, A., 52, 55-56 Blavatskaja, E., 52-53 Bljum, M.,149, 166 Blok, A., 12, 13n, 16, 20, 24, 37, 42-43, 48, 59, 133, 164 Bloy, L., 58 Bogomolov, N., 52 Bogoslovskij, A., 9n, 87 Boguslavskaja, K., 90n Böhme, J., 7, 52 Boratynskij, E., 149n, 169 Bourdelle, A., 55 Božnev, B., 9n, 13, 77, 81, 143-144, 146, 147, 150-151, 153n, 154-155, 156n, 163 Braque, G., 88n Braslavskij, A., 143, 166 Breton, A., 82, 88, 136 Brjusov, V., 15, 20, 61, 158n Bunin, I., 61, 73n, 88 Burljuk, D., 33, 38 Byron, G.G., 38 Bystrova, O., 65 Čagin, A., 9n, 37, 104n Čajkovskij, P., 17, Calder, A., 74 Čebotarevskaja, A., 23 Čechov, A., 57 Céline, L.-F., 48 Černova, A., 163n Čertkov, L ., 32, 39, 42 Červinskaja, L., 101, 167n Cetlin, M., 73n, 94n, 104n, 167 Chagall, M., 75n, 77, 83, 90n, 91n, 94n, 97-98, 103 Charchoune (Šaršun), S., 53, 80-81, 82, 88, 89, 91n, 97n, 135n, 141, 149, 149, 153n, 157n, 166 185 Chlebnikov, V., 39, 41-42 Chodasevič, V., 7, 15, 22, 68n, 90, 9394, 101, 130n, 145 Cocteau, J., 77, 123-124, 158-159 Crespelle, J.-P., 74, 78 Cvetaeva, M., 12, 13n, 15, 82, 89, 101n, 112, 125n, 157n, 162, 163n Debussy, C., 21 Degen, J., 65 Del’vig, A.,149n Denikin, A., 31 Dermée, P., 153n Derrain, A., 88n Djagilev S., 162 Dobroljubov, N., 86 Dostoevskij, F., 12, 48, 57, 79n, 85 Drjachlov, V., 149, 155, 166 Dukel’skij, V., 63-66 Eluard, P., 82, 153n Ekster, A., 96n Erenburg, I., 82, 89, 92 Ermilova, E., 62n Esenin, S., 13, 15, 33n, 89, 101n, 133, 151, 152, 156, 158, 163 Evangulov, G., 81, 82n, 143-144, 150 Fëdorov, N., 41n Fel’zen, J., 85, 135n, 167 Fitzgerald, F.S., 77 Fleishman, L., 9n, 110, 144n Fondaminskij, I., 73n Fort, P., 77 Foster, L.,10n Frank, S., 90 Frenkel’, 74, 80 Fujita, Ts., 77 Gabo, N., 89, 92n Gardenina, O., 166n Gayraud, R., 12n, 66, 144n, 150n, 156 Gazdanov, G. 57, 141, 171-172 Giacometti, A., 74 Ginger, A., 13, 77, 79, 81, 101, 143-144, 146-152, 153n, 155, 163, 166 Gippius, Z., 73n, 89n, 126, 164 Gogol’, N., 107 Gončarova, N., 73, 77, 82, 83, 142 Gor’kij, M., 94 186 Gorodeckij, S., 63-65 Gudiašvili, L., 80 Gul’, R., 62n Gumilëv, N., 63n, 64, 80, 82, 135n Gurdjeff, G., 54, 66, 67 Hemingway, E., 77 Herriot, E., 73n Huntington, W.H., 49n Ibsen, H., 126 Iliazd vedi Zdanevič Ivan il Terribile, 86 Ivanov, G., 64, 101, 141, 154, 164, 165n, 167, 169 Ivanov, V., 61 Ivask, J., 17-18n, 58, 84, 85, 90n, 101, 126, 161, 165n Izdebskij, V., 57n Janovskij, V., 165 Jacob, M., 77 Jakobson, R., 89 Jarry, A., 124 Jouhandeau, M., 58 Julius, A., 81, 143 Kakabadze, D., 80, 88 Kaganovič, L., 86 Kaledin, A., s18-19 Kalmykova, M., 32 Kamenskij, V., 38 Kandinskij, V., 53, 88, 92n Karlinsky, S., 9, 91n Karskaya (Karskaja), I., 49, 117-118, 165n Karskij, S., 49n, 80, 118 Kerenskij, A., 72n Khazan, V., 9n, 12n, 144n, 149-150, 