Numero 27: Rotte le trattative per il rinnovo del CCNL
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Numero 27: Rotte le trattative per il rinnovo del CCNL
Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46/art. 1, comma 1, DCB Roma - Prezzo copia euro 0,20 MENSILE DIRCREDITO ncontri I idee&fatti dicembre 2014 anno IV 27 ENNESIMO COLPO DI MANO DEI BANCHIERI PER IL RINNOVO DEL CCNL ROTTE LE TRATTATIVE www.dircredito.info informati con DirCredito www.dircreditoincontri.it il nuovo sito “esclusivo” del periodico Incontri idee&fatti Incontri idee&fatti Anno IV - numero 27 - dicembre 2014 Editore: DirCredito Direttore responsabile: Franz Foti Vice Direttore: Cristina Attuati Comitato di direzione: Maurizio Arena, Silvana Paganessi, Franz Foti, Cristina Attuati Hanno collaborato a questo numero Maurizio Arena, Cristina Attuati, Silvio Brocchieri, Dante Columbro, Riccardo Ferracino, Franz Foti, Gioacchino Garofoli, Elisabetta Giustiniani, Livio Iacovella, Emilio Meiattini, Claudio Minolfi, Giuseppe Montinaro, Irene Olenich, Giulio Pomar, Barbara Pungetti, Gaetano Reale, Dante Sbarbati, Vittorio Verdenelli Progetto grafico: Claudia Spoletini Stampa: Orfeo Planet s.r.l. - Roma Redazione: Via Principe Amedeo 23 - 00185 Roma Periodico telematico: Reg. Trib. Roma n. 118/2014 Periodico cartaceo: Reg. Trib. Roma n. 441/2005 Iscrizione al ROC n. 13755 chiuso e pubblicato il 19 dicembre 2014 SOMMARIO IL PUNTO U.S.A.-CUBA. Prove generali di riavvicinamento L’EDITORIALE Ennesimo colpo di mano dei banchieril INTERNAZIONALE Brevi dal mondo SINDACATO La demolizione professionale: un suicidio strategico Sistema bancario, cultura d’impresa e contratto Cronaca di una “irresponsabilità manageriale” annunciata 2014 addio, ma il 2015... ancora ristrutturazioni Sindircasse chiude dopo 60 anni di storia LAVORO Il circolo virtuoso che genera nuova occupazione Segnali di svolta nella Legge di stabilità I mutamenti economici e occupazionali e il difficile ciclo della ripresa SOCIETÀ Il lato oscuro dello stereotipo femminile Pubblicità e rappresentazione di genere “The disruptor”, il perturbatore Social network & lavoratori I disabili e gli steccati mentali dei normodotati LEGALE Osservatorio sulla giustizia Il filo d’Arianna Responsabilità penale ad ampio spettro in Equitalia PENSIONI Riforme pensioni di nuovo in campo voci di corridoio ma non troppo Tetto bloccato per le pensioni d’oro e penalizzazione “zero” per gli under 62 FISCO Evasione fiscale e tracciabilità integrale dei flussi finanziari CURIOS@NDO Contanti addio segnato il destino delle banconote Maurizio sarri dal posto in banca alla serie A Penne di lusso protagoniste di firme importanti L’acqua di Roma è tra le migliori d’Italia 4 5 augur i! 2015 6 7 8 10 19 20 12 14 28 16 17 26 32 33 18 21 25 22 24 ENNESIMO COLPO DI MANO DEI BANCHIERI ROTTE LE TRATTATIVE PER IL RINNOVO DEL CCNL 30 34 35 36 37 SPECIALE INSERTO Disabilità e lavoro Incon tri - di cembre 2 014 n 3 n I L P U N TO Il fatto del mese U.S.A. - CUBA PROVE GENERALI DI RIAVVICINAMENTO Ci sono voluti più di 50 anni e l’intervento di Papa Francesco per aprire un capitolo nuovo nella storia dei rapporti tra il popolo cubano e quello americano. Gli Stati Uniti, è stato lo stesso Barack Obama ad annunciarlo, ristabiliranno le relazioni diplomatiche con Cuba e, su proposta dello stesso Presidente, avvieranno l’iter per cancellare un embargo che, dati alla mano, si è rivelato rovinoso per entrambe le parti I rapporti con l’Avana erano stati interrotti nel 1961, a seguito della rivoluzione di Fidel Castro. L’an- nunciato “disgelo”, oltre a determinare la riapertura dell'ambasciata Usa in tempi stretti, produrrà effetti sostanziali sull’economia, con facilità per viaggi e turismo, affari e comunicazioni, carte di credito e Internet, rimesse degli emigrati. Ricadute auspicabili si attendono anche nel campo dei diritti umani, che sarà più facile sostenere abbattendo il muro dell'isolamento. Il ragionamento del Presidente USA è stato: "Non si favoriscono i diritti umani cercando di far fallire gli Stati, ma dialogando". Non a caso Obama nella sua azione di “avvicinamento al vecchio nemico” metterà in prima linea la liberalizzazione degli investimenti nelle telecomunicazioni. Decisivo per lo sblocco della situazione è stato l’intervento del Papa “venuto dalla fine del mondo”. Francesco ha infatti personalmente preso carta e penna scrivendo direttamente a Raúl Castro e a Obama, invitandoli a ri- solvere “questioni umanitarie d’interesse comune, tra le quali la situazione di alcuni detenuti, al fine di avviare una nuova fase nei rapporti tra le parti”. Il Vaticano è stato inoltre il territorio neutro dove lo scorso ottobre le due delegazioni si sono incontrate. A sottolineare l'importanza della svolta è stato il capo della Casa Bianca che ha chiuso il suo discorso al Paese con una frase in spagnolo: "Todos somos americanos". 4 n di ce mbre 2014 - In cont ri DirCredito Comunicazione L’ E D I TO R I A L E n ENNESIMO COLPO DI MANO DEI BANCHIERI I sindacati rompono le trattative per il rinnovo del CCNL Ciò rende lo scenario particolarmente preoccupante, poiché i bancari, oltre al solito attacco ai salari e all’area contrattuale, sono oggetto di un assalto ben più grave, che si configura come definitivo, alla propria professionalità. La situazione che abbiamo descritto rende quindi necessario un coinvolgimento sempre più deciso e puntuale dei lavoratori, attraverso forme di mobilitazione e di protesta, anche inusuali, che pongano l’accento sulla necessità del mantenimento della contrattazione nazionale come garanzia minima per tutti gli addetti del settore, ma anche sullo sviluppo di un nuovo modello di banca, più vicino all’utenza, che non può certo passare attraverso l’ennesima mortificazione dei lavoratori. Il nostro intento in qualità di sindacato che rappresenta le fasce professionali alte e che quindi lavora per costruire una prospettiva anche per i lavoratori più giovani è quello di confrontarci a tutto campo, senza pregiudizi, senza tuttavia consentire uno snaturamento del settore che si trova a gestire una fase delicata di certo non imputabile ai lavoratori. Richiamiamo i banchieri a un senso di responsabilità che sembrano aver smarrito. Governare il cambiamento significa dimostrare la capacità di saperlo declinare in prospettiva, gettando le basi per un rilancio che così come avviene per il Paese non può unicamente basarsi sul taglio dei costi, ma deve puntare su investimenti e su una visione quantomeno di medio periodo. Per questo motivo, sono state organizzate iniziative volte a informare e a coinvolgere i lavoratori su quanto sta accadendo, convincendoli del fatto che, mai come oggi, la loro convinta adesione alla protesta potrà determinare il loro futuro. “ ...i bancari, oltre al solito attacco ai salari e all’area contrattuale, sono oggetto di un assalto ben più grave, che si configura come definitivo, alla propria professionalità Incon tri - di cembre 2 014 n “ La rottura delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale e il tentativo da parte dell’Associazione Bancaria di destrutturare la contrattazione nazionale sono l’ennesimo colpo di mano, peraltro annunciato, di un management che punta a trasformare il settore appiattendolo e privandolo di tutte quelle peculiarità e professionalità che, a nostro parere, sono elemento imprescindibile per fornire alla clientela un servizio di qualità. L’unico modo di competere per il nostro Paese è quello di puntare sull’eccellenza, poiché nel tempo il taglio indiscriminato dei costi e un’automatizzazione portata all’eccesso hanno prodotto più danni che risultati, sia in termini di immagine che in termini di soddisfazione percepita dall’utenza. Sostituire professionisti con operatori/esecutori significa rendere le banche simili a franchising in cui si vende di tutto e di più, demolendo quelle competenze necessarie per una gestione proficua e intelligente del risparmio dei cittadini. L’esasperazione del risultato che, indipendentemente dalle esigenze della clientela, va conseguito a ogni costo, mortifica proprio quei lavoratori che, pur nel rispetto delle indicazioni aziendali, utilizzano le loro conoscenze e la capacità di discernere tra situazioni diverse per garantire gli interessi aziendali senza prevaricare quelli dei risparmiatori. Le banche, invece, o ancor meglio, una certa classe di banchieri, pretendono tutto e subito, tesi a realizzare risparmi e risultati nel breve e poco interessati ad avviare riorganizzazioni che, tenendo conto dei mutati scenari, sappiano comunque porsi un orizzonte un po’ più lungo dell’immediato. di Maurizio Arena 5 n INTERNAZIONALE BREVI DAL MONDO Notizie, fatti e curiosità oltre i confini BRASILE E URUGUAY LASCIANO IL DOLLARO È in vigore dal 1 dicembre un accordo tra le banche centrali dei due paesi che stabilisce l'utilizzo delle loro monete, il real e il peso, per i reciproci scambi commerciali. L'intesa riduce i costi delle transazioni e facilita l'inclusione finanziaria di piccole e medie imprese. Una commissione dell'Unione sudamericana delle nazioni (Unasur) sta studiando di estendere l'iniziativa ad altri paesi sudamericani. Oltre ai vantaggi economici anche un profondo significato politico: Uruguay e Brasile avversano l'Alca (Area di libero scambio delle Americhe) sponsorizzata dagli USA e sostengono una maggiore integrazione commerciale latino-americana. RUSSIA LA MONETA CONTINUA A SCENDERE La caduta del rublo sembra inarrestabile: dall'inizio dell'anno ha perso metà del suo valore rispetto al dollaro. Il calo del prezzo del petrolio trascina infatti tutte le economie legate all'oro nero, a partire dalla Russia, che deve agli idrocarburi la metà delle entrate fiscali e il 70% dell'export. Il danno provocato dal crollo del prezzo del greggio si aggira tra i 90 e i 100 mld di dollari l'anno, ha ammesso 6 il ministro delle finanze russo, Anton Siluanov. Inoltre i timori di un deciso deterioramento dell'economia hanno alimentato una serie di vendite massicce sui bond russi e la banca centrale, dopo aver bruciato oltre 70 mld di dollari nel tentativo di sostenere il rublo, ha gettato la spugna autorizzando la fluttuazione della valuta. Il rischio stagflazione, con crescita economica e corsa dell'inflazione previste in direzioni opposte per il 2015, è molto alto. EUROPA IMMIGRAZIONE: CROLLO DEGLI INGRESSI IN ITALIA. GERMANIA AL PRIMO POSTO La crisi economica ha avuto un fortissimo impatto sul fenomeno migratorio nella zona Ocse, con una netta diminuzione tra il 2007 (4,47 mln di ingressi ) e il 2012 (-15%). Metà di questo calo è imputabile all'Italia, dove il numero è passato da 527 mila a 258 mila, con una caduta del 55% tra il 2012 e il 2007. L'Italia è passata così dal terzo (dopo Stati Uniti e Spagna) al quinto posto nella classifica dei paesi Ocse, alle spalle degli USA (oltre un milione), Germania (400 mila), Gran Bretagna (285 mila) e Francia (259 mila). Italia in negativo e Germania in positivo rappresentano in maniera chiara le connessioni tra andamento dell'economia e flussi migratori. La Germania ha registrato n di ce mbre 2014 - un aumento del 38% tra il 2012 e il 2011 e del 72% tra il 2012 e il 2007. Quanto agli stock, l'Italia registrava a fine 2012 4,4 milioni di immigrati permanenti, pari al 7,4% della popolazione totale e al 10% di quella attiva. Poco meno di un quarto sono rumeni (951 mila), seguiti da albanesi (437 mila), marocchini (412 mila) e cinesi (213 mila), questi ultimi in forte aumento. CINA A SORPRESA TAGLIA I TASSI D’INTERESSE Attesa da oltre due anni, il taglio dei tassi di interesse è stata la mossa a sorpresa del governatore della People's Bank of China, Zhou Xiaochuan, il che dimostra quanto l'economia cinese versi in una congiuntura critica. L'obiettivo immediato è quello di contenere le sofferenze del settore immobiliare, i prezzi delle nuove case continuano a scendere del 10% nei primi dieci mesi dell'anno, mentre i crediti incagliati hanno preso l'abbrivio e sembrano non doversi fermare mai. I tassi sono stati ridotti in un anno di 40 punti base a 5,6, mettendo nel mirino proprio il sistema dei prestiti bancari. Il taglio è stato inoltre accompagnato da un altro passo verso la liberalizzazione dei depositi. Il tetto entro il quale le banche possono finanziare i clienti sui loro depositi è stato infatti elevato al 120% del precedente 110. STATI UNITI SUL SEGRETO BANCARIO Tutto è iniziato nel 2009 quando UBS (banca svizzera) ammise di aver convinto un buon numero di americani a nascondere i loro asset nei conti correnti della Banca. La crisi economica ha spinto Washington a lanciare una campagna in nome della trasparenza, a caccia delle risorse offshore non dichiarate. A differenza di molti paesi, gli Stati Uniti tassano i cittadini per tutti i loro redditi, indipendentemente dalla loro origine. Non sorprende quindi che ben 5,5milioni di statunitensi stiano pensando di rinunciare al proprio passaporto, ma il Dipartimento di Stato, ironia della sorte, per correre ai ripari, ha aumentato la tassa per la rinuncia alla cittadinanza. In cont ri S I N D A C AT O n L A DEMOLIZIONE PROFESSIONALE: UN SUICIDIO STRATEGICO Ci sarà presto o tardi un contratto, ma correremo il rischio di perdere per sempre una categoria Non ci potrebbe essere un epilogo peggiore per un anno, il 2014, che ha rappresentato in termini occupazionali “l’annus horribilis” per il nostro Paese. Decine, se non centinaia, sono le vertenze aperte, migliaia i lavoratori che, nella migliore delle ipotesi, aspettano il rinnovo di un contratto che non arriva e, nella peggiore, sanno che si affacceranno al 2015 senza un’occupazione stabile. Il quadro, non certo confortante, si completa con la rottura delle trattative nel settore bancario, un comparto, tipicamente terziario, che di solito si mobilita e scende in piazza solo quando non vi è più alcun margine di confronto possibile. Questa volta più di altre si ha la consapevolezza, soprattutto da parte sindacale, che siamo a una svolta epocale, che si vince oppure a “morire professionalmente” sarà l’intera categoria. Tutti, il sindacato per primo, sono consci della necessità di cambiare, tuttavia abissali sono le differenze rispetto al tipo di cambiamento che si vorrebbe vedere. L’ABI, infatti, ripete ossessivamente il “mantra” dell’abbattimento del costo del lavoro come unica soluzione possibile per evitare il disastro che, per molte aziende, è più imputabile alla mala gestione del management che ai salari dei lavoratori. Molti sono i disinformati che quando pensano ai bancari immaginano una categoria di privilegiati con retribuzioni lorde annue a sei cifre, una casta insomma che, come tutte le altre, va sfoltita per il bene del Paese. Molto diversa è la realtà degli addetti di un settore che negli ultimi 20 anni hanno perso non dei privilegi, ma dei diritti guadagnati in anni di lotte e, soprattutto, giustificati dalla delicatezza e dalla tipicità dell’attività che svolgevano. Sembra scontato, ma non è così. Infatti è sotto gli occhi di tutti come le banche, a forza di innovare, tanto per farlo, abbiano in fondo perso la loro anima, tradendo quel compito, affidatogli anche dalla costituzione repubblicana, di essere il motore economico del Paese. Trasformare abili professionisti che gestivano brillantemente i risparmi delle famiglie, reimpiegandoli nelle attività dell’impresa in meri esecutori, magari budgettati e privi di qualsiasi discrezionalità, non è stata un’idea brillante, soprattutto se la si guarda dal lato della qualità del servizio offerto all’utenza. Demolire professionalmente una categoria con la scusa che costava troppo, puntando a un’omologazione al ribasso, ha rappresentato un suicidio strategico i cui risultati, se non si ha il coraggio di cambiare rotta, diventeranno sempre più visibili con il passare degli anni. L’appiattimento degli inqua- Incon tri - di cembre 2 014 n dramenti, la sterilizzazione di qualsiasi prospettiva di crescita, la trasformazione della professionalità in un concorso a premi sono tutte figlie di un mono-pensiero, targato McKinsey, che più che aiutare le banche a uscire dal tunnel le ha spinte in un vicolo cieco. Possibile che nessuno comprenda l’obsolescenza di strategie nate più di 20 anni fa che, pur essendo cambiato il mondo che le circondava continuano ottusamente a considerarsi all’avanguardia, così come i banchieri profeti che le propugnano, e che l’unico trend di crescita che centrano è quello delle proprie retribuzioni? Difficile è rimanere sereni, perché il tempo incombe e perché se oggi, ora, non si dà prova di poter fare uno scatto in avanti molto probabilmente ci sarà presto o tardi un contratto, ma correremo il rischio di perdere per sempre una categoria. Cristina Attuati 7 n S I N D A C AT O SISTEMA BANCARIO, CULTURA D’IMPRESA E CONTRATTO La regressione contrattuale è l’espressione della masima debolezza dei banchieri Le cinque debolezze. Ormai sappiamo tutti quanti che di fronte alla nostra prospettiva ci sono cinque pesanti “debolezze” che andranno corrette tempestivamente per definire nuove strategie, strumenti e livelli di responsabilità per fronteggiare il presente istituzionale, economico e sociale, pericolosamente in declino e l’incertezza del futuro. La prima debolezza che registriamo è quella di “sistema”, intendendo con ciò l’insieme delle regole che il potere esecutivo e legislativo – politica e partiti – mettono in campo per regolare i rapporti sociali e produttivi utilizzando la micidiale macchina della burocrazia. La seconda debolezza riguarda il comparto industriale e dei servizi – banche comprese – che, a partire dalla seconda metà degli anni ’80 e con il declino della grande impresa, non ha saputo essere soggetto autonomo e progettuale nella realtà della globalizzazione e dell’esaltazione del “piccolo “ Il contratto dovrebbe tracciare nuovi processi formativi e innescare forti motivazioni verso la produttività del lavoro 8 n di ce mbre 2014 - “ e la crescita professionale è bello” e non ha ben interpretato la nuova articolazione dei bisogni produttivi e sociali. Carenza d’investimenti e ricerca, di processo e di prodotto, hanno poi fatto il resto. Questa debolezza potremmo definirla eufemisticamente “scarsa lungimiranza”, “carenza intellettuale”, “deficit d’immaginazione”. Brutalmente potremmo invece tradurla come spiccato senso della mediocrità. La terza debolezza è rappresentata dal degrado morale sempre più cinico ed “egotico” (occuparsi di