amico_04_2004 - Opera don Calabria
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L’ONU ha proclamato il 2004 “Anno internazionale per commemorare la lotta contro la schiavitù e la sua abolizione” Dichiarazione dei Diritti dell’uomo (ONU - 1948) ARTICOLO 4 Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma. 2 S EI VECCHIO QUANDO ... Sei vecchio quando continui a dire che «bisogna tenere i piedi per terra» e hai cancellato dalla tua vita la fantasia, il rischio, la poesia, la musica. Sommario 4 Editoriale DIRE DI SÌ ALL’AMORE Al servizio di chi soffre 6 Fratel Mario Bonora eletto neo-presidente dell’ARIS Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari 6 Cronaca calabriana AL SERVIZIO DI CHI SOFFRE IL LAICO NELL’OPERA SERVIZIO CIVILE EUROPEO ARIS NEL SEGNO DEL BUON PASTORE DUE INCONTRI EMOZIONANTI SERVIRE I POVERI NELLO SPIRITO DI DON CALABRIA Nel segno del Buon Pastore 15 Teologia in pillole RINGRAZIAMENTO AL SIGNORE LIBERATORE 16 Speciale UN’EREDITÀ VIVA! 10 Intervista a p. João de Souza Gomez, ordinato sacerdote lo scorso 29 maggio nella parrocchia di Restinga in Brasile 20 Se non ritornerete... STORIA DI UNA VONGOLA 22 L’Opera nel mondo ANCHE DIO HA CORAGGIO 24 Conoscere la S. Messa NOMI DIVERSI, UN’UNICA REALTÀ 26 Le vie della carità Un’eredità viva! 16 Gruppi giovanili e Cantautori di Dio a San Zeno in Monte per cantare la bontà di Dio Padre ANCHE L’OCCHIO VUOLE LA SUA PARTE L’INTERESSE PIÙ ALTO È QUELLO DI TUTTI CHI SIAMO, COSA FACCIAMO... 27 Poesia della santità QUIRINO 30 Spazio Fiorito Mariano EUCARISTIA E SACERDOZIO: MISTERO DI AMORE E SANTIFICAZIONE 32 Tempi e luoghi della memoria Conoscere la S. Messa Nomi diversi, 24 un’unica realtà MONS. BOVELLI UNITI NEL COMPIMENTO DELLA MISSIONE 30 Ricordando FRATEL DAVIDE RENESTO Appunti storico-teologici sulla celebrazione dell’Eucarestia RUBRICHE Direzione - Amministrazione: VIA SAN ZENO IN MONTE, 23 - 37129 VERONA TEL. 045.80.52.932 - C.C.P. 18543371 Redazione: Centro Culturale Calabriano - tel. 045.80.52.928 Sito Internet: http://www.lamico.it • E-Mail: [email protected] Direttore: fr. CARLO TONINELLO • Responsabile: d. LUIGI PIOVAN Redattori: dr. MATTEO CAVEJARI; dr. MASSIMO CUNICO • Layout e copertina: dr. MASSIMO CUNICO Impaginazione: DAVIDE BELLINI • Archivio fotografico: ALFREDO MALESANI Collaboratori. La collaborazione è aperta a tutti gli amici dell’Opera. Indirizzare gli articoli al direttore. Non contiene pubblicità. Autorizzazione Tribunale Verona n. 19/93 del 15.1.1993. Stampato dalla Tipolitografia don Calabria di Verona, Via San Zeno in Monte, 23 - 37129 Verona Tel. 045.80.52.996 - 045.80.52.991 - fax 045.80.52.963 L’AMICO non ha quota di abbonamento ma vive delle offerte spontanee dei nostri lettori, fidandosi della Provvidenza. NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 30 GIUGNO 2004 LIBRI NOTIZIE FELICITAZIONI - TORNATI AL PADRE SIMBOLI CALABRIANI APPUNTAMENTI 31 35 38 39 40 Questo periodico è associato all’UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA 3 Editoriale Dire di sì all’amore o l’impressione che la nostra vita spirituale, il nostro desiderio di Dio, subisca la violenta aggressione di un potente virus dal nome e dalle origini sconosciute. Se ne vedono unicamente i devastanti effetti: una radicale perdita di senso e di orientamento, un venir meno dei parametri e dei criteri per definirsi umani, l’affievolirsi di quelle che si pensavano essere le dimensioni più propriamente umane, l’anestesia progressiva che rende sempre più deboli le nostre H La Parola del Papa Per una cultura al servizio dell’uomo «(11) [...] il compito primario ed essenziale della cultura in generale e anche di ogni cultura, è l’educazione. L’educazione consiste in sostanza nel fatto che l’uomo divenga sempre più umano, che possa “essere” di più e non solamente che possa “avere” di più, e che, di conseguenza, attraverso tutto ciò che egli “ha”, tutto ciò che egli “possiede”, sappia sempre più pienamente, “essere” uomo. Per questo bisogna che l’uomo sappia “essere più” non solo “con gli altri”, ma anche “per gli altri”. L’educazione ha un’importanza fondamentale per la formazione dei rapporti interumani e sociali. [...] (13) [Le società tecnologicamente più sviluppate, ndr] si trovano davanti alla crisi specifica dell’uomo, che consiste in una mancanza crescente di fiducia nei confronti della propria umanità, del significato del fatto d’essere uomo e dell’affermazione e della gioia che ne derivano e che sono sorgente di creazione. La civiltà contemporanea tenta d’imporre all’uomo una serie di imperativi apparenti, che i loro portavoce giustificano ricorrendo al principio dello sviluppo e del progresso. Così, per esempio, al posto del rispetto della vita, l’“imperativo” di sbarazzarsi della vita e di distruggerla; al posto dell’amore, che è comunione responsabile di persone, l’“imperativo” del massimo di godimento sessuale al di fuori da ogni senso di responsabilità; al posto del primato della verità nell’azione, il “primato” del comportamento in voga, del soggettivo e del successo immediato. In tutto questo si esprime indirettamente una grande rinuncia sistematica alla sana ambizione che è l’ambizione di essere uomo. Non facciamoci illusioni: il sistema formato sulla base di questi falsi imperativi, di queste rinunce fondamentali, può determinare l’avvenire dell’uomo e l’avvenire della cultura». (GIOVANNI PAOLO II, Discorso all’UNESCO, 2 giugno 1980) 4 percezioni sia sensoriali che morali, facendoci scivolare verso l’indifferenza. Si tratta di un virus che aggredisce le fonti stesse del nostro essere umani. Privati della nostra umanità ci risulta impossibile accedere a Dio e quindi vivere un’esperienza spirituale. Si tratta di un virus che agisce corrodendo il nostro essere uomini e donne capaci di amare. Gli uomini e le donne che sono aggrediti da questo virus hanno sempre l’attenzione centrata su di sé, mantengono un’estenuante contabilità degli onori e dei riconoscimenti che ricevono, sono avidi di attenzioni e di applausi. Chi alberga in sé questo virus vive una costante lotta per sottrarre spazio e visibilità agli altri, imposta la sua esistenza in perenne competizione, in ansiosa corsa ad occupare i primi posti, disposti a qualsiasi inganno pur di prevalere e apparire. Per costoro l’altro è solo o un pericoloso ostacolo da superare e da abbattere, un avversario da vincere, un nemico da eliminare; oppure uno strumento da usare, un mezzo grazie al quale promuovere se stessi, i propri interessi, le proprie voglie. Qualora l’altro non sia né un nemico da cui difendersi, né un mezzo da sfruttare, il suo destino non ci riguarda, ci risulta indifferente, non suscita alcuna emozione. Se ci si guarda attorno allora non si incontrano sguardi da cui sentirci riconosciuti e accolti, ma solo occhiate che cercano di valutare quanto siamo pericolosi, o che tipo di ostacolo rappresentiamo, o quanto potremmo essere utili. Queste persone vivono come sentinelle intente a spiare i movimenti dell’avversario, preoccupate della difesa delle proprie alte mura, pronte a reagire e dare l’allarme al primo accenno di movimento dell’altro. Ma se non sappiamo riconoscere e accogliere l’altro come uno degno di rispetto, di responsabilità, di premura, allora perdiamo la nostra umanità e l’uomo che dimentica la propria umanità non finisce semplicemente Editoriale per abbandonarsi ai suoi istinti animali, ma diventa un mostro capace di giungere ad abissi inimmaginabili. Testimonianze in questo senso purtroppo non mancano, basta aprire le pagine dei giornali. La cultura contemporanea ha vissuto più e più volte quanto il filosofo tedesco Nietszche gridava nel suo libro La gaia scienza: «Dio è morto». Forse oggi varrebbe la pena riflettere se questa presunta morte altro non sia che l’inevitabile conseguenza del progressivo spegnersi dell’umanità dell’uomo. Per far sì che Dio viva, che una vita spirituale sia ancora possibile, dobbiamo impegnarci a far vivere l’uomo, ad impedirne la progressiva e drammatica disumanizzazione. Ma come far sì che l’uomo sia più umano e quindi capace di volgersi a Dio? È quanto amiamo a definire la cifra della nostra umanità e l’amore per sua natura non ha limiti, non ha confini. Non si ama fino ad un certo punto, né fino ad un certo giorno. L’amore è per definizione senza limite. Neppure le lacrime fanno da confine all’amore, anzi forse ne sono l’essenza stessa. Si può solo amare di più e sempre di più e ancora di più, senza stancarsi mai. Il solo pensiero di un punto finale toglie profondità all’amore, lo rende simile alla rugiada mattutina che con il progredire del giorno perde la propria lucentezza fino a svanire. Se non comprendiamo che solo amando riusciremo a saziarci, continueremo a vagabondare tra gli scantinati dell’esistenza, logorati dall’ansia di ricevere riconoscimenti e onori, perennemente intenti a rovistare tra i rifiuti della storia. Senza amore viviamo nelle tenebre, vaghiamo come ciechi che incespicano gli uni sugli altri e la vita altro non è che una fugace ed oscura notte che fa da preludio alle tenebre eterne. Solo se amiamo la vita acquista luce e nasce in noi il desiderio di Dio. Solo un uomo veramente umano, e quindi votato all’amore, è capace di desiderare Dio e di percorrere un cammino spirituale. Per essere umani, per aprire le porte della nostra esistenza a Dio, dobbiamo imparare a dire di sì all’amore. La Parola del Padre Sete di divine energie «La vita si è sfalsata dal suo scopo, gli uomini oltraggiano sfrontatamente il divino Legislatore, si calpestano le sue leggi sapientissime, si dissacra il Matrimonio, si disgrega la famiglia, si defrauda l’operaio, si disprezza il povero, si profana il giorno del Signore, non si ascolta la parola di Dio, il Vangelo, il Catechismo; tanti cristiani credono che basti qualche pratica di culto; essi non sanno non pensano che il Vangelo deve informare tutta la vita, privata e pubblica, perché non vi sono due coscienze, e che altrimenti non si potrebbe accontentare lo sguardo del Signore che scruta i cuori: “Il Padre cerca adoratori che lo adorino in spirito e verità”. [...] Penso spesso che se tanti infedeli, buddisti, maomettani, desiderassero venire da noi per vedere come N. S. Gesù Cristo è da noi conosciuto, amato, imitato, ne resterebbero scandalizzati e sarebbero costretti a ripetere: stiamo meglio noi con le nostre credenze, con i nostri riti. Quale responsabilità sarebbe la nostra! Cominciamo dunque noi a vivere come vivevano i primi cristiani, che erano un cuor solo e un’anima sola, nello spirito di fraterna carità, in una comunanza di beni temporali, e di ideali spirituali, così che attiravano lo sguardo dei pagani, i quali dicevano: “Guardate come i cristiani si amano!”». (SAN G. CALABRIA, Lettera XXXVI, maggio 1944, Archivio Storico dei PSDP, San Zeno in Monte, Verona) fr. Carlo Toninello 5 Cronaca cal abriana Fratel Mario Bonora eletto neo-presidente dell’ARIS Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari ARIS Al servizio di chi soffre Compito difficile per il neopresidente, ma conciliare lo spirito di servizio e l’efficienza non è impossibile ratel Mario Bonora è stato da poco eletto presidente dell’ARIS (Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari). È un incarico di particolare importanza per il religioso calabriano, già Economo generale dell’Opera don Calabria e Presidente degli Ospedali riuniti di Negrar. L’ARIS è un’associazione che agisce sotto la vigilanza della Conferenza Episcopale Italiana e riunisce circa 250 istituti sanitari di ispirazione cristiana sparsi per l’Italia. In particolare fanno capo ad essa 26 ospedali classificati (tra cui quelli di Negrar e il Fatebenefratelli di Roma), 137 centri di riabilitazione, 57 case di cura, 17 residenze sanitarie assistenziali e 8 istituti di ricovero a carattere scientifico. L’Associazione è nata circa 35 anni fa, quando era emersa la necessità di ottenere l’equiparazione tra i servizi sanitari garantiti da enti religiosi e il servizio pubblico. Con il tempo l’ARIS è diventato un organismo di rilievo nella sanità italiana, facendosi promotore di studi e proposte originali per la soluzione di problemi socio-sanitari e assistenziali a livello nazionale. L’azione dell’Aris non punta solo al miglioramento delle prestazioni professionali offerte nei propri istituti. L’altro grande obiettivo è quello di favorire la crescita spirituale degli operatori e dei pazienti. Nello Statuto dell’Associazione c’è infatti scritto così: «L’ARIS ha lo scopo di contribuire al costante rinnovamento spirituale e all’aggiornamento professionale degli operatori del servizio socio-sanitario, e di promuovere lo sviluppo delle opere associate per adeguarle alle istanze sociali del Paese». F 6 Anche fratel Bonora in occasione del suo saluto ai componenti dell’Associazione ha sottolineato che il lavoro di cura deve essere un servizio inteso in senso evangelico, infatti, ha detto fratel Mario, «nel Vangelo in molte occasioni Gesù invita i discepoli a curare gli infermi e lo stesso don Calabria durante il servizio militare ha prestato servizio in un ospedale e sempre poi ha sottolineato l’importanza dell’impegno cristiano nelle strutture di assistenza». Nel saluto da neo-presidente fratel Bonora non è entrato nei dettagli del suo programma di interventi, tuttavia ha delineato alcune linee operative che cercherà di seguire. «Continuerò nel potenziamento e nell’organizzazione delle sedi regionali, inoltre intendo proporvi di promuovere un maggior coinvolgimento responsabile dei nostri collaboratori laici». Secondo il neo-presidente ci vorrà poi un grande impegno per garantire la continuità del servizio in alcune strutture associate all’ARIS che si trovano in difficoltà. Da una parte l’idea dell’assistenza sanitaria come servizio evangelico, dall’altra l’esigenza di far quadrare i conti per evitare gli sprechi in un settore dove le spese sono molto grandi. Il compito di fratel Bonora all’ARIS non sembra certo dei più facili. «Ma conciliare lo spirito di servizio e l’efficienza non è impossibile – conclude fratel Mario – l’importante è che insistiamo sul nostro valore aggiunto, cioè l’impegno a valorizzare cristianamente le persone». Matteo Cavejari Cronaca calabriana S. Giacomo di Vago (Verona) Assemblea della Delegazione Europea Il laico nell’Opera Acquisire un’identità calabriana e portarla poi come dote alla Chiesa e a tutta la società laici spetta di illuminare e ordinare tutte le «Airealtà temporali, alle quali essi sono stretta- mente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo». È partita da queste parole del Catechismo la riflessione del prof. Giuseppe Perazzolo sul tema dei laici e del loro ruolo nella Chiesa e nell’Opera. L’occasione per l’intervento è stata l’ultima Assemblea della Delegazione europea, che si è svolta lo scorso 4 giugno a San Giacomo di Vago, alla presenza di tanti confratelli e amici della Famiglia Calabriana. Il prof. Perazzolo ha sottolineato che è finito il tempo in cui i laici erano considerati cristiani di “serie B”, cioè persone troppo vicine alle esperienze carnali e lontane da quelle spirituali. Il Concilio Vaticano II ha detto che i laici (dal greco laos che vuol dire “popolo”) fanno parte a pieno titolo della missione della Chiesa e hanno la stessa dignità e responsabilità dei sacerdoti, naturalmente con carismi diversi. Infatti il compito della Chiesa non è solo quello di evangelizzare in senso stretto. Essa deve anche favorire la crescita umana del mondo e in questo i laici possono svolgere una vera e propria azione