BORIS BEREZOVSKY programma.indd
Transcript
BORIS BEREZOVSKY programma.indd
FRANZ LISZT Mephistowalzer I La composizione che chiude il programma è in realtà il primo tassello di un articolato percorso compositivo. L’idea poetica è tutta condensata nell’incontro tra qualcosa che, da sempre, si distingue per compostezza ed eleganza (il valzer) e quell’emotività demoniaca (mefistofelica, appunto) che gli artisti romantici avevano imparato ad apprezzare nel Faust di Goethe. Liszt in sostanza voleva tradurre in musica qualcosa che molti altri poeti avevano realizzato in letteratura (Victor Hugo in testa), ovvero la simultanea stratificazione tra elementi contrastanti. Il progetto lo intrigava a tal punto da spingerlo a ideare un ciclo di quattro lavori, tutti ispirati allo stesso curioso incrocio tra danza e mefistofelico. Il Mephistowalzer I, in particolare, nacque intorno al 1860 (parallelamente all’omonima pagina orchestrale) con l’obiettivo di dare forma musicale all’immagine di un baccanale, vissuto in osteria da Faust e Mefistofele; e il brano pianistico colpisce proprio per una straordinaria capacità di descrivere una danza deliberatamente priva di ogni eleganza. Testi di Andrea Malvano BORIS BEREZOVSKY Nato a Mosca nel 1969, ha studiato nel Conservatorio della sua città con ElissoVirsaladze e Alexander Satz. Debutta con grande successo nel 1988 alla Wigmore Hall di Londra e, due anni dopo, nel 1990, si conferma al prestigioso Concorso Čajkovskij di Mosca con la vittoria della medaglia d’oro. Da allora la sua carriera internazionale lo ha portato ad esibirsi con numerose grandi orchestre, quali Philharmonia di Londra, New York Philharmonic, Concertgebouw di Amsterdam, Munich Philharmonic, Oslo Philharmonic, Danish National Radio Symphony, Frankfurt Radio Symphony, Birmingham Symphony, Rotterdam Philharmonic, Orchestre National de France, Marinsky Symphony Orchestra e a collaborare con i direttori di fama internazionale Vladimir Ashkenazy, Valery Gergiev, Charles Dutoit, Kurt Masur, Leonard Slatkin, Leif Segerstam, Dimitri Kitaenko, Wolfgang Sawallisch, Alexander Lazarev, Andrew Litton, Mikhail Pletnev. Boris Berezovsky ha effettuato moltissime registrazioni per le etichette Teldec e Mirare, tra queste, i Concerti di Rachmaninov, Čajkovskij, Liszt e Khachaturian e le opere per piano solo di Chopin, Schumann, Rachmaninov, Mussorgsky, Balakirev, Medtner, Ravel, Liszt. La sua incisione della Sonata di Rachmaninov e stata insignita del “Premio della critica tedesca”, mentre quella monografica su Ravel e stata raccomandata da Le Monde de la Musique, Diapason, BBC Music Magazine e The Independent on Sunday. Il Cd dedicato a Liszt con la Sonata in si minore è stato premiato, tra gli altri riconoscimenti, con l’Editor’s Choice di Gramophone.Boris Berezovsky ha inoltre vinto nel 2006 il BBC Music Magazine Awards. Nell’ambito della musica da camera collabora spesso con Brigitte Engerer e Vadim Repin; con Dmitri Makhtin e Alexander Kniazev ha registrato, nel 2004, il Trio di Čajkovskij in DVD, filmato che e stato presentato dalle emittenti Arté in Europa e NHK in Giappone, vincendo successivamente il Diapason d’Or. Con questa formazione ha anche registrato per Warner Classics International il Trio n. 2 di Sostakovitch e il Trio Elégiaque di Rachmaninov, premiato con “Choc de la Musique” in Francia, “Gramophone” in Inghilterra, “Echo Classic” 2005 in Germania. Ospite dei più importanti Festivals, Salisburgo, Radio France Montpellier, Folle Journée de Nantes, Roque d’Anthéron, Verbier, Dvořák di Praga, Menton, dopo il recente successo al Teatro alla Scala, nel Marzo 2011 Boris Berezovsky eseguirà con l’Orchestra Sinfonica dell’Accademia di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano