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[email protected] 1 scheda tecnica durata: nazionalità: anno: 95 minuti Italia 2007 regia: soggetto: sceneggiatura: ANDREA MOLAIOLI SANDRO PETRAGLIA, ANDREA MOLAIOLI dal romanzo DON’ T LOOK BACK di Karin Fossum SANDRO PETRAGLIA produzione: NICOLA GIULIANO, FRANCESCA CIMA per INDIGO FILM fotografia: montaggio: suono: musica: costumi: scenografia: RAMIRO CIVITA GI OGI O’FRANCHI NI ALESSANDRO ZANON TEHO TEARDO JESSICA ZAMBELLI ALESSANDRA MURA interpreti: TONI SERVILLO, NELLO MASCIA, MARCO BALIANI, ALESSIA PIOVAN, ANNA BONAIUTO, OMERO ANTONUTTI, FABRIZIO GIFUNI, VALERIA GOLINO Il romanzo Il film è tratto dal romanzo di Karin Fossum Don’ tl ookback, uscito la prima volta in Italia nel 2003 con il titolo Lo sguardo di uno sconosciuto, (Frassinelli). Il romanzo fa parte di una serie poliziesca che ha come protagonista il commissario Conrad Sejer, di solito coadiuvato nelle indagini dal suo vice Skarre. Karin Fossum, norvegese, è nata nel 1954 e appena ventenne ha pubblicato una raccolta di versi con cui ha vinto un premio per esordienti. Aut r i cedipoes i eer accont i ,nel1995èpassat aal l anar r at i v aconl ’ acc l amat oOcchio di Eva, in cuif al asuapr i macompar sal ’ i spet t or eSej er . L’ anno success i v o,con Lo sguardo di uno sconosciuto, ha conquistato i due massimi pr emi nor di c iperi l mi gl i orr omanz ogi al l o,enel 1997hav i nt oi l Book sel l er ’ sPr i z e. Grazie alla serie di Sejer, la Fossum è considerata la migliore scrittrice norvegese nel campo del thriller psicologico e tra i più grandi autori dei paesi scandinavi. In Italia sono stati pubblicati da Frassinelli anche Chi ha paura del lupo? e Amatissima Poona. I suoi libri sono costantemente in vetta alle classifiche dei bestseller e tradotti in tutta Europa. I n Nor v egi a ir omanz idel l ’ i s pet t or e Sej erhanno dat ov i t a ad una ser i et el ev i si v a di successo ma La ragazza del lago è il primo film tratto da un suo romanzo. [email protected] 2 ANDREA MOLAIOLI Filmografia Biografia APRILE [1998] Romano, ha iniziato come assistente alla regia e poi come aiuto regista, lavorando tra gli altri con registi italiani come Nanni Moretti, Carlo Mazzacurati, Daniele Luchetti e Mimmo Calopresti. Tra i suoi lavori ricordiamo Aprile, di e con Nanni Moretti dove Molaioli interpreta se stesso accanto a Angelo Barbagallo, e La stanza del figlio sempre di Nanni Moretti. Come regista ha firmato i backstage di alcuni f i l m es er i et el ev i s i v e,un “ di ar i o”del l a Sacher, Bandiera rossa, borsa nera, e alcuni filmati istituzionali. I DIARI DELLA SACHER: BANDIERA ROSSA E BORSA NERA [2001] Attori Regia L'ESTATE DI DAVIDE [1998] Aiuto regia PADRE E FIGLIO [1994] Aiuto regia PALOMBELLA ROSSA [1989] Aiuto regia (assistente) LA RAGAZZA DEL LAGO [2007] Regia LA STANZA DEL FIGLIO [2001] Aiuto regia La parola ai protagonisti Andrea Molaioli Perché ha scelto questa storia? Ho scelto questa storia perchè ho intravisto nelle pagine del libro di Karin Fossum la possibilità di raccontare intrecci e sentimenti familiari che dalla originaria geografia di un fiordo norvegese si potessero trasferire in una possibile provincia italiana senza alterarne il senso e il percorso umano: la storia di una piccola comunità attraversata da un insolito delitto, personaggi comuni, famiglie come ne conosciamo tante, solcate da conflitti risaputi, sebbene mai risolti, padri che per troppo amore non riescono più a scrutare le anime dei figli, adolescenti che sentono di essere nati nella famiglia sbagliata, adulti rimasti bambini a causa di piccoli scherzi della natura, bambini che i genitori faticano a comprendere. Tutta questa umanità, as s ol ut ament enor mal e,l ont anaannil uc edal l ’ i deadelc r i mi ne,d’ unt r at t oappar e dev i at a,c ompl i c at a.E’un delitto, che fa alzare il coperchio e ribaltare la scena di ques t a as s ol ut a“ medi et à” .Fi l t r o e bar i c ent r o delr ac c ont o,un uomo,Gi ov anni Sanz i o, un c ommi s s ar i o dies per i enz a, anc h’ egl is c os s o da un f or t e dol or e, catapultato in questo paesino. Due occhi estranei che hanno visto tanto nel pas s at o,punt at iv er s o ques t o pi c c ol o bor go i nc ant at o mac onge l at oi n un’ ant i c a tristezza. Come in tutti i gialli si sa che probabilmente il commissario risolverà il caso e ci consegnerà un colpevole. Ma in questa storia le ragioni del delitto sono più forti del delitto stesso: comprendere e fotografare un dramma famigliare diventa più importante di trovare il colpevole verso cui Sanzio, e noi con lui, prova più compassione e tristezza che sdegno. [email protected] 3 Il suo film può essere considerato una denuncia dei problemi di comunicazione presenti nella società contemporanea? Più che un problema di comunicazione all'interno delle relazioni ravviso in modo ancora più ampio l'inadeguatezza generale che si traduce nella difficoltà di essere madre, padre e anche figli. Una sensazione che si protende verso la nostra condizione di vita in generale. Credo che questa inadeguatezza si esprima in modi diversi a seconda della nostra estrazione socio-culturale. Ho come l'impressione che