Tetti e bandiere: resoconto di una sperimentazione in scuole
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Tetti e bandiere: resoconto di una sperimentazione in scuole
Tetti e bandiere: resoconto di una sperimentazione in scuole elementari italiane. Marchini C. (°) , Rinaldi M.G. (°) , Bedulli M. (°°) , Grugnetti L. (°°°). Abstract. We have studied if the orientation influences the perception of "isoscelity" of triangles. The research has been carried in third degree (primary school) with a sample of 110 pupils. We discuss the results of this research. 1. Ragioni della ricerca e impianto della sperimentazione . Questo lavoro descrive una ricerca sperimentale svoltasi tra novembre 1997 e gennaio 1998. Essa ha coinvolto 6 classi di terza di Scuole Elementari di Viadana (Mantova), Parma, Cattolica (Pesaro) per un totale di 110 bambini 1. Il tema della ricerca è stato originato da discussioni avute con M. Cooper durante una sua visita a Parma nel 1997. La sperimentazione mirava ad appurare se la percezione della "isoscelità" dei triangoli sia in connessione con la variabile "orientazione" dei triangoli stessi. Già in altri lavori si è trattato questo tema in relazione a figure diverse da quelle da noi utilizzate (cf. Cooper, 1998). L'ipotesi della ricerca è: le modalità d’apprendimento di un concetto geometrico possono avere conseguenze sulle immagini mentali. Per realizzare ciò si sono individuate classi terze elementari nel primo quadrimestre, in cui non fossero ancora stati trattati argomenti di geometria, neppure negli anni scolastici precedenti. Lavoro eseguito nell’ambito delle attività dell’Unità locale di ricerca in Didattica della Matematica di Parma. (°) Membro universitario dell'Unità locale di ricerca in didattica della Matematica – Parma. (°°) Insegnante ricercatore afferente all’Unità locale di ricerca in Didattica della Matematica – Parma. (°°°) Afferente all’Unità locale di ricerca in Didattica della Matematica – Parma. 1 I bambini che hanno partecipato ad entrambe le fasi della sperimentazione sono stati 105. La ricerca qui presentata si inserisce in un più ampio progetto al quale hanno partecipato anche bambini di pari età di scuole australiane che hanno utilizzato il materiale messo a punto dal nostro gruppo di ricerca. M. Cooper ha curato la parte di sperimentazione svoltasi in Australia. In questo articolo si illustrano aspetti della sperimentazione svoltasi in Italia. Il concetto di triangolo è stato introdotto seguendo due modalità diverse: 49 allievi (tre classi) hanno seguito il trattamento A, in cui si sono utilizzati triangoli con la "base orizzontale" 2; nelle altre tre classi, 56 allievi hanno seguito il trattamento B, in cui si sono utilizzati triangoli con la "base verticale" 3. B A La fase d’apprendimento si può collocare nei livelli 0 e 1 di Van Hiele (cf. Van Hiele, 1959), dato che il livello 0 è quello della visualizzazione, in cui le figure vengono giudicate in base al loro aspetto, come un tutt'uno, senza analizzare le proprietà delle loro parti. Interviene anche il livello 1, quello dell'analisi, che si attua quando lo studente inizia a distinguere le proprietà delle figure, cioè si riconoscono che hanno parti, anzi le figure sono riconosciute mediante le parti che le compongono. La valutazione delle conseguenze dei diversi trattamenti, quindi l’influenza della visualizzazione (livello 0) sull’analisi (livello 1), è stata effettuata sottoponendo gli scolari ad un primo test, identico per i due trattamenti. Un secondo test è stato somministrato a distanza di 7-10 giorni dal primo. Si è cercato, in fase di costruzione teorica della sperimentazione, di tenere conto di diversi tipi di variabili didattiche che potevano influenzare il risultato della sperimentazione stessa. Ciò ha comportato una complessa predisposizione del materiale per l'addestramento ed i test. La sperimentazione ha previsto quattro momenti d’azione nelle classi: 1) apprendimento, 2) 1° test, svolti assieme; 2 da un bambino identificati come tetti. 