I nuovi asset del risparmio - Consulenza finanziaria Antonella Lambri
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I nuovi asset del risparmio - Consulenza finanziaria Antonella Lambri
In copertina Antonella Lambri I nuovi asset del risparmio antonella lambri Dai materassi ai fondi finanziari, il rapporto degli italiani con il risparmio si è trasformato profondamente. Specie in un’economia in crisi. Scenario in cui emergono le figure dei private banker, chiamati a tutelare “le tasche” dei cittadini. L’analisi di Antonella Lambri di Andrea Moscariello La dottoressa Antonella Lambri esercita a Fidenza (PR) 2 nea | dicembre 2012 3 In copertina Antonella Lambri sservare la crisi economica senza coglierne una lezione di carattere culturale, equivale a offrire una lettura miope dell’economia contemporanea. Ciò che accade sui mercati internazionali, i default, le ristrutturazioni societarie, gli interventi delle banche federali, sono tutti sintomi di un sistema che cambia in maniera viscerale, profonda. Un mutamento che tocca inevitabilmente anche la gestione dei liquidi di ogni singolo cittadino. Il risparmio, concettualmente, cambia forma. Si raccoglie, si gestisce e si reinveste necessariamente in maniera differente rispetto al secolo scorso. Ed ecco che dal settore terziario ci appaiono più nitide figure professionali come quelle dei private banker e dei promoter finanziari, un tempo sconosciute ai più, oggi e presenti nella vita di milioni di italiani, al pari dell’avvocato o del commercialista. A testimoniarlo è anche Antonella Lambri, tra i più affermati esponenti della categoria sullo scenario emiliano romagnolo. «La recente crisi dei mercati finanziari ha contribuito a chiarire il ruolo dei vari operatori del settore - spiega Antonella Lambri -. Le vecchie banche italiane tendono a rientrare nel loro campo d’azione preferito, che è quello della raccolta dei depositi e dell’erogazione dei prestiti. Le reti di promotori, invece, raccolgono per valorizzare il portafoglio del cliente con il quale creano una relazione personale». Secondo la consulente, «presto si potrà dire che da un “terremoto” si è ottenuto un chiarimento di rilevanza storica per il nostro mercato finanziario». L’epoca dei “soldi sotto il materasso” è finita? «Quasi. Una volta finita l’epoca del cosiddetto “flith to quality”, dei rendimenti inferiori all’inflazione, il risparmio gestito finirà in gran parte nel recinto esclusivo dei consulenti finanziari e previdenziali, una professione destinata a essere esercitata da monopolisti e non più da persone “ in condominio” con i dipendenti bancari e gli assicuratori». I numeri della raccolta, infatti, testimoniano una crescita della sua categoria. «Siamo divenuti gli angeli custodi della ricchezza di buona parte degli italiani, quei patrimoni fatti di sudati risparmi e frutto del lavoro di varie generazioni. Per questo è fondamentale essere consapevoli del ruolo sociale che la mia categoria ricopre. Ciò mi spinge a passare dal ruolo di puro collocatore di prodotti finanziari verso quello di consulente evoluto, che ha a cuore l’intero ciclo di vita del risparmiatore per rispondere in modo integrato alle sue esigenze». Si dice sempre che quello italiano è un popolo di risparmiatori. È ancora così? « Si, l’Italia è un popolo di risparmiatori, e rimane uno dei paesi più ricchi al mondo, rima è innegabile che nel decennio appena trascorso la capacità di sparmio è scesa dal 16 per cento del reddito disponibile all’inizio del 2008, al 12 per cento del 2011, un dato ben lontano dal 25 per cento dei primi anni’90 (fonte Bankitalia)». Risparmiatori, ma molto meno attenti alla tematica finanziaria rispetto ai nostri cugini anglosassoni, è corretto? «Purtroppo è vero. Il 46 per cento degli italiani dichiara di non aver alcun tipo di educazione finanziaria. Ma al tempo stesso la quasi totalità dichiara che l’insegnamento dovrebbe partire dalla scuola dell’obbligo. Il consulente finanziario può fare tanto in tal senso. Trasmettendo più conoscenza, porterebbe gli investitori a commettere meno errori nella gestione del risparmio, oltre che a dominare meglio le emozioni». Emozioni? «È innegabile che il denaro ci emoziona, di fronte al denaro ci comportiamo come giovani fidanzati al primo appuntamento: vogliamo apparire come non siamo, ci eccitiamo dinanzi ai guadagni eccezionali, perdiamo lucidità quando si verificano