documento di valutazione archeologica preventiva

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DOCUMENTO DI VALUTAZIONE ARCHEOLOGICA PREVENTIVA
ARCHEOLOGO
Dott.ssa Emanuela Atzeni
N. iscrizione 158 all'Elenco MIBAC Operatori abilitati Archeologia Preventiva
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INTRODUZIONE
La presente relazione, redatta su incarico conferitomi dal Comune di Pula nel mese di marzo 2012,
la cui procedura è stata svolta secondo la normativa vigente in materia di archeologia preventiva, ai sensi
del art. 95 del Dlgs 163/2006 - Legge 109/2005, riguarda la valutazione di archeologia preventiva
pertinente al “Progetto definitivo del 1° Lotto funzionale dei Lavori di “Valorizzazione produttiva e
ambientale della laguna di Nora – Pula (Ca) I Lotto funzionale – Opere di mitigazione del rischio, idraulico”.
Gli interventi previsti nel presente progetto sono i seguenti:
1.
Realizzazione del canale scolmatore, con sezione ridotta rispetto a quella del progetto
2.
Ampliamento della sezione bocca a mare della laguna, già delimitata dai moli realizzati con
generale;
precedente intervento della Provincia di Cagliari – Assessorato Tutela Ambiente;
3.
Escavo subacqueo dei fondali;
4.
Realizzazione di un sistema di griglie e paratoie in corrispondenza dell’ampliamento della
bocca a mare (opere di regolazione idraulica);
5.
Interventi di ingegneria naturalistica e di reinserimento paesaggistico, mediante reimpiego
dei materiali provenienti dall’escavo.
Il seguente elaborato rappresenta la prima fase della procedura di verifica preventiva dell’interesse
archeologico che potrà essere completata, integrata e redatta in forma definita solo dopo la fase di indagini
conoscitive da realizzarsi preliminarmente o contestualmente alla fase di progettazione definitiva (art.96
com.1 del Dlgs 163/2006 – Legge 109/2005).
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METODOLOGIA
Il lavoro di valutazione illustrato di seguito è stato eseguito cercando di raccogliere il maggior
numero di informazioni scientifiche, di carattere storico-archeologico, per il territorio in oggetto. Per ottenere
un quadro di riferimento che garantisca la possibilità di formulare ipotesi interpretative sotto il profilo
storico-archeologico della zona interessata dal progetto e per poter formulare idonee proposte di intervento
e verifica sia in fase preliminare che esecutiva, si è operato secondo le seguenti fasi di ricerca::

Ricerca di carattere storico-archeologico, comprendente nello specifico la consultazione
dei documenti e dei testi bibliografici nonché delle carte e mappe avvenuta presso i seguenti Enti: la
Biblioteca e gli Archivi storico, corrente e di deposito della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle
province di Cagliari e Oristano (SBACAOR) inerenti l’area in esame, e la successiva analisi e valutazione
dei dati storico-archeologici raccolti, al fine di ottenere un inquadramento della tipologia e dei contesti
archeologici eventualmente presenti nell’area di intervento e in quelle limitrofe;

Lettura geomorfologica del territorio realizzata sia con l'indagine visiva sui luoghi sia
attraverso il ricorso alle carte tematiche (geologiche, geopedologiche, uso del suolo) e territoriali esistenti
(Mappe Catastali, CTR, IGM), integrata dalla verifica e interpretazione della documentazione fotografica
aerea;

Ricognizione archeologica di superficie (field survey), perseguita attraversando a piedi
l’unità topografica per linee parallele, posizionandosi a intervalli regolari, alla ricerca di manufatti e altre
tracce del sito archeologico, tali da garantire la copertura visiva totale dell'area interessata dall’indagine, in
modo tale da assicurare il posizionamento puntuale e la georeferenziazione degli elementi ritrovati tramite
l’ausilio di un GPS palmare; verifica ispettiva diretta condotta nei terreni su cui insisterà il progetto e su
quelli immediatamente adiacenti. La ricognizione è stata fatta al fine di fine di ottenere, attraverso uno
sguardo diacronico, l’eventuale individuazione, riconoscimento e posizionamento topografico di tracce
archeologiche sepolte, costituenti interferenze causa di possibili criticità di progetto, delimitando eventuali
aree a rischio archeologico, e di conseguenza determinare l’individuazione generica e presumibile della
criticità archeologica sulla base dei parametri insediamentali noti per questo territorio, non definibile nella
sua reale estensione nel terreno e, conseguentemente, cartografica e parzialmente analitica;

Determinazione del grado di Potenziale Archeologico indica la probabilità che in un’area vi
sia conservata una stratificazione archeologica, di minore o maggiore rilevanza, calcolato attraverso
l’analisi e lo studio di una serie di dati storici archeologici con un grado di approssimazione che può variare
secondo la quantità e della qualità dei dati a disposizione ed è di per sé, un fattore indipendente da
qualsiasi tipo di successivo intervento si vada a realizzare. Diversamente, la valutazione di Impatto/Rischio
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Archeologico è necessariamente legata a una fase di progettazione preliminare che precisa l’ingerenza di
un intervento di carattere più o meno invasivo nei confronti di ciò che potrebbe essersi conservato, in
questo caso, nel sottosuolo.
La successiva elaborazione dei dati ha permesso di valutare la potenzialità archeologica che l'area
esprime in base "allo stato di fatto" delle attuali conoscenze archeologiche del territorio e dei possibili
impatti del progetto sul patrimonio archeologico, secondo la presenza di un sito archeologico noto e la
vocazione insediativa antica nelle sue linee più generali.
Il Potenziale Archeologico è stato definito secondo i seguenti fattori generali:

Presenza di strutture di antica fondazione;

Adiacenza con aree di interesse storico-archeologico che hanno già restituito resti
materiali;

Valutazione, attraverso i dati noti, di possibile presenza di contesti di particolare interesse
storico - archeologico;

Valutazione, attraverso i dati noti, di possibili tracce di elementi geomorfologici e/o
idrogeologici ritenuti essenziali alla comprensione delle dinamiche insediative nell’area;

Valutazione, attraverso i dati noti, della tipologia dei ritrovamenti, con particolare attenzione
alle loro caratteristiche di mobilità e amovibilità;

Coincidenza con aree per cui non si possiedono dati pregressi;

Coincidenza con aree già interessate da grossi interventi edilizi che possano aver
comportato fasi di sbancamento;

Coincidenza con aree a oggi non edificate che possano aver conservato integro un
deposito archeologico pluristratificato;

Coincidenza con edifici sottoposti a vincolo monumentale.
I diversi gradi in cui è articolato il Potenziale archeologico sono stati valutati, alla luce delle
informazioni presenti, in base alla classificazione alto, medio, basso.

Individuazione del grado di Impatto / Rischio archeologico dell’area.
Raffrontando il potenziale archeologico delle singole sezioni di terreno interessate dal progetto e
rapportandolo con le specifiche fornite dai progettisti, è stato possibile definire tutte le valutazioni sopra
elencate. Si ricorda, infatti, che il Rischio Archeologico, di tipo probabilistico e presuntivo, è un fattore
direttamente proporzionale alla tipologia dell’opera che si va a realizzare, dovendo definire ex ante quale
cambiamento potrà essere indotto nella componente ambientale archeologica da un determinato intervento
umano. Variabili particolarmente significative al riguardo sono la densità, l’ampiezza e la profondità degli
interventi di scavo e sbancamento necessari al compimento dell’opera. Concorrono quindi nella definizione
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dei diversi gradi di Rischio Archeologico anche la tipologia di fondazioni progettate e la metodologia tecnica
della realizzazione dell’opera. Il Rischio Archeologico (grado di impatto) diviene quindi un fattore relativo
laddove, pur intervenendo su un’area ad alto potenziale, non si interessi il sottosuolo con lavori di
escavazione. Allo stesso modo, un’area a medio o basso potenziale, ad esempio caratterizzata dalla
possibilità di resti archeologici solo a notevoli profondità, assume un alto grado di rischio solo quando
l’intervento prevede di giungere e ancor più superare tali profondità con operazioni di scavo.
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BREVE INQUADRAMENTO DESCRITTIVO DEL CONTESTO
Il territorio interessato dal progetto, ubicato nella piana costiera del Comune di Pula lungo la costa
SO della Sardegna, è inquadrato topograficamente nella cartografia I.G.M (scala 1:25.000) nel Foglio 234
III SW e F. 240 IV NW (rilevate nel 1965) e F. 565 Sez. II – Villa S.Pietro, F. 573 Sez. I – Domus de Maria e
F. 566 sez. III – Pula, e in quella C.T.R (scala 1:10.000) nel foglio 573 - 040.
L’area oggetto di intervento, secondo quanto indicato all’Art. 14 delle Norme di Attuazione (N.d.A.)
del P.P.R., ricadente nel Secondo Ambito di Paesaggio costiero denominato “Nora”, estesa su una
superficie di circa 55 ettari comprendente il ramificato sistema di canali e isolotti che caratterizzano la foce
del suo torrente Rio Arrieras, è di proprietà demaniale e, dal 1988, è in concessione alla Cooperativa Ittica
Nora. La superficie del corpo idrico, artificialmente accresciuta da interventi eseguiti in diverse riprese, è
uguale, allo stato attuale, a 37,6 ha. La profondità della laguna è piuttosto ridotta attestandosi attorno a
valori di - 0,30 ÷ - 0,60 m, con affioramenti nella parte occidentale dovuti agli accumuli di materiale
incoerente. In una area di limitata estensione, sita nella parte centro-orientale dello stagno, si raggiungono
profondità di circa - 3,50 m.
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ANALISI DELL'AMBIENTE ANTROPICO ANTICO: INQUADRAMENTO GEOLOGICO E
GEOMORFOLOGICO
La laguna di S.Efisio, la cui denominazione esatta è Stangioni S. Efisio, , ubicata ad occidente del
promontorio di Nora, è uno stagno artificiale, reso tale nel 1957 a seguito di un processo di colmata e di
interramento dovuto in parte alle deiezioni dei fiumi che in essa sfociano e in parte alla realizzazione del
molo che collega l’estremità di tale laguna – penisola di Fradis Minoris – alla terraferma. Prima di questa
data l'area lagunare era molto più piccola: lo spazio occupato oggi dalla laguna era invaso dal mare e
formava un ampio golfo naturale riparato dai venti settentrionali e occidentali.
Da un punto di vista morfologico si tratta di un ambiente a rapida evoluzione e, in quanto tale, utile
nella ricostruzione delle modificazioni recenti; per quanto concerne gli aspetti antropici già a partire dal
periodo fenicio - punico la laguna è stata sede di insediamenti umani e di attività socio-economiche.
La sua origine è legata all’emersione del cordone litorale Tirreniano (penisola di Fradis Minoris) sul
quale poggia una stretta lingua sabbiosa (la spiaggia di Porto d’Agumu) formatasi nell’Olocene. Depositi
