postura qualita vita

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postura qualita vita
Centro studi attività motorie
Studio posturale e
Qualita’ della vita
(Alessandro Nutini)
(24 Aprile 2010)
“L’Educazione Fisica è la scienza che studia l'esercizio fisico,
gli effetti che con esso si possono produrre sull'organismo umano
e che ha per fine il conseguimento ed il mantenimento della buona salute"
(Girolamo Mercuriale, “De Arte Gymnastica” 1569)
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Introduzione
Il tema di questo incontro: “Studio Posturale e Qualità della Vita”, apre un dibattito interessante sul
ruolo che gli Educatori Fisici dovrebbero assumere nella società odierna.
È innegabile che l’attività motoria svolga un ruolo importantissimo, se non predominante, per quanto
riguarda la prevenzione in materia di salute.
Purtroppo, ancora oggi, poca attenzione viene concessa a tale tematica ed il panorama dell’Educazione
Fisica è completamente assorbito da altre attività che variano dall’agonismo sportivo a correnti
ideologiche (come vedremo più avanti) che hanno fatto della Palestra un luogo di ritrovo ove tentar di
dimagrire (cercando di sopperire ad un’alimentazione più che inadeguata) ed esercitarsi con macchinari
ipertecnologici, o semplicemente per avere occasioni d’incontro. La scuola, poi, non gode certo di
ottima salute e molti tagli sono stati fatti proprio in tale materia.
L’Educazione Fisica, pertanto, non sta divenendo più un mezzo educativo e patrimonio comune,
condivisibile da ogni elemento della società, ma qualcosa che tende ad identificarsi con nomi ed attività
che gli appartengono sempre meno, spesso dettati da un sempre più crescente consumismo.
Nella pagina precedente ho riportato la definizione di Educazione Fisica di Girolamo Mercuriale, tratta
dalla sua opera “De Arte Gymnastica” del 1569: “l’Educazione Fisica è la scienza che studia l'esercizio
fisico, gli effetti che con esso si possono produrre sull'organismo umano e che ha per fine il
conseguimento ed il mantenimento della buona salute" ed in essa già notiamo alcuni elementi che ci
fanno riflettere, tra cui il “mantenimento della buona salute”.
Molto ci sarebbe da dire in merito all’Educazione Fisica come Scienza, ma esula dagli scopi preposti in
questo incontro (magari potrebbe esser oggetto di un’altra riunione) per cui, almeno per oggi,
accettiamo ciò che Mercuriale ci dice ed andiamo a valutare più da vicino il “mantenimento della buona
salute”.
Vorrei soffermare l’attenzione su questa definizione perché, a mio modesto parere, credo si stia
perdendo di vista l’orizzonte della salute e del suo mantenimento a pro di una commercializzazione
esasperata che vede nel profitto il suo unico obiettivo. E, con molta probabilità, non solo nel profitto…
Forse grazie ad una sempre più pressante necessità di apparire, di rendersi sempre più “evidenti”
proponendo attività ai limiti del ridicolo, l’Educazione Fisica, oggi passata sotto il termine di Scienze
Motorie, sta lentamente scomparendo (e con essa svanisce pure la “Scienza che studia l’esercizio
fisico…”) lasciando il posto a correnti di pensiero (mi auguro che almeno questo siano) che vedono nei
termini anglosassoni di “Wellness” e “Fitness” gli opportuni sostituti.
Certo, l’esotico o l’oltreoceano attirano sempre di più, per cui ci siamo dati da fare per importare tutto
ciò che appariva “appetitoso” per i palati dei gestori del marketing dell’attività motoria ed abbiamo
annunciato ad alta voce i presunti miracoli del Wellness.
Ma cos’è questo “Wellness” ? In realtà non esiste una definizione ben precisa poiché tanti sono i “guru”
che la animano che è difficile darne un’esatta collocazione, senza poi considerare che ognuno di costoro
esprime una sua definizione per cui il concetto ricercato muta come il tempo primaverile. A
dimostrazione di questo, sul sito http://www.my-personaltrainer.it/bellezza/wellness.html possiamo
leggere che:
“Il termine "wellness" nasce come l'insieme di due termini "well being" e "fitness". Il suo vero
significato rimane tuttavia un mistero fra i maggiormente insoluti nel campo del Benessere.”
Un bel risultato, non c’è che dire ! Ma per chiarire ulteriormente la questione viene data la parola al
presidente della nota ditta di macchinari per palestra (!!!), la Technogym, che argutamente fa notare:
“Il Wellness è il nuovo stile di vita per il benessere psico-fisico inventato da Technogym, orientato al
miglioramento della qualità della vita attraverso l'educazione ad una regolare attività fisica, un'
alimentazione equilibrata ed un approccio mentale positivo. Significa scegliere di vivere bene, cercando
di coniugare l'antico adagio mens sana in corpore sano”
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Ma pensa ! Regolare attività fisica, alimentazione equilibrata ed approccio mentale positivo… non
dimenticando il famoso “mensa sana in corpore sano” (che già mio nonno diceva ai suoi tempi: era un
profeta del Wellness e neanche lo sapeva) ! Ad una prima lettura, ve lo confesso, mi sono sentito preso
per i fondelli e sono meravigliato che anche i vari addetti ai lavori non lo siano. Ma non è finita qui.
Dal sito “http://www.wellness-time.it/” si legge che:
“La definizione di Wellness va ricercata all’interno della concezione di benessere psico-fisico, una
esperienza sensoriale che coinvolge la persona nella sua globalità”
Qui appare una nuova caratteristica: Wellness è un’esperienza sensoriale !!! Che, ovviamente, coinvolge
l’essere umano nella sua totalità… come se un’esperienza sensoriale potesse non svolgersi altrimenti.
Una definizione più complessa, invece, si può leggere sul sito della Federazione Italiana Fitness (FIF):
“http://www2.fif.it/index.php?id=1944”. Qui, dopo aver dichiarato che il termine “wellness” venne
impiegato da un medico americano nel lontano 1950 (!) come riferimento ad esercizi eseguiti nella
Grecia Antica e nell’Impero Romano, si ammette che negli anni a seguire da quella “scoperta”, il
concetto restò un po’ “fumoso”. Finalmente, poi, si arriva al 1984 quando un sociologo (e,
ricordiamocelo bene: un sociologo !) di nome Donald Ardell scrisse un trattato dal titolo: “The Ardell
Wellness Report” che, però, vide la luce solo dopo dieci anni dalla nascita del termine “Fitness”, ideato
nel 1974 dal dottor B.S. Sharkey grazie al suo lavoro “Physiological Fitness and Weight Control”. Il
resto della definizione lo trascrivo esattamente come lo si può leggere sul sito:
“C’è da rilevare che il Wellness, negli anni ottanta, non rappresentava certo quello che si intende oggi,
ma era quasi un sinonimo di Fitness.
