allegato7 - Projet Courage

Transcript

allegato7 - Projet Courage
KIT DI GENERE LE PARI OPPORTUNITÀ IN TUNISIA 60
Società pre-­‐islamica Avvento dell’Islam Le Reazioni LE PARI OPPORTUNITÀ IN TUNISIA Prima della predicazione di Muhammad predominava il principio del patriarcato patrilineare che attribuiva al maschio il possesso esclusivo della donna. Secondo il diritto consuetudinario beduino, l’uomo poteva prendere come mogli quante donne gli fosse piaciuto e a suo totale arbitrio poteva ripudiarle. La nascita di una figlia era considerata un elemento di debolezza per il gruppo familiare, una sventura domestica, un disonore: così che il padre poteva decidere di uccidere la neonata. Alla donna non era riconosciuta alcuna personalità giuridica: al momento della morte del marito, la vedova cadeva in successione, annoverata tra i beni cui aveva diritto l’erede più prossimo del de cuius. Nel periodo della predicazione di Muhammad, alcune donne svolgevano ruoli sociali importanti e vi era una partecipazione attiva delle donne, persino in funzione di leader, a un’ampia gamma di attività comunitarie. Muhammad apporta delle profonde riforme all’organizzazione familiare pre-­‐islamica: numerosi versetti del Corano e hadīt sono consacrati alla donna e alla famiglia. Attraverso il riconoscimento della personalità giuridica, la donna diviene un soggetto capace di decidere e, dopo le nozze, di amministrare i suoi beni in autonomia. Nel Corano si condanna energicamente l’infanticidio e vengono posti dei limiti al diritto dell’uomo di prendere più mogli, attraverso delle precise prescrizioni; si riducono gli abusi legati all’istituto del ripudio e si concede alla donna, a determinate condizioni, la possibilità di chiedere e di ottenere il divorzio. Tali riforme rappresentano un progresso considerevole per l’epoca, facendo vacillare i costumi primitivi della società. Già al tempo del profeta, tanti furono i tentativi di reazione che tesero a minimizzare se non ad annullare la portata innovatrice della nuova situazione giuridica della donna, da parte dei partigiani e delle tradizioni patriarcali. Se le prescrizioni relative allo statuto personale nelle società islamiche hanno ricevuto un’applicazione distorta, ciò è dovuto a tradizioni tendenzialmente maschiliste latenti, mai sopite, che hanno preso indebitamente il sopravvento, tradendo lo spirito egualitario del messaggio islamico. Il divario tra teoria e prassi si manifesta soprattutto nell’ambito delle relazioni matrimoniali: molte disposizioni šaraitiche, infatti, sono palesemente disattese venendo applicato il diritto consuetudinario locale. In particolar modo, i berberi, popolazione autoctona del Nord Africa, pur essendo stati islamizzati in seguito alle conquiste arabe del VII secolo, rimasero sempre legati alle loro consuetudini essenzialmente patriarcali. Il diritto di famiglia islamico nell’area maġrebina, trova il suo fondamento, oltre che nella šarī‘a, di rito mālikita, nella consuetudine berbera preislamica. Tra l’una e l’altra fonte si sono realizzati fenomeni di osmosi, attraverso i quali elementi di origine consuetudinaria sono entrati a far parte del diritto musulmano; 61
mentre, laddove la dottrina musulmana non ha metabolizzato la regola giuridica estranea, šarī‘a e consuetudine hanno convissuto insieme, a volte in una potenziale opposizione. I costumi berberi hanno opposto un’invincibile resistenza all’imporsi della šarī‘a, persistendo ancora oggi in tradizioni e usi locali, che si mescolano e si confondono a prescrizioni coraniche. 62