ecclesiale, se si lasciano guidare dallo Spirito nelle loro attività quotidiane. «Per partecipare alla missione della Chiesa non è fondamentale appartenere a un gruppo o a un’associazione – ha detto Perazzolo – ciò che conta è l’appartenenza a Gesù attraverso il battesimo, che accomuna tutti i cristiani». Ai laici spetta un ruolo di primo piano anche nell’Opera don Calabria. «La laicità è nel cuore stesso della Congregazione, perché così ha voluto don Calabria fin dall’inizio» ha aggiunto Perazzolo. Il fondatore ha scelto di valorizzare i Fratelli, mettendoli a fianco dei sacerdoti e chiedendo loro di far parte della stessa Famiglia. Poi con il tempo la presenza dei laici è aumentata, favorendo un crescente coinvolgimento nella missione e nella gestione dell’Opera. Oggi i laici calabriani sono chiamati non solo a collaborare alle attività, ma a sentirsi partecipi del carisma dell’Opera. Anche loro devono essere consapevoli che la missione calabriana è quella di mostrare l’esistenza della Provvidenza Divina e della Paternità di Dio. «Un collaboratore laico non va trattato come un semplice dipendente di un’azienda – ha detto il relatore – d’altra parte a lui si chiede un impegno che va al di là del semplice lavoro prestato in cambio di denaro». Secondo Perazzolo quella del laico calabriano è una sorta di vocazione. Questo significa che il collaboratore è chiamato a fare scelte di vita e lavorative coerenti con la missione dell’Opera, o quantomeno a comportarsi secondo un certo stile. Ad esempio sul lavoro il laico dovrà avere precise competenze, ma ad esse dovrà unire senso di responsabilità e dedizione per garantire un buon servizio. Allo stesso modo egli dovrà operare con uno stile adeguato alle finalità dell’Opera e non limitarsi a rispettare un contratto di lavoro (cosa peraltro importante). Ecco quindi che al collaboratore si chiede attenzione verso gli ultimi, rispetto profondo per le persone, capacità di cooperare permettendo a ognuno di esprimere la propria personalità. Con queste attenzioni il laico può davvero acquisire un’identità calabriana e poi portarla come dote alla Chiesa e a tutta la società, favorendo quella crescita umana del mondo che è una delle missioni dei cristiani. «Certo per essere motivati e sentirsi parte del carisma non basta la disponibilità del soggetto, ma ci vuole un percorso formativo adeguato. Infatti il collaboratore calabriano partecipa ad un lavoro che è già finalizzato alla missione della Chiesa, il problema è fare in modo che ne sia pienamente cosciente» ha concluso Perazzolo. Matteo Cavejari 7 Cronaca cal abriana Comunità di San Benedetto - Verona Servizio Civile Europeo Visita del console tedesco, Felix Klein, per verificare l’efficacia dei progetti della Comunità veronese dell’Opera don Calabria è stata una visita molto speciale lo scorso 3 maggio alla Comunità San Benedetto di Verona. Ospite era Felix Klein, console tedesco che per l’occasione si è spostato da Milano, dove risiede abitualmente. Il console è arrivato per salutare la sua connazionale Sara Rucht, ragazza berlinese che sta facendo il Servizio di Volontariato Europeo presso la Comunità calabriana. Per San Benedetto è la prima esperienza con un volontario straniero, anche perché il Servizio Civile Europeo è stato istituito da poco. In realtà la visita di Felix Klein non è stata un semplice atto di cortesia. Il diplomatico sta passando in rassegna tutti gli enti del Nord Italia dove stanno facendo servizio civile i volontari tedeschi. Lo scopo è quello di passare ai “Raggi X” gli Istituti, scrivendo dettagliate relazioni per il governo di Berlino. Sarà poi questo a decidere con quali Enti stipulare delle convenzioni per istituzionalizzare lo scambio di volontari. Naturalmente la curiosità e l’attesa a San Benedetto erano grandi. Il console è arrivato verso le 11.00, accolto da fratel Matteo Rinaldi, responsabile della Comunità, e da Roberto Alberti, C’ Da sinistra: Sara Rucht, Roberto Alberti, fr. Matteo e Felix Klein Il console tedesco Felix Klein e Sara Rucht circondati dalla Comunità di San Benedetto 8 che segue i progetti di Servizio Civile. La conversazione è entrata subito nel vivo, con i due calabriani che hanno presentato a Felix Klein tutte le attività collegate alla Comunità San Benedetto: i centri diurni di Verona e di Mantova; i gruppi di animazione e appoggio scolastico; i centri residenziali; le case famiglia e infine gli inserimenti lavorativi. Si tratta di attività che coinvolgono in tutto circa 250 ragazze e ragazzi, oltre a una cinquantina di operatori e a tanti altri volontari. Al console è stato spiegato anche con quale spirito e con quali finalità don Calabria ha voluto che fossero portate avanti tutte le iniziative della Congregazione. Uno spirito basato sull’attenzione agli ultimi e sulla fiducia nella Provvidenza e in Dio Padre. Dopo la chiacchierata ci sono stati i saluti ufficiali con Sara Rucht e infine la visita alla struttura dove opera la Comunità. Prima del congedo il console si è mostrato ben impressionato dai progetti e dalle possibilità di servizio che vengono offerte ai volontari. «Credo che l’esperienza di Sara sia positiva, anche perché le attività proposte qui hanno un forte valore formativo», ha detto Felix Klein. Al di là del caso di Sara, il diplomatico tedesco ha sottolineato le grandi potenzialità offerte dal servizio europeo. «Spero che lo scambio di volontari tra Italia e Germania possa diventare sempre più frequente, perché il Servizio Civile Europeo è una grande occasione per i ragazzi – ha aggiunto il console – e poi queste iniziative servono per rafforzare il legame e la fratellanza tra i popoli». Da parte sua fratel Matteo ha espresso la soddisfazione per aver aperto questo canale di collaborazione con la Germania. «Finora avevamo ospitato solo volontari del Servizio Civile Nazionale, ma credo che la presenza di ragazzi Cronaca calabriana stranieri sia un vero arricchimento, anche perti per il Servizio Civile Naché di lavoro ce n’è davvero per tutti», ha detto zionale e nel giro di poco il responsabile della Comunità San Benedetto. tempo sono stati presi gli acQuella del Servizio Volontario Europeo cordi per l’arrivo della ragaz(SVE) è un’opportunità promossa di recente za berlinese. Sara è arrivata dalla Commissione di Bruxelles e permette ai ai primi di aprile e resterà firagazzi di trascorrere un anno all’estero nelno ad ottobre, ospitata in una l’ambito di progetti di utilità sociale. In Italia gli stanza all’interno della strutenti accreditati per quetura dove opera la sti scambi sono ancora Comunità. molto pochi, ma la riAdesso la voSara Rucht chiesta sta salendo. Nalontaria sta afturalmente anche i rafiancando gli gazzi italiani possono educatori del scegliere di fare volonCentro Diurno di tariato all’estero rivolVerona, insieme gendosi all’Ufficio Naad altri volontari zionale per il Servizio italiani. «Il ServiCivile. Anche la Comuzio Civile mi sta nità San Benedetto è in aiutando a chiarifase di accreditamento re le idee per il presso la Commissione mio futuro. L’anEuropea e probabilmenno prossimo ante in futuro i volontari drò all’Università stranieri saranno una e vorrei studiare presenza costante prespsicologia, quinso il Centro Diurno. di l’esperienza La strada aperta da con i ragazzi del Sara Rucht potrebbe diCentro Diurno è ventare un percorso forun banco di promativo per moltissimi va, per vedere se giovani. «Volevo fare questa può essere un’esperienza nel camdavvero la mia po dell’educazione di strada», conclude adolescenti in Italia – Sara in un perfetdice Sara – così mi soto italiano. no rivolta a una società che manMatteo Cavejari da i volontari all’estero». Questa società tedesca (chiamata Via&V) ha trovato il sito Internet nel quale la Comunità San Benedetto presenta i suoi proget- IL SERVIZIO CIVILE NAZIONALE Il Servizio Civile Nazionale è stato istituito dal governo italiano due anni fa in previsione dell’abolizione della leva obbligatoria. La proposta finora era rivolta ai ragazzi inabili alla leva e alle ragazze, mentre dal 2005 lo potranno fare tutti i giovani di età compresa fra i 18 e i 26 anni. Il volontario può scegliere di fare servizio in vari ambiti: educazione ai minori; assistenza; promozione culturale; protezione civile e ambientale. L’attività di volontariato dura un anno e deve essere svolta presso uno degli Enti convenzionati per questo scopo. È previsto un compenso mensile di 433,82 Euro, quindi una somma decisamente superiore a quella corrisposta in precedenza per i militari di leva e per gli obiettori. Gli Enti che vogliono ospitare dei volontari devono presentare un progetto specifico all’Ufficio Nazionale del Servizio Civile. Se il progetto viene approvato, allora l’Ente può impiegare i volontari. A loro volta i giovani che vogliono fare Servizio Civile devono prendere contatti direttamente con l’Ente presso il quale vorrebbero essere impiegati. A seconda delle domande che arrivano, l’Ente procede a fare una selezione per scegliere il numero di volontari che aveva previsto nel progetto presentato all’Ufficio Nazionale. La Comunità San Benedetto è stata tra i primi Enti veronesi ad attrezzarsi per ospitare i giovani del servizio civile. I progetti della Comunità sono stati approvati da Roma sia nel 2002 che nel 2003. Attualmente i volontari impiegati sono 8. Alcuni di loro lavorano al Centro Diurno sulle Torricelle, altri a Mantova e altri ancora al Centro di Buttapietra. Il loro compito è quello di affiancare gli educatori, svolgendo attività di animazione e di sostegno scolastico per i ragazzi ospiti dei Centri. Inoltre per i volontari è previsto un periodo di formazione e di osservazione prima di entrare nel vivo del servizio. Occasioni di formazione sono previste anche durante l’anno di lavoro, insieme ad almeno tre momenti di verifica con i responsabili della comunità. 9 Cronaca calabriana Nel segno del Buon Pastore Intervista a p. João Luiz de Souza Gomez, ordinato sacerdote lo scorso 29 maggio nella parrocchia di Restinga in Brasile er l’imposizione delle mani di Dom Dadeus Grings, Arcivescovo di Porto Alegre, è stato ordinato sacerdote il giorno 29 maggio scorso João Luiz de Souza Gomes, nella chiesa parrocchiale Nossa Senhora da Misericórdia, bairro Restinga/POA. La sua prima S. Messa ha avuto luogo domenica 30 maggio, nella stessa comunità. Entrambi i momenti sono stati segnati da un clima di intensa partecipazione, fede ed emozione. Qui di seguito riportiamo un’intervista al neosacerdote. P Padre p. João Luiz durante l’ordinazione sacerdotale Pe. João, il motto della tua ordinazione è «Io sono il buon Pastore». Perché hai scelto questa frase? Essa si riferisce a Gesù. Egli si è definito il Buon Pastore. Il Buon Pastore dà la sua vita per le sue pecore. Ho scelto questo motto perché offre una forte ispirazione per la mia vita. Noi abbiamo veramente bisogno di pastori buoni nel 10 nostro mondo. Il Buon Pastore ha due aspetti che vanno tenuti presenti. Uno è la tenerezza che riflette l’attenzione del pastore per la pecora perduta, per le persone più bisognose. È l’attenzione ai piccoli della terra, ai poveri, ai peccatori, attenzione che sempre ebbe Gesù nel corso della sua vita. Anch’io mi sento chiamato a offrire un’attenzione alle pecore più bisognose, a quelle ferite, ai peccatori. L’altro aspetto del Buon Pastore, un po’ più duro, è il coraggio di dare la vita per le pecore che gli sono affidate. Gesù in questo senso è per eccellenza il Buon Pastore. Il mio desiderio è quello di assomigliargli sempre di più, per essere nel mondo un Suo segnale e un Suo strumento. Si tratta di una grande sfida per la quale ho bisogno di coraggio. Dare la vita è un’azione che si compie tanto nelle piccole cose quanto nella capacità di morire. Si tratta di dare la vita e di difendere la vita. Dopo vari anni di cammino vocazionale e formativo, come ti senti diventando sacerdote? Quali sentimenti provi? Sono molto felice di essere arrivato a questo punto, per il quale mi sono impegnato durante tutta la vita. Ho sempre desiderato questo momento, l’ho cercato con tutto me stesso. Ma sento anche un forte Cronaca calabriana senso di responsabilità. Sento che il dono è molto grande, mentre io mi percepisco assai piccolo di fronte alla grandezza della missione che mi viene affidata. Mi fido e pongo tutta la mia speranza di aiuto in Colui che mi ha chiamato. Tu sei conosciuto come “fratel” João. Ci puoi parlare un po’ di questo tuo essere “fratello”? Questo aspetto l’ho percepito fortemente durante la mia ordinazione diaconale. Dom Dadeus in quell’occasione sottolineò molto tale punto. Credo che l’essere fratello sia tutt’uno con l’essere umano. In cuor mio desidero essere per tutta la vita un fratello e spero di vivere questa nuova chiamata come un sacerdote-fratello, anche se non sarà facile farsi comprendere. Per quanto mi riguarda desidero aver sempre ben presente questa mia caratteristica. In tal senso ricordo con grande piacere una figura di fratello che fu molto significativa per me, quella di fratel Mario Frigo, il quale insisteva molto nel dire che un sacerdote calabriano non può essere che un sacerdote-fratello. Se desidero vivere come un fratello è proprio perché sono convinto che tutti siamo radicalmente fratelli. Tu sei anche un cantante e un compositore. Come vedi la musica nella Chiesa e nell’evangelizzazione? Credo che la musica sia un dono che Dio pone a disposizione della Chiesa per evangelizzare. È un mezzo privilegiato di evangelizzazione. Penso di avere il dono di riu- scire a raccontare e ad esprimere la mia esperienza religiosa e di fede, ma sono anche convinto che per la gente sia più facile giungere a Dio attraverso la musica. La musica riesce a trasmettere aspetti e sensazioni che le parole faticherebbero molto a comunicare. Credo si tratti di uno strumento molto forte di evangelizzazione, che spero di utilizzare al meglio nel corso del mio ministero sacerdotale. Un altro momento dell’ordinazione sacerdotale Quale sarà la tua missione ora? Che aspettative vivi? Ho ricevuto alcune proposte, ma ancora nulla di definito. Per ora continuo il mio lavoro nella parrocchia di Restinga, lavoro che già sto portando avanti da più di un anno. Si tratta di un lavoro che mi piace particolarmente e che sarei felice di poter continuare. Per finire, quale messaggio vorresti consegnare ai nostri lettori? In primo luogo vorrei invitare le persone che ci leggono a pregare per me, per tutti i sacerdoti e per tutti coloro che sono in ricerca vocazionale. Perché la vocazione è un dono molto grande e se rimaniamo da soli risultiamo troppo piccoli e fragili. Abbiamo un gran bisogno di aiuto e della presenza di Dio. Se si rimane con Dio potremo forse fare qualcosa, ma senza Dio cadiamo nel nulla! Inoltre faccio un altro appello: pregate affinché tutti possiamo aprire degli spazi nel nostro cuore e avere la convinzione che Dio può fare grandi cose nella nostra vita, se solo siamo disposti a consegnarGliela. ■ Due momenti della celebrazione della sua prima S. Messa 11 Cronaca calabriana 27/5/2004 - S.E. card. Salvatore Pappalardo visita la comunità S. Onofrio, da lui voluta fin dagli inizi ma che non aveva ancora vista realizzata S. Onofrio, 14/12/2003. Il Presidente Regionale dr. Salvatore Cuffaro dona la bandiera siciliana agli ospiti della casa “La Famiglia” Comunità La Famiglia - Termini Imerese Due incontri emozionanti La visita del card. Pappalardo e l’arrivo delle reliquie della Madonna delle Lacrime di Siracusa hanno dato nuovo coraggio ai giovani di Sant’Onofrio S. Onofrio. Don Gino mostra