È solamente da qualche anno che l’accezione del termine Wellness sta a indicare un modo “body &
mind” di intendere il movimento e l’esercizio fisico, in quanto il mercato, che tende a schematizzare e a
semplificare le cose, gli ha assegnato un significato ben preciso
Oggi quindi il Wellness rimanda al Pilates, allo yoga, alla meditazione ma anche all’aromaterapia, allo
shatsu e a tutto ciò fornisca benessere in forma morbida e mentale.
Il Wellness rappresenta così oggi un mercato che include programmi, insegnanti specializzati,
prodotti (materiale per le discipline olistiche, impianti per piccole terme in palestra…) e un indotto di
clientela che richiede specificatamente tale approccio all’esercizio fisico.
Che la suggestione derivata dal termine Wellness sia in ascesa, lo dimostrano anche i titoli delle ultime
fiere di settore: Rimini Wellness, Wellness World Exhibition (la fiera di Milano), e probabilmente altre
ne seguiranno.”
Al di là del fatto che pensavo ad un concetto di “Wellness” come ad un’invenzione della Technogym
(ricordate ? Dice il presidente di tale industria che: “il Wellness è il nuovo stile di vita per il benessere
psico-fisico inventato da Technogym”), non comprendo più quale sia la peculiarità di questa
“attività/idea/proposta commerciale” (non so più come definirla), perché è tutto e niente. Qui si
mescola ogni cosa: dalle Tradizioni millenarie come lo Shiatsu ad attività in auge come il Pilates, da una
non ben definita “meditazione” all’aromaterapia; ma soprattutto si pensa esclusivamente ad un
presunto “mercato” che tende a schematizzare le cose ed a semplificarle. Da allievi di palestra a “target”
di mercato… Consumatori di movimento… Da necessità del raggiungere e preservare un buono stato
di salute, all’esigenza del voler apparire, esibirsi, rientrare nella categoria che tutto massifica e trita…
Cosa porta tutto questo ?
A delle attività nocive e ridicole come, per esempio, l’ultima trovata in campo di fitness/wellness: la
“stiletto-strength”, la ginnastica sexy ! Non sto scherzando ! Anche io pensavo ad un atroce burla !
La “stiletto-strenght” promette grandi cose ! Il primo obiettivo è divenire più sensuali, poi c’è di tutto di
più: rimodella il seno, fa tornare i glutei al periodo dell’adolescenza e molto altro ancora ! Basta leggere
l’articolo dedicato:
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“La ginnastica ti fa sexy
Dagli Stati Uniti arriva lo Stiletto Strength, per tenersi in forma sui tacchi Stretching con i tacchi a spillo
Prepari la borsa per la palestra? Ricordati i tacchi a spillo. È questa l'ultima trovata americana per fare
fitness stando in forma e guadagnando in eleganza. È lo Stiletto Strength, lezioni di stretching sui tacchi
per modellare gambe e glutei, imparare a stare con il busto eretto, camminare con andatura ondulata,
sentirsi una vera modella. Tutto grazie a una bella scarpa décolleté alta. Lo avreste mai detto? Voi che
magari sui tacchi resistete poche ore?
UN PO' DI STORIA – Lo Stiletto Strength arriva, neanche a dirlo, dagli Stati Uniti. L'idea è venuta
alla ballerina Amber Efe, che ha creato questo tipo di ginnastica adatto alle donne che non indossano i
tacchi perché credono di apparire goffe. La prima palestra al mondo in cui si sono tenuti corsi di
Stiletto Strength è il Crunch Center di New York. I benefici di questa attività? Stimolare la parte
inferiore del corpo. Attraverso esercizi appositi, si agisce su gambe, glutei, caviglie e addominali. In
questo modo si acquisisce un'andatura elegante, maggiore sicurezza sui tacchi e si tonifica il corpo. È
un'attività che riscuote grande successo tra le donne tra i 20 e i 45 anni che vogliono tenersi in forma
ma soprattutto acquisire eleganza e femminilità nei movimenti.
COME PRATICARLO – Per praticare lo Stiletto Strength è meglio indossare un pantalone comodo e
possibilmente skiny, meglio ancora gli hot pants, se vi trovate a vostro agio. Sopra va benissimo una
canotta o una maglietta aderente. E non dimenticate le vere protagoniste di questa attività: le scarpe con
tacco alto. Si parte da un tacco 10 per arrivare al tacco 12 quando si è acquisita un po' di dimestichezza.
E se proprio siete temerarie provate il tacco da 15 centimetri. La lezione di Stiletto Strength si divide in
tre parti. La prima è il riscaldamento con esercizi di stretching che consentono di favorire l'elasticità
delle caviglie. La seconda parte è invece lo studio di una coreografia che serve a favorire la
coordinazione dei movimenti. Infine, l'ultima parte è caratterizzata dagli esercizi di tonificazione e
rassodamento muscolare. A fare da colonna sonora alle lezioni è la musica pop-dance per la parte
coreografica e un sound più soft per il riscaldamento.”
(http://www.milanodabere.it/articoli/bellezza_e_benessere/la_ginnastica_ti_fa_sexy_3553.html)
Credo che i vari terapisti ed ortopedici siano ben contenti di questa attività poiché aumenterà la
clientela (e non “pazienti”, visto che si parla ormai di “mercato”) nel giro di breve tempo (sempre che
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qualche illuminato intelligentemente non la sopprima). Siamo diventati ridicoli ! Dalla tuta agli “hot
pants”, dalle scarpe da ginnastica ai tacchi a spillo. E questo è Wellness…
Spesso vengono considerate ridicole(e derise) le antiche ginnastiche orientali (ad esempio si pensi al
Qigong ed al Taijiquan che possono tranquillamente esser praticati in un parco senza necessità di
attrezzi alcuni), frutto di millenni di Tradizione mentre “beviamo” indiscriminatamente queste
pericolose stupidaggini perché il “made in USA” rende sempre di più.