L’influenza occidentale Il XX secolo L’anno 1956 L’impatto del mondo arabo musulmano con la moderna civiltà occidentale e con le sfide lanciate dalla modernità hanno imposto delle azioni riformatrici sul piano economico, politico, legislativo, demografico, educativo e culturale, che hanno avuto per modello il processo di modernizzazione occidentale. La Francia, costituì a partire dal 1881 un protettorato in Tunisia, di conseguenza, il diritto civile, pubblico, commerciale, penale dei paesi del Maġrib prende come riferimento il modello francese, mentre il diritto di famiglia rimane inizialmente immune da ogni forma di penetrazione. La Francia di fatto si astiene dall’imporre la sua legge in materia matrimoniale, di divorzio, filiazione e successione, mantiene lo status quo, e inibisce quello stimolo al cambiamento che invece si era realizzato nelle altre materie. Mentre i diversi settori dell’ordinamento giuridico si riorganizzavano attraverso leggi laiche e moderne, il diritto di famiglia continuava ad attingere dal diritto islamico classico e da tradizioni ancestrali mantenendo un sistema caratterizzato dalla condizione di inferiorità della donna e dalla precarietà del legame coniugale. Il protettorato francese e l’impatto con l’occidente contribuirono al sorgere delle correnti di pensiero che, scuotendo la società tunisina tradizionale, ispirarono un movimento progressista in favore della donna. Tāhir Al-­‐Haddād, padre del femminismo in Tunisia, affermava nel 1929 l’importanza dell’emancipazione della donna per la famiglia e l’intera società, rilevando come dall’istruzione e dall’educazione delle donne possa trarne profitto l’intera società. Il velo, la claustrazione e l’istruzione delle ragazze sono i temi essenziali di cui discutono modernisti e conservatori all’inizio del XX secolo. Il dibattito raggiunge l’apice nel corso degli anni ’30 in seguito alla pubblicazione del libro di Tāhir Al-­‐Haddād dal titolo “Notre femme dans la législation et la société" . L’autore insorge contro il destino riservato alle donne dai musulmani e non crede che l’islām, nel suo messaggio originale rappresenti un ostacolo ai diritti delle donna e individua la responsabilità dei dottori della legge e le loro interpretazioni dogmatiche, non temendo di denunciare con forza il loro immobilismo. L’opera suscita le ire dei conservatori, viene censurata e Tāhir Al-­‐Haddād respinto dalla comunità dei fedeli e dei credenti, privato di tutti i suoi diplomi universitari, condannato dalle sfere ufficiali dell’università al-­‐Zaytuna, alla quale gli è impedito l’ingresso. Abbandonato da tutti, la stampa lo presenta all’opinione pubblica come un apostata, un nemico dell’islām. Tāhir Al-­‐Haddād può essere considerato il precursore di un’evoluzione che ha per oggetto lo statuto della donna; con la sua opera, ha prefigurato le linee essenziali delle riforme che trent’anni dopo, nella Tunisia indipendente, Bourguiba porterà avanti. Nel Marzo del 1956 la Tunisia acquisisce l’indipendenza. Una volta giunto al potere, il presidente Habīb Bourguiba forza il 63
L’Anno 1959 L’Anno 1964 L’Anno 1981 blocco conservatore dei dottori della legge e, durante 30 anni di potere, porta avanti una politica senza precedenti nel mondo arabo, soprattutto per le concessioni giuridiche riguardanti la donna. Il 13 agosto 1956, giorno in cui ancora oggi in Tunisia, si celebra la "Festa della Donna" viene promulgato un Codice di Statuto Personale ispirato a principi laici e moderni: la Mağalla al-­‐ahwāl al-­‐šahsiya. Il CSP opera, sul piano legislativo, una trasformazione radicale dello statuto giuridico della donna attraverso delle disposizioni fondamentali e innovative, per l’epoca e il contesto. Introduce importanti riforme quali l’abolizione della poligamia, l’eliminazione del ripudio, la concessione ai coniugi di pari opportunità al fine di ottenere lo scioglimento del matrimonio mediante il ricorso al giudice. Bourguiba nei suoi discorsi e interventi sottolinea l’importanza della promozione della donna nella vita familiare, culturale, economica e politica di un paese; incoraggia le donne a uscire da sole e a studiare; afferma che la donna è un essere umano che ha diritto alla dignità e al rispetto e che "une société ne saurait être saine et équilibrée tant que la moitié du corps social, l’élément féminin, continue d’être asservi, exploité et humilié" . Dal 1956, il legislatore tunisino ha perseguito una politica coraggiosa in favore della donna sempre alla ricerca di un compromesso, tra i principi universali progressisti del