Il cestino della rabbia - Centro psicopedagogico per la pace e la
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Il cestino della rabbia - Centro psicopedagogico per la pace e la
Strumenti Il cestino della rabbia Uno strumento educativo e rituale per affrontare gli scoppi di rabbia nei bambini e nelle bambine Rossana Bernardinello e Laura Beltrami * d’ira lo aiutano a superare la frustrazione. Non sempre è in grado di riconoscere, descrivere ed esprimere il (L., 9 anni) proprio sentire, ma questa competenza emotiva è un apprendimento educabile ed importantissimo. Dare un nome alle emozioni, trovare uno spazio in cui esprimerle è un’opportunità preziosa per costruire un Io sano, in grado di negoziare e per migliorare la capacità di stare in gruppo. È importante spostare la rabbia sul registro relazionale del conflitto. I litigi tra pari sono necessari per riconoscere la presenza dell’Altro che pone vincoli al proprio mondo egocentrico. I litigi sono preziosi perché attraverso essi il bambino entra nella gestione della contrarietà con gli altri, accetta la contrarietà, accetta che gli altri esistano. Il Cestino della rabbia 1 vuol essere un luogo di crescita e scoperta attraverso una dimensione rituale ed educativa. In educazione i rituali sono una risorsa preziosa perché permettono una comunicazione simbolica di immediata comprensione ed efficacia. Liberano e canalizzano energie, facilitano una rielaborazione interiore degli eventi, attivano i partecipanti. È necessario però che siano guidati da un’intenzionalità formativa ben orientata per non cadere in automatismi sterili e dannosi. Mio fratello ha detto che l’ho picchiato, ma non è vero. Mio papà mi ha sgridato: io mi sono arrabbiato con lui. Quando mi arrabbio, mi sembra di avere un vulcano nella pancia. L a rabbia è un’emozione estemporanea, ha origine interiore ed esternalizza tensioni che possono essere legate a diversi sentire (inadeguatezza, frustrazione, dolore, fatica, indignazione,…). A differenza del conflitto si manifesta anche a prescindere da una struttura relazionale, la sua dimensione è sostanzialmente individuale. La rabbia tende a non vedere l’Altro, a volerlo eliminare perché scomodo, perché ci infastidisce, limita, ostacola. Nei primi anni di vita e, in maniera diversa, anche successivamente, i bambini fanno una grossa esperienza di quest’emozione che è parte integrante del loro percorso di crescita. In età prescolare vivono una grande frustrazione derivante dall’incapacità di esprimere i propri desideri e bisogni, dalla fatica di convivere con gli altri, condividere giochi, persone, accettare il proprio limite, rispettare le regole. Il bambino è ostinato e costantemente combattuto tra i propri sentimenti. Questa dimensione fa parte integrante della prima infanzia, come l’imparare a camminare e a parlare, mostra che il bambino sta scoprendo il proprio io. Gli attacchi CONFLITTI L'interazione, che si attiva in questi momenti rituali, si delinea in episodi e ritmi che, con il loro ripetersi, permettono al bambino di avvertire, elaborare, riconoscere, rievocare e intuire/prevedere l'alternanza degli eventi in cui si divide una qualsiasi situazione di vita. Sperimentando il ritmo il bambino può inserire, in tutta sicurezza, un nuovo momento d’esperienza che ri-attiva il gioco relazionale con l'adulto e con un altro bambino. I rituali portano i bambini a sentirsi in contesti sicuri aprendo così il varco per vivere nuove esperienze di crescita e di grande valenza emotiva. Finalità del Cestino è l’esplicitazione condivisa del carico emotivo legato alla rabbia da parte dei bambini facendo sì che si attivino in prima persona e riconoscano il proprio vissuto. Il Cestino offre un luogo e un tempo in cui dar voce a quel vulcano nella pancia che raramente può essere interrogato dopo un’eruzione; cerca di rendere più consapevoli i piccoli dei loro sentimenti attraverso la lettura dei segnali forniti dal proprio corpo; li coinvolge in una rielaborazione narrativa e grafica. Fondamentale è la risorsa del gruppo in cui si accendono dibattiti, confronti, suggerimenti tra pari. Affinché i bambini si sentano accolti anche nelle loro emozioni forti è importantissimo l’atteggiamento dell’educatore che offre il percorso, dà i tempi, gli spazi, coglie i momenti più significativi attraverso l’osservazione dei partecipanti e attiva il processo fornendo occasioni di