viviamo in un tempo nel quale sappiamo che abbiamo un nemico di fronte, ma non sappiamo chi è. Questo ci fa vivere una sorta di ansia che cerchiamo di opprimere, sopprimere, ma che si traduce in una mancanza di forme di riferimento nel momento in cui andiamo a relazionarci. La famiglia è un microcosmo che può esaltare delle problematiche fino a farle diventare gravi - non necessariamente attraverso atti violenti - facendoti vivere in uno stato di malessere perenne. Il film è tratto dal romanzo della norvegese Karin Fossum. Quanto hai tradito il testo originale? Quando ho letto "Lo sguardo di uno sconosciuto" ho capito che aveva gli elementi giusti attorno ai quali costruire il film. Quello che mi affascinava del testo era che attraverso un giallo si potessero inserire degli argomenti importanti, temi che potremmo considerare "alti". Allo stesso tempo mi piaceva che questi temi entrassero nel racconto in modo discreto ma profondo. Ovviamente del romanzo abbiamo utilizzato dei passaggi narrativi, mentre altri li abbiamo eliminati. Il finale del libro si differenzia da quello del film in quanto meno intimo, meno recessivo rispetto al lavoro che abbiamo fatto sull'adattamento. Sono state modificate anche le circostanze del protagonista, che in realtà è un personaggio seriale utilizzato in diversi libri scritti dall'autrice. Ne abbiamo modificato il quotidiano - nel racconto è un vedovo che vive quasi esclusivamente nel ricordo malinconico della moglie - ci siamo presi molte libertà. Quando Karin Fossum ha visto La ragazza del lago ha detto di essere rimasta addirittura allucinata dalla nostra versione del commissario, a cominciare proprio dai tratti somatici. Avevamo in pratica creato un commissario "bello". E per quanto riguarda le ambientazioni? Il racconto originale è ambientato nei dintorni di Oslo, l'indagine del commissario si svolge in un fiordo. Si tratta di una zona geograficamente molto circoscritta che mi ha fatto pensare alla possibilità di trasporre la vicenda in una piccola provincia italiana. Mi sono venute in mente delle zone limitrofe a Udine, in particolar modo alcuni piccolissimi paesini del Friuli, perché mi sembrava che il contesto ambientale e naturalistico di questa regione potesse non solo accompagnare le vicende del film, ma addirittura portare nuovi elementi di tipo narrativo al personaggio principale che è forte, burbero, ma allo stesso tempo anche discreto, profondo. Ero certo che l'ambientazione friulana potesse regalare quel pizzico di inquietudine di una natura che sembra dire "Sono molto più grande di te, in un minuto posso fare di te ciò che voglio, tu piccolo uomo". Il film coinvolge parecchio ed una cosa che colpisce è proprio il fatto che vada a toccare tematiche davvero importanti ed in maniera delicata. Perché la scelta di ambientarlo in una piccola comunità? [email protected] 4 Per me è stato importante utilizzare una comunità piuttosto chiusa e ristretta per raccontare tanto perché mi sembrava che quei luoghi fossero idealmente più adatti dal punto di vista narrativo per raccontare le vicende di personaggi che si conoscono. Il luogo migliore per raccontare le inadegueatezze della vita quotidiana che noi stessi possiamo incontrare e subire. Con un protagonista che compie due i ndagi ni :unac r i mi nal e,l ’ al t r aperc a pi r el aps i c ol ogi adel l eper s onec onc uientra i contatto, personalità semplici e complesse al tempo stesso. Nonostante i pochi dialoghi hai trovato una maniera di lavorare sulla direzione che denota una grande sicurezza per essere un'opera prima. Era fondamentale che tutti i personaggi avessero una grande credibilità, soprattutto dal punto di vista umano, del loro vissuto, dei loro malesseri. Mi sembrava che un lavoro in sottrazione potesse incrementare determinati stati d'animo, determinate caratteristiche psicologiche dei personaggi. L'incontro con attori e attrici - uomini e donne innanzitutto molto intelligenti oltre che pieni di talento - ha fatto sì che tutti lavorassero in questa direzione, cioè non badando alla propria visibilità o a quella che apparentemente poteva sembrare una maggiore visibilità, che si sono messi al servizio del racconto hanno reso possibile incastrare tanti piccoli e grandi tasselli lasciando però una compattezza complessiva alla trama. Come hai scelto il cast che si divide tra interpreti molto famosi e attori pressoché sconosciuti? Tutto è partito da Tony Servillo che ha rappresentato il primo e fondamentale tassello per partire con il film. Senza la sua entusiastica adesione non so come avrei potuto proseguire con il progetto. Da lì in avanti ho lavorato per cercare di coprire tutti gli altri ruoli. Volevo ottenere una miscellanea tra interpreti di grande esperienza, di prestigio, con una lunga carriera di cinema e di teatro alle spalle e attori più o meno esordienti. Abbiamo fatto tanti provini e almeno sei settimane di prove prima di iniziare con le riprese. In tutto ci sono voluti circa tre mesi circa per terminare il lavoro di preparazione, tra prove e ricerca delle location giuste. Ma ammetto di essere stato molto fortunato dell'aver avuto la possibilità, da parte della produzione, di lavorare