il Concerto per pianoforte e orchestra n.1 di Franz Listz. A TEATRO PER STARE BENE Stagione 2010/2011 16 - 19 febbraio - ore 20.45 Prosa 20 febbraio - ore 16.00 IL MISANTROPO fino al 12 febbraio - Spazio Fantoni IL RAMO D’ORO Opere dalla collezione della Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone Orari: giovedì, venerdì, sabato 16.00 - 19.00 e in orario di spettacolo per gli spettatori (ingresso libero) Visita guidata gratuita alla mostra 12 febbraio ore 18.00, a cura di Eva Comuzzi Prenotazioni: tel. 0432 248450 12 febbraio - ore 16.00 Sala Stampa Teatro ACCOMPAGNARE A TEATRO I BAMBINI Seminario dedicato ai genitori Prenotazioni al n. 0432/248418 o via mail scrivendo a [email protected] (ingresso libero) 12 febbraio - ore 20.45 Crossover IL FLAUTO MAGICO SECONDO L’ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO direzione artistica e musicale di Mario Tronco spettacolo prodotto dal Romaeuropa Festival e Les Nuits de Fourvière/Department du Rhone produzione della tournèe Studio TI 13 febbraio - ore 17.00 Teatro per i bambini A Teatro da Giovanni ROSASPINA... una piccola bella addormentata di Simona Gambaro regia di Antonio Tancredi con Simona Gambaro e Massimiliano Caretta una produzione: Teatro del Piccione età consigliata: dai 5 agli 11 anni di Molière regia di Massimo Castri con Massimo Popolizio, Graziano Piazza, Sergio Leone, Federica Castellini, Ilaria Genatiempo, Laura Pasetti, Tommaso Cardarelli, Andrea Gambuzza, Davide Lorenzo Palla, Miro Landoni scene e costumi di Maurizio Balò una produzione: Teatro di Roma 17 febbraio - dalle 9.00 alle 12.00 Teatro per la scuola OraDiTeatro Presentazione agli studenti dello spettacolo Il Misantropo ideazione e progettazione Annamaria Cecconi 23 - 25 febbraio - ore 20.45 Prosa 26 febbraio - 16.00 e 20.45 AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA commedia musicale di Garinei e Giovannini regia originale di Pietro Garinei e Sandro Giovannini con Gianluca Guidi e Enzo Garinei con la partecipazione straordinaria di Marisa Laurito musiche di Armando Trovajoli una produzione: Il Sistina CONCERTO SOSPESO I Nuovi Suoni Ensemble del Laboratorio di Musica Contemporanea del Conservatorio Tomadini di Udine Giuseppe Garbarino direttore musiche di Aulon, Poulenc, Castiglioni, Garbarino, Milhaud Il concerto del 27 febbraio è stato sospeso a data da destinarsi Biglietteria on line: [email protected] www.teatroudine.it www.vivaticket.it Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine Via Trento, 4 - 33100 Udine Tel. 0432 248411 [email protected] - www.teatroudine.it Prevendite per gli spettacoli di marzo dal 21 febbraio © Studio Patrizia Novajra - ph: Vincent Garnier/Mirarv - stampa: Grafiche Filacorda percorsa dal suo coetaneo: lo sfruttamento della tecnica a fini espressivi, ovvero qualcosa che nel 1832 solo loro due stavano esplorando. Fino a quel momento lo studio, in quanto genere musicale, era considerato semplice materiale su cui fare esercizio (si pensi all’analoga produzione di Carl Czerny). Chopin, invece, dimostrò a tutti che lavorare su un determinato aspetto tecnico (gli arpeggi, i ribattuti, i movimenti orizzontali della mano, la velocità, la cantabilità) poteva produrre esiti espressivi degni di comparire in sala da concerto; ed è proprio quello che accadde agli Studi op. 10 nel 1833, quando quei lavori resero evidente a tutto il mondo musicale parigino che anche la tecnica poteva trasmettere emozioni forti. Non a caso la raccolta finì spesso nella mani di Listz, che ne dava un’interpretazione sbalorditiva, capace di suscitare l’invidia dello stesso Chopin: «Vorrei rubargli il modo di eseguire i miei studi». venerdì 11 febbraio 2011 - ore 20.45 BORIS BEREZOVSKY