Questi sono i motivi per cui ritengo necessario un cambiamento nel settore e del perché fermamente
credo nell’insegnamento che deve esser mirato a render libero il pensiero dell’allievo, dandogli le
opportune armi affinché possa affrontare, con adeguata cultura e capacità logica, tutte queste
problematiche e possa scegliere di cambiare.
“Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo”, ripeteva il Mahatma Gandhi, e
credo sia una frase da tenere sempre ben presente perché, se vogliamo smettere di insultare noi stessi,
dobbiamo cambiare dall’interno; è necessario riflettere attentamente sul valore di questo “mercato” e se
veramente ne vale la pena. Dobbiamo ben analizzare se il valore dell’Uomo e della sua Educazione non
sia stato frantumato dagli ingranaggi di un commercio spietato nel quale noi stessi siamo diventati
“bene di consumo”.
In base a tutti questi ragionamenti, è evidente che occorre sempre aver le idee ben chiare di cosa
stiamo parlando ed a chi ci stiamo rivolgendo.
Vediamo, adesso, quale sia il significato della “Qualità della Vita” e come poter utilizzare tale
parametro nel nostro lavoro.
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1. QUALITA’ DELLA VITA
1.1
Introduzione
Il termine “Qualità della Vita” (QoL dall’inglese “Quality of Life”) si presta a diverse definizioni
ed è impiegato per indicare il “benessere” sia di individui che di un nucleo sociale.
Tale parametro viene usato in vari contesti: dalle Scienze Politiche alla Salute, ma non va confuso
con lo “Standard di Vita” (SoL – “Standard of Living”) che si basa quasi esclusivamente sul
reddito percepito.
Perché l’indice QoL sia opportunamente valutato, esistono indicatori “standard” che non riguardano
solo il reddito ed il lavoro, ma anche l’ambiente di vita, la salute fisica e mentale, il tempo libero, la
possibilità di svagarsi e l’integrazione sociale.
Come, pertanto, possiamo percepire, il parametro QoL è una valutazione complessa che si basa, a
sua volta, sull’analisi di più componenti relativi a vari settori. Certo, parlare di qualità della vita
significa, spesso, compiere un’astrazione poiché la parola “qualità” presuppone una pletora di
variabili che difficilmente possono esser considerate assieme.
Infatti la “qualità” può migliorare o peggiorare e per capirlo dobbiamo prendere in esame le variabili cui
sopra; a scopo esclusivamente indicativo, ne elenchiamo alcune:
a) popolazione: densità sul territorio, natalità, indice di vecchiaia, carico sociale o indice di dipendenza che
è dato dal rapporto tra le classi in età non lavorativa (giovanissimi e anziani) e quelle in età lavorativa,
etc...;
b) sanità: vita media o speranza di vita, quoziente di mortalità, mortalità natale, mortalità infantile,
suicidi, assistenza medica, alimentazione, attività motoria, etc.;
c) istruzione: grado di analfabetismo, di scolarità, spesa per l’istruzione (in rapporto al PIL);
d) lavoro: livello di occupazione (forza lavoro per 1000 abitanti), tassi di disoccupazione, pensionamenti,
etc.;
e) giustizia: litigiosità, amministrazione della giustizia, livello di criminalità, delinquenza minorile, etc.;
f) tenore di vita: ricchezza (PIL pro-capite), propensione ai consumi, propensione al risparmio,
abitazione, etc.;
g) ambiente: stato di degrado, politiche di tutela, etc.
Al di là del numero degli ambiti di applicazione, vi è un’ambiguità che dipende dalle varie analisi
teoriche (etiche e filosofiche) grazie a cui il tutto viene inteso.
Il discorso, a questi punti, ci porterebbe a percorrere l’affascinante strada della Bioetica, ma non è certo
questo l’obiettivo del presente incontro.
Quello che preme indicare qui è l’analisi della componente “salute” e tutto ciò che può esser connesso
con lo studio delle capacità motorie umane, ossia comprendere come esse siano una base fondamentale
per il miglioramento di tale indice.
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1.2
L’indice HQoL (Health-related Quality of Life)
Nel 1997, il dott. Stephen Campbell scrisse, sul prestigioso Archive of Disease in Childhood, un
articolo dal titolo “Measuring quality of life” nel quale pose attenzione sul fatto che la QoL è un
parametro soggettivo e connesso intimamente al benessere di un individuo, costituito da molti fattori
tra i quali solo uno dei tanti è relativo alla salute. Tale valore, però, è anche l’unico in oggetto alla
Medicina.
Nel 1948, però, l’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva definito la salute come qualcosa
che va oltre la presenza o assenza di una malattia ed ha così provvisto il concetto di “salute” di varie
connotazioni. La Medicina e le Scienze Umane, in generale, hanno sentito il bisogno di misurare gli
aspetti "qualitativi" della vita ed hanno coniato il temine di "QoL correlata alla salute", ossia HQoL
(Health-related Quality of Life); in tal modo il campo di ricerca si restringe prendendo in esame solo
gli aspetti della vita che sono connessi alla salute e, pertanto, influenzabili dagli interventi di tali Scienze.
Quindi l’indice HQoL si riferisce al benessere fisico, sociale e mentale degli individui ed alla loro abilità nell’eseguire i
compiti richiesti dalla vita quotidiana che possono essere in vario modo influenzati negativamente da una
malattia.
Comprendere la qualità della vita significa riconoscere una posizione primaria alla salute personale e ciò
è molto importante, soprattutto in un periodo come questo, ricco di complessi problemi sociali.
Valutare in modo appropriato la qualità della vita, significa anche valutare l’incidenza dell’uso di
farmaci, dei ricoveri ospedalieri e monitorare le varie patologie che possiamo individuare in un nucleo
sociale in un determinato momento storico.
Quando le misure economiche, da sole, non possono esser applicate (basta pensare a patologie
croniche, degenerative o terminali ove non esiste cura o trattamento effettivo) è fondamentale porre
attenzione sullo sviluppo del HQoL tramite interventi che mirino a promuovere cure palliative e, se
possibile, l’applicazione di tecnologie adattate al caso.
Dietro tutto questo vi è un campo di ricerca in pieno sviluppo che cerca di relazionare, sviluppare e
valutare l’applicazione della misura della Qualità della Vita con la ricerca scientifica. Recentemente, negli
USA, la “Food and Drug Administration” ed il “National Institute for Clinical Excellence” hanno
posto l’indice di HQoL come base decisionale operativa e stanno impiegando tale parametro in trial
clinici per terapie sperimentali.