3 le bandiere, stando all'osservazione di un altro bambino. 3) 2° test, 4) valutazione e interviste, svolti assieme. 2. Materiali della sperimentazione. Oltre alla lavagna ed al gesso si sono utilizzati libretti d’apprendimento distribuiti ad ogni alunno, differenziati per classi, come detto sopra. La scelta di usare un libretto è stata obbligata: in un primo tempo si era pensato di poter lavorare solo con gesso e lavagna e con lavagne luminose, per privilegiare l'aspetto eidetico nella fase d’apprendimento, ma la deformazione della proiezione non era facile da "compensare" variando molto in funzione dei proiettori utilizzati. In ciascun libretto erano presenti lo stesso numero di triangoli isosceli e non isosceli e con la stessa sequenza, solo che nei libretti del Trattamento A, quello dei tetti, tutti i triangoli erano "orizzontali" mentre in quelli del Trattamento B, quello detto delle bandiere, tutti i triangoli erano "verticali". Per la predisposizione dei libretti d’apprendimento e del test si è curato che le figure ottenute come fotocopie su carta bianca non trasparissero, interponendo fogli bianchi. Ciò ha creato qualche problema ai bambini della scuola elementare di Viadana, dove si è svolta la prima prova dell'intera sperimentazione, perché la costruzione "artigianale" dei libretti ha fatto rilevare la difficoltà degli alunni nel passare da una pagina all'altra. A questa difficoltà si è cercato di ovviare, con un’impaginazione migliore del fascicolo, nelle sperimentazioni svolte successivamente a Viadana e nelle scuole di Parma e di Cattolica. Si è posta attenzione a non numerare le pagine, lasciando così che l'allievo concentrasse l’attenzione sullo spazio intrafigurale del triangolo, ciò perché si è pensato che il numero presente sulla pagina, assieme alla figura geometrica, facesse risaltare lo spazio interfigurale, collocando il triangolo nello spazio relativo. Ci sembra interessante valutare in una successiva sperimentazione, se una mutata interpretazione dello spazio, suggerita dalla presenza sul foglio della figura stilizzata di un bambino “osservatore”, possa influire sui risultati. Il test vero e proprio era costituito da un fascicolo, costruito con le stesse avvertenze usate per il libretto di apprendimento, in cui erano presentati 20 triangoli orientati nei modi più vari, alcuni isosceli ed altri no. La prima pagina del libretto, bianca, è servita per registrare data, classe, scuola e nome dell'alunno, ciò per eseguire un successivo confronto dei risultati. Nella pagina a destra era presentato un triangolo e in quella a fronte erano riportate le domande se il triangolo mostrato fosse isoscele oppure no, seguite da caselle da barrare. La scelta della successione presentata è stata effettuata in modo casuale. Un fascicolo identico è stato utilizzato per la terza fase. Si è predisposta un’ulteriore scheda in cui si chiedeva ai bambini, mediante una sola domanda a scelta multipla, una valutazione autonoma della difficoltà del test. 3. Metodologia e svolgimento della prima fase della sperimentazione. Prima di iniziare la sperimentazione nelle classi si è preso contatto con gli insegnanti per avere una breve conoscenza delle classi stesse. A parere dei docenti le classi in cui si è svolta la sperimentazione non presentavano particolari problemi didattici. Si sono illustrate le finalità della sperimentazione e le modalità di svolgimento; in particolare si è chiesto che gli insegnanti fossero presenti. Così in ogni classe durante la sperimentazione erano presenti tre persone, di cui almeno un insegnante della classe ed almeno uno sperimentatore. La presenza degli insegnanti è stata ritenuta importante per avere un "moderatore" dell'eventuale esuberanza, nonché un "verbalizzatore" degli atteggiamenti dei singoli studenti alle prese con l'attività. Il ricercatore, dal canto suo, ha fatto in modo che l'attività si svolgesse rispettando tempi prestabiliti (precedentemente concordati), per ottenere risultati confrontabili