palustri olocenici sono estesi nella parte a N della laguna: si presentano argillosi, di colore grigio scuro nero e sono gli unici depositi interamente argillosi che si trovano nelle immediate vicinanze della città di
Nora.
L’esame delle carte topografiche I.G.M. 1:25.000 del 1897, del 1931, del 1968 e del 1987 conferma
che le modificazioni subite dall’area riguardano soprattutto la zona settentrionale, interessata da una serie
di canalizzazioni artificiali facenti parte integrante della peschiera; fatta eccezione per tali interventi
antropici si può affermare che, nel complesso, la laguna conserva i tratti morfologici che aveva all’inizio del
secolo. All’interno della laguna sfociano due piccoli corsi d’acqua: il canale Saliu, un canale di bonifica che,
però, era naturalmente presente alla fine dell’800, e che ha subito un interramento nel periodo compreso
tra il 1897 e il 1957, e il Rio Arrieras, che attraversa tutta la piana, provenendo dai rilievi paleozoici, prima
di immettersi nella laguna e presenta, nella parte finale del suo corso, un andamento sinuoso, quasi
meandri forme, definibile come forma relitta relativa a prima della chiusura della laguna, che fino al 1954
era un’area di divagazione. Quest’ultimo tratto rappresentava il passaggio da un’area continentale ad
un’area lagunare (con bassi fondali e un’apertura verso il mare di dimensioni abbastanza ridotte). A tal
proposito è stato dedotto che la chiusura della laguna si sarebbe prodotta naturalmente per la saldatura del
cordone litorale, posto a N dello specchio d’acqua, con la penisola di Fradis Minoris, e che l’area, che
attualmente ospita i canali artificiali della peschiera, era un’area di deposizione e divagazione del Rio
Arrieras.
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ANALISI DELL'AMBIENTE ANTROPICO ANTICO: INQUADRAMENTO ARCHEOLOGICO
Il lavoro di valutazione archeologica, illustrato di seguito, è stato eseguito cercando di raccogliere il
maggior numero di informazioni scientifiche, di carattere storico - archeologico, per il territorio in oggetto.
La metodologia del lavoro ha coinvolto più fronti e la documentazione raccolta è il risultato sia delle
attività conoscitive svolte sul territorio, attraverso l’acquisizione dei dati di archivio e bibliografici, e della
lettura geomorfologica avvenuta attraverso lo studio della cartografia e delle foto aeree.
Tralasciando, per ovvie ragioni, di richiamare i risultati riassuntivi degli scavi e delle ricerche
condotte a partire dalla fine del 1800 nell’adiacente sito archeologico della città di Nora e nel suo territorio,
ai fini del presente lavoro è sembrato opportuno esclusivamente concentrare l’indagine sulle fasi più
antiche del territorio che hanno visto la formazione dell’ambiente lagunare e la sua trasformazione in
paesaggio antropico, analizzando in maniera puntuale ed esaustiva le evidenze archeologiche note per
l’area oggetto degli interventi in progetto: la problematica dell’ubicazione dell’antico porto, uno degli aspetti
di maggior interesse archeologico e topografico riguardanti la città di Nora, oggetto di ipotesi fra gli studiosi,
a cominciare da Patroni, che nel 1904, individuò nelle tracce di costruzioni sommerse nella rada di NO,
ossia filari di doppi blocchi squadrati emergenti, precedentemente rilevate nella rada NE - S - NO dal
Nissardi quali dighe di Età romana, i resti di una banchina.
Nell’ambito della ricerca multidisciplinare, un primo studio condotto da Schmiedt nel 1965, mirato
all’individuazione e ricostruzione degli antichi porti d’Italia grazie all’analisi di foto aeree, ha individuato
l’unica vera struttura sommersa presente a Nora, posizionando il porto nella cala NO, evidentemente
provvista di opere foranee, ma inadatta ad ospitare imbarcazioni alla fonda ed incapace di assicurare un
servizio di alaggio e di attracco in banchina. Il molo, lungo all’incirca 250 metri (in realtà tale struttura è ben
individuabile sulle foto aeree, mentre sott’acqua presenta notevoli difficoltà ad essere reperita), con
direzione NO - SE, portato a sostegno di tale ipotesi, è costituito da grossi blocchi di materiale
conglomeratico, che la vegetazione marina impedisce di riconoscere con esattezza, ma che potrebbe
essere la facies più grossolana del conglomerato tirreniano. In molti punti i blocchi sono crollati e disposti in
ammassi caotici con dimensioni di 1,20 metri x 0,60 metri. La profondità a cui si trova questa struttura è
compresa tra – 0,50 e –1 metri. L’interpretazione funzionale che è stata data a questa struttura è che si
tratti di un molo dell’antico porto punico prima, romano poi: in nessuno dei blocchi rinvenuti sono state,
però, trovate bitte per l’ormeggio di nessuna genere. Non presenta né fratture né segni di basculamento.
Il secondo studio è di Macnamara - Wilkes del 1967, i quali, ignorando completamente le strutture
sommerse relative al “molo Schmiedt” e interpretandone altre erroneamente, realizzano una carta
batimetrica della penisola, ma non apportano alcuna ipotesi sulla localizzazione del porto, anzi non
considerano neanche quella già esistente. Una grave lacuna nello studio della équipe britannica è