Inizialmente, quando comparve per la prima volta il QoL, si pensava a registrare i semplici disagi
nelle abilità fisiche della vita quotidiana (ad esempio: capacità di alzarsi dal letto, di mangiare e
bere, di aver cura dell’igiene personale, etc..) o ad eseguire singole misure, spesso meccaniche (ad
esempio l’angolo in cui un arto poteva venir flesso).
Il concetto di HQoL, invece, si distacca dal precedente perché, oltre a valutare la situazione dei soggetti,
tiene conto delle loro aspettative: esse possono mutare col passare del tempo e possono anche esser
fonte di reazione in merito a fattori esterni come malattie a lungo termine, condizioni familiari, etc…
Per questo sia il soggetto sottoposto alla misura del HQoL che l’esaminatore valutano il medesimo
obiettivo in una situazione di vita che può esser oggettivamente cambiata. Ecco perché, ancor oggi, il
HQoL è eseguito in forma di questionario che riguarda molte dimensioni del vivere: fisico, sociale,
emotivo, cognitivo, lavorativo, sino ad interessare anche altri aspetti come le reazioni collaterali delle
terapie in atto, le varie sintomatologie e, addirittura, l’impatto economico delle cure mediche intraprese.
In base a quanto sopra, sono stati sviluppati centinaia di validi questionari che vanno da
un’investigazione di carattere generico come l’SF-36 (Short-Form) con 36 domande, sino a strumenti
specifici come l’LC-13 (Lung Cancer) per il cancro ai polmoni od il questionario HADS (Hospital
Anxiety and Depression Scale) che valuta complesse situazioni di depressione.
Come ogni strumento clinico, tali questionari devono rispondere a determinati criteri perché siano
affidabili e, quindi, validi. Resta il fatto che essi sono, comunque, un valore aggiunto che non può esser
trascurato.
In allegato si può trovare il questionario generico SF-36 che può esser utile sia per avere un’idea pratica
di cosa stiamo parlando, sia per effettuare una prima valutazione del HQoL.
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1.3
HQoL ed attività fisica
Il WHO (World Health Organization, conosciuto anche come OMS – Organizzazione Mondiale della
Sanità) ha discusso a lungo su quali siano i pilastri fondamentali che possono migliorare la Qualità della
Vita ed i suoi relative indici e durante un incontro avvenuto il 17 novembre del 2006 a Copenhagen
venne sancito che l’Attività Fisica è un principio fondamentale per il miglioramento della salute fisica e mentale
dell’individuo. Questa scoperta, apparentemente banale per chi opera nel settore, è stata di straordinaria
importanza poiché un organismo mondiale come il WHO ha riconosciuto un ruolo fondamentale
all’Attività Fisica sia in materia di “conseguimento e mantenimento del buono stato di salute”
(parafrasando Mercuriale), sia in merito ad una Prevenzione Primaria1 (che ricordo essere tutti quei
comportamenti che cercano d'evitare o di ridurre l'insorgenza o lo sviluppo di una malattia) che
risulta esser vitale in una società frenetica come la nostra.
Dato l’interesse elevato di questo incontro, riporto per intero il testo della WHO perché ci si renda
conto di quanto sia importante una corretta Educazione Fisica ed il valore immenso che essa
possiede nella ricerca di un equilibrio fisico e mentale, fonte di salute e benessere.
WHO - World Health Organization
Physical activity: a basic requirement for health
(sito http://www.euro.who.int/mediacentre/PR/2006/20061117_1)
Copenhagen, 17 November 2006
Physical activity is a fundamental means of improving people's physical and mental health. It reduces
the risks of many non communicable diseases and benefits society by increasing social interaction and
community engagement. Physical activity is not just a public health issue; it also promotes the wellbeing of communities and the protection of the environment, and comprises an investment in future
generations.
10 key facts on physical activity in the WHO European Region
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Every year, physical inactivity is responsible for 600 000 deaths in the Region (about 6% of the
total), and overweight and obesity cause over 1 million more.
Physical inactivity accounts for 5.3 million disability-adjusted life-years (DALYs - about 3.5%
of the total) in the Region.
More than half of the Region's population is not active enough to meet health
recommendations.
In particular, two thirds of the adult population (people aged over 15 years) in the European
Union (EU) do not reach recommended levels of activity (30 minutes/day on most week days).
On average, only 31% of respondents in a European survey reported sufficient physical activity.
The trend in the Region is towards less activity, not more.
Only 34% of European young people aged 11, 13 and 15 years reported enough physical
activity to meet current guidelines. In most countries, boys were more active than girls and
activity declined with age in both sexes.
Proportions of active young people vary widely between countries, ranging from 11% of girls
and 25% of boys in France to 51% of girls and 61% of boys in Ireland among 11-year-olds.
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Prevenzione Primaria: comportamenti che cercano d'evitareo ridurre l'insorgenzao lo sviluppo di una patologia.
(attività di promozione della salute, p.e.). Prevenzione Secondaria: diagnosi precoce di una patologia in via di
sviluppo, intervento precoce e prevenzione della progressione. Prevenzione Terziaria: riduzione dell'impatto negativo
di una patologia avviata, ripristino delle funzioni, riduzione delle complicazioni.
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Similar variations existed among the other groups; for example, the proportion of active 15year-old boys was 49% in the Czech Republic and 25% in Portugal.
Inequalities between countries are rising, with those in the eastern part of the Region bearing
the heaviest burden.
Different socioeconomic groups also show inequalities: poorer people have less free time and
poorer access to leisure facilities, or live in environments that do not support physical activity.
Emerging estimates of the direct (health care) and indirect costs of physical inactivity (loss of
economic output due to illness, disease-related work disabilities or premature death) are
alarming. On the basis of two studies, in Switzerland and the United Kingdom, physical
inactivity can be estimated to cost each of the Region's countries about ?150-300 per citizen per
year.
Physical activity to stay healthy
Adults need at least 30 minutes of regular, moderate-intensity physical activity on most days,
corresponding to the burning of 628 kJ (150 kcal). More activity may be required for weight control.
Children need at least 60 minutes of moderate-intensity physical activity each day. At least twice a week,
this should include activities to improve bone health, muscle strength and flexibility.
Strong evidence now shows that physical activity's beneficial effects go well beyond preventing weight
gain. Physical activity benefits both physical and mental well-being: cutting by about 50% the risk of
many disorders related to inactivity (such as heart disease and type 2 diabetes), substantially reducing
the risk of hypertension and some forms of cancer, and decreasing stress, anxiety, depression and
loneliness.
