BOCA, IL VINO DEL VULCANO - Cantine del Castello Conti

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BOCA, IL VINO DEL VULCANO - Cantine del Castello Conti
VINO SPECIALITÀ
BOCA, IL VINO
DEL VULCANO
MICHELE LONGO
Siamo nell’Alto Piemonte, dove 300 milioni di anni fa c’era un grande vulcano. La zona del Boca è fatta di cinque paesi, Boca, Maggiora, Cavallirio,
Prato Sesia e Grignasco. Qui la viticoltura aveva occupato grandi spazi, fino
a 4.000 ettari a fine Ottocento. Poi, dopo la prima e la seconda guerra mondiale, il graduale abbandono. Oggi, c’è una lenta ripresa, che sta riportando
attenzione su una terra di qualità
Il Boca è una delle Denominazioni
dell’Alto Piemonte, una realtà nel
mondo del vino lontana da mode e
tendenze. Qui non ci si è fatti trascinare dalla corsa all’omologazione
verso gusti “internazionali”, ma al
contrario si è mantenuta integra la
diversità dei terroir e dei vini.
In queste zone l’aspetto geologico è
importante.
Circa 300 milioni di anni fa, quando
esisteva un unico continente, un Supervulcano copriva queste zone e,
prima di esplodere completamente,
eruttò un’innumerevole quantità di
rocce porfidiche a forte componente
acida, ricche di minerali, che vennero
sollevate in seguito ai processi di formazione orogenetica che diedero poi
origine ai continenti e alle Alpi (e al
Monte Rosa), e che oggi riaffiorano
da questi terreni.
Nei vini dell’Alto Piemonte, più
dell’esposizione, è l’altitudine a fare la
differenza, proprio perché ad altitudini diverse troviamo suoli con origini,
strutture e composizioni sensibilmente differenti. Terreni ricchi di minerali a reazione decisamente acida,
con pH che dal 4,1 medio di Gattinara tocca il 2,8 a Boca (per intenderci,
l’aceto è a 2,9 e il succo di limone a
2,4), responsabili della grande mineralità di questi vini.
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LA SITUAZIONE
CLIMATICA
Poi c’è il clima. La presenza del Monte
Rosa alle spalle è un fattore importante. Ripara le colline dai venti freddi del
nord e dalle nevicate, favorendo il germogliamento precoce delle viti, e determinando una maggiore escursione
giorno-notte, che sostiene lo sviluppo di un’aromaticità particolarmente
complessa e sfaccettata. Per contro, la
presenza di una massa così imponente di montagne comporta frequenti
IL TERRENO DEL BOCA
grandinate anche a maturazione quasi
completa.
Boca è la denominazione più alta e più
fresca tra quelle del Nord Piemonte,
arrivando a superare i 500 metri s.l.m.,
altitudini impensabili in altre zone del
Piemonte per la maturazione del Nebbiolo. I suoi vigneti sono quasi completamente inglobati nella Riserva Naturale del Monte Fenèra (900 mt. circa)
che li ripara dai venti freddi del nord,
creando un microclima salubre, fresco,
ventilato e protetto dalle nebbie.
Le radici affondano in porfidi di rocce
vulcaniche antichissime, caratterizzate
da un color rosa brillante spesso virante
al viola, che si sfaldano facilmente permettendo alle radici di scendere in profondità e dare così maggior complessità
ai vini. Tra Boca e Maggiora si trovano
le vigne definite “storiche”: Montalbano, Piane, Traversagna, Motto Grande,
Cappelle, Valloni … e ce ne sarebbero
altre, ormai solo più nelle mappe della
memoria di pochi, perché quei vigneti
sono andati in rovina e al loro posto
ora c’è il bosco. A questo punto, per
capire cos’era la coltivazione della vigna
da queste parti, dobbiamo fare un salto
indietro nel tempo.
