La violenza della bora
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La violenza della bora
OBIETTIVO AMBIENTE: TERRA , ACQUA , ARIA Gianni Stuparich La violenza della bora TEMI L’autore in questo suo brano autobiografico descrive un pauroso e temuto fenomeno della natura: la bora, un vento freddo, impetuoso, violento che colpisce soprattutto la città di Trieste. La bora, che può raggiungere anche la velocità di centocinquanta chilometri all’ora, viene paragonata dall’autore a «un torrente che invade, urta e trascina, scuote e rumoreggia». 1. si slabbrava: si apriva qua e là, a tratti. 2. ceruleo: azzurro. 3. frizzìo: sensazione pungente. 4. acquistavano corpo: assumevano contor- ni netti. 5. moto: movimento. 6. «borinello»: venti- cello. 7. s’aggelava: diventava freddissima, gelida. 8. netto: limpido, senza nuvole. 9. imperio: comando, dominio. 10. bruniti: scuri e le- vigati. 11. rapinosi: violenti, travolgenti. 1 Bisogna vederla nascere. Qualche anno fa, di febbraio, ebbi l’occasione d’assistere alla sua venuta. L’aria era annebbiata e sonnolenta; dalla riva dove mi trovavo, la città sembrava vecchia sotto un velo uniforme di stanchezza; i moli, più che protendersi decisi nel mare, sembravano emergere fiacchi e galleggiar su di esso come degli zatteroni sul punto di sfasciarsi; la collina era grigia e opaca. Improvvisamente l’orlo della collina cominciò a rischiararsi; la tenda nebbiosa là sopra si sollevava, si slabbrava1, mostrando una striscia di ceruleo2 intenso, come l’apertura d’un mondo rinnovato. Non capivo da principio; ma poi quando vidi la nebbia sopra la città addensarsi, rotolare e sparire, quando vidi il mare pulirsi e sentii fremere intorno a me l’aria giungendomi alla pelle un piacevole frizzìo3 e nelle narici un fresco e leggero odore di sassi e di pini, allora capii che cos’era. Nasceva la bora. Si profilava sul ciglio dei colli, e poi d’un balzo era giù, sulla città e sul mare. Le case acquistavano corpo4; i moli liberavano le loro sagome forti e squadrate dal velo tenero della nebbia; nei bacini l’acqua del mare prendeva colore e moto5. Una freschezza, un ringiovanimento da per tutto. Bello sarebbe stato godere a lungo di questa fresca e limpida età del vento, appena nato, di questo «borinello»6 un poco eccitante, fratello delle estive brezze mattutine. Ma eravamo nell’inverno, e il giovinetto si faceva di secondo in secondo più gagliardo. Dopo pochi minuti, già risonava la sua voce, la sua sferza sollevava il moto dell’acqua in scintillanti e impetuose onde: l’aria s’aggelava7 del suo fiato. Quando abbandonai le rive, per rientrare nelle vie della città, il mare era tutto una schiuma e la voce canora del vento cresceva in un urlo disteso. Nel sole, sotto un cielo fatto più netto8, la bora signoreggia con imperio9 meno crudele la città. Le vie sembrano più larghe, il selciato prende toni luccicanti di metalli bruniti10, gli spigoli dei palazzi e delle case appaiono più crudi e taglienti; carri, automobili, tranvai saettano e traversano presi da una volontà di fuga, come se scappassero da qualche inseguimento. La sostanza del vento è su tutto e da per tutto, è come un torrente che invade, urta e trascina, scuote e rumoreggia, dalle calme improvvise e dai vortici rapinosi11. (da Pietà del sole, Sansoni, rid. e adatt.) Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education