pianoforte Franz Liszt (1811-1886) Études d’exécution transcendante n. 1 Prélude, in do maggiore n. 2 Molto vivace, in la minore n. 3 Paysage (Paesaggio), in fa maggiore n. 4 Mazeppa, in re minore n. 5 Feux follets (Fuochi fatui), in si bemolle maggiore n. 6 Vision (Visione), in sol minore n. 7 Eroica, in mi bemolle maggiore n. 8 Wilde Jagd (Caccia selvaggia), in do minore n. 9 Ricordanza, in la bemolle maggiore n. 10 Allegro, Agitato molto, in fa minore n. 11 Harmonies du soir (Armonie della sera), in re bemolle maggiore n. 12 Chasse-neige (Tormenta di neve), in si bemolle minore *** Fryderyk Chopin (1810-1849) Polonaise-Fantaisie in la bemolle maggiore op. 61 Scherzo n. 3 op. 39 in do diesis minore da Studi op. 10 n. 1, in do maggiore n. 3, in mi maggiore insol solbemolle bemollemaggiore maggiore n.5,5,in indo domaggiore maggiore n.7,7,in n. 8, in fa maggiore Franz Liszt Mephistowalzer I FRANZ LISZT Études d’exécution transcendante Franz Liszt a soli vent’anni era già un fenomeno del suo tempo. Arrivato a Parigi dall’Ungheria nel 1823, dopo un proficuo periodo di formazione a Vienna con Carl Czerny e Antonio Salieri, impiegò davvero poco tempo a conquistare il pubblico della capitale francese. Ma ben presto anche i confini parigini si rivelarono troppo stretti per quello showman, capace di mandare in visibilio qualsiasi tipo di pubblico; e tra il 1835 e il 1848 la patria di Liszt divenne l’Europa, in una tournée continua, in parte vissuta in compagnia della contessa Marie d’Agoult (da cui ebbe tre figli, compresa la Cosima che in seguito avrebbe sposato Wagner), in parte portata avanti con spirituale isolamento. Solo negli anni Cinquanta dell’Ottocento Liszt cominciò ad avvertire l’esigenza di fermarsi un attimo, per cercare di piantare radici con la nuova compagna Carolyne Wittgenstein: anni di ricerca e di sperimentazione, ampliati anche nella direzione dell’orchestra (il corpus dei poemi sinfonici nacque proprio in quel periodo). Ma anche quell’esperienza era destinata a essere temporanea, perché nel 1865 Liszt decise di dare una nuova svolta alla sua vita, trasferendosi a Roma per prendere i voti minori: l’uomo che aveva incantato mezza Europa, con le sue esecuzioni mirabolanti ma anche con la sua fama di tombeur de femmes, in quella data sceglieva di ritirarsi da ogni occupazione mondana per dedicare il resto della vita al totale ascetismo. Il vero compagno della vita di Liszt fu, però, il pianoforte. Quello strumento, che all’inizio dell’Ottocento poteva avvalersi di rinnovate conquiste tecniche, era ormai in grado di fare serata anche senza l’intervento dell’orchestra: il suo suono era sempre più robusto e la nuova meccanica a doppio scappamento consentiva di viaggiare alla velocità della luce sulla tastiera. La storia della cultura romantica, sempre alla ricerca di miti sui quali proiettare le proprie aspirazioni, stava creando la figura del grande virtuoso, e Liszt, con il suo fedele pianoforte, era esattamente ciò che quella generazione voleva: un musicista in grado di incantare le platee non solo per come suonava, ma anche per come sapeva stare sul palcoscenico. Il suo virtuosismo fu definito ‘trascendentale’, proprio perché sembrava superare i confini dell’umanamente possibile, spingendosi “al di là” di qualsiasi barriera. Gli Studi di esecuzione trascendentale (Études d’exécution transcendante) sono lo specchio di quel pensiero. La loro genesi fu piuttosto lunga: dal 1826 al 1851. Liszt tornò più volte sullo stesso materiale cercando di ridurre alcune asprezze tecniche; del resto, dopo le due raccolte chopiniane (Studi op. 10 e op. 25), il brano squisitamente pensato per esaltare le capacità esecutive del pianista non aveva più senso di