nei tempi giusti, anche nei limiti di un budget ragguardevole, che è stato usato nel migliore dei modi. Ho lavorato con persone intelligenti e appassionate e questo mi ha aiutato moltissimo. Come hai vissuto il successo di Venezia? Ovviamente sono molto contento di come sia andata a Venezia. Il film ha ricevuto ottime recensioni e anche una buona risposta del pubblico. Oltretutto la Mostra si è rivelata un'esperienza per certi aspetti inaspettatamente serena. C'era la possibilità di uscirne anche molto male. Invece la critica ha colto nel film gli aspetti che ci avevano spinto a farlo e questo è stato molto gratificante. Ovviamente sarai anche molto soddisfatto del grande riscontro di pubblico di questa tua opera prima? Molto molto soddisfatto. Il mio film ha avuto un accoglienza ottima sia dalla critica che dal pubblico. Un grande successo, se vogliamo inaspettato visto il tipo di cinema che noi facciamo. Pensa che noi siamo usciti nelle sale due mesi fa nello stesso week end di uscita dei Simpson ed è incredibile come, pur essendo quello un film fuori dalle nostre corde, dalla nostra portata, ci siamo piazzati subito dietro loro [email protected] 5 nel boxino dei film più visti sul territorio nazionale. Ed è ancora più sorprendente che, a due mesi di uscita del film, ancora oggi molte sale abbiano La ragazza del lago in programmazione. Guardando le classifiche dei film più visti in Italia, tra i primi venti ci sono ben cinque film i t al i ani ,t r ac uiappunt oi lt uo.Al l or ac om’ èmes s oi lc i nemai t al i ano?E’dav v er oi nc r i s i come si dice? Guarda. Ti rispondo subito raccontandoti una aneddoto. Sere fa guardando uno speciale sul cinema italiano su Rai 3, venti anni fa, questa stessa domanda, relativa alla presunta morte del cinema italiano, venner i v ol t adaungi or nal i s t adel l ’ epoc aa Marco Ferreri che, scherzosamente ricordavo come, venti anni prima ancora, un al t r o gi or na l i s t af ec el as t es s adomandaaRos s el l i ni .I ns ommas onoquar ant ’ anni che si lamenta la morte del cinema italiano. Eppure siamo ancora qui. E film come il mio, quello di Soldini, di Mazzacurati, seguitissimi dal pubblico, che non va solo a vedersi i blockbuster, testimoniano come in realtà il cinema di casa nostra sopravviva ancora benissimo e mi auguro continuerà a sopravvivere. Ma allora quali sono i motivi che portano a dire che il cinema italiano è in crisi? Bisogna ammettere che in effetti non è facilissimo fare cinema in Italia. Io, penso che ci siano problemi intanto di ordine numerico. Si fanno pochi film in Italia. Di cons eguenz a,c ’ èunagammadipr odot t ii nc i r c ol az i onemol t ol i mi t at a,s opr at t ut t o come tipologia di film. Si prediligono film che almeno in partenza hanno aspettative commerciali migliori. Detto questo credo che con tutte le difficoltà che ci sono bisognerebbeguar dar ec on mi nor eemot i v i t àal l ec os e.E’v er oc heques t ’ anno a Venezia i film italiani no erano eccezionali ma è anche vero che autori come Marra, pr i madelf i l m diques t ’ annohapr es ent at ooper edavv er onot ev ol i .Capi t aanc heai migliori di sbagliare film. Progetti per il futuro? A dire il vero ci sono una serie di idee che devono ancora diventare qualcosa di concreto. Sono ancora in tour per presentare questo film e diciamo che ne appr of i t t o,c hec av al c oanc or al ’ onda ,pois iv edr à [email protected] 6 Lo hanno criticato così Mauro Gervasini - Film TV Un paese di montagna, un delitto inspiegabile, uno sbirro napoletano. Un noir anomalo e convincente. La ragazza del titolo é la vittima. La trovano una bambina e il suo amico Mario, che tutti trattano un po' come lo scemo del villaggio. È stata uccisa, non ha opposto resistenza, un pasticciaccio brutto. Sul quale indaga il commissario Sanzio, napoletano verace trasferitosi nella purgatoriale Udine per stare vicino alla moglie malata di Alzheimer. Come la cronaca insegna, il fidanzato è sempre il primo indagato, ma immersi nell'aria cristallina di montagna i rancori famigliari, i personaggi misteriosi, gli indizi da acchiappare al volo, le situazioni oscure da decifrare, abbondano. Opera prima di Andrea Molaioli, già aiuto regista di Nanni Moretti, sulla cui confezione certo incide la produzione di Nicola Giuliano, storico "socio" di Paolo Sorrentino. La scelta del protagonista, Toni Servillo, perfino troppo bravo, non è in questo senso casuale. Saranno le conseguenze dell'amore ad aver portato a un così crudele (e all'apparenza inspiegabile) delitto? Noir d'autore tratto da un romanzo della norvegese Karn Fossum, La ragazza del lago intreccia in maniera molto interessante, dal punto di vista narrativo, il tema complesso dei legami familiari e in particolare di quelli con i padri. Il papà di Mario, un rude Omero Antonutti, carico di rancore e rudezza montanara; il papà di un bambino problematico, morto in un incidente domestico, interpretato da Fabrizio Gifuni; il papà della vittima, attaccato alla figlia in maniera morbosa... Anche Sanzio è un padre, con i suoi problemi. E ancora, ritratti di famiglie in un esterno, disfunzionali, madri e sorellastre, figli e figlie. Il film non è perfetto, il