nelle varie classi della sperimentazione. Nelle due classi di Viadana, in cui si è svolta la prima sperimentazione, si è cercato di motivare gli alunni a dare il meglio di sé presentando l'attività come una gara tra bambini italiani di varie scuole e coetanei australiani. La gara e l'attesa successiva dei risultati sembra che per alcuni allievi abbiano favorito la motivazione; per altri sembra sia stata controproducente perché causa di tensione. Pertanto in occasione della sperimentazione nelle classi successive, si è preferito non presentare l'attività come una gara. Prima di consegnare i libretti d’apprendimento si è disegnato sulla lavagna un triangolo isoscele (un tetto o una bandiera secondo le classi) (livello 0), spiegando la figura (livello 1). Nella sperimentazione italiana si è preferito insistere sull'eguaglianza di lunghezze dei lati 4, indicando esplicitamente quali erano i lati eguali, anche per conservare il significato etimologico del termine, proveniente dal termine greco usato per indicare "gamba". La scelta delle lunghezze dei lati è stata concordata poiché si è ritenuto l'approccio angolare troppo "avanzato" e complesso per gli alunni, data la mancata familiarità con tali considerazioni geometriche. A fianco del triangolo disegnato alla lavagna si è scritto "è isoscele". Si è poi disegnato un triangolo scaleno (rispettivamente nella posizione di tetto o bandiera), a fianco del quale si è scritto "non è isoscele", motivando la scritta col confronto dei lati. Si sono distribuiti i fascicoli d’apprendimento, sui quali si è specificato che i bambini non dovevano scrivere. Si sono mostrati i triangoli illustrati nel fascicolo d’apprendimento, girando tutti assieme (alunni e sperimentatore) le pagine del fascicolo, in modo che tutti i bambini avessero davanti lo stesso triangolo mostrato dallo sperimentatore. Si sono incoraggiati i bambini a dire "È isoscele" "Non è isoscele", iniziando dapprima a fare apprendere loro il termine "isoscele", ritenendolo di uso non consueto nella lingua parlata, pronunciando la parola via via sempre meno: "Isoscele", "Isoscel…", "Iso…", "I…". Tale 4 In quella australiana invece si è preferito parlare di eguaglianza di angoli. I risultati ottenuti sono stati parzialmente diversi. Sottolineiamo l’importanza, messa in luce da tali diverse scelte, di un diverso tessuto culturale di base. "diminuzione" è stata concordata per favorire l'appropriazione della parola mediante iterazione e, nel contempo, per favorire l’interiorizzazione (Sfard, 1991) del concetto. All'inizio il ricercatore ha formulato l'affermazione positiva o negativa mostrando esplicitamente sulla figura il motivo della scelta, per lasciare man mano la risposta integralmente agli allievi. Alla fine di questa attività di analisi dei libretti d’apprendimento gli scolari hanno mostrato (in buon numero) di avere raggiunto il livello 1 di Van Hiele; non si hanno ovviamente valutazioni quantitative, solo l’impressione ricavata anche dalla prontezza con cui gli alunni fornivano le risposte alle ultime schede del libretto. Dopo aver ritirato i fascicoli d’apprendimento si sono cancellati i triangoli disegnati sulla lavagna, lasciando le scritte "È isoscele", "Non è isoscele" e disegnando vicino ad esse un quadratino simile a quello che viene utilizzato nel fascicolo di test. 4. Metodologia e svolgimento della seconda fase della sperimentazione. Alla fase d’apprendimento è seguita, nello stesso giorno, la seconda fase. La scelta di continuare subito con il test è stata fatta perché si è preferito non permettere che gli scolari venissero in contatto con altre sorgenti di informazione, che avrebbero potuto falsare i risultati e anche per verificare, con la seconda prova tenuta a distanza di 7-8 giorni, se tali contatti o la riflessione personale, avessero avuto influenza sull’apprendimento. Prima di distribuire il test si è spiegato che nel fascicolo erano rappresentati triangoli, specificando la consegna consistente nel decidere (da soli), senza