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l’assenza di una qualsiasi analisi di carattere morfologico delle aree circostanti la penisola di Nora: nella
prospezione archeologica subacquea non si sono mai tenuti in considerazione gli apporti fluviali.
La studiosa Chiera, nel 1978, ipotizza il posizionamento del porto nella cala SE.
L’unico vero esame archeologico e topografico dell’area si ha nel 1979 con Bartoloni, al quale si
deve per la prima volta l’ipotesi della localizzazione del porto nell’attuale peschiera di Nora e la
considerazione che le tre cale disposte attorno alla penisola -la rada NE, quella S e quella NO - dovevano
essere utilizzate unicamente come cale di buon tempo (summer anchorages), in quanto eccessivamente
esposte ai venti di greco, di scirocco e di libeccio, mentre il porto vero e proprio andrebbe localizzato
nell’attuale Peschiera di Nora, posta ad ovest dell’itsmo, che presenta tutte le caratteristiche di un porto naturale.
Lo studio successivo di Finocchi del 1999, conferma la localizzazione del porto fenicio ad O del Promontorio di
Sant’Efisio, nello Stagnoni di Sant’Efisio, dove oggi si trova la laguna artificiale. Intorno ad esso dovevano ruotare una serie di
attività di carattere produttivo ed artigianale di cui sono rimaste tracce nei materiali anforici e negli scarti di fusione (spugne) e di
lavorazione dei metalli rinvenuti in diversi punti e la cui datazione fa risalire la frequentazione alla fine dell’VIII sec. a. C.. Come
avvenissero le operazioni di carico e scarico delle merci e delle persone non si può ricostruire in base ai semplici dati
archeologici: probabilmente, erano usati alleggi, o piccole imbarcazioni o pontili in legno e, in parte, erano sfruttati i banchi
rocciosi appositamente livellati. L’area, raggiungibile dal centro urbano, percorrendo il tracciato che si diramava
dal quartiere NO della città, si giovava, infatti, della presenza della penisola di Fradis Minoris, che
difendeva certamente l’approdo dagli effetti del moto ondoso. Il porto era, inoltre, riparato sia dai venti
provenienti da N e da O, che dal libeccio e dallo scirocco, frenati dalla punta d’Agumu a SO e dallo stesso
promontorio di Nora ad E. L’insenatura, attualmente soggetta ad interramento dovuto all’apporto del Canale
Saliu e del Rio S’Orecanu, nonché alla costruzione di un argine artificiale che collega l’estremità orientale
della penisola di Fradis Minoris con la terraferma, doveva, invece, avere in Età romana una profondità tale
da consentire gli ormeggi. Ad oggi, non sono stati documentati esaurientemente resti sommersi di
infrastrutture funzionali alle attività portuali, come banchine o moli, verosimilmente in quanto in buona parte
costruiti in materiali deperibili, ad eccezione della struttura rettilinea allungata, che si sviluppa con un
andamento SE/NO a partire dal versante occidentale di Sa punta ’e Su Coloru, interpretata da G. Schmiedt
come un lungo molo, a cui se ne sarebbe allineato un secondo più a N, lasciando comunque aperto
l’accesso alla darsena, peraltro protetta da un’altra struttura, ortogonale alle prime due. In realtà è molto
più probabile che si tratti di un’unica grande opera foranea, probabilmente una barriera frangiflutti, in
quanto la tecnica costruttiva impiegata non sembra funzionale a garantire ormeggi, ma soprattutto perché
le imbarcazioni ad essa ancorate sarebbero state costantemente esposte ai venti occidentali. La funzione
del c.d. molo Schmiedt, dunque, era probabilmente quella di una barriera frangiflutti, a protezione della cala
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NO dall’azione erosiva causata dal moto ondoso e, nel contempo, mediante la presenza dell’interruzione
lungo la struttura, non solo veniva assicurato l’ingresso al porto, ma si favoriva anche il fluire delle correnti
costiere,evitando l’insabbiamento dell’area.
Se, dunque, per quanto concerne l’età punica, la presenza del c.d. molo Schmiedt non può che
essere ipotetica, la sua costruzione o manutenzione risulta indispensabile in Età romana, in quanto
numerosi edifici, come le c.d. Terme a mare o la c.d. Casa dell’atrio tetrastilo, vennero costruiti nello spazio
prospiciente la cala NO, che doveva essere, dunque, debitamente protetto.
Quindi, topograficamente la laguna di Nora presenta tutte le caratteristiche di un porto naturale:
riparata dai venti settentrionali e occidentali, sicura in caso di libeccio per la protezione offerta da Punta
d’Agumu e in caso di scirocco per la copertura data dalla stessa penisola di Nora, nonché protetta dai flutti
grazie alla penisola di Fradis Minoris. Bartoloni sottolineava l’importanza della peschiera e del suo
probabile sfruttamento come zona portuale, che fino ad allora era considerata dalla letteratura archeologica
come una laguna morta e fortemente interrata.
Per quanto concerne gli aspetti archeologici a sostegno dell’ipotesi del porto all’interno della laguna
vi sono le località che sono state individuate nel corso della prospezione topografica nel territorio di Nora
intrapresa nel 1992 come parte integrante di un più ampio progetto, di definizione della fisionomia
urbanistica e abitativa della città antica, portato avanti dalla Missione Archeologica di Nora. Si tratta, infatti,
di rinvenimenti che chiariscono il processo insediativo e l’assetto topografico nelle zone immediatamente