UN PO’ DI STORIA
Il vino di Boca ha origini molto antiche:
già nel 1300 il cronista novarese Pietro
Azario lo definì “rinomato sin dall’antichità”. Per avere un’idea di cosa rappresentasse questa zona per il mondo
del vino, però, basta pensare che una
volta tra le due serre del Nord Piemonte (quella di Ivrea e quella di Gattinara) c’erano più di 40.000 ettari di
vigna. Oggi Montalcino ha poco più di
2.000 ha e Barolo poco meno; a fine
IL VITIGNO NEBBIOLO
‘800 inizio ‘900, Boca ne aveva più di
4.000. Questo vuol dire che in pratica
la sola zona di Boca aveva una superficie vitata che era doppia di quanto lo è
oggi quella del Barolo. Negli anni ‘30 e
‘40, Boca era tutto un vigneto; per rendersene conto basta osservare le foto
storiche della Pro-Loco, che ritraggono il Santuario di Boca (opera dell’Antonelli) completamente attorniato da
un mosaico di vigneti. La stessa foto
scattata a metà degli anni ’90 mostra
ben altro panorama. Gli ettari di vigneto sono a mala pena una decina; il
bosco si è ripreso tutto quello che la
tenacia dell’uomo aveva costruito nei
secoli; lungo i gradoni, dove una volta
c’erano viti di Nebbiolo, Vespolina, Uva
Rara, Barbera e altre varietà locali, solo
più una selva di piante di ogni tipo.
Anche a Boca, come nelle altre zone
dell’Alto Piemonte, subito dopo la guerra si assistette a un rapido abbandono
delle campagne. C’era da ricostruire un
paese e le priorità erano altre, non certo il vino di qualità. All’inizio degli anni
’50 due grandinate consecutive, una più
disastrosa dell’altra, diedero poi il colpo
di grazia. Il vino non rendeva in generale, e qui meno che altrove, anche per gli
elevati costi di gestione della vigna. Le
persone iniziarono così ad abbandonare i vigneti per riversarsi nelle industrie
tessili e metalmeccaniche della zona. E
cosi si è perso tutto, o quasi.
LA RINASCITA
Né l’istituzione della Doc, nel 1969, né
l’aneddotica che vuole il Boca essere
“Non vino da Cardinali, ma vino da Papi”
(la definizione profetica fu data nel
1900 dal Patriarca di Venezia, Cardinale Giuseppe Sarto, in visita al Santuario,
poi nominato Papa nel 1903) riuscirono a sollevare questa denominazione,
la cui produzione a metà degli anni ’90
non superava i 200 hl l’anno (meno di
27.000 bottiglie). Numeri di una denominazione praticamente estinta, con
non più di 4 aziende a “tener duro” e
a continuare a credere in questo vino
(Vallana, Cantine del Castello Conti,
Marcodini e Podere ai Valloni).
Ma gli Dei del “terroir” non volevano
che la storia di questo territorio e dei
suoi vini andassero perduti e così fecero in modo che una coppia di amici
(Christoph Kunzli, svizzero e importatore di vini, e Alexander Trolf, austriaco
ed enologo) incontrassero un giorno
Antonio Cerri, uno dei più anziani
contadini di Boca, un vignaiolo straordinario, capace di produrre vini dal
fascino unico e complesso, così unico
che i due amici se ne innamorarono
subito. Era il 1986.
Dopo quasi un decennio di assaggi e
corteggiamenti (il Cerri non riusciva a
comprendere come fosse possibile che
uno svizzero volesse venire a Boca per far
vino), nel 1995, riuscirono a rilevarne i
vigneti e realizzare il sogno di dedicarsi
a questo vino, che ritenevano essere
uno dei più grandi rossi d’Italia. Quello
fu il primo passo. Nacque così l’azienda
Le Piane, a cui è stato riconosciuto, da
parte di tutti i produttori della zona, il
ruolo trainante nel riportare interesse
su questa denominazione, nel ridare
energia ed entusiasmo alle aziende già
presenti e stimolo e prospettive alle
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UN TEMPO, VIGNETI DAPPERTUTTO...
nuove che si sarebbero create. Oggi
la denominazione può contare su una
dozzina di produttori e gli ettari vitati
sono passati da una decina a più di 30.
CURIOSITÀ ED ANEDDOTI
Del “Vino da Papi” abbiamo già parlato.
Un altro grande estimatore e conoscitore di questi Nebbiolo e dei vini di
queste zone fu Cavour, uno dei “padri”
del Barolo. Addirittura esiste una lettera in cui dice che è insoddisfatto di
come fanno il vino a Barolo, e chiede di
portare il Nebbiolo delle zone dell’Alto
Piemonte a Barolo, riconoscendo che i
nebbioli di queste zone sono i migliori
e “danno vini simili a quelli per me migliori
del mondo, ossia i Borgogna”. Cavour individua con precisione le caratteristiche
di questi vini: finezza ed eleganza. Altra
curiosità sono le maggiorine, un antico
sistema d’impianto che contraddistingue la viticoltura novarese, formato da
quattro viti che si sviluppano secondo i
quattro punti cardinali (anche mischiando più varietà, ad esempio nebbiolo e
croatina o vespolina). Praticato nella
zona da tempi remotissimi, probabilmente ancora prima dell’arrivo dei
romani, al cui perfezionamento si dice
avesse contribuito l’architetto Antonelli,
quello della Mole Antonelliana di Torino, che era nato proprio a Maggiora. È
stato per centinaia di anni l’unico modo
di coltivare le viti a Boca, ma oggi purtroppo è quasi scomparso.