Regular physical activity helps to protect against unhealthy weight gain. In the management of
overweight and obesity, it can help to prevent weight gain, prevent the health consequences of obesity
and, in combination with an appropriate diet, reduce weight.
The action needed
Countries need to reverse the trend towards inactivity and create conditions across the WHO European
Region in which people can strengthen their health by making physical activity part of their everyday
lives. Action should be large scale, coherent and consistent across different levels of government and
different sectors. In the 21st century, promoting physical activity should be seen as a necessity, not a
luxury, and action should be based on a number of key principles:
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taking a population health approach
using a broad definition of physical activity
engaging multiple sectors
improving the environment for physical activity
working at multiple levels
basing programmes on the stated needs of the population
applying multifaceted, comprehensive and effective approaches
improving equity
using the best available evidence
being sustainable.
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Role of the health sector
Action on physical activity often lies in the domain of sectors such as urban planning, transport,
education and sport. The following are examples of interventions from different sectors that support
physical activity.
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Finland, Germany and the Netherlands increased bicycling. In Finland, the net benefits of
doubling cycling (from reducing injuries and other health effects) were estimated to exceed the
costs by ?100-200 million per year.
In 2004, the county of Nordland, Norway started a comprehensive programme to provide
pupils in all 210 primary schools with at least 60 minutes' physical activity during every school
day.
A new concept defined health as the first priority of the national sports policy in Switzerland
and more physically active people as its main objective.
Primary care providers in the county of Östergötland, Sweden prescribed physical activity to
patients. An evaluation found that, after 12 months, 49% of those who received the
prescription reported adhering to it, and an additional 21% were regularly active.
The health sector is best placed to forge the right alliances and to take forward effective action, so it
should provide stewardship in the field of physical activity. It can take the lead in six areas:
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making physical activity part of primary prevention
documenting effective interventions and disseminating research
demonstrating the economic benefit of investing in physical activity
connecting relevant policies
advocacy and exchanging information
leading by example.
This information is drawn from a new publication from the WHO Regional Office for Europe entitled
Physical activity and health in Europe: evidence for action; the Regional Office web site offers further
information on this publication and the role of physical activity in health.
Bibliografia utile:
1. MERIEL E. M. JENNEY, STEPHEN CAMBELL., Measuring Quality of Life, Archive
of Disease in Childhood, 1997; n° 77; pp. 347-350.
2. WHO – WORLD HEALTH REPORT 2008, Primary health care Now more than ever.
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3. LA POSTURA: NEUROFISIOLOGIA DI UN EVENTO
3.1 INTRODUZIONE
“Vi porgo le mie scuse per intromettermi in una mattinata così compiutamente gradevole con la
notizia, potenzialmente fastidiosa, che il mondo finirà oggi. Precisamente, a mezzogiorno”.
Così iniziò una conferenza il grande Biologo Evoluzionista Stephen Jay Gould, sorridendo birbante
durante la presentazione di uno dei suoi scritti nel quale si lanciavano frecce avvelenate al
Creazionismo. Gould, per molto tempo, venne considerato un “eretico”, quando, invece, era il
legittimo prosecutore del pensiero di Darwin. Si scontrò spesso con l’ultradarwinismo (Dawkins, per
esempio, con il suo “Gene egoista”) ed il riduzionismo (Dennet, eminente filosofo dalla mente
riduzionista), ma la sua Teoria degli Equilibri Punteggiati, elaborata assieme ad Eldredge, resta una delle
teorie forse più affascinanti. Memorabile il suo intervento quando le istituzioni americane del Kansas
decisero di rendere l’evoluzione una materia facoltativa nell’insegnamento scientifico scolastico.
Non ce la fecero: la Corte Suprema (intelligentemente) bloccò il tutto. Non si rendeva conto, il nostro
biologo, di come, in un paese scientificamente all’avanguardia, esistessero “movimenti antievoluzionisti”. Una presa di posizione coraggiosa (in quel momento) ed onorevole. Penso che, in ogni
proposta terapeutica od anche educativa, sia sensato seguire il consiglio del nostro Gould ed evitare
“voli pindarici” che possano fuorviare l’attenzione o la ricerca dall’obiettivo prefissato. Occorre anche
evitare di proporre ipotesi mai comprovate come soluzione a quesiti complessi, salvo una corretta
sperimentazione e conseguente validazione. Rischiamo di cadere in errori simili a quello commesso dal
Creazionismo, annientando ogni fatto logico connesso con l’evento in esame. Si sente spesso parlare di
Postura, di “rilievi posturali”, di “ginnastica posturale” e di “soluzioni posturali”. Il fatto è che, nella
situazione attuale, ognuno insegue (in ovvia buona fede) l’idea che ritiene più “affascinante”, più
“innovativa”, e spesso ci scordiamo (scrivente compreso) quali sono i fatti sperimentali, comprovati,
fisiologici, che stanno alla base della Postura stessa.
Ecco perché ho deciso di scrivere un capitolo legato intimamente alla fisiologia di un evento. Perché,
nella valutazione chinesiologica di una postura, non ci si dimentichi di cosa stiamo trattando e si possa,
in definitiva, escludere tutte quelle soluzioni di carattere “ipotetico” che non trovano nessun
fondamento con quanto, invece, si verifica nell’organismo umano.
3.2 ANALISI GENERALE
All’inizio del XIX° secolo, l’anatomo-chirurgo (nonché teologi naturale) scozzese Charles Bell si era
posto il problema del come l’uomo riesce a riadattare e correggere la sua verticalità posturale quando
essa, per una causa esterna, poteva esser compromessa. In realtà proprio sin dal XIX° secolo i neuro
recettori che concorrono alla posizione eretta ed al suo mantenimento erano già stati scoperti (si pensi
al manoscritto dello stesso Bell dal titolo: “On the Nerves: Giving an Account of some Experiments on Their
Structure an Functions, Which Lead to a New Arrangement of the System” composto nel 1821 ed indirizzato alla
Royal Society); l’importanza degli occhi in tale funzione era stata messa in evidenza da Moritz Heinrich
Romberg, neurologo tedesco (famoso il test neurologico omonimo, Test di Romberg con il quale si
valuta clinicamente la funzionalità delle strutture dell’orecchio interno: il soggetto, in posizione eretta ed
a occhi chiusi, tende a cadere dal lato ove è minore l'eccitabilità vestibolare), la propriocezione della
muscolatura paravertebrale da Longet, la funzione sensitiva neuromuscolare da Sherrington, etc…
La prima scuola posturale nacque nel 1890 a Berlino ed a guidarla vi era Karl von Vierordt, medico
tedesco e professore di Fisiologia presso l’università di Tubingen, ma solo grazie a Babinski, nel 1899, si
ebbero i primi dati sugli “aggiustamenti posturali” relativi ai movimenti volontari ed ai difetti di
coordinazione in pazienti con problemi cerebellari.
