amico_04_2004 - Opera don Calabria

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amico_04_2004 - Opera don Calabria
L’ONU ha proclamato il 2004
“Anno internazionale per commemorare
la lotta contro la schiavitù
e la sua abolizione”
Dichiarazione
dei Diritti dell’uomo
(ONU - 1948)
ARTICOLO 4
Nessun individuo potrà essere tenuto
in stato di schiavitù o di servitù;
la schiavitù e la tratta degli schiavi
saranno proibite
sotto qualsiasi forma.
2
S EI VECCHIO QUANDO ...
Sei vecchio quando continui a dire che «bisogna tenere i piedi per terra»
e hai cancellato dalla tua vita la fantasia, il rischio, la poesia, la musica.
Sommario
4 Editoriale
DIRE DI SÌ ALL’AMORE
Al servizio di chi soffre
6
Fratel Mario Bonora eletto
neo-presidente dell’ARIS
Associazione Religiosa
Istituti Socio-sanitari
6 Cronaca calabriana
AL SERVIZIO DI CHI SOFFRE
IL LAICO NELL’OPERA
SERVIZIO CIVILE EUROPEO
ARIS
NEL SEGNO DEL BUON PASTORE
DUE INCONTRI EMOZIONANTI
SERVIRE I POVERI NELLO SPIRITO DI DON
CALABRIA
Nel segno
del Buon Pastore
15 Teologia in pillole
RINGRAZIAMENTO AL SIGNORE LIBERATORE
16 Speciale
UN’EREDITÀ VIVA!
10
Intervista a p. João de Souza Gomez,
ordinato sacerdote lo scorso 29 maggio
nella parrocchia di Restinga
in Brasile
20 Se non ritornerete...
STORIA DI UNA VONGOLA
22 L’Opera nel mondo
ANCHE DIO HA CORAGGIO
24 Conoscere la S. Messa
NOMI DIVERSI, UN’UNICA REALTÀ
26 Le vie della carità
Un’eredità viva!
16
Gruppi giovanili e Cantautori di Dio
a San Zeno in Monte per cantare
la bontà di Dio Padre
ANCHE L’OCCHIO VUOLE LA SUA PARTE
L’INTERESSE PIÙ ALTO È QUELLO DI TUTTI
CHI SIAMO, COSA FACCIAMO...
27 Poesia della santità
QUIRINO
30 Spazio Fiorito Mariano
EUCARISTIA E SACERDOZIO:
MISTERO DI AMORE E SANTIFICAZIONE
32 Tempi e luoghi della memoria
Conoscere la S. Messa
Nomi diversi,
24 un’unica realtà
MONS. BOVELLI
UNITI NEL COMPIMENTO DELLA MISSIONE
30 Ricordando
FRATEL DAVIDE RENESTO
Appunti storico-teologici
sulla celebrazione dell’Eucarestia
RUBRICHE
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NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 30 GIUGNO 2004
LIBRI
NOTIZIE
FELICITAZIONI - TORNATI AL PADRE
SIMBOLI CALABRIANI
APPUNTAMENTI
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Questo periodico è associato
all’UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA
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Editoriale
Dire di sì all’amore
o l’impressione che la nostra vita spirituale, il nostro desiderio di Dio, subisca la
violenta aggressione di un potente virus dal
nome e dalle origini sconosciute.
Se ne vedono unicamente i devastanti effetti: una radicale perdita di senso e di orientamento, un venir meno dei parametri e dei
criteri per definirsi umani, l’affievolirsi di
quelle che si pensavano essere le dimensioni
più propriamente umane, l’anestesia progressiva che rende sempre più deboli le nostre
H
La Parola del Papa
Per una cultura al servizio
dell’uomo
«(11) [...] il compito primario ed essenziale della cultura in generale e anche di ogni cultura, è l’educazione.
L’educazione consiste in sostanza nel fatto che l’uomo divenga sempre più umano, che possa “essere” di più e non
solamente che possa “avere” di più, e che, di conseguenza,
attraverso tutto ciò che egli “ha”, tutto ciò che egli “possiede”, sappia sempre più pienamente, “essere” uomo. Per
questo bisogna che l’uomo sappia “essere più” non solo “con gli altri”, ma anche
“per gli altri”. L’educazione ha un’importanza fondamentale per la formazione dei
rapporti interumani e sociali. [...]
(13) [Le società tecnologicamente più sviluppate, ndr] si trovano davanti alla
crisi specifica dell’uomo, che consiste in una mancanza crescente di fiducia nei confronti della propria umanità, del significato del fatto d’essere uomo e dell’affermazione e della gioia che ne derivano e che sono sorgente di creazione. La civiltà contemporanea tenta d’imporre all’uomo una serie di imperativi apparenti, che i loro
portavoce giustificano ricorrendo al principio dello sviluppo e del progresso. Così,
per esempio, al posto del rispetto della vita, l’“imperativo” di sbarazzarsi della vita e
di distruggerla; al posto dell’amore, che è comunione responsabile di persone, l’“imperativo” del massimo di godimento sessuale al di fuori da ogni senso di responsabilità; al posto del primato della verità nell’azione, il “primato” del comportamento in
voga, del soggettivo e del successo immediato. In tutto questo si esprime indirettamente una grande rinuncia sistematica alla sana ambizione che è l’ambizione di essere uomo. Non facciamoci illusioni: il sistema formato sulla base di questi falsi imperativi, di queste rinunce fondamentali, può determinare l’avvenire dell’uomo e l’avvenire della cultura».
(GIOVANNI PAOLO II, Discorso all’UNESCO, 2 giugno 1980)
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percezioni sia sensoriali che morali, facendoci scivolare verso l’indifferenza. Si tratta di
un virus che aggredisce le fonti stesse del nostro essere umani. Privati della nostra umanità ci risulta impossibile accedere a Dio e
quindi vivere un’esperienza spirituale. Si tratta di un virus che agisce corrodendo il nostro
essere uomini e donne capaci di amare. Gli
uomini e le donne che sono aggrediti da questo virus hanno sempre l’attenzione centrata
su di sé, mantengono un’estenuante contabilità degli onori e dei riconoscimenti che ricevono, sono avidi di attenzioni e di applausi.
Chi alberga in sé questo virus vive una costante lotta per sottrarre spazio e visibilità
agli altri, imposta la sua esistenza in perenne
competizione, in ansiosa corsa ad occupare i
primi posti, disposti a qualsiasi inganno pur
di prevalere e apparire. Per costoro l’altro è
solo o un pericoloso ostacolo da superare e da
abbattere, un avversario da vincere, un nemico da eliminare; oppure uno strumento da
usare, un mezzo grazie al quale promuovere
se stessi, i propri interessi, le proprie voglie.
Qualora l’altro non sia né un nemico da cui
difendersi, né un mezzo da sfruttare, il suo
destino non ci riguarda, ci risulta indifferente,
non suscita alcuna emozione. Se ci si guarda
attorno allora non si incontrano sguardi da
cui sentirci riconosciuti e accolti, ma solo occhiate che cercano di valutare quanto siamo
pericolosi, o che tipo di ostacolo rappresentiamo, o quanto potremmo essere utili. Queste persone vivono come sentinelle intente a
spiare i movimenti dell’avversario, preoccupate della difesa delle proprie alte mura,
pronte a reagire e dare l’allarme al primo accenno di movimento dell’altro.
Ma se non sappiamo riconoscere e accogliere l’altro come uno degno di rispetto, di
responsabilità, di premura, allora perdiamo la
nostra umanità e l’uomo che dimentica la
propria umanità non finisce semplicemente
Editoriale
per abbandonarsi ai suoi istinti animali, ma
diventa un mostro capace di giungere ad abissi inimmaginabili. Testimonianze in questo
senso purtroppo non mancano, basta aprire le
pagine dei giornali.
La cultura contemporanea ha vissuto più e
più volte quanto il filosofo tedesco Nietszche
gridava nel suo libro La gaia scienza: «Dio è
morto». Forse oggi varrebbe la pena riflettere
se questa presunta morte altro non sia che
l’inevitabile conseguenza del progressivo
spegnersi dell’umanità dell’uomo.
Per far sì che Dio viva, che una vita spirituale sia ancora possibile, dobbiamo impegnarci a far vivere l’uomo, ad impedirne la
progressiva e drammatica disumanizzazione.
Ma come far sì che l’uomo sia più umano
e quindi capace di volgersi a Dio?
È quanto amiamo a definire la cifra della
nostra umanità e l’amore per sua natura non
ha limiti, non ha confini. Non si ama fino ad
un certo punto, né fino ad un certo giorno.
L’amore è per definizione senza limite. Neppure le lacrime fanno da confine all’amore,
anzi forse ne sono l’essenza stessa. Si può solo amare di più e sempre di più e ancora di
più, senza stancarsi mai. Il solo pensiero di
un punto finale toglie profondità all’amore, lo
rende simile alla rugiada mattutina che con il
progredire del giorno perde la propria lucentezza fino a svanire. Se non comprendiamo
che solo amando riusciremo a saziarci, continueremo a vagabondare tra gli scantinati dell’esistenza, logorati dall’ansia di ricevere riconoscimenti e onori, perennemente intenti a
rovistare tra i rifiuti della storia.
Senza amore viviamo nelle tenebre, vaghiamo come ciechi che incespicano gli uni
sugli altri e la vita altro non è che una fugace
ed oscura notte che fa da preludio alle tenebre
eterne. Solo se amiamo la vita acquista luce e
nasce in noi il desiderio di Dio. Solo un uomo
veramente umano, e quindi votato all’amore,
è capace di desiderare Dio e di percorrere un
cammino spirituale. Per essere umani, per
aprire le porte della nostra esistenza a Dio,
dobbiamo imparare a dire di sì all’amore.
La Parola del Padre
Sete di divine energie
«La vita si è sfalsata dal suo scopo, gli uomini oltraggiano sfrontatamente il divino Legislatore, si calpestano le sue
leggi sapientissime, si dissacra il Matrimonio, si disgrega la
famiglia, si defrauda l’operaio, si disprezza il povero, si
profana il giorno del Signore, non si ascolta la parola di
Dio, il Vangelo, il Catechismo; tanti cristiani credono che
basti qualche pratica di culto; essi non sanno non pensano
che il Vangelo deve informare tutta la vita, privata e pubblica, perché non vi sono due coscienze, e che altrimenti non
si potrebbe accontentare lo sguardo del Signore che scruta i
cuori: “Il Padre cerca adoratori che lo adorino in spirito e
verità”. [...] Penso spesso che se tanti infedeli, buddisti, maomettani, desiderassero
venire da noi per vedere come N. S. Gesù Cristo è da noi conosciuto, amato, imitato,
ne resterebbero scandalizzati e sarebbero costretti a ripetere: stiamo meglio noi con
le nostre credenze, con i nostri riti. Quale responsabilità sarebbe la nostra!
Cominciamo dunque noi a vivere come vivevano i primi cristiani, che erano un
cuor solo e un’anima sola, nello spirito di fraterna carità, in una comunanza di beni temporali, e di ideali spirituali, così che attiravano lo sguardo dei pagani, i quali
dicevano: “Guardate come i cristiani si amano!”».
(SAN G. CALABRIA, Lettera XXXVI, maggio 1944, Archivio Storico dei PSDP,
San Zeno in Monte, Verona)
fr. Carlo Toninello
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Cronaca cal abriana
Fratel Mario Bonora eletto neo-presidente dell’ARIS
Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari
ARIS
Al servizio di chi soffre
Compito difficile per il neopresidente,
ma conciliare lo spirito di servizio e l’efficienza non è impossibile
ratel Mario Bonora è stato da poco eletto
presidente dell’ARIS (Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari). È un incarico di particolare importanza per il religioso calabriano,
già Economo generale dell’Opera don Calabria
e Presidente degli Ospedali riuniti di Negrar.
L’ARIS è un’associazione che agisce sotto
la vigilanza della Conferenza Episcopale Italiana e riunisce circa 250 istituti sanitari di
ispirazione cristiana sparsi per l’Italia. In particolare fanno capo ad essa 26 ospedali classificati (tra cui quelli di Negrar e il Fatebenefratelli di Roma), 137 centri di riabilitazione, 57
case di cura, 17 residenze sanitarie assistenziali e 8 istituti di ricovero a carattere scientifico.
L’Associazione è nata circa 35 anni fa,
quando era emersa la necessità di ottenere
l’equiparazione tra i servizi sanitari garantiti
da enti religiosi e il servizio pubblico. Con il
tempo l’ARIS è diventato un organismo di rilievo nella sanità italiana, facendosi promotore
di studi e proposte originali per la soluzione
di problemi socio-sanitari e assistenziali a livello nazionale.
L’azione dell’Aris non punta solo al miglioramento delle prestazioni professionali
offerte nei propri istituti. L’altro grande
obiettivo è quello di favorire la crescita spirituale degli operatori e dei pazienti. Nello
Statuto dell’Associazione c’è infatti scritto
così:
«L’ARIS ha lo scopo di contribuire al costante rinnovamento spirituale e all’aggiornamento professionale degli operatori del
servizio socio-sanitario, e di promuovere lo
sviluppo delle opere associate per adeguarle
alle istanze sociali del Paese».
F
6
Anche fratel Bonora in occasione del suo
saluto ai componenti dell’Associazione ha sottolineato che il lavoro di cura deve essere un
servizio inteso in senso evangelico, infatti, ha
detto fratel Mario, «nel Vangelo in molte occasioni Gesù invita i discepoli a curare gli
infermi e lo stesso don Calabria durante il
servizio militare ha prestato servizio in un
ospedale e sempre poi ha sottolineato l’importanza dell’impegno cristiano nelle strutture di assistenza».
Nel saluto da neo-presidente fratel Bonora
non è entrato nei dettagli del suo programma
di interventi, tuttavia ha delineato alcune linee
operative che cercherà di seguire.
«Continuerò nel potenziamento e nell’organizzazione delle sedi regionali, inoltre intendo
proporvi di promuovere un maggior coinvolgimento responsabile dei nostri collaboratori
laici».
Secondo il neo-presidente ci vorrà poi un
grande impegno per garantire la continuità del
servizio in alcune strutture associate all’ARIS
che si trovano in difficoltà.
Da una parte l’idea dell’assistenza sanitaria
come servizio evangelico, dall’altra l’esigenza
di far quadrare i conti per evitare gli sprechi in
un settore dove le spese sono molto grandi. Il
compito di fratel Bonora all’ARIS non sembra
certo dei più facili.
«Ma conciliare lo spirito di servizio e l’efficienza non è impossibile – conclude fratel
Mario – l’importante è che insistiamo sul nostro valore aggiunto, cioè l’impegno a valorizzare cristianamente le persone».
Matteo Cavejari
Cronaca calabriana
S. Giacomo di Vago (Verona)
Assemblea della Delegazione Europea
Il laico nell’Opera
Acquisire un’identità calabriana e portarla poi
come dote alla Chiesa e a tutta la società
laici spetta di illuminare e ordinare tutte le
«Airealtà
temporali, alle quali essi sono stretta-
mente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo». È partita da queste parole del Catechismo la riflessione del prof. Giuseppe Perazzolo sul tema dei laici e del loro ruolo nella
Chiesa e nell’Opera. L’occasione per l’intervento è stata l’ultima Assemblea della Delegazione
europea, che si è svolta lo scorso 4 giugno a San
Giacomo di Vago, alla presenza di tanti confratelli e amici della Famiglia Calabriana.
Il prof. Perazzolo ha sottolineato che è finito
il tempo in cui i laici erano considerati cristiani
di “serie B”, cioè persone troppo vicine alle
esperienze carnali e lontane da quelle spirituali.
Il Concilio Vaticano II ha detto che i laici (dal
greco laos che vuol dire “popolo”) fanno parte
a pieno titolo della missione della Chiesa e hanno la stessa dignità e responsabilità dei sacerdoti, naturalmente con carismi diversi. Infatti il
compito della Chiesa non è solo quello di evangelizzare in senso stretto. Essa deve anche favorire la crescita umana del mondo e in questo i
laici possono svolgere una vera e propria azione
ecclesiale, se si lasciano guidare dallo Spirito
nelle loro attività quotidiane. «Per partecipare
alla missione della Chiesa non è fondamentale
appartenere a un gruppo o a un’associazione –
ha detto Perazzolo – ciò che conta è l’appartenenza a Gesù attraverso il battesimo, che accomuna tutti i cristiani».
Ai laici spetta un ruolo di primo piano anche
nell’Opera don Calabria. «La laicità è nel cuore
stesso della Congregazione, perché così ha voluto don Calabria fin dall’inizio» ha aggiunto
Perazzolo. Il fondatore ha scelto di valorizzare i
Fratelli, mettendoli a fianco dei sacerdoti e
chiedendo loro di far parte della stessa Famiglia. Poi con il tempo la presenza dei laici è aumentata, favorendo un crescente coinvolgimento nella missione e nella gestione dell’Opera.