151, 156, 159n, 163n Kljuev, N., 15 Knut, D., 9n, 13, 79, 81, 82, 140n, 143144,-146, 147, 150-152, 154 Kochmanskaja, S., 25, 52 Kogan, O., 165n Kornilov, L., 18n, 19 Korostelev, O., 100n, 101n, 154n Kremen’ (Krémègne), P., 97 Krishnamurti, J., 52, 55-56 Kručënych, A., 34n, 64-65, 142 Kuprin, A., 20, 73n Kuznecov, S., 166n Ladinskij, A., 154 Lafitte, S., 165n Laforgue, P., 12 Landau, R., 56 Lanskoj (Lanskoy), A., 75, 98n, 142 Larionov, M., 73, 75n, 77, 82, 83, 97-98, 106, 142, 166 Lautréamont, 12, 48 Leadbeater, C.W., 52n, 55 Ledentu (Le-Dantju), M., 142 Léger, F., 90n Lenin, Vl., 38, 143n Lentulov, A., 93 Lermontov, M., 12, 13, 105, 149 Levinson, A., 75 Lhote, A., 88n Lichačev, D., 14 Lifar, S. 66n Lipchiz, J., 88n Lisickij, L., 91, 92-93 Livak, L., 9n, 11n, 12n, 28n, 41n, 82, 84n, 109n, 111n, 143n, 153, 160 London, J., 35, 38 Lukomskij, G., 75 Lunačarskij, A., 38 L’vov, G., 71n Majakovskij, Vl., 20, 30, 32-35, 37-39, 41-43, 89, 90, 92n, 101n, 111n, 142, 154 Magarotto, L., 11n, 28n, 140n Maklakov, V., 72n Malevič, K., 91, 92-93, 95 Mallarmé, S., 81n Mamčenko, V., 155, 166, 167n Mandel’štam, N., 8n Mandel’štam, O., 80, 125n, 136n, 168169 Mane-Katz, 77n Manujlov, V., 38n Marcadé, J.-C., 91n Mariengof, A., 33n Maritain, J., 53 Marzaduri, M., 12n, 65, 140n, 142n McAlmon, R., 78n Menegaldo, H., 9n, 10, 11n, 18n, 22, 23, 39, 53n, 61, 66, 99n, 130n, 139n, 146n, 155n Merežkovskij, D., 73n, 126, 164, 171 Miljukov, P., 73n Mintchine (Minčin), A., 24, 77, 83, 90, 98n, 103-104, 123, 127n, 149, 153, 166 Mirò, J., 74, 77 Modigliani, A., 81n Molotov, V., 86 Moore, T., 118 Moreau, G., 135 Moses de Leon, 125 Muratov, P., 90, Nabokov, V., 7, 57, 101, 104n, 117n, 134, 157, 165n, 171 Nicola II, 25 Nietzsche, F., 32, 54, 136n Nikitin, A., 31n Nikitina, E., 31 Nikol’skaja, T., 64n Nivat, G., 83n Ocup, N., 7, 64, 101, 154, 165n, 167 Odoevceva, I., 64, 154, 167 Okorokov, A., 46 Offenbach, J., 125 Ozenfant, A., 90n Pantjuchov, O., 46 Parčevskij, K., 81n Parnach, V.,, 80, 82, 83, 88, 150 Parnok, S., 15, 20 Pasternak, B., 13n, 82, 89, 90, 101n, 104n, 163 Pavlova, A., 75 Picasso, P., 77, 142, 166 Pil’njak, B., 89 Pisarev, D., 86 Poe, E.A., 12, 117-118, 147 Poplavskaja, E., 25 Poplavskaja, N., 15-18, 20, 22, 23, 25, 40, 42-43, 112 Poplavskaja, S. vedi Kochmanskaja Poplavskij, Ju., 7, 10, 15, 17, 24-25, 27, 31, 33n, 44, 59, 66n, 91n Poplavskij, Vs., 25, 107 187 Postnikova, N., 167n Pozner, S., 79n Pozner, Vl., 13, 79, 81, 89n, 143, 153n, 155, 163 Prismanova, A., 79n, 163, 166 Proust, M., 21n, 48 Pumpjanskaja, L., 165n Puni, I., 83, 89, 90, 92-93, 97-98, 131n, 142 Puškin, A., 80, 149n Rachmaninov, S., 66n Radiguet, R., 158 Redon, O., 106, 136 Remizov, A., 89, 90, 162 Reverdy, P., 153n Ribemont-Dessaignes, G., 