sé infischiandosene degli interessi altrui). Parliamo di degrado istituzionale, etico e d’impresa, delle forme del consumo, della funzione della finanza, dell’uso del mercato cui potremmo aggiungere il degrado provocato dall’uso distorto e strumentale dell’informazione e del web. La quarta debolezza è quella sindacale. Il sindacato con la caduta della grande impresa, la frammentazione produttiva e sociale e il tramonto della “classe in sé”, concepita come progetto generale di società, della società perfetta e libera dal lavoro, ormai sostituita dal concetto di “classe per sé”, ripiegata sugli interessi di settore e di azienda, perde peso e influenza politica. Ora siamo entrati nell’ottica della società che si libera con e nel lavoro e non più dal lavoro. Viene ad affermarsi sempre più l’idea che si possa cambiare il lavoro nel lavoro e che senza di esso si cade nella barbarie. Le sofferenze derivano dalla mancanza di lavoro e non dalla presenza di lavoro. Ci si trova nel paradosso che “la minaccia” diventa progetto di sopravvivenza. L’impresa da una parte, che minaccia solo tagli, diffusione tecnologica come differenziale professionale e occupazionale, licenziamenti, esternalizzazione di attività per demansionare In cont ri e ridurre costi di produzione reintroducendo il nuovo e brutale concetto padronale della “sottomissione” targata 3.0. Dall’altra parte il sindacato, che deve obbligatoriamente mobilitare, difendere, occupare spazi di visibilità e contrasto per evitare la disumanizzazione del lavoro, intesa come spoliazione della dignità della persona che rappresenta la condizione primaria della civiltà. La quinta debolezza è raffigurata dalla cultura d’impresa. Nel settore bancario la vera cultura d’impresa in questi ultimi anni ha faticato a rendersi visibile. Si è manifestata piuttosto una cultura o meglio un’incultura della managerialità con la quale si è identificato il sistema bancario nel suo insieme. In sostanza c’è stata solo una cultura della leadership e dei relativi stratosferici compensi e una corsa sfrenata a coprire i buchi che questi manager di settore hanno contribuito a creare. Le strategie attuali e le visioni del futuro bancario sono ancora ferme alle prossime emissioni di moneta di provenienza europea – BCE – per completare il processo di risanamento dei bilanci. Definire la cultura d’impresa oggi, soprattutto nel sistema bancario è come guidare a fari spenti in pieno buio. La cultura d’impresa è quella condizione che riesce a coniugare usi e costumi, libertà soggettiva e collettiva nel lavoro, intelligenza innovativa e ricerca, creatività, intreccio di bisogni esistenziali e lavorativi, interazione e integrazione fra direzione e popolazione d’impresa (comunicazione e ascolto). È facilitazione della motivazione, alimentazione della passione, diffusione di valori improntati alla trasparenza e all’onestà, legame con i bisogni del territorio e del Paese, capacità di sviluppo produttivo, stimolazione e valorizzazione continua delle risorse umane. Ho tralasciato per ultimo un elemento importante come la fiducia che costituisce il fattore decisivo per la reputazione di un istituto di credito. Il contratto di lavoro. Dunque c’è una fragilità estrema del sistema Paese, delle imprese, delle istituzioni, della politica e dei partiti aggravati da pratiche corruttive pesanti e c’è una crisi economica e produttiva perdurante, che toglie il respiro. Il contratto di lavoro andrebbe inteso, in questo contesto, come uno strumento di rinnovamento culturale, mediazione fra bisogni economico sociali e necessità esistenziali, come gestione intelligente della transizione verso sistemi innovativi che riposizionino il valore della persona ancor prima di quello di lavoratore. Incon tri - di cembre 2 014 n S I N D A C AT O n Il contratto dovrebbe tracciare nuovi processi formativi e innescare forti motivazioni verso la produttività del lavoro e la crescita professionale per essere più prossimi ai bisogni territoriali delle imprese, dei singoli cittadini e della collettività, servizio per la ripresa del Paese. Il contratto dovrebbe ricostituire linguaggi, relazioni interne e cultura d’impresa per affrontare le difficoltà del futuro con spirito cooperativo. Il contratto dovrebbe concepire la riduzione dei dipendenti a disoccupati o a demansionati come una forma di deprecazione morale in presenza di politiche imprenditoriali responsabili di spreco del denaro accumulato nel sistema bancario proprio da quei soggetti e da quelle famiglie che ora si vuole andare a colpire, coprendo ancora una volta il vuoto strategico che pervade i banchieri nostrani e non solo loro. Il contratto dovrebbe rappresentare il “legante” fra vecchie e nuove generazioni, accompagnando i cambi di clima con l’intelligenza che serve e con il consenso sociale che i tempi richiedono. Il contratto dovrebbe fungere da rigeneratore di coscienza civile e di passioni sia nel versante dei lavoratori sia in quello degli imprenditori. Il contratto è una forma educativa alla conoscenza che consente di essere protagonisti attivi del cambiamento e della vita attiva lavorativa e contribuisce a ritessere il filo spezzato dalla crisi e dalla sua virulenza rinegoziando e riposizionando le relazioni interne – il rispetto del lavoro e della persona – come una forma di welfare aziendale a costo zero sotto il profilo psichico, economico e sociale, valore aggiuntivo fisico e mentale. La negoziazione sindacale paritaria, simmetrica, fondata sul principio della reciprocità solidale, consentirà di riscoprire l’importanza che i valori personali e collettivi rappresentano per la direzione d’impresa. Il contratto, al contrario, concepito come “Minaccia”, è un puro e semplice atto di violenza civile unidirezionale, di carenza culturale, un segnale di debolezza, una manifesta condizione di primitivismo aziendalista. Franz Foti 9 n S I N D A C AT O CRONACA DI UNA “IRRESPONSABILITÀ MANAGERIALE” ANNUNCIATA Contratto: inaccettabili le pregiudiziali dei banchieri... È rottura! 10 contrattuale, innovativa rispetto al passato, che viene presentata alla controparte. Arriviamo alla fine dell’estate, piovosa come non mai, con la speranza che le nuvole inizino a diradarsi. Il segnale potrebbe essere individuato nell’incontro del 6 ottobre. CASL – la delegazione trattante dell’Associazione Bancaria – e Sindacati raggiungono finalmente l’intesa: tabellizzazione dell’EDR – decorrenza 1/1/15 – “indipendentemente da ogni eventuale disdetta di ABI”; impegno a erogare, a gennaio 2015, una indennità una-tantum omnicomprensiva a copertura del periodo di mancata tabellizzazione; “saldatura” tra il vecchio e il nuovo contratto e l’impegno a rinnovare il CCNL entro fine anno. “Si tratta di un fatto particolarmente positivo – così commenta Maurizio Arena – che ci consente finalmente di rompere gli indugi e di aprire velocemente il confronto per dare alla categoria un nuovo contratto”. Si comincia a entrare nel vivo della trattativa, le distanze fra le parti si dilatano e gli incontri che si susseguono ne sono una riprova. Nell’incontro del 20 ottobre, le Organizzazioni sindacali respingono l’ipotesi di determinare un unico livello di confronto contrattuale, riaffermando la centralità del CCNL quale cardine della contrattazione aziendale. Confermano, inoltre, che difendere l’occupazione nel settore significa difendere la tenuta dell’area contrattuale in quanto si riconosce direttamente nel modello di banca che è stato condiviso nelle Assemblee. Al termine dell’incontro, Arena dichiara: “Chiediamo ai banchieri di dimostrare coraggio, facendo a loro volta quel salto culturale che hanno chiesto e ottenuto dai lavoratori, cessando cioè di utilizzare strumentalmente la “ La storia si ripete. Nel settembre dello scorso anno l’Associazione Bancaria Italiana disdetta unilateralmente i Contratti di lavoro... “ Il noto filosofo napoletano Giambattista Vico, vissuto a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo, elaborò una teoria sulla storia umana assai singolare. Era convinto che la storia fosse caratterizzata dal continuo e incessante ripetersi di tre cicli distinti: l’età primitiva e divina, l’età poetica ed eroica, l’età civile e veramente umana. Il continuo ripetersi di questi cicli non avveniva per caso, ma era predeterminato e regolamentato. In pratica,Vico sosteneva che alcuni accadimenti si ripetevano con le medesime modalità, anche a distanza di tanto tempo e ciò avveniva non per puro caso, ma in base a un preciso disegno stilato dalla “divina provvidenza”. Era la “teoria dei corsi e ricorsi storici”. Quale sia il ciclo e il disegno che oggi risiede nella fantasia dei nostri vecchi e nuovi manager ancora non è dato di sapere, o forse sì. Questo ciclo si configura come un ritorno all’età primitiva, ovvero destrutturare e svuotare di ogni contenuto il Contratto Collettivo Nazionale, rimandando tutta la “contrattazione” ad accordi aziendali o di gruppo, cercando di riportare i lavoratori a quello stato primordiale in cui sopravvivevano solo i più scaltri. La storia si ripete. Nel settembre dello scorso anno l’Associazione Bancaria Italiana disdetta unilateralmente i Contratti di lavoro, riportando di fatto i bancari “in piazza” dopo 13 anni dall’ultima astensione dal lavoro. La categoria si mobilita, ABI fa un passo indietro e, nel successivo mese di dicembre, con la firma dell’accordo per l’adeguamento del Fondo di Solidarietà alle disposizione della L. 92/2012 – cosiddetta Legge Fornero – la scadenza del contratto viene prorogata al 30 settembre di quest’anno. In primavera, i lavoratori riuniti in assemblee approvano la piattaforma Il 25 novembre giungiamo all’epilogo. È rottura! n novemb re 2014 - In cont ri congiuntura negativa al solo fine di tagliare ulteriormente e indiscriminatamente il costo del lavoro”. Ancora nel mese di ottobre Il confronto prosegue nei giorni 27 e 29 e le posizioni tendono ad allontanarsi sempre più. Queste sono le tesi espresse dall’ ABI: in merito a Perimetri e Area contrattuale, allargamento dei rimandi alla contrattazione di secondo livello, tra i quali l’organizzazione del lavoro, gli orari, l’area contrattuale stessa, le previsioni degli inquadramenti nonché l’utilizzo di forme di lavoro autonomo nella attività di Rete; su Occupazione e Parte economica, riconoscimento di un incremento dell’1,85% (6,05% la richiesta), interventi strutturali sul TFR, oltre all’abolizione degli scatti di anzianità. Le rappresentanze sindacali, alla luce di queste proposte, ritengono assolutamente impercorribile qualunque forma di destrutturazione o svuotamento del Contratto Nazionale. DirCredito, in una nota, evidenzia inoltre come sia considerevolmente peggiorativa, rispetto alle richieste sindacali, anche la proposta di un sistema di inquadramenti basato solo su 6 livelli a fungibilità piena. I tre incontri che si susseguono nel mese di novembre sono contraddistinti dall’incomunicabilità tra le parti: i banchieri pongono delle pregiudiziali che, unitariamente, le Organizzazioni sindacali ritengono inaccettabili e fuori da ogni contesto di trattativa. Il 5 novembre, l’ABI presenta un documento che, in sintesi, riassume il tentativo di destrutturare il CCNL. Il documento persevera nell’attacco all’area contrattuale, non prevede alcun riconoscimento che tuteli il recupero del reale potere d’acquisto insistendo nell’intervenire anche strutturalmente su elementi retributivi come gli scatti di anzianità. Il 13 novembre, Profumo, Presidente del CASL, insiste sulle proprie posizioni e, nel corso dell’incontro, dichiara con nettezza che non intende affrontare nel dettaglio i temi del rinnovo senza prima aver verificato la disponibilità sindacale a un intervento strutturale sulle voci del salario. “Se si dovesse per assurdo accettare l’impostazione dell’Associazione Bancaria sulla parte economica, si arriverebbe al paradosso che i lavoratori incasserebbero meno di quanto perderebbero per effetto del blocco degli scatti e del calcolo del TFR”. Questo è quanto evidenziano in una nota sindacale congiunta le Segreterie Nazionali. Il 25 novembre giungiamo all’epilogo. I banchieri con il loro management, nonostante le Organizzazioni sindacali siano pronte a ricercare una soluzione, difficile ma condivisa, ribadiscono, senza lasciar spazio ad alcuna trattativa, quanto già espresso nei precedenti incontri. “Non abbiamo intenzione di assistere passivi allo smantellamento del Contratto Nazionale da parte di un’Associazione Bancaria che sta tentando di superare la contrattazione nazionale, spostando sul livello aziendale le dinamiche salariali e, di fatto, esasperando i rapporti di competitività delle aziende, che si sfideranno più sul costo del lavoro che sulla qualità dei servizi” afferma, in un comunicato stampa, il Segretario Generale DirCredito, Maurizio Arena. L’indebolimento dell’area contrattuale riflette la volontà della controparte di intraprendere la direzione opposta rispetto a quanto stabilito tra le parti nel contratto precedente, ricorrendo di fatto a una massiccia esternalizzazione di attività strategiche con gravissime conseguenze sulla tenuta occupazionale. “Il blocco degli scatti, degli automatismi e gli interventi sul TFR che i banchieri considerano elementi imprescindibili per l’avvio della trattativa sono inaccettabili, poiché si figurano come interventi strutturali volti a un’ulteriore sterilizzazione del salario. Infine – conclude Arena – la compressione dei livelli inquadramentali è un chiaro tentativo di eliminare ogni dinamica di crescita professionale all’interno della categoria”. I ncontri - novembre 2 014 n S I N D A C AT O n Il recupero del solo potere di acquisto attraverso indici di inflazione rettificati in base ai risultati di settore; il blocco strutturale del TFR e degli scatti di anzianità; lo smantellamento dell’area contrattuale e la revisione degli inquadramenti sono, in sintesi, le “pregiudiziali” poste da ABI per consentire la prosecuzione del confronto. Le Organizzazioni Sindacali, verificata l’indisponibilità della Delegazione aziendale trattante a rimuovere le pregiudiziali avanzate, non sussistendo le condizioni per continuare la trattativa, hanno ritenuto inderogabile il ricorso alla consultazione dei lavoratori e alla mobilitazione della categoria. È rottura…!!! Il “ciclo” si è concluso e riavviato. È ritornato all’inizio, ma forse non siamo neppure al punto di partenza. Silvio Brocchieri 11 n L AV O RO IL CIRCOLO VIRTUOSO CHE GENERA NUOVA OCCUPAZIONE Diffondere una nuova cultura economica per costruire un futuro che valorizzi il lavoro Una delle caratteristiche strutturali dell’economia europea è connessa ai bassi tassi di occupazione (rapporto tra occupazione e popolazione) rispetto alle altre grandi aree mondiali. Questa caratteristica è, inoltre, aggravata nei paesi del Sud Europa, ove i tassi di occupazione sono ancora molto più bassi della media europea. Questa caratteristica determina altri elementi strutturali dell’economia europea che tendono ulteriormente a indebolirla. Nel processo economico la domanda di lavoro da par te delle imprese (e, quindi, le opportunità di occupazione per i lavoratori potenziali) è generata dall’aumento della domanda di beni 12 L’aumento di domanda di lavoro genera, di conseguenza, aumento dei redditi e della domanda di beni e servizi per i consumatori e di beni di investimento e questa, a sua volta, genererà un successivo aumento della domanda di lavoro e dell’occupazione n di ce mbre 2014 - “ “ e servizi o dall’anticipazione di aumenti di produzione da par te delle imprese in previsione di futuri aumenti di domanda. L’aumento di domanda di lavoro genera, di conseguenza, aumento dei redditi e della domanda aggregata (di beni e servizi per i consumatori e di beni di investimento) e questa, a sua volta, genererà un successivo aumento della domanda di lavoro e dell’occupazione. Entriamo, pertanto, in un circolo virtuoso che determina in sequenza aumento della produzione (del PIL), aumento dei redditi distribuiti, aumento della domanda di beni, aumento della domanda di lavoro e dell’occupazione. Tutto ciò può essere evidenziato con due modalità tratte dall’esperienza concreta: i differenti livelli di occupazione (dei tassi di occupazione) tra aree ricche e aree relativamente povere sono prodotti da diverse dinamiche e opportunità economiche nel circuito produzione-domanda di lavoro-produzione e distribuzione dei redditi-spesa privata e pubblica che a sua volta può generare aumento di domanda di lavoro. Le aree ricche garantiscono tassi di occupazione più elevati ma, a loro volta, i sistemi economici a più alta occupazione generano una più alta e crescente domanda di beni e servizi, richiesti in gran par te dagli stessi lavoratori. Più persone sono al lavoro e più alta sarà la creazione di posti di lavoro per il crescente fabbisogno di beni e servizi da parte dei lavoratori stessi (domanda di trasporto, beni per il vestiario e gli accessori, servizi di ristorazione, servizi di comunicazione, servizi di cura per bambini e anziani, servizi pubblici necessari in misura crescente a seguito dell’aumento di occupazione). In cont ri In altri termini, crescita di occupazione ed elevati tassi di occupazione richiedono occupazione aggiuntiva. Non è assolutamente vero che mandando in pensione un numero crescente di persone possa aumentare la domanda di lavoro e possa, quindi, diminuire la disoccupazione. Ovviamente i processi economici possono innescare connessioni ed effetti moltiplicativi determinati dalle aspettative, sia nella direzione ascendente (circolo virtuoso) quando la dinamica e le aspettative sono positive e favorevoli, sia nella direzione discendente (circolo vizioso) quando si entra in fasi recessive e gli operatori perdono la fiducia nella capacità di invertire le tendenze del circuito economico. Queste considerazioni aprono due altre questioni rilevanti, specie nelle fasi economicamente recessive. La prima riguarda le modalità di utilizzo della fiscalità nei paesi europei. Vi sono diversi paesi nei quali la fiscalità colpisce fortemente i redditi da lavoro (probabilmente a seguito di un ritardo nella capacità di introdurre adeguate misure di calcolo e controllo degli altri redditi o, forse, come effetto della pigrizia intellettuale dei dirigenti e dei “policy maker” che si occupano di tali questioni) con la conseguenza che le politiche fiscali diventano punitive nei confronti dell’occupazione e della creazione di nuovi posti di