modernismo e la specificità dell’islām, affinché queste riforme non venissero avvertite come minacce d’assimilazione culturale e perdita di identità. La Costituzione del 1 Giugno 1959 riconosce la pienezza del godimento dei diritti senza alcuna distinzione o discriminazione, affermando che "Tutti i cittadini hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri, essendo uguali di fronte alla legge". In seguito, conformemente a ciò, si costituirà un edificio giuridico il quale applicherà il principio di uguaglianza in altri campi: parità di salario, protezione dagli incidenti sul lavoro, uguaglianza nella funzione pubblica, congedo di maternità e assegni familiari, pari opportunità lavorative, insegnamento obbligatorio. L’abolizione della poligamia costituisce, sicuramente, la riforma più audace alla quale si è spinto il legislatore tunisino. La completa interdizione si è affermata attraverso gli emendamenti del 1964 dell’art. 18. La Mağalla dichiara nullo e senza effetto, sul piano civile, ogni matrimonio con una seconda sposa, quando sussiste un primo contratto di matrimonio valido. La trasgressione comporta la prigione e/o il pagamento di un’ammenda pecuniaria. Una riforma del Codice nel 1981 ha toccato il divorzio “senza motivo”, l’equivalente, nella pratica, al ripudio giudiziario, soprattutto esercitato dagli uomini. Il legislatore, in questo caso, rompe il principio di uguaglianza, a favore della donna. Il domicilio coniugale appartenuto alla coppia generalmente viene concesso in uso alla moglie, in quanto, nella grandissima maggioranza dei casi, è 64
L’Anno 1987 L’Anno 1993 ad essa che viene affidata la custodia dei figli. Quando subisce il divorzio, la donna è in diritto di domandare la riparazione del pregiudizio subito sottoforma di una rendita vitalizia che il coniuge, il quale ha avviato il procedimento di divorzio, deve erogare. È un’innovazione giuridica molto importante che non trova precedenti né legami con la tradizione classica. L’azione di riforma iniziata nel 1956 è proseguita anche dopo "le changement historique" del 7 novembre 1987, quando divenne presidente Zayn Al-­‐Âbidīn Ben ‘Alī, il quale non solo ha mantenuto le acquisizioni del CSP del 1956, ma fa avanzare il processo di modernizzazione attraverso degli emendamenti, introdotti il 20 luglio 1993, riguardanti gli articoli relativi alla donna. Il 1993 fu l’anno della riforma: alcuni emendamenti furono introdotti nel Codice in favore della donna, esercitando un’influenza importante sugli equilibri all’interno del nucleo familiare. Le modifiche apportate dal legislatore sono legate ad un moderno dettato legislativo: il nuovo art. 23 attenua i diritti del marito, attraverso l’eliminazione del dovere di obbedienza della moglie; la relazione matrimoniale si ispira a principi quali il rispetto, la reciprocità e la solidarietà. Si istaura una nuova concezione dei rapporti tra gli sposi: non più una netta separazione di ruoli e campi d’azione, ma una collaborazione nella conduzione del ménage. L’obbligo di cooperazione tra gli sposi trasforma la famiglia tunisina in una istituzione bicefala a servizio dei suoi membri e nell’interesse superiore dei figli. In questo nuovo senso, la Mağalla continua a riconoscere al marito il ruolo di chef de famille esercitato non più come un diritto assoluto e arbitrario, ma, piuttosto, come un impegno, una responsabilità legata al dovere che sullo sposo incombe di provvedere ai bisogni della sposa. Alcuni autori ridimensionano la portata di questi emendamenti sostenendo che la condizione della donna non é affatto cambiata. Il legislatore tunisino continua, infatti, a far diretto riferimento agli usi e ai costumi, e ad attribuire al marito il ruolo di chef de famille: il risultato è che l’uomo da un lato continua a mantenere le sue prerogative tradizionali, ad esempio esigere l’obbedienza, e dall’altro si riduce la sua responsabilità, per mezzo della nuova disposizione per la quale anche la moglie deve contribuire alle spese del ménage, se possiede qualcosa. Dal punto di vista giuridico, la sottomissione della donna trova la sua causa e il suo fondamento nella corresponsione del mantenimento (nafaqa): assolutamente irrilevante è lo stato di bisogno della sposa, cosicché una donna ricca può a buon diritto pretendere di essere mantenuta dal marito. Il mantenimento resta, come nella concezione classica del diritto musulmano, un dovere del marito, indipendentemente dalle sue condizioni economiche. L’inadempienza a questo obbligo può dar luogo alla domanda di 65