copiare dai compagni, né richiedere spiegazioni, se si trattasse di triangoli isosceli oppure no, sbarrando la casella corrispondente. Si è chiesto inoltre di togliere dal banco il materiale didattico, ad eccezione di una penna o una matita, e di non utilizzare gomma o bianchetto. Si è raccomandato agli scolari di non ruotare o capovolgere il fascicolo, precisando che essi dovevano girare la pagina, guardare e rispondere a comando. Pur con tutte queste "precauzioni" è avvenuto che qualche bambino sia partito dal fascicolo girato al contrario. Sulla prima pagina del fascicolo si sono fatti riportare nome e cognome dello scolaro, la data e la classe. I tempi sono stati scanditi con regolarità e l’intero svolgimento del test ha richiesto pochi minuti, una decina in tutto, se si considera anche il tempo per distribuzione e ritiro del materiale, nonché per la scrittura dei dati identificativi. 5. Metodologia e svolgimento della terza e della quarta fase della sperimentazione. Circa una settimana dopo il primo incontro si è svolta la fase di verifica, eseguita con lo stesso rispetto dei tempi. Ritirati i fascicoli del test, si è consegnato un foglio in cui, con una domanda a scelta multipla, si chiedeva di valutare il test stesso, come detto sopra. In tutte le classi, tranne una, si è proceduto ad un'intervista al termine della prova di verifica e della compilazione del questionario sulla facilità. Tale attività non era stata concordata nella prima somministrazione. In fase di discussione sulle modalità della sperimentazione ci si è trovati d’accordo sulla sua importanza, pertanto nelle somministrazioni successive si è svolta anche questa parte. 6. Alcune osservazioni sullo svolgimento della sperimentazione. Indipendentemente dai risultati, di cui si fornisce notizia in seguito, l’attività è stata interessante ed ha messo in luce aspetti inattesi. In particolare sono state osservate diverse strategie risolutive degli scolari, di cui abbiamo cercato di fornire ipotesi interpretative. La “tecnica” più usata è stata quella di girare il foglio o la testa per riportare il triangolo in posizione "tetto", anche tra coloro che avevano seguito l’apprendimento B. Ci sembra di poter dire che questo rimandi a figure archetipiche (cf. Medici et alii, 1986), o ad un concept image nel senso di Tall & Vinner, 1991, già presenti ed interiorizzati prima della sperimentazione e sulle quali la fase d’apprendimento (nel trattamento B) ha avuto scarsa influenza. Una seconda strategia abbastanza presente è stata quella di supplire alla mancanza del compasso per confrontare le lunghezze realizzando un "compasso" con la penna e le dita, come fanno talvolta i pittori. Alcuni bambini hanno realizzato il "compasso" solo con le dita. Da notare che questa strategia non si basa sull'uso precedente dello strumento effettivo. Più raramente è stato usato il "righello" realizzato muovendo il dito sui lati a scatti, come per suddividere in parti eguali la distanza tra due vertici. Gli insegnanti hanno confermato che il tema Misura, non era ancora stato trattato, quindi l’argomento ha una rilevanza come processo intuitivo, anche se non istituzionalizzato. La velocità di svolgimento della prova non ha permesso un censimento accurato delle strategie indicate, alcune delle quali usate contemporaneamente dallo stesso bambino. Nella fase di intervista, in classi in cui si sono trattati i "tetti", una volta disegnato alla lavagna un triangolo isoscele a tetto, quasi tutti hanno risposto che era isoscele. In una classe, alla domanda del perché, c'è stato chi ha affermato che tutti e tre i lati erano eguali, altri alunni perché era "dritto". Alcuni però hanno giustificato correttamente e una volta che ciò è avvenuto, tutti gli scolari sono stati d'accordo. Disegnando poi un triangolo a bandiera alcuni, ancor prima che fosse terminato il disegno, hanno affermato che non era isoscele. Poi, una volta terminato il disegno, c'è stato assenso sul fatto che fosse isoscele. Disegnato un triangolo