VIGNETI IN PRIMAVERA
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L’APPORTO DELL’UOMO
IL BOCA E LA SUA MUSICA
Ad alcuni dei dodici produttori di Boca
abbiamo chiesto di raccontarci, attraverso la loro sensibilità e i loro gusti musicali, quali siano le caratteristiche distintive
di questo vino. Alessandro Cancelliere
(Cascina Montalbano) – “Il Boca è un
vino forte, tenace, un po’ difficile, sfrontato,
dotato di un carattere deciso, non facile e
non per tutti, con un’acidità che rispecchia
questo terreno, così duro e minerale. Per
chi ha voglia di scoprirlo, però, ha tante
cose da dire. Un po’ come la musica dei
Clash, la mia musica del cuore, che mi
ha dato carica e forza. Penso al brano “I
fought the law”, in cui ci sono forza e ribellione, proprio come nel Boca.”
Elena Conti (Cantine del Castello Conti) – “Il Boca è fine ed elegante, ma dal
carattere deciso. È un vino unico, mi piace
pensarlo come “vino del fuoco”, “vino vulcanico”, per via delle origini dei terreni dei
suoi vigneti, e per la scintilla che sa provocare in chi si avvicina e ha voglia di farsi
affascinare da questo vino. Perché il Boca
non si concede facilmente, devi volerlo
“cercare”, non è un vino per tutti. Al Boca
abbino Richard Galliano - Historia de Un
Amor. Il Boca è così: ogni volta che lo assaggio nasce in me la curiosità di sentire
cosa ha da dirmi in quel momento… proprio come in una bella storia d’amore!”
Silvia Barbaglia – “Finezza di profumi e
carattere deciso, eleganza e forza, dati
dall’intimo connubio Nebbiolo e Vespolina. Non ci sarebbe il Boca senza la speziatura della Vespolina, che rende questo
vino unico tra queste denominazioni.
L’eleganza del Nebbiolo e il pepe della
Vespolina. Se fosse musica? Una canzone che mi lega profondamente a questo
vino e che amo particolarmente: Rise di
Eddie Vedder”, il cui titolo è un manifesto
e un augurio per questo vino.”
Christoph Kunzli – “Il Boca è un vino
molto fine, delicato ed elegante, ma
non banale. Ci vuole una musica che sia
leggiadra, allegra, ma con una venatura
“drammatica”, seria ed eterea. Una sinfonia di Haydn”.
Davide Carlone – “Il Boca è il ricordo
dei profumi che sentivo in cantina da mio
VIGNETI IN AUTUNNO
LA VENDEMMIA È FINITA
nonno. Note balsamiche e di spezie, …
quale musica per il mio Boca? Una musica per tutti, popolare, solare, energica,
che sappia unire passione e malinconia,
allegria e melodramma. Potrà sembrare
strano ma mi viene in mente: “Dicitencello
vuje” cantata da Roberto Murolo.”
IL BOCA,
LE CARATTERISTICHE
Vitigni: Nebbiolo (Spanna) 90-70%;
Vespolina e Uva rara (Bonarda novarese) da sole o insieme 10%-30%.
Invecchiamento: almeno 34 mesi di
cui minimo 18 mesi in botte di rovere o castagno. Zona di origine:
comuni di Boca, Maggiora, Cavallirio, Prato Sesia e Grignasco (per
questi ultimi solo i terreni vocati)
Resa massima a ettaro: 80 quintali.
In realtà le rese effettive sono più
basse.
Il Boca è un vino rosso adatto a lungo invecchiamento. Di colore rosso
rubino che con l’età assume riflessi
colore granato e mattone. Mineralità
ferrosa, profumi di piccoli frutti rossi,
erbe aromatiche e balsamiche, note
agrumate e sentori speziati di pepe
bianco. In bocca è fresco e sapido,
con ritorni fruttati e balsamici, tannini decisi ma raffinati.
IL BOCA A TAVOLA
Si abbina ottimamente con il risotto ed è altrettanto apprezzato con
la carne (il brasato e il Tapulone alla
Bochese fatto con carne d’asino) e i
formaggi stagionati.
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