il reliquiario delle lacrime della Madonna, fenomeno avvenuto nel settembre 1953 12 enso che gli eventi di fine maggio e inizio giugno abbiano lasciato un ricordo indelebile nella memoria di quanti erano presenti a Sant’Onofrio (Termini Imerese) presso la Comunità La Famiglia dell’Opera don Calabria. Si è cominciato il 27 maggio, con la presenza paterna di S. E. il card. Salvatore Pappalardo, arcivescovo emerito di Palermo, che ha visita- P to la Comunità per la chiusura del mese mariano. Con la grinta di sempre il card. Pappalardo ha saputo dire parole di affetto e incoraggiamento per gli operatori e per i volontari, ma soprattutto per i giovani ospiti della Comunità. Un momento particolarmente emozionante è stato l’incontro tra il cardinale e don Gino Sacchetti, due uomini che hanno creduto sin dall’inizio in questa Comunità. Li abbiamo visti commentare insieme con parole di ammirazione ciò che il sacrificio e l’amore hanno saputo realizzare a Sant’Onofrio. Penso che sia stato importante per i giovani della Comunità, sentirsi dire da un pastore come il card. Pappalardo che non sono dimenticati e che devono avere il coraggio di andare avanti, perché la misericordia di Dio è sicuramente più grande dei nostri errori. Un’altra conferma alle parole di Sua Eminenza è giunta a Sant’Onofrio pochi giorni dopo per mano di colei che ha versato tante lacrime per amore. Si tratta della Madonna delle Lacrime di Siracusa, il cui Reliquiario è stato portato il 1° giugno proprio presso la Comunità La famiglia, per iniziare un giro attraverso varie parrocchie del palermitano. Non credo sia un caso che proprio a Sant’Onofrio sia toccato il privilegio di accogliere per prima il Reliquiario contenente le lacrime della Madonna, perché nella Comunità parole come “lacrime” e “sofferenza” hanno un certo peso e vengono sperimentate in prima persona. L’Opera don Calabria a Termini Imerese svolge attività di recupero e prevenzione verso la tossicodipendenza e l’alcolismo. Gli interventi di recupero sono rivolti a persone che provengono dal territorio e dalle carceri di Termini Imerese e Palermo. Per quanto riguarda la prevenzione, sono in funzione alcuni Centri Sociali diurni, diretti da fr. Luciano. C’è inoltre una Casa Famiglia per minori adolescenti, chiamata Villa Romano Battaglia, il cui direttore è don Giacomo Bombieri. Infine don Gino Sacchetti è responsabile del settore tossicodipendenza, che comprende un Centro d’ascolto, un Centro diurno e la realtà residenziale di Sant’Onofrio. È stato emozionante vedere i giovani della Comunità cantare canzoni mariane, che forse non cantavano più dall’infanzia, e recitare l’Ave Maria con la corona del Rosario in mano, mentre in processione accompagnavano il Reliquiario in Cappella. Con quanta attenzione hanno partecipato alla S. Messa: alcuni di loro fissavano il Reliquiario con la curiosità semplice che solo i bambini possono avere. Ciò che è successo ha dimostrato ancora una volta a questi giovani che non sono dimenticati, perché forse quelle lacrime della Madonna sono state versate anche per loro; lacrime che solo una madre può versare, lacrime di gioia e di sofferenza, come ha voluto sottolineare don Gino durante l’omelia, soprattutto nel momento in cui ha ricordato coloro che purtroppo non sono più tra noi. Sono stati momenti forti, ma che si sono svolti nella semplicità. Momenti in cui pensiamo di dare qualcosa, ma invece siamo proprio noi che riceviamo, perché ci viene data l’opportunità di incontrare Gesù Cristo in questi fratelli che soffrono. Grazie fratelli, ma soprattutto grazie a don Gino! S. Onofrio prima della ristrutturazione. L’avvocato Marchica sembra dire: “Come faremo?” S. Onofrio oggi Suor Carla Novizia delle Suore cappuccine dell’Immacolata di Lourdes 13 Cronaca calabriana San Zeno in Monte - Verona Servire i poveri nello spirito di don Calabria 22 maggio 2004 - 28a Giornata di Studi Calabriani carità è uno stile di vita, non una scelta «L aestemporanea». Questa frase, tra l’altro Da sinistra: don Elvio Damoli e don Mario Gadili 14 molto calabriana, ha segnato la 28ª Giornata di Studi Calabriani. A pronunciarla è stato don Elvio Damoli, sacerdote dell’Opera, che ha tenuto un’accurata relazione sul senso del servizio ai poveri nel contesto culturale odierno. Grazie all’esperienza maturata nella Caritas italiana per vari anni, prima come direttore della sede napoletana e poi come direttore nazionale, don Elvio ci ha aiutato a riflettere sulla concretezza della povertà attuale e sul modo in cui oggi si possono servire i poveri. Le tonalità del quadro disegnato da don Damoli non sono tra le più rassicuranti. In particolare ha evidenziato come la Chiesa, per mantenersi fedele al suo essere Chiesa di Cristo, deve dare priorità nella sua azione alla dinamica caritativa. «Solo così – ha detto don Damoli – potrà ancora essere una Chiesa viva capace di dare testimonianza del Vangelo». Per don Damoli una Chiesa che non mantenesse un vivo interesse per l’azione caritativa rischierebbe seriamente di risultare scarsamente evangelizzante. A questo riguardo sono stati puntuali ed efficaci alcuni commenti ai documenti del Sinodo diocesano di Verona, attualmente in corso. Altra zona d’ombra evidenziata da don Damoli, e che deve indurre ad una approfondita riflessione, è la situazione preoccupante del volontariato. Si sta constatando una caduta di tensione sul fronte del volontariato, sia per un prevalere di dinamiche economicistiche, che rischiano di togliere quel vento profetico che dovrebbe caratterizzare l’azione del volontariato, sia per l’evidente riduzione di interesse anche all’interno della Chiesa. Tale caduta di tensione sembra essere l’ulteriore segno di un venir meno dell’interesse e dell’impegno verso le categorie più disagiate, un tirarsi da parte di coloro che sono attualmente più garantiti nei confronti di categorie di persone che risultano sempre più lasciate a se stesse. Particolare rilevanza ha poi messo don Damoli nel disegnare la situazione di sensibile difficoltà che sta vivendo la famiglia. Per don Damoli è la famiglia ad essere il primo elemento a venir indebolito dal clima culturale attuale, ma d’altra parte è proprio da essa che dobbiamo partire per una effettiva ed efficace ripresa. La seconda parte della Giornata di Studi ha visto l’intervento spontaneo e profondamente umano di don Mario Gadili, sacerdote dell’Opera e biografo del Padre don Calabria, che ha ripercorso le prime fasi della vita di san Giovanni Calabria, facendo rilevare come la vita del santo veronese sia stata segnata profondamente dalla povertà. Tale povertà, che assai spesso si è avvicinata alla miseria, gli ha poi permesso di capire le difficoltà altrui e mantener viva la propria sensibilità verso le povertà che nel corso della vita gli si presentavano. L’attenzione e l’impegno mostrato da don Calabria per alleviare le sofferenza dei più poveri sono stati l’evidente e matura risposta alla sofferenza vissuta da lui stesso, una sofferenza che non lo rese pieno di rancore e di volontà di rivincita ma, nella luce del Vangelo, capace di entrare in sintonia con tutte le povertà e tutti i poveri che la Provvidenza gli presentava. Un esempio quello di don Calabria non solo ancora valido, ma addirittura capace di stimolare risposte e sentimenti capaci di cambiare il mondo. ■ Teologia in pillole Introduzione ai Salmi Ringraziamento al Signore liberatore Salmo 124 - “Se il Signore non fosse stato per noi” «Se non sono io per me, chi sarà per me?» Quante volte questa frase risuona silenziosamente o rimbomba “urlante” nell’animo dell’uomo contemporaneo, che ha la percezione di bastare a se stesso. Un’illusione che implica la certezza di essere l’unico in grado di decidere per sé. È proprio questa domanda ad aprire il libro di Primo Levi, Se non ora quando, in cui lo scrittore ricorda il canto degli ebrei russi in marcia verso Gerusalemme durante la seconda Guerra Mondiale. Il “resto” del popolo eletto non è vinto dalla disperazione ma, mosso dalla speranza e dalla gioia di tornare nella terra promessa, riesce a cantare di nuovo l’amore verso il suo Dio. Questo canto richiama il “grido riconoscente” del popolo dell’alleanza, quasi un interrogativo che trova risposta nel Salmo 124. Un grido accorato dell’orante, che apre alla lode e al rendimento di grazie per i molti pericoli sfuggiti. Solo Dio riesce a smascherare gli intrighi del male, privandolo delle sue armi: «il laccio si è spezzato e noi siamo scampati». Già nell’incipit, l’invito rivolto a Israele esprime grande drammaticità e urgenza. «Se il Signore non fosse stato per noi, lo dica Israele»: palesando l’orrore di un Dio assente, il salmista evidenzia il significato della presenza di Dio. La stessa affermazione torna nel versetto successivo e tale ripetizione costituisce un accorgimento stilistico di grande efficacia. Infatti, sottolineando la gravità del pericolo corso, esalta la grandezza della liberazione operata. Se si analizza il testo originale, il versetto può avere varie traduzioni. La preposizione lânû può essere infatti resa con: “per noi”, “con noi”, “dalla nostra parte”, “in nostro aiuto”. Sono modi diversi, tutti legittimi, che rievocano la relazione di vicinanza, un legame molto stretto che esprime “l’essere per l’altro”. Percorrendo la Scrittura, troviamo che “l’essere per” sottende aiuto, protezione, lotta, amore, giustizia, forza trionfante. In Genesi 31,42, ad esempio, Giacobbe proclama che, se il Signore non fosse stato per lui, sarebbe andato via dal suocero Labano a mani vuote, dopo essere stato ingannato. I suoi vent’anni di lavoro sarebbero stati vani. “Quell’essere per” di Dio si traduce, nel caso di Giacobbe, in benedizione, fortuna, ricchezze e mogli. Non si tratta solo di credere alla presenza di Dio, ma alla modalità di questa Sua presenza. Il nostro Dio non è un Dio qualsiasi, ma un Dio così. Il suo essere-per-noi è un esserci fattivo: è un Signore appassionato, che si schiera dalla parte del debole e dell’oppresso, di colui che è minacciato. Nel salmo, le metafore che incontriamo descrivono infatti pericoli terrificanti: fuoco d’ira, acque impetuose, belve mostruose. Il fuoco che incenerisce tutto è l’esteriorizzazione dell’ira: sia l’uno che l’altra indicano distruzione e propensione addirittura omicida. Le acque violente non solo travolgono l’uomo, annegandolo, ma rappresentano anche i nemici che invadono e distruggono. Le belve, con le fauci aperte, inghiottono l’uomo vivo, il quale diviene metafora atroce della vittima che, paradossalmente, muore rimanendo viva. L’accavallarsi delle immagini martellanti esprime, dunque, lo stato d’angoscia dell’orante, che sente il bisogno di trasmettere la stessa cosa più volte e in modo diverso. Grazie alla presenza di Dio, esperito come Liberatore e Salvatore, il terrore lascia il posto alla lode e l’incubo si trasforma in canto. Il salmista, però, non ci narra solo un’esperienza di prodigiosa salvezza, ma pure un aspetto del volto divino. Il suo volto ci appare in modo nuovo, non più anonimo ma vicino, non più crudele ma amante. Ciò non avviene una volta sola, ma risulta essere l’elemento di continuità nel rapporto tra Dio e l’uomo. Un rapporto che troverà in Cristo il punto di congiunzione definitivo: nel suo volto riconosciamo i tratti non solo del Dio misericordioso, ma pure dell’uomo fedele e salvato. E l’apostolo Paolo riprenderà in modo nuovo le parole del nostro salmo: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8, 31). Antonella Anghinoni MAESTRO DI AMBITO ROMANO, Viaggio di Giacobbe per l’Egitto, prima metà del XVII sec., olio su tela, 67,2x101,8 Museo di Castelfranco Veneto (TV) MATTIA PRETI, Giacobbe, Labano, Lia e Rachele, olio su tela, 137x166 Galleria Nazionale di Cosenza 15 Speciale Una grande serata di musica per festeggiare Un’eredità viva! Gruppi giovanili e Cantautori di Dio a San Zeno in Monte per cantare la bontà di Dio Padre Cronaca di una serata speciale! Ehi... lo sapete che lo scorso 12 giugno a S. Zeno in Monte c’è stato CantoilPadre? Scommettiamo che c’eravate proprio tutti? Beh, se qualcuno ha fatto eccezione e non era sotto la tensostruttura del piazzale, si è perso una grandiosa serata. Il progetto, chiamato per l’appunto CantoilPadre, ha voluto cantare la paternità di Dio Padre attraverso le voci di persone apparentemente comuni, ma invece straordinarie, armate di buona volontà, creatività e abbandono alla Provvidenza. Tutta l’Italia si è impegnata in questo concorso e numerose sono state le canzoni scritte e musicate dai partecipanti. La selezione di queste splendide opere è stata davvero ardua, tanto erano ricche di , significato e ma alla fine si è giunti ad incidere un CD e a scrivere un Canzoniere con i testi e le meditazioni di ben 10 canzoni, reputate le più complete sia sotto il profilo musicale che sotto quello testuale e simbolico. Fidati di Lui, Soli non saremo mai, In viaggio verso il Cielo e Tu Fai Festa, sono solo alcuni tra i titoli dei capolavori di gioia creati dai cuori dei nostri “cantautori di Dio”, veronesi, romani, calabresi, etc... La serata, trasmessa in diretta televisiva da TelePace, si è rivelata divertente e spensierata, ricca di e di buonumore. Questa gioia è stata trasmessa anche grazie ai due simpatici presentato- impregnate di spirito calabriano comicità 16 ri, che hanno vestito con ironia e, perché no?, anche con un velo di comprensibile emozione, il ruolo che era stato loro affidato. Tra un piatto di bucatini all’amatriciana e una bottiglia di vino, hanno introdotto con i prodotti tipici di ogni regione partecipante i cantautori di Dio, hanno giocato e scherzato interagendo con un piazzale gremito di persone. Ovvio sottolineare che tutti i gruppi hanno cantato con enfasi e intenso trasporto, a tratti facendo ballare anche il pubblico. La diretta televisiva si è conclusa con l’assegnazione dei riconoscimenti di merito a tre delle canzoni presentate, ma la serata è poi proseguita con intrattenimenti e chiacchierate piacevoli, momenti d’incontro e di amicizia. Da menzionarsi anche le buffe scene che hanno caratterizzato il backstage, dove i concorrenti emozionati canticchiavano le loro musiche, i tecnici televisivi prendevano contatto con l’ambiente, i personaggi dei presentatori venivano allegramente perfezionati... e il pubblico, ormai trepidante, attendeva l’inizio dello spettacolo. Come sempre anche questa manifestazione è stata prima di tutto un’occasione per stare insieme, per fraternizzare non solo con le persone ma anche con la musica-preghiera. Un’unica paternità ha fatto da richiamo a tutte queste “sentinelle” del nuovo millennio, vigili vedette e preziosi custodi del Signore, che ci hanno ancora una volta convinti dell’immenso e intramontabile amore che il Signore nutre per noi, e della preziosa voglia di amarlo che ancora regna nei nostri cuori. Sara Poiese Speciale I gruppi giovanili Riconoscimenti di merito a parte, tutte le canzoni sono state consacrate con l’entusiasmo del pubblico come espressioni di una fede viva, quella che è capace di scatenare la gioia in chi ascolta e indicare la strada sicura per ritornare da un Padre che accoglie tutti in un grande abbraccio... in fondo tutte le canzoni convergevano in questo unico grande annuncio! Grazie ai giovani che hanno raccolto il “testimone” dell’eredità lasciataci da don Giovanni Calabria e ce l’hanno riconsegnato con la musica. Gierrepi Gierrepi (Gruppo Regina Pacis) è un gruppo composto da giovani membri della Comunità Regina Pacis, che desiderano annunciare il Signore attraverso la musica in un cammino di preghiera e di ascolto della Sua Parola. Applauditissimi, hanno avuto il riconoscimento di merito della Giuria per la loro canzone “Vivo nella gioia”. S.F.M. ovvero Spazio Fiorito Mariano Questo gruppo, creatosi per l’occasione, è formato da alcuni animatori dello Spazio Fiorito Mariano, che hanno in comune la passione per la musica e che non hanno resistito a cantare... il Padre che tante volte hanno annunciato! Il coro AriaNuova Proviene dalla Parrocchia di Bardolino, dove è nato per animare le celebrazioni liturgiche. Ogni domenica alla S. Messa delle 9.30 è presente, tra alti e bassi, con una ventina di elementi tra voci femminili, maschili e strumentisti. Hanno avuto il riconoscimento di merito della Giuria per l’interpretazione con la loro canzone “Tu, Padre mio”. Cali-Cantus Un altro gruppo, formatosi proprio in occasione di CantoilPadre, di giovani dello Spazio Fiorito Mariano e della Comunità di Nazareth. Quasi una scommessa... vinta, nel nome di don Calabria! Blue-Sky Da Marano di Valpolicella e S. Rocco, una ventina di ragazze/i dai 7 anni in su! Hanno iniziato come coro in seguito ad un campo-scuola parrocchiale, animando le S. Messe domenicali e le Festività. Poi, crescendo, hanno allargato il repertorio a brani gospel, classici e di musica leggera, partecipando a diverse rassegne musicali. I Colosseum Dalla Parrocchia di Primavalle... vecchie conoscenze. Hanno accettato la sfida di creare qualcosa di tutto loro per CantoilPadre, un sogno che con “Fidati di Lui” è diventato una bella realtà, condita con tanta amicizia, entusiasmo ed allegria. Peretto Sband “Peretto Sband”... già il nome dice tutto!!! All’inizio non era così, infatti il primo nome era “Peretto’s Band”, ma poi hanno provveduto ad aggiustarlo! Da qui è cominciata la loro storia... Animano matrimoni, manifestazioni e celebrazioni varie tra cui una S. Messa in carcere e altre tra gli anziani di Negrar. 