lavoro. Credo che una breve riflessione, da parte dei lettori, sulle influenze perverse dell’Irap e di modalità di pressione fiscale elevata (che tassano ripetutamente i redditi e le spese per l’erogazione di salari e stipendi), sia molto semplice e non sia necessario procedere oltre. In altri termini, vi sono paesi che hanno introdotto meccanismi di fiscalità che disincentivano la creazione di posti di lavoro. La seconda considerazione riguarda la cattiva cultura economica che sta invadendo i paesi europei e che sta spingendo a ragionare sui principi contabili e statici dei sistemi economici anziché sui meccanismi, sulle interdipendenze tra settori, imprese e organizzazioni e sul circuito economico. I sistemi economici (e sociali) sono si- stemi viventi che necessitano di alimentarsi e riprodursi e che non possono essere “bloccati” in rigide assunzioni contabili. Se tornassimo alle questioni precedentemente discusse, potremmo immediatamente comprendere che decisioni che portano al taglio delle spese per salari e stipendi non potranno che generare – per il sistema di moltiplicazione degli effetti induttivi – ulteriori tagli occupazionali nelle imprese fornitrici e delle imprese che vendono a lavoratori-consumatori. Il taglio delle spese per lavoro (oltre che per ricerca e sviluppo) rappresenta l’anticamera del declino (e della futura morte) dell’impresa che perde progressivamente non solo fiducia ma anche capacità di visione sui potenziali eventi futuri. Ma analogamente avviene nella sfera pubblica perché la riduzione di occupazione (tra l’altro, da tempo verificatasi anche in settori precedentemente in espansione) porterà a riduzione della quantità e della qualità di servizi e, quindi, a un minor benessere per l’intera collettività a livello locale, regionale e nazionale. Occorre dunque iniziare a diffondere una cultura economica diversa, una cultura che consenta una visione e una costruzione del futuro che non potrà che partire dalla valorizzazione del lavoro e delle competenze professionali Incon tri L AV O RO n e dalla capacità di organizzare dal basso progetti imprenditoriali e di sviluppo che sappiano rispondere ai problemi della società. L’introduzione di innovazione è molto spesso la conseguenza della capacità di trovare soluzioni a problemi esistenti. L’avvio di progetti di investimento e dell’occupazione collegata non potrà che far ripartire i meccanismi economici e sociali, risolvendo i problemi dei cittadini e creando nuove opportunità di lavoro e ristabilendo un clima di fiducia e attenzione alla visione dei cambiamenti futuri e al nostro ruolo per conseguirli se ritenuti opportuni. Su questa linea dovranno muoversi sia le organizzazioni private che le organizzazioni collettive e pubbliche che dovranno smettere di ragionare in termini di riduzione della spesa ma pensare piuttosto a lavorare per risolvere i problemi esistenti e far aumentare il benessere collettivo. - di cembre 2 014 n Gioacchino Garofoli Professore Ordinario di Politica economica all’Università dell’Insubria 13 n L AV O RO SEGNALI DI SVOLTA NELLA LEGGE DI STABILITÀ Jobs Act: ecco cosa cambia per contratti, articolo 18 e ammortizzatori sociali Il Parlamento ha affidato al Governo cinque deleghe per definire le norme concrete con cui la riforma prenderà vita dal primo gennaio 2015. Roma, 4.12.2014 Rivoluzione dei contratti, addio all'articolo 18, riforma degli ammortizzatori sociali e pioggia di novità per le politiche attive sul fronte del collocamento. Con 166 voti favorevoli e 122 contrari, ieri sera l’Aula del Senato ha dato il via libera finale al Jobs Act. Anche la minoranza del Partito democratico, pur contraria alle modifiche dell’articolo 18, ha votato a favore della fiducia al Governo “per senso di responsabilità”. Il disco verde di Palazzo Madama arriva in tempo per consentire l'entrata in vigore delle nuove regole dal primo gennaio, ammesso che entro fine anno l’Esecutivo vari i primi decreti delegati. Con il Jobs Act, infatti, il Parlamento ha affidato al Governo cinque deleghe per definire le norme concrete con cui la riforma prenderà vita. “Il nostro impegno sarà ora quello di procedere speditamente alla stesura dei decreti di attuazione, a partire dal contratto a tutele crescenti”, ha assicurato ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Con 166 voti favorevoli e 122 contrari, l’Aula del Senato ha dato il via libera 14 finale al Jobs Act n di ce mbre 2014 - “ “ “È un giorno storico per il Paese – ha commentato ieri su La7 il premier Matteo Renzi. L’approvazione del Jobs Act segnerà la storia dei prossimi anni”. Ecco le principali misure contenute nel provvedimento n Nasce il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio. L’obiettivo è fare in modo che sia questa la tipologia contrattuale più diffusa per le nuove assunzioni. n Riordino dei contratti. Le oltre 40 forme contrattuali oggi in vigore diventeranno 4-5. Oltre al contratto a tempo indeterminato (che per i neoassunti sarà a tutele crescenti) dovrebbero rimanere i contratti a termine, quelli di apprendistato e i part-time. n Modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. In caso di licenziamento economico, anche senza causa o giustificato motivo, il lavoratore non potrà più ricorrere al giudice per ottenere il reintegro. Gli spetterà invece “un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio”. Il reintegro rimane invece per i licenziamenti nulli e discriminatori e per “specifiche fattispecie” di licenziamenti disciplinari ingiustificati che saranno definite nel decreto delegato, insieme a “termini certi per l’impugnazione”. n Modifiche all’articolo 13 dello Statuto dei lavoratori. In cont ri “In caso di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuata sulla base di parametri oggettivi”, il passaggio del lavoratore da una mansione all'altra diventa più semplice, con la possibilità anche del demansionamento. C’è però una condizione: devono essere tutelate condizioni economiche e di vita dei lavoratori. Il che potrebbe voler dire, ma per saperlo con certezza occorre attendere i decreti delegati, che il demansionamento sarà consentito solo a parità di stipendio. n Riforma della Cig. Sarà impossibile autorizzare la cassa integrazione in caso di cessazione definitiva dell’attività aziendale. Prevista anche una differente partecipazione contributiva per delle aziende a seconda dell’effettivo utilizzo della Cig: chi non ne farà uso pagherà meno. Scompare la Cig in deroga. Riforma dell’Aspi (assicurazione sociale per l’impiego). n Sarà estesa ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, fino al superamento di questa forma contrattuale (che procederà a esaurimento). In generale, la durata del trattamento di disoccupazione dovrà essere rapportata alla “pregressa storia contributiva” del lavoratore, con l'incremento della durata massima per quelli con le carriere contributive più rilevanti. n Politiche attive. Nasce l’Agenzia nazionale per l'impiego, partecipata da Stato, Regioni e Province autonome. Avrà competenze su politiche attive, servizi per l’impiego e Aspi. La vigilanza sul nuovo organismo è affidata il ministero del Lavoro. ll beneficiario di un ammortizzatore sociale (cig o sussidio di disoccupazione) dovrà dare la sua disponibilità a seguire corsi di qualificazione ed eventualmente anche «allo svolgimento di attività a beneficio delle comunità locali», senza però che questo – come è accaduto in passato con i lavori socialmente utili – ali- Incon tri L AV O RO n menti aspettative di assunzione nel pubblico. Chi si rifiuta rischia di perdere il sussidio. Nella ricerca di un nuovo lavoro il disoccupato potrà scegliere di affidarsi a un’agenzia per l’impiego privata che per il servizio riceverà un incentivo regionale, ma solo a risultato ottenuto, e comunque “proporzionato alla difficoltà di collocamento” del soggetto. - di cembre 2 014 n Rivista la disciplina dei controlli a distanza con la possibilità di controllare impianti e strumenti di lavoro. n n Viene semplificato il campo di applicazione dei contratti di solidarietà. n Il ricorso al voucher viene esteso ma con il tetto dei 5mila euro. Arrivano le cosiddette “ferie solidali”, ovvero la possibilità per il lavoratore di cedere un surplus di ferie ai colleghi in caso di necessità. n Fonte: www.francoabruzzo.it 15 n SOCIETÀ IL LATO OSCURO DELLO STEREOTIPO FEMMINILE I patriarca dominano come sempre la scena degli universi di genere Che gli stereotipi derivino da luoghi comuni creati per descrivere dei fenomeni è vero. Che gli stereotipi siano difficili da superare perché si formano dopo molti anni e sopravvivono al passare del tempo è ancora più vero. Ma le “rappresentazioni” del genere femminile risalgono alla prima metà del secolo scorso e si rivolgevano proprio alle nostre mamme! E allora ci si chiede: oggi, nel XXI secolo questi stereotipi sulla donna resistono ancora? Le nostre mamme ci diranno che è stata fatta tantissima strada e che la condizione della donna in questi sessant’anni è migliorata notevolmente. Quando sono nate le nostre mamme la donna non aveva ancora il diritto di voto. Da queste considerazioni allora ci rendiamo conto che di strada ne è stata fatta tanta. Le nostre mamme ci diranno che ora le donne possono svolgere molte professioni come il magistrato o il medico e possono intraprendere qualunque percorso di carriera. Certo, devono poi continuare a occuparsi della famiglia e dei lavori domestici che pesano sulle donne/madri/mogli/lavoratrici magari anche in carriera. Beh, qui si intuisce che di strada non ne abbiamo poi fatta tanta. Le nostre mamme ci diranno che ora abbiamo il diritto di divorziare, che la riforma della famiglia degli anni settanta ci ha ridato la libertà 16 di scelta salvo trovarci ammazzate perché abbiamo esercitato questo diritto faticosamente acquisito e abbiamo osato separarci da quei fidanzati/mariti che pretendono di avere il completo controllo su di noi. Ed è qui che si capisce che le condizioni della donna oggi sono anche peggiori di quelle delle nostre mamme. Le leggi permettono alle donne di avere gli stessi diritti degli uomini e molte donne, soprattutto le giovani donne, non si sentono svantaggiate nella vita privata né in quella pubblica. Ma culturalmente e socialmente la percezione che si ha della donna è ancora legata ai vecchi schemi della società patriarcale che ha dominato n di ce mbre 2014 - per oltre cinquemila anni. La donna deve pagare ancora oggi molto spesso il peso dei ruoli antichi e fa il doppio della fatica rispetto a un uomo. La competizione tra due parti si dice equa solo se i partecipanti si misurano ad armi pari. Sembra anche banale ma non lo è. La donna combatte con il doppio del peso sulle spalle e le statistiche lo confermano; maggior numero di donne laureate e con voti mediamente più alti degli uomini e poi, dove finiscono tutte queste meravigliose e talentuose donne? È oramai evidente e dimostrato che lasciare in secondo piano le donne fa perdere importanti opportunità di crescita e questo vale per ogni ambito, sia economico che politico, (anche sindacale...). È facilmente dimostrabile che se il talento è distribuito in maniera equilibrata e uguale tra uomini e donne, qualora vengano scelti in prevalenza uomini, allora si perde la metà dei talenti. Importanti economisti e anche la stessa McKinsey hanno dimostrato che i team misti danno risultati di performance migliori. Ma i dati sono ancora sconfortanti e il famoso soffitto di cristallo visto dal basso sembra appena incrinato. Le donne ai posti di comando sono ancora poche, molto poche, troppo poche. Irene Olenich – Barbara Pungetti In cont ri SOCIETÀ n PUBBLICITÀ E RAPPRESENTAZIONE DI GENERE Valorizzare di più il modello dei fuori forma, uomini e donne Le due ragazze nella foto sono state riprese l'una da un settimanale di moda femminile e l'altra da un giornale per uomini e, mentre la prima pubblicizza un prodotto, la seconda rappresenta solo se stessa. Questa e diverse tante altre immagini sono servite all'Art Directors Club Italiano a classificare 12 “tipi” di donna rappresentati nella pubblicità italiana, partendo però da una domanda fondamentale: quando la pubblicità italiana rappresenta la donna e l'uomo, lo fa in modo paritario? L'indagine, presentata da Massimo Guastini alla Camera dei Deputati all'interno del report “Rosa shocking. Violenza stereotipi... e altre questioni di genere”, ha preso in considerazione e catalogato quasi 20 mila campagne, valorizzando per un unico mese (dicembre 2013) anche gli investimenti pubblicitari. Secondo questa ricerca il 37,5% delle donne sono descritte come modelle, il 19% come grechine (nel senso di puramente ornamentali), il 14% sono professioniste, il 12,5% disponibili sessualmente, il 7% madri, il 3,6% interrotte (ovvero inquadrate solo a pezzi), e con percentuali minori troviamo le emotive, i manichini, le mogli, le sportive e le innamorate. Gli uomini invece sono al 66% professionisti, per il 14% modelli, per il 7% sportivi, il 5,6% padri, il 3,3% gre- chini, l',1% mariti, l'1,3 interrotti, lo 0,96% sessualmente disponibili. Secondo questa rilevazione non esistono uomini emotivi. In Italia si racconta una realtà immaginaria: addirittura, valutando il tasso di occupazione che emerge dalla rappresentazione pubblicitaria, mentre gli uomini lavorano un po' di più rispetto ai dati Istat (66,1% contro il 64,7% Istat agosto 2014), le donne, che già lavorano poco (46,5% Istat agosto 2014), per la pubblicità sono soltanto il 14%. Se dovessimo prendere per vero quanto viene raccontato, allora le donne, oltre a essere madri, innamorate, sportive, professioniste, e fino a qui ci potrebbero stare, dovrebbero anche passeggiare giulive in bicicletta dopo aver accompagnato i bambini a scuola, perché “le mamme non si fermano mai” e dovrebbero gioire esageratamente per l'acquisto dell'ultimo modello di frigorifero ed essere disponibili sessualmente mentre assaggiano un piatto di pasta o acquistano una borsa. Gli uomini, invece, impegnati e spor- Incon tri - di cembre 2 014 n tivi, dovrebbero ogni tanto andare al supermercato, o per gestirlo, salvando le casalinghe dalla crisi con un carrello di prodotti a prezzi bloccati, o per fare la spesa, ponendosi interrogativi esistenziali sui costi di tenuta di un conto corrente. “Le grandi domande sono cambiate”, e qui la pubblicità ha ragione: gli stereotipi fanno vendere, ma a chi e come? Con una realtà in continua metamorfosi, non sarebbe più produttivo e utile investire anche per quel pubblico, maggioritario, fatto di donne e uomini normali, forse un po' fuori forma, ma magari ricchi di talento? E invece di spendere 65,7mln in un mese (come rivela l'indagine Ipsos) per rappresentare donne seduttive, non sarebbe più sostenibile e inno- vativo destinare una parte di queste risorse alle Onlus che spendono in un anno 16 mln per contrastare la violenza sulle donne? Oltretutto le donazioni si scaricano fiscalmente e hanno un notevole ritorno in immagine. 17 Elisabetta Giustiniani n LEGALE OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA a cura di Claudio Minolfi n Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro Sentenza n° 8006 del 4 aprile 2014 “ ... la Corte di Cassazione non esclude per nulla che il lavoratore possa essere ristorato di ogni ulteriore danno “ ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL LAVORATORE: OLTRE AL RISARCIMENTO PER LE MANCATE RETRIBUZIONI È POSSIBILE ANCHE IL RISARCIMENTO DEL DANNO PER DISCREDITO PROFESSIONALE La Corte d’Appello di Roma, parzialmente riformando una precedente decisione del Tribunale, confermava l’illegittimità del licenziamento di un lavoratore dipendente, con obbligo di reintegro nel posto di lavoro e risarcimento del danno, ai sensi dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, nella misura di tre annualità dalla cessazione del rapporto. Tale commisurazione del danno così come ormai secondo un consolidato filone giurisprudenziale che considera l’arco temporale del triennio sufficientemente ampio per una possibile ricollocazione lavorativa, veniva concessa modificando la decisione del Tribunale che aveva ravvisato l’impossibilità di determinare l’effettivo ammontare del danno se non in via equitativa. Pur ritenendolo valido come principio, i Giudici della Suprema Corte hanno, però, rilevato che in sede d’Appello, quasi assumendo come limite assoluto per la liquidazione del danno il triennio dalla cessazione del rapporto, è stata pretermessa ogni decisione in ordine al risarcimento degli ulteriori danni patrimoniali e non patrimoniali rivenienti dallo screditamento professionale. Concludendo che sia possibile una predeterminazione legale del danno risarcibile al lavoratore, anche rapportandolo alla retribuzione dal giorno del licenziamento a quello dell’eventuale reintegro, la Corte di Cassazione non esclude per nulla, come nel caso in esame, che il lavoratore possa essere ristorato di ogni ulteriore danno derivatogli dall’illegittimo licenziamento. derivatogli dall’illegittimo licenziamento n Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro Sentenza n° 22280 del 21 ottobre 2014 18 n di ce mbre 2014 - “ In cont ri La normativa invocata pone l’obbligo di garantire la sicurezza dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi al lavoro “ NESSUN RISARCIMENTO AL DIPENDENTE CHE SCIVOLA SU UNA MATITA NON POTENDOSI CONFIGURARE RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO IN TEMA DI SICUREZZA Reclamato da una lavoratrice dipendente il risarcimento dei gravi danni subìti, per essere sul luogo di lavoro scivolata su una matita, la Corte di Cassazione con sentenza del 21 ottobre 2014 ha confermato le decisioni dei precedenti gradi di giudizio con cui tale indennizzo era stato negato. Già la Suprema Corte in altro giudizio, instaurato per il medesimo caso, aveva ritenuto ben valutate, sia dai Giudici di prima istanza che da quelli del merito, tutte le circostanze che ebbero a caratterizzare la vicenda, escludendo che l’infortunio fosse indennizzabile perché il rischio non era diverso da quello di ogni altro individuo che si sposti a piedi non per ragioni di ufficio. Era stato, quindi, radicato dalla lavoratrice il nuovo giudizio, adducendo l’inottemperanza dell’Ente da cui dipendeva alle prescrizioni sancite dalla Direttiva CEE (n. 331/89) sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. La normativa invocata pone l’obbligo di garantire la sicurezza dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi al lavoro, senza però precludere la facoltà degli Stati membri di prevedere esclusioni di responsabilità per circostanze eccezionali o imprevedibili, comunque inevitabili. Sulla scorta di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha quindi inteso ulteriormente confermare, non rilevandosi tra le norme invocate specifiche disposizioni, di non potersi ravvisare inadempienze da parte del datore di lavoro. S I N D A C AT O n 2014 ADDIO, MA IL 2015... ANCORA RISTRUTTURAZIONI Chiusi importanti accordi nel Gruppo UBI, altrove prosegue il confronto e si aprono nuovi tavoli Il 2014 sta finendo, così come era iniziato. Le trattative per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro sono interrotte e non per volontà delle Organizzazioni sindacali come “qualcuno” vorrebbe far credere. Gli unici Accordi che vengono sottoscritti sono quelli relativi a esodi, ristrutturazioni e riorganizzazioni aziendali. Insomma, niente di nuovo. In questo difficilissimo contesto, unicamente le Parti Sociali dimostrano la responsabilità di non lasciare soli i lavoratori come invece auspicherebbero coloro che intendono esclusivamente ridurne i diritti, acquisiti e conquistati nel tempo, a fronte di enormi sacrifici. Nonostante lo scenario economico congiunturale particolarmente compromesso, nel Gruppo Unione di Banche Italiane (UBI) si è pervenuti alla firma di una serie di importanti Accordi a tutela e garanzia di tutto il Personale dipendente. Il Progetto di riorganizzazione – artt. 18, 20 e 21 CCNL 19/1/2012 “Tensioni occupazionali e Assetto distributivo” – presentato dall’Azienda prevedeva 1.277 esuberi, di cui 500 da gestire tramite il Fondo Esuberi e 777 FTE (Full Time Equivalent), la chiusura di 116 tra sportelli e mini-sportelli, nonché il superamento di alcuni istituti di secondo livello come, per esempio, la rivisitazione al ribasso dei rimborsi chilometrici. La procedura si è conclusa con l’adozione di un piano di esodi anticipati e volontari per 500 dipendenti; l’assunzione di 150 nuove risorse e la stabilizzazione di ulteriori 130 lavoratori precari; la possibilità di usufruire di periodi di congedo/aspettativa parzialmente retribuiti (40% con riconoscimento della contribuzione obbligatoria) da utilizzare sia a “giornate” sia a “mesi” – max 11; l’impegno ad acco- gliere favorevolmente le richieste di part-time – durata 4 anni – e la proroga automatica di 48 mesi per i contratti già in essere aventi scadenza entro il 31/12/19, salvo diversa richiesta del lavoratore, oltre alla salvaguardia del percorso inquadramentale per i colleghi interessati dalle modifiche del nuovo modello distributivo. Per quanto riguarda l’adesione al piano esodi anticipati, per coloro che matureranno il diritto alla pensione non oltre l’1/1/16 è prevista una incentivazione da 6 a 15 mensilità in funzione dell’età anagrafica; per i lavoratori che matureranno il diritto successivamente all’1/1/16 ed entro l’1/4/20, il Protocollo prevede l’accesso al Fondo di Solidarietà con un trattamento economico netto pari all’85% dell’ultima retribuzione mensile. A tutti coloro che aderiranno saranno garantite le condizioni bancarie, la copertura sanitaria e le polizze assicurative attualmente vigenti per i dipendenti in attività. Nessuna forzatura sugli Accordi di secondo livello in essere e sulla contrattazione aziendale, prorogati per 18 mesi. Sempre in tema di “ristrutturazioni” – il solo argomento che sembri interes- Incon tri - di cembre 2 014 n sare il management – sono avviati tavoli di confronto, alcuni di recente apertura, anche nel Gruppo Veneto Banca, che dichiara circa 80 risorse in eccedenza; nel Gruppo Bper (Banca Popolare Emilia Romagna), dove il numero degli esuberi è quantificato in circa 100 unità e in Dexia Crediop, con 61 i lavoratori coinvolti in questa fase, dove continua il run-off deciso dalla Commissione Europea su proposta dei governi belga, francese e lussemburghese. Purtroppo, nonostante lo sforzo di tutti i lavoratori e delle Organizzazioni sindacali, le prospettive per l’anno a venire non sono migliori rispetto alla situazione attuale. Sarebbe utile e necessario, ora, quel famoso salto di qualità che i nostri manager non riescono o non vogliono fare. L’auspicio, da “vecchio bancario”, è che i banchieri tornino a fare il loro mestiere di “veri banchieri”. Riconsiderino, come sempre hanno fatto in passato, di valorizzare i propri dipendenti, tralasciando quelle costose e inefficienti “consulenze manageriali” che hanno portato a questa complicata situazione. S.B. 19 n S I N D A C AT O SINDIRCASSE CHIUDE DOPO 60 ANNI DI STORIA Si conclude una pagina importante del credito di “prossimità” alla piccole e medie imprese Il 16 settembre 2014 a Riccione si è consumato l’ultimo e definitivo atto che ha sancito la fine del glorioso Sindircasse. Si tratta di un istituto nato 60 anni fa e che il 1° gennaio 2004 decise di unirsi ai vari sindacati che rappresentavano, in settori diversi, il Personale Direttivo bancario. La scelta fu determinata dalla rivoluzione che aveva individuato nelle grandi aggregazioni di banche, seguendo la dottrina anglosassone, la migliore tutela per l’economia nazionale, ponendo quest’ultima al riparo da probabili e pericolosi default che sarebbero stati catastrofici per il mondo produttivo. Se dovessi esprimermi secondo il luogo comune per il quale “grande è bello e sicuro”, direi, in questo caso, che la realtà si è rivelata totalmente inadeguata alle aspettative, tranne il fatto che qualcuno, o meglio i soliti noti, hanno tratto da questa operazione guadagni inimmaginabili. Peccato che tutto questo sia andato a discapito del finanziamento dell’economia territoriale con contraccolpi drammatici sul nostro sistema produttivo che notoriamente si basa per l’85/90% su PMI (Piccole Medie Imprese) che hanno essenzialmente sede nel territorio nel quale hanno preso l’avvio. La funzione primaria di una banca che si alimenta con denaro della collettività, è quello di sostenere progetti economici validi, finanziandoli. Ma come può un grande gruppo guidato da persone raziocinanti, nelle sedi di Milano o Roma, adempiere al suo scopo principale – che è quello di finanziare l’economia territoriale – se di quest’ultima non sa nulla e, per di più, lascia alle periferie una agibilità limitatissima? Bene, le Casse di Risparmio sparse su tutto il territorio, adempivano corret- 20 tamente e puntualmente alla loro missione anche per la diretta conoscenza delle aziende e dell’economia del territorio. Il Sindircasse aveva la possibilità di essere vicino al Personale Direttivo collaborando spesso per il bene e del Personale stesso e della Cassa per non dimenticare gli Operatori Economici del territorio. Si è voluto spazzare via le Casse e le piccole Banche incorporandole in grandi gruppi, facendo perdere loro le caratterizzazioni che le distinguevano e snaturando il rapporto tra banche ed esigenze del territorio. E, con questa sciagurata operazione, non si è tenuto conto che la nostra economia, come tutti sanno, è distribuita in maniera frammentata nelle realtà locali e che questa frammentazione è difficilmente gestibile dal grande gruppo. C’è da chiedersi come mai in Germania, Francia e altrove in Europa permangono numerosissime Casse di Risparmio. E la risposta è molto semplice: in questi Paesi si è capita la loro grande funzione a supporto dell’economia territoriale. In questi luoghi il legame con i bisogni locali è molto forte. In Italia abbiamo deciso per la loro “in- n di ce mbre 2014 - corporazione” seguendo modelli che non appartengono alla nostra cultura filosofica, sociale ed economica. Si tratta di distorte chiavi interpretative del nostro contesto socio-economico che stanno alla base della nostra decisione di unirci alle altre componenti sindacali per tutelare tutto il Personale Bancario che ormai è teso a uniformarsi ai modelli di tipo anglosassone. Il 16 settembre 2014 si è disattivata una parte della nostra cultura. Un caloroso abbraccio a tutti coloro che, in 50 anni di attività del Sindircasse, hanno condiviso, con me e prima di me, una filosofia vincente della “prossimità del credito” anche se non è stato possibile svilupparla secondo le nostre aspettative. In cont ri Emilio Meiattini Ultimo Presidente di Sindircasse ncontri I idee&fatti DISABILITÀ E LAVORO cosa prevede la legge n S P E C I A L E I N S E RTO 27 dicembre 2014 anno IV n S P E C I A L E I N S E RTO DISABILITÀ E LAVORO cosa prevede la legge 3 LEGGE 104/1992 5 CONGEDI PER CAUSE PARTICOLARI E GRAVI MOTIVI FAMILIARI 7 PERMESSI PER CURE MEDICHE PER INVALIDI SUPERIORI AL MALATTIE ONCOLOGICHE 50% “Disabilità e lavoro” è una guida contenente i principali aspetti legislativi che riguardano la materia della disabilità nel mondo del lavoro e vuole rappresentare un utile strumento a supporto del lavoratore il quale si trova, durante la propria vita lavorativa, a dover prestare assistenza a un familiare con disabilità o a esserne egli stesso affetto. Questo breve compendio illustra le tutele di legge, grazie alle quali è possibile conciliare, nel delicato universo dell’inabilità, la sfera personale del lavoratore con la vita professionale. II Testi a cura di DirCredito -Segreteria interprovinciale , Parma, Piacenza, Reggio Emilia n di c em bre 2014 - In cont ri D ISABILITÀ E L AVORO cosa prevede la legge DISABILITÀ E LAVORO cosa prevede la legge LEGGE 104/1992 (aggiornata alla Legge 4 novembre 2010 n.183) La Legge 104/1992 è la Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone portatrici di handicap. Per persone portatrici di handicap si intendono coloro che hanno minorazioni fisiche, psichiche, sensoriali che generano problemi di apprendimento, relazionali e di integrazione sociale e lavorativa che possono provocare anche emarginazione. Ai sensi dell’art. 3, comma 3 della legge 104/92, l’handicap è grave quando la menomazione rende indispensabile l’assistenza permanente avendo ridotto la capacità di autonomia personale del soggetto. n Permessi retribuiti La legge 104 prevede la fruizione di permessi retribuiti per i lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico, in questi casi e con le modalità indicate: m Lavoratori dipendenti cui è stata accertata la disabilità grave: 2 ore al giorno o 3 giorni al mese frazionabili in ore; m Lavoratori dipendenti con figli affetti da disabilità grave al di sotto dei 3 anni di età: prolungamento del congedo parentale retribuito (30% della retribuzione) per un periodo massimo complessivo di tre anni, fruibile in maniera continuativa o frazionata, a patto che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno e salvo che tale ricovero sia presso istituti specializzati e sia richiesta la presenza del genitore; o in alternativa 2 ore al giorno oppure 3 giorni al mese frazionabili anche in ore; m Lavoratori dipendenti che sono coniugi, parenti o affini entro il 2° di persone affette da disabilità grave: 3 giorni al mese anche frazionabili in ore. Se il coniuge o i genitori della persona affetta da disabilità grave abbiano compiuto 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da disabilità o deceduti, il diritto di fruizione In c on tr i - può essere esteso ai parenti o affini di 3°di persone affette da disabilità grave. I 3 giorni di permesso al mese possono essere fruiti dai genitori di minori di 3 anni con disabilità grave. Ai sensi del Msg 15995/07 se i permessi giornalieri sono utilizzati frazionandoli in ore, c’è un limite orario mensile, che è uguale all'orario normale di lavoro settimanale diviso il numero dei giorni lavorativi settimanali per 3 (msg 16866/2007). 1° esempio orario settimanale 37,5 ore/5 giorni lavorativi = 7,5 x 3 = ore mensili fruibili 22,5; 2° esempio orario settimanale 36 ore/6 giorni lavorativi = 6 x 3 = ore mensili fruibili 18. In caso di part time verticale, il monte ore va riproporzionato, così come, nell’eventualità di assistenza per periodo inferiore al mese intero, le 3 giornate sono riconosciute in 1/3 (una ogni 10 gg. di assistenza – circ. Inps n. 128/2003). di cemb re 2 01 4 n III n S P E C I A L E I N S E RTO 1990, n. 295, che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali…). A decorrere dal 1. 1.2010 tali commissioni sono integrate da un medico dell’Inps (Circ. 162/93, punto 1, Circ. 80/95, punto 1, circ. 32/2006, circ. 131/2009). m Non ricovero a tempo pieno della persona in situazione di disabilità grave, ad eccezione dei seguenti casi: q interruzione del ricovero a tempo pieno per esigenza del disabile di uscire dalla struttura che lo ospita per sottoporsi a visite/cure certificate; q ricovero a tempo pieno di disabile in stato vegetativo persistente e/o terminale; q ricovero a tempo pieno di minore con disabilità in situazione di gravità per il quale risulti certificato dalla struttura ospedaliera il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare, ipotesi già prevista per i bambini fino a tre anni di età. n Si ricorda che la fruizione dei permessi spetta ad un solo beneficiario con l’unica eccezione per i genitori di figli cui è riconosciuta la disabilità grave che possono fruire dei permessi alternativamente con il limite dei tre giorni al mese. Requisiti ai sensi di legge I requisiti per diventare titolari dei permessi ex legge 104 sono i seguenti: m essere lavoratori dipendenti (anche se con rapporto di lavoro part time); m la persona che chiede o per la quale si chiedono i permessi abbia un handicap grave ai sensi dell’art. 3 comma 3 della legge 104/92 (...”Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici”…) riconosciuta dalla commissione della ASL (ex art. 4, comma 1 L. 104/92…” 4. Accertamento dell'handicap. - 1. Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell'intervento assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale residua, di cui all'articolo 3, sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre IV Per usufruire dei permessi retribuiti ex legge 104/1992 ai fini dell’assistenza di un familiare con disabilità grave residente in un comune distante più di 150 km rispetto al comune di residenza del dipendente, quest’ultimo dovrà tutte le volte documentare l’assistenza prestata a tale familiare consegnando al datore di lavoro il titolo di viaggio o altro documento idoneo. n Quanto spetta I permessi presi a giorni saranno indennizzati sulla base della retribuzione effettivamente corrisposta; m m I permessi a ore saranno indennizzati sulla base della retribuzione effettivamente corrisposta; m Il prolungamento dell’astensione facoltativa fino al 3° anno di vita del bambino sarà indennizzato al 30% della retribuzione effettivamente corrisposta. Permessi retribuiti e assegni nucleo familiare Durante la fruizione dei permessi retribuiti si ha diritto anche all'assegno per il nucleo familiare. n n di c em bre 2014 - In cont ri D ISABILITÀ E n Congedo straordinario per assistenza di familiare con disabilità grave Il dipendente con familiare affetto da disabilità grave ex legge 104/1992 ha diritto, entro sessanta giorni dalla richiesta, a fruire del congedo retribuito, continuativo o frazionato, ai fini della sua assistenza per la durata massima di due anni (nell’arco della vita lavorativa), purché il familiare stesso non sia ricoverato a tempo pieno, oppure lo sia ma i suoi medici richiedano la presenza di chi lo assiste. Il congedo può essere fruito con la seguente priorità da: a) coniuge convivente della persona gravemente disabile; Per mancanza, o decesso, o in presenza di patologie invalidanti (patologie aventi il carattere della permanenza e definite nell’art. 2, comma 1 lettera d) numeri 1,2,e 3 del DM n. 278/00) del coniuge convivente ha diritto al congedo: b) il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, del portatore di handicap grave. Il congedo è riconosciuto al genitore richiedente: - anche se l'altro genitore non ne abbia diritto (ad es. è casalingo/a, non svolge attività lavorativa, è lavoratore autonomo); - anche se l’altro genitore, nello stesso periodo, fruisce del congedo di maternità/paternità -anche per adozioneo del congedo parentale -anche per adozione per il medesimo figlio. Qualora ci sia mancanza o decesso, o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente e di entrambi i genitori ha diritto a fruire del congedo: c) un figlio convivente con la persona affetta da disabilità grave. In caso di mancanza, o decesso, o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, di entrambi i genitori e dei figli conviventi ha diritto al congedo: d) un fratello o una sorella convivente con il portatore di handicap grave. L AVORO cosa prevede la legge CONGEDI PER CAUSE PARTICOLARI E GRAVI MOTIVI FAMILIARI (Legge 53/2000) La Legge 8 marzo 2000, n. 53 prevede, all'articolo 4, la concessione di congedi per cause particolari. Il Decreto 278 del 21 luglio 2000 emanato dal Ministero della Solidarietà, ha indicato le modalità di accesso e fruizione di questi congedi. Esistono due forme di flessibilità: i permessi retribuiti per il decesso o grave infermità di un familiare; i congedi non retribuiti per gravi motivi familiari. I tre giorni di permesso retribuito all'anno sono concessi per decesso o grave infermità del coniuge, anche se legalmente separato, del parente entro il secondo grado, anche non convivente. Sono altresì previsti nel caso in cui il decesso riguardi un componente della famiglia anagrafica, quindi anche nell'ipotesi della famiglia di fatto. Nei giorni di permesso non sono considerati i giorni festivi o non lavorativi e sono cumulabili con quelli concessi ai sensi dell'articolo 33 della Legge 104/1992 (lavoratori disabili e familiari di persone con handicap grave). L'interessato comunica previamente al datore di lavoro l'evento che dà titolo al permesso e i giorni nei quali esso sarà utilizzato. I giorni di permesso devono essere utilizzati entro sette giorni dal decesso o dall'accertamento dell'insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere a conseguenti specifici interventi terapeutici. In caso di mancanza, o decesso, o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, di entrambi i genitori, dei figli conviventi e dei fratelli o delle sorelle conviventi ha diritto a fruire del congedo: e) un parente o un affine entro il 3° grado convivente con il soggetto portatore di handicap grave. Quanto spetta Il congedo di cui sopra sarà indennizzato sulla base dell’ultima retribuzione, la contribuzione è figurativa. n In c on tr i - di cemb re 2 01 4 n V n S P E C I A L E I N