Come si vede, la ricerca sui principi per i quali la postura umana eretta è garantita, ha animato per più di
un secolo gli specialisti del settore e non solo.
12
Cos’è la postura ?
In realtà anche qui esistono più definizioni, tutte più o meno valide, che fanno capo a diversi studiosi.
Ad esempio, Kendall scrive sul suo libro “I Muscoli - Funzioni e test con postura e dolore”:
“Generalmente la postura viene definita come la disposizione delle parti del corpo. Una buona postura
e' quello stato d'equilibrio muscolare e scheletrico che protegge le strutture portanti del corpo da una
lesione o una deformità progressiva malgrado la posizione (eretta, distesa, accovacciata, china) in cui
queste strutture lavorano od oppongono resistenza. In queste condizioni i muscoli lavoreranno in
modo più efficace e gli organi toracici e addominali si trovano in posizione ottimale. La postura e'
cattiva quando si ha una relazione scorretta delle varie parti del corpo che produce un aumento di
tensione sulle strutture portanti e quando l'equilibrio del corpo sulla base di appoggio e' meno
efficiente”
Una delle definizioni più recenti e nostrane è, invece, la seguente:
“La Postura è il risultato dell'interruzione funzionale tra le componenti biomeccaniche,
neurofisiologiche, psicologiche e psicomotorie dell'individuo che si evidenzia con gli atteggiamenti
statici e dinamici dei segmenti corporei, variabili in relazione agli obiettivi da perseguire e agli stimoli
dell'ambiente. “ (tratta dal libro: “Back pain di origine meccanica” di Elena Martinelli e Valter Parodi, 2008,
pag 12)
Enunciato molto bello ed affascinante, ben articolato ed adeguatamente complesso. Forse sta proprio
qui il punto cruciale: adeguatamente complesso….
Nel prosieguo dello scritto i due fautori della definizione cui sopra si affrettano a dire che, in realtà:
“La postura ha avuto ed ha, molte differenti definizioni; ovvia conseguenza della mancanza attuale, di
una sua espressione in termini quantitativi. D’altronde è legittimo chiederci se sia possibile (in
mancanza di una chiara individuazione condivisa del concetto), con una parola sola (e con tale parola),
definire la complessità dei meccanismi fisiologici che concorrono al mantenimento dello stato di quiete
dei segmenti articolari del corpo (in stazione eretta o in altre posizioni statiche), oppure dosare le forze
necessarie al controllo delle traiettorie descritte durante i movimenti (dai più semplici ai più complessi).
Riteniamo che la risposta sia positiva (con riserva), a patto di capire che il termine non descrive uno
stato particolare, ma definisce una concezione disciplinare (ancora in evoluzione)”….
Il termine “postura”, pertanto, non viene impiegato per indicare uno stato neuromotorio particolare,
ma un concetto disciplinare tutt’oggi in via di sviluppo… Molto ci sarebbe da dire sulla “complessità”
nello sviluppo scientifico e nel suo impiego nel settore sia della ricerca che della didattica, ma non è
l’obiettivo di questo capitolo.
Personalmente aderisco a quanto ha definito Eric Kandel (Nobel per la Medicina nel 2000 col suo
scritto: “The Molecular Biology of Memory Storage: a Dialog between Genes and Synapses“) nel suo
testo “Principles of Neuroscience”, fondamentale per chiunque si occupi di Neurobiologia, ossia per
postura intendiamo la posizione complessiva del corpo e degli arti ed il loro orientamento nello spazio e nel tempo.2
In tal modo si comprende come ogni atto motorio debba necessariamente avvalersi di aggiustamenti
posturali, integrati con il movimento volontario, perché possa manifestarsi. Il podista che corre su di un
terreno accidentato avrà un particolare aggiustamento posturale che gli consentirà di spostare il suo
centro di gravità costantemente in avanti tramite un appropriato movimento delle gambe. Per
mantenere stabile la posizione eretta, occorre che le varie parti del corpo siano allineate tra loro: capo
diritto su torace e quest’ultimo diritto su pelvi; per realizzare tutto questo occorrono necessariamente
degli aggiustamenti posturali.
Quest’ultimi, in realtà, quali funzioni possiedono?
2
Credo fermamente che render semplici concetti difficili sia una dote di pochi grandi
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Esattamente si riconoscono tre funzioni definite come comportamentali: 1. sostenere capo e corpo
primariamente contro la forza di gravità ed eventualmente contro le altre forze che sopraggiungono
dall’esterno; 2. mantenere il “centro di massa” allineato ed in equilibrio all’interno della base di
appoggio sul suolo; 3. stabilizzare alcune parti corporee mentre altre sono in movimento.
Queste funzioni vengono raggiunte grazie a due meccanismi principali: un meccanismo detto
meccanismo anticipatore (o a feed-forward) ed un meccanismo di risposta compensatoria (o a feedback).
Vedremo più avanti come agiscono tali sistemi, per ora basta accennare che il feed-forward genera
risposte preprogrammate sulla base della previsione di disturbi che avverranno Nell’esecuzione di
determinati movimenti. Tali “risposte anticipatorie” possono esser modificate con l’esercizio ed il loro
ruolo fondamentale è quello di generare aggiustamenti posturali prima dell’inizio di movimenti
volontari (la loro assenza costituisce motivo di instabilità). I meccanismi feed-back sono evocati da
stimoli sensoriali causati dalla perdita di equilibrio. Sono aggiustamenti automatici, rapidissimi (come i
riflessi) e presentano un’organizzazione nello spazio e nel tempo alquanto stereotipata. Sono, però,
differenti dai riflessi poiché hanno un’intensità giusta al solo fine di stabilizzare la postura (se,
casualmente, falliscono, intervengono altri aggiustamenti per ristabilire l’equilibrio) e possono essere,
anch’essi, perfezionati dall’esercizio e dall’apprendimento.
Le informazioni utili alla postura arrivano da diversi recettori organici: recettori cutanei, recettori visivi
e recettori propriocettivi od anche detti propriocettori.