17 Speciale I Colori dell’anima Nascono ad Azzano, dall’idea di alcuni giovani e del parroco, per dare un’animazione fissa alla S. Messa domenicale! Aumentando di numero e per sopravvivere alle individualità, si sono dati delle finalità: Servizio, Crescita, Divertimento! Poi una magia: non porre limiti e dare spazio ai sogni! Sono nati così due CD e altri sono in preparazione, sempre allo scopo di raccogliere fondi per opere di solidarietà! Calabriaband Un gruppo di coinvolgenti giovani nati tutti nella magnifica terra di Calabria e facenti parte della Parrocchia S. Giovanni Calabria di Capizzaglie (Lamezia Terme). In vista del concerto “CantoilPadre” si sono uniti tutti: giovani, giovanissimi e bambini della parrocchia, per esprimere la fede e la gratitudine in Dio che è Padre. Hanno fatto tanta strada per venire a cantare, ma sono ritornati a casa con il riconoscimento di merito della Giuria per la loro canzone “Tu fai festa”. Gli Aquiloni Vengono dalla zona di S. Pietro di Morubio, questi ragazzi che, mettendo assieme amicizie ed impegno sociale, hanno deciso di costituire un gruppo musicale nuovo. Un bell’esempio di collaborazione di diversi cori parrocchiali, uniti da un grande entusiasmo e dalla gioia di cantare la fede e le sue meraviglie. DALLA VIVA VOCE DI CHI HA CANTATO... Sono una giovane partecipante di CantoilPadre. Assieme agli altri ho raccolto il “testimone” dell’eredità lasciataci da don Giovanni Calabria. Il tutto è cominciato quando Alberto, l’autore della nostra canzone, mi ha chiesto: «Canti assieme a me?». Io, entusiasta, mi sono buttata nell’avventura con tanta gioia e voglia di divertirmi. Ed eccomi allora in sala registrazione... prova... riprova... va bene... no, rifacciamo... e le ore passano... passano... e più passano più io mi diverto. Passano anche i giorni ed ecco il 12 giugno: il palco, il pubblico, tanti giovani, tanta agitazione, ma anche tanta gioia nel cuore. Quando ho cominciato a cantare e ho visto che il pubblico cantava con noi e batteva le mani mi sono caricata e anche se non ricordavo bene le parole, quest’ultime sono uscite da sole dalla mia bocca, perché le sentivo parte di me e del mio cuore. Il mio e nostro scopo (e ci siamo riusciti!) non era vincere, ma divertirci assieme agli altri e formare una sola famiglia di giovani Testimoni dell’Amore del Padre e dire, prima ancora che con la musica attraverso la nostra vita: CANTOILPADRE! Fabiola 18 Un grande ringraziamento A tutta la famiglia calabriana, partecipanti, volontari, padrini e madrine, al pubblico presente e a quello che ha accompagnato i giovani da casa, con l’affetto ma anche con la preghiera. Grazie per aver vissuto questa manifestazione nello spirito di famiglia, nel clima di festa per un’eredità comune, per quel sentirsi figli dello stesso Padre che è stato non solo detto, gridato, cantato con gioia, ma veramente sperimentato. Eppure si sa, in queste occasioni, è inevitabile un po’ di tensione, di giusto fervore per gli ultimi preparativi... invece i disguidi, come il temporale in diretta, non hanno fatto altro che aumentare la collaborazione tra tutti quanti, sul palco e dietro le quinte. Merito di chi ha scritto e interpretato le canzoni (le avete sentite, no?!), ma anche di chi non si è visto, impegnato nel suo piccolo o grande servizio per il buon esito della serata. A tutti il nostro più sentito ringraziamento! E poi non esiste un grazie abbastanza grande per gli amici “cantautori di Dio”, i quali hanno saputo creare sul palco di San Zeno in Monte un feeling particolare con il pubblico presente, percepito chiaramente anche da chi ci ha seguito su Telepace. Don Mimmo Iervolino, con l’energia della sua dance, Roberto Bignoli, con il grande carattere della sua voce, padre Raffaele Giacopuzzi , con la poesia delle sue immagini, Irenne Coronado, con il suo travolgente entusiasmo... Non solo professionisti di grande qualità, non solo giurati attentissimi a cogliere dalle canzoni proposte quel di più per il quale hanno assegnato con grande perizia i riconoscimenti di merito, ma soprattutto apostoli della Paternità di Dio, autentici testimoni di quell’esperienza di vita con il Padre, che ne ha fatto entusiasti figli, capaci di condividere la gioia per quell’abbraccio vitale con Lui. L’ultimo e più grande ringraziamento è per la Provvidenza con cui il Padre ci ha consegnato questa Sua festa... la serata, il CD, il Canzoniere... Tutte manifestazioni di quell’eredità che nell’occasione dell’Anniversario della chiamata al cielo di don Calabria ci viene ricordata, non come un bagaglio polveroso, ma come una quotidiana ricchezza che è ancora capace di suscitare gioia, entusiasmo e rinnovamento di vita. CantoilPadre! 19 Se non ritornerete... Storia di una vongola A ppena sotto il pelo dell’acqua, vicino vicino alla costa dell’Isola delle Palme, viveva tra gli scogli una vongola molto, molto vecchia. Si poteva capire che aveva ormai una certa età dalla quantità di incrostazioni che ricoprivano le sue valve. Anzi, per dirla proprio tutta, le incrostazioni erano così spesse e dure e pesanti, che la povera vongola riusciva ormai a stento ad aprire appena il suo guscio per far entrare quel po’ di acqua pulita che le serviva per vivere. Giulia – era questo il suo nome – si lamentava in continuazione per questa sua sofferenza, ma aveva un’ostinazione tale che rifiutava, nonostante tutto, ogni aiuto. «Oh, come sono sfortunata! Come soffro! Che fatica, che fatica! Mi manca l’acqua, mi manca l’aria, nessuno mi aiuta, nessuno mi vuole bene... morirò di certo!» e così per tutto il santo giorno. Le sue vicine s’erano ormai abituate al continuo lamentio della vecchia vongola ed ormai non ci facevano più caso. Non che fossero cattive, anzi, tutt’altro: avevano più volte cercato di aiut a r e Giulia con 20 i loro consigli, ma non c’era stato nulla da fare. «Oh, come soffro. Che brutta la vita! Che nero, che buio, meglio morire piuttosto che continuare così!». «No, Giulia, – provavano le amiche – la vita non è brutta, dovresti solo farti aiutare per togliere tutte le incrostazioni dal tuo guscio. Vedrai che dopo starai meglio». «Incrostazioni? Quali incrostazioni? No, è colpa della vita che mi fa soffrire. Non ci sono incrostazioni sulle mie valve. E voi state lontane! Non provate ad avvicinarvi!». Avvicinarsi? Una vongola che si avvicina ad un’altra vongola: ma vi sembra possibile? No, no. Bisognava cercare aiuto, ma soprattutto bisognava convincere Giulia a farsi aiutare. Fortuna volle che un bel giorno passasse proprio davanti alla comunità delle vongole un bel granchietto. Era un tipo simpatico ed allegro, una di quelle personcine che sembrano fatte apposta per vedere solo le cose belle della vita. «Ehi, bel granchietto! – cominciarono a chiamare in coro le vongole – Come ti chiami?». «Carlo» rispose quello fischiettando un motivetto allora molto in voga tra gli abitanti della scogliera. Se non ritornerete... «Vieni, Carlo. Vieni un po’ qui con noi» continuarono quelle con voci civettuole. «Avvicinati, Carlo. Non avere paura. Vieni a farci compagnia. Qui non viene mai nessuno». Carlo si stava già avvicinando, contento di poter fare nuove amicizie, quando Giulia cominciò a gracchiare: «Ecco, ci mancava solo il granchio canterino! Non soffro già abbastanza? Non è già abbastanza difficile vivere? Anche i suoi gorgheggi dovrò sopportare ora!». «Signora vongola, – rispose Carlo con la voce più dolce e gentile che aveva – dimmi: cos’è che ti fa soffrire in questo modo? Perché dici che la vita è brutta?». «Quasi non riesco a respirare. L’acqua del grande mare non vuole saperne di entrare nel mio piccolo guscio. Ad ogni secondo mi sembra di morire». «Per forza, signora vongola! – esclamò ridendo, ma sempre con rispetto e gentilezza, Carlo – Le tue valve sono così ricoperte dalle incrostazioni da essere diventate pesantissime. Quasi quasi sono sigillate tra loro». «No! – gridò Giulia con tutta la forza del suo orgoglio – Non sono le incrostazioni! È il mare che non vuole entrare! È la vita che ce l’ha con me!». «Ma no, ma no. – continuò Carlo canticchiando ed avvicinandosi – Lascia fare a me, signora vongola». «No! – gridò furiosa Giulia – Allontanati! Non mi toccare! Non ho bisogno d’aiuto! Ho ragione io: è il mare che mi odia, le incrostazioni non c’entrano! Allontanati!». Ma ormai era troppo tardi: con le sue piccole chele Carlo si era già messo all’opera. Una grattatina di qua... una grattatina di là... in men che non si dica il guscio di Giulia era libero. Figuratevi la sorpresa della vecchia vongola quando, allontanatosi il granchietto, provò ad aprire le valve per far entrare un po’ d’acqua: lo sforzo che prima era abituata a fare per aprirle appena appena, ora gliele fece spalancare a dismisura e fu così tanta e così impetuosa l’acqua che entrò, che per poco Giulia non rimase soffocata. Tossì per un quarto d’ora buono e poi... e poi... e poi per la gioia iniziò a cantare a pieni polmoni. Così, se per caso passeggiando sulla riva dell’Isola delle Palme vi sembrerà di sentire qualcuno cantare, sappiate che è Giulia, la quale da quel giorno non ha più smesso con i suoi gorgheggi. È così felice che canta anche di notte, quando le sue vicine vorrebbero dormire! Ed anzi qualcuna lì attorno comincia a pensare, che forse quel giorno non è stata proprio una belle idea quella di far avvicinare il granchietto Carlo con la scusa di fare due chiacchiere! Disegni di M.G. Bonadiman Testo di Massimo Cunico 21 L’Opera nel mondo Viaggio alla periferia della periferia di Manila: Arienda Anche Dio ha coraggio Costruiti sui rifiuti dell’immensa capitale delle Filippine, crescono velocissimi e senza posa quartieri di baracche, dove spesso la speranza è il più grande dei lussi concessi on molte settimane fa la strada terminava qui e con essa la lunga serie di casine tirate su in qualche maniera, dove in pochi metri quadrati si consuma la vita senza futuro di questa povera gente. Siamo agli estremi limiti della parrocchia san Lorenzo Ruiz, già essa estrema periferia della gigantesca e straziante megalopoli di Manila. La parrocchia è costituita per lo più da una distesa di baracche in cui si assiepano circa 80.000 persone, che quotidianamente affrontano il problema, mai banale né scontato, della propria sopravvivenza. Giorno e notte le strade che la attraversano sono percorse dagli infaticabili sidecar, che insieme ai folcloristici jeepeny sono lo strumento di trasporto più utilizzato dal popolo. Una realtà, quella di questa serie di quartieri, che ha le sue fondamenta materiali sulle immondizie che a milioni di tonnellate sono state scaricate qui nel passato e continuano ad esserlo tuttora. Certo la situazione di oggi non può essere nemmeno paragonata ai tempi in cui ar- N 22 rivarono qui i nostri primi missionari, quando i cumuli di immondizia fermentavano al sole, oppure bruciavano esalando fumi che rendevano l’aria irrespirabile. La parte estrema nella quale oggi ci addentriamo, periferia della stessa periferia, si chiama Arienda. Fino a poco tempo fa, quando pioveva ci si poteva arrivare solo per mezzo di un instabile barchino, grazie al quale ci si avvicinava alle povere palafitte sulle quali continuava la propria vita di sopravvivenza questa gente disperatamente coraggiosa. Ora c’è una strada in cemento, una specie di “sopraelevata”, tutta costeggiata di baracche, che permette alla nostra jeep di attraversare tutto il quartiere. La strada qui è il luogo dove la gente vive. È cucina, salotto, piazza e anche chiesa. In strada si cucina, si mangia, si gioca, si parla, si litiga, ci si droga, ci si incontra, si prega, si muore. Dove ora termina la strada finivano anche le case fino a qualche settimana fa, ma ora invece da qui si diparte una striscia di terra battuta che scende serpeggiando tra una serie di palafitte. Scesi dall’auto ci inoltriamo lungo la stradina. Le piogge non sono ancora cominciate, ma crediamo che, appena inizieranno, le possibilità di percorrere questa strada saranno molto ridotte. Qua e là si scorgono donne attorniate da bambini intente ai lavori domestici, centellinando la poca acqua che sono andare a comperare con le taniche. L’Opera nel mondo Qui anche lavare i pochi indumenti a disposizione diventa il lusso di una giornata. Qualche uomo lo si vede lavorare tra assi di legno e pali recuperati chissà dove per rappezzare la sua abitazione. I bambini fanno bella mostra di sé seduti alle porte pronti a rispondere con allegria al sorriso di chiunque. Qualcuno spinge una vecchia carriola: dentro ci sono un secchio di plastica nel quale sguazzano dei pesci immersi in un’acqua scura, qualche barattolino di caramelle e dei pacchetti di biscotti. In queste misere cose sta la speranza di guadagno di quell’improvvisato commerciante. Qui non si trova l’animazione che è caratteristica delle strade vicine alla parrocchia e rari gruppi di bambini li vedi scorazzare tutti concentrati nei loro giochi, ricchi di fantasia e di poco altro. La corrente elettrica qui non è arrivata e quindi non si odono le urla pubblicitarie della televisione, totalizzante presenza anche nelle case più povere, solo una radio (o è un registratore?) rompe il silenzio con una banale musichetta americana. Proviene da un gruppetto di uomini e donne che ci invitano a sederci con loro su delle instabili panche sotto una tettoia di frasche. Sono mussulmani e stanno allestendo un palchetto dove si svolgerà un matrimonio. Quello che deve essere il capo, in uno stentato inglese inframmezzato dal tagalog, con una carta planimetrica in mano, ci spiega che cosa ne sarà del terreno che stiamo visitando. Il governo sembra stia prevedendo un grande sviluppo di