finale è repentino, non tutti i nodi psicologici sono risolti. Ma si respirano una freddezza e una tensione da poliziesco d'alta classe, un occhio a Dürrenmatt e uno a Simenon. Il cinema italiano medioalto, come vorremmo che fosse più spesso. Alessandra Levantesi - La Stampa, 14 settembre 2007 Nelle note introduttive alla sua opera prima La ragazza del lago basato sul thriller Lo sguardo di uno sconosciuto della norvegese Karin Fossum (Frassinelli), Andrea Molaioli esordiente di lunga esperienza sul campo come aiuto regista (con Moretti, Mazzacurati, Luchetti, Calopresti), spiega di aver scelto il romanzo anche per via di una vicenda che non avrebbe sofferto a essere ambientata in una cornice italica. E in effetti l'idea di trasferire l'azione da un villaggio costiero fra i fiordi a un montagnoso paesino della Carnia si è dimostrata valida: a partire dal lago, scenario di remota suggestione, sulla cui sponda viene rinvenuto, sdraiato in posizione quasi fetale, il cadavere nudo di una fanciulla. A far luce sull'assassinio è chiamato da Udine il commissario Toni Servillo che, come un novello Maigret, nel corso dell'indagine si trova a scoprire gli inconfessati segreti di un microcosmo sociale apparentemente ordinato e tranquillo. Poteva venir fuori un buon poliziesco alla Simenon, peccato che Molaioli abbia sentito l'esigenza di trascendere i limiti del genere cambiando varie situazioni come se l'inchiesta non fosse che un pretesto per scandagliare l'oscuro male esistenziale annidato nell'animo di tutti, Servillo incluso. Ma il film non riesce a mettere a fuoco personaggi e motivazioni e al ricercato rigore di stile corrisponde una certa piattezza espressiva che coinvolge i pur impegnati interpreti, da Servillo a Fabrizio Gifuni, da Valeria Golino a Omero Antonutti. Roberto Nepoti - La Repubblica, 14 settembre 2007 Un giallo che, a partire da un romanzo della norvegese Karin Fossum, ha da dirci molto di più sui delitti della provincia italiana dei cento servizi televisivi sull'ennesimo, "inspiegabile" delitto di paese. In una località di montagna, il corpo di una bella fanciulla è ritrovato ai bordi di un lago. I primi sospetti cadono sul fidanzato; ma per il commissario Sanzio, poliziotto taciturno e tormentato appena trasferito al Nord, le cose non sono così semplici. Soprattutto quando si apprende che la giovane aveva una neoplasia cerebrale e che un bimbo, affidato alla sua custodia, è morto in circostanze mai chiarite. Si intravedono ombre prestigiose dietro le immagini del film di Andrea Molaioli, già collaboratore di Nanni Moretti: quella di Friedrich Durrenmatt, soprattutto per il [email protected] 7 soggetto; quella di Georges Simenon, per la rappresentazione della provincia e dei suoi sepolcri imbiancati. Però il merito della Ragazza del lago è di non imitare nessuno; personaggi e ambienti sono molto italiani, molto contemporanei nel loro egoismo, nell'indifferenza, nel potenziale di violenza verso i più deboli e indifesi. Così, i presunti mostri si rivelano innocenti, scambiandosi il ruolo con la parte perbene, agiata e rispettata, della comunità. Grande Toni Servillo, che disegna una variante del suo Titta Di Gerolamo dalla parte della legge, ma oppresso da personali sensi di colpa e come macchiato dal "peccato di conoscenza" implicito nel suo mestiere. Roberto Silvestri - Il Manifesto, 7 settembre 2007 Bella ragazza nuda trovata cadavere di fronte al lago. Sospiro di sollievo: «che fortuna che è morta lei». Ma non sarà facile trovare assassino e movente, nonostante l'eccentrica professionalità degli inquirenti. Tutti possono essere colpevoli: il fidanzato pelandrone, il padre inquietante, il fidanzato segreto, da buon borghese troppo sospetto (Fabrizio Gifuni), l'ex moglie gelosa del fidanzato segreto, che è Valeria Golino e sa verniciare sguardi e gesti di tali ambiguissimi strati..., lo scemo del villaggio che «non ha mai fatto male neanche a un coniglio», anzi «spancerebbe chiunque lo toccasse, quel coniglio», e soprattutto il suo rude padre padrone, Omero Antonutti, più selvatico che mai... Tutti colpevoli, anche la morta, malata terminale, così ossessivamente legata sentimentalmente al bimbo di cui è tata, e che ora non c'è più, da tentare il suicidio nuda? Tutti colpevoli, tranne la bambina che, a inizio film, tutti temono vittima di qualche maniaco... Così il poliziesco norvegese Lo sguardo di uno sconosciuto di Karin Fossumè diventato un mosaico sulla normalità della provincia italiana e sui suoi orrori familiari, La ragazza del lago (Settimana della critica). Ma il regista romano esordiente, Andrea Molaioli, caro a Moretti anche per un suo «diario», ha voluto guidare il giallo, con tanto di commissario (Toni Servillo, non perde mai il beat giusto) e braccio destri meridionali, su sentieri alpestri, aspri e poco solcati di un Friuli terso e cristallino, chiedendo all'operatore Ramiro Civita di depurare la dittatura tonale verdastro-dark di scuola italiana, con macchie secche di colori timbrici, meno Zsigmond e più Biroc. Allo sceneggiatore Sandro Petraglia il compito di puntellare di elementi riconoscibili, tratti dall'immaginario tv obbligato, che fa della nostrana