S E RTO È possibile concordare con il datore di lavoro la fruizione dei tre giorni di permesso in modo continuato o frazionato e, in alternativa alla fruizione continua dei tre giorni, concordare una riduzione dell'orario lavorativo. Tale riduzione dell'orario di lavoro deve avere inizio entro sette giorni dall'accertamento dell'insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere agli interventi terapeutici ed è necessario presentare la documentazione relativa alla grave infermità rilasciata da un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato, dal medico di medicina generale oppure dal pediatra di libera scelta; la documentazione va presentata entro cinque giorni dalla ripresa del lavoro. Per il decesso, va presentata la relativa certificazione oppure una dichiarazione sostitutiva. I tre giorni l'anno sono relativi al lavoratore e non ai familiari cui si riferisce il permesso. Se nel corso dello stesso anno un lavoratore si imbatte in due situazioni di grave infermità di due diversi parenti, avrà comunque diritto a tre sole giornate di permesso. Potrà comunque ricorrere, in modo frazionato, al congedo non retribuito per gravi motivi familiari. Tale congedo è pari a due anni nell'arco della vita lavorativa e può essere utilizzato anche in modo frazionato. I gravi motivi devono riguardare i soggetti di cui all'articolo 433 del Codice Civile (coniuge, figli legittimi, legittimati, adottivi, genitori, generi e nuore, suoceri, fratelli e sorelle) anche non conviventi, nonché i portatori di handicap parenti o affini entro il terzo grado. Il congedo può essere richiesto anche per i componenti della famiglia anagrafica indipendentemente dal grado di parentela, ammettendo quindi anche la famiglia di fatto. Il Decreto Ministeriale 278/2000 elenca le necessità familiari derivanti dalle seguenti cause: a) necessità derivanti dal decesso di un familiare; b) situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura o nell'assistenza di familiari; c) situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo. Sono considerate "gravi motivi" le seguenti patologie, che non colpiscano direttamente il lavoratore richiedente: 1. patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell'autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche; 2. patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali; 3. patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario; 4. patologie dell'infanzia e dell'età evolutiva per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richieda il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà. Il congedo (anche frazionato) può essere richiesto anche per il decesso di un familiare nel caso in cui il lavoratore per esempio perché ha già usufruito dei tre giorni di permesso l’anno. La documentazione relativa alle patologie viene rilasciata da un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato, dal medico di medicina generale (medico di famiglia) oppure dal pediatra di libera scelta. La documentazione va presentata contestualmente alla richiesta di congedo. Entro 10 giorni dalla richiesta del congedo, il datore di lavoro è tenuto ad esprimersi sulla stessa e a comunicarne l'esito al dipendente. Il diniego, o il rinvio a un periodo successivo o la concessione parziale del congedo, devono essere motivati in base alle condizioni previste dal Decreto Ministeriale 278/2000 e da ragioni organizzative e produttive. VI Su richiesta del dipendente, la domanda deve essere riesaminata nei successivi 20 giorni. n di c em bre 2014 - In cont ri D ISABILITÀ n E Cumulabilità dei congedi il congedo straordinario ex legge 104/1992 è cumulabile con permessi orari o giornalieri per l’assistenza del familiare portatore di handicap, a condizione che il lavoratore che ne fruisca sia l’unico beneficiario del congedo e dei permessi e l’utilizzo del congedo avvenga in giorni diversi da quelli in cui si utilizzano tali permessi, ad eccezione dei genitori che assistono lo stesso figlio con handicap grave, laddove congedo e permessi possono essere fruiti alternativamente tra i genitori, anche adottivi o affidatari, solo se nello stesso giorno in cui uno dei genitori fruisca del congedo l’altro non fruisca dei permessi; m m il congedo straordinario è cumulabile con il congedo per gravi motivi, di cui all’art. 4, comma 2, della L. n. 53/00, nel limite massimo complessivo, tra le due tipologie di congedo, di 2 anni durante tutta la vita lavorativa del dipendente che dà assistenza al portatore di handicap. Riportando come esempio quello di un genitore che utilizza 6 mesi di congedo straordinario per assistere un figlio portatore di handicap, potrà fruire di 1 anno e 6 mesi di “congedo per gravi motivi”. Tenendo presente che il portatore di handicap ha diritto ad essere assistito per congedo straordinario per 2 anni al massimo, in questo caso (genitore che ha fruito di 1 anno e 6 mesi di congedo per gravi motivi e i rimanenti 6 mesi di congedo straordinario) il periodo residuo al raggiungimento dei 2 anni potrà essere fruito dall’altro genitore (purché questi non abbia mai fruito di congedo per motivi familiari o ne abbia beneficiato per non oltre 6 mesi). In c on tr i - L AVORO cosa prevede la legge PERMESSI PER CURE MEDICHE PER INVALIDI SUPERIORI AL 50% Alla luce del combinato disposto dell'art. 26 della legge 118/71 e dell'art. 10 del d.lgs. 509/88, attualmente i lavoratori mutilati ed invalidi civili ai quali sia riconosciuta una riduzione dell'attitudine lavorativa superiore al 50% possono fruire ogni anno di un congedo straordinario non superiore a trenta giorni per le cure connesse alla loro infermità, riconosciuta dalle competenti strutture mediche. Ogni anno va fatta richiesta al datore di lavoro dell’apertura del relativo plafond di ore e dopo l’utilizzo va presentata idonea documentazione delle avvenute cure da parte della struttura sanitaria presso cui sono state svolte. MALATTIE ONCOLOGICHE Per i soggetti con patologie oncologiche la legge 80/2006, art. 6, ha introdotto un iter accelerato di accertamento da parte della commissione medica dell’Asl appositamente adibita. In questi casi l’accertamento deve avvenire entro 15 giorni dalla data di presentazione della domanda da parte dell’interessato e gli esiti dell’accertamento hanno un’efficacia immediata. Le Commissioni Mediche di Verifica Provinciali, istituite presso l’Inps per la verifica dei verbali di riconoscimento emanati dalle Asl, dovranno concludere l’iter entro 30 giorni dalla consegna degli stessi dalle Asl. Il criterio medico di valutazione della patologia oncologica dovrà considerare la prognosi, con la distinzione di due ipotesi: prognosi favorevole e prognosi infausta o probabilmente sfavorevole. Nell’ipotesi di prognosi favorevole, la percentuale potrà variare dall’11% al 70%; nella seconda ipotesi, l’invalidità è attribuita al 100%. Se il grado di invalidità riconosciuto è superiore al 74%, il portatore di patologia oncologica, potrà beneficiare della pensione di invalidità civile; la prestazione è di carattere assistenziale, prescinde da eventuale contribuzione versata e viene concessa solo in presenza di determinati requisiti reddituali. Anche l’accertamento dell’handicap grave ai sensi della legge 104/92 deve avvenire entro i termini disposti dalla legge 80/2006. Anche per le patologie oncologiche si fa necessariamente riferimento alla legge 104/92. di cemb re 2 01 4 n VII n S P E C I A L E I N S E RTO n Indennità di accompagnamento Le persone affette da patologie oncologiche e debilitate dalla chemioterapia o radioterapia possono ottenere l’indennità di accompagnamento (Corte di Cassazione, sentenza 10212/2004). Il malato può beneficiarne se, debilitato dal trattamento, non è in grado autonomamente di raggiungere l’ospedale e necessita di un accompagnatore; per poter beneficiare di tale indennità quindi, oltre a essere sottoposti al trattamento di chemioterapia occorre contestualmente l’impossibilità di deambulare autonomamente. Amministratore di sostegno Per le persone affette da patologie oncologiche, soprattutto nella fase terminale della malattia, potrebbe essere necessario ricorrere ad una forma di tutela nei confronti di quei soggetti che presentino una limitata autonomia d’agire. n tempo pieno a tempo parziale, ha il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo pieno per l'espletamento di mansioni analoghe o equivalenti a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale. I familiari del malato di tumore hanno la priorità rispetto agli altri lavoratori nel chiedere il passaggio dal tempo pieno al tempo parziale per prendersi cura del congiunto. Permessi per cure mediche per invalidi superiori al 50% (malattia oncologica) n Anche Il lavoratore malato di cancro cui sia stata riconosciuta un'invalidità superiore al 50%, ha diritto a 30 giorni all'anno (anche non continuativi) di congedo retribuito per cure mediche connesse con lo stato di invalidità. L’amministrazione di sostegno ex legge 6/2004, non priva completamente il soggetto della capacità d’agire. Il giudice tutelare nomina un amministratore di sostegno (che può anche essere designato dalla stesso interessato) per assicurare alla persona una migliore tutela dei propri interessi ed interverrà solo nelle situazioni che potrebbero maggiormente compromettere l’integrità del patrimonio coinvolto. n Part-time Il malato di cancro dipendente a tempo pieno con ridotta capacità lavorativa (anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita) gode di specifica tutela, giacché gli è riconosciuto il diritto di chiedere e ottenere dal datore di lavoro il passaggio dal tempo pieno al tempo parziale, mantenendo il posto, fino a quando il miglioramento delle condizioni di salute non gli consentirà di riprendere il normale orario di lavoro (art.12bis del Dlgs 61/2000 come modificato dall’art.46 D.Lgs 276/2003). Quindi può richiedere il passaggio al tempo parziale, con riduzione proporzionale dello stipendio, conservando il diritto al posto di lavoro e a ritornare a orario e stipendio pieni quando avrà recuperato la capacità lavorativa. Inoltre, una volta trasformato il rapporto di lavoro da VIII n di c em bre 2014 - In cont ri LEGALE n IL FILO D’ARIANNA Suggerimenti per districarsi nel labirinto della vita quotidiana SE IL "GRATTINO" PER IL PARCHEGGIO ORARIO È SCADUTO, NON È VALIDA LA MULTA PER DIVIETO DI SOSTA Come del resto confermato dal parere del Ministero dei Trasporti, la multa irrogata perché il grattino, pagato per la sosta nelle strisce blu, è scaduto, non è regolare. Al contrario di quanto accade allorché la sosta sia vietata in senso assoluto, circostanza per la quale la sanzione è specificatamente prevista, se la possibilità di parcheggiare l'auto è consentita a tempo illimitato o a ore pagando un corrispettivo, sarà legittima la contravvenzione unicamente se risultasse del tutto impagato il dovuto ticket. Qualora invece il permesso orario fosse scaduto, sarebbe dovuta solo la differenza sulla tariffa non corrisposta per il periodo tra l'orario indicato sul ticket e il momento del rilievo, oltre a un'eventuale penale se prevista dal regolamento del gestore del parcheggio, e ciò non per un'infrazione alle norme sulla circolazione, ma in virtù di un nascente diritto di credito di natura, quindi, privatistica. Si tratterebbe, in definitiva, di una sorta d'inadempienza contrattuale e non già di una violazione al Codice della Strada, come abitualmente sanzionata. Come però già in altri casi suggerito, considerato che la sanzione può variare dai 25,00 ai 99,00 euro e i diritti fissi da versare per opporsi giudizialmente ammontano a 43,00 euro, bisognerà attentamente valutare la convenienza economica della procedura da seguire per proporre la propria resistenza alla contravvenzione comminata. I NUOVI CRITERI PER LA RIPARTIZIONE DELLE SPESE PER L'ASCENSORE CONDOMINIALE La nuova versione dell'articolo 1124 del Codice Civile, come varata dalla Riforma del Condominio entrata in vigore nel mese di giugno 2013, ha sensibilmente modificato la disciplina sulla ripartizione delle spese di manutenzione delle scale, estesa anche a quelle riguardanti l’ascensore. Mentre prima, infatti, queste ultime mutuavano la loro disciplina da quella prevista per le scale, l'indicata Riforma ha esplicitamente legato le due tipologie d'intervento, sancendo che “…le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono… La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l'altra metà esclusivamente in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo". Viene quindi con le nuove norme introdotto il principio della partecipazione alle spese, non solo di manutenzione degli ascensori, ma anche di quelle per la loro sostituzione, da parte di tutti i Proprietari, inclusi quelli degli appartamenti del piano terra, per metà del valore in proporzione ai millesimi di loro pertinenza, per l'ulteriore metà secondo l'uso che potenzialmente da essi ne viene fatto. Potrà poi, pertanto, incidere su tali divisioni proprio l’uso che, magari sulla scorta dei regolamenti condominiali, sarà diversamente individuabile per ogni condomino. Diversa disciplina sarà poi applicabile nel caso di creazione di un nuovo impianto dove non esisteva l'ascensore, trattandosi in tal caso di un vero e proprio intervento di tipo innovativo. Così come anche differente sarà il modus operandi nel caso di ascensore non condominiale, ma in comproprietà solo tra alcuni dei condomini. Claudio Minolfi Incon tri - di cembre 2 014 n 21 n PENSIONI RIFORME PENSIONI DI NUOVO IN CAMPO VOCI DI CORRIDOIO MA NON TROPPO Sotto tiro ci sarebbe la riforma Fornero e parte la sindrome da peggioramento IL SISTEMA PENSIONISTICO ITALIANO Da decenni ormai è entrato a far parte di diritto nel raggruppamento dei massimi sistemi, intorno ai quali si continua a discutere e a cambiare, senza però, mai pervenire a una conclusione certa e definitiva. A voler quantificare il numero delle riforme pensionistiche del passato, mini o max che siano state, sarebbe difficile pervenire a un risultato sicuro perché quasi tutti i governi, anche quelli cosiddetti balneari per la breve durata, hanno cercato di lasciare qualche segno, anche se, nella maggior parte dei casi, poco significativo. “ Ipotesi delle più fantasiose ma, per attuarle, bisognerà fare i conti, quelli veri e insindacabili, con l'oste... la Ragioneria Generale dello Stato, la quale chiederà da quali fonti finanziarie provengano della legge Fornero. 22 n di ce mbre 2014 - “ le coperture agli eventuali strappi LE VERE RIFORME In questo marasma generale, probabilmente, le uniche "vere" riforme che hanno finito coll'incidere in concreto sul sistema sono state quelle di Dini nel 1995 e della Fornero nel 2011. La prima, per certi versi aveva rivoluzionato il sistema, fissando il calcolo della pensione in base ai contributi effettivamente versati e non più in base alla retribuzione percepita, basando, inoltre, il tutto su due "pilastri": la previdenza obbligatoria (Inps e altri enti pubblici) e quella complementare che, attraverso la volontarietà, avrebbe offerto la possibilità di integrare la prima con una ulteriore pensione aggiuntiva. FORNERO, LACRIME E SANGUE La seconda riforma, più recente e più tristemente nota come riforma Fornero, risale a fine 2011 e ha comportato, anch'essa, importanti mutamenti, fra cui, l'abolizione delle pensioni d'anzianità, l'aumento dell'età a 66 anni per quelle di vecchiaia, l'estensione del calcolo contributivo, pro rata, a tutti i lavoratori. Questo sistema previdenziale, lanciato con intenti innovativi, per la sua articolata attuazione, si è rivelato destabilizzante per migliaia di lavoratori, appiedati alla vigilia del pensionamento. Certo, il risparmio previsto per il primi dieci anni, dal 2012 al 2021, quantificato intorno agli 80 miliardi di euro, era di quelli assai incidenti nelle voci del bilancio dello Stato ma a scapito di chi lo si è ben visto. E l'etica? Risanare le casse pubbliche, creando difficoltà ai soliti, inermi, cittadini, eticamente, per un paese civile, non sarebbe mai la soluzione più appropriata, perché genererebbe solo malumori e, soprattutto, iniquità. Ma, in Italia, tutto ciò è diventato realtà, prassi costante. In cont ri I GRANDI RISCHI DEL 2015 Così, a distanza, ormai, di tre anni di concreta sperimentazione, ecco ripresentarsi la necessità di mettere le mani alla riforma Fornero e, da affidabili voci di corridoi parlamentari e governativi, si apprende di chiacchierate, soprattutto, intorno all'introduzione di qualche elemento di flessibilità sull'età pensionabile, congiuntamente alla necessaria riforma dell'Inps, come istituto, ponendo, così, fine al suo commissariamento deliberato dopo la gestione Mastrapasqua. Di queste eventualità, nei mesi scorsi, ne hanno parlato anche il precedente Commissario straordinario Conti e quello attuale Treu, nonché il Ministro del Lavoro Poletti, ossia personaggi fra i più titolati a trattare l'argomento. UN REFERENDUM Intanto la Lega promuove un referendum. C'é, però una mina vagante, della quale poco si parla: il referendum proposto dalla Lega per l'abolizione totale della legge Fornero sconta l’imminenza del pronunciamento da parte della Corte Costituzionale. Qualora fosse riconosciuta l'ammissibilità di questo referendum, il Governo, per scongiurare una paurosa voragine nei conti pubblici conseguente alla cancellazione della riforma Fornero, non potrebbe non correre ai ripari con appropriati aggiustamenti risolutivi. Di conseguenza, a inizio 2015, se non una vera e propria riforma pensionistica, è, comunque, scontato più di un rattoppo al settore previdenziale per gettare acqua sul fuoco e calmare le ire popolari, per tanti versi più che giustificate. ESODATI PREGRESSI E FUTURI L’altro argomento dolente è quello degli Esodati. I sei decreti di salvaguardia applicati finora hanno consentito a circa 170.000 lavoratori di andare ugualmente in pensione con le regole vigenti prima dell'arrivo della Fornero. Tuttavia ne resterebbero da sistemare, secondo le stime dei vari comitati degli esodati, almeno altri 50.000. Ma non finisce qui, perché esiste sem- PENSIONI pre il problema, ancora irrisolto, di quella massa di lavoratori anziani che resterebbero privi di coperture sociali nel periodo intercorrente dalla perdita del lavoro al raggiungimento dei requisiti pensionistici. A questo proposito si vocifera di una "mini pensione" da anticipare nelle more della maturazione dei requisiti, o di uscite anticipate di qualche anno con penalizzazioni sull'assegno mensile. I CONTI SENZA L'OSTE Ipotesi delle più fantasiose ma, per attuarle, bisognerà fare i conti, quelli veri e insindacabili, con l'oste, rappresentato nella fattispecie dalla Ragioneria Generale dello Stato, la quale chiederà da quali fonti finanziarie provengano le coperture agli eventuali strappi della legge Fornero e allora qualche problema potrebbe sorgere perché i nostri politici sono tanto fervidi alle invenzioni "accontentatutti", quanto incapaci nella ricerca dei relativi fondi che, comunque, sembrerebbero non esserci. L'OPZIONE DONNA In base a una vecchia legge (n. 203) del 2004, esiste la possibilità per le donne lavoratrici con 57 anni di età e 35 di contributi di andare in pensione con l'assegno calcolato interamente col sistema contributivo. Questa possibilità, con chiusura della finestra dei requisiti al 2014, per la presentazione delle domande scadrebbe a fine 2015, ma l'Inps vorrebbe conti- Incon tri - di cembre 2 014 n n nuare ad accogliere le richieste anche per coloro che maturano i requisiti il prossimo anno, con ulteriore aggravio di costi rispetto alle previsioni iniziali. Sull’argomento qualcuno ipotizza di elevare l'età oltre il limite attualmente previsto dei 57 anni mentre si sta discutendo sul da farsi per la mancata rivalutazione dei contributi versati che, quest'anno, è risultata addirittura negativa nel contesto recessivo dell'economia. PEREQUAZIONE Ma nel mondo pensionistico non possono essere dimenticati i pensionati "veri", quelli che già percepiscono la pensione e continuano a essere penalizzati, da anni, per le mancate rivalutazioni perequative, annullate dai sistematici blocchi governativi. Nel corso del 2015 la Corte Costituzionale dovrebbe pronunciarsi, e stavolta speriamo in maniera chiara e definitiva, su questo annoso problema al quale anche il nostro Sindacato ha cercato di ovviare intentando tre specifiche cause. L'argomento pensioni, dunque, dopo le feste natalizie, con tutta questa carne al fuoco, sicuramente tornerà a essere d'attualità cosicché anche il governo Renzi, come peraltro tutti i precedenti, potrà metterci il suo marchio, si spera con esiti positivi sia per i pensionati che per i pensionandi, esodati compresi. 