circostanti la città e gravitanti attorno alla laguna stessa. Essi offrono una documentazione materiale che si
estende, ininterrottamente, dalla seconda metà dell’VIII sec. a.C. sino alla tarda età imperiale, con periodo
di massima occorrenza tra il IV e il II sec. a.C., che induce ad ipotizzare la presenza nell’area di un
quartiere industriale correlato alle possibili attività portuali. Del resto anche Pesce porta notizie dei seguenti
ritrovamenti nell’area dell’istmo tra la chiesetta di S. Efisio e la casa della Guardiana: “avanzi di costruzioni,
di un forno per fondere i metalli, di una macina per il grano” dei quali non c’era già più traccia all’epoca in
cui Pesce scriveva, ma ciò non rappresenterebbe un problema in quanto i resti individuati sono
sicuramente venuti alla luce a seguito degli interventi di scasso del terreno occorsi nell’ultimo decennio.
Il primo sito di particolare interesse è situato nel settore nord-orientale della laguna, tra la piccola
strada sterrata che la costeggia, ormai completamente abbandonata, e, solo per brevi tratti ancora leggibile
sul terreno, e la nuova strada che conduce alla città di Nora. La zona è stata oggetto d’interventi di scasso
per la messa in opera della rete elettrica e idraulica. L’area potrebbe inoltre essere stata interessata dalle
terre di riporto dello scavo delle necropoli e del tophet: tutto questo fa sorgere diversi dubbi sulla giacitura
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primaria dei materiali recuperati. Inoltre, gli interventi di dragaggio, volti al recupero dei sopracitati materiali,
utilizzati a fini edilizi, potrebbero aver intaccato la stratigrafia archeologica dell’area, ma le ricerche
d’archivio effettuate dimostrano che interventi massicci di questo tipo interessarono solo il settore orientale,
né rimangono tracce evidenti di terre riportate o di stratificazioni e accumuli tali da far considerare
secondaria la natura del terreno. L’osservazione macroscopica dei depositi superficiali rinvenuti in
quest’area (limi e argille di origine palustre e lacustre) conduce a ritenere che la zona in esame non è mai
stata oggetto di profondi interventi antropici. Possiamo di conseguenza considerare i materiali recuperati in
giacitura primaria, o, se in giacitura secondaria, provenienti da un’area non interessata da attività di scavo dragaggio e circoscritta ad un raggio di poche decine di metri.
Il secondo sito meritorio d’attenzione è situato nel versante settentrionale della laguna. Esso
occupa una lieve altura (2 - 4 m s.l.m.) circondata da un’ampia zona paludosa e separata dalla Peschiera
di Nora da una lingua sabbiosa. L’area di rinvenimento dei reperti copre un’estensione di circa un ettaro,
con concentrazione massime in prossimità della laguna, inoltre la qualità dei frammenti raccolti non sembra
affatto discordante da quella rinvenuta nel sito analizzato in precedenza. Possiamo, verosimilmente,
considerare tali insediamenti come stanziamenti produttivi in funzione in Età fenicia e con periodo di
massimo sviluppo nel corso del IV sec. a.C., come dimostrano i numerosi frammenti diagnostici di anfore.
Un altro dato importante a favore dell’ipotesi del porto all’interno della laguna consiste nel dato
relativo alla cava di Fradis Minoris; poiché quando la cava era attiva la baia era aperta, appare evidente
che il solo modo di trasportare il materiale cavato era via mare; ciò significa che nei pressi della cava, e
dunque, nella laguna, c’era la possibilità di far attraccare delle imbarcazioni. Inoltre la presenza della cava
si situa in maniera perfetta all’interno del quadro di un’area produttiva e commerciale intorno alla laguna.
Integrando i dati archeologici con quelli morfologici e quelli meteo – marini vediamo che tutto
converge verso questa ipotesi. La mancanza di strutture per l’ormeggio potrebbe essere spiegata o con il
fatto che queste erano in legno e dunque si sono degradate, oppure sono state completamente obliterate
dai depositi della laguna e, dunque, invisibili ai nostri occhi.
Inoltre, l’ipotesi della laguna quale area portuale trova sostegno nella lettura delle fotografie aeree
dalle quali si evince come tra il 1954 e il 1995, anni in cui vennero effettuate le riprese fotografiche, questa
insenatura abbia subito un processo di colmata e di interramento dovuto agli accumuli fangosi depositati
dal Canale Saliu e dal Rio Arrieras accelerato dalla costruzione del molo che elimina ogni sbocco a mare
della laguna. Poiché l’interramento di aree palustri generato dai depositi limoso - argillosi è un’attività
naturale e costante in un ambiente lagunare, segue che i detriti trasportati dai corsi d’acqua dall’Età storica
ad oggi potrebbero aver completamente colmato lo specchio d’acqua che in Età antica aveva profondità tali
da garantire ormeggi: di fatto essi erano ancora possibili nel 1897, quando la cartografia I.G.M. identifica il
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toponimo con il nome Cala di Nora. Tale area era utilizzata come porticciolo per piccoli natanti. A conferma
della localizzazione dell’antico porto di Nora nella laguna giungono, inoltre, i risultati di una serie d’indagini