cronaca nera, vera o probabile, da Cogne a Chiara, l'oggetto di affezione perfetto, post-ideologico. Ma anche lo spettatore che ne prescinde si farà irretire da Molaioli. Se di «probabili perversi» ce n'è una pletora: adolescenti nella famiglia sbagliata, adulti rimasti bambini, sia per misteriosi disegni del destino, sia perché il destino si vuole gabbare, ragazzi incompresi dai genitori, adulti che amano troppo, ragazzi che non si sottometteranno mai all'ideologia dello sfruttamento salariato-precario, anche il pubblico tiferà per alcuni contro altri, senza stigmatizzarli tutti, sé compreso. Gian Luigi Rondi - Il Tempo, 4 settembre 2007 Un bellissimo film italiano nella Settimana della Critica. L'ha scritto Sandro Petraglia sulla base di un romanzo poliziesco della norvegese Karin Fossum ambientandolo, anziché tra i fiordi, in una zona di montagna della Venezia Giulia, in prossimità di un lago. Lo ha diretto un esordiente, Andrea Molaioli, che ha però al suo attivo delle collaborazioni in film di Moretti, di Luchetti, di Mazzacurati e di Calopresti. Lo schema, restando fedele al testo originale, è rimasto quello del giallo, l'omicidio, il commissario che indaga, l'assassino rivelato alla fine, ma attorno, oltre alle immancabili tensioni - emotive e drammatiche - c'è, grazie alla sceneggiatura e poi alla regia, in approfondimento costante delle psicologie dei personaggi; una ricerca sottile delle loro ragioni umane (anche quelle dell'omicida) e una cornice di boschi, di acque, di case tipiche di villaggi montani, che, con la sua bellezza visiva non è mai in contrasto con il nero dell'argomento, perché, anzi, ne riflette, in chiave quasi soltanto di mestizia, i lati meno oscuri; in cifre di normalità quotidiana. Si comincia subito mettendo intenzionalmente fuori strada lo spettatore: una bambina, tornado a casa, finisce sulle rive di un lago a giocare con lo scemo del villaggio, però la sua assenza spaventa i suoi ed è facile pensare che proprio lo scemo del villaggio l'abbia fatta scomparire. Invece è lì, sana e tranquilla, però, suo tramite, si arriverà alla scoperta di una ragazza strangolata proprio sui bordi di quel lago. Da qui il resto. La presentazione del commissario che incomincia a indagare, [email protected] 8 burbero, chiuso in sé stesso, con tristi problemi familiari (vive solo con sua figlia perché la moglie, colpita dall'Alzheimer, è ricoverata in una clinica). L'avvicendarsi, di fronte a lui, dei vari sospettati tra quelli, soprattutto, che avevano avuto rapporti (sentimentali o erotici) con la ragazza uccisa, l'incrociarsi di varie piste, non di rado contraddittorie, la matassa che a poco a poco si sbroglia, lasciando, però il tempo, ai vari casi umani proposti, di definirsi e di approdare almeno a conclusioni possibili. Anche quelli del commissario che rimarranno però sospesi in un alone di amarezza. Con ritmi agili ma quieti, con immagini (di Ramiro Civita) spesso incantate da una terza luce di montagna (anche negli interni), con musiche (di Teho Teardo) che sottolineano lo strazio anche quando l'azione lo sottintende, mentre ad ogni svolta la regia dissemina, ma con asciutta intelligenza, gli interrogativi, i dubbi e un tipo di suspense più mentale (e psicologica) che non espressa dai fatti. Vi concorre l'interpretazione splendida di Toni Servillo, un commissario analizzato dal vivo, in ogni sfumatura. Di valore eguale, al suo fianco Fabrizio Gifuni, Valerio Golino, Anna Bonaiuto. Con una recitazione di classe. Leonardo Jattarelli - Il Messaggero, 3 settembre 2007 Un caso misterioso, una scomparsa, poi il ritrovamento del cadavere di una ragazza sulla sponda di un lago in un piccolo paese del Friuli. Uno dei tanti gialli insanguinati ai quali la cronaca ci ha abituati e dei quali i media si nutrono ogni giorno, con voyeurismo spesso, con accanimento. In La ragazza del lago, film d'esordio di Andrea Molaioli applaudito in concorso alla Settimana della critica ieri alla Mostra del cinema (nelle sale targato Medusa dal 14 settembre) ciò che manca è invece proprio il contorno mediatico e la pellicola prende il sapore di certi racconti alla Simenon. Tratto dal romanzo Lo sguardo di uno sconosciuto (ed. Frassinelli) della norvegese Karin Fossum, sceneggiato da Sandro Petraglia, il film si avvale di un cast notevole con Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Omero Antonutti, Marco Baliani, nel quale spicca Toni Servillo, protagonista nei panni del commissario Sanzio che deve indagare appunto sull'omicidio di una giovane, interpretata da Alessia Piovan. Una storia con diversi sottinsiemi (quello su tutti del rapporto tra il commissario e una moglie in crisi. Anna Bonaiuto) e che in qualche modo, come sottolinea Servillo, rappresenta una sfida personale: «Quella di offrire qualcosa in più al consumato personaggio del commissario dice l'attore impegnato nell'allestimento kolossal della Trilogia della villeggiatura di Goldoni, coproduzione Teatri Uniti e Piccolo di Milano - su cui ha lavorato e lavora da sempre non solo il cinema ma anche la letteratura e la fiction tv. Volevo restituire il suo disorientamento nei riguardi delle responsabilità familiari, il