Gli anni 2010/2011 14 Gennaio 2011 23 Ottobre 2011 Giugno 2012 Estate 2012 scioglimento del matrimonio da parte della moglie. Il fatto che la donna lavori non dispensa il marito dal rispettare questo obbligo. Soltanto l’indigenza assoluta può esimerlo dalla corresponsione del mantenimento. Questa situazione deriva direttamente dalla posizione preminente del marito all’interno della famiglia, di cui ha l’onere materiale. La donna conformemente al diritto islamico classico, trova riconosciuta nell’art. 24 la sua completa autonomia patrimoniale. Il legame matrimoniale islamico non crea alcuna comunione di beni: ognuno dei coniugi conserva la proprietà e la piena disposizione dei beni che possedeva al momento del matrimonio e di quelli che acquista successivamente. La donna sposata, alla quale vengono riconosciute personalità giuridica e autonomia, ha la libera amministrazione del proprio patrimonio e può contrattare, tanto attivamente che passivamente, senza che le occorra l’autorizzazione del marito. Dunque, una concezione, quella che regola i rapporti tra i coniugi, fedele, nonostante i timidi cambiamenti del 1993, al diritto islamico classico: come contropartita del mantenimento, spettante obbligatoriamente al marito, la donna deve rispettare l’uomo, al quale appartengono, come capo della famiglia, una maggiore autorità e responsabilità in merito alle decisioni più importanti. Scoppia la Primavera araba e la Rivoluzione dei Gelsomini che portano alla caduta del vecchio regime e della dittatura. La Rivoluzione dei Gelsomini caccia il dittatore Ben Ali. Si svolgono le prime elezioni libere per la formazione dell'Assemblea Costituente. Haraket al-­‐Nahda, “Movimento della rinascita islamica”, abbreviato Ennahda, partito ispirato ai Fratelli musulmani, vince le elezioni del 2011 formando poi un governo di coalizione con il Cpr (di sinistra) e Ettakatol (socialdemocratico) che avrà il compito di completare la transizione seguita alla caduta del regime di Zine el Abidine Ben Alì, e di scrivere la nuova Costituzione nazionale, prima di indire nuove elezioni presidenziali e parlamentari. La vittoria del partito di ispirazione islamica suscita da subito il timore che spinte conservatrici possano influenzare il processo di elaborazione del nuovo testo costituzionale, soprattutto in materia di diritti delle donne. L’Assemblea Costituente elegge il presidente ad interim Moncef Marzouki con suffragio indiretto. Nasce il partito Nidaa Tounes, per volontà del veterano Essebsi per rimediare all’eccessiva frammentazione delle forze liberali del Paese e creare una forza di centro laica. La Tunisia corre il rischio di vedere revocato quel principio di uguaglianza dei generi, ormai dato per assodato, in favore di un principio di "complementarietà" tra uomo e donna. La reazione della società civile, delle donne e delle associazioni 66
Agosto 2013 26 Gennaio 2014 10 Febbraio 2014 femministe è immediata. Cittadini e cittadine scendono in piazza a manifestare il 13 agosto e un mese dopo il termine “complementarietà” decade. Il processo costituente avviato in seguito alla rivolta subisce una sospensione. L’ Assemblea Nazionale Costituente vara il testo della nuova Costituzione con una maggioranza di 200 voti a favore, 12 contrari e 4 astenuti. L'indomani il testo è stato firmato dal Presidente della Repubblica Moncef Marzouki, dal Presidente dell'Assemblea costituente, Mustapha Ben Jaafar, e dal Primo Ministro uscente, Ali Larayedh, nel corso d'una cerimonia nella sede dell'Assemblea. Per tutto il mese di gennaio c’erano state le