crescita. Per lavorare sulle emozioni e, in 28 Strumenti particolare, sul sentimento della rabbia, è parimenti necessario approntare un setting capace di contenere questi vissuti. L’educatore deve mostrarsi sicuro di ciò che propone e della possibilità, da parte dei bambini, di esternare tali emozioni costruendo così una relazione di fiducia con i piccoli partecipanti che, in tal modo, si sentono protetti e sicuri. È quindi utile procedere, oltre che seguendo un progetto di massima, anche calibrando la proposta ogni volta a seconda del gruppo che si incontra e delle dinamiche emergenti. All’interno di un percorso che si immerge nelle emozioni questo atteggiamento da parte del conduttore lo rende maggiormente efficace e permette la condivisione di sentimenti che divengono patrimonio comune. Protagonisti indiscussi degli incontri sono i bambini e quanto di sé portano al gruppo. L’educatore raccoglie i loro vissuti, prova ad assumere la loro prospettiva per poi fornire qualche intuizione, spunto, domanda derivante dalla consapevolezza del proprio punto di vista che conserva attivo e saliente (capacità di role-taking). Lavorando con il Cestino della Rabbia le risposte assumono la dimensione e la forma di domande che, come per il metodo Socratico, procedono per confutazione: “come, dove, perché, con chi …ti senti arrabbiato?”; “cosa vedi sul suo viso?”; “come senti la sua voce?”… Non si cerca la Verità, ma la conoscenza e la consapevolezza dell’emozione: come la sente e la mostra il bambino; a chi; come si può riconoscerla e palesarla in modo costruttivo. Il Cestino è uno strumento, un’opportunità per facilitare un processo di autocoscienza e riconoscimento di un’emozione non per eliminarla. I bambini si interrogano, riportano quello che vivono, cosa li smuove e ciò li attiva: ricordano quanto vissuto con i compagni e identificano la rabbia attraverso le espressioni del viso, la postura del corpo propria e altrui, qualcuno impara a riconoscerla nella pancia e qualcun altro coi denti. Raccontano e disegnano episodi in cui sentono di essersi arrabbiati, spiegano con chi, quando e perché, si rendono conto che anche gli altri si arrabbiano, di non essere gli unici ad avere un vulcano dentro quando la mamma non risponde ad una richiesta o il fratellino ruba qualche gioco. A questo punto il Cestino costruito da tutto il gruppo, diventa il raccoglitore simbolico dove i bimbi e le bimbe gettano i disegni o gli oggetti che rappresentano in qualche modo la frustrazione. Gli adulti accolgono il contenuto del Cestino e aiutano i bambini ad attivare un processo di sviluppo che contenga la fatica fatta. Diventando maggiormente consapevoli i bambini riflettono anche su come comportarsi quando sono arrabbiati, si scambiano consigli, condividono parte della loro storia. A volte, a mente fredda, prendono le distanze dagli atteggiamenti più esplosivi e distruttivi cercando strategie nuove per stare in quel vissuto tanto faticoso. Ciò non esclude che lo stesso comportamento possa ripresentarsi, ma gli spunti per affrontarlo, ricollocarlo, rileggerlo non mancano: si muovono nuovi passi nel cammino della crescita. Tracce di un’esperienza ... Laura Beltrami * D urante lo scorso anno scolastico il Comune di Brescia ha richiesto al CPP (Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti) un intervento sul conflitto all’interno di un progetto di educazione interculturale nelle scuole dell’infanzia. Insieme si è valutato di proporre ai bambini e agli insegnanti un’attività laboratoriale sul riconoscimento e la gestione della rabbia, tenuta da un esperto. Gli insegnanti disponevano di momenti specifici per confrontarsi tra loro e con il conduttore su quanto emerso durante il laboratorio, ai fini 29 dell’apprendimento del gruppo. Il formatore teneva sei incontri con i bambini per farli familiarizzare con l’emozione e proporre uno strumento maieutico, il Cestino della rabbia, per attivarsi rispetto ad essa; era compito poi dell’insegnante riproporre l’attività e integrarla nel percorso formativo. Obiettivo del primo incontro è stata la familiarizzazione dei bambini con l’esperienza della rabbia. Dopo le dovute presentazioni in gruppo, il formatore ha proposto alcuni giochi per richiamare l’attenzione dei bambini sulla rabbia attraverso un suo riconoscimento a partire da come il corpo ne parla. Si è cercato quindi di enfatizzare e mimare le espressioni