pudore di fronte a certi fatti tragici evitando lo show dei sentimenti cui siamo stati abituati dallo scandalismo mediatico. Uno dei pregi del film è proprio che evita di sbattere il mostro in prima pagina. Qui l'umanità vince su tutto». Molaioli, da parte sua, aggiunge che «quella di rimanere dentro l'umanità dei personaggi, anche dello stesso colpevole. è stata una scelta precisa». Toni Servillo confessa di desiderare tanto «un ruolo comico» ed è comunque impegnatissimo su molti fronti: «Sto finendo Il divo di Paolo Sorrentino. film su Giulio Andreotti e oltre ad aver lavorato in Gomorra che Matteo Garrone ha tratto dal best seller di Roberto Saviano. ho partecipato a Lascia perdere. Johnny di Fabrizio Bentivoglio». Paol oD’ Agost i ni- La Repubblica, 3 settembre 2007 Trattandosi di un «giallo» è proibito raccontarne la trama in tutti gli sviluppi. Scelta inconsueta per una sezione «di ricerca» come è la Settimana della Critica, La ragazza del lago presenta una serie di caratteristiche utili a radiografare lo stato delle cose del cinema italiano. È un film squisitamente «di genere», anche se non appartiene al più gettonato versante «noir» ma esalta quelle atmosfere, quell'orrore dietro la monotonia, che sono stati propri di grandi letterati del mistero: da Simenon a Dürrenmatt. Poi il regista Andrea Molaioli (che viene da lunga pratica come «aiuto»: di Moretti, tra gli altri) ha molto valorizzato il nostro patrimonio attoriale. Intorno al formidabile Toni Servillo nei panni di un Maigret umano e intuitivo ma sradicato dalla città e precipitato in un contesto provinciale/ montanaro a lui estraneo, e con dentro un rovello e un dolore che possono [email protected] 9 renderlo cupo e intrattabile, si muove un vasto gruppo di affiatati cointerpreti. Da Nello Mascia a Marco Baliani, Omero Antonutti, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino. Fondato sul romanzo della norvegese Karin Fossum "Lo sguardo di uno sconosciuto" (Frassinelli), il film è stato sceneggiato da Sandro Petraglia. Dario Zonta - L'Unità, 3 settembre 2007 Nelle ultime edizioni la «Settimana della critica» (gestita dal Sindacato critici e condotta con mano sicura da Francesco Di Pace), nel selezionare le opere prime di sua competenza ha disdegnato quelle italiane, pensandole non all'altezza della competizione internazionale. Quest'anno, però, la «Settimana» ha un asso nella manica e il film italiano del suo concorso duella senza paura con i più accreditati «giovani» del cinema mondiale. La ragazza del lago è l'ottima opera prima di Andrea Molaioli, romano, classe '67, formatosi come assistente di Moretti e della sua compagnia di giro, da Lucchetti a Mazzacurati. La sorpresa nasce dalla scelta di fare un film di genere, un giallo tinto di noir, come lente d'ingrandimento per raccontare un frammento della provincia del nord, pensata serena e scoperta livida e dolorosa. Il racconto, sospeso tra Simenon e Dürrenmatt, ma anche intimamente chabroliano, dell'investigazione portata da un commissario napoletano (Toni Servillo), che deve risolvere il caso della morte di una bellissima ragazza, trovata esangue sulle sponde di un lago di montagna. L'affondo ossessivo del poliziotto porterà alla luce i misteri della piccola comunità cittadina, dipingendo con il gesto segreto del suo sguardo indagatorio la varia umanità di quella provincia, avvolta nel verde, sotto l'egida di una natura ancora potente. Padri accecati dall'amore per i figli, ragazze insofferenti al destino famigliare, bambini vivaci che piangono tutta la notte, uomini della montagna incattiviti dalla vecchiaia e dalla sedia a rotelle... tra di loro e in loro, nella normalità che li dovrebbe consolare serpeggia il malessere, s'adombra il delitto. «Tutta questa umanità - dice il regista - lontana anni luce dall' idea del crimine, appare deviata, complicata». Vengono in mente i recenti delitti che hanno strappato il velo alla provincia, oggi vigevanese, di villette a schiera. Ma il buon cinema, a differenza della cattiva televisione, riesce in un solo gesto ad astrarre e ad entrare nel profondo, scrollandosi dalle banalità della cronaca, indagando quella del male. Per questo La ragazza del lago non è un semplice giallo, ma anche un noir sociologico. Del giallo ha la scoperta del colpevole, la soluzione del caso, quel rimettere a posto il mondo, ricucire lo strappo che il delitto ha portato nel convivere civile. Del noir ha la compassione verso i personaggi, quel partecipare e perdersi nelle loro sofferenze, quel far parte di un mondo dolente senza ergersi a giudici. Il film è prodotto dalla Indigo di Francesca Cima e Nicola Giuliano, una realtà produttiva seria e determinata, che a Venezia ha già portato un documentario su Bianciardi e, fra qualche giorno, un film splendido, Il passaggio della linea di Pietro Marcello, sugli espressi notturni in viaggio per l'Italia. Luca Mastrantonio - Il Riformista, 3 settembre 2007 La ragazza del lago è un altro noir estremamente stagnante, e non solo per l'ambientazione lacustre. L'autore, Andrea Molaioli, è stato assistente per anni di Nanni Moretti. E si sente. A volte un po' troppo. Pulsa incessantemente, e in modo volutamente