23 Dante Columbro n PENSIONI TETTO BLOCCATO PER LE PENSIONI D’ORO E PENALIZZAZIONE “ZERO” PER GLI UNDER 62 Pur se molto inferiori alle attese – soprattutto per gli esodati per cui non si spende una parola – alcuni interventi inseriti nell’ultima legge di Stabilità sembrano almeno indicare concreti segnali volti a limitare alcune delle tante anomalie prodotte tre anni fa dalla riforma Fornero. La prima tra esse attiene a un aspetto particolarmente anomalo, da noi peraltro segnalato già da molto tempo da queste pagine: l’incredibile effetto migliorativo sull’assegno pensionistico che si era introdotto in favore di coloro (compreso il citato Ministro) cui era data la possibilità (o l’obbligo) di continuare a lavorare oltre il limite dei 40 anni di contribuzione. Per effetto di ciò a questi lavoratori le maggiori quote calcolate a partire dal 2012 con il sistema contributivo venivano infatti a sommarsi (senza limite) a quelle già regolate dal sistema retributivo. Con l’introduzione del cosiddetto tetto sulle “pensioni d’oro” (si pensi ad esempio ai docenti universitari e ai magistrati, dalla vita lavorativa particolarmente lunga), questo effetto sarà adesso scongiurato, dato che nessuno potrà più percepire un assegno pensionistico superiore a quello che sarebbe spettato secondo il precedente sistema retributivo (di fatto quindi non più dell’80% dell’ultimo stipendio incassato). La seconda attiene invece ai lavoratori al di sotto dei 62 anni nella quale, in caso di raggiungimento della contribuzione massima introdotta dalla citata riforma previdenziale (in atto 42 anni e 6 mesi) la pensione non potrà essere più “penalizzata” in dipendenza del requisito anagrafico. Come recita infatti l’emendamento introdotto a iniziativa degli Onorevoli Gnecchi e Damiano, particolarmente attivi e competenti in materia, per loro “le riduzioni percentuali dei trattamenti pensionistici (1% per ogni anno di anticipo) non trovano applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017”. E ciò anche, è inoltre da precisare, se l’anzianità contributiva sia determinata da contributi da riscatto o figurativi e non solo da prestazione effettiva di lavoro. Non molto come si accennava, ma almeno questa volta fatti e non solo promesse che inducono a fanno sperare in ulteriori interventi correttivi da molte parti ritenuti indispensabili oltre che indifferibili. Giulio Pomar 24 n di ce mbre 2014 - In cont ri LEGALE n RESPONSABILITÀ PENALE AD AMPIO SPETTRO IN EQUITALIA Consigli utili dalla Corte di Cassazione sulle funzioni di pubblico ufficiale Le norme si applicano ma, per gli amici, ricorda un vecchio adagio, si interpretano. Si tratta, ovviamente, di una malignità dialettica che non trova giustificazione se non nei più inveterati atteggiamenti di diffidenza, tipici della italica cultura dello Stato. Chi gode di protezioni, si afferma, ha certo meno da temere degli altri, i non garantiti. E allora, ben venga la recentissima Sentenza 43820, pubblicata il 21 ottobre scorso dalla Sezione VI penale della Corte di Cassazione, che propone alcuni interessanti chiarimenti in merito all’ampiezza della qualifica di Pubblico Ufficiale dei dipendenti Equitalia e alle correlate figure di reato applicabili ai medesimi. In sintesi, la filosofia è sempre la stessa: “uomo (o donna) avvisato è mezzo salvato”! Vi si afferma, preliminarmente, che: “… l'avvenuta soppressione, per legge, del precedente sistema di affidamento in concessione del servizio non altera né influisce in alcun modo sulla qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio degli operatori della nuova s.p.a. di concessione”; con ciò ritenendo ininfluente la forma privatistica assunta dalla società per azioni, bensì valutando come preminente la natura dell’attività svolta: “… per gli effetti di cui agli artt. 357 e 358 c.p. (contenenti la nozione di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio), la pubblica funzione o il pubblico servizio prescindono da un rapporto di impiego con lo Stato o l'ente pubblico, occorrendo privilegiare la verifica della reale attività esercitata e degli scopi perseguiti, per stabilire se l'attività dell'agente sia imputabile al soggetto pubblico”. Interessante la descrizione del concetto di Pubblico Ufficiale: “va considerato pubblico ufficiale non solo colui che con la sua attività concorre a for- mare quella dello Stato o di altri enti pubblici, ma anche chi svolge attività accessorie o sussidiarie ai fini istituzionali di tali enti, in quanto in questi casi si verifica, attraverso l'attività svolta, una partecipazione, sia pure in misura ridotta, alla formazione della volontà della pubblica amministrazione”. Ed inoltre: “agli effetti della qualifica di pubblico ufficiale, non è richiesto lo svolgimento di un'attività che abbia efficacia diretta nei confronti di terzi, giacché ogni atto preparatorio, propedeutico o accessorio, che si esplichi nell'ambito del procedimento di riscossione, i suoi effetti certificativi, valutativi o autoritativi, seppure destinato a fini interni alla p.a., comporta l'attuazione completa e connaturale dei fini dell'ente pubblico e non può essere isolato all'interno dell'intero contesto delle funzioni pubbliche”. Da qui discende una descrizione particolarmente ampia della qualifica medesima, che giunge sino a comprendere attività che non parevano, in una prima analisi, poter esservi comprese, quali il monitoraggio. Si legge infatti: ”Da ciò la conferma della qualità di pubblico ufficiale di X, in concorso con altri pubblici ufficiali non identificati, essendo "il monitoraggio" l'unico efficace sistema per alimentare le condotte illecite, determinando esso le scansioni temporali, sensibili alle utili interferenze in favore degli imprenditori, al fine del pagamento delle cartelle esattoriali e degli avvisi di pagamento”. Particolarmente pregnante la complessiva descrizione della configurazione dell’attività considerata reato compiuto da Pubblico Ufficiale: “Va in proposito sottolineato, come risulta agli atti, che l'attività di monitoraggio della posizione debitoria degli Enti interessati era essenziale per l'individuazione della "giusta tempistica dei versamenti", ido- Incon tri - di cembre 2 014 n nea, di volta in volta, ad agevolare l'accoglimento da parte di Equitalia delle istanze di dilazione, relative a debiti erariali maturati, determinando, come precisato dal G.I.P., l'inerzia antecedente la cancellazione e la mancata presentazione delle istanze di fallimento entro l'anno, nonché, in altri casi, ritardando la revoca del beneficio delle rispettive rateizzazioni, in quest'ultimo caso coinvolgendo altri pubblici ufficiali "dipendenti Equitalia" addetti alla specifica mansione di riscossione, mediante ruolo, dei tributi medesimi”. Al di là delle particolare vicenda affrontata, in merito alla quale, a tempo debito, sapranno pronunciarsi i Giudici di merito, questi orientamenti sono certamente in grado di fornire utili elementi di allerta per i colleghi impegnati quotidianamente in attività valutative di complessità sempre crescenti. E tutto questo in un quadro normativo che non assicura certezze nei comportamenti, soprattutto in presenza di situazioni fuori standard, ove l’interpretazione di concetti giuridici lungi dall’essere consolidati apre spazi di discrezionalità, seppur tecnica, potenzialmente accidentati. Riccardo Ferracino 25 n SOCIETÀ “THE DISRUPTOR”, IL PERTURBATORE Le trasformazioni radicali in mano a persone capaci d’influenzare i cambiamenti Se avete necessità di portare scompiglio per rigenerare all’interno di un’azienda o in un settore modi di fare, di agire e di pensare, si può fare ricorso alla figura del “disruptor”, cioè colui che ha la capacità di introdurre modificazioni radicali in tutta la struttura o solamente in parti di essa. IL PROFILO DEL “DISRUPTOR” In genere si tratta di un soggetto che ha un’età al di sotto dei 50 anni, nutrito di una forte motivazione, non allevato in incubatori di talento perché non segue particolari percorsi formativi e non si limita ad avere esperienza in un solo campo. Spazia in maniera fluida e intelligente nel suo campo di competenza, ma è pronto a saltare sul carro di qualsiasi altro settore che lo stimola. Il “disrup- “ Alla base dell’agire risiede fra i “disruptor” una robusta fascia di coraggio perché realizzano idee e visioni coraggiose e, con altrettanto coraggio, 26 necessari al successo n di ce mbre 2014 - “ assumono gli impegni tor” può essere raffigurato da un imprenditore, da un leader del pensiero (thought leader) oppure da un semplice provocatore o da un soggetto bravo risolutore di problemi (problem solver) che svolge lavori manuali o di concetto, talvolta indipendentemente dal titolo di studio in suo possesso. Il “disruptor” può agire da solo, ma, solitamente, si accompagna a un apposito team dove ciascuno realizza il suo appor to interagendo con altri “disruptor”. QUAL È IL SUO COMPITO Per influenzare i cambiamenti radicali che vengono richiesti mette in comune le sue competenze in un processo collettivo in quanto le trasformazioni improntate alla radicalità non sono realizzabili singolarmente. Agisce attraverso gli strumenti della comunicazione, le idee e talvolta si assume il compito di reperire risorse per realizzare un determinato progetto coinvolgendo anche altri professionisti muniti di caratteristiche particolari, “disruptor” e non. COME AGISCE Il “disruptor” può essere di due tipi: soggetto d’azione, che agisce immediatamente dopo aver individuato la chiave del cambiamento radicale indicando contemporaneamente le cose concrete necessarie al cambiamento medesimo; soggetto concettuale, vale a dire persona che pensa, spinto da una motivazione meno forte del primo e che agisce in tempi meno rapidi pur nell’ottica dell’agire, ma dopo aver effettuato ragionamenti accurati. È evidente che un “disruptor” può possedere ambedue le caratteristiche, nel qual caso aumenta il suo valore. IL PROCESSO DI CAMBIAMENTO I mutamenti radicali incrociano molto spesso ostilità e segnali di negatività im- In cont ri SOCIETÀ n prontate a competizione, permalosità, culture arrugginite, rischi di depotenziamento altrui, inadeguatezza professionale, conflitti di competenze, scarsa cultura della cooperazione, incapacità della struttura a cogliere la valenza del cambiamento, paura dell’incerto che è più rassicurante delle cose certe. Di fronte a questi ostacoli, il “disruptor” non si piega e tira dritto per la sua strada senza farsi condizionare da chicchessia. I processi di cambiamento il più delle volte non seguono un percorso di linearità e quelli di successo non sempre fanno intendere la quantità e la qualità che i “disruptor” hanno prodotto. Alla base dell’agire risiede fra i “dsruptor” una robusta fascia di coraggio perché realizzano idee e visioni coraggiose e, con altrettanto coraggio, assumono gli impegni necessari al successo dell’azione sapendo di portare spesso scompiglio nelle file aziendali, turbamento degli equilibri, sovvertendo talvolta anche il peso delle gerarchie. I QUATTRO TIPI DI “DISRUPTOR” Il leader della sperimentazione: lavora in team; assume impegni coraggiosi; è un abile ricercatore di risorse adatte ai suoi progetti; è molto orientato all’azione; agisce con immediatezza superando anche ostacoli burocratici. Il provocatore: è concentrato maggiormente sulle idee che sull’azione assumendo spesso le funzioni di critico esperto; lavora parecchio sugli aspetti critici; spinge la soluzione con coraggio fin oltre i limiti; comprende tutti i risvolti teorici di un’idea “disruptive”; deve essere controbilanciato per essere riportato dentro i concetti del team. Il leader del pensiero: è portatore di progetti e idee di alto profilo che devono essere collocate nei livelli della realtà in cui si dovranno realizzare; è concentrato molto sulle idee “disruptive” in una visione più ampia, tesa a cambiare il mondo in quanto realizzabile in più partizioni, sia pure di natura diversa fra loro. Il Problem solver: è un “disruptor” capace di individuare e intuire modalità applicative e realizzative di proposte talvolta molto coraggiose e innovative. Ha la caratteristica di essere molto caparbio e motivato. Trattasi comunque di figure professionali di talento, caratterizzate da alcune sfaccettature particolari a partire dalla capacità d’immaginazione e di concretezza, sempre finalizzate alla natura radicale del cambiamento. Ma si caratterizzano anche per la vocazione all’ottimismo, la passione, la sicurezza di sé. I “disruptor” si presentano come soggetti di ampie vedute, sospinti alla loro attività dal desiderio di potere, di affermazione professionale di alto status, portati ad agire orientati verso il cliente. Muniti di ampia creatività e conoscenza tecnica. Mirano a conquistare il presti- Incon tri - di cembre 2 014 n gio sempre più alto lanciandosi nella sfida al cambiamento e misurandosi nella contesa verso i competitor. Hanno la capacità di capire con immediatezza le cose che funzionano e quali no e al tempo stesso devono sentire la passione che li spinge verso l’impegno totale al cambiamento radicale che dovranno progettare e realizzare insieme ad altri loro colleghi, in un team in cui ciascuno è portatore di una propria idea, di altre visioni del mondo, altri punti di vista, per confluire in una forte “capacità di disruption” collettiva su cui puntare. Il “disruptor” agisce in un ambiente lavorativo in cui confluiscono diversi ruoli e ciascuno dei “disruptor” può essere interprete di soluzioni in più ambiti, sempre con spirito interattivo, avulso da qualsiasi vizio di proprietà intellettuale della sua opera, aperto a tutte le soluzioni. Con questa mentalità, all’insegna della valorizzazione delle differenze, in un ambiente teso alla creatività, nascono nuovi prodotti, nuovi servizi, potenzialità più alte di collaborazione professionale, relazioni interpersonali e collettive più intense, capacità di ridurre il carico burocratico delle procedure di ogni genere e si introduce una diversa mentalità dell’agire, del pensare, del progettare valori d’impresa, nel generare contatti, network, nuovi modelli di business. E da questa concezione dell’uso intelligente delle risorse umane, soprattutto interne, potrà scaturire la rigenerazione dell’ambiente antropico, della produttività individuale e collettiva, una nuova dimensione manageriale, più partecipata, più orizzontale, meno verticistica e, forse, meno arrogante e più orientata verso obiettivi credibili e di prospettiva, soprattutto a favore dell’utenza e del sistema Paese. Si tratta di ricercare un nuovo baricentro aziendale, culturale, manageriale, di democrazia gestionale delle risorse umane, di mentalità progettuale e operativa, fatto d’intelligenza e cooperazione, di cui il sistema bancario sembra averne un urgente bisogno. Basterebbe una buona dose di coraggio. 