I recettori cutanei segnalano le forze di carattere torsionale che agiscono, per esempio, sulla pianta dei
piedi in contatto con il terreno; i recettori visivi contribuiscono a definire l’orientamento rispetto
all’orizzonte mentre i recettori propriocettivi danno un’idea delle variazioni del posizionamento degli
arti e, fatto importantissimo, della posizione del capo rispetto al corpo.
Tutte queste informazioni vengono elaborate ed integrate permettendo l’innescarsi di risposte
automatiche, anticipatorie e compensatorie, che mantengono la postura senza che noi ce ne rendiamo
conto. La necessaria integrazione di tali risposte posturali con i movimenti volontari avviene tramite
l’utilizzo di circuiti corticali cerebrali, riflessi spinali e troncoencefalici.
Negli organismi che presentano la quadrupedia, il meccanismo di mantenimento della postura è molto
più semplice rispetto alla bipedia tipica dell’uomo.
Quest’ultima è instabile (per dirla alla Tobias: è “barcollante”)3 ed i riflessi, poveretti, da soli non ce la
farebbero a mantenere l’equilibrio implicito nella postura; se pensiamo poi alla corsa od anche alla
semplice deambulazione, comprendiamo come le cose si complichino ulteriormente.
I meccanismi che richiedono il mantenimento posturale nella bipedia necessitano l’intervento delle
strutture corticali e sopraspinali. Diamo, adesso, un’occhiata a cosa avviene nel mantenimento della
postura verticale quando la base di un individuo bipede diviene instabile e quando avvengono
movimenti volontari.
3.3 STAZIONE ERETTA E STABILITÀ POSTURALE
Nel 1976 Nashner e coll. posero in essere uno studio, poi pubblicato (Adapting reflexes controlling the
human posture), nel quale si utilizzava una piattaforma basculante tramite la quale si studiava il
controllo posturale di vari soggetti. Veniva provocata un’inclinazione del corpo in avanti (si muoveva la
piattaforma indietro) ed indietro (si muoveva la piattaforma
in avanti) e si annotavano le variazioni posturali conseguenti che avvenivano. Le risposte evocate erano
rapide e stereotipate e si verificavano nei muscoli impegnati al mantenimento dell’equilibrio. Nashner
notò anche che la contrazione di tali settori muscolari avveniva in senso distale --> prossimale: i primi
muscoli che entravano in azione erano quelli vicini al piano d’appoggio.
Per esempio, in caso di inclinazione posteriore entravano in azione i muscoli responsabili della flessione
della caviglia (come il Tibiale anteriore); solo successivamente entravano in azione i muscoli della coscia
e, poi, quelli del tronco.
3
Philip Tobias, “Il bipede barcollante - Corpo, cervello, evoluzione umana”, ed Einaudi, 1992
14
Nashner verificò, inoltre, l’azione di tre afferenze sensoriali:
-
quelle derivanti dai propriocettori muscolari (relative alla lunghezza o tensione muscolare);
quelle derivanti dai recettori vestibolari (danno informazioni sull’inclinazione del capo);
quelle derivanti dalle afferenze visive (campo visivo).
Gli studi condussero alla conclusione che le informazioni percettive e visive, da sole, non permettevano
al Sistema Nervoso Centrale di riconoscere se fosse il capo a muoversi o l’ambiente circostante.
Quindi, perché tutto funzioni alla perfezione, informazioni vestibolari, informazioni visive e
propriocettive ed elaborazione del Sistema Nervoso devono intimamente interagire.
Abbiamo precedentemente detto che le risposte posturali sono stereotipate.
Ma il tipo di contrazione muscolare data da un particolare stimolo dipende sia dall’aspettative che
dall’esperienza del soggetto. Questo fatto fu evidente a Nashner tramite esperimenti effettuati con una
piattaforma che scivolava indietro e che poteva ruotare verso l’alto.
Tralascio la descrizione dell’esperimento per ovvi motivi di spazio (reperibile comunque dall’articolo
pubblicato e citato in bibliografia) per dire le conclusioni più importanti:
1. tutti i soggetti imparavano con estrema rapidità a stabilizzare la postura contraendo i
muscoli deputati a tale azione (nonostante la destabilizzazione della piattaforma);
2. la risposta stabilizzante veniva progressivamente facilitata man mano che si ripeteva la
prova; la risposta destabilizzante si adattava fin quasi a scomparire.
Da tutto quanto possiamo scrivere un principio importantissimo: “la risposta posturale ad uno stimolo
destabilizzante è modificata dall’esperienza e viene selezionata la risposta che meglio mantiene
l’equilibrio”.
Se pensiamo alle situazioni patologiche scheletriche che spesso ci troviamo ad affrontare,
comprendiamo come, in realtà, ognuno trovi una propria “forma di equilibrio”: anche la “deviazione”
più grave tende (nei limiti fisiologici) a ricercarlo.
Quindi, in un certo ambiente uno stimolo può evocare una risposta feed-back a breve latenza, mentre,
in un altro ambiente, il medesimo stimolo può evocare l’interessamento di distretti muscolari diversi.
Tutte le risposte, comunque, sono “abili” nello sviluppare un’intensità sufficiente a equilibrare il corpo
e, in entrambi i casi, entra in azione il meccanismo feed-forward che preprogramma la risposta
(prevede, in un certo qual senso, il disturbo) ed il meccanismo feed-back che consente i corretti
aggiustamenti.
Nashner definì atteggiamento posturale lo stato “di preparazione” che si ha prima dello stimolo e nel
quale si seleziona una risposta posturale da eseguire automaticamente quando lo stimolo stesso viene
applicato.
3.4 STABILITÀ POSTURALE DURANTE IL MOVIMENTO VOLONTARIO
Se solleviamo o tiriamo un oggetto, abbiamo una destabilizzazione della superficie di appoggio visto
che la forza sviluppata tende a spostare il corpo verso l’oggetto. Esperimenti condotti da P. Cordo e
Nashner nel 1982 (Properities of postural and adjustment associated with rapid arm movements) verificarono che,
quando ad un soggetto veniva richiesto di lanciare un oggetto o fare una trazione con un braccio, si
contraeva il Gastrocnemio ed il Bicipite Femorale prima del Bicipite Brachiale: i muscoli posturali si
contraggono prima di eseguire l’atto motorio.