Oggi i laici calabriani sono chiamati non solo a collaborare alle attività, ma a sentirsi partecipi del carisma dell’Opera. Anche loro devono essere consapevoli che la missione calabriana è quella di mostrare l’esistenza della Provvidenza Divina e della Paternità di Dio. «Un collaboratore laico non va trattato come un semplice dipendente di un’azienda – ha detto il relatore – d’altra parte a lui si chiede un impegno
che va al di là del semplice lavoro prestato in
cambio di denaro». Secondo Perazzolo quella
del laico calabriano è una sorta di vocazione.
Questo significa che il collaboratore è chiamato a fare scelte di vita e lavorative coerenti con
la missione dell’Opera, o quantomeno a comportarsi secondo un certo stile. Ad esempio sul
lavoro il laico dovrà avere precise competenze,
ma ad esse dovrà unire senso di responsabilità
e dedizione per garantire un buon servizio. Allo
stesso modo egli dovrà operare con uno stile
adeguato alle finalità dell’Opera e non limitarsi
a rispettare un contratto di lavoro (cosa peraltro
importante). Ecco quindi che al collaboratore si
chiede attenzione verso gli ultimi, rispetto profondo per le persone, capacità di cooperare permettendo a ognuno di esprimere la propria personalità.
Con queste attenzioni il laico può davvero
acquisire un’identità calabriana e poi portarla
come dote alla Chiesa e a tutta la società, favorendo quella crescita umana del mondo che è
una delle missioni dei cristiani. «Certo per essere motivati e sentirsi parte del carisma non basta la disponibilità del soggetto, ma ci vuole un
percorso formativo adeguato. Infatti il collaboratore calabriano partecipa ad un lavoro che è
già finalizzato alla missione della Chiesa, il
problema è fare in modo che ne sia pienamente
cosciente» ha concluso Perazzolo.
Matteo Cavejari
7
Cronaca cal abriana
Comunità di San Benedetto - Verona
Servizio Civile Europeo
Visita del console tedesco, Felix Klein, per verificare l’efficacia
dei progetti della Comunità veronese dell’Opera don Calabria
è stata una visita molto speciale lo scorso
3 maggio alla Comunità San Benedetto di
Verona. Ospite era Felix Klein, console tedesco che per l’occasione si è spostato da Milano, dove risiede abitualmente. Il console è arrivato per salutare la sua connazionale Sara
Rucht, ragazza berlinese che sta facendo il
Servizio di Volontariato Europeo presso la Comunità calabriana. Per San Benedetto è la prima esperienza con un volontario straniero, anche perché il Servizio Civile Europeo è stato
istituito da poco.
In realtà la visita di Felix Klein non è stata
un semplice atto di cortesia. Il diplomatico sta
passando in rassegna tutti gli enti del Nord Italia dove stanno facendo servizio civile i volontari tedeschi. Lo scopo è quello di passare ai
“Raggi X” gli Istituti, scrivendo dettagliate relazioni per il governo di Berlino. Sarà poi questo a decidere con quali Enti stipulare delle
convenzioni per istituzionalizzare lo scambio
di volontari.
Naturalmente la curiosità e l’attesa a San
Benedetto
erano grandi.
Il console è
arrivato verso
le 11.00, accolto da fratel
Matteo
Rinaldi, responsabile
della Comunità, e da Roberto Alberti,
C’
Da sinistra:
Sara Rucht,
Roberto Alberti,
fr. Matteo e
Felix Klein
Il console tedesco
Felix Klein e Sara
Rucht circondati
dalla Comunità di
San Benedetto
8
che segue i progetti di Servizio Civile. La conversazione è entrata subito nel vivo, con i due
calabriani che hanno presentato a Felix Klein
tutte le attività collegate alla Comunità San Benedetto: i centri diurni di Verona e di Mantova;
i gruppi di animazione e appoggio scolastico; i
centri residenziali; le case famiglia e infine gli
inserimenti lavorativi. Si tratta di attività che
coinvolgono in tutto circa 250 ragazze e ragazzi, oltre a una cinquantina di operatori e a tanti
altri volontari. Al console è stato spiegato anche con quale spirito e con quali finalità don
Calabria ha voluto che fossero portate avanti
tutte le iniziative della Congregazione. Uno
spirito basato sull’attenzione agli ultimi e sulla
fiducia nella Provvidenza e in Dio Padre.
Dopo la chiacchierata ci sono stati i saluti ufficiali con Sara Rucht e infine la visita alla struttura dove opera la Comunità. Prima del congedo il console si è mostrato ben impressionato
dai progetti e dalle possibilità di servizio che
vengono offerte ai volontari. «Credo che l’esperienza di Sara sia positiva, anche perché le attività proposte qui hanno un forte valore formativo», ha detto Felix Klein. Al di là del caso di
Sara, il diplomatico tedesco ha sottolineato le
grandi potenzialità offerte dal servizio europeo.
«Spero che lo scambio di volontari tra Italia e
Germania possa diventare sempre più frequente,
perché il Servizio Civile Europeo è una grande
occasione per i ragazzi – ha aggiunto il console
– e poi queste iniziative servono per rafforzare
il legame e la fratellanza tra i popoli».
Da parte sua fratel Matteo ha espresso la
soddisfazione per aver aperto questo canale di
collaborazione con la Germania. «Finora avevamo ospitato solo volontari del Servizio Civile
Nazionale, ma credo che la presenza di ragazzi
Cronaca calabriana
stranieri sia un vero arricchimento, anche perti per il Servizio Civile Naché di lavoro ce n’è davvero per tutti», ha detto
zionale e nel giro di poco
il responsabile della Comunità San Benedetto.
tempo sono stati presi gli acQuella del Servizio Volontario Europeo
cordi per l’arrivo della ragaz(SVE) è un’opportunità promossa di recente
za berlinese. Sara è arrivata
dalla Commissione di Bruxelles e permette ai
ai primi di aprile e resterà firagazzi di trascorrere un anno all’estero nelno ad ottobre, ospitata in una
l’ambito di progetti di utilità sociale. In Italia gli
stanza all’interno della strutenti accreditati per quetura dove opera la
sti scambi sono ancora
Comunità.
molto pochi, ma la riAdesso la voSara Rucht
chiesta sta salendo. Nalontaria sta afturalmente anche i rafiancando
gli
gazzi italiani possono
educatori
del
scegliere di fare volonCentro Diurno di
tariato all’estero rivolVerona, insieme
gendosi all’Ufficio Naad altri volontari
zionale per il Servizio
italiani. «Il ServiCivile. Anche la Comuzio Civile mi sta
nità San Benedetto è in
aiutando a chiarifase di accreditamento
re le idee per il
presso la Commissione
mio futuro. L’anEuropea e probabilmenno prossimo ante in futuro i volontari
drò all’Università
stranieri saranno una
e vorrei studiare
presenza costante prespsicologia, quinso il Centro Diurno.
di l’esperienza
La strada aperta da
con i ragazzi del
Sara Rucht potrebbe diCentro Diurno è
ventare un percorso forun banco di promativo per moltissimi
va, per vedere se
giovani. «Volevo fare
questa può essere
un’esperienza nel camdavvero la mia
po dell’educazione di
strada», conclude
adolescenti in Italia –
Sara in un perfetdice Sara – così mi soto italiano.
no rivolta a una
società che manMatteo
Cavejari
da i volontari all’estero». Questa società tedesca (chiamata Via&V) ha
trovato il sito
Internet nel
quale la Comunità San
Benedetto
presenta i
suoi proget-
IL SERVIZIO CIVILE
NAZIONALE
Il Servizio Civile Nazionale è stato istituito
dal governo italiano due anni fa in previsione
dell’abolizione della leva obbligatoria. La proposta finora era rivolta ai ragazzi inabili alla
leva e alle ragazze, mentre dal 2005 lo potranno fare tutti i giovani di età compresa fra i
18 e i 26 anni. Il volontario può scegliere di fare servizio in vari ambiti: educazione ai minori;
assistenza; promozione culturale; protezione civile e ambientale. L’attività di volontariato dura
un anno e deve essere svolta presso uno degli
Enti convenzionati per questo scopo. È previsto
un compenso mensile di 433,82 Euro, quindi
una somma decisamente superiore a quella
corrisposta in precedenza per i militari di leva
e per gli obiettori.
Gli Enti che vogliono ospitare dei volontari devono presentare un progetto specifico all’Ufficio
Nazionale del Servizio Civile. Se il progetto viene approvato, allora l’Ente può impiegare i volontari. A loro volta i giovani che vogliono fare
Servizio Civile devono prendere contatti direttamente con l’Ente presso il quale vorrebbero essere impiegati. A seconda delle domande che arrivano, l’Ente procede a fare una selezione per
scegliere il numero di volontari che aveva previsto nel progetto presentato all’Ufficio Nazionale.
La Comunità San Benedetto è stata tra i primi Enti veronesi ad attrezzarsi per ospitare i
giovani del servizio civile. I progetti della Comunità sono stati approvati da Roma sia nel
2002 che nel 2003. Attualmente i volontari impiegati sono 8. Alcuni di loro lavorano al Centro Diurno sulle Torricelle, altri a Mantova e altri ancora al Centro di Buttapietra. Il loro compito è quello di affiancare gli educatori, svolgendo attività di animazione e di sostegno scolastico per i ragazzi ospiti dei Centri. Inoltre
per i volontari è previsto un periodo di formazione e di osservazione prima di entrare nel vivo del servizio. Occasioni di formazione sono
previste anche durante l’anno di lavoro, insieme ad almeno tre momenti di verifica con i responsabili della comunità.
9
Cronaca calabriana
Nel segno
del Buon Pastore
Intervista a p. João Luiz de Souza Gomez, ordinato sacerdote
lo scorso 29 maggio nella parrocchia di Restinga in Brasile
er l’imposizione delle mani di Dom Dadeus Grings, Arcivescovo di Porto Alegre, è stato ordinato sacerdote il giorno 29
maggio scorso João Luiz de Souza Gomes,
nella chiesa parrocchiale Nossa Senhora
da Misericórdia, bairro Restinga/POA. La
sua prima S. Messa ha avuto luogo domenica 30 maggio, nella stessa comunità. Entrambi i momenti sono stati segnati da un
clima di intensa partecipazione, fede ed
emozione. Qui di seguito riportiamo un’intervista al neosacerdote.
P
Padre p. João
Luiz durante
l’ordinazione
sacerdotale
Pe. João, il motto della tua ordinazione è
«Io sono il buon Pastore». Perché hai scelto
questa frase?
Essa si riferisce
a Gesù. Egli si è
definito il Buon
Pastore. Il Buon
Pastore dà la sua
vita per le sue pecore. Ho scelto
questo motto perché offre una forte ispirazione per
la mia vita. Noi
abbiamo
veramente bisogno di
pastori buoni nel
10
nostro mondo. Il Buon Pastore ha due
aspetti che vanno tenuti presenti. Uno è la
tenerezza che riflette l’attenzione del pastore per la pecora perduta, per le persone più
bisognose. È l’attenzione ai piccoli della
terra, ai poveri, ai peccatori, attenzione che
sempre ebbe Gesù nel corso della sua vita.
Anch’io mi sento chiamato a offrire un’attenzione alle pecore più bisognose, a quelle
ferite, ai peccatori. L’altro aspetto del Buon
Pastore, un po’ più duro, è il coraggio di
dare la vita per le pecore che gli sono affidate. Gesù in questo senso è per eccellenza
il Buon Pastore. Il mio desiderio è quello di
assomigliargli sempre di più, per essere nel
mondo un Suo segnale e un Suo strumento.
Si tratta di una grande sfida per la quale ho
bisogno di coraggio. Dare la vita è un’azione che si compie tanto nelle piccole cose
quanto nella capacità di morire. Si tratta di
dare la vita e di difendere la vita.
Dopo vari anni di cammino vocazionale
e formativo, come ti senti diventando sacerdote? Quali sentimenti provi?
Sono molto felice di essere arrivato a
questo punto, per il quale mi sono impegnato durante tutta la vita. Ho sempre desiderato questo momento, l’ho cercato con
tutto me stesso. Ma sento anche un forte
Cronaca calabriana
senso di responsabilità. Sento che il dono è
molto grande, mentre io mi percepisco assai piccolo di fronte alla grandezza della
missione che mi viene affidata. Mi fido e
pongo tutta la mia speranza di aiuto in Colui che mi ha chiamato.
Tu sei conosciuto come “fratel” João. Ci
puoi parlare un po’ di questo tuo essere
“fratello”?
Questo aspetto l’ho percepito fortemente
durante la mia ordinazione diaconale. Dom
Dadeus in quell’occasione sottolineò molto
tale punto. Credo che l’essere fratello sia
tutt’uno con l’essere umano. In cuor mio
desidero essere per tutta la vita un fratello e
spero di vivere questa nuova chiamata come un sacerdote-fratello, anche se non sarà
facile farsi comprendere. Per quanto mi riguarda desidero aver sempre ben presente
questa mia caratteristica. In tal senso ricordo con grande piacere una figura di fratello
che fu molto significativa per me, quella di
fratel Mario Frigo, il quale insisteva molto
nel dire che un sacerdote calabriano non
può essere che un sacerdote-fratello. Se desidero vivere come un fratello è proprio
perché sono convinto che tutti siamo radicalmente fratelli.
Tu sei anche un cantante e un compositore. Come vedi la musica nella Chiesa e
nell’evangelizzazione?
Credo che la musica sia un dono che Dio
pone a disposizione della Chiesa per evangelizzare. È un mezzo privilegiato di evangelizzazione. Penso di avere il dono di riu-
scire a raccontare e ad esprimere la mia
esperienza religiosa e di fede, ma sono anche convinto che per la gente sia più facile
giungere a Dio attraverso la musica. La
musica riesce a trasmettere aspetti e sensazioni che le parole faticherebbero molto a
comunicare. Credo si tratti di uno strumento molto forte di evangelizzazione, che spero di utilizzare al meglio nel corso del mio ministero
sacerdotale.
Un altro momento
dell’ordinazione
sacerdotale
Quale sarà la tua missione
ora? Che aspettative vivi?
Ho ricevuto alcune proposte,
ma ancora nulla di definito. Per
ora continuo il mio lavoro nella
parrocchia di Restinga, lavoro
che già sto portando avanti da
più di un anno. Si tratta di un lavoro che mi piace particolarmente e che sarei felice di poter
continuare.
Per finire, quale messaggio
vorresti consegnare ai nostri
lettori?
In primo luogo vorrei invitare le persone
che ci leggono a pregare per me, per tutti i
sacerdoti e per tutti coloro che
sono in ricerca vocazionale. Perché la vocazione è un dono molto grande e se rimaniamo da soli
risultiamo troppo piccoli e fragili. Abbiamo un gran bisogno di
aiuto e della presenza di Dio. Se
si rimane con Dio potremo forse
fare qualcosa, ma senza Dio cadiamo nel nulla! Inoltre faccio
un altro appello: pregate affinché tutti possiamo aprire degli
spazi nel nostro cuore e avere la
convinzione che Dio può fare
grandi cose nella nostra vita, se
solo siamo disposti a consegnarGliela.
■
Due momenti
della celebrazione
della sua prima
S. Messa
11
Cronaca calabriana
27/5/2004 - S.E. card. Salvatore Pappalardo visita
la comunità S. Onofrio, da lui voluta fin dagli inizi
ma che non aveva ancora vista realizzata
S. Onofrio,
14/12/2003.
Il Presidente
Regionale dr.
Salvatore Cuffaro
dona la bandiera
siciliana agli
ospiti della casa
“La Famiglia”
Comunità La Famiglia - Termini Imerese
Due incontri
emozionanti
La visita del card. Pappalardo e l’arrivo delle reliquie
della Madonna delle Lacrime di Siracusa
hanno dato nuovo coraggio ai giovani di Sant’Onofrio
S. Onofrio.
Don Gino mostra
il reliquiario
delle lacrime
della Madonna,
fenomeno
avvenuto nel
settembre 1953
12
enso che gli eventi di fine maggio e inizio
giugno abbiano lasciato un ricordo indelebile nella memoria di quanti erano presenti a
Sant’Onofrio (Termini Imerese) presso la Comunità La Famiglia dell’Opera don Calabria.
Si è cominciato il 27 maggio, con la presenza
paterna di S. E. il card. Salvatore Pappalardo,
arcivescovo emerito di Palermo, che ha visita-
P
to la Comunità per la chiusura del mese mariano. Con la grinta di sempre il card. Pappalardo ha saputo dire parole di affetto e incoraggiamento per gli operatori e per i volontari,
ma soprattutto per i giovani ospiti della Comunità.
Un momento particolarmente emozionante
è stato l’incontro tra il cardinale e don Gino
Sacchetti, due uomini che
hanno creduto sin dall’inizio in questa Comunità. Li abbiamo visti commentare insieme
con parole di ammirazione ciò che il sacrificio e l’amore hanno saputo realizzare a Sant’Onofrio.