disturbante, una colonna sonora alla By the river di Brian Eno, e in generale una vena intimista che fa pensare che a un noir ambientato nella Stanza del figlio. C'è una morte inspiegabile, se non con la leggenda di un lago friulano e un non meglio precisato dramma famigliare di una coppia con cui la vittima, dallo stile di vita impeccabile, aveva stretti rapporti. Bella la fotografia, interessanti i profili psicologici dei personaggi - grazie alla sceneggiatura di Petraglia - che pure il regista gestisce con abilità, ma il ritmo accusa questa preponderanza relazionale e si regge quasi soprattutto sulla bravura di Toni Servillo, che interpreta il commissario incaricato di indagare sulla morte, oltre che spinto sempre più dentro anche al suo dramma, di marito praticamente vedovo, con una moglie affetta da una amnesia progressiva. Tra le tante battute ben calibrate da Servillo, quella scambiata con la figlia con cui litiga, sull'uscio della porta, mentre lei lava i piatti: «Poi qualcuno mi dovrà spiegare perché le donne litigano [email protected] 10 sempre di spalle!». All'uscita, tra i delusi dalla pellicola, con un finale che si ingolfa, anche lo storico Piero Melograni. Che in realtà ha sbagliato film, pensava che fosse il film su una amante di Puccini, girato nel 1914, che d'altronde reca lo stesso titolo, La ragazza del lago. In compenso, Melograni ha contattato Kenneth Branagh per un progetto di film su Toscanini. Maria Rosa Mancuso - Il Foglio, 15 settembre 2007 Vi diranno –lo hanno già scritto, e a Venezia abbiamo ascoltato un coro di lodi –che La ragazza del lago è un film magnifico, recitato da un sublime Toni Servillo, appartenente al genere, peraltro molto indigeno, del "giallo che mette a nudo i segreti della provincia e svela l'Italia vera" (nel resto del mondo, i gialli onestamente intrattengono; se criticano il costume di casa lo fanno senza vantarsene e senza metterlo nel mansionario). Vi diranno che era degno di stare in concorso, invece della triade Franchi, Porporati, Marra. L'ultima frase è vera, ma solo (per noi) a posteriori, visto il basso livello della concorrenza. Il resto purtroppo è falso. Ma rappresenta così bene la tipologia che in Italia viene considerata "film di qualità" da spenderci volentieri qualche parola. Un film di qualità ha almeno un attore, in genere rubato al teatro, che sfodera tutto il suo repertorio di gigionerie, scambiate per intensa interpretazione. Nessuno mette in dubbio la strepitosa bravura di Toni Servillo. Ma recitare vuol dire anche sapersi frenare: non c'è bisogno, prima di aprire una busta o la porta di casa propria, di sostare pensosi o accigliati per un tempo vicino all'eternità (siamo in un giallo, e nei gialli il ritmo conta). Gli altri attori stanno al suo passo da bradipo, anche quando sono in divisa e devono fare le foto al cadavere della ragazza in riva al lago. In questi casi, se uno obietta che bisognerebbe imparare dai telefilm americani, si sente rispondere che in questi silenzi e questi sguardi sta l'atmosfera simenoniana. Altra clamorosa falsità: Georges Simenon in trecento e più romanzi non si è lasciato scappare neppure un tempo morto. E usa soltanto le 800 parole del più semplice francese, niente a che vedere con le scene inutilmente cesellate da un Toni Servillo lasciato a se stesso: quando dall'apertura della posta passa a visitare la moglie gravemente malata, lo spettatore arriva stremato, per il carico emotivo di troppe inutili scene, per indagini e interrogatori senza un brivido (la trama, da un romanzo della danese Karim Fossum, potrebbe funzionare, se ogni scelta registica non giocasse contro). Il film di qualità all'italiana è strettamente imparentato con i "buoni libri", sempre all'italiana: molte parole accuratamente scelte tra le più inusuali, per dire cose che un romanziere davvero bravo saprebbe dire in una riga. Davide Turrini - Liberazione, 14 settembre 2007 Là dove giace il corpo nudo di una bella ragazza senza vita, sulla tranquilla riva del lago carnico del titolo, non ci sono riflettori tv e flash dei fotografi ad illuminare la scena del delitto. Il rischio, addirittura, è che non si faccia nemmeno caso alle impronte da rilevare lasciate per terra. Pare un altro mondo, quest'Italia di provincia descritta da Sandro Petraglia e finita sotto la lente d'ingrandimento dalla macchina da presa di Andrea Molaioli. Il ritmo dell'agire di abitanti, presunti assassini, funzionari di polizia è qualcosa di metafisico che si spalma e scioglie sulle pareti del quadro come in un dipinto di Dalì. La ragazza del lago è una interessante variante del giallo cinematografico e una decisa alternativa a quello televisivo. Scremata la presenza scandalistica dei media, dello scoop giornalistico, delle inquadrature sghembe di uno dei sospettati, il film di Molaioli racconta, al ralenti , la scoperta del cadavere della giovane Anna, delle relative indagini (con tanto di pista sbagliata) e della successiva e finale confessione dell'assassino. I personaggi in scena non hanno nulla di eccezionale, ma vagano nell'ordinarietà. La detection è alla Maigret: senza Dna da scovare in improbabili tracce lasciate sui muri, ma