questa parte del quartiere attraverso la costruzione di una grande arteria stradale, che dovrebbe impedire le continue inondazioni. L’uomo si anima nell’esposizione e pur comprendendo assai poco capiamo che egli sta riponendo tutte le sue speranze in questo progetto. È un uomo che ha dei sogni, delle speranze, dei progetti. Lasciamo quelle persone ai loro sogni, sperando che come al solito chi ha il potere non si impegni a trasformare i sogni di vita in illusioni mortali. Riprendiamo la via del ritorno. Ci guardiamo attorno e rapidamente valutiamo che già ora in questa zona si concentrano varie centinaia di famiglie. Tra qualche mese forse dovremo parlare di migliaia. Il parroco si guarda attorno e pensando ad alta voce dice che ci vorrà quanto prima una chiesetta, una cappella dove poter celebrare la S. Messa, un punto di incontro dove poter offrire un senso e una speranza, un luogo dove radunare i bambini e dare loro un po’ di catechismo... e magari una piccola scuola... e... e... Passando per queste vie, tra queste case costruite sui rifiuti e condannate a lottare con le inondazioni, tra questa gente per la quale è coraggio anche avere speranza, tocchiamo con mano che anche Dio ha dei sogni, che anche Dio ha dei progetti di speranza, che anche Dio ha coraggio e vuole condividere il destino di questa gente. E noi ne abbiamo di coraggio? fr. Carlo Toninello Conoscere la S. Messa Appunti storico-teologici a cura del prof. Giuseppe Perazzolo Conoscere la S. Messa Nasce sulle pagine della nostra rivista un nuovo spazio dedicato alla catechesi Per iniziativa di don Luigi Adami e con il consenso di don Calabria, che venne dato dopo lunga e sofferta riflessione, nacque nei primi anni Trenta il bollettino L’Amico dei Buoni Fanciulli, pensato come organo di collegamento tra la Casa Buoni Fanciulli, gli ex allievi e gli amici della medesima. A guardar bene, fin dall’inizio esso volle anche essere uno strumento di formazione religiosa, tant’è vero che riservava, e riservò nei decenni che seguirono, alcune pagine non marginali alla catechesi. Volendo ispirarci a questo nostro retroterra ideale e culturale, abbiamo pensato di chiedere ad un collaboratore del Centro di Cultura e Spiritualità Calabriana, il prof. Giuseppe Perazzolo – docente di Storia della Chiesa – di fornirci alcuni cenni sulla storia e la teologia della Messa cattolica. In una serie di interventi di carattere scientifico, ma nello stesso tempo di facile lettura, avremo una presentazione della varie parti della Messa dall’Introibo ad altare Dei all’Ite Missa est, per dirla con un linguaggio che prima del Concilio tutti conoscevano, anche se con il latino ci litigavano. Perché la Messa? Perché nel 2003 è stata pubblicata l’Enciclica di Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia; perché il 25 marzo scorso la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha emanato l’Istruzione Redemptionis Sacramentum; ma soprattutto perché l’Eucaristia è il cuore del culto cristiano. Il Concilio Vaticano II, al n. 47 della Costituzione Sacrosanctum Concilium, infatti ci ricorda: «Il nostro Salvatore nell’ultima Cena, la notte in cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, onde perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della Croce, e per affidare così alla sua diletta sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e della sua risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima è ricolma di grazia e ci è donato il pegno della gloria futura». fr. Carlo Toninello 24 Conoscere la S. Messa nomi diveRsi, un’unicA ReAltÀ Appunti storico-teologici sulla celebrazione dell’Eucarestia e comunità cristiane primitive, pur eterogenee perché formate da adepti provenienti da realtà etniche e culturali diverse (mondo giudaico; mondo greco-romano, etc.), si riunivano tutte, la sera del giorno dopo il sabato, per ripetere, in obbedienza al comando del Signore, i gesti e le parole di Gesù durante l’ultima Cena. Questa celebrazione, nei primi testi cristiani, è detta Frazione del pane. In tempi successivi il rito, nell’obiettivo di sottolineare aspetti differenti della celebrazione, venne chiamato da alcune comunità Eucaristia, da altre Cena del Signore. Il termine Messa, che sembra sia stato mutuato dal rito del congedo, è di epoca più tarda. Personalmente ritengo significativo il termine Eucaristia perché, inteso nel senso di celebrazione liturgica in cui si fa memoria dell’ultima Cena e della Pasqua del Signore nell’ambito di un rendimento di grazie, e non quindi di doni eucaristici (il pane ed il vino consacrati), rimanda agli avvenimenti e all’ambiente culturale e spirituale dell’Ultima Cena di Gesù. Ci aiuta insomma a non dimenticare che l’Eucaristia cristiana si ispira e cronologicamente succede alla Benedizione ebraica. Si può parlare infatti di continuità, non sottacendo che in Cristo e nella Chiesa tale Benedizione venne rivisitata ed acquistò una pregnanza nuova. L Il termine Eucaristia Eucaristia è una parola greca del primo secolo d.C. che si utilizzava per esprimere gratitudine. Dal greco passò nella lingua latina e da questa nelle lingue moderne senza che mai venisse tradotta. Il suo significato subì però una qualche evoluzione. Le primitive comunità cristiane fusero l’accezione greca del termine con la categoria teologica di “benedizione”, che mutuarono dal- l’Antico Testamento e dalla cultura e vita religiosa ebraica. Gesù benedisse Dio La categoria “benedizione”, oltre che nei Libri del Primo Testamento, è presente negli Scritti del Nuovo Testamento. Ciò è del tutto comprensibile, se pensiamo agli atteggiamenti ed ai gesti dell’ebreo Gesù durante la sua vita terrena. Come ogni pio israelita Gesù benedisse infatti continuamente il Padre, in particolar modo quando sedeva a tavola con i suoi. Secondo le usanze del suo popolo, esattamente come qualsiasi capo-famiglia ebreo, egli prendeva il pane e prima di spezzarlo e distribuirlo ai commensali, pronunciava la sua benedizione ed il suo rendimento di grazie a Dio. Questo movimento di lode e il rendimento di grazie durante l’Ultima Cena, assunsero un significato ancor più pieno. Nel NuovoTestamento si dice: «Gesù prese il pane, pronunciò la benedizione...» ed ancora: «Prese il calice, rese grazie...». L’uomo può e deve benedire Dio Il termine benedire può avere per soggetto Dio o l’uomo. Può essere Dio che compie questa azione in favore dell’uomo, ma può essere anche l’uomo che, con il suo atteggiamento (lode, adorazione, invocazione, ringraziamento), si sforza di accogliere la comunicazione che Dio gli fa di sé stesso nella storia della salvezza. Durante la sua esistenza l’uomo può e deve benedire Dio, per porsi nella situazione salvifica indicata dall’Esodo. Nella celebrazione eucaristica ci è donata un’occasione irripetibile e la più eminente per farlo, in quanto possiamo associarci alla benedizione di Gesù nei confronti del Padre. prof. G. Perazzolo 25 Le vie della carità Festa del Sacro Cuore 2004 alla Cittadella della Carità Anche l’occhio vuole la sua parte Inaugurato il nuovo Servizio di Oculistica presso gli Ospedali di Negrar Fratel Mario Bonora illustra il nuovo reparto di Oculistica Don Waldemar Longo durante la benedizione del nuovo reparto enerdì 18 giugno scorso, ricorrenza della FeVnuovo sta del Sacro Cuore, è stato inaugurato il servizio di Oculistica, al terzo piano della Cittadella della Carità di Negrar. La benedizione d’inaugurazione, impartita dal Superiore Generale della Congregazione don Waldemar Longo, è stata preceduta da una presentazione del presidente dell’Ospedale, fratel Mario Bonora e da un contributo del Vice Presidente del Consiglio Regionale della Regione Veneto, Angelo Fiorin, che ha approfittato dell’occasione per mettere in luce come la struttura di Negrar si possa definire una «struttura sanitaria di eccellenza» della regione Veneto. Il nuovo servizio di Oculistica è diretto da quella che è diventata la prima donna primario della Cittadella, la dottoressa Grazia Pertile. La dottoressa Pertile è arrivata a Negrar nell’agosto 2003, dopo avere maturato un’esperienza di alta specializzazione presso la clinica universitaria di Maastricht, in Olanda, ed avere lavorato per circa dieci anni presso il reparto di Chirurgia vitreoretinica dell’ospedale Middelheim di Anversa (Belgio). Nella primavera del 2003, la dottoressa è stata oggetto di interesse da parte della stampa nazionale, per aver eseguito una serie Alcuni membri del personale di complicati interdel nuovo reparto festeggiano venti per salvare l’inaugurazione l’occhio di Francesca, la piccola trevigiana sfortunata vittima dello scoppio di un ordigno di Unabomber. Il reparto di Oculistica, da lei diretto assieme al servizio ambulatoriale, si è distinto in questi ultimi mesi per il trattamento microchirurgico di patologie complesse dell’occhio, specialmente quelle del segmento posteriore. Il fine prioritario del servizio di Oculistica ospedaliero non è quello di sostituirsi agli ambulatori pubblici o privati del territorio, ma piuttosto quello di dare una diagnosi e un trattamento a malattie dell’occhio più complesse, soprattutto le patologie della rètina e della cornea. Come dice la dottoressa Pertile, «grazie a strumentazioni diagnostiche all’avanguardia si possono raggiungere buoni risultati nella diagnosi e nella terapia di malattie gravi della rètina, come la degenerazione maculare senile, le retinopatie diabetiche e i distacchi di rètina causati da traumi, come incidenti stradali, incidenti sul lavoro e perforazione del bulbo oculare. Qui a Negrar ci è stato dato lo spazio per avere queste attrezzature e per utilizzarle». Il Servizio è stato ideato per dare supporto a medici esterni e pazienti che abbiano necessità di approfondimenti diagnostici di alta specializzazione e con tempi d’attesa relativamente ridotti, privilegiando i casi più urgenti. Don Waldemar, nell’omelia tenuta durante la S. Messa che ha fatto seguito all’inaugurazione, ha ricordato la particolare attenzione che don Calabria poneva nei confronti del malato, attenzione che era anche espressione della sua prima vocazione (durante il servizio militare). In questo contesto il Casante ha sottolineato il nesso tra l’inaugurazione del servizio di Oculistica e questo particolare della personalità di don Calabria, citando quella frase famosa del santo in cui egli chiamava i malati «la pupilla del mio occhio». ■ Le vie della carità Banca Etica L’inter esse più alto è quello di tutti Sull’ultimo numero de L’Amico si è parlato del commercio equo e solidale ma, a proposito di economia e giustizia, non si può non parlare anche della finanza etica e in particolare della Banca Etica nvesti i tuoi soldi e finanzia progetti di sviluppo e solidarietà. Non avrai i guadagni che ti assicurano le altre banche, ma sosterrai l’idea che “l’interesse più alto è quello di tutti”. È questa, in sintesi, la filosofia che c’è dietro il progetto di Banca Etica. Nata l’8 marzo 1999, grazie ai contributi raccolti tra 13.200 soci iniziali, attualmente comprende oltre 23.000 soci fra persone fisiche e giuridiche ed è sostenuta dalle seguenti associazioni: Acli, Agesci, Ass. Botteghe del Commercio Equo e Solidale, Associazione Italiana Agricoltura Biologica, Cooperazione Terzo Mondo, Legambiente, WWF Italia, Italia Nostra, CIMI (Istituti Missionari), UISP, diverse diocesi, oltre 220 comuni, 20 province, 5 regioni e molte altre realtà. Il capitale sociale è di oltre 16 milioni di euro e il risparmio raccolto finora ammonta ad oltre 280 milioni di euro (dati maggio 2004). La Banca Etica non fa beneficenza, ma utilizza un credito solidale, vale a dire presta denaro a iniziative meritorie che hanno anche la capacità di restituire il credito. La Banca Etica è un punto d’incontro tra risparmiatori che non si accontentano di criteri economici per la gestione del proprio denaro, ma richiedono anche criteri etici nella scelta dei soggetti che verranno finanziati. A tutt’oggi sono stati finanziati 1237 progetti per un totale di 167 milioni di euro. Tra questi figurano le attività di varie cooperative sociali, la costruzione di case-alloggio per persone disabili, iniziative di tipo ambientale, come la gestione I dei parchi, il turismo responsabile, il sostegno all’agricoltura biologica e alle energie rinnovabili, i progetti di alcune organizzazioni non governative per la costruzione di ospedali, scuole e laboratori artigianali nel Sud del mondo. Banca Etica inoltre aderisce e sostiene numerose campagne e associazioni che operano in favore della Pace, della giustizia economica e dell’ambiente, ponendosi in netto contrasto con l’attuale mentalità bellicista e neo-liberista dominante. Quali sono i servizi che la Banca mette a disposizione dei clienti? Si parte dal deposito risparmio per arrivare ai prodotti finalizzati alla gestione del risparmio: i conti correnti per le persone fisiche e per le persone giuridiche. È possibile fare operazioni sul proprio conto corrente anche a distanza attraverso Internet, telefono e fax. Il risparmiatore al momento della sottoscrizione del prodotto finanziario può indicare il settore di impiego che preferisce tra cooperazione sociale, cooperazione internazionale, associazionismo, difesa e tutela dell’ambiente. Quanto all’impiego delle risorse, queste vengono destinate al finanziamento di mutui, all’apertura di credito in conto corrente oppure all’anticipo fatture o comunque a strumenti legati alle esigenze di liquidità delle varie organizzazioni. Luca Salvi BANCA ETICA (www.bancaetica.com) è presente a Verona in Via Scrimiari 36. Per informazioni e appuntamenti è possibile contattare il sig. Andrea Taddei allo 045.59.28.39 medico dell’Ospedale di Negrar e membro del GIT (Gruppo Iniziativa Territoriale) Banca Etica di Verona 27 Le vie della carità Associazione di Volontariato Calabriano “Francesco Perez” Chi siamo, cosa facciamo... Presentiamo da questo numero tutte le componenti dell’Associazione con le rispettive attività Cari amici, da questo numero vogliamo presentarvi in maniera semplice e razionale le attività che l’Associazione di Volontariato Calabriano svolge nelle varie sedi regionali. Per ogni regione metteremo anche il referente con relativo numero di telefono ed indirizzo, che potrà essere utile per chiedere informazioni su progetti che anche le altre sedi potrebbero attuare. Proprio attraverso questo scambio di esperienze e con l’aiuto della Presidenza, che sarà sempre disponibile, potremo svolgere la nostra attività in maniera consona alla legislazione vigente, senza la paura di incorrere in errori sia di natura pratica che di natura economica. Ricordiamoci sempre che noi che abbiamo ricevuto nel corso della nostra vita l’insegnamento e il carisma di san Giovanni Calabria e abbiamo seguito l’esempio di fr. Francesco Perez, dobbiamo avere come primo riferimento l’affidamento alla Provvidenza, confidando nella paternità di Dio, che non abbandona mai chi si rivolge a Lui con cuore aperto e filiale. Ma ricordiamoci anche, come diceva san Giovanni Calabria, che la prima vera Provvidenza è quella di «avere la testa sul collo». A tutti rivolgiamo un caro augurio di serenità e buon lavoro nello spirito del Signore. Flavio Maprosti PRESIDENZA NAZIONALE Sede legale: Via San Marco, 121 - 37138 Verona Sede operativa: Casa Madre di San Zeno in Monte, Via San Zeno in Monte, 23 - 37129 Verona Presidente: GUSTAVO REZZOAGLI Tel./Fax Sede: 045.805.29.10; abitazione 045.751.45.53; cell.: 368.71.96.218 La presidenza dell’Associazione è a disposizione per ascoltare, guidare e trovare le giuste soluzioni