Pianificare un movimento, allora, significa dare una sorta di coordinazione riferita sia ai muscoli che lo
devono eseguire che a quelli deputati al controllo posturale. In questo quadro anche i riflessi spinali
sono “regolati” a seconda delle necessità. L’esperimento di Cordo e Nashner continuò con altre
modalità sino a stabilire che influenze “discendenti”, date da “atteggiamenti posturali”, agiscono sui
15
neuroni spinali modulando i circuiti riflessi. Dalle considerazioni fatte sinora, possiamo trarre fuori due
principi fondamentali quando trattiamo di
“Postura”.
1. gli aggiustamenti posturali entrano in azione prima che si verifichino i disturbi che provocherebbero
la perdita dell’equilibrio;
2. se si verificano disturbi nell’equilibrio, meccanismi di feed-back danno luogo a risposte rapide che
generano correzioni.
Se pensiamo alla deambulazione o, meglio, al salire o scendere le scale, notiamo come, rispettivamente,
gli estensori od i flessori della caviglia entrino in azione prima del contatto con il suolo: convalida del
punto 1); per il punto 2) possiamo dire che, se non si riesce a prevedere la natura del disturbo posturale
né l’istante in cui esso avverrà, i centri superiori provvederanno a aumentare o ridurre le risposte
automatiche. Nell’ambito delle risposte di carattere posturale, acquisiscono importanza le vie
transcorticali a breve latenza che non fanno altro che mediare le risposte rapide ai segnali propriocettivi.
I segnali che inducono tali risposte salgono sino al talamo, vengono poi trasmessi di nuovo alla
Corteccia Motoria primaria grazie a particolari neuroni che si proiettano in quest’area cerebrale e che
presentano derivazioni dalla corteccia somato-sensitiva.
3.5 BREVE NOTA SUI SISTEMI TRONCOENCEFALICI E SPINALI IN RIFERIMENTO
ALLA POSTURA
Dalla fisiologia del Sistema Nervoso è noto che i nuclei reticolari del Ponte facilitano i motoneuroni,
mentre quelli del Bulbo possiedono, nei confronti dei medesimi motoneuroni, azioni sia inibitorie che
facilitatorie.
Il Tronco dell’Encefalo possiede sia i nuclei sensitivi che motori dei nervi cranici e, nella sua parte
centrale, vi sono nuclei che non sono ben distinti che vanno a costituire la famosa Formazione
Reticolare.
La stimolazione elettrica sperimentale dei nuclei del Ponte facilita i riflessi spinali, mentre applicata al
Bulbo esercitava un’azione inibitoria. I nuclei in questione si proiettano, attraverso i tratti
reticolospinali, a tutti i livelli del midollo spinale. La formazione reticolare pontina si proietta
lateralmente al midollo spinale tramite il tratto reticolospinale mediale che decorre nelle colonne
ventrali.
La maggioranza di tali assoni finiscono in contatto con i motoneuroni deputati all’innervazione dei
muscoli assiali e di quelli estensori degli arti, facilitando la trasmissione degli impulsi discendenti.
La formazione reticolare bulbare da origine al tratto reticolospinale laterale che decorre bilaterale al
midollo spinale, ventralmente alle colonne laterali spinali. Tali assoni inibiscono (in maniera
monosinaptica) i motoneuroni che innervano il collo e la schiena. Tale tratto, poi, si porta anche in
contatto con connessioni polisinaptiche inibitorie con motoneuroni dei muscoli estensori e connessioni
eccitatorie con i motoneuroni dei muscoli flessori (vedi figura sotto).
Le fibre di entrambi i reticoli modulano le azioni riflesse nel corso di un movimento e hanno diversi
effetti a seconda della fase del movimento stesso.
Quindi, il sistema reticolospinale coordina la postura ed il movimento integrando i segnali vestibolari e
quelli che arrivano da altre afferenze sensoriali tramite i comandi che discendono dalla Corteccia
Cerebrale; anche se è il tratto corticospinale a provocare la contrazione dell’arto, gli aggiustamenti
posturali vengono regolati indirettamente tramite il sistema cortico-reticolo-spinale.
16
Figura 1- Vie Reticolo-Spinali e Cortico-Reticolari.
17
3.6 CONCLUSIONI
In queste brevi note, per motivi di spazio, non abbiamo parlato dei riflessi vestibolari (peraltro
importantissimi) e di quelli cervicali, dando solo indicazioni generiche sulla loro presenza. Di questo mi
scuso con il lettore più attento e “puntiglioso”.
Resta, comunque, valido l’obiettivo posto nell’introduzione: il cercar di ricordare i meccanismi di base
dell’evento posturale nell’essere umano. La nostra tanto amata bipedia, in realtà, non sembra esser stata
una delle migliori soluzioni evolutive.
I meccanismi connessi all’equilibrio in stazione eretta ci dimostrano quanto complicata
sia un’attenta analisi e quanto si deve tenere in considerazione perché si possa parlare di “Postura” nel
trattare, anche a livello operativo, l’organismo umano.
Penso che un’analisi profonda, interdisciplinare ed attenta degli eventi legati all’oggetto della discussione
possa illuminare gli studiosi delle Scienze Motorie nel capire come certe risposte stereotipate a
determinati stimoli siano strettamente connesse a precisi processi patologici.
Se l’intento del Chinesiologo è, oltre a quello della riabilitazione, anche quello dell’educazione motoria e
della comprensione di quello che oggi viene definito “Attività Motorie Preventive e Adattative”,
possiamo perfettamente comprendere quanto sia importante la valutazione attenta del sistema posturale
senza necessariamente legarsi a metodologie od ipotesi che poco hanno a che vedere con la fisiologia
proprio dell’uomo, ma anzi rigettando ciò che, ad oggi, appare poco chiaro o del tutto non comprovato.
Bibliografia utile:
1. CORDO P.J., NASHNER L.M., Properities of postural and adjustment associated with rapid arm movements, J.
Neurophysiol., n° 47, pp. 287-302, 1982.
2. NASHNER L.M., Adapting reflexes controlling the human posture, Exp. Brain res., n. 26, pp. 59-72, 1976.
3. FELDMAN M.H., The decerebrate state in primate. 1. Studies on monkeys, Arch. Neurol., n. 25, pp.501516, 1971.
4. NASHNER L.M., Adaptation of Human movement to altered enviroments, Trends, Neurosci., n. 5, pp. 358361, 1982.
5. BERNARD BRICOT, La Riprogrammazione Posturale Globale, ed Statipro, 1998.
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