rettangolo isoscele, con un cateto come "base", c'è stato un generale assenso a non ritenerlo isoscele (anche se la lavagna presentava la quadrettatura che facilitava il riconoscimento). In questi casi è stato esplicitato il confronto tra lati effettivamente diversi. In una classe che ha subito addestramento con bandiere sono stati proposti nella fase di intervista i triangoli nello stesso ordine. Qui sono stati riconosciuti isosceli sia i tetti che le bandiere isosceli. Il triangolo rettangolo isoscele è stato riconosciuto da circa la metà degli alunni, mentre non ci sono stati dubbi sul tetto scaleno. Altre osservazioni sono "personali" dei singoli sperimentatori, frutto delle loro osservazioni. Il gruppo di Pesaro ha ipotizzato che il test richieda una prova troppo lunga e ciò causi una diminuzione dell'attenzione, che porta a rispondere in modo casuale alle ultime domande. Inoltre il test stesso era discutibile, perché le eventuali differenze tra i lati erano talora minime. L'avere fissato poi tempi per ogni item e non globalmente per tutto il test, può essere stato un fattore di distrazione: molti bambini erano più attenti ai segnali del tempo che al test stesso. Interessante è stata poi l'interpretazione data alle risposte "estremamente facile", le più abbondanti, intese non sul contenuto del test, ma sulle modalità di esecuzione della prova stessa. M.G. Rinaldi ha osservato che il contesto della gara sembrava avere spronato gli allievi ad interpretare anche il tempo come fattore importante, portandoli a non rispettare i tempi nel tentativo di abbreviarli. L'impressione ricevuta è stata che le risposte fossero casuali, più che motivate. A riprova di ciò ha addotto il caso di una bambina della scuola elementare di Viadana che non era presente nella prima prova e che ha svolto la seconda senza che venisse richiamato il concetto di triangolo isoscele. Tutti gli sperimentatori hanno osservato che nella seconda prova l'attenzione è stata più prolungata. Rispetto ai tempi prestabiliti, i bambini sono stati più veloci nel decidere se un triangolo era isoscele. 7. Analisi delle risposte. I risultati medi non mostrano dipendenza dall'apprendimento sulla base della orientazione. Mediamente i risultati delle classi che hanno avuto il trattamento A e di quelle che hanno avuto il trattamento B sono analoghi. Le due popolazioni sono cioè coincidenti. Si può ipotizzare però una prevalenza della visione orizzontale (triangoli “a tetto”), manifestata dalla strategia dei bambini di girare il foglio o la testa. Forse più che la visione verticale gioca un ruolo importante l’archetipo del triangolo visto come tetto di una casa, cui fanno riferimento anche i bambini che hanno avuto l'apprendimento a "bandiera". Si tratta quindi di un concetto figurale ispirato dall'esperienza, che interagisce con il trattamento in modo molto rilevante. La ricerca ha mostrato alcuni aspetti importanti, che devono essere tenuti presenti nell'insegnamento: 1. L'apprendimento si è avuto pur con una attività limitata. 2. La presenza di idee geometriche precedenti, concetti figurali, che non possono essere ignorati dall'insegnante. 3. La presenza di "strumenti" di misura intuitivi, culturalmente importanti, che danno una giustificazione ed un radicamento forte alla geometria euclidea. Sulla base degli esiti, il test presenta 13 domande facili e 7 domande difficili, assumendo come discrimine la percentuale del 50% di risposte esatte. Anzi si può ulteriormente specificare che 11 di queste sono facilissime (con percentuale di successo maggiore del 75%). Globalmente si è avuto 98,81% di risposte, di cui il 64,53% esatte, a riprova di un avvenuto apprendimento. Il confronto globale tra i trattamenti A e B è il seguente: il trattamento A ha ottenuto il 98,72% di risposte, di cui il 64,39% esatte, il trattamento B ha avuto il 98,88% di risposte, di cui il 64,65% esatte. Non ci sono evidenze statistiche per poter affermare che tra i due trattamenti ci sia un'effettiva differenza. Non si può