per ogni problema o progetto che i gruppi regionali intendano attuare. Cogliamo l’occasione per comunicare che il Seminario Annuale dell’Associazione si terrà a Collevalenza (Perugia) in data 10-12 settembre 2004. Al fine di poter prenotare le stanze necessarie per ospitarci, vogliate comunicare al più presto alla presidenza il numero delle persone che parteciperanno, con il relativo numero e tipo di stanze (singole, doppie, triple, etc.). Per informazioni più dettagliate non esitate a contattare direttamente la presidenza. SEDE REGIONALE DEL LAZIO 28 Opera don Calabria, Via G. B. Soria, 13 - 00168 Roma Coordinatore: ITALO MATTEI Tel. Sede 06.627.48.94; abitazione 06.614.87.17 Il gruppo laziale, composto da circa 20 volontari, svolge la sua attività prevalentemente nella parrocchia di S. Maria Assunta e S. Giuseppe di Primavalle, dove abbiamo una fornitissima “boutique”, curata da suo RosaRita, per la distribuzione di abiti ai bisognosi. I volontari del gruppo aiutano i sacerdoti in tutte le attività della parrocchia, portando anche l’Eucarestia ai malati ed agli anziani. Un’altra attività è quella dell’aiuto prestato per il buon funzionamento della Casa-vacanze di Cappadocia, dove spesso gli stessi volontari si ritrovano per varie attività sia formative che di divertimento. Ogni due mesi circa tutto il gruppo si riunisce per un incontro di formazione calabriana curato dall’assistente spirituale: don Noicir. SEDE REGIONALE DELLA CALABRIA Parrocchia S. Giovanni Calabria, Via Reillo - Capizzaglie - 88046 Lamezia Terme (CZ) Coordinatore: VITTORIO PILEGGI Tel. Sede 096.846.20.51 Abitazione 096.846.17.75 Il gruppo Bomboniera della Solidarietà opera nella parrocchia S. Giovanni Calabria di Capizzaglie e con la collaborazione di alcuni giovani della parrocchia svolge per tre giorni la settimana un doposcuola per bambini delle scuole elementari bisognosi di particolari attenzioni sia sul piano scolastico, che su quello personale. Il “fiore all’occhiello” del gruppo di Volontariato Calabriano di Capizzaglie è però la raccolta, lo smistamento, la cernita, l’inscatolamento e la spedizione al magazzino UMMI di Negrar di campioncini di medicine prelevati presso i medici del luogo. Gli incontri del venerdì, per meditare sulla “Parola del Padre” o sul Vangelo della domenica, chiudono in bellezza le attività settimanali del gruppo. Poesia della santità Un santo e (è) un poeta Quirino romani identificavano in Romolo la mitica divinità fondatrice dell’antica Roma e lo chiamavano Quirino, da cui derivano Quirinale – uno dei sette colli – e il nome Quiriti, che orgogliosamente si attribuivano gli antichi in quanto discendenti diretti da Romolo. Nei primi secoli dello splendore cristiano il nome Quirino era particolarmente diffuso, quasi a significare la continuità della religione cristiana che salva, rinnovandolo, anche il paganesimo. Mentre l’impero si sgretola, tra congiure di palazzo, inflazione, carestie, invasioni, spinte secessioniste, l’evento cristiano fonda la possibilità di una vita civile segnata dalla costruttività e dall’accoglienza; è il punto umano, una presenza, in cui la vita degli uomini trova la propria riscossa dal nulla. Quirino vescovo visse in una regione adiacente alla Sava, l’attuale Croazia. Arrestato agli inizi del quarto secolo fu processato a Sabaria, in Pannonia, perché rifiutò di rinnegare la propria fede. Fu condannato ad essere gettato in un fiume con una grossa pietra appesa al collo; sulla tomba del suo cadavere ripescato, e successivamente deposto nelle catacombe lungo l’Appia, fu costruita la celeberrima basilica. Straniero dal nome romano, cristiano dal nome pagano, adottato dai romani e rappresentato nelle catacombe con Policarpo e Sebastiano, ossia con i campioni del martirio per la fedeltà alla Presenza. Quirino è un martire che di fronte a un mondo ostile alla vita e alla felicità vera, di fronte a un’umanità ridotta a odiare la vita per timore della morte, ha seguito il compito essenziale di testimoniare l’«Eccomi sono qui» del Figlio. Roma perseguitava il mondo cristiano, perché stendeva un grande ponte tra il passato e I il futuro, dividendo con un profondo fossato la “città di Dio” da quella terrena; perché sapeva che il cristianesimo non era una conquista filosofica o un traguardo etico per persone che si sentono a posto, ma una Presenza, un avvenimento; perché il martirio allora come oggi, come sempre, era la più grande rivoluzione culturale che si potesse fare. Il martire di per sé è un testimone eliminato, un testimone soppresso, ma nella logica della croce l’eliminazione accentua la testimonianza e l’espressione della carità. La domanda: «C’è un uomo che vuole la vita e desidera giorni felici?» (Salmo 33) per non essere una domanda cinica e senza senso, deve essere espressa dal testimone di Cristo. Quirino ne è il paradigma: senza martiri, senza martirio, non c’è annuncio di speranza di vita e di felicità. Il martirio è la vita del cristiano, la natura del cristiano, poco importa se questa testimonianza è tacitamente espressa nella quotidianità di una vita di famiglia o di un monastero, oppure risuonante in mezzo al mondo. Poco importa se si esplicita in gesti quotidiani o in gesti straordinari come il sangue versato. La natura del martirio non sta nella sua modalità, ma nel testimoniare il Pensiero di Cristo: è questa la risposta al desiderio di vita e di felicità che Dio ha messo nel cuore dell’uomo, la risposta che vince il destino della morte e del peccato. Il martire, il testimone di Cristo, va fino in fondo a questo desiderio di vita e di felicità: Quirino sapeva già tutto quello che c’è da sapere e che sarà posto su basi scientifiche da Freud quindici secoli dopo, precisamente che dall’uomo non può venire salus = salute e salvezza, essa può giungere solo dal di fuori dell’uomo, da Altro; e questo Altro è l’Essere, cioè la fonte inesauribile della gioia e della felicità, senza la quale vivere o non vivere è la stessa cosa. Idalgo Carrara JEAN-AUGUSTEDOMINIQUE INGRES, Trionfo di Romolo su Acron, part., Parigi, 1812, Museo del Louvre Saints Catherine, Hubert and Quirinus, 1430, Walnut panel, Alte Pinakothek, Monaco 29 Spazio Fiorito Mariano Gocce di sapienza di fr. Vittorino Eucaristia e sacerdozio: mistero di amore e santificazione Eucaristia, mistero dell’amore di L’morto Dio, è presenza reale di Gesù e risorto. La grazia di questo Il miracolo eucaristico di Lanciano è il più antico di tutti quelli in cui le sacre Specie furono cambiate in carne e in sangue: risale, infatti, all’VIII secolo 30 Sacramento ci invita a meditare il dono del ministero sacerdotale, che rende presente Cristo nell’Eucaristia attraverso il comando della reiterazione: «Fate questo in memoria di me». Perché io credo all’Eucaristia in un modo tutto particolare? Tempo fa ho detto: «Il mio libro è l’Eucaristia». Se è un libro, ogni giorno c’è una pagina da leggere, da meditare e da imparare, ma soprattutto da praticare. Credo nell’Eucaristia perché Gesù ha voluto rimanere in mezzo a noi e nell’ultima cena ci ha offerto un Sacramento chiamato Sacramento di fede e di amore. Noi abbiamo ricevuto la fede? Sì, col Battesimo e con l’Eucaristia, che è nutrimento di grazia, pace, serenità. Nutrimento per poter camminare verso il Padre. Infatti Gesù ha detto: «Io sono la via, la verità e la vita». Noi dobbiamo camminare in questa via, in questo sentiero. Io sono verità, io sono luce perché provengo da questo sole, perché il Padre ed io siamo una sola cosa. Il sole offre la sua luce e la luce offre il suo calore. La verità è la luce e il calore è l’amore. Se Gesù ha istituito un Mistero che è nutrimento, vuol dire che ha voluto rimanere in mezzo a noi. Una volta che lui si è abbassato così tanto da entrare nella nostra persona attraverso la Comunione, vuole che ci comunichiamo attraverso Lui con il Padre. Allora noi dobbiamo entrare nella casa di questo amore, di questo cuore e calore che è la carità: Dio dentro di noi. Dobbiamo entrare come un fiore che feconda un altro fiore, perché il Signore vuole che noi penetriamo nella grazia, come è penetrato il Verbo di Dio per opera dello Spirito Santo nel cuore immacolato di Maria. Io credo, perché la parola di Dio è una parola eterna. Invochiamo lo Spirito Santo e contempliamo Gesù guardandolo e meditando. Naturalmente si è nascosto sotto le Specie del pane e del vino, ma non è più pane e non è più vino, anche se noi lo vediamo così. Quel bell’inno composto da S. Tommaso d’Aquino, che si legge il giorno del Corpus Domini, dà una spiegazione completa di questo bel Mistero: è un Mistero che, se veramente ci avviciniamo con fiducia, godiamo un’esperienza straordinaria... Allora torniamo alle parole che Gesù ha detto di fronte agli apostoli dopo aver cenato: Gesù ha preso quel pane e quel calice col vino e li ha benedetti. Ha consacrato il pane dicendo: «Questo è il mio corpo» e poi ha consacrato il vino dicendo: «Questo è il mio sangue», quindi ha concluso: «Fate questo in memoria di me». Ha dato un comando, un ordine e poi ha fondato la Chiesa con la sua gerarchia: il suo vicario, i suoi apostoli e noi, popolo di Dio. Perché ha voluto creare un sacerdozio dando il potere, con la consacrazione, di far discendere il Figlio di Dio nel pane e nel vino, come ha fatto Lui nell’ultima cena? Chi è il sacerdote? Non lo dobbiamo guardare come un uomo, ma lo dobbiamo vedere come un altro Cristo per l’autorità che gli è data. Infatti anche se fosse in peccato grave, quando pronuncia le parole della consacrazione, Gesù discende sul pane e sul vino e li trasforma nel suo corpo e nel suo sangue. Questo amore all’Eucaristia ci trasporta col pensiero al sacerdozio degli apostoli, insieme a Maria. Il sacerdote è la continuità di Maria, perché Maria Santissima è sempre legata a suo Figlio, quindi noi popolo di Dio siamo chiamati ad amare tanto la Madonna, perché è la madre di Gesù. Dobbiamo essere riconoscenti al Signore che ci ha donato i Sacramenti e in modo particolare l’Eucaristia, Sacramento verso cui dobbiamo avere un atteggiamento di ringraziamento e di adorazione per il dono che ci ha fatto Gesù, che nell’ultima cena anticipa la sua morte e la sua risurrezione. L’Eucaristia è Mistero di morte e risurrezione e se non ci fosse stata la risurrezione vana sarebbe oggi la nostra fede. Casa d’Incontri San Giacomo Libri Redemptionis Sacramentum Istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti l Sommo Pontefice Giovanni Paolo II recentemente, nella Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia, ha riIchiamato il significato e il valore dell’Eucaristia e, affinché la Chiesa tuteli anche al giorno d’oggi il grande mistero nella sacra Liturgia, ha poi dato disposizione alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti di preparare, d’intesa con la Congregazione per la Dottrina della Fede, il documento Redemptionis Sacramentum. Istruzioni su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia. «Non c’è dubbio che la riforma liturgica del Concilio abbia portato grandi vantaggi per una più consapevole, attiva e fruttuosa partecipazione dei fedeli al santo Sacrificio dell’altare. Tuttavia, non mancano delle ombre. Non si possono passare sotto silenzio gli abusi, anche della massima gravità, contro la natura della Liturgia e dei sacramenti... Gli abusi non di rado si radicano in un falso concetto di libertà: Dio, però, ci concede in Cristo non quella illusoria libertà in base alla quale facciamo tutto ciò che vogliamo, ma la libertà per mezzo della quale possiamo fare ciò che è degno e giusto». Il testo pubblicato dalla Congregazione per il Culto Divino contiene istruzioni su alcune questioni concernenti la disciplina del Sacramento dell’Eucarestia. Sono rivolte ai vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi e a tutti i fedeli laici, affinché ciascuno le metta in pratica a seconda del proprio ufficio e della propria disponibilità. Si ribadisce che «è compito della Chiesa vigilare sulla retta e degna celebrazione di questo grande mistero». Il documento è diviso in otto capitoli di facile lettura, cosicché anche il laico più inesperto, ma che ha sempre partecipato con fede alla celebrazione eucaristica, può ritrovare indicazioni che già conosce. Nel primo capitolo, Regolamentazione dell’Eucaristia, si ricorda che la competenza in questa materia spetta alla Chiesa. Si evidenziano i ruoli del vescovo diocesano, grande sacerdote del suo gregge, dei presbiteri, validi, provvidi e necessari collaboratori dell’ordine episcopale, ed il servizio dei diaconi. La partecipazione dei laici viene presa in considerazione nel capitolo secondo: una partecipazione «che non deve essere ridotta ad una mera presenza passiva, ma ritenuta un vero esercizio della fede e della dignità battesimale». Nel capitolo terzo, Retta celebrazione dell’Eucarestia, si parla di: • materia della Santissima Eucaristia (pane e vino); • preghiere eucaristiche recitate solo dal sacerdote, che non debbono essere disturbate da canti, suono dell’organo o di altri strumenti musicali; • letture bibliche proclamate nell’Eucarestia; • omelia del celebrante, mai affidata ad un laico; • segno della pace, a proposito del quale si dice: «Conviene che ciascuno dia la pace soltanto a coloro che gli stanno più vicino, in modo sobrio». Nel capitolo quarto, dedicato a La Santa Comunione, si danno disposizioni per ricevere l’Eucaristia e sulla sua distribuzione. Osservazioni sul luogo di celebrazione della S. Messa, sui vasi sacri e le vesti liturgiche sono esposte nel quinto capitolo. «Il sacerdozio ministeriale non può essere in nessun modo sostituito. Se tuttavia il bisogno della Chiesa lo richiede...»: i compiti straordinari dei fedeli laici sono presentati nel capitolo settimo. Infine, nel capitolo ottavo, sono indicati i «rimedi» in caso di abusi o atti gravi nella celebrazione della sacra Liturgia. Occorre ricordare che la Chiesa non si riunisce per sua volontà, ma è convocata da Dio nello Spirito Santo, e che riconosce con ferma fede, accoglie con gioia, celebra e venera con atteggiamento adorante il Sacramento della Redenzione. Spetta perciò alla Chiesa fare in modo che l’Eucaristia continui a splendere in tutto il fulgore del suo mistero. Bianca Maria Pascucci 31 Tempi e luoghi della memoria La Città del Ragazzo - Ferrara Mons. Bovelli L’arcivescovo entrò con coraggio dentro ai problemi aperti della società, avviando una serie di opere concrete per dare risposte evangeliche alle nuove situazioni che si stavano creando Mons. R. Bovelli Mons. Bovelli osserva i lavori di ristrutturazione della Città del Ragazzo 32 9 giugno 1954 moriva mons. Ruggero BovelItilli,cinquant’anni arcivescovo di Ferrara dal 1930. Sono passada quel giorno, ma il ricordo dell’alto prelato è ancora vivo nella città estense. Egli fu un punto di riferimento per la comunità in momenti drammatici, accompagnandola attraverso l’epoca del regime fascista, il secondo conflitto mondiale e poi gli anni della ricostruzione morale e materiale dell’Italia. Proprio la seconda guerra mondiale fu uno spartiacque importante per l’azione pastorale di mons. Bovelli. Romeo Sgarbanti sulla «Voce di Ferrara» ricorda che prima del conflitto l’arcivescovo aveva promosso un’azione evangelica che puntava a richiamare il popolo alle liturgie festive e al culto, organizzando importanti cerimonie e denunciando l’immoralità derivante da un certo rilassamento nella fede e nei costumi. Queste erano le sue risposte episcopali alle sfide di una società apparentemente tranquilla, dove i dissidi tra Stato e Chiesa erano stati