Penso che sia stato importante per i giovani
della Comunità, sentirsi dire da un pastore come il card. Pappalardo che non sono dimenticati e che devono avere il coraggio di andare
avanti, perché la misericordia di Dio è sicuramente più grande dei nostri errori.
Un’altra conferma alle parole di Sua Eminenza è giunta a Sant’Onofrio pochi giorni
dopo per mano di colei che ha versato tante
lacrime per amore. Si tratta della Madonna
delle Lacrime di Siracusa, il cui Reliquiario è
stato portato il 1° giugno proprio presso la
Comunità La famiglia, per iniziare un giro attraverso varie parrocchie del palermitano.
Non credo sia un caso che proprio a Sant’Onofrio sia toccato il privilegio di accogliere per prima il Reliquiario contenente le lacrime della Madonna, perché nella Comunità parole come “lacrime” e “sofferenza” hanno un
certo peso e vengono sperimentate in prima
persona.
L’Opera don Calabria a Termini Imerese
svolge attività di recupero e prevenzione verso
la tossicodipendenza e l’alcolismo. Gli interventi di recupero sono rivolti a persone che
provengono dal territorio e dalle carceri di
Termini Imerese e Palermo. Per quanto riguarda la prevenzione, sono in funzione alcuni
Centri Sociali diurni, diretti da fr. Luciano. C’è
inoltre una Casa Famiglia per minori adolescenti, chiamata Villa Romano Battaglia, il cui
direttore è don Giacomo Bombieri. Infine don
Gino Sacchetti è responsabile del settore tossicodipendenza, che comprende un Centro
d’ascolto, un Centro diurno e la realtà residenziale di Sant’Onofrio.
È stato emozionante vedere i giovani della Comunità cantare canzoni mariane, che forse non cantavano più dall’infanzia, e
recitare l’Ave Maria con
la corona del Rosario in
mano, mentre in processione accompagnavano il
Reliquiario in Cappella.
Con quanta attenzione
hanno partecipato alla S.
Messa: alcuni di loro fissavano il Reliquiario con
la curiosità semplice
che solo i bambini
possono avere.
Ciò che è successo ha dimostrato ancora una volta a questi giovani che non
sono
dimenticati,
perché forse quelle
lacrime della Madonna sono state
versate anche per loro; lacrime che solo
una madre può versare, lacrime di gioia
e di sofferenza, come ha voluto sottolineare
don Gino durante l’omelia, soprattutto nel
momento in cui ha ricordato coloro che purtroppo non sono più tra noi.
Sono stati momenti forti, ma che si sono
svolti nella semplicità. Momenti in cui pensiamo di dare qualcosa, ma invece siamo proprio
noi che riceviamo, perché ci viene data l’opportunità di incontrare Gesù Cristo in
questi fratelli che
soffrono.
Grazie fratelli, ma
soprattutto grazie a
don Gino!
S. Onofrio
prima della
ristrutturazione.
L’avvocato
Marchica
sembra dire:
“Come faremo?”
S. Onofrio oggi
Suor Carla
Novizia delle
Suore cappuccine
dell’Immacolata
di Lourdes
13
Cronaca calabriana
San Zeno in Monte - Verona
Servire i poveri
nello spirito di don Calabria
22 maggio 2004 - 28a Giornata di Studi Calabriani
carità è uno stile di vita, non una scelta
«L aestemporanea».
Questa frase, tra l’altro
Da sinistra:
don Elvio Damoli e
don Mario Gadili
14
molto calabriana, ha segnato la 28ª Giornata di
Studi Calabriani. A pronunciarla è stato don
Elvio Damoli, sacerdote dell’Opera, che ha tenuto un’accurata relazione sul senso del servizio ai poveri nel contesto culturale odierno.
Grazie all’esperienza maturata nella Caritas
italiana per vari anni, prima come direttore
della sede napoletana e poi come direttore nazionale, don Elvio ci ha aiutato a riflettere sulla concretezza della povertà attuale e sul modo
in cui oggi si possono servire i poveri. Le tonalità del quadro disegnato da don Damoli non
sono tra le più rassicuranti. In particolare ha
evidenziato come la Chiesa, per mantenersi fedele al suo essere Chiesa di Cristo, deve dare
priorità nella sua azione alla dinamica caritativa. «Solo così – ha detto don Damoli – potrà
ancora essere una Chiesa viva capace di dare
testimonianza del Vangelo». Per don Damoli
una Chiesa che non mantenesse un vivo interesse per l’azione caritativa rischierebbe seriamente di risultare scarsamente evangelizzante.
A questo riguardo sono stati puntuali ed efficaci alcuni commenti ai documenti del Sinodo diocesano di Verona, attualmente
in corso.
Altra zona d’ombra evidenziata da don Damoli, e
che deve indurre ad una approfondita riflessione, è la
situazione preoccupante del
volontariato. Si sta constatando una caduta di tensione sul fronte del volontariato, sia per un prevalere di
dinamiche
economicistiche, che rischiano di togliere quel vento profetico che
dovrebbe caratterizzare l’azione del volontariato, sia per l’evidente riduzione di interesse
anche all’interno della Chiesa. Tale caduta di
tensione sembra essere l’ulteriore segno di un
venir meno dell’interesse e dell’impegno verso
le categorie più disagiate, un tirarsi da parte di
coloro che sono attualmente più garantiti nei
confronti di categorie di persone che risultano
sempre più lasciate a se stesse.
Particolare rilevanza ha poi messo don Damoli nel disegnare la situazione di sensibile
difficoltà che sta vivendo la famiglia. Per don
Damoli è la famiglia ad essere il primo elemento a venir indebolito dal clima culturale attuale,
ma d’altra parte è proprio da essa che dobbiamo partire per una effettiva ed efficace ripresa.
La seconda parte della Giornata di Studi ha
visto l’intervento spontaneo e profondamente
umano di don Mario Gadili, sacerdote dell’Opera e biografo del Padre don Calabria, che
ha ripercorso le prime fasi della vita di san
Giovanni Calabria, facendo rilevare come la
vita del santo veronese sia stata segnata profondamente dalla povertà. Tale povertà, che
assai spesso si è avvicinata alla miseria, gli ha
poi permesso di capire le difficoltà altrui e
mantener viva la propria sensibilità verso le
povertà che nel corso della vita gli si presentavano. L’attenzione e l’impegno mostrato da
don Calabria per alleviare le sofferenza dei più
poveri sono stati l’evidente e matura risposta
alla sofferenza vissuta da lui stesso, una sofferenza che non lo rese pieno di rancore e di volontà di rivincita ma, nella luce del Vangelo,
capace di entrare in sintonia con tutte le povertà e tutti i poveri che la Provvidenza gli presentava. Un esempio quello di don Calabria
non solo ancora valido, ma addirittura capace
di stimolare risposte e sentimenti capaci di
cambiare il mondo.
■
Teologia in pillole
Introduzione ai Salmi
Ringraziamento
al Signore liberatore
Salmo 124 - “Se il Signore non fosse stato per noi”
«Se non sono io per me, chi sarà per me?»
Quante volte questa frase risuona silenziosamente o rimbomba “urlante” nell’animo dell’uomo contemporaneo, che ha la percezione di bastare a se stesso. Un’illusione che implica la certezza
di essere l’unico in grado di decidere per sé.
È proprio questa domanda ad aprire il libro di
Primo Levi, Se non ora quando, in cui lo scrittore
ricorda il canto degli ebrei russi in marcia verso
Gerusalemme durante la seconda Guerra Mondiale. Il “resto” del popolo eletto non è vinto dalla disperazione ma, mosso dalla speranza e dalla gioia
di tornare nella terra promessa, riesce a cantare di
nuovo l’amore verso il suo Dio.
Questo canto richiama il “grido riconoscente”
del popolo dell’alleanza, quasi un interrogativo
che trova risposta nel Salmo 124. Un grido accorato dell’orante, che apre alla lode e al rendimento
di grazie per i molti pericoli sfuggiti. Solo Dio
riesce a smascherare gli intrighi del male, privandolo delle sue armi: «il laccio si è spezzato e noi
siamo scampati».
Già nell’incipit, l’invito rivolto a Israele esprime grande drammaticità e urgenza. «Se il Signore
non fosse stato per noi, lo dica Israele»: palesando
l’orrore di un Dio assente, il salmista evidenzia il
significato della presenza di Dio. La stessa affermazione torna nel versetto successivo e tale ripetizione costituisce un accorgimento stilistico di
grande efficacia. Infatti, sottolineando la gravità
del pericolo corso, esalta la grandezza della liberazione operata.
Se si analizza il testo originale, il versetto può
avere varie traduzioni. La preposizione lânû può
essere infatti resa con: “per noi”, “con noi”, “dalla
nostra parte”, “in nostro aiuto”. Sono modi diversi, tutti legittimi, che rievocano la relazione di vicinanza, un legame molto stretto che esprime
“l’essere per l’altro”. Percorrendo la Scrittura, troviamo che “l’essere per” sottende aiuto, protezione, lotta, amore, giustizia, forza trionfante. In Genesi 31,42, ad esempio, Giacobbe proclama che,
se il Signore non fosse stato per lui, sarebbe andato via dal suocero Labano a mani vuote, dopo essere stato ingannato. I suoi vent’anni di lavoro sarebbero stati vani. “Quell’essere per” di Dio si traduce, nel caso di Giacobbe, in benedizione, fortuna, ricchezze e mogli.
Non si tratta solo di credere alla presenza di
Dio, ma alla modalità di questa Sua presenza. Il
nostro Dio non è un Dio qualsiasi, ma un Dio
così. Il suo essere-per-noi è un esserci fattivo: è
un Signore appassionato, che si schiera dalla parte
del debole e dell’oppresso, di colui che è minacciato. Nel salmo, le metafore che incontriamo descrivono infatti pericoli terrificanti: fuoco d’ira,
acque impetuose, belve mostruose. Il fuoco che
incenerisce tutto è l’esteriorizzazione dell’ira: sia
l’uno che l’altra indicano distruzione e propensione addirittura omicida. Le acque violente non solo
travolgono l’uomo, annegandolo, ma rappresentano anche i nemici che invadono e distruggono. Le
belve, con le fauci aperte, inghiottono l’uomo vivo, il quale diviene metafora atroce della vittima
che, paradossalmente, muore rimanendo viva.
L’accavallarsi delle immagini martellanti esprime,
dunque, lo stato d’angoscia dell’orante, che sente
il bisogno di trasmettere la stessa cosa più volte e
in modo diverso. Grazie alla presenza di Dio,
esperito come Liberatore e Salvatore, il terrore lascia il posto alla lode e l’incubo si trasforma in
canto. Il salmista, però, non ci narra solo un’esperienza di prodigiosa salvezza, ma pure un aspetto
del volto divino. Il suo volto ci appare in modo
nuovo, non più anonimo ma vicino, non più crudele ma amante. Ciò non avviene una volta sola,
ma risulta essere l’elemento di continuità nel rapporto tra Dio e l’uomo. Un rapporto che troverà in
Cristo il punto di congiunzione definitivo: nel suo
volto riconosciamo i tratti non solo del Dio misericordioso, ma pure dell’uomo fedele e salvato. E
l’apostolo Paolo riprenderà in modo nuovo le parole del nostro salmo: «Se Dio è per noi, chi sarà
contro di noi?» (Rm 8, 31).
Antonella Anghinoni
MAESTRO DI AMBITO
ROMANO, Viaggio
di Giacobbe per
l’Egitto, prima
metà del XVII sec.,
olio su tela,
67,2x101,8 Museo di
Castelfranco
Veneto (TV)
MATTIA PRETI,
Giacobbe, Labano,
Lia e Rachele, olio
su tela, 137x166 Galleria Nazionale
di Cosenza
15
Speciale
Una grande serata di musica per festeggiare
Un’eredità viva!
Gruppi giovanili e Cantautori di Dio a San Zeno in Monte per cantare la bontà
di Dio Padre
Cronaca di una serata speciale!
Ehi... lo sapete che lo scorso 12 giugno a S. Zeno
in Monte c’è stato CantoilPadre? Scommettiamo
che c’eravate proprio tutti? Beh, se
qualcuno ha fatto eccezione e
non era sotto la tensostruttura
del piazzale, si è perso una
grandiosa serata. Il progetto, chiamato per l’appunto
CantoilPadre, ha voluto
cantare la paternità di
Dio Padre attraverso le voci
di persone apparentemente
comuni, ma invece straordinarie, armate di buona volontà, creatività e abbandono alla Provvidenza.
Tutta l’Italia si è impegnata in questo concorso e
numerose sono state le canzoni scritte e musicate
dai partecipanti. La selezione di queste splendide
opere è stata davvero ardua, tanto erano ricche di
,
significato e
ma alla fine si è giunti ad incidere un CD e a scrivere un Canzoniere con i testi e le meditazioni di ben
10 canzoni, reputate le più complete sia sotto il
profilo musicale che sotto quello testuale e simbolico. Fidati di Lui, Soli non saremo mai, In viaggio
verso il Cielo e Tu Fai Festa, sono solo alcuni tra i titoli dei capolavori di gioia creati dai cuori dei nostri “cantautori di Dio”, veronesi, romani, calabresi,
etc...
La serata, trasmessa in diretta televisiva da TelePace, si è rivelata divertente e spensierata, ricca di
e di buonumore. Questa gioia è stata
trasmessa anche grazie ai due simpatici presentato-
impregnate di spirito calabriano
comicità
16
ri, che hanno vestito con ironia e, perché no?, anche con un velo di comprensibile emozione, il ruolo che era stato loro affidato. Tra un piatto di bucatini all’amatriciana e una bottiglia di vino, hanno
introdotto con i prodotti tipici di ogni regione partecipante i cantautori di Dio, hanno giocato e
scherzato interagendo con un piazzale gremito di
persone. Ovvio sottolineare che tutti i gruppi hanno
cantato con enfasi e intenso trasporto, a tratti facendo ballare anche il pubblico.
La diretta televisiva si è
conclusa con l’assegnazione dei riconoscimenti
di merito a tre delle canzoni presentate, ma la serata è poi proseguita con intrattenimenti e chiacchierate piacevoli, momenti d’incontro e di amicizia.
Da menzionarsi anche le buffe scene che hanno
caratterizzato il backstage, dove i concorrenti emozionati canticchiavano le loro musiche, i tecnici televisivi prendevano contatto con l’ambiente, i personaggi dei presentatori venivano allegramente
perfezionati... e il pubblico, ormai trepidante, attendeva l’inizio dello spettacolo.
Come sempre anche questa manifestazione è stata prima di tutto un’occasione per stare insieme,
per fraternizzare non solo con le persone ma anche
con la musica-preghiera. Un’unica paternità ha
fatto da richiamo a tutte queste “sentinelle” del
nuovo millennio, vigili vedette e preziosi custodi
del Signore, che ci hanno ancora una volta convinti
dell’immenso e intramontabile amore che il Signore
nutre per noi, e della preziosa voglia di amarlo che
ancora regna nei nostri cuori.
Sara Poiese
Speciale
I gruppi giovanili
Riconoscimenti di merito a parte, tutte le canzoni sono state consacrate con l’entusiasmo del
pubblico come espressioni di una fede viva, quella
che è capace di scatenare la gioia in chi ascolta e indicare la strada sicura per ritornare da un Padre che
accoglie tutti in un grande abbraccio... in fondo
tutte le canzoni convergevano in questo unico
grande annuncio!
Grazie ai giovani che hanno raccolto il “testimone” dell’eredità lasciataci da don Giovanni
Calabria e ce l’hanno riconsegnato con la musica.
Gierrepi
Gierrepi (Gruppo Regina Pacis)
è un gruppo composto da giovani membri della Comunità
Regina Pacis, che desiderano annunciare il Signore attraverso la musica in un cammino di preghiera e di ascolto della
Sua Parola. Applauditissimi, hanno avuto il riconoscimento di merito della Giuria per la loro canzone
“Vivo nella gioia”.
S.F.M. ovvero
Spazio Fiorito
Mariano
Questo gruppo, creatosi per l’occasione, è formato da alcuni animatori dello Spazio Fiorito Mariano, che hanno in comune la passione per la musica
e che non hanno resistito a cantare... il Padre che
tante volte hanno annunciato!
Il coro
AriaNuova
Proviene dalla Parrocchia
di Bardolino, dove è nato
per animare le celebrazioni
liturgiche. Ogni domenica alla S. Messa delle
9.30 è presente, tra alti e bassi, con una ventina di
elementi tra voci femminili, maschili e strumentisti.
Hanno avuto il riconoscimento di merito della Giuria per l’interpretazione con la loro canzone “Tu,
Padre mio”.
Cali-Cantus
Un altro gruppo, formatosi proprio
in occasione di CantoilPadre, di
giovani dello Spazio Fiorito Mariano e della Comunità di Nazareth.
Quasi una scommessa... vinta, nel
nome di don Calabria!