con scandaglio, interne alla peschiera, e delle ricognizioni subacquee nello specchio d’acqua antistante la
penisola di Fradis Minoris. Alle prime si deve l’individuazione di una depressione quadrangolare di circa
100 metri di lato, dove si raggiunge la profondità massima dell’attuale peschiera, di cui non è stato
possibile accertarne con precisione la natura, in quanto impossibile, a causa delle pessime condizioni di
visibilità, eseguire un’indagine subacquea diretta, che se convalidata da più precise indagini, costituirebbe
una valida prova della presenza di un porto, nonché il primo esempio di bacino artificiale in Sardegna.
Recenti prospezioni subacquee hanno permesso di individuare nella parte esterna alla peschiera,
un canale, con andamento S - N - E costeggia il molo Schmiedt, la cui profondità varia fra i 2 e i 3,5 metri e
la larghezza massima è di 3 metri, e raggiunge il limite della laguna immettendosi nella depressione
appena menzionata. Tale canale presenta delle pareti sub - verticali ed è scavato nelle arenarie tirreniane
affioranti sott’acqua. Vi sono, inoltre, le condizioni meteo - marine relative in particolare ai venti: come già
detto quelli principali provengono da S e sono fondamentalmente libeccio e scirocco; la cala di Nora,
all’interno della laguna, si presenta protetta verso entrambi. Allo stato attuale delle ricerche una grave
lacuna è costituita dall’assenza, intorno alla peschiera, di opere portuali; tuttavia il rinvenimento in questa
stessa area di alcuni siti che potrebbero essere ipoteticamente connessi a delle eventuali attività portuali
permette di colmare, almeno in parte, tali mancanze.
Infine, dall’analisi dei cambiamenti del territorio nell’ultimo secolo, si evince che la ricostruzione
morfologica del paesaggio relativo all’ultimo secolo è il frutto dell’integrazione di dati di due tipi:
1. Materiale cartografico storico e attuale (partendo da carte del 1839 fino a carte del 1989);
2. Fotografie aeree relative a periodi diversi (a partire dal 1954).
La carta più antica presa in considerazione risale al 1839. Si tratta dalla carta rilevata da Alberto
Ferrero de La Marmora e da Carlo de Candia. In questa carta si nota che l’unico cambiamento di rilievo è
relativo alla laguna di Nora. La zona umida che ancora caratterizza questo tratto di costa, lo Stangioni
S.Efisio, si presenta molto più estesa verso Nord rispetto alla situazione attuale, con un’apertura verso il
mare coincidente con il molo artificiale, che attualmente chiude la laguna, e con i depositi sabbiosi
attualmente visibili all’interno della laguna, ancora in corso di formazione. In questa carta è evidente che
anche l’area intorno a Canale Cristallu sia paludosa. Ciò ci porta a supporre che l’attuale spiaggia di
Agumu, fosse, ancora nella prima metà dell’800, sede di deposizione da parte di piccoli corsi d’acqua
attualmente estinti. Questo spiegherebbe la presenza lungo tutta la spiaggia, e in modo particolare nel
tratto che la chiude a Est verso la penisola di Fradis Minoris, di materiale ciottoloso sciolto nonché quella di
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una piccola foce fluviale ormai praticamente inattiva. Le altre carte topografiche ottocentesche che si è
ritenuto opportuno prendere in considerazione sono quelle rilevate da Jean Pierre Jurien Lagravière nel
1842 e pubblicate nel 1846. In particolare si è tenuto conto della Carte particulière de la côte meridionale
de la Sardaigne depuis la tour de Pula jusqu’à Cap S.Elie e della Carte particulière de la côte meridionale
de la Sardaigne de Cap Teulada jusqu’à la tour de Pula; Baie de l’île Rousse. I dati fisico-geografici
ricavabili dalle due carte, si discostano pochissimo da quelli riportati sulla carta di La Marmora.
L’unico particolare di interesse per ricerca storica è relativo ai toponimi infatti nel tratto relativo alla
baia di Nora compare il toponimo Port de Pula ossia Porto di Pula proprio nell’area in cui si ipotizza
l’ubicazione dell’antico porto di Nora. La presenza, inoltre del toponimo Aiguade (acquazzone, acquata),
nell’area corrispondente a quella indicata come paludosa e lagunare nelle altre carte, lascia supporre che a
distanza di qualche anno sussistesse l’area lagunare indicata da La Marmora.
La carta storica più recente analizzata, risale al 1897 e anche qui i dati di interesse riguardano la
maggiore estensione della zona paludosa (ancora presente anche a Canale Cristallu) rispetto quella
attuale, la presenza del toponimo Cala di Nora nell’area ipotizzata come quella di ubicazione del porto e la
presenza di una idrografia in parte differente rispetto a quella attuale. Il confronto tra questa carta e le foto
aeree del 1954 ci mostrano che questa situazione si è mantenuta, quasi inalterata, almeno fino a quella
data. Nel 1957, la chiusura della laguna di Nora ha conferito alla zona palustre retrostante l’aspetto attuale,
determinando, inoltre l’accelerazione del processo di colmata relativo alla laguna stessa.
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RELAZIONE CONCLUSIVA
La successiva elaborazione dei dati ha permesso di valutare la potenzialità archeologica di tipo
probabilistico e presuntivo, intesa come un procedimento che verifica anticipatamente quale cambiamento