82, 88, 142n Rilke, R.M., 125n Rimbaud, A., 12, 37, 48, 125, 134, 166, 168 Rodčenko, A., 91 Rodin, A., 74 Rogalja-Levickij, J., 166 Romov, A., 83n Romov, S., 83, 88, 93, 141-142, 143, 149, 154-156, 162 Rossini, G., 108 Rozanov, V., 12, 20, 48, 86, 136n, 168169 Šapiro, T., 48-49, 165n Schelling, F., 107, 129 Schiller, F., 84n, 146-147, 160 Sedych, A., 56, 57n, 78 Šeršenevič, V., 33n, 34 Ševelenko, I., 9n Severjanin, I., 16, 20, 22-23, 32n, 42, 61, 65, 104n, 134 Shaw, G.B., 55 Shervashidze, A., 75 Sidorov, V., 32 Šiškov, P., 19 Šklovskij, V., 79n, 89, 90, 92n, 142, 158 Skrjabin, A., 53 Slonim, M., 104n, 139n, 163-164, 166 Solženicyn, A., 8n Sologub, F.,163n, 164 Solov’ëv, Vl., 41n, 126 188 Sosinskij, Vl., 57n, 76n, 99n, 139n, 143n, 153n, 155, 163 Soupault, Ph., 82, 153n Soutine, Ch., 75n, 76, 77, 80, 97-98 Snegaroff, D., 143n Šrajbman, D., 10, 48, 58n, 118, 165n, 167n Šrajbman, I. vedi Karskya Štejger, A., 101 Steiner, R., 52-53, 56 Šterenberg, D., 92n Stolica, L., 15 Stoljarova, N., 8, 10n, 31n, 49, 51n, 58n, 86, 131, 167n Štorm, G., 31, 32n, 34n, 41, 166 Struve, G., 89, 94n Struve, M., 81, 143, 153n Sudejkin, S., 82 Svešnikov-Kemeckij, V., 14, 61, 77, 143, 146n, 149, 154-156, 166 Svjatopolk-Mirskij, D., 51, 102, 164 Swedenborg, E., 117n Talov, M., 81, 82n, 83, 88, 150 Tatiščev, A., 10n, 139n Tatiščev, B., 10n Tatiščev, N., 10, 46, 49, 50, 60, 91n, 140n, 167n Tatiščev, S., 10n Tatlin, V., 91 Terapiano, Ju., 101, 154 Terent’ev, I., 65, 142 Tereškovič (Téréchkovitch), K., 57n, 75, 76, 80, 83, 88, 90n, 96n, 122-123, 142, 151 Theotokas, G. 45 Tjutčev, F., 105, 113, 121, 127, 149, 151-153, 158 Tolstoj, A., 73n, 89 Tolstoj, A., 91 Tolstoj, L., 79n Trockij, L., 38 Tynjanov, Ju., 127 Tzara, T., 77, 82, 84n, 88, 142, 153n, 158n Udal’cova, N., 96n Ušakov, D.,157 Uspenskij, P., 54 Vaginov, K., 157 Varšavskij, Vl., 14 Vertinskij, A., 16, 104n Villiers de l’Isle-Adam, F.-A.-M., 162 Vitale, S., 12n Vološin, M., 53, 61, 104n Vrangel’, P., 44, 64, 71n, 72n Vrubel’, M.,16 Wagner, R., 21 Warnod, A., 102 Wells, H.G., 32, 38-39, 43, 67, 68, 114 Wilde, O., 16, 30, 65 Woolf, V., 125n Zadkine, O., 77 Zakovič, B., 166 Zdanevič, I., 10n, 11, 12, 50, 61-62, 6466, 76, 81, 88, 114, 119n, 124-125, 139n, 141-144, 147, 149, 150, 152-158, 161-162, 166, 170 Zdanevič, K., 64 Zeljuk, O., 67, 82n Znosko-Borovskij, E., 148 Zoščenko, M., 163 Žukovskij, V., 105, 118 Nomi e cognomi russi vengono sempre riportati seguendo la cosiddetta traslitterazione scientifica internazionale, ad eccezione di quelli che si sono affermati fuori della Russia in altre trascrizioni fonetiche. 189 Questo volume è stato stampato con tecnologia digitale nel mese di luglio 2009 presso PRONTOSTAMPA negli stabilimenti di Fara Gera d’Adda (BG)