Blue-Sky
Da Marano di
Valpolicella e
S. Rocco, una
ventina di ragazze/i dai 7 anni in su! Hanno iniziato
come coro in seguito ad un campo-scuola parrocchiale, animando le S. Messe domenicali e le Festività. Poi, crescendo, hanno allargato il repertorio a
brani gospel, classici e di musica leggera, partecipando a diverse rassegne musicali.
I Colosseum
Dalla Parrocchia di Primavalle...
vecchie conoscenze. Hanno accettato la sfida di creare qualcosa di tutto loro per CantoilPadre, un sogno
che con “Fidati di Lui” è diventato una
bella realtà, condita con tanta amicizia,
entusiasmo ed allegria.
Peretto Sband
“Peretto Sband”... già il nome
dice tutto!!! All’inizio non era
così, infatti il primo nome era
“Peretto’s Band”, ma poi hanno provveduto ad aggiustarlo!
Da qui è cominciata la loro
storia... Animano matrimoni,
manifestazioni e celebrazioni varie
tra cui una S. Messa in carcere e altre tra gli anziani
di Negrar.
17
Speciale
I Colori dell’anima
Nascono ad Azzano, dall’idea
di alcuni giovani e del parroco,
per dare un’animazione fissa alla S. Messa domenicale! Aumentando di numero e per sopravvivere alle individualità, si sono dati
delle finalità: Servizio, Crescita, Divertimento! Poi una magia: non porre limiti e dare
spazio ai sogni! Sono nati così due CD e altri sono
in preparazione, sempre allo scopo di raccogliere
fondi per opere di solidarietà!
Calabriaband
Un gruppo di coinvolgenti
giovani nati tutti nella
magnifica terra di Calabria e facenti parte della
Parrocchia S. Giovanni Calabria di Capizzaglie (Lamezia Terme). In vista del
concerto “CantoilPadre” si sono
uniti tutti: giovani, giovanissimi e bambini della
parrocchia, per esprimere la fede e la gratitudine in
Dio che è Padre. Hanno fatto tanta strada per venire a cantare, ma sono ritornati a casa con il riconoscimento di merito della Giuria per la loro canzone
“Tu fai festa”.
Gli Aquiloni
Vengono dalla
zona di S. Pietro
di Morubio, questi ragazzi che,
mettendo assieme amicizie ed
impegno sociale,
hanno deciso di
costituire
un
gruppo musicale
nuovo. Un bell’esempio di collaborazione di diversi cori parrocchiali, uniti da un grande entusiasmo e dalla gioia di cantare la fede e le sue meraviglie.
DALLA VIVA VOCE
DI CHI HA CANTATO...
Sono una giovane partecipante di
CantoilPadre. Assieme agli altri ho
raccolto il “testimone” dell’eredità lasciataci da don Giovanni Calabria. Il
tutto è cominciato quando Alberto,
l’autore della nostra canzone, mi ha
chiesto: «Canti assieme a me?». Io,
entusiasta, mi sono buttata nell’avventura con tanta gioia e voglia di divertirmi. Ed eccomi allora in sala registrazione... prova... riprova... va bene... no, rifacciamo... e le ore passano... passano... e più passano più io mi
diverto. Passano anche i giorni ed ecco
il 12 giugno: il palco, il pubblico, tanti
giovani, tanta agitazione, ma anche
tanta gioia nel cuore. Quando ho cominciato a cantare e ho visto che il
pubblico cantava con noi e batteva le
mani mi sono caricata e anche se non
ricordavo bene le parole, quest’ultime
sono uscite da sole dalla mia bocca,
perché le sentivo parte di me e del mio
cuore. Il mio e nostro scopo (e ci siamo riusciti!) non era vincere, ma divertirci assieme agli altri e formare
una sola famiglia di giovani Testimoni dell’Amore del Padre e dire,
prima ancora che con la musica attraverso la nostra vita: CANTOILPADRE!
Fabiola
18
Un grande ringraziamento
A tutta la famiglia calabriana, partecipanti, volontari, padrini e madrine, al pubblico presente e a quello che ha accompagnato i giovani da
casa, con l’affetto ma anche con la preghiera. Grazie per aver vissuto questa manifestazione nello
spirito di famiglia, nel clima di festa per un’eredità
comune, per quel sentirsi figli dello stesso Padre
che è stato non solo detto, gridato, cantato con
gioia, ma veramente sperimentato. Eppure si sa, in
queste occasioni, è inevitabile un po’ di tensione, di
giusto fervore per gli ultimi preparativi... invece i
disguidi, come il temporale in diretta, non hanno fatto altro che aumentare la collaborazione tra tutti
quanti, sul palco e dietro le quinte.
Merito di chi ha scritto e interpretato le canzoni (le avete sentite,
no?!), ma anche di chi non si è visto,
impegnato nel suo piccolo o grande
servizio per il buon esito della serata. A tutti il nostro più sentito ringraziamento!
E poi non esiste un grazie abbastanza grande per gli amici “cantautori di Dio”, i quali hanno saputo
creare sul palco di San Zeno in Monte un feeling particolare con il pubblico presente, percepito chiaramente anche da chi ci ha seguito su
Telepace. Don Mimmo Iervolino,
con l’energia della sua dance, Roberto Bignoli, con il grande carattere della sua voce, padre Raffaele
Giacopuzzi , con la poesia delle sue
immagini, Irenne Coronado, con il suo
travolgente entusiasmo... Non solo professionisti di grande
qualità, non solo giurati attentissimi a cogliere dalle canzoni
proposte quel di più
per il quale hanno assegnato con grande
perizia i riconoscimenti di merito, ma
soprattutto apostoli della Paternità di Dio, autentici
testimoni di quell’esperienza di vita con il Padre,
che ne ha fatto entusiasti figli, capaci di condividere la gioia per quell’abbraccio vitale con Lui.
L’ultimo e più grande ringraziamento è per la Provvidenza
con cui il Padre ci ha consegnato
questa Sua festa... la serata, il CD,
il Canzoniere... Tutte manifestazioni di quell’eredità che nell’occasione dell’Anniversario della
chiamata al cielo di don Calabria
ci viene ricordata, non come un
bagaglio polveroso, ma come una
quotidiana ricchezza che è ancora
capace di suscitare gioia, entusiasmo
e rinnovamento di vita.
CantoilPadre!
19
Se non ritornerete...
Storia
di una vongola
A
ppena sotto il pelo dell’acqua, vicino
vicino alla costa dell’Isola delle Palme, viveva tra gli scogli una vongola
molto, molto vecchia. Si poteva capire
che aveva ormai una certa età dalla
quantità di incrostazioni che ricoprivano
le sue valve. Anzi, per dirla proprio tutta, le incrostazioni erano così spesse e
dure e pesanti, che la povera vongola
riusciva ormai a stento ad aprire appena
il suo guscio per far entrare quel po’ di
acqua pulita che le serviva per vivere.
Giulia – era questo il suo nome – si lamentava in continuazione per questa
sua sofferenza, ma aveva un’ostinazione
tale che rifiutava, nonostante tutto, ogni
aiuto.
«Oh, come sono sfortunata! Come soffro! Che fatica, che fatica! Mi manca l’acqua, mi manca l’aria, nessuno mi aiuta,
nessuno mi vuole bene... morirò di certo!» e così per tutto il santo giorno.
Le sue vicine s’erano ormai abituate
al continuo lamentio della vecchia vongola ed ormai non ci facevano più caso.
Non che fossero cattive,
anzi,
tutt’altro:
avevano
più volte
cercato
di aiut a r e
Giulia con
20
i loro consigli, ma non c’era stato nulla
da fare.
«Oh, come soffro. Che brutta la vita!
Che nero, che buio, meglio morire piuttosto che continuare così!».
«No, Giulia, – provavano le amiche – la
vita non è brutta, dovresti solo farti aiutare per togliere tutte le incrostazioni
dal tuo guscio. Vedrai che dopo starai
meglio».
«Incrostazioni? Quali incrostazioni?
No, è colpa della vita che mi fa soffrire. Non ci sono incrostazioni
sulle mie valve. E voi state lontane! Non provate ad avvicinarvi!».
Avvicinarsi? Una vongola che si
avvicina ad un’altra vongola: ma
vi sembra possibile? No, no. Bisognava cercare aiuto, ma soprattutto bisognava convincere Giulia a farsi aiutare.
Fortuna volle che un bel giorno passasse proprio davanti alla comunità delle
vongole un bel granchietto. Era un tipo
simpatico ed allegro, una di quelle personcine che sembrano fatte apposta per
vedere solo le cose belle della vita.
«Ehi, bel granchietto! – cominciarono a
chiamare in coro le vongole – Come ti
chiami?».
«Carlo» rispose quello fischiettando un
motivetto allora molto in voga tra gli
abitanti della scogliera.
Se non ritornerete...
«Vieni, Carlo. Vieni un po’
qui con noi» continuarono
quelle con voci civettuole.
«Avvicinati, Carlo. Non avere paura. Vieni a farci compagnia. Qui non viene mai nessuno».
Carlo si stava già avvicinando,
contento di poter fare nuove amicizie, quando Giulia cominciò a gracchiare:
«Ecco, ci mancava solo il granchio canterino! Non soffro già abbastanza? Non
è già abbastanza difficile vivere? Anche i
suoi gorgheggi dovrò sopportare ora!».
«Signora vongola, – rispose Carlo con la
voce più dolce e gentile che aveva – dimmi: cos’è che ti fa soffrire in questo modo? Perché dici che la vita è brutta?».
«Quasi non riesco a respirare.
L’acqua
del grande mare
non vuole saperne di entrare
nel mio piccolo guscio.
Ad ogni secondo
mi
sembra di morire».
«Per forza, signora vongola! –
esclamò ridendo, ma sempre con rispetto e gentilezza, Carlo – Le tue valve sono
così ricoperte dalle incrostazioni da essere diventate pesantissime. Quasi quasi
sono sigillate tra loro».
«No! – gridò Giulia con tutta la forza
del suo orgoglio – Non sono le incrostazioni! È il mare che non vuole entrare! È
la vita che ce l’ha con me!».
«Ma no, ma no. – continuò Carlo canticchiando ed avvicinandosi – Lascia fare
a me, signora vongola».
«No! – gridò furiosa Giulia – Allontanati! Non mi toccare! Non ho bisogno
d’aiuto! Ho ragione io: è il mare che mi
odia, le incrostazioni non c’entrano! Allontanati!».
Ma ormai era troppo tardi: con le sue
piccole chele Carlo si era già messo all’opera. Una grattatina di qua... una
grattatina di là... in men che non si dica
il guscio di Giulia era libero.
Figuratevi la sorpresa della vecchia
vongola quando, allontanatosi il granchietto, provò ad aprire le valve per far
entrare un po’ d’acqua: lo sforzo che prima era abituata a fare per aprirle appena appena, ora gliele fece spalancare a
dismisura e fu così tanta e così impetuosa l’acqua che entrò, che per poco Giulia
non rimase soffocata.
Tossì per un quarto d’ora buono e
poi... e poi... e poi per la gioia iniziò a
cantare a pieni polmoni.
Così, se per caso passeggiando sulla riva dell’Isola delle Palme vi sembrerà di
sentire qualcuno cantare, sappiate che è
Giulia, la quale da quel giorno non ha
più smesso con i suoi gorgheggi. È così
felice che canta anche di notte, quando
le sue vicine vorrebbero dormire!
Ed anzi qualcuna lì attorno
comincia a pensare, che
forse quel giorno non è
stata proprio una belle
idea quella di far avvicinare il granchietto
Carlo con la scusa di
fare due chiacchiere!
Disegni di M.G.
Bonadiman
Testo di
Massimo
Cunico
21
L’Opera nel mondo
Viaggio alla periferia della periferia di Manila: Arienda
Anche Dio ha coraggio
Costruiti sui rifiuti dell’immensa capitale delle Filippine,
crescono velocissimi e senza posa quartieri di baracche,
dove spesso la speranza è il più grande dei lussi concessi
on molte settimane fa la strada terminava qui e con essa la lunga serie di casine
tirate su in qualche maniera, dove in pochi
metri quadrati si consuma la vita senza futuro di questa povera gente. Siamo agli
estremi limiti della parrocchia san Lorenzo
Ruiz, già essa estrema periferia della gigantesca e straziante megalopoli di Manila.
La parrocchia è costituita per lo più da una
distesa di baracche in cui si assiepano circa
80.000 persone, che quotidianamente affrontano il problema, mai banale né scontato, della propria sopravvivenza. Giorno e
notte le strade che la attraversano sono percorse dagli infaticabili sidecar, che insieme
ai folcloristici jeepeny sono lo strumento di
trasporto più utilizzato dal popolo.
Una realtà, quella di questa serie di quartieri, che ha le sue fondamenta materiali sulle immondizie
che a milioni
di
tonnellate
sono state scaricate qui nel
passato e continuano ad esserlo tuttora. Certo la situazione
di oggi non
può
essere
nemmeno paragonata
ai
tempi in cui ar-
N
22
rivarono qui i nostri primi missionari,
quando i cumuli di immondizia fermentavano al sole, oppure bruciavano esalando
fumi che rendevano l’aria irrespirabile.
La parte estrema nella quale oggi ci addentriamo, periferia della stessa periferia,
si chiama Arienda. Fino a poco tempo fa,
quando pioveva ci si poteva arrivare solo
per mezzo di un instabile barchino, grazie
al quale ci si avvicinava alle povere palafitte sulle quali continuava la propria vita
di sopravvivenza questa gente disperatamente coraggiosa. Ora c’è una strada in
cemento, una specie di “sopraelevata”, tutta costeggiata di baracche, che permette
alla nostra jeep di attraversare tutto il quartiere. La strada qui è il luogo dove la gente
vive. È cucina, salotto, piazza e anche chiesa. In strada si cucina, si mangia, si gioca,
si parla, si litiga, ci si droga, ci si incontra,
si prega, si muore. Dove ora termina la strada finivano anche le case fino a qualche
settimana fa, ma ora invece da qui si diparte
una striscia di terra battuta che scende serpeggiando tra una serie di palafitte. Scesi
dall’auto ci inoltriamo lungo la stradina. Le
piogge non sono ancora cominciate, ma
crediamo che, appena inizieranno, le possibilità di percorrere questa strada saranno
molto ridotte. Qua e là si scorgono donne
attorniate da bambini intente ai lavori domestici, centellinando la poca acqua che
sono andare a comperare con le taniche.
L’Opera nel mondo
Qui anche
lavare i pochi
indumenti a disposizione
diventa il
lusso di una
giornata.
Qualche uomo lo si vede lavorare
tra assi di
legno e pali
recuperati
chissà dove per rappezzare la sua abitazione. I bambini fanno bella mostra di sé
seduti alle porte pronti a rispondere con
allegria al sorriso di chiunque. Qualcuno
spinge una vecchia carriola: dentro ci sono
un secchio di plastica nel quale sguazzano
dei pesci immersi in un’acqua scura, qualche barattolino di caramelle e dei pacchetti
di biscotti. In queste misere cose sta la
speranza di guadagno di quell’improvvisato commerciante.
Qui non si trova l’animazione che è caratteristica delle strade vicine alla parrocchia e rari gruppi di bambini li vedi scorazzare tutti concentrati nei loro giochi,
ricchi di fantasia e di poco altro. La corrente elettrica qui non è arrivata e quindi
non si odono le urla pubblicitarie della televisione, totalizzante presenza anche nelle case più povere, solo una radio (o è un
registratore?) rompe il silenzio con una
banale musichetta americana. Proviene da
un gruppetto di uomini e donne che ci invitano a sederci con loro su delle instabili
panche sotto una tettoia di frasche. Sono
mussulmani e stanno allestendo un palchetto dove si svolgerà un matrimonio.
Quello che deve essere il capo, in uno
stentato inglese inframmezzato dal tagalog, con una carta planimetrica in mano, ci
spiega che cosa ne sarà del terreno che
stiamo visitando. Il governo sembra stia
prevedendo un grande sviluppo di questa parte del quartiere attraverso la costruzione di una grande arteria stradale,
che dovrebbe impedire le continue inondazioni. L’uomo si anima nell’esposizione e pur comprendendo assai poco capiamo che egli sta riponendo tutte le sue
speranze in questo progetto. È un uomo
che ha dei sogni, delle speranze, dei progetti.
Lasciamo quelle persone ai loro sogni, sperando che come al solito chi ha
il potere non si impegni a trasformare i
sogni di vita in illusioni mortali. Riprendiamo la via del ritorno.
Ci guardiamo attorno e rapidamente
valutiamo che già ora in questa zona si
concentrano varie centinaia di famiglie.