potrà essere indotto nella componente ambientale archeologica da un determinato intervento umano,
secondo la presenza di un sito archeologico noto e la vocazione insediativa antica nelle sue linee più
generali, che l'area esprime in base "allo stato di fatto" delle attuali conoscenze archeologiche del territorio
e dei possibili impatti del progetto sul patrimonio archeologico.
La metodologia d’indagine sul terreno è stata via calibrata per rispondere ai problemi incontrati sul
campo e agli scopi della ricerca. Tra le questioni che si sono imposte fin da subito all’attenzione, ha assunto
un ruolo centrale il problema della rappresentatività dell’evidenza archeologica rispetto alla consistenza
effettiva dell’occupazione antica del territorio. In altre parole, da subito si è percepito come molto elevato il
rischio che la discrepanza tra la reale entità del popolamento antico e le sue tracce ancora leggibili sul
terreno fosse così forte da restituire un’immagine lacunosa e fortemente distorta – in una parola inaffidabile
- del paesaggio antico. Infatti, le caratteristiche dell’area indagata si discostano fortemente da quanto si è
venuto definendo negli ultimi decenni come il “territorio ideale” per la ricognizione archeologica, ossia i
bassopiani sottoposti a regolare aratura. Tra i fattori che rendono il territorio della laguna di Nora poco
adatto alla ricognizione di superficie, almeno in base alle scelte metodologiche più comunemente adottate
nella landscape archaeology mediterranea, si segnalano: difficoltà di accesso e scarsa visibilità dei terreni,
e il problema della visibilità delle emergenze archeologiche nel paesaggio contemporaneo.
Tali problemi sono dovuti alla concomitanza di due fattori: da un lato, alla preponderanza di
rigogliosa vegetazione a macchia mediterranea e dalla flora tipica delle zone umide salmastre, che risulta
di difficile accesso soprattutto dove è del tutto impenetrabile; anche laddove sia possibile accedervi, la
probabilità di individuare emergenze archeologiche che non siano monumentali è quasi nulla, anche per la
mancanza di attività di movimentazione del suolo; dall’altro, alla pressione antropica, che ha alterato o reso
comunque inaccessibili porzioni non secondarie del territorio perilagunare. In secondo luogo, considerata
l’entità delle aree non ricognibili sia per problemi di accesso che di visibilità, si è deciso di adottare una
sorta di campionatura obbligata, ossia di indagare tutte le aree direttamente accessibili e dotate di visibilità
sufficiente, tralasciando le altre. Tale strategia, se da un lato ha consentito di coprire una percentuale
soddisfacente del comprensorio territoriale in cui non è stata rilevata la presenza di eventuali strutture
emergenti e di reperti mobili e non è stata riscontrata la presenza di alterazioni della naturale morfologia
del terreno tali da porre in evidenza nuove emergenze, non rilevando elementi di novità rispetto ai dati
archeologici finora pubblicati, dall’altro ha introdotto forti disparità tra i diversi ambienti di cui esso si
compone.
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Alla luce dei dati bibliografici edi archivio incrociati con i dati del survey è stata effettuata un’analisi
degli stessi in forma comparata e diacronica con l’obiettivo di ricostruire il Potenziale archeologico
complessivo del settore territoriale interessato dal Progetto, complessivamente definibile di grado Alto,
sulla base della concomitante presenza dei seguenti fattori:
 Coincidenza topografica con aree segnalate di interesse storico-archeologico;
 Adiacenza con un’area di notevole interesse storico - archeologico;
 Adiacenza con aree che hanno restituito depositi pluristratificati con contesti di particolare
interesse;
 Coincidenza con aree non edificate;
 Coincidenza con aree per cui non si possiedono dati pregressi;
 Probabile presenza di contesti di particolare potenzialità informativa
 Probabile alta densità nella concentrazione dei ritrovamenti
 Probabile presenza di depositi pluristratificati
 Probabile rinvenimento di strutture murarie, che potrebbero richiedere interventi di conservazione e
musealizzazione in sito;
 Probabile rinvenimento di tracce e contesti che, se pur facilmente asportabili, richiedono particolare
attenzione nella fasi di documentazione archeologica.
Vista le tipologie di intervento previste in quest’area rapportate al grado di potenziale archeologico,
si indica un Rischio Archeologico di grado alto esclusivamente in relazione all’opera dei sistemazione
dei nuovi moli di ingresso allo stagno che porterà ad escavazioni sino ad una quota massima di -1,50 metri,
poiché esiste la possibilità che i lavori di escavazione per i moli possano incidere su resti archeologici
occultati dalla notevole sedimentazione del fondale, come documentato dalla missione Linder del 1985,
mentre per il resto delle opere indicate in Progetto si indica un Rischio Archeologico di grado basso.
Ai fini di questa valutazione è stato utile il dato oggettivo ricavato da attività di ricognizione
subacquea condotta nel 1999 dal Tecnico Ignazio Sanna - Soprintendenza per i beni archeologici per le
province di Cagliari e Oristano, che ha rilevato, nonostante l’esistenza anche qui di posidonia e flora