perdite». Quali sono gli errori che riscontra più frequentemente? «È nella natura umana desiderare risultati rapidi. Ma investimenti e pazienza non hanno mai costituito un binomio solido. Molti investitori abbandonano spesso i buoni propositi iniziali e nel saliscendi delle quotazioni finiscono per acquistare a valutazioni eccessive. In sostanza, si preferisce consumare oggi piuttosto che ottenere un guadagno futuro. Questo spiega perché è cosi difficile convincere la gente a investire in piani pensionistici, i cui frutti potranno esser raccolti solo in un futuro abbastanza lontano. Un uomo di 65 anni sa perfettamente quanto siano importanti i risparmi accumulati. Tuttavia, senza una macchina del tempo, farlo capire allo stesso uomo quando ha appena 20 anni è abbastanza complicato, perché inevitabilmente tende ad attribuire valore minore alle rendite più distanti nel tempo. Questa inerzia, però, fa perdere anni preziosi di crescita composita degli investimenti. La soluzione per attenuare questo difetto nella percezione è quella di prendere in considerazione tutti i bisogni dell’investitore». Molti italiani si rifugiano nei Piani di Accumulo. È uno strumento valido? «Il Piano di Accumulo (PAC) può risultare particolarmente adatto perché incentiva i titolari a restare investiti per periodi più lunghi. Altresì i fondi con distribuzione (mensile, semestrale o annuale) dei proventi, possono fornire sia prospettive di crescita, sia un beneficio tangibile per gli investitori. Per contro, gli investimenti acquistati in un’unica soluzione e senza distribuzione dei proventi, potrebbero rappresentare una sfida “comportamentale” in un contesto in cui la fiducia può esser repentinamente messa a dura prova. Nel 1940 negli Stati Uniti la durata media di un investimento o su un singolo titolo era di circa 7anni, dopo la bolla della New Economy del 2000 è sceso a 1 4 nea | dicembre 2012 O nea | dicembre 2012 k IL PIAno dI AccumuLo (PAc) Può RIsuLtARe PARtIcoLARmente AdAtto PeRché IncentIvA I tItoLARI A RestARe InvestItI PeR PeRIodI PIù LunghI 5 k anno, arrivando a 7 mesi nel 2007». Dunque gli investitori stanno perdendo l’autocontrollo? «Buona selezione dei titoli e tempo: una formula semplice che ha ispirato molti dei migliori investitori di sempre». Ad agevolare l’avvicinamento delle nuove generazioni agli strumenti finanziari sono anche le tecnologie. Oggi quali sono le più utili? «Il risparmiatore è diventato molto più sensibile ai nuovi strumenti di comunicazione e di presentazione. Presentarsi con il computer o con il tablet per illustrare la soluzione migliore nell’investimento o per condividere l’andamento del portafoglio, non solo rende il lavoro del promotore più efficiente, ma anche più gradevole e comprensibile agli occhi del cliente. Un advisor di successo parla con il cliente, non al cliente. In un mondo sempre più digitale e digitalizzato, occorre un private banker al passo coi tempi. Se è vero che i pionieri della professione uscivano di casa con la valigetta e uno o due soluzioni d’investimento, oggi questa borsa non riuscirebbe più a contenere l’ampia e diversificata offerta di prodotti e soluzioni d’investimento». Lei si è definita, ironicamente, una “donna in corriera”. Non teme di ricadere nella “trappola” delle logiche di genere? «È inutile far finta che il conflitto di genere non esista, molte donne nella carriera fanno un passo avanti e due indietro, vivono in perenne senso di colpa quando sottraggono tempo agli affetti o alla famiglia oppure in perenne insoddisfazione per la mancata realizzazione professionale. Negli ultimi anni abbiamo assistito non solo a un massiccio inserimento delle donne nella realtà socio-lavorativa, ma abbiamo anche visto come sia cresciuto il fenomeno della donna in carriera. È difatti sempre più numeroso il numero di quelle donne che non si limitano a un’attività lavorativa, bensì ambiscono a ricoprire alte cariche, le stesse che un tempo erano privilegio pressoché esclusivo degli uomini. Le donne studiano, s’impegnano nell’attività di ricerca, sono sempre più lanciate verso attività imprenditoriali, il loro lavoro non è più soltanto un completamento al regime familiare, ma esprime il bisogno di affermarsi a pieno diritto in quel mondo che va oltre le mura domestiche». 6 nea | dicembre 2012 Le vecchIe bAnche ItALIAne tendono A concentRARsI suLLA RAccoLtA deI dePosItI e suLL’eRogAzIone deI PRestItI