normale, anche se spesso brusco, confronto/chiacchierata con i testimoni. In mezzo alle differenti ipotesi risolutive si staglia la figura serafica e burbera del commissario Sanzio (un Toni Servillo fin troppo ieratico e definitivo) che a sua volta cela a se stesso la problematicità del proprio coté privato, segnato dalla malattia mentale della moglie ricoverata in un ospedale psichiatrico. Nulla ne La ragazza del lago funge da elemento realistico, ma tutto è in funzione di una sottile rappresentazione simbolica delle pedine di un genere, come il giallo, senza che queste finiscano nel circo ridanciano dello stereotipo a buon mercato. Molaioli sembra più a suo agio con le carrellate e le dissolvenze in esterni che nei consueti campi e controcampi d'interni. Per una regia e un'idea di messa in scena che [email protected] 11 probabilmente nascondono in nuce sviluppi di un discorso futuro di cinema, ancor più personale e ricercato, più denso e calligrafico. La ragazza del lago come tentativo finemente abbozzato, come un quarto di passo di lato e mezzo in avanti. Navigare a vista, per ricercare un sufficiente successo di pubblico, in attesa di un'opera seconda che aspettiamo con notevole curiosità. Prodotto dalla Indigo film, la factory di Nicola Giuliano da cui è nato il fenomeno, in tutti i sensi, Paolo Sorrentino. Maurizio Porro - Il Corriere della Sera, 14 settembre 2007 Forse è un bene che La ragazza del lago sia stato escluso dal concorso di Venezia (era alla Settimana della Critica), nonostante sia un' opera di valore, originale, un noir all' italiana con tante interessanti sfumature di grigio. Un bene perché avremmo patito troppo vedendo Toni Servillo, ancora una volta magnifico attore del sottinteso e del sottotesto, che mescola le indagini di un delitto ai suoi problemi allacciando con intelligenza il pubblico al privato, superato da Brad Pitt, inspiegabilmente vincitore della Coppa Volpi per un Jesse James che sembra uscito dalla collezione d' autunno con foglie e sigaro. Servillo non è l' unico bene primario del debuttante Andrea Molaioli che ci conduce con lievi sospiri, come in un Twin peaks all' italiana, lungo gli argini di un lago dove viene trovata uccisa una ragazza. Da qui, indagando nel tessuto connettivo sociale e illuminando i vistosi buchi di morale, il nostro commissario napoletano trasferito a Udine riesce alla fine a sbrogliare la matassa. Quello che piace in questo thriller nostrano è la ricchezza psicosomatica dei personaggi di contorno recitati da attori non di contorno come la Golino, Fabrizio Gifuni, la Bonaiuto, la D' Amario. Puzzle di caratteri giocando coi quali l' autore, protetto dalla chiave del giallo, indaga sui mali della provincia, sui segreti e sulle bugie di un piccolo pezzo di mondo autoctono anche nella disperazione. Le indagini di Servillo sconvolgono un habitat sintonizzato sull' ipocrisia di regime in una escalation di scoperte che entrano sempre più nelle ragioni esistenziali ed etiche, dando al film un senso e una sensualità social-politica. Mescolando quindi i generi e frequentandone uno poco usato in Italia, Molaioli riesce a mettere in scena il suo delitto e castigo (in extremis), con risalto teatrale. Non è un controsenso: è per definire i rapporti dialettici tra i personaggi, il gusto delle scene madri, la recitazione sgranata, intensa su uno scenario di seduzione di cinema che pesca anche nel torbido e ci fa sperare di rivedere presto il commissario. E se la tv osasse per una volta un bel serial? Pedro Armocida - Il Giornale, 14 settembre 2007 Impeccabile, verrebbe da dire. Nello stile, nella forma, nella scrittura, nella recitazione, nella regia. La ragazza del lago, stupefacente esordio di Andrea Molaioli è così, semplicemente impeccabile. Forse troppo. Tanto da mettere a disagio. Nel senso che, ad esempio, le inquadrature sono, appunto, dei quadri, delle cornici studiatissime al cui interno l'economia della rappresentazione è priva di sbavature, perfettamente calibrata. Il timore però è che il notevole e visibile sforzo di aver progettato tutto a tavolino possa produrre un effetto molto vicino all'artificiosità. Con il pericolo di creare una distanza tra pubblico e film. Ma anche in questo Molaioli è impeccabile. Perché non appena la messa in scena, così estetizzante, sta per prendere il sopravvento, ecco una battuta, uno sguardo di Toni Servillo a ricongiungere saldamente lo spettatore con lo spettacolo. Merito anche dell'apporto di alcuni grandi interpreti come Omero Antonutti, Anna Bonaiuto, Valeria Golino e Fabrizio Gifuni (qui alla sua prova più convincente). Senza dimenticare una «piccola» attrice che sta crescendo come Giulia Michelini e le musiche sempre spiazzanti di Teho Teardo. Tratto dal romanzo Lo sguardo di uno sconosciuto della norvegese Karin Fossum, il film segue le indagini del commissario Sanzio (Servillo) dopo il ritrovamento del cadavere di una ragazza sulla sponda di un lago. Ma, come in ogni «poliziesco psicologico» che si rispetti, anche per Molaioli non è importante scoprire l'assassino quanto piuttosto raccontare l'ambiguo mondo della provincia italiana (l'ambientazione è Udine e dintorni). [email protected] 12