contrastate votazioni articolo per articolo: quasi sempre la controversia opponeva settori islamisti e laici. Ne esce un regime semi-­‐presidenziale, una affermazione puntuale dei diritti civili (si parla anche della tortura) una difesa della religione ma anche della separazione tra Stato, Chiese e libertà di coscienza, l’indipendenza della magistratura. E un impegno inedito nel mondo arabo alla parità effettiva tra uomo e donna. La Costituzione è il frutto d'un compromesso tra il partito islamista Ennahda (che era alla guida del governo) e le forze dell'opposizione. Essa prevede un esecutivo bicefalo, accorda un posto politicamente contenuto all'Islam e, per la prima volta, nella storia giuridica del mondo arabo, introduce la parità uomo-­‐donna nelle assemblee elettive. Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon saluta l’adozione di questa Costituzione come una tappa storica e presenta la Tunisia come un “possibile modello per gli altri popoli che aspirano a riforme”. Il nuovo presidente del consiglio incaricato Mehdi Jooma riesce a presentare la lista dei ministri del suo governo di tecnici e di indipendenti formando il Governo di transizione che resterà in carica fino alle elezioni e che prende il posto di quello a guida Ennahda. L’accordo che lentamente, tra continui stop and go, porta a questo cambio pacifico è stato un po’ imposto e un po’ costruito dalla UGTT, il potente sindacato tunisino. L’ ultimo ostacolo era la conferma del ministro degli Interni uscente Ben jeddou, che le opposizioni non volevano. Jooma invece lo tiene, affiancato però da un nuovo “segretario di stato alla sicurezza nazionale”. L’impegno alla parità, nel governo degli indipendenti, non viene rispettato con solo 2 ministre su 21. In compenso, per la prima volta c’è un ambientalista, Mounir Majdoub. La fiducia al governo è prevista entro tre giorni, e non sarà così larga come il voto per la Costituzione. La Costituzione tunisina del 2014 è la terza Carta fondamentale del Paese, dopo la Costituzione tunisina del 1861 e quella del 1959. La Nuova Costituzione entra in vigore il 10 febbraio 2014 mettendo 67
Gli articoli della parità fine all’attività esplicata dalla Legge sull’organizzazione provvisoria dei poteri pubblici (Legge costitutiva del 16 dicembre 2011) che aveva organizzato transitoriamente i poteri pubblici dopo la sospensione della Costituzione del 1959. La Costituzione si compone di 149 articoli, organizzati in 10 capitoli e preceduti da un preambolo che richiama l’origine rivoluzionaria del testo ed esprime i valori su cui si fonda il nuovo ordinamento costituzionale: fra questi si evidenziano, in particolare, l’appartenenza identitaria all’Islam e il rispetto dei principi cardine del costituzionalismo democratico, quali l’uguaglianza tra i cittadini, la separazione dei poteri, la sovranità popolare e la tutela dei diritti umani. La convivenza dell’Islam con i principi liberal-­‐democratici viene rimarcata anche nelle prime due disposizioni costituzionali: secondo l’art. 1, infatti, «La Tunisia è uno Stato libero, indipendente e sovrano; la sua religione è l’Islam, la sua lingua l’arabo e il suo regime la Repubblica», mentre l’art. 2 sancisce che «La Tunisia è uno Stato civile basato sulla cittadinanza, la volontà popolare e lo Stato di diritto». Per la prima volta la Costituzione di un paese arabo e musulmano mette da parte la sharia, proclamando la libertà di coscienza ("lo Stato è custode della religione, garante della libertà di coscienza e di fede e del libero esercizio del culto") e la libertà d'espressione (vietate la tortura fisica e morale). Gli articoli che sanciscono la pari opportunità tra uomo e donna sono: L’articolo 20 che sancisce il principio dell'uguaglianza di cittadini e cittadine di fronte alla legge: “Cittadini e cittadine hanno uguali diritti e doveri. Cittadini e cittadine sono uguali davanti alla legge senza discriminazione alcuna”. Tale formula suscita forti riserve nel fronte laico e femminista. Un punto, in particolare, sta a cuore alle associazioni delle