Tra qualche mese forse dovremo parlare
di migliaia. Il parroco si guarda attorno
e pensando ad alta voce dice che ci vorrà quanto prima una chiesetta, una cappella dove poter celebrare la S. Messa,
un punto di incontro dove poter offrire
un senso e una speranza, un luogo dove
radunare i bambini e dare loro un po’ di
catechismo... e magari una piccola scuola... e... e... Passando per queste vie, tra
queste case costruite sui rifiuti e condannate a lottare con le inondazioni, tra
questa gente per la quale è coraggio anche avere speranza, tocchiamo con
mano che anche
Dio ha dei sogni,
che anche Dio ha
dei progetti di speranza, che anche
Dio ha coraggio e
vuole condividere
il destino di questa
gente. E noi ne abbiamo di coraggio?
fr. Carlo Toninello
Conoscere la S. Messa
Appunti storico-teologici a cura del prof. Giuseppe Perazzolo
Conoscere la S. Messa
Nasce sulle pagine della nostra rivista
un nuovo spazio dedicato alla catechesi
Per iniziativa di don Luigi Adami e con il consenso di don Calabria, che venne dato dopo
lunga e sofferta riflessione, nacque nei primi anni Trenta il bollettino L’Amico dei Buoni Fanciulli, pensato come organo di collegamento tra la Casa Buoni Fanciulli, gli ex allievi e gli
amici della medesima.
A guardar bene, fin dall’inizio esso volle anche essere uno strumento di formazione religiosa, tant’è vero che riservava, e riservò nei decenni che seguirono, alcune pagine non marginali alla catechesi.
Volendo ispirarci a questo nostro retroterra ideale e culturale, abbiamo pensato di chiedere ad un collaboratore del Centro di Cultura e Spiritualità Calabriana, il prof. Giuseppe Perazzolo – docente di Storia della Chiesa – di fornirci alcuni cenni sulla storia e la teologia della Messa cattolica.
In una serie di interventi di carattere scientifico, ma nello stesso tempo di facile lettura,
avremo una presentazione della varie parti della Messa dall’Introibo ad altare Dei all’Ite Missa est, per dirla con un linguaggio che prima del Concilio tutti conoscevano, anche se con il
latino ci litigavano.
Perché la Messa? Perché nel 2003 è stata pubblicata l’Enciclica di Giovanni Paolo II Ecclesia
de Eucharistia; perché il 25 marzo scorso la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti ha emanato l’Istruzione Redemptionis Sacramentum; ma soprattutto perché
l’Eucaristia è il cuore del culto cristiano.
Il Concilio Vaticano II, al n. 47 della Costituzione Sacrosanctum Concilium, infatti ci ricorda:
«Il nostro Salvatore nell’ultima Cena, la notte in cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, onde perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della Croce, e per affidare così alla sua diletta sposa, la Chiesa, il memoriale della sua
morte e della sua risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito
pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima è ricolma di grazia e ci è donato il pegno della
gloria futura».
fr. Carlo Toninello
24
Conoscere la S. Messa
nomi diveRsi,
un’unicA ReAltÀ
Appunti storico-teologici sulla celebrazione dell’Eucarestia
e comunità cristiane primitive, pur eterogenee
perché formate da adepti provenienti da realtà
etniche e culturali diverse (mondo giudaico;
mondo greco-romano, etc.), si riunivano tutte,
la sera del giorno dopo il sabato, per ripetere, in
obbedienza al comando del Signore, i gesti e le
parole di Gesù durante l’ultima Cena.
Questa celebrazione, nei primi testi cristiani,
è detta Frazione del pane.
In tempi successivi il rito, nell’obiettivo di
sottolineare aspetti differenti della celebrazione,
venne chiamato da alcune comunità Eucaristia,
da altre Cena del Signore. Il termine Messa, che
sembra sia stato mutuato dal rito del congedo, è
di epoca più tarda.
Personalmente ritengo significativo il termine Eucaristia perché, inteso nel senso di celebrazione liturgica in cui si fa memoria dell’ultima Cena e della Pasqua del Signore nell’ambito
di un rendimento di grazie, e non quindi di doni
eucaristici (il pane ed il vino consacrati), rimanda agli avvenimenti e all’ambiente culturale e
spirituale dell’Ultima Cena di Gesù.
Ci aiuta insomma a non dimenticare che
l’Eucaristia cristiana si ispira e cronologicamente succede alla Benedizione ebraica. Si
può parlare infatti di continuità, non sottacendo che in Cristo e nella Chiesa tale Benedizione venne rivisitata ed acquistò una pregnanza
nuova.
L
Il termine Eucaristia
Eucaristia è una parola greca del primo secolo d.C. che si utilizzava per esprimere gratitudine. Dal greco passò nella lingua latina e da questa nelle lingue moderne senza che mai venisse
tradotta.
Il suo significato subì però una qualche evoluzione. Le primitive comunità cristiane fusero
l’accezione greca del termine con la categoria
teologica di “benedizione”, che mutuarono dal-
l’Antico Testamento e dalla cultura e vita religiosa ebraica.
Gesù benedisse Dio
La categoria “benedizione”, oltre che nei Libri del Primo Testamento, è presente negli
Scritti del Nuovo Testamento. Ciò è del tutto
comprensibile, se pensiamo agli atteggiamenti
ed ai gesti dell’ebreo Gesù durante la sua vita
terrena.
Come ogni pio israelita Gesù benedisse infatti continuamente il Padre, in particolar modo
quando sedeva a tavola con i suoi.
Secondo le usanze del suo popolo, esattamente come qualsiasi capo-famiglia ebreo, egli
prendeva il pane e prima di spezzarlo e distribuirlo ai commensali, pronunciava la sua benedizione ed il suo rendimento di grazie a Dio.
Questo movimento di lode e il rendimento di
grazie durante l’Ultima Cena, assunsero un significato ancor più pieno. Nel NuovoTestamento si dice: «Gesù prese il pane, pronunciò la benedizione...» ed ancora: «Prese il calice, rese
grazie...».
L’uomo può e deve benedire Dio
Il termine benedire può avere per soggetto
Dio o l’uomo. Può essere Dio che compie questa azione in favore dell’uomo, ma può essere
anche l’uomo che, con il suo atteggiamento (lode, adorazione, invocazione, ringraziamento), si
sforza di accogliere la comunicazione che Dio
gli fa di sé stesso nella storia della salvezza.
Durante la sua esistenza l’uomo può e deve
benedire Dio, per porsi nella situazione salvifica indicata dall’Esodo. Nella celebrazione eucaristica ci è donata un’occasione irripetibile e la
più eminente per farlo, in quanto possiamo associarci alla benedizione di Gesù nei confronti
del Padre.
prof. G. Perazzolo
25
Le vie della carità
Festa del Sacro Cuore 2004
alla Cittadella della Carità
Anche l’occhio
vuole la sua parte
Inaugurato il nuovo Servizio di Oculistica
presso gli Ospedali di Negrar
Fratel Mario
Bonora illustra il
nuovo reparto di
Oculistica
Don Waldemar
Longo durante
la benedizione
del nuovo reparto
enerdì 18 giugno scorso, ricorrenza della FeVnuovo
sta del Sacro Cuore, è stato inaugurato il
servizio di Oculistica, al terzo piano della Cittadella della Carità di Negrar.
La benedizione d’inaugurazione, impartita
dal Superiore Generale della Congregazione
don Waldemar Longo, è stata preceduta da una
presentazione del presidente dell’Ospedale, fratel Mario Bonora e da un contributo del Vice
Presidente del Consiglio Regionale della Regione Veneto, Angelo Fiorin, che ha approfittato
dell’occasione per mettere in luce come la struttura di Negrar si possa definire una «struttura
sanitaria di eccellenza» della regione Veneto.
Il nuovo servizio di Oculistica è diretto da
quella che è diventata la prima donna primario
della Cittadella, la dottoressa Grazia Pertile.
La dottoressa Pertile è arrivata a Negrar nell’agosto 2003, dopo avere maturato un’esperienza di alta specializzazione presso la clinica
universitaria di Maastricht, in Olanda, ed avere
lavorato per circa dieci anni presso il reparto di
Chirurgia vitreoretinica dell’ospedale Middelheim di Anversa (Belgio).
Nella primavera del 2003, la dottoressa è stata oggetto di interesse da parte della stampa nazionale, per aver
eseguito una serie
Alcuni membri del personale
di complicati interdel nuovo reparto festeggiano
venti per salvare
l’inaugurazione
l’occhio di Francesca, la piccola trevigiana sfortunata vittima dello scoppio
di un ordigno di
Unabomber.
Il reparto di Oculistica, da lei diretto
assieme al servizio
ambulatoriale, si è distinto in questi ultimi mesi
per il trattamento microchirurgico di patologie
complesse dell’occhio, specialmente quelle del
segmento posteriore.
Il fine prioritario del servizio di Oculistica
ospedaliero non è quello di sostituirsi agli ambulatori pubblici o privati del territorio, ma
piuttosto quello di dare una diagnosi e un trattamento a malattie dell’occhio più complesse,
soprattutto le patologie della rètina e della
cornea.
Come dice la dottoressa Pertile, «grazie a
strumentazioni diagnostiche all’avanguardia si
possono raggiungere buoni risultati nella diagnosi e nella terapia di malattie gravi della rètina, come la degenerazione maculare senile, le
retinopatie diabetiche e i distacchi di rètina causati da traumi, come incidenti stradali, incidenti
sul lavoro e perforazione del bulbo oculare. Qui
a Negrar ci è stato dato lo spazio per avere queste attrezzature e per utilizzarle».
Il Servizio è stato ideato per dare supporto a
medici esterni e pazienti che abbiano necessità
di approfondimenti diagnostici di alta specializzazione e con tempi d’attesa relativamente ridotti, privilegiando i casi più urgenti.
Don Waldemar, nell’omelia tenuta durante la
S. Messa che ha fatto seguito all’inaugurazione,
ha ricordato la particolare attenzione che don
Calabria poneva nei confronti del malato, attenzione che era anche espressione della sua prima
vocazione (durante il servizio militare). In questo contesto il Casante ha sottolineato il nesso
tra l’inaugurazione del servizio di Oculistica e
questo particolare della personalità di don Calabria, citando quella frase famosa del santo in
cui egli chiamava i malati «la pupilla del mio
occhio».
■
Le vie della carità
Banca Etica
L’inter esse più alto
è quello di tutti
Sull’ultimo numero de L’Amico si è parlato del commercio equo e
solidale ma, a proposito di economia e giustizia, non si può non parlare
anche della finanza etica e in particolare della Banca Etica
nvesti i tuoi soldi e finanzia progetti di sviluppo e solidarietà. Non avrai i guadagni che
ti assicurano le altre banche, ma sosterrai
l’idea che “l’interesse più alto è quello di tutti”. È questa, in sintesi, la filosofia che c’è dietro il progetto di Banca Etica.
Nata l’8 marzo 1999, grazie ai contributi
raccolti tra 13.200 soci iniziali, attualmente
comprende oltre 23.000 soci fra persone fisiche e giuridiche ed è sostenuta dalle seguenti
associazioni: Acli, Agesci, Ass. Botteghe del
Commercio Equo e Solidale, Associazione Italiana Agricoltura Biologica, Cooperazione Terzo Mondo, Legambiente, WWF Italia, Italia
Nostra, CIMI (Istituti Missionari), UISP, diverse diocesi, oltre 220 comuni, 20 province, 5
regioni e molte altre realtà. Il capitale sociale è
di oltre 16 milioni di euro e il risparmio raccolto finora ammonta ad oltre 280 milioni di
euro (dati maggio 2004).
La Banca Etica non fa beneficenza, ma utilizza un credito solidale, vale a dire presta denaro a iniziative meritorie che hanno anche la
capacità di restituire il credito.
La Banca Etica è un punto d’incontro tra risparmiatori che non si accontentano di criteri
economici per la gestione del proprio denaro,
ma richiedono anche criteri etici nella scelta
dei soggetti che verranno finanziati. A tutt’oggi sono stati finanziati 1237 progetti per un totale di 167 milioni di euro. Tra questi figurano
le attività di varie cooperative sociali, la costruzione di case-alloggio per persone disabili,
iniziative di tipo ambientale, come la gestione
I
dei parchi, il turismo responsabile, il sostegno
all’agricoltura biologica e alle energie rinnovabili, i progetti di alcune organizzazioni non governative per la costruzione di ospedali, scuole
e laboratori artigianali nel Sud del mondo.
Banca Etica inoltre aderisce e sostiene numerose campagne e associazioni che operano in
favore della Pace, della giustizia economica e
dell’ambiente, ponendosi in netto contrasto
con l’attuale mentalità bellicista e neo-liberista
dominante.
Quali sono i servizi che la Banca mette a disposizione dei clienti? Si parte dal deposito risparmio per arrivare ai prodotti finalizzati alla
gestione del risparmio: i conti correnti per le
persone fisiche e per le persone giuridiche. È
possibile fare operazioni sul proprio conto corrente anche a distanza attraverso Internet, telefono e fax. Il risparmiatore al momento della
sottoscrizione del prodotto finanziario può indicare il settore di impiego che preferisce tra
cooperazione sociale, cooperazione internazionale, associazionismo, difesa e tutela dell’ambiente. Quanto all’impiego delle risorse, queste vengono destinate al finanziamento di mutui, all’apertura di credito in conto corrente oppure all’anticipo fatture o comunque a strumenti legati alle esigenze di liquidità delle varie organizzazioni.
Luca Salvi
BANCA ETICA
(www.bancaetica.com)
è presente a Verona
in Via Scrimiari 36.
Per informazioni
e appuntamenti
è possibile contattare
il sig. Andrea Taddei
allo 045.59.28.39
medico dell’Ospedale di Negrar
e membro del GIT
(Gruppo Iniziativa Territoriale)
Banca Etica di Verona
27
Le vie della carità
Associazione di Volontariato Calabriano “Francesco Perez”
Chi siamo, cosa facciamo...
Presentiamo da questo numero tutte le componenti
dell’Associazione con le rispettive attività
Cari amici,
da questo numero vogliamo presentarvi in maniera semplice e razionale le attività che
l’Associazione di Volontariato Calabriano svolge nelle varie sedi regionali. Per ogni regione metteremo anche il referente con relativo numero di telefono ed indirizzo, che potrà essere utile per
chiedere informazioni su progetti che anche le altre sedi potrebbero attuare.
Proprio attraverso questo scambio di esperienze e con l’aiuto della Presidenza, che sarà sempre
disponibile, potremo svolgere la nostra attività in maniera consona alla legislazione vigente, senza la paura di incorrere in errori sia di natura pratica che di natura economica.
Ricordiamoci sempre che noi che abbiamo ricevuto nel corso della nostra vita l’insegnamento e il
carisma di san Giovanni Calabria e abbiamo seguito l’esempio di fr. Francesco Perez, dobbiamo
avere come primo riferimento l’affidamento alla Provvidenza, confidando nella paternità di Dio, che
non abbandona mai chi si rivolge a Lui con cuore aperto e filiale. Ma ricordiamoci anche, come diceva san Giovanni Calabria, che la prima vera Provvidenza è quella di «avere la testa sul collo».
A tutti rivolgiamo un caro augurio di serenità e buon lavoro nello spirito del Signore.
Flavio Maprosti
PRESIDENZA NAZIONALE
Sede legale: Via San Marco, 121 - 37138 Verona
Sede operativa: Casa Madre di San Zeno in Monte, Via San Zeno in Monte, 23 - 37129 Verona
Presidente: GUSTAVO REZZOAGLI
Tel./Fax Sede: 045.805.29.10; abitazione 045.751.45.53; cell.: 368.71.96.218
La presidenza dell’Associazione è a disposizione per ascoltare, guidare e trovare le giuste soluzioni
per ogni problema o progetto che i gruppi regionali intendano attuare.
Cogliamo l’occasione per comunicare che il Seminario Annuale dell’Associazione si terrà a Collevalenza (Perugia) in data 10-12 settembre 2004. Al fine di poter prenotare le stanze necessarie
per ospitarci, vogliate comunicare al più presto alla presidenza il numero delle persone che parteciperanno, con il relativo numero e tipo di stanze (singole, doppie, triple, etc.). Per informazioni
più dettagliate non esitate a contattare direttamente la presidenza.
SEDE REGIONALE DEL LAZIO
28
Opera don Calabria, Via G. B. Soria, 13 - 00168 Roma
Coordinatore: ITALO MATTEI
Tel. Sede 06.627.48.94; abitazione 06.614.87.17
Il gruppo laziale, composto da circa 20 volontari, svolge la sua attività prevalentemente
nella parrocchia di S. Maria Assunta e S. Giuseppe di Primavalle, dove abbiamo una
fornitissima “boutique”, curata da suo RosaRita, per la distribuzione di abiti ai bisognosi.
I volontari del gruppo aiutano i sacerdoti in tutte le attività della parrocchia, portando
anche l’Eucarestia ai malati ed agli anziani.
Un’altra attività è quella dell’aiuto prestato per il buon funzionamento della Casa-vacanze di Cappadocia, dove spesso gli stessi volontari si ritrovano per varie attività sia
formative che di divertimento.
Ogni due mesi circa tutto il gruppo si riunisce per un incontro di formazione calabriana curato dall’assistente spirituale: don Noicir.