escludere (a livello di significatività del 5%) che la lieve prevalenza globale di risultati positivi ottenuti con il trattamento B non sia dovuta al caso. L'analisi dei grafici seguenti mostra però un interessante effetto, che merita di essere evidenziato: quando la domanda è difficile, ad eccezione dell'ultima domanda, le percentuali di successo sono a favore del trattamento B. Anche in questi casi non c'è però evidenza statistica. Percentuali di risposte esatte per ciascuna domanda 1,2 1 0,8 Totale 0,6 Orizzontale Verticale 0,4 0,2 0 Percentuali di risposte esatte del primo test 1,2 1 0,8 0,6 0,4 Media 1 Test 1°test Or 1° test Ver 0,2 0 Nel primo test l'andamento è assai simile a quello globale. Tra le domande difficili il trattamento B ha ottenuto risultati migliori, tranne nella domanda 19. Si osserva che la terza domanda ha avuto da parte dei bambini che hanno seguito il trattamento A un esito del 62,22%, che permette di rifiutare (a livello di significatività del 2,5%), che il valore di risposte esatte sia dato dalla media delle risposte alla domanda pari al 50,73%, con deviazione standard 0,5012 Percentuali di risposte esatte al secondo test 1,2 1 0,8 Media 2 Test 0,6 2°test Or 2° test Ver 0,4 0,2 0 Nel secondo test si ripresenta con poche variazioni l'andamento generale, con la sola novità che il trattamento B ha risultati migliori in tutte le domande difficili ed anche in quattro domande facili. Si osserva che nella prima domanda i bambini del trattamento B hanno ottenuto un esito del 32,14%, che permette di rifiutare (a livello di significatività del 2,5%) l’ipotesi che la percentuale di risposte esatte sia data dalla media delle risposte alla domanda pari al 22,81% e deviazione standard 0,4207. La quarta domanda nel trattamento B ha avuto un esito del 33,92%, che permette di rifiutare (a livello di significatività del 5%) l’ipotesi che la percentuale delle risposte esatte sia data dalla media 26,44 e varianza 0,4421, ma non è possibile rifiutare tale ipotesi a livello di significatività del 2,5%. Percentuali di risposte esatte - confronto tra primo e secondo test 1 0,9 0,8 0,7 0,6 Totale 0,5 Media 1 Test 0,4 Media 2 Test 0,3 0,2 0,1 0 Questi risultati meritano ancora un commento: tranne le domande n. 3, 11, 14, 16, 17 e 19, il secondo test ha avuto risultati migliori, anche se solo di poco (statisticamente non apprezzabile). Le risposte ottenute alle domande n. 6 e 20 nel secondo test permettono di rifiutare (a livello di significatività 5%) l'ipotesi che la media sia quella globale. Più interessante osservare, a livello di significatività 2,5%, che la media delle risposte nel secondo test alle domande n. 1, 5, 6, 10, 18 e 20 siano le medie ottenute nel primo test, mentre per la domanda 9 il rifiuto dell’ipotesi avviene solo al livello di significatività 5%. Si può quindi affermare che in otto casi il risultato del secondo test è migliore del primo in modo statisticamente significativo. Si può ipotizzare che l’introduzione dei triangoli in modo non canonico contribuisca ad una maggiore flessibilità a livello di immagine. Bibliografia Cooper M.: 1998, L’inevitabile influenza dell’orizzontale e della verticale in geometria e in diversi ambiti del comportamento umano’, L’educazione Matematica, anno XIX – Serie V – Vol. 3, 81 – 99. Sfrad A.: 1991, ‘On the dual nature of mathematical conceptions: reflection on processes and objects as differents sides of the same coin’ Educational Studies in Mathematics, vol. 22, 1 – 36. Medici D., Speranza F., Vighi P.: 1986, ‘Sobre la formacion de los conceptos geometricos y sobre el lexico geometrico’, Enseñanza de la ciencias, Vol. 4, n. 1, 16 – 22. Tall D.O., Vinner S:: 1991, ‘Concept image and concept definition in mathematics, with special reference to limits and continuity’, Educationale Studies in Mathematics, vol. 12, 151 – 169. Van Hiele P.M.: 1959, ‘La Pensée de l'Enfant et la Geometrie’, Bulletin de l'Association de professeurs de Mathematiques de l'Enseignement Public, 38e anné, n. 198.