27 Franz Foti n L AV O RO I MUTAMENTI ECONOMICI E OCCUPAZIONALI E IL DIFFICILE CICLO DELLA RIPRESA Giustizia, merito, burocrazia e delirio fiscale bloccano il rilancio del Paese Il declino occupazionale nel credito Correvano gli anni ’80 e l’occupazione nel settore del credito era in costante crescita, insieme all’intero terziario. Era un'evoluzione che proseguiva ininterrotta da decenni, con un'accelerazione decisa dagli anni '60 in poi, e che sembrava non dover mai finire. Poi, lentamente, qualcosa è cambiato. Dal 1994 i dipendenti delle banche in Italia cominciano a diminuire e se ne accorgono anche i politici: è infatti del 1996 la legge n. 662 che, tra l'altro, regola i processi di ristrutturazione aziendale e le situazioni di crisi di "erogatori di servizi di pubblica utilità", sprovvisti (tuttora) di ammortizzatori sociali. La stessa legge prevede la costituzione di fondi di solidarietà di settore che in- 28 n di ce mbre 2014 - tervengano, senza utilizzo di denaro pubblico, ad attenuare gli effetti di crisi aziendali. Per il settore credito il Fondo di Solidarietà è costituito nell'aprile 2000, con il Decreto del Ministero del Lavoro n. 158, e da allora ha espletato la sua funzione erogando, tra l'altro, qualcosa come 47.000 (dato riferito al 2013) assegni di sostegno al reddito, accompagnando alla pensione altrettanti esodati. A questi si aggiungono i dipendenti ai quali è stato chiesto di interrompere l'attività lavorativa al raggiungimento della prima "finestra" pensionistica. Il risultato è che si è passati dagli oltre 335.000 bancari del 1993 ai ca. 289.000 del 2012. In cont ri Le cause Possiamo parlare delle normative internazionali, che hanno indotto le banche a rafforzare i bilanci con le fusioni, per l'occasione agevolate fiscalmente (Basilea 1 e legge Amato, entrambe del 1990), e dell'utilizzo sempre più ampio di sistemi informatici evoluti e di internet, con sempre più operazioni effettuate on-line. Fenomeno quest'ultimo del resto registrato in molti altri settori, basti pensare ai caselli autostradali senza più casellanti, oppure alla nuova Metro C di Roma, percorsa da treni privi di conducente. I cambiamenti Ma dobbiamo rilevare che i mutamenti intervenuti nella nostra società fanno parte di un processo evolutivo italiano, ma comune ai Paesi avanzati, ben messo in luce dai dati statistici. Consideriamo infatti l'evoluzione del mercato del lavoro in Italia: dalla costituzione del Regno d'Italia è evidente la trasformazione da Paese agricolo (nel 1861 il 70% della popolazione attiva era impiegata in agricoltura) a Paese industriale (negli anni '60 il settore con maggior numero di addetti) e infine a Paese post-industriale, con netta prevalenza del settore dei servizi. I tre settori Analizziamo meglio i 3 settori, più esattamente denominati Primario, Secondario e Terziario: – il settore Primario riguarda la produzione di materie prime e quindi i prodotti dell’agricoltura, ma anche l’allevamento, la pesca, l’estrazione di minerali, ecc.; – il settore Secondario riguarda l'attività di trasformazione delle materie prime e quindi l’attività industriale (meccanica, chimica, tessile, elettronica, alimentare, farmaceutica, costruzioni, ecc.), ma anche quella artigianale (elettricisti, carrozzieri, idraulici, ecc.); – il settore Terziario riguarda l’attività di distribuzione di beni e servizi, e quindi trasporti, commercio, credito, assicurazioni, consulenze contabili e legali, attività alberghiera, intrattenimento, ecc. ma anche la Pubblica Amministrazione, che comprende la struttura dello Stato, l’amministrazione della giustizia, le scuole, la sanità, le forze armate, ecc. Il Terziario è il settore più complesso e in continua trasformazione, comprendendo attività tradizionali e attività avanzate, queste ultime caratterizzate da alta tecnologia, quali comunicazioni, informatica, marketing, ricerca, progettazione, collaudi, produzione di energia “pulita”, ecc. Il Terziario avanzato viene a volte denominato settore Quaternario. Il credito L’attività creditizia negli ultimi decenni, con l’evoluzione del Paese, è diventata un’attività matura, non più parte del Terziario avanzato, come era stata nei periodi precedenti. L AV O RO n A partire dagli ultimi anni ’90 ogni piano industriale di gruppo bancario prevede tagli dei costi, da raggiungere soprattutto con una riduzione del personale. Ne risultano pertanto lavoratori in esubero per i quali viene concordata una collocazione, in un modo o nell’altro, a riposo, sostituiti da un numero sempre più esiguo di nuove assunzioni. del proprio operato. La burocrazia Semplificare le procedure burocratiche. Un esempio, per tutte: l’applicazione delle ritenuta d’acconto sulle fatture. Se un soggetto titolare di partita IVA si avvale dei servizi di un fornitore, riceverà da quest’ultimo la relativa fattura. In un Paese normale l’acquirente pagherebbe la fattura e tutto sarebbe finito lì. In Italia, invece, l’acquirente deve dedurre dal pagamento al fornitore una ritenuta d’acconto da versare direttamente al fisco. Ma si aggiungono ben altre complicazioni, infatti: L’occupazione Come risolvere allora il problema occupazionale, probabilmente il maggior problema attuale del nostro Paese, quando anche il classico lavoro in banca diventa incerto? La risposta è nello sviluppo del Terziario avanzato, che appare l’unico in grado di assorbire forza lavoro, qualificata, non più richiesta negli altri settori. Ma la creazione di nuovi posti di lavoro comporta, come sempre, investimenti per i quali occorre quindi creare le condizioni per attrarli. Il nostro Governo cosa fa in proposito? È in corso da alcuni mesi un dibattito sulla riforma del lavoro, che sembra sostanziarsi nella libertà o meno di licenziamento, il discusso articolo 18. È realistico attendersi da una tale riforma un aumento dell’occupazione? Non sarebbe molto più efficace rimuovere alcuni grossi ostacoli all’imprenditorialità? La giustizia Far funzionare l’amministrazione della giustizia. Citiamo un caso di mutuo erogato per l’acquisto di un appartamento per il quale non era stata pagata neppure la prima rata di ammortamento. Il procedimento legale dalla messa in mora del debitore alla vendita all’asta dell’appartamento ha impiegato 10 anni! Il merito Fare in modo che il merito conti più della raccomandazione, cosa che eviterebbe anche la “fuga dei cervelli” (i giovani più qualificati) all’estero, molto dannosa per il nostro Paese. La selezione basata su criteri di relazioni e scambi di favore è diventata una deleteria consuetudine in quanto molto spesso i responsabili godono di una sostanziale impunità, non rispondendo Incon tri 1) il pagamento della ritenuta d’acconto non può essere fatta insieme al pagamento della fattura, ma nel mese di calendario successivo e solo dal 1° al 16° giorno; 2) l’aliquota della ritenuta d’acconto varia a seconda del tipo di prestazione; 3) il pagamento va fatto con modello F24 indicando codici tributo diversi a seconda della tipologia del fornitore (ditta, società o professionista); 4) se la fattura riguarda un intervento di ristrutturazione edilizia la ritenuta d’acconto viene effettuata dalla banca che riceve il bonifico; 5) l’anno successivo l’acquirente deve inviare al fisco il Mod. 770 che riassume la ritenute di acconto effettuate nell’anno precedente. Le varie situazioni descritte non sembrano proprio incoraggiare gli investitori, specie se stranieri, anzi! Terminiamo con un suggerimento per le banche che volessero sostenere la crescita del Paese: potrebbero offrire un servizio di venture capital (raccolta di capitale di rischio) rivolto al finanziamento di giovani imprenditori muniti di idee innovative e promettenti (selezionate da esperti), ma carenti di capitali. Sarebbe un passo nella giusta direzione. Vittorio Verdenelli - di cembre 2 014 n 29 n FISCO EVASIONE FISCALE E TRACCIABILITÀ INTEGRALE DEI FLUSSI FINANZIARI Una super banca dati dell’Agenzia delle entrate per stanare gli evasori Il legislatore, facendo uso della delega fiscale recentemente approvata, intende introdurre, attraverso il braccio armato della Agenzia delle Entrate, provvedimenti idonei a ostacolare l’evasione fiscale utilizzando in modo massiccio banche dati e facendo ricorso alla fatturazione elettronica di tutte le transazioni. L’obiettivo, infatti, è quello di utilizzare le ovvie sinergie delle risorse tecnologiche che già sono presenti, ma non vengono sfruttate come potrebbero. Esempio evidente le banche dati dell’Anagrafe tributaria: l’idea è quella di concentrare tutte le informazioni in un “formato” unico facilmente consultabile e renderle accessibili anche al contribuente attraverso procedure sem- “ L'obiettivo dei tre procedimenti in tre diversi tribunali non è quello di pervenire a sentenze di primo grado bensì quello di consentire al giudice ordinario, 30 di dichiarare la sua incompetenza n di ce mbre 2014 - “ almeno per uno dei tre, plificate. Questo comporterà una ulteriore “dematerializzazione” dei mezzi di pagamento e quindi maggiore tracciabilità. La concretizzazione di questo programma non si presenta facile, in quanto, mentre si progettano nuovi strumenti e procedure, si ha ben presente che il riequilibrio dei conti pubblici e il finanziamento delle misure riguardanti la crescita dovrà arrivare, oltre che dalla revisione della spesa, proprio dalla differenza esistente fra la base imponibile e il gettito effettivo. Il nuovo progetto dovrebbe essere accompagnato da un’opera di radicale semplificazione in base a quanto già impostato nella Legge Delega e, per quanto a conoscenza, nelle disposizioni che saranno inserite nella Legge di Stabilità. Di fatto si tratta, in molti casi, di estendere, condividere e potenziare risorse tecnologiche che già esistono – Anagrafe tributaria – le quali già dialogano con quelle di altri enti pubblici, ma non in via interattiva. Il cantiere più interessante denominato “Vista Unica del Contribuente” prevede di concentrare tutte le informazioni sul contribuente e renderle accessibili con procedure dirette e dialoganti. L’aspetto ulteriormente innovativo è di metterle a disposizione dello stesso interessato che potrà consultarle con modalità semplificate. In pratica i contribuenti avranno la possibilità di prendere visione di tutto quello che il fisco sa di loro. Quindi non solo i redditi ma, anche i passaggi di proprietà, le utenze, i mutui, i rapporti bancari e “le spese sostenute aggregate per tipologia di bene”. Tutte informazioni che in gran parte affluiscono in varie banche dati, ma non vengono consultate in modo univoco in quanto gli archivi per la maggior parte non colloquiano fra loro. In cont ri Consultando questi dati il contribuente sarà in grado di verificare anche i rischi cui potrà andare incontro ed eventualmente regolarsi di conseguenza. Un approccio si può definire morbido che però non esclude l’effettivo avvio di controlli sempre più stretti e mirati grazie proprio ai dati ora disponibili. L’altro grande tema riguarda la fatturazione elettronica che potrebbe essere usata anche per i rapporti tra imprese rendendo effettiva la completa tracciabilità dei flussi evitando così i gravosi controlli fiscali attuali. Questo programma riguarda anche il commercio con l’estensione delle procedure telematiche della trasmissione dei corrispettivi. In pratica i registratori di cassa diverranno strumenti in grado non solo di registrare le transazioni ma di inviarle in tempo reale al fisco: gli scontrini diventeranno quindi elettronici. Il sistema è già a un buono stato di realizzazione per quanto riguarda le farmacie che dovranno trasmettere in tempo reale all’Agenzia delle Entrate le spese del contribuente per inserirle direttamente nel modello 730 precompilato dall’Agenzia delle Entrate. Ora la partita è aperta .Infatti se il legislatore intenderà dare un ulteriore impulso anche all’eliminazione delle transazioni in contanti sarà necessario comprendere i termini dell’intervento. Probabilmente sarà necessario verificare in che modo le nuove misure si coordineranno con le limitazioni già in vigore riguardanti la disciplina dell’antiriciclaggio. Allo stato attuale non sembra ipotizzabile una ulteriore riduzione della soglia esistente (sotto i 1.000 euro) rischiando di penalizzare i consumi in un periodo in cui lo spettro della deflazione preoccupa i governi e gli economisti. La previsione dei nuovi adempimenti renderà necessario l’adeguamento delle strutture: il computer dovrà essere sufficientemente adeguato, il software dovrà essere periodicamente aggiornato e l’operazione dovrà essere affidata a persone competenti che saranno sottratte inevitabilmente alle mansioni correnti. La soluzione sarà quindi di rivolgersi agli intermediari – banche e professionisti – che a diverso titolo saranno costretti ad assolvere FISCO n funzioni che ora gravano esclusivamente sullo Stato. Anche Equitalia avrà la capacità di disporre e operare tempestivamente con dati sempre più attualizzati e sarà in grado di produrre benefici sia per gli enti creditori che per i contribuenti. Per queste ragioni Equitalia ha da tempo avviato una pluralità di interventi tesi ad aumentare la qualità delle informazioni trattate, agendo sulla tempestività della rilevazione e trasmissione con le banche dati di riferimento, anche per garantire l’adeguatezza dei controlli di qualità introdotti. L’obiettivo consiste, infatti, nell’introdurre i contribuenti alla futura ottemperanza degli obblighi fiscali, rafforzan- do al contempo gli strumenti per il contrasto dell’evasione, oltre che di individuare nuove risorse per la finanza pubblica, garantendo un maggior livello di trasparenza e di collaborazione tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti. Inoltre, il Garante della Privacy ha dato il via libera al provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate riguardante l’introduzione della Super Anagrafe dei conti correnti. L’obiettivo è quello di potenziare la lotta all'evasione fiscale tramite un database che, sarà accessibile a Gdf e Fisco, non solo durante le indagini, ma anche per elaborare, con procedure centralizzate, liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione da sottoporre a ulteriori verifiche. Banche, Poste, Sim, Sgr, fiduciarie e assicurazioni dovranno spedire all'ana- Incon tri - di cembre 2 014 n grafe tributaria i dati "sensibili" dei conti correnti (saldo iniziale e finale, importi totali degli accrediti e degli addebiti) e di molti altri rapporti, dalla frequenza di accessi alle cassette di sicurezza alle gestioni patrimoniali, dalle carte di credito ai certificati di deposito. L’utilizzo dei dati contenuti nella Super Anagrafe dei conti correnti non servirà più solo a elaborare liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione ma potrà essere utilizzata a più ampio raggio per le “analisi del rischio evasione” e determinare alcune voci della Dichiarazioni ISEE dei contribuenti ai fini delle prestazioni di Welfare. L’obiettivo finale consiste, infatti, nell’introdurre i contribuenti alla futura ottemperanza degli obblighi fiscali. Un programma conforme alle indicazioni dell’OCSE in quanto finalizzato alla futura compliance dei contribuenti e inserito nel quadro di una più incisiva lotta ai fenomeni di rilevante evasione fiscale. A questa finalità si aggiunge l’ulteriore coerente iniziativa normativa di carattere penale che consistente nell’introduzione nel nostro ordinamento del reato di autoriciclaggio che pone l’Amministrazione finanziaria in un’ottica operativa aperta e impegnata a raccogliere l’importante sfida per un cambiamento di rotta verso un nuovo modello di cooperazione con i contribuenti in linea con analoghe esperienze già avviate in altri Paesi. 31 Dante Sbarbati n SOCIETÀ SOCIAL NETWORK & LAVORATORI Uso consapevole del web per evitare sanzioni e spiacevoli inconvenienti di relazione 32 Quasi tutte le Banche dotano i dipendenti di caselle e-mail sul dominio aziendale e molte consentono l’accesso a internet dall’ufficio, sempre, però, precisando che si tratta di strumenti di lavoro, che non possono essere usati per fini privati. E, anche se lo Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970 art. 4) vieta qualsiasi controllo sull’uso che i dipendenti possono farne, come ogni controllo a distanza, ciò vale salvo che la policy aziendale notificata/accettata da OO.SS. e lavoratori non ne disciplini tempi/modi (per non dire dei software di controllo sulla navigazione web del personale, che producono report di dati aggregati e anonimi senza incorrere nel detto divieto statutario). Quindi, anche se in pochi facciamo attenzione alle comunicazioni sulla policy dell’Azienda, questa leggerezza ci espone al rischio di sanzioni disciplinari, soprattutto a causa dell’accesso ai social network, in primis Facebook. D’altronde, negli USA, già nel 2011 l’8% delle aziende aveva licenziato e ben il 17% irrogato sanzioni disciplinari per colpa di FB (su cui era già attivo il gruppo dei licenziati a causa del social, i fired by facebook!). Oggi, questi rischi valgono anche per i lavoratori italiani. Moltiplicandosi le iscrizioni ai social e diffondendosi la tecnologia low cost, infatti, molti hanno ormai l’abitudine alla connessione continua, che può diventare assuefazione e addirittura dipendenza, forse per la dopamina rilasciata a ogni “mi piace”. Uno studio della Boston University trova le basi del successo di FB nei bisogni di appartenenza e auto-rappresentazione, ma è forse la possibilità di restare in contatto con chiunque ovunque sia la causa n di ce mbre 2014 - del crescente appeal di FB tra gli over, più esposti alle insidie della rete perché non nativi digitali (sui 26 milioni di italiani attivi su FB, la quota degli over 56 è quella che cresce più rapidamente e gli over 35 sono oltre metà degli iscritti). Si profilano quindi almeno 3 ordini di problemi: l’uso non autorizzato per fini personali di beni aziendali, l’assenteismo virtuale (se la navigazione occasionale è tollerata, non è ammissibile, ed è sanzionabile, trascorrere la propria giornata lavorativa in rete) e il contenuto dei post. Questi, salvo impostare particolari livelli di privacy, sono leggibili a tutti o almeno “agli amici degli amici”, cioè una moltitudine sostanzialmente indeterminabile, il che limita la tutela del garante della privacy, essendo noi stessi che, pubblicando qualcosa, la rendiamo virtualmente accessibile a tutti (datore di lavoro incluso). Quindi, se i post sono lesivi dell’immagine aziendale, è ravvisabile una violazione degli obblighi di fedeltà e riservatezza ex art. 2105 c.c., per non parlare del dipendente in malattia che posti foto/commenti da cui si evinca la non veridicità dello stato dichiarato. Ecco quindi il perché dell’invocata istallazione di firewall di content filtering che blocchino internet dalle reti aziendali: ma, a parte che il lavoratore può navigare dal suo smartphone, tale soluzione non risolve il problema della posta elettronica e della messaggistica aziendale (raccomandata per il tutoring e fonte di risparmio, limitando i viaggi di lavoro). La via appare invece la formazione a un uso consapevole del web, ricordando che, se post e mail sono la variante 2.0 delle chiacchiere della pausa caffè, non restano fra pochi intimi e nemmeno volano, come si dice delle parole: piuttosto, sono suscettibili di link e tag, a nostra insaputa e ovunque. Giuseppe Montinaro In cont ri SOCIETÀ n I DISABILI E GLI STECCATI MENTALI DEI NORMODOTATI Educare i “normali” per abbattere barriere fisiche, economiche e sociali Una volta tanto vorrei essere positivo, dire che la situazione sta migliorando, che i disabili sono più tutelati, e che il 3 dicembre, Giornata Internazionale delle persone con disabilità, è stata l'occasione per festeggiare e ringraziare tutti, soprattutto le Istituzioni per l'attenzione e la sensibilità