SEDE REGIONALE
DELLA CALABRIA
Parrocchia S. Giovanni Calabria, Via
Reillo - Capizzaglie - 88046 Lamezia
Terme (CZ)
Coordinatore: VITTORIO PILEGGI
Tel. Sede 096.846.20.51
Abitazione 096.846.17.75
Il gruppo Bomboniera della Solidarietà
opera nella parrocchia S. Giovanni Calabria di Capizzaglie e con la collaborazione di alcuni giovani della parrocchia svolge per tre giorni la settimana
un doposcuola per bambini delle scuole
elementari bisognosi di particolari attenzioni sia sul piano scolastico, che su
quello personale.
Il “fiore all’occhiello” del gruppo di Volontariato Calabriano di Capizzaglie è
però la raccolta, lo smistamento, la cernita, l’inscatolamento e la spedizione al
magazzino UMMI di Negrar di campioncini di medicine prelevati presso i
medici del luogo.
Gli incontri del venerdì, per meditare
sulla “Parola del Padre” o sul Vangelo
della domenica, chiudono in bellezza le
attività settimanali del gruppo.
Poesia della santità
Un santo e (è) un poeta
Quirino
romani identificavano in Romolo la mitica
divinità fondatrice dell’antica Roma e lo
chiamavano Quirino, da cui derivano Quirinale – uno dei sette colli – e il nome Quiriti, che
orgogliosamente si attribuivano gli antichi in
quanto discendenti diretti da Romolo.
Nei primi secoli dello splendore cristiano il
nome Quirino era particolarmente diffuso,
quasi a significare la continuità della religione
cristiana che salva, rinnovandolo, anche il paganesimo.
Mentre l’impero si sgretola, tra congiure di
palazzo, inflazione, carestie, invasioni, spinte
secessioniste, l’evento cristiano fonda la possibilità di una vita civile segnata dalla costruttività e dall’accoglienza; è il punto umano, una
presenza, in cui la vita degli uomini trova la
propria riscossa dal nulla.
Quirino vescovo visse in una regione adiacente alla Sava, l’attuale Croazia. Arrestato
agli inizi del quarto secolo fu processato a Sabaria, in Pannonia, perché rifiutò di rinnegare
la propria fede. Fu condannato ad essere gettato in un fiume con una grossa pietra appesa
al collo; sulla tomba del suo cadavere ripescato, e successivamente deposto nelle catacombe lungo l’Appia, fu costruita la celeberrima
basilica.
Straniero dal nome romano, cristiano dal
nome pagano, adottato dai romani e rappresentato nelle catacombe con Policarpo e Sebastiano, ossia con i campioni del martirio per la fedeltà alla Presenza.
Quirino è un martire che di fronte a un
mondo ostile alla vita e alla felicità vera, di
fronte a un’umanità ridotta a odiare la vita per
timore della morte, ha seguito il compito essenziale di testimoniare l’«Eccomi sono qui»
del Figlio.
Roma perseguitava il mondo cristiano, perché stendeva un grande ponte tra il passato e
I
il futuro, dividendo con un profondo
fossato la “città di Dio” da quella terrena; perché sapeva che il cristianesimo
non era una conquista filosofica o un
traguardo etico per persone che si sentono a posto, ma una Presenza, un avvenimento; perché il martirio allora come oggi, come sempre, era la più grande rivoluzione culturale che si potesse
fare.
Il martire di per sé è un testimone eliminato, un testimone soppresso, ma nella logica della croce l’eliminazione accentua la testimonianza e l’espressione
della carità.
La domanda: «C’è un uomo che vuole la vita e desidera giorni felici?» (Salmo 33)
per non essere una domanda cinica e senza
senso, deve essere espressa dal testimone di
Cristo. Quirino ne è il paradigma: senza martiri, senza martirio, non c’è annuncio di speranza di vita e di felicità.
Il martirio è la vita del cristiano, la natura
del cristiano, poco importa se questa testimonianza è tacitamente espressa nella quotidianità di una vita di famiglia o di un
monastero, oppure risuonante in mezzo
al mondo. Poco importa se si esplicita in
gesti quotidiani o in gesti straordinari
come il sangue versato.
La natura del martirio non sta nella
sua modalità, ma nel testimoniare il
Pensiero di Cristo: è questa la risposta al
desiderio di vita e di felicità che Dio ha
messo nel cuore dell’uomo, la risposta
che vince il destino della morte e del
peccato.
Il martire, il testimone di Cristo, va
fino in fondo a questo desiderio di vita e
di felicità: Quirino sapeva già tutto
quello che c’è da sapere e che sarà posto
su basi scientifiche da Freud quindici
secoli dopo, precisamente che dall’uomo non può venire salus = salute e salvezza, essa può giungere solo dal di
fuori dell’uomo, da Altro; e questo Altro è
l’Essere, cioè la fonte inesauribile della gioia e
della felicità, senza la quale vivere o non vivere è la stessa cosa.
Idalgo Carrara
JEAN-AUGUSTEDOMINIQUE INGRES,
Trionfo di Romolo
su Acron, part.,
Parigi, 1812,
Museo del Louvre
Saints Catherine,
Hubert and
Quirinus, 1430,
Walnut panel,
Alte Pinakothek,
Monaco
29
Spazio Fiorito Mariano
Gocce di sapienza di fr. Vittorino
Eucaristia e sacerdozio:
mistero di amore
e santificazione
Eucaristia, mistero dell’amore di
L’morto
Dio, è presenza reale di Gesù
e risorto. La grazia di questo
Il miracolo
eucaristico di
Lanciano è il più
antico di tutti
quelli in cui le
sacre Specie
furono cambiate
in carne e in
sangue: risale,
infatti, all’VIII
secolo
30
Sacramento ci invita a meditare il
dono del ministero sacerdotale, che rende presente
Cristo nell’Eucaristia attraverso il comando della
reiterazione: «Fate questo in memoria di me».
Perché io credo all’Eucaristia in un modo tutto
particolare? Tempo fa ho detto: «Il mio libro è
l’Eucaristia». Se è un libro, ogni giorno c’è una
pagina da leggere, da meditare e da imparare, ma
soprattutto da praticare. Credo nell’Eucaristia perché Gesù ha voluto rimanere in mezzo a noi e nell’ultima cena ci ha offerto un Sacramento chiamato Sacramento di fede e di amore.
Noi abbiamo ricevuto la fede? Sì, col Battesimo e con l’Eucaristia, che è nutrimento di grazia,
pace, serenità. Nutrimento per poter camminare
verso il Padre. Infatti Gesù ha detto: «Io sono la
via, la verità e la vita». Noi dobbiamo camminare
in questa via, in questo sentiero.
Io sono verità, io sono luce perché provengo da
questo sole, perché il Padre ed io siamo una sola
cosa. Il sole offre la sua luce e la luce offre il suo
calore. La verità è la luce e il calore è l’amore.
Se Gesù ha istituito un Mistero che è nutrimento, vuol dire che ha voluto rimanere in mezzo a
noi. Una volta che lui si è abbassato così tanto da
entrare nella nostra persona attraverso la
Comunione, vuole che ci comunichiamo
attraverso Lui con il Padre.
Allora noi dobbiamo entrare nella casa
di questo amore, di questo cuore e calore
che è la carità: Dio dentro di noi. Dobbiamo entrare come un fiore che feconda un
altro fiore, perché il Signore vuole che
noi penetriamo nella grazia, come è penetrato il Verbo di Dio per opera dello Spirito Santo nel cuore immacolato di Maria.
Io credo, perché la parola di Dio è una
parola eterna. Invochiamo lo Spirito Santo
e contempliamo Gesù guardandolo e meditando. Naturalmente si è nascosto sotto
le Specie del pane e del vino, ma non è più pane e
non è più vino, anche se noi lo vediamo così. Quel
bell’inno composto da S. Tommaso d’Aquino, che
si legge il giorno del Corpus Domini, dà una spiegazione completa di questo bel Mistero: è un Mistero che, se veramente ci avviciniamo con fiducia,
godiamo un’esperienza straordinaria...
Allora torniamo alle parole che Gesù ha detto
di fronte agli apostoli dopo aver cenato: Gesù ha
preso quel pane e quel calice col vino e li ha benedetti. Ha consacrato il pane dicendo: «Questo è il
mio corpo» e poi ha consacrato il vino dicendo:
«Questo è il mio sangue», quindi ha concluso:
«Fate questo in memoria di me». Ha dato un comando, un ordine e poi ha fondato la Chiesa con
la sua gerarchia: il suo vicario, i suoi apostoli e
noi, popolo di Dio.
Perché ha voluto creare un sacerdozio dando il
potere, con la consacrazione, di far discendere il
Figlio di Dio nel pane e nel vino, come ha fatto
Lui nell’ultima cena? Chi è il sacerdote? Non lo
dobbiamo guardare come un uomo, ma lo dobbiamo vedere come un altro Cristo per l’autorità che
gli è data. Infatti anche se fosse in peccato grave,
quando pronuncia le parole della consacrazione,
Gesù discende sul pane e sul vino e li trasforma
nel suo corpo e nel suo sangue. Questo amore all’Eucaristia ci trasporta col pensiero al sacerdozio
degli apostoli, insieme a Maria.
Il sacerdote è la continuità di Maria, perché
Maria Santissima è sempre legata a suo Figlio,
quindi noi popolo di Dio siamo chiamati ad amare
tanto la Madonna, perché è la madre di Gesù.
Dobbiamo essere riconoscenti al Signore che ci
ha donato i Sacramenti e in modo particolare l’Eucaristia, Sacramento verso cui dobbiamo avere un
atteggiamento di ringraziamento e di adorazione
per il dono che ci ha fatto Gesù, che nell’ultima
cena anticipa la sua morte e la sua risurrezione.
L’Eucaristia è Mistero di morte e risurrezione e se
non ci fosse stata la risurrezione vana sarebbe oggi
la nostra fede.
Casa d’Incontri San Giacomo
Libri
Redemptionis Sacramentum
Istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti
l Sommo Pontefice Giovanni Paolo II recentemente,
nella Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia, ha riIchiamato
il significato e il valore dell’Eucaristia e, affinché la Chiesa tuteli anche al giorno d’oggi il grande
mistero nella sacra Liturgia, ha poi dato disposizione alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti di preparare, d’intesa con la Congregazione
per la Dottrina della Fede, il documento Redemptionis
Sacramentum. Istruzioni su alcune cose che si devono
osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia.
«Non c’è dubbio che la riforma liturgica del Concilio abbia portato grandi vantaggi per una più consapevole, attiva e fruttuosa partecipazione dei fedeli al santo Sacrificio dell’altare. Tuttavia, non mancano delle
ombre. Non si possono passare sotto silenzio gli abusi,
anche della massima gravità, contro la natura della Liturgia e dei sacramenti...
Gli abusi non di rado si radicano in un falso concetto di libertà: Dio, però, ci concede in Cristo non quella
illusoria libertà in base alla quale facciamo tutto ciò
che vogliamo, ma la libertà per mezzo della quale possiamo fare ciò che è degno e giusto».
Il testo pubblicato dalla Congregazione per il Culto
Divino contiene istruzioni su alcune questioni concernenti la disciplina del Sacramento dell’Eucarestia. Sono rivolte ai vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi e a tutti i
fedeli laici, affinché ciascuno le metta in pratica a seconda del proprio ufficio e della propria disponibilità.
Si ribadisce che «è compito della Chiesa vigilare
sulla retta e degna celebrazione di questo grande mistero».
Il documento è diviso in otto capitoli di facile lettura, cosicché anche il laico più inesperto, ma che ha
sempre partecipato con fede alla celebrazione eucaristica, può ritrovare indicazioni che già conosce.
Nel primo capitolo, Regolamentazione dell’Eucaristia, si ricorda che la competenza in questa materia
spetta alla Chiesa. Si evidenziano i ruoli del vescovo
diocesano, grande sacerdote del suo gregge, dei presbiteri, validi, provvidi e necessari collaboratori dell’ordine episcopale, ed il servizio dei diaconi.
La partecipazione dei laici viene presa in considerazione nel capitolo secondo: una partecipazione «che
non deve essere ridotta ad una mera presenza passiva,
ma ritenuta un vero esercizio della fede e della dignità
battesimale».
Nel capitolo terzo, Retta celebrazione dell’Eucarestia, si parla di:
• materia della Santissima Eucaristia (pane e vino);
• preghiere eucaristiche recitate solo dal sacerdote,
che non debbono essere disturbate da canti, suono
dell’organo o di altri strumenti musicali;
• letture bibliche proclamate nell’Eucarestia;
• omelia del celebrante, mai affidata ad un laico;
• segno della pace, a proposito del quale si dice:
«Conviene che ciascuno dia la pace soltanto a coloro che gli stanno più vicino, in modo sobrio».
Nel capitolo quarto, dedicato a La Santa Comunione, si danno disposizioni per ricevere l’Eucaristia e
sulla sua distribuzione.
Osservazioni sul luogo di celebrazione della S.
Messa, sui vasi sacri e le vesti liturgiche sono esposte
nel quinto capitolo.
«Il sacerdozio ministeriale non può essere in nessun
modo sostituito. Se tuttavia il bisogno della Chiesa lo
richiede...»: i compiti straordinari dei fedeli laici sono
presentati nel capitolo settimo.
Infine, nel capitolo ottavo, sono indicati i «rimedi»
in caso di abusi o atti gravi nella celebrazione della sacra Liturgia.
Occorre ricordare che la Chiesa non si riunisce
per sua volontà, ma è convocata da Dio
nello Spirito Santo, e che riconosce con ferma fede,
accoglie con gioia, celebra e venera con atteggiamento adorante il Sacramento della Redenzione. Spetta perciò alla Chiesa
fare in modo che
l’Eucaristia continui
a splendere in tutto
il fulgore del suo
mistero.
Bianca Maria
Pascucci
31
Tempi e luoghi della memoria
La Città del Ragazzo - Ferrara
Mons. Bovelli
L’arcivescovo entrò con coraggio dentro ai problemi aperti
della società, avviando una serie di opere concrete per dare risposte
evangeliche alle nuove situazioni che si stavano creando
Mons. R. Bovelli
Mons. Bovelli
osserva i lavori
di ristrutturazione
della Città del
Ragazzo
32
9 giugno 1954 moriva mons. Ruggero BovelItilli,cinquant’anni
arcivescovo di Ferrara dal 1930. Sono passada quel giorno, ma il ricordo
dell’alto prelato è ancora vivo nella città estense.
Egli fu un punto di riferimento per la comunità
in momenti drammatici, accompagnandola attraverso l’epoca del regime fascista, il secondo conflitto mondiale e poi gli anni della ricostruzione
morale e materiale dell’Italia.
Proprio la seconda guerra mondiale fu uno
spartiacque importante per l’azione pastorale di
mons. Bovelli. Romeo Sgarbanti sulla «Voce di
Ferrara» ricorda che prima del conflitto l’arcivescovo aveva promosso un’azione evangelica che
puntava a richiamare il popolo alle liturgie festive e al culto, organizzando importanti cerimonie
e denunciando l’immoralità derivante da un certo
rilassamento nella fede e nei costumi. Queste
erano le sue risposte episcopali alle sfide di una
società apparentemente tranquilla, dove i dissidi
tra Stato e Chiesa erano stati superati con i Patti
Lateranensi e dove l’assenza di una dialettica democratica aveva nascosto le contrapposizioni sociali e politiche.
Con la tragedia bellica questa calma apparente fu spazzata via ed esplosero le contraddizioni e i gravi problemi latenti nella società.
Mons. Bovelli dimostrò grande audacia e coraggio in quelle situazioni
drammatiche. Un esempio di questa audacia risale all’epoca della Liberazione dai nazifascisti,
in un episodio che era
stato ricordato dal suo
successore mons. Natale
Mosconi nel 1964. Intorno al 20 aprile 1945 l’arcivescovo di Ferrara aveva supplicato il Comandante di piazza nazista
perché lasciasse la città,
salvandola dalla distru-
zione che ci sarebbe stata se fosse stata ingaggiata battaglia con gli Alleati. Il gerarca acconsentì e mons. Bovelli subito spedì una lettera
agli angloamericani, informandoli sulla ritirata
già avvenuta. Il 24 aprile l’arcivescovo fu acclamato salvatore della città.
Nel dopoguerra mons. Bovelli fu tra i primi a
comprendere che la realtà italiana e quella ferrarese si stavano trasformando rapidamente e diede
inizio a una nuova fase del suo episcopato. Divenne consapevole del fatto che i cambiamenti in
atto spesso rendevano il sistema diocesano incapace di raggiungere aspetti importanti della vita
sociale. Così decise di attuare alcune innovazioni
pastorali. Tra le altre cose egli aprì ai laici, affidando loro maggiori responsabilità nella vita della diocesi. Ma soprattutto l’arcivescovo entrò
con coraggio dentro ai problemi aperti della società, avviando una serie di opere concrete per
dare risposte evangeliche alle nuove situazioni
che si stavano creando.