superati con i Patti Lateranensi e dove l’assenza di una dialettica democratica aveva nascosto le contrapposizioni sociali e politiche. Con la tragedia bellica questa calma apparente fu spazzata via ed esplosero le contraddizioni e i gravi problemi latenti nella società. Mons. Bovelli dimostrò grande audacia e coraggio in quelle situazioni drammatiche. Un esempio di questa audacia risale all’epoca della Liberazione dai nazifascisti, in un episodio che era stato ricordato dal suo successore mons. Natale Mosconi nel 1964. Intorno al 20 aprile 1945 l’arcivescovo di Ferrara aveva supplicato il Comandante di piazza nazista perché lasciasse la città, salvandola dalla distru- zione che ci sarebbe stata se fosse stata ingaggiata battaglia con gli Alleati. Il gerarca acconsentì e mons. Bovelli subito spedì una lettera agli angloamericani, informandoli sulla ritirata già avvenuta. Il 24 aprile l’arcivescovo fu acclamato salvatore della città. Nel dopoguerra mons. Bovelli fu tra i primi a comprendere che la realtà italiana e quella ferrarese si stavano trasformando rapidamente e diede inizio a una nuova fase del suo episcopato. Divenne consapevole del fatto che i cambiamenti in atto spesso rendevano il sistema diocesano incapace di raggiungere aspetti importanti della vita sociale. Così decise di attuare alcune innovazioni pastorali. Tra le altre cose egli aprì ai laici, affidando loro maggiori responsabilità nella vita della diocesi. Ma soprattutto l’arcivescovo entrò con coraggio dentro ai problemi aperti della società, avviando una serie di opere concrete per dare risposte evangeliche alle nuove situazioni che si stavano creando. Una di queste risposte concrete volute da mons. Ruggero Bovelli fu la Città del Ragazzo. L’arcivescovo era sempre stato attento alle esigenze dei giovani e all’epoca si rese conto che c’erano tanti ragazzi in grave difficoltà, perché rimasti orfani in seguito alla guerra. Così volle creare una struttura per loro e chiese l’aiuto di don Giovanni Calabria, il quale a Verona si occupava proprio di ragazzi in difficoltà. Grazie alla collaborazione tra mons. Bovelli e l’Opera dei Poveri Servi della Divina Provvidenza si arrivò nel 1951 alla creazione della Città del Ragazzo, struttura che in seguito avrebbe aiutato tanti giovani ferraresi. Dopo la morte, mons. Bovelli rimase nel cuore dei ferraresi, come dimostra il fatto che la casa dell’Azione Cattolica prese il nome di Casa Bovelli. Ancora oggi il ricordo del suo coraggio evangelico suscita ammirazione nei molti sacerdoti e laici che lo hanno conosciuto. Matteo Cavejari Tempi e luoghi della memoria 1954 - 2004: a 50 anni dalla morte Uniti nel compimento della missione Nel 1954 morivano entrambi i fondatori della Città del Ragazzo di Ferrara icorrono quest’anno due cinquantesimi: la scomRFerrara, parsa di mons. Ruggero Bovelli, arcivescovo di deceduto in quella città il 9 giugno 1954, e la morte di don Giovanni Calabria, fondatore dell’Opera Poveri Servi della Divina Provvidenza, deceduto a Verona il 4 dicembre 1954. Mons. Bovelli nell’immediato dopoguerra, viste le condizioni di parecchi bambini resi orfani dal conflitto, volle porvi rimedio. Riprese un’idea che fu del suo predecessore mons. Francesco Rossi nel 1927 e dedicò tutto se stesso alla creazione di un’opera per lasciare benefiche e durevoli impronte. Per questo motivo si rivolse a don Giovanni Calabria, fondatore dell’Opera dei Poveri Servi della Divina Provvidenza a Verona, con tanta insistenza che alla fine ottenne quanto voleva: così nacque la Città del Ragazzo, che accolse i primi fanciulli nell’estate del 1951. Scriveva don Calabria a mons. Bovelli: «[...] ricordo sempre Ferrara e il suo degnissimo Presule, questa mattina in modo speciale ci ho pensato. Ferrara, per Suo merito, ha ricevuto l’Opera dei Poveri Servi; è una lucerna che la Provvidenza ha acceso per Suo merito, Eccellenza Rev.ma. E spero proprio che questa resti sempre luminosa, alimentata dallo spirito puro e genuino dell’Opera, dalle preghiere e benevolenza di tanti buoni. Allora come Le ho detto l’altra volta, la Casa di Ferrara sarà non solo un ramo dell’Opera, ma un centro di irradiazione per altre attività in pro delle anime. Per questo, mi sento di offrire una giornata tutta per la carissima città di Ferrara e per Lei eccellenza: preghiere, Santa Messa, sacrifici, sofferenze che non mancano [...] tutto perché avvicini tanti figli [...] per i quali occorre pregare [...] voglia Iddio che accolgano la luce del Vangelo [...] La Casa di Ferrara, nell’umiltà e nel nascondimento, maturi i disegni del Signore, se noi saremo fedeli allo spirito, se saremo fari di luce Evangelica nel pieno senso della Parola [...]». La realizzazione della Città del Ragazzo fu resa possibile dal coinvolgimento dell’intera citta- dinanza ferrarese, che con grande generosità partecipò alla copertura delle ingenti spese necessarie al recupero dell’ex villa del Seminario in via Comacchio, messa a disposizione dal compianto Arcivescovo. In quegli anni egli con sempre maggiore frequenza si recava in visita, senza alcun preavviso, alla Città del Ragazzo. Distribuiva sorrisi e buone parole a tutti, controllava di persona il menu preparato dalle suore addette alla cucina. In seguito all’alluvione del 14 novembre 1951 la Città del Ragazzo, appena restaurata, poté ospitare centinaia di giovani, che altrimenti avrebbero trovato difficoltà di sistemazione. Nel giornale della Città del Ragazzo, «Via della gioventù», in più occasioni venivano ricordate le visite dell’Arcivescovo e, in occasione della sua morte, gli venne dedicato un intero numero. Di seguito riportiamo alcuni passi tratti dal libro Pastor et Defensor del compianto don Mario Melandri, che a proposito della Città del Ragazzo dice: «Fu questo il canto del cigno di mons. Bovelli [...] La Città del Ragazzo è, in ordine di importanza, la creazione che egli più amò negli anni suoi ultimi e per cui spese ancora, con una passione degna di un giovane ardente, quasi con eroico furore, le sue energie, per cui mise in atto tutta la sua esperienza nel persuadere uomini, e superare difficoltà». Don Giovanni Calabria viene canonizzato il 18 aprile 1999. A distanza di 50 anni, mons. Bovelli e don Giovanni rimangono ancora nel ricordo e nell’animo di quanti vissero quei momenti. Mons. Bovelli in visita pastorale alla Città del Ragazzo Don G. Calabria Ambrogio Anteghini presidente degli ex allievi di Ferrara (Articolo tratto da «La Voce di Ferrara» del 5 giugno 2004) 33 Ricordando Poveri Servi della Divina Provvidenza Fratel Davide Renesto La sua presenza umile e tranquilla creava un clima di serena pace interiore l 26 giugno scorso, dopo alcuni mesi di malattia, si è spento all’Ospedale di Negrar fratel Davide Renesto. Il funerale si è svolto presso la chiesa della Casa Madre di San Zeno in Monte martedì 29 giugno ed ha visto la partecipazione di moltissimi amici, conoscenti ed ex allievi, che si sono voluti Fr. Davide Renesto stringere per l’ultima volta attorno al fratello che tante Fratel Davide Renesto nacque a Villanova volte li ha accompagnati in del Ghebbo (Rovigo) il 29 gennaio 1924. vita con la sua dolcezza e Nel 1945 entrò in Casa a Maguzzano, con il suo spirito di carità. dove compì gli studi ginnasiali. Erano presenti anche i capiNel 1957 fece la prima profesione religiotolari della neo Provincia sa. Frequentò anche le scuole magistrali, conEuropea che, riuniti proprio seguendo il diploma di Maestro elementare. in quei giorni a San GiacoLavorò in varie Case dell’Opera, lascianmo di Vago (Verona) per cedo ovunque un’impronta di dedizione alla sua missione di Povero Servo. lebrare il primo Capitolo Ebbe sempre un grande desiderio, quello Provinciale, hanno sospeso i di diventare sacerdote, che riuscì a realizzalavori per concelebrare e re in parte in età avanzata con l’ordinazione partecipare alla S. Messa a Diacono permanente. Serviva all’altare con funebre. grande amore per la liturgia e il decoro della Durante l’omelia il Cachiesa. sante, don Waldemar LonNelle Case in cui ha lavorato si è sempre go, ha ricordato la figura distinto per la sua passione di educatore ed mite e caritatevole di fratel evangelizzatore e per la sua grande pietà. Davide, cui ben si addiceva Ha svolto la sua attività specialmente a il passo evangelico delle Ferrara, a Verona in via Roveggia e a Gallio. Ultimamente aveva lavorato per diversi beatitudini letto durante la anni nella Casa di Gallio, accogliendo le liturgia della Parola. persone con calore e creando un clima famiTutti ricordano fratel Daliare. Un anno fa, a motivo delle sue precarie vide nel suo ultimo servizio condizioni di salute, fu trasferito nella Casa reso presso la Casa per ferie Madre di San Zeno in Monte. di Gallio, sull’Altopiano di Nel febbraio di quest’anno fu ricoverato Asiago. La sua presenza nel nostro Ospedale di Negrar, dove gli venumile e tranquilla creava un ne diagnosticata una grave malattia al fegato. I Si è spento intorno a mezzogiorno del 26 giugno 2004, andando ad incontrare in cielo il Padre don Giovanni e tanti confratelli ai quali era molto legato. clima di serena pace e predisponeva gli ospiti al raccoglimento ed al riposo interiore, che il paesaggio montano sempre facilita. La semplicità di fratel Davide si esprimeva tutta nell’ufficio dell’accoglienza, quando con un sorriso disarmante e mite apriva le porte della Casa di Gallio ai religiosi, agli amici della Famiglia Calabriana, ai semplici turisti. Questa capacità di accogliere nella semplicità era espressione della grande carità di fratel Davide, che era vera attenzione alla persona, chiunque essa fosse e da qualunque parte venisse. Questa attenzione al prossimo si esprimeva anche e soprattutto nella capacità di servizio spirituale, nel mettere a disposizione degli ospiti tutto il necessario per la cura dell’anima, per la meditazione e, soprattutto, per la partecipazione al Sacramento dell’Eucarestia, che con tanto amore egli sempre preparava. Massimo Cunico Notizie Da sin.: p. Domenico Mariani e don Giuseppe Pasini CASA MADRE DI SAN ZENO IN MONTE CONVEGNO SU ROSMINI Lo scorso 1° luglio nell’Auditorium san Giovanni Calabria di San Zeno in Monte si è tenuto il Convegno sul tema Antonio Rosmini, una vita all’ombra della divina Provvidenza. Relatore era il rosminiano p. Domenico Mariani che, dopo la presentazione di don Pasini, ha diviso la sua riflessione in due parti: nella prima ha parlato degli importanti legami che esistono tra la Congregazione dei Poveri Servi e la Congregazione dei rosminiani e ha tracciato un breve profilo della vita e del pensiero di Antonio Rosmini; nella seconda parte p. Mariani ha affrontato il tema del concetto di Provvidenza in Rosmini, trovando i punti in comune con la visione della Provvidenza tipica di don Calabria. EX ALLIEVI COSTOZZA Domenica 13 giugno, presso la Casa di Gallio, si è tenuta l’ormai tradizionale Festa della Famiglia organizzata dagli ex allievi di Costozza. Buona la partecipazione alla giornata che ha visto, dopo un momento di accoglienza, la celebrazione della Santa Messa e il pranzo comunitario. EX ALLIEVI DI RONCÀ Domenica 23 maggio noi del gruppo ex allievi di Roncà ci siamo incontrati con i numerosi amici di Longare, Lumignano e Costozza, con i quali da adolescenti abbiamo vissuto tante esperienze nella Casa di Roncà. La giornata è stata fitta di appuntamenti, tra i quali la S. Messa concelebrata da don Ivo e don Gildo e la visita alla villa di Costozza. Alla fine della giornata ci siamo dati appuntamento a Camposilvano per il 2005. Un sentito ringraziamento da parte del gruppo veronese va agli amici vicentini, per l’ottima organizzazione della giornata. Un grazie anche a don Gabriele Cor- dioli, che ci ha prestato il pullman. Infine una doverosa “citazione speciale” per l’ex allievo Occhiocupo Vincenzo, che per essere con noi è partito alle tre del mattino da Pineto degli Abruzzi!!! Achille Coltro EX ALLIEVI DI SAN ZENO IN MONTE Maguzzano chiama, San Zeno risponde: lo scorso 27 marzo la sezione ex allievi di San Zeno in Monte ha partecipato all’Assemblea nazionale del volontariato calabriano “Francesco Perez”. Tra i vari partecipanti è intervenuto anche un simpatico personaggio di nome Olinto, volontario di Maguzzano. Ha detto di aver bisogno di aiuto per sistemare il giardino-belvedere dell’Abbazia, perché di lì a un mese sarebbero cominciate le celebrazioni per il cinquecentenario della fondazione dell’Abbazia stessa. La delegazione degli ex allievi presenti si è offerta di prestare quell’aiuto e così abbiamo concordato di recarci a Maguzzano il giorno 19 aprile. Siamo partiti di buon mattino, Giuseppe Cappelletti, Eugenio Magagna, Giglio Zanetti, Loris Tommasini e il sottoscritto Luigi Ceschi. Arrivati all’Abbazia verso le 8.30, sotto una pioggerella primaverile ci siamo messi subito al lavoro di buona lena fino alle 13.00. Dopo pranzo abbiamo visitato il cimitero e quindi abbiamo ripreso il lavoro, ma purtroppo alle 15.30 la pioggerella si è trasformata in pioggia battente ed abbiamo dovuto smettere. Fortunatamente la maggior parte del lavoro era ormai fatta. Infine, dopo un caffè caldo e un’ultima visita all’Abbazia, ci siamo messi sulla strada del ritorno. Luigi Ceschi 35 SAN ZENO IN MONTE GIORNATA DELLE MISSIONI CALABRIANE Il 22 maggio scorso si è tenuta a San Zeno in Monte l’ormai tradizionale Giornata delle Missioni Calabriane. Nella foto vediamo il Casante, don Waldemar, mentre nell’Auditorium san Giovanni Calabria risponde alle domande dei familiari dei nostri missionari. 