che riservano a noi, un po' meno abili dei normodotati. Poi capita che al concerto di Cesare Cremonini all'Unipol Arena di Bologna, una ragazza non vedente, munita di regolare biglietto per il parterre, insieme ad un amico anch'esso non vedente e un accompagnatore con vista di lince, siano avvicinati dal Personale di sicurezza che a “forza” li costringono ad andare “nel settore disabili”. Esiste infatti, in ogni evento pubblico importante, uno spazio apposito per i disabili, per “gestire” più facilmente i casi di emergenza. Non voglio esagerare, ma tutte le volte che mi trovo davanti al cartello “settore disabili”, oltre a sentirmi un po' a disagio e a fare finta di vedere benissimo (sono cieco ad un occhio e l'altro non sta tanto meglio), mi tornano in mente le leggi razziali che hanno consentito nel passato l'affissione di cartelli con scritto “vietato l'ingresso ai cani e agli ebrei” oppure anche “ai negri” e in Svizzera, ahimè, anche agli italiani. Pensate che sfiga, nella Germania nazista, essere nello stesso tempo ebreo, negro, cieco e con cane d'accompagnamento... tutto verboten, una tragedia! Fortunatamente tutto ciò appartiene al passato, oggi le discriminazioni sono sanzionate per legge e le politiche per la disabilità non sono politiche indirizzate a fasce minoritarie della società, ma riguardano tutti, sono politiche generali. La disabilità è obiettiva, non predilige una parte della popolazione a discapito di un'altra, basti pensare a un inci- dente d'auto, a una malattia, all'età, con conseguenze limitanti per la propria autonomia. I disabili rappresentano il 15% della popolazione mondiale e l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sottolinea che nell'arco di una vita tutte le persone vivranno esperienze di disabilità, perché bambini, perché anziani, perché “incidentati”, perché malati. Per l'edizione 2014 della “Giornata internazionale della disabilità”, l'Onu ha scelto come tema la tecnologia, “per contribuire a realizzare la piena ed equa partecipazione delle persone con disabilità nella società... una società in cui – i disabili – devono affrontare non solo le barriere fisiche, ma anche sociali, economiche e comportamentali”. Ma non tutte le persone possono beneficiare dei progressi tecnologici, anche perché molte non possono per- Incon tri - di cembre 2 014 n metterseli, e qui dovrebbero subentrare le politiche sociali degli Stati, che invece stanno tagliando proprio sul Welfare.b Per quanto riguarda il nostro Paese, la Legge di stabilità in discussione prevede, tra l'altro, la riduzione delle Risorse destinate al Fondo per la non autosufficienza. Non sottovalutiamo i problemi economici, ne siamo tutti consapevoli, ma alcuni atteggiamenti suonano, soprattutto per chi soffre, come autentiche prese in giro. Una doccia gelata in piena estate per solidarietà con i malati di SLA insieme alla promessa “politica” di non toccare i fondi per i non autosufficienti, è servita a rinfrescare chi l'ha fatta e a raggelare chi ha visto sfumare un futuro meno doloroso e più solidale. Occhio: siamo disabili, non sprovveduti! Gaetano Reale 33 n CURIOS@NDO CONTANTI ADDIO SEGNATO IL DESTINO DELLE BANCONOTE A breve anche in Italia spariranno gli spiccioli metallici sino a cinque centesimi Il destino delle banconote sembra segnato: spariranno presto. Secondo i dati del World Payment Report, infatti, nel 2014 le transazioni elettroniche hanno raggiunto circa il 10% delle transazioni totali, superando quota 400 miliardi di dollari. Si stima che nel 2015 la percentuale salirà al 15% grazie anche al forte impulso offerto dai nuovi strumenti tecnologici di pagamento. I primi contanti a sparire saranno le piccole monete, gli “spicci”, cioè 1, 2 e 5 centesimi. In Finlandia e Olanda li hanno già aboliti e anche in Italia la Camera ha approvato una mozione per chiedere al Governo di intraprendere misure concrete per sospenderne il conio visto che produrle costa più del loro valore. La vera e propria rivoluzione arriverà però con lo smartphone. I maggiori operatori della telefonia mobile stanno accelerando per permettere di effettuare pagamenti direttamente con il telefono. Una volta registrati i dati della propria carta di credito l'utente avvicina il cellulare al lettore Pos dell'esercente per avviare il pagamento.Per 34 importi inferiori ai 25 euro non sarà nemmeno necessario digitare il pin. C’è poi la rete con i Bitcoin, la moneta virtuale per eccellenza e Facebook che sta studiando un nuovo servizio di pagamento che potrebbe trasformare la piattaforma in una sorta di banca. Ogni utente avrà un vero e proprio borsellino virtuale con cui pagare piccole somme ad altri intestatari di account Facebook. Apple sta lavorando, invece, a un proprio sistema di pagamenti in grado di competere con il già collaudato PayPal. Insomma, per il contante la strada sembra segnata in nome di un'economia sempre più virtuale. E in questo scenario globale anche le carte di credito e i bancomat sembrano superati. Google, Mastercard e Maestro stanno tentando di imporre ognuno il proprio standard. Le banche sono felici perché pensano che il pagamento con il cellulare rappresenterà un modo per intercettare i micropagamenti. A questo proposito quasi tutte hanno avviato progetti pilota da Mediobanca a Unicredit, Intesa n di ce mbre 2014 - Sanpaolo, Bnl, Ubi, Banco Popolare, Cariparma e Mediolanum. Quanto ai maggiori gestori telefonici, Vodafone e Telecom presidiano il campo rispettivamente con le offerte Smartpass e Tim wallet, entrambe basate su carte prepagate. Ma la fantasia, soprattutto la tecnologia, non ha limiti: negli Stati Uniti ha già debuttato Apple Pay che poggia su un accordo con oltre 500 banche e numerose catene di negozi. Per pagare l'utente non dovrà far altro che passare il dito sul lettore d’impronte digitali del proprio iPhone e iPad Air. Analogamente, Samsung ha integrato un sistema di pagamento sul suo smartphone Galaxy S5 grazie a un accordo con il colosso PayPal. I francesi della banca Bpce saranno invece i primi a trasferire denaro con un tweet, che consentirà di inviare, senza bisogno di conoscere il numero di conto del destinatario. La frontiera più innovativa è proposta dalla finlandese Uniqul che annuncia come prossima la tecnologia di pagamento attraverso un sistema che permette di pagare tramite riconoscimento facciale. Anche l'Italia corre veloce verso il futuro. Il Tar ha dichiarato legittima la norma che obbliga i professionisti a dotarsi di Pos per i pagamenti superiori a 30 euro. L'obiettivo dichiarato è contrastare il più possibile l'elusione e l’evasione. C’è anche intenzione di rendere obbligatorio il pagamento per via elettronica delle pensioni. Ma tanti pensionati non hanno un conto corrente e soprattutto nessuno di loro è disposto a pagare commissioni alle banche, soprattutto se obbligati per legge ad aprire il conto corrente. Con le pensioni d’oggigiorno non c’è da stare allegri dovendo sostenere ulteriori costi. L. I. In cont ri CURIOS@NDO n MAURIZIO SARRI DAL POSTO IN BANCA ALLA SERIE A L’allenatore dell’Empoli era un bancario promettente con il cuore nel pallone Lui farebbe di tutto per cancellare il suo passato da bancario ma i giornali, invece, glielo ricordano con ostinazione dopo ogni partita, raccontando la sua bella storia di successo. Non ci sta Maurizio Sarri, oggi come oggi uno dei più apprezzati allenatori di serie A, a passare per un dopolavorista, ex dipendente del Monte dei Paschi. Ma tant’è. Sarri è allenatore dell’Empoli che viaggia in assoluta posizione di tranquillità rispetto ai brividi della zona retrocessione e alle emozioni della vetta della classifica. E’ vero, Maurizio Sarri ha un passato un po’ ingombrante per un tecnico che, come lui, interpreta il gioco del calcio con le qualità di allenatore di valore assoluto. Il fatto di aver lavorato in banca lo fa sentire come un allenatore dilettante, quasi un intruso in un mondo come quello del calcio, legato a carriere costruite sui calci al pallone o sulle panchine di squadre giovanili di club molto importanti. Sarri è nato a Napoli, in conseguenza del girovagare del padre per lavoro, ma è toscano doc di Figline. Proprio alle porte di Firenze, Sarri ha iniziato prima a giocare e poi ad allenare. E’ dunque un uomo di provincia emerso in questi anni grazie, soprattutto, alla sua capacità di preparare tatticamente le partite. In serie A è divenuto anche icona del calcio possibile, che gode di poche risorse economiche ma tante idee. Sarri ha allenato la squadra di Alessandria, quella di Sorrento e poi l’Empoli ma in passato ci sono state anche il Verona e il Perugia. La vita di Sarri è costruita attorno al calcio, per il calcio. Prima, ovviamente, da calciatore poi da allenatore come passione unita a un solido impiego in banca. Un bel giorno la grande sfida: abbandonare il posto fisso da dirigente per tentare di realizzare il sogno di una vita. Dopo aver portato il Sansovino in serie C2 Maurizio Sarri è approdato alla Sangiovannese prendendo l’aspettativa al Montepaschi. Quindi c’è stato il passaggio in B col Pescara che ha significato l’addio al lavoro sicuro. L’obiettivo e il sogno di Sarri erano chiarissimi: fare di una passione la sua fonte di reddito. E dopo tanta gavetta eccolo approdato quest’anno in serie A con l’Empoli che da due stagioni dà spettacolo: prima in B, ora nell’olimpo italiano del calcio. Maurizio Sarri ha da poco rinnovato il contratto e in mano ha di fatto un accordo triennale. L’Empoli fa di tutto per non farsi sfuggire il tecnico che, anche in serie A, si presenta alle interviste in tuta, fa giocare le sue squadre a memoria e sa valorizzare i giovani in un contesto generale di risorse minime. Pur mettendo insieme tutti gli ingaggi dei calciatori dell’Empoli, infatti, non si raggiungerebbe neanche il 10% del monte salari della Juventus, aggiungendoci anche lo stipendio del tecnico di Figline. A Empoli, si lotta per la salvezza con neanche 10 milioni di stipendi. E guardando la classifica il miracolo empolese va oltre il semplice calcio di provincia. Empoli è una città che non raggiunge 50mila residenti, ma grazie alla passione di Maurizio Sarri e a quella della società, sta lottando alla Incon tri - di cembre 2 014 n pari con Milano, Roma,Torino e Napoli. Quella di Maurizio Sarri è dunque una bella storia che si ripete: Spalletti, Baldini, Cagni e ora il tecnico dell’Empoli con i suoi schemi. Già, gli schemi, così perfetti ed efficaci in campo; così lontani dal sistema fuori da quel mondo. Lui ne è e ne rimarrà fuori. Da buon ex dirigente bancario. Livio Iacovella LE SQUADRE ALLENATE MAURIZIO SARRI DA 1990-1991 1991-1993 1993-1996 1996-1998 1998-1999 1999-2000 2000-2003 2003-2005 2005-2006 2006-2007 2007 2008 2008-2009 2010 2010-2011 2011 2012 STIA FAELLESE CAVRIGLIA ANTELLA VALDEMA TEGOLETO SANSOVINO SANGIOVANNESE PESCARA AREZZO AVELLINO VERONA PERUGIA GROSSETO ALESSANDRIA SORRENTO EMPOLI 35 n CURIOS@NDO PENNE DI LUSSO PROTAGONISTE DI FIRME IMPORTANTI Tra Mont Blanc, Faber-Castell e Richemont spunta il made in Italy Montegrappa Anche in un’epoca caratterizzata dalla tecnologia, le penne di lusso rimangono un simbolo mondiale di bellezza ed emblema di stile ed eleganza. Le marche più prestigiose sono diventate esse stesse nomi simbolo di un oggetto che rimane uno strumento utile e di grande classe. Firmare un contratto o un accordo commerciale, apporre la firma su un documento importante come il passaggio di proprietà, scrivere a mano un biglietto che sia autentico e personale sono tutte circostanze che richiedono l’uso di una penna di lusso. Per dare importanza, anche simbolica, al momento ed essere sempre perfetti. Un cerimoniale, come quello della firma del Primo Ministro e dell’Esecutivo davanti al Capo dello Stato o in occasione dei trattati internazionali di pace, esige l’uso di una penna di gran classe. Che si tratti di penne a sfera o stilografiche gli strumenti di scrittura aiutano, infatti, a creare grandi emozioni. Il nome che per eccellenza è il simbolo di penne di lusso è Mont Blanc, casa fondata ad Amburgo nel 1906. Oltre cento anni di storia, dunque, per questa azienda che ha spesso prodotto penne in edizioni limitate e dedicate a famosi personaggi del mondo letterario. Anche il made in Italy vanta prodotti di assoluta eccellenza come le penne Montegrappa, storica casa fondata nel 1912 a Bassano del Grappa, che si dedica alla realizzazione di strumenti per la scrittura utilizzando anche oro, argento e pietre preziose che danno vita a collezioni esclusive. Storia e modernità si uniscono invece nelle creazioni di FaberCastell, casa che La Montegrappa contende ad Aurora e Tibaldi il primato di primo produttore italiano di penne stilografiche. Benché l'azienda sia la più antica delle tre, la Montegrapppa nasce come produttrice di pennini per stilografiche, la cui produzione invece risale solo all'inizio degli anni '20. L'azienda è, insieme ad Aurora, uno dei più longevi produttori italiani, rimasto sempre in attività. Nel 2000 l'azienda fu acquistata dal gruppo Richemont (lo stesso proprietario di Mont Blanc) per essere riacquisita a fine 2009 dalla famiglia Aquila. I modelli più noti Montegrappa the Dragon a Montegrappa Aphrodite Montegrappa Luxor Montegrappa Nero Uno collection 36 n di ce mbre 2014 - vanta origini nella fabbricazione di matite e approdata nel 1838 alla produzione di penne e strumenti di scrittura. La storia racconta che le origini della penna a serbatoio risalgono al X secolo e all’Egitto. Fu poi Leonardo da Vinci, chi altro sennò, a inventare una penna a serbatoio di inchiostro. La storia moderna della penna inizia alla fine del ‘700 quando venne sviluppato un prototipo in bronzo e corno. Ma fu solo nel 1809 che in Francia fu brevettato un prototipo di quello che in futuro evolverà nella penna a sfera grazie all'invenzione da parte di uno studente rumeno. Poi, a partire dal 1850, c’è stato un costante aumento sia dei brevetti di penne stilografiche sia della produzione di penne stesse. Nonostante l'esistenza di vari precursori, è molto comune sentir dire che la data di nascita della penna stilografica moderna sia da porsi all'incirca nel 1883, quando Lewis Edson Waterman iniziò lo sviluppo di quello che viene considerato a tutti gli effetti il primo modello funzionante e affidabile di penna stilografica. L. I. In cont ri CURIOS@NDO n L’ACQUA DI ROMA È TRA LE MIGLIORI D’ITALIA La Capitale stupisce ancora con il ritrovamento del più grande bacino idrico mai scoperto Roma antica non smette di stupire. Grazie agli interminabili lavori per la metro C, infatti, lo scorso mese di dicembre è sta fatta una scoperta eccezionale. Durante gli scavi per realizzare la fermata di San Giovanni è stato portato alla luce "il più grande bacino idrico mai ritrovato. Il bacino si trova all'interno di un'azienda agricola della Roma imperiale, la più vicina al centro di Roma che sia mai stata ritrovata". Lo ha annunciato Rossella Rea, responsabile scientifico degli scavi archeologici nel cantiere. “La vasca è di così grande dimensione da superare il perimetro del cantiere e non è stato ancora possibile scoprirla interamente". Gli archeologi intervenuti sul posto hanno scoperto che la vasca era foderata di coccio pesto idraulico e poteva conservare più di 4 milioni di litri d'acqua. Il bacino misurava infatti circa 35 metri per 70. Sembra probabile che la sua funzione principale fosse quella di riserva d'acqua a servizio delle coltivazioni e vasca di compensazione per far fronte alle piene del vicino fiume. Quella dell’acqua, o per meglio dire degli acquedotti, è una chiave di lettura forse inusuale ma molto suggestiva di conoscenza dell’antica Roma. La tantissime fontane presenti in centro città testimoniano di un passato in cui l’acqua ha avuto una funzione molto importante per la tenuta dell’Impero e per il controllo della popolazione romana. Molti imperatori hanno sviluppato acquedotti, terme, bagni pubblici, fontane e fontanelle che hanno consentito alla città di crescere sempre più. Fin dall’antichità, dunque, Roma ha avuto sempre grande abbondanza d’acqua. Si calcola, infatti, che la disponibilità continua fosse di oltre un milione di litri d’acqua. Gli undici acquedotti di epoca romana che dal 312 a.C. vennero costruiti portarono alla città una disponibilità d'acqua pro capite pari a circa il doppio di quella attuale. Acqua distribuita tra le case private, le fontane pubbliche , le fontane monumentali, le piscine e le terme pubbliche, nonché i bacini utilizzati per gli spettacoli e i laghi artificiali. a storia antica di Roma rivela che fu Agrippa, intorno al 30 a.C., a organizzare un apposito servizio di manutenzione, poi perfezionato e istituzionalizzato da Augusto, che si occupò dell’approvvigionamento idrico cittadino e quindi del controllo e manutenzione di tutti gli acquedotti. Furono gli Ostrogoti, nell’assedio del Incon tri - di cembre 2 014 n 537, a decretare la fine della storia degli acquedotti antichi. I barbari tagliarono gli acquedotti per impedire l’approvvigionamento della città, e d’altra parte anche Belisario, il generale difensore di Roma, ne chiuse gli sbocchi per evitare che gli invasori li usassero come via di accesso. Qualcuno di quegli acquedotti fu poi rimesso parzialmente in funzione, ma dal IX secolo il crollo demografico e la penuria di risorse tecniche ed economiche fecero sì che nessuno si occupasse più della manutenzione. I condotti non furono più utilizzabili e i romani tornarono ad attingere acqua dal fiume, dai pozzi e dalle sorgenti, come alle origini. Ma l’acqua di Roma è buona da bere? Il giudizio complessivo è ottimo, l’acqua di rubinetto è buona ed è sicura ed è una delle migliori d’Italia. A dirlo è stato Altroconsumo che ha condotto una ricerca sulle acque potabili e casalinghe italiane. Secondo la ricerca, che ha coinvolto 35 città, l'acqua di Roma ha qualità e varietà di sorgenti e secondo i parametri qualitativi: qualità dell'acqua (presenza di calcio, durezza, fluoruri, solfati), inquinanti e presenza dei metalli risulta essere una delle migliori italiane. Livio Iacovella 37 al riparo con PACCHETTO ASSICURATIVO DIRCREDITO POLIZZA RC PROFESSIONALE POLIZZA CASSIERI POLIZZA INFORTUNI POLIZZA TUTELA GIUDIZIARIA (VITA PROFESSIONALE) POLIZZA TUTELA GIUDIZIARIA (VITA PRIVATA) POLIZZA RC CAPOFAMIGLIA e ancora... Polizza Long Term Care Prodotti Vita n Polizza RC Auto Polizza Viaggi n Polizza Casa Progetto Welfare Spese Odontoiatriche Consulta la pagina AON su www.dircredito.info