Una di queste risposte concrete volute da
mons. Ruggero Bovelli fu la Città del Ragazzo.
L’arcivescovo era sempre stato attento alle esigenze dei giovani e all’epoca si rese conto che
c’erano tanti ragazzi in grave difficoltà, perché
rimasti orfani in seguito alla guerra. Così volle
creare una struttura per loro e chiese l’aiuto di
don Giovanni Calabria, il quale a Verona si occupava proprio di ragazzi in difficoltà. Grazie alla collaborazione tra mons. Bovelli e l’Opera dei
Poveri Servi della Divina Provvidenza si arrivò
nel 1951 alla creazione della Città del Ragazzo,
struttura che in seguito avrebbe aiutato tanti giovani ferraresi.
Dopo la morte, mons. Bovelli rimase nel cuore dei ferraresi, come dimostra il fatto che la casa
dell’Azione Cattolica prese il nome di Casa Bovelli. Ancora oggi il ricordo del suo coraggio
evangelico suscita ammirazione nei molti sacerdoti e laici che lo hanno conosciuto.
Matteo Cavejari
Tempi e luoghi della memoria
1954 - 2004: a 50 anni dalla morte
Uniti nel compimento
della missione
Nel 1954 morivano entrambi i fondatori
della Città del Ragazzo di Ferrara
icorrono quest’anno due cinquantesimi: la scomRFerrara,
parsa di mons. Ruggero Bovelli, arcivescovo di
deceduto in quella città il 9 giugno 1954, e
la morte di don Giovanni Calabria, fondatore dell’Opera Poveri Servi della Divina Provvidenza, deceduto a Verona il 4 dicembre 1954.
Mons. Bovelli nell’immediato dopoguerra, viste le condizioni di parecchi bambini resi orfani
dal conflitto, volle porvi rimedio. Riprese
un’idea che fu del suo predecessore mons. Francesco Rossi nel 1927 e dedicò tutto se stesso alla
creazione di un’opera per lasciare benefiche e
durevoli impronte. Per questo motivo si rivolse a
don Giovanni Calabria, fondatore dell’Opera dei
Poveri Servi della Divina Provvidenza a Verona,
con tanta insistenza che alla fine ottenne quanto
voleva: così nacque la Città del Ragazzo, che accolse i primi fanciulli nell’estate del 1951.
Scriveva don Calabria a mons. Bovelli:
«[...] ricordo sempre Ferrara e il suo degnissimo Presule, questa mattina in modo speciale ci
ho pensato. Ferrara, per Suo merito, ha ricevuto
l’Opera dei Poveri Servi; è una lucerna che la
Provvidenza ha acceso per Suo merito, Eccellenza Rev.ma. E spero proprio che questa resti sempre luminosa, alimentata dallo spirito puro e genuino dell’Opera, dalle preghiere e benevolenza
di tanti buoni. Allora come Le ho detto l’altra
volta, la Casa di Ferrara sarà non solo un ramo
dell’Opera, ma un centro di irradiazione per altre
attività in pro delle anime. Per questo, mi sento
di offrire una giornata tutta per la carissima città
di Ferrara e per Lei eccellenza: preghiere, Santa
Messa, sacrifici, sofferenze che non mancano
[...] tutto perché avvicini tanti figli [...] per i quali occorre pregare [...] voglia Iddio che accolgano
la luce del Vangelo [...] La Casa di Ferrara, nell’umiltà e nel nascondimento, maturi i disegni
del Signore, se noi saremo fedeli allo spirito, se
saremo fari di luce Evangelica nel pieno senso
della Parola [...]».
La realizzazione della Città del Ragazzo fu resa possibile dal coinvolgimento dell’intera citta-
dinanza ferrarese,
che con grande
generosità partecipò alla copertura delle ingenti spese necessarie al recupero dell’ex villa del Seminario in via Comacchio, messa
a disposizione dal compianto Arcivescovo. In
quegli anni egli con sempre maggiore frequenza
si recava in visita, senza alcun preavviso, alla
Città del Ragazzo. Distribuiva sorrisi e buone parole a tutti, controllava di persona il menu preparato dalle suore addette alla cucina. In seguito all’alluvione del 14 novembre 1951 la Città del
Ragazzo, appena restaurata, poté ospitare centinaia di giovani, che altrimenti avrebbero trovato
difficoltà di sistemazione.
Nel giornale della Città del Ragazzo,
«Via della gioventù», in più occasioni
venivano ricordate le visite dell’Arcivescovo e, in occasione della sua morte, gli
venne dedicato un intero numero. Di seguito riportiamo alcuni passi tratti dal libro Pastor et Defensor del compianto
don Mario Melandri, che a proposito della Città del Ragazzo dice:
«Fu questo il canto del cigno di mons.
Bovelli [...] La Città del Ragazzo è, in
ordine di importanza, la creazione che
egli più amò negli anni suoi ultimi e per
cui spese ancora, con una passione degna
di un giovane ardente, quasi con eroico
furore, le sue energie, per cui mise in atto tutta la sua esperienza nel persuadere
uomini, e superare difficoltà».
Don Giovanni Calabria viene canonizzato il
18 aprile 1999. A distanza di 50 anni, mons. Bovelli e don Giovanni rimangono ancora nel ricordo e nell’animo di quanti vissero quei momenti.
Mons. Bovelli
in visita pastorale
alla Città del
Ragazzo
Don G. Calabria
Ambrogio Anteghini
presidente degli ex allievi di Ferrara
(Articolo tratto da «La Voce di Ferrara»
del 5 giugno 2004)
33
Ricordando
Poveri Servi della Divina Provvidenza
Fratel Davide Renesto
La sua presenza umile e tranquilla creava un clima di serena
pace interiore
l 26 giugno scorso, dopo alcuni mesi di malattia, si è spento all’Ospedale di Negrar
fratel Davide Renesto. Il funerale si è svolto
presso la chiesa della Casa Madre di San Zeno in Monte martedì 29 giugno ed ha visto la
partecipazione di moltissimi
amici, conoscenti ed ex allievi, che si sono voluti
Fr. Davide Renesto
stringere per l’ultima volta
attorno al fratello che tante
Fratel Davide Renesto nacque a Villanova
volte li ha accompagnati in
del Ghebbo (Rovigo) il 29 gennaio 1924.
vita con la sua dolcezza e
Nel 1945 entrò in Casa a Maguzzano,
con il suo spirito di carità.
dove compì gli studi ginnasiali.
Erano presenti anche i capiNel 1957 fece la prima profesione religiotolari della neo Provincia
sa. Frequentò anche le scuole magistrali, conEuropea che, riuniti proprio
seguendo il diploma di Maestro elementare.
in quei giorni a San GiacoLavorò in varie Case dell’Opera, lascianmo di Vago (Verona) per cedo ovunque un’impronta di dedizione alla
sua missione di Povero Servo.
lebrare il primo Capitolo
Ebbe sempre un grande desiderio, quello
Provinciale, hanno sospeso i
di diventare sacerdote, che riuscì a realizzalavori per concelebrare e
re in parte in età avanzata con l’ordinazione
partecipare alla S. Messa
a Diacono permanente. Serviva all’altare con
funebre.
grande amore per la liturgia e il decoro della
Durante l’omelia il Cachiesa.
sante,
don Waldemar LonNelle Case in cui ha lavorato si è sempre
go,
ha
ricordato la figura
distinto per la sua passione di educatore ed
mite
e
caritatevole
di fratel
evangelizzatore e per la sua grande pietà.
Davide,
cui
ben
si
addiceva
Ha svolto la sua attività specialmente a
il passo evangelico delle
Ferrara, a Verona in via Roveggia e a Gallio.
Ultimamente aveva lavorato per diversi
beatitudini letto durante la
anni nella Casa di Gallio, accogliendo le
liturgia della Parola.
persone con calore e creando un clima famiTutti ricordano fratel Daliare. Un anno fa, a motivo delle sue precarie
vide nel suo ultimo servizio
condizioni di salute, fu trasferito nella Casa
reso presso la Casa per ferie
Madre di San Zeno in Monte.
di Gallio, sull’Altopiano di
Nel febbraio di quest’anno fu ricoverato
Asiago. La sua presenza
nel nostro Ospedale di Negrar, dove gli venumile e tranquilla creava un
ne diagnosticata una grave malattia al fegato.
I
Si è spento intorno a mezzogiorno del 26
giugno 2004, andando ad incontrare in cielo il Padre don Giovanni e tanti confratelli ai
quali era molto legato.
clima di serena pace e predisponeva gli ospiti al raccoglimento ed al riposo interiore, che
il paesaggio montano sempre facilita. La
semplicità di fratel Davide si esprimeva tutta
nell’ufficio dell’accoglienza, quando con un
sorriso disarmante e mite apriva le porte della Casa di Gallio ai religiosi, agli amici della
Famiglia Calabriana, ai semplici turisti. Questa capacità di accogliere nella semplicità era
espressione della grande carità di fratel Davide, che era vera attenzione alla persona,
chiunque essa fosse e da qualunque parte venisse. Questa attenzione al prossimo si esprimeva anche e soprattutto nella capacità di
servizio spirituale, nel mettere a disposizione
degli ospiti tutto il necessario per la cura dell’anima, per la meditazione e, soprattutto,
per la partecipazione al Sacramento dell’Eucarestia, che con tanto amore egli sempre
preparava.
Massimo Cunico
Notizie
Da sin.: p. Domenico Mariani e don Giuseppe Pasini
CASA MADRE DI SAN ZENO IN MONTE
CONVEGNO SU ROSMINI
Lo scorso 1° luglio nell’Auditorium san Giovanni
Calabria di San Zeno in Monte si è tenuto il Convegno
sul tema Antonio Rosmini, una vita all’ombra della divina Provvidenza. Relatore era il rosminiano p. Domenico Mariani che, dopo la presentazione di don Pasini,
ha diviso la sua riflessione in due parti: nella prima ha
parlato degli importanti legami che esistono tra la Congregazione dei Poveri Servi e la Congregazione dei rosminiani e ha tracciato un breve profilo della vita e del
pensiero di Antonio Rosmini; nella seconda parte p.
Mariani ha affrontato il tema del concetto di Provvidenza in Rosmini, trovando i punti in comune con la
visione della Provvidenza tipica di don Calabria.
EX ALLIEVI COSTOZZA
Domenica 13 giugno, presso la Casa di Gallio, si è
tenuta l’ormai tradizionale Festa della Famiglia organizzata dagli ex allievi di Costozza. Buona la partecipazione alla giornata che ha visto, dopo un momento
di accoglienza, la celebrazione della Santa Messa e il
pranzo comunitario.
EX ALLIEVI DI RONCÀ
Domenica 23 maggio noi del gruppo ex allievi di
Roncà ci siamo incontrati con i numerosi amici di
Longare, Lumignano e Costozza, con i quali da adolescenti abbiamo vissuto tante esperienze nella Casa di
Roncà.
La giornata è stata fitta di appuntamenti, tra i quali
la S. Messa concelebrata da don Ivo e don Gildo e la
visita alla villa di Costozza.
Alla fine della giornata ci siamo dati appuntamento
a Camposilvano per il 2005.
Un sentito ringraziamento da parte del gruppo veronese va agli amici vicentini, per l’ottima organizzazione della giornata. Un grazie anche a don Gabriele Cor-
dioli, che ci ha prestato il pullman. Infine
una doverosa “citazione speciale” per
l’ex allievo Occhiocupo Vincenzo, che per
essere con noi è partito alle tre del mattino
da
Pineto
degli
Abruzzi!!!
Achille Coltro
EX ALLIEVI
DI SAN ZENO IN MONTE
Maguzzano chiama, San Zeno risponde: lo scorso
27 marzo la sezione ex allievi di San Zeno in Monte ha
partecipato all’Assemblea nazionale del volontariato
calabriano “Francesco Perez”. Tra i vari partecipanti è
intervenuto anche un simpatico personaggio di nome
Olinto, volontario di Maguzzano. Ha detto di aver bisogno di aiuto per sistemare il giardino-belvedere dell’Abbazia, perché di lì a un mese sarebbero cominciate
le celebrazioni per il cinquecentenario della fondazione dell’Abbazia stessa. La delegazione degli ex allievi
presenti si è offerta di prestare quell’aiuto e così
abbiamo concordato di recarci a Maguzzano il giorno
19 aprile. Siamo partiti di buon mattino, Giuseppe
Cappelletti, Eugenio Magagna, Giglio Zanetti, Loris
Tommasini e il sottoscritto Luigi Ceschi. Arrivati all’Abbazia verso le 8.30, sotto una pioggerella primaverile ci siamo messi subito al lavoro di buona lena fino
alle 13.00. Dopo pranzo abbiamo visitato il cimitero e
quindi abbiamo ripreso il lavoro, ma purtroppo alle
15.30 la pioggerella si è trasformata
in pioggia battente
ed abbiamo dovuto smettere. Fortunatamente la maggior parte del lavoro era ormai fatta. Infine, dopo un
caffè
caldo
e
un’ultima visita all’Abbazia, ci siamo messi sulla
strada del ritorno.
Luigi Ceschi
35
SAN ZENO IN MONTE
GIORNATA DELLE
MISSIONI CALABRIANE
Il 22 maggio scorso si è tenuta a San
Zeno in Monte l’ormai tradizionale
Giornata delle Missioni Calabriane.
Nella foto vediamo il Casante, don Waldemar, mentre nell’Auditorium san Giovanni Calabria risponde alle domande dei familiari
dei nostri missionari.
30 ANNI DI MISSIONE!
Il mese di maggio ha visto il
compiersi di 30 (trenta!!!) anni di
missione in Brasile del nostro don
Angelo Maschi. Durante questi tre
decenni la sua azione pastorale lo
ha visto impegnato in parrocchie
tipicamente calabriane, segnate
dalla povertà materiale e spirituale
nelle quali egli ha speso tutta la
sua passione missionaria di testimone del Vangelo, facendo crescere sia dal punto di vista spirituale
sia dal punto di vista sociale e
umano le comunità a lui affidate.
Attualmente si trova ad operare
sul difficile fronte della città portuale di Rio Grande, nel sud del
Brasile, dove regna sovrana l’indifferenza religiosa. Nella foto lo
vediamo insieme ad un paio di ragazzine, che hanno
partecipato al pranzo natalizio per i poveri organizzato dalla parrocchia di don Angelo.
FERRARA
CITTÀ DEL RAGAZZO
Un progetto per chi ha
una disabilità acquisita
Si tratta di un’attività formativa per aiutare persone
con disabilità acquisita a reinserirsi nel mondo del lavoro. Il progetto era stato avviato dalla Città del Ra36
gazzo di Ferrara circa otto anni fa. Con il passare del
tempo l’iniziativa è cresciuta molto, rispondendo ai bisogni di numerose famiglie. In particolare gli utenti del
progetto sono persone che in seguito a un incidente acquisiscono gravi disabilità permanenti e quindi devono
ripensare completamente i loro percorsi di vita e professionali. Una volta uscite dai vari centri riabilitativi,
queste persone vengono indirizzate alla Città del Ragazzo, dove trovano un gruppo di lavoro multidisciplinare pronto a seguirli sia dal punto di vista umano che
da quello della formazione di nuove abilità lavorative.
Finora da Ferrara sono passate 150 persone, di cui la
metà è attualmente reinserita stabilmente nel mondo
del lavoro.
Chi acquisisce una disabilità deve essere seguito a
360 gradi, con un supporto che va dato anche alle famiglie, altrimenti abbandonate a se stesse. Il progetto è
in continua crescita e da quest’anno sono partiti anche
scambi internazionali con ragazzi di altre comunità simili in Paesi dell’Unione Europea.
Ecco le prove
dell’uso di armi
chimiche contro i
soldati americani!
MISSIONE INDIA
Il Casante don Waldemar
Longo (al centro) insieme ai
Novizi della missione indiana:
Manoj Ethirvelil,
Jomy Thottiyil, Binoy Philip e
Binoy Palakkattu.
Notizie
Foto di gruppo per i neoprofessi della missione
indiana.
Da sin.: p. Abraham
(Padre Maestro),
bro. Manackal Josekutty
Joseph, bro. Saju Kolattil,
p. Waldemar (Casante),
p. Cunegatti,
bro. Aby Chacko
Mlakkuzhiyil,
bro. Sushil Kispotta.
CENTRO POLIFUNZIONALE
DI VIA S. MARCO - VERONA / 1
C’è stata una cerimonia speciale martedì 29 giugno
scorso al Centro Polifunzionale don Calabria di via
San Marco a Verona. Alla presenza del sindaco Paolo
Zanotto e di molte altre autorità sono stati consegnati i
diplomi e gli attestati di frequenza ai bambini e ragazzi
Rom, che quest’anno hanno fatto un percorso scolastico nell’ambito del progetto promosso dal Comune e
dall’Opera don Calabria.