30 ANNI DI MISSIONE! Il mese di maggio ha visto il compiersi di 30 (trenta!!!) anni di missione in Brasile del nostro don Angelo Maschi. Durante questi tre decenni la sua azione pastorale lo ha visto impegnato in parrocchie tipicamente calabriane, segnate dalla povertà materiale e spirituale nelle quali egli ha speso tutta la sua passione missionaria di testimone del Vangelo, facendo crescere sia dal punto di vista spirituale sia dal punto di vista sociale e umano le comunità a lui affidate. Attualmente si trova ad operare sul difficile fronte della città portuale di Rio Grande, nel sud del Brasile, dove regna sovrana l’indifferenza religiosa. Nella foto lo vediamo insieme ad un paio di ragazzine, che hanno partecipato al pranzo natalizio per i poveri organizzato dalla parrocchia di don Angelo. FERRARA CITTÀ DEL RAGAZZO Un progetto per chi ha una disabilità acquisita Si tratta di un’attività formativa per aiutare persone con disabilità acquisita a reinserirsi nel mondo del lavoro. Il progetto era stato avviato dalla Città del Ra36 gazzo di Ferrara circa otto anni fa. Con il passare del tempo l’iniziativa è cresciuta molto, rispondendo ai bisogni di numerose famiglie. In particolare gli utenti del progetto sono persone che in seguito a un incidente acquisiscono gravi disabilità permanenti e quindi devono ripensare completamente i loro percorsi di vita e professionali. Una volta uscite dai vari centri riabilitativi, queste persone vengono indirizzate alla Città del Ragazzo, dove trovano un gruppo di lavoro multidisciplinare pronto a seguirli sia dal punto di vista umano che da quello della formazione di nuove abilità lavorative. Finora da Ferrara sono passate 150 persone, di cui la metà è attualmente reinserita stabilmente nel mondo del lavoro. Chi acquisisce una disabilità deve essere seguito a 360 gradi, con un supporto che va dato anche alle famiglie, altrimenti abbandonate a se stesse. Il progetto è in continua crescita e da quest’anno sono partiti anche scambi internazionali con ragazzi di altre comunità simili in Paesi dell’Unione Europea. Ecco le prove dell’uso di armi chimiche contro i soldati americani! MISSIONE INDIA Il Casante don Waldemar Longo (al centro) insieme ai Novizi della missione indiana: Manoj Ethirvelil, Jomy Thottiyil, Binoy Philip e Binoy Palakkattu. Notizie Foto di gruppo per i neoprofessi della missione indiana. Da sin.: p. Abraham (Padre Maestro), bro. Manackal Josekutty Joseph, bro. Saju Kolattil, p. Waldemar (Casante), p. Cunegatti, bro. Aby Chacko Mlakkuzhiyil, bro. Sushil Kispotta. CENTRO POLIFUNZIONALE DI VIA S. MARCO - VERONA / 1 C’è stata una cerimonia speciale martedì 29 giugno scorso al Centro Polifunzionale don Calabria di via San Marco a Verona. Alla presenza del sindaco Paolo Zanotto e di molte altre autorità sono stati consegnati i diplomi e gli attestati di frequenza ai bambini e ragazzi Rom, che quest’anno hanno fatto un percorso scolastico nell’ambito del progetto promosso dal Comune e dall’Opera don Calabria. In tutto i ragazzi erano 50, di cui alcuni hanno frequentato una scuola materna presso il Centro Polifunzionale, mentre altri sono stati inseriti nella scuola pubblica e affiancati da cinque mediatori culturali (l’obiettivo per l’anno prossimo è che tutti i bambini possano frequentare la scuola pubblica). Tra i ragazzi Rom ce ne sono otto che hanno conseguito il diploma di terza media e quattro che hanno raggiunto la licenza elementare. Alla cerimonia di consegna erano chiaramente presenti anche le famiglie dei bambini, famiglie che quest’anno hanno mandato i figli a scuola con grande regolarità, rispettando gli accordi presi con il Comune di Verona. CENTRO POLIFUNZIONALE DI VIA S. MARCO - VERONA / 2 A partire dallo scorso 1 luglio Stefano Schena, direttore del Centro Polifunzionale don Calabria di via San Marco a Verona, è diventato Presidente della Piattaforma Europea per la Riabilitazione. Tale piattafor- ma è l’organismo che, con sede a Bruxelles, coordina i centri di riabilitazione per le persone con disabilità di venti Paesi europei. PARROCCHIA DI S. MARIA ASSUNTA E S. GIUSEPPE A PRIMAVALLE - ROMA In occasione del suo 25° di sacerdozio, celebrato lo scorso anno il Santo Padre ha ora conferito al parroco della nostra parrocchia di Primavalle, don Antonio Piro, l’onorificienza pontificia Croce pro Ecclesia et Pontifice e la relativa medaglia Benemerenti, per premiare la sua infaticabile opera di pastore al servizio della nostra Comunità parrocchiale. prof. Giovanni Carile Don Antonio Piro (a sinistra) e il card. Camillo Ruini (a destra) durante la solenne celebrazione per il 25° di sacerdozio dello stesso don Antonio. LA CRISI NEL DARFUR Non c’è pace per il Darfur. Da più di un anno questa regione, che si trova nel nord-ovest del Sudan, è al centro di una gravissima crisi politica e umanitaria. Da una parte ci sono le truppe governative, dall’altra il Fronte di Liberazione del Darfur, nel quale sono rappresentati i diversi gruppi etnici della regione. La guerra civile è scoppiata nel febbraio 2003, dopo ripetute provocazioni e violenze commesse dall’esercito di Khartum. Obiettivo del governo sudanese era quello di riaffermare il proprio dominio sul Darfur, attraverso l’instaurazione di un regime del terrore. La situazione è però sfuggita di mano e attualmente è in atto un vero e proprio disastro umanitario. Finora il conflitto ha provocato 30 mila vittime e quasi un milione di sfollati, ma per il futuro le cose potrebbero peggio37 Notizie Felicitazioni ❖ Il giorno 8 dicembre 2003 è nato Matteo, secondogenito di Mariagrazia e Giorgio Pellini, ex allievo di via Roveggia. ❖ Il 4 maggio 2004 è nato Davide, primogenito di Gabriele Bissoli e Marghit Zanini. Lo annunciano con grande gioia la nonna Mariateresa e il nonno Giancarlo Bissoli, ex allievo del Patronato. Gli amici ex allievi si uniscono alla felicità di genitori e nonni. ❖ Il giorno 18 maggio 2004 è nato Riccardo Campagnola. Lo annuncia con gioia la sorellina Sara assieme a mamma Michela e papà Lorenzo. Felici sono anche i nonni Renata e Silvano. ❖ Sabato 29 maggio 2004 a S. Ambrogio di Valpolicella si sono uniti in matrimonio Valeria Bazzica ed Eros Cereser. Valeria è figlia di Luigina e Massimo Bazzica, ex allievo del Patronato Ex Gil e operatore in falegnameria a Ferrara negli anni 1952/62. La Presidenza centrale ex allievi augura ai novelli sposi i più fervidi auguri. ❖ Marco e Lucia Vicentini annunciano con gran gioia la nascita della loro primogenita, Chiara, e desiderano rendere partecipi alla loro gioia, oltre ai nonni paterni e materni, tutti gli amici de L’Amico. Papà Marco è figlio di Giancarlo Vicentini, ex allievo e cassiere dell’associazione ex allievi di Ferrara. Nonno Giancarlo è orgoglioso perché il figlio Marco con Lucia ha voluto festeggiare la nascita di Chiara con una adozione a distanza di un bimbo angolano, nato lo scorso marzo, di nome Stelvio, e spera che questo gesto di generosità trovi degli imitatori o sia di stimolo ad altri che magari non ci hanno mai pensato. In fin dei conti adottare un bambino a distanza, per noi, costa meno di un caffè al giorno, ma a lui gli si prospetta una vita piena di speranza. rare con il serio rischio di un genocidio nei confronti degli abitanti della regione. È dunque urgente l’intervento della comunità internazionale. Dopo mesi di silenzio finalmente l’ONU ha cominciato a farsi carico del problema con una visita a Khartum di Kofi Annan, ma è ancora troppo poco. Anche il Parlamento italiano ha discusso una mozione, per sollecitare una risoluzione del Consiglio di Sicurezza, la quale permetta all’ONU di intervenire in modo deciso prima che sia troppo tardi. 38 Tornati al Padre ◆ Il giorno 26 maggio 2004 a Terranegra di Legnago (Vr) è deceduto all’età di 74 anni Luciano Galvan, fratello di fr. Fausto. Ai funerali hanno partecipato alcuni religiosi dell’Opera. La Congregazione dei Poveri Servi porge preghiere per l’anima del caro estinto e le più vive condoglianze alla moglie. ◆ Dopo lunga malattia il giorno 30 maggio 2004 è mancato Fabio Busti, di anni 34, ex allievo di via Roveggia. ◆ A Ferrara il 30 maggio 2004 è deceduto l’ex allievo Graziano Pavan che, il 4 novembre 1955, in occasione della prima riunione ex allievi, era stato eletto Presidente dell’associazione ex allievi della Città del Ragazzo. ◆ A Caprino Veronese il 1° giugno 2004 è deceduto Angelo Armani, padre di Antonio, ex allievo di S. Benedetto e cognato di don Mario Sometti. ◆ A Milano il 27 giugno 2004 è deceduta la signora Antonietta Scala, moglie di Pino Fieschi, ex allievo di Milano-via Pusiano e sorella di Fernando Scala, ex allievo di Maguzzano e Milano. Era cognata di Vincenzo De Rosso, ex allievo ed ex presidente degli ex allievi di Milano. Sentite condoglianze ai familiari, in particolare al figlio Andrea da parte della famiglia calabriana Peppino Vismara di Milano. ◆ Il giorno 12 luglio 2004 si è spenta all’ospedale di Negrar la signora Maria Splendori, vedova Girelli, mamma dell’ex allievo Gianni Girelli, collaboratore della sezione ex allievi di Nazareth e membro della Presidenza Centrale. La Famiglia calabriana partecipa al dolore della famiglia con una speciale preghiera. ◆ Siamo vicini al nostro carissimo Fratello Esterno dott. Achille Norsa, che nel mese di giugno ha visto passare dalla terra al cielo la sua buona moglie Maria Pia, che tante volte partecipò ai nostri incontri. ◆ Dopo un breve periodo di sofferenza, nel mese di giugno il Signore ha chiamato in cielo il nostro carissimo Fratello Esterno Felice Natale Veronesi. SIMBOLI CALABRIANI Barche sulla rotta di Dio La voce del Padre «La barca, o miei cari, non mantiene sempre una rotta tranquilla. Frequentemente soffiano i venti e le onde crescono minacciandola. È necessario molte volte ricorrere a mezzi estremi per evitare il naufragio. Anche noi dovremo affrontare difficoltà, superare ostacoli ed entrare in lotta con i nemici della nostra anima». Il senso per noi Un viaggio in nave, attualmente, sembra essere abbastanza sicuro. Però a volte ci sono naufragi causati dall’imprudenza umana o da fenomeni inattesi legati all’inclemenza della natura. Tutti credo conosciamo la storia del Titanic: il suo naufragio avvenne in acque apparentemente calme... è altresì famosa la frase che affermava che: «Neppure Dio può affondarlo!». La natura ci sorprende sempre. Le acque conservano sempre un mistero, un lato sconosciuto e indomabile. Don Calabria dice: «La nave non mantiene sempre una rotta tranquilla». Ciononostante se non si affronta una qualche traversata neppure si potrà gustare la soddisfazione e il piacere di viaggiare sulle acque. Un viaggio sul mare o su un grande fiume offre la possibilità di contemplare qualcosa di straordinario, un fascino a volte indescrivibile. Un’esperienza non abituale, singolarmente nuova. Per questo, anche dinanzi alle avversità e alle fatiche che una traversata può recare, è necessario andare avanti, avere ben chiaro che la mano di Dio ci accompagna e conduce la nave verso il porto che ci attende. Fede, fiducia e coraggio sono gli elementi indispensabili in qualunque navigazione. Ad ognuno di noi spetta la missione di essere collaboratore di Dio nella piccola storia di tutti i giorni e nella grande storia umana. Abbiamo bisogno in primo luogo di non disturbare l’azione del timoniere e di non portarci dietro nel nostro viaggio dei pesi inutili. Chi segue Gesù Cristo deve dotarsi di un bagaglio leggero. Chi si porta dietro molte pesanti valige rende il viaggio più lento e non dispone di quell’agilità che lo rende pronto e disponibile alla solidarietà e al servizio. Inoltre corre il rischio di perdere per via il senso essenziale della propria missione. Vediamo attorno a noi molta gente, che finisce per perdere tante cose anche necessarie, solo perché non è stata capace di disfarsi del superfluo. Dice un proverbio tibetano: «Si possono stringere le mani solo quando le abbiamo vuote». Si tratta proprio di questo. Per tendere la mano e soccorrere quelli che si trovano in pericolo, è necessario averla vuota e aperta. I “nemici dell’anima”, secondo il linguaggio di don Calabria, non sono esseri che arrivano da chissà quale luogo lontano, né appaiono come evanescenti fantasmi a rendere pericolosamente agitate le acque della nostra esistenza. A mio modo di vedere questi nemici possiamo riconoscerli nelle perverse strategie elaborate dal nostro infaticabile egoismo e nei frutti guasti di mentalità votate alla sofferenza e alla morte dei fratelli. Di questi incontri è ricco il cammino di chi intraprende la missione di Cristo. Assumere un atteggiamento di discernimento e ascolto, lasciarsi illuminare dalla luce di Dio e permettere che Egli ci conduca con il Suo amore, è garanzia di efficacia nel servizio che ci spetta di realizzare in favore della vita. Amare è aver cura della vita, della barca, e proteggere il mare che permette la nostra traversata. È un impegno di fede che va rinnovato giorno per giorno. Agendo così le acque non saranno mai più luogo di paura e di morte, ma fonte di vita e di salvezza. P. Osmar Coppi Trad. di fr. Carlo Toninello APPUNTAMENTI ABBAZIA DI MAGUZZANO EX ALLIEVI CITTÀ DEL RAGAZZO (FE) 2-7 agosto SETTIMANA DI FRATERNITÀ ECUMENICA Domenica 10 ottobre CONVEGNO ANNUALE DEGLI EX ALLIEVI Convivenza fraterna con momenti di formazione, preghiera, svago e riposo Tutti gli ex allievi e amici della Casa con le loro famiglie sono invitati a trascorrere una giornata di amicizia nello spirito del Padre don Giovanni. Il convegno avrà inizio alle ore 9.30. Per informazioni: Ambrogio Anteghini (0532.75.37.33); Giancarlo Vicentini (0532.20.40.41); Città del Ragazzo (0532.74.15.15) 10-16 agosto Introduzione alla preghiera cristiana con tecniche yoga Guida: M° CLAUDE MARECHALL 31 agosto - 6 settembre ESERCIZI SPIRITUALI PER SACERDOTI E RELIGIOSI DELL’OPERA DON CALABRIA Tema: “Siate Vangeli Viventi”, spirito puro e genuiono di san G. Calabria Guida: DON PIETRO CUNEGATTI (PSDP) 24-26 settembre CONVEGNO ECUMENICO Tema: “Il Battesimo ci fa corpo di Cristo. Il Battesimo nella esperienza delle diverse Chiese Cristiane” Per informazioni: Abbazia di Maguzzano - tel. 030.91.30.182 e-mail [email protected] CENTRO DI CULTURA E SPIRITUALITÀ CALABRIANA Sabato 25 settembre 29A GIORNATA DI STUDI CALABRIANI MONS. GIACOMO CANOBBIO (teologo): “La missione della Chiesa nel III millennio tra evangelizzazione e umanizzazione del mondo. DON GIUSEPPE MENINI (PSDP): “La Chiesa della Carità in san Giovanni Calabria”. Per informazioni contattare fr. Carlo Toninello 045.80.52.928 INIZIATIVE PER LA FESTA DI SAN GIOVANNI CALABRIA • mercoledì 29 settembre a San Zeno in Monte inizio della Novena in onore di san Giovanni Calabria; • giovedì 7 ottobre veglia di preghiera animata dalla Pastorale Giovanile Calabriana; • venerdì 8 ottobre festa liturgica di san Giovanni Calabria. ore 18.00: S. Messa presieduta da S.E. Cesare Nosiglia vescovo di Vicenza. • sabato 9 ottobre (orario da definire) concerto di musica classica con un gruppo di affermati professionisti tedeschi; • domenica 10 ottobre orario festivo delle S. Messe; • domenica 10 ottobre alle ore 17.00 S. Messa della Famiglia Calabriana presieduta dal Casante p. Waldemar J. Longo. Al termine “risottata” per tutti i partecipanti. EX ALLIEVI DEL PATRONATO VIA ROVEGGIA - SAN MARCO Sabato 11 settembre 2004 PELLEGRINAGGIO ALLA MADONNA DELLA CORONA Sono invitati tutti gli ex allievi e amici dell’Opera con le loro famiglie, per vivere un momento di spiritualità mariana in onore di Maria Madre di Dio e Madre nostra. Appuntamento alle ore 10.00 sul piazzale adiacente l’albergo Stella Alpina di Spiazzi. È possibile arrivare a Spiazzi con i propri mezzi, oppure: - a piedi da Brentino (tel. Gambarini 045.51.21.17) - a piedi da Verona, San Zeno in Monte; due giorni con pernottamento a Fosse (tel. Bortignon 045.75.13.510) Per prenotare il pranzo telefonare: Amadori (045.89.04.220); Marchi (045.95.35.84); Gambarini (045.51.21.17) Sabato 23 ottobre Pellegrinaggio a Maguzzano per visitare le tombe dei nostri religiosi defunti. L’invito caloroso è rivolto a tutti gli ex allievi e amici dell’Opera con le loro famiglie. Ritrovo alle ore 10.30 a Maguzzano. Per informazioni e prenotazione pasto: Amadori (045.890.42.20) Marchi (045.95.35.84); Gambarini (045.51.21.17) EX ALLIEVI DI ROMA 2a domenica di ogni mese S. Messa per tutti gli ex allievi alle ore 10.00 presso la Chiesa del “Collegino”. Domenica 10 ottobre CELEBRAZIONE DELLA FESTA DI SAN GIOVANNI CALABRIA EX ALLIEVI DI RONCO E RONCÀ Domenica 19 settembre CONVEGNO ANNUALE Sono invitati tutti gli ex allievi con le relative famiglie presso la Casa Madre di San Zeno in Monte Per informazioni e prenotazioni: Achille Coltro (340.23.12.386) EX ALLIEVI E AMICI DELL’OPERA EX ALLIEVI DI SAN ZENO IN MONTE 24-29 settembre ESERCIZI SPIRITUALI Domenica 24 ottobre CONVEGNO EX ALLIEVI Gli esercizi si terranno presso l’Oasi san Giacomo di Vago di Lavagno (Vr) Ore 9.00 accoglienza e sistemazione. Ore 10.30 ora media. Ore 10.45 prima riflessione Per informazioni: don Gildo Beraldo (338.46.26.005) Tutti gli ex allievi e amici della Casa di San Zeno in Monte con le loro famiglie sono invitati a trascorrere una giornata di amicizia nello spirito del Padre san Giovanni Calabria. L’incontro inizierà alle ore 9.30. Rinnoviamo ai nostri ex allievi l’invito a candidarsi per il rinnovo del In caso di mancato recapito restituire all’ufficio C.M.P. VR, detentore del conto, per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. N. 4 - Luglio-Agosto 2004 - Anno LXXV - Bimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB VERONA