donne: quello della “uguaglianza nella legge” (o “attraverso la legge”) che è cosa diversa, dicono, dall’uguaglianza davanti alla legge. Senza l’introduzione di questo principio, osserva la giurista Sanaa Ben Achour, il tanto acclamato articolo 20 della nuova Costituzione non è poi tanto diverso, “se non nello sforzo di femminilizzazione del linguaggio”, dall’articolo 6 della Costituzione del 1959 (“Tutti i cittadini hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri. Essi sono uguali davanti alla legge”), mentre può apparire addirittura ridondante l’insistenza sulla “non discriminazione”. E secondo la costituzionalista Hafida Chekir la giustapposizione, e in quell’ordine, dell’uguaglianza di diritti e doveri e dell’uguaglianza davanti alla legge sminuisce in qualche modo la solennità del primo enunciato. Neila Jrad, storica femminista, dirigente dell’Afturd (Association Femmes Tunisiennes pour la Recherche et le Développement), conferma che “ sull’articolo 20 abbiamo delle riserve”. Esso stabilisce l’eguaglianza davanti alla legge, non l’eguaglianza nella legge. Si può essere uguali davanti ad una legge non-­‐egualitaria. “Inoltre in Tunisia la parità sul piano della 68
cittadinanza c’è da tempo. Quello che manca è l’eguaglianza nello spazio privato, nella coppia, nella famiglia. Sarebbe stato meglio se in quell’articolo si fosse detto ‘le donne e gli uomini’ anziché i cittadini e le cittadine. Tuttavia rappresenta un passo avanti.” Esso è stato approvato a larghissima maggioranza: 159 voti a favore, 7 contrari, 3 astenuti. Leila El Houssi, padre tunisino e madre siciliana, docente di studi mediterranei all’Università di Firenze e una penna di Yalla Italia, afferma:“La conferma dell’uguaglianza tra uomo e donna nella Tunisia contemporanea è un fatto che va sicuramente salutato positivamente”, “quel che va sottolineato è che già con il Codice di statuto personale si sancivano una serie di norme favorevoli all’emancipazione femminile, tra cui l’abolizione della poligamia, la soppressione del ripudio e l'introduzione del libero consenso tra le parti". L’articolo 20 della nuova Costituzione conferma oggi, definitivamente, quella conquista. Guardando all'immediato futuro "la vera battaglia è quella della parità -­‐ conclude Leila; il riconoscimento dell’uguaglianza davanti alla legge è un principio irrinunciabile, ma ora bisogna lavorare per le pari opportunità tra uomini e donne, pari opportunità di lavoro e retribuzione, parità di accesso ai ruoli amministrativi e alle responsabilità politiche". L’articolo 45 recita: “Lo Stato protegge i diritti acquisiti della donna e si impegna a sostenerli e svilupparli. Lo Stato garantisce le pari opportunità tra l’uomo e la donna ai fini dell’assunzione delle diverse responsabilità in tutti i campi. Lo Stato si adopera per realizzare la parità tra la donna e l’uomo nelle assemblee elettive. Lo Stato adotta le misure necessarie per eliminare la violenza contro la donna”. Questo insieme eterogeneo di “azioni positive” è stato adottato con una maggioranza risicata e molte voci contrarie: 116 i voti favorevoli, 40 i contrari e 32 gli astenuti. Il voto, inoltre, ha spaccato il blocco islamico (46 voti a favore, 23 contrari, 19 astenuti) ma anche gli indipendenti (28 a favore, 10 contrari, 6 astenuti) e, in diversa misura, gli altri due partiti della coalizione di maggioranza CPR (6 a favore, 3 contro, 2 astenuti) e Ettakatol (5 a favore, 2 astenuti, 0 contrari); a votare compatto l’articolo 45 è stato solo il blocco democratico, cioè i laico-­‐modernisti. Questo risultato è rivelatore di un dibattito assai più articolato di quanto non suggeriscano certi schematismi correnti. Dell’articolo 45 le femministe e le donne delle associazioni sono particolarmente contente. Anche perché, spiega Neila Jrad, “mentre applaudiamo alle novità positive della costituzione siamo preoccupate per le trappole di cui questo testo è disseminato. Vi è per esempio l’articolo 21 sulla sacralità della vita, che potrebbe essere invocato contro il diritto all’aborto, il quale però rientra tra i principi acquisiti protetti dall’articolo 45. O anche quello sull’educazione, che promuove il radicamento dell’identità arabo-­‐