marina unitamente alle sedimentazioni non uniformi del fondale, la presenza sul fondale del mare ad O
della penisola di Nora (tra Capo di Pula - Punta d’Agumu e la Penisola di Fradis Minoris), nella baia del
porto romano, di consistenti nuclei di materiale archeologico, ossia 26 siti di giacitura, alcuni dei quali
pertinenti a dei relitti. È altresì corretto specificare che l’eventuale presenza di evidenze archeologiche non
rilevata in termini di valutazione preliminare, può essere riscontrata solo con ricerche accurate, sondaggi e
approfondimenti sulla base di indagini dirette (metodi geofisici, carotaggi, trincee e saggi puntuali) e con
un’assistenza mirata durante le fasi di lavoro da concordare con gli Enti preposti alla tutela, che possono
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procurare un aggiornamento dei dati per verificare se qualche evidenza archeologica sia presente nell’area
interessata dalle opere in Progetto.
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BIBLIOGRAFIA
BARTOLONI P., L'antico porto di Nora, in Antiqua, 13, 1979, pp. 57- 61.
BARTOLONI P., TRONCHETTI C., La necropoli di Nora , in Collezione di studi fenici, 12, Roma
1981.
BONDI' S. F., Nora II. Ricerche puniche 1992, in Quaderni. Soprintendenza Archeologica per le
province di Cagliari e Oristano, 10, 1993, pp. 115 - 128.
BOTTO M., RENDELI M., Nora II. Prospezione a Nora 1992, in Quaderni. Soprintendenza
Archeologica per le province di Cagliari e Oristano, 10, 1993, pp. 151 - 189.
CASSIEN M., Campagne de sauvetage 1980 sur le sites sous-marins de Nora, Paris 1980.
CHIERA G., Testimonianze su Nora, in Collezione di Studi Fenici, Roma 1978, pp. 39 - 40.
FINOCCHI S., La laguna e l'antico porto di Nora: nuovi dati a confronto, in Rivista di Studi Fenici,
XXVII, 2, 1999, pp. 167 - 192.
PATRONI G., Nora. Colonia fenicia in Sardegna, in Monumenti Antichi dei Lincei, 14, 1904, coll.
109 - 268.
SCHMIEDT G., Antichi porti d'Italia. Gli scali fenicio - punici e i porti della Magna Grecia, in
L'Universo, 45, 1965, pp. 225 - 274.
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CARTOGRAFIA
- Carta a stampa in B/N incisione in rame. Alberto Ferrero della Marmora - Carlo de Candia . Carta
dell’isola e Regno di Sardegna (dedicata alla Maestà del Re Carlo Alberto Primo). La data di pubblicazione
è il 1845, ma i lavori trigonometrici e geodetici sono iniziati nel 1824 e proseguiti senza interruzione sino al
1838 per i quali l’autore rimanda alla notizia inserita nel I volume II edizione (1839) del Voyage en
Sardaigne;
- Carta a stampa in B/N incisione in rame. J.P. Jurien-Lagravière Carte particulière de la côte
meridionale de la Sardaigne depuis la tour de Pula jusqu’à Cap St.Elie;
- IGM 1897, scala 1:25.000;
- IGM 1931, scala 1:25.000;
- IGM 1968, scala 1:25.000;
- IGM 1987, scala 1:25.000;
- C.T.R. anno 1968 scala 1:10.000, F. N. 573 - Teulada sez. A4 (S. Margherita); F. n. 573A Teulada sez. A1 (Nora); F. n. 566 - Sarroch sez. D1 ( Pula); F. n. 565 - Pula sez. D4 (Villa S.Pietro);
- Atlante delle spiagge Italiane, foglio 239 - 240 (Teulada - S.Efisio), progetto strategico Clima,
Ambiente e Territorio nel Mezzogiorno, C.N.R. - MURST, 1996
FOTO AEREE
- Foto Aeree in scala 1:33.000 del 1955, F. 239 strisciate n. 59 e n.60, Scala 1:25.000;
- Foto Aeree in scala 1:23.000 anno 1965, F. 239-240 strisciate n. 96 e n.97, F.234 strisciate n.
160 e n. 161;
- Foto Aeree in scala 1:33.000 anno 1987, F. 239 - 240 strisciate n. LXXII, LXXIII, LXXVI, LXXXVII;
F. 234 strisciata n. XL;
- Foto Aeree R.A.S. (Ass. EE. L. Fin. e Urb. Servizio Informativo e Cartografico Regionale in scala
1: 4.000 anno 1987 : Strisciate n. 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9;
- Ortofotocarte R.A.S. 1:10.000.
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1.
CARTA IGM IN SCALA 1:25.000
20
2.
CARTA AEROFOTOGRAMMETRICA
21
3.
TAVOLA PROGETTUALE
22
3
4. CARTA DEL RISCHIO ARCHEOLOGICO DELL’AREA INTERESSATA DAL PROGETTO
(VALORE DA 0 A 3: DOVE 0 È NESSUN RISCHIO, 1 È BASSO RISCHIO, 2 CORRISPONDE A MEDIO RISCHIO E 3 SI RIFERISCE ALL’ALTO RISCHIO)
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5.
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA SULLO STATO ATTUALE DELL’AREA INTERESSATA DALLE OPERE IN PROGETTO
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6.
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA AEREA A BASSA QUOTA SULLO STATO ATTUALE DELL’AREA INTERESSATA DALLE OPERE IN PROGETTO
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SOMMARIO
INTRODUZIONE……………………………………………………………………................................................3
METODOLOGIA……………………………………………………………………………………………………….4
BREVE
INQUADRAMENTO
DESCRITTIVO
DEL
CONTESTO
DEL
CONTESTO…………………………………………………………………………………………………………….7
ANALISI
DELL'AMBIENTE
ANTROPICO
ANTICO:
INQUADRAMENTO
GEOLOGICO
E
GEOMORFOLOGICO…………………………………………………………………………………………………8
ANALISI
DELL'AMBIENTE
ANTROPICO
ANTICO:
INQUADRAMENTO
ARCHEOLOGICO……………………………………………………………………………………………………..9
RELAZIONE CONCLUSIVA…………………………………………………………………………………………15
BIBLIOGRAFIA GENERALE………………………………………………………………………………………..18
CARTOGRAFIA………………………………………………………………………………………………………19
TAVOLE………………………………………………………………………………………………………………20
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