di un volto arrabbiato, di ritrovare nelle braccia, nella pancia, nelle gambe e così via indizi di questo vissuto. Ad un certo punto un bambino è intervenuto: “L’anno scorso io ho avuto la pancia arrabbiata e per questo sono rimasto in ospedale un mese”. Al momento il contributo è stato accolto come tutti gli altri, poi la maestra ha ritenuto interessante spiegare al formatore l’importanza dell’intervento del piccolo. Il bambino era stato ricoverato per una forma di colite nervosa in concomitanza con la separazione CONFLITTI Strumenti dei suoi genitori: aveva ricollegato l’emozione all’esperienza e per la prima volta ne parlava affidando la sua riflessione a un contesto allargato. Dopo questa parte più ludica e di movimento il conduttore ha invitato i bambini a disegnare l’espressione di un viso arrabbiato ripercorrendo così quanto emerso dal precedente lavoro comune e ponendo attenzione su tutti i particolari (bocca, occhi, sopracciglia, colore del volto, ecc). L’incontro si è concluso con un piccolo rito che viene ripetuto tutte le volte: una canzoncina mimata e cantata insieme per darsi appuntamento alla settimana seguente. Il secondo incontro è stato centrato sulla scelta e la costruzione condivisa del Cestino della rabbia in cui successivamente verrà consegnata l’emozione che i bambini avranno imparato a conoscere. Dopo un primo momento di ricontatto e alcuni giochi d’attivazione per riattualizzare i temi emersi, è stato detto ai partecipanti che occorre trovare un posto in cui mettere le facce Centro educativo di Shtupel in Kosovo CONFLITTI Finalità del Cestino è l’esplicitazione condivisa del carico emotivo legato alla rabbia da parte dei bambini facendo sì che si attivino in prima persona e riconoscano il proprio vissuto. imbronciate, le guance che si scaldano, le braccia conserte, tutte le cose che fanno arrabbiare. Il Cestino deve essere di tutti quindi la decisione va presa dal gruppo tenendo conto che ognuno si deve ritrovare nella scelta del contenitore altrimenti non sarà facile affidarsi e mettere simbolicamente la propria rabbia in una scatola che non ci rispecchia e non abbiamo scelto. Il formatore propone delle alternative (scatole di cartone, cassette della frutta, fustini del detersivo,...) e il dibattito si apre. I bambini sono divisi, come fare? A questo punto si rimanda al compito e si pongono molte domande: cosa ti piace della tua scatola? Perché l’hai scelta? Una bimba disse: “Mi piace perché ci stanno bene i miei piedini”, fu invitata a provare anche le altre alternative, scelse un contenitore più comodo. Ad un’altra piaceva il disegno sul lato della scatola che l’aveva colpita maggiormente, decise di ritagliarlo ed incollarlo sopra il Cestino scelto dagli altri. È successo anche che il gruppo fosse diviso nettamente in due allora è stato chiesto: “Come possiamo fare? A noi serve un solo Cestino della rabbia”. I bambini furono geniali. Uno di loro disse: “Perché non ne usiamo uno come coperchio?”, la mozione fu ben accolta. Un’altra volta, nella stessa situazione, una bambina propose di incollare insieme i lati dei due contenitori rimasti in modo da farne uno unico. È essenziale inoltre che, una volta scelto, il Cestino della rabbia sia personalizzato con tutta la creatività e la fantasia dei bambini in modo che lo sentano come proprio, che racconti di loro. Alcune insegnanti avevano fatto portare ai piccoli delle figurine da casa e organizzato, prima di questo secondo incontro, un’attività di collage in cui avevano ritagliato tutti insieme immagini da incollare poi sul contenitore. Nel terzo incontro si compie un rituale per inaugurare lo strumento. A Brescia la scelta ricadde sulla musica e sulla danza. Vennero proposti ritmi veloci in cui si richiamavano le parti del corpo arrabbiate correndo rapidamente nella stanza e una canzone cantata da un indiano molto arrabbiato per provare a dire la rabbia con la voce e non solo col movimento. Aprirono e chiusero il momento due canzoni ripresentate poi tutte le volte in cui il Cestino fu utilizzato. Qualcuno, dopo le danze, chiese di poter già mettere nel contenitore la sua faccia arrabbiata raccontando al gruppo cosa era successo (un litigio per un giocattolo), del viso fu fatto un disegno in cui 30 Strumenti Centro educativo di Shtupel in Kosovo comparivano anche gli altri protagonisti del racconto. Il tutto fu posto nella scatola e, sulle note