esistere. Lo Studio era entrato stabilmente nelle sale da concerto e doveva stupire per la perfetta mediazione tra virtuosismo e raffinatezza artistica. Naturalmente nella raccolta c’è spazio per tutto lo scibile del pianismo ottocentesco: nello Chasse-neige la ricerca esplora la riproduzione naturalistica (una tormenta di neve), Wilde Jagd riprende un tema ricorrente come quello della caccia all’aria aperta, Mazeppa riesce a trasformare il pianoforte in una creatura al galoppo (proprio come il condottiero polacco Mazeppa, legato nudo a un cavallo in corsa per tre giorni, a causa di una torbida storia in bilico tra politica e adulterio), Feux Follets guizza con la capricciosa forza espressiva di un fuoco fatuo acceso nel bel mezzo della notte, Eroica marcia con violenza tellurica sulle orecchie dell’ascoltatore. Ribattuti rapidissimi, accompagnamenti spezzati tra le due mani, melodie che faticano a uscire dalla massa di suoni sottostante, abbellimenti perlacei da eseguire con la mano leggera come la piuma: tutto negli Studi trascendentali cerca di superare i limiti imposti fino ad allora al pianoforte. Il virtuosismo tuttavia non è mai il fine del pensiero lisztiano, ma il mezzo per raggiungere inesplorati vertici di espressività musicale. La raccolta prevede anche pagine più riflessive, visioni paesaggistiche che cercano di incantare l’immaginazione del fruitore (Vision, Paysage, Ricordanza, Harmonie du soir). Ma in tutti gli Studi di esecuzione trascendentale Liszt parla la lingua dei grandi poeti romantici: descrive un fenomeno naturale, ma pensa al movimento emotivo che prende forma nell’intimità dell’osservatore. LE COMPAGNE DI LISZT Le due compagne di Liszt furono Marie-Catherine-Sophie de Flavigny, e Carolyne Iwanowska, rispettivamente mogli del conte d’Agoult e del principe Nicola Wittgenstein. In entrambi i casi, visto lo stato ufficialmente coniugato delle due donne, Liszt fu costretto a limitarsi a una convivenza more uxorio, ma con Carolyne arrivò davvero a un passo dalle nozze. Naturalmente per rendere possibile una cerimonia cattolica era necessaria un’autorizzazione ufficiale da parte della Chiesa; cosa che fu possibile solo dopo la morte del principe Wittgenstein. La data scelta per le nozze fu dunque il 21 ottobre del 1863 (ormai la coppia si era trasferita a Roma); ma il caso volle che proprio in quei giorni alcuni parenti del defunto marito fossero di passaggio a Roma, e che, venuti a conoscenza dell’evento imminente, decidessero di far valere tutto il loro potere per ritardare la cerimonia, chiedendo al Papa di rivedere personalmente la documentazione relativa all’annullamento del matrimonio Wittgenstein. Ci vollero così altri due anni perché il Vaticano desse il suo definitivo consenso alla nuova cerimonia, che venne programmata il 25 aprile del 1865. Nemmeno in quel giorno tuttavia le nozze furono celebrate, perché all’altare non era presente lo sposo, giunto proprio in quei mesi alla definitiva conclusione di prendere i voti minori, per diventare abate della Chiesa Cattolica. FRYDERYK CHOPIN Polonaise-Fantaisie in la bemolle maggiore op. 61 Scherzo n. 3 op. 39 in do diesis minore Studi op. 10 Mettere Chopin accanto a Liszt è un po’ come osservare simultaneamente due rami diversi nati dallo stesso tronco. In entrambi i casi, difatti, stiamo parlando di due grandi virtuosi; e in entrambi i casi stiamo parlando di compositori cresciuti sulle radici del romanticismo, quella sensibilità che nella prima metà dell’Ottocento costringeva ogni musicista a trovare una via di fuga dal classicismo di Mozart e Beethoven. Chopin arrivò a Parigi dalla Polonia nel 1831, con tanto talento e poca voglia di tornare indietro a mani vuote; e nella capitale francese (la stessa che aveva già conosciuto ampiamente Liszt) trovò una nuova patria. Le esuberanze di Liszt non facevano per lui: Chopin non conquistava il pubblico con esibizioni spettacolari e travolgenti, ma preferiva dedicarsi a una particolare cura del suono, senza temere di esplorare nel dettaglio i confini del ‘pianissimo’. Se Liszt era un leone della tastiera, Chopin era un «Ariel» - stando alle parole dei contemporanei - capace di svolazzare con leggerezza su ogni pagina musicale. Ma nella Parigi di quegli anni c’era spazio per entrambi: anzi la gente amava proprio mettere in parallelo due pianisti così diversi, e nello stesso tempo così fascinosi. La Polonaise-Fantaisie è una pagina che racconta alla perfezione il lato intimistico di Chopin. La partitura nacque nel 1845, in un periodo denso di sconvolgimenti interiori: in quegli anni Chopin, ormai affetto da una malattia polmonare che non lo avrebbe perdonato, fiutava l’imminente fallimento della relazione con la scrittrice George Sand; sentiva di essere destinato alla solitudine, e non gli restava che ripensare all’amata patria polacca, con quello stato d’animo sofferto che è proprio di una cultura da sempre costretta all’oppressione. La Polacca-Fantasia crebbe dunque sulle radici di un’emotività profondamente turbata, e si distinse subito per una fisionomia completamente diversa dalle precedenti Polacche: non una pagina tutta basata su una ritmica incalzante, ma il ricordo evanescente di una cultura battagliera. Lo stesso Chopin fu in dubbio su quale titolo dare alla composizione, proprio perché la scrittura non sembra tenere in considerazione alcun modello prestabilito, e si muove con la libertà di un’improvvisazione. IL CUORE DI CHOPIN Chopin partì alla volta di Parigi nel 1830, dopo che Varsavia si era rivelata ormai inadeguata a ospitare un talento maturo per il grande pubblico. Da allora la lontananza da una patria che stava soffrendo sotto i colpi della dominazione zarista rimase una ferita aperta nell’emotività di un compositore costretto a seguire da Parigi le drammatiche vicende della sua gente. La malattia di Chopin non fu tanto quell’incurabile problema polmonare che divenne fatale nel 1849; fu piuttosto un senso di inadeguatezza sociale e insieme esistenziale che nemmeno il successo parigino fu in grado di curare. Schumann diceva: «Chopin non può scrivere niente che alla settima o ottava battuta non ci porti a dire: “È suo”»; ma quel marchio di fabbrica veniva dal dolore lacerante di chi è costretto a vivere da straniero anche in una terra amata. Solo dopo la morte Chopin poté ricongiungersi con le sue origini: il suo corpo fu interrato a Parigi, la città in cui si svolsero le esequie funebri con il massimo degli onori presso la chiesa della Madeleine, ma il suo cuore fu traslato a Varsavia, dove ancora oggi è conservato nella Chiesa di Santa Croce. Lo Scherzo n. 3 è invece un lavoro precedente (1839) nel quale Chopin non sembra ancora aver maturato un atteggiamento rinunciatario: la struttura mescola, come le altre tre pagine della stessa raccolta, forma sonata e scherzo; vale a dire una delle grandi invenzioni architettoniche di Chopin. Il piglio, senza dubbio, ha l’energia delle pagine giovanili: il primo tema aggredisce l’ascoltatore con la violenza di un urlo di battaglia. Ma questo non vuol dire che la composizione rinunci alle emozioni affettuose (l’ampio respiro del secondo tema) di un artista incapace di fare del male a qualcuno. Gli Studi infine sono lavori perfetti da paragonare alle analoghe pagine lisztiane (gli Studi di esecuzione trascendentale, appunto); non a caso la prima raccolta (l’op. 10) fu proprio dedicata «all’amico Franz Liszt». Chopin cerca una strada simile a quella