musulmana...Occorre fare una lettura incrociata di tutti gli articoli”. E se la parità è solo uno strumento per andare verso l’eguaglianza, essa 69
26 Ottobre 2014 Dicembre 2014 tuttavia “agisce sulle rappresentazioni e può dunque contribuire a cambiare le mentalità”. La costituzionalizzazione dei diritti delle donne viene anche rivendicata con orgoglio da una parte delle donne del blocco islamico. In aula, tra un voto e un altro, la giovanissima deputata Imen Ben Mohamed, eletta in Italia nelle liste di Ennahda si dichiara stupita del clamore suscitato dall’articolo 20: “Garantisce cose che c’erano già. Perché non si parla invece della norma che promuove la rappresentanza delle donne nelle assemblee elettive?” Sono queste, per Imen, le vere novità, in particolare: L’articolo 33 che sancisce la costituzionalizzazione della rappresentanza delle donne, l’obiettivo della parità (art. 45) nelle assemblee elettive. “Su questa costituzionalizzazione si è costituito un fronte trasversale, sorretto dalla petizione di un gruppo di deputate. Vi è stato un acceso dibattito anche tra le donne di Ennahda, tra chi voleva l’iscrizione della rappresentanza politica paritaria nella costituzione e chi nella legge elettorale”. Due gli argomenti di queste ultime: il primo è che le quote, in quanto “azione positiva”, debbono essere temporanee e quindi costituzionalizzarle è uno sbaglio; il secondo, più radicale, che alle quote contrappone la meritocrazia. Le militanti nahdawi sono proiettate sul “politico”, più attente invece (anche) al “personale” le femministe laiche. Sul rapporto spazio pubblico/spazio privato Imen dice: “La parità nel privato non è cosa che si iscrive nella Costituzione, è cosa che la società ha il compito di realizzare. Una Costituzione stabilisce i princìpi generali, le leggi hanno il compito di implementarli, ma esse non possono spingersi troppo nell’intimità degli individui”. Una cosa è certa: nell’aula della Costituente ha cominciato a sgretolarsi la rigida contrapposizione laici/islamisti: proprio sui diritti delle donne. Il Partito di Nidaa Tounes (Appello della Tunisia), una coalizione di partiti laici, vince le elezioni. Nidaa Tounes ottiene 86 seggi, battendo il partito che aveva ottenuto la maggioranza nella precedente assemblea costituzionale, il partito islamico moderato Ennahda, che si ferma a 69 seggi. Il parlamento tunisino è formato da 217 seggi. Secondo diversi osservatori, la Tunisia è attualmente l’unico paese arabo al mondo con un regime democratico. Il candidato del partito laico Nidaa Tunes, Baji Caid Essebsi, vince le elezioni presidenziali in Tunisia. Essebsi ottiene il 55,7% battendo al ballottaggio il suo rivale, il presidente uscente Moncef Marzouki. L'affluenza alle urne è del 60,1%. Molte le donne ai seggi che hanno avuto un ruolo fondamentale nell’invertire la tendenza che vedeva gli islamici conservare la loro posizione di primato, dando invece il governo in mano a Nidaa Tunes. I moderati islamisti di Ennahda non presentano un loro candidato alle presidenziali e si concentrano sull’attività parlamentare. Gli islamisti non appoggiano ufficialmente alcun candidato, ma i loro voti sono 70
stati parecchio contesi. Uno dei candidati che ha avuto più probabilità di intercettarli è stato il presidente uscente Moncef Marzouki, ex dissidente politico sotto la dittatura, accademico e attivista per i diritti umani, il suo partito, il Congresso della repubblica (che oggi ha quattro deputati), rimasto alleato degli islamisti moderati. Alle elezioni si candida anche una donna Kalthoum Kannou, 55 anni, giudice della Corte di cassazione, il tribunale più importante del paese, è la figlia di uno storico leader sindacale del paese che contribuì all’indipendenza del paese dalla Francia. Kannou è considerata una figura politicamente indipendente e nel 2011 era tra i possibili candidati alla carica di presidente ad interim. 71