In tutto i ragazzi erano 50, di cui alcuni hanno frequentato una scuola materna presso il Centro Polifunzionale, mentre altri sono stati inseriti nella scuola
pubblica e affiancati da cinque mediatori culturali
(l’obiettivo per l’anno prossimo è che tutti i bambini
possano frequentare la scuola pubblica). Tra i ragazzi
Rom ce ne sono otto che hanno conseguito il diploma
di terza media e quattro che hanno raggiunto la licenza
elementare.
Alla cerimonia di consegna erano chiaramente presenti anche le famiglie dei bambini, famiglie che quest’anno hanno mandato i figli a scuola con grande regolarità, rispettando gli accordi presi con il Comune di
Verona.
CENTRO POLIFUNZIONALE
DI VIA S. MARCO - VERONA / 2
A partire dallo scorso 1 luglio Stefano Schena, direttore del Centro Polifunzionale don Calabria di via
San Marco a Verona, è diventato Presidente della Piattaforma Europea per la Riabilitazione. Tale piattafor-
ma è l’organismo
che, con sede a Bruxelles, coordina i
centri di riabilitazione per le persone con
disabilità di venti
Paesi europei.
PARROCCHIA DI S. MARIA
ASSUNTA E S. GIUSEPPE
A PRIMAVALLE - ROMA
In occasione del suo 25° di sacerdozio, celebrato lo
scorso anno il Santo Padre ha ora conferito al parroco
della nostra parrocchia di Primavalle, don Antonio Piro, l’onorificienza pontificia Croce pro Ecclesia et
Pontifice e la relativa medaglia Benemerenti, per premiare la sua infaticabile opera di pastore al servizio
della nostra Comunità parrocchiale.
prof. Giovanni Carile
Don Antonio Piro (a sinistra)
e il card. Camillo Ruini (a destra)
durante la solenne celebrazione
per il 25° di sacerdozio
dello stesso don Antonio.
LA CRISI NEL DARFUR
Non c’è pace per il Darfur. Da più di un anno questa
regione, che si trova nel nord-ovest del Sudan, è al
centro di una gravissima crisi politica e umanitaria. Da
una parte ci sono le truppe governative, dall’altra il
Fronte di Liberazione del Darfur, nel quale sono rappresentati i diversi gruppi etnici della regione.
La guerra civile è scoppiata nel febbraio 2003, dopo
ripetute provocazioni e violenze commesse dall’esercito di Khartum. Obiettivo del governo sudanese era
quello di riaffermare il proprio dominio sul Darfur, attraverso l’instaurazione di un regime del terrore. La situazione è però sfuggita di mano e attualmente è in atto un vero e proprio disastro umanitario. Finora il conflitto ha provocato 30 mila vittime e quasi un milione
di sfollati, ma per il futuro le cose potrebbero peggio37
Notizie
Felicitazioni
❖ Il giorno 8 dicembre 2003 è nato Matteo, secondogenito di Mariagrazia e Giorgio Pellini, ex allievo di
via Roveggia.
❖ Il 4 maggio 2004 è nato Davide, primogenito di Gabriele Bissoli e Marghit Zanini. Lo annunciano con
grande gioia la nonna Mariateresa e il nonno Giancarlo Bissoli, ex allievo del Patronato. Gli amici ex
allievi si uniscono alla felicità di genitori e nonni.
❖ Il giorno 18 maggio 2004 è nato Riccardo Campagnola. Lo annuncia con gioia la sorellina Sara assieme a mamma Michela e papà Lorenzo. Felici sono
anche i nonni Renata e Silvano.
❖ Sabato 29 maggio 2004 a S. Ambrogio di Valpolicella si sono uniti in matrimonio Valeria Bazzica ed
Eros Cereser. Valeria è figlia di Luigina e Massimo
Bazzica, ex allievo del Patronato Ex Gil e operatore
in falegnameria a Ferrara negli anni 1952/62. La
Presidenza centrale ex allievi augura ai novelli sposi
i più fervidi auguri.
❖ Marco e Lucia Vicentini annunciano con gran gioia
la nascita della loro primogenita, Chiara, e desiderano rendere partecipi alla loro gioia, oltre ai nonni
paterni e materni, tutti gli amici de L’Amico. Papà
Marco è figlio di Giancarlo Vicentini, ex allievo e
cassiere dell’associazione ex allievi di Ferrara.
Nonno Giancarlo è orgoglioso perché il figlio Marco con Lucia ha voluto festeggiare la nascita di
Chiara con una adozione a distanza di un bimbo angolano, nato lo scorso marzo, di nome Stelvio, e
spera che questo gesto di generosità trovi degli imitatori o sia di stimolo ad altri che magari non ci hanno mai pensato. In fin dei conti adottare un bambino
a distanza, per noi, costa meno di un caffè al giorno,
ma a lui gli si prospetta una vita piena di speranza.
rare con il serio rischio di un genocidio nei confronti degli abitanti della
regione. È dunque urgente l’intervento della comunità internazionale.
Dopo mesi di silenzio finalmente
l’ONU ha cominciato a farsi carico
del problema con una visita a Khartum di Kofi Annan, ma è ancora
troppo poco. Anche il Parlamento
italiano ha discusso una mozione,
per sollecitare una risoluzione del
Consiglio di Sicurezza, la quale permetta all’ONU di intervenire in modo deciso prima
che sia troppo tardi.
38
Tornati al Padre
◆ Il giorno 26 maggio 2004 a Terranegra di Legnago
(Vr) è deceduto all’età di 74 anni Luciano Galvan,
fratello di fr. Fausto. Ai funerali hanno partecipato
alcuni religiosi dell’Opera.
La Congregazione dei Poveri Servi porge preghiere
per l’anima del caro estinto e le più vive condoglianze alla moglie.
◆ Dopo lunga malattia il giorno 30 maggio 2004 è
mancato Fabio Busti, di anni 34, ex allievo di via
Roveggia.
◆ A Ferrara il 30 maggio 2004 è deceduto l’ex allievo
Graziano Pavan che, il 4 novembre 1955, in occasione della prima riunione ex allievi, era stato eletto
Presidente dell’associazione ex allievi della Città
del Ragazzo.
◆ A Caprino Veronese il 1° giugno 2004 è deceduto
Angelo Armani, padre di Antonio, ex allievo di S.
Benedetto e cognato di don Mario Sometti.
◆ A Milano il 27 giugno 2004 è deceduta la signora
Antonietta Scala, moglie di Pino Fieschi, ex allievo
di Milano-via Pusiano e sorella di Fernando Scala,
ex allievo di Maguzzano e Milano. Era cognata di
Vincenzo De Rosso, ex allievo ed ex presidente degli ex allievi di Milano.
Sentite condoglianze ai familiari, in particolare al figlio Andrea da parte della famiglia calabriana Peppino Vismara di Milano.
◆ Il giorno 12 luglio 2004 si è spenta all’ospedale di
Negrar la signora Maria Splendori, vedova Girelli,
mamma dell’ex allievo Gianni Girelli, collaboratore
della sezione ex allievi di Nazareth e membro della
Presidenza Centrale.
La Famiglia calabriana partecipa al dolore della famiglia con una speciale preghiera.
◆ Siamo vicini al nostro carissimo Fratello Esterno
dott. Achille Norsa, che nel mese di giugno ha visto passare dalla terra al cielo la sua buona moglie
Maria Pia, che tante volte partecipò ai nostri incontri.
◆ Dopo un breve periodo di sofferenza, nel mese di
giugno il Signore ha chiamato in cielo il nostro carissimo Fratello Esterno Felice Natale Veronesi.
SIMBOLI CALABRIANI
Barche sulla rotta di Dio
La voce del Padre
«La barca, o miei cari, non mantiene sempre una
rotta tranquilla. Frequentemente soffiano i venti e le
onde crescono minacciandola. È necessario molte
volte ricorrere a mezzi estremi per evitare il naufragio. Anche noi dovremo affrontare difficoltà, superare ostacoli ed entrare in lotta con i nemici della nostra anima».
Il senso per noi
Un viaggio in nave, attualmente, sembra essere
abbastanza sicuro. Però a volte ci sono naufragi causati dall’imprudenza umana o da fenomeni inattesi
legati all’inclemenza della natura. Tutti credo conosciamo la storia del Titanic: il suo naufragio avvenne
in acque apparentemente calme... è altresì famosa la
frase che affermava che: «Neppure Dio può affondarlo!».
La natura ci sorprende sempre. Le acque conservano sempre un mistero, un lato sconosciuto e indomabile. Don
Calabria dice: «La nave non mantiene sempre una rotta tranquilla». Ciononostante se non si affronta una qualche traversata neppure si potrà gustare la soddisfazione e il piacere di viaggiare sulle acque. Un viaggio sul mare o su un
grande fiume offre la possibilità di contemplare qualcosa di straordinario, un fascino a volte indescrivibile. Un’esperienza non abituale, singolarmente nuova. Per questo, anche dinanzi alle avversità e alle fatiche che una traversata
può recare, è necessario andare avanti, avere ben chiaro che la mano di Dio ci accompagna e conduce la nave verso il
porto che ci attende. Fede, fiducia e coraggio sono gli elementi indispensabili in qualunque navigazione.
Ad ognuno di noi spetta la missione di essere collaboratore di Dio nella piccola storia di tutti i giorni e nella grande storia umana. Abbiamo bisogno in primo luogo di non disturbare l’azione del timoniere e di non portarci dietro nel
nostro viaggio dei pesi inutili. Chi segue Gesù Cristo deve dotarsi di un bagaglio leggero. Chi si porta dietro molte
pesanti valige rende il viaggio più lento e non dispone di quell’agilità che lo rende pronto e disponibile alla solidarietà e al servizio. Inoltre corre il rischio di perdere per via il senso essenziale della propria missione. Vediamo attorno a
noi molta gente, che finisce per perdere tante cose anche necessarie, solo perché non è stata capace di disfarsi del superfluo.
Dice un proverbio tibetano: «Si possono stringere le mani solo quando le abbiamo vuote». Si tratta proprio di questo. Per tendere la mano e soccorrere quelli che si trovano in pericolo, è necessario averla vuota e aperta.
I “nemici dell’anima”, secondo il linguaggio di don Calabria, non sono esseri che arrivano da chissà quale luogo
lontano, né appaiono come evanescenti fantasmi a rendere pericolosamente agitate le acque della nostra esistenza. A
mio modo di vedere questi nemici possiamo riconoscerli nelle perverse strategie elaborate dal nostro infaticabile
egoismo e nei frutti guasti di mentalità votate alla sofferenza e alla morte dei fratelli. Di questi incontri è ricco il cammino di chi intraprende la missione di Cristo.
Assumere un atteggiamento di discernimento e ascolto, lasciarsi illuminare dalla luce di Dio e permettere che Egli
ci conduca con il Suo amore, è garanzia di efficacia nel servizio che ci spetta di realizzare in favore della vita.
Amare è aver cura della vita, della barca, e proteggere il mare che permette la nostra traversata. È un impegno di
fede che va rinnovato giorno per giorno. Agendo così le acque non saranno mai più luogo di paura e di morte, ma
fonte di vita e di salvezza.
P. Osmar Coppi
Trad. di fr. Carlo Toninello
APPUNTAMENTI
ABBAZIA DI MAGUZZANO
EX ALLIEVI CITTÀ DEL RAGAZZO (FE)
2-7 agosto
SETTIMANA DI FRATERNITÀ ECUMENICA
Domenica 10 ottobre
CONVEGNO ANNUALE DEGLI EX ALLIEVI
Convivenza fraterna con momenti di formazione, preghiera, svago e riposo
Tutti gli ex allievi e amici della Casa con le loro famiglie sono invitati a
trascorrere una giornata di amicizia nello spirito del Padre don
Giovanni. Il convegno avrà inizio alle ore 9.30.
Per informazioni: Ambrogio Anteghini (0532.75.37.33);
Giancarlo
Vicentini
(0532.20.40.41);
Città
del
Ragazzo
(0532.74.15.15)
10-16 agosto
Introduzione alla preghiera cristiana con tecniche yoga
Guida: M° CLAUDE MARECHALL
31 agosto - 6 settembre
ESERCIZI SPIRITUALI PER SACERDOTI E RELIGIOSI DELL’OPERA
DON CALABRIA
Tema: “Siate Vangeli Viventi”, spirito puro e genuiono di san G.
Calabria
Guida: DON PIETRO CUNEGATTI (PSDP)
24-26 settembre
CONVEGNO ECUMENICO
Tema: “Il Battesimo ci fa corpo di Cristo. Il Battesimo nella esperienza
delle diverse Chiese Cristiane”
Per informazioni:
Abbazia di Maguzzano - tel. 030.91.30.182
e-mail [email protected]
CENTRO DI CULTURA E SPIRITUALITÀ
CALABRIANA
Sabato 25 settembre
29A GIORNATA DI STUDI CALABRIANI
MONS. GIACOMO CANOBBIO (teologo): “La missione della Chiesa nel III
millennio tra evangelizzazione e umanizzazione del mondo.
DON GIUSEPPE MENINI (PSDP): “La Chiesa della Carità in san Giovanni
Calabria”.
Per informazioni contattare fr. Carlo Toninello 045.80.52.928
INIZIATIVE PER LA FESTA DI SAN GIOVANNI CALABRIA
• mercoledì 29 settembre a San Zeno in Monte inizio della Novena in
onore di san Giovanni Calabria;
• giovedì 7 ottobre veglia di preghiera animata dalla Pastorale
Giovanile Calabriana;
• venerdì 8 ottobre festa liturgica di san Giovanni Calabria.
ore 18.00: S. Messa presieduta da S.E. Cesare Nosiglia vescovo di
Vicenza.
• sabato 9 ottobre (orario da definire) concerto di musica classica con
un gruppo di affermati professionisti tedeschi;
• domenica 10 ottobre orario festivo delle S. Messe;
• domenica 10 ottobre alle ore 17.00 S. Messa della Famiglia
Calabriana presieduta dal Casante p. Waldemar J. Longo. Al termine
“risottata” per tutti i partecipanti.
EX ALLIEVI DEL PATRONATO
VIA ROVEGGIA - SAN MARCO
Sabato 11 settembre 2004
PELLEGRINAGGIO ALLA MADONNA DELLA CORONA
Sono invitati tutti gli ex allievi e amici dell’Opera con le loro famiglie, per
vivere un momento di spiritualità mariana in onore di Maria Madre di
Dio e Madre nostra. Appuntamento alle ore 10.00 sul piazzale
adiacente l’albergo Stella Alpina di Spiazzi. È possibile arrivare a
Spiazzi con i propri mezzi, oppure:
- a piedi da Brentino (tel. Gambarini 045.51.21.17)
- a piedi da Verona, San Zeno in Monte; due giorni con pernottamento
a Fosse (tel. Bortignon 045.75.13.510)
Per prenotare il pranzo telefonare: Amadori (045.89.04.220);
Marchi (045.95.35.84); Gambarini (045.51.21.17)
Sabato 23 ottobre
Pellegrinaggio a Maguzzano per visitare le tombe dei nostri religiosi
defunti. L’invito caloroso è rivolto a tutti gli ex allievi e amici dell’Opera
con le loro famiglie. Ritrovo alle ore 10.30 a Maguzzano.
Per informazioni e prenotazione pasto: Amadori (045.890.42.20)
Marchi (045.95.35.84); Gambarini (045.51.21.17)
EX ALLIEVI DI ROMA
2a domenica di ogni mese
S. Messa per tutti gli ex allievi alle ore 10.00 presso la Chiesa del
“Collegino”.
Domenica 10 ottobre
CELEBRAZIONE DELLA FESTA DI SAN GIOVANNI
CALABRIA
EX ALLIEVI DI RONCO E RONCÀ
Domenica 19 settembre
CONVEGNO ANNUALE
Sono invitati tutti gli ex allievi con le relative famiglie presso la Casa
Madre di San Zeno in Monte
Per informazioni e prenotazioni: Achille Coltro (340.23.12.386)
EX ALLIEVI E AMICI DELL’OPERA
EX ALLIEVI DI SAN ZENO IN MONTE
24-29 settembre
ESERCIZI SPIRITUALI
Domenica 24 ottobre
CONVEGNO EX ALLIEVI
Gli esercizi si terranno presso l’Oasi san Giacomo di Vago di Lavagno (Vr)
Ore 9.00 accoglienza e sistemazione. Ore 10.30 ora media.
Ore 10.45 prima riflessione
Per informazioni: don Gildo Beraldo (338.46.26.005)
Tutti gli ex allievi e amici della Casa di San Zeno in Monte con le loro
famiglie sono invitati a trascorrere una giornata di amicizia nello spirito
del Padre san Giovanni Calabria. L’incontro inizierà alle ore 9.30.
Rinnoviamo ai nostri ex allievi l’invito a candidarsi per il rinnovo del
In caso di mancato recapito restituire all’ufficio C.M.P. VR, detentore del conto,
per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.
N. 4 - Luglio-Agosto 2004 - Anno LXXV - Bimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB VERONA