dell’ultima canzone, portato alla maestra viaggiando su un lungo treno fatto dai piccoli alla cui guida stava il bambino del disegno. La maestra è infatti l’adulto di riferimento che nella scuola raccoglie e custodisce quest’emozione. Il quarto e il quinto incontro sono occasioni per sperimentare in gruppo il Cestino come strumento di esplicitazione e trasformazione della propria rabbia. Viene riproposto parte del rituale per l’attivazione dello strumento e poi si offre ai bambini uno spazio per fare memoria di quando si sono arrabbiati, con chi, perché, cosa hanno sentito, vissuto. In generale tutti i gruppi hanno ben accolto l’invito: a volte il racconto partiva dalla loro esperienza fuori dalla scuola (con fratelli, genitori, parenti), altre volte da un episodio tra compagni recente o passato. A Brescia i bambini riuscirono a confrontarsi su quanto li faceva arrabbiare: botte, dispetti, giochi non condivisi, desideri non esauditi,… e, col tempo, ipotizzarono come fare ad affrontare queste situazioni. Una volta un bimbo propose di risolvere la questione picchiandosi e un compagno gli rispose che picchiarsi è inutile perché poi si 31 resta entrambi arrabbiati inutilmente! Un altro bambino raccontò di essersi arrabbiato col padre perché non aveva risposto a una sua telefonata. Un compagno gli suggerì di controllare bene il numero o provare a richiamare più tardi. Vissuto condiviso era la rabbia nei confronti dei genitori per la mancanza di tempo trascorso insieme a giocare. Dal gruppo emersero proposte interessanti: “La mamma deve fare tante cose in casa, devi chiederle di giocare dopo che si è riposata!”, “Quando il papà torna dal turno di notte non gli chiedo di giocare perché prima deve dormire, poi mi porta fuori con lui”. Dopo la condivisione e l’eventuale discussione i partecipanti sono invitati a fare una trasposizione grafica di quanto emerso. Se alcuni faticano a trovare un momento di rabbia da rappresentare possono usare il foglio come se fossero arrabbiati: lo appallottolano e lo mettono così nel cestino. I disegni sono risultati strumenti di lettura importanti per le maestre e spunti perché il gruppo si rispecchiasse. Un bambino che, all’inizio del percorso, dichiarò di non arrabbiarsi mai, ma col trascorrere degli incontri imparò a riconoscere il sentire della rabbia, ritrovarlo nei compagni, nelle espressioni, nei disegni e infine anche nella sua storia: nei litigi con i suoi due fratelli più grandi. Una volta conclusi, gli elaborati grafici possono essere utilizzati per puntualizzare alcuni contenuti in gruppo, per coinvolgere chi non ha raccontato, ma si è sentito di disegnare, per far osservare ai bambini i lavori dei compagni. Nell’ultimo incontro il conduttore ha cercato di capitalizzare gli apprendimenti e le buone pratiche adottate rilanciando l’utilizzo del Cestino con l’insegnante durante l’anno scolastico. A Brescia è stata colta una buona competenza da parte dei bambini rispetto all’esplicitazione e alla discussione sul vissuto già dopo cinque incontri. È stato riproposto l’esercizio grafico iniziale (il disegno di un volto arrabbiato) per verificare se la rappresentazione di quest’emozione fosse cambiata nel corso del laboratorio. I tratti caratteristici della rabbia emergevano più distintamente: i colori erano più marcati, i segni più decisi e chiari. Per alcuni bambini il percorso ha accompagnato uno specifico momento di crisi: ha dato loro uno strumento per esprimere il proprio malessere e ha permesso alle educatrici di avere degli ulteriori canali comunicativi e di lettura della situazione. In generale la proposta ha offerto spunti interessanti alle sezioni coinvolte e un nuovo rituale di gruppo per affrontare un aspetto emotivo tanto delicato e importante. NOTE 1 L’idea nasce all’interno dello spettacolo interattivo Anna è Furiosa, realizzato dal Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti e ideato da Daniele Novara; riportato anche in Ti piacciono i tuoi vicini?, Manuale di educazione socioaffettiva, di Daniele Novara ed Elena Passerini, Edizioni Gruppo Abele (TO), pag. 140 * Rossana Bernardinello, educatrice asilo nido Vicenza, collabora con il Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti e-mail: [email protected] * Laura Beltrami, Educatrice Area Infanzia, Formatrice per il Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti e-mail: [email protected] CONFLITTI